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GINNASTICA AEROBICA

Prof. Samuele Marchese

Dispensa di studio

Corso di laurea Attività Preventive ed Adattate della facoltà di Scienze Motorie


dell’Università di Perugia

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INDICE
Adattamenti a livello CARDIOVASCOLARE
Adattamento ed aggiustamento
Fattori centrali e fattori periferici
Adattamenti a livello polmonare
Adattamenti a livello cardiaco
Adattamenti sistema circolatorio
Adattamenti del sistema muscolare
Adattamenti metabolici

LA COMPOSIZIONE CORPOREA
Androide
Ginoide
Massa magra e massa grassa
Grasso primario e grasso di deposito
Allenamento e calo ponderale
Il bilancio calorico

LA VALUTAZIONE DELLA COMPOSIZIONE CORPOREA


La plicometria
I punti di repere
Quando leggere lo strumento
Regole e limiti
Centimetria
Bioimpedenziometria
La pesata idrostatica
Percentuali massa grassa di riferimento
Body Mass Index o Indice di Massa Corporea
WHR o rapporto vita fianchi
Come calcolare il peso ideale

LA VALUTAZIONE DELLA MASSIMA CAPACITA’ AEROBICA


Caratteristiche del test
La frequenza cardiaca
IL VO2 max
La scala di Borg
Il talk test
Metodi diretti
Metodi indiretti
Metodi indiretti submassimali
Test indiretti massimali

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L'ALLENAMENTO AEROBICO
I principi dell'allenamento aerobico
Carico interno e carico esterno
Principali metodi di allenamento cardiovascolare

IL QUESTIONARIO SPORTIVO
I fattori di rischio
Linee guida ACSM
Caratteristiche del programma di allenamento

CARATTERISTICHE DEI PRINCIPALI ATTREZZI CARDIOVASCOLARI


Tappeto
Bike
Step
Armoergometro
Vogatore
Ergometro a movimento ellittico
Wave

FITNESS SU BASE MUSICALE


Attività di tonificazione
Attività aerobiche
Attività a basso impatto

IL LAVORO DI FORZA
Benefici del lavoro di forza
Alcune parole importanti
Principi dell'allenamento della forza
Linee guida dell'allenamento della forza
Gli adattamenti del lavoro di forza
Adattamenti in funzione del movimento
Differenti tipi di forza

LA VALUTAZIONE DELLA FORZA


Metodo diretto massimale
Metodo indiretto submassimale
Metodo diretto submassimale

PROGRESSIONE E PERIODIZZAZIONE DELL'ALLENAMENTO DELLA FORZA


“Warm up” e “cool down”
Tipologie di esercizi
I dolori muscolari

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Metodi di intensificazione dell'allenamento

LINEE GUIDA PER L'ATTIVITA' FISICA


L'attività fisica nell'obesità
L'attività fisica nell'anziano
L'attività fisica nell'osteoporosi

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ADATTAMENTI A LIVELLO CARDIOVASCOLARE

Nel 1996 il Surgeon General’s Report classifica l’inattività fisica come il maggiore fattore di
rischio per la possibilità di contrarre malattie cardiovascolari. Questa risulta avere un peso
maggiore addirittura del fumo, dell’ipercolesterolemia e dell’ipertensione.
Considerando poi che il colesterolo e la pressione risentono molto favorevolmente della
pratica dell’attività fisica, risulta evidente che questa acquisisce un ruolo estremamente
importante nella vita di tutti. Da qui in avanti l’attività fisica assume un ruolo paragonabile
ad un nuovo, potentissimo farmaco senza effetti collaterali.

Adattamento ed aggiustamento
Nel valutare cosa succede a livello cardiovascolare durante e dopo ad un allenamento
possiamo dividere in due categorie i cambiamenti della funzionalità di un organismo a
seconda che siano più o meno persistenti.
L’Aggiustamento è una modificazione a rapida insorgenza ma temporanea che avviene in
conseguenza di un esercizio. Per esempio, quando si inizia un allenamento la frequenza
cardiaca (FC) incrementa a seconda dell’intensità dallo sforzo, così come la temperatura
corporea e la frequenza respiratoria.
L’Adattamento è una modificazione della funzione o della struttura di uno o più organi
come effetto di una serie di stimoli (allenamenti) ripetuti nel tempo. Per esempio, dopo un
serie di allenamenti aerobici correttamente programmati, la pressione arteriosa si abbassa
come anche la FC minima per effetto di una aumentata gittata sistolica.

Il risultato dell’allenamento ripetuto non è altro che una serie di adattamenti che portano
ad un miglioramento funzionale di un individuo.

Fattori centrali e fattori periferici


Gli effetti benefici dell’allenamento riguardano sia il sistema di trasporto che il sistema di
utilizzo dell’ossigeno. Possiamo quindi distinguere in due principali categorie questi
miglioramenti fisiologici.

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Fattori centrali: Apparato circolatorio, cuore, polmoni. Sono responsabili del trasporto
dell’ossigeno.
Fattori periferici: Fibre muscolari, rete capillare. Sono responsabili dell’utilizzo
dell’ossigeno

Adattamenti a livello polmonare


L’allenamento porta ad un miglioramento della ventilazione polmonare, con un aumento
della frequenza e della profondità degli atti respiratori. L’aumento di questi diminuisce la
frequenza respiratoria sotto sforzo. La ventilazione massimale risulta aumentata.

Adattamenti a livello cardiaco


Si assiste ad un aumento del volume globale del muscolo cardiaco e ad un miglioramento
della sua vascolarizzazione. Aumenta la gittata sistolica e conseguentemente la gittata
cardiaca, a riposo e sotto sforzo, con una diminuzione della FC minima ed una FC di
lavoro, a parità di carico, più bassa. Aumenta la forza di contrazione del muscolo cardiaco.

Adattamenti sistema circolatorio


Si assiste ad un aumento del volume ematico e della quantità totale di emoglobina.
Il profilo lipidico del sangue migliora riducendo il colesterolo LDL, o “cattivo” ed i trigliceridi,
a favore di un aumento del colesterolo HDL, o “buono”. Questo permette di ridurre il
rischio di danni cardiovascolari.

Adattamenti del sistema muscolare


L’allenamento aerobico aumenta la vascolarizzazione del muscolo per effetto dell’aumento
della rete capillare. Ciò comporta un abbassamento delle resistenze periferiche ed una
conseguente diminuzione della pressione arteriosa. A livello delle fibre muscolari
aumentano gli enzimi ossidativi ed i mitocondri (miglioramento della biochimica cellulare),
con un miglioramento dell’utilizzo dell’ossigeno cui beneficia anche il VO2 max.

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Adattamenti metabolici
Durante l’allenamento il metabolismo viene incrementato e conseguentemente aumenta il
consumo calorico. Questo aumento, al contrario di ciò che accade nell’attività anaerobica,
si protrae per poco tempo (2-3 ore) dalla fine dell’esercizio, ma comunque favorisce il
consumo dei depositi adiposi, tende a portare in passivo il bilancio calorico ed evita la
perdita di massa magra nei muscoli interessati dall’attività (in certi casi può addirittura
aumentarla).

L’allenamento porta anche a dei benefici psicologici agendo come “valvola di sfogo” e
diminuendo lo stress e le ansie della vita di tutti i giorni. Migliora inoltre la composizione
corporea gratificando e motivando il soggetto. Stimola la produzione di endorfine note per
il loro effetto “euforizzante”. Migliora la capacità volitiva.

LA COMPOSIZIONE CORPOREA

I test per la valutazione della composizione corporea sono uno strumento indispensabile a
disposizione del tecnico per avere una reale valutazione della quantità di accumulo
adiposo in una persona. Questi non solo possono dirci con sicurezza (al contrario della
semplice bilancia) se una persona è in soprappeso o meno, ma possono anche darci un
riscontro oggettivo che consente di quantificare questo soprappeso, ci permettono di
monitorare con precisione i risultati che stiamo ottenendo e ci danno un’idea più precisa su
alcuni eventuali fattori di rischio.

Occorre anzitutto avere presente le due tipiche forme di accumulo del grasso: quella
androide (anche detta “a mela”) e quella ginoide (detta “a pera”).
Queste sono contraddistinte da importanti differenze.

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Androide
La zona di accumulo è localizzata a livello della cintura addominale. Questo tipo di
accumulo è correlato, al di sopra di certi valori ad un maggior rischio di patologie
cardiovascolari.
Tipicamente maschile, ma riscontrabile anche sulla donna, in genere non presenta grandi
difficoltà nel trattamento finalizzato al dimagrimento, con la possibilità di raggiungere buoni
risultati con relativa facilità.

Ginoide
In questo caso la zona di accumulo sono i fianchi e la parte prossimale della coscia.
Non ci sono correlazioni statistiche legate a particolari rischi cardiovascolari, se non quelli
normali caratterizzati dal soprappeso.
Questa forma di accumulo è più tipica della donna, anche se in rari casi anche si
manifesta anche negli uomini e si dimostra più resistente ai programmi finalizzati al calo
ponderale.

Massa magra e massa grassa


Sono le due componenti di base in cui si scompone il corpo umano quando se ne valuta la
composizione corporea. La massa magra è costituita da tutto il tessuto metabolicamente
attivo, la struttura ossea, muscolo-tendinea e tutti gli organi del corpo.
La massa grassa è costituita solo ed unicamente dal grasso di deposito.

Grasso primario e grasso di deposito


Al di là di quelli che possono essere gli obbiettivi estetici di una persona non dobbiamo
dimenticarci che non è possibile, a rischio di compromettere la nostra salute, scendere
sotto alcuni valori percentuali di massa grassa.
Il grasso infatti ha anche un importante ruolo “funzionale”. Organi come cervello, reni e
fegato ne sono in parte costituiti. Provare ad intaccare questa tipologia di grasso è un
obiettivo particolarmente difficoltoso da raggiungere e sarebbe tuttavia un grave attentato
alla salute di una persona. In questo caso si parla di grasso primario.
Diverso il discorso riguardante il grasso di deposito ovvero quello che accumuliamo in
maniera variabile, da persona a persona, a seconda del nostro stile di vita. Questo
costituisce infatti una riserva quantificabile e sulla quale abbiamo ampio margine di
intervento (3500kcal corrispondono a circa 450g di grasso).

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Allenamento e calo ponderale
Questi sono i punti dichiarati dall’ACSM che un programma per il calo ponderale deve
avere per essere efficace.

1. deve fornire un introito calorico non inferiore alle 1200 kcal quotidiane in soggetti
adulti normali in modo tale da conservare una corretta varietà di cibi indispensabile
per le richieste nutritive.
2. fornisca cibi accettabili dal soggetto in questione in termini di abitudini, gusti, costi,
facilità di acquisto, preparazione e di retroterra socio-culturale.
3. determini una negatività nel bilancio calorico non superiore alle 500-1000 kcal al
giorno (rispetto al fabbisogno) e si traduca in una perdita di peso graduale non
superiore ad 1 kg alla settimana.
4. comprenda un programma di esercizi aerobici da eseguirsi minimo 3 volte alla
settimana, della durata minima di 20-30 minuti e di un’intensità pari al 65%della FC
max.
5. comprenda tecniche di modificazione del comportamento finalizzata ad identificare
ed eliminare le abitudini alimentare errate
6. garantisca che le nuove abitudini alimentari vengano conservate per tutta la vita

American College of Sports Medicine

Recenti studi dimostrano che il soprappeso si manifesta non tanto per un eccesso calorico
quanto per una spesa calorica giornaliera troppo bassa.
Fondamentale quindi il nostro ruolo nel cercare di costruire un programma di allenamento
che non rispecchi solo i requisiti minimi, ma che porti al raggiungimento di un benessere
fisico “totale” lavorando non soltanto la Resistenza ma anche la Forza e la Flessibilità ed
educando il nostro allievo al movimento.

Il bilancio calorico
Anche chiamata bilancia calorica spiega semplicemente come viene ad essere influenzato
il rapporto tra massa magra e massa grassa considerando due variabili fondamentali:
l’introito calorico (quante calorie assumiamo) e la spesa calorica (quante calorie
consumiamo) su base giornaliera.

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Possiamo semplificare il concetto spiegando che il bilancio calorico è rappresentato dalla
differenza tra le calorie assunte e quelle consumate.

• Se è in attivo (ne introduco più di quelle che consumo) ci sarà un accumulo di


grasso.
• Se è in passivo (ne consumo più di quelle che introduco) ci sarà una mobilitazione
dei grassi di deposito.
• Se è neutra (ne consumo quante ne introduco) la percentuale di massa grassa non
subirà sostanziali modificazioni.

L’esperienza insegna che non è sempre tutto così semplice. Molto dipende dalla fonte
alimentare da cui arrivano le calorie. Infatti, assumere con l’alimentazione 1500 kcal di
carboidrati (o meglio prevalentemente da carboidrati) è decisamente differente che
assumere 1500 kcal di proteine, a parità di spesa calorica (1500 kcal). Questo esempio,
ovviamente, rappresenta due casi-limite, utili solo alla comprensione del concetto. Far
perdere massa grassa ad un soggetto (e non semplicemente peso corporeo) in certi casi
può essere enormemente difficile. Bisogna infatti tener conto anche di altri fattori come:
predisposizione genetica all’accumulo ed al dimagrimento, tipologia della forma di
accumulo e fattori psicologici del soggetto (questi ultimi rappresentano una caratteristica
molto importante e delicata sulla quale non abbiamo alcuna possibilità di influenza).
Bisogna anche considerare che nel caso di diete drastiche o addirittura del digiuno, la
perdita di peso avviene principalmente per la perdita di acque e di tessuto magro. Cosa
che rappresenta un netto pericolo per la salute ed un peggioramento delle capacità
funzionali di un individuo, al contrario di quello che avviene quando il bilancio calorico
viene portato in negativo da una leggera diminuzione dell’introito calorico e in maniera più
importante dall’aumentato consumo giornaliero indotto dalla pratica di attività fisica.

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I TEST PER LA VALUTAZIONE DELLA COMPOSIZIONE CORPOREA

Come abbiamo visto in precedenza il nostro corpo è schematicamente scindibile in due


parti. Quella magra e quella grassa. Rimane di interesse da parte del tecnico conoscere il
rapporto che c’è tra queste per avere la possibilità di fare una serie di valutazioni
preliminari come, nel caso, quanti chili cercare di perdere o guadagnare con l’allenamento.
Pesare tutto il corpo su una bilancia, senza poter scindere la componente magra da quella
grassa, non può dare un riferimento attendibile riguardo il solo parametro della massa
grassa. Noi stiamo pesando tutto il corpo, non i due elementi che lo compongono. In
questo modo inoltre prestiamo il fianco ad un’altra serie di inesattezze. L’orario della
giornata in cui ci pesiamo infatti può far variare anche di parecchio il risultato, lo stato di
idratazione anche, idem per la presenza di urine e feci. La bilancia và intesa come uno
strumento di misurazione con i suoi limiti, salirci sopra è un vero e proprio test, e come tale
deve averne le caratteristiche.
Il peso corporeo resta un parametro da utilizzare ma, per essere attendibile, deve essere
affiancato da altre misurazioni.
Bisogna comunque sempre ricordare che praticamente tutti i test da noi utilizzabili
mantengono una percentuale di errore.
A mio avviso è importante scegliere e specializzarsi nell’uso di un test da campo con il
minor margine di errore possibile, e ripeterlo seguendo scrupolosamente il protocollo in
modo tale da avere sempre un valido dato comparativo per le successive misurazioni.

