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QUADERNI DI BASE


Comitato scientifico
Luisa Amenta
Maria Antonietta Marchese
Elena Martinelli
Luisa Milia
Maria Elda Padalino
Maria Emanuela Piemontese
Alberto Sobrero
Rosaria Solarino
Matteo Viale
Miriam Voghera

L’elenco comprende i nomi dei componenti dei due comitati scientifici che si sono succe-
duti nell’ultimo anno. Entrambi i comitati hanno esaminato questo lavoro fornendo utili
suggerimenti nelle diverse fasi di elaborazione.
QUADERNI DI BASE

I Quaderni di base mettono a fuoco, nel modo più chiaro possibile, le


principali questioni teoriche e applicative, fornendo spunti di rifles-
sione e proposte didattiche sperimentate e replicabili, con i dovuti
adeguamenti, in altre situazioni scolastiche. I Quaderni di base sono
diretti agli insegnanti (in servizio e in formazione), interessati a “inte-
grare nella loro complessiva formazione competenze sul linguaggio
e le lingue (di ordine teorico, sociologico, psicologico e storico) e
competenze sui processi educativi e le tecniche didattiche” (IX Tesi).
Rosa Calò
Educazione linguistica e plurilinguismo
Dal progetto europeo al contesto italiano

Prefazione di
Silvana Ferreri
Copyright © MMXV
Aracne editrice int.le S.r.l.

www.aracneeditrice.it
info@aracneeditrice.it

via Quarto Negroni, 


 Ariccia (RM)
() 

 ----

I diritti di traduzione, di memorizzazione elettronica,


di riproduzione e di adattamento anche parziale,
con qualsiasi mezzo, sono riservati per tutti i Paesi.

Non sono assolutamente consentite le fotocopie


senza il permesso scritto dell’Editore.

I edizione: luglio 


Indice

 Presentazione

 Prefazione. Lingua al plurale

Parte I
L’educazione plurilingue
nel progetto del Consiglio d’Europa

 Capitolo I
Un’educazione plurilingue e interculturale per il cittadino euro-
peo
.. L’educazione linguistica del cittadino, un obiettivo per l’Europa, 
– .. Il plurilinguismo, una competenza trasversale,  – .. L’educa-
zione interculturale,  – .. La scuola di fronte al plurilinguismo,  –
... Insegnare a interagire,  – ... Insegnare a imparare,  – ... Edu-
care alle differenze e all’alterità,  – .. Gli insegnanti e l’educazione
plurilingue,  – ... Integrare gli insegnamenti linguistici,  – ... Di-
versificare le competenze e i livelli, le metodologie, le forme di valutazione, 
– .. Esperienze di educazione plurilingue,  – , .

 Capitolo II
Sulle lingue dell’educazione
.. Valori per l’Europa e educazione plurilingue,  – .. Le lingue
dell’educazione,  – ... La lingua di scolarizzazione: criteri e categorie
di analisi,  – ... L’alunno: complessità dei processi di apprendimen-
to,  – ... Le lingue straniere ,  – ... Possibili legami tra le lingue
dell’educazione,  – .. Scelte a favore degli alunni svantaggiati,  –
... Inclusione e successo scolastico ,  – ... Diversificazione, indivi-
dualizzazione, differenziazione,  – .. Approcci didattici nel campo
delle lingue dell’educazione,  – ... Approccio olistico agli insegna-
menti linguistici,  – ... Educazione linguistica nella scuola italiana, 
– ... Interdisciplinarità,  – ... Approcci plurali e parziali,  –
, .


 Indice

 Capitolo III
Il curricolo plurilingue
.. Finalità, obiettivi e contenuti,  – ... Dalle finalità agli obiettivi, 
– ... La scelta dei contenuti,  – .. L’organizzazione del curricolo, 
– ... Coerenza orizzontale,  – ... Coerenza verticale,  – .. Gli
alunni svantaggiati,  – .. Una sfida da raccogliere,  – , .

 Capitolo IV
La lingua della scuola e le discipline non linguistiche
.. Lingua della scuola, lingua delle discipline,  – .. Bisogni lingui-
stici e difficoltà di apprendimento,  – .. Aspetti della dimensione
linguistica nelle discipline non linguistiche,  – ... Le forme della
comunicazione in classe,  – ... I generi di discorso,  – ... Le ope-
razioni linguistiche e cognitive,  – .. Come integrare la dimensione
linguistica nel curricolo,  – ... Verso le competenze trasversali, 
– ... Il sostegno linguistico,  – .. La questione della lingua per
l’equità e la qualità dell’istruzione,  – , .

 Capitolo V
Gli approcci plurali
.. Approccio interculturale,  – .. Intercomprensione,  – .. Éveil
aux langues,  – .. Didattica Integrata delle Lingue (),  – .. Gli
approcci plurali e lo sviluppo della competenza plurilingue e intercul-
turale,  – ... L’approccio interculturale e l’adattamento ai contesti di
alterità,  – ... L’intercomprensione e la costruzione di un repertorio
linguistico plurale,  – ... L’éveil aux langues e l’esperienza del decen-
tramento,  – ... La didattica integrata delle lingue e l’ampliamento del
repertorio linguistico,  – .. Gli approcci plurali per l’innovazione
didattica,  – , .

 Capitolo VI
Le lingue straniere per lo studio di altre materie
.. Il  nel Quadro Comune Europeo,  – .. Il  nel Documento
Europeo di Riferimento sulle Lingue dell’Educazione,  – .. Il  nella
Guida per lo sviluppo e l’attuazione di curricoli, .

 Capitolo VII


Preparare il terreno al plurilinguismo
.. Alcune iniziative didattiche,  – ... Utilizzare fonti d’informazione
diverse dal manuale,  – ... Praticare l’alternanza linguistica,  –
... Studiare una lingua per un numero limitato di ore,  – ... Co-
Indice 

municare a distanza,  – ... Visite e scambi interculturali,  –


.. Qualche risposta alla domanda iniziale, .

Parte II
L’educazione plurilingue
nelle Indicazioni nazionali
del 

 Capitolo I
Plurilinguismo e cittadinanza
.. Un orizzonte di riferimento,  – .. Competenze integrate,  –
.. La cittadinanza, asse portante del sistema educativo,  – ... Per
una nuova cittadinanza,  – ... Cittadinanza e Costituzione,  –
... L’alfabetizzazione culturale,  – ... L’ambiente di apprendimen-
to,  – .. L’educazione linguistica per la cittadinanza,  – ... La
lingua italiana,  – ... Le lingue straniere,  – .. Un’ipotesi di
curricolo verticale, .

 Capitolo II
Per una didattica linguistica che promuova l’educazione alla
cittadinanza
.. Principi fondanti per la didattica linguistica,  – .. Traguardi e
obiettivi linguistici per la cittadinanza,  – .. Le scelte metodologiche
,  – ... Comunicazione come interazione e attività linguistiche,  –
... Situazioni di formazione e compiti,  – ... Organizzazione del
lavoro e gestione del gruppo–classe, .

 Capitolo III


Diversità e pluralità nel curricolo d’italiano
.. Le competenze linguistiche nel curricolo d’italiano,  – ... Ora-
lità,  – ... Lettura,  – ... Scrittura,  – ... Lessico, 
– ... Grammatica e usi linguistici,  – .. Assi portanti del currico-
lo,  – ... Le competenze,  – ... La variazione,  – ... I testi
e la testualità,  – .. Pluralità e diversità di approcci e metodi,  –
.. Individualizzazione e differenziazione, .

 Capitolo IV
Due lingue straniere nel primo ciclo
.. Per l’educazione plurilingue e interculturale,  – ... Finalità
delle due lingue,  – ... Un curricolo integrato e continuo,  –
... Percorsi curricolari tra scuola primaria e secondaria di primo grado, 
– ... Metodi e attività da privilegiare,  – .. Un’ipotesi di lavoro, 
 Indice

– ... La trasversalità orizzontale,  – ... La continuità verticale, 


– ... Trasversalità e continuità,  – .. Orientare il curricolo verso
l’innovazione, .

 Capitolo V
Strategie d’integrazione delle lingue
.. Sviluppi della Didattica Integrata delle Lingue (),  – .. Ver-
so una competenza plurilingue,  – .. Un’esperienza di  nella
formazione in servizio, .

 Capitolo VI
Trasversalità della lingua nel curricolo
.. La lingua italiana per le altre discipline,  – ... La varietà dei
repertori linguistici individuali,  – ... Trasversalità dei traguardi, 
– ... Trasversalità degli obiettivi ,  – .. La dimensione linguistica
delle altre discipline,  – ... Studio di casi,  – ... Le competenze
linguistiche trasversali,  – ... Un’ipotesi di lavoro,  – .. Strategie
d’intervento coordinato, .

 Appendice
. Principi dell’educazione linguistica democratica (VIII tesi).,  – .
Sette tesi per la promozione di politiche linguistiche democratiche, 
– . Profili di uscita, livelli di prestazione. L’educazione linguistica nella
scuola di base, .

 Riferimenti bibliografici


I. Studi e documenti europei,  – II. Studi e documenti italiani,  –
III. Altri testi citati, .
Presentazione

In questo volume vengono affrontate alcune tematiche che concor-


rono a orientare la scuola verso l’innovazione nel campo dell’edu-
cazione linguistica. Sono presi in esame da una parte i principali
documenti elaborati dal Consiglio d’Europa sul tema delle lingue
dell’educazione, dall’altra le indicazioni curricolari della scuola italiana
nel campo delle lingue e dell’educazione linguistica.
Si è inteso così offrire ai dirigenti scolastici, agli insegnanti tutti e,
in particolare, agli studenti di lingua/e che intendono ampliare le loro
conoscenze nell’ambito della glottodidattica un duplice punto di vista: da
una parte gli orientamenti messi a punto, nel contesto della ricerca euro-
pea, dalla Divisione delle Politiche Linguistiche del Consiglio d’Europa,
dall’altra gli sviluppi nel campo dell’educazione linguistica rintracciabili
nel testo delle Indicazioni nazionali del . Le due prospettive sono
analizzate separatamente, ma nel contempo ne vengono evidenziate
intersezioni e influenze reciproche, in quanto il progetto europeo
di educazione plurilingue e interculturale appare coerente con la
concezione dell’educazione linguistica che connota gli orientamenti
programmatici della scuola italiana.
Per offrire un quadro sufficientemente orientativo del progetto Lingue
nell’educazione e lingue per l’educazione del Consiglio d’Europa si è ritenu-
to utile prendere in esame alcuni studi e documenti prodotti dall’Unità
delle Politiche Linguistiche. Le diverse fasi della ricerca si possono se-
guire sulla Piattaforma di risorse e riferimenti per le lingue dell’educazione,
nella quale sono stati pubblicati e si continuano a pubblicare gli studi
preparatori e i resoconti delle conferenze intergovernative e dei seminari
internazionali realizzati nel tempo. Nella prima parte del presente
volume sono presentati e analizzati i testi seguenti:

— De la diversité linguistique. Guide pour l’élaboration des politi-


ques linguistiques éducatives en Europe. Si tratta di uno studio
specificamente rivolto ai responsabili delle politiche educa-

. Languages in education, languages for education. A platform of resources and references for
plurilingual and intercultural education (www.coe.int/t/dg/linguistic/langeduc/le_platf).


 Presentazione

tive che sono interessati a promuovere il plurilinguismo e


l’educazione alla cittadinanza democratica;
— Un Documento Europeo di Riferimento sulle Lingue dell’Educazio-
ne? In questo testo sono esposti i principi sui quali si basa il
progetto di educazione plurilingue e interculturale e sono deli-
neati i contenuti di un eventuale futuro quadro di riferimento
sulle lingue dell’educazione;
— Guida per lo sviluppo e l’attuazione di curricoli per una educazione
plurilingue e interculturale. Questa Guida indica orientamenti
da seguire e azioni da compiere per pianificare e attuare il
progetto di educazione plurilingue e interculturale;
— tre documenti nei quali viene illustrata da punti di vista diver-
si la tematica relativa alla lingua di scolarizzazione, o lingua
principale della scuola. Si tratta di un primo studio su La/e
lingua/e delle altre discipline (Vollmer ), di un saggio su
Lingua e materie scolastiche: Dimensioni linguistiche della costru-
zione delle conoscenze nei curricoli (Béacco et al. ) e di un
ulteriore lavoro su Le rôle des langues dans l’apprentissage et
l’enseignement des matières scolaires (Thürmann );
— il Quadro di Riferimento per gli Approcci Plurali alle Lingue e alle
Culture ,CARAP, elaborato da una équipe di studiosi coordi-
nata dal prof. Michel Candelier nell’ambito del progetto 
(A travers les Langues et les Cultures). Esso si collega strettamen-
te al progetto del Consiglio d’Europa in quanto presenta un
repertorio delle competenze e delle risorse che connotano
l’educazione plurilingue e interculturale.

Sono infine messi a fuoco due sotto–temi particolarmente interessanti


per un approccio operativo alle innovazioni proposte: l’insegnamento di
contenuti non linguistici in lingua straniera ( o ) e le iniziative
didattiche che possono promuovere la cultura del plurilinguismo.
Nella seconda parte del volume si propone l’analisi del testo delle Indi-
cazioni nazionali del  relativo alle lingue (Italiano, Inglese e seconda
lingua comunitaria), con alcuni riferimenti all’introduzione generale.

. Vd. Riferimenti bibliografici, dove vengono riportati i titoli in originale (inglese e/o
francese) e l’eventuale traduzione italiana.
. http://carap.ecml.at/
. Indicazioni nazionali per il curricolo della scuola dell’infanzia e del primo ciclo d’istruzione.
In «Annali della Pubblica Istruzione», Numero speciale . Vd. in www.indicazioninazionali.it
Presentazione 

I vari percorsi di lettura hanno lo scopo di mettere a fuoco gli orien-


tamenti nel campo dell’educazione linguistica per il primo ciclo e di
evidenziarne gli elementi d’innovazione in accordo con le opzioni di
politica linguistica educativa del Consiglio d’Europa. Gli ambiti innovativi
illustrati sono i seguenti:

— rapporto tra plurilinguismo e educazione alla cittadinanza. Nelle Indi-


cazioni si assegna alla scuola come finalità l’educazione del cittadi-
no europeo. Per realizzare questa finalità si propone di orientare il
curricolo delle discipline linguistiche in funzione dell’educazione
plurilingue e interculturale;
— orientamenti didattici coerenti con l’educazione alla cittadinanza. L’e-
ducazione linguistica delineata nei traguardi d’italiano e di lingue
straniere diventa veramente funzionale all’educazione del cittadi-
no se è sostenuta da una didattica che metta gli allievi in condizione
di fare pratica di cittadinanza attraverso le attività di apprendimen-
to. Dalle Indicazioni si traggono suggerimenti coerenti con le
coordinate metodologiche presentate nel progetto europeo;
— diversità e pluralità nell’impianto curricolare dell’italiano. In base alle
Indicazioni  attraverso il curricolo d’italiano si possono svilup-
pare negli allievi le capacità di usare consapevolmente le diverse
varietà linguistiche in relazione alla diversità e pluralità degli in-
terlocutori e delle situazioni di comunicazione. I traguardi e gli
obiettivi proposti orientano l’insegnamento verso la pianificazio-
ne di percorsi diversificati, in modo da rispondere ai vari bisogni
linguistici degli allievi. Le competenze da sviluppare sono quelle
relative all’oralità, alla lettura, alla scrittura, al lessico, alla gram-
matica e agli usi linguistici. L’educazione linguistica degli allievi
sarà tanto più aperta al plurilinguismo e alla diversità quanto più
ognuno di questi ambiti sarà oggetto di interventi specifici;
— funzioni assegnate alle due lingue straniere nel curricolo. Le due lingue
straniere sono viste in funzione dell’educazione alla cittadinanza
europea. In primo luogo si evidenzia che il curricolo plurilingue
deve tendere a sviluppare i repertori acquisiti dagli alunni e a valo-
rizzare le loro diversità culturali; in secondo luogo si raccomanda
di coordinare i due insegnamenti linguistici, integrandone i percor-
si didattici in modo da creare opportunità di transfer e sviluppare
negli allievi la capacità di continuare a imparare. Le Indicazioni
suggeriscono di superare l’ottica dei curricoli separati per ciascu-
na lingua e di costruire un curricolo integrato per più lingue in
 Presentazione

funzione dell’educazione linguistica generale del soggetto che


apprende;
— insegnamento integrato delle lingue. Il concetto di curricolo integrato
non è nuovo. Però spesso l’integrazione tra gli insegnamenti lin-
guistici risulta difficile da realizzare. Si propongono alcuni spunti
di riflessione sul tema del curricolo plurilingue e si descrive un’e-
sperienza di percorso di lettura in tre lingue in una situazione di
formazione d’insegnanti;
— la trasversalità della lingua nel curricolo. Il tema della trasversalità
richiama un altro ambito d’innovazione della didattica linguistica.
È innovativo costruire il curricolo d’italiano con una forte valenza
trasversale; altrettanto innovativo è costruire i curricoli delle disci-
pline non linguistiche dando rilevanza didattica alla loro specifica
dimensione linguistica. Le Indicazioni d’italiano fanno riferimen-
to costante alle competenze trasversali e spingono a focalizzare
l’insegnamento sullo sviluppo di abilità di studio; le ultime ricer-
che in ambito europeo offrono strumenti e spunti metodologici
per coinvolgere tutti gli insegnanti in un progetto di educazione
linguistica funzionale al successo scolastico di ogni alunno.

Due riferimenti–cardine hanno fatto da sfondo al presente lavoro e hanno


guidato nella scelta dei contenuti da privilegiare: da una parte le Dieci tesi
per l’educazione linguistica democratica del Gruppo di Intervento e Studio
nel Campo dell’Educazione Linguistica (GISCEL), dall’altra le Sette tesi
per la promozione di politiche linguistiche democratiche del Gruppo di Studio
per le Politiche Linguistiche (GSPL).
Il primo testo, risalente al , ha influenzato l’evoluzione dei pro-
grammi didattici d’italiano dagli anni Ottanta del Novecento ad oggi e ha
ispirato nel tempo studi e ricerche didattiche nel campo dell’educazione
linguistica. L’altro testo è del  e rappresenta la conferma della costante
attenzione della Società di Linguistica Italiana per la diffusione dei valori
dell’educazione linguistica democratica nella società italiana, in linea con
gli orientamenti di politica linguistica del Consiglio d’Europa.
Prefazione

Lingua al plurale

Lavorare con le lingue e sulle lingue come via per garantire i diritti
di cittadinanza: si potrebbe condensare in queste parole il senso del
volume Educazione linguistica e plurilinguismo: dal progetto europeo al
contesto italiano. Rosa Calò offre al mondo della scuola e a quanti si
occupano di educazione linguistica una chiave didattica interpretativa
del plurilinguismo, molto più della ‘semplice’ presentazione ragionata
di materiali elaborati in sede europea nel campo del plurilinguismo,
o della sintesi delle Indicazioni nazionali per il curricolo: nel libro c’è il
depositato di anni di insegnamento fruttuoso di una lingua straniera,
di esperienza in qualità di Ispettore ministeriale, di ricerca –– pura
e di ricerca–azione –– nel campo della linguistica educativa e nel
campo della formazione docente.
L’Autrice sa che operare con una lingua, materna o seconda o
straniera, ha sempre a che fare con la pluralità. Ogni lingua, se viva,
porta in sé il germe della diversità e gli individui sono in diversa
misura plurilingui, sebbene il diverso configurarsi delle loro risorse
idiomatiche non sempre sia riconosciuto come fattore positivo dalla
società e dalla scuola. Rosa Calò ci guida a riconsiderare l’universo
delle lingue attraverso i lavori che il Consiglio d’Europa ha elaborato
in tanti anni di riflessioni e studi. Cammino per niente agevole se
non fosse per l’abilità di chi ci fa da guida. Il merito più grande del
lavoro che qui si presenta è quello di offrire al lettore il come si fa
a orientarsi in una selva di pubblicazioni sul tema. Ne viene fuori
un quadro che connette i documenti europei alle Indicazioni per il
curricolo con una sapiente cucitura che fa emergere e scoprire nei
testi, europei e italiani, aspetti che non avevamo considerato e illumi-
na zone trascurate o neglette che dopo il lavoro di analisi appaiono
chiare e ricche di spunti. Ciò che emerge e si impone sopra tutto è
la lezione metodologica che l’Autrice ci offre senza dirlo né preten-
derlo. L’operazione metodologica va a buon fine perché l’Autrice si
orienta con sicurezza e orienta nella lettura forte delle sue coordinate


 Prefazione

teoriche: la linguistica educativa come complesso degli studi che


guardano ai fatti di lingua e linguaggio sotto il profilo dell’apprendi-
mento e l’educazione linguistica come complesso di pratiche che ha
l’obiettivo di rendere gli allievi padroni della lingua al plurale, delle
molte lingue che ci circondano, come abbiamo imparato a dire per
aderire al dettato delle Dieci Tesi per l’educazione linguistica democra-
tica e al Consiglio d’Europa. Il plurilinguismo è nella nostra storia
di Italiani dalle molte capitali, lo è diventato ancor più con l’accordo
di Schengen di abbattimento delle frontiere nei Paesi dell’Unione
e ci apparterrà sempre di più come parte della nostra vita via via
che donne e uomini venuti da lontano, con le loro lingue e le loro
culture, creano un mondo che elimini gli steccati tra uomini e cose e
inventano modi nuovi di comunicare con gli altri.

Silvana Ferreri
P I

L’EDUCAZIONE PLURILINGUE
NEL PROGETTO
DEL CONSIGLIO D’EUROPA
Capitolo I

Un’educazione plurilingue e interculturale


per il cittadino europeo

L’educazione plurilingue e interculturale è il cuore del progetto sulle


lingue dell’educazione del Consiglio d’Europa. I primi riferimenti
chiave su questo tema si trovano nel documento dal titolo De la
diversité linguistique. Guide pour l’élaboration des politiques linguistiques
éducatives en Europe . Questo documento, elaborato dal Gruppo per le
Politiche Linguistiche, è rivolto ai responsabili delle politiche educati-
ve che sono interessati a promuovere il plurilinguismo e l’educazione
alla cittadinanza democratica.
Del testo suddetto si offre di seguito una sintesi articolata in sei
punti: in primo luogo viene identificato ed esplicitato l’obiettivo di
fondo del progetto; seguono due paragrafi dedicati alla chiarificazio-
ne dei termini chiave (plurilinguismo e educazione interculturale);
si passa poi alla presentazione dei compiti della scuola e più in par-
ticolare delle strategie didattiche che gli insegnanti sono chiamati
ad adottare; si conclude con la presentazione delle esperienze già
avviate o realizzate nel campo dell’educazione plurilingue e intercul-
turale e con alcuni spunti per riflettere sull’innovazione proposta nel
documento europeo.

. Dopo varie bozze e revisioni di gruppo, il documento finale è stato redatto nel 
da Jean–Claude Béacco nella versione integrale in lingua francese (De la diversité linguistique à
l’education plurilingue: Guide pour l’élaboration des politiques linguistiques éducatives en Europe) e
da Michael Byram in una versione breve in lingua inglese (From linguistic diversity to plurilingual
education: Guide for the development of language education policies in Europe). Nella Piattaforma
sono presenti le due versioni. Di seguito vengono proposti due stralci del testo tradotti dal
francese. Molti dei documenti del Consiglio d’Europa sono stati tradotti in lingua italiana e
pubblicati nella rivista on line «Italiano LinguaDue» (www.italianolinguadue.unimi.it). Nelle
note si richiamano i documenti europei nella traduzione italiana, se esistente, citando l’autore
(o gli autori) e l’anno di pubblicazione della versione originale.


 Educazione linguistica e plurilinguismo

.. L’educazione linguistica del cittadino, un obiettivo per l’Europa

In tutti i testi prodotti dal Consiglio negli ultimi venti anni vengono
indicate misure atte a favorire l’acquisizione di competenze lingui-
stiche, viene incoraggiato l’uso delle lingue straniere nello studio
di alcune materie scolastiche, viene sottolineata l’esigenza di diver-
sificare l’offerta di lingue in tutti i livelli scolastici, anche al fine di
contrastare la predominante presenza dell’inglese .
Nella Guida per l’elaborazione delle politiche linguistiche i conte-
nuti già esposti in quei testi sono ripresi e riorganizzati intorno
alla nozione di repertorio plurilingue degli individui. Le politiche
linguistiche educative devono tendere a valorizzare e sviluppa-
re i repertori linguistici dei parlanti (definiti ‘attori sociali’) at-
traverso un’educazione plurilingue e pluriculturale, che miri al-
l’accettazione della diversità delle lingue e alla comunicazione
interculturale.
Questa nozione è centrale per cogliere il rapporto tra istanze
educative e politiche linguistiche: il destinatario delle politiche
linguistiche educative è il parlante in quanto ‘attore sociale’, cioè
in quanto cittadino che interagisce in un contesto multilingue e
multiculturale.
Le politiche linguistiche devono essere orientate a sviluppare la
competenza plurilingue di ogni individuo, lungo l’arco della vita, e
a fare in modo che tutti percepiscano il valore economico, sociale
e culturale del plurilinguismo. Attraverso l’educazione plurilingue
ogni cittadino è messo nelle condizioni più favorevoli per realizzare
un percorso professionale dinamico, inserirsi nella società in modo
adeguato, essere riconosciuto e accettato all’interno di comunità
culturali e sociali diverse da quelle di provenienza.
L’educazione plurilingue e interculturale concorre quindi all’edu-
cazione alla cittadinanza democratica. Lo studio delle diverse lingue
rende ogni individuo consapevole del proprio repertorio linguisti-
co, sviluppa il rispetto dei singoli parlanti, dei diritti linguistici degli
individui e dei gruppi: attraverso l’accettazione della pluralità delle

. Vd. Stralcio . I testi fondativi del Consiglio d’Europa: il plurilinguismo e le politiche


linguistiche, p. .
. Sul multilinguismo/plurilinguismo e sul dibattito riguardante la/e lingua/e d’uso in
Europa come questione di democrazia, vd. De Mauro T. (). In Europa sono già . Troppe
lingue per una democrazia? Roma–Bari: Laterza.
. Un’educazione plurilingue e interculturale per il cittadino europeo 

lingue, la cittadinanza comporta il riconoscimento dei diritti delle


minoranze linguistiche e la loro valorizzazione. Lo sviluppo della
competenza plurilingue permette infatti la partecipazione attiva dei
cittadini alle decisioni politiche e alla vita sociale e dà loro gli stru-
menti per interagire in maniera appropriata con altri cittadini europei,
senza esclusioni né marginalizzazioni.
In quanto competenza, il plurilinguismo è funzionale alla parteci-
pazione dei cittadini alla vita politica e pubblica in Europa, perché
rende i singoli capaci di interagire in modo efficace da cittadini con
altri cittadini in un contesto sovranazionale. La valorizzazione dei
repertori linguistici individuali allarga l’orizzonte dei sistemi edu-
cativi verso l’educazione ai valori di eguaglianza, di rispetto delle
differenze, di solidarietà, in quanto fondamenti dell’educazione alla
cittadinanza democratica.
La concreta applicazione di questi principi comporta delle scelte
di politica linguistica che si possono così sintetizzare:

— educazione alla diversità linguistica, cioè sviluppo di interesse


per le lingue e accettazione delle lingue di altre comunità;
— acquisizione graduale di nuove varietà di una stessa lingua e di
lingue diverse, cioè presenza delle lingue nei diversi momenti
del percorso scolastico e loro sviluppo nel tempo;
— accesso facilitato alle lingue (che non siano fonte di discrimi-
nazione, di selezione scolastica o di distinzione sociale);
— collegamento tra i diversi insegnamenti linguistici (tra lingua
d’origine, lingua della scuola, lingue straniere), sia simulta-
neamente sia successivamente e quindi attenzione al tipo di
educazione linguistica proposto;
— rapporti espliciti, soprattutto nella scuola dell’obbligo, tra edu-
cazione linguistica, educazione interculturale e educazione
alla cittadinanza democratica.

Se si riflette sul senso di queste scelte, si nota che esse rinviano


a principi e valori quali la salvaguardia della diversità linguistica,
l’uguaglianza delle opportunità, l’educazione del cittadino.
Attraverso queste linee di politica linguistica educativa si mira
a contrastare le situazioni di isolamento linguistico e l’intolleranza
linguistica e ad assicurare la fratellanza democratica e la pace.
 Educazione linguistica e plurilinguismo

.. Il plurilinguismo, una competenza trasversale

Il significato primo che si attribuisce generalmente al termine pluri-


linguismo rinvia alla diversificazione della conoscenza delle lingue:
ogni individuo conosce la sua lingua materna, la lingua della scuola
(che a volte non coincide con la prima), una o più lingue straniere. Le
diversità individuali non si fermano comunque a questo livello: una
lingua può essere conosciuta in modo diverso da individui diversi e
in misura diversa dallo stesso individuo nel tempo.
Le diverse lingue e le varietà proprie di una lingua che un in-
dividuo conosce e pratica costituiscono il suo repertorio linguistico.
Ogni lingua conosciuta può essere usata per fini diversi (comuni-
cazione quotidiana e familiare, strumento di lavoro, fonte di arric-
chimento culturale e identitario, ecc.). Nel repertorio di ognuno le
competenze relative agli usi possono essere diverse (parlare, scrivere,
comprendere. . . ).
Essere plurilingue significa quindi avere a disposizione un reper-
torio di risorse comunicative a cui attingere secondo i propri bisogni:
usi familiari o quotidiani, usi professionali, ecc. In relazione alle di-
verse situazioni si può far uso di varietà diverse di una stessa lingua
oppure si possono alternare lingue diverse. I modi di uso delle varietà
del repertorio possono mutare anche nel tempo; possono variare i
livelli di padronanza raggiunti nelle singole competenze (prima esse-
re in grado di seguire un programma TV, poi anche una conferenza;
prima capire un avviso scritto, poi anche un articolo di cronaca, ecc.).
Inoltre, l’apprendimento di una nuova lingua può modificare la fun-
zione assegnata a una lingua appresa precedentemente. I repertori
individuali sono in continua evoluzione: nuove lingue o nuove va-
rietà possono entrare a farne parte, certe competenze linguistiche
possono affievolirsi. Infine, la competenza linguistica può essere ac-
compagnata in misura varia da competenza culturale (per esempio,
si può saper articolare correttamente una frase, ma non saper usare
il registro adeguato alla situazione comunicativa data).
Il Consiglio d’Europa suggerisce di assumere il plurilinguismo
come competenza non eccezionale ma comune ad ogni parlante: ogni
parlante è potenzialmente plurilingue in quanto l’attitudine ad ap-
prendere le lingue è un fatto naturale. Secondo questa visione, essere
plurilingue non vuol dire che si padroneggiano molte lingue in ma-
niera completa: la capacità d’uso di più lingue e il grado di padronanza
da una lingua all’altra possono non essere omogenei.
. Un’educazione plurilingue e interculturale per il cittadino europeo 

Il plurilinguismo viene definito una competenza trasversale rispetto


alle singole competenze linguistiche. La competenza plurilingue è
di fatto una competenza complessa e comporta sempre l’esperienza,
almeno potenziale o implicita, di più culture.

.. L’educazione interculturale

L’acquisizione di una lingua, o di più lingue, fa parte del processo


di socializzazione che comincia con la nascita dell’individuo. Con
la lingua l’individuo acquisisce anche il sentimento di appartenenza
al gruppo che parla quella lingua e ne assimila implicitamente la
cultura. Lo sviluppo della competenza linguistica si accompagna
quindi sempre con l’acquisizione di competenza culturale, almeno
come capacità di vivere con quelli che parlano una data lingua.
Imparare più lingue nel corso della propria esistenza comporta lo
sviluppo di consapevolezza che esistono altre culture e altre comunità
e che è possibile avere contatti con quelle comunità. La competenza
culturale legata alla lingua appresa può ampliarsi attraverso contatti
ed esperienze che rendono più articolato il repertorio linguistico
individuale.
Vi è competenza interculturale laddove si è in grado di compren-
dere i valori e i comportamenti di gruppi sociali diversi, di saper inter-
pretare e descrivere aspetti della vita di persone che hanno una lingua
diversa dalla propria, di interagire positivamente con le persone che
si incontrano in uno spazio (quale quello europeo) caratterizzato dal
multilinguismo e dalla multiculturalità.

.. La scuola di fronte al plurilinguismo

Nell’educazione plurilingue e interculturale il ruolo della scuola è


essenziale. Attraverso la promozione della conoscenza delle lingue
parlate in Europa, la scuola persegue due finalità: formare il cittadino
e rinforzare il sentimento di appartenenza allo spazio democratico
europeo.
Non si tratta certo di proporre a tutti lo studio delle stesse lingue,
ma di fare spazio in modo adeguato alla lingua d’origine, alla lingua
nazionale, alle lingue classiche, alle lingue straniere. L’obiettivo è
quello di far crescere un plurilinguismo come capacità di usare più
 Educazione linguistica e plurilinguismo

lingue, pur con gradi di padronanza diversi, di saper utilizzare tutte le


risorse linguistiche disponibili per comunicare, e come propensione
ad attribuire pari valore e dignità a tutte le lingue, quelle del proprio
repertorio e quelle dei repertori altrui.
La trasversalità del progetto di educazione plurilingue è data in
prima istanza dal fatto che ci si occupa delle lingue (materna, nazio-
nale, regionale e straniere), non considerando i singoli insegnamenti
in sé ma nelle loro correlazioni. Inoltre, vi è trasversalità in quanto
si favorisce il transfer di conoscenze e competenze da una lingua
all’altra.
Il progetto riguarda sia la scuola dell’obbligo sia i gradi succes-
sivi dell’istruzione fino all’università e oltre. È importante assicura-
re continuità all’offerta di lingue e tenere conto delle acquisizioni
precedenti per uno sviluppo coerente delle competenze.

... Insegnare a interagire

La competenza plurilingue si sviluppa nel tempo attraverso percorsi


che implicano: a) l’ampliamento dei repertori linguistici degli appren-
denti, b) l’apprendimento di più lingue, c) l’educazione interculturale
intesa come educazione alla cittadinanza democratica.
Se ogni parlante prende coscienza del proprio repertorio lingui-
stico, dell’uso che ne fa per comunicare con gli altri e dei repertori
degli altri, può percepire le diverse comunità linguistiche e culturali
e imparare a interagire con gli altri rispettandoli, non escludendoli
e non sentendosene escluso. Rispettare le lingue degli interlocutori,
fare lo sforzo di impararle e utilizzarle anche in parte sono le con-
dizioni della cittadinanza democratica in quanto manifestazioni di
apertura linguistica.

... Insegnare a imparare

La scuola può cominciare a promuovere l’educazione plurilingue


svolgendo un’azione di sensibilizzazione al plurilinguismo. La sensibi-
lizzazione può essere indotta da attività che stimolano gli apprendenti
a definire i repertori plurilingui individuali e identificare il valore che
si dà a ogni elemento o ad ogni varietà del repertorio, percepire
la/e funzione/i svolta/e da ogni varietà nella comunicazione sociale,
capire che la padronanza di una varietà o di una lingua può evol-
. Un’educazione plurilingue e interculturale per il cittadino europeo 

vere sia attraverso lo studio che la scuola propone, sia attraverso


l’auto–apprendimento e l’esperienza extrascolastica.
La sensibilizzazione degli apprendenti alla nozione di repertorio
plurilingue è particolarmente importante: li porta a scoprire quali
lingue e varietà conoscono e usano, a ricostruire la storia dei loro
contatti con lingue diverse e con le diverse varietà linguistiche parlate
nel loro ambiente familiare, a scuola, in classe da parte di compa-
gni. Una più accentuata e precisa percezione di sé sotto il profilo
linguistico può rafforzare la fiducia nella propria capacità di appren-
dere le lingue e la motivazione ad ampliare la propria competenza
plurilingue.
Accettando il presupposto che il plurilinguismo è una competenza
di qualsiasi locutore, la scuola deve operare in modo da sviluppare in
ogni apprendente la coscienza del proprio repertorio e dei repertori
dei singoli parlanti e di gruppi di parlanti, deve far cogliere la dignità
intrinseca e il valore di ogni lingua e di ogni varietà (se utilizzata in
maniera adeguata), deve far capire come possono evolversi i repertori,
deve sviluppare le competenze trasversali.
La valorizzazione e lo sviluppo del repertorio di partenza degli
apprendenti può realizzarsi nelle seguenti direzioni:

— uso delle lingue conosciute nella comunicazione quotidiana;


— ampliamento delle varietà interne ad ogni lingua che si co-
nosce (orale/scritto, comune/standard, ecc.) e aumento del
livello di padronanza in ogni varietà e in ogni lingua;
— sviluppo di competenze parziali in nuove lingue .

La prima cosa da fare è insegnare a tutti come sfruttare le risorse che


si hanno per comunicare. Inoltre bisogna insegnare ad apprendere le
lingue (cioè sviluppare l’autonomia di apprendimento) e ciò si può
fare introducendo delle pratiche continue di riflessione sui modi di
apprendere, su quanto già appreso, su quel che bisogna apprendere.
Ogni insegnamento delle lingue deve comportare una particolare
attenzione alle strategie di apprendimento.

. Vd. Béacco (): «... on croit communément que tant que l’on n’a pas acquis une
compétence de natif, on parle mal. Contre cette croyance ordinaire, on proposera des ensei-
gnements conduisant à des compétences diversifiées (en termes de niveau de maîtrise et
de compétence: compréhension, compréhension et production, connaissance de la culture
cultivée)», p. .
 Educazione linguistica e plurilinguismo

... Educare alle differenze e all’alterità

Il progetto di educazione al plurilinguismo non può ridursi all’o-


biettivo, pure irrinunciabile, dello sviluppo di competenze lingui-
stico–comunicative in lingue diverse. Esso deve mettere in primo
piano una funzione educativa essenziale, che consiste nell’educare
alle differenze e all’alterità.
I repertori linguistici individuali rinviano a realtà e comportamen-
ti sociolinguistici che possono essere più o meno riferiti a precisi
gruppi sociali. Il plurilinguismo si accompagna sempre con un certo
grado di pluriculturalità, anche inconsapevole.
L’acquisizione di una nuova lingua (o di una nuova varietà della
stessa) può essere l’occasione per acquisire conoscenze sul gruppo o
sulla comunità che parla quella lingua (o quella varietà). Attraverso
una lingua e le sue varietà si scoprono le abitudini, le regole di vita
e i comportamenti collettivi a cui fa riferimento quella lingua nel-
la comunicazione quotidiana. La riflessione sui significati culturali
delle forme linguistiche permette di rilevare i modi di vivere di una
comunità.
L’insegnamento di una lingua può perseguire l’educazione inter-
culturale attraverso due tappe: la sensibilizzazione alla dimensione
culturale dei fatti linguistici e lo sviluppo di competenza intercultu-
rale. La sensibilizzazione alla percezione delle differenze culturali
è importante, in quanto permette di stabilire con i membri di una
comunità delle forme di comunicazione esenti da pregiudizi o ste-
reotipi. La riflessione sulla lingua–cultura serve appunto a sviluppare
sia la consapevolezza delle differenze sia la sensibilità a percepire le
diversità. La competenza interculturale porta ad una comprensione
dell’altro non solo linguistica: si tratta di maturare atteggiamenti
affettivi che rendono possibile il superamento delle ambiguità, che
facilitano la risoluzione di malintesi e conflitti e dispongono alla
cooperazione. In questo senso l’educazione interculturale diventa
funzionale all’educazione alla cittadinanza.

.. Gli insegnanti e l’educazione plurilingue

Un aspetto importante del progetto sul plurilinguismo è la consa-


pevolezza del fatto che insegnare una lingua non significa insegnare
. Un’educazione plurilingue e interculturale per il cittadino europeo 

tutta la lingua. Gli insegnamenti linguistici sono sempre graduali e si


differenziano in relazione alle finalità.
Il Consiglio d’Europa indica due finalità nell’educazione plurilin-
gue come educazione alla cittadinanza democratica: da una parte lo
sviluppo di competenza plurilingue, dall’altra lo sviluppo di competenza
interculturale. L’analisi delle lingue in competenze e livelli secondo il
modello proposto nel Quadro Comune Europeo di Riferimento per le
lingue () rende possibile articolare i contenuti d’insegnamento
in termini di competenza plurilingue e interculturale.
La programmazione dell’educazione plurilingue si fonda quindi
sulla diversificazione delle competenze tra le diverse lingue. In una
lingua si può sviluppare la comprensione orale, in un’altra lingua la
produzione scritta; oppure si può programmare lo sviluppo della
comprensione scritta in una lingua e lo sviluppo di competenza cultu-
rale in un’altra, ecc. Ogni scelta è legittima e comporta in ogni caso
l’ampliamente della competenza generale del soggetto che apprende.
A questa ricerca di complementarità è opportuno accompagnare
la ricerca di gradualità, fissando livelli diversi per le diverse lingue
rispetto ai vari momenti del percorso scolastico (livello A in una
lingua, B in un’altra, ecc.) in una prospettiva di apprendimento
continuo.
L’utilizzazione degli stessi tipi di descrittori di competenze per
lingue diverse e livelli diversi crea legami espliciti tra i programmi
d’insegnamento delle varie lingue e rende comparabili i risultati
raggiunti anche ai fini della valutazione e dell’auto–valutazione.
Le scelte da compiere dipendono da numerosi fattori, tra i quali
sembrano avere maggiore rilevanza:

— le caratteristiche del territorio e degli apprendenti (si tratta di


una regione di confine? c’è una lingua regionale importante?
nelle classi c’è una presenza significativa di alunni stranieri
che hanno la stessa lingua d’origine?);
— le correlazioni da stabilire tra gli insegnamenti linguistici (,
 ,  . . . ) e tra questi e le discipline non linguistiche (lingua
e storia, lingua e matematica, ecc.);
— le competenze e i livelli da raggiungere in ogni lingua, in

. Vd. Quadro comune europeo di riferimento per le lingue: apprendimento, insegnamento,


valutazione. Trad. it. a cura di D. Bertocchi e F. Quartapelle. Firenze: La Nuova Italia–Oxford,
. cap. , pp. –.
 Educazione linguistica e plurilinguismo

relazione alle tappe del percorso e ai tempi assegnati;


— le metodologie d’insegnamento che si privilegiano;
— le forme di valutazione e di certificazione dei risultati raggiunti.

Per organizzare i percorsi di insegnamento plurilingue bisogna pren-


dere decisioni tenendo in conto l’uno o l’altro dei fattori sopra elen-
cati. Alcuni di questi fattori meritano particolare attenzione. Privi-
legiamo in particolare due elementi che appaiono contrastanti: la
duplice necessità di integrazione e di diversificazione.

... Integrare gli insegnamenti linguistici

L’educazione plurilingue comporta un profondo ripensamento del


rapporto tra i vari insegnamenti linguistici: si tratta di stabilire una
stretta correlazione, in parallelo e nel tempo, tra finalità, contenuti e
metodi d’insegnamento di lingue diverse. Ciò significa far cadere gli
steccati tra le discipline linguistiche (décloisonnement) e ricercare le
convergenze tra le lingue . Queste non sono da considerare come
delle materie isolate, distinte l’una dall’altra, ma come delle realtà
correlate per vari aspetti.
Nei programmi d’insegnamento, le lingue sono spesso consi-
derate delle materie indipendenti l’una dall’altra, ognuna con un
suo nucleo di conoscenze da trasmettere e con il suo potenziale di
competenze da sviluppare. La lingua nazionale e le lingue straniere
rappresentano delle entità isolate. Generalmente, nel panorama della
scuola secondaria, l’unica eccezione è rappresentata da alcune forme
di insegnamento bilingue, nelle quali una materia non linguistica
viene insegnata utilizzando la lingua straniera.
Questa chiusura disciplinare sul versante dell’insegnamento pro-
voca una percezione distorta e erronea dell’apprendimento delle
lingue: favorisce la convinzione che ogni apprendimento linguistico
debba essere in sé distinto e che qualsiasi contatto tra lingue diverse
sia fonte di errori e di ritardi.
L’educazione plurilingue si basa su un principio diametralmente
opposto: l’apprendimento di una lingua si fonda sulle competenze e
le conoscenze già acquisite in altre lingue, che possono essere trasfe-
rite da una lingua all’altra. Ciò non significa che nell’insegnamento
le diverse lingue vadano confuse, ma che bisogna ricercare le conver-

. Vd. Stralcio . Far cadere gli steccati tra gli insegnamenti linguistici, p. .
. Un’educazione plurilingue e interculturale per il cittadino europeo 

genze, i tratti comuni che si ritrovano in lingue anche molto diverse


tra loro. La ricerca delle convergenze tra le lingue serve a facilitare
l’apprendimento, anche in forza del fatto che per acquisire una nuova
lingua si parte sempre da conoscenze e competenze già possedute in
altre lingue.
Ormai nel campo delle lingue straniere alcune convergenze sono
state individuate: il  ha reso familiari concetti e categorie d’a-
nalisi quali competenza comunicativa, attività linguistiche orali e scritte,
descrittori di competenze. Tali riferimenti appaiono come trasversali
alle pratiche glottodidattiche, anche se esiste ancora una certa distan-
za tra le pratiche relative alle lingue straniere e quelle proprie della
lingua nazionale. La ricerca delle convergenze è un lavoro che va
condotto insieme dai docenti di discipline linguistiche. Competen-
ze come “saper leggere testi”, “comprendere un programma TV”,
“saper scomporre e ricomporre parole, frasi, testi” possono essere
trasferite e sfruttate nell’apprendimento di una nuova lingua.
La Guida per l’elaborazione delle politiche linguistiche propone alcune
strategie per realizzare una didattica delle lingue che valorizzi tutte
le forme di convergenza adeguate all’educazione plurilingue.
In primo luogo, invita ad iniziare gli alunni, fin dalla scuola del-
l’infanzia e poi nella scuola primaria, all’apprendimento delle lingue
facendo scoprire loro i repertori individuali, valorizzando le loro
lingue materne, le varietà parlate in famiglia e nell’ambiente prossi-
mo, abituandoli ad osservare il funzionamento dei diversi codici e
sensibilizzandoli alla uguale dignità delle lingue.
Inoltre, suggerisce forme diverse di integrazione degli insegna-
menti che possono essere realizzate con gradualità. In particolare,
invita a:

— esplicitare le finalità assegnate alle varie lingue e privilegiare


le finalità comuni;
— definire gli obiettivi in termini di competenze e di livelli a
partire dai descrittori del ;
— privilegiare lo sviluppo delle competenze trasversali alle di-
verse lingue nell’ambito della comprensione di testi orali o di
testi scritti, della produzione e interazione orale, ecc.;
— favorire nei processi di apprendimento, il transfer di cono-
scenze e strategie da una lingua all’altra e l’osservazione delle
analogie e delle differenze nell’organizzazione del lessico,
nella struttura delle frasi e dei testi in lingue diverse;
 Educazione linguistica e plurilinguismo

— concordare attività per far riflettere gli apprendenti su modi,


stili e strategie di apprendimento individuali;
— coordinare il linguaggio usato nelle varie lingue per descrivere
i fenomeni linguistici;
— coordinare le forme di valutazione dei risultati.

Altre forme di integrazione che vengono segnalate sono:

— potenziare i rapporti tra le lingue e le altre discipline scolasti-


che: ad esempio, nell’insegnamento della letteratura può tro-
vare spazio lo studio di testi di generi diversi della letteratura
europea (in traduzione o in lingua originale);
— fare ricorso ad una (o più di una) lingua straniera per spe-
cifiche attività legate a progetti interdisciplinari o a scambi
scolastici internazionali;
— assumere una delle lingue straniere come lingua veicolare
nello studio di una disciplina non linguistica.

... Diversificare le competenze e i livelli, le metodologie, le forme di


valutazione

Su questo versante è importante distinguere almeno tre piani: le


competenze e i livelli per lingua, le metodologie, le pratiche valutati-
ve.

.... Le competenze e i livelli per lingua

Si è già ricordato che insegnare una lingua non significa insegnare


tutta la lingua. Gli insegnanti devono definire le competenze linguistiche
da sviluppare ad ogni tappa del percorso scolastico e devono fare in
modo che gli apprendenti rinforzino le competenze già acquisite
in una data lingua, ne sviluppino altre nella stessa lingua, riflettano
sul loro modo di apprendere e sulle somiglianze e differenze tra le
lingue.
Una volta individuate le competenze da sviluppare, vanno definiti
i livelli da raggiungere in ogni competenza. I programmi d’insegna-
mento sono diversi quindi da una lingua all’altra e per ogni lingua
nel tempo.
Nella selezione delle competenze e dei livelli è di grande impor-
tanza tenere presenti:
. Un’educazione plurilingue e interculturale per il cittadino europeo 

— le finalità educative proprie di ciascun grado scolastico;


— i bisogni linguistici e le motivazioni di ogni gruppo di appren-
denti ad ogni momento del percorso di formazione;
— i rapporti delle lingue tra loro e con le altre discipline.

Ad esempio, rispetto alla finalità dell’educazione alla cittadinanza,


la scelta dei descrittori di competenze sarà orientata in modo da
garantire lo sviluppo di capacità di gestione degli scambi linguistici
con altri cittadini europei utilizzando lingue diverse e come sviluppo
di disponibilità ad accettare le diversità linguistiche e culturali.
Questi contenuti non sono appannaggio della lingua nazionale o
di una specifica lingua straniera, ma possono costituire terreno di
lavoro comune per tutti gli insegnanti di lingue.
Anche in presenza di programmazioni diverse in ogni lingua è im-
portante ricercare le convergenze e le trasversalità sulle quali lavorare
in funzione dell’educazione plurilingue. In particolare nella scuola
dell’obbligo appare importante esplicitare i rapporti (o le convergen-
ze) tra la lingua nazionale come disciplina, le lingue straniere e le
discipline non linguistiche nel quadro di una educazione plurilingue
come educazione linguistica globale.

.... Le metodologie d’insegnamento

Il primo risultato della politica plurilingue dovrebbe essere il mi-


glioramento della competenza comunicativa dei cittadini europei.
Questo risultato può essere raggiunto se le pratiche d’insegnamento
si orientano decisamente verso approcci di tipo comunicativo.
Questi approcci si caratterizzano per due aspetti diversi: ) la
presentazione della lingua non tanto sotto forma di unità formali di
tipo grammaticale (articolo, aggettivo, o frase semplice, complessa,
ecc.), ma in unità funzionali (atti linguistici quali: scusarsi, proporre
qualcosa a qualcuno, dare un consiglio. . . ); ) il ricorso a metodi attivi
che coinvolgono gli apprendenti in operazioni concrete (simulazione
della comunicazione autentica).
La Guida propone di considerare anche altri criteri per la diversifi-
cazione delle metodologie, quali l’età degli apprendenti, la diversità
delle competenze da sviluppare e dei livelli da raggiungere, gli stili
di apprendimento, le modalità correnti di insegnamento della lingua
della scuola, ecc.
 Educazione linguistica e plurilinguismo

In particolare, a livello prescolare e nella scuola primaria sono


da privilegiare gli approcci di tipo ludico. Man mano che si procede
nella padronanza di una lingua può essere opportuno introdurre
un approccio di tipo riflessivo che sostenga il bisogno di cercare
spiegazioni razionali ai fatti di lingua.
I metodi possono variare anche in risposta ai diversi stili di ap-
prendimento: ci sono apprendenti che non temono di sbagliare e
affrontano facilmente le situazioni di incertezza, mentre altri han-
no bisogno di essere sicuri di aver compreso prima di esporsi nella
produzione linguistica. Inoltre se nella lingua nazionale prevale l’inse-
gnamento secondo la grammatica tradizionale, un approccio all’inse-
gnamento delle lingue per unità funzionali può originare confusione
negli apprendenti e il passaggio dall’uno all’altro approccio rivelarsi
difficile.
Infine, possono verificarsi dei casi in cui le lingue in presenza
nell’insegnamento sono distanti tra loro per tipologia o per specificità
culturali e vi è la necessità di far precedere l’esercizio di pratiche
comunicative dall’acquisizione di conoscenze propedeutiche.
Nella scuola dell’obbligo, la priorità educativa guida alla scelta di
metodologie che possano:

— rinforzare le identità individuali attraverso l’esperienza dell’al-


terità;
— creare la coesione del gruppo, il sentimento di solidarietà e
l’abitudine alla cooperazione;
— sperimentare le proprie potenzialità nell’apprendimento di
più lingue.

Tali scelte metodologiche possono alternarsi nel tempo con metodi


che guidano a riflettere sulla comunicazione, sui linguaggi e sulle
lingue (osservare somiglianze e differenze tra lingue affini, analizzare
usi e comportamenti presenti in società diverse, confrontare generi e
forme linguistiche in lingue diverse).

.... Le forme di valutazione

Nell’ambito della valutazione e della certificazione delle competenze


la Guida richiama l’attenzione sul fatto che l’educazione plurilingue
deve proporsi di valutare la competenza plurilingue. Questa non
. Un’educazione plurilingue e interculturale per il cittadino europeo 

può ridursi ad una sommatoria di valutazioni parziali riferite alle


competenze raggiunte in ciascuna delle lingue studiate.
Il problema della valutazione della competenza plurilingue va
affrontato gradualmente. I diversi passaggi segnalati sono i seguenti:

— definire i livelli di competenza raggiunti nelle diverse lingue


in modo omogeneo;
— affiancare l’auto–valutazione alla valutazione istituzionale;
— nelle certificazioni ufficiali dare conto di tutte le esperienze
linguistiche compiute;
— modulare le certificazioni ufficiali secondo i periodi dell’ap-
prendimento e le competenze sviluppate (in modo che si
possano registrare i progressi competenza per competenza);
— distinguere le competenze per singola lingua solo nei passaggi
da un ciclo di studi ad un altro;
— elaborare prove di verifica delle competenze trasversali acqui-
site attraverso i percorsi dell’educazione plurilingue.

È chiaro che tutti questi passaggi sottolineano la complessità del


problema posto: non si tratta di trovare una risposta che valga una
volta per tutte e in tutti i casi. Le pratiche di valutazione per lingua
continuano ad avere diritto di esistenza; accanto a queste devono
affiancarsi prove di verifica delle competenze plurilingui. Il campo
della valutazione di queste competenze è aperto, come altri, alla
ricerca didattica.

.. Esperienze di educazione plurilingue

Il progetto di educazione alle lingue (materna, nazionale/i, straniere),


pensato come forma di integrazione di insegnamenti/apprendimenti
diversi, è abbastanza nuovo e quindi non ancora realizzato in ma-
niera compiuta. Ci sono però in corso esperienze che in parte han-
no ispirato il progetto stesso, in parte ricevono dal progetto nuove
spinte propulsive. Tra le esperienze in corso, che si collocano nella
prospettiva dell’educazione plurilingue, si citano le seguenti:

— l’insegnamento simultaneo di più lingue simili, che mira al-


lo sviluppo di competenze nella comprensione (soprattutto
scritta): si tratta di progetti di intercomprensione tra lingue ro-
 Educazione linguistica e plurilinguismo

manze, o tra lingue germaniche, o tra lingue scandinave, ecc.


Queste esperienze possono condurre allo studio successivo
di una di quelle lingue;
— l’insegnamento bilingue, nel quale si propongono insieme
l’insegnamento di una lingua straniera e quello di una discipli-
na (storia, scienze, storia dell’arte, ecc.); si tratta di esperienze
frequenti soprattutto a livello di scuola secondaria di secon-
do grado e di insegnamento superiore nei quali i livelli di
padronanza della lingua straniera richiesti sono abbastanza
alti;
— l’educazione linguistica proposta in Italia, che include l’edu-
cazione alla lingua nazionale, ma anche all’insieme dei lin-
guaggi, e assume la variazione (di tipo sincronico/diacronico,
di tipo socio–linguistico, ecc.) come nucleo fondante per la
definizione dei contenuti; essa è finalizzata a sviluppare negli
apprendenti la consapevolezza della diversità delle lingue e
della loro profonda unità di funzionamento, nonché la capaci-
tà di un uso consapevole delle diverse varietà linguistiche in
relazione agli interlocutori e alle situazioni di comunicazione;
— le ricerche relative alla sensibilizzazione precoce al linguaggio
e alle lingue (éveil aux langues), che non propongono uno
specifico apprendimento linguistico, ma delle attività per svi-
luppare nei bambini e nei preadolescenti degli atteggiamenti
positivi verso le lingue parlate da compagni stranieri o persone
del proprio ambiente prossimo e di far nascere delle curiosi-
tà verso i fenomeni linguistici, come avvio alla competenza
metalinguistica.

Per concludere, il progetto di educazione plurilingue proposto nel


documento europeo sopra presentato comporta certamente un inve-
stimento di risorse e di professionalità.
Il progetto investe in prima istanza sia gli studenti di scuola pri-
maria e secondaria sia gli insegnanti di lingue, in quanto soggetti
chiamati a mettere in atto le innovazioni didattiche.
Ognuno dei seguenti aspetti innovativi costituisce una pista di
riflessione, di studio e di sperimentazione:

— metodologie d’insegnamento per competenze;


— relazioni tra competenze linguistiche e competenze culturali;
. Un’educazione plurilingue e interculturale per il cittadino europeo 

— forme di transfer di competenze e conoscenze da una lingua


all’altra;
— strategie di apprendimento linguistico che possono potenzia-
re la capacità di apprendere.

La scuola non parte da zero: si tratta di riorganizzare l’esistente, di


produrre materiali adeguati ai nuovi obiettivi, di orientarsi verso i
nuovi compiti professionali. Si tratta di costruire negli allievi una
cultura diffusa del plurilinguismo.
Questo significa in primo luogo promuovere un sentimento di ap-
partenenza linguistica ad una comunità più ampia di quella nazionale,
regionale o locale, e sviluppare le capacità dei singoli di comunicare
in lingue diverse per scopi diversi; significa altresì promuovere la
consapevolezza dei repertori linguistici individuali, far sì che l’offerta
di lingue cresca e si diversifichi, dare spazio alle lingue meno diffuse
o poco usate.
Il numero delle lingue che la scuola propone agli apprendenti
nel corso degli studi (scuola primaria, secondaria e superiore), il
volume orario dedicato a ciascuna lingua (quantità e scansione dei
tempi), le modalità con le quali si possono acquisire precise compe-
tenze (insegnamento in presenza, auto–apprendimento, formazione
a distanza, ecc.), sono tutte condizioni che determinano la qualità
dell’educazione plurilingue.

STRALCI

Da: Béacco, J.C. (). De la diversité linguistique à l’éducation plurilingue:


Guide pour l’élaboration des politiques linguistiques éducatives en Europe. Trad. it.
di R. Calò.

. I testi fondativi del Consiglio d’Europa: il plurilinguismo e le politiche


linguistiche (§ ..)

Il Consiglio d’Europa ha elaborato numerosi testi ufficiali sulle pro-


blematiche relative alle lingue e al loro insegnamento. Non si vuole
qui illustrare dettagliatamente la politica linguistica educativa per
l’Europa che si delinea in quei testi. Si richiamano soltanto i docu-
menti più importanti al fine di offrire, ai lettori poco informati in
questo campo, la possibilità di confrontare i principi di politica lingui-
stica educativa approvati dagli Stati membri del Consiglio d’Europa
 Educazione linguistica e plurilinguismo

con le disposizioni nazionali e con la loro concreta messa in opera.


Il testo fondativo della Convenzione culturale europea (del  dicembre
) descrive, all’articolo , l’azione che gli Stati firmatari dovranno
intraprendere per la promozione, l’insegnamento e l’apprendimento
delle lingue: «Ognuna delle Parti contraenti, per quanto possibile,

a) incoraggerà tra i propri connazionali lo studio delle lingue,


della storia e della civiltà delle altre Parti contraenti e offrirà
a questi ultimi sul suo territorio facilitazioni in vista dello
sviluppo degli studi nei medesimi ambiti, e
b) si sforzerà di sviluppare lo studio della propria lingua e delle
altre lingue, della sua storia e della sua civiltà sul territorio
delle altre Parti contraenti e di offrire ai connazionali di que-
ste ultime la possibilità di perseguire analoghi studi sul suo
territorio».

La Carta Europea delle lingue regionali o minoritarie, convenzione aperta


alla firma il  novembre  (Serie n.  dei trattati europei) costituisce
uno strumento legale essenziale sulla gestione della pluralità delle lin-
gue. La Convenzione prevede misure specifiche a favore dell’uso delle
lingue nell’insegnamento (in particolare la Parte III, articolo ), sia come
lingue insegnate sia come lingue utilizzate per l’insegnamento di altre
materie, nei cicli pre–scolastico, primario e/o secondario, superiore,
professionale.
Gli Stati membri del Consiglio d’Europa convengono nel  (con la
Convenzione–Quadro per la protezione delle minoranze nazionali; , Serie
n.  dei trattati europei) di «impegnarsi a promuovere le condizioni
per far sì che le persone appartenenti alle minoranze nazionali possano
conservare e sviluppare la loro cultura, così come preservare gli elementi
essenziali della loro identità, che sono la religione, la lingua, le tradizioni
e il patrimonio culturale (Titolo II, articolo )». Il ruolo strategico svolto
da politiche linguistiche educative convergenti ha permesso, diverse
volte, l’elaborazione di Risoluzioni e di Raccomandazioni più mirate
sugli insegnamenti linguistici. Esse definiscono concretamente gli assi
portanti per l’azione degli Stati e costituiscono la base delle proposte
sviluppate in questa Guida. Si tratta in particolare di:

— la Risoluzione () formulata in chiusura del Progetto principale


del Consiglio per la Cooperazione culturale creato a segui-
. Un’educazione plurilingue e interculturale per il cittadino europeo 

to della Conferenza dei ministri europei dell’educazione a


Amburgo ();
— la Raccomandazione R ()  derivante dai lavori del Progetto
n.  del CDCC (Lingue Moderne –);
— la Dichiarazione finale del secondo summit del Consiglio
d’Europa (– ottobre ). I capi di Stato e di governo degli
Stati membri mettono l’accento sullo sviluppo di un’Europa
fondata sui principi della democrazia pluralista, del rispetto dei
diritti dell’uomo e della preminenza del diritto internazionale.
Nel capitolo IV vengono individuati tre campi d’azione in
cui è possibile intervenire immediatamente, promuovendo
i valori democratici e la diversità culturale: l’educazione alla
cittadinanza democratica, la valorizzazione del patrimonio
europeo, le nuove tecnologie dell’informazione, in relazione
con la libertà d’espressione ma anche per il loro potenziale
educativo e culturale;
— la Raccomandazione R ()  del Comitato dei ministri degli
Stati membri, derivata dal Progetto Apprendimento delle lingue
e cittadinanza europea, sviluppato in seno al Comitato dell’Edu-
cazione dal  al ; le numerose misure da adottare nel
campo dell’apprendimento e dell’insegnamento delle lingue
moderne comportano in particolare la «promozione del plu-
rilinguismo su larga scala» (Allegato alla Raccomandazione
A), «diversificando la proposta di lingue e definendo obiettivi
adatti ad ogni lingua» (.) e «incoraggiando a tutti i livelli i
programmi d’insegnamento orientati verso approcci flessibili»
(.);
— la Raccomandazione  () dell’Assemblea parlamentare
del Consiglio d’Europa, dedicata espressamente alla diversi-
ficazione linguistica: «La padronanza delle lingue straniere,
al di là delle dimensioni utilitaria e culturale, è un fattore de-
cisivo per la comprensione tra i popoli, per la tolleranza tra
le diverse comunità, siano esse nazionali o straniere, e per
la pace tra le nazioni e costituisce un mezzo privilegiato per
opporsi al ritorno di ogni tipo di barbarie» ();
— la Raccomandazione  () dell’Assemblea parlamentare
del Consiglio d’Europa, dedicata all’Anno europeo delle lin-
gue. In essa si specifica che il plurilinguismo «dovrebbe essere
inteso come una certa capacità di comunicare in più lingue e
non necessariamente come padronanza perfetta di più lingue»
 Educazione linguistica e plurilinguismo

(). Vi si raccomanda che il Comitato dei ministri inviti gli


Stati membri «a sostenere e sviluppare di più le iniziative in
materia di politiche linguistiche del Consiglio d’Europa per
la promozione del plurilinguismo, la diversità culturale e la
comprensione tra i popoli e le nazioni (.i), ad incoraggiare
tutti gli Europei affinché raggiungano un certo livello di com-
petenza di comunicazione in più lingue, anche stimolando
approcci diversificati e innovativi adatti ai bisogni individuali»
(. ii).

