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Aulus Gellius

Noctes Atticae - Libro XIV, cap. 1

(traduzione di Lucia Bellizia)

Aulo Gellio (125-180 ca.), scrittore e giurista romano, allievo di


Marco Cornelio Frontone (talentuoso retore e precettore di Marco Aurelio
e Lucio Vero), è noto soprattutto quale autore delle Noctes Atticae, opera
in XX libri, che ci è pervenuta completa meno il libro ottavo (del quale
abbiamo solo frammenti). Egli la iniziò nel 159 in Attica per poi
completarla circa 10 anni dopo; in essa riversò tutta la propria erudizione,
trattando di grammatica, retorica, storia, scienze, filosofia, medicina e
molto altro, sempre alla ricerca della nozione curiosa o dell’aneddoto.
Presentiamo qui la traduzione del testo1 di un discorso del filosofo
Favorino di Arelate2 (80-160) - che Aulo Gellio riferisce di aver ascoltato
a Roma - sugli astrologi: probabilmente una delle conferenze, che il
polemico filosofo ed oratore era solito tenere alla maniera degli antichi
sofisti. Favorino attacca qui coloro che son chiamati Caldei e promettono
di prevedere il destino degli uomini dalla congiunzione e dai moti dei
corpi celesti e delle stelle, ripercorrendo in buona sostanza tutti i topoi della polemica anti-astrologica,
topoi che vengono fatti risalire dagli studiosi a Carneade di Cirene (214-129 a. C)3 e che sono stati
riproposti, sempre eguali ed esasperanti nella loro monotonia, secolo dopo secolo, prima dagli autori
pagani, poi da quelli cristiani, poi dall’astronomo/astrofilo poco avvertito di turno. Per confutarli
basterebbe prendere visione di quanto Claudio Tolemeo ben precisa nel secondo capitolo del I libro della
Tetrábiblos, ove dimostra come la previsione sia possibile e fino a qual punto, argomentando che anche
chi si rivolge all’arte astrologica con accurata indagine e nel modo più puro, può sovente incorrere in
errore per la natura stessa dell’argomento e per la sua debolezza di fronte alla grandezza della dottrina.
In generale, ogni scienza che tratta della qualità è congetturale e non certa, soprattutto se contempera in
sé molti elementi dissimili; ed ove precisa che l’interprete deve tener conto, quando esamina la genitura di
un individuo, di variabili quali la regione in cui è egli nato, le consuetudini, la stirpe e consimili concause,
che producono necessariamente esiti diversi.

Dissertazione del filosofo Favorino contro coloro che sono chiamati Caldei e promettono di
prevedere il destino degli uomini dalla congiunzione e dai moti dei corpi celesti e delle stelle.

1. Contro costoro che chiamano sé stessi Caldei o astrologi e dichiarano di poter dire cosa
accadrà dal moto e dalla posizione degli astri, abbiamo ascoltato una volta il filosofo Favorino a
Roma esporre in greco la propria opinione con questo egregio e brillante discorso. 2. Non sono
in grado di dire se per esercitare e mostrare il proprio ingegno o perché pronunciasse sul serio un