I test per la misurazione della composizione corporea si dividono in:

• Metodica chimica diretta che può essere effettuata solo su cadaveri e consiste nella
separazione anatomica della parte grassa da quella magra o nello scioglimento del
corpo in acidi dai quali poi si risale alle due componenti.
• Metodica indiretta sono tutti i metodi più o meno conosciuti ed attendibili, parte dei
quali verranno elencati di seguito che si basano sulla elaborazione delle misure di
alcune parti del corpo alle quali applicare speciali formule e tabelle comparative.

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La plicometria
Questo rappresenta uno dei test da campo più utilizzati, con un basso margine di errore
(anche se molto dipende dalla manualità dell’operatore), e dai costi più bassi.
Il plicometro deve essere visto come uno strumento di precisione e deve possedere una
serie di caratteristiche.


esercitare una pressione costante (10gr/mm2) su tutto il raggio di apertura;
• essere munito di una vite per il registro della stessa (le molle che esercitano la
compressione con il tempo tendono perdere il loro potere elastico quindi lo
strumento và periodicamente tarato).
• essere munito di un display analogico o digitale per la lettura precisa del dato.

Mi sento di sconsigliare l’utilizzo di plicometri di plastica per le loro scarse caratteristiche


qualitative (un test fatto male non serve a nulla...).

I punti di repere
Come detto l’abilità dell’operatore che effettua il test è di fondamentale importanza.
Spesso accade che due operatori che prendono le pliche al medesimo soggetto abbiano
due risultati differenti. L’importante e che il protocollo che un operatore segue sia sempre
scrupolosamente ripetuto ad ogni test.
La misurazione anatomica dello spessore delle pliche di grasso avviene in precisi punti,
detti punti di repere, che possono cambiare a seconda della formula che si applica per il
calcolo percentuale della massa grassa.

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I principali punti di repere per l’uomo sono:
pettorale in diagonale, lungo il decorso del muscolo a livello del cavo ascellare
addominale in verticale, tre centimetri lateralmente all’ombelico
quadricipitale in verticale, a metà tra l’origine del retto femorale e l’inserzione sulla
rotula

I principali punti di repere per la donna sono:


tricipitale in verticale, a metà tra l’acromion e l’olecrano
sovrailiaca in verticale, a livello della spina iliaca antero-superiore
quadricipitale in verticale, a metà tra l’origine del retto femorale e l’inserzione sulla
rotula

A queste si possono aggiungere:


poplitea in verticale, a metà della gamba, in posizione laterale
scapolare in verticale, a livello dell’angolo inferiore della scapola
ascella media in orizzontale

Sommando il risultato delle pliche e applicando la formula desiderata si può risalire alla
percentuale di massa grassa.

Quando leggere lo strumento


La compressione esercitata dal plicometro tende a schiacciare progressivamente lo strato
di grasso modificando il dato. Uno studio dimostra che il 70% della compressione
esercitata dal plicometro in 60’’ avviene nei primi 4’’. Ne consegue che nei primi 4’’ vedono
un rapido modificarsi del dato.
Consiglio di attendere che il plicometro si stabilizzi per poter prendere un dato più
attendibile possibile (anche se in questo modo sarà leggermente falsato dal fenomeno
della compressione). La lettura del dato dovrà quindi avvenire immediatamente dopo il 4°
secondo.

Regole e limiti
• Misurare ogni plica per tre volte e fare la media dei valori ottenuti
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• Le misure devono essere sempre prese sullo stesso lato del corpo
• Identificare con la massima precisione il punto da misurare
• Contrassegnare il punto da misurare con una matita dermografica
• Sincerarsi di aver preso con le dita tutto il tessuto adiposo escludendo quello
muscolare

Il più grande limite della plicometria è che la sua precisione è inversamente proporzionale
alla massa grassa di un soggetto. Più una persona è in soprappeso e più questo metodo
diventa, oltre che sgradevole, impreciso nel risultato.
Nel caso si debba valutare la composizione corporea di un soggetto in netto soprappeso
consiglio l’attuazione di un altro test.

Formule
Le formule per il calcolo della percentuale di massa grassa sono un centinaio. Quella più
usata in assoluto è stata elaborata da Jackson & Pollock nel 1985 che permette il calcolo
con una minore percentuale di errore per la maggior parte della popolazione.
Ne esiste una da applicare a solo tre pliche ed una a sette pliche.

Tre pliche
Uomo: pettorale, addominale, quadricipitale
Donna: tricipitale, sovrailiaca, quadricipitale

Uomini 1.1093800 – (0.0008267 * S) + (0.0000016 * S2) – (0.0002574 * ETÀ)


Donne 1.0994921 – (0.0009929 * S) + (0.0000023 * S2) – (0.0001392 * ETÀ)

Sette pliche
Uomo e Donna: pettorale, sottoscapolare, ascella media, tricipitale, addominale,
sovrailiaca, quadricipitale

Uomini 1.112 – (0.00043499*S) + (0.00000055* S2) – (0.00028826*ETÀ)


Donne 1.097 – (0.00046971*S) + (0.00000056* S2) – (0.00012828*ETÀ)
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S = somma delle pliche rilevate S = S al quadrato

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Centimetria
Anche questo è un test da campo molto diffuso, economico e dalla facile attuazione.
A differenza della plicometria risulta adatto a persone con un consistente accumulo di
grasso ma risulta piuttosto impreciso nel caso di persone che hanno invece basse
percentuali.
La misurazione delle circonferenze deve avvenire in determinati distretti corporei, con la
muscolatura rilassata, usando un metro da sarto ed avendo cura di non comprimere con il
metro il distretto che si sta misurando.
Anche in questo caso suggerisco di prendere tre rilievi e fare la media dei valori ottenuti.

I segmenti dove si prende la misura sono:


• Braccio a metà tra acromion ed olecrano
• Addome a metà tra la cresta iliaca e l’ultima costa
• Anche nel punto di maggiore circonferenza
• Torace a metà dello sterno in posizione di massima inspirazione, massima
espirazione e neutro
• Coscia subito sotto la piega del gluteo
• Polpaccionel punto di massima circonferenza

I valori delle misurazioni si devono convertire con un’apposita tabella e con una semplice
formula si può risalire alla percentuale di massa grassa.

Bioimpedenziometria
L’impedenziometria è un altro metodo abbastanza utilizzato per il calcolo della
composizione corporea. Questo si basa sul principio che la parte magra, essendo più ricca
di liquidi, conduce molto meglio la corrente elettrica, al contrario della parte grassa che
conduce invece poco.
L’impedenziometria rileva la resistenza e la reattanza, grazie a speciali formule risale poi
al livello di idratazione del soggetto, alla sua massa grassa ed alla sua massa magra.
La corrente, a bassa frequenza e ad alta intensità, attraversa tutto il corpo viene emessa
dagli elettrodi di riferimento per poi essere captata dagli elettrodi sensori che ne elaborano
i dati finali.
Il soggetto resta sdraiato senza sentire niente, con gli elettrodi sulle mani e sui piedi.

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Si tratta di un metodo che per essere attendibile necessita di uno strumento di buona
qualità ed in questo caso abbastanza costoso.

Rimane sempre un certo margine di errore dovuto allo stato di idratazione della persona
testata che può far variare enormemente il risultato (disidratazione = sovrastima il risultato,
iper-idratazione = sottostima il risultato).

La pesata idrostatica
Questo è un metodo attendibile ma molto complesso per il quale necessita un’attrezzatura
di non facile reperibilità.
La pesta idrostatica misura la composizione corporea partendo dalla sua densità (rapporto
tra massa corporea e volume del corpo). Massa magra e massa grassa hanno infatti
differente densità, e queste possono essere collegate alla densità totale del corpo
mediante equazioni matematiche. La massa corporea è data dal rapporto fra peso
corporeo ed accelerazione di gravità. Il volume corporeo si ottiene dalla misura del peso
corporeo immerso in acqua. Infatti, la differenza tra il peso fuori dall’acqua e quello in
acqua equivale alla spinta di Archimede, cioè al peso del liquido spostato dal corpo. Tale
quantità divisa per la densità dell’acqua e per l’accelerazione di gravità fornisce il volume
corporeo. Ricavata la densità totale si calcola la percentuale di grasso mediante altre
equazioni.

Percentuali di massa grassa di riferimento


Questi sono i valori di riferimento grazie ai quali possiamo inserire un soggetto in una
categoria a seconda della sua percentuale di massa grassa.
Categorie Uomini Donne

Grasso essenziale 3.0-5.0 11.0-14.0

Atleta 5.0-13.0 12.0-22.0

Praticante Fitness 12.0-18.0 16.0-25.0

Rischio potenziale 19.0-24.0 26.0-31.0

Obeso > 25.0 >32.0

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Body Mass Index o Indice di Massa Corporea
Il BMI non serve a stimare percentualmente la massa magra e quella grassa. Si tratta di
un indice di riferimento dato dal rapporto tra peso ed altezza di un soggetto.
Questo è un metodo che non tiene conto dell’eventuale peso dovuto ad una grande massa
muscolare o ad una struttura ossea molto pesante, quindi non sempre preciso. La sua
utilità sta nel poter molto facilmente e velocemente classificare un soggetto senza
nemmeno dover prendere direttamente delle misure.

IMC/BMI = peso/altezza2

Esempio: 70kg/1,84*1,84 = 20.7

Valori Dell’Indice di Massa Corporea relativi alla popolazione Italiana


Categorie Uomini Donne
Sottopeso <20 <18.7
Normale 20-25 18.7-23.8
Soprappeso 25-30 23.9-28.6
Obesità moderata 30-40 28.7-40
Obesità grave >40 >40

WHR o rapporto vita fianchi


Si tratta di un altro test semplice e veloce che ci dà un’idea precisa della distribuzione
corporea del tessuto adiposo e del potenziale rischio cui è sottoposto un soggetto che ha
dei valori troppo alti.
Le misure vanno prese nel punto più stretto della vita ed in quello più largo dei fianchi.
La circonferenza vita non dovrebbe superare i 102 cm negli uomini e gli 88 cm nelle
donne.
Il rapporto vita/fianchi invece dovrebbe essere inferiore a 0,95 per gli uomini e 0,8 nelle
donne.

Comparando i risultati dell’BMI con il WHR abbiamo la possibilità di stimare il rischio di


contrarre ipertensione, diabete e problemi cardiovascolari.

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Indice di rischio malattie collegate all’obesità
Categorie IMC Uomini < 102
Donne < 88
Sottopeso < 18.5
Normale 18.5-24.9
Soprappeso 25-29.9 Aumentato
Obesità lieve 30-34.9 Alto
Obesità moderata 35-39.9 Molto alto
Obesità grave >40 Estremamente alto

Come calcolare il peso ideale


Abbiamo la possibilità di utilizzare alcune formule per la stima di quello che dovrebbe
essere il peso corporeo ideale. Le prime tre (Lorenz, Broca e Wan Der Vael) tengono
conto solo dei valori di peso ed altezza. L’ultima, la più attendibile, valuta il peso ideale
tenendo conto della percentuale di massa grassa precedentemente rilevata.

Formula di Lorenz
Non tiene conto né dell’età né della struttura scheletrica, ma risulta quasi sempre
abbastanza attendibile.

Uomo P = (S-100)-[(S-150)/4]
Donna P = (S-100)-[(S-150)/2]

Formula di Broca
Molto semplice ma tendenzialmente portata a sovrastimare il risultato.

Uomo P = S-100
Donna P = S-104

Formula di Wan der Vael


Molto simile a quella di Lorenz.

Uomo P = (S-150) x 0.75 + 50


Donna P = (S-150) x 0.6 + 50

S = altezza in centimetri

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Peso corporeo ideale in basa alla massa grassa
Per calcolare in maniera attendibile il peso ideale è indispensabile essere risaliti prima
alla percentuale di massa grassa. In questo caso dovremmo prima risalire al peso effettivo
della massa grassa, poi a quello della massa magra ed infine a quello desiderato nel
seguente modo.

Massa magra = (1.00 - % MG) x peso corporeo


Peso corporeo ideale = MM / (1.00 - % MG desiderata)

Con questa semplice equazione abbiamo modo di risalire al peso della parte grassa, della
parte magra ed quanti chili perdere per arrivare al peso desiderato conoscendo
semplicemente la percentuale di massa grassa.
Facciamo l’esempio di un soggetto di 80 kg, con il 30% di massa grassa. Il suo primo
obbiettivo è di arrivare al 25%.

Massa magra = (1.00 – 0.30) x 80 =56 kg


Peso corporeo ideale = 56 kg / (1.00 - % 0.25 ) =74 kg
Peso da perdere = 80 kg – 74 kg =6 kg

LA VALUTAZIONE DELLA MASSIMA CAPACITA’ AEROBICA

L’esigenza di valutare i parametri funzionale di un individuo (aerobici, anaerobici e di


flessibilità) risiede nella necessità di acquisire determinati dati prima dell’elaborazione di
un programma di allenamento personalizzato.
La valutazione funzionale aiuta a stimare, con specifici protocolli, il livello funzionale
espresso dalla capacità che stiamo testando, quindi indirettamente anche lo stato di forma
di una persona. Le valutazioni possono essere ripetute periodicamente per monitorare nel
tempo i miglioramenti acquisiti con l’allenamento con due effetti molto importanti. Uno è la
motivazione che il soggetto riceve da un risultato migliore, anche se questo non riguarda

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un suo specifico obbiettivo ma è solo legato al suo stare bene. L’altro è un attendibile feed
back che il tecnico riesce ad avere sull’efficacia di un programma di allenamento
(avvicinamento ai risultati = programmazione corretta, nessun miglioramento = necessità
di correggere il programma di allenamento).

I test possono avvalersi di metodi diretti od indiretti ed essere massimali o submassimali.


L’ergometro che meglio si presta all’esecuzione del test è senza dubbio il tappeto. Questo
sia perché è quello su cui si sono registrati i valori più elevati di VO2 (+10-15%), sia
perché, essendo il VO2 max specificamente correlato al gesto atletico, si avvale del gesto
più universalmente praticato da tutti.
L’unica controindicazione è per gli atleti, per i quali il test deve essere effettuato con
ergometri specifici a seconda dello sport praticato (vista l’alta correlazione del VO2 max
con il gesto tecnico abitualmente praticato). Un ciclista che esegue un test sul tappeto
avrebbe sicuramente un risultato inattendibile.

Prima dell’elencazione dei principali test è indispensabile valutare le caratteristiche che


questi devono possedere ed introdurre due parametri:
Il massimo consumo di ossigeno (VO2 max) e la frequenza cardiaca massima (FC max).
Prenderemo in considerazione anche l’utilizzo della scala di Borg e del Talk test come
strumenti a disposizione del tecnico.

Caratteristiche del test


I test di nostro utilizzo si possono dividere in antropometrici e funzionali, dove nel primo
caso siamo a valutare una parte fisica o anatomica del corpo del soggetto (come la massa
grassa), nel secondo caso il suo livello funzionale di una specifica capacità condizionale.
Quale che sia il dato che vogliamo rilevare è importante che il test che effettuiamo abbia le
seguenti caratteristiche.

• Oggettività significa seguire scrupolosamente ogni volta che si ripete il test il


suo protocollo affinché da una misurazione all’altra differenti criteri
non falsino il risultato.
• Validità è il rapporto che abbiamo tra la prova che svolgiamo e l’effettivo valore
che vogliamo rilevare

20
• Attendibilità si riferisce al grado di precisione con cui vengono effettuate le
misurazioni

• Ripetibilità deve naturalmente essere una prova che possiamo ripetere nel tempo
per monitorare l’andamento del valore testato

Naturalmente noi dovremo esimerci dal praticare test massimali che prevedono l’utilizzo di
apparecchiature mediche. Questi non vanno fatti su persone con problemi cardiaci,
metabolici, polmonari, nel caso di soggetti molto sedentari, o nel caso di qualsiasi
complicanza possa risultare pericolosa.