Tutti questi testi, e altri ancora, invitano i governi degli Stati mem-
bri, pur nel rispetto delle loro specificità, a prendere delle misure atte
a favorire l’acquisizione di competenze linguistiche, incoraggiando
l’uso delle lingue straniere per l’insegnamento di alcune discipli-
ne scolastiche, a facilitare l’apprendimento delle lingue lungo tutto
l’arco della vita o anche a considerare la diversificazione linguistica
come la priorità nell’ambito delle politiche linguistiche educative. La
Raccomandazione R  () ricorda, ad esempio (capoverso )
che «le statistiche esistenti mostrano che la maggioranza schiacciante
degli alunni in Europa studia l’inglese, mentre altre «grandi» lingue
europee, come il francese, il tedesco, lo spagnolo e l’italiano si piaz-
zano ben lontano. Lingue parlate da centinaia di milioni di persone
nel mondo come il russo, il portoghese, l’arabo o il cinese occupano
un posto residuale nei curricoli scolastici. . . ».
Queste Convenzioni e Raccomandazioni sono l’espressione di
un consenso particolarmente coerente, in armonia con le esigenze
nazionali, nell’ambito della progettazione e della realizzazione di
politiche linguistiche globali. I progressi nel campo delle lingue e
del loro insegnamento sono stati notevoli, e ben superiori ai mezzi
impegnati dal Consiglio d’Europa: i suoi lavori e i suoi strumenti
di riferimento si diffondono in quanto si rivelano pertinenti in sé e
svolgono un ruolo di catalizzatori nell’orientamento delle politiche
linguistiche educative nazionali.

. Far cadere gli steccati tra gli insegnamenti linguistici (§ .)

Tradizionalmente, i programmi d’insegnamento sono stati delinea-


ti come un insieme di materie più o meno coerenti all’interno di
un certo ciclo scolastico, ma senza evidenti rapporti tra loro. Viene
lasciato all’apprendente il compito di stabilire relazioni tra le varie
. Un’educazione plurilingue e interculturale per il cittadino europeo 

conoscenze ed egli lo fa in maniera spesso non controllata. Forme


d’integrazione tra discipline sono state introdotte nell’insegnamento
elementare (dove spesso c’era un solo insegnante) all’inizio del XX
secolo. La situazione rimane sostanzialmente invariata nell’insegna-
mento delle lingue: la lingua nazionale, le lingue straniere, le lingue
regionali o d’origine (spesso opzionali e non integrate nel curricolo)
sono insegnate come materie scolastiche distinte. La sola eccezione
da segnalare è l’utilizzazione di una lingua straniera come lingua
d’insegnamento di altre discipline. I programmi bilingui permetto-
no l’acquisizione di una lingua a livelli di competenza avanzati, ma
lasciano poco spazio all’apprendimento di altre lingue.
Questa compartimentazione produce una errata percezione delle
lingue, in quanto l’acquisizione di una lingua si considera in concor-
renza con l’acquisizione di altre lingue: l’insegnamento delle lingue
nazionali o ufficiali è obbligatorio nei cicli primario e secondario,
quello di altre lingue è in genere variamente opzionale. Ciò produce
una gerarchia tra le lingue, determinata dall’ordine di introduzione di
ciascuna lingua (prima lingua, seconda lingua. . . ); questa successione
gerarchica rafforza le rappresentazioni sociali circa la supposta utilità
delle diverse lingue.
L’educazione plurilingue poggia su un principio pedagogico op-
posto: l’acquisizione di una nuova lingua si fonda sulle competenze e
sulle eventuali conoscenze sviluppate durante l’acquisizione di altre
lingue. Quelle competenze (come saper leggere un testo) e quelle co-
noscenze (come riconoscere le parole di origine latina nella lingua russa)
si devono trasferire da una lingua all’altra, attraverso un approccio
didattico che sappia farsene carico invece di ignorarle. Questa impo-
stazione non implica la scomparsa delle materie scolastiche attuali a
favore di nuovi corsi di comunicazione verbale poco definiti. Essa si
limita a incoraggiare la ricerca di concordanze e di convergenze effet-
tive tra gli insegnamenti di lingue e tra le lingue e gli insegnamenti
non linguistici.
Senza voler escludere altri possibili accostamenti in funzione delle
lingue considerate, si suggeriscono di seguito alcuni aggiustamenti
nei programmi d’insegnamento che potrebbero renderli compatibili
o potrebbero introdurre tra loro una qualche fluidità. Si tratta di arti-
colazioni sincroniche già proposte, in diverse occasioni, per le lingue
straniere e generalmente accolte dagli insegnanti. È auspicabile che
esse siano introdotte anche nei percorsi formativi relativi alla lingua
nazionale/ufficiale e negli altri casi, anche se si prevedono forti re-
 Educazione linguistica e plurilinguismo

sistenze, dato il ruolo identitario della lingua di scolarizzazione e il


peso della tradizione didattica in questo campo.
Si considera auspicabile e possibile quindi:

— integrare in tutti gli insegnamenti di lingue degli elementi di


éveil aux langues per far percepire l’unicità del funzionamento
del linguaggio attraverso la pluralità delle lingue naturali. Que-
sto tipo di sensibilizzazione dovrebbe essere attuato preferibil-
mente nella scuola dell’infanzia o nella scuola primaria, come
iniziazione all’apprendimento delle lingue, per far prendere
coscienza agli apprendenti della natura del loro repertorio
linguistico, valorizzare tutte le lingue d’origine dei bambini e
contrastare il formarsi di pregiudizi linguistici;
— definire, in modo esplicito, l’insieme delle finalità degli inse-
gnamenti linguistici;
— definire i programmi in termini di competenze e di livelli di
padronanza, a partire dalle proposte del Quadro comune europeo
di riferimento per le lingue;
— privilegiare delle metodologie comuni, definite per compe-
tenze (in particolare le competenze di comunicazione) tra-
sversali alle diverse lingue: a) strategie d’insegnamento dei
sistemi grafici, b) metodi per sviluppare la comprensione di
testi in lingua nazionale e in lingua materna, c) tipi di attivi-
tà sulla prima lingua e sulle altre lingue, d) strategie per la
comprensione orale di messaggi trasmessi dai media in lin-
gua nazionale e regionale. . . Questa ricerca di coordinamento
delle metodologie d’insegnamento rappresenta il nucleo duro
dell’educazione plurilingue;
— attivare le competenze trasversali degli apprendenti, metten-
do in evidenza le loro strategie di apprendimento, in partico-
lare attraverso la pratica dell’apprendimento autonomo come
competenza da insegnare in quanto tale;
— favorire le strategie di apprendimento permettendo, in una
data situazione, il ricorso a lingue diverse da quella che si
sta apprendendo: utilizzazione di più lingue in alternanza
nell’interazione orale, confronto tra sistemi linguistici diversi
(approccio contrastivo nella descrizione linguistica, ricerca
delle regolarità discorsive. . . );
— ricerca di omogeneità, almeno parziale, nella terminologia
relativa all’insegnamento (come denominare le attività lingui-
. Un’educazione plurilingue e interculturale per il cittadino europeo 

stiche), nella descrizione delle lingue (concetti e categorie),


stabilendo delle relazioni tra la descrizione grammaticale del-
la lingua nazionale/ufficiale e la descrizione delle altre lingue,
delle lingue tra loro. . .
— ricerca di omogeneità nelle forme di valutazione di quanto
appreso.

Queste convergenze possono produrre apprendimenti simultanei o


paralleli di più lingue, apparentate sotto l’aspetto linguistico e cultura-
le (lingue romanze e latino), anche se limitati ad alcune competenze
(comprensione scritta, comprensione orale. . . ).
Una gestione integrata degli insegnamenti linguistici può inol-
tre essere concepita in relazione con altre discipline scolastiche. Per
esempio, gli insegnamenti di letteratura potrebbero non limitarsi
all’area della letteratura nazionale e comportare aperture verso la let-
teratura europea [. . . ] Molte discipline scolastiche possono richiedere
l’utilizzazione di lingue diverse dalla lingua nazionale, per esempio
nel quadro di un progetto, nella ricerca di soluzione di un problema,
in una simulazione o in un gioco o ancora in attività promosse dal
sistema educativo: soggiorni di studio, scambi, gemellaggi, eventi
sportivi e competizioni, attività sociali internazionali (cantieri della
gioventù, programmi di cooperazione con i paesi in via di sviluppo,
cantieri archeologici o ecologici, ecc.).
Un’ultima forma di integrazione degli insegnamenti linguistici
nell’educazione generale è costituita dall’insegnamento in lingua,
cioè dall’insegnamento delle discipline in una varietà linguistica di-
versa: sia in una varietà nazionale/ufficiale diversa da quella più in
uso, riconosciuta a livello regionale (come nel caso di Stati multilin-
gui di tipo federale), sia in una lingua minoritaria o in una lingua
straniera.
Capitolo II

Sulle lingue dell’educazione

Nel testo Un Documento Europeo di Riferimento sulle Lingue dell’Edu-


cazione? (in seguito, per brevità, ), con l’espressione lingue
dell’educazione ci si riferisce sia alla lingua di scolarizzazione, cioè alla
lingua nazionale insegnata come disciplina e usata nell’insegnamento
delle altre discipline, sia alle lingue straniere e ad eventuali lingue
regionali o minoritarie che si insegnano a scuola.
Nel  si intendono «chiarire le relazioni tra tutte queste
lingue» in modo da orientare le scuole a realizzare l’educazione
plurilingue «con attenzione alla particolare situazione degli alunni
svantaggiati».
L’interesse del  è nel fatto che il testo fornisce una ricca
articolazione del tema delle lingue dell’educazione. Questo tema è
centrale per i sistemi scolastici europei coinvolti nel progetto di edu-
cazione plurilingue e interculturale. Le lingue e gli apprendenti sono
i due punti di attenzione principali: vi è la necessità di osservare le
lingue come discipline in un’ottica unitaria e di osservare gli appren-
denti, pur nelle loro diversità, come ‘attori sociali’ che usano le lingue
e le apprendono nei vari momenti del loro percorso scolastico.
Queste tematiche sono di sicuro interesse per gli insegnanti della
scuola dell’obbligo. Nel dar conto del testo si seguirà un percorso che
va dalla presentazione della filosofia sottesa al progetto di educazione
plurilingue, alla esplorazione dei rapporti tra i diversi insegnamenti
linguistici, per giungere a delineare le scelte da compiere a favo-
re degli alunni svantaggiati e a definire le opzioni metodologiche
congruenti con un’educazione plurilingue.

. Vd. Coste, D., Cavalli, M., Crişan, A., Van De Ven, P.–H., (). Un cadre européen de
référence pour les langues de l’éducation? Trad. it. a cura di R. Calò e S. Ferreri (). Viterbo:
Sette Città.


 Educazione linguistica e plurilinguismo

.. Valori per l’Europa e educazione plurilingue

Nel  viene dato ampio spazio al ruolo svolto dalle lingue nella
formazione della persona e nell’acquisizione di competenze chiave: vi
si afferma che i valori devono essere il fulcro dell’educazione. Come
valori per l’Europa, la scuola deve assumere le seguenti finalità:

— educare alla cittadinanza democratica, fornendo a tutti gli


apprendenti i mezzi linguistici per il loro sviluppo come per-
sone che vivono in uno spazio sociale e che comunicano nelle
situazioni proprie della vita politica e sociale collettiva;
— promuovere la coesione sociale, offrendo l’opportunità di fare
esperienze di incontro con altre lingue e culture e favoren-
do la costruzione di identità aperte e disponibili al dialogo
interculturale;
— favorire lo sviluppo dell’autonomia di apprendimento, che
permette di continuare ad apprendere per tutta la vita.

Per perseguire queste finalità l’educazione linguistica è determinante.


Le lingue dell’educazione assicurano le condizioni per sviluppare le
competenze plurilingui e interculturali funzionali all’esercizio della
cittadinanza, per favorire il dialogo interculturale, per potenziare
l’autonomia di apprendimento. Infatti:

— la lingua della scuola come materia fornisce le competenze lin-


guistiche utili per l’interazione e per la comprensione dei testi
orali e scritti che si utilizzano nella comunicazione sociale;
— le lingue straniere sono il campo propizio allo sviluppo della
competenza interculturale;
— le lingue veicolari sono la chiave d’accesso a punti di vista
disciplinari diversi per affrontare consapevolmente problemi
vitali per l’umanità ;
— ogni lingua è strumento per riflettere su come si impara e
insieme oggetto e strumento di riflessione sulla lingua stessa
e sulle altre lingue.

. « Ci sono problemi della società che presentano una dimensione scientifica (cambia-
menti climatici, biodiversità, risorse energetiche, ecc.). La scuola deve riflettere su come le
discipline scientifiche possono servire a dare consapevolezza ai cittadini e a prepararli alla citta-
dinanza come capacità di partecipazione democratica». In Kolstø S. D. (b). Science education
for citizeship – through language competence. www.coe.int/t/dg/linguistic/Prague_studies.
. Sulle lingue dell’educazione 

Questi orientamenti in educazione linguistica appaiono funzionali


all’educazione ai valori per l’Europa.

.. Le lingue dell’educazione

Le lingue dell’educazione sono analizzate in prima istanza come


materie scolastiche e poi anche come veicoli d’insegnamento di altre
discipline .

... La lingua di scolarizzazione: criteri e categorie di analisi

La lingua di scolarizzazione insegnata come materia ha una grande


importanza per lo sviluppo dell’individuo e per la sua istruzione. Essa
contribuisce alla costruzione dell’identità personale e del sentimento
di appartenenza ad una comunità, fornisce i mezzi per comunicare,
serve anche a scoprire i fenomeni del linguaggio e a riflettere sulle
strutture e sui fatti linguistici.
Nel  viene proposta un’analisi del rapporto tra lingua e
apprendente secondo il modello generale già presentato nel  .
In base a tale modello l’analisi della lingua come materia scolastica
può essere condotta adottando un «approccio orientato all’azione,
che considera le persone che usano e apprendono una lingua innanzi
tutto come ‘attori sociali’, vale a dire come membri di una società
che hanno compiti (di tipo non solo linguistico) da portare a termi-
ne in circostanze date, in un ambiente specifico e all’interno di un
determinato campo d’azione» .
La lingua come materia si presenta all’apprendente essenzial-
mente nelle attività linguistiche di ricezione, interazione, produzione e
mediazione:

— la ricezione può riferirsi a testi orali o scritti che non prevedo-


no interazione diretta: si tratta di ascoltare una comunicazione
diretta o trasmessa, di leggere un avviso o un articolo, ecc.;

. Vd. Stralcio . Sulle lingue dell’educazione, p. .


. Nel  (Quadro , p. ) vengono richiamati schematicamente i contenuti del 
di cui al cap. , pp. –.
. Vd. , cap. ., p. .
 Educazione linguistica e plurilinguismo

— la produzione si riferisce sia al parlato continuo senza intera-


zione diretta, sia alla scrittura di testi come un racconto, un
saggio, ecc.;
— l’interazione è alla base degli scambi sia in presenza sia a
distanza, orali o scritti;
— la mediazione è un’attività produttiva (orale o scritta) che si
concretizza nella riformulazione di un contenuto (in traduzio-
ne o in forma condensata) per dei destinatari che non hanno
accesso diretto al testo o discorso originario.

Sullo piano della mediazione si collocano sia l’attività di interpre-


tazione (es. il commento di un testo) sia quella di valutazione (es.
l’approccio critico ad un testo attraverso forme di argomentazione),
come forme di produzione orale o scritta a partire da testi o discorsi
che la scuola propone allo studio.
Nell’analisi della lingua come materia è utile considerare inoltre
le strategie, i testi e i compiti.
Le strategie sono collegate alle diverse attività e sono controllate,
più o meno, dall’apprendente impegnato nell’attività: esse possono
variare sia in funzione della singola attività (le strategie di compren-
sione sono diverse da quelle di produzione), sia in relazioni ai compiti
e ai testi (es. per trovare informazioni su un argomento si devono
identificare le fonti, selezionare documenti, ecc.). È importante che
l’apprendente sia consapevole delle strategie che gli permettono di
affrontare e portare a buon fine il compito.
I testi sono tutti i prodotti linguistici che si incontrano a scuola
e nella vita sociale. Possono essere orali e scritti, visivi e audiovisivi
e possono comprendere modalità semiotiche altre accanto a quelle
linguistiche. Inoltre, la componente testuale chiama in causa i generi,
sia scolastici sia legati alla vita sociale e professionale.
Un compito consiste in un insieme di azioni che permettono di
raggiungere un obiettivo preciso, che può essere correlato ad un
campo della conoscenza (es. un compito di studio) o ad una situa-
zione di comunicazione reale (es. un’esperienza di incontro con un
autore).
Infine, i rapporti tra la lingua e l’apprendente sono analizzabili
sotto l’aspetto dei contesti d’uso della lingua : le varietà linguisti-
che di cui l’apprendente fa esperienza hanno caratteristiche diver-

. Per l’analisi dei contesti d’uso della lingua, vd. in particolare il , cap. , pp. –.
. Sulle lingue dell’educazione 

se in relazione ai diversi domini (personale, pubblico, educativo).


Nel  vengono specificate alcune aree del dominio educativo: di-
scorso dell’insegnante, interazione in classe, discorsi dei manuali o
dei media, contatti esterni che si rendono opportuni in relazione
all’insegnamento.

... L’alunno: complessità dei processi di apprendimento

Nell’apprendimento della lingua, l’alunno non è tabula rasa. A qual-


siasi livello scolastico, egli porta le competenze e culture linguistiche
già acquisite in altri contesti sia scolastici sia extrascolastici. Tali
competenze e culture poggiano su dei saperi, dei saper fare, degli
atteggiamenti e disposizioni, nonché su certi modi di apprendere.
Le competenze linguistico–culturali che fanno parte del repertorio
dell’apprendente sono diverse: egli può aver fatto esperienza di lingue
diverse, di registri diversi e di codici diversi. Il suo repertorio può
essere quindi variamente plurilingue, pluriculturale e plurisemiotico.
Ogni repertorio individuale può essere definito con riferimento
alla componente linguistica (fonologia, lessico, tipi di frase, ortogra-
fia, relativi ad una lingua), alla componente sociolinguistica (registri
disponibili in relazione a situazioni e interlocutori) e alla componente
pragmatica (atti linguistici, forme di testo e generi compresi e prodotti
in ciascuna lingua).
Inoltre, attraverso le esperienze linguistiche che l’apprendente
ha già fatto sia nell’ambiente familiare sia in quello educativo, egli
ha avuto l’opportunità di costruirsi certe rappresentazioni degli usi
della lingua per scopi extrascolastici, scolastici, ludici o estetici. Ha
anche maturato una qualche immagine di sé come parlante e come
apprendente.
Tutti questi tratti connotano i repertori linguistici individuali e
condizionano il rapporto tra l’apprendente e la lingua di scolarizza-
zione come materia scolastica .
Attraverso l’apprendimento della lingua di scolarizzazione, l’allie-
vo arricchisce il suo repertorio acquisendo nuovi tipi di saperi, di saper
fare, di atteggiamenti e disposizioni, nonché nuovi modi di apprendere.
Tale processo investe diversi piani:

. Vd. Stralcio . I repertori degli studenti e le varietà linguistiche in uso a scuola, p. .
 Educazione linguistica e plurilinguismo

— conoscenze sulla grammatica, sul vocabolario, sui testi, con-


cetti utili alla descrizione della lingua, saperi propri del patri-
monio letterario;
— strategie per comprendere e produrre testi diversi in relazione
ai diversi contesti;
— disponibilità al diverso, come sensibilità alla variazione lingui-
stica e mobilità linguistica e cognitiva;
— modalità e metodi per riflettere sulla lingua e per trasferire
un sapere o un saper fare acquisito da un campo all’altro di
studio (presa di appunti, ricerca di fonti, lavoro in gruppo,
ecc.).

Nel manifestarsi della competenza sapere, saper fare, saper essere e


saper apprendere non sono separabili: essi si combinano tra loro e si
evidenziano nell’uso della lingua, cioè nella performance dell’attore
sociale in un dato contesto.
La consapevolezza del tipo di repertorio dell’apprendente e delle
componenti che determinano la competenza serve all’insegnante
di lingua per adeguare gli interventi didattici (scelta di situazioni,
compiti e testi) in modo da guidarlo nell’ampliamento della sua
competenza.

... Le lingue straniere

Per studiare il rapporto tra le lingue straniere e l’apprendente, nel


 vengono riproposti criteri e categorie utilizzate nell’analisi del
rapporto tra la lingua di scolarizzazione e l’apprendente. Questo
vuol dire che anche nell’apprendimento delle lingue straniere l’ap-
prendente fa pratica di ricezione, interazione, produzione e mediazione e
attiva delle strategie per risolvere dei compiti linguistici che lo metto-
no di fronte a dei testi. Attraverso le suddette attività, egli sviluppa
competenze, a partire da quanto già acquisito, in termini di saperi,
saper fare, saper essere e sapere apprendere riferiti a contenuti linguistici,
sociolinguistici e/o pragmatici relativi alla/e lingua/e straniera/e.
Secondo il , i tipi di sapere e di saper fare relativi alla lingua
straniera sono quindi simili a quelli che si sviluppano nella lingua
di scolarizzazione: anzi questi nuovi saperi e saper fare si innestano
su saperi e saper fare acquisiti in lingua materna o nella lingua di
scolarizzazione.
. Sulle lingue dell’educazione 

Attraverso le lingue straniere, l’apprendente ha inoltre l’oppor-


tunità di cogliere il rapporto tra una lingua e la cultura che essa
esprime: il focus sul rapporto lingua/cultura è la chiave per lo svilup-
po di atteggiamenti positivi verso gli altri e di disponibilità al dialogo
interculturale (saper essere). Infine, la possibilità di istituire confron-
ti tra le lingue straniere e tra queste e la lingua di scolarizzazione
potenzia sia la consapevolezza linguistica sia la capacità di trasferire
le diverse strategie di apprendimento da una lingua all’altra (saper
apprendere).

... Possibili legami tra le lingue dell’educazione

L’educazione plurilingue non può essere intesa come un iter di inse-


gnamento e apprendimento di discipline considerate singolarmente.
Le lingue dell’educazione possono trovare forme di integrazione nel
curricolo se si definiscono aree comuni o trasversali e se si stimola il
transfer di conoscenze e di competenze da una lingua all’altra. Il 
individua diverse aree di integrazione nel curricolo plurilingue. Ci fer-
miamo qui ad analizzare due aree di particolare interesse: i rapporti
delle lingue tra loro e quelli delle lingue con le altre discipline.

.... Rapporti tra le lingue

Nella prima area, quella delle discipline linguistiche, il Consiglio


d’Europa ha già elaborato e proposto alle scuole uno strumento d’in-
tegrazione: il Portfolio Europeo delle Lingue (PEL). L’introduzione del
Portfolio ha permesso di mettere in luce la trasversalità tra le lingue
straniere curricolari, in particolare a livello delle competenze di base
(ascolto, parlato, lettura e scrittura) e delle strategie di apprendimen-
to delle lingue . Per integrare ulteriormente gli insegnamenti delle
lingue straniere bisogna:

— coordinare l’insegnamento di una lingua con altre lingue stu-


diate o conosciute ( – ) e favorire il transfer di conoscen-
ze, abilità e strategie da una lingua all’altra;
— promuovere la riflessione sui fenomeni linguistici e culturali
e il confronto interlinguistico e interculturale;

. Il Portfolio induce una forma di integrazione nella valutazione e nell’autovalutazione


delle competenze attraverso i descrittori e i livelli, che sono gli stessi per le varie lingue.
 Educazione linguistica e plurilinguismo

— sviluppare la consapevolezza di analogie e differenze esistenti


tra modi di vita e modi di pensare legati ad ambienti culturali
diversi e alimentare una positiva curiosità verso gli altri.

Vi è poi un altro versante che riguarda l’integrazione tra le lin-


gue straniere e la lingua di scolarizzazione. Si tratta di pensare il
curricolo delle lingue come un tutto, in una visione integrata del-
le diverse lingue. Nell’ottica di un curricolo linguistico unitario ,
la lingua di scolarizzazione e le diverse lingue straniere insegnate
tendono a sviluppare competenze simili o complementari che si
rinforzano reciprocamente, nel rispetto dei pur diversi processi di
apprendimento.
La Didattica Integrata delle Lingue () si fonda su una col-
laborazione continua tra gli insegnanti di lingue che prevede, ad
esempio,

— la ricerca di un linguaggio comune, di una comune visio-


ne delle lingue, di un accordo sul modello da seguire nella
descrizione della lingua;
— l’identificazione di obiettivi comuni da perseguire anche in
aree limitate del curricolo;
— l’accordo sugli interventi a favore di alunni in difficoltà;
— la definizione di metodi e tecniche da utilizzare per incorag-
giare e sostenere il transfer di strategie da una lingua all’altra;
— l’individuazione delle aree da privilegiare nel confronto tra
lingue e nelle attività di riflessione sulle lingue.

.... Rapporti delle lingue con le altre discipline

Nel considerare la lingua come veicolo d’insegnamento delle altre


discipline, il  propone di mettere a fuoco contenuti linguistici
che risultino funzionali allo sviluppo di competenze disciplinari e di
competenze trasversali alle discipline.
Tali contenuti sono ricondotti sempre a saperi, saper fare, dispo-
sizioni e atteggiamenti, capacità di imparare. Le specificazioni fornite
rinviano:

. Vd. Stralcio . Un’interdisciplinarietà a geometria variabile, p. .


. Sulle lingue dell’educazione 

— alla conoscenza di generi di discorso specifici ad ogni discipli-


na (sapere);
— allo sviluppo di strategie simili a quelle relative all’appren-
dimento della lingua come materia e delle lingue straniere
(saper fare);
— all’esperienza di situazioni e contesti che stimolino l’interesse
per le conoscenze disciplinari e che possano servire allo svi-
luppo personale e alla partecipazione sociale e culturale (saper
essere);
— a metodi e strategie di apprendimento trasferibili da una ma-
teria all’altra e validi per tutte le materie scolastiche (saper
imparare).

Una più puntuale specificazione degli apprendimenti linguistici che


si attivano attraverso l’insegnamento delle varie materie deriva da
un’attenta considerazione degli obiettivi disciplinari e dei bisogni
linguistici degli apprendenti. Gli obiettivi di una disciplina sono volti
a sviluppare competenze di natura cognitiva, metodologica e critica,
che chiamano in causa competenze linguistiche/semiotiche.
Le competenze linguistiche/semiotiche sono così specificate:

— competenza strategica, che si attualizza in specifiche forme di


interazione, produzione, ricezione orale o scritta;
— competenza discorsiva, che si realizza nell’uso di generi di
discorso specifici;
— competenza formale, che rende possibili le operazioni co-
gnitive e linguistiche richieste dall’analisi delle conoscenze
disciplinari.

Le componenti delle competenze linguistiche/semiotiche entrano in


gioco in ogni disciplina e, a certi livelli, anche nella lingua principale
insegnata come materia. Ciò significa che la componente linguistica
può variare da una disciplina all’altra. Appare importante individuare i
rapporti tra le lingue delle diverse discipline (lingua della matematica,
lingua delle scienze naturali, lingua della storia, ecc.) e tra queste e la
lingua di scolarizzazione.
Tali rapporti possono essere definiti in termini di convergenze
o di trasversalità. Ciò implica lo studio delle connessioni tra lingue
e saperi disciplinari e l’individuazione dei bisogni linguistici degli
alunni, che variano anch’essi sia in relazione alle singole materie
 Educazione linguistica e plurilinguismo

(storia, geografia, matematica, scienze, ecc.) , sia rispetto alle fasi


dell’iter formativo (scuola primaria e scuola secondaria di I e di II
grado).
La definizione delle trasversalità rappresenta sicuramente una via
per migliorare la qualità dell’offerta educativa della scuola. La lingua
di scolarizzazione svolge un ruolo centrale nello sviluppo di capacità
trasversali che interessano tutte le discipline scolastiche, quali le
capacità di pensare ordinatamente e creativamente, di comunicare
efficacemente, di cercare informazioni, selezionarle e rielaborarle.

.. Scelte a favore degli alunni svantaggiati

Gli alunni provenienti dagli ambienti svantaggiati o da famiglie di


migranti richiedono una particolare attenzione: la scuola deve of-
frire loro concrete opportunità di superare la loro condizione di
svantaggio linguistico. Questi alunni non sono da considerare casi
straordinari; le loro difficoltà e i loro insuccessi dipendono spesso
dalla scarsa capacità della scuola di affrontare la pluralità e la diversità
di bisogni espressi da una popolazione scolastica che diventa sempre
più variegata. L’educazione plurilingue può costituire una strategia
per cercare soluzioni didattiche innovative rispetto a nuovi bisogni.

... Inclusione e successo scolastico

La scuola riceve alunni con repertori linguistici plurali (lingua della


famiglia, lingua della strada, lingua regionale, ecc.) e propone nel
curricolo lo studio della lingua ufficiale o nazionale e delle lingue
straniere. La lingua nazionale è anche la lingua in cui si sviluppa in
gran parte l’istruzione.
Gli alunni vivono l’esperienza del plurilinguismo fin dal loro
ingresso a scuola: in ogni classe oggi si incontrano alunni di diversa
origine, appartenenti a minoranze diverse, parlanti lingue diverse o
varietà diverse della lingua nazionale, più o meno connotate da forme
regionali o dialettali. Quando le lingue d’origine vengono ignorate e

. Rispetto a questa area di ricerca, nella Piattaforma (www.coe.int/lang) si trovano


studi sulla lingua della storia, delle scienze, della matematica, della letteratura; vi sono inoltre
ricerche sull’uso delle lingue straniere come lingue veicolari per lo studio di discipline non
linguistiche.
. Sulle lingue dell’educazione 

cancellate dalla scuola, si ha una ricaduta negativa sia sullo sviluppo


identitario, sia sulla riuscita scolastica. Se la scuola non tiene conto
della diversità linguistica degli alunni, corre il rischio di esporne non
pochi all’insuccesso.
Nelle classi ci sono spesso alunni stranieri che sanno comunicare
abbastanza bene nella lingua che si usa a scuola nei corridoi, in
cortile, durante la ricreazione, fuori dalla scuola, ma che non hanno
la stessa facilità a comunicare nella lingua dei compiti e delle lezioni,
cioè nella lingua dell’istruzione. Ci sono anche alunni non stranieri,
provenienti da ambienti culturalmente svantaggiati, che incontrano
difficoltà perché non hanno la competenza necessaria a capire e a
usare lessico, registri, forme di discorso o testi che fanno parte della
lingua dello studio. Il rapporto tra la lingua di scolarizzazione e le
lingue e le varietà presenti nei repertori degli alunni può essere
quindi squilibrato .
L’educazione plurilingue si fonda sulla ricognizione preliminare
delle lingue e delle varietà che costituiscono i repertori linguistici in-
dividuali e sulla successiva individuazione delle lingue e delle varietà
da salvaguardare e sviluppare nel percorso scolastico.
Al di là delle formule organizzative che possono essere le più varie,
il plurilinguismo deve fondarsi prima di tutto sulla uguale dignità del-
le diverse lingue e sulla offerta di pari opportunità di apprendimento
e di successo scolastico per tutti.
Cosa fare per assicurare uguale dignità alle diverse lingue? Tra le
lingue dell’educazione, un posto centrale occupa la lingua che serve
per studiare e interagire in classe. Se questa lingua non coincide con
la lingua materna, la scuola deve da una parte valorizzare la lingua
materna dell’alunno, dall’altra fornire le competenze necessarie nella
lingua di scolarizzazione.
Questi due aspetti sono egualmente importanti: è compito della
scuola offrire l’opportunità di utilizzare la lingua materna in tutti gli
usi possibili (anche per acquisire nuove conoscenze) e l’opportunità
di imparare una  che sia anch’essa veicolo di nuove conoscenze. In
estrema sintesi, si tratta di assicurare agli alunni, la cui lingua materna
è diversa dalla lingua usata a scuola, l’insegnamento di alcune materie
o parti di esse nella lingua di scolarizzazione () e di altre materie o
parti di esse nella lingua d’origine (LM).
Come riconoscere e valorizzare la diversità dei repertori? L’edu-

. Vd. Stralcio . I repertori degli studenti e le varietà linguistiche in uso a scuola, p. .
 Educazione linguistica e plurilinguismo

cazione plurilingue è una soluzione che può valere per il successo


scolastico degli uni e degli altri, poiché pone tutti gli alunni nella
condizione di sperimentare la pluralità delle lingue e la varietà del-
le forme linguistiche che servono a scuola. Perchè ciò avvenga è
necessario che la scuola assicuri:

— a tutte le lingue presenti a scuola ma non insegnate (siano es-


sere lingue d’origine, lingue apprese fuori dalla scuola, varietà
dialettali o regionali) una visibilità e un riconoscimento con-
creti attraverso la loro introduzione nella pratica quotidiana,
o come strumenti didattici aggiuntivi, o come insegnamenti
opzionali;
— agli alunni provenienti da ambienti socio–economici svan-
taggiati l’insegnamento delle varietà formali della lingua di
scolarizzazione () non presenti nei loro repertori.

Questi tipi di intervento possono contribuire a realizzare un plurilin-


guismo scolastico sano, sereno e inclusivo.

... Diversificazione, individualizzazione, differenziazione

Nella scuola e in ogni singola classe gli alunni sono tutti diversi:
diversa la loro provenienza socio–culturale e spesso quella geografica,
diversi i loro patrimoni linguistici. Perciò è importante che i principi
della diversificazione, della individualizzazione e della differenziazione
costituiscano le basi dell’innovazione metodologico–didattica.
Soprattutto a livello di scuola dell’obbligo, il progetto di educa-
zione plurilingue prevede che la scuola assuma degli obiettivi che
tendano a fornire a tutti gli alunni un insieme di competenze ne-
cessarie alla loro formazione. La scuola deve assicurare agli alunni
delle competenze chiave, sia in quanto persone sia in quanto futu-
ri cittadini; deve cioè dare a tutti una base comune di competenze
che rappresenti per ciascuno un punto di partenza per il proprio
personale sviluppo.
Questo insieme di competenze di base deve essere costruito in rela-
zione ai bisogni e alle potenzialità di sviluppo di ognuno e quindi deve
essere strettamente correlato con il repertorio individuale di partenza
e costituirne un rafforzamento e un arricchimento. Alle competenze
di base devono affiancarsi quelle competenze che vengono definite
strategiche per il futuro degli apprendenti, in quanto permettono
. Sulle lingue dell’educazione 

loro di continuare ad apprendere. Le competenze strategiche sono


comuni a più lingue e più discipline: sono trasversali.
Ogni competenza linguistica anche parziale è una risorsa a dispo-
sizione del parlante: la scuola deve potenziare i repertori individuali,
ma deve anche diversificare l’offerta di lingue, tenendo presente che la
competenza in una lingua non significa sapere tutto di quella lingua
o conoscere la lingua come un parlante nativo.
Offrire l’opportunità di acquisire un nucleo di competenze di base
e di competenze strategiche non significa che tutti gli alunni debbano
raggiungere lo stesso livello di competenza nelle diverse lingue. Le
attese nel campo dei risultati devono essere improntate al realismo.
Questo non vuol dire però che per gli apprendenti svantaggiati e
in difficoltà la scuola deve abbassare o ridurre gli obiettivi; si tratta
piuttosto di circoscrivere le loro difficoltà e fare una proposta didattica
mirata. Le scelte metodologiche vanno fatte sulla base di un’attenta
considerazione della diversità di bisogni degli apprendenti.
La prima operazione che la scuola è chiamata a compiere è l’ana-
lisi della situazione di partenza dei singoli alunni, cioè la ricognizione
delle esperienze compiute nell’ambito delle lingue e culture e delle
competenze acquisite. Le domande più urgenti alle quali dare delle
risposte sono le seguenti: Quali sono le lingue conosciute e parlate
dall’alunno? Quale è il loro rapporto con la lingua di scolarizzazione?
Quale livello l’alunno ha raggiunto in ognuna di esse? Quale tipo
di codice utilizza in famiglia e nella comunità? Presenta disturbi del
linguaggio? . . .
Tale ricognizione è la base per individualizzare l’insegnamento.
L’insegnamento è individualizzato se tiene conto dei seguenti aspetti:

— il repertorio linguistico individuale con le sue caratteristiche:


lingua o varietà utilizzata in famiglia e nell’ambiente prossimo,
lingue conosciute e parlate, livello raggiunto in ogni lingua,
rapporto delle lingue straniere con la lingua della scuola;
— gli atteggiamenti e gli interessi mostrati, le difficoltà ma anche
le risorse personali, le potenzialità di sviluppo del repertorio;
— le situazioni che possono stimolare e aiutare l’alunno ad ar-
ricchire il suo repertorio e a superare le difficoltà (varietà
delle situazioni di lavoro in classe, fase di accoglienza e di
integrazione).
 Educazione linguistica e plurilinguismo

L’individualizzazione non comporta comunque il ricorso a una di-


dattica che preveda per i singoli alunni «percorsi di apprendimento
individuali, solitari, in sé chiusi e segreganti»: si tratta piuttosto di
differenziare i percorsi per garantire l’eguaglianza delle opportuni-
tà. Nel  si propone una metodologia inclusiva, che si realizza
attraverso:

— aggregazioni diverse del gruppo classe: piccoli gruppi, lavoro


a coppie, lavoro autonomo individuale o guidato; alternanza
del lavoro in gruppo e dell’insegnamento frontale;
— formazione di gruppi con criteri diversi e alternati (grup-
pi omogenei/eterogenei per livelli, per età, a classi aperte,
monitoraggio fra alunni);
— diversificazione dei compiti all’interno di un comune proget-
to;
— diversificazione di tempi, di materiali, di sussidi;
— variazione degli approcci nel corso della scolarità.

.. Approcci didattici nel campo delle lingue dell’educazione

Le prospettive aperte dal  nel campo dell’innovazione meto-


dologico–didattica sono molteplici. Si tratta di ipotesi di lavoro che
vengono offerte alla scuola e agli insegnanti nel solco di esperienze
in parte già consolidate in parte nuove, non incompatibili tra loro
ma piuttosto complementari. Ognuna delle proposte richiede agli
insegnanti di lingue condivisione di modi di pensare e di lavorare e
piena disponibilità alla cooperazione.

... Approccio olistico agli insegnamenti linguistici

L’approccio olistico si basa su una visione unitaria di tutti gli inse-


gnamenti linguistici: esso consiste nel ricercare ed evidenziare i nessi
appropriati tra la lingua materna, le lingue straniere, la lingua di scola-
rizzazione e le lingue delle comunità migranti. Ciò favorisce pratiche
d’insegnamento nelle quali il compito di collegare le discipline non è
lasciato agli alunni ma è svolto dagli insegnanti in modo esplicito per
incoraggiare il transfer di conoscenze e competenze da una lingua
all’altra.
. Sulle lingue dell’educazione 

La ricerca delle convergenze tra le diverse lingue costituisce una


prima forma di apertura (décloisonnement) degli insegnamenti lingui-
stici. Un’altra forma può essere quella di stabilire dei contatti tra le
lingue e le altre discipline scolastiche attraverso l’introduzione di testi
in lingua originale e il ricorso a metodologie che prevedono l’uso di
lingue diverse (pedagogia del progetto, soggiorni di studio, attività
sociali internazionali, ecc.). Infine, una ulteriore forma di apertura
è l’insegnamento delle discipline in una lingua diversa dalla lingua
di scolarizzazione. Questa iniziativa, forse più delle altre, richiede al-
l’insegnante della disciplina un’adeguata formazione linguistica nella
lingua veicolare.

... Educazione linguistica nella scuola italiana

Tra gli approcci segnalati, l’esempio dell’educazione linguistica


italiana viene proposto come quadro generale e unitario per un’e-
ducazione linguistica globale. Questo approccio è praticato nella
nostra scuola a partire dagli anni Ottanta del secolo scorso sotto la
spinta propulsiva delle Dieci tesi per l’educazione linguistica democra-
tica , che hanno influenzato i programmi della scuola dell’obbligo
e oltre.
Principi e caratteristiche significative del modello italiano di edu-
cazione linguistica sono:

— la centralità del linguaggio verbale per lo sviluppo co-


gnitivo, intellettuale, emotivo e sociale dell’apprenden-
te;
— il diritto di tutti gli apprendenti a ricevere una formazione
linguistica che li prepari ad affrontare il futuro da cittadini
attivi e consapevoli;
— l’importanza data ai repertori linguistici individuali come pun-
to di partenza per costruire le nuove competenze linguistiche;
— il riferimento ai criteri di norma/e d’uso e di adeguatezza
comunicativa;
— il riferimento alla trasversalità del linguaggio verbale che
interessa tutte le discipline;
. Vd. Gruppo di Intervento e Studio nel Campo dell’Educazione Linguistica (GISCEL),
Dieci tesi per l’educazione linguistica democratica. Edizione trilingue a cura di S. Ferreri ().
Viterbo: Sette Città. Si riportano i “Principi dell’educazione linguistica democratica” (VIII
tesi), in Appendice, p. .
 Educazione linguistica e plurilinguismo

— l’importanza data alla riflessione sulla lingua, sulle varietà in-


terne alla lingua e sul funzionamento generale del linguaggio.

... Interdisciplinarità

L’approccio interdisciplinare all’insegnamento delle lingue è una via


che permette di realizzare un’economia curricolare e cognitiva. A
tal fine, in primo luogo bisogna organizzare tutti gli insegnamenti
linguistici in un curricolo unitario. Questo significa sfruttare didatti-
camente gli aspetti comuni ai differenti sistemi linguistici in modo
che gli apprendimenti realizzati nelle diverse lingue si rinforzino
reciprocamente. Secondariamente, l’economia può realizzarsi nella
ricerca dei campi concettuali comuni o contigui a più discipline (per
es. chimica e matematica).
Inoltre, l’interdisciplinarità può realizzarsi se si mettono a fuo-
co le operazioni cognitive che intervengono nell’apprendimento
delle varie discipline (paragonare, analizzare, ecc.) e si realizza la
condivisione di strumenti e modi di rappresentazione concettuale e
semiotica (grafici, diagrammi, ecc.). Si tratta di trovare i raccordi tra
saperi linguistici e saperi altri.
La definizione di un terreno d’incontro tra lingua e discipline
favorisce una didattica delle discipline attenta a quei bisogni lingui-
stici che si manifestano proprio nei processi di comprensione, di
elaborazione e di comunicazione dei contenuti disciplinari.

... Approcci plurali e parziali

Gli approcci didattici più innovativi nell’insegnamento delle lingue


appaiono quelli che riguardano più lingue insieme e che sono detti
perciò plurali. Alcuni sono anche detti parziali in quanto servono a
sviluppare singole competenze anche a livelli diversi. Il contributo di
questi approcci all’educazione plurilingue è vario, ma tutti concorro-
no a fornire mezzi per comunicare e favoriscono la socializzazione e
l’inclusione.
Nel , vengono presentati i seguenti approcci plurali e parziali:

— la sensibilizzazione alle lingue e alle culture;


— la didattica integrata delle lingue;
— l’intercomprensione tra lingue vicine e lo sviluppo di compe-
tenze parziali;
. Sulle lingue dell’educazione 

— l’integrazione tra lingue e discipline negli insegnamenti lin-


guistici.

Ognuno di questi approcci si caratterizza diversamente sotto l’aspetto


metodologico nonché per le competenze che tende a sviluppare .
Una caratteristica comune a tutti gli approcci è il ruolo centrale
svolto dalla lingua di scolarizzazione.
A partire dal , il Consiglio d’Europa ha creato la Piatta-
forma e ha concentrato lo sforzo produttivo degli esperti in due
direzioni di ricerca: il curricolo plurilingue e la dimensione lingui-
stica delle discipline cosiddette non linguistiche. Di questi temi ci
occuperemo nei prossimi capitoli.

STRALCI

Coste, D., Cavalli, M., Crişan, A., Van De Ven, P.–H., (). Un cadre
européen de référence pour les langues de l’éducation? Conseil de l’Europe. Trad.
it. a cura di Rosa Calò e Silvana Ferreri (). Viterbo: Sette Città.

. Sulle lingue dell’educazione (§ .)

Tutte le lingue presenti a scuola, sia a livello di curricolo formale,


sia in base alla composizione della popolazione scolastica, potenzial-
mente o praticamente, sono per tutti i soggetti scolarizzati lingue di
socializzazione; e ciò per il fatto che contribuiscono tutte, ognuna
a diverso titolo, allo sviluppo cognitivo, affettivo, sociale, culturale,
cioè alla costruzione identitaria di ciascun individuo che entra nel
sistema educativo. Inoltre, tra queste lingue, quelle facenti parte del
curricolo o comunque riconosciute dall’istituzione scolastica, sono
lingue dell’educazione [. . . ]. Tra le lingue dell’educazione, la lingua
principale di scolarizzazione non solo è insegnata come materia, ma
serve anche come veicolo per l’insegnamento di altre materie ed
è quella che occupa un posto centrale nel progetto formativo del-
la scuola. Nell’insieme di queste lingue, un posto particolare nello
sviluppo, la formazione e l’istruzione degli allievi occupano la o
le prima(e) lingua(e) del bambino, quella(e) della sua prima socia-
lizzazione familiare e comunitaria, e la o le lingua(e) principale(i)

. Per un esame degli approcci plurali e parziali, vd. p. .


. Vd. p. , nota .
 Educazione linguistica e plurilinguismo

di scolarizzazione, quella(e) che opera(no) come veicolo principale


dell’istruzione nelle varie discipline (a parte, in genere, le lingue
“straniere”). Non c’è sempre coincidenza tra prima(e) lingua(e) del-
l’alunno e lingua(e) principale(i) di scolarizzazione. Non solo per via
dell’esistenza di minoranze regionali o etniche, ma anche a causa dei
movimenti migratori economici, professionali o originati da bisogno
di rifugio e asilo.

. I repertori degli studenti e le varietà linguistiche in uso a scuola


(§ ..)

Le diversità, pluralità ed eterogeneità evocate prima fanno della scuo-


la un luogo nel quale gli apprendenti vivono l’esperienza diretta del
plurilinguismo: le loro diverse origini e/o la loro appartenenza a
tipi di minoranze differenti si riflettono nella diversificazione e nella
ricchezza dei loro repertori linguistici, che possono comprendere
lingue e varietà di lingua (e anche di linguaggi) molto diverse tra
loro per gruppo e tipologia di appartenenza, ma anche per status
nella società. Se la scuola non considera anzi ignora questo plurilin-
guismo che esiste e si occupa solo della/e lingua/e della scuola o
delle lingue straniere che è incaricata di insegnare, essa si priva di
risorse preziose e soprattutto di una base solida per il plurilinguismo
scolastico che si propone di costruire. Non si può mettere in atto
nessun plurilinguismo scolastico che sia sano, sereno e inclusivo, se
si escludono i repertori degli apprendenti. L’assenza di una qualche
forma di attenzione equivale a una rimozione che incide negativa-
mente non solo sulla costruzione dell’identità degli apprendenti, per
i quali quella parte d’identità legata alla lingua d’origine verrebbe
così occultata e non valorizzata, ma anche sugli altri apprendimenti
scolastici, linguistici o disciplinari. La ricerca ha messo in luce, infatti,
le difficoltà che possono incontrare gli apprendenti la cui  non
corrisponde alla lingua di scolarizzazione; essa ha evidenziato il fatto
che questi apprendenti, anche se acquisiscono rapidamente in  le
competenze per cavarsela nelle situazioni comunicative della vita
quotidiana, fortemente contestualizzate e poco impegnative, possono
non disporre dei mezzi linguistici (e nello stesso tempo cognitivi) più
“accademici”, che sono necessari per affrontare i contenuti e i compiti
disciplinari che la scuola propone. Poiché questo tipo di competen-
ze si sviluppano sul lungo periodo, è fondamentale che la scuola si
preoccupi di farle acquisire sia nella  che nella  dell’apprendente.
. Sulle lingue dell’educazione 

Anche nei casi più frequenti — apparentemente più semplici —


in cui la  dell’apprendente coincide con la lingua di scolarizzazione,
si può affermare che gli allievi si trovano a scuola davanti a un’altra
specie di plurilinguismo; la lingua di scolarizzazione, per le varietà
che seleziona e che usa, può effettivamente essere più o meno diver-
sa dalla lingua che il bambino ha sperimentato nell’ambito della sua
prima socializzazione. Anche in questo caso, gli alunni non sono tutti
uguali: i bambini provenienti da ambienti socio–economici svantag-
giati hanno spesso un repertorio di varietà linguistiche molto lontane
dalle varietà che la scuola usa e che quasi sempre si caratterizzano
per la diversità e la complessità dei discorsi e dei registri adoperati,
per la ricchezza lessicale e morfosintattica, per il grado di elabora-
zione e di astrazione. . . Quale che sia la ricchezza e la funzionalità
extrascolastica del loro repertorio, questi apprendenti si trovano di
fronte a varietà per loro nuove e che la scuola legittima come lingua
d’uso comune. Essi hanno più difficoltà ad abituarsi a queste varietà
scolastiche rispetto ai loro compagni provenienti da ambienti più
fortunati, che hanno avuto più occasioni di trovarsi esposti (specie in
famiglia) alle varietà linguistiche legittimate e usate dalla scuola.
Ma per tutti gli alunni l’esperienza scolastica corrisponde anche
all’acquisizione di altre “lingue” e di altri “linguaggi”, si potrebbe
dire di altri “alfabeti”, che sono quelli relativi alle diverse disci-
pline scolastiche. L’acquisizione di punti di vista altri e di mezzi
diversificati per aver presa sulla realtà sensibile si realizza attra-
verso l’apprendimento delle discipline. Queste si servono della
cosiddetta lingua “naturale” o considerata “comune” ma con lo
scopo di costruire le “lingue” specifiche di ognuna di esse. Tante
lingue, altrettante discipline: lingue fatte di relazioni tra tipi di
discorso aventi funzioni epistemologiche specifiche nell’ambito
disciplinare, di lessici specializzati, di costruzioni logico–retoriche
tipiche, di rapporti diversificati, a seconda delle attività didattiche
previste, insieme con la lingua “naturale”, di linguaggi artificiali
(formule matematiche, chimiche, fisiche. . . ). E, accanto alle “lin-
gue” delle discipline, bisogna aggiungere la pluralità e la diversità
degli strumenti concettuali e rappresentativi utilizzati da ognuna di
esse (grafici, mappe concettuali, carte, tabelle, diagrammi, schemi,
disegni, modelli. . . ).
Le discipline funzionano in tal modo da contesti in cui si elabora-
no significati legati a un dato dominio, grazie appunto agli usi e alle
variazioni proprie di quel dominio.
 Educazione linguistica e plurilinguismo

. Un’interdisciplinarietà a geometria variabile (§ ..)

.. L’area degli insegnamenti linguistici

In questa area, la Didattica Integrata delle Lingue () permette di


assicurare l’elaborazione e la realizzazione di un curricolo lingui-
stico unitario, pensato e progettato come un tutto. Essa si fonda su
un giusto equilibrio tra un’attenta considerazione delle differenze
esistenti tra i processi di acquisizione di una , di una  o di una 
e la coscienza delle grandi affinità che questi processi presentano dal
punto di vista psicolinguistico.
La  si pone due finalità [. . . ]:

— facilitare gli apprendimenti dei differenti sistemi linguistici


in un’ottica di rinforzo reciproco sfruttando didatticamente i
loro fondamenti comuni;
— favorire, anticipare nel tempo, rendere coscienti e sistematici,
automatizzare, attraverso un efficace sostegno didattico, quei
processi interlinguistici che possono aver luogo (o non aver
luogo) spontaneamente e in modo inconsapevole, nella mente
degli apprendenti.

La  si regge su due principi: il principio dell’anticipazione e il


principio della retroazione, che devono diventare operanti nella
dimensione cognitiva e nella pratica didattica:

— il principio dell’anticipazione mette in evidenza, nell’acquisizio-


ne linguistica, le prerogative legate all’ordine di acquisizione
delle lingue:  precede , che a sua volta precede ; ciò com-
porta conseguenze di vario ordine sugli statuti delle lingue
per l’apprendente e si traduce, sul piano didattico, nella presa
di coscienza per l’insegnante di una data lingua del fatto che
sta aprendo la strada e preparando il terreno – attraverso le
conoscenze, le competenze e le strategie che va sviluppando
— agli insegnamenti e agli apprendimenti paralleli o futuri in
altre lingue;

— il principio di retroazione opera in senso opposto: cognitiva-


mente, ogni acquisizione linguistica ulteriore provoca una
ristrutturazione — una sorta di rivisitazione — delle cono-
. Sulle lingue dell’educazione 

scenze già acquisite; sul piano didattico, questo principio si


traduce nella presa di coscienza per gli insegnanti dell’impat-
to (sistemico, percettivo o altro) che le nuove acquisizioni
potrebbero avere sulle lingue già acquisite.

Questi due principi dovrebbero didatticamente comportare:

a) per gli alunni, lo sviluppo di un metodo euristico e di stra-


tegie contrastive che permettano loro di verificare ciò che è
trasferibile da una lingua all’altra e ciò che rimane specifico di
ciascuna;
b) la pratica sistematica, attraverso il sostegno degli insegnanti di
lingue, dei transfer di conoscenze, competenze e strategie, in
modo tale che questi transfer diventino spontanei, autonomi e
automatici, dotando quindi gli allievi di competenza strategica
trasversale;
c) la realizzazione di una ingegneria didattica che permetta ai
diversi insegnanti di lingue di concatenare e di articolare i
diversi insegnamenti (in ,  o ) in modo da sfruttare gli
effetti di eco, di ripresa, di approfondimento e i diversi giochi
di anticipazione e di retroazione a vantaggio di tutte le lingue
insegnate e soprattutto di tutti gli apprendenti.

Così intesa, la  punta a sviluppare nell’allievo strategie di “attacco”


per affrontare problemi — le strategie di azione — strategie di accet-
tazione dei rischi e di risoluzione dei problemi. La collaborazione
e la concertazione tra gli insegnanti di lingue può realizzarsi secon-
do diverse modalità, che vanno dal più semplice al più complesso
(Bertocchi  ):

a) l’informazione reciproca sui contenuti, la ricerca di un lin-


guaggio comune, gli accordi su certe tecniche di gestione
della classe (a proposito del trattamento degli errori o degli
interventi a favore di alunni in difficoltà. . . );
b) l’esplicitazione dei modelli di descrizione della lingua; questa
fase è preliminare a tutte quelle che seguono;

. Vd. Bertocchi, D., (). “Educazione bi/plurilingue e integrazione linguistica”, in


Bertocchi, D. et alii (), Pensare e parlare in più lingue — Esperienze di insegnamento e di
formazione in Valle d’Aosta. Aosta, IRRSAE–Valle d’Aosta, p. .
 Educazione linguistica e plurilinguismo

c) un lavoro collettivo di pianificazione per stabilire, di comu-


ne accordo ma su aree limitate del curricolo, gli obiettivi, i
contenuti, i metodi, le procedure di valutazione;
d) la realizzazione di un curricolo integrato delle lingue insegna-
te al cui interno gli insegnanti sarebbero portati a:

— integrare gli obiettivi in sequenze comuni;


— sollecitare, ogni volta che sia possibile, il transfer di strategie
e di acquisizioni linguistiche e pragmatiche da una lingua
all’altra;
— concordare in modo sempre più preciso e puntuale le modali-
tà di valutazione;
— organizzare momenti di uso di più lingue, variando le situa-
zioni e gli scopi della comunicazione, e valorizzando così
l’alternanza linguistica;
— identificare ciò che è “prossimo” e ciò che è “distante” nelle
lingue, in modo da creare situazioni per attività metalinguisti-
che contrastive.

Lungi dal rappresentare una omogeneizzazione linguistica, la 


poggia, in effetti, su un giusto equilibrio tra riflessione e lavoro sulle
analogie e sulle differenze interlinguistiche, in cui “l’integrazione”
deve essere accompagnata da una “differenziazione concertata”.
Sarebbe limitante relegare la  nell’ambito della riflessione me-
talinguistica e di un’analisi contrastiva che prendesse in considera-
zione solo gli aspetti grammaticali o ortografici; essa può includere
utilmente tutti gli aspetti dell’acquisizione linguistica, compresi so-
prattutto i processi di alto livello che sfruttano il sistema operativo
comune e la competenza comune sottesa. Le sfide più promettenti
per la  si collocano forse laddove risiedono i processi cognitivi
(analisi, sintesi, valutazione) e le competenze linguistiche di più alto
livello (significato semantico e funzionale) che rappresentano le di-
mensioni trasversali maggiori delle lingue e che sono alla base dello
sviluppo cognitivo e linguistico più avanzato.

.. L’area delle discipline non linguistiche

In modo analogo a quanto detto per le discipline linguistiche, nell’a-


rea dei diversi campi disciplinari, un’ottica inter– e transdisciplinare
potrebbe:
. Sulle lingue dell’educazione 

— favorire la comunicazione e la condivisione tra i diversi inse-


gnamenti;
— promuovere il transfer di saperi, competenze e strategie, lad-
dove possibile e auspicabile;
— mirare sia al rinforzo reciproco sia alla messa a fuoco delle
specificità di ogni disciplina;
— realizzare tanto un’economia didattica a livello degli insegna-
menti, quanto un’economia cognitiva a livello degli apprendi-
menti.

I transfer potrebbero situarsi a diversi livelli:

— quello dei concetti similari, essenzialmente nei campi concet-


tuali comuni o contigui (cfr. i casi di discipline vicine come la
biologia e la chimica o l’economia e la storia) sui quali spesso
lavorano i vari insegnanti senza stabilire, in forma esplicita e
consapevole, delle passerelle cognitive;
— quello delle operazioni cognitive sulle quali si fondano gli
apprendimenti disciplinari (paragonare, anticipare, negozia-
re, analizzare. . . ), sorta di zoccolo trasversale che sarebbe
indispensabile affrontare con orientamenti didattici comuni;
— quello, poi, degli strumenti e dei mezzi di rappresentazione
concettuale e semiotica come i quadri, i grafici, i diagrammi,
ecc. spesso comuni a più discipline.

È probabilmente superfluo sottolineare l’importanza, in tutto quanto


sopra, della dimensione linguistica e della lingua “naturale” come
veicolo e strumento verso le lingue di specialità e i linguaggi “artifi-
ciali” utilizzati nelle diverse discipline, dimensione che interessa in
modo particolare il progetto di .

.. L’area della trasversalità linguistica e cognitiva

L’ultima area di razionalizzazione, la dimensione linguistica e co-


gnitiva, è trasversale alle altre due (già sopra descritte) e si situa al
loro incrocio. È lì che avvengono le operazioni — cognitive e ad
un tempo linguistiche — che attraversano tutto il curricolo (sele-
zionare informazioni in un testo, classificarle, riformularle in ma-
niera sintetica, elaborare un ragionamento, costruire e organizza-
 Educazione linguistica e plurilinguismo

re un‘argomentazione, assistere a una lezione frontale e prendere


appunti, esporre i risultati di un lavoro o di una ricerca. . . ).
Questa area è sempre cruciale in qualsiasi tipo di educazione,
perché è lì che si fa (o non si fa) il raccordo tra saperi linguistici e
saperi altri: è in questa intersezione che può giocarsi il successo o
l’insuccesso scolastico di un apprendente. Area ancora più cruciale
nei casi di insegnamenti plurilingui, in quanto essa vi si costruisce
in due o tre lingue. La razionalizzazione di questa area presuppone
una collaborazione interdisciplinare — frutto di riflessione comune
— tra gli insegnanti di Discipline Non Linguistiche () e quelli di
Discipline Linguistiche () per l’integrazione tra lingue e contenuti
disciplinari e per la definizione dei rispettivi ruoli su un certo numero
di questioni: i contributi di conoscenze linguistiche, la riflessione e
la concettualizzazione metalinguistica, il rapporto con la norma e la
gestione degli errori. . .
In questa area, gli insegnanti di , in collaborazione con i col-
leghi di , possono approfondire la dimensione linguistica dell’ap-
prendimento disciplinare di cui sono responsabili, definendo i tipi di
discorsi e testi scritti e orali (e le loro caratteristiche), così come le
attività discorsive più frequentemente sollecitate dalle loro discipline
e nelle loro classi.
Nel caso di insegnamenti plurilingui, essi possono parallelamente:

— sperimentare le modalità di alternanza delle due/tre lingue


che risultino più funzionali per una migliore costruzione dei
concetti disciplinari;
— realizzare attività di mediazione tra generi diversi di testi
specialistici (tra un grafico in scienze e un discorso espositi-
vo, ecc.) e tra discorsi in due/tre lingue, come modalità di
riformulazione dei concetti disciplinari (Coste  );
— definire i bisogni linguistici degli apprendenti in stretta cor-
relazione con le  e verificare gli apporti di queste ultime
all’ampliamento delle competenze linguistiche degli allievi.

. Coste, D. (): «Immersion, enseignement bilingue et costruction des connaissances»,


in Actualité de l’enseignement bilingue, «Le français dans le monde» — Numéro spécial — Paris,
Hachette, pp. –.
Capitolo III

Il curricolo plurilingue

Nella Guida per lo sviluppo e l’attuazione di curricoli per una educazione


plurilingue e interculturale le tematiche già illustrate nei due studi
precedenti vengono rielaborate, sistematizzate ed approfondite.
Il curricolo è considerato come uno strumento che permette alle
scuole (e agli insegnanti) di pianificare e gestire l’educazione lingui-
stica globale degli allievi in funzione dello sviluppo della competenza
plurilingue e interculturale. Questa competenza è definita come la
«capacità di attivare — in modo adeguato alle circostanze — il proprio
repertorio di risorse linguistiche e culturali per rispondere a bisogni
comunicativi o per interagire con gli altri».
Si propone di seguito l’analisi di alcuni temi centrali per l’ela-
borazione del curricolo. Sono i temi che afferiscono da una parte
alla definizione degli obiettivi e alla selezione dei contenuti d’inse-
gnamento, dall’altra all’organizzazione del curricolo e agli scenari
curricolari. Il punto di vista curricolare permette di affrontare in
modo non occasionale anche le problematiche relative agli alunni
svantaggiati.

.. Finalità, obiettivi e contenuti

... Dalle finalità agli obiettivi

Nel progetto di educazione plurilingue come educazione alla cittadi-


nanza democratica, il curricolo è orientato verso le seguenti finalità:

— salvaguardare e potenziare la competenza nella prima lingua


(o lingua materna);

. Béacco, J.C. et alii (). Guide for the development and implementation of curricula for
plurilingual and intercultural education. Trad. it. di E. Lugarini, in: «Italiano Lingua Due», vol. ,
n. , .


 Educazione linguistica e plurilinguismo

— sviluppare le competenze linguistiche necessarie alla vita so-


ciale (interazione orale e comprensione scritta) nella lingua
materna e nella lingua della scolarizzazione;
— fornire competenze comunicative in altre lingue europee e
sviluppare l’autonomia di apprendimento;
— sviluppare le competenze nella lingua di scolarizzazione in
funzione del successo scolastico, facendo attenzione alla com-
ponente linguistica delle diverse discipline del curricolo.