1
A. Gellii Noctium atticarum libri XX; post Martinum Hertz edidit Carolus Hosius, II, Lipsiae, In
aedibus B. G. Teubneri, 1903, pp. 102-110.
2
Odierna Arles.
3
Cf. l’imponente lavoro di D. D. AMAND, Fatalisme et liberté dans l’Antiquité grecque. Recherches sur
la survivance de l’argumentation morale antifataliste de Carnéade chez les philosophes grecs et les
Théologiens Chrétiens des quatre premiers siècles, Université de Louvain, recueil de Travaux
d’Histoire et de Philologie, 3° serie, 19° fasc.) Louvain, Bibliothèque de l’Université, 1945.
giudizio al riguardo. Ho annotato, allontanandomi dopo averlo ascoltato, i punti principali dei
loca e degli argomenti di cui si servì, per quanto ho potuto ricordarmene, e quelle cose che
servirono all’incirca per questo giudizio: questa disciplina dei Caldei non è così antica, quanto
vollero far apparire ed i suoi esponenti principali ed i suoi autori non sono coloro che essi stessi
tramandano, ma ad escogitare questo genere di fallacie e menzogne sono uomini mendaci,
mendicanti che traggono cibo e lucro dalle menzogne. 3. E quelli, poiché vedono che talune cose
terrene, che si trovano tra gli uomini, si muovono secondo la disposizione ed il moto delle cose
celesti, come ad esempio l’oceano, quasi compagno di viaggio della Luna, decresce e cresce con
essa, hanno, è evidente, apprestato questo argomento per sé al fine di persuaderci a che crediamo
che tutte le cose umane, piccole e grandissime, legate per così dire ai corpi celesti, siano condotte
e rette dalle stelle. 4. E’ poi oltremodo privo di valore ed assurdo che, poiché il flusso ed il
riflusso dell’oceano è congruo con le consuetudini della Luna, stimiamo che anche il processo
che qualcuno ha per caso in piedi davanti ad un giudice riguardo ad un acquedotto con dei rivali4
o con un vicino per una parete in comune, tenuto avvinto dal cielo, ne sia governato quasi come
con le briglie. 5. Cosa che, se anche può accadere per qualche forza e motivo divino, tuttavia egli
riteneva che in nessun modo potesse esser compresa in un così breve ed esiguo spazio di vita,
pur dalla più grande mente, ma [riteneva] che alcune poche cose potessero esser congetturate, per
usare la sua stessa parola παχυμερέστερον5, dichiarate senza alcun fondamento scientifico, ma
sparse in modo vago ed arbitrario, quale è l’acutezza della vista quando si frappongono nel
mezzo le tenebre. 6. [riteneva] potessero essere accettate, se anche gli uomini, cosa che differisce
in sommo grado tra gli uomini e gli dei, conoscessero in anticipo tutte le cose che accadranno in
futuro. 7. E di poi riteneva che non fosse una base sufficientemente sicura la stessa osservazione
dei corpi celesti, che andavano dicendo essere l’origine della loro scienza. 8. “Infatti se i primi
Caldei, che abitavano in aperte pianure, guardando i moti ed i tragitti e l’allontanarsi ed il riunirsi
delle stelle, osservarono cosa sarebbe da ciò conseguito - disse - vada avanti senza dubbio questa
disciplina, ma solo sotto quell’inclinazione del cielo6, sotto la quale furono allora i Caldei; non
può infatti - disse - esser conservato il modo di osservare dei Caldei, se qualcuno vuol servirsene
sotto regioni del cielo differenti. Infatti - disse - chi non vede quanto grande sia la varietà delle
parti e delle orbite del cielo, che traggono origine dall’inclinazione e dalla convessità dell’orbe
terrestre? 9. Pertanto quelle stelle stesse, a mezzo delle quali sostengono accadano tutte le cose
divine ed umane, come non cagionano sempre nevi o calura, ma cambiano e variano e muovono
nello stesso momento qui burrasche miti, lì violente, perché non producono anche avvenimenti
nelle cose e negli affari diversi per i Caldei, diverse per i Getuli, alcune presso il Danubio, altre
presso il Nilo? 10. In verità di contro - disse - è illogico che queste stesse stelle non conservino
una medesima complessione sotto l’uno o l’altro clima di una così smisurata atmosfera, e poi,
per quanto riguarda gli affari degli uomini ritengano di mostrare sempre la stessa cosa”. 11.
Inoltre si meravigliava che per qualcuno fosse chiarissimo che queste stelle, che dicono esser
state osservate dai Caldei e Babilonesi o dagli Egizi, che molti chiamano erraticas, Nigidio
errones, non siano in numero più grande di quanto comunemente si dice. 12. Stimava infatti
potesse essere che esistessero anche altri pianeti, di pari potere, senza i quali non si poteva
effettuare un’osservazione completa e che tuttavia gli uomini non potevano scorgere per l’alto
splendore o per la grande elevatezza. 13. “Infatti - disse - talune stelle vengono viste da talune
terre e sono note agli uomini di quelle terre; ma le stesse non sono viste da ogni altra terra e sono
ad altri del tutto sconosciute. 14. E - disse - laddove concedessimo che si debbono osservare e
soltanto queste stelle e da una sola parte della terra, quale infine il termine di questa osservazione
e quali tempi sono sembrati essere sufficienti per comprendere cosa lasciasse prevedere il riunirsi