Di seguito altre importanti caratteristiche che il test deve possedere per essere attendibile
e sicuro.

• Il soggetto non deve aver assunto nelle ore precedenti il test caffeina, cibo, non
deve aver fumato e non deve trovarsi in una condizione di affaticamento.
• L’esercizio oggetto della valutazione deve essere conosciuto ed eseguito
correttamente.
• L’ambiente dove si svolge il test non dovrebbe superare i 22° ed un’umidità
superiore al 60%
• Prima dell’inizio del test il soggetto deve aver praticato 10-15 minuti di
riscaldamento a bassa intensità
• L’intensità dell’esercizio deve essere aumentata gradualmente
• Vanno rispettate le controindicazione all’esecuzione del test
• Non svolgere il test se in dubbio sulla sua pericolosità
• Interrompere il test in caso di sforzo eccessivo, di risposta anomala dei parametri
osservati o nel caso lo richieda il soggetto
• Monitorare costantemente la FC, la percezione dello sforzo (Borg, talk test) e
l’aspetto del soggetto (pallore, cianosi, eccessiva sudorazione, difficoltà nella
coordinazione, respirazione troppo affannata)
• Mantenere sotto controllo il soggetto sottoposto al test almeno per i successivi 5-10
minuti dalla fine della prova, continuando a monitorare la FC e la percezione dello
sforzo
• Il soggetto non deve mai essere lasciato solo durante il test

21
La frequenza cardiaca
Rappresenta il parametro più utilizzato sul campo per avere un’attendibile idea del livello
di intensità al quale stiamo sottoponendo il nostro allievo. Questa ci dà anche la possibilità
di stimare indirettamente il VO2 max.
Agli estremi della frequenza cardiaca abbiamo la bradicardia, ossia soggetti con una FC
min molto bassa e caratterizzati da una “difficoltà” nel far salire i battiti, e la tachicardia,
ovvero soggetti con una FC min alta che sotto sforzo tende ad aumentare
considerevolmente.

Per utilizzare con efficacia questo parametro possiamo avvalerci principalmente di due
formule.

FC max (teorica) = 220-età

Con questa semplice sottrazione abbiamo una stima empirica della FC max che
tendenzialmente viene ad essere sottostimata. Il difetto più grande è di conservare una
percentuale di errore di circa +/- 10%.

Ottenuto questo dato basta moltiplicarlo per la percentuale di FC a cui si vuole far lavorare
il soggetto.

Esempio di lavoro: anni 30, lavoro al 75% dell’FC max teorica


FC di allenamento = 220-30x0.75 = 146 bpm

Percentuale di errore +/- 10% significa che potrebbe essere da 132 bpm a 160 bpm.
Appare evidente che impostare un programma di lavoro esponendosi ad un tale margine
di errore può fare decisamente la differenza sul risultato che vogliamo ottenere. Si
comprende così l’importanza di avere dei dati reali e non calcolati con formule empiriche.
Purtroppo l’unico modo attendibile e sicuro per la stima della reale FC max è un test
massimale ed in questo caso, un test da eseguire seguendo uno specifico protocollo, in un
laboratorio medico, attrezzato con un defibrillatore ed in presenza di un medico.

22
Una formula molto più precisa è quella di Karvonen. Questa stima la cosiddetta frequenza
cardiaca di riserva e tiene conto anche di un altro importante valore: la frequenza cardiaca
minima (o a riposo).
Per risalire a questo ultimo dato si devono prendere le pulsazioni la mattina, appena
svegli, senza essersi ancora alzati da letto (alzarsi provocherebbe anche un aumento di
battiti). Suggerisco anche in questo caso di prendere il valore tre mattine consecutive e di
utilizzare quello più basso.
La FC max verrà stimata nuovamente con la formula 220 – l’età.

Karvonen = [(FC max – FC min) x intensita di allenamento) + FC min

Esempio di lavoro: anni 30, lavoro al 75% dell’FC max teorica, FC min 60
FC di allenamento = [(190 – 60) x 0.75) + 60 = 157 bpm

IL VO2 max
Si tratta di un parametro di grande importanza ma dalla non semplice valutazione. Questo
esprime la massima capacità aerobica di un soggetto e può essere assoluto (l/min) o
relativo al peso corporeo (ml/kg/min).
Il massimo consumo d'ossigeno (VO2max) si ha quando in risposta a un aumento della
richiesta energetica non si ha un aumento del consumo d'ossigeno.

I principali fattori che influenzano il metabolismo aerobico sono: fattori centrali (apparato
respiratorio, cuore, sistema circolatorio), responsabili dell’assunzione e del trasporto
dell’ossigeno e fattori periferici (fibre muscolari, capillari), responsabili dell’utilizzo
dell’ossigeno.
Il VO2 max varia a seconda del sesso, dell’età, al livello ed alla tipologia di allenamento.
I miglioramenti della capacità aerobica dopo un adeguato periodo di allenamento sono
compresi tra il 5% ed il 25%. Ci sono comunque casi documentati di incrementi anche del
50%.

Da poco si utilizza anche qui il concetto di riserva di VO2, molto simile a quello della
riserva cardiaca.

23
VO2 di allenamento = (intensità di allenamento) x (VO2 max – VO2 riposo) + VO2 riposo

Esempio: ipotizzando di conoscere il VO2 max (17.5 ml/kg/min) ed il VO2 a riposo (3.5
ml/kg/min) e di voler lavorare al 40% del VO2 max avremo:

VO2 di allenamento = (0.4) x (17.5 – 3.5) + 3.5 = 9.1 ml/kg/min

Valori di riferimento:

Popolazione femminile media, da 20 a 29 anni: 35-43 ml/kg/min


Popolazione maschile media, da 20 a 29 anni: 44-51 ml/kg/min
Valore massimo registrato in una donna (sciatrice di fondo): 74
Valore massimo registrato in un uomo (sciatore di fondo): 94

La scala di Borg
Questo supporto, se ben utilizzato, risulta molto utile al tecnico soprattutto con bambini,
donne in stato di gravidanza e soggetti in terapia con determinati farmaci (ad esempio i
betabloccanti). Consiglio il suo utilizzo sempre, anche contemporaneamente all’utilizzo di
un altro sistema di misurazione dello sforzo.

Nel caso avessimo stimato la FC max con il metodo 220 – l’età, la scala di Borg ci può
aiutare a capire se abbiamo stimato correttamente il dato, se l’abbiamo sottostimato (in
caso di FC alta che tende a continuare a salire), o sovrastimato (in caso di una FC troppo
bassa che tende a non salire).
La scala originale prevedeva un valore fino a 20. Attualmente però si utilizza la scala con il
valore massimo a 10.

24
Scala di Borg

0 nullo 6

0.5 leggerissimo 7 Leggerissimo


8
1 molto leggero
9 Molto leggero
2 leggero
10
3 moderato 11 Piuttosto leggero
4 abbastanza duro 12
13 Abbastanza duro
5 duro
14
6
15 Duro
7 molto duro
16
8 17 Molto duro
9 18

10 durissimo 19 Durissimo
20

Il talk test
Metodo semplice ed intuitivo, il talk test si basa sul fatto che se si riesce a sostenere una
conversazione durante l’allenamento, probabilmente l’intensità dello sforzo è ancora in
zona aerobica. Nel caso di un sedentario che non si sia mai sottoposto ad attività fisica
che non riesca a parlare sappiamo che probabilmente sta lavorando ad una intensità
troppo elevata.

Ci sono poi dei “segnali” che il nostro allievo sotto eccessivo sforzo ci fornisce. Un buon
tecnico deve interpretarli immediatamente e valutare delle immediate azioni correttive.
Questi sono: pallore, cianosi, eccessiva sudorazione, difficoltà nella coordinazione,
respirazione troppo affannata.

25
Metodi diretti
La massima potenza aerobica (VO2 max) si può misurare grazie all’impiego di costose
apparecchiature che monitorano costantemente il consumo di ossigeno e la produzione di
anidride carbonica. Si applicano poi dei protocolli massimali a carico incrementale che
andranno portati avanti fino al completo esaurimento del soggetto.
Ci sono vari protocolli che si possono utilizzare, questi si differenziano per il carico
utilizzato ad ogni incremento, per gli intervalli di incremento (ad intervalli regolari oppure
continuo, anche detto ramping) e per l’ergometro su cui si svolge il test.
Naturalmente si tratta di test molto impegnativi per il soggetto, che necessitano di un certo
grado di allenamento e soprattutto di un laboratorio attrezzato e di personale medico
specializzato.

Di seguito, per conoscenza, i protocolli dei due test più usati

Test di Bruce
In genere usato per soggetti normali o a rischio di patologie cardiache. Il protocollo
consiste in incrementi di velocità e pendenza ogni tre minuti (dando tempo alla FC di
stabilizzarsi dall’incremento precedente). Per il calcolo scientifico del VO2 max si deve
utilizzare l’attrezzatura medica per l’emo gas analisi (come uno spirometro). Il test di Bruce
si può avvalere anche di formule per il calcolo indiretto del VO2 max senza l’utilizzo di
queste apparecchiature (come analizzato nei metodi indiretti submassimali).

Protocollo di lavoro
Eseguire 10-15 di riscaldamento a bassa intensità preferibilmente con un leggero
stretching.
Seguire gli incrementi di ogni step aumentando la velocità e la pendenza per il tempo
specificato in tabella.

Il test si interrompe quando il soggetto non riesce più a sopportare ulteriori incrementi.

26
Velocità Pendenza
Step Tempo (min)
km/h (%)
1 0 2.74 10%
2 3 4.02 12%
3 6 5.47 14%
4 9 6.76 16%
5 12 8.05 18%
6 15 8.85 20%
7 18 9.65 22%
8 21 10.46 24%
9 24 11.26 26%
10 27 12.07 28%

Tabelle comparative per il grado di efficienza fisica

Donna
Età Molto scarso Scarso Medio Buono Ottimo Eccellente
13-19 <25.0 25.0-30.9 31.0-34.9 35.0-38.9 39.0-41.9 >41.9
20-29 <23.6 23.6-28.9 29.0-32.9 33.0-36.9 37.0-41.0 >41.0

30-39 <22.8 22.8-26.9 27.0-31.4 31.5-35.6 35.7-40.0 >40.0


40-49 <21.0 21.0-24.4 24.5-28.9 29.0-32.8 32.9-36.9 >36.9
50-59 <20.2 20.2-22.7 22.8-26.9 27.0-31.4 31.5-35.7 >35.7
60+ <17.5 17.5-20.1 20.2-24.4 24.5-30.2 30.3-31.4 >31.4

Uomo
Età Molto scarso Scarso Medio Buono Ottimo Eccellente
13-19 <35.0 35.0-38.3 38.4-45.1 45.2-50.9 51.0-55.9 >55.9
20-29 <33.0 33.0-36.4 36.5-42.4 42.5-46.4 46.5-52.4 >52.4
30-39 <31.5 31.5-35.4 35.5-40.9 41.0-44.9 45.0-49.4 >49.4
40-49 <30.2 30.2-33.5 33.6-38.9 39.0-43.7 43.8-48.0 >48.0
50-59 <26.1 26.1-30.9 31.0-35.7 35.8-40.9 41.0-45.3 >45.3
60+ <20.5 20.5-26.0 26.1-32.2 32.3-36.4 36.5-44.2 >44.2

27
Test di Astrand
Viene utilizzato per soggetti molto allenati. La velocità resta fissa a 8.0 km/h per tutto il
test. Gli incrementi riguardano solo la pendenza e sono di 2.5 % a step.

Protocollo di lavoro
Eseguire 10-15 di riscaldamento a bassa intensità preferibilmente con un leggiero
stretching.
Durante tutto il test la velocità rimane fissa a 8.0 km/h e si modifica solo la pendenza.
Questa inizia da 0%, dal 3° minuto la si porta a 2. 5% e si aumenta poi sempre di 2.5% ad
ogni incremento.

Il test si interrompe quando il soggetto non riesce più a sopportare ulteriori incrementi.

Step Tempo (min) Velocità (km/h) Pendenza (%)


1 0 8 0
2 3 8 2.5
3 5 8 5
4 7 8 7.5
5 9 8 10
6 11 8 12.5
7 13 8 15
8 15 8 17.5
9 17 8 20
10 19 8 22.5
11 21 8 25
12 23 8 27.5
13 25 8 30
14 27 8 32.5
15 29 8 35

Per risalire al grado di efficienza fisica si possono utilizzare le tabelle a pagina 25.

28
Metodi indiretti
Data la difficoltà nel reperire le condizioni adatte all’esecuzione di test diretti massimali per
il calcolo del VO2 max, sono state sviluppate delle metodiche indirette, attuabili con
maggiore facilità, che si basano essenzialmente sull’unico altro parametro ad esso
fortemente correlato; la gittata cardiaca (quantità di sangue che il cuore pompa nel
sistema circolatorio al minuto).
Il rapporto tra VO2 e gittata cardiaca ha un andamento lineare costante ed essendo questa
il prodotto della gittata sistolica (sangue pompato) per la frequenza cardiaca (frequenza
delle pulsazioni di sangue) si può stabilire la stessa relazione lineare tra VO2 max e
frequenza cardiaca, permettendoci quindi una stima attendibile del parametro.

Correlazione tra VO2 e FC

% VO2 % FC
35 50
48 60
60 70
73 80
86 90
100 100

Abbiamo quindi, valutando la sola FC, la possibilità di risalire indirettamente al VO2 max
con dei test facilmente attuabili e ripetibili.

Questa metodiche indirette si possono dividere in submassimali, e massimali (che


necessitano delle stesse condizioni degli altri test massimali).

Test indiretti submassimali


Sono una tipologia di test facilmente attuabile che non necessita di particolari strutture e
strumenti. Per le loro caratteristiche possono essere usati su una grande quantità di
persone considerando però, nel caso di valutazione del VO2 max, una percentuale di
errore.

29
Harvard Step test
Si tratta di un test messo a punto durante la seconda guerra mondiale per la valutazione di
massa di una popolazione e del grado di efficienza fisica. La durata è stata modificata
dagli originali 5 minuti agli attuali 3.
Il soggetto deve salire e scendere da un gradino alto 50 cm.
Il ritmo di salite e discese deve prevedere un’esecuzione ritmica di 24 salite-discese al
minuto con l’accortezza di alternare la gamba di salita sullo step.
La durata del test è di tre minuti.
Subito al termine del terzo minuto si prendono le pulsazioni del soggetto per un intero
minuto per capire il suo livello di efficienza fisica.

Uomo
Età 18-25 26-35 36-45 46-55 56-65 >65
Eccellente <79 <81 <83 <87 <86 <88
Ottimo 79-89 81-89 83-96 87-97 86-97 88-96
Buono 90-99 90-99 97-103 98-105 98-103 97-103
Discreto 100-105 100-107 104-112 106-116 104-112 104-113
Sufficiente 106-116 108-117 113-119 117-122 113-120 114-120
Insufficiente 117-128 118-128 120-130 123-132 121-129 121-130
Scarso >128 >128 >130 >132 >129 >130

Donna
Età 18-25 26-35 36-45 46-55 56-65 >65
Eccellente <85 <88 <90 <94 <95 <90
Ottimo 85-98 88-99 90-102 94-104 95-104 90-102
Buono 99-108 100-111 103-110 105-115 105-112 103-115
Discreto 109-117 112-119 111-118 116-120 113-118 116-122
Sufficiente 118-126 120-126 119-128 121-126 119-128 123-128
Insufficiente 127-140 127-138 129-140 127-135 129-139 129-134
Scarso >140 >138 >140 >135 >139 >134

30
Step test o I.R.I. test
Il test sull‘Indice di Recupero Immediato è una variazione dell’Harvard Step test. Questo
valuta in modo più specifico quanto velocemente, alla fine di uno sforzo, la FC si abbassa
riavvicinandosi ai valori di inizio del test, dando così una valutazione di massima della
capacità di recupero. Purtroppo non tiene conto dell’età e del sesso di chi si esamina,
tuttavia può tornare utile una valutazione come questa strettamente riguardante la
capacità di recupero cardiovascolare.
Il soggetto deve salire e scendere da un gradino alto 50 cm per gli uomini e 40 cm per le
donne e 30 cm per bambini o persone sotto la statura di 160 cm.
Il ritmo di salite e discese deve prevedere un’esecuzione ritmica di 30 salite-discese al
minuto con l’accortezza di alternare la gamba di salita sullo step.
La durata del test è di tre minuti.
Bisogna poi rilevare la FC tra il 60 ed il 90 secondo dalla fine dell’esercizio e confrontare il
valore con la prima tabella per avere il valore di recupero e con la seconda per avere una
valutazione del grado di efficienza fisica.