In relazione ai diversi contesti, ognuna di queste finalità può essere


assunta come criterio–guida per definire gli obiettivi d’insegnamento
delle lingue dell’educazione.
La prima indicazione che ci viene fornita dalla Guida è quindi
la seguente: il progetto di educazione plurilingue e interculturale
propone un approccio al curricolo che parte dalle finalità assegnate
alle discipline linguistiche, considerate non nella loro singolarità ma
come strumenti di educazione, e affida agli insegnanti il compito di
trovare i legami tra le finalità educative e le discipline.
Da qui discende l’esigenza di coordinare tutti gli insegnamenti
a livello linguistico, stabilendo delle relazioni sia tra le lingue come
discipline, sia tra le lingue e le altre discipline.
Gli obiettivi d’insegnamento saranno distinti per lingua. Si do-
vranno definire gli obiettivi della lingua di scolarizzazione che pos-
sono risultare funzionali allo studio delle altre discipline, nonché gli
obiettivi che servono a sviluppare competenze nelle altre lingue che
si insegnano a scuola e quelli utili per insegnare come si impara.
Nel caso si abbiano alunni stranieri parlanti lingue diverse, a
questi alunni va garantito il diritto di usare la lingua d’origine e
di ampliarne la conoscenza: gli obiettivi curricolari saranno diretti
a salvaguardare e potenziare la competenza nella lingua d’origine.
In presenza di alunni svantaggiati sotto l’aspetto linguistico e cultu-
rale, gli obiettivi curricolari dovranno tendere a sviluppare in via
prioritaria le competenze linguistiche necessarie alla vita sociale.
Si riportano di seguito le indicazioni per la definizione degli
obiettivi del curricolo di lingue:

— chiarire in via preliminare quali funzioni avrà la lingua di


scolarizzazione, quali lingue straniere saranno insegnate, se si
prevede l’insegnamento di lingue regionali o della migrazione
e con quali modalità (obbligatorie o opzionali);
. Il curricolo plurilingue 

— precisare come si pensa di “trattare” la lingua di scolarizzazio-


ne e/o la lingua straniera in quanto veicolo di acquisizione di
conoscenze;
— prevedere le competenze comunicative e le strategie trasver-
sali da sviluppare in ogni lingua;
— prevedere in quale lingua si darà priorità agli obiettivi di svi-
luppo della competenza interculturale (di grande rilevanza nel
processo di formazione dell’alunno come futuro cittadino) ;
— formulare gli obiettivi in termini di descrittori di attività e
strategie di comunicazione linguistica, secondo le proposte
del .

... La scelta dei contenuti

La seconda indicazione che la Guida fornisce riguarda i contenuti


funzionali all’educazione alla cittadinanza. In particolare, vengono
segnalati tre tipi di contenuti comuni a tutte le discipline linguistiche:

a) i generi di discorso che ricorrono nella vita sociale e nella


comunicazione specialistica;
b) le competenze linguistico–comunicative;
c) la variabilità come caratteristica comune alle lingue.

Ogni tipo di contenuto può rientrare in misura maggiore o minore


nel curricolo, essere più presente in un ciclo o nell’altro.

.... I generi di discorso

Considerando i generi di discorso , si propone che un certo “genere”


(o una forma di testo, quale il dialogo, la conversazione, il resoconto,
la relazione, ecc.) sia assunto come contenuto sia nell’ambito della
lingua di scolarizzazione sia in una delle lingue straniere, che un altro
genere sia trattato solo nell’ambito della lingua di scolarizzazione,
oppure solo in lingua straniera, in particolare se essa è utilizzata per
insegnare una disciplina non linguistica. Uno stesso genere può essere
trattato in momenti diversi dell’iter scolastico ed essere proposto
didatticamente sotto aspetti diversi (la sua struttura, l’uso che se ne

. Vd. Stralcio . Le componenti della competenza interculturale, p. .


. Vd. Stralcio . I generi discorsivi, p. .
 Educazione linguistica e plurilinguismo

fa in campi disciplinari diversi, ecc.). Se uno stesso genere viene


studiato in lingue diverse (ad esempio, nella lingua di scolarizzazione
e in una lingua straniera), ciò può facilitare la messa a fuoco di
somiglianze e differenze tra forme legate a contesti culturali e storici
diversi. In questo caso, la riflessione comparativa su quel genere
risulta funzionale allo sviluppo di competenza interculturale.
I generi scelti influenzano la definizione degli obiettivi specifici
di apprendimento in ogni lingua. In particolare, in base ai generi di
discorso che si decide di trattare in un ciclo, si possono individuare le
attività (ricettive e/o produttive, orali e/o scritte) e gli aspetti specifici
della lingua che concorrono a costruire la competenza in quei generi
(lessico, morfosintassi, ecc.).

.... Le competenze linguistico–comunicative

Assumendo come contenuti le competenze linguistico–comunicative,


il riferimento primario è costituito dai descrittori del  , in quanto
essi permettono di definire le competenze specifiche e il loro grado
di padronanza in ciascuna lingua insegnata.
Nella Guida vengono richiamate le componenti (linguistica, socio-
linguistica e pragmatica) della competenza linguistico–comunicativa
e le attività comunicative attraverso le quali si manifesta concretamen-
te la competenza (ricezione, interazione, produzione e mediazione,
orali e scritte).
Considerando le componenti della competenza linguistico–comu-
nicativa si possono scegliere i contenuti specifici, sia quelli che rin-
viano alla lingua come sistema (grammatica, lessico, ecc.), sia quelli
che rinviano agli usi linguistici in relazione ai contesti situazionali
(registri) e alle intenzioni comunicative (atti linguistici). Il riferimento
alle attività comunicative è anch’esso centrale in quanto permette di
formulare obiettivi di insegnamento in termini di processi di appren-
dimento linguistico (comprendere, produrre, interagire, mediare),
in relazione ai canali orale o scritto.
La selezione di contenuti relativi ad una medesima componente
della competenza comunicativa (es. la componente sociolinguistica)
può essere comune a più lingue: per esempio, alla lingua di scolariz-
zazione e alla lingua straniera; tale convergenza può essere sfruttata
da una lingua all’altra al fine di un reciproco rinforzo. Parimenti, la

. Vd. Un repertorio di descrittori si trova alle pp. – del .


. Il curricolo plurilingue 

reiterazione in due lingue diverse di un obiettivo di comprensione


(orale o scritta) può contribuire a rinforzare la competenza generale
di comprensione. Per esempio, si può sviluppare la competenza di
comprensione scritta di una forma testuale con riferimento sia agli
aspetti linguistici (lessico, sintassi. . . ), sia alle operazioni linguisti-
co–cognitive che l’allievo deve compiere per comprendere il testo
(identificare, selezionare, mettere in relazione, inferire, valutare. . . ).
Ognuno di questi aspetti può essere preso in carico dalla lingua di
scolarizzazione e/o dalla lingua straniera.
In genere, gli obiettivi di sviluppo delle competenze linguisti-
co–comunicative possono essere assunti in più lingue, sia in paral-
lelo sia a distanza di tempo; tali convergenze possono promuovere
lo sviluppo di competenze trasversali nell’ambito dell’educazione
plurilingue.
La Guida non propone l’adozione pura e semplice dei descrittori
del . In particolare, i descrittori relativi ai primi livelli (A, A,
B) non sono considerati adatti ad essere utilizzati per la lingua di
scolarizzazione, data la complessità dei processi formativi da questa
attivati (sviluppo cognitivo, affettivo–relazionale, identitario, ecc.). Si
fa l’ipotesi che tali descrittori possano — con opportuni adattamenti
— essere utilizzati per specificare alcune competenze di base necessa-
rie a determinati gruppi di alunni (migranti neo–arrivati), per i quali
la lingua di scolarizzazione è una nuova lingua.
Per la definizione degli obiettivi relativi alla lingua di scolariz-
zazione si suggerisce di fare ricorso — sempre con gli opportuni
adattamenti — ai descrittori del  a partire da quelli di livello
B. Alcuni di quei descrittori possono risultare adatti anche per una
descrizione operativa degli aspetti linguistici delle discipline non
linguistiche.

.... La variabilità come caratteristica comune alle lingue

Infine, l’attenzione alla variabilità comporta il fatto che gli appren-


denti siano sensibilizzati alla varietà di forme linguistiche e di rappre-
sentazioni sociali e agli effetti possibili sulla comunicazione intercul-
turale (ad esempio, incomprensioni, malintesi, ecc.). Gli apprendenti
possono sperimentare tali varietà in relazione ai contesti e agli scopi
della comunicazione: sapersi comportare come uno straniero, as-

. Vd. Stralcio . La variabilità, p. .


 Educazione linguistica e plurilinguismo

sumere il suo punto di vista, adottare i riti di una società diversa


sono esperienze che richiedono non solo l’alternanza delle lingue,
ma anche dei registri linguistici, cioè degli strumenti formali che
esprimono le diverse identità culturali e i diversi ruoli sociali.
Tutti i fenomeni legati alla variabilità (in relazione a norme di
distinzione sociale, di efficacia funzionale, di valori, ecc.) sono dei
contenuti su cui riflettere . È evidente quindi l’interesse di prevedere
nel curricolo plurilingue degli obiettivi di riflessione sulla variazio-
ne linguistica, il che può avere ricadute importanti sull’educazione
interculturale.

.. L’organizzazione del curricolo

L’approccio al curricolo proposto nella Guida è caratterizzato dalla


ricerca di una duplice coerenza:

— orizzontale, come correlazione tra le lingue e le altre disci-


pline sul piano degli obiettivi, dei contenuti, dei metodi, dei
materiali e delle modalità di valutazione;
— verticale, come continuità e progressione nello sviluppo di
competenze lungo il percorso scolastico ed oltre.

... Coerenza orizzontale

Alla base del curricolo plurilingue c’è la ricerca delle trasversalità tra
tutte le lingue: tra le lingue presenti nel curricolo come discipline e
tra queste e le altre discipline.
La Guida fornisce criteri per l’analisi delle diverse forme di tra-
sversalità. La prima forma riguarda le diverse lingue straniere, la
seconda investe la lingua di scolarizzazione, le lingue straniere e le
altre discipline del curricolo.

.... La trasversalità tra le lingue straniere

La trasversalità tra le lingue straniere si realizza in concreto se gli


obiettivi d‘insegnamento delle lingue vengono definiti sulla base dei
criteri e delle categorie d’analisi di cui al , cioè in termini di

. Vd. Stralcio . Le competenze riflessive nell’apprendimento delle lingue, p. .


. Il curricolo plurilingue 

descrittori riferiti alle diverse attività linguistiche: ascoltare, parlare,


interagire, leggere, scrivere.
L’efficacia dell’insegnamento può essere implementata da una
ricerca sistematica di coerenza e di economia. In questo caso, alla
forma di coordinamento precedente si aggiungono:

— la definizione di un profilo linguistico unitario che preveda


la complementarietà delle competenze da raggiungere nelle
diverse lingue straniere;
— l’uso di una terminologia condivisa nella descrizione dei fatti
linguistici e culturali;
— il ricorso continuo alle competenze acquisite in una lingua
per sviluppare gli apprendimenti in un’altra lingua.

.... Trasversalità tra le lingue e le altre discipline

Per quanto riguarda la lingua di scolarizzazione e le altre lingue come


discipline, la trasversalità si potenzia in vari modi. In primo luogo
bisogna privilegiare obiettivi e modalità di lavoro che prevedono:

— l’apertura verso le lingue e le culture fin dalla fase pre-scolare;


— la sensibilizzazione alla pluralità dei linguaggi e dei codici;
— il coordinamento di tutti gli obiettivi linguistici e interculturali
e la pianificazione di attività di mediazione;
— la riflessione sulla variabilità delle lingue in relazione ai conte-
sti e sul loro funzionamento generale ;
— lo sviluppo della consapevolezza dei modi di apprendere
(autonomia).

La trasversalità si può implementare anche attraverso la scelta di atti-


vità comuni tra le lingue e le altre discipline. Ciò comporta un’atten-
zione mirata alle attività di comprensione e di espressione sollecitate
nelle diverse aree disciplinari, alle operazioni cognitive che hanno
una dimensione linguistica (identificare, localizzare, descrivere, argo-
mentare, ecc.) e ai generi discorsivi il cui uso è previsto nelle attività
che gli apprendenti sono chiamati a svolgere in tutte le discipline. Si
tratta di componenti linguistiche trasversali al curricolo, che possono
essere fonte di difficoltà per gli apprendenti. Su ognuna di esse è

. Vd. Stralcio . Le competenze riflessive nell’apprendimento delle lingue, p. .


 Educazione linguistica e plurilinguismo

importante prevedere modalità d’intervento che possano assicurare


il successo nell’apprendimento da parte di tutti gli allievi.
La ricerca delle trasversalità crea coerenza tra gli apprendimenti
e rende possibile il transfer di conoscenze e saper fare da una lingua
all’altra nonché tra le lingue e le altre discipline. Si tratta di forme
di economia curricolare che si producono non spontaneamente, ma
attraverso un’attenta pianificazione da parte degli insegnanti, che
riflettono e fanno riflettere gli alunni sulle relazioni tra le lingue e
tra i processi di apprendimento.

... Coerenza verticale

Gli autori della Guida richiamano l’attenzione su un altro criterio


organizzativo: il curricolo per l’educazione plurilingue e intercultu-
rale deve essere coerente anche nella sua dimensione verticale. Se
si vuole garantire a tutti gli allievi, anche a quelli più deboli, una
formazione linguistica di qualità è necessario assicurare la continuità
degli apprendimenti.
Una prima misura per assicurare la continuità curricolare consiste
nel determinare i livelli progressivi e i traguardi da raggiungere. La
Guida invita a riflettere sulla opportunità e sulla congruenza di fare
ricorso ai livelli del , pur suggerendo di considerarli in modo
flessibile. Una seconda strada consiste nel costruire una continuità di
esperienze di apprendimento. Infine, può essere utile tracciare un
quadro complessivo del percorso educativo (scenario), che tenga con-
to del repertorio linguistico individuale per potenziarlo e arricchirlo
in funzione dell’educazione plurilingue e interculturale.

.... Livelli e profili di competenze

Per le lingue straniere, il riferimento ai livelli è ormai pratica cor-


rente nei curricoli europei. Se gli stessi descrittori di competenze
sono utilizzati longitudinalmente per tutte le lingue si realizza il
coordinamento verticale: i gradi di padronanza (livelli) delle singole
competenze previste in ciascuna lingua possono essere specificati in
relazione alle condizioni dell’insegnamento di ciascuna lingua (nu-
mero di ore, numero di anni d’insegnamento) e riferiti a determinati
momenti chiave del percorso scolastico.

. Vd. , tav. . Livelli comuni di riferimento: scala globale, p. .


. Il curricolo plurilingue 

La nozione di “livello” però non riflette necessariamente le reali


competenze dello studente e dovrebbe essere considerata solo come
un punto di riferimento. In effetti le diverse competenze possedute
dai parlanti sono raramente collocabili ad un medesimo livello di
padronanza: ad esempio, in una data lingua un parlante può avere
acquisito il livello A nell’interazione orale, ma solo il livello A nella
produzione scritta. In realtà di un alunno possiamo dire, ad esempio,
che ha raggiunto il livello A in interazione orale, il livello B in
ricezione scritta, il livello A in produzione scritta. Alla nozione di
livello può utilmente subentrare quella di “profilo di competenze”.
La nozione di “profilo di competenze” implica che non tutte le
lingue insegnate si pongano obiettivi analoghi, che non tutte le com-
petenze siano necessariamente insegnate e che, per esempio, alcuni
insegnamenti relativi ad un ciclo possano essere focalizzati su una
sola abilità linguistica (ricezione audiovisiva, o scritta, o interazione
orale, ecc.).
La ricerca di coerenza verticale si realizza inoltre attraverso la
segmentazione dei contenuti e l’organizzazione sequenziale dei per-
corsi relativi alle diverse lingue insegnate, identificando le possibili
relazioni e le passerelle tra le lingue e tra queste e le altre discipline,
in modo da armonizzare tra loro i contributi delle singole discipline
e assicurare un’azione didattica coesa e coerente sia verticalmente
che orizzontalmente.
Al fine di assicurare una reale coerenza al curricolo, sarà utile
definire un profilo integrato delle competenze che riguardi tutte le
lingue, sottolineando di ciascuna la sua specifica funzione (comunica-
zione sociale, sviluppo cognitivo, educazione interculturale, capacità
di riflessione, autonomia di apprendimento). Si tratterà di decidere
quale collocazione dare — nei diversi stadi del curricolo — alle com-
petenze comunicative, alle competenze interculturali, allo sviluppo
di strategie trasversali alle discipline e allo sviluppo cognitivo, allo
sviluppo dell’autonomia di apprendimento.

.... Esperienze di apprendimento

Il curricolo deve prevedere esperienze diverse di apprendimento


delle lingue e di contatto con le culture: dalla scoperta della diversità
linguistica e culturale all’interno della classe agli incontri con parlanti
lingue diverse, dall’osservazione della diversità di codici comunicativi
legati a gesti e a movimenti all’esplorazione di sistemi grafici diversi,
 Educazione linguistica e plurilinguismo

dagli scambi di materiali e informazioni all’uso alternato delle lingue


nella comunicazione, ecc.
La descrizione delle esperienze di apprendimento che la Guida
propone non ha alcun intento prescrittivo. Essa è da considerare
piuttosto come un repertorio di obiettivi, contenuti e attività a cui
attingere per caratterizzare le tappe dei diversi percorsi in modo
congruente rispetto al progetto di educazione plurilingue e intercul-
turale. Si riportano di seguito gli elementi essenziali di tale repertorio,
con riferimento a tre periodi scolastici.

Scuola dell’infanzia. Ogni bambino e ogni bambina sono accettati nella loro
diversità linguistica e sono guidati ad accettare la diversità linguistica dei
compagni e degli insegnanti. Fanno esperienze di ascolto e sono ascoltati;
imparano a dialogare e ad osservare come si dialoga a scuola, in famiglia,
nelle diverse culture. Fanno esperienze non solo con la parola ma anche
con il corpo e imparano a coordinare la parola, il suono, il movimento, il
ritmo. . . , a comunicare con diverse modalità e linguaggi (colore, immagine,
suono, materiali, gesti). Imparano filastrocche, conte, canzoncine nella loro
lingua e nella lingua dei compagni. Cominciano a riflettere sui diversi modi
di esprimersi e comunicare, sulle lingue e sulle identità culturali.

Scuola primaria. I bambini e le bambine imparano a leggere e a scrivere


e scoprono le diverse funzioni della lettura e della scrittura. Scoprono i
rapporti tra parola scritta, suoni e significati e sperimentano una pluralità di
modi di scrivere. Sono esposti ad una varietà di discorsi: dai discorsi praticati
a scuola, a quelli che si praticano in famiglia, ai discorsi dei media; scoprono
la varietà delle forme linguistiche e degli usi sociali. Giocano con le parole,
le rime e le sonorità; usano le parole in senso figurato, ascoltano, raccontano
e inventano storie, leggono brevi testi.
Ogni bambino/a impara ad usare gli strumenti che trasmettono cono-
scenze: i libri di testo, l’enciclopedia, il dizionario; riflette sulla lingua parlata
e sull’ortografia, sui linguaggi e sui codici delle materie non linguistiche. Ha
l’opportunità di apprendere una lingua straniera e comincia ad utilizzarla
per parlare, leggere e scrivere; si accorge della diversità o della somiglianza
dei suoni tra la lingua madre e la nuova lingua, si rende conto che può
capire qualcosa della nuova lingua con l’aiuto della lingua madre o della
lingua di scolarizzazione; comincia a confrontare fatti culturali noti nella
lingua d’origine o nella lingua della scuola con fatti culturali veicolati dalla
nuova lingua; sviluppa interesse e curiosità per la nuova lingua e prende
coscienza delle lingue che già conosce. Sa che cosa ha imparato e comincia
a capire come impara.

Scuola secondaria di primo grado. In parallelo con lo studio della lingua di


scolarizzazione e della prima lingua straniera, l’allievo/a comincia a studiare
una seconda lingua straniera. Gradualmente impara a cogliere i rapporti fra
le tre lingue e a passare da una lingua all’altra per realizzare semplici scambi
. Il curricolo plurilingue 

comunicativi. Usa la lingua di scolarizzazione in una varietà di situazioni,


di registri e di generi di discorso e trasferisce nelle lingue straniere alcune
delle competenze linguistiche acquisite in quella lingua. Usa la prima lingua
straniera per informarsi su tematiche che lo interessano (stampa, audiovisivi,
ecc.) e per ampliare le sue conoscenze su argomenti inerenti qualsiasi
disciplina scolastica. Comincia ad utilizzare materiali in lingua straniera
nello studio delle altre discipline.
Impara le lingue utilizzando risorse e modalità diverse: compiti di grup-
po e individuali, ricerche, conversazioni e discussioni in classe e in rete,
esercitazioni autonome anche attraverso i diversi media. Partecipa a progetti
collettivi della classe o della scuola per organizzare attività extrascolastiche
(scambi, soggiorni, ecc.) che richiedono l’uso di diverse lingue.
Traduce da una lingua all’altra ed è attento a cogliere le somiglianze e le
differenze tra le lingue: osserva le forme linguistiche, le strutture, i significati
e i comportamenti culturali e sviluppa capacità di analisi e di interpretazione
dei fenomeni socio–culturali. Acquista capacità di decentramento rispetto
alla sua lingua e alla sua cultura e riesce ad assumere punti di vista diversi.
Riflette sui risultati raggiunti ed è consapevole degli obiettivi da raggiungere
in ciascuna lingua e dei suoi modi di apprendere; è capace di trasferire le
sue strategie di apprendimento da una lingua all’altra.

.... Scenari curricolari

Una modalità per disporre lungo l’asse del tempo gli obiettivi di
insegnamento e progettare lo sviluppo dei percorsi di formazione è
l’elaborazione di uno scenario curricolare. Per “scenario curricolare”
si intende quindi una forma di simulazione globale di ciò che potreb-
be essere — per grandi linee — lo sviluppo di un curricolo scolastico
per ognuna delle lingue e nei rapporti tra le diverse lingue.
Nello scenario curricolare sono previsti e tra loro coordinati,
a partire da un quadro dei bisogni linguistici degli apprendenti,
gli insegnamenti delle diverse lingue: quale lingua straniera deve
essere introdotta per prima (a quale età, per quante ore), quan-
do introdurre lo studio di una lingua regionale o minoritaria o
della migrazione, quando e come trattare la lingua di scolarizza-
zione per gli alunni immigrati o per gli alunni linguisticamente
deprivati, quando introdurre una seconda lingua straniera, quan-
do cominciare ad usare la lingua straniera nello studio di altre
discipline e con quali modalità, ecc. Uno scenario rappresenta il
modo per realizzare la finalità del sistema educativo, lo strumento
che permette all’insegnante di delineare insieme lo sviluppo longitu-
dinale e la trama dei rapporti orizzontali. Infatti, nello scenario sono
previsti sia gli apprendimenti per ciascuna lingua nel loro sviluppo
 Educazione linguistica e plurilinguismo

verticale, al di là dei passaggi da un grado o ordine di scuola all’altro,


sia le relazioni che si stabiliscono orizzontalmente tra lingue diverse
nei diversi gradi e ordini di scuola. Ma ciò non basta: lo scenario
prefigura anche le relazioni che si attivano a livello trasversale, tra
sviluppo linguistico e cognitivo.
Alla base di uno scenario curricolare vi è l’esigenza di «ripensare la di-
dattica linguistica secondo un principio di integrazione». L’integrazione
tra lingue e discipline è definita un «cambiamento a livello di sistema. . . ».
Tale integrazione si realizza prioritariamente nell’«insegnamento di con-
tenuti disciplinari in una lingua che non è quella — abituale — della
scolarizzazione». Rispetto agli orientamenti che informano gli scena-
ri curricolari nei testi precedenti , alcune formulazioni presentate
nella Guida segnalano due elementi considerati fondamentali per
costruire la cittadinanza interculturale: l’alternanza linguistica e la
riflessione sulle lingue e le culture.
Nella Guida vengono presentati diversi scenari curricolari, nei
quali si collocano esperienze diverse a vari livelli. Si propone di
seguito una sintesi dei diversi casi previsti, rinviando per scenari
specifici al testo originale .
Tutti gli scenari sono caratterizzati da:

a) l’approccio olistico alle lingue (lingue d’origine, lingua di


scolarizzazione e lingue straniere);
b) l’attenzione alla dimensione interculturale;
c) la ricerca di sinergie e di integrazione tra le lingue straniere e
tra le lingue e le altre materie.

In tutti gli scenari sono previste esperienze o attività che permettono


agli allievi di:

— utilizzare le lingue d’origine nelle diverse attività e nei giochi


fin dalla scuola dell’infanzia;
— utilizzare nella scuola primaria dei documenti orali o scritti
in lingua straniera i cui contenuti siano riferibili a vari ambiti
disciplinari;

. Si vedano gli sviluppi, anche recenti, delle esperienze  o  e i documenti prodotti
in questo campo dal Consiglio d’Europa in www.coe.int/lang/
. Vd. , cap. , pp. – e , § .., pp. –.
. Vd. Stralcio . Uno scenario di base, p.  (riformulazione parziale del testo originale).
. Il curricolo plurilingue 

— utilizzare nella scuola secondaria, sia nella lingua straniera


 che nella lingua straniera , dei documenti riferibili alle
diverse discipline;
— praticare nella lingua di scolarizzazione e nella prima lin-
gua straniera delle forme di discorso simili a quelle che si
praticano nelle discipline non linguistiche;
— utilizzare la prima lingua straniera come lingua di una disci-
plina altra, in alternanza con la lingua di scolarizzazione.

Sono previsti quattro tipi di pianificazione curricolare o “casi prototi-


pici”:

a) introduzione di una lingua straniera in   e di una


seconda lingua straniera in  ;
b) insegnamento delle lingue a livello di scuola secondaria pro-
fessionale, corso breve;
c) insegnamento delle lingue regionali;
d) insegnamento bilingue.

Solo nel primo caso si propone un unico scenario curricolare. Negli


altri tre casi vengono proposti due tipi di scenari .

.. Gli alunni svantaggiati

Nella Guida gli alunni svantaggiati vengono distinti in due categorie:


gli alunni provenienti da ambienti socialmente e culturalmente
deprivati e gli alunni immigrati.

. Per convenzione internazionale (UNESCO ), le diverse fasi della scolarità sono
indicate con l’acronimo  (International Standard Classification of Education), in francese
CITE (Classement International des Types d’Education), e dalle cifre  per la scuola dell’infanzia, 
per la scuola primaria,  per la secondaria di primo grado,  per la secondaria superiore.
. L’insegnamento delle lingue a livello di scuola professionale si duplica in: ) Costruire una
competenza plurilingue e interculturale nell’ambito di una cultura professionale. ) Gestire un
repertorio di risorse linguistiche e culturali per entrare nel mondo del lavoro. L’insegnamento
delle lingue regionali si duplica in: ) Valorizzazione della lingua regionale in relazione ad altri re-
pertori linguistici in contesti sociolinguistici eterogenei. ) Uso scolastico delle lingue regionali
in un contesto sociolinguistico relativamente omogeneo e monolingue. L’insegnamento bilingue
si duplica in: ) Insegnamento bilingue nella lingua di scolarizzazione e in una lingua straniera.
) Insegnamento bilingue con alternanza delle due lingue di scolarizzazione.
 Educazione linguistica e plurilinguismo

Il curricolo per l’educazione plurilingue e interculturale che la


scuola deve pianificare per questi alunni non è diverso da quello de-
gli alunni cosiddetti “normali”, ma prevede comunque delle misure
specifiche che, in riferimento alle diversità delle loro condizioni
di partenza, li sostengano e permettano loro di apprendere con
successo . In ogni caso, per gli uni e per gli altri sono da escludere
forme di isolamento, come corsi speciali o classi a parte; né si rivela
utile prevedere delle riduzioni di programmi, in quanto tali misure li
priverebbero di competenze fondamentali.
Gli alunni provenienti da ambienti socialmente e culturalmen-
te deprivati, visti in negativo, sono studenti con difficoltà di co-
municazione linguistica, in quanto dispongono di un repertorio
limitato di esperienze linguistiche, effettuate prevalentemente nel
contesto informale e familiare. Le difficoltà che essi incontrano
sono originate dalla distanza tra le loro pratiche linguistiche quoti-
diane e le forme di discorso e le norme linguistiche usate a scuola,
che sono spesso strettamente legate agli usi scritti. Questi alunni,
osservati in positivo, mostrano di possedere varietà linguistiche
diverse da quelle che la norma scolastica insegna e che possono
essere confrontate utilmente con le varietà utilizzate dalla scuo-
la. Essi mostrano di possedere inoltre delle aperture verso una
pluralità di codici comunicativi che possono essere valorizzate e
ampliate.
Nel curricolo si dovranno prevedere non tanto forme tradizio-
nali di recupero delle carenze linguistiche (fare più grammatica o
più ortografia), ma occasioni di pratica delle abilità linguistiche in
contesti motivanti: quindi si tratta di prevedere per loro esperien-
ze individuali e collettive nell’ambito della lettura (comprensione
di testi vicini ai loro interessi), dell’interazione orale (scambi di
opinioni tra compagni su temi di rilevanza socio–culturale), della
produzione orale (riferire fatti, raccontare esperienze, sintetiz-
zare, presentare proposte), della scrittura (su modello, guidata,
creativa).
In definitiva, la Guida sottolinea che nel curricolo plurilingue
bisognerà specificare chiaramente le competenze da far acquisire
agli alunni deprivati, affinché essi possano comunicare nelle situa-
zioni informali e in quelle più formali proprie della scuola, siano in
grado di affrontare i compiti di studio e continuare ad apprendere.

. Vd. Stralcio . Alcune misure specifiche, p. .


. Il curricolo plurilingue 

Gli studenti immigrati sono da distinguere secondo la prove-


nienza, la cultura d’origine, le lingue e le varietà linguistiche parlate
in famiglia, il grado di scolarizzazione, ecc. Questi bambini o prea-
dolescenti hanno diritto anche loro ad una educazione di qualità:
bisogna offrire loro l’opportunità di giungere ad un uso sicuro della
lingua della scuola in funzione del successo scolastico, ma anche i
mezzi linguistici per la loro eventuale futura mobilità.
Il curricolo plurilingue di questi alunni deve prevedere l’insegna-
mento della lingua d’origine (lingua materna), in modo da garantire
la continuità nell’apprendimento e, in certi casi, l’utilizzazione della
stessa nello studio di una o più discipline o parti di discipline. La
scuola deve inoltre prevedere come dare visibilità e valore alle diver-
se lingue degli alunni immigrati, in modo che esse rappresentino
una risorsa anche per gli altri alunni.
A tutti gli alunni in difficoltà si dovrà offrire l’opportunità di
acquisire gli strumenti linguistici che veicolano le conoscenze di-
sciplinari, cioè si dovrà garantire sia l’accesso ai linguaggi delle
discipline sia lo sviluppo delle competenze disciplinari.

.. Una sfida da raccogliere

In conclusione, la proposta dell’educazione plurilingue e intercul-


turale del cittadino europeo rappresenta una sfida per i sistemi
scolastici e, più in particolare, per tutti gli insegnanti. Le scuole
che vogliono raccogliere questa sfida devono progettare il currico-
lo delle lingue dell’educazione come un sistema di esperienze che
favoriscono l’apprendimento dei mezzi linguistici funzionali alla
cittadinanza attiva.
Un efficace apprendimento di una o più lingue, la consape-
volezza del valore della diversità e dell’alterità, il riconoscimento
dell’utilità di ogni competenza anche parziale, sono necessari ad
ogni individuo per esercitare, come membro attivo di una comunità
sociale, la sua cittadinanza democratica in una società multilingue e
multiculturale.
 Educazione linguistica e plurilinguismo

STRALCI

Da: Béacco, J.C., Byram, M., Cavalli, M., Coste, D., Egli Cuenat, M., Gouil-
lier, F., Panthier, J. (). Guide for the development and implementation of
curricula for plurilingual and intercultural education. Council of Europe. Trad.
it. di E. Lugarini. In «Italiano Lingua Due», vol. , n. , Supplemento, .

. I generi discorsivi (§ ...)

Per le dimensioni propriamente linguistiche di tutti gli insegnamenti,


una categoria strategica del curricolo, non esclusiva di altre, può esse-
re rappresentata dai generi di discorso. Si definiscono generi di discorso
(o generi discorsivi) le forme che la comunicazione prende quando
si realizza in una determinata situazione sociale e in una determi-
nata comunità comunicativa. Queste situazioni di comunicazione
sono identificate in base a criteri e parametri quali, ad esempio, il
luogo, il tipo di partecipanti, ecc. e vi si attivano una o più forme
discorsive specifiche quali: una conferenza, una notizia, un aneddoto,
una discussione, un mito, una preghiera, ecc. Le produzioni verbali
tendono a conformarsi alle regole proprie di queste situazioni (o
piuttosto, per usare l’espressione di D. Hymes, eventi comunicativi),
al loro contenuto, alla loro struttura e alle loro realizzazioni verbali
più o meno ritualizzate e vincolate a specifiche convenzioni e norme.
Il concetto di genere di discorso consente di specificare la competen-
za linguistico–comunicativa (nella lingua di scolarizzazione insegnata
come materia o utilizzata come veicolo per l’apprendimento delle
altre discipline o anche come lingua straniera) perché:

— i nomi dei vari generi fanno parte del vocabolario quotidia-


no e sono quindi la forma in cui il linguaggio si presenta
immediatamente ai parlanti;
— genere di discorso è concetto meno astratto di tipo di testo (nar-
rativo, regolativo, espositivo, argomentativo, ecc.) anche se
queste categorie possono ancora essere utilizzate per etichet-
tare le sequenze del testo e quindi servire come descrittori di
abilità;
— permette di identificare dei contenuti morfosintattici e lessica-
li nella misura in cui è possibile descrivere i generi discorsivi
tramite categorie linguistiche. I generi di discorso presentano
delle regolarità formali, più o meno consistenti, che possono
essere apprese in termini di struttura dei testi o di “proprietà”
. Il curricolo plurilingue 

degli enunciati che li costituiscono, proprietà che consistono


nel loro conformarsi a regole/regolarità/regolazioni condivi-
se che guidano la corretta formazione dei generi discorsivi di
una data comunità, ad esempio la comunità dei chimici, degli
storici, dei geografi, ecc.;
— il concetto di genere di discorso sembra indispensabile all’inse-
gnamento e all’apprendimento delle lingue; i generi discorsivi
non sono forme universali della comunicazione verbale; sono,
più sovente, specifici di comunità discorsive, variabili da una
lingua all’altra o all’interno di una stessa lingua (ad esempio i
generi di discorso delle discipline che fanno parte delle diverse
aree scientifiche).

Contrariamente ad una opinione molto diffusa, non esistono solo


i generi letterari ed è per questo che la categoria di genere di
discorso può costituire un legame tra le discipline.
Un repertorio discorsivo (o del discorso) individuale è costi-
tuito dai discorsi che un parlante padroneggia, in un momento
dato, in una o più lingue, a gradi diversi e per funzioni diverse.
Ma la nozione di repertorio discorsivo ha anche la funzione di
definire il profilo comunicativo a cui mirano gli insegnamenti
linguistici attraverso l’inventario dei generi discorsivi che si sup-
pone un apprendente sia in grado di usare (o ai quali è possibile
che egli sia in grado di partecipare) nella comunicazione verbale,
in ricezione e/o in produzione. I generi di discorso da proporre
per l’insegnamento/apprendimento possono essere scelti in base a
criteri quali ad esempio il loro significato e la loro funzione nella vita
sociale e professionale (come le lettere di richiesta di informazioni
ad una amministrazione), nelle relazioni personali (la discussione tra
amici), nell’acquisizione di conoscenze (lettura dei manuali scolasti-
ci), nell’informazione (lettura di notizie sui giornali, ascolto–visione
di notizie alla televisione) o nell’esperienza estetica (lettura di testi
poetici contemporanei).
È importante quindi:

— scegliere i generi di discorso da insegnare nei diversi cicli


scolastici (ricordando che uno stesso genere di discorso può
essere affrontato a diversi livelli di competenza linguistica),
creando legami trasversali tra lingua e lingua e tra disciplina
e disciplina. . . ;
 Educazione linguistica e plurilinguismo

— ripartire i generi nei diversi cicli scolastici;


— definire gli obiettivi linguistici (in particolare quelli riferiti alla
morfosintassi) in relazione alla salienza delle loro caratteristi-
che.

. La variabilità (§ ...)

La scuola è il luogo della diversità:

— degli apprendenti, della composizione del loro repertorio lin-


guistico, della struttura e della forma delle loro appartenenze
sociali e culturali;
— della scuola stessa, ed in particolare della lingua di scolariz-
zazione che rappresenta una nuova forma per tutti coloro
che la apprendono — una forma che si differenzia in parte
da quella che normalmente impiegano e che esige di essere
utilizzata in modo controllato, con attenzione e con precisione
sistematica;
— delle forme della lingua della scuola che può, in classe, essere
vicina a quella della comunicazione ordinaria e comune o
essere presente in varietà controllate, “alte”, di tipo scientifico.
Il passaggio da forme ordinarie a forme “accademiche” merita
di essere rilevato e marcato;
— dei generi di discorso utilizzati a scuola, che variano da mate-
ria a materia;
— delle lingue, in particolare “straniere”, e delle forme discorsive
e cognitive proprie delle differenti comunità comunicative
(comprese le pratiche discorsive delle comunità scientifiche
delle diverse discipline);
— dei contenuti d’insegnamento che possono assumere for-
me differenti (verbali e non verbali) e della loro trasforma-
zione/trasposizione nella mediazione operata dall’insegnan-
te (ad esempio la riformulazione del discorso del manuale
scolastico).

Questa generalizzata diversità implica che si crei negli apprendenti:

— la consapevolezza delle varietà linguistiche, della varietà delle


forme di esposizione del sapere e dei discorsi, delle compo-
. Il curricolo plurilingue 

nenti sociali e dei valori, varietà da cogliere anche nella loro


dimensione storica;
— una certa capacità di individuare le forme che queste varietà
possono assumere e i loro effetti (ad esempio, incomprensioni,
malintesi);
— la capacità, senza dubbio limitata ma importante, di creare
essi stessi queste varietà in funzione dei contesti e delle finali-
tà della comunicazione (alternanza delle lingue, dei registri
linguistici, nell’uso degli strumenti e dei canali di comuni-
cazione, ecc.) o delle forme di identità assunte (comportarsi
come uno straniero, assumerne il punto di vista, cercare di
passare inosservato in un’altra società adottando i suoi riti,
ecc.);
— la capacità di identificare le norme che disciplinano l’approva-
zione di alcuni tipi di linguaggio e la stigmatizzazione di altri
(per ragioni di distinzione sociale, validità scientifica, efficacia
funzionale, valori, ecc.) e la consapevolezza del ruolo cruciale
di queste variazioni.

L’attenzione posta ad una percezione decentrata della varietà e della


variabilità (cioè a non considerare e trattare le proprie norme come
“naturali” e universali) è uno dei principali modi di riflettere e pensare
perseguiti dall’educazione plurilingue e interculturale e può certa-
mente essere tradotta in obiettivi e attività correlate tra una disciplina
e l’altra e anche creare tra queste discipline altri collegamenti.

. Le componenti della competenza interculturale (§ ...)

Il  definisce delle competenze generali che coprono i saperi o co-


noscenze dichiarative (conoscenza del mondo, accademico o empirico;
sapere socio–culturale, consapevolezza culturale e interculturale); le
abilità e il saper fare (capacità sociali, pratiche e tecniche professionali,
culturali e interculturali); il saper essere (atteggiamenti, motivazioni,
valori, credenze, stili cognitivi, tratti della personalità culturalmente
segnati e soggetti a variazioni); il saper apprendere e il saper scoprire
l’altro (consapevolezza linguistica e comunicativa, capacità di studio
e di osservazione e scoperta). Questo documento non tratterà delle
questioni relative alle competenze del saper essere al livello di gene-
ralità del , ma le specificherà nella misura in cui il loro sviluppo
 Educazione linguistica e plurilinguismo

negli apprendenti costituisce una responsabilità trasversale di tutte


le materie (soprattutto di quelle centrate sulle lingue).
L’identificazione dei contenuti d’insegnamento condivisi rilevanti
per l’educazione interculturale può essere facilitata dal fatto che le
competenze da sviluppare non sono necessariamente legate in modo
esclusivo all’insegnamento delle lingue (lingua “uno” o “straniera”):
ad esempio, imparare a reagire in maniera non ego/etno/sociocentri-
ca ad alcuni aspetti di una società diversa dalla propria o a culture
“sconosciute” (ad esempio, culture scientifiche) dalla propria società
di appartenenza. La verbalizzazione di queste reazioni può perfet-
tamente avvenire in lingua “straniera” o in lingua “uno”. A volte,
infatti, può essere più opportuno usare la lingua madre, in modo
che gli apprendenti possano esprimere pienamente i loro pensieri
e sentimenti — anche se alcuni concetti e generi di discorso sono
ovviamente peculiari di una determinata lingua o cultura e sono
difficili o addirittura impossibili da tradurre e non possono così es-
sere compresi se non da chi ha familiarità con la lingua o varietà di
lingua nel suo contesto di origine, che sia un’altra società o un’altra
disciplina.
Contenuti rilevanti per l’educazione interculturale possono es-
sere definiti sulla base di referenziali di competenze/conoscenze
come quelli suggeriti da M. Byram, quelli sviluppati presso il Centro
Europeo di Lingue Moderne di Gratz o attingendo ad altre fonti e
anche sulla base di quelli selezionati per il White Paper on Intercultural
Dialogue (Libro Bianco sul dialogo interculturale) o utilizzati nella
Autobiography of Intercultural Encounters (Autobiografia di incontri
interculturali) del Consiglio d’Europa.
Verrà qui presentata una versione del modello di competenza
interculturale proposto per l’insegnamento delle lingue straniere
(Byram ) adattato per l’insegnamento di tutte le lingue e varietà
linguistiche/generi di discorso:

— il sapere: sono le conoscenze di un gruppo sociale, dei suoi


prodotti e delle sue pratiche e le conoscenze dei processi ge-
nerali di interazione individuale e sociale; il gruppo sociale in
questione può far parte di un’altra società o può anche essere
simile a un gruppo della società di origine dell’apprendente.
Esso può costituire uno dei gruppi sociali della società (un
gruppo professionale, disciplinare, sportivo, ecc.) a cui si ha
accesso tramite la socializzazione/l’istruzione scolastica;
. Il curricolo plurilingue 

— il saper comprendere (interpretare e mettere in relazione), come


capacità dell’apprendente di interpretare un documento o un
evento accaduto in un altro gruppo/contesto sociale (nella
propria società o in un’altra), di spiegarlo e di metterlo in
relazione con documenti o eventi del proprio ambiente di
appartenenza. Le modalità di interpretazione possono basarsi
su dispositivi esplicativi generali (ad esempio, cause ed effetti
come vengono interpretati nelle scienze sociali), sul signifi-
cato che gli attori sociali stessi assegnano agli eventi che si
producono nella loro area di riferimento o sul significato a
questi attribuito da attori/osservatori esterni applicando loro
categorie, valutazioni e valori;
— il saper apprendere/saper fare: come capacità dell’apprendente
di acquisire saperi nuovi relativamente a un gruppo sociale o
ai suoi prodotti e alle sue pratiche e come capacità di attivare
in tempo reale i propri saperi, i propri atteggiamenti e le pro-
prie capacità nella comunicazione e nell’interazione. Si tratta
chiaramente di una capacità strategica di interazione persona-
le, ma significa anche saper agire in un contesto sociale non
familiare con cui si viene in contatto;
— il sapersi impegnare (critical cultural awareness, consapevolezza
culturale critica): considerata cruciale, questa capacità è defini-
ta come la capacità dell’apprendente di valutare, criticamente
e sulla base di criteri espliciti, i punti di vista, le pratiche e i
prodotti sociali di un gruppo — della propria o di un’altra
società — fino a quel momento sconosciuto o dei gruppi
sociali a cui si appartiene. L’esplicitazione di criteri riflette la
necessità di avere consapevolezza dei valori inconsci su cui
spesso si fondano giudizi e pregiudizi. La consapevolezza cri-
tica deve necessariamente coinvolgere tutti gli apprendenti
e si distingue fondamentalmente da ogni attività esterna alla
loro esperienza. Il suo scopo è quello di sviluppare la loro
attività culturale e sociale in modo da spingerli a mettere in
discussione (e prendere le distanze da) le idee, le informazioni,
le conoscenze che sono loro trasmesse.

Questa dimensione critica rappresenta un elemento chiave della com-


petenza interculturale ed è paragonabile all’impegno attivo previsto
dall’educazione alla cittadinanza democratica che il Consiglio d’Eu-
ropa sta promuovendo perché siano attuati i suoi valori fondamentali.
 Educazione linguistica e plurilinguismo

L’obiettivo è sviluppare o creare abilità che rendano gli apprendenti


più disponibili e aperti ad ogni forma di alterità, nel rispetto dei valori
democratici.
Ogni disciplina attualmente insegnata nelle scuole — così come
attualmente si configura nel sistema d’istruzione e con tutte le sue
specifiche caratteristiche, che non devono essere minimizzate — può
diventare ancora più chiaramente un luogo di educazione plurilin-
gue e interculturale se essa dà spazio ad attività connesse ai domini
trasversali che sono stati appena descritti, con particolare attenzione
alla lingua–cultura della disciplina e alle opportunità che essa offre
per sviluppare le componenti della competenza interculturale.

. Le competenze riflessive nell’apprendimento delle lingue (§ ...)

Un altro punto di contatto tra le discipline è costituito dalla riflessione


linguistica. Lo scopo di questo progetto educativo non è solo quello
di aiutare gli apprendenti ad acquisire competenze linguistiche, ma
anche di “ricondurli” sulle lingue per osservarne e comprenderne
il funzionamento. Fare in modo che essi abbiano consapevolezza
del loro repertorio plurilingue, di come si è costruito nel tempo e di
come si evolve (e quindi delle diverse identità linguistico–culturali
cercate o assunte) è una delle forme di questo processo di riflessione.
Lo sviluppo delle competenze interculturali ha come orizzonte il
posizionamento di ciascuno come attore sociale caratterizzato da una
molteplicità di appartenenze e consapevole della variabilità di queste
appartenenze, così come della sua capacità e di quella degli altri di
modificarle.
La convergenza tra gli insegnamenti linguistici può essere realiz-
zata in modo da rendere gli apprendenti consapevoli della articolata
natura del loro repertorio e del carattere trasversale e metacognitivo
delle loro attività metalinguistiche o delle loro intuizioni, quando
le verbalizzano. Laddove questo si accorda con le tradizioni educa-
tive, la presenza di attività di riflessione metalinguistiche legate alle
lingue insegnate (orientate al confronto, utilizzando un approccio
riflessivo che parte dalle lingue del repertorio dell’allievo) è quindi
un elemento costitutivo dell’educazione plurilingue e — nella mi-
sura in cui i concetti e i discorsi di un gruppo sociale sono sempre
linguisticamente esplicitati — anche dell’educazione interculturale
[. . . ].
. Il curricolo plurilingue 

La riflessione metalinguistica diventa così un elemento costitutivo


di una didattica del plurilinguismo che può essere specificata come
sviluppo di:

— capacità di riflettere su tutte le dimensioni della lingua e della


comunicazione;
— capacità di osservazione e di controllo esterno delle dimen-
sioni della lingua e della comunicazione (per passare dal signi-
ficato degli enunciati alla loro organizzazione, ma anche da
una lingua all’altra);
— capacità di manipolare forme linguistiche nell’ambito dei
generi discorsivi.

La riflessione, in quanto attività metalinguistica, ha lo scopo di rendere


oggettive le intuizioni degli apprendenti sul funzionamento delle lingue
(per esempio, i giudizi di “grammaticalità” di enunciati nella lingua madre
dell’apprendente) e di metterle in relazione con descrizioni “accademiche”
che usano categorie descrittive indipendenti dalle singole lingue (quanti-
ficazione, aspetto, atto linguistico, ecc.). Attività grammaticali in cui gli
apprendenti non sono soltanto i destinatari di informazioni grammaticali,
ma anche attori della loro costruzione e formulazione, possono condurre
a confrontare tra loro le lingue (le lingue straniere tra loro e con la princi-
pale lingua di scolarizzazione) e a far meglio acquisire la consapevolezza
della variabilità intrinseca di ogni sistema linguistico, delle condizioni che
governano la variabilità e le varietà di una lingua, al di là delle norme
sociali (fra cui quelle della scuola) che le stabilizzano. Queste competenze
vanno sviluppate attraverso attività metalinguistiche svolte da apprendenti
con i loro pari e dagli apprendenti con i loro docenti nell’ambito dei diversi
insegnamenti linguistici, ma sono da “incoraggiare” anche nell’ambito di
tutte le discipline in relazione ai loro specifici generi di discorso.
Anche la terminologia grammaticale può configurare reazioni co-
struttive. Si potrebbe cercare di armonizzare le terminologie, in par-
ticolare nel caso di lingue affini. Ma questo andrebbe probabilmente
contro tradizioni descrittive ben consolidate. Se dunque si rinuncia ad
una standardizzazione generalizzata, si può tuttavia costruire un corpus
dedicato all’osservazione di come, in più lingue, vengono denominati
fenomeni tra loro confrontabili. Questo consentirebbe di avere a dispo-
sizione diverse definizioni e vie di accesso alle forme linguistiche ed ai
loro valori e un eccellente materiale per l’osservazione e la riflessione
[. . . ].
 Educazione linguistica e plurilinguismo

. Uno scenario di base (§ ...)

Lo scenario curricolare che viene proposto come “caso prototipico


” presenta le seguenti caratteristiche generali:

— è un curricolo longitudinale, nel quale si distinguono quattro


fasi: una pre–scolare ( ) e tre relative ai diversi gradi di
scolarizzazione: primaria ( ), secondaria di primo grado
( ) e secondaria superiore ( );
— è un curricolo che prevede l’introduzione di una prima lingua
straniera nella scuola primaria e della seconda lingua straniera
nella secondaria di primo grado;
— è un curricolo nel quale si prospettano alcune convergenze
tra le lingue straniere e la lingua di scolarizzazione, nonché
tra lingua di scolarizzazione e altre discipline;
— è un curricolo che prevede in uscita un profilo di competen-
ze linguistiche differenziate nella lingua di scolarizzazione
e nelle due lingue straniere e di competenze trasversali di
mediazione linguistica plurilingue e interculturale.

Si riportano di seguito le indicazioni relative alla fase pre–scolare e ai


primi due gradi scolastici per la rilevanza che essi hanno come termi-
ne di confronto con le indicazioni curricolari della scuola italiana. Si
rinvia al testo originale per quanto riguarda la secondaria superiore.
  (scuola dell’infanzia)

Gli obiettivi indicati per questa fase sono: accogliere la pluralità linguistica,
aprire le menti dei bambini alla diversità culturale, rendere loro familiari
gli usi più comuni della lingua di scolarizzazione attraverso esperienze ed
attività diversificate.
Le vie per lo sviluppo di questi obiettivi sono specificate in una serie di
indicazioni, tra le quali si evidenziano le seguenti:
— valorizzare i repertori linguistici dei bambini nel loro spontaneo
manifestarsi;
— favorire l’interazione nella lingua di scolarizzazione tra i bambini e
l’insegnante;
— familiarizzare i bambini alle norme d’uso e ai diversi generi di discor-
so attraverso l’ascolto, la memorizzazione di canzoni, di filastrocche,
di poesie;

. Il testo che segue è una riformulazione parziale dell’originale (vd.


coe.int/t/dg/linguistic/langeduc/le_platf ).
. Il curricolo plurilingue 

— giocare con i suoni della lingua di scolarizzazione e con quelli di altre


lingue parlate dai bambini;
— avviare alla scoperta della lingua scritta e di sistemi diversi di scrittura;
— valorizzare la diversità culturale facendo leva sul patrimonio di co-
noscenze dei bambini (storie dei paesi d’origine, canti, immagini,
ecc.) e presentando come normale l’esistenza di usanze e tradizioni
diverse.
Nel caso in cui si prevede di introdurre una lingua straniera, si consiglia
di privilegiare l’approccio ludico senza mirare a risultati di apprendimento
linguistico funzionale.

  (scuola primaria)

Nella scuola primaria gli obiettivi della lingua di scolarizzazione possono


variare in relazione alle diverse culture educative, alla complessità gramma-
ticale, allo standard di riferimento, all’esistenza di varietà regionali, ecc.
In questa fase viene introdotta la prima lingua straniera con riferimento
ad obiettivi relativi al livello A del . Sul piano didattico si rilevano i
seguenti orientamenti:
— stabilire collegamenti tra la lingua di scolarizzazione e la lingua stra-
niera in vari modi (ad esempio introducendo parole e frasi della
lingua straniera nella pratica della lingua di scolarizzazione e consi-
derando naturale il ricorso alla lingua di scolarizzazione mentre si
impara la lingua straniera);
— proporre semplici attività di riflessione confrontando elementi della
lingua di scolarizzazione con elementi della lingua straniera relativa-
mente a forme linguistiche e fatti culturali;
— abituare gli alunni a confrontare tra loro lingue di diverse famiglie e
sistemi diversi di scrittura, attirando l’attenzione sulle differenze e
sugli aspetti generali del funzionamento delle lingue;
— far scoprire agli alunni gli usi della lingua straniera fuori della classe
(nei media, in internet, da parte di genitori, di ospiti) e gli elementi
della lingua straniera presenti nella lingua di scolarizzazione;
— sensibilizzare gli alunni sulle possibilità di intercomprensione tra
lingua straniera e lingua di scolarizzazione, se si tratta di lingue affini.
Sul piano didattico si segnala l’opportunità di considerare le produzioni
linguistiche degli alunni non come pratiche difettose da normalizzare ma
come elementi da confrontare con norme, usi, contesti e situazioni, per
farne emergere le regolarità, l’efficacia pragmatica, la creatività, ma anche il
grado di adeguatezza rispetto agli usi della lingua richiesti dalla scuola.

  (scuola secondaria di primo grado)

Nella scuola secondaria di primo grado gli obiettivi della lingua di scolarizza-
zione diventano più complessi e diversificati: le competenze comunicative si
precisano in riferimento sia ai vari tipi di attività (comprensione e produzio-
 Educazione linguistica e plurilinguismo

ne orale e scritta), sia ai generi e alla variazione. Viene introdotto lo studio


di una seconda lingua straniera. Si insegna e/o si utilizza, ove opportuno,
una lingua regionale o una lingua della migrazione.
Il curricolo plurilingue si caratterizza per le seguenti opportunità:
— creare collegamenti tra la lingua di scolarizzazione e le lingue stranie-
re (dimensioni linguistica, sociolinguistica, pragmatica e culturale);
— mettere a fuoco i generi di discorso, i registri e le varietà linguisti-
che che possono essere utili agli apprendenti per comprendere ed
elaborare le conoscenze relative alle discipline non linguistiche;
— proporre lo studio delle due lingue straniere con uguale numero di
ore, ma con approcci e modalità diverse (utilizzare le competenze
già acquisite nella prima lingua straniera per lo studio della seconda
lingua);
— sviluppare alcune abilità specifiche nella seconda lingua straniera (es.
competenza di comprensione scritta, competenza metalinguistica e
metacognitiva. . . ) e differenziare il profilo di competenze nelle due
lingue;
— utilizzare (a livello ricettivo o anche produttivo) altre lingue presenti
a scuola e sviluppare conoscenze culturali ad esse relative anche in
funzione dello sviluppo di competenze interculturali;
— utilizzare la prima lingua straniera, anche occasionalmente, nello stu-
dio di discipline non linguistiche e/o in attività di mediazione legate a
progetti internazionali (classi virtuali in rete, scambi, corrispondenza,
ecc.).

. Alcune misure specifiche (§ ..)

Il generale diritto ad una educazione plurilingue e interculturale deve


essere garantito a tutti i gruppi che frequentano la scuola. Si declina
secondo diritti più specifici che non sempre possono essere tra loro
compatibili e il cui esercizio dipende dalle politiche di insegnamento
delle lingue, esse stesse variabili a seconda dei contesti.
Poiché, in linea di principio, è trasversale e variamente appli-
cata nella pratica, l’educazione plurilingue e interculturale non è
né riservata a specifici gruppi di discenti né caratterizzata da rigide
metodologie. . .
Per quanto riguarda i curricoli, se misure specifiche devono es-
sere prese per i gruppi che presentano una vulnerabilità particolare,
queste non possono consistere, tranne che in modo assolutamente
transitorio,

— né in forme di isolamento, di compartimentazione, di percorsi


speciali, di classi distinte e “a parte”; ma è tuttavia questo
. Il curricolo plurilingue 

che spesso accade per ragioni diverse (habitat, orientamento


scolastico, ecc.);
— né in riduzioni dei programmi che, anche se ritenuti “di base”
o “fondamentali”, priverebbero in modo permanente questi
apprendenti di competenze, di conoscenze, di aperture sul
mondo che ad altri, al contrario, vengono proposte.

Le misure particolari per gli apprendenti in difficoltà riguardano gli


strumenti che il sistema educativo mette a disposizione delle scuole
e degli insegnanti: risorse umane, attrezzature, ore supplementari,
maggiore sostegno e attenzione personale per gli alunni (insegna-
mento individualizzato), qualificazione e formazione professionale
degli insegnanti, reti di scuole e condivisione delle innovazioni. Sono
azioni determinanti sulle quali non è il caso di insistere qui. Eccetto
sottolineare che devono essere contestualizzate in modo flessibile,
adeguate rispetto all’ambiente della scuola, estese alla comunità da
questa servita, collegate con la politica della città o del territorio e
che occorre evitare di stigmatizzare le scuole coinvolte e coloro che
vi sono scolarizzati.
Nella progettazione dei curricoli è soprattutto (ma non esclusiva-
mente) importante, per i bambini migranti e i giovani provenienti
da ambienti svantaggiati, che:

a) siano chiaramente indicate e specificate, in base a precisi cri-


teri e categorie, le diverse competenze, i generi discorsivi, le
forme di comunicazione, le norme linguistiche richieste da
ciascuna delle discipline scolastiche ad un determinato livello
di scolarità in un contesto dato;
b) siano indicati gli elementi di trasversalità tra le discipline (se-
condo i criteri e le diverse categorie richiamate in a), in modo
che questo aspetto “funzionale” dell’educazione linguistica
produca economie di scala e non comporti, cumulativamente,
ridondanze, costi aggiuntivi o ripetute penalizzazioni;
c) gli insegnanti e gli allievi siano consapevoli delle dimensioni
linguistiche dell’apprendimento disciplinare e ciò non soltan-
to per ragioni legate alla correttezza linguistica o alla gestione
della comunicazione in classe, ma per il successo stesso del-
la costruzione delle conoscenze e della acquisizione delle
competenze;
 Educazione linguistica e plurilinguismo

d) la scuola renda accessibili a tutti gli allievi gli strumenti e i


mezzi necessari per apprendere, per svilupparsi e affermarsi
come attori sociali attraverso, anche, l’estensione e il perfezio-
namento del loro repertorio e delle loro capacità linguistiche;
e) ai bambini, agli adolescenti e ai giovani immigrati sia offerta
la possibilità di apprendere (introduzione, mantenimento, svi-
luppo) la cosiddetta lingua d’origine; questa offerta risponde
a un diritto che copre una serie di cose molto concrete come
la conservazione dei legami familiari e i contatti col paese
d’origine e consente di disporre di una ulteriore risorsa per il
futuro professionale degli apprendenti; a ciò si aggiungono,
per i bambini per i quali questa lingua è la lingua madre, moti-
vi di ordine psicolinguistico che riguardano l’interdipendenza
tra il livello di sviluppo della prima lingua e l’acquisizione di
una seconda lingua.

Su questo ultimo punto la molteplicità delle alternative rende dif-


ficile e rischiosa qualsiasi indicazione o raccomandazione più precisa
quanto alle modalità con cui la scuola debba affrontare l’inserimen-
to delle lingue d’origine degli apprendenti migranti nel curricolo
scolastico (insegnamento formale all’interno o al di fuori dell’orario
scolastico, classi di accoglienza, insegnamento parzialmente bilingue,
ecc.). Ma le opzioni trasversali minime che si possono prendere in
considerazione per qualsiasi contesto sono:

— che queste lingue non passino sotto silenzio e siano ignorate


da parte dell’istituzione scolastica;
— che costituiscano una delle risorse a disposizione della scuola
per la formazione di tutti gli allievi che accoglie e non un
ostacolo al successo dei bambini che le parlano;
— che non si può pregiudicare il progetto di vita e di costruzione
personale di questi bambini e adolescenti e che, se il primo
dovere è di garantire la loro inclusione e le loro possibilità di
integrazione scolastica e sociale nella società di accoglienza,
la scuola deve anche fare in modo che questo processo non si
realizzi a prezzo di una totale e brutale separazione dal loro
primo ambiente.
Capitolo IV

La lingua della scuola


e le discipline non linguistiche

Gli esperti dell’educazione sono concordi nell’affermare che il pos-


sesso della lingua di scolarizzazione è un atout per la riuscita scola-
stica. La lingua della scuola è insieme oggetto di apprendimento,
strumento di comunicazione e mezzo per apprendere.
Molti alunni incontrano difficoltà a capire i contenuti da appren-
dere perché non conoscono la lingua della scuola o non la padroneg-
giano. Ciò non capita solo agli alunni di origine straniera, ma anche
ai nativi provenienti da ambienti socioculturali svantaggiati.
Il progetto del Consiglio d’Europa Lingue nell’educazione e lingue
per l’educazione ha lo scopo di indicare agli insegnanti di tutte le
materie strumenti e strategie affinché gli stessi introducano nell’inse-
gnamento interventi di sostegno linguistico a favore degli alunni in
difficoltà.
L’intento di questo studio non è certo di proporre una sintesi dei
documenti del C.d’E. in materia, ma piuttosto di indicare agli inse-
gnanti motivati delle piste di lettura su questa tematica . Prenderemo
quindi in esame i seguenti temi:

— lingua di scolarizzazione e discipline non linguistiche;


— bisogni linguistici e difficoltà di apprendimento;

. In particolare, ci riferiremo ai seguenti testi: Vollmer, H. (). Language in Other


Subjets. Trad. it. di E. Lugarini: Lingua/e delle altre discipline, in «Italiano Lingua Due» vol. , n.
, ; Béacco, J. C., Coste D., Van de Ven, P.H., Vollmer, H. (). Langues et matières scolaires.
Dimensions linguistiques dans la construction des connaissances dans les curriculums. Trad. it. di E.
Lugarini: Lingue e discipline scolastiche. Dimensioni linguistiche nella costruzione delle conoscenze
nei curricoli, in «Italiano Lingua Due» vol. , n. , ; Thürmann, E., Vollmer, H., Pieper,
I.(). Language of schooling: focusing on vulnerable learners. Trad. it. di E. Lugarini: Lingua(e) di
scolarizzazione e apprendenti vulnerabili, in «Italiano Lingua Due» vol. , n. , ; Thürmann,
E., Vollmer, H. (). A Framework of Language across the Curriculum: Language(s) in and for
inclusive Education in Northrhine–Westfalia (Germany).


 Educazione linguistica e plurilinguismo

— aspetti della dimensione linguistica nelle discipline non lingui-


stiche;
— come integrare la dimensione linguistica nei curricoli delle
altre discipline.

Infine, richiameremo alcuni orientamenti utili a far sì che la lingua


della scuola sia considerata una questione centrale ai fini dell’equità
e della qualità dell’istruzione.

