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Prima edizione 1992 Ristampa luglio 2008 © 1992 Bollati Boringhieri editore s..1., Torino, corso Vittorio Emanuele 11, 86 I diritti di memorizzazione eletronica, di riproduzione e di adattamento totale o parziale con qualsiasi mezzo (compresi i microfilm ¢ le copie fotostatiche) sono riservati Le riproduzioni effettuate per finalita di carattere professionale, economico o commerciale © comunque per uso diverso da quello personale possono essere effettuate a seguito di specifica autorizzazione rilasciata da aipro, Corso di Porta Romana n. 108, Milano 20122, e-mail segreteria@ aidro.org ¢ sito web www aidroorg: Stampato in Italia dalla Litografia «ll Mettifoglio» di Venaria Reale (To) ‘HN 978-88-339-5496-7 www bollatiboringhieri, Indice Prefazione Spazi funzionali 1 Spazi metrici 2 Spazi normati 3 Funzioni continue 4 Spazi compatti 5 Il teorema di Ascoli-Arzela Serie di funzioni 1 Generalita 2 Serie di potenze 3 Il teorema di Abel 4 Serie di Fourier 5 La formula di Parseval 6 Una funzione continua che non é derivabile in nessun punto 7 Alcune serie notevoli 8 Serie trigonometriche e serie di Fourier 9 Serie di Fourier complesse 10 Esercizi vari Equazioni differenziali 1 Equazioni del primo ordine 2 Equazioni di ordine superiore 3 Sistemi di equazioni lineari 4 Il problema di Cauchy 5 Un po’ di calcolo delle variazioni 6 Esercizi vari Funzioni di pid variabili 1 Funzioni continue 2 Funzioni differenziabili 3 Derivate successive il 32 Bg 110 6 5 Misura e integrazione 1 La misura di Lebesgue 2 L’integrale di Lebesgue 3 Funzioni misurabili 4 Il teorema di Fubini 5 Cambiamento di variabili 6 Coordinate polari 7 Derivazione sotto il segno di integrale 8 Esercizi vari 6 Curve e superfici 1 Generalita 2 Lunghezza di una curva 3 Curve rettificabili 4 Superfici 5 Area di una superficie 6 Proprieta metriche delle superfici 7 0 modello di Poincaré 8 Massimi e minimi vincolati 7 Forme differenziali I Integrazione delle forme differenziali 2 Poligonali e forme esate 3 Forme esatte in domini piani 4 Ancora sugli aperti semplicemente connessi 5 Alcune applicazioni 8 Esercizi finali Risposte agli esercizi Indice 125 163 204 232 235 Prefazione Con questo secondo volume si completa il testo di Esercizi 1, da affiancare alle Lezioni di Analisi matematica. Come il primo volume, anche questo ha come referente naturale le Lezioni 1, di cui segue la scansione per capitoli, anche se pud essere utilizato indipendentemente da quest'ultimo, dato che le definizioni i principali risultati sono via via richiamati, e qualche volta estesi e generalizzati. Come il precedente, questo volume si sviluppa in due direzioni. Da una parte vengono approfonditi i concetti introdotti nelle Lezioni, e talvolta ne vengono introdotti di nuovi, in modo da completare argomenti che per mancanza di spazio non avevano potuto essere tratati in tutti i dettagli; dall’altra vengono proposti un numero considerevole di esercizi, alcuni dei quali risolti completamente, altri lasciati a chi legge. Le soluzioni di questi ultimi si potranno trovare alla fine del volume, Nonostante Vattenzione, alcune risposte potranno risultare sbagliate; me ne scuso fin d’ora con i lettori. Generalmente, gli esercizi non richiedono altre conoscenze oltre a quelle via via richiamate, e tratiate generalmente nei libri di Analisi. Possono costituire un'eccezione alcuni degli esercizi riguardanti l’integrazione, dato che non sono molti i testi che introducono Vintegrale di Lebesgue. Si trata comunque di un numero ridotto di esercizi, al pitt qualche decina Valgono anche qui le solite raccomandazioni: se non si riesce a risolvere un esercizio, specie quando é richiesta una dimostrazione, non saltare immediatamente alle risposte, ma tornarci su in seguito, per provare se Vesperienza accumulata non possa essere di qualche aiuto, Gli esercizi sono numerati separatamente per capitolo; quelli pitt diffi un asterisco. ili recano Nel testo ci sono frequenti rinvii al mio volume Analisi matematica 2, che é indicato come Lezioni, mentre i volumi Analisi matematica 1 ¢ Esercizi e com- Plementi di analisi matematica (vol. 1) sono chiamati per brevita Lezioni I e Esercizi 1 ENRICO GIUSTI Capitolo 1 Spazi funzionali 1 Spazi metrici Ricordiamo dalle Lezioni (cap. 1, § 1) che se X @ un insieme, si chiama distan- za 0 metrica in X una funzione d(x,y) definita in X x X ea valori in R, che verifica le relazioni: (d)) d(x, y) > 0; d(a,y)=0 2=y (dy) d(x, y) = dy, 2) Va, ye X (d3) d(x, y) < d(z, z) + d(z,y) Wr,y, 2 X. Se X 2 un insieme e d una metrica in X, la coppia (X,d) si dice spazio ~ metrico. Quando Ja metrica @ sottintesa senza possibilita di confusione, si parlera dello spazio metrico X. Esempio 1.1 Nell’insieme N dei numeri naturali @ una distanza la funzione Infatti le condizioni (d)) ¢ (d2) sono ovviamente verificate, mentre la (d3) discen- de immediatamente dalla relazione Poe eee ee eee eee ee eee o Spazi funzionati | Cap. 1 Esercizi Dire se le seguenti sono delle distanze in R: 3 : pose nBy : L 2, [zal + le? — yor se ry ace lesa ty ey ee =a 5. min{|x — yl, 1} 6. (1+ |eyl|x — 9}, Dire se le seguenti sono delle distanze in R? ln-m| se nity 1 8. [x1 — yi| + larctg x2 — arctg y> fr2—ae| se ism 9. |) — y1| + [sin a2 — sin yp] 10. |x, >= me?| Se (X,d) & uno spazio metrico, e F CX, si chiama diametro di F il numero diam(F) = sup{d(z,y): 2,y € F}. Esempio 1.2 Se ao € X, si chiama intorno sferico, 0 palla di centro x e raggio r > 0 Vinsieme I(ao,7) = {x € X : d(z, x9) < r}. Risulta diam(J(xo,r)) < 2r. Infatti per ogni x,y € I si ha d(x,y) < d(x, 19) + d(a,y) diam(F) esiste una palla di raggio r che contiene F Esercii 11. Trovare il diametro di N nella metrica dell'Esempio 1.1 metric 13 Calcolare il diametro dei seguenti insiemi: 12. (0,1) 13. [-1,)UQ.3) 2 ‘| : 14. {eeR:e esi} 15. {== nen} 16. Il triangolo di vertici (0,0), 1, D € 2,0) 1 {(a,y) ER: |x| +|y] < 2} 18. Limmagine f((0,¢)), dove f(z) = zInz 19. {2€ Zsa? ~ lor ~2< 0}. 20. Sia X =(0,5) ¢ diz.y)= ~ yl. Si caleoli diamU(xp.r)) per 2 €X er > 0. 24. Si dimostri che se @ una funzione di R in R, sono distanze in R le funzioni z—yl+|elz)— pal: Vir -yF + @@ - pw”. 22, Dimostrare che se diz,y) @ una distanza in X, e se y: Rt R* & una funzione strettamente crescente, con g(0)=0, e sublineare, cio’ tale che per ogni a,b >0 risulti dx,y) pla +b) < pla) + pb), allora la funzione composta pod & una distanza in X. 23, Dire per quali valori di la funzione 2% & sublineare. La nozione di spazio metrico acquista maggior interesse quando si ha a che fare con spazi funzionali, ovvero con spazi metrici i cui elementi sono delle funzioni. Un tipico esempio & lo spazio L(X,Y) delle funzioni limitate da un insieme X in uno spazio metrico Y. Se dy @ la metrica in Y, L(X,Y) & uno spazio metrico con la distanza da f.g)= up dy (f(z), g(2)). a.) zeX Se poi anche X & uno spazio metrico, si indica con C(X,¥) lo spazio delle funzioni limitate e continue da _X in Y. C(X,¥) @ uno spazio metrico, con Ja distanza d(f,g) definita sopra; risulta ovviamente C(X,Y) C L(X.Y) Nel caso in cui ¥ = R, si scrive usualmente C(X) e L(X) invece di C(X.R). L(X,R). In questo caso la metrica [1.1] diventa a f,9) = IF ~ alin =: sup fa) ~ 9(2)| reX Esempio 1.3 Siano X = 1,1], ¥ = Roe si ponga f(x) = [2] e giz) = 2’. Risulta a f.g)= sup |{z] — 1 “4 Spast funcional | Cap. 1 Per calcolare la distanza, osserviamo che la parte intera di x vale —1 se -I<2<0e0se 0< <1, mentre [1] = 1. La funzione |fx] — in (0,1), ¢ 0 nel punto 1. Ora si ha varra allora Esempio 1.4 Si calcoli la distanza in L(X,Y) tra le funzioni f(z) = 23 e g(x) = 4 In(1 +22), quando X ¢ Y sono come nell’esempio precedente Si tatta di determinare T'estremo superiore in [1,1] della quantita [z°— ~4 In(1+2")], Per non essere intralciati dal valore assoluto, osserviamo che i punti di massimo del valore assoluto |f(x)| di una funzione f(x) sono da ricercare tra i punti di massimo 0 di minimo di quest’ultima, cosicché nel nostro cas sufficiente studiare la funzione x*~ 4 In(1 +2). La derivata prima & 32? — 1+?’ che si annulla per z = 0 (dove la funzione vale 0), ed eventualmente nei punti in cui 3a(1+2°) =8. Ora v(x) = 3a(1 +22) & una funzione crescente, e pertanto assume nell'intervallo [—1,1] valori minori di g(1) = 6. Ne segue che nell’intervallo {-1,1] non ci sono altri punti in cui la derivata si annulla, e quindi basterd prendere in considerazione gli estremi. Un semplice confronto dei valori assunti da d(f,g)=14+41n2. Esercizi Se X e ¥ sono come nell’esempio precedente, calcolare le distanze in L(X,Y) tra le seguenti coppie di funzioni: Wx’, lade 25. 2+1, e7 26, 22? +52, In(2+z) 27. sinmz, cos mr 28. {207}, 2 29. zl +2, 2-2, 30, Dimostrare che la funzione VS.g) = In) + || f — glloo) © una metrica in LUX), 31. Siano d) © d: due metriche in X. Dire se sono delle metriche le funzioni (a) a: +d (b) dyd>, (c) maxcdy, dp). ——_—_—_ 1 | Spaci mevrici 1s Vale appena la pena di osservare che se si cambia la metrica in Y cambieranno anche le distanze in L(X,Y) e di conseguenza in C(X,Y) Esempio 1.5 Sia X =(0,1) e Y =R con la metrica ae, y) = min{|z — y|, 1}. Se f(z) =2° ¢ g(x) = 1 +32, risulta 5(f,g) = sup d(f(), g(z)) = sup min{ jx? — 1 — 3x], 1} od od = min{sup|z* — 1 — 32], 1}. 0 Poiché si ha sup |x — 1 — 32| = 3, si ottiene 6(f,g on Si noti che, indicando sempre con ¥ lo spazio R con la metrica d(x, y), il diame- tro di ¥ & 1. Di conseguenza ogni insieme E Y @ limitato (diam(E) < diam(Y) = = 1), e dunque ogni funzione a valori in Y @ limitata, cosicché (X,Y) & lo spa- zio di tutte le funzioni da X in Y. Inolire, se f e g sono funzioni a valori in Y, risulta sempre 4(f,g) < 1, € dunque il diametro di L(X,Y) @ 1. = Supponiamo che in un insieme X siano definite due metriche d e 6. E chiaro che i rispettivi spazi metrici (X,d) e (X,6) sono diversi, dato che in generale sono diverse le distanze d(z,y) e 6(2,y). Pud accadere perd che ogni intorno I(a,r) nella metrica d contenga un intorno J(,s) nella metrica 6 e viceversa. In questo caso, se un insieme AC X & aperto in (X,d), lo sara anche in (X, 6). Infatti, per ogni punto x € A esistera un intorno I(,r) C A. D’altra parte I(x,r) contiene un intorno J(z,s) di (X,6), e quindi risultera J(x,s) C A, e A @ aperto in (X,6). Viceversa, dato che ogni intomo J(z,0) contiene un intorno I(x. 0), ogni aperto di (X,4) @ anche aperto in (X,d). In conclusione, (X,d) e (X,6) hanno gli stessi aperti, e dunque gli stessi chiusi, le stesse funzioni continue (dato che Ia continuit& si pud esprimere in termini di aperti), le stesse successioni convergenti ecc.; in breve: la stessa topologia. Le due metriche d ¢ 6 si dicono pertanto topologicamente equivalenti. Esempio 1.6 Se d(x,y) @ una distanza in uno spazio metrico X, la metrica dix, y) = min{d(x, y), 1} 16 | cap. 7 & equivalente a d. Infatti, detti J gli intorni di (X,d) e J quelli di (X,d), si ha I(a, mine, 1/2)) C Mayr) © Ha,r). Esempio 1.7 Due metriche d © d; sono evidentemente equivalenti se esistono due costanti positive w e f tali che per ogni x,y © X risulta ady(2,y) S do(a,y) < Bdj(z, y). Infatti, un intorno [(,r) nella metrica d, conterra l’intorno J(z,ar) e sari contenuto nell’intorno J(z,6r) nella metrica d>. = Esereizi Siano X e ¥ come nell’esempio 1.5. Trovare la distanza tra Je seguenti coppie di fun- Zion 32. 3 +2, r+2? 33. x+1, ef 34, 22? +52, In(2+2) 35. sinxz, cosxz 36. {227}, 2 37. |x|+2, 2-2 32 38.527, 2 39, 2, 3452 eta 1 aL, x 42. -, z 44. Dimostrare che con la distanza 6(f,9) = sup d(f(2), g(2)), lo spazio L(X,Y) & com- pleto. a Dimostrare che la metrica euclidea di R? x,y) = V(r, — 1)? + (22 = mp? & equivalente alle metriche 5. dy(x,y) = [21 — yi] + [222 — yp] 46. doix.y) = ini — wi)? +422 — yoy? 47. d3x,y) = Very — wi) +a — wa. 48. Dire se la metrica dell'esercizio 8 & equivalente alla metrica euclidea di R? La metrica [1.1]: df, 9) = sup dy (f(z), g(z)) eX ——— 1 | Spazt metrici " si chiama anche metrica della convergenza uniforme; una successione di funzioni che converge in questa metrica si dice uniformemente convergente. Abbiamo visto nelle Lezioni (cap. 1, $3) che la convergenza uniforme di una successione {fx} implica la convergenza puntuale, cio’ la convergenza della successione { f,(x)} per ogni € X. Il viceversa non @ vero, e si possono facilmente trovare successioni di funzioni convergenti puntualmente, ma non uniformemente, Questo accade ad esempio se le funzioni f, sono continue, ¢ la funzione limite non lo &. In questo caso infatti non pud esserci convergenza uniforme, dato che, se una successione di funzioni continue converge uniformemente, il limite é una funzione continua (Lezioni, cap. 1, Teorema 3.3). Naturalmente, il fatto che la funzione limite sia continua non é ancora sufficiente ad assicurare la convergenza uniforme. Ad esempio, la successione di funzioni continue in [0,1] i ng se O 0 la successione di funzioni ne Il) = Taal) Si ha 1 ie) el ee ae 0 se r=0 © dunque la convergenza non pud essere uniforme in [0, +00), dato che il limite hon @ continuo in 0. Se perd ci si restringe alle semirette [a,+00), a > 0, si ha convergenza uniforme. Infatti si ha I 1 l+ng c+]? Inlx) ~ f(z) = - 18 Spazi funzionali | Cap. 1 e dunque J sup |Jn(z) LO) eres gee Ia, 400) cosicché la distanza d(fn, f) tende a zero. = Esempio 1.9 La successione ee fa(z) = (1+) converge puntualmente alla funzione e*. La convergenza @ uniforme in ogni intervallo [0,a]. Infatti la successione Jn(x) & crescente per ogni x > 0, e converge puntualmente nel compatto (0, a] alla funzione continua ¢%. Esempio 1.10 Sia g: RR una funzione continua, non negativa, con supporto in [—1, 1] (ossia con g(a) = 0 per |r| > 1), € con fple)de = 1. Per n intero, si ponga gn(a) = np(nz),! e se f(z) & una funzione integrabile si definisca fala) = f f(Dpnla — t) de. Si hanno i seguenti risultati: () Se f @ limitata, ogni f,, & limitata, e si ha sup | fu] S sup |/}. (2) Se f & uniformemente continua, f, + f uniformemente in R. (3) Se f 2 continua, allora f, > f uniformemente in ogni compatto di R (1) Dalla definizione segue immediatamente fnl2)| = [ tena oat = a [foley ses f gleyifee ~~ foods. im (2) Sia ora f uniformemente continua. Per ogni € > 0 esiste un 6 > 0 tale che, se |u— v| <6, siha |f(u) — f(v)| no = 5", risulta | — 2) — 2] = 2] < = <6, € dunque [f(«~ 2) ~ f(z) <¢. Ne segue mn lina) - f@| S€ | pnlz)dz = € © quindi sup|fn — f| <«, cosicché f, f uniformemente su R. (3) Supponiamo infine che f sia solo continua, Se « € [a,}], il punto x ~ z che : . i 1 1 sa compare nell’integrale sara contenuto nellintervallo [a — =, b+—] e quindi in n [a — 1,b+ 1]. Poiché quest’ultimo & compatto, la funzione f sara uniformemente continua, e si pud ripetere il ragionamento precedente, concludendo che se n > mo (no dipende stavolta, oltre che da ¢, anche dall'intervallo [a, b]) risulta |fu(x) ~ —f(a)| f uniformemente in [a,b]. = Osserviamo che, se la funzione f si suppone solo integrabile in [a,b], si pud dimostrare che 2 tin [ce - Fede =0 non appena a — n Dire se la convergenza é@ uniforme in R, in [a, 2] (a> 0). Calcolare il limite delle seguenti successioni e dire se la convergenza @ uniforme. x “ 3a + 55. Vita ane 56. =*" e>0 Tn 57. n?x7(1 — 2)", OS 2 <1 59. Calcolare, in dipendenza dal parametro reale a il limite lim (VT+ iar Vinz*), 2 >0. Dire per quali valori di a la convergenza & uniforme. 