Tabella Indice di Recupero Immediato


Numero Indice I.R.I. Numero Indice I.R.I. Numero Indice I.R.I.
pulsazioni pulsazioni pulsazioni
25 130.9 44 74.3 63 51.9
26 125.8 45 72.7 64 51.6
27 121.2 46 71.7 65 50.3
28 116.8 47 69.6 66 49.5
29 112.8 48 68.1 67 48.8
30 109 49 66.7 68 48.1
31 105.5 50 65.4 69 46.7
32 102.2 51 64.1 70 46.4
33 99.1 52 62.9 71 46
34 96.2 53 61.7 72 45.4
35 93.5 54 60.6 73 44.8
36 90.9 55 59.5 74 44.2
37 88.4 56 58.4 75 43.6
38 86.1 57 57.4 76 43

31
39 83.9 58 56.4 77 42.5
40 81.8 59 55.4 78 41.9
41 79.8 60 54.5 79 41.4
42 77.9 61 53.6 80 40.9
43 76.1 62 52.7

Tabella conversione IRI – grado di efficienza fisica


Punteggio Grado di efficienza fisica
>80 Ottima
80-70 Buona
70-60 Discreta
60-50 Scarsa
<50 Sufficiente

Rockport Walking test


Nato per risalire al VO2 max dalla Frequenza Cardiaca, considerando anche il peso e l’età
del soggetto, si tratta di un semplice test utilizzabile su una larga fascia di popolazione
dall’età compresa tra i 20 ed i 69 anni. Consiste in una camminata veloce con la quale si
deve coprire la distanza di un miglio (1 miglio = 1609,344 mt) nel più breve tempo
possibile. Dato il suo livello di difficoltà si presta bene per soggetti anziani o molto
decondizionati.
Subito alla fine della camminata bisogna rilevare il battito cardiaco per 15 secondi. Il VO2
max si può poi predire con questa semplice formula:

VO2 max = 132,853 – 0.1692 (peso in kg) – 0.3877 (età in anni) + 6.315 (sesso) – 3.2649
(tempo in minuti) - 0.1565 (FC)

32
Test indiretti massimali
Alcuni autori hanno elaborato dei protocolli massimali dai quali, con specifiche formule, si
può risalire al VO2 max. Questi, essendo indiretti, mantengono sempre una minima
percentuale di errore (comunque più bassa dei gli indiretti submassimali). Si basano su
queste due regole:
• Il costo energetico della corsa, indipendentemente dalla velocità, è mediamente
uguale per tutti i soggetti ed è quantificabile in [4Jx(kg x m)-1].
• Il rendimento meccanico del lavoro muscolare, mediamente uguale per tutti i
soggetti, è del 25%

Test di Bruce
Lo stesso identico protocollo utilizzato in precedenza può essere riutilizzato per il calcolo
del VO2 max utilizzando poi le seguenti formule dove T è la durata dell’esercizio (esempio
12’ 30’’ corrisponde a 12.5).

Uomo VO2 max = 14.8 – (1.379 x T) + (0.451 x T2) – (0.012 x T3)

Donna VO2 max = 4.38 x T – 3.9

Il protocollo di lavoro da applicare rimane il medesimo come anche le tabelle per la


valutazione del grado di efficienza fisica.

Test di Astrand
Come il test di Bruce anche per questo, mantenendo lo stesso protocollo di esecuzione,
sono state elaborate speciali formule per ricavare, in modo indiretto, il VO2 max.
A differenza del test di Bruce questo però non tiene conto delle differenze tra i due sessi,
se non per la valutazione finale della prestazione.

VO2 max = (Tempo × 1.444) + 14.99

33
Anche qui il protocollo di lavoro da applicare e le tabelle per la valutazione del grado di
efficienza fisica sono le stesse.

Test di Balke
Simile al test di Bruce si avvale di differenti formule ma la tabella per la valutazione del
grado di efficienza fisica è la stessa.
Di seguito troviamo il protocollo incrementale da attuare. Il test và condotto ad
esaurimento.
Gli step possono, in caso, essere aumentati sempre di un punto % ogni minuto
mantenendo la velocità fissa a 5.3 km/h per gli uomini e di 2.5% ogni tre minuti
mantenendo la velocità fissa a 4.8 km/h per le donne.
Di seguito troviamo la formula.

VO2 max = (Tempo × 1.444) + 14.99

Uomo
Step Tempo (min) Velocità (km/h) Pendenza (%)
1 1 5.3 0%
2 2 5.3 2%
3 3 5.3 3%
4 4 5.3 4%
5 5 5.3 5%
6 6 5.3 6%
7 7 5.3 7%
8 8 5.3 8%
9 9 5.3 9%
10 10 5.3 10%
11 11 5.3 11%
12 12 5.3 12%
13 13 5.3 13%
14 14 5.3 14%
15 15 5.3 15%

34
Donna
Step Tempo (min) Velocità (km/h) Pendenza (%)
1 1 4.8 0%
2 3 4.8 3%
3 6 4.8 5.5%
4 9 4.8 8%
5 12 4.8 10.5%
6 15 4.8 13%
7 18 4.8 15.5%
8 21 4.8 18%
9 24 4.8 20.5%
10 27 4.8 23%
11 30 4.8 25.5%

L’ALLENAMENTO AEROBICO

I principi fondamentali dell'allenamento aerobico


I principali elementi che il tecnico deve combinare per la creazione di un programma di
allenamento aerobico sono:

Frequenza
Questa per essere ottimale dovrà prevedere 3-5 sedute di allenamento alla settimana.
In soggetti particolarmente decondizionati si sono osservati miglioramenti anche solo con
una seduta settimanale, ma rappresentano un caso limite probabilmente dato da un alto
livello di decondizionamento. Al limite opposto troviamo gli atleti di alto livello che invece si
sottopongono addirittura a più allenamenti giornalieri.

Intensità
La si può misurare in vari modi.
La frequenza cardiaca, data la semplicità e l’attendibilità del dato, è in genere il parametro
più utilizzato.

35
Il VO2 max è il massimo volume di ossigeno consumato per minuto. La sua stima può
avvenire con vari metodi. L’intensità si dovrà convertire poi in METS per individuare il
carico effettivo di lavoro.
Esistono poi dei metodi empirici più semplici che, pur mantenendo una validità relativa alla
soggettività della percezione della sforzo, consiglio di utilizzare sempre (scala di Borg).

Tempo
Strettamente dipendente dal livello di allenamento del soggetto. Si consiglia in genere di
raggiungere minimo i 20 minuti di allenamento aerobico continuo. In soggetti fuori forma
questi possono essere raggiunti in modo non continuo, oppure ad una intensità che sia
alla loro portata (ad esempio una camminata veloce).

Tipo
Per stimolare il sistema cardiovascolare si devono mettere in moto in modo ritmico grosse
masse muscolari. Nel caso di obesi, anziani decondizionati, o persone con problemi
articolari privilegeremo l’attività senza impatto od a basso impatto. Ogni persona, in base
alle sue caratteristiche ed ai suoi obbiettivi, avrà preferenza verso il lavoro con un attrezzo
piuttosto che un altro.

Carico interno e carico esterno


Si dicono allenamenti a carico interno quegli allenamenti che prendono come parametro
guida dell’intensità la FC. Questi allenamenti sono generalmente finalizzati allo sviluppo
dei fattori centrali (apparato respiratorio, cuore, sistema circolatorio).
Si dicono allenamenti a carico esterno quelli che vengono ed essere gestiti da parametri
come velocità, pendenza o potenza non tenendo conto della FC. Questi sono in genere
finalizzati allo sviluppo del fattori periferici (fibre muscolari e capillari). Naturalmente
quando il soggetto aumenta il suo grado di allenamento i parametri esterni vanno
reimpostati, altrimenti l’intensità dell’allenamento inevitabilmente si abbassa.

36
Principali metodi di allenamento cardiovascolare

Una classificazione che aiuta a comprendere la vastità dei programmi di allenamento della
resistenza che abbiamo a nostra disposizione è quella fatta da Arcelli e Zanon di seguito
riportata.

senza accumulo di acido lattico


a ritmo uniforme con accumulo progressivo di acido lattico
Lavoro continuo
con variazioni di ritmo con variazioni libere
con variazioni controllate (o obbligate)

Lavoro interrotto da pause di recupero completo (ripetute)


pause di recupero
pause di recupero incompleto (interval
training)

Lavoro continuo, a ritmo uniforme, senza accumulo di acido lattico


Rappresenta il più classico lavoro aerobico che si può sostenere. Negli sport di resistenza
può avere anche una notevole durata arrivando anche a 2-3 ore di lavoro continuativo.
Questo porta ad un aumento del VO2 max con un conseguente innalzamento della soglia
anaerobica.
Date le sue caratteristiche migliora molto le capacità ossidative ma, se non coadiuvato da
altri allenamenti, porta ad una grande diminuzione della velocità di movimento.
Generalmente si utilizza nella prima fase della preparazione di un atleta, ma trova
comunque un buon utilizzo come riscaldamento prima dell’allenamento vero e proprio.

Lavoro continuo, a ritmo uniforme, con accumulo progressivo di acido lattico


Si tratta di un allenamento da svolgere al di sopra della soglia anaerobica. Serve ad
allenare l’organismo ad avere una buona resa di lavoro anche quando si trova in
condizioni di accumulo di acido lattico.

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La durata della seduta allenante è logicamente proporzionale all’intensità raggiunta.
Necessita di tempi di recupero più lunghi e di una buona preparazione di base per essere
praticato con successo.
Alcuni autori ritengono utile questo lavoro alla fine del lavoro senza accumulo di acido
lattico precedentemente descritto.

Lavoro con variazioni di ritmo


Conosciuto come Fartlek, consiste nell’inserimento di momenti di lavoro anaerobico
all’interno di un lavoro aerobico continuo. Queste fasi porteranno ad un debito di ossigeno
che verrà poi parzialmente o completamente “pagato” nella successiva fase aerobica ad
intensità più blanda.

Variazioni libere (Fartlek svedese)


Rappresenta il lavoro originale dove le variazione di ritmo erano rappresentate
principalmente da differenti condizioni del terreno (salite, discese..) su cui ci si allenava.
Per essere sostenuto necessita di una certa capacità dell’atleta di gestire l’intensità in
base alle risposte fisiologiche date dalle differenti condizioni del territorio in cui si allena.

Variazioni controllate (Fartlek polacco)


Creato per pilotare l’allenamento verso le qualità ricercate modulando la velocità, distanza
o durata delle differenti fasi di lavoro.
Si tratta di un lavoro che si può introdurre anche dopo poche settimane dall’inizio del
programma di allenamento.

Lavoro interrotto da pause


La pausa di recupero ha la funzione di permettere una ricostruzione parziale (recupero
incompleto) o totale (recupero completo) delle fonti energetiche consumate durante il
precedente lavoro.
La lunghezza del tempo di recupero sarà proporzionale all’intensità dello sforzo ed alla
sua durata.
Nel caso di soggetti con un certo condizionamento si ritiene che inserire degli esercizi
blandi come recupero dopo una fase intensa porti ad un miglioramento della velocità di
smaltimento dell’acido lattico con un recupero conseguentemente più veloce (recupero
attivo).

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Pause di recupero completo
Conosciuto con il termine di “ripetute”, si utilizza con livelli di intensità anche molto alti.
L’intensità varia naturalmente a seconda della qualità che si sta allenando.
Il tempo di recupero non sarà completo in senso assoluto in quanto dovrebbe essere
troppo lungo per essere tale. In genere si fa riferimento alla FC o al grado di percezione
della fatica espressa dal soggetto.
La possibilità di intervenire sull’intensità della prova e sulla durata del recupero rendono
questo tipo di allenamento facilmente adattabile ad una grande parte di sportivi.

Pause di recupero parziale


Noto anche come “interval training”. Se svolto in zona aerobica permette di avvicinare
gradualmente un soggetto decondizionato ad un’intensità di lavoro superiore (esempio:
ogni 4’ di camminata faccio 1’ di jogging).
Svolto in zona anaerobica invece viene caratterizzato da un recupero incompleto che
porta ad un progressivo aumento dell’acido lattico. Uno degli scopi può essere proprio di
allenare l’organismo a lavorare in presenza di quantità anche notevoli di acido lattico
senza sensibili cali di resa.
Anche qui l’intensità e la durata del recupero possono essere molto diverse e comunque
sempre collegate alle qualità che si vogliono sviluppare nell’atleta.

Il Circuit Training
Si tratta di un allenamento a circuito che prevede un numero di stazioni variabili (da 4 a
10) ed intervalli di recupero molto brevi tra le stazioni. Questo metodo si pone l’obbiettivo
di migliorare i fattori centrali (l’apparato cardiovascolare) e quelli periferici (muscolare)
nell’ambito della stessa seduta alternando attrezzi isotonici, cardiovascolari ed esercizi di
altro tipo (pesi liberi, corpo libero..) e coinvolgendo una grande quantità di gruppi
muscolari.
Un altro effetto positivo è quello di rendere l’allenamento molto dinamico (spesso alcuni
utenti lamentano di annoiarsi mentre si allenano) e praticabile in una palestra o in un parco
attrezzato.

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IL QUESTIONARIO SPORTIVO

Vista la grande quantità di informazioni necessarie per formulare correttamente un


programma di allenamento personalizzato, si crea la necessità di sottoporre al soggetto un
questionario atto a fornircele con la maggiore precisione possibile. Questo dovrà essere il
più completo possibile ma non esageratamente articolato.
In primis sono da ricercare con accuratezza eventuali fattori di rischio di cui dovremo
tenere strettamente conto per impostare il programma più appropriato. Questo
questionario ci darà poi altre fondamentali informazioni, alcune banali altre importanti
come:

• i suoi obbiettivi, quante volte si vuole allenare alla settimana, quanto tempo ha a
disposizione per seduta, per quanto tempo si vuole allenare con continuità
• eventuali paramorfismi vertebrali (o semplici algie da migliorare)
• se assume abitudinalmente dei farmaci
• infortuni ed operazioni chirurgiche subite
• precedenti sportivi (ed il livello praticato) e da quanto non si allena
• stile di vita, tipologia di lavoro praticato, ore di sonno a notte
• informazioni generiche relative alla sua igiene alimentare
• valutazione dei fattori di rischio
• consenso al trattamento dei dati personali

Il tecnico dovrà allegare insieme al Questionario Sportivo anche le valutazioni


antropometriche e funzionali per avere sempre sotto controllo la situazione del soggetto.
Infatti un’altra funzione dei test è di far apprezzare al soggetto i risultati raggiunti, fissando
sempre nuovi target (prestando la massima attenzione che siano raggiungibili), per andare
a gratificare e stimolare la motivazione.
La creazione del programma rappresenta uno dei punti più delicati e determinanti per la
riuscita del nostro lavoro. Questo perché come è vero che un risultato motiva, un non
risultato può demotivare enormemente e se reiterato potrà portare fino all’estremo
dell’abbandono della pratica sportiva da parte del nostro allievo.