.. Lingua della scuola, lingua delle discipline

Vollmer segnala le seguenti caratteristiche della lingua della scuola:

— la specificità (riferimento a precisi campi semantici e a termini


precisi per designare i concetti);
— la formalità (l’orale e lo scritto sono molto simili);
— l’esplicitezza (gli elementi sono dettagliati);
— la coesione (frasi e parti di frasi sono legate esplicitamente
attraverso la ripresa di termini, l’uso di pronomi, ecc.);
— la coerenza (con riferimento alla struttura informativa, alla
concatenazione logica, ecc.).

Nel descrivere il passaggio progressivo degli apprendenti dalla lingua


comune e dal discorso personale a forme più staccate dal contesto
immediato, Béacco et al. elencano una serie di competenze linguisti-
che utili per lo studio delle discipline scolastiche che richiamano le
caratteristiche sopra elencate e cioè:

— padronanza di una terminologia precisa, come condizione di


chiarezza e di coerenza;
— uso di pronomi personali per richiamare termini già utilizzati;
— uso di forme di quantificazione e di localizzazione nel tempo
e nello spazio non riconducibili a chi parla o scrive;
— uso di connettivi o di segnali discorsivi che indicano relazioni
logiche (causa, condizione, ecc.) o di elementi di coordinazio-
ne e di subordinazione al posto della semplice giustapposizio-
ne usata nel parlato comune;
. Vollmer (). In «Italiano Lingua Due» vol. , n. , , pp. –.
. Béacco et al. (). In «Italiano Lingua Due», vol. , n. , , p. .
. La lingua della scuola e le discipline non linguistiche 

— uso del presente verbale per esprimere fenomeni generali;


— uso di modi per esprimere il dubbio, la possibilità, la condi-
zione, ecc.;
— uso di espressioni convenzionali che ricorrono nel discorso
formale.

Questi aspetti della lingua della scuola coincidono in parte con il


linguaggio delle discipline: lessico riferito a precisi campi semantici,
stile formale, uso di termini astratti, esplicitazione massima, frasi
coese, struttura testuale ben definita, ecc. Imparare la lingua della
scuola nei suoi usi più formali prepara ad affrontare la lingua delle
discipline.
Parlare della lingua delle discipline non è solo affrontare la que-
stione della terminologia. Materie come la biologia, la storia, la
matematica, le scienze richiedono capacità di comunicazione molto
lontane dalla lingua comunemente usata in classe. Infatti, in ogni di-
sciplina ci sono modi specifici di formulare concetti, di categorizzare,
di ragionare, di elaborare conoscenze e di comunicarle.
Gli elementi di complessità linguistica sono numerosi. In ogni
disciplina si fa un uso alternato di codici diversi (verbali e non verbali).
Come sottolineano Béacco et al.,

«. . . molte conoscenze possono anche essere espresse mediante specifici


sistemi semiotici in cui si fa un uso limitato del linguaggio: la scrittura mate-
matica, simboli, formule, dati statistici, mappe, schemi, tabelle, diagrammi,
figure, fotografie, ecc. Si tratta di codici che sono autonomi, ma che han-
no bisogno di essere verbalizzati nelle discussioni, nella interpretazione e
valutazione di fenomeni e processi, ecc. e nell’insegnamento» .

Leisen propone una classificazione delle diverse attività semioti-


che secondo gradi di astrazione crescente: rappresentazione fisica
(azioni, cose), visiva (immagini), verbale (parole), simbolica (grafi-
ci, tabelle), matematica (formule). Tra queste, la rappresentazione
verbale risulta centrale in quanto permette di parlare degli altri tipi di
rappresentazione.
A un livello ancora più generale, la lingua delle discipline com-
prende generi di discorso o forme testuali specifiche, quali le relazioni
di ricerca, l’esposizione di una teoria, la divulgazione scientifica, ecc.,

. Béacco et al. (). In «Italiano Lingua Due», vol. , n. , , p. .


. Thürmann et al. (). In «Italiano Lingua Due» vol. , n. , , pp. –.
 Educazione linguistica e plurilinguismo

che comportano la descrizione di fenomeni, il resoconto di esperien-


ze, il commento o l’interpretazione di dati, l’argomentazione di una
tesi, ecc.
In relazione al livello di scuola, gli apprendenti sono chiamati a
selezionare informazioni, classificarle, riformularle in maniera sinte-
tica, ascoltare e prendere appunti, esporre i risultati di un lavoro o di
una ricerca. La dimensione linguistico–cognitiva è trasversale a tutte
le materie di studio.

.. Bisogni linguistici e difficoltà di apprendimento

«Senza le competenze linguistiche adeguate, un apprendente non può né


seguire correttamente ciò che gli viene insegnato, né comunicare con gli
altri intorno ad un argomento disciplinare dato. Nel migliore dei casi egli
sarà capace di ricordare e di ripetere senza aver capito e finirà per fallire
nelle verifiche e agli esami» .

L’insuccesso scolastico dipende spesso dal fatto che l’alunno non


ha chiarezza sul ruolo che gioca la lingua nell’apprendimento della
disciplina e non ha familiarità con le forme o i generi di discorso che
potrebbero essergli richiesti in fase di verifica dell’apprendimento.
C’è uno scarto tra il repertorio linguistico disponibile e le com-
petenze richieste dalla lingua delle discipline. Anche l’allievo prove-
niente da un ambiente socioculturale non deprivato deve costruire le
competenze linguistiche correlate con le conoscenze e le competenze
disciplinari.
Quali sono i bisogni linguistici degli allievi in relazione allo stu-
dio delle discipline cosiddette non linguistiche? Per gli alunni che
non hanno familiarità con la varietà di lingua che la scuola adopera
(formale, precisa, coesa, ecc.) e per gli alunni della migrazione, per
i quali la lingua della scuola è una lingua seconda, le difficoltà prin-
cipali appaiono legate alle caratteristiche della lingua della scuola e
alle attività richieste dalle singole discipline. Ecco alcuni esempi di
difficoltà per gli alunni:

— riconoscere accezioni di parole comuni usate nel linguaggio scienti-


fico. Il vocabolario proprio delle materie scientifiche e della
tecnica è a volte vicino alla lingua comune, altre volte molto

. Vollmer (). In «Italiano Lingua Due» vol. , n. , , p. .


. La lingua della scuola e le discipline non linguistiche 

specifico. Le parole assumono il loro significato all’interno dei


testi che trattano questioni scientifiche o tecniche. Gli allievi
incontrano difficoltà a comprendere questo passaggio;
— capire che un enunciato ha le caratteristiche di una definizione/
produrre una definizione. La capacità di comprendere e/o di tra-
sporre linguisticamente operazioni cognitive specifiche, come
ad esempio definire, classificare, paragonare, ecc., non rientra
generalmente nel repertorio di competenze degli allievi. Per
molti di loro vi è qui un’area di difficoltà;
— partecipare ad una interazione in classe su un argomento scientifico.
Le forme di interazione in classe, soprattutto quelle che han-
no una funzione esplorativa (elaborare nuove conoscenze),
richiedono la comprensione e la produzione di enunciati riferi-
ti a contenuti oggettivi, nonché la capacità di intervenire nella
discussione in modo pertinente e preciso. Queste attività sono
spesso fonte di difficoltà per alunni che non padroneggiano la
lingua della scuola;
— riformulare le informazioni tratte da testi continui e non continui.
L’accesso ai contenuti avviene attraverso la comprensione del
discorso/testo che li veicola. Capire, manipolare, riformulare
delle informazioni verbali e non verbali sono operazioni tra
loro diverse e la loro sequenza può essere fonte di difficoltà.

Questi esempi rinviano a bisogni linguistici di varia natura. Alcu-


ni possono essere ricondotti ad aspetti del lessico, altri alle strut-
ture della frase o del testo, altri ancora alle operazioni linguisti-
co–cognitive . Sono dimensioni della lingua da tenere costantemente
presenti nell’insegnamento delle diverse discipline.

.. Aspetti della dimensione linguistica nelle discipline non lin-


guistiche

La scuola sembra ignorare il legame tra competenze disciplinari e


competenze linguistiche. Vollmer constata questa situazione: «Spes-

. Per una descrizione delle dimensioni da prendere in esame per individuare le caratteri-
stiche della lingua delle discipline, vd. Thürmann, E. (). Le rôle des langues dans l’apprentissage
et l’enseignement des matières scolaires, p. .
. Vollmer (). In «Italiano Lingua Due» vol. , n. , , p. .
 Educazione linguistica e plurilinguismo

so si ritiene a torto che queste competenze e attitudini si acquisiscano


in modo autonomo senza che, in classe, si accordi loro un’attenzione
particolare o senza che vi sia uno sviluppo specifico di ciò che si è
già appreso, più in generale, nell’ambito della lingua come materia».
Egli segnala l’importanza di favorire il transfer delle competenze lin-
guistiche acquisite nella lingua come materia verso la lingua delle
discipline, la quale, a sua volta, può avere ricadute funzionali al raf-
forzamento dell’educazione linguistica generale. Questi legami tra
la lingua come materia e la lingua delle discipline possono essere
riconosciuti, rafforzati e resi funzionali solo dalla collaborazione tra
gli insegnanti.
Il transfer di competenze dalla lingua come materia alla lingua
della disciplina non avviene automaticamente: ci sono interventi
dell’insegnante di lingua che possono preparare il terreno all’in-
segnante della disciplina, ma per questo è indispensabile stabilire
insieme con precisione che cosa fare. L’insegnante della lingua
come materia ha una responsabilità linguistica nei confronti delle
altre discipline. Nell’insegnamento della lingua c’è un terreno
da coltivare: quello delle competenze linguistiche trasversali che
servono di base per lo sviluppo di competenze linguistiche spe-
cifiche. Gli insegnanti delle discipline non linguistiche devono
studiare i rapporti tra i contenuti disciplinari e la lingua in cui
quei contenuti sono veicolati: ciò comporta un’attenzione al les-
sico, alla sintassi, alle operazioni cognitive, ai generi di discorso
e ai testi (orali e scritti) attraverso i quali si articolano e si espri-
mono i saperi in ogni disciplina. L’insegnante di matematica, di
scienze o di qualsiasi altra materia diversa dalla lingua deve essere
consapevole del fatto che gli allievi accedono alle conoscenze
disciplinari attraverso la lingua, orale e scritta, e deve sostenere
l’alunno non solo nei processi di comprensione, rielaborazione
e concettualizzazione dei contenuti, ma anche nello sviluppo
delle capacità di comunicarli secondo le modalità richieste dalla
disciplina.
L’autore propone in particolare di:

— «identificare i problemi e i bisogni specifici di determinati gruppi


di apprendenti (apprendenti ‘vulnerabili’) nel loro approccio alla/e
lingua/e delle diverse discipline;

. Vollmer (). In «Italiano Lingua Due» vol. , n. , , p. .


. La lingua della scuola e le discipline non linguistiche 

— mettere a fuoco i mezzi adatti a ridurre e a superare tali problemi,


ad esempio rispondendo ai bisogni degli apprendenti in difficoltà. . .
con indicazioni chiare e concrete e adattando di conseguenza l’inse-
gnamento della disciplina per assicurare loro una istruzione e una
formazione di qualità;
— valutare e migliorare l’efficacia di specifiche misure e risorse di
sostegno;
— adottare approcci all’insegnamento . . . simili a quelli adoperati. . .
nelle materie che utilizzano una lingua straniera come veicolo d’i-
struzione ( o )».

Deve essere chiaro a tutti gli insegnanti delle diverse discipline che
non si chiede loro di diventare insegnanti di lingua, ma di insegnare
meglio la propria disciplina, facendosi carico del processo di elabora-
zione della conoscenza, che si attiva per il tramite della lingua. Ogni
insegnante deve essere consapevole del fatto che l’allievo che appren-
de una disciplina è impegnato contemporaneamente su due fronti: a)
sviluppare conoscenze e competenze disciplinari, b) ampliare e ap-
profondire il suo repertorio linguistico. In relazione a questi bisogni,
i comportamenti linguistici e le scelte metodologiche dell’insegnante
sono determinanti.
Le competenze linguistiche che gli alunni possono sviluppare
sono correlate alle modalità di comunicazione in classe, ai generi di
discorso della disciplina ai quali sono esposti, alle operazioni linguistiche
e cognitive necessarie per elaborare le conoscenze.

... Le forme della comunicazione in classe

Relativamente alle forme della comunicazione in classe, è importante


sapere quali modalità comunicative utilizza l’insegnante nel trasmet-
tere le conoscenze sulla materia e quali attività linguistiche richiede
agli allievi: ascoltare la spiegazione, leggere il manuale, rispondere
a domande, esporre contenuti, scrivere testi. . . Ognuna di queste
attività può permettere all’allievo di utilizzare ed ampliare in misura
variabile le competenze già disponibili nel suo repertorio.
Tra le pratiche didattiche più frequenti c’è l’insegnamento mo-
nologico. L’insegnante parla durante la lezione: il suo discorso si
struttura in base ad una lista di argomenti disciplinari specifici e ad
un procedere descrittivo/argomentativo proprio della materia in-
segnata; gli allievi non sono sollecitati a dare alcun contributo allo
sviluppo del discorso, devono solo ascoltare, comprendere e memo-
 Educazione linguistica e plurilinguismo

rizzare. A volte, l’insegnante sviluppa il suo discorso inserendovi delle


domande di cui conosce già la risposta (lezione frontale con esposi-
zione non continua) e sceglie gli allievi da interrogare; questi ultimi
devono rispondere facendo riferimento a precisi punti del discorso
dell’insegnante. Gli allievi imparano a riconoscere e a memorizzare
termini e concetti correlati, a mettere in relazione le nuove conoscen-
ze con quelle già acquisite, a riorganizzare le conoscenze in modo
da poterle ricordare.
Un’altra pratica didattica è l’insegnamento dialogico, carat-
terizzato da diversi turni di interazione verbale. In questo caso
l’insegnante si limita a inquadrare l’argomento e a facilitare l’inte-
razione tra gli allievi. Attraverso la discussione, gli allievi contri-
buiscono allo sviluppo della comprensione dell’argomento e alla
crescita del sapere. La lezione ha la funzione non di trasmettere
un sapere, ma di costruire il significato, il senso di ciò di cui si
parla. In questo caso l’apprendimento dipende dalla qualità dell’in-
terazione tra gli allievi e tra questi e l’insegnante (esplorazione
comune di concetti, spiegazioni reciproche, ricerca di idee, for-
mulazione di problemi, proposte di soluzioni, interpretazioni e
valutazioni di fatti, di dati, ecc.).
Nelle due pratiche sopra richiamate le caratteristiche linguistiche
delle produzioni orali dell’insegnante e degli apprendenti variano:
in un caso prevalgono le forme dell’esposizione–argomentazione,
nell’altro le forme proprie dell’interazione orale.
La spiegazione e l’argomentazione richiedono, ad esempio, una
forte attenzione alla coerenza e alla coesione testuale, impongono
l’uso di connettivi come ma, perché, poiché, così, quando, benché, dato
che, se, ecc. Nell’interazione invece l’attenzione è spostata verso la
produzione di forme ed espressioni per chiedere la parola, interrom-
pere, domandare un chiarimento o dire che si è capito, introdurre
un nuovo argomento, proporre un’ipotesi, esprimere un’opinione
su ciò che si è ascoltato, riformulare, precisare, esprimere il dubbio o
la certezza, ecc.
La comprensione e l’elaborazione di nuove conoscenze sono fa-
vorite dall’uso di certe modalità comunicative. In relazione alla forma
di comunicazione che l’insegnante decide di privilegiare, vanno pre-
visti interventi volti allo sviluppo delle competenze linguistiche che
quella pratica richiede .

. Vd. Stralcio . A partire dagli enunciati ‘io - qui - ora’, p. .
. La lingua della scuola e le discipline non linguistiche 

... I generi di discorso

«. . . la costruzione delle conoscenze nelle diverse discipline dipende in larga


misura da una migliore padronanza dei discorsi scientifici, artistici e tecnici
prodotti nella lingua di scolarizzazione. . . Tra i diritti ad una educazione di
qualità che i giovani scolarizzati hanno vi è quello di fare concreta esperienza
dei generi di discorso la cui padronanza (a diversi livelli) è necessaria alla
formazione della persona e all’esercizio della cittadinanza fondata sulla
capacità critica » .

L’importanza attribuita ai generi di discorso nel contesto delle


discipline non linguistiche dipende dal fatto che essi rappresentano
gli strumenti attraverso i quali le conoscenze relative ai diversi campi
disciplinari sono trasmesse e diventano accessibili a tutti. Familiariz-
zando gli apprendenti ai generi di discorso propri delle discipline,
la scuola li rende capaci di procurarsi le informazioni scientifiche
e tecniche che consentono una lettura critica della realtà sociale;
persegue quindi un obiettivo di educazione alla cittadinanza.
I generi di discorso si realizzano in forme più o meno definite e
vincolanti; la loro attualizzazione può essere variabile in relazione
alla disciplina cui si riferiscono. Un articolo pubblicato su una rivista
di scienze sperimentali, ad esempio , è caratterizzato in genere dalla
seguente struttura:

— esame della letteratura sull’argomento di cui ci si occupa;


— problema o questione che viene affrontata;
— descrizione dell’esperimento/della raccolta di dati;
— risultati;
— interpretazione dei risultati, apporto alle conoscenze esistenti
(progresso, revisione, ecc.).

Alla conoscenza della struttura tipica di un genere (competenza


pragmatico–testuale) deve accompagnarsi la capacità di capire e di
usare il lessico di uno specifico dominio, i tipi di frase e le convenzioni
grafiche proprie della lingua (competenza linguistica), il registro
linguistico adeguato (competenza sociolinguistica).
Per ogni disciplina bisogna definire quali generi di discorso sono
utilizzati dalla comunità scientifica di riferimento, quali generi sono

. Béacco et al. (). In «Italiano Lingua Due», vol. , n. , , p. .
. Béacco et al. (). In «Italiano Lingua Due», vol. , n. , , p. .
 Educazione linguistica e plurilinguismo

invece in uso nell’insegnamento, quali hanno la funzione di diffon-


dere e divulgare le conoscenze . A partire da questo inventario si
può capire quali sono i generi che ricorrono in più discipline e preve-
derne l’insegnamento nel curricolo. Ciò permette agli insegnanti di
coordinare gli interventi didattici.
Tra i generi di discorso dominanti nell’insegnamento, soprattutto
a livello di scuola secondaria, vi sono quelli presenti nei manuali.
Spetta all’insegnante di ogni disciplina guidare gli allievi ad orien-
tarsi dentro il libro di testo e a capire come usarlo per lo studio. La
struttura del manuale può essere più o meno complessa e ostacolare
o facilitare la comprensione. Per esempio, in un libro di testo sono
tratti rilevanti per la leggibilità il tipo di impaginazione e l’appara-
to iconografico, nonché la ripartizione dei contenuti in capitoli e
paragrafi. Più in particolare risultano determinanti per gli allievi gli
artifici tipografici che permettono di cogliere l’organizzazione delle
informazioni, i vari modi di segnalare l’introduzione di un nuovo ar-
gomento o la presenza di una definizione o di un assioma, i rapporti
tra le informazioni verbali e le informazioni non verbali (scritto e
formula, disegno o figura, tavola, diagramma, ecc.).
Vi sono poi le diverse forme di produzione scritta richieste agli
alunni nelle diverse discipline. Si tratta di testi prevalentemente fun-
zionali, quali ad esempio scrivere la legenda di un grafico, di un
disegno o di una tavola sinottica, descrivere la procedura seguita
nella esecuzione di un esperimento, o ancora prendere appunti os-
servando dei fenomeni naturali; ad un livello più avanzato, si può
richiedere agli alunni di fare un resoconto di un’attività di laboratorio,
di giustificare come si è risolto un problema, di interpretare degli
eventi, ecc. La produzione di testi scritti comporta la scelta di termini,
la formulazione di frasi, il ricorso a verbi, aggettivi, avverbi adeguati
rispetto ai dati, ai fenomeni o ai processi oggetto di osservazione, di
spiegazione, di valutazione.
Per sviluppare in ogni materia competenze relative ai generi di
discorso didattico, si raccomanda di:

— definire i generi discorsivi presenti nell’insegnamento;

. Nella Piattaforma si trovano quattro studi sull’analisi della lingua delle discipline (storia,
scienze, letteratura, matematica) dai quali si possono ricavare elementi per fare un inventario
dei generi di discorso (www.coe.int/t/dg/linguistic).
. Béacco et al. (). In «Italiano Lingua Due», vol. , n. , , p. .
. La lingua della scuola e le discipline non linguistiche 

— descrivere nel modo più chiaro possibile le forme dei testi


orali e scritti che gli apprendenti devono produrre;
— distinguere i testi che servono all’acquisizione di conoscenze
da quelli utilizzati per la valutazione dell’apprendimento;
— interrogarsi sulla pertinenza di questi testi rispetto agli ap-
prendimenti disciplinari posti ad obiettivo: qual è, ad esempio,
il grado di pertinenza di un riassunto di storia da redigere e
memorizzare?

Ne consegue che ogni insegnante deve guidare gli alunni a familiariz-


zare con i generi propri della disciplina, favorendo lo sviluppo della
capacità di comprendere i contenuti specifici veicolati da quei generi
testuali e attivando le competenze linguistiche necessarie alle forme
dei testi che gli allievi sono chiamati a capire per apprendere o a
produrre per comunicare quanto appreso .

... Le operazioni linguistiche e cognitive

Gli insegnanti della lingua come materia e quelli delle discipline


non linguistiche hanno interesse a prendere in esame le operazioni
linguistiche e cognitive che gli apprendenti sono chiamati a compiere
in relazione ai compiti di apprendimento.
Le domande che gli insegnanti si devono porre riguardano l’impe-
gno, ad un tempo cognitivo e linguistico, richiesto agli apprendenti
quando si propongono loro compiti che richiedono:

— l’identificazione o il richiamo in memoria di informazioni


(chi, che cosa, come, quando, dove);
— la selezione e l’organizzazione di fatti e/o idee (qual è l’idea
principale? quali sono le differenze tra. . . ? in quale ordine...?);
— l’utilizzazione di dati, l’applicazione di regole e principi (quali
sono i rapporti tra. . . ? perché questo. . . è importante? che
cosa comporta . . . ? in che misura. . . ?);
— l’estrapolazione di parti da un tutto, l’osservazione analitica e
il confronto (quali sono i componenti di. . . ? in che cosa queste
. . . sono simili/sono diverse?);

. Vd. Thürmann et al. (). In «Italiano Lingua Due» vol. , n. , , pp. –.
 Educazione linguistica e plurilinguismo

— l’associazione di parti per formare un tutto (che succede se


metti insieme. . . ? che cosa puoi aggiungere. . . .? quali rapporti
puoi stabilire tra . . . ?);
— la formulazione di un giudizio, la presa di decisione (sei d’ac-
cordo con. . . ? che pensi di. . . ? che cosa è più importante
tra. . . ? con quali criteri si può arrivare a. . . ?).

L’elenco sopra riportato esemplifica alcune operazioni sui contenu-


ti disciplinari che gli alunni sono impegnati a compiere. Gli alunni
sono chiamati a nominare, definire, descrivere, rappresentare, espli-
citare, spiegare, esprimere un punto di vista, valutare, argomentare,
ecc. e, nel contempo, a selezionare dal loro repertorio e a manipola-
re/gestire la varietà di forme che servono per costruire i significati,
riflettere sui contenuti, astrarre . Queste operazioni non sono solo
cognitive ma sollecitano sia l’attività mentale sia quella linguistica.
L’area delle operazioni linguistico–cognitive interessa tutte le
discipline e costituisce quindi un terreno comune di intervento per
tutti gli insegnanti. In quanto trasversali, le competenze cognitive e
linguistiche possono essere oggetto di transfer sia dalle discipline non
linguistiche verso la lingua come materia, sia in senso opposto.

.. Come integrare la dimensione linguistica nel curricolo

È importante ricordare che il progetto Lingue nell’educazione e lingue


per l’educazione ha lo scopo di ampliare i repertori linguistici degli
apprendenti e di garantire le condizioni del successo scolastico in
vista dell’inclusione sociale.
I dati di diverse ricerche internazionali evidenziano una stretta
correlazione tra il possesso di competenze linguistiche (in particolare
quelle di lettura) e le prestazioni degli alunni nelle discipline non
linguistiche. L’insuccesso scolastico è più frequente tra gli alunni

. Esso è ricavato da Thürmann (). Le rôle des langues dans l’apprentissage et
l’enseignement des matières scolaires, “Compétences de réflexion critique”, p. .
. In tutti gli studi del Consiglio d’Europa sulla lingua delle discipline si sottolinea la
centralità della dimensione linguistico–cognitiva e si suggeriscono strumenti e strategie per
far sì che gli insegnanti delle singole discipline si facciano carico di sviluppare le competenze
linguistiche necessarie all’esecuzione dei compiti cognitivi.
. I risultati delle indagini PISA e PIRLS degli ultimi anni attestano bassi livelli di
alfabetizzazione in lettura dei giovani immigrati e/o socialmente svantaggiati.
. La lingua della scuola e le discipline non linguistiche 

provenienti dall’immigrazione (anche di seconda generazione) e/o


da ambienti socioculturali deprivati. La constatazione delle carenze
degli apprendenti vulnerabili ha stimolato la ricerca di interventi
mirati a migliorare la qualità dell’educazione linguistica.
A questo scopo il Consiglio d’Europa ha privilegiato due indirizzi
di ricerca: ) la messa a punto di descrittori relativi alle competenze
nella lingua delle discipline scolastiche; ) l’elaborazione di strategie
di sostegno a favore degli alunni in difficoltà. Con la prima iniziati-
va si vuole favorire l’integrazione della dimensione linguistica nei
curricoli disciplinari; con la seconda si tende a stimolare interventi
che rendano l’azione della scuola più rispondente ai bisogni specifici
degli apprendenti vulnerabili.

... Verso le competenze trasversali

Nel rapporto finale sul seminario internazionale di Strasburgo del


settembre  vengono descritte delle strategie da seguire per defi-
nire descrittori di competenze nella lingua delle discipline. Le varie
strategie sono caratterizzate da due elementi costanti: a) la disponibi-
lità di un elenco di descrittori di competenze linguistiche di base o di
competenze linguistiche generali; b) la stretta collaborazione tra gli
insegnanti di lingua come materia e i gruppi disciplinari.
Si descrivono di seguito i due tipi di procedimento illustrati nel
rapporto per definire descrittori di competenze nella lingua delle
discipline.

a) Nel testo citato, si fa riferimento al repertorio di competenze lin-


guistiche di base elaborato in Norvegia . Secondo l’iter di ricer-
ca seguito in quel contesto, in primo luogo sono state definite
le aree di competenze linguistiche da integrare nei curricoli di
tutte le materie (comprensione e produzione orale, compren-
sione e produzione scritta, riflessione); successivamente ogni
area è stata analizzata in sotto–competenze e articolata in cin-
que livelli di complessità crescente; nella comprensione orale,
ad esempio, si va dal livello  (comprende delle informazioni e
può seguire un semplice ragionamento) fino al livello  (è capace di

. Thürmann, E. (). Subjetc Literacies and Access to Quality Education.


(www.coe.int/t/dg/linguistic/).
. Thürmann, E. (). c.s., pp. –.
 Educazione linguistica e plurilinguismo

valutare il contenuto e lo scopo di un discorso complesso mostrando


di possedere spirito critico); infine, i gruppi disciplinari hanno
scelto le competenze e sotto–competenze di pertinenza di cia-
scuna disciplina e le hanno messe in relazione con contenuti
specifici ed attività.
b) Per quanto riguarda il repertorio di competenze linguistiche ge-
nerali, il modello elaborato in Germania (Renania del Nord —
Westfalia) e denominato Quadro intercurricolare di competenze
in lingua/e , è stato messo a disposizione degli insegnanti
delle scuole dell’obbligo . I gruppi disciplinari costituiti nelle
scuole della regione hanno tratto dal Quadro i descrittori delle
competenze cognitive e linguistiche da integrare nei curri-
coli in relazione a specifiche difficoltà degli alunni. Si tratta
di un repertorio costituito da cinque sezioni: . Interazione
generale in classe: negoziazione del significato e partecipazio-
ne. . Raccolta e elaborazione delle informazioni. . Strategie
cognitive e comunicative e funzioni discorsive di base. . Re-
stituzione, presentazione e condivisione di quanto appreso. .
Disponibilità di mezzi linguistici. Ogni sezione comprende
un certo numero di descrittori.

Questo lavoro è servito ad attivare un coordinamento dei curricoli


delle diverse discipline rispetto ai compiti linguistici, a identificare
gli elementi di transfer da una disciplina all’altra, a definire criteri
di progressione e ad organizzare interventi di sostegno linguistico
mirati nelle diverse discipline.
Nell’uno e nell’altro caso, l’elenco dei descrittori costituisce una
sorta di lista di controllo: ogni insegnante vi può cercare i descritto-
ri che rispondono a esigenze linguistiche degli alunni in relazione
all’apprendimento della propria disciplina e può operare anche adat-
tamenti o aggiunte. Gli insegnanti che utilizzano i descrittori come
lista di controllo:

a) scoprono che ci sono descrittori comuni a più discipline o a


tutte le discipline (trasversalità);
. Thürmann, E.,Vollmer, H. (). A Framework of Language Competence across the Curri-
culum: Language(s) in and for inclusive Education in Northrhine–Westfalia (Germany), Annexe. Vd.
Stralcio . Un quadro intercurricolare di competenze in lingua, pp. –.
. Si tratta della «Hautschule», che accoglie generalmente gli alunni più deboli che devono
concludere l’obbligo scolastico.
. La lingua della scuola e le discipline non linguistiche 

b) riflettono sulle competenze linguistiche chiamate in causa


nei processi di apprendimento che si attivano nelle diverse
discipline;
c) diventano più disponibili ad adottare forme di comunicazione
in classe che favoriscono la partecipazione e la riuscita scola-
stica di tutti gli alunni (compresi gli stranieri e gli autoctoni
svantaggiati).

... Il sostegno linguistico

Le strategie di sostegno a favore degli alunni in difficoltà possono


essere diverse, come diverse sono le situazioni educative. L’esame dei
più recenti documenti europei permette di evidenziare le principali
linee d’intervento.
Per contrastare l’insuccesso scolastico non serve semplificare o
ridurre gli obiettivi d’insegnamento delle discipline, né creare classi o
gruppi di livello. Queste due modalità d’intervento contrastano con
i principi di uguaglianza e di inclusione sociale, che sono alla base
del progetto del Consiglio d’Europa. D’altra parte, le esperienze già
compiute in questa direzione non hanno prodotto né una diminu-
zione della dispersione scolastica né un miglioramento nella qualità
dell’offerta educativa.
La pianificazione di iniziative a favore degli alunni a rischio deve
fondarsi su una precisa informazione sulle competenze che ogni
alunno possiede nella lingua della scuola. Uno screening preliminare
porterà a definire la situazione di partenza di ognuno rispetto alla
lingua corrente, alla lingua che si usa in classe per organizzare e svol-
gere le attività didattiche, alla lingua delle diverse discipline (registro
formale).
Poiché la padronanza della lingua della scuola risulta determinante
per il successo scolastico, il primo intervento dovrà essere rivolto
a colmare il divario tra le competenze possedute e le competenze
necessarie a comunicare in classe, a capire e a farsi capire.
Tra le misure suggerite per il recupero delle competenze di base
vi sono le seguenti:

. I documenti sui quali si basa questo paragrafo sono: Thürmann et al. () e Thürmann
() citati. Si vedano su questo tema anche i testi precedenti.
. Thürmann et al. (). § , pp.  e segg.
 Educazione linguistica e plurilinguismo

a) sviluppare negli alunni la conoscenza delle proprie risorse


linguistiche attraverso attività di riflessione mirate;
b) arricchire il lessico con particolare attenzione ai significati,
alle collocazioni, alla struttura di espressioni e nomi composti
e sviluppare la conoscenza delle regole di formazione delle
parole;
c) incoraggiare il transfer linguistico, partendo dalle forme lin-
guistiche già note per riadattarle a nuovi contesti;
d) adottare nella comunicazione in classe delle modalità che
favoriscono l’interazione e la partecipazione (tempi adegua-
ti, formule che facilitano la presa di parola, chiarificazioni,
riformulazioni, ecc.);
e) sviluppare la produzione scritta di gruppo e individuale (l’at-
tività di scrittura è un supporto importante nel lavoro di
elaborazione linguistica delle conoscenze).

Agli alunni della migrazione bisogna offrire l’opportunità di appren-


dere la lingua della scuola come lingua seconda. I metodi d’insegna-
mento della  possono essere simili a quelli utilizzati nello studio
delle lingue straniere; inoltre all’approccio comunicativo può accom-
pagnarsi gradualmente l’uso di materiali autentici i cui contenuti si
riferiscano a materie curricolari, come avviene nell’insegnamento di
lingua e contenuti () . Per gli alunni di recente immigrazione e
anche per quelli di seconda generazione, le lingue d’origine possono
fungere da sostegno per l’apprendimento delle materie non lingui-
stiche. Ciò anche al fine di favorire uno sviluppo cognitivo adeguato
alla loro età.
Un’altra modalità di sostegno può essere attuata dagli insegnan-
ti di discipline non linguistiche attraverso un’analisi preliminare
dei compiti di studio. I tipi di compiti richiesti agli alunni nella
scuola primaria e nella scuola secondaria comportano sempre atti-
vità linguistiche. Se il compito richiede di organizzare un’attività
(per es. preparare una scheda di osservazione della crescita delle
piante nel giardino della scuola), gli alunni saranno impegnati nel-
l’interazione verbale (tra loro e con l’insegnante), utilizzeranno la
lingua corrente ma anche la lingua di lavoro, prenderanno appunti
o stenderanno un promemoria. Se il compito comporta la ricerca
di informazioni per ampliare le conoscenze su un argomento,

. Su  o , vd. p. .


. La lingua della scuola e le discipline non linguistiche 

essi saranno impegnati in attività di comprensione scritta o orale


di documenti selezionati dall’insegnante o da loro stessi ricercati
(documenti audiovisivi, manuali, riviste, internet, ecc.). Nell’uno
e nell’altro caso, l’insegnante della disciplina, consapevole delle
attività linguistiche che ogni compito comporta, potrà predisporre
micro–interventi di sostegno linguistico mirato (lessico specifico,
tipi di frase, ecc.), oppure macro–interventi nei quali si prevede un
percorso di sviluppo di competenze specifiche (esempio: scrivere
una relazione di sintesi) .
Gli interventi di sostegno del secondo tipo rientrano nel coordina-
mento orizzontale e longitudinale che si fonda sulla collaborazione,
nel tempo, tra l’insegnante di lingua e l’insegnante di una disciplina
non linguistica.
Per esempio, nella scuola secondaria la previsione dei generi di
discorso che gli alunni dovranno imparare a comprendere e/o a
produrre in una certa fase del curricolo (biennio o triennio supe-
riore) può comportare interventi sia dell’insegnante di lingua sia
dell’insegnante della disciplina non linguistica.
Il coordinamento degli interventi di sostegno linguistico può
realizzarsi integrando nei curricoli la dimensione linguistica del-
le discipline attraverso un’intesa programmatica degli insegnanti.
Così si può mirare allo sviluppo di competenze trasversali e in-
cidere su piani diversi e complementari: lessicale, morfosintattico,
linguistico–cognitivo, pragmatico–testuale.
In fase di pianificazione, si può realizzare il coordinamento oriz-
zontale assumendo come obiettivi dei descrittori di competenze com-
plementari. Si veda l’esempio che segue relativo alla comprensione
orale e scritta .

a) Obiettivi didattici dell’insegnante di italiano


— scomporre parole per trovarne i componenti e utilizzarli
per la comprensione di testi;
— utilizzare le proprie conoscenze sulla struttura di
nomi composti e aggettivi per la comprensione di
testi;

. Vd. Stralcio . Le attività linguistico–cognitive di sostegno nelle discipline non


linguistiche, pp. –.
. I descrittori sono tratti dal testo di Thürmann e Vollmer ().
 Educazione linguistica e plurilinguismo

— riconoscere l’importanza di parole funzionali per la pre-


cisione, la linearità e la coerenza logica (preposizioni,
reggenze, congiunzioni, pronomi);
— cogliere la struttura e il ragionamento di un testo com-
plesso, distinguendo tra informazioni principali e secon-
darie.

b) Obiettivi didattici dell’insegnante di una disciplina scientifica

— riconoscere le diverse accezioni di parole comuni entrate


nel linguaggio scientifico;
— attribuire significato a parti di parole di origine greca o
latina utilizzate frequentemente in una disciplina;
— elaborare le informazioni presenti in un documento
scritto che comprende anche delle rappresentazioni non
verbali (grafici, diagrammi, schemi).

Il fatto di privilegiare i bisogni degli apprendenti in difficoltà nella


pianificazione del lavoro comune comporta la messa a fuoco di aspetti
della lingua della scuola che incidono sui processi di apprendimento di
tutti gli alunni.
Individuare, ad esempio, nella comprensione dei testi continui e non
continui presenti nel manuale di una disciplina una precisa difficoltà per
un gruppo di alunni porta come conseguenza la scelta di proporre a tutto
il gruppo classe delle attività che possono sostenere il processo di com-
prensione (richiamare conoscenze pregresse, metterle in relazione con
nuove conoscenze e confrontarle, ecc.) e favorire il transfer delle strategie
di lettura dalla lingua come materia alla lingua della disciplina. Parimenti,
se nella classe vi sono alunni che hanno difficoltà nell’esposizione orale
dei contenuti di studio, le attività di sostegno all’esposizione orale nella
disciplina non linguistica possono offrire occasioni di riflessione per gli
alunni che non si trovano in condizioni di difficoltà, assegnando loro
il compito di ascoltare l’esposizione orale dei compagni per cogliere la
presenza o l’assenza di un certo aspetto del discorso espositivo (coerenza,
ordine, ecc.).
Gli esempi di coordinamento degli interventi possono essere i più
vari. I documenti europei sono una miniera di proposte da sviluppare,
solo che si voglia farne una lettura mirata.
. La lingua della scuola e le discipline non linguistiche 

.. La questione della lingua per l’equità e la qualità dell’istru-


zione

Nell’ambito del rapporto tra lingua e discipline non linguistiche già


nel documento scritto a più mani nel  si diceva:

Quando si pone la questione della lingua nell’insegnamento delle materie


scolastiche non si fa un semplice richiamo a una qualche responsabilità
collettiva di tutti gli insegnanti che devono insieme vegliare sul buon uso
della lingua della scuola. Si pone invece una questione che è centrale nella
trasmissione e nell’acquisizione delle conoscenze: la lingua della scuola
non è un’appendice dell’insegnamento della lingua come materia, ma è
responsabilità specifica degli insegnanti di tutte le discipline.

Questa riflessione risulta oggi esplicitamente riproposta in una


Raccomandazione del Comitato dei Ministri dell’Istruzione , nella
quale si declinano finalità, principi e misure da adottare per fare in
modo che la lingua della scuola sia considerata una questione centrale
ai fini dell’equità e della qualità dell’istruzione.
Questo documento contiene un invito a porre la questione del-
la lingua di scolarizzazione ai diversi livelli di responsabilità: dal-
le scelte di politica scolastica all’elaborazione di orientamenti pro-
grammatici, dal piano di formazione iniziale e continua degli in-
segnanti e dei dirigenti alla programmazione dell’insegnamento e
dell’apprendimento.
Si parte dalla consapevolezza che il possesso della lingua di sco-
larizzazione garantisce pari opportunità di riuscita scolastica e dalla
affermazione del diritto di tutti gli studenti ad acquisire le competen-
ze linguistiche richieste dalle varie discipline per giungere a proporre
un insieme di misure tendenti a rendere l’offerta formativa adeguata
rispetto ai bisogni linguistici degli apprendenti nei vari momenti del
percorso scolastico.
La Raccomandazione è accompagnata da un Memorandum esplica-
tivo di approfondimento, nel quale sono ripresi i temi che abbiamo
già presentato nei paragrafi precedenti: gli aspetti della dimensione
linguistica delle discipline non linguistiche, la varietà dei repertori
di partenza degli apprendenti e i loro bisogni differenziati di compe-
tenze nella lingua di scolarizzazione, la necessità di creare consape-

. Béacco et al. , in «Italiano Lingua Due», vol. , n. , , p. .
. Vd. Raccomandazione CM/Rec (), in Riferimenti bibliografici.
 Educazione linguistica e plurilinguismo

volezza a tutti i livelli di responsabilità del fatto che la padronanza


della lingua di scolarizzazione va costruita lungo tutto il percorso
scolastico.
L’intero documento fornisce un quadro articolato dei diversi aspetti
della tematica e costituisce una guida per intraprendere azioni tra loro
coerenti ai vari livelli. Qui ci limitiamo ad attirare l’attenzione in partico-
lare su due raccomandazioni: a livello politico, è opportuno introdurre
nei programmi scolastici delle indicazioni sulla dimensione linguistica
propria delle varie materie (a); a livello delle prassi didattiche, bisogna
procedere alla diagnosi e alla valutazione dei bisogni linguistici degli
allievi (c). L’una e l’altra misura servono per adeguare la progressione
dell’insegnamento delle varie discipline sotto l’aspetto linguistico e per
predisporre forme di sostegno che tengano conto sia delle risorse lin-
guistiche già presenti nei repertori degli allievi sia delle specifiche forme
richieste dalla materia non linguistica.

STRALCI

. A partire dagli enunciati “io – qui – ora” (§ .)

Da: Béacco, J. C., Coste, D., Van de Ven, P. H., Vollmer, H. (). Langues et
matières scolaires. Dimensions linguistiques dans la construction des connaissances
dans les curriculums. Trad. it. di E. Lugarini, in «Italiano Lingua Due», vol. ,
n. , .

La prima forma generale di trasformazione dei discorsi degli appren-


denti è il passaggio progressivo dal discorso e racconto personale in cui
si parla di sé a un regime discorsivo più oggettivo e indipendente dal con-
testo immediato. Queste forme linguistiche non danno necessariamente
origine a testi completi, ma sono utilizzabili in qualunque enunciato.
Esse tendono a far produrre enunciati non centrati sulla persona (io/tu)
e sul contesto (qui e ora) ma che hanno una certa forma di generalità
indipendente da questi parametri.
Esistono alcuni generi ordinari che rispondono a questa caratteristica
(proverbi, verità generali, massime, ecc.), ma che sono ancora lontani da
ciò che ci si attende da un enunciato di natura scientifica, caratterizzabile,
in prima istanza, come rispondente a qualità che fanno sì che i testi
siano concisi, precisi, espliciti, complessi, strutturati, oggettivi, non emotivi,

. Vd. Stralcio . Misure da adottare e implementare, p. .


. La lingua della scuola e le discipline non linguistiche 

non ambigui, ecc. È una forma di enunciazione che si può realizzare in


testi che appartengono a diversi generi di discorso e non ad uno solo.
Nel contesto scolastico si possono condurre gli apprendenti ad una
produzione di questa natura facendo loro acquisire la padronanza:

— della terminologia corrispondente (precipitazione vs pioggia) e


del suo uso corretto: la ripetizione di uno stesso termine non è
perciò da considerarsi come una debolezza stilistica, ma come
una condizione di chiarezza e di coerenza;
— dei pronomi personali (L’aquila è un rapace. Essa. . . ) o dei termini
generici (elemento, sostanza, problema, ecc.);
— di tutte le forme oggettive di quantificazione e di localizzazione
nel tempo (inizio, intervallo, frequenza, durata, ecc.), non ricondu-
cibili o selezionate in rapporto a chi parla (fa troppo caldo = per
me);
— dei connettivi e dei segnali discorsivi che indicano una enume-
razione, una relazione temporale, una specifica relazione logica
(causa, effetto, condizione, ecc.), in particolare degli elementi di
coordinazione tra frasi (e, ma, anche, inoltre, oppure, ecc.), tra pa-
ragrafi (in primo luogo, in secondo luogo, ecc.) e di subordinazione
(poiché, dato che, sebbene, se, posto che, ammesso che, quando, ecc.), là
dove nel discorso orale può essere sufficiente la giustapposizione
(Era in ritardo. Sono andato via);
— dei mezzi per esprimere certezza (il presente indicativo con
valore generale: l’acqua bolle a cento gradi), dubbio, possibilità,
limitazione, condizione, ecc.;
— l’uso di espressioni convenzionali (risultato significativo, si può
constatare che, ipotesi plausibile). [. . . ]

Questo insieme di risorse dovrebbe consentire agli apprendenti di


esprimere osservazioni e relazioni in modo non soggettivo. Non per-
mette ancora, in verità, di costruire dei testi, perché si colloca ancora
al livello dell’atteggiamento di “chi parla” (ma che non “parla a suo
nome”). E non risponde ad alcun modello di testo corrispondente ad
un preciso e definito genere di discorso. Ma è ben evidente che esso co-
stituisce un materiale che può essere usato per produrre testi strutturati,
anche se brevi, e orientati verso una conclusione, una constatazione, una
deduzione, un risultato.
 Educazione linguistica e plurilinguismo

. Le attività linguistico–cognitive di sostegno nelle discipline non linguisti-


che (§ .)

Da: Thürmann, E., Vollmer, H., Pieper, I. (). Language of schooling:


focusing on vulnerable learners, Council of Europe. Trad. it. di E. Lugarini, in
«Italiano Lingua Due», vol. , n. , .

Da oltre  anni il termine “sostegno” (scaffolding) ritorna nel di-


scorso di ricercatori ed insegnanti che si interessano dell’intervento
linguistico nell’insegnamento di una materia non linguistica. Wood, Bru-
ner e Ross () sono stati i primi ad utilizzare la parola scaffolding come
metafora per indicare il sostegno provvisorio fornito da “esperti” (geni-
tori, insegnanti, pari ben preparati) nell’aiutare gli studenti a completare
un compito, a sviluppare la comprensione o ad acquisire una specifica
competenza, in modo che potessero poi essere in grado di svolgere da
soli compiti simili. La nozione di scaffolding è legata al concetto di “zona
di sviluppo prossimale” (zone of proximal development. ZPD) di Vygotsky
(). Infatti, un buon insegnamento si proietta ad un livello un po’
superiore alle competenze presenti dell’apprendente e propone una pro-
gressione dell’apprendimento scaglionata nel tempo e coerente con le
potenzialità di sviluppo dello studente, senza tuttavia esercitare su di lui
pressioni eccessive. Uno scaffolding efficace garantisce un buon dosaggio
della difficoltà e dei compiti; è tempestivo, cioè fornito nel momento
del bisogno, ed è progressivamente adattato in modo da soddisfare le
reali necessità dell’apprendente.
Nelle materie non linguistiche, gli studenti possono aver bisogno
di un sostegno linguistico per comprendere e acquisire le conoscenze
disciplinari. Questo richiede un sostegno ad un livello “micro” (mi-
. Il termine “protetto” (in relazione con “insegnamento”, “istruzione”, “apprendimento” —
ma anche con “insegnamento di contenuti disciplinari attraverso le lingue”) rinvia a concetti che
mirano a rendere il contenuto accessibile agli allievi che stanno apprendendo la lingua dominante
di scolarizzazione. In passato questi allievi erano considerati “protetti” poiché studiavano in classi
separate dalle classi ordinarie e non erano in competizione con gli studenti autoctoni. Oggi, questi
studenti (per la maggior parte) studiano — a condizione che abbiano superato le prime fasi
dell’acquisizione della lingua di scolarizzazione — insieme ai loro pari autoctoni nella stessa classe.
Sono chiamati a rispondere agli stessi standard curricolari e devono superare le stesse prove/gli
stessi test di valutazione. “Sheltered instruction” è venuta a significare un insieme di pratiche che gli
insegnanti possono applicare con profitto per aiutare gli studenti immigrati ad apprendere la lingua
dominante di scolarizzazione e nello stesso tempo a studiare le diverse materie in inglese. Questo
concetto è stato inizialmente elaborato nell’ambito dei programmi d’immersione in lingua straniera
(a livello elementare) per consentire che alcune parti del curricolo potessero essere insegnate nella
lingua straniera; cfr. Crandall .
. La lingua della scuola e le discipline non linguistiche 

cro–level scaffolding) nel momento in cui l’apprendente ne ha necessità


(point–of–need scaffolding).
A livello “micro”, il sostegno dovrebbe essere fornito all’appren-
dente che ne ha bisogno dall’insegnante o dai pari che sono in grado
di aiutarlo. Inoltre, le classi di lingua dovrebbero assolutamente esse-
re fornite di un’ampia gamma di materiali di supporto (dizionari e
risorse informatiche per le ricerche online costituiscono una priorità),
perché gli studenti possano aiutarsi da soli.
Il macro–livello (o designed–in scaffolding) è necessario quando
gli studenti hanno difficoltà ad assimilare il contenuto o le procedu-
re direttamente associate al contenuto proprio della materia e/o a
raggiungere gli obiettivi curricolari della lezione o dell’unità di inse-
gnamento. In questo caso, tutta la classe ha bisogno di un sostegno
cognitivo e linguistico. Ad esempio, quando l’obiettivo curricolare
di un corso di scienze sociali è la stesura di una relazione di sintesi
sulla storia dei metodi di produzione, ad esempio nell’industria auto-
mobilistica, anche gli allievi che sanno quali sono le caratteristiche
di una relazione di sintesi hanno bisogno di uno scaffolding (meta–)
linguistico e cognitivo sistematico.
Un intervento di scaffolding fondato sul genere potrebbe svilup-
parsi secondo le fasi illustrate nello schema che segue: Approccio per
l’acquisizione della padronanza di un genere attraverso il curricolo (Ham-
mond ). Un ciclo come quello illustrato può condurre ad una
conoscenza più approfondita della natura delle relazioni di sintesi
che gli allievi possono trasferire non soltanto da una materia all’altra
ma anche da una lingua all’altra, a condizione che l’équipe degli
insegnanti attui a scuola una politica integrata dell’insegnamento
delle lingue e adotti un approccio comune dei generi, tipi di testo e
funzioni linguistiche/discorsive.

Approccio per l’acquisizione della padronanza di un genere attraverso il curricolo


(Hammond )

Preparazione del terreno


L’insegnante assume il ruolo di guida nello sviluppo delle conoscenze, della
comprensione e della lingua proprie del curricolo. Le attività sono centrate
sull’acquisizione delle conoscenze relative alla disciplina insegnata, sul suo
specifico linguaggio, sulla lettura e sull’apprendimento del come si legge.

Modellizzazione
L’insegnante presenta un genere specifico, guida ed esercita gli allievi attraverso
spiegazioni orali, dimostrazioni, la decostruzione di testi, ecc.
 Educazione linguistica e plurilinguismo


Costruzione congiunta
L’insegnante partecipa con gli allievi alla stesura scritta di testi conformi al
genere considerato (addestramento, co–costruzioni, ricostruzioni, ecc.)

Costruzione autonoma
L’insegnante riduce per quanto possibile il suo sostegno man mano che
l’allievo acquisisce il controllo del genere in questione.

Possibilità di una riflessione più approfondita sulle caratteristiche e sulle
funzioni/implicazioni del genere e di un’analisi critica.

Le attività di scaffolding per i generi (ad esempio, relazione di sintesi)


devono comprendere le componenti e gli elementi seguenti (vd. tabella
). Inoltre, si può proporre agli apprendenti una lista di forme/espressioni
linguistiche appropriate a cui fare riferimento, ad esempio:

— La relazione si basa su...


— I risultati più importanti/più significativi possono essere (così) riassunti
(come segue):........
— Alla luce dei dati tratti da...
— La presente relazione si propone (lo scopo) di...
— Ciò che rende questo aspetto/dato, ecc./ così rilevante/importante /si-
gnificativo...
— Se si prende in considerazione (considerando che)...
— Infine, si può affermare che...
— Si è preso qui in esame ...
— La fonte da cui... (dei dati) ...è stata pubblicata in ...
— L’aspetto/il dato/più rilevante è/sembra...ecc.

Lo scaffolding a livello “macro” nelle materie non linguistiche è soprat-


tutto centrato sui generi/tipi di testo e sulla funzione discorsiva/linguistica
e sulla relazione che interviene tra aspetti cognitivi, linguistici e testuali.

Tabella . Tratti caratteristici di un genere: la relazione di sintesi

Funzione
La relazione di sintesi serve a trasmettere conoscenze e a facilitare la
comprensione dei lettori/ascoltatori che non conoscono perfettamente
l’argomento oggetto della relazione
Caratteristiche generali. La relazione di sintesi:
. La lingua della scuola e le discipline non linguistiche 

— utilizza fatti/dati per spiegare qualcosa;


— è un testo espositivo/descrittivo e classifica le informazioni;
— focalizza l’attenzione su vari aspetti del tema principale;
— fornisce precisazioni che riguardano questi aspetti;
— non si basa su un coinvolgimento personale, non contiene valutazioni
o giudizi personali/soggettivi.
Struttura tipo
Titolo
Indica il tema ai lettori/ascoltatori.
Introduzione
– presenta ed evidenzia molto brevemente alcuni aspetti del
tema trattato;
– identifica la/e fonte/i d’informazione;
– spiega le loro caratteristiche;
– esplicita i metodi;
– indica gli eventuali limiti.
Corpo del testo
– affronta aspetti specifici del tema;
– ogni paragrafo è costruito intorno ad una idea, ad un aspetto
centrale;
– ogni paragrafo ha una frase argomento;
– per maggiore coerenza ciascun paragrafo può essere articolato
in sottoparagrafi. Paragrafo e sottoparagrafi possono avere un
titolo;
– i paragrafi sono disposti in un ordine logico.
Conclusione
Fornisce le ultime precisazioni; può anche essere utilizzata per:
– passare in rassegna i principali elementi considerati emersi;
– trarre conclusioni sostenute dalle informazioni fornite nel
corpo del testo.
Documentazione integrativa (facoltativa). Per facilitare la comprensione:
— elementi visivi (fotografie, disegni, grafici, diagrammi, carte);
— elenco di termini tecnici accompagnati dalla loro definizione;
— elenco delle risorse.
Caratteristiche linguistiche generali
— espositivo/descrittivo, “reale” piuttosto che di “immaginazione”;
— verbi: uso della terza persona piuttosto che della prima;
— tempo di base: presente;
— ricorso frequente alla costruzione passiva;
— assenza di registro informale (ad esempio, “questo metodo era piut-
tosto stupido”, “veramente bene”, “ed ecco tutto ciò che c’è da
dire”);
 Educazione linguistica e plurilinguismo

— soggetti/argomenti delle frasi: cose, fenomeni piuttosto che persone;


stile nominale;
— parafrasi di termini tecnici.

. Un quadro intercurricolare di competenze in lingua. La lingua di scola-


rizzazione per un’educazione inclusiva

Da: Thürmann, E., Vollmer, H. (). A Framework of Language across the


Curriculum: Language(s) in and for inclusive Education in Northrhine–Westfalia
(Germany). Trad. it. di R. Calò.

L’elenco dei descrittori comprende cinque sezioni.

Prima sezione. Interazione generale in classe: negoziazione del


significato e partecipazione

Descrittori di competenze linguistico–cognitive:

— ascoltare attentamente;
— rispondere in modo appropriato;
— fare domande pertinenti ed eventualmente chiedere di precisare;
— reagire in modo appropriato a quanto detto da altri;
— esaminare attentamente le consegne di lavoro e i compiti da
affrontare;
— organizzare appunti scritti in modo chiaro e produttivo in
funzione del lavoro da fare;
— presentare i risultati del lavoro svolto in forma strutturata e
comprensibile;
— prendere accordi sugli aspetti del lavoro di gruppo relativi alla discipli-
na e assumere ruoli specifici nel gruppo (coordinatore, relatore...);
— fare proposte sulle procedure di lavoro, esplicitando chiara-
mente i propri bisogni e interessi.

Seconda sezione. Raccolta e elaborazione delle informazioni

Descrittori di competenze linguistico–cognitive:

— effettuare semplici ricerche;


— utilizzare fonti diversificate di informazioni;
. La lingua della scuola e le discipline non linguistiche 

— preparare, realizzare e utilizzare inchieste e interviste;


— orientarsi nel catalogo di una biblioteca per trovare testi e
media su temi relativi alla disciplina;
— riconoscere le caratteristiche di tipi diversi di documenti scritti
relativi alla disciplina di studio;
— ricavare informazioni da notiziari, inchieste, articoli su temi
pertinenti alla disciplina;
— fare ricerche su internet consultando vari siti e confrontare le
informazioni in modo critico;
— identificare — in un testo parlato o scritto — le asserzioni
principali;
— cogliere la struttura e il ragionamento di un testo complesso,
distinguendo tra informazioni principali e secondarie;
— cogliere i rapporti tra testi diversi (intertestualità);
— cogliere gli elementi che rivelano le intenzioni di un autore,
la sua posizione o il suo punto di vista;
— tenere conto del contesto della pubblicazione nell’utilizzarne
le informazioni;
— comprendere le informazioni contenute in diagrammi, tabel-
le, disegni, schemi, ecc.;
— estrapolare informazioni da carte, disegni, diagrammi.

Terza sezione. Strategie cognitive e comunicative e funzioni discorsi-


ve di base

Descrittori di competenze linguistico–cognitive:

a) nominare, definire
— designare esseri viventi, oggetti, processi, eventi, ma
anche argomenti e dati di un problema in base alle loro
caratteristiche (con riferimento ai concetti fondamentali
di una disciplina).
b) descrivere, rappresentare
— formulare oralmente asserzioni relative alla disciplina
in modo da farsi capire;
— descrivere esseri viventi, oggetti, processi, eventi, ren-
dendo conto delle loro caratteristiche evidenti, delle
loro funzioni e relazioni;
 Educazione linguistica e plurilinguismo

— confrontare, a partire da particolari caratteristiche, esseri


viventi, oggetti, processi, eventi.
c) rendicontare, raccontare
— descrivere eventi passati o esperienze vissute;
— distinguere un racconto soggettivo da un resoconto
oggettivo;
— distinguere i tipi di testo che possono servire a fare
un resoconto (verbale, descrizione di un esperimento,
relazione, articolo, reportage, dichiarazione d’incidente,
testimonianza. . . );
— organizzare le informazioni in relazione allo scopo;
— riconoscere le funzioni diverse della narrazione o del
resoconto a fini argomentativi.
d) spiegare, esplicitare
— individuare le cause/ragioni di processi o di eventi di
una certa complessità, pertinenti rispetto a una discipli-
na, e spiegarle in rapporto ad alcuni fattori o agenti;
— stabilire relazioni di causa/effetto considerando un nu-
mero limitato di fattori (cause dirette/indirette, passa-
te/future);
— formulare ipotesi su relazioni di causa/effetto.
e) valutare, esprimere un giudizio
— sostenere opinioni e punti di vista personali in modo
comprensibile e convincente;
— giudicare fatti, avvenimenti, comportamenti in base alle
proprie conoscenze di una disciplina, ai propri principi
e ad esperienze personali;
— trarre conclusioni su comportamenti più o meno ade-
guati a partire da osservazioni precise;
— esaminare da punti di vista diversi l’adeguatezza di com-
portamenti e posizioni;
— esprimere e giustificare critiche ed esaminare in modo
critico anche la propria posizione.
f ) argomentare, prendere posizione
— distinguere tra “affermare” e “argomentare”, “persua-
dere”, “convincere”;
. La lingua della scuola e le discipline non linguistiche 

— distinguere tra “asserzioni”, “ipotesi”, e “supposizio-


ni” e tenere conto di queste distinzioni nelle proprie
argomentazioni;
— chiarire i vantaggi e gli svantaggi di fatti e comporta-
menti, pesare i pro e i contro e discuterne per arrivare a
prendere posizione;
— seguire lo sviluppo di un’argomentazione nelle discus-
sioni e nei testi, esaminare la sua fondatezza in base alle
proprie conoscenze;
— confutare argomenti proponendo dei contro–argomenti.

Quarta sezione.Restituzione, presentazione e condivisione di quanto


appreso

Descrittori di competenze linguistico–cognitive:

— riferire o riassumere oralmente o per iscritto ciò che si è letto


o ascoltato, attenendosi alla consegna;
— presentare fatti o azioni con l’aiuto di schemi, note, disegni,
carte;
— render conto dei risultati di un lavoro di gruppo o di un pro-
getto ricorrendo a modalità di presentazione visiva adatta ai
destinatari;
— render conto di processi o di argomentazioni seguendo il
loro sviluppo cronologico o logico, utilizzando appunti e
parole–chiave;
— fare una presentazione orale e scritta utilizzando appunti e
parole–chiave;
— presentare i risultati di un lavoro, brevemente ma in mo-
do strutturato, con l’ausilio di media visivi e tenendo conto
dell’interesse e delle conoscenze previe di chi ascolta;
— mettere in atto consapevolmente procedimenti stilistici nel-
la lettura ad alta voce o in una esposizione orale (accento,
volume, ritmo, pause, mimica e gestualità);
— rielaborare, individualmente o in gruppo, produzioni scritte
avendo cura della correttezza formale, dell’aderenza ai concet-
ti della disciplina, della struttura, della coerenza informativa
(utilizzando eventualmente delle liste di controllo).
 Educazione linguistica e plurilinguismo

Quinta sezione. Disponibilità dei mezzi linguistici

Descrittori di competenze linguistico–cognitive:

— esprimersi in modo comprensibile in lingua standard;


— formulare testi semplici in modo comprensibile, senza errori e
utilizzando un lessico appropriato;
— trovare il significato di parole ancora sconosciute;
— rispettare le regole fondamentali di costruzione della frase, di
collocazione delle frasi e delle parole;
— scrivere a mano testi leggibili;
— applicare le regole fondamentali dell’ortografia e della punteg-
giatura;
— distinguere la lingua dell’uso familiare e la lingua usata nei conte-
sti disciplinari;
— distinguere l’uso orale dall’uso scritto;
— rispettare le convenzioni d’uso della lingua (scelta del registro,
formule di cortesia, tipi di testo, ecc.) per poter affermare o
difendere i propri interessi in situazioni istituzionali (rapporti
con l’amministrazione o altro).

Altri descrittori della quinta sezione relativi a:

Livello delle parole, dei modelli d’uso, delle espressioni

— utilizzare i termini relativi a concetti fondamentali propri di


una disciplina e spiegare il loro significato ricorrendo a parole
comuni;
— comprendere il significato e la funzione della nominalizzazio-
ne o della sostantivazione di infiniti che ricorrono nella lingua
utilizzata nella disciplina;
— utilizzare le proprie conoscenze sulla struttura di sostantivi e
aggettivi composti per la comprensione di testi;
— scomporre parole per trovarne i componenti e utilizzarli per
la comprensione di testi;
— attribuire significato a parti di parole di origine greca o latina
utilizzate frequentemente in una disciplina;
— comprendere abbreviazioni in uso in una disciplina, nonché
parole composte di cifre e lettere e segni particolari;
. La lingua della scuola e le discipline non linguistiche 

— rappresentare in modo strutturato relazioni semantiche tra


parole e ampliare così il lessico della disciplina;
— riconoscere l’importanza di parole funzionali per assicurare
precisione, linearità e coerenza logica alla comunicazione
nella disciplina;
— riconoscere i modelli d’uso, le espressioni e i gruppi verbali
funzionali utilizzati nella comunicazione relativa alla disciplina
e usarli nella propria produzione scritta;
— segnalare il grado di certezza delle affermazioni (parole che
esprimono modalità. . . );
— utilizzare formule di presentazione per attirare l’attenzione di
chi legge o ascolta sulla collocazione e sulla funzione dell’as-
serzione che si va a fare in relazione alla propria intenzione
comunicativa.