60. Si ponga folry=2 e faster’ uniformemente in R. sione f, converge sin fa(x). Dimostrare che la succe: Per ognuna delle succession che seguono trovare Iinsieme # in cui si ha convergenza Puntuale, ¢ il limite relativo, Dire se la convergenza & uniforme (a) su £, (b) sull'insieme (0 gli insiemi) indicati a fianco di ognuna. 65. n™, [-c0,-1], [-1,0). A volte si parla di convergenza uniforme anche per funzioni non limitate. Siano fa € f funzioni definite in un insieme X, a valori in uno spazio metrico Y, ¢ supponiamo che per ogni intero n risulti d(f,, f) =: sup dy(fn(), f(@)) < +00. : : xX : Diremo che la successione f,, converge uniformemente a f se risulta lim d(fn, f) = 0. Esempio 1.11 La successione di funzioni reali n+l f(t) = n converge puntualmente in R alla funzione f(z’ infatti si ha . La convergenza & uniforme; cde Uns $) = sup a Esempio 1.12 La successione Silt) = nx? ¥1 Converge puntualmente alla funzione fi) = 1. La convergenza non & uniforme in infatti per ogni n risulta d(f,, f) = +00. E invece uniforme la convergenza su ogni imtervallo I =: [—a, a}, € dunque su ogni compatto K, dato che quest’ ultimo Si pud sempre racchiudere in un intervallo. Si ha infatti Vna?+1—1, sup [fue 1 = sup (V n: +1-1) r © quest'ultima quantita tende a zero. 22 si fancionali | Cap. 1 Esercizi Trovare il limite puntuale delle successioni che seguono, ¢ dire se la convergenza uniforme. in 1 ne. ees 66. nsin = 68. — Indl +e") 69: Viva a n 2 Spazi normati Ricordiamo che se V @ uno spazio vettoriale, si chiama norma in V un’appli- cazione |[-|| di V in R che verifica i seguenti assiomi: (m) [xl 2 05 |x|] = 0 x=0 (nz) [Axl] = [Al Ix] Ve eV e VAER (3) [x+y] < [fx|| + llyl] ¥x, y eV. Esempio 2.1 La funzione /z? + y? + |z| € una norma in R°. Infatti le prime due proprieta sono ovvie, mentre la terza segue immediatamente dalle disuguaglianze G@i+mP+utpy < Sai tu+ Vote lar +22] < lai] +|z9]. In questa norma, la palla unitaria di centro O ¢ raggio 1 & il doppio cono verticale che ha per base il cerchio di raggio 1 centrato nell’origine, e altezza | (fig. 1.1). Ax Figura 1.1 2 | Spast normart 23 Esercizi Dire se le seguenti sono delle norme in R*, e in caso affermativo disegnare la palla unitaria 70, |2|+max((2|,|y)) Te (Vel+ Vir) +124 73. max(|z| + |2|,|yl) 74. [xl + |ul + [24 In uno spazio normato V Ia funzione || — yl] & una metrica. Se V & completo in questa metrica, si dice che V & uno spazio di Banach. Come abbiamo visto nelle Lezioni (cap. 1, §5) se ¥ 2 uno spazio di Banach, sono tali anche L(X,Y) ¢ C(X,Y), con la norma I|flleo = sup || f(@)Ily- eX In particolare sono spazi di Banach L(X) =: L(X,R) e C(X) =: C(X,R). Un caso interessante @ quello in cui X = [a,b] C R. Oltre a L({a,b]) e C((a, 6), 2 uno spazio di Banach C'({a,6)), lo spazio delle funzioni derivabili, con derivata continua, in [a,b], con ta norma IIflle: = Wlflleo + [IF'lloo = sup [f(x)|+ sup |f'(x)}. aszsb aszsb Pid in generale, potremo introdurre gli spazi C*({a,b]) delle funzioni che hanno derivate fino all’ordine k incluso continue. C*({a,b}) & uno spazio di Banach con la norma i Illes = EF lle Esercizi 76. Sia ECR e sia u(x) una funzione continua in E, a valori in R. Dimostrare che sup Jul = sup |u| = E 77. Dimostrare che se uz & una successione di funzioni_continue in E, convergente uniformemente in E, allora uz converge uniformemente in B. 78. Dimostrare che ||u'| = sup |ru(z)| @ una norma in C(10, 1). E una norma in L«{0, 1))? to 79. Dimostrare che, se a(x) & una funzione limitata in (a,b), la funzione ||u\] = sup \o(z1u(z)| abl 4 Spaci funcionali | Cap. 1 & una norma in O({a,b) se € solo se Vinsieme E = {x € [a,b]: p(x) =0} non ha punti in- termi. 80: Dimostrare che {lulloo = Sup |u(x)] [a,b @ una norma nello spazio R({a, b}) delle funzioni integrabili secondo Riemann nell’intervallo {a,b}. Provare inoltre che R({a,b}) @ completo con questa norma Dire se le seguenti sono delle norme in C%([0, 1)): 81. sup |f'|+| (0) 82. sup |f"| + 3 FO] +(s'| (0,1) (0,1) 83. sup [1+ [FO] 84. sup "| + (£0) + |). 0,1) (0,1) 85. Dire se, con le norme dell’esercizio precedente, XO, 1)) & uno spazio di Banach, 86. Sia Hn lo spazio vettoriale dei polinomi in una variabile di grado non superiore an. Dite se llell= sup |pce)| ze(0,1) @ una norma in Hy € se Hq @ uno spazio di Banach 87, Dire per quali n la quantita [P(0)| + [pCD| + [pC2d| + [p)] i una norma in JI,. Per questi valori di n, dimostrare che TI, & completo. 88. Dimostrare che I/ll= sup |fca)| 2n19, 1) (Q & Tinsieme dei numeri razionali) & una norma in C(O, 1). E in Lo, 1)? 89. Sia V uno spazio vettoriale e sia d una distanza in V. Dimostrare che a proviene da una norma (cio® che esiste una norma |-|| in V tale che diz.y) =z — yll) se e solo se si ha deat 2,y +2) = diz,y) Vr,y, 2€V (Az, Ay) = |A\d(a,y) Vz, yEV, VAER. Dimostrare che le seguenti sono norme in CA) 90. fla Supt fe)) + [fO) 91. {Illa = max{sup |f/, sup |/"1}. ca rian —_—_—————— 3 | Funciont continue 25 92. Mostrare che risulta dsup [f]+ sup [J")) < ||flla < sup |f| + sup | "| oe 4 A A Dedurne che €'(A) & completo in questa norma 3 Funzioni continue Siano (X,dx) e (Y,dy) due spazi metrici. Una funzione f : X > ¥ si dice continua in un punto x € X se per ogni ¢ > 0 esiste un 6 > 0 tale che per ogni 2 € X, con dx(z, x9) < 4, risulta dy (f(z), f(z0)) < La funzione f si dira poi continua in X se & continua in ogni punto 2 € X (Lezioni, cap. 1, §2). Infine f si ira imiformemente continua se il numero 6 pud essere scelto indipendentemente da zo; pid precisamente, se per ogni ¢ > 0 esiste un 6 > 0 tale che per ogni coppia di punti z,y € X, con dx(z,y) < 6, risulta dy(f(x), f(y) <€ Esempio 3.1 Una funzione f : X + Y si dice hélderiana di esponente a > 0 (0 anche a-hélderiana) in un insieme E C X, se esiste una costante M tale che per ogni x,y € E tisulti dy (f(x), {(y)) < Mdx(a, y)*. Se A2 un aperto, e f hilderiana in ogni palla I(ay, R) C A (con costante M che dipende eventualmente da xo e da R), si dirk che f & localmente holderiana in A. Se f & hélderiana in I = I(x, R), allora 2 continua in ogni punto € € J; infatti, fissato ¢ > 0, bastera sceglicre 6 > 0 in modo tale che I(€,6) CI e che risulti_M6* < ¢. In particolare, una funzione localmente hélderiana in un aperto A & continua in A; se poi f & hdlderiana in wtto A, f & uniformemente continua in A. Ricordiamo poi che le funzioni hélderiane con esponente 1 si dicono anche lipschitziane. Esempio 3.2 La funzione 2*(0 < a < 1) & a-hélderiana in [0, +00). 76 Spazi funzionati_ | Cap. 1 Per dimostrarlo, dovremo far vedere che esiste una costante M tale che a ly—z per ogni z,y >0, con r#y. Possiamo supporre che sia y > x; dividendo numeratore ¢ denominatore per ye ponendo t = x/y, ci si riconduce a dimostrare che la funzione 1-e a= é limitata in [0, 1). Questo non @ difficile, se si osserva che risulta elt) = lim p(t) = 0. is Se allora si definisce (1) = 0, la funzione y(t) risulterA continua in [0, 1], dunque uniformemente continua, e pertanto limitata. = Lo spazio delle funzioni hélderiane con esponente a in A si indica con C°“(A); esso si pud munire della norma [u(w) — wy) | fulla = sup ful + sup 2 = eC lull a {ul gee ody Quando a = 1, invece di C°'(A) seriveremo spesso Lip(A). Teorema 3.1 C%*(A) @ uno spazio di Banach con la norma |\ulla. Dimostrazione. Sia uz una successione di Cauchy in C%(A). In particolare, uz @ di Cauchy in C(A), e dunque converge uniformemente a una funzione u continua in A. La funzione u @ hélderiana in A. Infatti la successione uz & limitata in C2, cosicché esiste una costante M tale che, per ogni k € N ed ogni «,y,z€ A con oy, risulta [ue(z) ~ ux(y)| |us(2)| + lz— yl" lA M. Passando al limite per k — oo, si ottiene la stessa diseguaglianza per la funzione limite u, che risulta quindi hélderiana. Infine, poiché la successione ug & di Cauchy, per ogni > 0 esisteri un v tale che per ogni 2,m > v risulta |ju, —unlle <¢, © dunque fein 2) — Uya(2)| + Dt timo] Per ogni z,y,2€ A, rfy. ——— 4 | Funzioni continue 7 Passando al limite per m — oo, si giunge alla relazione faa) — suf ey| + RenGe) — C2) = tnd + OD! |z—yl* per ogni x,y,z € A, r#y. Di qui, prendendo Mestremo superiore, si ottiene |lun — Ulla S€ per ogni n > v, € quindi uy — u in CoA), = Una funzione lipschitziana con costante di Lipschitz minore di 1 si dice una contrazione. In particolare, sono delle contrazioni in R le funzioni f di classe C! tali che [f'| 0. 94, Dimostrare che Vapplicazione F : C({a,b)) > C(a,b), definita da Fo) = |ul*, 0 —+ C((a,b)) definita da D(u)(x) = y(x)u(z) & una contrazione se € solo se ||pl\o0 <1 97. Dimostrare che Ja stessa conclusione vale per la funzione Bu\(x) = p(z)u(z) +412), con 7 € Ctla,6)). Trovare il punto fisso dell’applicazione &. 982 Dire per quali valori di ) la funzione F : C({0, 1]) + C({0,1)) definita da Fluy(z)=e wf eta 0 @ una contrazione, 99: Dimostrare che una funzione continua J: (a,b) —~ [a,6] ha almeno un punto fisso. Il risultato dell’esercizio 99 si pud generalizzare a pitt dimensioni: se B 2 una palla di R" e f : B Bé una funzione continua, allora f ammette almeno un pun- 10 fisso. La dimostrazione, piuttosto complessa, si basa sul fatto che non esiste una funzione continua che manda una palla B di R” sulla sua frontiera B, lasciando invariata quest’ ultima. 28 Spazi funzionati | Cap. 1 Una volta ammesso (0 dimostrato) questo punto, si ragiona cosi: se non ci fosse nessun punto fisso, esisterebbe un 5 > 0 tale che dist(f(x),x) > 8 per ogni x € B. Infati la funzione d(f(x),x) & continua e positiva in B, dato che si annulla solo se x & un punto fisso. Per la compattezza di B, d(f(),x) ha un minimo Ppositivo 6. Cid premesso, consideriamo la semiretta che parte da f(x) e passa per x Questa incontra il bordo di B in un sol punto, che chiameremo (x). E evidente che (x) = x per ogni x € AB. Poiché f & continua, e tale 8 la “proiezione” di F() su OB." la funzione (x) sarebbe un’applicazione continua di B in @B che lascia invariata OB. Come si & detto, una tale applicazione non pud esistere, e quindi f deve avere un punto fisso. 4 Spazi compatti Ricordiamo dalle Lezioni (cap. 1, §6) la definizione e le principali proprieta di uno spazio compatto. Definizione 4.1 Uno spazio metrico X si dice compatto (0 pitt precisamente: compatto per successioni) se da ogni successione a valori in X si pud estrarre una sottosuccessione convergente. Definizione 4.2. Uno spazio metrico X si dice totalmente Ii ito se per ogni € > 0 esiste un ricoprimento di X costituito da un numero finito di insiemi, ognuno con diametro minore di ¢. Teorema 4.1. Sia X uno spacio metrico. Le seguenti affermacioni sono equi- valenti: (1) X & compatto per successioni (2) X 2 completo e totalmente limitato, (3) Da ogni ricoprimento aperto di X si pu estrarre un ricoprimento JSinito. Se poi X & un sottoinsieme di uno spazio mettico ¥, si dice che X @ relativamente compatto se da ogni successione 2, a valori in X si puod estrarre una Sottosuccessione convergente (non necessariamente @ un punto di X). Ad esempio Fintervallo aperto (0,1) non & compatto (non é chiuso), ma @ relativamente Compatto, dato che ogni successione a valori in (0, 1) & limitata, € quindi, per il ‘eorema di Weierstrass, da essa si pud estrarre una sottosuccessione convergente. * Qui gioca essenzialmente il fatto che dist(fix),x) > 6 = 5 | 1 teorema di Ascolt-Arceld 29 Esercizi 100. Siano f:X +R e g:X—+R due funzioni lipschitziane in uno spazio metrico compatto X. Dimostrare che fg & lipschitziana 101. Sia Y uno spazio metrico completo, e sia X un sottoinsieme di ¥. Dimostrare che sono equivalenti le affermazioni: (a) X & relativamente compatto; (b) X @ totalmente imitato; (c) la chiusura X di X & compatta. 