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Il tecnico dovrà quindi, una volta impostato il programma, eseguire periodicamente
(bisettimanali o mensili) dei test per valutare l’andamento ed esaminare eventuali
alternative che lo correggano.

Altri due punti importanti sono:

• valutare le aspettative del soggetto (se si tratta di aspettative realistiche) e fissare


insieme degli obbiettivi a step, sul breve, medio e lungo periodo
• individuare quali difficoltà si possono presentarsi (perché in passato ha interrotto
l’attività fisica?) ed anticiparle aumentando il grado di adesione del soggetto

I fattori di rischio
L’American College of Sport Medicine (ACSM) ha elaborato un elenco di quelli che sono i
principali fattori di rischio nella popolazione.

• Casi di infarto o morte improvvisa nei familiari (padre o fratello prima dei 55 anni,
madre prima dei 65 anni)
• Fumo di sigaretta
• valori elevati di pressione arteriosa (>140/90 mmHg)
• valori elevati di colesterolo totale (>200 mg/dl), HDL <35 mg/dl o rapporto tra i due
>5
• obesità, BMI superiore a 30, circonferenza addominale >102 cm per gli uomini e 88
per le donne
• inattività fisica
• valori di glicemia a riposo >110 ml/dl

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Questionario PAR-Q (Physical Activity Readiness Questionnarie)
Si basa sull’assunto che se un soggetto risponde positivamente anche solo ad una delle
seguenti domande viene sconsigliata l’esecuzione di qualsiasi prova da sforzo (anche non
massimale) ed l’inizio di allenamenti anche di moderata intensità. In questo caso si
consiglia (ma non si può rendere obbligatoria) una visita medica preliminare.

1. il suo medico le ha detto che ha problemi cardiaci?


2. accusa frequentemente dolore toracico?
3. si sente spesso mancare o ha crisi vertiginose gravi?
4. il suo medico le ha detto che ha problemi osteoarticolari, come l’artrosi, che sono
stati aggravati dall’esercizio fisico o che potrebbero peggiorare con esso?
5. C’è qualche buon motivo, finora non menzionato, per il quale non dovrebbe seguire
un programma di attività fisica pur desiderando farlo?
6. ha più di 65 anni e non è abituato all’attività fisica intensa?

PAR-Q Validation Report


British Columbia Department of Health
Giugno 1975 (versione modificata)

Linee guida ACSM


Così viene identificata la minima quantità di attività fisica da svolgere per mantenersi in
salute abbassando la probabilità di eventi connessi alla sedentarietà.

Settimanalmente: 150 minuti di attività fisica di moderata intensità


Preferibilmente: 30 minuti di attività fisica di moderata intensità 5 volte alla settimana

Caratteristiche del programma di allenamento


Nell’elaborare un programma di allenamento il tecnico deve tenere conto di una serie di
elementi che contraddistinguono la persona che vi si dovrà poi sottoporre.
La strutturazione del programma dovrà tenere conto del percorso a breve, medio o lungo
termine che una persona vuole intraprendere e dovrà considerare la strategia e il percorso
che il tecnico ha individuato come migliore.

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Naturalmente in questo modo andiamo a personalizzare la programmazione “tagliandola e
cucendola” su misura per gli obbiettivi del nostro allievo.

Di seguito i principali punti da tenere in considerazione nella creazione del programma.

Conoscere gli obbiettivi


un programma, per essere efficace, motivante e soddisfacente deve essere costruito
mirando ai risultati che questa vuole raggiungere.

Conoscere gli eventuali fattori di rischio


Sono necessari al fine di consigliare la strada migliore per un miglioramento reale della
salute e non solo estetico, senza fare errori nella sua programmazione.

Fare una valutazione funzionale


Per comprendere il livello di partenza e stabilire i successivi carichi di lavoro, tenendo
conto anche delle capacità tecniche, coordinative e condizionali di partenza.

Conoscere eventuali limitazioni o problematiche


Bisogna conoscere la storia del corpo di una persona. Sapere se una persona soffre di
dolori al rachide ed il perché, se ha avuto traumi di rilievo nella sua vita, se ha dei problemi
articolari o se prende dei farmaci che possono limitare il suo impegno fisico è
indispensabile per poterlo far stare meglio.

Comunicare con il medico


Nel caso di situazioni delicate è importante che il tecnico comunichi con il medico
(cardiologo, ortopedico, diabetologo..) del soggetto per avere importanti informazioni su
intensità dell’attività aerobica, durata della seduta di allenamento, gruppi muscolari da
escludere o privilegiare per programmi di forza, resistenza o flessibilità.

Preferenze del soggetto


Visto che il fine comune è il raggiungimento di un risultato e vista l’alta percentuale di
abbandono (turnover) che caratterizza realtà come le palestre o i club, dovremo anche
tenere conto del fatto che una persona, nell’unica ora libera della sua giornata, dovrà fare
qualcosa che, oltre a fargli bene, dovrà anche piacergli.

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CARATTERISTICHE DEI PRINCIPALI ATTREZZI CARDIOVASCOLARI

La scelta dell’attività da inserire in un programma di allenamento dovrà tenere conto delle


indicazioni sotto riportate ma,come detto, anche delle preferenze del soggetto. Le attività
aerobiche si possono classificare a seconda del loro impatto nel seguente modo.

Nessun impatto nuoto, vogatore, bike recline, ergometro a movimento ellittico,


armoergometro. Queste sono indicate nel caso di problemi
articolari, algie vertebrali, obesità o persone molto decondizionate.

Basso impatto camminata, vogatore, bike normale. Sono indicati per individui in
soprappeso o ad un basso livello di allenamento.

Alto impatto corsa. Rappresenta l’attività più conosciuta. Potendo svolgerla a varie
intensità và bene dal praticante di fitness all’atleta.

Tappeto
Rappresenta in assoluto l’ergometro più conosciuto ed utilizzato. Grazie alla possibilità di
modulare la velocità e la pendenza può essere utilizzato da una larga fascia di utenza. I
modelli migliori sono dotati di un sistema di ammortizzamento che dovrebbe sgravare
leggermente il carico articolare nella corsa. Anche se semplice ed intuitivo mantiene
sempre un minimo di pericolosità, occorre quindi prestare attenzione alle persone che non
lo hanno mai utilizzato per evitare pericolose cadute.

Bike
Ottima alternativa per chi ha problematiche di vario genere, nelle persone decondizionate
può però portare ad un precoce affaticamento muscolare (ovvero un maggiore carico a
livello periferico). In questi casi è possibile scegliere di privilegiare il tempo a scapito
dell’intensità. Nella sua variante recline permette un lavoro ugualmente efficace
mantenendo il rachide in una posizione più fisiologica.

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Step
Si tratta di un attrezzo abbastanza faticoso. A seconda dell’ampiezza del passo e se si
lavora con le mani in appoggio o meno e naturalmente del livello di difficoltà cambia
l’intensità del lavoro passando ad essere da molto blanda ed estremamente faticosa.

Armoergometro
Attrezzo poco usato ma molto valido per chi vuole utilizzare gli arti superiori ed i muscoli
del tronco. Permette di lavorare con efficacia sia la catena di trazione che quella di spinta
mantenendo comunque un alto consumo di ossigeno (in esercizi submassimali il consumo
di ossigeno è superiore utilizzando le braccia rispetto alle gambe). Importante insegnare
alle persone ad utilizzarlo sia spingendo che tirando alternatamene le impugnature con le
braccia.

Vogatore
Il vogatore è l’attrezzo “da palestra” che mette in moto il maggior numero di gruppi
muscolari. Lavorano efficacemente le gambe, la parte bassa ed alta della schiena, e le
braccia (catena cinetica di trazione). Il movimento della vogata da cui deriva andrebbe
scomposto in due parti; prima la spinta delle gambe poi, consecutivamente, la trazione
delle braccia. Se si desidera abbassare leggermente il carico a livello lombare i due
movimenti possono essere eseguiti contemporaneamente.

Ergometro a movimento ellittico


Attrezzo caratterizzato da un movimento simile a quello dello sci di fondo tradizionale,
coinvolge tutto l’arto inferiore e parte del tronco. La sua particolarità è di non avere una
fase di impatto che aumenterebbe il carico articolare, pur lavorando in ortostasi con la
possibilità di allenamenti cardiovascolari anche molto intensi.

Wave
Si tratta di un attrezzo rivoluzionario di recente invenzione. Il movimento può essere
paragonato a quello di un pattinatore e coinvolge i tre piani di movimento. Il wave può
essere usato con o senza mani in appoggio e in postura eretta o in mezza accosciata. Le
sue caratteristiche rendono il movimento abbastanza impegnativo soprattutto a carico dei
fattori periferici, necessita quindi di un minimo condizionamento di base per essere
utilizzato per un tempo sufficiente.

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FITNESS SU BASE MUSICALE

Se vogliamo definire il Fitness come un insieme diversificato di discipline ed attività il cui


fine è semplicemente la ricerca di uno stato di salute ed equilibrio psico-fisico, non
possiamo omettere di classificare tra le attività aerobiche-anaerobiche anche quelle su
base musicale.
Infatti un grande spazio all’interno di questo mondo viene ricoperto dagli utenti che si
dedicano a questo tipo di attività.
Negli anni anche l’offerta dei fitness club è molto migliorata, sia qualitativamente, che
quantitativamente diversificando al massimo (a volte anche troppo) il loro prodotto.
Distinguiamo ora, per semplicità, in tre principali categorie le attività più praticate: attività di
tonificazione, attività cardiovascolari, ed attività a basso impatto.

Di seguito, per maggiore chiarezza troviamo un elenco che riporta le loro principali
caratteristiche.

Attività di tonificazione
Queste attività mirano a migliorare soprattutto la forza resistente, portando
conseguentemente ad un aumento del tono muscolare. Le lezioni possono essere anche
solo da 30 minuti (ma possono anche arrivare a 60) a seconda di quanti gruppi muscolari
si devono far lavorare.

Tone up
Attività relativamente blanda di tonificazione che si avvale dell’utilizzo di manubri da 1, 2 o
3 kg e di Body Bar (dei bilancieri a carico fisso) che possono arrivare al peso di 7kg. Il
lavoro prevede l’utilizzo alternato di tutti i muscoli del corpo. Dati i carichi si tratta di
un’attività maggiormente apprezzata dal pubblico femminile.

Pump
Simile al Tone Up ne differisce per i carichi che possono essere più modulati (e
generalmente più alti) grazie all’utilizzo di bilancieri e dischi che rendono il carico variabile.
Attività muscolarmente più impegnativa e quindi maggiormente utilizzata dal pubblico
maschile. La musica qui scandisce non solo il tempo ma anche le sequenza preordinata
degli esercizi (si dice quindi precoreografata).

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La lezione prevede di allenare tutti i principali distretti del corpo, con esercizi
prevalentemente fondamentali, dedicando circa 8 minuti a gruppo. Gli esercizi derivano
da quelli utilizzati per l’attività con sovraccarichi.

G.A.G.
Acronimo di Gambe Addominali e Glutei. Non è altro che una lezione, generalmente più
breve delle altre, che mira alla tonificazione specifica di questi tre distretti del corpo con
esercizi impiedi e a terra e l’ausilio di manubri da 1, 2 e 3 kg.

U.B.S.
Acronimo di Upper Body System è la versione per la parte alta del corpo. Mentre il GAG è
una lezione apprezzata principalmente da un pubblico femminile, questa si rivolge
principalmente a quello maschile.

Attività aerobiche
Le lezioni sono caratterizzate in genere da un lavoro cardiovascolare continuo che,
comprendendo anche riscaldamento e defaticamento, può arrivare a durare 60 minuti.

Step
È una delle attività più conosciute e praticate nel fitness musicale con una grande
componente cardiovascolare e coordinativa. La lezione si basa sull’insegnamento di una
coreografia, più o meno difficile a seconda del livello della classe (livello base o avanzato)
scomponendola in “blocchi” che poi vanno riuniti per un’esecuzione completa. Una
coreografia necessita di circa 20 minuti, quindi, nella lezione difficilmente si riesce a farne
più di due. L’altezza dello step può essere variata a seconda del grado di allenamento
individuale.
Delle evoluzioni di questa disciplina sono rappresentate dall’utilizzo di diversi attrezzi
come lo spring, uno step montato su molle che abbassano il carico articolare, ed il bosu,
una mezza fit ball che oltre ad abbassare ulteriormente l’impatto, vista l’instabilità che lo
caratterizza, stimola positivamente la funzione propriocettiva.

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Shoot boxe
Lo shoot boxe può essere fatta con l’ausilio del sacco (che si và a colpire dosando la forza
per non subire traumi articolari) o “in ombra” portando i colpi a vuoto (evitando di arrivare
con i colpi a fondo corsa). Possiede anche qualità anaerobiche (a seconda della
progressione della lezione e dell’utilizzo o meno del sacco) che gli danno anche una
valenza per la tonificazione muscolare. La tecnica dei colpi deriva da quelli della boxe e
della kick boxe senza essere però finalizzati al combattimento. Quando si utilizza il sacco
si è soliti lavorare in due o al limite in tre.
Per le sua caratteristiche (calci, pugni, colpi al sacco) può essere pericoloso, soprattutto
se si pratica in una sala troppo affollata o se non si controlla la forza dei colpi al sacco.

Spinning
Nato negli Stati Uniti come la maggior parte di questi moduli questa attività aerobica, a
seconda di come viene insegnata può molto facilmente portare a lavorare al di sopra della
soglia anaerobica.
Il ciclismo stazionario prevede l’utilizzo di speciali cyclette (o bike) dotate di volano in
presa continua (elemento che le rende potenzialmente pericolose) la cui resistenza può
essere modulata da una semplice manovella posta sul telaio.
L’istruttore guida gli allievi attraverso una progressione che può essere incentrata sul
fondo, sulla salita, sul lavoro di forza o di velocità.
Gli allievi hanno la possibilità di amministrare autonomamente la resistenza (quindi lo
sforzo applicato) ma non sempre l’istruttore riesce a farne comprendere bene l’uso. Si
trovano quindi persone che pedalano troppo veloce rispetto la base musicale (troppa poca
resistenza) o troppo lento faticando molto (troppa resistenza).

Attività a basso impatto


Sono attività quasi sempre meno condizionanti ma più attente alla respirazione,
all’allungamento ed al rilassamento. Si rivolgono quasi sempre ad un pubblico meno
performante ma più attento alla salute.

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Pilates
Anche se di recente diffusione è un’attività nata nella prima parte del secolo da J.H.
Pilates, poi successivamente sviluppata e migliorata. Si può utilizzare a corpo libero
(Pilates Mar Work) con esercizi in stazione eretta ed a terra e con l’ausilio di piccoli
attrezzi (elastici, cerchi, palline..) o avvalendosi di speciali attrezzi.

Data la complessità di questo metodo trovo necessario approfondirla almeno in parte


elencando alcuni elementi che la contraddistinguono.

Concentrazione: Prestare attenzione ad ogni movimento. Ogni parte del corpo ha la sua
importanza, nulla deve essere trascurato: tutto il corpo deve essere preso in
considerazione durante i movimenti. Bisogna essere consapevoli della propria postura
mantenuta durante l’esecuzione dell’esercizio.

Controllo: Attraverso la concentrazione bisogna avere il controllo di ogni movimento,


poiché muoversi senza controllo può provocare infortuni. Nulla deve essere casuale. È
necessario tenere sotto controllo non solo il movimento relativo al segmento interessato
dall’esercizio ma, contemporaneamente anche la posizione della testa, del collo, degli
superiori ed inferiori, delle mani, dei piedi, delle dita, delle spalle, della schiena, del bacino.