4
Lett. Rivalis da rivum “chi ha in comune con altri l’uso di un canale nei campi”.
5
“in modo quanto mai grossolano”.
6
E cioè a quella latitudine terrestre: la parola greca κλίμα significa proprio inclinazione (dell’eclittica
rispetto all’orizzonte).
2
delle stelle o le loro orbite o i loro transiti? 15. Infatti, se si cominciò a fare quest’osservazione in
questo modo, si da notare con qual complessione e con qual forma e con quale posizione delle
stelle qualcuno nasceva, e poi in seguito dall’inizio della vita ad osservare la sua fortuna ed i suoi
costumi e l’ingegno e le vicende delle cose e degli affari ed in ultimo anche la fine della vita, e
affidare tutte queste cose agli scritti, quando erano divenuti usuali, e poi ritenere in tempi distanti
che, essendo quelle stesse nello stesso posto e con la stessa complessione, sarebbero accadute le
stesse cose anche agli altri, che fossero nati in quello stesso tempo; 16. se - disse - si cominciò a
considerare in questo modo e da questa osservazione è stata ricavata una qualche disciplina,
questo procedimento non può in nessun modo stare in piedi. 17. Dicano infatti in quanti anni o
piuttosto in quanti secoli di osservazione si possa giungere ad un risultato”. 18. Diceva in verità
che è generalmente noto tra gli astrologi che queste stelle che dicevano erratiche, che
sembravano avere in sé il destino di ogni cosa, tornino tutte insieme, in un numero di anni
pressoché infinito ed innumerabile con la medesima complessione nella medesima posizione, da
cui son partite, cosicché nessun andamento continuato dell’osservazione o del ricordo né alcuna
copia degli scritti avrebbero potuto resistere per così grande durata di tempo. 19. E riteneva fosse
da considerare, a che modo fosse anche quella cosa, e cioè che vi fosse una disposizione delle
stelle nel momento in cui primieramente l’uomo viene concepito nell’utero della madre ed
un’altra poi quando viene dato alla luce nei dieci mesi seguenti e chiedeva chi fosse d’accordo
fosse fatta una descrizione differente su uno stesso uomo, se come essi stessi ritengono, una
diversa collocazione ed un diverso percorso delle medesime stelle dona sorti differenti. 20. Ma
anche per quanto riguarda il tempo delle nozze, da cui si richiedessero dei figli, ed anche nello
stesso coito dell’uomo e della femmina, diceva occorreva venisse dichiarato, con una certa e
necessaria disposizione delle stelle, quali uomini sarebbero stati messi al mondo e con qual sorte:
ed anche molto prima, al momento della nascita del padre stesso e della madre, dalla loro
genitura si dovesse già intravedere quali mai un tempo sarebbero stati, chi avrebbero questi
generato, e prima lontano lontano all’infinito, cosicché, se questa disciplina poggia su un
fondamento di verità, dal centesimo secolo in avanti o piuttosto dall’esordio primo del cielo e
dell’universo e di lì a seguire con ininterrotta rivelazione, quante volte nascano degli antenati di
quel medesimo uomo, queste stesse stelle avrebbero dovuto predire quale sarà e a qual sorte
destinato, chiunque è nato oggi. 21. “Poi come - disse - si può credere siano certi e stabiliti per
un solo uomo il responso e l’esito di ciascuna posizione delle stelle e che quella posizione si
ripresenti dopo lunghissimi intervalli di secoli, se le indicazioni sulla vita e sulle fortune di quel
medesimo uomo in tanto brevi spazi di tempo, attraverso i singoli passaggi dei suoi antenati,
tanto spesso e in tanti modi sono dimostrate eguali pur essendo diversa la configurazione delle
stelle? 22. Che se questo può accadere e si ammette quella diversità e varietà attraverso tutti i
passaggi del tempo antico nel significare gli inizi di quegli uomini, che nascono in seguito,
questa diversità sconvolge l’osservazione e tutto il procedimento della disciplina ne risulta
confuso”. 23. In verità riteneva fosse del tutto inammissibile che pensassero che non solo gli
avvenimenti e gli eventi che avvengono all’esterno, ma anche le stesse decisioni e le libere
disposizioni e i diversi voleri e i desideri e le antipatie ed i casuali ed improvvisi slanciarsi e
tirarsi indietro degli animi nelle cose più insignificanti, fossero mossi e diretti dall’alto dal cielo:
come se tu per caso volessi andare ai bagni e poi non volessi e lo volessi nuovamente e questo
non accadesse per qualche incostante e mutevole attività dell’animo, ma per qualche ritorno delle
stelle erranti al punto di partenza, sicché gli uomini sembrino esser del tutto non, come si dice
λογικὰ ζῶα,7 ma ridicole marionette da commediante, se non fanno nulla secondo la propria
volontà, nulla secondo il proprio arbitrio, ma sotto il comando e la reggenza delle stelle. 24. “E
se - disse - affermano potesse esser predetto che il re Pirro o Manio Curio avrebbe vinto in
battaglia, perché infine non osano dire anche nel gioco dei dadi e nel tavoliere e nelle pedine, chi
mai dei giocatori vincerà? O forse sanno le cose grandi, ignorano le piccole e le minori sono più