Livello della frase

— nell’esplorazione di un testo, scomporre frasi complesse in


parti per comprenderne il contenuto in modo dettagliato;
— precisare il momento e la durata di un processo (per es. uti-
lizzando in modo appropriato preposizioni, congiunzioni,
avverbi);
— segnalare con precisione il luogo — introdurre una giustifica-
zione (causale, strumentale, condizionale, concessiva, finale);
— segnalare delle asserzioni circostanziando la forma e il modo
(per es. grado/misura, natura);
— segnalare la portata temporale di asserzioni (presente, modo
indicativo);
— segnalare l’assenza di agente nel contenuto di un’asserzione
(per es. uso del passivo, di forme impersonali. . . );
— caratterizzare in modo preciso le proprietà (aggiunta di epiteti
o di relative qualificative);
— fare paragoni e precisare il grado di presenza di certe proprie-
tà;
— evitare subordinate (per es., con estensione dei gruppi nomi-
nali) per rendere i testi più compatti (per es., dopo il raffred-
damento del materiale).
 Educazione linguistica e plurilinguismo

Livello del testo

— pianificare e organizzare il proprio testo tenendo conto dello


scopo e dei destinatari;
— pianificare testi da produrre oralmente;
— mettere insieme unità espressive e paragrafi su uno stesso
argomento;
— controllare la qualità redazionale dei testi scritti;
— controllare la coerenza del contenuto di un testo o di un
ragionamento e i mezzi linguistici che la esprimono;
— evitare presupposizioni e introdurre ordinatamente i nuovi
elementi frastici;
— evitare i riferimenti esterni al testo — utilizzare tecniche per
guidare il lettore;
— localizzare nei testi e sostituire le parole e le espressioni pro-
prie del registro linguistico informale e abituale (in primo
luogo i termini gergali).

. Misure da adottare e implementare

Da: Recommendation CM/rec ()  of the Committee of Ministers to member


States on the importance in the language(s) of schooling for equity and quality in
education and for educational success. Council of Europe, . Trad. it. di E.
Lugarini. In «Italiano Lingua Due», vol. , n. , .

 a) I responsabili dei contenuti e dei programmi di insegnamento


provvedano a favorire una presa in considerazione effettiva
delle dimensioni linguistiche delle varie materie scolastiche
attraverso:
i. l’esplicitazione delle norme e delle specifiche compe-
tenze che devono poter essere padroneggiate dagli ap-
prendenti nelle diverse materie scolastiche;
ii. l’esplicitazione nei programmi e nei curricoli delle mo-
dalità di apprendimento che devono consentire a tutti
gli apprendenti, e soprattutto ai più vulnerabili, di esse-
re esposti a differenti situazioni di apprendimento per
sviluppare le loro capacità cognitive e linguistiche;
. La lingua della scuola e le discipline non linguistiche 

iii. la messa in evidenza, nei programmi, delle convergenze


tra le dimensioni linguistiche delle diverse materie, in
modo da rafforzare l’efficacia del progetto educativo;
iv. il richiamo, nei programmi della lingua di scolarizzazio-
ne come specifica materia scolastica, del posto determi-
nate che essa occupa in quanto lingua trasversale di tutti
gli apprendimenti;
v. la raccomandazione agli autori dei materiali didattici di
inserire in questi materiali dei riferimenti espliciti alle
dimensioni linguistiche delle varie materie;
vi. il proseguimento e l’estensione della ricerca in questo
campo.
 c) Gli insegnanti e gli altri attori educativi della scuola mettano
in atto processi di diagnosi e di valutazione delle competenze
linguistiche e forme di sostegno adeguate per facilitare la
conoscenza della lingua di scolarizzazione attraverso:
i. una verifica regolare e periodica, e in particolare in oc-
casione del passaggio da un livello scolastico ad un altro,
delle capacità effettive degli studenti di padroneggiare
le forme della lingua di scolarizzazione richieste ai va-
ri livelli scolastici, in modo da adattare la progressione
degli insegnamenti e predisporre le forme di sostegno
adeguate che tengano conto dei bisogni e delle capacità
specifiche degli apprendenti;
ii. il ricorso, se possibile, a tutte le risorse linguistiche
a disposizione degli apprendenti per agevolare il loro
accesso alle conoscenze;
iii. la previsione, per ogni materia scolastica, della natura
delle competenze nella lingua di scolarizzazione che
saranno richieste nelle valutazioni, in modo da poter
preparare, su queste, gli allievi;
iv. la diversificazione delle modalità di valutazione, in par-
ticolare mediante l’impiego della valutazione formati-
va e dell’autovalutazione, per valorizzare i successi e
rafforzare la stima di sé di ogni apprendente.
Capitolo V

Gli approcci plurali

Gli approcci plurali sono approcci all’insegnamento delle lingue e


delle culture che hanno il fine di sviluppare competenze plurilingui
e interculturali . In un approccio plurale si mettono in relazione
tra loro elementi linguistici o culturali di lingue diverse al fine di
evidenziare i tratti che accomunano o differenziano le lingue e le
culture. L’apprendimento linguistico che si sviluppa attraverso un
approccio plurale riguarda:

— la conoscenza riflessa delle lingue e delle culture (saperi inter-


linguistici e interculturali);
— l’atteggiamento di apertura e di curiosità verso le lingue e le
culture (saper essere tra. . . );
— la capacità di elaborare i contenuti delle lingue e delle culture
(saper fare inter. . . ).

Questi saperi, saper essere e saper fare non riguardano una sola lingua,
ma permettono di vedere i legami tra diverse lingue e culture; perciò
costituiscono le basi su cui si fondano le competenze plurilingui e
interculturali.

. Lo sviluppo della competenza plurilingue e interculturale è la finalità esplicita del


progetto del Consiglio d’Europa sulle lingue dell’educazione. Tutti i documenti elaborati
dalla Divisione delle Politiche linguistiche vi fanno continuo riferimento. Gli approcci plurali
sono presentati nell’Appendice V della Guida per lo sviluppo e l’attuazione dei curricoli. A questa
presentazione fa riscontro una più specifica trattazione nel CARAP — Un Cadre de Références
pour les Approches Plurielles des Langues et des Cultures, elaborato tra il  e il  da esperti
dell’European Centre for Modern Languages di Gratz (http://carap.ecml.at/). Il CARAP
fornisce un referenziale di Competenze e Risorse articolato in tre macro–sezioni: K. I saperi, A. I
saper essere, S. I saper fare. Da ogni sezione si possono estrapolare descrittori di competenze
per pianificare percorsi di insegnamento/apprendimento propri degli approcci plurali. La
traduzione italiana del CARAP è stata curata da A. M. Curci e E. Lugarini e pubblicata in
«Italiano Lingua Due», vol. , n. , .


 Educazione linguistica e plurilinguismo

Sono approcci plurali: l’approccio interculturale, l’éveil aux lan-


gues, l’intercomprensione tra lingue affini e la didattica integrata delle
lingue.
I quattro approcci, pur tra loro distinti, hanno alcuni elementi co-
muni che rappresentano, in qualche modo, degli obiettivi trasversali
di educazione plurilingue e interculturale.
In primo luogo, essi hanno uno scopo comune: far cogliere
all’alunno alcune costanti nel funzionamento dei diversi sistemi
linguistici o culturali attraverso l’osservazione dei loro rapporti.
Inoltre, in tutti gli approcci l’alunno utilizza le conoscenze e le
capacità già acquisite in una lingua (per es. nella lingua materna o
in una seconda lingua) per scoprire il funzionamento di un’altra
lingua o più in generale delle altre lingue; quindi egli costruisce
nuovi saperi e saper fare a partire da saperi e saper fare già disponibili
nel suo repertorio linguistico. Questo movimento dal noto al
nuovo comporta lo sviluppo di una maggiore consapevolezza del
già noto. Infine, attraverso l’esperienza di più lingue e più culture
l’alunno scopre la diversità linguistica e culturale come un fatto
sociale che coinvolge non solo i compagni stranieri ma anche
lui, la sua famiglia, il suo ambiente di vita. E ciò ha una ricaduta
positiva sull’integrazione e la coesione sociale.
Consideriamo adesso gli approcci plurali nelle loro specificità,
tenendo presente il fatto che dall’uno all’altro approccio i confini
sono a volte labili.

.. Approccio interculturale

All’inizio, questa espressione si riferiva ad orientamenti didattici tesi


a salvaguardare le lingue e le culture d’origine degli alunni stranieri
(figli d’immigrati) e a far vivere in modo positivo l’inserimento nel
nuovo ambiente socio–culturale. Con il moltiplicarsi degli studi e
delle esperienze, il campo si è esteso a varie situazioni di contatto tra
lingue e culture.
Con l’approccio interculturale siamo in presenza di un intervento
didattico per il quale si richiede all’insegnante l’individuazione di
specifici contenuti e la scelta di precise strategie d’insegnamento.
Sul versante dei contenuti, l’attenzione si sposta dalla lingua alla
cultura: vengono messi a fuoco comportamenti, abitudini, rappre-
. Gli approcci plurali 

sentazioni e credenze del paese straniero e del proprio paese, così


come si manifestano nei diversi usi linguistici.
Sul piano metodologico, si privilegiano tutti quei procedimenti
che permettono all’apprendente di osservare, confrontare, cogliere
analogie e differenze tra culture, di rivedere e modificare le proprie
conoscenze sulla lingua e la cultura di origine, di costruire tra le di-
verse culture (la propria e quella straniera) delle relazioni di reciproca
conoscenza, comprensione e accettazione.
Per cogliere le diversità interne ad una cultura e quelle tra due
o più culture, i punti di convergenza e le divergenze, gli elementi
di conflitto che generano crisi o incomprensioni, ci vogliono vali-
di criteri di analisi, ma anche una definizione chiara dei campi da
esplorare: l’alunno va educato a fare uso di dati con riferimento a
precisi campi di osservazione (uomini, donne, fasce d’età, profes-
sioni, titoli di studio, ecc.). Non si comprende una cultura se non
in relazione a un’altra cultura. Ciò implica la conoscenza dell’una
e dell’altra.
Un esempio di approccio interculturale consiste nel lavorare sugli
stereotipi che circolano sui diversi popoli o gruppi sociali, smontarne
presupposizioni e pregiudizi che li alimentano e ne garantiscono la
durata e la circolazione.
L’approccio interculturale è, per definizione, un approccio com-
parativo: esso si fonda sull’oggettivazione, il decentramento, la
riflessione. Principale risultato atteso è la capacità del soggetto di
decentrarsi, di abbandonare la propria visione come unico modo
di vedere le cose, e di adottare provvisoriamente il punto di vista
dell’altro.
È chiaro che i contenuti e i procedimenti metodologici pos-
sono variare in relazione all’età e al grado di sviluppo cognitivo,
socio–affettivo e linguistico degli alunni ai quali l’intervento si
rivolge .

. Strumenti che possono aiutare gli insegnanti di lingua materna e di lingua straniera ad
attuare un approccio interculturale si trovano in particolare in due siti: nel primo (www.coe.int/
/t/dg/autobiography/Source/AIE) si propongono informazioni teoriche, strumenti per far
costruire agli alunni la loro autobiografia linguistica, nonché istruzioni per l’uso dei materiali.
Si tratta di attività che possono essere fatte in classe e dirette a ciascun alunno o al gruppo; nel
secondo (www.incaproject.eu/web/content.asp?) si presenta un manuale elaborato in  lingue
per alunni dai  ai  anni: il progetto inca (Intercultural Calendar for Early Multilingual Learning)
consiste in un pacchetto didattico per l’apprendimento delle lingue europee in un contesto di
apertura alle diversità culturali.
 Educazione linguistica e plurilinguismo

.. Intercomprensione

La prima ricerca internazionale sull’intercomprensione risale agli anni


Novanta del secolo scorso: essa portò alla produzione di un vero e
proprio metodo, EuRom , messo a punto e sperimentato con studenti
universitari parlanti una lingua romanza e che impararono a leggere altre
tre lingue romanze. Questa esperienza può essere considerata il punto
di partenza della didattica dell’intercomprensione (IC).
La nozione di IC richiama una facoltà linguistica generale dell’uomo,
un potenziale innato che può essere attivato in situazione di contatto tra
lingue diverse nell’atto comunicativo.
Gli obiettivi dell’approccio all’IC sono essenzialmente due: a) svilup-
po della capacità di comprendere testi scritti in una lingua non nota ma
vicina alla lingua materna o a una lingua già nota della stessa famiglia; b)
sviluppo della capacità di interagire e di comprendersi reciprocamente
tra interlocutori che usano lingue diverse (comprensione incrociata),
anche di famiglie linguistiche distanti.
Le scelte di base della didattica dell’IC sono state finora prevalente-
mente le seguenti:

— lavorare su una sola abilità privilegiando gli aspetti cognitivi: per


esempio, sul versante della comprensione scritta si esplicitano i
processi di costruzione dei significati, la gestione dell’ambiguità
e dell’approssimazione;
— valorizzare le conoscenze e le abilità già possedute dal sogget-
to: le competenze linguistiche in lingua materna e in eventuali
altre lingue costituiscono la base per l’accesso alle nuove lingue
straniere; si favorisce l’attivazione delle stesse strategie in lingue
diverse; si sfrutta la capacità di individuare somiglianze tra le
lingue per fare ipotesi di significato sulle nuove lingue; si lavora
sul lessico, sulla morfologia, sui generi testuali;
— valorizzare la parentela linguistica: l’IC è fondata sul transfer tra
lingue vicine; a forza di formulare e di verificare ipotesi lingui-
stiche, l’alunno scopre la grammatica e il lessico della lingua da
imparare, si costruisce una grammatica plurilingue che inclu-
de sia gli elementi di vicinanza, utili per transfer positivi, sia le
diversità di schemi e strutture.

Oltre allo sviluppo di competenze parziali (di comprensione) e di strategie


trasversali (transfer da una lingua verso le altre), le attività di IC danno al di-
. Gli approcci plurali 

scente l’opportunità di riflettere sulle conoscenze già possedute e di diventare


consapevole della propria lingua, nonché della cultura che essa esprime.
In circa venti anni, la ricerca, la sperimentazione e la produzione di
materiali multimediali si sono moltiplicate: all’abilità di comprensione
scritta si è affiancata la comprensione orale, alle lingue romanze si sono
aggiunte lingue di ceppi diversi, ai parlanti adulti o studenti universitari
si è aggiunto il pubblico scolastico di scuola primaria e secondaria.

.. Éveil aux langues

Questo approccio viene generalmente distinto in due tipi: Language


awareness e Ėveil aux langues. Il primo, nato in Inghilterra negli anni
Ottanta del Novecento, mira a sostenere gli scolari che si apprestano
a imparare a scrivere e punta soprattutto a sviluppare la capacità di
riflettere sui fenomeni linguistici; il secondo si sviluppa a partire dagli
anni Novanta attraverso ricerche internazionali legate ai programmi
europei (Socrate e Comenio) e ha l’obiettivo di sensibilizzare al
linguaggio e alle lingue/culture gli alunni di scuola materna, primaria
e secondaria di primo grado.
Questo approccio postula il contatto con un gran numero di
lingue. Lo scopo è far nascere atteggiamenti positivi nei confronti
della diversità linguistica, in particolare nei confronti delle lingue
minoritarie, delle lingue della migrazione o delle lingue regionali,
ma anche di sviluppare competenze metalinguistiche che possano
essere utili per continuare ad apprendere le lingue. Si cerca così di
valorizzare la lingua d’origine degli alunni stranieri presenti in classe,
per i quali la lingua della scuola non coincide con la lingua parlata
a casa, e di aprire gli orizzonti di tutti gli alunni ad altre lingue e
culture.
Nell’approccio si attribuisce un uguale peso sia alle lingue sia
alle culture; si privilegia il metodo comparativo, adatto a sviluppare
la capacità di decentramento e la riflessione linguistica. Sul piano
procedurale, la lingua della scuola è considerata il punto di partenza
per l’osservazione e il confronto con l’idioma nativo e con altre lingue.

. Per documentarsi sulle diverse ricerche, esperienze e produzioni si rinvia in particolare


ai siti www.redinter.eu, www.galanet.free.fr e www.euro-mania.eu. Altri siti interessanti sono i
seguenti: www.u-grenoble.fr/galatea; www.up.univ-mrs.fr/delic/Eurom/; http://dpel.unilat.
og/DPEL/creation/IR/index.fr.asp.
 Educazione linguistica e plurilinguismo

Si tratta in genere di interventi didattici di varia durata (poche ore


annuali o un intero trimestre) che non si prefiggono di sviluppare
competenze linguistiche, ma di far cogliere agli alunni le relazioni
tra lingue e culture diverse.
Attraverso queste forme di sensibilizzazione al linguaggio e alle
lingue i bambini imparano ad osservare codici verbali e non verbali,
supporti scritti e orali nelle varie lingue conosciute o studiate; essi
scoprono le varietà linguistiche e la pluralità delle forme e dei signi-
ficati espressi all’interno di uno stesso idioma e tra idiomi diversi,
confrontano modi diversi di esprimersi e di comunicare, riflettono su
certi usi linguistici considerati come “naturali”. Riconoscono quindi
la pluralità di idiomi esistenti e l’uguale dignità di ogni idioma, svi-
luppando atteggiamenti positivi nei confronti delle lingue presenti
nell’ambiente scolastico e in famiglia; nello stesso tempo, passano
dalle intuizioni spontanee sul linguaggio alle prime conoscenze me-
talinguistiche che servono loro per continuare a imparare la lingua
materna o le lingue della scuola.
Tra le esperienze realizzate a livello europeo si ricordano in parti-
colare Janua Linguarum EOLE — Education et Ouverture aux Langues à
l’Ecole — e le Sac à histoire () .

.. Didattica Integrata delle Lingue (DIL)

Con l’acronimo  ci si riferisce ad un approccio che considera come


campo d’intervento educativo unitario la lingua della scuola () e
le lingue straniere che entrano nel curricolo scolastico ( ,  ,
ecc.). Con questo approccio si vuole perseguire l’obiettivo di una
educazione linguistica globale, realizzando un curricolo linguistico
pensato e progettato come un tutto, nel quale si tenga conto dei
processi di acquisizione e di apprendimento della  e delle lingue
straniere, delle affinità e delle differenze tra i vari processi in funzione
del reciproco rinforzo.
Prima condizione per l’integrazione degli insegnamenti linguistici
è che gli insegnanti abbiano un quadro di riferimento comune sul
linguaggio e sull’apprendimento linguistico. A creare questo quadro
di riferimento contribuisce la nozione di competenza plurilingue

. Sull’argomento si possono consultare i seguenti siti: www.jaling.fr; www.ge.ch/


enseignement_primaire/sacdhistoires/; www.languageawareness.org/; www.div.univ.lemans.fr.
. Gli approcci plurali 

e pluriculturale così come definita nel Quadro Comune Europeo di


Riferimento per le Lingue: ogni parlante dispone di una competenza
linguistica complessa, costituita da un repertorio diversificato a cui
attingere secondo i suoi bisogni espressivi e comunicativi e secondo
le situazioni in cui si trova ad interagire linguisticamente.
Altra condizione per l’integrazione è che gli insegnanti favorisca-
no il potenziamento dei repertori linguistici degli alunni, valorizzan-
do la loro diversità linguistica e culturale. Più gli insegnamenti lingui-
stici sono tra loro collegati e coerenti, più si accrescono i repertori
linguistici individuali.
Un elemento di integrazione tra lingue è dato da una nuova consi-
derazione della : essa non è più soltanto la materia che deve fornire
le categorie grammaticali alla , ma diventa la base e il punto di
riferimento per l’apprendimento delle altre lingue. Il rapporto tra
le lingue è più globale, i contenuti della comunicazione diventano
prioritari, le forme sono apprese in funzione del senso e dello sco-
po (significato semantico e funzionale); i riferimenti da una lingua
all’altra sono costanti, il transfer di conoscenze, di competenze e di
strategie è incoraggiato, l’interferenza non è considerata un errore
ma un’opportunità di riflessione interlinguistica.
Un altro elemento di raccordo funzionale è costituito dall’opzione
comparativa: paragonare le lingue a vari livelli (lessicale, morfosintat-
tico, pragmatico, socio–culturale) stimola la riflessione, che diventa
strumento per lo sviluppo di competenze metalinguistiche e di con-
sapevolezza su come si impara una lingua. La riflessione linguistica
intesa in senso lato va condotta anche nelle lingue straniere in ma-
niera complementare rispetto a quella in  e può interessare anche
le strategie di apprendimento.

.. Gli approcci plurali e lo sviluppo della competenza plurilin-


gue e interculturale

Si è detto all’inizio che gli approcci plurali favoriscono lo sviluppo


della competenza plurilingue e interculturale. Dopo aver descritto i
quattro approcci, ci proponiamo adesso di chiarire quali competenze
vengono sviluppate tendenzialmente da ogni approccio e se si tratta
di competenze plurilingui e/o interculturali.
 Educazione linguistica e plurilinguismo

... L’approccio interculturale e l’adattamento ai contesti di alterità

Attraverso l’approccio interculturale l’alunno ha l’opportunità di af-


frontare situazioni e compiti che comportano l’utilizzazione di saperi,
saper essere, saper fare in ambito culturale. Partiamo dal seguente
compito :

Gestire una interazione interculturale durante la quale uno degli interlocu-


tori non smette di avvicinarsi molto agli altri interlocutori, cioè sconfina nel
loro spazio.

Il compito suddetto delinea una situazione comunicativa in cui


si evidenzia un problema che può far fallire l’interazione: una dif-
ferenza di comportamento tra interlocutori in presenza, che non
condividono lo stesso codice culturale relativo all’uso sociale dello
spazio. Per portare a buon fine l’interazione tenendo conto della
specifica diversità culturale, bisogna che l’apprendente acquisisca la
competenza di adattamento .
In che cosa consiste la competenza di adattamento? In primo
luogo l’apprendente deve prendere coscienza della difficoltà, cioè
deve essere capace di individuare nel comportamento del suo interlo-
cutore un elemento problematico: troppa vicinanza nello scambio?
Inoltre egli deve saper paragonare i comportamenti sull’uso dello spa-
zio nella sua cultura e in quella dell’interlocutore: in quali tratti i due
codici culturali sono differenti? Per potersi porre queste domande
l’apprendente deve sapere che esistono, nelle diverse culture, modi
differenti di usare lo spazio nell’interazione: che cosa sa sulle diverse
modalità di uso dello spazio? E infine egli deve essere disponibile a
trovare un modo di affrontare la situazione: è meglio modificare il
proprio comportamento? Oppure è preferibile spiegare la differenza
culturale? O ancora, è meglio chiedere all’interlocutore di modificare
il suo comportamento?
Nella ricerca di risoluzione del compito l’apprendente mette in at-
to dei saper fare (capacità di analisi, di confronto e di interpretazione),
utilizza dei saperi (conoscenza di codici culturali), manifesta un certo

. Il compito è tratto dal CARAP. Vd. «Italiano Lingua Due», vol. , n. , , p.  e
segg.
. Nella Tabella delle competenze globali del CARAP la competenza di adattamento fa parte
della più generale Competenza nel gestire la comunicazione linguistica e culturale in un contesto di
alterità (C). La Tabella è riprodotta in Stralcio , pp. -.
. Gli approcci plurali 

saper essere (apertura e flessibilità nella ricerca di una soluzione). Si


tratta di elementi che compartecipano nel processo di costruzione
della competenza di adattamento . Tra questi elementi, alcuni pos-
sono già essere stati acquisiti dall’apprendente, altri devono essere
acquisiti affrontando il compito (non da solo ma attraverso attività di
gruppo in classe).
Nel caso specifico, possiamo definire la competenza di adattamen-
to una competenza interculturale in quanto essa si sviluppa e si manife-
sta in situazione di interazione tra individui appartenenti a culture
diverse. La diversità linguistica ha qui una importanza secondaria.

... L’intercomprensione e la costruzione di un repertorio linguistico


plurale

L’intercomprensione si attua attraverso percorsi che hanno lo scopo di


far acquisire agli alunni delle conoscenze nei campi più disparati (at-
tualità, geografia, storia, arte, tecnologia, ecc.) leggendo documenti
scritti in lingue diverse.
Nelle attività di intercomprensione il focus didattico è duplice:
da una parte sulle strategie di comprensione scritta, dall’altra su ciò
che accomuna le diverse lingue e su ciò che è diverso. Il processo
di apprendimento si articola su obiettivi diversi ma tra loro comple-
mentari: lo sviluppo di una competenza trasversale di comprensione
scritta (competenza parziale) e l’ampliamento del repertorio lingui-
stico in senso plurale. A ciò si aggiunge la crescita della curiosità nei
confronti delle lingue e della fiducia nelle proprie capacità di capire
lingue non familiari.
L’esempio di intercomprensione che si propone di seguito è un
percorso didattico pensato per alunni di – anni. Esso ha diversi
obiettivi: a) sviluppare conoscenze nel campo della geografia (feno-
meno del vulcanesimo), b) fare acquisire capacità di lettura in sei
lingue romanze attivando le strategie già utilizzate nella lingua di
scolarizzazione, c) far riflettere su come si manifestano i rapporti di
parentela tra le lingue.

. Vd. Stralcio . La competenza di “adattamento” (C . ): una descrizione in termini di risorse,


pp. -.
. Questo esempio è tratto da:Materiali didattici in linea del CARAP. Si tratta di un modulo
Euromania.
 Educazione linguistica e plurilinguismo

Il percorso è articolato in varie fasi, la  è una lingua romanza (il


francese). Le lingue straniere sono anch’esse lingue romanze (porto-
ghese, spagnolo, italiano, occitano, romeno, catalano). Sequenza:

a) si parte dalla lettura di un breve testo informativo in  (fran-


cese) sui fenomeni legati al vulcanesimo e da sei immagini di
paesaggi;
b) si chiede agli alunni di osservare gli effetti del vulcanesimo
sui paesaggi (prima/dopo l’eruzione);
c) si propongono poi cinque brevi testi in lingue diverse. Ogni
testo è accompagnato da un supporto iconico–grafico che ne
facilita la comprensione. Si pongono semplici domande (in
) per la comprensione dei cinque testi;
d) segue un testo di istruzioni in  (Construis un modèle de vol-
can) che guida gli alunni a realizzare un’esperienza concre-
ta: costruire un piccolo vulcano e simulare il meccanismo
dell’eruzione;
e) dall’esperienza si passa alla riflessione su alcuni termini speci-
fici della  (mots–clefs);
f ) segue il confronto delle lingue a due a due osservando una
serie di frasi sui comportamenti da tenere in caso di terremoto
(italiano–romeno; spagnolo–portoghese; spagnolo–italiano;
portoghese–romeno, ecc. ). Gli alunni hanno il compito di
tradurre ogni frase in .

Per capire come s’intrecciano nel percorso gli obiettivi di comprensio-


ne scritta con quelli di riflessione interlinguistica si veda in particolare
la seguente fase del percorso didattico.

Fase e): “Viaggiamo nelle lingue”.

Viene proposto in lettura un breve stralcio del racconto Le Petit Prince


in portoghese, spagnolo, catalano, italiano, occitano e romeno. Agli alunni
si chiede di:

. Esempi: No usar el ascensor (ES)/Não usar o elevador (PT). stare lontano dalle finestre e
dagli specchi (IT)/Stai diparte de finestre şi oglinzi (RO).
. Testo dato in sei lingue (tra cui l’italiano) da tradurre in francese: Prima di partire per un
viaggio, il Piccolo Principe pulisce accuratamente i vulcani perché nessuno di loro entri in eruzione.
Pulisce anche il vulcano estinto, perché, come dice: «Non si sa mai. . . ».
. Gli approcci plurali 

— leggere i testi e riscriverne il contenuto in ;


— spiegare perché il piccolo principe vuole lasciare i vulcani puliti
(richiamo di conoscenze sul funzionamento dei vulcani);
— osservare tre termini specifici (vulcanico, vulcanismo, vulcanizzare)
nelle sei lingue (compresa la ) ed evidenziare le radici e i suffissi
(che cosa è comune e che cosa è diverso).

In conclusione, il modulo verte sul processo di comprensione di


lingue non conosciute utilizzando conoscenze non linguistiche (vul-
canesimo) e linguistiche (). Gli alunni osservano le somiglianze tra
le lingue, fanno ipotesi sulla struttura delle parole, rilevano le conver-
genze tra lingue della stessa famiglia e sviluppano una competenza
plurilingue.
Tale competenza è complessa, in quanto fa riferimento al sapere
(il vulcanesimo, le parentele linguistiche), al saper fare (osservare,
analizzare, confrontare, cogliere regolarità) e al saper essere (curiosità
verso le nuove lingue, capacità di guardare alla  come ad un oggetto
da osservare a distanza).
Nella scheda allegata ai materiali del modulo di IC vengono
elencati gruppi di risorse, tra le quali riportiamo, come esempi, le
seguenti:

— sapere: sapere che le lingue sono collegate tra di loro da rappor-


ti detti di parentela, sapere che esistono famiglie linguistiche
(K .);
— saper essere: essere curioso di comprendere le somiglianze e le
differenze tra la propria lingua e la lingua obiettivo (A ..),
sostenere l’ambiguità (A .);
— saper fare: saper isolare le unità grafiche (frasi, parole, unità
minime) (S ..); essere in grado di accedere almeno in parte
al senso di un enunciato in una lingua poco o per niente
conosciuta sulla base di una localizzazione delle parole e di
un’analisi della struttura sintattica/morfosintattica (S ..).

Queste micro–competenze, che si sviluppano attraverso i percorsi


di intercomprensione, concorrono allo sviluppo di una competenza
trasversale di comprensione scritta e alla costruzione di repertori
linguistici plurali.
 Educazione linguistica e plurilinguismo

... L’éveil aux langues e l’esperienza del decentramento

Le attività di Ėveil aux langues sono volte a far riflettere i giovanissimi


sulle lingue e le culture. Su un piano generale, si tratta di offrire
agli alunni occasioni di sviluppo di competenza metalinguistica e/o
metaculturale.
I compiti sono in genere inerenti alle discipline di studio; i mate-
riali possono essere sia linguistici sia iconici (immagini, documenti
audiovisivi). Gli alunni lavorano sui materiali individualmente, a
coppie e a piccoli gruppi per portare a termine il compito. Questo
consiste spesso in un percorso di esplorazione e scoperta che va dal
noto al nuovo a livello di saper fare, sapere e saper essere.
Per esemplificare l’approccio facciamo riferimento a un breve
modulo dal titolo Bonjour! elaborato per una classe di scuola primaria
del Quebec (Canada).

Descrizione del modulo

— obiettivo: prendere coscienza della diversità linguistica;


— materiali occorrenti: due sequenze video, un mappamondo,
quattro schede didattiche.

Il percorso didattico è articolato in fasi:

a) si inizia con la prima scheda: i bambini devono leggere un


elenco di frasi sulle lingue parlate in diversi paesi del mondo
e decidere quali frasi sono vere e quali false (es. La lingua
ufficiale del Brasile è il portoghese, V/F. Nelle Filippine si
parla il filippino, V/F, ecc.);
b) segue la visione e l’ascolto di una sequenza audiovisiva nella
quale compaiono dei bambini che dicono buongiorno in 
lingue diverse. Gli alunni sono stimolati a dire quali suoni
hanno sentito e quali lingue hanno identificato;
c) i bambini ricevono la seconda scheda: si chiede loro di col-
legare con frecce le parole che compaiono in due liste (ri-
spettivamente, i nomi dei bambini e le parole usate per dire

. Questo esempio è tratto da: Materiali didattici in linea del CARAP. Si tratta di un
modulo ELODIL .
. Gli approcci plurali 

buongiorno nelle diverse lingue). Per fare l’esercizio rivedono


la sequenza audiovisiva;
d) si passa quindi ad un secondo video, nel quale si rivedono gli
stessi bambini che dicono buongiorno in  lingue. Ora però
accanto ad ogni bambino figura il simbolo del paese (cartina
geografica) e la scritta che esplicita quale lingua vi si parla. Gli
alunni sono guidati con una scheda ad associare i nomi dei
bambini, la parola che usano per dire buongiorno, la lingua che
parlano e il simbolo del paese;
e) nella fase che segue gli alunni devono usare un mappamondo
per collocare i nomi dei bambini nei rispettivi paesi d’origine
e dire quale lingua essi parlano;
f ) il lavoro si conclude con una breve e semplice verifica: si
riprende la prima scheda e si controllano le risposte iniziali,
che vengono corrette dai bambini stessi. Risultato: gli alunni
scoprono la pluralità delle lingue parlate nel mondo.

Durante il percorso gli alunni ascoltano parole in  lingue diverse:


essi percepiscono suoni diversi e li mettono in relazione con uno
stesso significato (formula di saluto), individuano una pluralità di
nomi di persone, di luoghi, di lingue e stabiliscono delle correlazioni
tra persone, luoghi e lingue. Tutto questo mette in gioco dei saper
fare: ascoltare e osservare, percepire e confrontare, fare ipotesi e
controllare hanno lo scopo di attribuire un significato ai nuovi suoni
e di raggiungere un nuovo sapere (le lingue sono molte). Con ciò
gli allievi maturano una nuova consapevolezza (sapere che. . . ) e una
nuova disponibilità ad affrontare ciò che non è familiare (saper essere).
Nella scheda allegata ai materiali di questo modulo vengono
elencati gruppi di risorse tra le quali riportiamo le seguenti:

— sapere: sapere che esiste una grande pluralità di lingue nel


mondo (K .); sapere che non bisogna confondere tra loro il
paese e la lingua (K ..);
— saper essere: accettare che un’altra lingua/cultura possa preve-
dere elementi diversi da quelli della propria (A .); apertura
al non familiare (A ..);
— saper fare: saper identificare (individuare) all’ascolto un morfe-
ma o una parola (S ..); saper identificare delle lingue sulla
base di indizi sonori (S ..).
 Educazione linguistica e plurilinguismo

Possiamo dire che questo percorso tende a costruire una competenza


nell’attribuire senso a elementi linguistici e/o culturali non familiari. Essa
rientra nell’area delle competenze plurilingui e interculturali.

... La didattica integrata delle lingue e l’ampliamento del repertorio


linguistico

Come esempio di didattica integrata delle lingue si presentano di se-


guito alcune attività che servono a introdurre gli alunni allo studio
di una nuova lingua (l’italiano), mobilizzando le competenze in  (il
francese) e nella prima lingua straniera già appresa (lo spagnolo).
Si tratta di tre attività molto semplici. La prima consiste nella lettu-
ra di una serie di coppie di frasi in disordine, date in lingua spagnola
e nella nuova lingua; gli alunni sono invitati a classificare le diverse
frasi (spagnolo/italiano). L’esercizio comporta il riconoscimento di
ciò che è già noto (frasi in spagnolo) e la discriminazione del nuovo
(frasi in italiano).
La seconda attività consiste nella compilazione di una scheda a
tre colonne: le frasi precedenti sono trascritte sulla prima colonna
in francese (); gli alunni sono invitati a richiamare alla memoria e
a trascrivere nella seconda colonna le frasi in spagnolo ( ) e nella
terza quelle in italiano ( ).
Nell’ultima attività gli alunni osservano le frasi nelle tre lingue e
le confrontano per rilevare somiglianze e differenze. La riflessione
fa emergere che lo spagnolo è la sola lingua dove la domanda è
introdotta dal punto interrogativo, il francese è la sola lingua in cui
il pronome soggetto è sempre posto davanti al verbo; gli alunni
rilevano inoltre che in certi casi l’italiano e il francese sono più vicini
(es. journaliste, giornalista), in altri casi sono lo spagnolo e l’italiano
ad essere più vicini (es. gracias/grazie).
La breve sequenza di attività serve a far capire agli alunni che la
nuova lingua (l’italiano) non è del tutto straniera, in quanto fa parte
delle lingue romanze, come il francese e lo spagnolo.
Nella scheda allegata ai materiali vengono elencati gruppi di
risorse tra le quali riportiamo, a mo’ di esempi, le seguenti:

— sapere: sapere che esistono tra le lingue somiglianze e diffe-


renze (K ); sapere che ci sono modi diversi di marcare alcune

. Questo esempio è tratto da: Materiali didattici in linea del CARAP.
. Gli approcci plurali 

categorie (es. il plurale) (K ..); sapere che sonorità simili


possono dar luogo a grafie completamente diverse in lingue
diverse (K ..);
— saper fare: saper basarsi su una lingua nota per analizzare forme
di una nuova lingua (S ..); saper identificare delle lingue
sulla base dell’individuazione di forme linguistiche (S .);
saper effettuare transfer interlinguistici (S .).

Dall’esemplificazione si evidenziano due tratti tipici della didattica in-


tegrata: l’utilizzazione del sapere e del saper fare acquisiti in  e nella
 già studiata per l’accesso ai significati della seconda lingua straniera
e la riflessione interlinguistica sul lessico e sulle strutture morfosin-
tattiche. Le due procedure sono considerate adatte a incrementare lo
sviluppo della competenza plurilingue .

.. Gli approcci plurali per l’innovazione didattica

Nel Quadro di Riferimento per gli Approcci Plurali alle Lingue e alle
Culture si sottolinea il ruolo fondamentale che possono svolgere
questi approcci nella costruzione della competenza plurilingue e
interculturale di ciascun individuo in quanto:

— essi sfruttano le sinergie tra le lingue e favoriscono la messa a


fuoco di ciò che è più generale nei fatti linguistici e culturali
(il “translinguistico” e il “transculturale”);
— essi fanno leva sulle capacità acquisite in una lingua/cultura
particolare per accedere più facilmente ad un’altra lingua/cultura.

Gli approcci plurali non sostituiscono quelli attualmente più diffusi


nell’insegnamento delle lingue considerate singolarmente, come ad
esempio l’approccio comunicativo. Essi possono comunque essere
integrati alle pratiche didattiche correnti per aiutare l’apprendente ad
arricchire la sua competenza plurilingue, guidarlo a costruire saperi,
saper fare e saper essere che riguardano fatti linguistici e culturali più
generali e che risultano utili nell’apprendimento e nell’uso di lingue
diverse.
. Secondo il quadro definito nel CARAP, la  appare funzionale allo sviluppo della
competenza di costruzione e di ampliamento di un repertorio linguistico e culturale plurale (C ., p.
).
 Educazione linguistica e plurilinguismo

La diffusione degli approcci plurali viene vista come una strategia


per stimolare l’innovazione didattica nell’ambito dell’educazione lin-
guistica: attraverso questi approcci le potenziali sinergie tra le lingue
sono messe a profitto nell’insegnamento e nell’apprendimento di lin-
gue diverse in funzione dello sviluppo della competenza plurilingue
e interculturale.

STRALCI

Da: CARAP – Un Cadre de Références pour les Approches Plurielles des Langues et
des Cultures, Compétences et Ressources, ECML. Trad. it. a cura di di A. M. Curci e
E. Lugarini. In «Italiano LinguaDue», vol. , n. , .

. Tabella delle competenze globali (§ )

Competenze che mobilitano, nella riflessione e nell’azione, forme di


sapere, saper fare, saper essere

— valide per ogni lingua e ogni cultura;


— concernenti le relazioni tra lingua e cultura.
. Gli approcci plurali 

C C
Competenza nel gestire la comuni- Competenza di costruzione e di am-
cazione linguistica e culturale in un pliamento di un repertorio linguistico
contesto di alterità e culturale plurale
C . C . C . C .
Competenza di riso- Competenza di ne- Competenza nel Competenza nell’at-
luzione dei conflit- goziazione trarre profitto dalle tivare, in contesti
ti/ostacoli/malintesi proprie esperienze di alterità, procedu-
interculturali/inter- re di apprendimen-
linguistiche to più sistematiche,
più controllate
C . C .
Competenza di Competenza di
mediazione adattamento
C
Competenza di decentramento
C
Competenza nell’attribuire senso a ele-
menti linguistici e/o culturali non
familiari
C
Competenza di distanziamento
C
Competenza nell’analizzare in maniera
critica la situazione e le attività (comuni-
cative e/o di apprendimento) nelle quali
si è impegnati
C
Competenza nel riconoscimento del-
l’Altro, dell’alterità
 Educazione linguistica e plurilinguismo

. La competenza di “adattamento” (C . ): una descrizione in termini di


risorse (§ ..)

(S = saper fare; K = sapere; A = saper essere; esempi tratti dalle pp.


–)

Saper fare
S .  Saper identificare comportamenti particolari legati a differenze importante
culturali
S .  Saper padroneggiare procedure di comparazione necessario
S .  Saper confrontare le culture comunicative necessario
S . . .  Saper confrontare i propri repertori / necessario
comportamenti con quelli di parlanti altre lingue
S . . .  Saper confrontare le pratiche di comunicazione necessario
non verbali di altri con le proprie
S .  Saper chiarire malintesi importante
S .  Saper comunicare tenendo conto delle differenze sociolinguisti- necessario
che/socioculturali
. Gli approcci plurali 

Saperi
K Avere conoscenze su ciò che sono le culture, sul loro necessario
funzionamento
K .  Sapere che in ogni cultura gli ‘attori’ definiscono necessario
regole /norme/valori (parzialmente) specifici
concernenti le pratiche sociali/i comportamenti
K .  Saper che la cultura e l’identità influiscono sulle necessario
interazioni comunicative
K .  Sapere che le differenze culturali possono essere importante
all’origine di difficoltà nel momento della
comunicazione/dell’interazione verbale/non verbale
K .  Sapere che l’interpretazione che gli altri danno dei necessario
nostri comportamenti può essere diversa dalla nostra
K .  Conoscere le [essere consapevoli delle] reazioni che si necessario
possono avere nei confronti della differenza (di
lingua/di linguaggio/di cultura)
K .  Conoscere strategie che permettono di risolvere i necessario
conflitti interculturali
Saper essere
A .  Essere disposto ad assumere un atteggiamento di necessario
distanza dalla propria lingua/cultura ed osservare la
propria lingua dall’esterno
A .  Volontà di adattamento/flessibilità del proprio importante
comportamento nell’interazione con persone
linguisticamente/culturalmente diverse da sé
Capitolo VI

Le lingue straniere
per lo studio di altre materie

Il Content and Language Integrated Learning () si inquadra oggi


all’interno della politica linguistica del Consiglio d’Europa orientata
alla formazione del cittadino europeo come parlante plurilingue.
Questo approccio si è sviluppato nel mondo anglosassone fin
dagli anni Sessanta del Novecento per potenziare l’apprendimento di
una lingua straniera utilizzandola come veicolo per l’apprendimento
di altri contenuti (immersione totale) .
L’acronimo  è stato introdotto all’inizio degli anni Novanta.
Sebbene il termine nasca in lingua inglese, va precisato che le va-
rie esperienze didattiche registrano l’utilizzo anche di altre lingue
straniere, come risulta dai vari acronimi che sono nati in diverse
lingue:
: Enseignement d’une Matière par l’Intégration d’une Langue
Etrangère
: Aprendizaje Integrado de Conocimientos Curriculares y Lenguas
Extranjera
: Fremdsprache als Unterrichts — und Arbeitssprache.
Esistono varie forme di  secondo l’età degli allievi coinvolti, il
numero delle discipline e il numero delle ore dedicate. Vi sono forme
di immersione precoce (fin dalla scuola materna) e parziale (uso della
 in attività relative ad alcune materie), forme di immersione totale
(tutte le materie sono coinvolte, tranne la ), forme con più lingue
veicolari e più materie coinvolte (uso di  diverse nell’insegnamento
delle materie nel corso del tempo).
In quasi tutte le forme di  l’insegnamento della lingua stra-
niera e quello della materia specifica vanno di pari passo e ogni
insegnamento è concepito in modo da risultare funzionale all’altro:

. Sull’argomento si possono consultare utilmente: www.clilcompendium.com e www.


emilangues.education.fr/


 Educazione linguistica e plurilinguismo

l’apprendimento della materia non linguistica avviene con e attraver-


so una lingua straniera. Questo approccio integrato di lingua e conte-
nuti richiede una specifica preparazione degli insegnanti non solo su
strategie e tecniche d’insegnamento della lingua straniera, ma anche
sul processo di apprendimento bi–plurilingue e sulla individuazione
degli obiettivi di lingua e contenuti non linguistici.
Come valore aggiunto rispetto al normale processo di appren-
dimento linguistico, il  favorisce lo sviluppo dei mezzi lingui-
stici che servono per riflettere e pensare nelle discipline scolastiche.
Inoltre esso conferisce una maggiore autenticità alla comunicazione
didattica (interazione autentica in classe).
Per ricostruire lo sviluppo del  è interessante rileggere tre
documenti del Consiglio d’Europa: il Quadro Comune Europeo di Rife-
rimento per le Lingue (), il Documento Europeo di Riferimento sulle
Lingue dell’Educazione () e la Guida per lo sviluppo e l’attuazione
di curricoli .

.. Il CLIL nel Quadro Comune Europeo

Nel  si afferma che la finalità generale della politica linguistica


del Consiglio d’Europa è di pervenire a una maggiore unità tra i suoi
membri. La diversità linguistica e culturale che caratterizza l’Europa
non deve costituire un ostacolo all’unità, ma deve essere considera-
ta piuttosto come un bene comune da proteggere e incrementare;
non deve rappresentare una barriera alla comunicazione, ma deve
diventare fonte di arricchimento per tutti.
Perché ciò sia possibile è necessario che tutti i settori della po-
polazione di un qualsiasi Stato membro dell’Europa acquisiscano la
capacità di usare le lingue di altri Stati membri . Il plurilinguismo
diffuso viene assunto come obiettivo politico–educativo.
Perché? È facile capire che l’apprendimento delle lingue può far
superare le barriere linguistiche e culturali, che producono spesso in-
comprensione e intolleranza; la conoscenza e l’uso delle lingue degli altri
può facilitare la mobilità del cittadino europeo sia all’interno della UE,
sia all’esterno e favorire i processi di integrazione europea. A propo-

. Vd. Riferimenti bibliografici.


. Raccomandazione R  — , v. “I testi fondativi del Consiglio d’Europa”, p. .
. Raccomandazione R  — , c. s.
. Le lingue straniere per lo studio di altre materie 

sito di plurilinguismo, appare utile introdurre qualche precisazione.


Secondo il , plurilingue non è colui che domina due o tre lingue
al massimo livello ma colui che possiede un repertorio linguistico
diversificato al suo interno sia nelle varietà di una lingua sia in lingue
diverse che conosce in gradi diversi. Il plurilinguismo è, ad esempio,
la capacità di un individuo di utilizzare le lingue che conosce per
capire un testo di una lingua che non conosce, riconoscendo parole
che appartengono a un deposito lessicale comune tra più lingue; è
la capacità di utilizzare la conoscenza anche minima in una lingua,
mettendo in gioco tutto quello che si sa e utilizzando anche codici
non verbali (gesti, mimica, ecc.) per facilitare la comunicazione tra
due persone che non hanno una lingua in comune.
L’educazione è plurilingue se il repertorio linguistico di un in-
dividuo non è costituito da conoscenze separate, ma da una unica
competenza comunicativa in cui confluiscono diverse lingue e diverse
varietà in rapporto tra loro.
Nel promuovere il plurilinguismo e la diversificazione linguistica
i sistemi scolastici europei devono seguire alcuni principi–base:

— l’insegnamento–apprendimento di una lingua deve essere pen-


sato e realizzato in relazione alle altre lingue che si studiano
(es.  –);
— gli obiettivi di insegnamento–apprendimento di una lingua
non devono essere necessariamente uguali a quelli delle altre
lingue;
— bisogna favorire il transfer di abilità e strategie da una lingua
all’altra;
— i percorsi didattici devono essere sviluppati sempre in modo
che le conoscenze, le abilità e il metodo di studio in ogni
lingua siano funzionali all’educazione linguistica generale
dell’allievo.

Per maggiore chiarezza si propone uno scenario, tra quelli presentati


nel , che consiste in un’ipotesi di curricolo plurilingue nel quale
trova spazio l’insegnamento .
 

Scuola primaria. Si inizia l’approccio ad una lingua straniera ( ) con l’obiet-
tivo di sviluppare la sensibilità generale ai fenomeni linguistici mettendo in
rapporto la lingua nativa con altre lingue presenti nell’ambiente scolastico.
 Educazione linguistica e plurilinguismo

L’attenzione è focalizzata su obiettivi parziali connessi con le competenze


generali dell’individuo.

Scuola secondaria di primo grado. Si prosegue la   focalizzando l’attenzione


sullo sviluppo della competenza comunicativa (competenza linguistica, so-
cio–linguistica e pragmatica). Si inizia la   tenendo conto di ciò che è stato
acquisito nella scuola primaria grazie alla  , ma si perseguono obiettivi
leggermente differenti da quelli della   (ad esempio, si privilegiano le
attività di comprensione).

Scuola secondaria di secondo grado. Si riduce l’insegnamento della   che


può essere usata per insegnare un’altra materia (). Nella   si mantiene
l’enfasi sulla comprensione, concentrandosi in particolare sui diversi tipi di
testo e sull’organizzazione del discorso con riferimento a ciò che si sta ap-
prendendo, o che si è già appreso, nella lingua madre. Nel caso si introduca
una   si darà spazio ad attività correlate a strategie di apprendimento già
sperimentate in altre lingue. Gli studenti saranno avviati al lavoro autonomo
(programmi individuali o di gruppo).

Si osservi che questo scenario rispetta i principi–base sopra elen-


cati. Infatti:

— vi si valorizzano i rapporti tra lingue diverse;


— si diversificano gli obiettivi delle lingue nella scuola secondaria
di primo e secondo grado;
— si guidano gli alunni a riflettere su come si impara;
— si assegna ad una lingua straniera la funzione veicolare (lingua
d’insegnamento di una disciplina).

Esso permette di capire cosa s’intende nel  per plurilinguismo


e diversificazione linguistica e in quale contesto si colloca la funzione
veicolare assegnata alla lingua straniera.

.. Il CLIL nel Documento Europeo di Riferimento sulle Lingue del-


l’Educazione

Nel  viene introdotto il concetto di lingua di scolarizzazione sia


come materia sia come strumento per insegnare–apprendere le altre
materie.
In relazione a questo concetto, due principi ci aiutano a compren-
dere come si va precisando la proposta d’insegnamento :
. Le lingue straniere per lo studio di altre materie 

a) con l’espressione lingua di scolarizzazione si intende sia la lin-


gua nativa, sia anche una qualsiasi lingua straniera che faccia
parte del repertorio linguistico degli apprendenti;
b) l’esperienza di apprendimento/uso di una lingua (nativa o
straniera) si realizza in continuità/progressione verticale e in
correlazione con le altre lingue.

In questa ottica, gli insegnamenti linguistici devono essere ripensati


secondo un principio di integrazione. Le vie per l’integrazione pas-
sano attraverso l’elaborazione di un curricolo delle lingue pensato
come un tutto, al di là delle specificità disciplinari. Inoltre, si ren-
de necessaria l’adozione di un approccio inter– e transdisciplinare
nell’insegnamento delle altre discipline. Infine, occorre individuare
tra le discipline linguistiche e le altre discipline un’area trasversale
in cui si realizzano alcune operazioni — cognitive e linguistiche —
che sono sempre presenti nel curricolo: leggere testi, riassumere,
costruire un ragionamento, ascoltare e prendere appunti, esporre. . .
Su queste basi, si precisano quindi i caratteri che devono connota-
re il curricolo plurilingue:

— la sensibilizzazione alla pluralità delle lingue e delle culture;


— la diversificazione delle lingue e degli obiettivi delle varie
lingue;
— la componente linguistica presente in tutte le discipline non
linguistiche;
— la trasversalità linguistico–cognitiva delle discipline scolasti-
che.

In particolare, nel  si sottolinea che «gli insegnanti di discipline


non linguistiche, in collaborazione con gli insegnanti di lingue, hanno
interesse a definire i tipi di discorsi e testi scritti e orali, così come le
attività discorsive più frequentemente sollecitate dalle loro discipline
e nelle loro classi».
In definitiva, l’integrazione tra lingue e altre discipline si realizza
prioritariamente nell’«insegnamento di contenuti disciplinari in una
lingua che non è quella — abituale — della scolarizzazione» .

. Vd. Coste et alii (). Trad. it. a cura di R. Calò e S. Ferreri (). § ..., p. .
 Educazione linguistica e plurilinguismo

.. Il CLIL nella Guida per lo sviluppo e l’attuazione di curricoli

L’approccio al  nell’ottica del curricolo plurilingue viene ripreso


e sviluppato nella Guida. Ci interessa in particolare quanto si dice in
questo testo riguardo all’insegnamento bilingue :

Se si pensa di attivare un insegnamento bilingue è bene tenere presente che


esso può prendere forme molto diverse: dalle più ambizione e quindi più
costose alle più modeste e meno dispendiose. Certe forme di bilinguismo,
molto apprezzate e valorizzate, rispondono a una concezione massimalista
e possono far presumere che l’insegnamento bilingue sia concepibile in
termini di “tutto o niente”. Invece, tra le forme istituzionali d’insegnamento
bilingue si possono trovare le seguenti:

— insegnamento bilingue per immersione, nel quale, almeno in fase


iniziale, qualsiasi apprendimento (o buona parte di esso) avviene in
una seconda lingua di scolarizzazione;
— insegnamento bilingue reciproco o per doppia immersione, che vede
insieme due gruppi di allievi, uno parlante la lingua maggioritaria e
uno la lingua di minoranza o di immigrazione (es. tedesco e turco in
Germania);
— insegnamento di una o più materie in una lingua e di una o più
materie nell’altra lingua, con la possibilità (se si vuole) di alternare
nel tempo le due lingue nell’insegnamento di una materia (o di più
materie);
— insegnamento in cui si alternano due lingue in una o più materie;
— insegnamento linguistico intensivo della seconda lingua di scolarizza-
zione nel primo anno e utilizzazione di questa lingua in una o più
materie negli anni successivi in alternanza (o senza) con la prima
lingua di scolarizzazione;
— forme di  (Content Language Integrated Learning) o  (En-
seignement d’une Matière Integrée à una Langue Etrangère) attraverso
attività più o meno frequenti ed estese in lingua straniera in una o
più materie;
— progetti interdisciplinari plurilingui, realizzati utilizzando tutte le
lingue insegnate;
— uso di supporti didattici plurilingui relativi ad una o più materie, sia
nell’insegnamento della lingua sia nell’insegnamento delle materie
considerate.

Quanto poi alle modalità organizzative da seguire nell’insegnamento


bilingue si riportano di seguito alcune delle indicazioni relative ad
uno scenario curricolare.

. Béacco et al. (). In «Italiano Lingua Due», n. , , § .., pp. –.
. Le lingue straniere per lo studio di altre materie 

 

Scuola dell’infanzia. Educazione precoce alla pluralità e alla diversità delle


lingue attraverso l’accoglienza e il riconoscimento dei repertori dei bambini.
La sola lingua insegnata come materia è la lingua di scolarizzazione. Essa è
utilizzata in tutte le attività. Tra gli obiettivi da perseguire si segnalano i se-
guenti: a) far comprendere la diversità interna alla lingua di scolarizzazione;
b) far riconoscere e valorizzare la pluralità di lingue che esiste nella classe e
fuori; c) utilizzare, se possibile, le lingue degli allievi nelle diverse attività e
nei giochi.

Scuola primaria. L’attenzione alla diversità interna alla lingua di scolarizza-


zione si estende ad altre dimensioni (lingua scritta e lingua orale, uso della
lingua nei diversi ambiti disciplinari con la varietà di generi e codici). La
prima lingua straniera viene introdotta al fine di arricchire il repertorio lin-
guistico degli allievi e di ampliare il lavoro sulla pluralità iniziato nella lingua
di scolarizzazione. Vengono introdotti progressivamente e con regolarità
documenti scritti e orali in lingua straniera rappresentativi dei generi di
discorso dei vari ambiti disciplinari. Questi documenti sono inizialmente
ridondanti (contenuti già appresi nella lingua di scolarizzazione), in un se-
condo momento servono a presentare nuovi contenuti e a sviluppare la
comprensione orale o scritta.

Scuola secondaria di primo grado. In questo ciclo inizia lo studio di una se-
conda lingua straniera con la stessa finalità già stabilita per la prima lingua
straniera nel ciclo elementare. Gli insegnanti di lingue cercano di perse-
guire obiettivi e metodi convergenti nelle due lingue straniere, anche se
con opportuni scarti temporali. L’educazione plurilingue e interculturale si
fonda in parte sui contenuti delle varie discipline. Gli insegnanti delle lingue
e delle diverse discipline riflettono insieme e pianificano i loro interventi
disciplinari a livello linguistico, discorsivo e semiotico. Nella prima lingua
straniera, insegnata come materia, vengono utilizzati anche documenti ri-
feriti alle diverse discipline e vengono praticate forme di espressione orale
e scritta simili a quelle che si praticano in lingua di scolarizzazione nelle
altre discipline. Queste attività possono essere svolte anche nelle ore relative
alle diverse discipline se gli insegnanti delle discipline considerate hanno la
necessaria competenza linguistica. Si prevedono anche lezioni in collabora-
zione tra e con gli insegnanti di lingue.

Scuola secondaria di secondo grado. In questo ciclo, l’insegnamento della lingua


di scolarizzazione e delle due lingue straniere come materie è finalizzato a
preparare gli allievi ad entrare nel mondo del lavoro o a continuare a studia-
re. Nelle discipline caratterizzanti gli indirizzi si utilizzano lingue, linguaggi
e generi di discorso molto più specifici e precisi che nei cicli precedenti.
In questo percorso, la lingua di scolarizzazione e le due lingue straniere
sono impegnate insieme a far riflettere gli allievi e a sostenere lo sviluppo
di competenze diverse nelle diverse lingue. Verso la fine di questo ciclo la
 Educazione linguistica e plurilinguismo

prima lingua straniera potrebbe cessare di essere insegnata come materia ed


essere utilizzata come lingua di una disciplina, in alternanza con la lingua
di scolarizzazione. La collaborazione tra insegnanti di lingua permette di
rafforzare l’insegnamento, di creare passerelle e di attivare strategie di trans-
fer interlinguistico. Il lavoro comune con gli insegnanti delle altre discipline
permette di creare raccordi didattici tra la disciplina che caratterizza un
indirizzo e la sua componente linguistica.

Come si vede, all’interno di questo quadro si collocano esperienze


diverse a vari livelli. Per esempio:

— utilizzare le lingue degli allievi nelle diverse attività e nei


giochi (scuola infanzia);
— introdurre documenti scritti e orali in lingua straniera rappre-
sentativi di vari ambiti disciplinari (scuola primaria);
— utilizzare documenti in lingua straniera relativi alle diverse di-
scipline e praticare forme di espressione orale e scritta simili a
quelle che si praticano nelle altre discipline (scuola secondaria
° grado);
— utilizzare la prima lingua straniera come lingua di una disci-
plina in alternanza con la lingua di scolarizzazione (scuola
secondaria ° grado).

Per concludere, ancor più degli altri documenti la Guida ci aiuta a


capire che il  si può realizzare in modi diversi, con continuità e
con gradualità, a partire dal livello pre–elementare fino alla secondaria
superiore e che tale approccio può essere integrato nel curricolo in
quanto strumento che concorre a realizzare l’educazione plurilingue
e pluriculturale del cittadino europeo.
Capitolo VII

Preparare il terreno al plurilinguismo

Cosa si può fare nell’immediato e nel medio termine per realizzare


l’educazione plurilingue e interculturale? Ci sono alcune iniziative
didattiche che possono essere attuate da insegnanti di qualsiasi disci-
plina, attività che richiedono il coinvolgimento degli insegnanti di
lingue, da soli o in collaborazione con i colleghi di altre discipline
che abbiano una buona competenza in una lingua straniera, progetti
attuabili dal consiglio di classe nell’ambito di una politica linguistica
dell’intero istituto.
La Guida per lo sviluppo e l’attuazione di curricoli si chiude con
cinque appendici. La quinta appendice, Metodi di apprendimento e
attività, presenta un insieme di approcci e attività che possono con-
tribuire all’attuazione dell’educazione plurilingue e interculturale.
Nell’elenco si distinguono:

a) approcci che implicano un impegno prolungato nel tempo,


che riguardano l’apprendimento delle lingue sia come materie
sia come strumenti per lo studio di altre discipline;
b) approcci e/o attività ben delimitate nel tempo, che mirano a
sviluppare competenze comunicative parziali in lingue diverse,
strategie trasversali o competenze interculturali;
c) attività di breve durata, che possono contribuire a preparare il
terreno all’educazione plurilingue e interculturale.

I vari approcci e le diverse attività non si escludono tra loro; anzi


possono coesistere e tutti concorrono insieme a fondare la didattica
del plurilinguismo. Nell’appendice gli approcci e le attività vengono
presentati analiticamente; per alcuni tipi vengono segnalati dei siti che
forniscono informazioni ed esempi di buone pratiche. Presentiamo
di seguito alcune attività di breve durata (punti b e c), già ampiamente
sperimentate dagli insegnanti.

. Vd. Il curricolo plurilingue, p. , e Riferimenti bibliografici.


 Educazione linguistica e plurilinguismo

.. Alcune iniziative didattiche

Le proposte didattiche che seguono possono favorire lo sviluppo


della cultura del plurilinguismo e preparare il terreno al curricolo
plurilingue e interculturale. Si va dal semplice ricorso a supporti,
orali o scritti, in una lingua diversa da quella d’insegnamento fino
alla realizzazione di scambi tra classi di paesi diversi.

... Utilizzare fonti d’informazione diverse dal manuale

Nell’insegnamento di una disciplina non linguistica (storia, geografia,


scienze, arte, diritto, educazione fisica, ecc.) l’insegnante può fare
ricorso a fonti d’informazione diverse dal manuale di studio in uso:
testi di divulgazione, opuscoli informativi, articoli pubblicati su rivi-
ste scientifiche o tecniche o anche su quotidiani. Testi e documenti
complementari possono essere in lingua straniera (in rete sono repe-
ribili materiali su varie tematiche nei siti specializzati). L’insegnante
che conosce una data lingua straniera può inserire nelle sue lezio-
ni documenti (orali o scritti) in quella lingua. Lo scopo di questa
attività è di proporre agli allievi punti di vista diversi sui contenuti
disciplinari.
Condizione necessaria affinché questa attività sia praticabile è che
gli allievi abbiano, nella lingua straniera, una competenza di livello
adeguato alla complessità del tema e al tipo di supporto selezionato.
Qualche esempio: per leggere una carta geografica in lingua tedesca
può essere sufficiente una competenza in quella lingua a livello A ;
per leggere un documento sulla Gallia all’epoca della conquista ro-
mana sarà forse sufficiente conoscere la lingua francese a livello A;
per capire un articolo della rivista Science sarà necessario possedere
una competenza in lingua inglese di livello B o B. L’insegnante della
disciplina (geografia, storia, scienze, ecc.) potrà chiedere al collega
di lingua straniera di valutare la complessità del documento scelto in
relazione al livello di competenza linguistica raggiunto dagli allievi.
Questa attività può essere praticata in particolare nelle classi di
scuola secondaria. È evidente che essa avrà successo se gli alunni

. I livelli A, A, B, B, C, C (di cui al ) indicano i diversi gradi di competenza
linguistico–comunicativa in una lingua straniera in senso progressivo, dal livello iniziale (A)
fino a un livello di padronanza simile a quella di un parlante nativo (C).
. Preparare il terreno al plurilinguismo 

riusciranno a capire facilmente il documento in lingua straniera e a


ricavarne nuove conoscenze e nuovi punti di vista sulla disciplina.

... Praticare l’alternanza linguistica

La seconda proposta è simile alla prima, solo che l’attenzione non è


più sul supporto utilizzato ma sulle attività linguistiche da svolgere.
Per esempio, far leggere un racconto in una lingua (es. in italiano)
e farne ascoltare la registrazione in un’altra lingua (francese, spa-
gnolo, tedesco, ecc.); oppure fare ascoltare un racconto registrato in
una lingua (es. in inglese) e farne fare il riassunto in un’altra (es. in
italiano).
Le attività plurilingui possono essere frequenti nell’insegnamento
delle lingue straniere in quanto si prestano a far praticare l’alternanza
linguistica (dall’italiano alla lingua straniera e viceversa) in tutte le
classi, dalla scuola primaria alla secondaria di secondo grado.
Lo scopo prevalente di questa attività è di offrire agli alunni l’op-
portunità di affrontare compiti linguistici che li spingono a superare
degli ostacoli, a correre dei rischi, a mobilitare conoscenze e strategie
e a sviluppare competenze di mediazione linguistica.
I materiali da utilizzare sono quelli in dotazione della classe e
della scuola (libri di testo, audiovisivi, CD, film, brevi testi letterari in
edizione semplificata, ecc.).