Baricentro (centering): Il centro della forza: l’area compresa tra la parte finale della cassa
toracica e il bacino (retti addominali, traversi e obliqui; gran dorsali, quadrati dei lombi e
glutei). Lo sviluppo di questa area mira al mantenimento di una posizione del bacino
definita neutra.

Fluidità del movimento: Nei movimenti non ci deve essere rigidità o tensione ma, armonia
e grazia. La fluidità deriva dalla forza del baricentro.
Precisione: La precisione permette una corretta sinergia tra le forze dei diversi gruppi
muscolari.

Respirazione: La respirazione è parte integrante di ogni movimento. Fondamentale.

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Stretching
Lezione basata unicamente sull’allungamento muscolare. Vista la difficoltà di insegnare ad
una classe di parecchie persone metodi avanzati di allungamento si utilizza in genere solo
lo stretching statico.

Fit ball
La Fit Ball è un attrezzo molto versatile che permette di fare esercizi molto diversificati.
Propriocettiva, stretching, tonificazione, mobilizzazione del rachide, forza funzionale sono
le tipologie di lavoro che si possono impostare, il limite quindi è rappresentato dalla
preparazione della classe e dalla bravura dell’istruttore.

Slow fit
Anch’esso molto versatile è molto apprezzato per l’allungamento muscolare ed
utilizzandolo come facilitazione per eseguire esercizi a terra.

Posturale
Si tratta di un’attività incentrata sulla salute del rachide vertebrale. A dispetto del nome
non può pretendere di sostituirsi ad un lavoro specifico sul miglioramento della postura ma
consiste in esercizi che danno comunque maggiore mobilità e flessibilità a muscoli spesso
retratti.
Si possono fare anche posture statiche (ad esempio la posizione del “candeliere”) e un
lavoro di rinforzo dei paravertebrali ed addominali. L’unico limite si ha quando ci sono
persone con specifiche patologie per le quali alcuni esercizi possono risultare addirittura
dannosi. Risulta fondamentale che il tecnico si informi all’inizio della lezione sui suoi allievi
per potergli eventualmente sconsigliare i movimenti che potrebbero risultare dannosi.

Yoga
Insegnato nei fitness club, anche conosciuto come “power yoga” raramente ha qualche
attinenza con la disciplina dal quale prende il nome.
Tutti gli aspetti meditativi ed interiori sono infatti esclusi. Anche il lavoro sulla respirazione,
anche se in parte fatto è molto meno accurato. Rimane il lavoro più fisico, generalmente a
bassa intensità ma che in realtà può essere anche estremamente duro, che migliora
principalmente la forza isometrica (soprattutto della cintura addominale) e la flessibilità
generale.

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IL LAVORO DI FORZA

Lo sviluppo della forza muscolare effettuato tramite specifici esercizi, con o senza l’ausilio
di attrezzi, riveste una grande importanza nell’allenamento di un individuo che ricerca un
miglioramento complessivo della sua funzionalità.
Il principale modo in cui si estrinseca il lavoro di forza e tramite l’allenamento con i
sovraccarichi. Questi possono essere di varia intensità (espressa generalmente in % di
carico o numero di ripetizioni) e programmati utilizzando differenti metodologie. Nelle
prossime pagine vedremo alcuni elementi che caratterizzano questo tipo di lavoro.
Tuttavia non è detto che sia indispensabile la presenza di un sovraccarico esterno per
sviluppare la forza di un individuo, può infatti essere sufficiente anche il “solo” peso del
suo corpo.
Applicando una progressione didattica al lavoro di forza a corpo libero si potrà poi allenare
la cosiddetta forza funzionale.
Questa si propone di ricreare in allenamento i gesti principalmente eseguiti nella vita di
tutti i giorni, opportunamente modificati e complicati grazie a strumenti che vanno a creare
un’instabilità (tavola di Freeman, palline, fit ball..) che il soggetto deve imparare a gestire
durante l’esecuzione del lavoro di forza stesso.
In questo tipo di lavoro raramente si utilizza un sovraccarico in quanto il mezzo che crea
instabilità può arrivare a complicare notevolmente l’esecuzione dell’esercizio.
Parlare del lavoro di forza mette in campo una complessa serie di variabili di cui il tecnico
deve tenere conto per realizzare un corretto programma di allenamento. Di seguito
vedremo le principali.

Benefici del lavoro di forza


Sviluppare la forza significa provocare una serie di importanti adattamenti. Nell’elenco di
seguito vediamo i principali.

Aumento della funzionalità generale


Una maggiore capacità di forza ci mette in condizione di eseguire qualsiasi movimento
quotidiano con più sicurezza e con meno fatica, riuscendo anche ad educare il soggetto a
fare movimenti fisiologicamente più corretti, diminuendo di conseguenza possibili infortuni.

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Aumento metabolismo
Un allenamento di forza per un soggetto che possiede già un minimo di adattamento ai
sovraccarichi può essere molto intenso e l’accelerazione metabolica che ne consegue non
si limita al solo tempo della seduta di allenamento ma dura anche diverse ore dalla fine
dello stesso.

Rinforzo struttura muscolo tendinea e ossea


Il lavoro con i sovraccarichi porta ad un adattamento funzionale che non riguarda la sola
struttura muscolare. La struttura tendinea ed ossea vengono, anche se con tempi più
lunghi, positivamente influenzate predisponendosi a sopportare maggiori carichi
meccanici.

Riduzione squilibri di Forza


Con un allenamento correttamente programmato si possono compensare eventuali gap di
forza a carico degli stessi muscoli tra lato destro e sinistro o a carico di agonisti ed
antagonisti.

Alcune parole importanti


Carico
Con questo termine si fa riferimento alla misura quantitativa del lavoro svolto. In genere si
differenzia in carico esterno, ovvero la quantità di lavoro effettuata, carico interno, cioè
l’effetto che questo ha sull’organismo e carico psicologico, come questo viene vissuto
dall’atleta.

Volume
Il volume è la quantità di lavoro svolto e si esprime in serie e ripetizioni. Quando ci si
allena seguendo una scheda che dà al volume la maggiore importanza si dice “lavoro
estensivo” (o quantitativo).

Intensità
Questa esprime la relazione tra carico utilizzato ed il massimo carico (1 RM) espresso in
percentuale. Quando l’intensità diventa l’obbiettivo (e quindi il volume o quantità saranno
più bassi) si dice che si svolge un “lavoro intensivo”.

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Densità
Per densità si intende il rapporto tra il tempo di lavoro ed il tempo di recupero all’interno
della seduta di allenamento. Si tratta di un parametro poco utilizzato ma che è bene
considerare quando si crea un programma di allenamento specifico.

Massimale o 1 RM
Ovvero una singola ripetizione neuromuscolare effettuata con il massimo carico assoluto
gestibile da un atleta senza aiuti esterni e nel rispetto della tecnica esecutiva.

Esaurimento e Affaticamento
Un lavoro portato ad esaurimento è un lavoro che è stato protratto al limite delle possibilità
muscolari di un atleta quindi senza che riesca più ad effettuare più nessuna ripetizione
autonoma. Questo tipo di lavoro denota un’alta intensità che un sedentario può
raggiungere solo dopo un precedente condizionamento.
Un lavoro ad affaticamento è un lavoro che non viene portato al limite sopra descritto
permettendo di arrivare all’ultima ripetizione e finire la serie, con un margine di sicurezza
di 2 o 3 ripetizioni. Questo tipo di lavoro si presta bene per persone sedentarie che si
vogliono rimettere in forma prima di passare al lavoro ad esaurimento.

Recupero
Si intende il recupero tra le serie in un allenamento. Questo a seconda della sua durata
indirizza il lavoro, insieme ad altri fattori, verso lo sviluppo della qualità che si ricerca.
Questo può essere:
Recupero incompleto > 1’ - 1.30’’
Recupero intermedio 1.30’’ e 2.30’’
Recupero completo 3’ - 7’

I principi dell’allenamento della forza

Specificità
Si verificano gli adattamenti funzionali e metabolici sul gesto specifico praticato in
allenamento, sulle fibre reclutate e sulla velocità di esecuzione del gesto. Data questa

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caratteristica viene ad essere evidente la necessità di allenare principalmente i muscoli
che si utilizzano nella vita quotidiana o nello sport che si pratica, nel modo più simile
possibile al movimento da ricreare.

Reversibilità
Secondo questo principio i benefici degli allenamenti sono transitori e reversibili. Quindi
ogni adattamento portato dall’allenamento e destinato a svanire se lo stimolo allenante
che lo ha indotto viene a cessare. Nell’allenamento aerobico per esempio si stima che
dopo 20 giorni di sedentarietà si perda circa il 25% del VO2 max e circa il 20% di densità
della rete capillare.

Sovraccarico
Per stimolare un adattamento si deve raggiungere una determinata percentuale di carico.
Un allenamento fatto al 30% non riuscirà a stimolare i processi biologici che portano a
migliorare la performance. Il carico che si alza non và quindi visto come un fine ma come
un mezzo per raggiungere un obbiettivo e dovrà essere attentamente valutato dal tecnico.

Periodizzazione
La programmazione dell’allenamento deve seguire un criterio di periodizzazione a breve,
medio o lungo termine. Il tecnico dovrà programmare e periodizzare correttamente gli
allenamenti a seconda dell’obbiettivo tenendo conto degli effetti positivi della
supercompensazione per stabilire con che cadenza ripetere gli allenamenti, ed
eventualmente di quelli negativi del sovrallenamento per modificare la programmazione.

Progressione del carico


Il carico deve essere gestito dal tecnico a seconda, non solo degli obbiettivi ma anche del
grado di allenamento del soggetto. Gli incrementi, necessari per portare un adattamento,
se mal programmati possono portare a stati di eccessivo affaticamento, sovrallenamento
o addirittura infortuni.

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Linee guida per l’allenamento della forza

Frequenza 2/3 volte alla settimana - 24/48 h di recupero tra le sedute


Esercizi minimo uno per i principali gruppi muscolari
Sequenza dai gruppi grandi ai piccoli
Velocità bassa (2’’ concentrico, 4’’ eccentrico)
Recuperi incompleto, intermedio, completo
ROM sempre completo (salvo limitazioni funzionali)
Serie e ripetizioni in relazione a qualità ricercata e preparazione del soggetto
Carico percentualizzato sul 1 RM a seconda dell’obbiettivo
Progressione A.A. - I. - F.M.

Gli adattamenti dell’allenamento della forza

Ipertrofia
Si tratta di uno degli adattamenti più appariscenti dell’allenamento con i sovraccarichi.
Questo consiste nell’aumento del diametro trasverso del muscolo e può essere ricercato
con determinate metodologie di allenamento per enfatizzarlo al massimo.
Alcuni autori sostengono che, nonostante il numero delle fibre e la loro qualità siano
geneticamente prestabiliti, con allenamenti di forza effettuati con carichi pesanti si abbia
anche un aumento del numero delle fibre stesse. Questo fenomeno ancora controverso
prende il nome di Iperplasia.
L’ipertrofia può essere di breve termine o cronica.
L’ipertrofia a breve termine si manifesta come un gonfiore e si verifica solo per poche ore
come conseguenza di un allenamento. Questa è dovuta in parte ad un aumento della
vascolarizzazione del muscolo allenato e soprattutto da una maggiore concentrazione di
acqua all’interno del muscolo.
L’ipertrofia cronica si verifica a livello strutturale con un aumento delle dimensioni o della
quantità (iperplasia) delle fibre muscolari. Gli effetti di questa sono più duraturi di quella a
breve termine ma, al cessare degli stimoli allenanti tendono a svanire (principio della
reversibilità)

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L’adattamento anatomico
Molto importante per un efficace e sicuro allenamento della forza risulta essere
l’adattamento della struttura tendinea. Al contrario della struttura muscolare la parte
tendinea, che comunque subisce sollecitazioni gravose durante l’allenamento, ha dei
tempi di adattamento più lunghi. Ne consegue che per lavorare in sicurezza, la forza
generata da un muscolo non debba mai superare il grado di adattamento dei tendini.

L’adattamento del sistema nervoso


La forza espressa da un muscolo dipende anche dal numero di unità motorie stimolate e
da quante invece restano a riposo. L’aumento della forza è dovuto anche all’aumento del
reclutamento delle unità motorie e al miglioramento della loro sincronizzazione. Questo
risulta particolarmente evidente in individui decondizionati che iniziano ad allenarsi con i
sovraccarichi. Spesso nelle prime 2 o 3 settimane si notano consistenti progressi nei
carichi, questi sono dovuti proprio al miglioramento di reclutamento e sincronizzazione.
Queste due qualità miglioreranno ancora notevolmente con l’avvicinarsi dei carichi all’ 1
RM.

Adattamenti in funzione del movimento


Generalmente si può dire che un muscolo deve essere allenato avendo cura di sfruttare in
pieno la sua naturale possibilità di movimento. Il range of motion (ROM) può però
influenzare drasticamente sia lo sviluppo della forza (essendo questo angolo dipendente),
sia la lunghezza del muscolo a riposo.
Di seguito abbiamo le differenti tipologie di lavoro che possiamo adottare. Ognuna di
queste ha importanti effetti sulla lunghezza del muscolo e sulla sua parte tendinea che non
possiamo trascurare ma anzi possiamo utilizzare come strumento per migliorare la statica
di un individuo, a seguito di un esame posturale più accurato svolto da uno specialista.

Accorciamento completo allungamento completo


Rappresenta il normale e più fisiologico modo di effettuare un movimento ripetuto.
A riposo non si verifica nessun cambiamento della lunghezza del muscolo.

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Accorciamento parziale allungamento completo
Il lavoro viene effettuato in modo incompleto nella sua parte concentrica ed in modo
completo nella sua parte eccentrica. In questo modo il muscolo a riposo risulterà essere
leggermente allungato.

Accorciamento completo allungamento parziale


Il lavoro viene svolto in modo completo nella sua parte concentrica ed incompleta nella
sua parte eccentrica. L’effetto che si avrà sarà l’opposto del precedente. Il muscolo ed il
suo tendine risulteranno essere più corti rispetto alle loro precedenti condizioni.

Accorciamento parziale allungamento parziale


Il movimento non viene portato a termine sia nella parte eccentrica che nella parte
concentrica. Questo è il modo meno utile che può essere usato, il muscolo risulterà più
corto e decisamente meno flessibile.

I differenti tipi di forza


Possiamo distinguere principalmente quattro tipi di forza. A seconda della percentuale di
carico con cui si lavora e della modalità di esecuzione dell’esercizio si può indirizzare
l’allenamento verso una di queste qualità.

Forza massima
Si tratta di un lavoro caratterizzato da un’alta percentuale di carico e da recuperi altrettanto
elevati. Data l’alta percentuale di carico la velocità di esecuzione non potrà che essere
bassa. Il fine che si pone e l’aumento del massimale neuromuscolare.

Forza esplosiva
Sviluppa una buona capacità di forza con una esecuzione generalmente concentrica
esplosiva ed eccentrica più controllata. Il carico che si riesce ad utilizzare nel lavoro
esplosivo è compreso tra il 65 e l’80% di 1 RM. I recuperi sono sempre completi.

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Forza veloce
Il lavoro viene indirizzato sullo sviluppo della massima velocità. I carichi dovranno
necessariamente essere bassi, quindi, difficilmente si verificherà un aumento del
massimale. Il recupero è sempre completo.