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“animali razionali”.
3
inintellegibili delle maggiori? 25. Ma se reclamano per sé le cose grandi e dicono possano esser
chiare e più facili da comprendere, voglio - disse - che mi rispondano cosa trovano di valore, in
un esame attento di tutto l’universo, davanti a tante opere della natura, negli affari e nelle fortune
degli uomini, così piccoli e di breve durata? E vorrei anche - disse - che mi rispondano 26. se lo
spazio di tempo in cui l’uomo al suo nascere riceve il destino è così piccolo e veloce che, in quel
medesimo punto e nello stesso cerchio zodiacale, non possano nascere contemporaneamente altri
con (sotto) un medesimo aspetto del cielo, e se perciò neppure i gemelli hanno la stessa sorte
nella vita, poiché non sono stati partoriti nel medesimo istante, chiedo - disse - rispondano in che
modo possano tener dietro a quella corsa velocissima del tempo, che vola via e che a stento può
esser afferrato con l’immaginazione o come possano essi stessi penetrarla con lo sguardo e
trattenerla, quando dicono che in un così vertiginoso susseguirsi dei giorni e delle notti anche un
piccolissimo spazio di tempo è causa di grandi cambiamenti?8” 27. Ed infine poi cosa mai vi
sarebbe, che potrebbe esser detto contro ciò, chiedeva, che uomini di entrambi i sessi, di ogni età,
partoriti sotto movimenti differenti delle stelle, in regioni di nascita molto distanti, tutti costoro
tuttavia, o per l’aprirsi delle terre, o per la caduta rovinosa dei tetti o essendo state espugnate le
città o essendo stati sommersi dai flutti stando sulla stessa nave, tutti quanti insieme muoiano del
medesimo genere di morte e nel medesimo momento. 28. Il che evidentemente, disse, non
potrebbe mai accadere se il momento della nascita assegnato ai singoli avesse le proprie leggi per
ciascuno. 29 “Che se dicono - disse - che nella morte e nella vita di uomini, partoriti anche in
momenti diversi, possono accadere poi, grazie ad alcuni incontri eguali delle stelle, alcune cose
eguali e consimili, perché non potrebbero una volta accadere cose completamente eguali,
cosicché vi siano attraverso siffatti concorsi e somiglianze delle stelle molti Socrate ed Antistene
e Platone, eguali nel linguaggio, nell’aspetto, nell’ingegno, nei costumi, nell’intera vita e nella
morte? Cosa che - disse - a nessun modo può affatto accadere. 30. Pertanto non possono usare a
proposito questa motivazione contro le nascite diseguali degli uomini, le morti invece eguali”.
31. Diceva poi di concedere loro di non chiedere loro anche questo: se il tempo ed il motivo e la
causa della vita e della morte degli uomini e di tutte le cose umane si trovano in cielo e
dipendono dalle stelle, cosa direbbero delle mosche e dei vermiciattoli e dei ricci di mare e di
molti altri piccolissimi animali della terra e del mare? Forse che anche codesti nascerebbero e si
estinguerebbero secondo le medesime leggi degli uomini? Sicché il destino o è attribuito dai
moti dei corpi celesti anche ai ranocchi ed alle zanzare o, se non pensano ciò, non vi è alcun
motivo perché quella forza abbia valore per gli uomini e venga meno negli altri. 32. Queste cose
noi le abbiamo appena toccate con un discorso stringato, privo di stile e povero. Ma Favorino le
trattava con maggior ampiezza e più gradevolmente e splendidamente e con maggior
scorrevolezza, grazie al suo ingegno, ed alla ricchezza ed insieme alla bellezza della facondia
greca, ed ammoniva ripetutamente acciocché ci guardassimo dal che questi sicofanti insinuassero
in noi delle cose per convincerci, visto che sembravano buttar fuori o spargere talora delle cose
vere. 33. “Non dicono infatti - disse - cose comprese, definite, imparate, ma alla luce delle loro
ingannevoli ed oscure previsioni, si avanzano tra cose vere e false, come se entrassero passo
passo nelle tenebre e, o facendo molti tentativi si imbattono d’improvviso senza averlo previsto
nella verità, o guidati dalla grande credulità di coloro che li consultano pervengono astutamente
alla verità e sembra perciò che la verità sia da essi simulata più facilmente nelle cose passate che
nelle future. Tuttavia tutte queste cose vere, che dicono, o per caso o per astuzia, non sono che la
millesima parte rispetto a quelle in cui mentono. 34. Oltre a queste cose poi, che abbiamo udito
Favorino dire, ricordo anche molte testimonianze dei poeti antichi, a mezzo delle quali vengono
confutati i fallaci inganni di tal fatta.