5 I teorema di Ascoli-Arzela Un caso particolarmente importante per le sue applicazioni & rappresentato dal teorema di Ascoli-Arzela. Prima di enunciarlo, ricordiamo che una funzione f : A — R si dice lipschit se esiste una costante K tale che per ogni z,y € A risulta \f@ - [| < K\ax ~yl- In particolare, una funzione lipschitziana @ continua in A; inoltre, se A & limitato, essa é limitata, in quanto si ha |f@)| < |f(@0)| + K diam( A). Le funzioni limitate e lipschitziane in A formano uno spazio di Banach, con la norma \f@ — fy] Uy y+ sl — a oe Fal oH Tale spazio si indica con Lip(A), ¢ si pud considerare un sottospazio di L(A), lo spazio delle funzioni limitate in A. Consideriamo ora in Lip(A) la palla (chiusa) di raggio R B(O, R) = {f € Lip(A): Ifluip < R} Si ha il seguente teorema: Teorema 5.1 (di Ascoli-Arzeld) Se A é un insieme limitato, B(0,.R) 2 com- Patto in L(A) Se si ricorda la definizione di insieme compatto, si pud enunciare il teorema nel modo seguente: 30 Spazi funzionatt | Cap. 1 Teorema 5.2 Da ogni successione {fy} di funzioni lipschitziane in un in- sieme limitato A, limitata nella norma || \Lip. si Pud estrarre una successione uniformemente convergente. In particolare, le ipotesi del teorema saranno soddisfatte se A @ un intervallo ¢ la successione f, & costituita di funzioni differenziabili, ed & limitata nella norma di C'(A). Infatti, se A @ un intervallo, si ha per il teorema del valor medio [fe(a) ~ few)] S sup |Dfx(2)), lz-yl 764 e quindi la successione fj, risulta limitata nella norma di Lip(A). Dimostrazione. Bastera far vedere che B & chiuso e totalmente limitato. Per dimostrare che B @ chiuso, sia f,(x) una successione di funzioni di B, convergente uniformemente a una funzione f. Si dovrd far vedere che f € B. Si ha, per ogni intero k, e per ogni z,y,z€ A, con y#z, [fy = ful) - yz) e dunque, passando al limite, la stessa disuguaglianza sara valida per la funzione J. Prendendo allora l’estremo superiore al variare di x, y e 2 in A, si ottiene [[flluip < R, cosicché f € B. Facciamo ora vedere che B é totalmente limitato. Per questo occorre dimostrare che per ogni € > 0 esistono un numero finito di funzioni P11 G2, +++) Pm € L(A) (m = m()) tali che ogni funzione f € B dista (nella norma di L(A)) da una di queste meno di 2e. Infatti in questo caso l'insieme B si potra ricoprire con un numero finito di insiemi (e precisamente le palle B(n,2¢)) di diametro 4c, cosicché esso risulta totalmente limitato. Dividiamo A in un numero finito di insiemi Q;, ognuno di diametro minore di ¢/R (questo & possibile perché A @ limitato), e sia N un intero tale che Nc > R. Le nostre funzioni yp, saranno tutte quelle che in ognuno degli insiemi Q; assumono uno dei valori costanti 0, + €, + 2e, ...,-+ Ne. Poiché il numero degli insiemi Q; @ finito, e i valori possibili sono in numero finito, anche le funzioni #h saranno in numero finito. Inoltre, in ognuno dei Q; fissiamo un punto 2; Data ora una funzione f € B, definiamo la funzione ¢ nel modo seguente. Se me S f(xy) < (m+ lye, si pone yl) = me in Q;. La funzione g cos} definita & una delle yj di cui sopra. Infatti, poiché |f| < R, il numero m definito sopra sara sempre compreso tra —N e N. Valutiamo ora | f(x) — g(x)| per x € A. Il punto x apparterta a uno degli insie- mi Qi, cosicché (2) = pla), e dunque [fe(z)| + R, [F(@) ~ p(a)| < |fla) — f(@a| + [fd — play) < |f@) — fled +e. ———— 5M teorema di Ascoli-Arcela 31 a causa della definizione della funzione gy. D*altra parte, [f(z) — fas] < WJ llLipl2 — ai} < Rdiam(Q,) < € e dunque, in definitiva, Wf - elles $ 2¢, e il teorema @ dimostrato. Esercizi 102. Dimostrare che, se A @ I'unione di un numero finito di intervalli chiusi, allora ogni funzione di classe C'(A) & lipschitziana in A. 103. Provare che il risultato precedente non sussiste in generale se A & unione di due intervalli aperti e disgiunti. Un insieme XC C(A) si dice costituito dé funzioni equicontinue se esiste una funzione w(t) crescente, continua, € con w(0) = 0, tale che per ogni f Xe per ogni coppia di punt 2,y € A risulti Ifa) — Fan] Sox — yD. 104, Provare che gli insiemi limitati di Lip(A) ¢ di C%%(A) sono insiemi di funzioni equicontinue. 105. Dimostrare che: (1) se A @ limitato, un insieme di funzioni equicontinue & limitato in L(A); (2) un insieme limitato di funzioni equicontinue @ relativamente compatto in LA). Capitolo 2 Serie di funzioni 1 Generalita Ricordiamo brevemente dalle Lezioni (cap. 2) alcune definizioni e qualche risul- tato che saranno utili in seguito. Una serie di funzioni 2 fos con fy: A—R, si dice convergente puntualmente in un insieme EC A se per ogni « € E converge la serie numerica & fw). La serie © f,, si dir sotalmente convergente in E se & convergente la somma delle norme Xl allan e = 22 sup ifutc. = my Infine, la serie si dir uniformemente convergente in E se @ tale la successione S» delle somme parziali, ovvero se esiste una funzione s: E — R tale che lim {[5n — 5lleo,6 = i & provato nelle Lecioni (cap, 2, Teorema 1.1) che se una serie converge totalmente, converge anche uniformemente, mentre & evidente che se converge uniformemente in un insieme E, allora converge anche puntualmente. Come abbiamo visto nel caso delle succes ni, dalla convergenza puntuale non segue quella uniforme, a meno che V’insieme EB non sia costituito da un numero finito di punti. L'esempio che segue mostra che la convergenza uniforme non implica la convergenza totale. —_—_—_—_—COCOoOoOoOoOoOeeOoOoOOO OC 1 | Generatica 33 Esempio 1.1 Nell’intervallo E = [0,1] si consideri la successione di funzioni 1 1 ‘) = sere |—~—,- fal) = 8 7 nein 0 altrimenti Si vede subito che la serie Lf, converge alla funzione s(z) che vale 1 nell’ inter- 1 1 - 7 1, 1 1 vallo 73 nell’ intervallo 3 yee) in | —,— ],... La convergenza 2 2 n' inva 2 uniforme in [0,1], in quanto si ha 1 sn — s|| = sup |s,(z) — s(z)| = —— - II l sup | leer Draltra parte la serie non converge totalmente, dato che risulta || fn|| = quest’ultima serie non converge. Esercizi 1. Trovare una serie di funzioni continue che converge uniformemente ma non totalmente in {0,1 2, Dimostrare che se B & costituito da un numero finito di punti, la convergenza puntuale coincide con la convergenza uniforme, mentre la convergenza totale & equivalente alla convergenza puntuale della serie dei valori assoluti. In generale non @ facile dimostrare la convergenza uniforme di una serie che non converge totalmente. Un esempio delle difficolta alle quali si va incontro si pud vedere nella dimostrazione della convergenza uniforme delle serie di Fou- tier (Lezioni, cap. 2, Teorema 5.3). Detto in altre parole, non ci sono semplici condizioni sufficienti per la convergenza uniforme, al di fuori del criterio della convergenza totale. Pit agevole & trovare una condizione necessaria, dato che, se una serie converge uniformemente in un insieme E, le sue somme parziali devono costituire una successione di Cauchy nella norma di L(). In formule, per ogni € > 0 deve esistere un vy tale che per ogni n > v e per ogni p si abbia Esempio 1.2 nip » us| ken l_<é ren Consideriamo la serie z nai n@(1 + nz?) a Serie di funzioni | Cap. 2 Se a > 0 la serie converge puntualmente in R. Infatti se z= 0 tutti i termini si annullano, mentre se x0 la si pud maggiorare in modulo con la serie convergente oe Lae. lel : : : Investighiamo ora la convergenza, totale, La funzione |2//(1 +n?) ha un massimo per |z| = —=, in cui vale oe di conseguenza 1 2 SW nal +nz) — 2n! : i e dunque la convergenza é totale per a@ > oe Ci si potrebbe a questo punto chiedere se la convergenza & uniforme per qualche a < z La risposta @ negativa. Si consideri infatti la somma eae ee n&(1+nz2) 1 si ha 1 < na? < 2 per k grb agl/2- nzkn@(1+nz?) — A maggior ragione si avra allora 1 2 ee ee © dungue, se a < 5, la suecessione delle somme parziali non & di Cauchy. = In particolare, se si prende p=0 nella [1.1], si ha Tim {[unlloo = 0, [1.2] n=409) C una condizione necessaria meno generale ma pid semplice della precedente. La [1.2] poi pud essere anche sufficiente nel caso delle serie a termini di segno alterno XY (-tu(2) con ug(x) > 0. Se per ogni x € E la successione ux(z) 8 decrescente ¢ infinitesima, la serie convergera puntualmente per il criterio di Leibniz. Detta s(z) la sua somma, risulta |sn(x) — s(2)| < unei(z), € dunque [l5u — slloo,2 S |lemetlboo, 2s € la convergenza & uniforme non appena sia verificata la [1.2]. — 1 | Generatira 35 Esercis Trovare l'insieme di convergenza B delle serie che seguono, ¢ dire in quali sottoinsiemi di EB c'e convergenza totale x 2 aa 10, ) 1. Lesyre tam n=l n® + (Inn)® n=l 14, 2" aresin 22 = S| « : sina _ Singlet 15, Deer” 6, Ee 17. Ynys? ye, Vv. x(: ai 12. nein +a? aan 20. Posto 0 se a,(z)= { sin? = se z ° dire se la serie 2 aq(z): (a) converge in {0,1}; (b) converge uniformemente in [0, 1); (¢) 1 \ converge uniformemente zl]. é 21. Sia ECR, ¢ sia uz una successione di funzioni continue in E. Si dimostri_che se la serie 0 ug converge uniformemente in E, allora converge uniformemente in F. sins 22. Si dimostti che la serie 2 converge totalmente in R, ¢ si calcoli la sua won! s somma, eos . © dimostrare che essa 23. Trovare Iinsieme di convergenza della serie 2. a St nieen converge uniformemente nell’insieme 36 Serie di funcioni | Cap. 2 : SE U"On— 24! Trovare Vinsieme di convergenza £ della serie = : us a ZZ wi @ dns quali sottoinsiemi di £ c’é convergenza totale 0 convergenza uniforme. .@ dire in 2 Serie di potenze Un tipo particolarmente importante di serie di funzioni é costituito dalle serie di potenze ¥ ana”, 21) © pitt generalmente X ana — 20)". Noi ci limiteremo perlopid a studiare la prima di queste serie, dato che la seconda si riduce all’altra con il semplice cambiamento di variabile y = x — zo. Abbiamo visto dalle Lezioni (cap. 2, §2) che l'insieme di convergenza della serie [2.1] & un intervallo (—g, g) centrato nell’origine, pit eventualmente uno o ambedue gli estremi. I raggio di convergenza g @ dato dalla formula @ nc dove si conviene di porre g = 0 (la serie converge solo in 0) se il secondo membro & +00, ¢ 9 = +00 (la serie converge dappertutto) se il secondo membro & 0. La serie in esame converge poi totalmente, e dunque uniformemente, in ogni compatto contenuto all'interno dell’insieme di convergenza. In particolare, la somma della serie & una funzione continua in I(0,9). Dato poi che tutte le serie delle derivate hanno lo stesso raggio di convergenza della serie di partenza, la somma sara una funzione di classe C® in I(0, 0). Esempio 2.1 Consideriamo la serie E ar Si ha : = lim Yja,| = lim nV 21 Poiché la serie non converge né per x= 1 né per x= —1, Vinsieme di conver. Ce 2| Serie di potenze 7 genza & l"intervallo (—1, 1). La serie converge totalmente in ogni compatto con- tenuto in (—1,1). = Esempio 2.2 Al contrario, per la serie D yn"e" nl risulta lim jan] = lim /n = +00, e dunque essa converge solo nel punto 0. = Esempio 2.3 ‘Trovare il raggio di convergenza della serie > nt ao, Siamo in presenza di una serie di potenze L axz*, con i coefficienti ay diversi da zero solo quando k & un quadrato (k =n), Si ha infatti { Vk se k & un quadrato 0 altrimenti © di conseguenza VE se k 8 un quadrato 0 altrimenti. { Il raggio di convergenza & dunque 1, e la serie converge nell’intervallo aperto GLD.e Talora alcune serie possono essere ricondotte a serie di potenze con un cam- biamento di variabile. Esempio 2.4 La serie + nat si riduce, ponendo y = /(1 — 2), alla serie di potenze Dy". hy ¢ Serie di funzioni | Cap. 2 Poiché quest’ultima converge per |y| <1, Ia serie di partenza sara convergente “lu 258 aco). per |x| < (1 — 2)’, e cio’ nell'insieme { —oo, pd La convergenza & totale nei compatti contenuti nell’insieme di convergenza, dato che passando da x a y questi vengono mandati in compatti contenuti in Esercizi Trovare l'insieme di convergenza delle serie 25, D432" 26, Lents! 28. DX anc"; an ze a n+l z 33. 34. Lor 35. 66 ees nel nt atin 38. as? 2+sinn 39, Lanz", dove i coefficient ay sono dati dalle relazioni a, = a,-1+4_-2, ay =0, aa a 40. Dimostrare che se_an > 0 ¢ la serie a, converge, allora, detta s, Ia successione delle somme parziali di Lay, la serie di potenze 2 sq2" ha raggio di convergenza 1 41. Provare che se ay >0 e il raggio di convergenza della serie Dayz" & maggiore di 1, allora la serie X s,2" ha raggio di convergenza 1 Come abbiamo visto nelle Lezioni (cap. 2, Teorema 2.3), le serie ottenute da una serie di potenze derivando termine a termine sono ancora delle serie di potenze, che hanno lo stesso raggio di convergenza della serie di partenza. SSS 2 | Serie di potenze 39 In particolare, Ia somma di una serie di potenze & una funzione infinitamente derivabile nell’aperto 1(0, ), dove @ & il raggio di convergenza della serie. Ana- Jogamente, data I’uniforme convergenza della serie, si pud integrare termine a termine (Lezioni, cap. 2, Proposizione 1.1). In definitiva, posto J@)= Xan", si ha Queste formule possono essere talvolta utili per calcolare esplicitamente la somma di alcune serie di potenze. Esempio 2.5 Dallo sviluppo ya (-l<21 risulta ge(x) = Py(2)(1 —2)-*!, dove Py(z) & un polinomio di grado k privo del termine noto. Si trovi un'espressione di Py in termini di P,-1. 