Resistenza o endurance muscolare


Si riferisce alla capacità di eseguire un lavoro di forza prolungato nel tempo contrastando
gli effetti dell’affaticamento. Raramente ci si trova a dover impostare un lavoro
sull’endurance di uno specifico gruppo muscolare fatta eccezione per la preparazione
atletica di determinati sport. Trattandosi di resistenza i carichi saranno bassi ed i recuperi
sempre incompleti.
A seconda della sua durata e della percentuale di carico utilizzata può essere:
di breve durata 15-30 ripetizioni (60-70% di 1 RM)
di media durata 30-60 ripetizioni (45-60% i 1 RM)
di lunga durata 100-150 ripetizioni (30-40% di 1 RM)

La percentuale di carico ci indica anche il tipo di fibre che stiamo coinvolgendo.

Relazione tra percentuale di carico e qualità allenata

% 1 RM N° rip. N° serie velocità recupero specifici tà


Forza
85-100% 1-5 3-5 Lenta 4’-5’
Massima
70-85% 6-12 3-5 Lenta 1’.30’’ Ipertrofia
Forza
65-80% 3-6 4-6 Esplosiva 3’-5’
Esplosiva
50-60% 8-10 4-5 Veloce 3’-4’ Forza Veloce
Forza
40-60% 15-20 4-6 Lenta <1’
Resistente
30% 20-30 3-4 Lenta <1’ Endurance

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LA VALUTAZIONE DELLA FORZA

Come visto precedentemente nel capitolo relativo alla valutazione della massima capacità
aerobica anche la valutazione della forza deve rispettare le caratteristiche di un test e può
essere effettuata in forma diretta, indiretta, massimale o submassimale.
Abbiamo poi la possibilità di valutare sia la forza massima che l’endurance di un
determinato gruppo muscolare.
Ogni test descritto di seguito dovrà essere preceduto da un adeguato riscaldamento
generale e specifico dei gruppi muscolari oggetto del test. Durante il test si dovrà avere la
massima cura nella tecnica di esecuzione. La velocità dovrà essere lineare e costante, la
respirazione possibilmente priva di fasi di apnea (manovra di Valsalva) che varierebbero il
risultato, ed il ROM sempre completo. Alla fine del test è consigliato un defaticamento con
un leggero allungamento dei muscoli interessati.

Metodo diretto massimale


Applicando il protocollo che segue ci proponiamo di portare il soggetto a raggiungere il suo
massimale tramite una serie di tentativi pratici con carichi progressivi. Questo test è adatto
solo a persone che possiedono gli adattamenti muscolo tendinei richiesti per il lavoro sulla
forza massima e conoscono bene la tecnica esecutiva degli esercizi oggetto del test.
Rappresentando un lavoro molto impegnativo risulta essere indispensabile almeno un
assistente, si consiglia inoltre l’esecuzione di esercizi a catena cinetica chiusa.

1° serie 10-12 ripe 40% del max teorico


2° serie 5-6 ripe 60-65% del max teorico
3° serie 2-3 ripe 80% del max teorico
4° serie 1 ripe 90% del max teorico
Successive: 1 ripe carico a salire

Il recupero tra le serie deve sempre essere completo per non portare il soggetto ad un
precoce affaticamento che invaliderebbe il test. Il lavoro non deve essere mai portato ad
esaurimento, fatta eccezione, naturalmente, dell’ultimo incremento di carico che il soggetto
riesce ad alzare in autonomia.

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Metodo indiretto submassimale
Conosciuto anche come test delle massime ripetute, si tratta di un metodo che, essendo
indiretto, presta il fianco ad una percentuale di errore. Questo ricerca il carico massimale
tramite un carico submassimale con un lavoro portato ad esaurimento. Risulta molto utile
per stimare il massimale in persone che non hanno ancora gli adattamenti necessari per
eseguire il test massimale diretto ma comunque possono raggiungere in sicurezza il
completo esaurimento in una serie (pur essendo submassimale è comunque un lavoro di
una certa intensità).
Effettuato il riscaldamento si richiede al soggetto di eseguire il massimo numero di
ripetizioni con un carico precedentemente stabilito dal tecnico. Maggiore sarà il numero di
ripetizioni eseguito, maggiore sarà la percentuale di errore della formula. Si consiglia
pertanto di impostare un carico che permetta di eseguire, se il soggetto è sufficientemente
condizionato, tra 8 e massimo 15 ripetizioni.

Formula di Brzycki
1RM = carico / 1.0278 – (0.0278 x ripetizioni)

Esempio: eseguo 10 ripetizioni con 30 kg di carico (comprendendo eventualmente anche il


peso del bilanciere)

1 RM = 30/ 1.0278 – (0.0278 x 10) = 40 kg

Metodo diretto submassimale


Con questo metodo abbiamo la possibilità di valutare l’endurance di uno specifico distretto
muscolare. Il test si deve eseguire con un carico pari al 50% di 1 RM e ci dà la possibilità
di valutare il risultato a seconda del numero di ripetizioni effettuato con la seguente tabella.

Ripetizioni Giudizio
>30 Eccellente
25-30 Buono
21-24 Medio
17-20 Sufficiente
<17 Insufficiente

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PROGRESSIONE E PERIODIZZAZZIONE DELL’ALLENAMENTO DI FORZA

Possiamo distinguere principalmente tre fasi che il tecnico deve utilizzare quando si trova
ad iniziare una programmazione, sia questa sportiva o di fitness, con una persona che non
si allena da tempo. La periodizzazione degli stimoli allenanti consiste nella ricerca del
miglior rendimento di un soggetto sottoponendolo a carichi dosati con incrementi ciclici,
alternati a periodi di minor impegno muscolare definiti di scarico.
Il meccanismo fisiologico che permette il raggiungimento di nuovi livelli di performance o
semplicemente di una migliore funzionalità generale prende il nome di
supercompensazione. Questa consiste in una reazione che l’organismo mette in atto a
seguito di uno stimolo allenante (sforzo) che ha come effetto quello di predisporre
l’organismo stesso ad affrontare un analogo sforzo con una maggiore economia
energetica od una maggiore resa prestativa.
La supercompensazione deve essere ricercata costruendo efficaci programmi di
allenamento (stimoli allenanti) e la periodizzazione permette di ripetere gli stimoli allenanti
con la giusta cadenza proprio nel momento in cui questa è al suo apice per migliorare
nuovamente la performance.

Fase 1 -Adattamento Anatomico-


Lo scopo di questa fase è di adattare progressivamente i muscoli e soprattutto i tendini
agli sforzi crescenti cui porta l’allenamento con i sovraccarichi. Il carico deve partire da
una percentuale bassa per poter poi essere implementato nelle successive fasi. Gli
aggiustamenti del carico in questa fase non devono portare il soggetto ad intensità
superiori a quelle riportate sotto.

Durata
Per atleti non è necessario prolungare questa fase oltre le 3 settimane. Persone
completamente sedentarie possono necessitare anche di un periodo di 8 settimane.

Serie e ripetizioni
Si dovranno eseguire 3-4 serie da 15 ripetizioni per l’uomo e 20 per la donna
considerando un solo esercizio per gruppo muscolare. Si dovrà prediligere il lavoro ad

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affaticamento mantenendo i recuperi incompleti. La frequenza settimanale di allenamento
con i sovraccarichi dovrebbe essere di 2-3 sedute.

Metodo
Un metodo che si presta molto bene è il Circuit Training. Questo risulta essere dinamico e
poco noioso, portando ad uno sviluppo anche dei fattori centrali e somministrando uno
stimolo allenante con un’intensità relativamente blanda.

Obbiettivi
Questa fase si pone come obbiettivo di iniziare un adattamento muscolo tendineo
migliorando la forza resistente (utilizzo fibre 1 e 2A). Miglioreremo anche la
vascolarizzazione e le capacita coordinative del soggetto.

Fase 2 –Ipertrofia-
In questa fase si verifica un aumento del carico che porterà ad allenamenti più intensi ed a
migliori risultati anche sotto il profilo estetico. Lo sviluppo dell’ipertrofia viene visto come
un anello che congiunge la fase 1 alla fase 3 di sviluppo della forza massima.

Durata
La durata di questa fase dovrebbe essere di 4-8 settimane.

Serie e ripetizioni
Si dovranno eseguire 3-4 serie da 6-12 ripetizioni per due esercizi per gruppo muscolare
(preferibilmente uno fondamentale ed uno di complementare). Il lavoro dovrà essere
portato ad esaurimento, i recuperi dovranno essere incompleti o intermedi. La frequenza
settimanale dovrà prevedere 2-4 sedute di allenamento con i sovraccarichi.

Metodo
In questa fase non si consiglia l’uso di metodi particolari quali quelli di intensificazione
dell’allenamento. Dato l’aumento sia del volume che dell’intensità si crea quasi sempre la
necessità di frazionare la scheda (split routine).

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Obbiettivi
L’aumento dell’ipertrofia continua il processo di adattamento di muscoli e tendini. Inoltre
porta ad un miglioramento metabolico con un leggero aumento del metabolismo basale. In
questo periodo utilizzo fibre di tipo 1 - 2A ed in parte le 2B.

Fase 3 -Forza Massima-


La fase di sviluppo della forza proietta il soggetto verso un tipo di lavoro decisamente
diverso dai precedenti. La forza si sviluppa solo creando nel muscolo una tensione
massima o più possibile vicina al massimo. Per questo motivo i carichi subiranno un
ulteriore deciso incremento. Prima di iniziare questa fase risulta utile il calcolo del
massimale diretto dei principali gruppi muscolari.

Durata
La durata di questa fase dovrebbe essere di 4-8 settimane.
Serie e ripetizioni
Si dovranno eseguire 3-4 serie da 1-5 ripetizioni per due esercizi per gruppo muscolare (in
questa fase si consigliano esercizi fondamentali). I recuperi dovranno essere sempre
completi. La frequenza settimanale dovrà prevedere 2-4 sedute di allenamento con i
sovraccarichi.

Metodo
Anche in questa fase si sconsigliano metodi di intensificazione. Il nuovo aumento
dell’intensità rende obbligatorio il frazionamento della scheda.

Obbiettivi
La fase di sviluppo della forza massima rappresenta un primo punto di arrivo nella
programmazione. Da qui in avanti la direzione che prenderanno i successivi programmi di
allenamento sarà dettata dagli obbiettivi specifici dell’atleta o del praticante fitness. Finita
questa fase (avendo quindi un buon adattamento muscolo tendineo) potremo iniziare
l’utilizzo dei programmi di intensificazione dell’allenamento. In questo periodo utilizzo fibre
di tipo 1, 2A e 2B migliorando in modo consistente l’attivazione neuromuscolare.

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La tabella di seguito indica il rapporto tra percentuale di carico e numero di ripetizioni
secondo quattro diversi autori. In genere per soggetti con un basso grado di
specializzazione del gesto sportivo si utilizzano Sinclair e Poliquin.

% Sinclair Hatfield Poliquin Bompa


100 1 1 1 1
95 2-1 2-3 2 2-3
90 3-2 5 3 4
85 5-4 6-7 5 6
80 7-6 10 7 8-10
75 9-8 12-13 10 10-12
70 11-10 15 12 15
65 14-12 16-17 16 20-25
60 16-15 20 20 25
55 20-17 26-27 26 30
50 25-21 30 33 40-50
45-40 >30 40 41 80-100

“Warm up” e “cool down”


Sono due fasi che devono inderogabilmente comporre ogni seduta di allenamento. Anche
se non possiedono un ruolo chiave nell’allenamento la loro importanza si rivela tutt’altro
che secondaria.

Riscaldamento
Lo scopo del riscaldamento è mettere in condizione un soggetto di sottoporsi in sicurezza
e con la massima resa all’allenamento che seguirà. Il riscaldamento aumenta la
temperatura corporea e stimola l’attività del Sistema Nervoso Centrale migliorando le
reazioni motorie e la coordinazione. L’aumento della temperatura riguarda tutto il corpo
compresi muscoli, tendini, legamenti ed articolazioni.

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Possiamo dividere il riscaldamento in due fasi:
Il riscaldamento generale (10-20 minuti) che consiste in un’attività aerobica leggera per
aumentare la circolazione del sangue ed attivare i fattori centrali. Questo riscaldamento
riguarda anche la struttura muscolo-tendinea e capsulo-legamentosa.
Il riscaldamento specifico (3-5 minuti) consiste nell’eseguire un paio di serie con carichi
leggeri intervallate da un leggero stretching per preparare al meglio i distretti muscolari al
successivo lavoro allenante.

Defaticamento o raffreddamento
Questo agisce in maniera opposta al riscaldamento aiutando l’organismo a tornare dallo
stato di allenamento a quello biologico normale. Alla fine dell’allenamento probabilmente
sono ancora da smaltire accumuli di acido lattico ed i muscoli affaticati appaiono più tesi e
rigidi. Un buon defaticamento aiuta il recupero dalla fatica e lo smaltimento dell’acido
lattico, migliorando anche la flessibilità dei muscoli interessati. Il defaticamento può durare
10-20 minuti ed essere effettuato sotto forma di una leggera attività aerobica seguita da un
blando stretching.

Tipologie di esercizi
Nella scelta della sequenza e degli esercizi da inserire in un programma di allenamento
dobbiamo considerare che ogni esercizio o macchina può essere fondamentalmente di
due differenti tipologie.

Fondamentale o di base
Conosciuti anche come “a catena cinetica chiusa”, questi esercizi sono multiarticolari,
mettono cioè in movimento durante l’esecuzione più di una articolazione.
Questi permettono un lavoro di più gruppi muscolari contenendo il carico articolare.
Mettendo in moto anche gruppi muscolari grossi avremo la possibilità di far eseguire un
numero di serie tra le 6 e le 15 (preferibilmente eseguendo due differenti esercizi per
gruppo muscolare).

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Complementari o di isolamento
Anche detti “a catena cinetica aperta” hanno la particolarità, essendo monoarticolari, di
concentrare il lavoro principalmente su un solo gruppo muscolare .Il carico articolare e
muscolare che ne consegue sarà più alto di quelli di base, quindi, sarà necessario un
minore numero di serie per effettuare un lavoro intenso. Generalmente sono sufficienti 6,
massimo 10 serie.

Abbiamo poi la possibilità di distinguere differenti tipologie di esercizi. Di seguito troviamo


un elenco dei principali che possiamo trovare a nostra disposizione come importanti
strumenti di lavoro.

Carico naturale
Fanno parte di questi tutti gli esercizi eseguiti senza un sovraccarico esterno. Il carico
viene rappresentato esclusivamente dal peso corporeo del soggetto. Il fatto che non ci sia
un sovraccarico non significa però che sia un lavoro poco intenso. Si possono invece
utilizzare strumenti quali tavolette di Freeman, palloni, fit ball o altro per creare un
elemento di instabilità che aumenta la difficoltà esecutiva stimolando positivamente anche
la propriocettiva e le capacità coordinative in genere.

Sovraccarico
Anche allenarsi utilizzando un sovraccarico non significa necessariamente fare un lavoro
ad alta intensità. La possibilità di modulare il carico infatti aiuta molto anche le persone
decondizionate che devono lavorare con intensità basse. Inoltre abbiamo la possibilità di
includere una grande serie di movimenti che non sono possibili a corpo libero.
In questa categoria emergono altre due sottocategorie:

Attrezzi isotonici
Possono essere molto differenti a seconda dell’azienda che le produce ma generalmente
sono frutto di accurati studi biomeccanici. Queste Offrono il vantaggio di essere molto
sicure impedendo in parte movimenti scorretti che si possono fare durante l’esecuzione e
ripartendo il lavoro muscolare in un modo più utile grazie all’ausilio delle camme. Il
movimento viene ad essere completamente guidato escludendo quasi completamente
l’attivazione delle capacità coordinative.

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Pesi liberi
Sono costituiti da manubri e bilancieri. In questo caso è il soggetto a muovere
autonomamente il carico nello spazio facendo un lavoro più impegnativo sotto il profilo
coordinativo ma anche più utile sotto il profilo funzionale. Alcuni di questi esercizi vanno
eseguiti con una serie di accortezze per evitare situazioni pericolose.