... Studiare una lingua per un numero limitato di ore

La proposta che segue è un po’ più complessa: essa è denominata cur-


ricolo minimo. Con questa espressione si fa riferimento ad esperienze
di apprendimento di una lingua totalmente nuova per un numero
limitato di ore. Per esempio, un corso di  ore di greco moderno per
alunni che si apprestano a fare un viaggio di studio in Grecia; o anco-
ra un modulo di  ore su usi e tradizioni del paese di provenienza di
un gruppo di alunni stranieri che vengono accolti a scuola.
Con il curricolo minimo si mira a sviluppare una competenza
molto limitata in una nuova lingua o a permettere la conoscenza di
alcuni aspetti di una nuova cultura.
Queste esperienze vanno realizzate in stretta connessione con
situazioni e contesti precisi e motivanti per gli studenti; esse possono
adattarsi a qualsiasi livello scolastico, ma soprattutto a gruppi di alunni
di scuola secondaria e sempre in base a risorse ben pianificate (esperti
 Educazione linguistica e plurilinguismo

esterni, materiali e supporti elaborati ad hoc, eventuale monte ore


extracurricolare, ecc.) .

... Comunicare a distanza

Praticare la mobilità virtuale comporta il contatto a distanza tra classi


per realizzare un progetto comune. Il progetto può richiedere delle
attività linguistiche praticabili on line (scambio di mail, chat, forum,
classi virtuali, ecc.), la ricerca di materiali su tematiche di interesse
comune, una produzione multimediale, ecc.
La mobilità virtuale ha lo scopo di motivare gli alunni a coope-
rare con interlocutori lontani e sconosciuti. Questo tipo di attività
comporta infatti la necessità di comunicare per negoziare contenuti
e modi di operare, per decidere tempi e fasi, strumenti e risorse ne-
cessarie. E proprio attraverso la negoziazione gli alunni imparano a
definire il campo d’azione e i mezzi compatibili per lavorare insieme
e confrontare punti di vista.
L’assunzione di un compito comune implica il pieno coinvolgi-
mento degli alunni, i quali acquisiscono le competenze funzionali al
compito e sviluppano insieme capacità di mediazione e di dialogo
interculturale.

... Visite e scambi interculturali

L’esperienza di mobilità virtuale rientra nell’area della didattica degli


incontri interculturali. Questa didattica si è sviluppata sotto l’impulso
dei progetti europei. Un progetto di incontro culturale tra classi
di paesi in cui si parlano lingue diverse comporta la mobilità reale,
cioè lo scambio di visite per lo svolgimento di attività funzionali al
progetto.
Il progetto può comportare lo studio di una tematica curricolare
di interesse comune, la ricerca di soluzioni a un problema comune,
la presentazione dei risultati e la valutazione dell’esperienza. In molti
casi, è richiesta la collaborazione tra insegnanti di lingue e insegnanti
di materie non linguistiche.
La didattica degli incontri interculturali ha lo scopo primario di
sviluppare negli alunni competenze linguistiche e atteggiamenti po-
sitivi nei confronti degli altri, di far crescere la capacità di dialogo

. Vd. un esempio di curricolo minimo in www.italianosubito.ch/index.php?option.


. Preparare il terreno al plurilinguismo 

interculturale e l’autonomia. Essa ha una componente essenziale


nell’approccio interculturale , comporta, ovviamente, il ricorso a sup-
porti multilingui, ad attività plurilingui e può richiedere anche, come
misura facilitante, l’attuazione di un curricolo minimo in una nuova
lingua.
Si tratta di un’esperienza educativa che richiede l’uso di più lingue,
sia quelle studiate a scuola sia altre lingue meno diffuse. Questo
tipo di didattica sembra particolarmente adatta ad alunni di scuola
secondaria superiore, che hanno già una competenza linguistica in
una o in due lingue straniere almeno a livello A–B.

.. Qualche risposta alla domanda iniziale

All’inizio ci siamo chiesti che cosa fare per favorire l’educazione plu-
rilingue e interculturale. Uno sguardo d’insieme alle attività sopra
presentate ci permette di dire che molto si può fare, a partire da
oggi e nel medio termine, se si comincia a ragionare sulle risorse
disponibili e anche sulle concrete esperienze gia fatte.
Il quadro di cui sopra contribuisce a delineare almeno in parte
una didattica del plurilinguismo. Cerchiamo di mettere a fuoco alcune
sue componenti.

— Un primo aspetto da evidenziare come caratteristica della


didattica del plurilinguismo è la disponibilità a provare: attività,
metodi, approcci non sono dati come formule risolutive, ma
come esperienze da fare, avendo chiari gli obiettivi, anche
limitati e parziali, che si vogliono e si possono perseguire,
tenendo conto degli alunni a cui ci si rivolge e del contesto in
cui si opera;
— l’educazione plurilingue non coinvolge solo gli insegnanti di
lingue, ma anche gli insegnanti delle materie non linguistiche,
che sono chiamati a tenere conto degli aspetti linguistici della
materia che insegnano;
— un elemento costante è il ricorso alle tecnologie e ai linguaggi
della rete, per comunicare a distanza sia in forma scritta che
orale, per elaborare ipotesi di lavoro con interlocutori stranie-

. Vd. Gli approcci plurali, p. .


 Educazione linguistica e plurilinguismo

ri, per capire e farsi capire, per imparare dagli altri che vivono
anche in contesti lontani e diversi;
— un aspetto caratterizzante della didattica plurilingue è la pra-
tica dell’alternanza linguistica: è previsto e incoraggiato il
passaggio da una lingua all’altra: dalla lingua materna alla lin-
gua straniera e viceversa, da una lingua straniera ad un’altra
lingua straniera. Questo favorisce la comprensione tra i par-
lanti in situazione di autenticità negli incontri internazionali,
ma non solo. L’alternanza linguistica è anche incoraggiata in
quanto attività coerente con la variazione, fenomeno costan-
temente presente nella realtà della comunicazione ordinaria
tra parlanti una stessa lingua.

Da queste caratteristiche discende una certa idea di curricolo per


l’educazione plurilingue e interculturale. Si tratta di ripensare il cur-
ricolo come una sequenza di esperienze linguistiche e culturali che
si realizzano nelle diverse fasi dell’apprendimento delle lingue, tra
le quali vi sia spazio per la lingua di scolarizzazione e per le lingue
straniere, per le lingue e i linguaggi delle materie scolastiche, ma
anche per la lingua d’origine e le eventuali altre lingue non insegnate,
presenti nell’ambiente scolastico e nello spazio di vita della comunità.
P II

L’EDUCAZIONE PLURILINGUE
NELLE INDICAZIONI NAZIONALI DEL

Capitolo I

Plurilinguismo e cittadinanza

.. Un orizzonte di riferimento

«Nell’ambito del costante processo di elaborazione e verifica dei pro-


pri obiettivi e nell’attento confronto con gli altri sistemi scolastici
europei, le Indicazioni nazionali intendono promuovere e consoli-
dare le competenze culturali basilari e irrinunciabili tese a svilup-
pare progressivamente, nel corso della vita, le competenze–chiave
europee.»
Così si legge nel capitolo iniziale del testo delle Indicazioni , che
è dedicato alla presentazione delle finalità generali del sistema d’i-
struzione per il primo ciclo scolastico. In apertura, quindi, si afferma
che la scuola del primo ciclo getta le basi per lo sviluppo progressivo
delle competenze–chiave richieste al cittadino europeo.
Il Profilo dello studente , delineato nel paragrafo successivo, è co-
struito tenendo presenti le competenze–chiave europee, come defi-
nite nella Raccomandazione del Parlamento europeo e del Consiglio
dell’Unione europea il  dicembre del  .
L’introduzione del «Profilo delle competenze al termine del pri-
mo ciclo d’istruzione» è significativo: sta ad indicare appunto che
le scuole dell’infanzia, primaria e secondaria di primo grado sono
orientate verso la costruzione delle competenze–chiave europee. A
conferma di ciò, nello stesso testo si dice che il processo di «svilup-
po delle competenze–chiave non si esaurisce al termine del primo
ciclo di istruzione, ma prosegue con l’estensione dell’obbligo di istru-
zione nel ciclo secondario e oltre, in una prospettiva di educazione
permanente, per tutto l’arco della vita» .

. Indicazioni nazionali per il curricolo della scuola dell’infanzia e del primo ciclo
d’istruzione. In «Annali della Pubblica Istruzione», Numero speciale , p. .
. Indicazioni, pp. –.
. Indicazioni, nota , p. .
. Indicazioni, p. .


 Educazione linguistica e plurilinguismo

Come avviare nella scuola di base lo sviluppo delle competenze


per la cittadinanza europea? Le Indicazioni forniscono alle scuole e
ai docenti precisi criteri per progettare i curricoli in funzione dello
sviluppo delle competenze–chiave previste nel Profilo? Proponiamo
di leggere il testo per cercare risposte a queste domande. L’analisi
che segue indica un possibile itinerario di lettura.

.. Competenze integrate

Confrontando tra loro i descrittori di competenze che compongono


il profilo dello studente ci si rende conto che essi rinviano sia a precise
competenze disciplinari sia ad aspetti generali della formazione che
appaiono funzionali all’esercizio della cittadinanza. I riferimenti alle
discipline del curricolo si intrecciano e si saldano con quelli relativi
all’esercizio della cittadinanza: le discipline costituiscono le risorse
da utilizzare per sviluppare le competenze–chiave di cittadinanza.
Questa integrazione è particolarmente evidente in alcuni casi (vd.
lingua inglese e seconda lingua — come strumenti «per comunicare
con persone di diversa nazionalità»), implicitamente presente in altri
casi (vedi: «padronanza della lingua italiana tale da consentirgli [. . . ]
di esprimere le proprie idee»).
Scorrendo i descrittori compresi nel Profilo si scopre che ogni de-
scrittore suscita delle domande. Quali discipline, ad esempio, posso-
no fornire all’alunno «gli strumenti di conoscenza per comprendere
se stesso e gli altri, per riconoscere ed apprezzare le diverse identità,
le tradizioni culturali e religiose. . . »? Quali discipline possono far
«assimilare il senso e la necessità del rispetto della convivenza civile»?
E inoltre, quali situazioni di apprendimento e quali attività possono
offrire all’alunno l’occasione di «collaborare con gli altri per la costru-
zione del bene comune», esprimere «le proprie opinioni e sensibilità»,
«interagire con soggetti diversi nel mondo», avere «attenzione per
le funzioni pubbliche alle quali partecipa nelle diverse forme in cui
questo può avvenire», assumersi «le proprie responsabilità»?
Il criterio–guida che le Indicazioni forniscono è il seguente: le
competenze previste nel Profilo sono «riferite alle discipline di inse-
gnamento e al pieno esercizio della cittadinanza». Ciò significa che
le competenze da sviluppare nella scuola di base sono quelle che
derivano dallo studio delle discipline previste nel curricolo e dall’eser-
. Plurilinguismo e cittadinanza 

cizio della cittadinanza nel contesto educativo, esercizio reso possibile


tramite le modalità didattiche attivate dai curricoli disciplinari.
Proseguendo nella lettura, cercheremo nel testo delle Indicazioni
possibili risposte sia sul versante dei contenuti che sostanziano l’e-
ducazione alla cittadinanza, sia su quello delle modalità didattiche da
privilegiare nell’insegnamento.

.. La cittadinanza, asse portante del sistema educativo

Il testo delle Indicazioni contiene molteplici riferimenti alla tematica


della cittadinanza. Qui prendiamo in esame in particolare i capitoli:
Per una nuova cittadinanza, Cittadinanza e Costituzione, Alfabetizzazione
culturale di base. Anche il capitolo sull’Ambiente di apprendimento è
interessante, in particolare per quanto riguarda il versante didattico.

... Per una nuova cittadinanza

Nel capitolo dal titolo Per una nuova cittadinanza viene proposta l’e-
ducazione alla cittadinanza come asse portante del sistema educativo.
L’essere cittadino comporta:

— aderire alle regole e ai valori che stanno alla base della vita
collettiva;
— essere consapevole di sé, della propria identità, delle proprie
radici culturali;
— riconoscere l’identità culturale altrui;
— essere disponibile ad affrontare i problemi che toccano sin-
gole persone o comunità più ampie nei vari contesti (locale,
nazionale, europeo e mondiale).

La scuola che educa alla cittadinanza tende quindi a formare cittadini


consapevoli di doveri e diritti. Nello stesso capitolo vengono definiti
i compiti della scuola:

. Con il termine “contenuti” intendo riferirmi sinteticamente a conoscenze, abilità,


disposizioni o atteggiamenti che si sviluppano nei percorsi disciplinari e concorrono a costruire
competenze di cittadinanza.
. Indicazioni, pp. –.
 Educazione linguistica e plurilinguismo

— «insegnare le regole del vivere e del convivere» supportando


le famiglie nel loro ruolo educativo;
— «valorizzare l’unicità e la singolarità dell’identità culturale di
ogni studente» e nello stesso tempo sostenere le diversità
culturali esistenti in modo da promuoverne l’integrazione;
— promuovere la conoscenza delle diverse culture e favorire il
confronto tra i diversi modi di pensare e di essere (credenze
religiose, differenze di genere, comportamenti sociali, ecc.).

... Cittadinanza e Costituzione

Il capitolo Cittadinanza e Costituzione indica le competenze da svi-


luppare nel primo ciclo in una logica di continuità con quelle già
maturate nella scuola dell’infanzia .
L’azione formativa della scuola va indirizzata verso «lo sviluppo
di un’adesione consapevole a valori condivisi e di atteggiamenti
collaborativi e cooperativi». Gli obiettivi da perseguire sono: ) lo
sviluppo del senso di legalità e di un’etica della responsabilità; ) la
conoscenza della Costituzione della Repubblica italiana .
Inoltre, vanno promosse «esperienze significative che consentano
di apprendere il concreto prendersi cura di se stesso, degli altri e del-
l’ambiente e che favoriscano forme di cooperazione e di solidarietà»;
va tutelato e incoraggiato il «diritto alla parola» di ciascun alunno
nel contesto scolastico, «avendo particolare attenzione a sviluppare le
regole di una conversazione corretta».
In relazione all’educazione alla cittadinanza, vengono qui rico-
nosciute e sottolineate sia la centralità della lingua italiana, «primo
strumento di comunicazione e di accesso ai saperi», sia l’importanza
della lingua d’origine e delle lingue comunitarie.

. Indicazioni, p. –.
. Il testo richiama la necessità di assicurare continuità tra la scuola dell’infanzia e il primo
ciclo: «È compito peculiare di questo ciclo scolastico porre le basi per l’esercizio della cittadi-
nanza attiva, potenziando e ampliando gli apprendimenti promossi nella scuola dell’infanzia».
Per avere un quadro degli apprendimenti che la scuola dell’infanzia è chiamata a promuovere,
vd. in particolare il campo di esperienza Il sé e l’altro. In Indicazioni, pp. –.
. Sono considerati imprescindibili gli articoli , , , –, –, –, elencati a p. .
. Plurilinguismo e cittadinanza 

... L’alfabetizzazione culturale

La terza fonte d’informazione considerata è il capitolo relativo all’Alfa-


betizzazione culturale di base , nel quale troviamo un riferimento
esplicito alla funzione assegnata alle discipline linguistiche .

All’alfabetizzazione culturale e sociale concorre in via prioritaria l’educa-


zione plurilingue e interculturale. La lingua materna, le lingue di scolarizza-
zione e le lingue europee contribuiscono infatti a promuovere i diritti del
soggetto al pieno sviluppo della propria identità nel contatto con l’alterità
linguistica e culturale. L’educazione plurilingue e interculturale rappresenta
una risorsa funzionale alla valorizzazione delle diversità e al successo scola-
stico di tutti e di ognuno ed è presupposto per l’inclusione sociale e per la
partecipazione democratica.

In primo luogo si afferma che l’alfabetizzazione culturale di base


si realizza attraverso l’apprendimento delle lingue, non solo della lin-
gua materna e della lingua di scolarizzazione, ma anche delle lingue
straniere. Le lingue che la scuola insegna sono tutte lingue dell’e-
ducazione in quanto strumenti del pensiero e vie d’accesso alla
cultura. Nell’ambito dell’educazione plurilingue e interculturale la
scuola propone percorsi didattici che stimolano gli allievi a partecipa-
re attivamente alla vita della comunità scolastica e a fare esperienze
di confronto con le diverse identità e culture. Il curricolo plurilingue
e interculturale è finalizzato quindi all’ educazione alla cittadinanza
democratica.
Oltre a questa prima indicazione, il testo introduce una impor-
tante precisazione che aiuta a cogliere il rapporto tra discipline e
educazione alla cittadinanza: nella scuola secondaria di primo grado
«si realizza l’accesso alle discipline come punti di vista sulla realtà. . . »
e attraverso «lo sviluppo del pensiero riflesso e critico» si persegue
la formazione di «cittadini consapevoli e responsabili a tutti i livelli,
da quello locale a quello europeo». Le discipline sono strumenti per
osservare la realtà sotto angolature diverse e per imparare a riflettere
criticamente.

. Indicazioni, p. –.


. Indicazioni, p. .
. L’espressione “lingue dell’educazione” è stata usata per indicare le lingue che la scuola
insegna in Coste D. et al. (). Vd. Parte I, p.  e segg.
 Educazione linguistica e plurilinguismo

Si delinea così più chiaramente la stretta connessione tra alfabe-


tizzazione culturale di base e educazione alla cittadinanza :

Le competenze sviluppate nell’ambito delle singole discipline concorrono


[. . . ] alla promozione di competenze più ampie e trasversali, che rappresen-
tano una condizione essenziale per la piena realizzazione personale e per
la partecipazione attiva alla vita sociale, orientate ai valori della convivenza
civile e del bene comune. Le competenze per l’esercizio della cittadinanza
attiva sono promosse continuamente nell’ambito di tutte le attività di ap-
prendimento, utilizzando e finalizzando opportunamente i contributi che
ciascuna disciplina può offrire.

In ultima analisi, l’educazione alla cittadinanza coincide con l’alfa-


betizzazione culturale di base, alla cui realizzazione concorrono in
via prioritaria l’insegnamento dell’italiano e delle lingue straniere.

... L’ambiente di apprendimento

Nel capitolo Ambiente di apprendimento vengono indicate alcune


caratteristiche del contesto educativo «idoneo a promuovere appren-
dimenti significativi e a garantire il successo formativo per tutti gli
alunni». Tra gli orientamenti didattici proposti alcuni possono favori-
re più di altri lo sviluppo di competenze attraverso l’esercizio della
cittadinanza. Si tratta in particolare di:

— attuare interventi adeguati nei riguardi delle diversità;


— incoraggiare l’apprendimento collaborativo;
— realizzare attività didattiche in forma di laboratorio.

In primo luogo si tratta di attuare una didattica disponibile ad acco-


gliere la diversità linguistica e culturale. La scuola deve riconoscere e
valorizzare gli alunni di origine straniera facendo in modo che essi
possano integrarsi pienamente e perseguire il successo scolastico a
cui hanno diritto, assicurando loro l’uso della lingua d’origine e il
controllo della lingua italiana come lingua seconda. La scuola deve
inoltre prendere in esame gli altri tipi di diversità, legate a forme
di disabilità o di svantaggio socio–culturale. L’attenzione ai bisogni
educativi degli allievi crea un contesto positivo nei confronti della

. Indicazioni, p. .


. Indicazioni, pp. –.
. Plurilinguismo e cittadinanza 

diversità e favorisce l’apertura verso gli altri e la disponibilità all’aiuto


reciproco.
In secondo luogo si suggerisce di promuovere e potenziare la
dimensione sociale dell’apprendimento: tutte le forme di interazione
e di collaborazione tra pari sono da privilegiare in quanto abituano
gli allievi a vivere insieme, a condividere responsabilità, a negoziare
le modalità di lavoro e i tempi di parola.
Infine, si propone la didattica laboratoriale, che poggia sulla pro-
gettualità, l’operatività e la riflessione. L’allievo che viene coinvolto in
un progetto impara a condividere scopi comuni, a gestire le diverse
fasi del lavoro e a controllare i risultati; egli impara anche a pensa-
re e ad agire in modo intenzionale, a riflettere su quanto fatto. Le
esperienze di didattica laboratoriale, se condotte ripetutamente e in
varie materie, contribuiscono a sviluppare il senso di responsabilità,
la capacità di impegnarsi, la consapevolezza del valore del lavoro.
Gli approcci metodologici che favoriscono le esperienze di contat-
to positivo con le diversità, l’ apprendimento cooperativo, l’operativi-
tà appaiono funzionali allo sviluppo di competenze di cittadinanza.
Si può affermare che l’educazione alla cittadinanza si realizza più
facilmente in un contesto educativo aperto e stimolante, in cui gli
alunni vivono delle esperienze di apprendimento che incoraggiano
le iniziative personali e l’assunzione di responsabilità, si trovano di
fronte al nuovo e al diverso da sé e imparano a gestire i conflitti.

.. L’educazione linguistica per la cittadinanza

Le indicazioni generali date nell’introduzione permettono di cogliere


un primo orientamento di politica educativa: la centralità dell’educa-
zione alla cittadinanza nel curricolo del primo ciclo. Si delinea inoltre
con chiarezza che le competenze di cittadinanza si sviluppano prima
di tutto con l’educazione linguistica.
Cerchiamo ora di definire l’apporto delle discipline linguistiche
nello sviluppo delle competenze di cittadinanza. Per quali aspetti le
Indicazioni relative all’italiano e alle due lingue straniere rinviano
all’educazione alla cittadinanza?

... La lingua italiana

Nell’introduzione alla disciplina, la funzione dell’italiano viene defi-


 Educazione linguistica e plurilinguismo

nita in questi termini: «Lo sviluppo di competenze linguistiche ampie


e sicure è una condizione indispensabile per la crescita della persona
e per l’esercizio pieno della cittadinanza, per l’accesso critico a tutti
gli ambiti culturali e per il raggiungimento del successo scolastico in
ogni settore di studio» .
È evidente che «l’esercizio pieno della cittadinanza», può realiz-
zarsi concretamente solo con il possesso di «competenze linguistiche
ampie e sicure».
Il testo introduttivo si chiude poi con questa affermazione: «È
molto importante acquisire una progressiva consapevolezza e sicu-
rezza nell’uso dello strumento linguistico [. . . ]. Si tratta, infatti, di
una delle condizioni per un uso critico e libero della lingua, a cui
deve giungere presto ogni cittadino» .
Da questi due passaggi appare chiaro che l’insegnamento dell’i-
taliano assume una funzione strategica per l’educazione alla cittadi-
nanza. Agli insegnanti si raccomanda infatti di:

— far praticare agli alunni le abilità linguistiche orali per fare


«esperienza dei diversi usi della lingua (comunicativi, euristici,
cognitivi, espressivi, argomentativi)» ;
— predisporre «ambienti sociali di apprendimento idonei al dia-
logo, all’interazione, alla ricerca e alla costruzione di significa-
ti, alla condivisione di conoscenze, al riconoscimento di punti
di vista e alla loro negoziazione» ;
— insegnare a leggere testi espositivi e argomentativi « anche
utilizzando il dibattito e il dialogo intorno ai testi presentati» ;
— valorizzare «la ricchezza delle espressioni locali, di strada,
gergali e dei molti modi di dire legati alle esperienze, che
spesso racchiudono un senso identitario. . . » .

Inoltre, si ricorda che bisogna tener conto delle diverse condi-


zioni linguistiche di partenza degli alunni, sia degli stranieri sia di
quelli linguisticamente deprivati, per i quali l’italiano è spesso una

. Indicazioni, p. .


. Indicazioni, p. .
. Indicazioni, p. .
. Indicazioni, p. .
. Indicazioni, p. .
. Indicazioni, p. .
. Plurilinguismo e cittadinanza 

seconda lingua, e si raccomanda di operare in modo che le diversità


linguistiche non siano causa di esclusione e di insuccesso scolastico.
Tutte queste indicazioni e raccomandazioni si traducono in tra-
guardi di competenze. Nel testo delle Indicazioni alcuni traguardi
appaiono chiaramente orientati verso le competenze di cittadinan-
za. Si vedano, ad esempio, i traguardi relativi allo sviluppo delle
competenze di interazione orale:

Scuola primaria. «L’allievo partecipa a scambi comunicativi (conversazione,


discussione di classe o di gruppo) con compagni e insegnanti rispettando
il turno e formulando messaggi chiari e pertinenti, in un registro il più
possibile adeguato alla situazione» .

Scuola secondaria di primo grado. «L’allievo interagisce in modo efficace


in diverse situazioni comunicative, attraverso modalità dialogiche sempre
rispettose delle idee degli altri; con ciò matura la consapevolezza che il
dialogo, oltre a essere uno strumento comunicativo, ha anche un grande
valore civile e lo utilizza per apprendere informazioni ed elaborare opinioni
su problemi riguardanti vari ambiti culturali e sociali» .

Da quanto sopra è facile capire perché l’italiano può essere uno


strumento prezioso di educazione alla cittadinanza. Attraverso l’ap-
prendimento della lingua italiana si vuole promuovere lo sviluppo
di competenze che servono ad ogni alunno non solo per il miglior
rendimento scolastico, ma anche per la vita. Più difficile risulta for-
se realizzare percorsi didattici consapevolmente volti a sviluppare
conoscenze, abilità, disposizioni e atteggiamenti congruenti con l’e-
sercizio della cittadinanza. Le nuove Indicazioni d’Italiano orientano
in questa direzione.

... Le lingue straniere

Il testo introduttivo alle lingue straniere pone ancora più esplicita-


mente l’accento sull’educazione alla cittadinanza: «La consapevolezza
della cittadinanza europea attraverso il contatto con due lingue comu-
nitarie, lo sviluppo di un repertorio diversificato di risorse linguistiche
e culturali per interagire con gli altri e la capacità di imparare le lin-

. Indicazioni, p. .


. Indicazioni, p. .
 Educazione linguistica e plurilinguismo

gue concorrono all’educazione plurilingue e interculturale nell’ottica


dell’educazione permanente» .
Lo sviluppo di un repertorio plurilingue permette di estendere lo
sguardo al di là degli spazi noti e familiari e fa scoprire altri modi di
comunicare, altre comunità e altre culture. Nel testo si propongono
due tipi di esperienze da far fare agli alunni:

— per la scuola primaria si suggerisce di realizzare «esperienze


di sensibilizzazione a lingue presenti nei repertori linguistici
di singoli alunni» ;
— per la scuola secondaria si suggerisce di sviluppare la capa-
cità di «riflettere sugli usi e di scegliere, tra forme e codici
linguistici diversi, quelli più adeguati agli scopi e alle diverse
situazioni» .

Alla scuola primaria, l’esperienza di sensibilizzazione alla diversità


delle lingue può prendere spunto dal dialetto o dall’italiano parlato
in famiglia o nel quartiere, o anche dalle lingue parlate dai bambi-
ni stranieri. Gli alunni cominciano ad apprendere la lingua inglese:
ascoltano i suoni della nuova lingua, ne scoprono le parole e i lo-
ro significati; possono confrontare parole e significati dell’italiano,
dell’inglese e delle altre lingue presenti in classe. Quando la realtà
quotidiana evocata dalla lingua straniera stimola la curiosità, gli alun-
ni cominciano a fare domande, sviluppando un’attenzione nuova sia
verso le realtà a cui rinviano le parole nuove, sia verso sé stessi, il loro
ambiente di vita e le loro abitudini. Questa esperienza è un primo
passo verso l’educazione alla cittadinanza.
Alla scuola secondaria di primo grado gli alunni continuano ad
apprendere la lingua inglese e iniziano l’apprendimento della se-
conda lingua straniera. Il campo di osservazione e di confronto si
allarga. Diventa fondamentale l’accesso al lessico quotidiano che rin-
via alla vita dei coetanei stranieri, al mondo della scuola, ai luoghi,
alle situazioni, agli eventi di altre comunità (feste, cibi, abiti, musi-
ca, sport). Ogni parola può essere uno stimolo, sia in quanto legata
alla lingua–cultura straniera sia come elemento che può facilitare
la riscoperta della propria lingua e della propria cultura. È questo

. Indicazioni, p. .


. Indicazioni, p. .
. Indicazioni, p. .
. Plurilinguismo e cittadinanza 

il senso che si può dare alla seguente indicazione: «Alle attività di-
dattiche finalizzate a far acquisire all’alunno la capacità di usare la
lingua, il docente affiancherà gradualmente attività di riflessione per
far riconoscere sia le convenzioni in uso in una determinata comunità
linguistica, sia somiglianze e diversità tra lingue e culture diverse,
in modo da sviluppare nell’alunno una consapevolezza plurilingue e
una sensibilità interculturale» .
Questo orientamento trova conferma nei traguardi relativi alla
riflessione, sia per la lingua inglese sia per la seconda lingua comuni-
taria, che figurano nelle Indicazioni del . Ecco degli esempi:

Scuola primaria
Inglese: «Individua alcuni elementi culturali e coglie rapporti tra forme lin-
guistiche e usi della lingua straniera» .

Scuola secondaria di primo grado


Inglese: «Individua elementi culturali veicolati dalla lingua materna o di sco-
larizzazione e li confronta con quelli veicolati dalla lingua straniera, senza
atteggiamenti di rifiuto» .

Seconda lingua: «Stabilisce relazioni tra semplici elementi linguistico–comunicativi


e culturali propri delle lingue di studio» .

L’alunno che avrà l’opportunità di riflettere su somiglianze e


differenze tra lingue diverse (a livello di fonologia, morfosintassi,
lessico, ecc.), al termine del primo ciclo sarà verosimilmente avviato
a «utilizzare gli strumenti di conoscenza per comprendere se stesso e
gli altri, per riconoscere ed apprezzare le diverse identità, le tradizioni
culturali e religiose, in un’ottica di dialogo e di rispetto reciproco» .
L’insegnamento delle lingue si presenta come una via da percorrere
per sviluppare le prime competenze di cittadinanza.

. Indicazioni, p, .


. Indicazioni, p. .
. Indicazioni, p. .
. Indicazioni, p. .
. Indicazioni, p. .
 Educazione linguistica e plurilinguismo

.. Un’ipotesi di curricolo verticale

A conclusione di questa lettura del testo delle Indicazioni proviamo


a delineare uno scenario curricolare di educazione alla cittadinanza,
prendendo spunto dagli esempi proposti in alcuni documenti euro-
pei . Nel formulare la presente ipotesi si considerano in particolare
sia le Indicazioni relative all’italiano e alle lingue straniere, in quanto
discipline che concorrono allo sviluppo di competenze plurilingui
e interculturali, sia le indicazioni metodologiche generali sopra evi-
denziate.

 — L’educazione linguistica per la cittadinanza

Scuola dell’infanzia. Nel triennio della scuola dell’infanzia lo sviluppo di


competenze di cittadinanza può essere avviato attraverso la proposta di
situazioni che danno ai bambini e alle bambine l’opportunità di parlare
di sé e della propria famiglia, dei compagni di scuola, delle persone che
incontrano nel quartiere in cui vivono, di scoprire la presenza di lingue
diverse, di identificare le regole quotidiane che permettono di vivere bene
con gli altri. I campi di esperienza da privilegiare sono Il sé e l’altro e I discorsi
e le parole.
Attraverso esperienze ricorrenti si valorizzeranno sia i repertori lin-
guistici dei bambini nel loro spontaneo manifestarsi, sia la loro diversità
culturale, evocando storie dei paesi d’origine, canti, immagini, ecc. e pre-
sentando come normale l’esistenza di usanze e tradizioni diverse .

Scuola primaria. Nel corso dei cinque anni, le lingue possono dare un lo-
ro preciso contributo. In lingua italiana possono essere importanti, per
l’educazione alla cittadinanza, i seguenti obiettivi:
— prendere la parola negli scambi comunicativi (dialogo, conversazione,
discussione), rispettando i turni di parola;
— leggere semplici testi di divulgazione per ricavarne informazioni
utili;
— produrre semplici testi funzionali legati a scopi concreti (per utilità
personale, per comunicare con altri, per ricordare, ecc.).
In lingua inglese, possono essere funzionali allo scopo i seguenti obiettivi:
— interagire con un compagno per presentarsi e/o giocare;
— descrivere persone, luoghi o oggetti familiari utilizzando parole e
frasi già incontrate ascoltando e/o leggendo;

. Per il concetto di scenario curricolare, vd. Parte I, p. .


. Vd. Eveil aux langues, pp.  e .
. Plurilinguismo e cittadinanza 

— interagire in modo comprensibile con un compagno o un adulto


con cui si ha familiarità, utilizzando espressioni e frasi adatte alla
situazione.
In questo periodo scolastico si potranno guidare gli alunni a confrontare
le lingue (italiano, dialetto, inglese, altre lingue d’origine di singoli alunni),
attirando l’attenzione su analogie e differenze e su alcuni aspetti del loro
funzionamento e valorizzando la pluralità e la diversità dei repertori indivi-
duali. Si potranno inoltre far scoprire agli alunni alcune parole della lingua
inglese presenti nella lingua italiana e far confrontare i diversi usi linguistici
da parte di genitori, di persone conosciute, ecc.
Si proporranno esperienze di apprendimento collaborativo, dando agli
alunni la possibilità di sperimentare l’intercomprensione tra lingua italiana
e altre lingue note ad alunni della classe o della scuola .

Scuola secondaria di primo grado. Nella scuola secondaria di primo grado, le


competenze di cittadinanza si precisano. Si possono considerare funzionali,
nel triennio, i seguenti obiettivi d’italiano:
— intervenire in una conversazione o in una discussione, di classe o
di gruppo, con pertinenza e coerenza, rispettando tempi e turni di
parola e fornendo un positivo contributo personale;
— ricavare informazioni esplicite e implicite da testi espositivi, per
documentarsi su un argomento specifico o per realizzare scopi
pratici;
— confrontare, su uno stesso argomento, informazioni ricavabili da più
fonti, selezionando quelle ritenute più significative e affidabili [. . . ]
Tra gli obiettivi di lingue straniere, si possono considerare funzionali all’e-
ducazione alla cittadinanza nel triennio:

a) nella lingua inglese


— individuare l’informazione principale di programmi radiofoni-
ci o televisivi su avvenimenti di attualità;
— interagire con uno o più interlocutori, comprendere i punti
chiave di una conversazione ed esporre le proprie idee in modo
chiaro e comprensibile.
b) nella seconda lingua
— comprendere brevi testi multimediali;
— interagire in modo comprensibile con un compagno o un
adulto con cui si ha familiarità, utilizzando espressioni e frasi
adatte alla situazione.
L’attenzione alla diversità linguistica e culturale troverà modi di espres-
sione concreta sia nell’uso (anche soltanto a livello ricettivo) di altre lingue

. Vd. Intercomprensione, pp.  e .


 Educazione linguistica e plurilinguismo

presenti a scuola sia nell’accesso a conoscenze culturali relative alle diverse


lingue.
L’apprendimento collaborativo sarà attivato nello sviluppo della com-
prensione orale e scritta di testi in lingua italiana, in inglese e nella seconda
lingua (ascoltare o leggere insieme per capire).
Le esperienze di didattica laboratoriale potranno essere attivate su com-
piti di gruppo, quali ad esempio: costruire un semplice vocabolario bilingue
(italiano–inglese) utile agli apprendenti per comprendere ed elaborare cono-
scenze relative alle discipline non linguistiche, confrontare testi di contenuto
non linguistico (italiano–inglese), partecipare a uno scambio internazionale,
a una classe virtuale, a una corrispondenza .

. Vd. Alcune iniziative didattiche, p. .


Capitolo II

Per una didattica linguistica


che promuova l’educazione
alla cittadinanza

.. Principi fondanti per la didattica linguistica

La centralità del rapporto tra lingua e cittadinanza è stata riconosciuta


da tempo. Già nelle Dieci tesi per l’educazione linguistica democratica
del  si affermano due principi sui quali fondare una didattica
linguistica coerente con il progetto di educazione alla cittadinanza.

Lo sviluppo delle capacità verbali va promosso in stretto rapporto reciproco


con una corretta socializzazione, con lo sviluppo psicomotorio, con la matu-
razione ed estrinsecazione di tutte le capacità espressive e simboliche (VIII
tesi, ).
Lo sviluppo e l’esercizio delle capacità linguistiche non vanno mai
proposti e perseguiti come fini a se stessi, ma come strumenti di più ricca
partecipazione alla vita sociale e intellettuale; lo specifico addestramento
delle capacità verbali va sempre motivato entro le attività di studio, ricerca,
discussione, partecipazione, produzione individuale e di gruppo (VIII tesi,
).

Tale centralità è stata ribadita a più riprese nei documenti sulle


lingue dell’educazione del Consiglio d’Europa. Nel  si afferma
in particolare:

la dimensione partecipativa implica che i cittadini abbiano a disposizione i


mezzi linguistici per gestire le situazioni di comunicazione della vita politica
e sociale collettiva. L’esercizio della cittadinanza chiama in causa diverse
capacità: per esempio, nel quadro della pedagogia critica, si considerano
rilevanti le seguenti componenti dell’educazione: la riflessione (interattiva),

. Giscel (). Dieci tesi per l’educazione linguistica democratica. Edizione trilingue a cura
di Silvana Ferreri. Viterbo: Sette Città,. VIII tesi, in Appendice, p. .


 Educazione linguistica e plurilinguismo

il dissenso critico, la capacità di decentramento, la capacità di dialogo sociale,


la capacità di intervento. . .  .

Anche Tullio De Mauro ci ricorda quanto sia essenziale la lingua per


l’esercizio della cittadinanza :
Le diverse lingue, nel loro intreccio, nel loro oscillare, bisogna che tutti le
possano conoscere e dominare per vivere da pari in questa società, non da
sudditi, non da esclusi, non da reietti, ma da persone libere, partecipi alla
elaborazione delle scelte della comunità [. . . ], bisogna che alle discussioni
che fanno il tessuto della vita democratica possano partecipare tutti, quale
che sia la loro lingua materna, usando questa o apprendendo la lingua
più diffusa, che ormai è diventata davvero la lingua italiana, privilegio di
pochi fino a cinquant’anni fa. E scuola ed educazione linguistica hanno una
funzione centrale in ciò.

Estendere la competenza linguistica a tutti i cittadini, dare a tutti la


possibilità di usare una vasta gamma di mezzi linguistici è funzionale
allo sviluppo della partecipazione alla vita sociale di tutti e di ognuno
con pari dignità.
Seguendo tale orientamento la scuola deve ripensare il curricolo
linguistico come un percorso di esperienze che permettono all’a-
lunno di usare la lingua in una varietà di funzioni: per parlare di sé
e ascoltare gli altri, descrivere le sue esperienze e le sue attese in
relazione agli altri, riflettere sul suo modo di essere e sui modi di
essere degli altri, istaurare e mantenere rapporti sociali con i pari e
con gli adulti.
La capacità di interagire, la comprensione critica dei testi orali
e scritti, la capacità di decentramento devono essere sviluppate at-
traverso una didattica linguistica adeguata, se si vogliono costruire
le basi del diritto a partecipare, del diritto a comprendere e della
disponibilità a capire il diverso da sé.

.. Traguardi e obiettivi linguistici per la cittadinanza

Per saldare l’educazione alla cittadinanza con l’educazione linguistica


è bene privilegiare quei traguardi e quegli obiettivi di lingua italiana
e di lingue straniere che permettano agli allievi di usare le lingue per

. Coste et al. (). Vd. Trad. it. § .., p. .


. De Mauro (), p. .
. Per una didattica linguistica che promuova l’educazione... 

Tabella. Scuola primaria: competenze di interazione orale

Traguardo d’italiano Obiettivi d’italiano


L’allievo partecipa a scambi comunicativi Prendere la parola negli scambi
(conversazione, discussione di classe o di comunicativi (dialogo, conversazione,
gruppo) con compagni e insegnanti discussione) rispettando i turni di parola (al
rispettando il turno e formulando termine della classe III).
messaggi chiari e pertinenti, in un registro Comprendere e dare semplici istruzioni su
il più possibile adeguato alla situazione. un gioco o un’attività conosciuta (al
termine della classe III).
Interagire in modo collaborativo in una
conversazione, in una discussione, in un
dialogo su argomenti di esperienza diretta,
formulando domande, dando risposte e
fornendo spiegazioni ed esempi (al
termine della classe V).
Cogliere in una discussione le posizioni
espresse dai compagni ed esprimere la
propria opinione su un argomento in
modo chiaro e pertinente (al termine della
classe V).
Traguardo d’inglese Obiettivi d’inglese
L’alunno. . . interagisce nel gioco; Interagire con un compagno per
comunica in modo comprensibile, anche presentarsi e/o giocare, utilizzando
con espressioni e frasi memorizzate, in espressioni e frasi memorizzate adatte alla
scambi di informazioni semplici e di situazione (al termine della classe III).
routine. Interagire in modo comprensibile con un
compagno o un adulto con cui si ha
familiarità, utilizzando espressioni e frasi
adatte alla situazione (al termine della
classe V).
Fonte: Indicazioni, pp. –––.

parlare di sé, del proprio vissuto, descrivere le caratteristiche della


propria identità, formulare opinioni, capire quello che gli altri dicono
su un argomento di interesse comune, entrare in relazione con i
compagni, collaborare nei compiti comuni.
Insomma, i contenuti dell’educazione alla cittadinanza sono in-
siti nei traguardi e negli obiettivi relativi a specifiche competenze
linguistiche da sviluppare ad ogni tappa del percorso scolastico.
Spetta agli insegnanti d’italiano, di inglese e di seconda lingua co-
munitaria individuare i traguardi delle singole discipline linguistiche
 Educazione linguistica e plurilinguismo

che risultano significativi nell’ambito dell’educazione alla cittadinan-


za e gli obiettivi di apprendimento coerenti che promuovano lo
sviluppo di specifiche competenze.
Si riporta un breve elenco di traguardi e di obiettivi (vd. Tabella p.
), per illustrare una possibile procedura da seguire. L’ambito che
abbiamo scelto di esemplificare è la competenza di interazione orale
a livello di scuola primaria. I contenuti linguistici relativi alla lingua ita-
liana e alla lingua inglese (in termini di lessico, fono–morfo–sintassi,
atti linguistici e forme di testo) si possono successivamente seleziona-
re in maniera funzionale ai singoli obiettivi, così da sviluppare le com-
petenze che rendono possibile l’esercizio della cittadinanza. L’opera-
zione di selezione dei contenuti linguistici richiede il coordinamento
tra gli insegnanti di lingua italiana e di lingua straniera.
Altrettanto importante sarebbe interrogarsi sui traguardi e gli
obiettivi relativi alla lettura, che offrono la possibilità di sviluppo
delle capacità di approccio critico all’informazione, o ancora sui
traguardi di riflessione interlinguistica in funzione dell’educazione
interculturale. Orientare il curricolo di italiano e di lingue straniere
all’educazione alla cittadinanza comporta un modo nuovo di con-
cepire il curricolo di educazione linguistica. Scegliere traguardi e
obiettivi non basta. Occorre interrogarsi anche su come fare educa-
zione linguistica in classe per educare all’esercizio della cittadinanza
fin dalla scuola di base.

.. Le scelte metodologiche

Le coordinate metodologiche funzionali all’educazione alla cittadi-


nanza sono date dalle Indicazioni:

— attuare interventi adeguati nei riguardi delle diversità;


— incoraggiare l’apprendimento collaborativo;
— realizzare attività didattiche in forma di laboratorio .

Le scelte da compiere devono tenere conto della variegata diversità


degli allievi, devono fondarsi sulla conoscenza delle situazioni indi-
viduali e sulla valorizzazione dei repertori linguistici di partenza di
ognuno. E però ciò non significa che si devono proporre «percorsi di

. Indicazioni, pp. –.


. Per una didattica linguistica che promuova l’educazione... 

apprendimento individuali, solitari, in sé chiusi e segreganti»; si tratta


piuttosto di differenziare i percorsi di formazione senza modificare
in modo riduttivo gli obiettivi comuni. Come ricorda De Mauro ,

Vi è una coralità e socialità non solo del funzionamento ma prima ancora


dell’apprendimento delle lingue, anzi dell’apprendimento in generale, della
formazione degli esseri umani. Non cresciamo in solitudine e sviluppiamo
le nostre capacità, le nostre coscienze e conoscenze in un rapporto continuo
con gli altri. L’idea delle classi–ponte, delle classi ghetto per immigrati o
meno dotati [. . . ] è un’idea non condivisibile, per non dire che è un’idea
sciagurata.

Le proposte didattiche sui temi della cittadinanza devono entrare


nel curricolo linguistico in modo continuo e diversificato. A questo
fine, ci sembra opportuno riflettere:

a) sulle forme di comunicazione in classe e sulla tipologia delle


attività linguistiche;
b) sulla varietà delle situazioni formative e dei compiti;
c) sulle modalità di organizzazione del lavoro e di gestione della
classe.

... Comunicazione come interazione e attività linguistiche

Il rapporto insegnamento–apprendimento è stato per molto tempo vi-


sto come un rapporto frontale e ispirato al modello della trasmissione
e della restituzione (ascoltare per riferire). È il modello comunicativo
scolastico tradizionale: l’insegnante dà la parola ed è il destinatario
di qualsiasi comunicazione verbale da parte degli studenti. Tra gli
studenti non c’è interazione diretta.
Questo modello sta cedendo il passo ad un nuovo modello che
assegna invece rilievo ad attività collaborative tra insegnante e allievi
e soprattutto tra allievi. È il modello della comunicazione scolastica
come interazione. Insegnare e apprendere sono aspetti interagenti
di un processo di comunicazione: l’insegnante, in quanto emittente,
trasmette messaggi cognitivi (cioè informazioni) e non cognitivi (nor-
me procedurali e comportamenti); l’alunno non si limita a ricevere
(decodificare) i messaggi, ma risponde attivamente e si trasforma
in emittente. L’insegnante facilita l’attività cognitiva di colui che

. De Mauro (), p. .


 Educazione linguistica e plurilinguismo

apprende semplificandogli il compito, frazionandolo in piccole uni-


tà; l’alunno apprende attraverso la comunicazione, lo scambio, la
cooperazione.
L’interazione in classe è anche la concreta manifestazione della
natura necessariamente sociale del comportamento scolastico e del-
la didattica . L’interazione favorisce la centralità dell’apprendente,
in quanto mette in comunicazione gli alunni tra loro e con l’inse-
gnante. Interagendo, gli alunni partecipano alla gestione del loro
apprendimento, sono coinvolti, acquistano sicurezza.
Bisogna però capire come realizzare l’interazione in senso pro-
prio, cioè come stimolare gli studenti a comunicare tra loro. Non si
tratta soltanto di incoraggiare l’espressione orale in modo generico,
ma di sviluppare tutte le attività orali e scritte in una dimensione
interattiva, in cui non mancano certo i momenti di lavoro indivi-
duale, ma in cui avviene la costruzione collettiva di conoscenze e si
sviluppano le abilità.
Per esempio, prima di ascoltare o di leggere un racconto, gli alunni
possono essere invitati a immaginarne il contenuto, a manifestare
e confrontare le loro aspettative; seguirà l’ascolto o la lettura, che è
sempre individuale, e subito dopo il confronto in piccolo gruppo o
con l’intera classe su quello che ognuno ha capito ed eventualmente
un nuovo ascolto o una ulteriore lettura. La produzione scritta, che si
tratti di prendere appunti o di scrivere un resoconto, un riassunto, un
commento, può iniziare con un lavoro di coppia, poi svilupparsi in
forma individuale e continuare con il successivo confronto di diverse
produzioni per tornare infine ad essere momento di riflessione e di
produzione individuale.
Le attività interattive quindi favoriscono lo scambio e la costru-
zione collettiva di conoscenze: gli alunni hanno la possibilità di ana-
lizzare i contenuti e di riflettere, e tutto questo non da soli ma met-
tendo insieme conoscenze e capacità, facendo interagire le risorse di
ognuno con quelle degli altri.

. Imparare in situazione di scambio e interazione sociale è una modalità trasversale a


tutte le discipline. Tale modalità risulta particolarmente adatta nella didattica della/e lingua/e
secondo l’approccio comunicativo. Per un quadro delle ricerche sul tema, vd. Pontecorvo C.,
Ajello A. M., Zucchermaglio C. (). Discutendo s’impara. Interazione e conoscenza a scuola.
Roma: Carocci.
. Per una didattica linguistica che promuova l’educazione... 

... Situazioni di formazione e compiti

Per sviluppare le competenze serve definire situazioni di formazione


che comportino la comunicazione tra pari e che diano senso alle
singole attività didattiche, cioè ai compiti e alle consegne per i singoli
e per i gruppi. Le situazioni di formazione possono essere le più
varie.
Sviluppare competenze linguistiche per l’esercizio della cittadi-
nanza è possibile se si selezionano situazioni formative, forme testuali
e compiti che stimolino gli allievi ad interagire, cooperare e comu-
nicare. Le situazioni formative e i compiti saranno accompagnati da
documenti; le consegne di lavoro serviranno a guidare i processi di
comprensione e di produzione. È opportuno prevedere inizialmente
compiti semplici, che siano comunque di tipo comunicativo, alternar-
li in modo da sviluppare abilità diverse, individuare giochi o esercizi
che stimolano l’interazione, nonché pianificare i tempi, i sussidi e le
modalità di svolgimento di compiti e attività.

Una situazione formativa (esempio)

La nostra classe deve partecipare a un convegno cittadino sui diritti dei


minori e sulle illegalità che si compiono nei loro confronti. Noi dobbiamo
presentare al convegno i risultati di un’indagine condotta a scuola.

La situazione formativa di cui sopra si configura come una situa-


zione di comunicazione in quanto vi sono definiti gli interlocutori,
il contenuto e la forma della comunicazione, lo scopo, il luogo e il
momento dell’evento.
Al concetto di situazione di formazione come situazione di comu-
nicazione si affianca quasi automaticamente il concetto di compito: si-
tuazione comunicativa e compito sono infatti i pilastri dell’approccio
metodologico centrato sulla comunicazione. In questo approccio l’a-
lunno è protagonista, in quanto l’apprendimento avviene proprio nel-
l’esperienza del comunicare. È attraverso la pratica comunicativa che
l’alunno esprime significati personali ed è motivato ad apprendere.
L’approccio comunicativo richiede un riferimento costante a si-
tuazioni reali, in cui gli allievi possono assumere ruoli di parlanti
con specifici bisogni di comunicazione. Le attività comunicative so-
no orientate e stimolate da compiti che gli allievi devono portare a
compimento generalmente in coppia o in piccoli gruppi. Si parla di
 Educazione linguistica e plurilinguismo

compiti quando si fa riferimento ad «azioni compiute da uno o più


individui che usano strategicamente le proprie competenze per rag-
giungere un determinato risultato» . Ci sono compiti che richiedono
più di altri il ricorso alla lingua. Ad esempio, scrivere un articolo per
il giornalino della scuola sul tema del doping nello sport è un compito
di produzione linguistica. Si tratta di produrre un certo testo con
determinate caratteristiche (in questo caso, un articolo) su un certo
argomento (il doping nello sport). Il compito è uno, ma può essere
realizzato in gruppo (produzione di un testo collettivo). Quando il
compito è collettivo, esso stimola l’interazione e la cooperazione, in
quanto si deve decidere insieme che cosa serve, come procedere, chi
fa che cosa, ecc.

Compiti comunicativi (esempi)

— Preparate uno slogan (o una locandina) per convincere i compagni


ad aderire alla raccolta differenziata.
— Scrivete una lettera al giornale cittadino per segnalare una situa-
zione di pericolo per i bambini del vostro quartiere.
— Preparate un elenco delle cose da fare in vista del viaggio d’istruzio-
ne.

Questi esempi richiamano forme di comunicazione autentica in


quanto mettono gli allievi in situazioni reali. Tra i compiti comu-
nicativi, ci sono compiti di apprendimento linguistico (ad esempio,
rimettere in ordine i paragrafi di un testo o le sequenze di una narra-
zione), compiti strumentali (riscrivere un testo in forma semplificata
per renderlo comprensibile a un compagno in difficoltà), simulazioni
che sfruttano spesso la tecnica del gioco di ruolo per far pratica di
interazione orale contestualizzata.
La tecnica del gioco di ruolo può essere realizzata a partire da una
situazione più o meno aperta (sceneggiatura), a partire da oggetti
o da immagini di oggetti (es. descrivere un oggetto familiare a un
extraterrestre), a partire da suoni o rumori, da testi scritti o da testi
orali registrati. In relazione allo stimolo iniziale, l’interazione potrà
essere più o meno guidata. Se lo stimolo è costituito dalla scena di un
testo teatrale, dal gioco di ruolo si passa alla drammatizzazione.

. Vd. , p. .


. Per una didattica linguistica che promuova l’educazione... 

Simulazione (esempio)

In treno. Due persone anziane, un uomo e una donna, prendono posto


nel compartimento vuoto e sistemano le valige nel portabagagli. Il treno
parte. Ad un certo punto si comincia a sentire un tic tac. I due guardano
il portabagagli e vedono in un angolo una valigia da cui sembra provenire
il rumore sospetto. Cominciano a parlare tra loro. . . Ad un tratto, l’uomo
prende la valigia e la butta fuori dal finestrino. Passano alcuni minuti. Nello
scompartimento entra un giovane elegante, saluta e si mette a sedere. . . poi
guarda in su verso il portabagagli . . .

Compito

A partire dalla situazione data, immaginate i diversi ruoli (il marito, la


moglie, un giovane avvocato), la sequenza di atti (richiesta, risposte dell’u-
no e dell’altro, ammissione, giustificazione, protesta, ecc.), la conclusione.
Preparate la traccia del dialogo, il testo per una voce narrante, assegnate i
ruoli e provate la scena.

Ogni compito è centrato sulla produzione di un testo che abbia


forma orale o scritta, preveda una fase di ascolto o lettura prima di
quella di produzione orale o scritta e faccia riferimento a materiali
(cioè altri testi) da utilizzare.
I compiti sono importanti anche nell’ambito dei progetti esplora-
tivi, quali la preparazione della visita ad una azienda, alla redazione
di un giornale, a un museo. In questi casi, i compiti (di natura lin-
guistica e organizzativa) saranno centrati sulla preparazione di una
guida, di brevi schede informative, di schemi di interviste, di griglie
per prendere appunti, ecc.
E anche questi compiti potranno essere funzionali allo sviluppo
di obiettivi, temi e sottotemi inerenti la cittadinanza con i contenuti
linguistici correlati (testo descrittivo, didascalia, scheda, diario di
bordo, lettera personale o formale. . . ).

... Organizzazione del lavoro e gestione del gruppo–classe

Nel modello della comunicazione scolastica come interazione l’or-


ganizzazione spaziale della classe è rivoluzionata. La tradizionale
disposizione dei banchi, tutti rivolti verso l’insegnante che dà la pa-
rola ad ogni studente ed è il destinatario di qualsiasi comunicazione
 Educazione linguistica e plurilinguismo

verbale da parte degli studenti, viene abbandonata a vantaggio di una


nuova organizzazione.
La disposizione dei banchi ad U permette agli studenti non solo
di guardare l’insegnante, ma anche di guardarsi in faccia tra loro e
incoraggia un tipo di comunicazione pluridirezionale. Se i banchi
sono ravvicinati a due a due e disposti in modo da costituire delle
isole, il tipo di comunicazione privilegiata è l’interazione faccia a
faccia in piccolo gruppo (tra – studenti). Lo spazio può essere
sfruttato in modo diverso secondo il tipo di comunicazione che si
vuole privilegiare.
Il passaggio dalla lezione frontale alle attività interattive induce
spesso a privilegiare il lavoro di gruppo. Il lavoro a coppia o in pic-
colo gruppo aumenta sensibilmente l’occasione di interazione tra
gli studenti a scapito di quella tra insegnante e studente o insegnan-
te–classe intera. Nel modello dell’interazione c’è un rovesciamento
dello schema tradizionale: al posto dell’insegnante, sono gli alunni al
centro delle attività comunicative.
Gli alunni vanno avviati con gradualità a lavorare in gruppo e
in ogni caso i gruppi saranno formati in relazione al tipo di attività
da svolgere: quando si lavora a coppie? quando in piccolo gruppo?
quando a classe intera? perché?
Il ricorso al lavoro di gruppo è giustificato dalla nostra tematica
(lingua e cittadinanza). L’individuo ha bisogno degli altri per prendere
consapevolezza di sé: interagendo con gli altri, si pone domande cri-
tiche e scopre le proprie debolezze e i punti forti; il gruppo permette
così la crescita dell’individuo, in quanto il singolo ha la possibilità di
stabilire contatti, di porre domande, di trovare risposte e imparare a
relazionarsi con i pari attraverso il lavoro.
Sul piano dell’apprendimento linguistico, inoltre, le attività di
gruppo promuovono lo scambio e la negoziazione di significati tra gli
allievi, che imparano comunicando. Il piccolo gruppo offre maggiori
possibilità di utilizzare la lingua in modi differenziati, in relazione
ai compiti che di volta in volta vengono assegnati dall’insegnante
o concordati tra insegnanti e alunni. Per il successo del lavoro di
gruppo risulta essenziale la qualità dei compiti, che devono essere
significativi, realistici, realizzabili in collaborazione, gratificanti per il
gruppo e per i singoli.
Questa scelta didattica aumenta la possibilità di individualizzare
l’insegnamento: un compito può essere formulato in modo più o
meno complesso, i gruppi possono svolgere parti diverse di uno
. Per una didattica linguistica che promuova l’educazione... 

stesso compito e cooperare allo svolgimento in modo diversificato.


L’insegnante seguirà le attività fornendo ad ogni gruppo il so-
stegno necessario; dovrà anche osservare le dinamiche dell’intera-
zione e prendere nota degli errori o dei problemi rilevati che po-
trà commentare al momento opportuno. Sarà bene coinvolgere gli
alunni in compiti di osservazione in modo da sviluppare consape-
volezza dei processi comunicativi e dei problemi di gestione della
comunicazione.
In conclusione, attraverso il lavoro di gruppo gli allievi sono sti-
molati a sviluppare un saper fare in situazione di interazione sociale,
si assistono reciprocamente in funzione dell’esecuzione di un compi-
to, imparano ad assumersi delle responsabilità personali e collettive,
riflettono sulla base del feedback che ogni membro del gruppo riceve
dagli altri.
Capitolo III

Diversità e pluralità nel curricolo d’italiano

Le analisi che seguono sono volte a verificare se la disciplina “Italia-


no” sia pensata in funzione di un’educazione linguistica che risponda
ai bisogni di bambini e ragazzi che vivono in uno spazio sempre più
caratterizzato dal multilinguismo. Si cerca di capire, cioè, se le Indica-
zioni relative all’italiano orientano il curricolo verso il plurilinguismo,
inteso come capacità di usare consapevolmente varietà linguistiche
diverse in relazione alla diversità e pluralità degli interlocutori e delle
situazioni di comunicazione.

.. Le competenze linguistiche nel curricolo d’italiano

«Lo sviluppo di competenze linguistiche ampie e sicure è una con-


dizione indispensabile per la crescita della persona e per l’esercizio
pieno della cittadinanza, per l’accesso critico a tutti gli ambiti cultura-
li e per il raggiungimento del successo scolastico ». L’insegnamento
dell’italiano mira allo «sviluppo di competenze linguistiche ampie e
sicure».
Partendo dalla constatazione della situazione di plurilinguismo
diffuso presente nelle nostre classi, si indica un elemento irrinuncia-
bile del curricolo d’italiano: esso deve tenere conto della diversità
dei repertori linguistici di partenza degli allievi e delle competenze
linguistiche già acquisite da ognuno nell’idioma nativo .

. Si propone qui una lettura trasversale del testo delle Indicazioni sull’italiano, con
riferimento sia all’introduzione (pp. –) sia ai traguardi e agli obiettivi (pp. –).
. Indicazioni, p. .
. Indicazioni, p. : «La cura costante rivolta alla progressiva padronanza dell’italiano
implica, dunque, che l’apprendimento della lingua italiana avvenga a partire dalle competenze
linguistiche e comunicative che gli allievi hanno già maturato nell’idioma nativo e guardi al
loro sviluppo in funzione non solo del miglior rendimento scolastico, ma come componente
essenziale delle abilità per la vita».


 Educazione linguistica e plurilinguismo

Le «finalità estese e trasversali» indicate in premessa (crescita della


persona, esercizio pieno della cittadinanza, accesso critico a tutti gli
ambiti culturali e raggiungimento del successo scolastico) vengono
prese in carico sotto il profilo linguistico attraverso diversi traguardi
di sviluppo delle competenze e numerosi obiettivi di apprendimento.
Nella parte introduttiva si propongono le seguenti aree di com-
petenze da sviluppare: oralità, lettura, scrittura, lessico, grammatica e
riflessione sugli usi della lingua. Da questo quadro bisogna partire per
la progettazione di specifici percorsi di insegnamento che valorizzino
le diverse competenze già possedute dagli alunni e ne promuovano
lo sviluppo in funzione delle finalità formative.

... Oralità

La pratica della lingua orale mira allo sviluppo delle seguenti capacità:
comprendere discorsi e testi di vario tipo, produrre discorsi per scopi
diversi, interagire, elaborare il pensiero. Queste capacità nel loro insieme
disegnano il profilo di un soggetto che sa usare il canale orale nella
varietà delle situazioni comunicative che si presentano in contesti diversi,
scolastico ed extrascolastico, sia negli usi diretti, sia in quelli indiretti o
mediati.
I traguardi riconducibili all’ambito dell’oralità orientano verso
l’acquisizione di competenze specifiche. Considerandole in dettaglio,
possiamo delineare un curricolo dell’oralità in due tappe .

a) Al termine della scuola primaria, l’allievo avrà sviluppato le


capacità di interagire, ascoltare e comprendere, formulare messaggi
orali chiari e pertinenti. A questi traguardi di competenze si
accompagnano una serie di obiettivi di apprendimento cor-
relati (di ascolto e di comprensione orale, di produzione e di
interazione), distinti e graduali. In particolare, gli obiettivi
suggeriscono il seguente percorso:
— nei primi tre anni di scuola primaria, gli allievi impa-
rano a dialogare in classe, a discutere su argomenti
d’interesse comune; si esercitano ad ascoltare raccon-
ti e spiegazioni, a comprendere e a dare istruzioni, a

. Indicazioni, p. .
. Indicazioni, pp. – e –.
. Diversità e pluralità nel curricolo d’italiano 

raccontare storie personali o d’invenzione, a esporre


ordinatamente esperienze vissute;
— nei due anni che concludono la primaria, gli allievi im-
parano ad interagire in modo collaborativo, ad ascoltare
e comprendere una esposizione diretta o mediata, a fare
domande precise e pertinenti; si esercitano a capire le
posizioni espresse dai diversi interlocutori su argomenti
di interesse comune; imparano a organizzare un raccon-
to, una descrizione, a esporre oralmente argomenti di
studio.
b) Nella secondaria di primo grado, i traguardi relativi alle com-
petenze orali appaiono ancora più mirati: la capacità di intera-
gire e di comunicare diventa più funzionale alle diverse attività
scolastiche, la capacità di comprendere oralmente vari tipi di di-
scorsi e testi si sviluppa in parallelo con la capacità di esporre
argomenti di studio.
Gli obiettivi correlati si articolano in corrispondenti abilità
o saper fare: interagire, parlare, ascoltare–comprendere, che
richiamano a loro volta precise sottocompetenze:
— la capacità di ascolto–comprensione di testi e messaggi
trasmessi dai media comporta saper riconoscere la fon-
te, individuare lo scopo, l’argomento, le informazioni
principali, il punto di vista dell’emittente; tale capacità
si esercita applicando varie strategie di comprensione e
tecniche di supporto;
— la produzione orale si esercita in varie forme: racconto
di esperienze, descrizione di oggetti o luoghi o persone,
esposizione orale di argomenti di studio, argomentazio-
ne su una tematica o nei dialoghi in classe;
— infine la capacità di interagire si esplica nel partecipare
a conversazioni e discussioni con pertinenza e coeren-
za, nel rispettare i tempi e i turni di parola, nel saper
collaborare per far avanzare il discorso.