8
Il paragrafo 26 costituisce la risposta alle argomentazioni di Nigidio Figulo sulla diversità del destino
dei gemelli (Fr. 87 Swoboda).
4
Tra le quali troviamo quella di Pacuvio:

“Infatti se prevedessero quel che accadrà, sarebbero eguali a Giove”9

parimenti quella di Accio:

“Non credo per nulla - disse - agli aúguri, che arricchiscono le orecchie
altrui con le parole per arricchire le proprie case con l’oro”.10

35. Allo stesso modo Favorino, volendo allontanare e distogliere i giovani da questi astrologi e
da altri di quella specie, che promettono diranno ogni cosa futura con arti prodigiose, concludeva
che in nessun modo dovessero essere interrogati e consultati usando siffatte argomentazioni. 36.
“O dicono avverranno - disse - cose avverse o favorevoli. Se dicono favorevoli e sbagliano,
diverrai infelice attendendo invano; se dicono avverse, e mentono, diverrai infelice temendo
invano; se rispondono cose vere ed esse non sono favorevoli, diverrai infelice nell’animo, prima
che tu lo divenga per il destino; se promettono cose felici ed esse avverranno, allora due saranno
senza dubbio gli inconvenienti: e ti tormenterà l’incertezza legata alla speranza e la speranza
spoglierà del proprio splendore il frutto futuro della gioia. Pertanto in nessun modo bisogna
servirsi di uomini che prevedono il futuro a questo modo”.

Genova, 31 marzo 2014


lucia.bellizia@tin.it

9
Fr. 418 D’Anna.
10
Frammento dalla perduta tragedia Astyanax.
5

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