48. Posto t Puay= X dy.at, ¢ ricordando che d),, 1, trovare una formula di ricorrenza pet i coefficienti dy... 49. Dimostrare che dy. = de, k-s41 3 Il teorema di Abel Abbiamo visto nelle Lezioni (cap. 2, Teorema 2.1) che se una serie di potenze Dayz" converge per un certo valore y, allora converge uniformemente in ogni Ls 3| 4 a 1 teorema di Abel jntervallo chiuso [~a,a], con 0 < a < |y|. In particolare, la somma di una tale serie & continua in ogni punto x, con |z| < |y|- [I teorema appena ricordato non ci dice nulla sulla continuita della somma della serie nel punto y, né se la convergenza @ uniforme in un intervallo avente y come uno degli estremi. A questo risponde i] teorema che ora dimostreremo, dovuto al matematico norvegese Niels Henrik Abel. Per fissare le idee, ed evitare i valori assoluti, supporremo che risulti y > 0, ¢ che Ia serie di potenze ayz* converga nel punto y. Essa allora convergera per ogni z nell’intervallo (—y,y}, € Ia convergenza sara totale in ogni intervallo chiuso [a,b], con —y 0 esistera un intero mo tale che per ogni m > mo risulti \em(y) — S| <€ Si supponga m > mo, e si ponga Ym(z) = f(z) ~ emia) = Lana. SeO<2 my e per ogni x € (0,y] si ha len(2) ~ #0] = Winton] < 2e(2)" <2, cosicché la convergenza @ uniforme in [0, y]. # Esempio 3.1 Si ha Barat In t=, con raggio di convergenza 1. D'altra parte, la serie a secondo membro converge per © =1, e dunque converge uniformemente in [0, 1]. Ne segue y OM wine ned n+] 4 Serie di Fourier Sia f(z) una funzione periodica di periodo 2x, e regolare a tratti. Intendiamo con cid che in ogni intervallo [a,b] la funzione f sia derivabile, ¢ dunque continua, con Ia possibile eccezione di un numero finito di punti 21,22, ...,2r,, nei quali esistono finiti i limiti destro e sinistro sia della funzione che della derivata. Una funzione cosiffatta @ ovviamente limitata, ed @ integrabile (secondo Riemann) in ogni intervallo limitato. Per k=0,1,... definiamo i coefficienti di Fourier della funzione f: = * f sercoskede ® by == [ tesintsde, Ricordiamo che, per la periodicita della funzione f (e ovviamente delle funzioni Seno e coseno), i coefficienti di Fourier si possono calcolare sostituendo nelle formule precedenti gli integrali da —z a = con integrali estesi a un qualunque intervallo (a,a+2m) di ampiezza 2n. Definiamo inoltre la serie di Fourier di f: 7 +2 cos kar + by sin kz). ” 4| Serie di Fourier 43 Abbiamo dimostrato nelle Lezioni (cap. 2, §6) i risultati: seguenti: (1) Se f(z) regolare a tratti, la serie di Fourier relativa converge puntualmente alla funzione f(+0)+ f@—0) —— dove si & posto f(e+0)= fim, f(6). In particolare, la serie di Fourier di f converge a f(#) in ogni punto in cui f(z) ® continua (2) Se inoltre f(x) & continua in R, la sua serie di Fourier converge totalmente, e quindi uniformemente, alla funzione f. (3) In generale, la serie di Fourier di una funzione periodica e regolare a trat- ti converge uniformemente in ogni intervallo chiuso in cui non cadono punti di discontinuita della f. Esempio 4.1 Calcoliamo i coefficienti di Fourier della funzione f(2), periodica di periodo 2n, e che coincide con ~—* nell’intervallo (0, 2m). Eseguendo gli integrali tra 0 e 2n, si trova facilmente ay =0, = + n=O, b= E € dunque ta serie di Fourier di f sara SS sin ka z, k O41, 42.05 converge a 0 = 5 [fmm +0)+ fmm —0)] in questi ultimi punt, « Questa serie converge a f(x) in ogni punto 24 2mr, m Se la funzione f(z) & una funzione pari, tale cio’ che risulti f(x) = f(x). i Coefficienti 6, saranno tutti nulli, mentre si annulleranno gli ay nel caso in cui f dispari, ovvero se f(—x) = — f(z). Nel primo caso f si sviluppera in serie di soli Coseni, nel secondo in serie di soli seni. Notiamo che la funzione f dell’Esempio 4.1 & dispari. SEE ere eer “a Serie di funcioni | Cap. 2 Esercizi Scrivere le serie di Fourier per le funzioni che seguono, e discuterne la convergenza: 50. |sin.z} 51. la funzione periodica (di periodo 2x) dispari che coincide con x(x — =) in (0,x] 52. la funzione periodica (di periodo 2n) pari che coincide con x(x ~ 2) in 0,7] 53. la funzione periodica (di periodo 2) che coincide con x(—2) in [0,x] e che vale 0 in [-7,0) $4, la funzione periodica dispari che coincide con 2? in (0,x] $5. la funzione periodica dispari che coincide con ; (« - 3) in (0,r). 56. Sia f(z) una funzione continua e con supporto in (a,b), con 0 0, dato che f(x) = = f(—x). Valutiamo ora il rapporto incrementale f@+h)-f@ _1§ i i 2e {cos(a"a(a + h)) — cos(a"xz)} = Rm + Sm, dove si & posto ie i Xb {costa"a(x + h)) ~ eos(a"za)} Sm = ¥ ,b'{costa'x(x + hy) — eos(aa2)}. i nome Cominciamo col valutare Ryn. Poiché |cos x — cos y| < |x — y|, risulta i i ey alee = non appena ab > 1. Veniamo ora a Sp. Fissato > 0, osserviamo che si pud scrivere ax = am + > = -, 1 1 +&m, dove a, & un intero non negativo, ¢ 75 Em < 7 Posto ora risulta ma"(a + hm) = a"-"r(am +1), € dunque, tenuto conto che a & dispari, cos(ma" (a + hm)) = (— 1%"! Dvaltra parte, osservando che sin(a"-"r0%m) = 0, si trova cos(a mr) = cos(a" "(Gm + &rm)) = COs(a"™ "a4 ) COS(A™ En) = = (-1)% cosa” Em). Ne segue (Cpt! & DX w{1 + cosa" En)}- Tig =m Sq = Poiché tutti i termini sono positivi, la serie a secondo membro é maggiore del primo termine, e dunque di 6”, in quanto, essendo 5 < fn S 5 si ha ner eee 2 Serie di funzioni | Cap. 2 cos(%Em) > 0. In definitiva: Y “© cio’ se ab > 14 ab—1 : 2 Se ora scegliamo a e b in modo tale che 5 a”6" > x +3, risultera bee ab- 1-50 f(a + hm) — f(z) ab—1 hin a > |Sml — [Rm] > 5 a™6™ = e(ab)™. Quando si fa tendere m all’infinito, hy, tenderd a zero, ¢ il modulo del rap- porto incrementale tendera all’infinito, cosicché la funzione f(z) non potrd essere derivabile. = 7 Alcune serie notevoli Cominciamo col calcolare i coefficienti di Fourier della funzione 2", 0 meglio del prolungamento periodico della sua restrizione all’intervallo [—n, m). Poiché la funzione & pari, si ha 27 2n2m (om) 2 ff 2m ay = . . Om FT 3 mentre gli altri coefficienti si possono calcolare come segue: : 7 2 afm = & [ 2 coskede =~ [ a2" sinkede = : ak ; 3 ‘ 4m m2 2M2m=1) Em = jk 2m-2 (2m-2 SDs a a), 4 : : Da questa formula, osservando che a = (—1)* ya Si ottiene per induzione Qm)! _2n?* (2s + 1)! Remo) * ml ag” = (yee Abbiamo allora, per [2] <1, ee Bye 2B (vt a eam cy Im+1*” mx QstDi” Ei ms 2m r cos kx. at 7 | Alcune serie notevoti 49 Da questa, ponendo z = 0, si ottiene Baye Om aS CE 2m + 1) Su Qst Di” Bi Row (721 om Se indichiamo con 9, la serie =D (ike ae ee Ia relazione precedente si pud scrivere 2m mal © =(—)"Q2m)! yrs 2)! a Feet = CVI + UD ST team ae ¢ dunque — pm Rae 2m =~ Soma prt = (1) Geri time Se poi si pone a = ae oe ao8 trova la formula di ricorrenza m a tam = 24-1) api Orm-28- 73] (28+ 1)! Esempio 7.1 Se poniamo m = 1 nella [7.3], otteniamo 7 a af Ose 5 720 Consideriamo ora le serie convergenti Vee nner eee of Serie di funzioni | Cap. 2 In altre parole, la quantith 2~"c, rappresenta la somma degli inversi delle potenze r-esime dei numeri pari. Ma allora, se si sottrae quest’ultima dalla serie 2,, si ottiene 1a somma degli inversi delle potenze r-esime dei numeri dispari: 1 Sree = Oks iy 77" ; Se poi da questa si sottrae ancora la quantita 2~'o,, si ottiene la differenza tra la somma degli inversi delle potenze r-esime dei numeri dispari e quella degli inversi delle potenze r-esime dei numeri pari; ovvero, dato che le serie in esame sono tutte lutamente convergenti: 1, — 270, =0,(1 — 2!" x _pktlpor = Biche =a, Si possono dunque ricavare le somme o, ¢ 7, dalle g,: art Or Oy a T= Or > In particolare, se r & pari (r = 2m), si possono utilizzare i valori dig, trovati in precedenza, o ricavabili dalla formula di ricorrenza (7.3], per ottenere le somme delle serie o,, 3, @ 1. Esempio 7.2 Si ha ee Apo ene (vedi Lezioni, cap. 2, Esempio 5.3) yl n= 2 op Si ha inoltre 8 ca m4= FO 7 jae r 8 | Serie trigonometriche e serie di Fourier 1 Esercizi Facendo uso delle formule precedenti, calcolare la somma delle serie seguenti 2 a Analogamente, sviluppando le funzioni dispari z?**! e ponendo poi z= ps calcolino Je somme delle serie che seguono: 5 (cpt SG spt _ ea 88. doar 1 e ae ps 70. Se nella [7.1] si pone z=, si ottiene una formula dalla quale si possono ricavare direttamente le serie orm. Trovare le somme di queste serie, € confrontarle con quelle oftenute in precedenza. 71. Trovare i coefficienti di Fourier della funzione e®#! (prolungata periodicamente fuori dell'intervallo (—x,7)). Calcolando la serie cosi ottenuta in z=0 e x=7, trovare la somma delle serie nd pc 120 n+ oF nao nae 74, Sviluppare in serie di Fourier le funzioni coshaz e sinhax (prolungate periodi- camente fuori di (—n,7)). Posto r=0 € x= nello sviluppo di coshaz, ritrovare gli svi- luppi degli esercizi precedenti. 8 Serie trigonometriche e serie di Fourier Abbiamo visto nelle Lezioni (cap. 2, §2) che se una serie di potenze converge a una funzione f(z), questa & sviluppabile in serie di Taylor, e quest’ultima coincide con la serie di partenza. Si potrebbe pensare che lo stesso valga per le serie trigonometriche, ¢ cio che, se la serie Seta cos nz +b, sin na) [8.1] Converge a una funzione f(x), questa risulti integrabile, e si abbia : a= [re cos krdx & = pf sin kx dz. “SPE ree eee 52 Serie di funzioni | Cap. 2 In realta le cose non stanno cosi, ed & possibile che la serie [8.1] converga per ogni x, ma la sua somma f(x) non risulti integrabile secondo Riemann, e dunque non possieda una serie di Fourier. In altre parole, esistono delle serie trigonometriche convergenti, che non sono serie di Fourier. Esempio 8.1 La serie pulls a>0 (8.2} one converge per ogni x (vedi Esercizi I, cap. 4, Esempio 2.3). D'altra parte, se 0 sin nz Seseeeeeesnesreseer ast on® = ne (nt+4hy* ‘ A ‘= Ora, seh Sm < 3h, risulta n+ 4h > Sh > 5m, © dunque ultima somma & maggiore di (-G)}ES2= J 9 | Serie ai Fourier complesse 33 DYaltra parte si ha anche, per ogni m € N, Smhish Smhe-th sans pe n=imhtl n® n=imit! 4h [n® (n+ 4h)* e dunque sin ues i) yy ed lea —) = 2, —** > cost x ho, f (i) nl ont cosicché la funzione f(x) non & limitata in un intorno dello 0. = 9 Serie di Fourier complesse In alcuni casi @ utile avere una formulazione leggermente diversa delle serie di Fourier, che fa uso delle funzioni esponenziali complesse e*#**, Date le relazioni di Eulero et = cos ka £1 sin ke, & naturale attendersi che lo sviluppo di una funzione periodica péssa essere scritto sostituendo gli esponenziali complessi alle funzioni seno ¢ coseno. Per questo, data una funzione f(x) periodica di periodo 2x, e integrabile in (0,2m), poniamo, per k € Z (k =0,£1,+2,...), a f= H | fone os. Qn ° Si vede immediatamente che f(k) = : . 1 (ay — 1b), © f(—b) = fk) = 5 (ax +ib). cosicché ax = fk) + f(—k) =2Re flk), by =f) — f(b) = -2 Im fi), © di qui: 2 dime = 2+ Sa cos kar + by sin kz). Ne segue che si possono riscrivere i teoremi di convergenza delle serie di ‘ourier in termini dello sviluppo in esponenziali complessi: in particolare la serie = Fdee** converge alla funzione L2*9*S@— 9) ypitormemente in ogni intervallo di comtinuita della f. . Ree ee Cree 54 Serie di funcioni | Cap. 2 Talvolta Ia considerazione dei coefficienti di Fourier complessi pud facilitare i calcoli. Esempio 9.1 Si sviluppi in serie di Fourier la funzione e7, prolungata periodicamente fuori di (-1, m1]. Si ha jk) = Lf givin gy = CONE =O) 1) = xe f ear = ee © quindi = DME") , yFe(e* Bee tea Esercizio 76. Calcolare i coefficienti di Fourier della funzione ze-*, prolungata periodicamente fuori di (—z, x). Noi ci serviremo dello sviluppo in serie di Fourier complessa per dimostrare un criterio di convergenza, diferente da quelli introdotti nelle Lezioni e ricordati sopra. Sia f(z) una funzione periodica di periodo 2x ¢ integrabile in (0,2n). Per y ER fissato, consideriamo Ia funzione fyts)- fy | I ewe (2) = Si ha owviamente Ly +2) ~ fly) = g(a)e"™ — g(a). Supponendo ora che |g] sia integrabile in (0,27), moltiplichiamo ambo i membri delequazione precedente per e-*** integriamo tra 0 € 2x. Ricordando che Mintegrale pud essere esteso a un qualunque intervallo di ampiezza 2, si ottiene facilmente se k #0: fliye” = 91k +1) - Gtk), mentre se k = 0; FO) ~ fy) = G01) ~ G0). 9 | Serie ai Fourier complesse 55 Sommando le relazioni ottenute, si ricava z= Pike = fly) + g(r +1) — G—n). (9.1) Supponiamo ora che risulti of (9.2) Passando al limite nella [9.1], si conclude che la serie di Fourier converge in y alla funzione f(y). Resta da studiare sotto quali condizioni si ha la [9.2]. Si vede subito che una condizione sufficiente & che f locas < 400, dato che per la diseguaglianza di Bessel x 1 ss 2 2 Elam = beh+ ES cet +e s [inet ’ Questa condizione si pud indebolire. Infatti si ha il lemma seguente. Lemma 9.1 Supponiamo che g(a) verifichi la relazione a ] |g(a)| da < +00. 19.3] Allora si ha lim, 900] = 0. 19.4] ay Dimostrazione. Come abbiamo gia detto (si veda la [2.11]) la [9.4] sussiste se lol’ da < +00, e dunque in particolare se g & continua. Sia ora g una funzione che verifica la [9.3]. Esiste una successione di funzioni continue g,, che converge 4g nella norma integrale, ossia tale che jim, f |9ma(x) — g()|dz = 0. 