Questa prima analisi mette in luce un aspetto importante delle Indi-


cazioni d’italiano: attraverso la varietà delle competenze proposte, i
traguardi e gli obiettivi relativi all’oralità orientano l’insegnamento
verso la pianificazione di percorsi diversificati, in modo da rispondere
ai diversi bisogni linguistici degli allievi: vi sono nelle classi alunni
 Educazione linguistica e plurilinguismo

per i quali l’italiano orale serve solo negli scambi informali, alunni
che non riescono a formulare correttamente una domanda, alunni
che hanno difficoltà a esporre un argomento di studio, ecc. Le Indi-
cazioni ci aiutano a leggere i bisogni specifici nell’ambito della lingua
orale e a individuare attività di apprendimento mirate.
La diversità e la pluralità possono entrare nel curricolo di ascol-
to–parlato del primo ciclo attraverso la previsione di una varietà di
scambi (dialogo, conversazione, discussione), di situazioni comunica-
tive (tra pari, con adulti, in presenza, a distanza, ecc.), di generi o for-
me di discorso orale (narrazioni, descrizioni, esposizioni, istruzioni,
argomentazioni).

... Lettura

Le linee di indirizzo sulla lettura affrontano i seguenti temi: funzioni


della lettura nella formazione dell’alunno, tipi di lettura da far prati-
care, condizioni che la scuola deve assicurare per favorire la pratica
della lettura come attività autonoma.
Le funzioni assegnate alla lettura sono essenzialmente due: a
scuola si legge per socializzare e discutere sui contenuti di studio, ma
si legge anche per ricercare autonome risposte a bisogni e curiosità
individuali .
Lo sviluppo della competenza di lettura poggia sulla acquisizione
della lettura strumentale e si consolida attraverso l’attivazione di
numerosi processi cognitivi necessari alla comprensione scritta. In
particolare, si evidenzia che lo sviluppo della competenza di lettura
riguarda tutte le discipline e quindi coinvolge tutti gli insegnanti. La
lettura per lo studio e la lettura per gusto personale sono le due
pratiche da rendere abituali nel curricolo d’ italiano, ma non solo . La
competenza di lettura, di cui i traguardi prefigurano lo sviluppo, si
può sintetizzare nella capacità di comprendere testi scritti di vario
tipo e di generi diversi.

. Sul curricolo di ascolto-parlato nel primo ciclo, vd. De Renzo, F., Tempesta, I.(). Il
parlato a scuola. Roma: Aracne Editrice
. Indicazioni, p. .
. Indicazioni: «Saper leggere è essenziale per il reperimento delle informazioni, per
ampliare le proprie conoscenze, per ottenere risposte significative», p. .
. Indicazioni, p. : «La lettura connessa con lo studio e l’apprendimento e la lettura più
spontanea, legata ad aspetti estetici o emotivi, vanno parimenti praticate in quanto rispondono
a bisogni presenti nella persona.»
. Diversità e pluralità nel curricolo d’italiano 

In una prospettiva curricolare, la competenza di lettura viene


articolata nel modo seguente.

a) Per la scuola primaria, si propongono tre traguardi di compe-


tenza. Il primo traguardo riguarda lo sviluppo della capacità
di comprendere testi scritti di vario tipo (continui e non con-
tinui); le operazioni cognitive che l’alunno deve imparare a
compiere sono quelle necessarie a «individuare il senso globa-
le e le informazioni principali», il che comporta l’attivazione
di strategie di lettura globale. Il secondo traguardo è riferito
allo sviluppo delle abilità di studio: l’alunno deve impara-
re a compiere varie operazioni sui testi scritti: individuare
informazioni su un argomento, selezionare quelle utili per
l’apprendimento, sintetizzarle; ciò comporta l’esercizio della
lettura analitica e selettiva. Il terzo traguardo è riferito alla
capacità di leggere testi letterari e orienta verso lo sviluppo
della competenza di lettura autonoma.
Gli obiettivi correlati a questi traguardi sono articolati in due
blocchi. Si evidenziano i seguenti percorsi:
— la prima competenza da sviluppare è quella di decifra-
zione, o competenza di lettura strumentale, che si sot-
to–articola in lettura ad alta voce e lettura silenziosa.
A sostegno di ognuna di queste capacità si prevede di
insegnare apposite tecniche, che vengono proposte co-
me obiettivi di apprendimento . Si danno poi obietti-
vi di sviluppo delle capacità di lettura di testi di vario
tipo (narrativi, descrittivi, informativi), con una atten-
zione a distinguere i testi di natura letteraria da quelli di
divulgazione e a variare gli scopi di lettura;
— gli obiettivi di apprendimento previsti per gli ultimi due
anni di scuola primaria richiamano quelli precedenti,
ma presentano una maggiore analiticità: sono specificate
sia le tecniche e le strategie da far acquisire agli alunni,
sia le operazioni cognitive e linguistiche da attivare per
la comprensione di una varietà di testi e per una pluralità
di scopi di lettura.

. Indicazioni, p. : «Prevedere il contenuto di un testo semplice in base ad alcuni


elementi come il titolo e le immagini; comprendere il significato di parole non note in base al
testo».
 Educazione linguistica e plurilinguismo

b) Per la scuola secondaria di primo grado si propongono due


traguardi di lettura: il primo è riferito alla capacità di com-
prendere i manuali di studio di tutte le discipline, il secondo
alla capacità di comprendere i testi letterari di vario tipo. Gli
obiettivi correlati a questi traguardi sono numerosi. Essi gui-
dano a mettere a fuoco processi di apprendimento centrati
su:
— le diverse modalità di lettura: ad alta voce e silenziosa,
ognuna delle quali poggia su tecniche diverse;
— i vari scopi dell’attività di lettura: per informarsi, per
studiare, per agire, per il piacere di leggere;
— la varietà di testi da leggere: testi poetici, narrativi, infor-
mativi, regolativi;
— le diverse strategie da praticare (lettura globale, selettiva,
analitica).

La lettura di testi diversi serve ad attivare capacità linguistiche e


cognitive quali: fare previsioni, comprendere il significato di parole
non note in base al testo, porsi domande all’inizio e durante la lettura
del testo, cogliere indizi utili a risolvere i nodi della comprensione,
formulare ipotesi interpretative fondate sul testo, ecc.
I vari scopi di lettura inducono a fare esperienze di tecniche di-
verse quali: sottolineare, annotare informazioni; costruire mappe
e schemi; sfruttare le varie parti di un manuale di studio (indice,
capitoli, titoli, sommari, testi, riquadri, immagini, didascalie, appa-
rati grafici); riformulare le informazioni e riorganizzarle in modo
personale (liste di argomenti, scalette, riassunti).
Diversità e pluralità caratterizzano i traguardi e gli obiettivi di
lettura dalla primaria alla secondaria. Gli obiettivi della secondaria
costituiscono uno sviluppo di quelli della primaria e sono adattabili
alla crescita cognitiva e linguistica di apprendenti che presentano
gradi diversi nello sviluppo delle competenze di lettura .

... Scrittura

Il paragrafo introduttivo dedicato alla scrittura traccia il quadro di

. Sul curricolo di lettura nella fascia dell’obbligo resta fondamentale il volume di Ferreri
S. (a cura di) (). Non uno di meno. Strategie didattiche per leggere e comprendere. Collana Giscel,
Firenze: La Nuova Italia.
. Diversità e pluralità nel curricolo d’italiano 

una didattica specifica . La base dell’attività di scrittura è l’appren-


dimento del sistema grafico, che si manifesta come abilità tecnica
di trascrizione. Il bambino deve essere guidato con gradualità ad
acquisire le abilità grafico–manuali che sono il presupposto della
competenza strumentale, cioè della capacità di scrivere parole e frasi
legate a semplici bisogni comunicativi rispettando le convenzioni
ortografiche. Fin da questa fase e per tutto l’iter di apprendimento
della scrittura si raccomanda di creare «contesti motivanti».
L’apprendimento della scrittura è visto come un processo gui-
dato. L’alunno deve fare esperienza dei testi attraverso la lettura e
deve esercitarsi a costruire testi di diversa forma e tipologia, con
attenzione ai destinatari, alle intenzioni comunicative, ai contesti. L’e-
sposizione a modelli di scrittura e la riflessione sulle forme testuali è
un tratto caratterizzante della didattica della scrittura delineata nel
testo delle Indicazioni . Un altro tratto è costituito dall’attenzione a
sviluppare le capacità cognitive e linguistiche correlate con le singole
fasi del processo di produzione testuale: l’ideazione, la pianificazio-
ne, la stesura, la revisione e l’autocorrezione si insegnano in modo
graduale e progressivo. L’insegnante d’italiano dovrà diversificare le
attività di scrittura in modo da facilitare lo sviluppo delle capacità di
usare la lingua scritta per una varietà di scopi: per apprendere, per
comunicare, per inventare . La varietà delle situazioni comunicative,
la diversità dei destinatari, la pluralità degli scopi e delle forme di
testo sono da assumere come parametri di riferimento per adattare il
curricolo ai diversi bisogni di sviluppo e di maturazione degli allievi
nell’ambito della scrittura. I traguardi di sviluppo delle competenze
di scrittura si articolano in due direzioni, la riscrittura di testi e la
produzione testuale vera e propria, che si intrecciano e si rinforzano
reciprocamente.

a) Il traguardo previsto per la scuola primaria è l’acquisizione di


abilità di tipo riproduttivo e produttivo insieme: saper scrive-

. Indicazioni, pp. –.


. Indicazioni, p. –: «La frequentazione assidua di testi permetterà all’allievo di indivi-
duare i modelli che ne sono alla base e di assumerli come riferimento nelle proprie produzioni
comunicative».
. Indicazioni, p. : «produzione di testi per lo studio. . . , funzionali. . . , produzione di
testi fantastici. . . ». Sul curricolo di scrittura vd. Calò R. (a cura di) (). Scrivere per comunicare
inventare apprendere. Percorsi curricolari per la scuola dell’obbligo. Collana GISCEL, Milano: Franco
Angeli.
 Educazione linguistica e plurilinguismo

re testi chiari, graficamente corretti e coerenti. Gli obiettivi


indicano le diverse sottocompetenze che vanno sviluppate
in relazione a quel traguardo. Nei primi tre anni, all’alunno
va offerta una molteplicità di occasioni di rielaborare testi
già esistenti; la rielaborazione può prendere la forma della
parafrasi, del completamento, della trasformazione. Le atti-
vità di riscrittura possono essere le più diverse: riassumere
un testo, imitare una filastrocca, riscrivere una descrizione
modificando il punto di vista, ecc. Inoltre, gli alunni sono
avviati gradualmente a gestire il processo di scrittura (cono-
scere e applicare le procedure di ideazione, pianificazione,
stesura e revisione del testo); essi acquisiscono alcune abilità
strumentali (sapere elaborare una mappa o una scaletta; saper
applicare modalità di revisione del testo; saper utilizzare la
videoscrittura); imparano a controllare la qualità dei propri
testi, cioè a produrre testi sostanzialmente corretti dal punto
di vista grafico, morfosintattico, lessicale, rispettando le fun-
zioni sintattiche dei principali segni interpuntivi, a curarne
l’impaginazione, ecc.

b) Un traguardo fondamentale del curricolo di scrittura nella


scuola secondaria è saper scrivere testi come atti comunicativi,
le cui caratteristiche formali sono correlate a situazioni, sco-
pi, destinatari, argomenti, tipi di testo (narrativo, descrittivo,
espositivo, regolativo, argomentativo). Un ulteriore traguar-
do è costituito dal saper produrre testi multimediali, cioè
saper accostare linguaggi diversi (verbale, iconico, sonoro)
per specifici scopi comunicativi. Gli obiettivi di apprendi-
mento e le attività correlate rinviano alle diverse funzioni
dello scrivere (per utilità personale, per comunicare con gli
altri, per ricordare. . . ); con le diverse funzioni entrano in
gioco sia i tipi di testo (narrativo, descrittivo, espositivo, re-
golativo, argomentativo), sia una pluralità di forme testuali
(racconto, lettera, breve articolo di cronaca, diario. . . ), che
si sperimentano anche in attività di riproduzione di modelli
osservati nei percorsi di lettura guidata. La produzione delle
diverse forme testuali è sempre motivata all’interno di speci-
fiche situazioni comunicative (contesto privato e familiare,
scolastico, extrascolastico, virtuale).
. Diversità e pluralità nel curricolo d’italiano 

... Lessico

Nella stesura del  le Indicazioni d’italiano si arricchiscono di


un paragrafo specifico dedicato al lessico . La novità consiste nella
proposta esplicita di dare uno sviluppo curricolare anche a questo
aspetto dell’educazione linguistica. La prima raccomandazione
fatta agli insegnanti è di sondare «la consistenza e la tipologia (varietà)
del patrimonio lessicale» di ogni allievo. Si deve puntare infatti sulla
graduale estensione di tale patrimonio lessicale. Ciò comporta una
particolare cura nel valorizzare «la ricchezza delle espressioni locali,
di strada, gergali e dei modi di dire legati alle esperienze. . . ».
Tre sono le coordinate essenziali che devono guidare la pianifi-
cazione didattica in questo campo: ) l’ampiezza del lessico, ) la
padronanza nell’uso, ) la specificità.
Per quanto riguarda l’ampiezza, il campo indicato è il voca-
bolario di base (fondamentale, di alto uso e di alta disponibilità);
rispetto al tipo di padronanza, il testo indirizza verso lo sviluppo
delle capacità di comprendere e di usare le parole, sempre nel
rispetto degli «stadi cognitivi del bambino e del ragazzo» e «in
stretto rapporto con l’uso vivo e reale della lingua»; infine, la
competenza lessicale deve essere sempre più specifica e includere
«lo sviluppo di conoscenze, capacità di selezione e adeguatezza ai
contesti». Più in particolare, poi, attraverso i traguardi di sviluppo
della competenza lessicale viene proposto un itinerario in due grandi
tappe.

a) Nella scuola primaria va perseguito lo sviluppo della com-


petenza lessicale, nell’uso orale e scritto, relativamente ai
«vocaboli fondamentali e quelli di alto uso», anche con riferi-
mento ai «più frequenti termini specifici legati alle discipline
di studio».
Gli obiettivi di apprendimento tracciano le linee di sviluppo
di una variegata gamma di competenze . Consideriamo solo
un esempio:

. Indicazioni, p. . Sul tema dell’educazione lessicale nella scuola dell’obbligo e
oltre, vd. Ferreri S. (). L’alfabetizzazione lessicale. Studi di linguistica educativa. Roma:
Aracne Editrice; Barni M., Troncarelli D. e Bagna C. (). Lessico e apprendimenti. Il ruolo
del lessico nella linguistica educativa. Collana GISCEL. Milano: Franco Angeli.
. Indicazioni, pp. ––.
 Educazione linguistica e plurilinguismo

Comprendere in brevi testi il significato di parole non note basan-


dosi sia sul contesto sia sulla conoscenza intuitiva delle famiglie di
parole.

Questo obiettivo implica lo sviluppo di diversi saper fare e sape-


ri, tra cui: individuare parole non note in un testo ascoltando
o leggendo, mettere in relazione le parole nuove da capire
con il contesto e/o con altre parole già note, sapere che cosa
è una famiglia di parole, ecc.
L’insieme degli obiettivi previsti (fino alla terza classe e poi
fino alla quinta classe) indica che la competenza lessicale si
costruisce per gradi e si diversifica nel tempo.

b) I traguardi da perseguire nella scuola secondaria sono ancora


più articolati. Si prevede che l’allievo sviluppi la capacità di
capire e usare in modo appropriato le parole del vocabolario
di base (fondamentale, di alto uso, di alta disponibilità), anche
con riferimento ai termini specialistici dei diversi linguaggi
disciplinari; si prevede inoltre che egli impari a compiere scelte
lessicali adeguate ai tipi di discorso, alle specifiche situazioni e
ai destinatari.
Gli obiettivi indicati per i tre anni della secondaria sono abba-
stanza complessi . Per esempio, l’obiettivo:

Ampliare, sulla base delle esperienze scolastiche ed extrascolastiche,


delle letture e di attività specifiche, il proprio patrimonio lessicale,
così da comprendere e usare le parole dell’intero vocabolario di base,
anche in accezioni diverse

prevede lo sviluppo di diverse capacità linguistiche e cogni-


tive quali: comprendere il vocabolario di base ascoltando o
leggendo, usare il vocabolario di base parlando e scrivendo,
comprendere le diverse accezioni delle parole, usare le parole
in diverse accezioni, ecc.
Ognuna di queste abilità comporta a sua volta lo sviluppo
di saperi e saper fare a un livello più specifico, tra le quali ad
esempio: sapere che una certa parola può essere usata con
un significato in un racconto d’invenzione e con un altro

. Indicazioni, p. .


. Diversità e pluralità nel curricolo d’italiano 

significato in una disciplina scientifica, saper scegliere una


parola del vocabolario di base tenendo conto del contesto.
Questi obiettivi danno un’idea della pluralità di saperi e saper
fare che possono essere sviluppati come componenti della
competenza lessicale, in risposta ai bisogni di consolidamento
e arricchimento del patrimonio lessicale degli allievi. Essi
prefigurano un quadro di competenze in cui si collocano le
conoscenze relative a un lessico sempre più specifico e la
capacità di compiere scelte sempre più appropriate, anche
sulla base di riflessioni mirate.

... Grammatica e usi linguistici

Anche nel campo della conoscenza riflessa della lingua, il testo


raccomanda di partire da quanto già acquisito dall’alunno e rendere
le sue conoscenze e le sue abilità man mano più sicure. Il riferimento
alla «grammatica implicita» è una chiara indicazione di metodo: il
bambino impara la grammatica della lingua attraverso l’uso; questa
sua modalità intuitiva va potenziata, incoraggiando la sua «natura-
le propensione a riflettere sulla lingua» e guidandolo gradualmen-
te ad assumere coscienza delle forme linguistiche usate (verso la
«grammatica esplicita»).
Sul piano metodologico, si raccomanda di dare la precedenza alla
riflessione sui significati dei testi orali e scritti. Gli aspetti morfolo-
gici, sintattici, semantici e testuali vanno ripresi ciclicamente, dalla
primaria alla secondaria, in modo da giungere, senza anticipazioni
forzate, ad una precisazione dei concetti più importanti.
Oltre ai suggerimenti metodologici, le Indicazioni forniscono un
elenco degli oggetti linguistici che entrano negli itinerari di riflessio-
ne, con le opportune specificazioni e con gradualità. Il primo oggetto
segnalato è l’ortografia, il cui apprendimento va curato fin dai primi
anni di scuola e con continuità. Seguono tutti gli aspetti della gram-
matica: le strutture sintattiche delle frasi semplici e complesse, le
parti del discorso, gli elementi di coesione della frase e del testo, il
lessico e la sua organizzazione, le varietà dell’italiano più diffuse.

. Indicazioni, pp. –. Un recente volume del Giscel è stato dedicato proprio alla
riflessione linguistica: Corrà L. e Paschetto W. (). Grammatica a scuola. Collana GISCEL,
Milano: Franco Angeli.
 Educazione linguistica e plurilinguismo

Lo scopo dell’insegnamento grammaticale e della riflessione sugli


usi linguistici è in ultima analisi quello di sviluppare negli alunni capaci-
tà logiche, quali categorizzare, stabilire relazioni, confrontare, indurre e
dedurre.
Si sottolinea infine l’opportunità di dare spazio a confronti e riflessio-
ni comparative tra l’italiano e le altre lingue studiate o conosciute dagli
alunni, in un’ottica di educazione plurilingue e interculturale. I traguar-
di progressivi nell’ambito della riflessione linguistica prevedono lo
sviluppo delle seguenti competenze.

a) Nella scuola primaria gli allievi sviluppano la capacità di coglie-


re le caratteristiche del lessico o le regolarità morfologiche e
sintattiche nei testi prodotti da loro stessi; acquistano coscien-
za dei rapporti tra le parole usate e le situazioni comunicative
e si rendono conto che esistono modi diversi di esprimersi in
relazione a contesti diversi e lingue diverse per comunicare
tra persone di diversa origine. Inoltre, gli allievi sviluppano la
capacità di riconoscere i tipi di frase e la loro organizzazione,
le parti del discorso e i principali elementi di coesione.
In funzione di questi traguardi vengono indicati degli obiettivi
di apprendimento graduali, distribuiti nel primo triennio e
nel biennio successivo. Gli obiettivi del triennio sono a volte
ripresi in forme più complesse nel biennio, come negli esem-
pi che seguono.

Esempio 

Triennio – Riconoscere se una frase è o no completa, costituita cioè


dagli elementi essenziali (soggetto, verbo, complementi necessari).
Biennio — Riconoscere la struttura del nucleo della frase semplice
(la cosiddetta frase minima): predicato, soggetto, altri elementi ri-
chiesti dal verbo.

Esempio 

Triennio — Prestare attenzione alla grafia delle parole nei testi e


applicare le conoscenze ortografiche nella propria produzione scritta.
Biennio — Conoscere le fondamentali convenzioni ortografiche e ser-
virsi di questa conoscenza per rivedere la propria produzione scritta e
correggere eventuali errori.
. Diversità e pluralità nel curricolo d’italiano 

Non tutti gli obiettivi si pongono esplicitamente in rapporto


di gradualità nei due periodi scolastici. L’insegnante potrà
applicare opportunamente a tutti gli obiettivi il metodo cicli-
co, cioè la ricorsività della riflessione sui medesimi fenomeni
linguistici a livelli diversi di complessità.

b) Nella scuola secondaria i traguardi da raggiungere nella co-


noscenza riflessa della lingua riguardano due diverse aree di
competenza, l’una e l’altra fondamentali per l’educazione
linguistica. Il primo traguardo consiste nella capacità di rico-
noscere che le diverse varietà linguistiche sono in rapporto
con lo spazio geografico, sociale e comunicativo, cioè che
ogni varietà può essere riferibile a un luogo di vita, a un
certo gruppo sociale, a una diversa situazione comunicati-
va. Alla coscienza delle varietà interne alla lingua italiana si
accompagna la consapevolezza che esistono idiomi diversi
(plurilinguismo) nello spazio di vita. L’altro versante della
competenza riflessa focalizza i fenomeni della testualità: gli
allievi sanno utilizzare le conoscenze sulla lingua e sugli
usi per «comprendere con maggiore precisione i significati
dei testi e per correggere i propri scritti». Tale capacità si
esplica ai diversi livelli linguistici: semantico, morfologico,
logico–sintattico, testuale.

Gli obiettivi di apprendimento che delineano il percorso didatti-


co del triennio della secondaria sono coerenti con queste due aree
di competenza: da una parte vi sono obiettivi inerenti lo sviluppo
di saperi e saper fare relativi al campo della variabilità della lingua;
dall’altra, obiettivi che mirano allo sviluppo di specifiche conoscenze
ai fini di una revisione consapevole dei propri testi.

Esempi di obiettivi riferiti alla variabilità:

— riconoscere ed esemplificare casi di variabilità della lingua;


— stabilire relazioni tra situazioni di comunicazione, interlocutori
e registri linguistici; tra campi di discorso, forme di testo, lessico
specialistico.

. Indicazioni, p. .


 Educazione linguistica e plurilinguismo

Esempi di obiettivi riferiti alla testualità:

— riconoscere i connettivi sintattici e testuali, i segni interpuntivi e la


loro funzione specifica;
— riflettere sui propri errori tipici, segnalati dall’insegnante, allo scopo
di imparare ad autocorreggerli nella produzione scritta.

Come è chiaro, le competenze metalinguistiche che si possono svi-


luppare nel primo ciclo delineano un profilo di apprendente che ha
coscienza della pluralità e diversità degli usi linguistici e che è capace
di mobilitare le sue conoscenze sulla lingua per comunicare, tenen-
do sotto controllo, sia in ricezione sia in produzione, gli aspetti che
rendono un messaggio adeguato.

.. Assi portanti del curricolo

L’educazione linguistica è intesa nelle Indicazioni come educazione


alla diversità e alla pluralità delle forme e degli usi linguistici. Si
tratta di un orientamento di fondo che fa del curricolo d’italiano
un’esperienza di formazione del soggetto aperta al plurilinguismo.
I contenuti privilegiati, cioè le competenze linguistico–comunicative,
la variazione e la testualità, rientrano in questa visione e costituiscono
gli assi portanti del curricolo.

... Le competenze

Attraverso l’analisi precedente è stata evidenziata la centralità dello svi-


luppo di competenze linguistico–comunicative. Nella partizione delle
competenze in sotto–aree distinte (oralità/lettura/scrittura/lessico/
riflessione) ritroviamo una delle scelte di fondo dell’educazione lin-
guistica, che fa parte già da decenni della tradizione educativa italiana
e che è stata sostenuta nel tempo attraverso gli studi di linguistica
educativa e le esperienze condotte nelle classi .
Le varie aree e sotto–aree delle competenze possono essere svi-
luppate ora in parallelo ora in successione, essere distinte o integrate
tra loro. Rispetto ai bisogni degli apprendenti, si ha la possibilità

. Vd. Giscel (a cura di) (). Educazione linguistica democratica. A trent’anni dalle Dieci
tesi. Milano: Franco Angeli (vd. in particolare Percorsi tematici, pp. -).
. Diversità e pluralità nel curricolo d’italiano 

di pianificare interventi in specifiche aree, senza perdere di vista il


quadro complessivo che permette di prefigurare i risultati da raggiun-
gere . In un certo periodo le competenze relative all’oralità possono
essere privilegiate rispetto a quelle di lettura; si possono sviluppare
percorsi integrati, in cui si lavora sulla comprensione scritta per capi-
re come sono fatti i testi e imparare a riprodurli; si possono collegare
i percorsi di lettura con lo sviluppo di specifiche competenze lessicali,
o i percorsi di scrittura con la riflessione sulle varietà linguistiche,
ecc. .
La scelta delle Indicazioni di strutturare il curricolo sulla pluralità
delle competenze è una strategia che permette di rendere flessibile
il curricolo stesso: esso può essere così più facilmente adattato ai
bisogni di ampliamento e approfondimento delle competenze già
presenti nei repertori linguistici degli alunni.

... La variazione

L’accento posto sulla variazione come caratteristica fondamentale


della lingua orienta l’educazione linguistica verso il plurilinguismo e
la multiculturalità. Attraverso l’insegnamento dell’italiano, agli alunni
può essere così offerta l’opportunità di fare esperienza dei diversi usi
della lingua e di imparare a riconoscere le varietà dell’italiano più
diffuse.
Nel testo delle Indicazioni vi sono riferimenti frequenti sia alle
differenze tra oralità e scrittura, tra messaggi diretti e mediati, sia a
parametri di variazione quali situazione, interlocutori, scopo, registro,
ecc. Si tratta di contenuti che vengono segnalati trasversalmente in
molti obiettivi. In particolare:

a) in alcuni obiettivi di ascolto–parlato sono sollecitate le seguen-


ti operazioni: selezionare informazioni significative in base
allo scopo; usare un registro adeguato all’argomento e alla
situazione comunicativa; selezionare il lessico adeguato al-
l’argomento e alla situazione; individuare il punto di vista
dell’emittente in messaggi trasmessi dai media;
. Un valido contributo per prefigurare i risultati da raggiungere è rappresentato dal testo
Idee per un curricolo, elaborato dal Giscel nel  e pubblicato nel volume sopra citato (vd. nota
precedente). Se ne riproduce uno stralcio in Appendice, p. .
. Il tema delle competenze parziali è presente in diversi documenti europei, esaminati
nella Parte I.
 Educazione linguistica e plurilinguismo

b) negli obiettivi di lettura si trovano riferimenti a testi di tipo


diverso, continui e non continui, ai testi letterari (poetici e
narrativi), nonché a testi di diversa natura;
c) negli obiettivi di scrittura vi sono riferimenti agli scopi, a
situazioni e contesti di scrittura e alla selezione del registro
adeguato al destinatario, all’argomento, allo scopo;
d) rispetto al lessico, si richiama il criterio dell’adeguatezza in
base alla situazione comunicativa, agli interlocutori, al tipo di
testo;
e) infine, tra gli obiettivi di riflessione sugli usi, i contenuti rela-
tivi alla variabilità linguistica sono ancora più numerosi: si
va dall’attenzione alla efficacia comunicativa, alle differenze
tra testo orale e testo scritto, fino alla messa a fuoco dei rap-
porti tra situazioni di comunicazione, interlocutori e registri
linguistici.

La proposta di fare esperienza delle varietà linguistiche e di riflettere


sulla variazione, rappresenta un forte stimolo per lo sviluppo di
capacità cognitive e di competenze di adattamento all’altro e al
diverso da sé, sia sotto l’aspetto linguistico sia dal punto di vista
culturale.

... I testi e la testualità

Altri contenuti proposti sono i testi e la testualità. Gli alunni com-


prendono, manipolano, rielaborano, producono testi fin dai primi
anni della scuola primaria e per tutto il percorso scolastico.
Gli obiettivi fanno riferimento ai testi (orali e scritti, da compren-
dere e da produrre) e richiamano le caratteristiche dei testi come
oggetti della riflessione linguistica.
Sul versante dell’oralità, si propongono: le forme del discorso
orale interattivo (dialogo, conversazione, discussione) e del parlato
continuo (raccontare storie personali, esperienze, eventi, descrivere
oggetti, luoghi, persone e personaggi, riferire o esporre un argo-
mento di studio, presentare una tesi); i testi narrativi, descrittivi,
espositivi, argomentativi, anche sotto forma di messaggi trasmessi,
sono proposti per l’educazione all’ascolto e alla comprensione orale.

. Sulla competenza di adattamento, vd. p. .


. Diversità e pluralità nel curricolo d’italiano 

Attraverso la lettura e la scrittura, la competenza testuale si


sviluppa con riferimento alle caratteristiche e alla struttura di:

— testi narrativi, descrittivi, espositivi, regolativi, argomentativi;


— testi continui e non continui;
— testi funzionali e testi creativi, a cui si affiancano i testi lette-
rari, sia poetici sia narrativi.

Nell’ambito della riflessione sugli usi linguistici, gli obiettivi


sollecitano lo sviluppo delle seguenti capacità:

— confrontare testi per coglierne alcune caratteristiche specifi-


che;
— riconoscere le caratteristiche e le strutture dei principali tipi
testuali (narrativi, descrittivi, regolativi, espositivi, argomenta-
tivi);
— usare i connettivi sintattici e testuali;
— utilizzare le proprie conoscenze sui tipi di testo per adotta-
re strategie funzionali a comprendere durante l’ascolto o la
lettura.

La testualità è un terreno in cui si devono fare scelte per adegua-


re il curricolo ai bisogni di sviluppo delle competenze linguisti-
co–comunicative degli allievi.

.. Pluralità e diversità di approcci e metodi

Le scelte metodologiche verso le quali il testo delle Indicazioni


orienta gli insegnanti d’italiano sono sia generali sia specifiche.
Su un piano generale, si raccomanda di assumere i repertori
linguistici degli alunni come punto di partenza per la progettazione
curricolare. Ciò implica che si indaghi sul patrimonio di competenze
già acquisite nell’idioma nativo, sulle altre lingue eventualmente
conosciute, sul grado di padronanza della lingua della scuola, sul
patrimonio lessicale e sulle conoscenze spontanee che ognuno ha in
fatto di lingua e di comunicazione.
Sempre su un piano generale, è opportuno determinare i campi
di intervento prioritario per ampliare o consolidare le competenze
di base nella lingua della scuola: considerare prioritario lo sviluppo
 Educazione linguistica e plurilinguismo

degli usi orali della lingua per la comunicazione in classe e nella


scuola, o la lettura per scopi diversi (pratici, a fini di socializzazione,
per capire i manuali delle discipline. . . ), o il lessico (vocabolario
fondamentale, parole–chiave delle discipline. . . ), oppure la scrittura
(sistema grafico, punteggiatura, composizione di frasi, di brevi testi,
ecc.). L’individuazione e la scelta dei campi d’intervento prioritari
poggiano da una parte sulla conoscenza dei bisogni degli alunni,
dall’altra su una chiara visione dell’articolata configurazione che le
Indicazioni danno della disciplina.
Le Indicazioni danno inoltre dei suggerimenti per costruire delle
didattiche specifiche rispetto alle diverse competenze da sviluppare.
Ecco alcuni dei metodi proposti:

— per lo sviluppo di competenze relative all’oralità, si segnala


l’opportunità di predisporre ambienti di apprendimento ido-
nei al dialogo, all’interazione, alla ricerca e alla costruzione di
significati, alla condivisione di conoscenze, al riconoscimento
di punti di vista, alla loro negoziazione;
— nella comprensione di testi scritti, si raccomanda di fare acqui-
sire opportune tecniche e di far praticare la lettura sia come
momento di socializzazione e di discussione, sia come attività
di ricerca autonoma;
— per l’apprendimento della scrittura, oltre all’acquisizione delle
tecniche specifiche, si raccomanda sia la pratica della scrittura
di testi per scopi reali, sia la sperimentazione delle poten-
zialità espressive della lingua anche con l’ausilio di tecniche
multimediali;
— per quanto riguarda lo sviluppo delle competenze lessicali, si
raccomanda di evitare forme di apprendimento meccanico
e mnemonico: l’ampliamento e l’arricchimento del lessico
deve avvenire «in stretto rapporto con l’uso vivo e reale della
lingua» e quindi «all’interno di attività orali, di lettura e di
scrittura»; inoltre si deve sviluppare l’abilità di consultazione
di dizionari e repertori linguistici di vario tipo;
— infine, il metodo raccomandato per far riflettere sulla lingua
è quello esplorativo: osservare e confrontare testi (anche di
lingue diverse), ricercare analogie e differenze, con due scopi:
comprendere meglio i testi e saper controllare l’adeguatezza
delle proprie scelte linguistiche all’orale e allo scritto.
. Diversità e pluralità nel curricolo d’italiano 

.. Individualizzazione e differenziazione

Diversità e pluralità nel curricolo d’italiano non sono scelte casuali.


Come abbiamo avuto modo di sottolineare in apertura e nel corso di
queste analisi, le Indicazioni propongono di considerare il curricolo
come uno strumento flessibile in funzione dei bisogni di sviluppo
degli alunni.
Si tratta di una grande apertura di credito fatta agli insegnanti:
essi hanno la responsabilità di interpretare i bisogni e di fare scelte
congruenti con le emergenze rilevate.
In risposta alla diversità e pluralità che caratterizza l’impianto della
disciplina, la scuola è chiamata a rispondere con altre parole–chiave:
individualizzazione e differenziazione. Si tratta di strategie d’insegna-
mento già note e sperimentate in tanti contesti didattici sotto le
etichette del sostegno e del potenziamento.
A queste prassi consolidate, ma non sempre efficaci, vengono ad
aggiungersi oggi alcune analisi e proposte elaborate dal Consiglio
d’Europa e illustrate nella prima parte di questo volume , che posso-
no offrire nuovi stimoli all’iniziativa didattica di tutti gli insegnanti di
educazione linguistica.

. Vd. in particolare, Parte I, Capitolo II, pp. – e Capitolo III, pp. –.
Capitolo IV

Due lingue straniere nel primo ciclo

.. Per l’educazione plurilingue e interculturale

Il testo introduttivo alle lingue straniere, nella versione , risulta


quasi completamente riscritto. Ai contenuti delle Indicazioni prece-
denti (), variamente riformulati e precisati, si aggiungono nuovi
contenuti che delineano con più chiarezza il contributo delle due
lingue straniere all’educazione linguistica dei bambini e dei prea-
dolescenti e orientano verso la realizzazione di curricoli linguistici
coerenti con le più recenti indicazioni del Consiglio d’Europa nel
campo delle lingue dell’educazione.

... Finalità delle due lingue

In apertura, il testo indica la finalità comune alle due discipline:


le lingue straniere sono strumenti per l’educazione plurilingue e
interculturale del cittadino europeo. Il contributo che le due lingue
sono chiamate a dare sul piano formativo consiste:

— nell’ampliamento del repertorio linguistico di cui l’appren-


dente dispone; alla lingua d’origine, all’eventuale dialetto, alla
lingua della scuola si aggiungono due lingue straniere;
— nello sviluppo della coscienza linguistica e culturale; la ri-
flessione sulle due lingue sul piano dei significati e del les-
sico, sulle strutture, sugli usi in relazione alle situazioni e
agli interlocutori rafforza la consapevolezza della propria
lingua–cultura.

Le lingue straniere servono per esprimersi, per comunicare, per ri-


flettere, ma anche per imparare ad apprendere. Ciò vuol dire che
gli alunni devono non solo acquisire i mezzi linguistici adeguati alla
varietà delle funzioni e degli usi, ma anche imparare a utilizzare


 Educazione linguistica e plurilinguismo

consapevolmente le strategie per apprendere. La scuola propone


l’apprendimento di diversi sistemi linguistico–culturali perché l’alun-
no impari ad utilizzare, in relazione ai contesti, le diverse varietà di
ciascuna lingua e ad alternare le lingue e perché egli possa, insieme,
acquisire un metodo di studio che gli permetta di continuare ad im-
parare per tutta la vita. Sono questi i primi strumenti utili che le due
lingue devono fornire all’alunno nel primo ciclo affinché egli possa
cominciare ad essere un cittadino europeo.

... Un curricolo integrato e continuo

Per rendere efficace l’insegnamento delle lingue bisogna assicura-


re la trasversalità in orizzontale e la continuità verticale, sviluppando
contestualmente le strategie per imparare.
Che cosa possiamo intendere per trasversalità in orizzontale?
Con questa espressione ci si riferisce di solito ai rapporti tra la lingua
italiana insegnata come materia e la lingua usata per insegnare le altre
materie . Ma qui ci si riferisce anche ad un altro tipo di trasversalità,
quella che si può creare tra la lingua materna (LM) o la lingua della
scuola () e le lingue straniere . I processi di comprensione e di
produzione orale e scritta sono simili nelle diverse lingue, anche se
lo sviluppo delle abilità e delle conoscenze e i livelli di padronanza
variano da una lingua all’altra. Sappiamo che le competenze possedu-
te nella LM (o nella ) sono chiamate in causa nell’apprendimento
delle lingue straniere; sappiamo inoltre che le capacità linguistiche
che si sviluppano imparando una lingua straniera accrescono nel
soggetto la consapevolezza del funzionamento della LM (o della )
e che la competenza in più lingue potenzia la capacità di apprendere
altre lingue. Nella loro progettazione gli insegnanti dovranno pun-
tare sulle possibili correlazioni tra le lingue al fine di sostenere il
reciproco rinforzo tra i processi di apprendimento. Questo significa

. Vd. Indicazioni, p. : «Lo sviluppo di competenze linguistiche ampie e sicure è una
condizione indispensabile per la crescita della persona e per l’esercizio pieno della cittadinanza,
per l’accesso critico a tutti gli ambiti culturali e per il raggiungimento del successo scolastico
in ogni settore di studio. Per realizzare queste finalità estese e trasversali, è necessario che
l’apprendimento della lingua sia oggetto di specifiche attenzioni da parte di tutti i docenti, che
in questa prospettiva coordineranno le loro attività».
. Indicazioni. p. : «Attraverso la progettazione concordata degli insegnamenti di italiano,
delle due lingue straniere e di altre discipline si realizza la trasversalità in orizzontale come
area di intervento comune per lo sviluppo linguistico–cognitivo».
. Due lingue straniere nel primo ciclo 

che le conoscenze, le abilità e le strategie già acquisite in una lingua


possono costituire dei punti di partenza per sviluppare conoscenze,
abilità e strategie in altre lingue.
Per facilitare lo sviluppo integrato di competenze linguistiche
plurali e multifunzionali è necessario individuare ambiti di inter-
vento comuni alle diverse lingue. Inoltre, se viene favorito il transfer,
l’allievo impara a gestire il suo apprendimento in maniera man mano
più autonoma e acquista coscienza delle strategie utili per continuare
a imparare.
La continuità verticale si stabilisce invece tra i vari segmenti sco-
lastici (scuola primaria e secondaria di primo grado) e tra i percor-
si interni (da un anno all’altro all’interno di un segmento scolasti-
co), quando si perseguono obiettivi progressivi nello sviluppo delle
competenze.
Il passaggio da un livello di competenza ad un altro è segnalato
dagli obiettivi specifici di apprendimento indicati rispettivamente per
la scuola primaria (fino alla terza e fino alla quinta classe) e per i tre
anni della secondaria di primo grado. L’articolazione degli obiettivi
permette di individuare appunto le tappe intermedie nello sviluppo
delle competenze.
Per ogni ambito di competenza gli obiettivi indicano i progressi
da compiere. La continuità è di fatto inscritta nella struttura data
agli obiettivi che, nel tempo, si riferiscono agli stessi ambiti di com-
petenza: ascolto, parlato, lettura, scrittura, riflessione sulla lingua e
sull’apprendimento. Ognuna di queste competenze si deve ampliare
e approfondire in dimensione verticale.

... Percorsi curricolari tra scuola primaria e secondaria di primo grado

Nella scuola primaria, l’educazione plurilingue e interculturale si


fonda sui rapporti tra la lingua inglese, la lingua materna, la lingua di
scolarizzazione ed eventuali altri idiomi in possesso dell’alunno.
L’insegnamento dell’inglese, anche se prevalentemente orientato
alla comunicazione, costituisce inizialmente un’occasione per sen-
sibilizzare l’apprendente alla pluralità di suoni, di curve intonative,
. Questa visione della trasversalità, che tende a valorizzare le interazioni tra i processi di
apprendimento delle lingue ai fini dell’educazione linguistica, richiama la Didattica Integrata
delle Lingue proposta in Un documento europeo di riferimento per le lingue dell’educazione? Tale
idea è stata successivamente ripresa e sviluppata in: Béacco et alii (). Guida per lo sviluppo e
l’attuazione di curricoli vd. infra, pp. ,  e .
 Educazione linguistica e plurilinguismo

di ritmi, di forme di frasi, di significati, in un approccio che include


il confronto di codici verbali diversi. Proprio in questa prospettiva il
testo del  segnala l’opportunità di esplorare lingue conosciute
anche da singoli alunni. La sensibilizzazione ad altre lingue non com-
porta l’apprendimento di quelle lingue, ma la scoperta dell’esistenza
di una pluralità di idiomi, di una molteplicità di modi e di forme
per esprimere significati. Queste prime esperienze di plurilinguismo
possono essere realizzate più agevolmente se l’insegnamento della
lingua italiana e della lingua inglese sono affidati allo stesso docente;
in caso diverso, i due docenti devono coordinare i loro interventi in
funzione dell’educazione plurilingue e interculturale .
Nella scuola secondaria l’insegnamento dell’inglese, orientato
allo sviluppo di competenza comunicativa, comporta anche una
graduale attenzione alla riflessione interlinguistica (in direzione della
 e della seconda lingua straniera). L’integrazione tra l’italiano e la
lingua inglese si realizza nell’esercizio delle stesse attività linguistiche
(ricettive e produttive), che si diversificano soprattutto per la diversa
complessità e lunghezza dei testi, nonché per gli scopi e la varietà di
situazioni comunicative.
La seconda lingua comunitaria rappresenta un’occasione per am-
pliare e approfondire il repertorio linguistico già acquisito e per

. La sensibilizzazione ad altre lingue richiama l’approccio generalmente noto in ambito


internazionale come Language awareness o Ėveil aux langues. Questo approccio mira a sensibiliz-
zare al linguaggio e alle lingue e culture gli alunni di scuola materna, primaria e secondaria di
primo grado. Esso postula quindi il contatto con un gran numero di lingue. Si cerca così di
valorizzare la lingua d’origine degli alunni stranieri presenti in classe, per i quali la lingua della
scuola non è la stessa della lingua parlata a casa, e di aprire gli orizzonti di tutti gli alunni ad
altre lingue e culture. Vd. Gli approcci plurali, p. .
. La novità di questa indicazione non deve sfuggire: il riferimento alle lingue conosciute
da singoli alunni come risorsa educativa è certamente richiesto dalla realtà linguistica sempre
più variegata delle nostre classi per la presenza di alunni di origine straniera per i quali la lingua
della scuola (l’italiano) è spesso la seconda lingua. Questa indicazione è pienamente coerente
con il capitolo relativo all’Ambiente di apprendimento e più in particolare con il paragrafo Attuare
interventi adeguati nei riguardi delle diversità dove si legge: «Particolare attenzione va rivolta agli
alunni con cittadinanza non italiana i quali, ai fini di una piena integrazione, devono acquisire
sia un adeguato livello di uso e controllo della lingua italiana per comunicare e avviare i processi
di apprendimento, sia una sempre più sicura padronanza linguistica e culturale per proseguire
nel proprio itinerario di istruzione. Tra loro vi sono alunni giunti da poco in Italia (immigrati
“di prima generazione”) e alunni nati in Italia (immigrati “di seconda generazione”). Questi
alunni richiedono interventi differenziati che non devono investire il solo insegnamento della
lingua italiana ma la progettazione didattica complessiva della scuola e quindi dei docenti di
tutte le discipline».
. Due lingue straniere nel primo ciclo 

riutilizzare le strategie di apprendimento delle lingue già studiate. Il


primo scopo si persegue sviluppando una o più competenze comple-
mentari rispetto a quelle già acquisite nella prima lingua straniera o
nella lingua italiana. Ad esempio, nella seconda lingua si può perse-
guire lo sviluppo di competenze interculturali, se queste non sono
state oggetto di apprendimento nella prima lingua; oppure, si può
privilegiare la comprensione scritta, se questa abilità risulta poco
sicura nelle altre lingue. Sono orientati verso il secondo scopo tutti
gli interventi didattici che incoraggiano le attività di transfer delle stra-
tegie di apprendimento linguistico. È compito dei docenti decidere
a che cosa dare la priorità nell’insegnamento della seconda lingua .
I percorsi didattici vanno comunque riferiti ai traguardi da rag-
giungere, i quali sono riconducibili, a grandi linee, ai livelli A e
A del . In particolare, per l’inglese nella scuola primaria e per
la seconda lingua nella secondaria di primo grado viene indicato il
livello A, mentre per l’inglese nella secondaria è indicato il livello
A. Il riferimento esplicito al  segnala almeno un’innovazione:
nell’ambito delle lingue straniere la scuola italiana assume, come
criteri di valutazione dei risultati, descrittori e livelli di competenze
definiti in ambito europeo.

... Metodi e attività da privilegiare

Sul piano metodologico, le scelte sono motivate dall’esigenza di tener


conto del soggetto che apprende, dei suoi bisogni di espressione, di
movimento, di invenzione e di socialità. Le parole–chiave sono alcuni
verbi: fare, interagire, partecipare, esplorare, riflettere.
Il testo del  suggerisce una varietà di metodi. All’inizio sarà
opportuno impegnare i piccoli allievi in giochi in cui parole, gesti,
movimenti, azioni siano manifestazioni del piacere di stare insieme
imparando la nuova lingua (approccio ludico); verrà il momento in
cui la lingua sarà l’occasione per scoprire immagini, suoni, oggetti
nuovi e cominciare a fare confronti tra sé e gli altri (approccio esplo-
rativo); successivamente gli allievi affronteranno delle situazioni di

. Tra le modalità d’integrazione della seconda lingua nel curricolo plurilingue e in-
terculturale vi è l’intercomprensione (IC), forma di sperimentazione sviluppata negli ultimi
decenni in molti paesi europei e extraeuropei che propone lo sviluppo di singole abilità (es.
la comprensione scritta) in più lingue. Altro versante della ricerca che può offrire spunti per
l’integrazione della seconda lingua è l’approccio interculturale. Per documentarsi sulle diverse
ricerche, esperienze e produzioni, vd. Gli approcci plurali, p. .
 Educazione linguistica e plurilinguismo

comunicazione autentica con i coetanei stranieri (approccio interat-


tivo). Le diverse modalità di intervento saranno scelte in relazione
all’evoluzione dei bisogni formativi.
A questa metodologia attiva, si aggiungono due indicazioni com-
plementari. La prima riguarda il ricorso alla lingua straniera per
veicolare conoscenze relative ad altre discipline. Ciò non era previsto
nel testo del  e mette in discussione alcune prassi didattiche
consolidate che escludono i riferimenti a contenuti non linguistici
ai livelli iniziali di apprendimento delle lingue. Questa innovazione
sollecita la riflessione degli insegnanti sia sul che cosa, sia sul come e sul
quando, anche in relazione agli obiettivi previsti nella scuola primaria
(fino alla terza e fino alla quinta classe) e nella scuola secondaria di
primo grado.
Essa può essere messa in pratica attraverso l’introduzione di atti-
vità plurilingui, che si prestano a far praticare l’alternanza linguistica
in tutte le classi. Lo scopo prevalente di queste attività è di offrire agli
alunni l’opportunità di affrontare compiti linguistici che li spingono a
superare degli ostacoli, a correre dei rischi, a mobilitare conoscenze
e strategie e a sviluppare competenze di mediazione linguistica .
La seconda indicazione verte sulla riflessione linguistica. La rifles-
sione ha come oggetto non solo le forme, i significati e gli usi della
singola lingua, ma anche il confronto tra forme, significati e usi di
lingue diverse. Alla riflessione intralinguistica si aggiunge quindi la
riflessione interlinguistica , per la quale bisognerà ridefinire modi,
tempi e strumenti. Inoltre, gli alunni dovranno essere guidati a ri-
flettere sui loro modi di apprendere, sulle strategie utilizzate e sui
risultati raggiunti.
Le innovazioni che abbiamo evidenziato delineano alcuni nuovi
compiti per gli insegnanti:

— ripensare il curricolo delle due lingue in stretto collegamento


con l’italiano e con lingue materne diverse dall’italiano;
— definire sia gli ambiti di coordinamento orizzontale e di in-
tegrazione tra le lingue (trasversalità), sia le tappe di svilup-
po della competenza plurilingue e interculturale (continuità
verticale);

. V. Praticare l’alternanza linguistica, p. .


. Vd. Gli approcci plurali, p.  e, in particolare, La didattica integrata delle lingue, p. .
. Due lingue straniere nel primo ciclo 

— prevedere occasioni in cui gli alunni utilizzano la lingua stra-


niera per studiare argomenti di altre discipline;
— mettere a punto tecniche e attività per far riflettere gli alunni
sui contenuti linguistici e culturali e sui modi di imparare le
lingue.

.. Un’ipotesi di lavoro

Nella prospettiva dell’educazione plurilingue e interculturale, il curri-


colo delle lingue straniere deve essere ripensato in un’ottica unitaria.
L’insegnamento delle due lingue deve essere caratterizzato dalla ri-
cerca di convergenze e di integrazione non solo tra le due lingue, ma
anche tra queste e la lingua italiana.

... La trasversalità orizzontale

Quali criteri devono assumere gli insegnanti di lingue per progettare


insieme lo sviluppo linguistico e cognitivo degli alunni? Un criterio da
mettere alla prova è il seguente: cercare convergenze tra le competen-
ze attese in italiano e in inglese e coordinare le attività per lo sviluppo
di una competenza unitaria. Consideriamo, ad esempio, alcune delle
competenze di lettura da sviluppare nella scuola primaria :

Italiano — Legge e comprende testi di vario tipo, continui e non continui, ne


individua il senso globale e le informazioni principali, utilizzando strategie di
lettura adeguate agli scopi.

Inglese — Comprende brevi messaggi [orali e] scritti relativi ad ambiti familiari.

Si rileva convergenza in due punti: ) la lettura è intesa come


comprensione di testi, sia in italiano sia in inglese; in italiano l’alunno
comprende testi di vario tipo continui e non continui, in inglese com-
prende brevi messaggi; ) la lettura richiede lo sviluppo di strategie
simili nelle due lingue: individua il senso globale e le informazioni prin-
cipali (italiano) trova riscontro nel più sintetico comprende (inglese),

. Indicazioni, pp.  e .


. La comprensione orale in inglese non è qui messa a confronto con la corrispondente
competenza in italiano, su cui sono previsti specifici traguardi.
 Educazione linguistica e plurilinguismo

dove il comprendere implica certamente individuare il senso globale e


le informazioni principali.
Nella scuola primaria, quindi, le competenze di lettura nelle due
lingue tendono allo sviluppo di una competenza unitaria di com-
prensione del senso globale e delle informazioni principali di testi. I
testi si differenziano per il livello di complessità (in italiano: testi di
vario tipo continui e non continui, in inglese: brevi testi). Questo aspetto
comune può essere un tassello della progettazione concordata tra gli
insegnanti di lingua, che sceglieranno testi di diversa complessità in
ciascuna lingua.

... La continuità verticale

L’analisi di alcuni obiettivi ci permette di estrapolare gli elementi


di continuità nello sviluppo delle competenze. Prendiamo in esame
gli obiettivi di lettura previsti per la lingua inglese. Essi presenta-
no una certa progressione nei testi, nelle operazioni che l’alunno
viene sollecitato a compiere sui testi, nei tipi di supporti alla com-
prensione. Dai tre obiettivi riportati nella tabella che segue si può
rilevare che la lettura in lingua inglese sarà praticata come attività
di comprensione di messaggi e verterà su testi brevi e di contenuto
familiare o vicino all’esperienza vissuta. Gli alunni saranno guidati a
riconoscere, identificare e correlare parole e frasi già note all’orale
e comunque di significato familiare; la comprensione sarà facilitata
dall’uso di supporti visivi o di referenti concreti.
Questi, gli elementi di continuità tra scuola primaria e secon-
daria di primo grado. Quali elementi assicureranno la gradualità
in vista del progresso della competenza di lettura? Nella tabella
sono evidenziati i testi, le operazioni di comprensione, i tipi di sup-
porti. Da questi tre elementi si può ricavare la seguente ipotesi di
gradualità:

— nella scuola primaria, si partirà dalla lettura di brevi messaggi


costituiti da parole singole o gruppi di parole (es. insegne,
elenchi, cartoline e biglietti); si passerà a testi di contenuto
familiare (es. lettera); le operazioni saranno limitate a rico-
noscere e identificare parole note e/o nuove; si farà ricorso
prima a supporti visivi e sonori, poi a semplici supporti visivi;
— nella scuola secondaria, si partirà dalla lettura di testi a con-
tenuto familiare e si passerà poi ai testi che guidano nello
. Due lingue straniere nel primo ciclo 

Tabella. Lingua inglese: leggere.

classi obiettivi di apprendimento testi operazioni supporti


I–II–III Comprendere cartoline, bi- cartoline, bi- riconoscere visivi o sonori
primaria glietti e brevi messaggi ac- glietti parole e fra-
compagnati da supporti visi- e brevi si già note
vi o sonori, cogliendo parole messaggi all’orale
e frasi già acquisite a livello
orale.
IV–V Leggere e comprendere bre- brevi e sem- identificare visivi
primaria vi e semplici testi, accom- plici testi parole
pagnati preferibilmente da e frasi fami-
supporti visivi, cogliendo liari
il loro significato globale e
identificando parole e frasi
familiari.
I–II–III Leggere testi riguardanti testi regola- comprendere immagini e
secondaria istruzioni per l’uso di un tivi istruzioni oggetti relati-
oggetto, per lo svolgimen- (regole di vi a giochi di
to di giochi, per attività un gioco, gruppo
collaborative. consegne)
Fonte: Indicazioni pp. ––

svolgimento di un’attività (consegne, istruzioni, ricette). Per


quanto riguarda le operazioni cognitive, si procederà dalla
identificazione di forme linguistiche nuove alla attribuzione
di significati alle forme linguistiche utilizzando il contesto;
successivamente si passerà alla comprensione analitica di testi
che guidano ad eseguire sequenze di azioni facendo ricorso
alle esperienze degli allievi. Per quanto riguarda i supporti,
si farà ricorso ad immagini o ad oggetti concreti sui quali
operare (es. giochi).

... Trasversalità e continuità

Proponiamo ora un esempio di analisi degli obiettivi considerandoli


insieme nell’ottica della trasversalità e della continuità. L’esempio
verte ancora una volta sulla lettura.
Tra gli obiettivi di apprendimento relativi alla lettura nella
scuola secondaria di primo grado troviamo:
 Educazione linguistica e plurilinguismo

Italiano — Ricavare informazioni esplicite e implicite da testi espositivi, per docu-


mentarsi su un argomento specifico o per realizzare scopi pratici.

Inglese — Leggere globalmente testi relativamente lunghi per trovare informazioni


specifiche relative ai propri interessi e a contenuti di studio di altre discipline.

Seconda lingua — Comprendere testi semplici di contenuto familiare e di tipo


concreto e trovare informazioni specifiche in materiali di uso corrente.

Gli elementi di trasversalità sono i seguenti: ) in ogni lingua si leg-


gono testi, che sono indicati in modo preciso in italiano, in modo
generico nelle due lingue); ) le modalità di lettura rinviano essen-
zialmente alle stesse strategie: lettura globale, selettiva o analitica; )
gli scopi di lettura sono simili da una lingua all’altra (documentarsi,
trovare informazioni specifiche).
Questi aspetti trasversali accomunano gli interventi didattici: nelle
tre lingue gli alunni avranno l’opportunità di leggere testi a conte-
nuto familiare e concreto o testi relativi a contenuti di studio, di
leggere per scopi diversi (documentarsi, studiare, agire), di imparare
a scegliere la strategie di lettura in relazione allo scopo e al tipo di
testo.
Lo sviluppo della competenza di lettura, attraverso l’alternanza
dei testi, degli scopi e delle strategie, richiede una diversificazione
didattica nel triennio sia nell’italiano, sia in ciascuna lingua straniera.
Sul piano della gradualità, si può affermare che gli alunni:

— in italiano, leggeranno testi espositivi per scopi pratici o per


studiare e vi ricercheranno inizialmente le informazioni espli-
cite (primo anno?), poi anche le informazioni implicite (se-
condo e terzo anno) e applicheranno man mano le strategie
adeguate (lettura globale, selettiva, analitica);
— in inglese, leggeranno inizialmente testi relativi ai propri in-
teressi e per scopi concreti; verso la fine del secondo anno,
se non addirittura al terzo, cominceranno a leggere testi più
lunghi per lo studio e praticheranno la lettura globale e/o
selettiva;
— nella seconda lingua, leggeranno semplici testi a contenuto
familiare e per scopi concreti sulla base di precise consegne e
riutilizzeranno le strategie di lettura già sperimentate in  e
in inglese.
. Due lingue straniere nel primo ciclo 

Come si vede, l’analisi comparata degli obiettivi permette di trovare


e mettere in relazione sia le correlazioni trasversali, sia i fattori che
possono assicurare continuità e gradualità allo sviluppo di competen-
ze nelle tre lingue. L’innovazione va per così dire scovata all’interno
degli obiettivi di apprendimento.

.. Orientare il curricolo verso l’innovazione

A conclusione di questo percorso di analisi ci sembra di poter dire


che le lingue nel primo ciclo presentano sicuri elementi di innovazio-
ne. Il primo è il seguente: a partire dal multilinguismo diffuso nelle
classi (varietà di lingue e culture) il curricolo plurilingue e intercul-
turale deve tendere a sviluppare i repertori acquisiti dagli alunni e a
valorizzare le loro diversità culturali.
Gli altri elementi di innovazione si possono raccogliere sotto due
etichette: ) trasversalità, ) continuità–gradualità. Gli esempi forniti
si riferiscono solo ad un’area di competenza (la comprensione scritta),
nella quale si evidenzia una parte dell’innovazione introdotta nelle
due lingue straniere. Altri elementi d’innovazione possono emergere
dall’analisi degli altri traguardi e obiettivi.
Per gli insegnanti, superare l’ottica dei curricoli separati per cia-
scuna lingua e cercare di costruire e realizzare un curricolo integrato
per più lingue significa entrare nella logica della cooperazione in
funzione dell’educazione linguistica generale del soggetto. Per il sog-
getto che apprende, i diversi sistemi linguistici che egli va costruendo
non restano isolati ma si rinforzano reciprocamente, proprio sulla
base dei loro fondamenti comuni.
Capitolo V

Strategie d’integrazione delle lingue

A leggere le Indicazioni sull’italiano e le lingue straniere per il primo


ciclo, ci sembra di poter cogliere un deciso orientamento verso il
curricolo integrato delle lingue.
I traguardi d’italiano e delle due lingue straniere prevedono delle
competenze d’uscita convergenti. Nella scuola primaria, si prevede lo
sviluppo, pur a livelli diversi, della comprensione, della produzione
e dell’interazione orale e di alcune abilità di studio. Nella scuola
secondaria di primo grado, i traguardi nei quali si possono ricono-
scere ambiti di integrazione tra l’italiano e le due lingue straniere
sono riferibili alle stesse competenze: comprensione e produzione
orale e scritta, interazione e mediazione, strategie di apprendimento,
riflessione linguistica.
Gli obiettivi sono correlati ai traguardi e costituiscono una guida
per realizzare percorsi integrati in due lingue nella scuola primaria e
in tre lingue nella scuola secondaria di primo grado.

.. Sviluppi della Didattica Integrata delle Lingue (DIL)

Assumere traguardi e obiettivi comuni non basta a favorire l’inte-


grazione. Per favorire l’apprendimento integrato delle lingue, oc-
corre tenere conto delle somiglianze e delle differenze tra i processi
di acquisizione/apprendimento della lingua italiana e delle lingue
straniere.
Di fatto, nell’acquisizione/apprendimento della prima lingua e
di altre lingue intervengono le stesse capacità generali e gli stessi
processi. Le capacità generali e i processi di comunicazione linguistica
sono infatti strettamente correlati . Il processo di comprensione si
avvia e si realizza mettendo in moto capacità uditive (ascolto) o

. Si veda nel , Processi della comunicazione linguistica, p. .


 Educazione linguistica e plurilinguismo

visive (lettura), ma anche capacità cognitive e semantiche; parimenti,


i processi di produzione orale o scritta mettono in moto capacità
fonetico–articolatorie o capacità grafico–manuali e nel contempo
capacità cognitive e semantiche.
Assumere le somiglianze tra i processi come guida nell’insegna-
mento delle lingue significa puntare allo sviluppo delle capacità gene-
rali del soggetto, in primo luogo delle capacità cognitive e semantiche,
che intervengono in tutti i processi. Ciò comporta che nell’insegna-
mento della  e della  gli alunni siano sempre impegnati ad elabo-
rare contenuti linguistici significativi. Attivare uno stesso processo in
lingue diverse (di comprensione, di produzione, ecc.) non può che
accelerare lo sviluppo delle capacità correlate.
Ma questo livello di integrazione dei processi resta ancora piutto-
sto teorico. Un suggerimento didattico può essere colto in uno studio
del Consiglio d’Europa , nel quale si postula l’integrazione tra gli
insegnamenti linguistici in base a due principi:

— principio dell’anticipazione: l’insegnante della  apre la strada


e prepara il terreno, attraverso le conoscenze e le strategie
che va sviluppando, agli insegnamenti e agli apprendimenti
paralleli o futuri in ;
— principio di retroazione: ogni nuovo apprendimento linguistico
(in ) provoca una ristrutturazione, una sorta di ri–visitazione,
delle conoscenze già acquisite.

