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DIMMI CHI TI CONSIDERI, E TI DIRO’ CHI SEI

E’ possesso saldo ed atavico dell’etica e dello studio del comportamento che i modi dell’essere e
dell’agire nel mondo non si risolvano nei condizionamenti esterni, ma vengano a configurarsi in
pari, se non maggiore, misura, secondo il lavorio delle forze interiori. Già i Greci, ideatori del
pensiero politico*, seppero formulare e porre a fondamento dell’agire il noto ideale di conoscenza
del Sé –“Gnoti sauthòn”, nel breve ma pregnante motto delfico. L’operazione psicologica che nel
senso interiore restituisce l’immagine di sé stessi, l’autostima – che letteralmente suggerisce
l’azione pratica del soppesare a giudicare il valore, come si fa coi monili di metallo prezioso-
concorre in massima parte alla definizione dell’identità di ciascuno.
Con uno sviluppo che prende le mosse dai primi momenti della vita cosciente, l’idea di chi sia e di
quanto valga accompagna la quotidiana esperienza dell’individuo, concorrendo in massima parte
a definirla. Una giusta consapevolezza del Sé, la formulazione di giudizi equilibrati e sensati sui
propri pregi e difetti– giudizi dunque non necessariamente positivi, come imporrebbe un certo
banale senso comune- educa al riconoscimento dei propri limiti e dei propri punti di forza. Una
giusta autostima forgia personalità resilienti poiché non cedevoli all’autocommiserazione,
professionali ed atte al lavoro poiché consapevoli dei propri limiti e volenterose di superarli,
sicure di sé, poiché convinte della propria intima dignità. D’altro canto, un procedimento distorto
d’autostima genera due estremi parimenti morbosi: il narcisismo, per cui una smodata valutazione
di sé conduce alla ricerca frenetica di approvazione, di affermazione

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