5 56 Serie di funzioni | Cap. 2 D'altra parte, si ha * ‘ Lat) ~ 9081 < 5 f JamC2) ~ | ; e dunque Tim sup |Gm(k) — g(k)| = 0. (9.5 erghed, Ora, tutte le successioni {Gm(k)}x sono infinitesime per k > too. Se cid non fosse vero per la successione 9(k), ad esempio se max im|g(h)| = M > 0, si oe avrebbe SUp |m(k) — 9(k)| > max lim |§(k) — Gyn(K)| = M, hed aed e la [9.5] non potrebbe sussistere. # Una condizione sufficiente pid maneggevole di quella data & la cosiddetta condizione di Dini. Teorema 9.1. Sia f(x) una funzione periodica, limitata e integrabile in (0,2n). Se per un fissato y ER e per qualche r > 0 risulta i dr < +00, 19.6] f+ - fy £ allora la serie di Fourier di { converge in y a f(y). Dimostrazione. Si ha f@+y-fy) x e g(a) = a: Ora la funzione = é limitata in (0,2), e quindi risulta f |g(a)| da < +00, Poiché g & periodica, da questa relazione segue ane Ig| dz < +00. Der B 9 | Serie di Fourier complesse 57 D’altra parte |e — 1| > P > 0 in [r,2” — r], quindi der i lg(a)|dz < 4xP ' sup |f|, ¢ dunque in definitiva oe [wear < +00. 8 0 Esempio 9.2 La funzione f(z) = |z|°, 0 < a < 1 (prolungata periodicamente fuori dell’in- tervallo (—x, m1), verifica la condizione di Dini in ogni punto y. Infatti, se y #0, \yl 2 di classe C' in un intorno di y, e quindi, preso r=“, si ha ' 2 i fat+y- fw © dz < 2r sup |f'(E)| < +00. Tyr) Se invece y = 0: ’ Esercizio 1 £@) - 50) 7 L040 =f |z|*-' da < +00. » 1 ‘77. Dimostrare che, se f(z) ha una discontinuita di prima specie in y, le condizioni fi 0 | =)~fy-9 7 0 dr < +00 Sono sufficienti a garantire la convergenza della serie di Fourier di f in y al valore La+0+fu-9 2 Vee eee er eee e Serie di funzioni | Cap. 2 10 Esercizi vari Trovare l'insieme E di convergenza puntuale delle serie che seguono, ¢ indi- viduare i sottoinsiemi di Z in cui la serie converge totalmente. ee 79. Yo n2sinz 80. 2 sin (*) ine a a a. Da ee 83. Ledistiz, 2" | ant Ten mi sa gs, Een a6, 2 + Ger a+ ay" net )+3% +207" aaln n=l n eo ees 88, & sin( sin? ) 89. ia rel 1+" 90. Liz" +327 91. oe a min ii . oo ce 93, 2 nia 94 “t 95, Ye ar'an! 96, Yea 97. © sin 2 98, > Vet m fs ees 99, Leet 17 100. area wor. 2 nz" a = : i 1 Inlangé2 102. & — 103, Ven —2arctgs") 104, Eze 106. © 2¥n 107. Y (cos 2 — cos =) nal n=l 2n 108, 2 nhc 109. U2" In CE CCCCCCGqTrn Capitolo 3 Equazioni differenziali Si chiama equazione differenziale (di ordine n) un’equazione del tipo F(t,uu', che lega tra loro la variabile indipendente ¢, la funzione incognita u, ¢ le sue derivate fino all’ordine n. Si dice che la funzione u(t) & una soluzione dell’e- quazione data nell’intervallo (a, 6), se essa & continua in (a,b) assieme alle sue derivate fino all’ordine m e per ogni t € (a,b) risulta F(t, u(t), u'(e), -..,.u"() = 0. Pit generalmente, si possono considerare sistemi di k equazioni differenziali (non necessariamente tutte dello stesso ordine) in altrettante funzioni incognite. Peraltro, come si @ visto nelle Lezioni (cap. 3, Esempio 1.3), ogni sistema @ equi- valente a un sistema del primo ordine, cosicché in linea di principio ci si pud Timitare a questi ultimi. Questa osservazione facilita molto 1a teoria, che pud essere limitata ai soli sistemi del primo ordine senza ledere la generalit’. Abbiamo visto nelle Lezioni (cap. 3, Teorema 2.1) che, sotto opportune ipotesi di regolarité per la funzione f, si pud sempre risolvere il problema di Cauchy: { u’ = f(t,u) U(to) = Uo in un intorno del punto to. Quando perd da questo teorema generale si voglia Passare alla soluzione esplicita di una data equazione differenziale, ci si accorge che cid & possibile solo in un numero molto limitato di casi. Cominciamo a esa- minarne alcuni, iniziando da quello relativamente pit: semplice delle equazioni del Primo ordine. . Equazioni differenziati | Cap. 3 1 Equazioni del primo ordine \ (a) Equazioni lineari Si dice lineare un’equazione della forma ul + a(tju = be), con a(t) ¢ b(t) funzioni assegnate della variabile ¢. La soluzione generale di questa equazione “40 (foe dee), dove si sono indicate con A(t) una primitiva della funzione a(t), ¢ con ¢ una co- stante arbitraria. uo Esempio 1.1 Integrare I’equazione differenziale sint q ul +utgt=———.. Bro Tysint Una primitiva della funzione a(t) =tgt a= f wears ~ In cos t. Si ha inoltre i] eAO H(t) dt = if eG, cos t (1 +sin t) Quest’ultimo integrale si pud calcolare con la sostituzione z = sin t: i meee cost(1+sint)” J (—ad+2) qinle-U+ Ginfetll + 1 A+) In conclusione, la soluzione dell’ equazione differenziale assegnata & cos t u=c cos t+ >———_ +. — 21 +sint) 4 con ¢ costante arbitraria. = _ 1 | Equazioni det primo ordine a Esempio 1.2 Integrare 'equazione differenziale fe —e*)s7 dx = Feist 42e4 Qe e La soluzione dell’equazione proposta & allora 1 2 4 a {(er3e) eee e2ee2}. . Esercizi Trovare la soluzione generale delle seguenti equazioni differenziali: 1. ul +usint = (1 +coss)sint ul use 3.u!-—__*___= T+cost+sint 4 S.uszusedst Moet z ve Qu a ul = ' as 8u'- part re 7 Sine / 2u A ‘a 10. v- eel My =ylne+s* 12. y! + ycosa = sin 2x By _ wsing a of — PRE mcosssige 1M yf tytgz= sin2z 16. 2y/ — + (b) Equazioni a variabili separabili Si dicono a variabili separabili le equazioni differenziali del tipo ul = fg. Osserviamo innanzitutto che se @ & uno zero della funzione f (ciot se f(a) = 0). la funzione costante u = a & soluzione dell’equazione. Se u non @ costante, allora, 62 ‘oni differenzi | Cap. 3 per T'unicita della soluzione, u non pud mai assumere il valore a, e dunque si ha sempre f(u) #0. Dividendo per f(u) e integrando, si ottiene una soluzione nella forma implicita Glu) = Git) +r, dove B(u) e G(t) sono due primitive rispettivamente di 1/f(u) e di g(t), eX una costante arbitraria. Se la funzione © @ invertibile, si pud ottenere esplicitamente la u come funzione di t: u=B(G(t)+d). Esempio 1.3 Integrare l’equazione ul =(1+2t)e%, Procedendo come descritto, si ottiene eats te, e dunque u=Int+t +c). « Esempio 1.4 Integrare Pequazione yyy — Det). Lequazione ammette le soluzioni costanti y = 0 e y = 1. Dividendo per y(y — 1) € integrando, si ottiene feteave ggites, dove A= e° & un’arbitraria costante Ppositiva. —_——— 1 | Equacioni det primo ordine 63 Possiamo sbarazzarci del valore assoluto al primo membro consentendo alla costante A di prendere valori anche negativi; si ha pertanto ol Ae, y dunque in conclusione 1 TT Ae Da notare che se non avessimo consentito anche valori negativi di A, avremmo dovuto distinguere i casi y <0, y > I (nei quali la formula precedente, con A > 0, fornisce la soluzione) dal caso 0 0. = Una certa attenzione si dovra fare nell’invertire la funzione &, se si vogliono . evitare spiacevoli sorprese. Esempio 1.5 Trovare la soluzione del problema di Cauchy: 1+2x cos y y(0) = y= La soluzione generale dell’ equazione differenziale si ottiene moltiplicando ambo i membri per cos y e integrand siny=a?+a+e. La costante ¢ viene determinata imponendo la condizione y(0) = 7: si ottiene ©=0, ¢ dunque sin y A questo punto si potrebbe essere tentati di scrivere y = arcsin(2? +2). Natural- mente cid non é lecito, in quanto risulterebbe y(0) = arcsin(0) = 0, e non sarebbe sod- disfatta la condizione iniziale. II fatto & che la funzione seno non @ invertibile lobalmente, e la funzione arcoseno @ l’inversa della restrizione del seno allin- J. A noi interessa invece invert il seno in un intomo del punto m. TSP nee a Equazioni differenciali | Cap. 3 Per questo, consideriamo Ia funzione z= y — 7; si ha (0) =0, e sin z= —sin y=—z?~a, da cui z= —aresin(x’ +2), e in conclusione y= —arcsin(z? +2). « A equazioni a variabili separabili si possono ricondurre facilmente le equazioni del tipo y= flart+bytc), b#0. Basta infatti introdurre la nuova funzione incognita u=ar+byte, con la quale l’equazione data diventa uw! =a+bf(u), che @ a variabili separabili. Esempio 1.6 Risolvere l’equazione y' =sin(@2+y+3). Con la sostituzione u =z +y +3, si ottiene Tequazione a variabili separabili wl =1+sinu, che si risolve come sopra, ottenendo ii du 2dt 2 2 ates | —_e oe l+sinu (+t? l+t +t S) da cui: 2 = —2aret; > : a= -tena(+ 2) 1 | Equazioni det primo ordine 6 ¢ in conclusione: Esercizi Integrare le seguenti equazioni differenzial cy 19. yy’ +(y+2)sin? x =0 18, zy! +y? =3y Y sing 20. ey! = ye +2) 24, csinzsiny ~ (I~ cosyy! = 28. y =a ty) 26. y/ =y? Ine +3) 271. yy — 3+ 1) = (y— (e+ Dp. (©) Equazioni omogenee Si dicono omogenee le equazioni della forma Tali equazioni si risolvono ponendo y = xu, con u nuova funzione incognita, Ri- sulta y' = cu' +u, e dunque u)~u yf z Quest’ultima equazione @ a variabili separabili, e si risolve con i metodi della sezione precedente. Esempio 1.7 Integrare l'equazione differenziale pre L Us ry Lequazione & omogenea, con f(u) = u-'+ u. Procedendo nel modo detto so- Pra, si ottiene l'equazione a variabili separabili 1 66 Equazioni diferenziati | Cap. 3 la cui soluzione & lye Injz| +e, 2 da cui: y=aV2injz|+e. « Esempio 1.8 Integrare lequazione differenziale yor ytr Posto y = xv, si ottiene ; v= m'+v= vel e dunque vd+v) 1 l+v? a e integrando 1 ae arctgy + 5 In(l +02) =—In|z|te. 0 Come si vede, in questo caso non si riesce a invertire elementarmente la funzione ®, © dunque la soluzione sari data in forma implicita dall'equazione precedente, dove si ponga v = y/z. Esercizi Integrare le seguenti equazioni differenziali: 33, dzyy' (a - yy =0 362 (2+ wy! =2/a9 go, y= va ting — In) a —Ing+Iny) a 1 | Equazioni det primo online 7 L’equazione di Bernoulli Si chiama “di Bernoulli” un'equazione differenziale del primo ordine della forma y' + a(a)y = b(x)y", dove a si pud supporre diverso da 0 € 1, dato che altrimenti abbiamo a che fare semplicemente con un’equazione lineare. Una tale equazione si pud risolvere con diversi metodi. Esempio 1.9 Si risolva Vequazione ' 342 ytryaay. Cominciamo col considerate l’equazione y! + zy = 0, che ha soluzione y = ce~*" Cerchiamo allora per la nostra equazione una soluzione del tipo yse(rje*?, Siha y' = —2e(x)e~*/? + ¢'(a)e~*”, che introdotta nell’ equazione di partenza di de Fh Questa equazione @ a variabili separabili. Risulta © dunque | i De®? dn +d, ¢ dove si & indicata con una costante arbitraria. In conclusione: 1 21 = =(2 +267 42, ¢ © quindi: ee +247 * Un secondo metodo per risolvere un’equazione di Bernoulli consiste nel com- Piere la sostituzione ys 2ihi-a, 68 ‘quazioni differenciali. | Cap. 3 Inserendo questo valore di y e I’espressione corrispondente gla! l-@ nell’equazione di Bernoulli, quest’ultima si riduce a z'+(1— a)a(a)z = (1 ~ a)b(2), che & un’equazione lineare Esempio 1.10 Si risolva Pequazione =y? sin z. y 7 z= Posto y = 27 si ottiene l’equazione sin x cos © 4 2cosa—4 zr @ Infine, un terzo metodo di soluzione consiste nel porre y = uv, con ue v fun- zioni da determinare. Cosi facendo, Mequazione diventa u(y! +av) + vu! = buy”, A questo punto si prende per v una soluzione dell’equazione v' + av = 0; con questa scelta si ottiene butye! uw che @ a variabili separabili. Si riconoscer& facilmente che questo metodo non & altro che una parafrasi di quello descritto per primo. 1 | Equacioni det primo ordine 69 Esempio 1.11 (Un modello per la propagazione delle cpidemie). Indichiamo con S(t) la percentuale della popolazione che non ha contratto la malattia al tempo , ¢ con M(t) =: 1 — S(t) la percentuale di malati, sempre al tempo t. Supponiamo che la probabilitd che una persona sana si ammali sia proporzionale alla probabilita che un sano ¢ un malato vengano a contatto, ¢ dunque al prodotto S(t)M(t). Si ha allora Pequazione differenziale M(t) =kM@I — MI. fy Questa equazione si pud integrare con uno dei metodi descritti sopra. Se indi- chiamo con Mo la percentuale di malati al tempo 0, si ha Moe MO= TRH D+ In particolare, quando t > +oo si ha M(t) — 1; in altre parole, tutta la popola- zione finisce per essere contagiata. Naturalmente si tratta di un modello drasticamente semplificato; ad esempio si ammette che i malati restino sempre contagiosi, cosa che usualmente non ac- cade. Comunque, l'equazione [1.1] @ alla base della maggior parte dei modelli di diffusione di contagi. = Esercizi Integrare le seguenti equazioni differenziali 40. y' y 1 ee ee Y~ 70428 y 4 Wl + Gey Ot 2 y' —3y= Py sine 43. y! -2 Aer + OVy rt 45. y+ sy = yl + 2%) VRP - Equasiondifernciati | Cap. 2 (e) Soluzioni in forma parametrica Un'equazione del tipo z= Hy,y') si pud risolvere considerando p = y' come variabile indipendente, e x e y come funzioni di p: x = 2(p), y = y(p). Quest'ultima si pud ricavare derivando Pequa- zione originale rispetto a y: 1_ dr _ Ov , av dp p dy dy dp dy’ ovvero: dy dp p oy © integrando l'equazione differenziale cosi ottenuta. Introducendo l'espressione y(p) nell’equazione originale, si ricava x(p) = W(y(p),p). Se poi & possibile invertire la funzione x(p), inserendo la funzione inversa p(z) nell’espressione y = y(p) si trova esplicitamente la soluzione y in funzione di x. Inutile dire che cid avviene molto di rado. Esempio 1.12 Si risolva equazione cay'e”’. In questo caso la funzione 4 non dipende da y, ¢ i calcoli sono molto sempli- ficati. In particolare si ha subito a(p) = pe?, mentre la y si ottiene dall’equazione che integrata da y=(p— plete. = In maniera simile si trattano le equazioni del tipo yaa), che @ simile al precedente, con i ruoli della z e della y s me sopra, si ricavera la funzione «(p) derivando rispetto a x l'equazione y = (x, p) 1 | Equazioni det primo ardine 7 ambiati. Procedendo co- ¢ integrando l’equazione differenziale cosi ottenuta: Cid fatto, si ottiene subito Pespressione y(p) = +(2(p), p). Anche in questo caso, sione esplicita y = y(x) ogni volta che sara possibile invertire si otterrA un’ espres: Ja funzione x(p); in caso contrario ci si accontentera della soluzione in forma para- metrica x = x(p), y = y(p). Esempio 1.13 Si trovino le soluzioni dell’ equazione yoaty e+ ay!, Operando come detto sopra, si ottiene l’equazione — 2f(p) 2f(p)’ dove si & posto f(p) = p-e. Quest’ultima equazione @ lineare, e si risolve facil- mente, grazie anche alla forma speciale del coefficiente della x. Si ha infatti *| ie c—(p+ le ?sign(p), P_p(ptle??. a Un caso particolare ma interessante & costituito dall' equazione di Lagrange, e cio® da un’equazione del tipo y=zfy) toy). Procedendo come sopra, si perviene all’equazione pa'(p) = f(p)x'(p) + 2(p) f'(p) + 9'(p)- Ree eee ee 72 Equazioni diferencia’ | Cap. 3 Quest'ultima & un’equazione lineare, che si pud integrare ottenendo una fun- zione x(p), che inserita nell’equazione originale da la y in funzione di p, ¢ dunque la soluzione in forma parametrica. Esempio 1.14 Si risolva Pequazione y = 2xy' +c0s y/. Operando come descritto, si ottiene 'equazione f+ 25 SEP P P la cui soluzione é d= pcos p+sin p ee 2p) = (AER). Inserendo questa espressione della x nell’equazione iniziale y = 2xp+cos p, si ottiene 2A+2 sin p— pcos p - : y(p) = che insieme alla precedente da la curva integrale in forma parametrica. = Un caso particolare dell’equazione di Lagrange si ha quando f(p) = p. In questo caso I’equazione prende il nome di equazione di Clairaut. Se si applica il metodo descritto sopra, non si ottiene un'equazione differenziale, ma lequazione r+g'(p)=0 Ricavando p in funzione di x (ovvero invertendo la funzione g’) e introducendo la funzione cosi ottenuta nell’equazione originale y = zp +(p), si ricava una fun- zione y(x) che talvolta, ma non sempre, & soluzione dell’equazione. Per decidere se la funzione trovata 2 0 non @ una soluzione, bastera ovviamente fare la prova; in Caso positivo essa prende il nome di soluzione o integrale singolare. La soluzione generale & invece un polinomio di primo grado, e precisamente yacx+g(c), con ¢ costante arbitraria; come si pud vedere facilmente facendo la prova. « J 2| B 73 _quaziom di ordine superiore Esercizi Integrare le seguenti equazioni differenziali: 50. y= (y' — tgy') +cosy! 51. rapt 52. y=4ay! +Iny! 53. y= 3zy!—y!Iny! 4 yay? = 2zy!?+y!Iny! 57. ysay+y) 2 ; pay eet 59. y= ay? +(y!— Del y aay — H+ ew 61. y=21y' — sing’) +siny' + cosy xy? — 2y3)+Iny! y) 64. c= Yay Der 65. 2=~4Iny vf y 6. z= Xsyiny 67. c= Lsyiny y y 2 Equazioni di ordine superiore Tranne alcuni casi speciali, le equazioni differenziali di ordine superiore al primo riescono raramente integrabili esplicitamente. Discuteremo qui alcune situazioni in cui l’integrazione & possibile. (a) Equazioni lineari a coefficienti costanti Si tratta del caso di gran lunga pitt importante, che @ stato trattato diffusamente nelle Lezioni (cap. 3, $6). Ci limiteremo qui a riassumere i risultati. Le equazioni in questione sono del tipo P(D)u = f(z), dove P() & un polinomio di grado n: P(A) = tay A" +... + aA +a. La soluzione generale dell’equazione data si ottiene sommando a una soluzione Particolare la soluzione generale dell’equazione omogenea associata P(D)u =0. CRP ee 7 Equazioni digferenciali | Cap. 3 Comineiamo col trattare quest’ultima, La soluzione generale dipende dalle radici del polinomio P(A), e cio® dalle soluzioni dell’equazione algebrica PO) = 0. Il teorema fondamentale dell’algebra assicura che il polinomio P(A) ha n radici, se queste si contano con Ia loro molteplicita. Si pud allora scrivere P(A) = (A = AA = A2)™ A= Ag), con m) +m +... +m =n. Cid posto, la soluzione generale dell’equazione omo- genea si determina, come si & visto nelle Lezioni, nel modo seguen (a) Per ogni radice reale, di molteplicita m, si hanno m soluzioni linearmente indipendenti, e precisamente le funzioni Qaye™, dove Q & un polinomio di grado m— 1, dunque dipendente da m costanti arbitrarie. (b) Se A=a-+i & una radice complessa di molteplicita m, allora anche A=a — if @ una radice con la stessa molteplicita. In questo caso, alla coppia di radici ¢ X sono associate le soluzioni Qu(a)e® sin Ba + Qo(x)e* cos Br, con Q: € Q2 polinomi di grado m — 1. In particolare, quando la radice & semplice, si avranno le soluzioni ce** se AB reale, © cye** sin Ax + cxe% cos Bx se A= a+if & complesso.! Esempio 2.1 Trovare le soluzioni dell’equazione differenziale y" —3y'+2y=0. U polinomio associato & P(A) = A? — 3A+2, che ha radici A, = 1 ¢ Ap =2, La Soluzione generale dell’equazione & dungue y=ce+ce*, a» ' E evidente che cid vale solo nel caso di ‘equazioni a coefficienti reali. Se inyece avessimo a che fare Son Sauazioni a coefficienti complessi, lintroduzione delle funzioni seno e coseno (di argomento complesso) sarebbe inutile: per ogni radice d(reale o complessa) di molteplicita m si introdurra semplicemente un termine Q(ae**, con Qiz) polinomio di grado m ~ 1 a coetficienti complessi. 2| ‘quacioni di ordine superiore 7 Esempio 2.2 Integrare 'equazione differenziale y? —2y!" 4 2y" — 2y! #y =0. I! polinomio associato P(A) = At — 243 +24? — 2441 ha radici 1 (doppia), 7, e — 2. Pertanto la soluzione dell’equazione sara y=(ciztea)e® +05 sin a +¢4 COS zm Veniamo ora allo studio dell’equazione completa P(D)u = f(x). Come abbiamo detto, sara sufficiente trovarne una soluzione particolare, in quanto la soluzione generale si otterri sommando a questa le soluzioni dell’equazione omogenea. Il caso pid semplice si ha quando il secondo membro f(z) @ il prodotto di un polinomio per una funzione esponenziale (ed eventualmente per un seno o un coseno): f(z) = Rize cos Bx + S(a)e™* sin Ba. Se il numero complesso A= a+i@ non & una radice del polinomio P(A), si cerchera una soluzione dello stesso tipo, e cio’ u(z) = Ry(x)e* cos x + Si(x)e™ sin Bx, con R; ¢ S; polinomi di grado uguale al maggiore tra il grado di Re quello di S. Si noti che anche se R & zero, 0 in altre parole se il secondo membro contiene solo sin Bx e non cos Bz, la soluzione da cercare conterra sempre ambedue i polinomi R; ¢ $1. Esempio 2.3 Si trovi una soluzione dell’equazione ul" —us=ze™. Il polinomio P(A) = \? — 1 ha radici semplici 1 e — 1. Poiché il coefficiente dell’esponenziale 2 (si noti che # = 0) non & radice dell’equazione P(A) = 0, si cercheri una soluzione del tipo uta) = (ax + be. Si ha ul =(Qaz +2b+a)e*, u" = (dar +4b+4a)e™*, % Equazioni digerenciati | Cap. 3 e dungue ul —u = (3az + 36+ daje* 1 4 5 Dovra risultare pertanto 3a = 1 e 36+4a=0; cosicché a= > e b= -2. La soluzione cereata @ dunque oly 5) 22 oo e la soluzione generale si ottiene sommando a questa la soluzione dell’ equazione omogenea cye* +c2e77. = Esempio 2.4 Trovare la soluzione generale dell’equazione differenziale x sing. II polinomio associato all’equazione data @ P(A) = 43 — A, che ha radici 0, 1 e —1, Pertanto la soluzione generale dell’equazione omogenea & u(x) = c) + c2e7 +c3€ *. Poiché il numero j (il coefficiente dell’ esponenziale relativo a sin z) non & una radice di P(A), si cerchera una soluzione del tipo u(z) = (ax +6) sin x + (cx +d) cos x. Si ha d~ ca) sin z+ (az +b+c) cos x — ax — b— 2c) sin x + (2a—d~ cx) cos x ul" = (cx +d ~ 3a) sin + (— ax — b — 3c) cos x, e dungue a = (2ex + 2d — 4a) sin x +(— 2ax — 2b — de) cos a. I In conclusione si ottiene a = d = 0, 6 = —1, ¢ = =. € dunque la soluzione : 2 generale & 1 u(x) = ¢) +e2e* +e3e 7 — sin r+ 52 cos x. 2.| Equacioni di ondine superiore ” Si noti che i calcoli sarebbero stati semplificati se si fosse osservato fin dall’inizio che, poiché la funzione data « sin x @ una funzione pari, la derivazione cambia funzioni pari in dispari e viceversa, la soluzione u(x) doveva essere una funzione dispari, e dunque le costanti a e d dovevano essere nulle, come si & yerificato a posteriori? Se poi il secondo membro & la somma di due o pit termini del tipo detto, pastera trovare una soluzione per ognuno di essi, e poi sommare le funzioni cosi ottenute. Esempio 2.5 Si integri l'equazione uf sin t — Lrequazione omogenea ha soluzione generale ce" +cxe~'. Cerchiamo ora una soluzione dell’equazione u" —u = sin t, della forma a sin ¢ (il termine 6 cos ¢ non : = : occorre per quanto detto sopra). Si ha u"=—u=—asint, da cui a= 7: Per quanto riguarda infine la soluzione dell’ equazione wu" — u = — t, si trova subito u=t. In conclusione, t u(t) = ce’ +e2€ ' - sin t+t nig & la soluzione generale dell’equazione completa. = Veniamo ora al caso in cui il coefficiente 4 dell’esponenziale a secondo membro sia una radice dell’equazione caratteristica P(A) = 0. In questo caso, per ottenere una soluzione dell'equazione P(D)u = Q(a)e** si dovra porre u(x) = x" Rae, dove m & la molteplicita della radice A e R(z) & un polinomio di grado uguale @ quello di Qiz). 2 Questo ragionamento é applicabile soltanto quando al primo membro ci sono solo derivate di ordine Pari (che non cambiano la parita della funzione) o solo derivate di ordine dispari (che invece la cambiano}, Quando invece ci sono derivate di ambedue i tipi, si dovra procedere secondo la regola generale. VPP eee 78 Equazioni differenziali | Cap. 3 Esempio 2.6 Integrare l’equazione I polinomio A° — A ha radici 0, 1 ¢ — 1. Pertanto la soluzione generale dell’equa- zione omogenea associata u(z) = ¢) +e2e* +03€7*. Il secondo membro la somma di due funzioni del tipo polinomio-esponenziale, con coefficienti dell’esponenziale 0 e 1, ambedue soluzioni dell’omogenea. Si dovranno allora cercare soluzioni del tipo u\(x) = c(ax? + br +0) per il termine 2, e up(a) = axe? Per il termine ¢*. Si potra osservare comunque che, essendo 2? una funzione pari, € comparendo a primo membro solo de ate di ordine dispari, la funzione w, dovra essere dispari, cosicché 6 = 0. Si ha allora uy =3az? +c, wl =6az, ul = 6a, € con semplici calcoli si ottiene a = e dungue I 2. Analogamente si trova a = v 1 u(x) = ey + ene? +c3e77 — 1 3 ~ lot 5 zee Con un metodo simile si trata il caso in cui al secondo membro compaiono funzioni seno e coseno. Esempio 2.7 Risolvere l'equazione differenziale y! — 4y! + Sy = ze?” sin x. Il polinomio P(A) ha radici 24%, e dunque la soluzione dell’equazione omo- genea é y=cie™ sin c+ cos x. 2| Equacioni di ondine superiore 79 Il coefficiente dell'esponenziale a secondo membro ® radice dell’equazione, e dunque occorrer’ cercare una soluzione del tipo u(x) = e*[(ax + 6) sin x + (cx +d) cos x), Eseguendo i calcoli si ottiene a=d=0, b= > , cosicché la soluzione generale dell’ equazione & ( oe ) in c+ LON cit za) sinat (er 72°) cosa]. = La ragione per la quale il metodo che abbiamo studiato finora @ utile per trat- tare secondi membri del tipo polinomio-esponenziale & che queste funzioni resta- no invariate per derivazione. Esse peraltro sono le sole funzioni con tale proprie- 12, € quindi se il secondo membro contiene funzioni diverse da queste si dovra ricorrere ad altre tecniche. Talora @ utile il metodo di variazione delle costanti. ya) = Esempio 2.8 Integrare I’equazione y"-yavite. La soluzione generale dell’omogenea & oe ce” +c2€ Cerchiamo dunque una soluzione del tipo u(x) = ¢\(x)e* + c2(z)e~*. Si ha chet + chen? + cre" — cre Imponiamo ora alle funzioni ce; ¢ ¢2 di verificare la relazione 0 che + che (cid & possibile, in quanto abbiamo a disposizione due funzioni per verificare una Sola equazione, e dunque possiamo imporre una seconda relazione). Cid fatto, si ha sclet — che + eye? #0207, i Equazioni iferenzia | Cap. 3 e dunque vite, wu" — ua cle — che una relazione che unita a quella imposta in precedenza da Integrando, si trova c= inViee — 1) ~ “2 Os -ha +e)Vite +a, e dunque 1 y=ae"+aye*— jte Wire + In(V1 +e — 1) ~ yan gvite . A un esame del procedimento seguito, risulta chiaro il motivo per cui abbiamo imposto la condizione ausiliaria sulle funzioni c; e c2. Cosi facendo, infatti, alla fine compaiono solo le derivate prime di queste funzioni, che quindi possono essere determinate con semplici integrazioni. Ese Integrare Ie seguenti equazioni differenziali: 68, y" + 3y! = (23 — Let 69. y" — ay! + 3y = ze* 70. y" — 2y = (a — 1)sing 71. y!' +3y = 2e* 1 2, ylay! 73. yl" — l+e= 7A. y! + 3y! = ay = ae 1 Iter 16. 4" — By! +2y = (b) Equazioni che si riducono a ordine inferiore In taluni casi un’equazione differenziale si pud ridurre a una di ordine inferiore. Cid @ interessante Soprattutto nel caso delle equazioni del secondo ordine, che in tal modo si riducono al primo, e dunque possono essere trattate con uno dei metodi visti nel paragrafo precedente. 