Sul piano didattico, questo principio si traduce nella presa di coscien-


za da parte dell’insegnante dell’impatto che i nuovi apprendimenti in
 possono avere sulla  e viceversa.
Tenendo presenti questi due principi, se gli insegnanti di lingue
diverse assumono uno stesso processo per lo sviluppo di competenze
integrate, possono sfruttare gli effetti di eco e i diversi giochi di antici-
pazione e di retroazione a vantaggio dell’una e dell’altra lingua; gli
alunni possono esercitarsi a trasferire consapevolmente conoscenze
e strategie da una lingua all’altra (cosa che avviene spontaneamente
nell’acquisizione e nell’apprendimento di più lingue), sviluppando
una competenza strategica trasversale.
In sintesi, nella ricerca di integrazione vanno sempre tenuti
presenti i seguenti principi:

. , § ... pp. –. Vd. L’area degli insegnamenti linguistici, p.  e segg.
. Strategie d’integrazione delle lingue 

— la  va assunta come riferimento centrale per attivare i pro-


cessi di apprendimento delle lingue straniere;
— le lingue sono assunte come oggetti di confronto sui diversi
piani di contenuto: linguistico, sociolinguistico e pragmatico;
— la riflessione va riferita sia alla scoperta di somiglianze e dif-
ferenze tra le lingue, sia alla messa a fuoco delle strategie di
apprendimento.

Nella prassi didattica corrente, lo sviluppo di competenze integrate


nelle lingue non è sempre facile da realizzare. Ad un livello inizia-
le, si possono coordinare degli interventi partendo da una stessa
componente linguistica (il lessico, la morfologia. . . ), oppure dalla
componente sociolinguistica (come si saluta nelle diverse situazioni,
come si parla a chi si conosce/non si conosce. . . ) o da quella pragma-
tica (le formule e i modi per salutare, per chiedere di fare insieme,
per regolare comportamenti scolastici. . . ). A partire da un semplice
corpus linguistico in due o in tre lingue si possono stimolare semplici
attività di confronto e di riflessione interlinguistica. Ad un livello più
avanzato, si possono individuare acquisizioni linguistiche in italiano
(connettivi testuali, variazioni di registro, ecc) da riproporre in lingua
straniera per favorire il transfer da una lingua all’altra.
Un’altra strategia utile è il ricorso a compiti che prevedono l’uso
di documenti in due o più lingue (Italiano e Inglese, Inglese e Seconda
lingua) e l’alternanza delle lingue.

.. Verso una competenza plurilingue

La Didattica Integrata delle Lingue è uno degli approcci plurali pre-


sentati nel  . Si tratta di un approccio che «mira ad aiutare
l’apprendente a stabilire legami tra un numero limitato di lingue,
quelle il cui insegnamento/apprendimento è indicato dal curricolo
scolastico». Si cerca di sfruttare le relazioni tra le lingue utilizzate (e
studiate) per costruire una vera competenza plurilingue.
Il  è una sorta di banca nella quale si possono trovare Risorse,
cioè obiettivi d’insegnamento, espressi in termini di saperi, saper essere
e saper fare, che servono a costruire la competenza plurilingue. Per
fare un esempio, consideriamo alcuni degli obiettivi di riflessione

. Gli approcci plurali, p. .


 Educazione linguistica e plurilinguismo

linguistica relativi alla lingua inglese e alla seconda lingua comunitaria


nella scuola secondaria di primo grado :

Inglese — Confrontare parole e strutture relative a codici verbali diversi. Rilevare


semplici analogie o differenze tra comportamenti e usi legati a lingue diverse.
Seconda lingua comunitaria — Confrontare parole e strutture relative a codici
verbali diversi.

Se assumiamo questi obiettivi per selezionare risorse nel , nella


sezione dedicata ai saper fare troviamo il seguente descrittore: «saper
confrontare i fenomeni linguistici/culturali di lingue/culture diverse».
Questo descrittore viene analizzato in sotto–competenze, tra le quali
rileviamo le seguenti:

— padroneggiare le procedure di comparazione;


— percepire la contiguità e la distanza sonore;
— percepire la contiguità e la distanza grafiche;
— percepire la contiguità lessicale;
— percepire una somiglianza globale tra due/più lingue;
— confrontare i rapporti fonia–grafia tra le lingue;
— confrontare le funzioni grammaticali tra lingue diverse.

Tra le Risorse del  troviamo altre specificazioni. Consideriamo


due esempi:

a) La sotto–competenza «percepire la contiguità e la distanza


sonore» viene così specificata:
— percepire la contiguità e la distanza tra elementi fonetici
semplici;
— percepire la contiguità e la distanza tra elementi proso-
dici;
— percepire la contiguità e la distanza tra elementi sonori
della misura di un morfema.
b) La sotto–competenza «percepire la contiguità lessicale» viene
così specificata:
— percepire la contiguità lessicale diretta;
— percepire la contiguità lessicale indiretta;

. Indicazioni, p.  e .
. Strategie d’integrazione delle lingue 

— confrontare la forma dei prestiti con quella che hanno


nella lingua d’origine.

Questi descrittori possono servire per predisporre delle attività di


riflessione linguistica su “oggetti” coerenti con gli obiettivi sopra
citati.
Partendo da altri obiettivi si possono trovare nel  dei de-
scrittori relativi ai saperi, ai saper essere, ai saper fare inerenti a que-
gli obiettivi e atti a favorire la costruzione di competenze plurali e
interculturali.

.. Un’esperienza di DIL nella formazione in servizio

Ci sono diversi modi di concepire la didattica integrata e ogni inse-


gnante può aver elaborato una certa visione in base alla sua esperienza
professionale. Gli insegnanti di lingue hanno bisogno di fare delle
esperienze e di riflettere sulle esperienze compiute per rimodulare i
loro interventi. Per questo sono importanti (e però non frequenti)
le iniziative di formazione in servizio sulla tematica del curricolo
integrato delle lingue.
Per offrire un esempio che stimoli a riflettere e a confrontare
esperienze diverse, si presenta di seguito un percorso di formazione
sulla comprensione scritta plurilingue .

U  

Il laboratorio Leggere per capire è un esempio di  in quanto è un


percorso didattico integrato che mira a sviluppare una competenza
trasversale, la comprensione scritta. Ognuna delle attività proposte
fornisce l’occasione di compiere operazioni linguistiche e cognitive
simili in lingue diverse e favorisce il transfer delle strategie di lettura
da una lingua all’altra.
Gli insegnanti che hanno partecipato al laboratorio sono stati
impegnati in una esperienza di lettura in tre lingue. Essi hanno svolto

. Si tratta di un laboratorio didattico di  ore, proposto nel  ad un gruppo di


insegnanti della Scuola di specializzazione per insegnanti di Italiano come  presso l’Università
degli Studi di Palermo.
 Educazione linguistica e plurilinguismo

delle attività che vanno nel senso dell’integrazione delle competenze


di lettura in e attraverso lingue diverse (Italiano, Inglese, Francese).
Nella prima fase gli insegnanti hanno fatto un’esperienza di appren-
dimento, cioè hanno accettato di fare gli studenti e di eseguire le attività
proposte in situazione di apprendimento collaborativo. Nella seconda
fase, essi sono stati coinvolti come docenti, riflettendo sulle attività svol-
te, sulle operazioni cognitive che compie chi legge per capire e sulle
modalità di lettura, che possono variare in base agli scopi ma che sono
trasversali da una lingua all’altra. L’esperienza si è conclusa con una ri-
flessione sul processo di comprensione scritta trilingue e sulle possibilità
di trasferire conoscenze e strategie da una lingua all’altra. Attraverso
l’esperienza del laboratorio gli insegnanti hanno avuto l’opportunità
di capire che è possibile sviluppare una stessa competenza in lingue
diverse che si integrano e si rinforzano a vicenda.

Prima fase

In questa fase si propongono tre attività di lettura, svolte prima indi-


vidualmente, poi in piccolo gruppo.

Prima attività di lettura. Consegna 

Leggere il testo The Maldives e rispondere al questionario a scelta


multipla.

The Maldives

. The Republic of Maldives is one of the most beautiful groups of


islands in the world. It is south–west of Sri–Lanka in the Indian Ocean. The-
re are about , islands — they are  kilometres long and  kilometres
wide. The biggest island is called Fua Mulaku and it’s only . kilometres
long.

. The language of the Maldives is Dhivehi but most people speak
English too. The population is about ,, but people live on only  of
the islands.

. I testi qui riportati sono tratti da: Calò R., Le lingue in classe. Insegnare apprendere
comunicare, Sette Città, Viterbo, , parte III.
. Strategie d’integrazione delle lingue 

    . The Maldive islands are wonderful — but they
have a big problem. The ocean is getting higher and the islands are going
under the water.

  . Are you looking for a special holiday? Nowhere is more
beautiful than the Maldives. You can relax on the white sand and swim in
the clear blue sea — there are amazing fish, but look out for sharks. Do you
like shopping? Then go to the capital — Malé — and you can buy clothes,
necklaces, nags and lots more.

Questionario a scelta multipla: Scegliere la risposta appropriata per ogni


domanda
. How many islands are there in the Maldives?
a) About two hundred.
b) Eight hundred and twenty.
c) Over a thousand.
. In the Maldives:
a) everyone speaks English.
b) a lot of people speak English.
c) nobody speaks English.
. How many islands have a human population?
a) Two hundred and two.
b) One thousand, one hundred and ninety.
c) Two hundred and seventy thousand.
. What can you see in the sea around the Maldives?
a) Only fish.
b) Only sharks.
c) Fish and sharks.
. Where is a good place to go shopping in the Maldives?
a) Fua Mulaku.
b) Malé.
c) Dhivehi.

Lavoro in piccolo gruppo. Consegna 

Confrontare le risposte al questionario e coordinarle. Riflettere su che


cosa si è fatto leggendo: contenuti linguistici, procedure, operazioni.
Cercare insieme delle risposte.
Al termine della prima attività di lettura individuale e della rifles-
sione in gruppo i partecipanti osservano che:
Per rispondere alle domande si parte dalle parole che somigliano alla lingua
materna (parole come geografia, linguaggio, oceano) o con iniziali maiuscole
come Sri–lanka, Malé, cioè si recuperano conoscenze in .
 Educazione linguistica e plurilinguismo

La struttura del testo, formato da brevi paragrafi, induce a compiere


diverse letture (lettura non lineare); ogni domanda del questionario richiede
il controllo di alcuni paragrafi per cercare le informazioni che permettono
di scegliere la risposta.
Le più frequenti operazioni compiute sono: identificare somiglianze
formali nelle domande e nei paragrafi; attribuire significati alle parole nuove
in relazione al cotesto e al testo nel suo insieme.

Seconda attività di lettura. Consegna 

Leggere il testo Ritratto letterario e completarlo.

Il vecchio e il mare (Hemingway)

Era un vecchio che pescava da solo su una barca nella Corrente del Golfo.
Era magro e scarno e aveva ________ profonde sulla nuca. Sulle guance
le chiazze del cancro della pelle, provocato dai riflessi del sole sul mare
tropicale. Le chiazze scendevano lungo i due lati del viso e le mani avevano
cicatrici profonde che gli erano venute trattenendo con le lenze i ________
pesanti. Ma nessuna di queste ________ era fresca. Erano tutte ________
come erosioni di un deserto senza pesci. Tutto in lui era ________ tranne
gli occhi che avevano lo stesso colore del mare ed erano allegri e indomiti.

Lavoro in piccolo gruppo. Consegna 

Confrontare i completamenti e discuterli. Riflettere su che cosa si è


fatto leggendo: contenuti linguistici, procedure, operazioni. Cercare
insieme delle risposte.
Al termine della seconda attività di lettura individuale e della
riflessione in gruppo i partecipanti osservano che:

I vuoti da colmare presentano livelli diversi di difficoltà.


Il testo ha una forte coerenza tematica: si tratta della descrizione fisica di un
vecchio marinaio, come si evince dal titolo e dalla prima frase.
Per trovare le parole mancanti bisogna fare una lettura lineare (una frase
dopo l’altra).
L’operazione più frequente è formulare ipotesi; l’altra operazione è la veri-
fica dell’ipotesi in base agli elementi di coerenza semantica e di coesione
grammaticale.

Terza attività di lettura. Consegna 

Leggere il testo Régions touristiques e prendere appunti utilizzando la


griglia data.
. Strategie d’integrazione delle lingue 

Régions touristiques

. L’une des régions les plus pittoresques de France. Paradis des skieurs,
des alpinistes. Nombreuses stations d’été et de sports d’hiver. Mont Blanc,
Dent du Midi, Parc naturel de la Vanoise. Climat rude en hiver. Nombreuses
spécialités gastronomiques: fondue, charcuterie.

. La Provence est célèbre par son climat ensoleillé aux hivers
très doux, aux étés chauds. On y pratique tous les sports balnéaires. Si la
Côte est envahie par les touristes, l’arrière–pays offre de nombreuses cu-
riosités: villages perchés, châteaux, musées. Festival d’Avignon (théâtre),
d’Aix–en–Provence (musique). Parmi ses spécialités culinaires, la bouilla-
baisse, l’aïoli, la ratatouille.

. La Normandie offre ses nombreuses plages de sable et ses


stations balnéaires. Les hivers sont doux, les étés un peu humides. Ne pas
manquer de visiter Rouen, ville–musée, Caen. Vacances reposantes et ga-
stronomiques: pays des fromages, du célèbre camembert et des poissons
(sole normande): cuisine à la crème.

. A Paris, le touriste pourra visiter les musées (le Louvre), flâner sur
les quais de la Seine. Le soir, il aura le choix entre les théâtres, les cinémas,
les concerts et les cabarets. S’il veut s’échapper de la capitale, Versailles,
Fontainebleau, Chartres sont à deux pas. Paris, où il ne fait jamais ni très
chaud ni très froid, est beau en toutes saisons. Paris n’offre pas que le
«steak–pommes–frites», mais la cuisine de toute la France y est proposée.

. S’il fait un peu froid en hiver, les étés chauds et secs favo-
risent la culture de la vigne; la «Route du vin» propose les grands crus
célèbres: Pommard, Gébrey–Chambertin, Vosne–Romanée. Ces vins peu-
vent accompagner une cuisine riche et abondante: escargots, volailles, bœuf
bourguignon. . . Dijon est une ville d’art. Cluny, Vézeley et bien d’autres
merveilles de l’art roman attendent le touriste.

Griglia di lettura
Leggere le informazioni sulle regioni turistiche della Francia. Annotare le caratteristiche di ogni regione.

Régions → Alpes Provence Normandie Paris Bourgogne


climat
cuisine
activités
curiosités
 Educazione linguistica e plurilinguismo

Lavoro in piccolo gruppo. Consegna 

Confrontare le scelte e discuterle. Riflettere su che cosa si è fatto leg-


gendo: contenuti linguistici, procedure, operazioni. Cercare insieme
delle risposte.
Al termine della terza attività di lettura individuale e della rifles-
sione in gruppo i partecipanti osservano che:

Si tratta di un testo informativo di carattere turistico.


Nella consegna sono indicati dei criteri–guida per leggere i diversi paragrafi
e scegliere le informazioni pertinenti.
La lettura procede in modo lineare ma viene ripetuta quattro volte (quanti
sono i criteri indicati nella griglia).
Ad ogni lettura si fa la stessa operazione: si individuano le relazioni di signi-
ficato e si selezionano le parole semanticamente vicine alla parola–criterio.

Seconda fase

Dopo aver svolto le tre attività di lettura, gli insegnanti riflettono


sull’esperienza effettuata. Questa riflessione viene fatta in gruppo ed
è guidata da consegne.

Consegna 

Per ogni testo letto, quale operazione cognitiva prevale e quale tipo
di comprensione si attiva?

Consegna 

Ci sono operazioni che si compiono solo quando si legge un testo in


italiano e operazioni specifiche della lettura in lingua straniera?
Le risposte segnate nelle griglie  e  (vedi infra) sono confrontate
e discusse.
La riflessione porta alla luce le operazioni cognitive proprie del
processo di comprensione scritta. Si tratta sostanzialmente di opera-
zioni che si compiono sempre quando si legge:

— localizzare informazioni presenti nel testo a partire dalla com-


prensione del significato di singole parole o di gruppi di
parole;
. Strategie d’integrazione delle lingue 

— stabilire delle relazioni di significato tra parole presenti nel


testo e assegnare un significato contestuale a termini non noti;
— individuare somiglianze e differenze tra i significati e associare
le parole in base alle loro caratteristiche comuni.

Queste operazioni comportano l’attivazione di capacità generali (vi-


sive, linguistiche, semantiche). La riflessione serve anche a mettere a
fuoco il tipo di comprensione, che può essere globale, selettiva o ana-
litica, in relazione agli scopi di lettura e alle operazioni conseguenti.
Gli scopi di lettura inducono a compiere sul testo certe operazioni
e orientano verso un tipo di comprensione. Tipi di comprensione e
operazioni cognitive sono trasversali alle diverse lingue.
Si evidenzia inoltre che la diversità delle operazioni non è legata
alla lingua ma al tipo di comprensione che viene richiesta dallo scopo
di lettura. Ci sono scopi di lettura che richiedono la comprensione
analitica, scopi che richiedono la comprensione globale, ecc. Ci sono
operazioni semplici (es. riconoscere. . . ) e operazioni più complesse
(es. confrontare. . . ). Ai diversi modi di comprendere si associano
operazioni più o meno complesse.
Per favorire il transfer delle modalità di lettura e delle operazio-
ni cognitive da una lingua all’altra si possono alternare gli scopi di
lettura nelle diverse lingue. In questo modo, il gioco tra anticipazio-
ne e retroazione, che avviene spontaneamente nell’acquisizione e
nell’apprendimento di più lingue, diventa consapevole.
 Educazione linguistica e plurilinguismo

Griglia 
(per riflettere)

Caratteristiche del processo di The Maldives Ritratto letterario Régions touristiques


lettura/testi
Operazioni cognitive:
– localizzare informazioni
– ricavare il significato di termi-
ni dal contesto
– classificare informazioni
Tipi di comprensione:
– globale
– selettiva
– analitica

Griglia 
(per riflettere)

Operazioni richieste all’alunno che legge. . . . . . in  . . . in 


riconoscere le parole relative al tema principale
associare frasi e immagini
ricostruire l’ordine dei paragrafi dati in disordine
seguire istruzioni date dal testo (es. tracciare un itinerario su
una cartina)
confrontare due testi che contengono opinioni complementa-
ri o opposte
prendere appunti relativi ad una o più voci di un elenco (o
griglia)
completare uno schema o un disegno con l’aiuto di un testo
dato
inserire frasi o parole cancellate in un cloze
cercare informazioni per organizzare una vacanza (località,
alberghi, prezzi, servizi, ecc.)
Capitolo VI

Trasversalità della lingua nel curricolo

La trasversalità della lingua nel curricolo e lo stretto rapporto tra


lingua e contenuti disciplinari sono temi presenti da parecchi decenni
nei programmi della scuola dell’obbligo e nella ricerca didattica , ma
sono spesso rimasti un po’ marginali.
Nella parte introduttiva delle Indicazioni  si spiega che le disci-
pline «non sono aggregate in aree precostituite. . . volendo rafforzare
così trasversalità e interconnessioni più ampie. . . » e che «l’acquisizio-
ne di efficaci competenze comunicative nella lingua italiana . . . non è
responsabilità del solo insegnante di italiano ma è compito condiviso
da tutti gli insegnanti, ciascuno per la propria area o disciplina al fine
di curare in ogni campo una precisa espressione scritta ed orale» .
Questo riferimento preliminare ci permette di precisare il campo
del nostro discorso sulla trasversalità: qui ci interessa capire se il
testo delle Indicazioni offre elementi sui quali gli insegnanti tutti,
d’italiano e delle altre discipline, possono basarsi per definire ambiti di
intervento comune che concorrono a sviluppare «efficaci competenze
comunicative nella lingua italiana». Si vuole cioè verificare se il tema
della trasversalità diventa un elemento d’innovazione della didattica
linguistica.

. Già nelle Dieci Tesi per l’educazione linguistica democratica del Giscel () si affermava
che per lo sviluppo delle capacità linguistiche vi è la «necessità di coinvolgere . . . non una, ma
tutte le materie, non uno, ma tutti gli insegnanti». L’attenzione del Giscel alla trasversalità della
lingua si è manifestata in maniera ricorrente nel tempo attraverso iniziative di vario tipo di cui
si conserva ampia documentazione in diversi volumi della Collana Giscel. Vd. in particolare:
Giscel (a cura di) (). Educazione linguistica democratica. A trent’anni dalle Dieci tesi. Milano:
Franco Angeli, pp. –.
. Indicazioni, pp. –.


 Educazione linguistica e plurilinguismo

.. La lingua italiana per le altre discipline

La lingua italiana ha un ruolo strategico nel curricolo. Le competenze


linguistiche servono per studiare e possono determinare il successo
scolastico degli allievi. La lingua è una materia che si studia a scuola e
nello stesso tempo è lo strumento che si utilizza per lo studio delle al-
tre materie. Il curricolo d’italiano deve quindi essere concepito come
un curricolo disciplinare con forte valenza trasversale. Cerchiamo di
capire se e in che termini le Indicazioni d’italiano fanno riferimento
a competenze trasversali.

... La varietà dei repertori linguistici individuali

La prima raccomandazione relativa all’insegnamento dell’italiano è


di tener conto delle situazioni di partenza degli alunni sotto l’aspetto
linguistico .
Nelle classi i livelli di padronanza dell’italiano possono essere mol-
to vari: ci sono alunni di origine straniera che hanno spesso una
conoscenza della lingua della scuola molto limitata (o addirittura
inesistente); alunni che hanno un retroterra socio–culturale poco
stimolante, non vengono incoraggiati a esprimersi in famiglia e a
volte sono parzialmente dialettofoni; e inoltre, ci sono gli alunni co-
siddetti normali, i cui repertori sono anch’essi da sviluppare. Farsi
carico della diversità dei repertori linguistici individuali significa con-
siderare le risorse già a disposizione dei singoli e i bisogni di sviluppo
di tutti. Insomma, una «cura costante» va rivolta a far sì che tutti gli
alunni possano disporre delle competenze linguistiche necessarie al
«miglior rendimento scolastico».
Quali sono le competenze linguistiche da sviluppare in funzione
del successo nello studio delle diverse discipline?

... Trasversalità dei traguardi

I bisogni linguistici degli alunni sono assunti all’interno della discipli-


na Italiano attraverso precisi traguardi. Si trascrivono, come esempi,

. Indicazioni, p. : «La cura costante rivolta alla progressiva padronanza dell’italiano
implica, dunque, che l’apprendimento della lingua italiana avvenga a partire dalle competenze
linguistiche e comunicative che gli allievi hanno già maturato nell’idioma nativo e guardi al
loro sviluppo in funzione non solo del miglior rendimento scolastico, ma come componente
essenziale delle abilità per la vita».
. Trasversalità della lingua nel curricolo 

alcuni traguardi che rinviano esplicitamente a competenze lingui-


stiche funzionali allo studio e presentano quindi una forte valenza
trasversale.

a) Scuola primaria
— L’allievo partecipa a scambi comunicativi (conversazio-
ne, discussione di classe o di gruppo) con compagni
e insegnanti rispettando il turno e formulando mes-
saggi chiari e pertinenti, in un registro il più possibile
adeguato alla situazione;
— utilizza abilità funzionali allo studio: individua nei te-
sti scritti informazioni utili per l’apprendimento di un
argomento dato e le mette in relazione; le sintetizza,
in funzione anche dell’esposizione orale; acquisisce un
primo nucleo di terminologia specifica.
I due traguardi includono diverse competenze. Ad esempio:
— saper interagire con i compagni e con gli insegnanti
nelle attività che si svolgono in classe;
— saper cercare informazioni in testi scritti;
— saper scrivere una sintesi;
— capire e usare termini specifici.
b) Scuola secondaria
— Espone oralmente all’insegnante e ai compagni argo-
menti di studio e di ricerca, anche avvalendosi di suppor-
ti specifici (schemi, mappe, presentazioni al computer,
ecc.);
— usa manuali delle discipline o testi divulgativi (continui,
non continui e misti) nelle attività di studio personali
e collaborative, per ricercare, raccogliere e rielaborare
dati, informazioni e concetti.
I due traguardi implicano l’acquisizione di competenze a un
livello più maturo e autonomo, quali:
— saper presentare oralmente un argomento di studio
usando anche supporti scritti;
. Indicazioni, p. .
. Indicazioni, p. .
 Educazione linguistica e plurilinguismo

— saper utilizzare varie fonti d’informazione per appro-


fondire argomenti di studio.

... Trasversalità degli obiettivi

Proponiamo di assumere come obiettivi trasversali gli obiettivi di


lingua italiana che mirano allo sviluppo di tutti quei saperi, saper fare
e saper essere che servono per svolgere le seguenti attività di studio:
a) Comunicare in classe, b) Comprendere i manuali, c) Produrre testi
scritti, d) Comprendere e usare il lessico, e) Riflettere.
Ogni tipo di attività richiama delle competenze linguistiche e
cognitive da sviluppare attraverso l’insegnamento dell’italiano. Gli
obiettivi da perseguire variano in relazione all’attività considera-
ta. Ecco in sintesi le competenze (saperi, saper fare, saper essere)
necessarie in ogni tipo di attività.

a) Comunicare in classe. Per comunicare in classe su contenuti


riguardanti le discipline scolastiche gli alunni devono acquisire
conoscenze e capacità nei seguenti ambiti:
— la comprensione del discorso monologico: questa for-
ma di oralità include sia il discorso dell’insegnante (la
cosiddetta spiegazione) sia i messaggi trasmessi dai me-
dia;
— la produzione di parlato continuo e la partecipazione
alla discussione; il parlato continuo richiede una certa
pianificazione (es. esporre un argomento di studio); l’in-
terazione richiede l’alternanza di comprensione e pro-
duzione (prendere la parola, fare domande, rispondere
a domande, presentare osservazioni, ecc.);
— l’applicazione di tecniche di supporto alla compren-
sione orale, alla memorizzazione, alla produzione di
parlato continuo (appunti, parole–chiave, scaletta).
b) Comprendere i manuali. Per comprendere i manuali bisogna
che gli alunni abbiano la capacità di:
— utilizzare alcune strategie di lettura, quali ad esempio:
dare uno sguardo al testo, alla sua impostazione grafi-
co–iconica, al suo apparato di note, immagini, didasca-

. Indicazioni, pp. –.


. Trasversalità della lingua nel curricolo 

lie; porsi domande all’inizio e durante la lettura, formu-


lare ipotesi di significato, verificare le ipotesi cercando
riscontri nel testo;
— utilizzare delle tecniche di supporto alla comprensione
scritta, come sottolineare, annotare a margine, prendere
appunti, fare un elenco di parole–chiave, ecc.

Strategie e tecniche vanno scelte in relazione al testo da capire:


la lettura di testi narrativi, descrittivi, informativi, argomen-
tativi richiede il ricorso a strategie diverse. Anche la varietà
degli scopi comporta modalità diverse di lettura: la ricerca di
informazioni induce a volte a fare una lettura selettiva, altre
volte una lettura analitica. Gli alunni devono imparare a varia-
re le modalità di lettura in relazione agli scopi e al tipo di testo.

c) Produrre testi scritti. Per scrivere su argomenti disciplinari è


necessario che gli alunni imparino a dare la giusta importanza
alla grafia e all’ortografia, ad utilizzare la videoscrittura, a
curare l’impaginazione dei testi.
La produzione scritta può essere sia collettiva, sia individuale;
essa è comunque uno strumento importante per l’elaborazio-
ne delle conoscenze. Studiando l’alunno è chiamato a riela-
borare testi (fare una parafrasi o un riassunto), a (ri)produrre
forme testuali varie (testi regolativi, descrittivi, narrativi, espo-
sitivi, argomentativi), a prendere appunti, a fare uno schema,
a predisporre una scaletta da utilizzare nell’esposizione orale
di un argomento. Deve inoltre imparare a gestire tutte le fasi
del processo di scrittura (ideazione, pianificazione, stesura,
revisione del testo).

d) Comprendere e usare il lessico. Una componente importante


nello studio delle diverse discipline è la comprensione e l’uso
del lessico. La competenza lessicale viene sviluppata in lingua
italiana attraverso percorsi che mirano ad ampliare il baga-
glio di parole possedute dall’alunno: dal vocabolario di base
a quello d’alto uso e di alta disponibilità, ai termini specifici
e specialistici legati alle discipline di studio. L’ampliamento
del lessico è visto come un processo che parte dalla semplice
comprensione del significato delle parole per giungere alla
comprensione delle diverse accezioni di una parola, alla ri-
 Educazione linguistica e plurilinguismo

cerca delle relazioni di significato tra le parole e all’analisi


dei meccanismi di formazione delle parole. Questo percorso
di ampliamento e di approfondimento delle conoscenze sul
lessico si realizza attraverso attività sui testi, orali e scritti, che
si incontrano studiando e mira sia a favorire la comprensione
dei testi, sia a rendere sempre più precisa la scelta delle parole
da usare nella comunicazione orale e scritta.

e) Riflettere. La riflessione è un’attività cognitiva che interviene


nell’apprendimento di qualsiasi disciplina. Per riflettere sui con-
tenuti di studio l’alunno si serve della lingua: il rapporto tra atti-
vità cognitiva e attività linguistica è inscindibile. L’insegnamento
dell’italiano contribuisce a sviluppare le competenze linguisti-
co–cognitive attraverso l’esercizio della riflessione sulla lingua.
L’alunno impara a riconoscere gli elementi essenziali della frase
per comprendere meglio sia l’orale sia lo scritto e per controllare
come egli stesso costruisce le frasi; acquisisce familiarità con le
convenzioni ortografiche per controllare le proprie produzioni
sotto l’aspetto grafico. Egli riflette osservando i testi (orali o
scritti) e mettendo a fuoco gli elementi linguistici che assicurano
la coesione sia all’interno della frase, sia tra le frasi e più in gene-
rale nel testo; riflette anche osservando le variazioni di registro
in relazione alle situazioni, agli interlocutori e agli scopi della
comunicazione. I percorsi di riflessione vanno ancorati sempre
alle esperienze di ascolto o di lettura di testi, ai fini dello svilup-
po di una capacità di controllo sempre più sicuro delle proprie
produzioni orali e scritte.

Consideriamo ora, come esempio, lo sviluppo della competenza di


lettura per lo studio (vd. punto b). Gli obiettivi che si riferiscono alla
lettura , presi in sequenza, attestano la centralità data nel primo ciclo
allo sviluppo della competenza di lettura per lo studio.
Gli obiettivi previsti per la scuola primaria comportano lo svilup-
po delle seguenti abilità:

— praticare la lettura silenziosa;


— osservare l’apparato grafico per farsi un’idea del testo che si
intende leggere;

. Indicazioni, pp. ,  e .


. Trasversalità della lingua nel curricolo 

— fare previsioni ponendosi domande, richiamando alla memo-


ria conoscenze;
— utilizzare strategie per comprendere le parole nuove, per
affrontare i punti difficili del testo;
— cercare informazioni utili per ampliare le conoscenze in testi
di tipo diverso;
— confrontare le informazioni provenienti da fonti diverse;
— usare tecniche di supporto alla comprensione (sottolineare,
prendere appunti, schematizzare).

Nella scuola secondaria di primo grado, le priorità sono indivi-


duabili nello sviluppo delle seguenti abilità:

— ricavare informazioni esplicite e implicite da testi informativi


e espositivi;
— ricavare informazioni dai manuali di studio delle discipline;
— confrontare le informazioni provenienti da più fonti e valutar-
ne la validità;
— riformulare le informazioni selezionate e riorganizzarle in
riassunti, mappe, tabelle, ecc.

Questi obiettivi messi in sequenza dimostrano che è possibile


definire un curricolo di lettura per lo studio nell’arco di otto anni di
scolarità. Può essere interessante riflettere su altri obiettivi d’italiano
assumendo come criterio di aggregazione il punto a). Comunicare
in classe, oppure il punto c). Produrre testi scritti, ecc. Si scoprirà che
la maggior parte degli obiettivi di apprendimento previsti mirano
allo sviluppo di abilità di studio. A questi obiettivi si può riconoscere
una valenza trasversale. È proprio attraverso gli obiettivi trasversali
che l’insegnamento dell’italiano promuove la padronanza della lingua
della scuola e dà agli alunni gli strumenti per affrontare lo studio
delle altre discipline.

.. La dimensione linguistica delle altre discipline

La complessità dell’educazione linguistica rende necessario che i docenti


delle diverse discipline operino insieme e con l’insegnante di italiano per
dare a tutti gli allievi l’opportunità di inserirsi adeguatamente nell’ambiente
 Educazione linguistica e plurilinguismo

scolastico e nei percorsi di apprendimento, avendo come primo obiettivo il


possesso della lingua di scolarizzazione .

Questa raccomandazione trova riscontro nelle Indicazioni relative


alle discipline non linguistiche? Gli obiettivi disciplinari di matemati-
ca, di scienze, di tecnologia, ecc. concorrono a sviluppare negli alunni
«il possesso della lingua di scolarizzazione»? Per rispondere a queste
domande, gli insegnanti delle diverse discipline devono leggere le In-
dicazioni relative ad ogni disciplina non da soli, ma con gli insegnanti
di italiano: una lettura congiunta può facilitare l’individuazione della
dimensione linguistica sottesa agli obiettivi disciplinari.

... Studio di casi

Al fine di individuare le competenze linguistiche correlate con l’appren-


dimento delle discipline del curricolo, partiamo da alcuni casi proposti
nei documenti europei . Il primo caso riguarda il curricolo verticale
della Romania: i programmi relativi alle discipline scientifiche fissano
traguardi di competenza linguistica sia per la scuola primaria, sia per
la scuola secondaria; ai traguardi si accompagnano precisi obiettivi di
sviluppo delle competenze linguistiche in termini progressivi.

Esempio (da: Ongstad, )

Traguardo: Utilizzare il linguaggio matematico per comunicare

Obiettivi:
— ° anno: verbalizzare le procedure di calcolo;
— ° anno: esprimere oralmente o per iscritto, in forma verbale, la
procedura seguita per risolvere un problema;
— ° anno: esprimere chiaramente e sinteticamente il significato dei
calcoli effettuati per risolvere un problema;
— ° anno: sviluppare un piano, oralmente e per iscritto, descrivendo
il procedimento da seguire per risolvere un problema.

Il secondo caso riguarda i programmi della scuola primaria fran-


cese: per ogni disciplina viene proposto un breve elenco di obiettivi
raggruppati per attività ricettive e produttive orali e scritte.

. Indicazioni, p. .
. Vd. Riferimenti bibliografici: Ongstad, S. (); Byram, M. ().
. Trasversalità della lingua nel curricolo 

Esempio (da: Byram, )

Obiettivi linguistici: Matematica

Parlare
— utilizzare il lessico specifico della matematica nelle diverse situazioni
didattiche;
— formulare oralmente, con l’aiuto, dell’insegnante, un ragionamento
rigoroso;
— partecipare a un dibattito e ascoltare/ proporre argomenti a sostegno
della validità di una soluzione.
Leggere
— leggere correttamente la consegna di un esercizio, l’enunciato di un
problema;
— ricavare informazioni da un documento scritto che comprende
anche rappresentazioni (diagrammi, schemi, grafici);
— leggere e comprendere formule specifiche (es. geometria).
Scrivere
— redigere un testo per comunicare il procedimento seguito e il risulta-
to di una ricerca individuale o collettiva;
— elaborare, con l’aiuto dell’insegnante, dei testi scritti da utilizzare per
svolgere determinate attività.

Ognuno dei due casi presenta un interesse diverso: il primo se-


gnala la dimensione linguistica interna ad un traguardo disciplinare
indicandone lo sviluppo nel tempo; il secondo fornisce indicazioni
articolate sulle attività linguistiche (parlare, leggere, scrivere) che
l’alunno è chiamato a praticare nell’apprendimento di una disciplina.
Si tratta di due modalità egualmente interessanti, due espressio-
ni diverse della stessa preoccupazione: fare posto alla dimensione
linguistica nell’insegnamento delle diverse discipline.

... Le competenze linguistiche trasversali

Sorgono ora alcune domande: nelle Indicazioni  ci sono riferimenti


espliciti alla lingua che serve per imparare ogni disciplina? Dove e come
si parla esplicitamente di lingua? Vengono indicati dei traguardi e degli
obiettivi progressivi della competenza linguistico–cognitiva, come nei
programmi della scuola romena? Vengono indicate le attività linguistiche
connesse con lo studio di ogni disciplina, come nel programma francese?
Una lettura a volo d’uccello delle Indicazioni riferite ad alcune
discipline non linguistiche fa emergere alcuni segnali di attenzione
 Educazione linguistica e plurilinguismo

Tabella. Obiettivi disciplinari e dimensione linguistica.

Disciplina Obiettivi primaria Obiettivi secondaria


Storia Ricavare e produrre informazioni da Argomentare su conoscenze e
grafici, tabelle, carte storiche, concetti appresi usando il
reperti iconografici e consultare linguaggio specifico della
testi di genere diverso, disciplina.
manualistici e non, cartacei e
digitali.
Geografia Leggere e interpretare la pianta dello Leggere e interpretare vari tipi di
spazio vicino. carte geografiche.
Matematica Comunicare la posizione di oggetti Descrivere figure complesse e
nello spazio fisico, sia rispetto al costruzioni geometriche al fine di
soggetto, sia rispetto ad altre comunicarle ad altri.
persone o oggetti, usando termini
adeguati (sopra/sotto,
davanti/dietro, destra/sinistra,
dentro/fuori).
Scienze Descrivere e interpretare il Acquisire corrette informazioni sullo
funzionamento del corpo come sviluppo puberale e la sessualità
sistema complesso situato in un ...
ambiente.
Fonte: Indicazioni pp. , , , , , , , .

alla dimensione linguistica, come risulta dagli esempi riportati nella


tabella.
Questi obiettivi rendono conto delle competenze linguistiche ge-
nerali necessarie agli alunni. Tra queste vi è sicuramente la competenza
di lettura di testi diversi (continui e non continui, misti) e la competenza
di produzione orale (descrivere, dare istruzioni, argomentare). Ma all’in-
segnante di scienze non basta sapere che gli alunni devono imparare a
«descrivere e interpretare il funzionamento del corpo come sistema. . . »;
gli serve anche sapere quale lessico, quali strutture, quali operazioni
cognitive e linguistiche deve mettere in campo nell’insegnamento per
sviluppare la competenza prevista dall’obiettivo disciplinare.
Una via per risolvere il problema potrebbe consistere nel definire, a
monte, un elenco di descrittori di competenze linguistiche trasversali
da affiancare agli obiettivi disciplinari. Questo strumento servirebbe a
precisare le competenze linguistiche chiamate in causa dagli obiettivi
di ogni disciplina.
. Trasversalità della lingua nel curricolo 

A mo’ di esempio, consideriamo un certo numero di descrittori


di competenze linguistiche più o meno direttamente correlate con un
obiettivo di matematica: l’insegnante di matematica può facilmente
individuare nell’elenco di descrittori di competenze che proponiamo
di seguito quelli più pertinenti rispetto all’obiettivo.

Esempio: Obiettivo di matematica (scuola primaria)

Comunicare la posizione di oggetti nello spazio fisico, sia rispetto al soggetto, sia
rispetto ad altre persone o oggetti, usando termini adeguati (sopra/sotto, davan-
ti/dietro, destra/sinistra, dentro/fuori) .

Descrittori di competenze :
— formulare testi semplici in modo comprensibile, senza errori e
utilizzando un lessico appropriato;
— rispettare le regole fondamentali di costruzione della frase, di collo-
cazione delle frasi e delle parole;
— scegliere parole funzionali per la precisione, la linearità e la coerenza
logica nella comunicazione;
— segnalare con precisione il luogo;
— spiegare un fenomeno o un evento utilizzando termini precisi;
— ..........................................................................................

I descrittori considerati più pertinenti possono integrare util-


mente l’obiettivo di matematica e guidare l’insegnante a sviluppare
la specifica competenza disciplinare tenendo sotto controllo anche
gli aspetti linguistici.

... Un’ipotesi di lavoro

Alcune ricerche sulla lingua della scuola e sulla lingua delle disci-
pline non linguistiche condotte in ambito europeo ci consento-
no di formulare un’ipotesi di lavoro, il cui iter potrebbe essere il
seguente:

. Indicazioni, p. .


. Fonte: repertorio di descrittori di competenze linguistico–cognitive messo a punto
per le scuole dell’obbligo della Renania del Nord–Westfalia (vd. Un quadro intercurricolare di
competenze in lingua, p. ).
. Vd. Thürmann, E. (). Subjetc Literacies and Access to Quality Education. Council of
Europe.
 Educazione linguistica e plurilinguismo

Fase  Gruppi di docenti di singole discipline, in collaborazione con gli inse-


gnanti di italiano ed eventualmente di esperti esterni, mettono a punto
un elenco delle competenze linguistiche specifiche di una disciplina.

Fase  Si procede ad un confronto degli elenchi tra i gruppi disciplinari e si


individuano le competenze linguistiche comuni a più discipline.

Fase  Si confronta l’elenco delle competenze linguistiche comuni a più disci-


pline con gli obiettivi previsti in italiano e si stabiliscono le competenze
trasversali e le specificità disciplinari.

Fase  Il repertorio costituito dalle competenze trasversali e dalle specificità


disciplinari è assunto come base per il lavoro comune all’italiano e alle
diverse discipline.

Un tale repertorio potrebbe essere strutturato in sezioni relative


alle attività ricorrenti nello studio ; ogni sezione comprenderebbe
dei descrittori coerenti con gli obiettivi trasversali d’italiano.
La consultazione dell’elenco di descrittori servirebbe all’insegnan-
te di una certa disciplina per identificare la componente linguistica
essenziale allo sviluppo di una specifica competenza disciplinare e
favorire il transfer di competenze dall’italiano verso quella disciplina.

.. Strategie d’intervento coordinato

Quali iniziative didattiche possono contribuire maggiormente al suc-


cesso scolastico degli alunni? La prima iniziativa, alla quale non si può
rinunciare, deve essere finalizzata a conoscere la situazione linguistica
di partenza dei singoli alunni con riferimento al grado di estensione
del lessico, alla capacità di lettura silenziosa, ecc. Questa indagine
preliminare ha lo scopo di identificare i problemi e i bisogni specifici
di gruppi di apprendenti (alunni deboli) rispetto alla lingua di studio
delle varie materie.
Uno strumento di analisi dei bisogni linguistici degli alunni può
essere messo a punto dagli insegnanti del consiglio di classe, con
riferimento alle competenze trasversali. Le prove d’ingresso devono

. Le sezioni potrebbero corrispondere alle attività di cui ai punti a, b, c, d, e.


. Trasversalità della lingua nel curricolo 

essere dirette ad accertare se e in che misura gli alunni della prima


classe di scuola secondaria, ad esempio, sono in grado di:

— capire la consegna di un esercizio;


— riconoscere le diverse accezioni di parole comuni;
— leggere e comprendere testi informativi;
— produrre enunciati riferiti a contenuti oggettivi non legati al
contesto;
— intervenire in una discussione in modo pertinente e preciso;
— riformulare le informazioni tratte da testi continui e non
continui;
— definire, paragonare, dimostrare;
— usare scrivendo alcuni articolatori logici, di coordinazione e
di subordinazione, ecc.

L’accertamento dei diversi livelli di competenza linguistica o di biso-


gni linguistici particolari (es. poco o nessuna conoscenza della lingua
della scuola) deve portare ad assumere iniziative didattiche dirette a:

— introdurre, se necessario, forme di insegnamento dell’italiano


secondo l’approccio  per favorire gli alunni di origine
straniera che potrebbero incontrare forti difficoltà nello stu-
dio; questa iniziativa richiede che l’insegnante della discipli-
na non linguistica conosca la metodologia d’insegnamento
dell’italiano come ;
— mettere a punto interventi che favoriscono il transfer di co-
noscenze, abilità e strategie dalla lingua italiana alle altre
discipline;
— diversificare i compiti e/o differenziare i materiali di studio
in risposta alla diversità dei livelli linguistici degli alunni.

I tipi di intervento delineati possono riguardare una specifica attività


(es. la comprensione del manuale di studio) o una forma di parlato
(es. l’esposizione di un argomento), o ancora la produzione di frasi,
di brevi testi, ecc.
Nella definizione e la gestione dei singoli interventi di sostegno
è necessaria la collaborazione tra insegnanti della disciplina non
linguistica e insegnanti di italiano.

. A proposito di sostegno linguistico si rinvia alla Parte I, pp. – e –.
Appendice

. Principi dell’educazione linguistica democratica (VIII tesi).

. Lo sviluppo delle capacità verbali va promosso in stretto rapporto


reciproco con una corretta socializzazione, con lo sviluppo psico-
motorio, con la maturazione ed estrinsecazione di tutte le capacità
espressive e simboliche.
. Lo sviluppo e l’esercizio delle capacità linguistiche non vanno mai
proposti e perseguiti come fini a se stessi, ma come strumenti di
più ricca partecipazione alla vita sociale e intellettuale; lo specifico
addestramento delle capacità verbali va sempre motivato entro le
attività di studio, ricerca, discussione, partecipazione, produzione
individuale e di gruppo.
. La sollecitazione delle capacità linguistiche deve partire dall’indivi-
duazione del retroterra linguistico–culturale personale, familiare,
ambientale dell’allievo, non per fissarlo e inchiodarlo a questo re-
troterra, ma, al contrario, per arricchire il patrimonio linguistico
dell’allievo attraverso aggiunte e ampliamenti che, per essere efficaci,
devono essere studiatamente graduali.
. La scoperta della diversità dei retroterra linguistici individuali tra gli
allievi dello stesso gruppo è il punto di partenza di ripetute e sempre
più approfondite esperienze ed esplorazioni della varietà spaziale e
temporale, geografica, sociale, storica, che caratterizza il patrimonio
linguistico dei componenti di una stessa società: imparare a capire e
apprezzare tale varietà è il primo passo per imparare a viverci senza
esserne succubi e senza calpestarla.
. Occorre sviluppare e tenere d’occhio non solo le capacità produttive,
ma anche quelle ricettive, verificando il grado di comprensione
di testi scritti o registrati e vagliando e stimolando la capacità di
intendere un vocabolario sempre più esteso e una sempre più estesa
varietà di tipi di frase.
. Nelle capacità sia produttive sia ricettive va sviluppato l’aspetto sia
orale sia scritto, stimolando il senso delle diverse esigenze di formula-
zione inerenti al testo scritto in rapporto all’orale, creando situazioni
in cui serva passare da formulazioni orali a formulazioni scritte di
uno stesso argomento per uno stesso pubblico e viceversa.
. Per le capacità sia ricettive sia produttive, sia orali sia scritte, occorre
sviluppare e stimolare la capacità di passaggio dalle formulazioni più
accentuatamente locali, colloquiali, immediate, informali, a quelle
più generalmente usate, più meditate, riflesse e formali.


 Appendice

. Seguendo la regola precedente, si incontra la necessità di addestrare


alla conoscenza e all’uso di modi istituzionali d’uso della lingua
comune (linguaggio giuridico, linguaggi letterari e poetici, ecc.).
. Nella cornice complessiva delle varie capacità linguistiche, occorre
curare e sviluppare in particolare, fin dalle prime esperienze scolari, la
capacità, inerente al linguaggio verbale, di autodefinirsi e autodichia-
rarsi e analizzarsi. Questa cura e questo sviluppo possono cominciare
a realizzarsi fin dalle prime classi elementari arricchendo progressi-
vamente le parti di vocabolario più specificamente destinate a parlare
dei fatti linguistici, e innestando così in ciò, nelle scuole postelemen-
tari lo studio della realtà linguistica circostante, dei meccanismi della
lingua e dei dialetti, del funzionamento del linguaggio verbale, del
divenire storico delle lingue, sempre con particolare riferimento agli
idiomi più largamente noti in Italia e insegnati nella scuola italiana.
. In ogni caso e modo occorre sviluppare il senso della funzionalità di
ogni possibile tipo di forme linguistiche note e ignote. La vecchia
pedagogia linguistica era imitativa, prescrittiva ed esclusiva. Diceva:
«Devi dire sempre e solo così. Il resto è errore». La nuova educazione
linguistica (più ardua) dice: «Puoi dire così e anche così e anche
questo che pare errore o stranezza può dirsi e si dice; e questo
è il risultato che ottieni nel dire così o così». La vecchia didattica
linguistica era dittatoriale. Ma la nuova non è affatto anarchica: ha
una regola fondamentale e una bussola; e la bussola è la funzionalità
comunicativa di un testo parlato o scritto e delle sue parti a seconda
degli interlocutori reali cui effettivamente lo si vuole destinare, ciò
che implica il contemporaneo e parimenti adeguato rispetto sia per
le parlate locali, di raggio più modesto, sia per le parlate di più larga
circolazione.

Da:  — Gruppo di Intervento e Studio nel Campo dell’Educazione Linguistica,


Dieci tesi per l’educazione linguistica democratica. Edizione trilingue a cura di S. Ferreri.
Viterbo: Sette Città,  (www.giscel.it).

. Sette tesi per la promozione di politiche linguistiche


democratiche

. Per una politica linguistica democratica è fondamentale riconoscere


che ogni sistema linguistico ha uguale dignità sia per chi ne fa uso
– come varietà nativa o no — sia per quanti abbiano responsabilità
decisionali di carattere politico–amministrativo. Ciò vale per ogni
“lingua storico–naturale” (espressione che comprende lingue, dialetti,
lingue ‘segnate’) indipendentemente dal numero dei locutori e dalla
consistenza del suo patrimonio storico–testuale, scritto e orale.
Appendice 

. Ogni lingua storico–naturale va considerata in tutte le sue compo-


nenti di variazione e di variabilità, indipendentemente dalla presenza
di una varietà standardizzata.
. Principio basilare dell’educazione linguistica è che per chi va appren-
dendo la sua lingua materna e attraverso questa va maturando le sue
capacità di linguaggio (inclusa in ciò la capacità di apprendere poi
altre lingue) non ha rilevanza immediata la collocazione di tale lingua
negli usi e nelle dinamiche di società plurilingui. Essa è un patrimo-
nio nativo che esige comunque rispetto nella società, nell’istruzione
scolastica e nelle istituzioni.
. La generalità dei paesi del mondo è caratterizzata sia dalla coesistenza
di lingue diverse, dal multilinguismo, sia dal costituirsi di gerarchie
tra le diverse lingue coesistenti, tra le quali in generale a una sono
assegnate funzioni dominanti nell’uso scritto e negli usi pubblici e
formali. È un diritto di ogni persona potere accedere a tali usi per
averne piena padronanza.
. Il plurilinguismo degli individui e il multilinguismo delle società e
dei paesi è un valore da tutelare e promuovere in una prospettiva
che voglia essere democratica: a esso dunque occorre ispirare analisi
e proposte in materia di pratiche educative, politiche linguistiche
implicite o esplicite e promozione di studi e ricerche, fatta salva
l’opportunità storica e civile di assicurare e promuovere altresì, per
quanti lo vogliano, la convergenza dei cittadini di uno stesso paese
multilingue verso l’apprendimento e l’uso di una stessa lingua negli
usi pubblici e ufficiali.
. Una politica linguistica democratica trae ispirazione dai documenti
internazionali che sanciscono il diritto all’uso parlato e scritto della
propria lingua come un diritto umano.
. Tale diritto e il valore del plurilinguismo e multilinguismo sono
protetti e promossi dagli artt.  c. , ,  e  della Costituzione della
Repubblica Italiana.

 - Gruppo di Studio per le Politiche Linguistiche (www.sli-gspl.net).

. Profili di uscita, livelli di prestazione. L’educazione linguistica


nella scuola di base

. Un buon progetto di educazione linguistica deve sostanziarsi di co-


noscenze e di abilità fondate sulla dialogicità, sull’operatività, sulla
testualità e sulla variabilità:
— la costruzione di significati e di conoscenze, la negoziazione di
punti di vista si sviluppano a condizione che lo scambio lingui-
stico, l’interazione, la condivisione siano pratiche quotidiane
nella comunità scolastica (dialogicità);
 Appendice

— la comprensione e la produzione di discorsi, le scoperte di re-


gole, la costruzione di nuovi significati sono sempre il risultato
di percorsi che implicano manualità, rielaborazione cognitiva
e uso delle abilità linguistiche (operatività);
— la fruizione e l’elaborazione di discorsi e di testi centrati su
una pluralità di scopi (informarsi, acquisire conoscenze, co-
municare, divertirsi, persuadere. . . ) pongono la comunità in
condizione di interrogare i testi, ricostruirne i sensi, ripro-
durre e produrre percorsi già compiuti da altri, cogliere nei
testi varietà di lingua, rintracciare collegamenti e continuità di
significato (testualità);
— la familiarità con gli usi molteplici della lingua (funzionali,
creativi e letterari) fa sperimentare concretamente la variabilità
della lingua.
. Da questa prospettiva scaturiscono alcune implicazioni sul versante
delle scelte curricolari:
a) Solo un’estesa pratica delle abilità linguistiche sin dai primi
anni della scuola di base consente di arrivare al controllo del-
la parola propria e altrui e alla consapevolezza che la lingua
sollecita rapporti con sé e con gli altri.
b) Nella scuola di base si assegna rilevanza agli usi funzionali,
affettivi, creativi e letterari della lingua. La padronanza della
lingua implica l’obiettivo di consegnare “tutti gli usi della lingua
a tutti” e la possibilità di esercitare la variabilità attraverso la
pluralità dei testi, da quelli più brevi, funzionali, pragmatici, a
quelli narrativi, descrittivi, espositivi o argomentativi.
c) Si pone la necessità di incanalare la naturale disposizione me-
talinguistica, già presente fin dai primi anni di scolarità, verso
forme esplicite di riflessione. Non si tratta di apprendere regole
già stabilite, ma di esplorare il sistema lingua alla scoperta di
regolarità che soltanto in un secondo tempo saranno progressi-
vamente sistematizzate. La riflessione sulla lingua deve privile-
giare. soprattutto nei primi anni, il livello lessicale–semantico,
ed attuarsi a partire dai testi orali e scritti, perché nei testi si
realizzano le intenzioni di chi usa la lingua per parlare e scrive-
re. Successivamente, possono essere proposte attività esplicite
su ciò che si dice o si scrive, si ascolta o si legge; lo scopo è che
l’allievo
— diventi consapevole delle operazioni che si fanno quando
si comunica e della variabilità della lingua nel tempo e
nello spazio geografico, sociale e comunicativo;
— usi in modo adeguato un vocabolario metalinguistico
fondamentale;
— ragioni in modo più esteso sui fenomeni linguistici.
d) Sul versante metodologico è importante:
— tenere conto delle esperienze linguistiche maturate dagli
Appendice 

alunni, valorizzandone l’idioma (o gli idiomi) di partenza


indipendentemente da quale esso sia;
— garantire uno stretto legame con l’esperienza e l’operati-
vità;
— considerare, nelle prime classi, l’italiano, la prima lingua
europea moderna, l’arte e la musica, le scienze moto-
rie, in un unico “ambito” (linguistico–espressivo), per far
sì che gli alunni sperimentino le prime forme di orga-
nizzazione delle conoscenze e le potenzialità espressive
attraverso attività fortemente integrate;
— porre un’attenzione costante agli obiettivi comuni a più
ambiti disciplinari e a diversi contesti di apprendimento;
— mettere in atto percorsi di insegnamento/apprendimento
dotati di gradualità/progressione;
— prevedere un’articolazione flessibile delle attività che con-
senta di puntare l’attenzione ora su aspetti peculiari di
ciascuna abilità, ora sulla loro integrazione (ascoltare per
parlare, leggere per scrivere, ecc.).
. Le riflessioni teoriche e le esperienze didattiche maturate in questi
ultimi anni consentono di delineare un profilo dinamico dell’allievo e
dei suoi bisogni linguistici, dalle competenze linguistiche in ingresso,
alle modificazioni che intervengono in itinere, alle competenze in
uscita.
a) Sia pure in presenza di idiomi di partenza diversi, all’ingresso
nella scuola di base, bambine e bambini attraverso le parole
sanno: stabilire un semplice scambio di informazioni per far
fronte a bisogni immediati, sollecitare gli altri, condizionarne
le azioni e argomentare le proprie richieste. Sanno disporsi
all’ascolto se ciò di cui si parla è ritenuto interessante. Intera-
giscono con i coetanei nel gioco, mentre svolgono attività in
gruppo. Raccontano ciò che fanno o che hanno fatto. Memo-
rizzano facilmente sequenze e provano curiosità linguistica
per parole e espressioni. Hanno un’idea su come funziona la
lingua scritta e riescono a fare ipotesi sul significato di scritte
(Prevalenza dialogicità/operatività).
b) Dopo i primi cinque anni della scuola di base, bambini e bambi-
ne sanno interagire tenendo conto della variabilità determinata
da scopi, destinatari, canali, registro. Posti davanti a un testo,
possono attivare strategie funzionali agli scopi di lettura; quan-
do scrivono possono tener conto degli scopi stabiliti e variano
il registro a seconda del destinatario. Riescono a ragionare su
determinate esperienze linguistiche o sulle fasi di un processo
traendone consapevolmente o inconsapevolmente “regole”.
Sfruttano le possibilità offerte dalla combinazione fra codice
verbale e altri codici. Sviluppano maggiore consapevolezza
del fatto che si possa comunicare in lingue diverse da quel-
le di partenza. Utilizzano convenzioni grafiche e, se guidati,
 Appendice

cominciano ad effettuare controlli sulle proprie produzioni


(Introduzione testualità, variabilità).
c) Dopo otto anni della scuola di base, la comprensione e la produ-
zione di testi si dispiega dall’interazione nei contesti quotidiani
verso occasioni più formalizzate di studio e di arricchimento
culturale. La lettura dei testi spazia da quelli più immediata-
mente connessi ad usi funzionali a quelli legati ad attività di
studio, di ricerca e agli usi creativi e letterari. In genere, i ra-
gazzi e le ragazze riescono a controllare fasi e momenti dei
processi di comprensione e di produzione orale e scritta. Nella
produzione dei testi possono compiere scelte su piani diversi
realizzando controlli in itinere e introducendo modifiche in
ciò che scrivono. Riescono a creare testi (scritti e multimediali)
in cui sfruttano la complementarità fra linguaggi. L’amplia-
mento graduale e progressivo delle conoscenze sul sistema
lingua, attraverso attività di riflessione esplicite e sistematiche,
determina l’accrescimento della loro consapevolezza metalin-
guistica e un uso più pieno della lingua. Possiedono repertori
lessicali e strutture appartenenti a idiomi diversi da quello di
partenza (Prevalenza testualità e variabilità).

Da: “Idee per un curricolo”. In  (a cura di), Educazione linguistica democratica.
A trent’anni dalle Dieci tesi. Milano: Franco Angeli, .
Riferimenti bibliografici

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Béacco, J.C., Byram, M., Cavalli, M., Coste, D., Egli Cuenat, M., Gouillier, F., Pan-
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www.didierfle.com). (Trad. it. Quadro comune europeo di riferimento per le lingue:
apprendimento, insegnamento, valutazione. A cura di D. Bertocchi e F. Quartapelle.
Firenze: La Nuova Italia–Oxford, ).


 Riferimenti bibliografici

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Sette Città, ).
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comparative de quatre curriculums nationaux).
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()  of the Committee of Ministers to member States on the importance in the
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Council of Europe. (Trad. it. Raccomandazione CM/rec() del Comitato dei
Ministri agli Stati membri sull’importanza delle competenze nella(e) lingua(e) di
scolarizzazione per l’equità e la qualità nell’istruzione e per il successo scolastico. A
cura di E. Lugarini. In «Italiano LinguaDue», vol. , n. , ).
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nants vulnérables). (Trad. it. Lingua(e) di scolarizzazione e apprendenti vulnerabili. A
cura di E. Lugarini. In «Italiano LinguaDue», vol. , n. , ).
Thürmann, E. (). Subjetc Literacies and Access to Quality Education. Council of
Europe. (Trad. fr. Les littératies spécifiques aux matières et le droit à une éducation de
qualité dans l’optique de la citoyenneté et de la participation démocratiques).
Thürmann, E. (). Le rôle des langues dans l’apprentissage et l’enseignement des matiè-
res scolaires. Conseil de l’Europe. (Trad. ingl. The Role of Language in Learning
and Teaching School Subjects).
Thürmann, E., Vollmer, H. (). A Framework of Language across the Curriculum:
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L’exemple de la Rhénanie du Nord–Westphalie (Allemagne).
Vollmer, H. (). Language(s) in other Subjects. Council of Europe. (Trad. fr. Lan-
gue(s) des autres disciplines). (Trad. it. Lingua/e delle altre discipline. A cura di E.
Lugarini. In «Italiano LinguaDue», vol. , n. , ).

II. Studi e documenti italiani

Gruppo d’Intervento e Studio nel Campo dell’Educazione Linguistica () ().


Dieci tesi per l’educazione linguistica democratica. Società di Linguistica Italiana,
Edizione trilingue a cura di S. Ferreri. Viterbo: Sette Città.
Gruppo di Studio per le Politiche Linguistiche () (). Sette tesi per la promozione
di politiche linguistiche democratiche. Società di Linguistica Italiana. In «Italiano
LinguaDue», vol. , n. ,  e www.sli-gspl.net.
Riferimenti bibliografici 

Ministero della Pubblica Istruzione, Indicazioni nazionali per il curricolo della scuola
dell’infanzia e del primo ciclo d’istruzione. In «Annali della Pubblica Istruzione»,
Numero speciale. Firenze: Le Monnier,  e www.indicazioninazionali.it.

III. Altri testi citati

Barni, M., Troncarelli, D., Bagna, C. (). Lessico e apprendimenti. Il ruolo del lessico
nella linguistica educativa. Collana . Milano: Franco Angeli.
Calò, R. (a cura di) (). Scrivere per comunicare inventare apprendere. Percorsi
curricolari per la scuola dell’obbligo. Collana . Milano: Franco Angeli.
Calò, R. (). Le lingue in classe. Insegnare apprendere comunicare. Viterbo: Sette Città.
Corrà, L., Paschetto, W. (a cura di) (). Grammatica a scuola. Collana .
Milano: Franco Angeli.
De Mauro, T. (). In principio c’era la parola? Bologna: Il Mulino.
De Mauro, T. (). In Europa sono già . Troppe lingue per una democrazia?
Roma–Bari: Laterza.
De Renzo, F., Tempesta, I. (). Il parlato a scuola. Indicazioni per il primo ciclo
d’istruzione Roma: Aracne Editrice.
Ferreri, S. (a cura di) (). Non uno di meno. Strategie didattiche per leggere e compren-
dere. Collana Giscel. Firenze: La Nuova Italia.
Ferreri, S. (). L’alfabetizzazione lessicale. Studi di linguistica educativa. Roma:
Aracne Editrice.
 (a cura di) (). Educazione linguistica democratica. A trent’anni dalle Dieci tesi.
Milano: Franco Angeli.
Pontecorvo, C., Ajello, A.M., Zucchermaglio C. (). Discutendo s’impara. Intera-
zione e conoscenza a scuola. Roma: Carocci.
QUADERNI DI BASE

. Francesco De Renzo, Immacolata Tempesta


Il parlato a scuola
 ----, formato  ×  cm,  pagine,  euro

. Simonetta Rossi
Scuola .: come insegnare a scrivere testi. Indicazioni per la scuola se-
condaria di primo grado e per il biennio
 ----, formato  ×  cm,  pagine,  euro

. Rosa Calò
Educazione linguistica e plurilinguismo. Dal progetto europeo al contesto
italiano
Prefazione di Silvana Ferreri
 ----, formato  ×  cm,  pagine,  euro
Finito di stampare nel mese di luglio del 
dalla tipografia «System Graphic S.r.l.»
 Roma – via di Torre Sant’Anastasia, 
per conto della «Aracne editrice int.le S.r.l.» di Ariccia (RM)

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