Attrezzi a cavo
Il carico si muove tramite carrucole che possono essere semplici o doppie. Con questi
attrezzi si possono eseguire una grande parte di esercizi nei quali, in modo simile ai pesi
liberi, il soggetto gestisce completamente la tecnica di esecuzione.

Vari
In questa categoria possiamo inserite tutti gli esercizi differenti dalle precedenti categorie.
Dagli elastici alla palla medica, passando per attrezzi come il TRX o le Kettlebell, abbiamo
un’enorme serie di strumenti da utilizzare per rendere un allenamento vario e completo.

I dolori muscolari
I dolori muscolari o DOMS possono essere interpretati dal tecnico per valutare se
l’intensità dell’allenamento cui si è sottoposto il nostro allievo era corretta o meno. Molto
semplicemente se non si lamentano minimamente dolori muscolari nei giorni successivi
una seduta di allenamento è verosimile che l’allenamento stesso sia stato svolto ad una
intensità troppo bassa. Viceversa se i dolori appaiono e non regrediscono fino a
scomparire dopo 5-7 giorni è evidente che l’intensità della seduta è stata troppo alta per le
condizioni di adattamento del nostro allievo.
Si crede che i DOMS siano effetto dell’accumulo degli ioni di calcio nella cellula muscolare
a seguito del trauma indotto con l’allenamento. Il tempo di insorgenza dei DOMS varia tra
le 24 e le 48 ore dalla fine dell’allenamento, tempo necessario a far accumulare queste
sostanze nelle cellule muscolari danneggiate.

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Di seguito alcuni consigli per il trattamento dei DOMS. Alcuni sono di nostra competenza,
altri vengono riportati solo per completezza.

 Prevenirli aumentando progressivamente il carico


 Allungamento alla fine della seduta (riportare il muscolo alla lunghezza originale
aiuta gli scambi biochimici a livello delle fibre muscolari)
 1000 mg di vitamina C al giorno
 Farmaci antinfiammatori
 Alimentazione
 Riposo
 Massaggi

Metodi di intensificazione dell'allenamento

Di seguito vediamo una rassegna dei metodi più comunemente usati per aumentare
l’intensità di una seduta di allenamento. L’utilizzo di questi metodi è riservato a persone
che possiedono tutti gli adattamenti del lavoro con i sovraccarichi e non devono essere
utilizzati per nessun motivo su persone sedentarie o decondizionate. Reputo importante
che il soggetto che si allena con questi metodi abbia anche una certa predisposizione
psicologica al lavoro ad alta intensità (motivazione, sopportazione della fatica..).

Serie regressive o stripping


Ipertrofia
Inserimento di 2 o 3 diminuzioni di peso nella serie, senza alcun recupero, una volta
raggiunta la fine delle prime ripetizioni.
 3 - 4 serie per esercizio
 2 esercizi per gruppo muscolare
 8-12 ripetizioni per serie

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Serie negative
Forza Massima
Enfatizzazione della sola fase eccentrica finalizzata ad un miglioramento della Forza
Massima limitando la fase concentrica (aiuto di un assistente) gestendo il carico in
eccentrico in percentuali del 110-120-130% di 1RM.
Questo tipo di lavoro è caratterizzato da recuperi completi, lunghi recuperi tra le sedute e
DOMS consistenti e duraturi.

Pre o post-stancaggio
Ipertrofia
Si alterna senza recupero un esercizio di isolamento ad uno di base sullo stesso gruppo
muscolare. Se lavoriamo prima in isolamento e poi di base sarà pre-stancaggio. Se
lavoriamo prima con un esercizio di base e poi di isolamento sarà post-stancaggio.
I tempi di recupero saranno intermedi o incompleti.
 3 - 4 serie per esercizio
 2 esercizi per gruppo muscolare
 8-12 ripetizioni per serie

Super serie
Ipertrofia
Si tratta di un metodo analogo ma differente dal precedente. Si eseguono
consecutivamente due esercizi senza pausa di recupero. Possono essere esercizi su
gruppi agonisti o su gruppi antagonisti. Il tempo di recupero è sempre intermedio o
incompleto.
 3 - 4 serie per esercizio
 2 esercizi per gruppo muscolare
 8-12 ripetizioni per serie

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Metodo delle contrazioni isometriche
Forza Massima
Il regime isometrico permette di sviluppare il 10-15% di forza in più. Lo sviluppo della forza
è angolo dipendente, sarà quindi necessario allenarsi su più angoli articolari per avere uno
sviluppo omogeneo lungo tutto il ROM.
Di seguito vediamo il rapporto che esiste tra l’intensità della contrazione isometrica ed il
tempo di contrazione del muscolo.

Intensità di tensione durata contrazione


100% 3-5’’
80-90% 4-6’’
60-70% 6-10’’
40-50% 15-20’’
In genere il 40-60% si utilizza per il lavoro di riabilitazione.

Metodo piramidale
Forza, Ipertrofia, resistenza
Il carico varia tra una serie e l’altra. Questo metodo permette di allenare più qualità
muscolari nella stessa seduta. Molto utile anche quando si vuole effettuare un richiamo di
una qualità allenata nella programmazione precedente.
A seconda dell’andamento del carico il piramidale può essere:
 Ascendente
 Discendente
 Ascendente-discendente
 Tronco

Serie 8-10 (con un solo esercizio)


Recuperi in funzione della qualità ricercata
La qualità ricercata deve essere allenata nelle prime serie

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Metodo bulgaro o del contrasto dei carichi
Forza Veloce
Permette una rapida trasformazione nella seduta della Forza in Forza veloce. Al termine
della serie di forza si effettua un’altra serie con un carico molto più basso ricercando la
massima velocità esecutiva. In genere si alternano carichi dal 60% della prima serie al
30% della seconda o dal 70% al 35%. Il tempo di recupero finita la seconda serie deve
essere completo.

Serie forzate
Ipertrofia
Una volta raggiunto l’esaurimento un assistente aiuta l’esecuzione concentrica per altre 2
o 3 ripetizioni che verranno gestite dal soggetto controllando la parte eccentrica.
 Recuperi intermedi
 3-4 serie per esercizio
 2 esercizi per gruppo muscolare
 8-12 ripetizioni per serie

Di seguito riporto per conoscenza altri due metodi il cui utilizzo non è sempre consigliato

Cheating
Ipertrofia
Arrivati all’esaurimento permette di proseguire una serie con altre 2-4 ripetizioni
sbagliando volontariamente la tecnica di esecuzione per coinvolgere muscoli sinergici che
“aiutano” a continuare il movimento.

Burns o mezzi colpi


Ipertrofia
Quando si è raggiunto l’esaurimento si continua il lavoro limitando il ROM a dove si
riesce ancora ad eseguire il movimento.

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LINEE GUIDA PER L’ATTIVITA’ FISICA

Di seguito vengono riportate le linee guida per la creazione di programmi di allenamento


nei principali casi che si possono presentare. L’obbiettivo di questo capitolo è semplificare
il lavoro dell’istruttore creando programmi di allenamento efficaci e sicuri.

L’attività fisica nell’obesità


Importante considerare che l’obeso dovrà dedicarsi per un primo periodo esclusivamente
ad attrezzi a nessun impatto articolare. Il suo stato di estremo soprappeso potrebbe con
ogni probabilità portarlo a problematiche articolari dovute al sovraccarico funzionale che
ne dipende. Bisogna poi tenere conto delle caratteristiche delle differenti forme di
accumulo adiposo che si possono riscontrare.
Quando ci si trova a dover allenare un obeso il lavoro di squadra con un dietologo è
quanto di meglio si possa auspicare. Se è vero che l’eccesso di grasso avviene prima per
una diminuzione della spesa calorica che per un eccesso nell’introito calorico giornaliero è
anche vero che questo tipo di soggetto ha bisogno di una regolamentazione alimentare sia
per un miglioramento della sua salute (con un cambiamento delle abitudini) che per una
maggiore efficacia dei risultati che ci si propone di raggiungere.
Determinante è la “strategia” a lungo termine che il tecnico decide di applicare soprattutto
in considerazione del fatto che, persi i primi chili con relativa facilità, si arriverà alla
cosiddetta fase di plateau, nella quale il peso tenderà a non calare più e raggiungere
ulteriori risultati sarà maggiormente difficile.

Condizionamento cardiovascolare
L’attività aerobica deve privilegiare attrezzi che coinvolgono grandi masse muscolari per
elevare il consumo calorico. Il soggetto dovrà poi essere messo in condizione di
sopportare il lavoro per un periodo sufficientemente prolungato (almeno 30-40 minuti).
Attrezzi come la bike (preferibilmente recline), l’ergometro a movimento ellittico ed il
tappeto (solo camminando) risultano essere molto adatti a questo tipo di persone.
Gli approcci possibili sono essenzialmente due. In passato si tendeva a far lavorare i
soggetti a una FC bassa per restare in zona aerobica e stimolare maggiormente la
mobilizzazione dei grassi. Più recentemente invece si è diffuso il pensiero che la prima

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cosa da ricercare nell’allenamento sia il massimo dispendio calorico per seduta,
incrementando così l’intensità di lavoro, sempre con la necessaria gradualità, in base al
grado di allenamento del soggetto e portandolo a raggiungere il massimo consumo
calorico per ogni seduta di allenamento.
La frequenza deve essere di almeno 3 volte alla settimana ed il dispendio calorico da
ricercare tra le 300 e le 500 kcal a seduta.

Condizionamento muscolare
Contrariamente a quello che si può pensare l’attività con i sovraccarichi non è secondaria
a quella aerobica. Si deve portare progressivamente il soggetto a lavorare con carichi
anche medio alti ed a sviluppare delle abilità coordinative che gli consentano l’uso non
solo delle macchine isotoniche ma anche dei pesi liberi interessando i tutti i piani di lavoro.
Una volta raggiunto il necessario condizionamento si possono utilizzare, con le dovute
cautele, anche metodi di intensificazione dell’allenamento con sovraccarichi.
La frequenza può essere limitata a 2 sedute settimanali.
I tempi di recupero dipendono dal metodo applicato ma restano tendenzialmente bassi.
Molto utili sono gli allenamenti a circuito nei quali il tempo di recupero viene ad essere
quasi annullato.

Stretching
Deve essere compreso in ogni seduta, soprattutto a carico dei gruppi muscolari che si
valutano più deficitari.

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L’attività fisica nell’anziano
Si tratta di una fascia di popolazione generalmente restia ad entrare nelle palestre. Gli
over 60 anno bisogno di un approccio completamente differente dagli altri frequentatori.
Un sessantenne può essere sedentario ed inattivo come sportivo e fisicamente più che
efficiente o ancora pensionato e solo oppure lavorare ed avere una vita sociale intensa.
In base a questo riveste una notevole importanza personalizzare non solo l’allenamento
ma anche la comunicazione.

Condizionamento cardiovascolare
Importante privilegiare l’attività a basso impatto. Può essere consigliata a seconda dei casi
anche quella ad impatto zero. In genere l’attività aerobica che meglio si presta è la
camminata, volendo con pendenza per aumentare l’intensità di lavoro. Questa è a basso
impatto ma comunque contro gravità, quindi porta ad un lavoro sicuro mantenendo anche
un buon consumo calorico orario.

Si consigliano 4-5 sedute alla settimana della durata di 20-40 minuti.


L’intensità dovrebbe restare tra il 60 ed il 75-80% della FC max, a seconda delle
caratteristiche del soggetto (consigliato il controllo della percezione dello sforzo con la
scala di Borg).

Condizionamento muscolare
Sono da privilegiare per la loro semplicità e sicurezza gli attrezzi isotonici, tuttavia si può
anche ricorrere al lavoro con i pesi liberi, a patto che ci siano sufficienti capacità
coordinative.
Importante mantenere una velocità di esecuzione piuttosto bassa, controllando in
particolar modo la fase eccentrica.
Gli esercizi a catena cinetica chiusa, essendo meno stressanti per le strutture articolari,
restano decisamente più adatti.
L’allenamento dei muscoli posturali deve avere la necessaria attenzione.
Importante eseguire gli esercizi a ROM completo per non limitare la mobilità articolare.
Molto adatto, visti i bassi carichi ed il lavoro funzionale, risulta il lavoro di propriocettiva.
I carichi restano mediamente bassi, circa al 75% di 1RM (naturalmente stimato con il
metodo delle massime ripetute), con aumenti di carico sempre molto graduali.

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I recuperi possono essere variati in funzione dell’allenamento. Molto valido il lavoro a
circuito che permette all’utente di non annoiarsi e di allenare anche i fattori centrali.
Importante evitare il lavoro in apnea per non provocare un eccessivo aumento della
pressione arteriosa (non usare carichi massimali e la manovra di Valsalva).
In genere due serie per gruppo muscolare rappresentano un volume sufficiente.
Gli allenamenti possono essere 2 o 3 alla settimana.

Importante spiegare come alzare correttamente i carichi nella vita di tutti i giorni per evitare
infortuni.

In generale possono essere utili esercizi isometrici per il pavimento pelvico per migliorare
la continenza.

Stretching
Generalmente poco sviluppate, flessibilità e mobilità articolare sono molto importanti per il
miglioramento generale. Oltre a portare evidenti miglioramenti funzionali aiutano anche
nella prevenzione di eventuali infortuni.
Possibilmente andrebbe praticato tutti i giorni.

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L’attività fisica nell’Osteoporosi
L’Osteoporosi consiste nella progressiva diminuzione della concentrazione di minerali
nelle ossa. Questo porta come conseguenza ad una maggiore fragilità delle ossa con un
aumentato rischio di fratture. L’osteoporosi è una patologia che colpisce prevalentemente
le donne dopo la menopausa ed ha come fattori facilitanti la sua insorgenza il fumo, l’alcol,
la sedentarietà ed una alimentazione povera di calcio.
Proprio questi sono i fattori su cui si deve cercare di intervenire in maniera efficace.
Prima di iniziare il programma di allenamento è consigliata una visita medica specifica e
poi necessaria una collaborazione tra medico ed istruttore.

Condizionamento cardiovascolare
L’elemento che più aiuta a rallentare il processo di osteoporosi è la forza di gravità. La
trabeccola ossea infatti si adatta al carico che le viene applicato, quindi, risulteranno
particolarmente utili tutte le attività contro gravità. Il carico della struttura ossea deve
essere ricercato senza però utilizzare sollecitazioni meccaniche troppo intense (soprattutto
su persone sedentarie) e tenendo sempre presente che i tempi di adattamento della
struttura osteo-articolare sono i più lunghi di quella muscolo-tendinea.
L’allenamento aerobico dovrà durare 20-40’, avere un’intensità del 40-60% della FC max
ed essere ripetuto 4-5 volte alla settimana.

Condizionamento muscolare
L’attività con i sovraccarichi è un ottimo strumento che abbiamo a disposizione per
rinforzare la struttura ossea.
In persone decondizionate sarà da prediligere l’utilizzo delle macchine isotoniche,
scegliendo comunque sempre preferibilmente esercizi a catena cinetica chiusa.
L’allenamento dovrà prevedere 1-2 serie da 8-12 ripetizioni ( 75% di 1RM) e dovrà essere
ripetuto 2-3 volte alla settimana.
Nella scelta degli esercizi si dovrà considerare che i punti maggiormente interessati da
fratture possono essere: il braccio a livello dell’articolazione scapolo-omerale,
l’avambraccio a livello del polso, il femore in corrispondenza dell’anca e la colonna
vertebrale.

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Stretching
Dovranno essere praticati in tutte le sedute per portare ad un aumento generale della
flessibilità e dovranno riguardare tutto il corpo.

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