2| Equacioni di ordine superiore 8 Il caso pid semplice @ quello di equazioni che contengono solamente la derivata di ordine massimo n, ed eventualmente quella immediatamente inferiore, di ordine n—1. Nel primo caso si ha l’equazione y" = f(x), che si risolve con n integrazioni successive. Nel secondo, l’equazione y= fay) (n-1) si riduce, ponendo y u, all’equazione del primo ordine u! = f(a, u). Una volta trovata la soluzione u(x) di quest’ultima equazione, una successione di n — 1 integrazioni fornisce la funzione y(x) cercata. Esempio 2.9 Integrare l’equazione: @+ip Posto y" =u, l'equazione diventa 2 eT 4a? che ha soluzione 21 +2)? l+cl+zy Ru u(x) = y"(a) = Per eseguire 'integrazione si devono distinguere tre casi, a seconda del segno della costante c. Per semplificare i calcoli porremo «+1 = (1) ¢=0. In questo caso si ha y" = 2t?, e dunque al teets = eitte2. ure it + 2. (2) ¢ > 0. Posto allora ¢ 2 arte 2 y “@ lta a Integrando, si ottiene 2 2 = — Sarctgat +e, e a In( + a7#?). eae oe at+ cit ter — Tarctg Vee ere Cr eee = Enquacioni diferencias | Can. 3 (3) ¢ < 0. Ponendo ¢ = — b*, si trova con calcoli analoghi ai precedenti i tatte - z [ot — Din|ot — 1] ~ e+ 1)Injbe + AY). y Un secondo caso nel quale si pud ridurre lordine dell’equazione & quando questa non contiene esplicitamente la variabile indipendente x. Se infatti abbiamo Vequazione Fiysysy") =0, si pud considerare y come una nuova variabile indipendente, e porre y’ =u. Si ha allora 1 du _dudy du Oe Ge dy dey? ¢ inserendo quest’ultima espressione nell’equazione data, si ottiene du F(uuus) =0, che & un’equazione del primo ordine. Se quest’ ultima equazione ha soluzione u = f(y), si perviene all’equazione a va- riabili: separabili ' y SY), che risolta fornisce la y in funzione di 2. Esempio 2.10 Integrare l'equazione gy" yl? =y! Operando come detto sopra, si ottiene Mequazione yuu’ — e, ponendo z Questa & un’equazione lineare, la cui soluzione & cy ty. -——_-—————— 2] kau ‘oni at ordine superiore Si ha allora aay’ = Vor ty = |ylvery Una soluzione di questa equazione & y = 0, cosa che si poteva vedere gid dal- Fequazione originale. Le altre soluzioni saranno sempre positive o sempre negative. Supponendo y > 0, si ottiene a yvety ¢ dunue, ponendo y | ds stas fs Liintegrazione di quest’ultima si fa come sopra, =1, inguendo tre casi: (1) ¢=0. In questo caso lequazione si pud integrare immediatamente, senza introdurre la nuova variabile s. Il risultato & 1 ote ae Si pud di qui ricavare la y: Qaewrre) jr eave” (3) ¢=—b? <0. In questo caso l'integrazione da da cui si ricava $= btg[bz +c.) 84 Equation differenciatt | Cap. 3 ¢ in conclusione eee ee are y= V3 +E = V/blte* {bx +e1)} +1] [eos[ba Fen" Esempio 2.11 (La caduta di un grave in un campo gravitazionale). Due corpi puntiformi di massa me M si altraggono con una forza data dalla legge di Newton: dove r & la distanza e k é la costante gravitazionale. Se supponiamo che la massa M sia molto pit grande della m (come avviene nel caso di un grave nel campo gravitazionale terrestre), potremo assumere che solo il corpo pid piccolo si muova; inoltre, se il grave viene lasciato cadere da un punto a distanza ro con velocita iniziale nulla, i] moto si svolgerd tutto lungo Ia retta che congiunge i centri dei due corpi, e la legge di Newton f = ma conduce all’equazione differenziale dove si & posto « = kM. Lequazione differenziale si pud integrare ponendo r' = v, e considerando v co- me funzione di r. Si ottiene vas, a F che integrata da 2 _ 2a +e. r La costante ¢ si determina osservando che il grave parte con velocita nulla, € cio® che v(ro) =0. Di qui: 1 To u(r) = —V2a 5 Per trovare ora la funzione r(t), si dovra integrare l'equazione a variabili sepa- rabili r ro ioni di ordine superiore 85 Se si pone w(t) y2 — si ottiene integrando, e osservando che w(0) = r 7 Viet = 2th 5 troy ro arctg wy/ro = Vrrolro — 7) +roy/roarctg yf © a L+row? moor da cui infine, posto a =grj e w= 8p = ull — 0) + aresin ° Si pud ritrovare la formula classica della caduta libera dei gravi nel caso in cui u & piccolo, ¢ cio’ quando ro — r, lo spazio percorso dal corpo in caduta libera, & piccolo rispetto a ro. Sviluppando il secondo membro si ottiene To. 29 5, a va(i-3 3 u)eya(teju 1) +00) = 2% — Jat Oui?) e quindi a 2 +O(u3). ro 3 Infine, ricavando u in termini di t e indicando con s = ur = ro — r lo spazio percorso, si ottiene 1 300°) che percorre- rebbe con un’accelerazione costante, uguale all’accelerazione iniziale. Cid era peral- tro prevedibile, dato che via via che il grave si avvicina alla terra la forza attrattiva aumenta. = In conclusione, il grave percorre pit spazio di quello ( Si noti che si sarebbe potuta eseguire la prima integrazione semplicemente moltiplicando per 2r’ ambedue i membri dell'equazione differenziale r" Questa osservazione si applica in generale a tutte le equazioni del tipo y" = fy), che, moltiplicando ambo i membri per 2y' e integrando, si riducono immediata- Mente alla forma 2 =2Fy) +e, con F(y) primitiva della funzione f. VRP 86 Equazioni differenziati | Cap. 3 Esercizi Integrare le seguenti equazioni differenziali: 78. yy +1=0 79. yy" ing 7° 80. ry" ty! = 3 81. yy" ~ yy’ — y!2=0 82. y"(1 — 27) + 221 ty!) =0 83. y"+y/?+1=0 y 84. (yt Iny)y" + y/24 0 85. (14 22)y" 241 <0 87. yy" =y"d ey". 88. Esaminare il comportamento delle soluzioni dell’equazione dell"Esempio 2.9, quando si fa tendere ¢ a zero. (c) Equazioni di Eulero Si chiama “di Eulero” un’equazione differenziale del tipo DU tage” lu + payae! + agu = f(z) CON do, a1, a2, ...,4,-1 costanti. L’equazione di Eulero & un’equazione lineare, come si vede facilmente dividendo per x”. Notiamo che il punto x = 0 & un punto singolare per I'equazione, cosicché le soluzioni di questa saranno definite per x > 0 © per « <0. Una tale equazione si risolve introducendo una nuova variabile indi- Pendente ¢, legata alla x dalla relazione x =e! (se «> 0; se x <0 si prender’ c=~el), Esempio 2.12 Si integri lequazione xy" +32y' —3y =0. Supponendo che sia x > 0, poniamo x introduciamo la nuova funzione incognita w(t) = y(e!). Si ha per la regola di derivazione delle funzioni composte w'(t) = ety'(e), w"(t) qt M ge Cv) = eye) + ety"e'), € dunque wit), yw y'(z) = (w(t) — w'(t)), 2 | Equazioni di ondine superiore a7 cosicché I’equazione diventa e tornando alla variabile 2: = 3 pla) = ce tear Alla stessa conclusione si sarebbe potuti arrivare cercando direttamente una soluzione del tipo yz) = 2". Introducendo questa espressione nella equazione di partenza si ottiene infatti [a(a — 1) +3a — 3]x* dalla quale si ricavano i valori @ = 1 e a= — Esempio 2.13 Si integri l'equazione wy" tay! +y=0. Eseguendo il cambiamento di variabili all’equazione a coefficienti costanti w(t) = ye!) = y(a), si perviene che ha soluzione w c) cos t +c sin t. Torando alle variabili x, y si ha y =e; cos(In z) +e sin(In x) In questo caso la ricerca di soluzioni del tipo y= 2 porta all’equazione o? +1=0, che ha soluzioni a = +i. Si ha dunque formalmente +i tilne See ye e cio’ y= cos Inz e y=sinInz. = 88 Equazioni differenziali | Cap. 3 Esempio 2.14 Trovare la soluzione generale dell’equazione ay" — ay’ +y=0. Se si pone y = z°, si ottiene @ —2a+1=0, che ha una radice doppia a = 1, Una soluzione sara allora y= 2. Per trovare la seconda soluzione rivolgiamoci ancora una volta al cambiamento di variabili usato in precedenza; si perviene all’equazione w" —2w'+w =0, le cui soluzioni sono w = et ¢ w = te, Tornando alla x, si ritrova la soluzione y=, ma anche la seconda soluzione y =a Inc. = Gli esempi finora trattati ci suggeriscono un procedimento per la soluzione dell’equazione di Eulero omogenea, che non passi per la sostituzione x = e!. Si pone y = 2°, ottenendo un’equazione algebrica P(a) = 0, di grado pari all’ordine dell’equazione differenziale. Alora: (1) Per ogni radice reale @ si avra una soluzione x*, (2) Per ogni copia di radici complesse coniugate a = a+ib ce @=a—% si avranno le soluzioni z* cos(b In z) ¢ 2° sin(d In 2). (3) Se la radice a: (reale 0 complessa) ha molteplicita k, ognuna di queste soluzioni dovra essere moltiplicata per un polinomio Q(In 2), di grado k — 1. Exempio 2.15 Si trovi la soluzione generale dell’ equazione m wy" +62°y" +Tay! +y = 0. Posto y = 2%, si ottiene a(a ~ 1a = 2) + 6a(a = 1) +70+1=0 € cio’ a +30? +3a4+1=0, che ha una radice tripla a = — 1. La soluzione generale dell’equazione sara allora ya) = a-\(c, In? x +e In e+e). 2 | Equazion! di ondine superior 80 Una volta risolta 'equazione omogenea, si dovra trovare una soluzione parti- colare dell’ equazione completa. Esempio 2.16 Si integri P'equazione: ey" — sy ty=2 Ing. Per risolvere l'equazione omogenea si pone y = z*, ottenendo l’equazione alge- brica o? —2a+1=0, che ha una soluzione doppia a = 1. La soluzione generale dell’omogenea & allora yo(x) = a(c1 +2 Ins). Poiché lesponente della x al secondo membro dell’equazione data non & ra- dice dell’equazione algebrica (ovvero, dato che la funzione 2? non @ soluzione dell’equazione), si cercherd una soluzione particolare del tipo u(z) = 2a +b In x). Si ha ul =22(a+b In z)+bz, wu” = 2a+3b+26 In x, e dunque ul — au +u=22{a+2b+b In z}, da cui si ricava b= 1, a= — dungue La soluzione generale dell’equazione proposta & y(a) = a(c) +e) In x) +2°(In x — 2). @ Esempio 2.17 Integrare l'equazione ey! — zy! =a+lIne La soluzione generale dell’equazione omogenca & yo(x) = c) + e2 %0 Equazioni difjerenziati | Cap. 3 I secondo membro dell’equazione data & la somma di due termini; il primo, x, ha esponente 1, che non @ soluzione dell’equazione algebrica associata. Ne segue che si cercherd una soluzione uw) = ax, che introdotta nell’equazione da immediatamente a = — 1. Il secondo termine, In z, @ del tipo 2°P(In z), € 0 & radice dell’equazione, Si dovra allora cercare una soluzione u2(z) = In z(a +6 In x). Si ha e dunque aul — aw = 26 ~ 2a — 4b In 2, 1 da cui b= -h . La soluzione generale dell’equazione & pertanto yla) = 0) + eon" zt inating). Quando poi il secondo membro non é del tipo 2*sin(b In z)P(In x), ovvero x*cos(b In x)P(In x), si potra provare a ottenere una soluzione particolare con il metodo di variazione delle costanti. Esempio 2.18 Risolvere Pequazione 24 ay" +4cy! +2y La soluzione dell’ equazione omogenea & yon) = ax! + be Cerchiamo dunque una soluzione u(x) = a(z)a~! + b(x)2-?, Si ha yf = ar — be 3 +a'c 4 x2, 3 | Sistemi di equacioni tinea 9 e imponendo la condizione a’x~! + b'x y! = 2ax3 + 6br Inserendo nell’equazione i valori trovati delle derivate, si ottiene il sistema dz '+b'x7=0 a’ +2b'x da cui si ricava e in conclusione: ya) = 2 7e +e2 ! +e2 Esercizi Integrare le seguenti equazioni differenziali 89, Py" —2y=2lnz 90. 22y!" + 2y —y=22 +301 OL. 22?y" + 4ay'+y=2>-1 92. 22y!" — xy! — 3y = arcsinz 93. ay!" 4202! — ay! ey = 32241 94, 22 y"" + 2ay' ~ 2y = arctg x 95. 22y!" + 32y! —3y = 27? 96. ay" + a2y! — ay’ = a+ Ine 7, cy! + ay tysn—4 98, 427y!" — Say’ + 5y 3 Sistemi di equazioni lineari I sistemi di equazioni lineari a coefficienti costanti si possono ricondurre a equazioni lineari di ordine superiore con un semplice procedimento. Esempio 3.1 Si integri il sistema {° ut2v v= 2u— 20, Derivando la prima equazione, si ottiene ul sul +20! =u! + 4u— 40, 92 Equazioni differenziali | Cap. 3 dove si @ introdotto il valore di v' ricavato dalla seconda €quazione. Infine, se si inserisce al posto della v il valore che si ricava dalla prima equazione, si ottiene ul" +u' +6u=0, nella quale compare Ja sola funzione incognita u. La soluzione di quest'ultima equazione & immediata: 3 u(x) = cye* +e€ Per ricavare ora la funzione v(z), si ricorre alla prima equazione (€ non alla seconda, dove compare la sua derivata); introducendo il valote u(z) trovato, ¢ il corrispondente valore di w’, si trova 1 le va) = 5 (a! —w) = 5 ere ~ 2ene*, Nel caso in cui il sistema non fosse omogeneo, anche l'equazione risultante conterra un termine noto, che si trattera con i metodi descritti in precedenza. Esempio 3.2 Si trovi la soluzione del sistema Procedendo come nell’esempio precedente, si trova ul’ 4v' +cos 2 = 4u + 12v +42 +008 o = 4u+3u! ~3 sing +40 4c0s 2 e dunque ul" —3u! ~ 4u= 42 +cos x —3 sin z. La soluzione dell’omogenea & finer tere; mentre una soluzione particolare sari del tipo ax+b+ce sin x+d cos i _ ts He Introducendo nell’equazione, si ottiene a pe ~7Fredungue eee He u(r) = cre * +00" ~ 2+ 54+" sine 1 cose. 4°17 4| M problema di Cauchy 93 Infine, la funzione v(z) si ricava dalla prima equazione: v(a) = Loa! ~ sin) = 4 ( ce * +4ene* — is cos x 3 sine) . Esercizi Integrare i seguenti sistemi di equazioni differenziali: 100. 101. 102. 2u+3v st 103. 104. u42v=1/( +e) utv=sing 105. 106. Qu+lvaz (—ut+dvex 107. 108. 4 Il problema di Cauchy Ricordiamo dalle Lezioni (cap. 3, § 2) che il problema di Cauchy per un sistema di equazioni w= f(¢,u) consiste nel trovare una soluzione definita in un intorno di un punto to, e che Prenda in tale punto il valore dato uo. Questa formulazione & piuttosto generale, dato che a sistemi di questo tipo si possono ricondurre tutte le equazioni in forma normale: Oo et aaa ue), Il seguente teorema & stato dimostrato nelle Lezioni (cap. 3, Teorema 2.1). Teorema 4.1 (di Cauchy) Sia f(t, u) una funzione continua in un aperto AC CR: supponiamo inoltre che esistano un intorno I di ty, un intorno J di up (con Ix J ¢ A), € una costante L tale che per ogni t € I e per ogni une J risulti [fw fit,2)| < Llu — 2). (4.11 4 Equazioni differenciati | Cap. 3 Allora esiste un intorno Ip di to tale che il problema di Cauchy u' = f(t,u) {ti ha soluzione unica in Ip. Come abbiamo osservato nelle Lezioni, la condizione di Lipschitz [4.1] @ cruciale per I’unicita della soluzione, per garantire la quale non @ sufficiente una condizione di Hélder fe, w) — f(t, z)| < Liu — 2{* [4.2] neanche se a & vicino a 1 quanto si vuole, Esempio 4.1 Il problema di Cauchy ul = (2k + Ly2h/ Ake { u(0) = 0 ha le soluzioni u = 0 e u= 1". Si verifica poi facilmente che, presi ad arbitrio due numeri non negativi a e b (eventualmente uno o ambedue uguali a +00), la funzione +P! t<—b u(t) = 20 ~ba @ ancora una soluzione del problema di Cauchy. I grafici di tutte queste funzioni Fiempiono la porzione del piano compresa tra le soluzioni “estremali” u=0 e Zk] eb eee erie Figura 3.1 4 | Ml problema di Cauchy 7 Quando perd si vuole ottenere solamente lesistenza di soluzioni del problema di Cauchy, la condizione di Lipschitz diventa superfiua, come ci proponiamo ora di dimostrare. Per semplicita, ci limiteremo come al solito al caso di una sola equazione; il lettore potra facilmente ripetere i ragionamenti, adattandoli al caso di sistemi. In primo luogo, dovremo raffinare un po’ il teorema di esistenza ¢ unicita dimostrato nelle Lezioni, relativamente al raggio ro dell’intorno Ip di esistenza. Ricordiamo che li si era provato che come ro si poteva prendere un qualsiasi numero positive e minore di min{r;,r2/M,1/L}, dove r) e r2 sono rispettiva- mente i raggi di J e J, M @ il massimo di | f(x, u)| in R=7xJ e L @ la costante che appare nella [4.1]. Vogliamo migliorare questo risultato mostrando come sia sufficiente prendere ro < min{r,r2/M}, ovvero, supponendo r)M 0, da cui, pa indo al limite per A — 0, si ottiene la relazione 2 os f of = (t, u(t), x s(t, u(t), ut 20. { {x u(t), u'(t))\e"(t) + Bu (t, u(t), u'(t))o(t) ¢ dt > 0. Questa relazione deve valere per ogni y a supporto compatto in (a,b); dunque anche per — y. Ne segue che in essa deve valere il segno di uguaglianza, cosicché la diseguaglianza diventa un’equazione. 5 Um po di calcoto delle variacioni ror Si noterd analogia tra questo procedimento ¢ Ia dimostrazione per i massimi ei minimi (Lezioni I, cap. 4, Proposizione 8.1, e Il, cap. 4, §5). In effetti, si & eseguita una specie di derivata (deta derivata di Gateaux) del funzionale ¥ nella direzione p Se poi la funzione di tre variabili f(t,u,p) & di classe C?, una soluzione del problema verifica 'equazione differenziale di Eulero: s {3 (uo, we} = Fe ue),u'ey. (51) ap ou dt Pid generalmente, si pud considerare il problema di minimizzare il funzionale > Fay [ fe,we,weeyae tra tutte le funzioni wu: [a,b] + R", che assumano valori assegnati agli estremi In questo caso, al posto dell’equazione [5.1] avremo un sistema di equazioni differenziali, tante quante sono le componenti del vettore u(t). Ad esempio, nel caso di due componenti u(t), v(t), si avra il funzionale 6 Fay | f.uo.v0.,s'@yae e di conseguenza, sempre supponendo la funzione f(t, u,v,p,q) di classe C?, 7 {Secu v(t), u(t), '() p= F ee. uit), vo, w't), 0!) dt dp du oH . {3 (t, u(t), o(2), woe} = ar (t, u(t), v(t), u'(@), v'(@)). Sistemi di questo tipo, o gli analoghi in tre o pid dimensioni, intervengono quando si deve trovare una curva che minimizzi un dato funzionale integrale. Sviluppando la derivata al primo membro si ottiene un’equazione del secondo ordine, che integrata da la forma generale della soluzione. Le costanti arbitrarie dovranno poi essere scelte in modo da soddisfare le condizioni supplementari Esempio 5.1 Si minimizzi Vintegrale 2 fue +4u(x)"| de fra tutte le funzioni che verificano le condizioni u() = 0, u(1) = 1 102 Equazioni differenziati | Cap. 3 Si ha in questo caso f(x,u, p) =p? +4u?. Lequazione di Eulero & dunque é 2u'(x) = 8u(x) e cioe ul(z) = 4u(x), che ha soluzione u(x) = Ae** + Be, Le costanti A e B si determineranno imponendo le condizioni agli estremi; risulta A+B=0 Ae? + Be da cui: Esercizi Trovare i minimi dei seguenti funzionali, con le condizioni a lato. 133. f wd +2?u')dz; w)=3, u2)=5 134, [tne suede ‘u(0) = wl) =0 ° 3y!2 135. | (a°ul? +u(l +2?) de; u(l) = u(2)=0. j 136. Dimostrare che se la funzione f non dipende dalla variabile indipendente x (0 in altre parole se f= f(u,p)), Vequazione di Eulero del funzionale F(u) & equivalente all’equazione 4 py! ay f=0. Naturalmente lequazione di Eulero [5.1] di solo una condizione necessaria per il minimo, allo stesso modo in cui I’annullarsi della derivata prima da una S| Un po’ di calcolo delle variazioni 103 condizione necessaria nel caso di funzioni di una variabile. Se perd il funzionale in esame @ convesso, cio’ se verifica la relazione F(Au + (1 — Aw) S AF(u) + (1 — ANF (v) perogniu,v € C*({a, 6]) e per ogni A & (0, 1), allora la condizione necessaria diventa anche sufficiente (Lezioni I, cap. 6, esercizio 3.3). Peraltro, anche quando il funzionale & convesso, non sempre il relativo problema di minimo ammette soluzione. Esempio 5.2 Consideriamo il problema di minimizzare il funzionale 2 [ Vea Hae i tra tutte le funzioni che verificano le relazioni u(1) =0 e u(2) =a > 0. Tl funzionale @ convesso (verificare), e l"equazione di Eulero é d yaw’ dz Jitu? che ha un integrale primo immediato: vou! vitu Di qui con semplici calcoli si trova w/(x—¢) avere c? 0 nel punto 2. Con questa osser- vazione, Pequazione diventa ?, da cui si vede che si deve ce ws Integrando si ottiene u(a) = 2e/x — c? +d, e le costanti ¢ e d devono essere determinate in modo da verificare le condizioni u(1) = 0 € u(2) = a, ovvero 2eV1— 2 +d=0, V3 —C+d=0% Sottraendo: 2e[V3-2- vi-e] Equazioni differenziai | Cap. 3 La funzione y(c) a primo membro & crescente nell’intervallo (0,1), € si ha (0) = 0 e v(1) = 272. Ne segue che il problema & risolubile solo se il valore di @ & compreso tra 0 e 2V2, mentre non lo & se a > 2/2. @ Talvolta, oltre ai valori agli estremi dell’intervallo, vengono assegnate alcune condizioni supplementari. Un caso tipico @ dato dal seguente esempio. Esempio 5.3 (11 problema di Didone). Si cerchi il minimo dell’ integrale 1 [vive 0 1 fra tutte le funzioni u(t) che verificano le condizioni u(0) = u(1) =0 e { udt = =a>0. ° Geometricamente, il problema consiste nel minimizzare la lunghezza della curva di equazione u(t), sotto la condizione che l’area che essa racchiude sia uguale a una data costante a. Osserviamo che esso & equivalente al problema di racchiudere |’area massima tenendo fissata la lunghezza della curva. Sia infatti Lo il minimo della lunghezza corrispondente all’area a, ¢ consideriamo il problema duale, di massimizzare |’area tenendo la lunghezza uguale a Ly. E evidente che si potra racchiudere un’area a; se ora si potesse racchiudere con una curva y=u(t) un’area maggiore di a; esisterebbe un numero r compreso tra 0 e | tale che I’area racchiusa dalla funzione ru(t) sia uguale ad a. Ma la lunghezza della curva y =ru(t) & minore di Lo, e dunque quest’ultimo non sarebbe il minimo corti- spondente all’area a. Il problema prende il nome dalla regina Didone, alla quale si dice venisse assegnata tanta terra quanta ne poteva racchiudere con una pelle di bue. Didone taglid la pelle a striscioline sottili, e ottenne una lunga striscia con la quale, Ponendo Ie estremita sulla costa, racchiuse tanta terra da fondarvi la cittd di Cartagine. Per trovare un’equazione che risolva il nostro problema, osserviamo che, se il funzionale 2 Flu) J teouseyae ha un minimo in u, la funzione G(A) = F(u+ Ag) ha un minimo in 0, per ogni 1 @ di classe C! che si annulla in 0 ¢ in 1, ¢ tale che fou : 3 quest’ultima condizione, che non appariva nella prima formulazione del problema di minimo, @ da ricercarsi nel fatto che la funzione ut Ap, al pari della u, deve . La ragione di 5 | Un po" di caleolo delle variazioni 10s 1 soddisfare la condizione supplementare fooreret =a. Ragionando come nel Teo- 0 ema 9.2 del capitolo 3 delle Lezioni, si ottiene la relazione 2 | {ge tene + falta eat =0 4 per ogni y € C'([a, )) che si annulla agli estremi e verifica la condizione | wodt = 0. Da quest’ultima equazione non si pud concludere, come nel teorema men- zionato, che la quantita tra parentesi graffe nell’integrale deve essere 0. Se perd si prende y= ', con y a supporto compatto in (a,b), la condizione richiesta & soddisfatta automaticamente. Se ora si integra per parti, e si chiama g(t) la fun- zione tra parentesi graffe, si ottiene la relazione b | g'(t(t) dt = 0 per ogni y a supporto compatto in (a,b), € di conseguenza g’ = 0 e g =e (costante). 5 Viceversa, se g =e si ha | gv dt =0 per ogni g che si annulla agli estremi e con integrale nullo. In conclusione, si ha l’equazione di Eulero: é Jolt, u,u') + fult, uu!) =e. Si tratta di un'equazione del secondo ordine, la cui soluzione conterra due costanti arbitrarie. Queste, insieme alla terza costante c, saranno poi determinate ® dalle condizioni agli estremi, e dalla relazione f u(t) dt = a. Da notare che I'equazione trovata si pud vedere come I'equazione di Eulero 8 5 del funzionale F(u) +¢ 7 ude, cosicché un minimo di con il “vincolo” | udt =a € un punto stazionario libero del funzionale 7(u)+¢ | udt, in analogia con il Metodo dei moltiplicatori di Lagrange (Lezioni, cap. 7, Teorema 7.1). Applicando questi risultati al problema di Didone, si perviene all’equazione cu dt View? c 105 Equacioni differenciati | Cap. 3 ovvero of View da cui segue immediatamente (si osservi che u! e -y hanno lo stesso segno) Quest’ultima equazione si integra senza difficolta, ottenendo 1 u(t)=at+-V1l— c ovvero, sostituendo di nuovo + = ct +d, a+ (+4) 7 Imponendo le condizioni u(0) = u(1) = 0, si ricava 2 cays (e-5) i : . 1 > Si tratta dunque di una circonferenza con centro sulla retta t = 7 Si trovera la Costante a, e con essa la posizione del centro, imponendo che I'area della parte che si trova nel semipiano superiore sia uguale ad a. Si vede subito che se @ non su- pera ; (area del semicerchio di raggio 5). il centro si trova nel semipiano inferio- re (fig. 3.2), e la porzione della circonferenza situata nel semipiano superiore & grafico di una funzione u(t), che risolve il nostro problema. Se invece a > e la circonferenza ha centro nel semipiano superiore e non & grafico di una funzione. In ogni caso essa risolve il problema geometrico di trovare la curva di lunghezza minima tra quelle che, passando per i punti (0,0) e (1,0), racchiudono un’area data a. = » v cols Figura 3,2 6 | Esercizi vari 6 Esercizi vari 107 Integrare le seguenti equazioni differenziali 137. y!! + 2y! + Sy =e" sin 2x 139. yet +(e — Gaze? ~ y! — 3x) =0 141. y'cosz+ysinz —1=0 143. y!" — 2y"+2y" 148, 23 y" +27y" — zy! =e +ine 147, ul +ul —2u=e' 149, w" +ul+u=sing 151. y+2Vei+1+zy =0 153. y’ +y! =sinz +cosr 155, (x — 3°'y! = xy - 1) 157, y" —y=e'sinz 159, y= ay! + /i+y? 161. y=— y' cosy! +siny! +y 163, y= et 4 ¥ z 168. y"? — 2y/y/" + acy" = 0 167. 169. 171, 173, 175. 177. 138. y” — 3y! + 2y = (2x — Nem* 140. y" —3y!+2y = Tre 1422 y+ 4 = tn +2) 144, y/ 146. 148. 150, ose — y) 152, y+ y" —2y =e 154, y+ =cosz 156. y! — zy=2° 158. y/" +2y! +5; 160. y! =sine /i-y Ve tyy" ~y'y" bcos ¥ y 164. zy! cos * = v= ay! cos 7 = ycos = — 2 ef sin2e. 162! yy! 166. y+ 4 168, zy/? = 170, 172. 174. 178. y" = yl ty) 108 Equazioni differenziali | Cap. 3 179. axery’? + (ae + ye")y + ye? =0 180. 27y" + 3uy'+y=Se+cinz+l 181. 23 yl" + 227y!" + ay! ~y 182. xy" + zy! +y=2In2— 4c" +r+y=sint 183, 27y"+ay' — 2y =2(Inz +2) 184, yi +an4y=cost — a o Vinee Vi £ 185, ‘ 186. 2tw HO=5 I" +y! — 2y = 9077 + 10sinz 137. 1” . 188. w =2% 4549 yO) =y'@)=1 tou aie 189, ul" ~ 2u’ +u! ~2u = 3x — cos 190, Bete z a" —3a+y=sint 19M. 2" — 2" 442! —4e= ae? 192. y' — 2x =cost ultusc=0 193. 194, vl 042 =r+2y 195.) 196. y= 2—cost yov= 197. 198. y/ Inly +2) = 2y+2x, y0)=a ¢ —2 199. Dire per quali valori di A €R la soluzione y(z) del problema di Cauchy /" — Sy! + 6y yO) =0, y(O)=2 verifica la relazione lim y(x) = 00. 200. Dire per quali valori di g ER tutte le soluzioni dell’equazione differenziale 1, 2qy +f caine y verificano Ja relazione (a) lim 42) Lo. rato 6 | Esercici vari 109 201. Dire per quali valori di a e 6 la soluzione del problema di Cauchy y= VJr+P +az-2 yO) =b ha un minimo relativo in x =0. 202, Risolvere I'equazione differenziale gy! —2ay! +4y =e’ Dire per quali valori di a sitha tim y(z) =0. 203. Dimostrare che esiste un solo @>—1 tale che la soluzione del problema di Cauchy yi =(4ntyind+cty)—1 yO=ra ha un punto stazionario in 0. Dire se si trata di un massimo o di un minimo relative. 204, Fra tutte le soluzioni dell’equazione differenziale uw —u=1 che si annullano per , trovare quella che rende minimo l’integrale 1 | w de. ° 205. Trovare i coefficienti dell’equazione lineare omogenea del secondo ordine y" + ay! + by =0 sapendo che essa ha come soluzioni le funzioni re* € (x +3)e* 206. Verificare che la soluzione del problema di Cauchy ; Lt y=ain yO) =a ha un punto stazionario in 0, e dire, a seconda del valore del parametro reale a, se & un Massimo o un minimo relativo. 207: Dire se si tratta di un massimo o di un minimo assoluto. 208. Dire per quali valori del parametro reale a ogni soluzione dell’ equazione y”— ay’ soddisfa Ia relazione Tim yixje* 209. Dire per qua ya-zy vatori di a la soluzione del problema di Cauchy y wise & stazionaria in 1. Dire se @ un massimo o un minimo relativo. 210? Dire se si tratta di un estremo assoluto. Capitolo 4 Funzioni di pid variabili 1 Funzioni continue Si dice funzione di pitt variabili reali una funzione f definita in un sottoinsieme A di R" ea valori in R*, k > 1. Noi ci interesseremo soprattutto del caso k = 1, dato che se k > 1 ci si pud usualmente ricondurre allo studio delle componenti della f nella base canonica di R*. Come avviene nel caso di una variabile, molto spesso la funzione f & una com- binazione di funzioni clementari; in questo caso si parla di insieme di definizione della funzione f, che @ il massimo dominio di R” in cui tutte le funzioni in questione sono definite. Esempio 1.1 Si trovi l'insieme di definizione A della funzione S(e,y) = Jayting. Si dovra avere x > 0; inoltre, perché la radice sia definita dovra risultare ayt Ing +Inx 20, e dunque y > —"* (cfr. fig. 4.1). In definitiva: x 4=fiemeR:2>0, yal Per quanto riguarda la continuita per funzioni di pitt variabili, non c'8 molto da aggiungere a quanto detto Per funzioni in spazi metrici generali, In particolare, una funzione f: A > R & continua in un punto xp se per ogni ¢ > 0 esiste un 6 >0 tale che per ogni x € A con |x — x9| <6 risulta 100 — f(%)| < €. Si tratera dunque in generale di maggiorare opportunamente Ja differenza [£09 — £(%0)], in modo da rendere pit. agevole l'applicazione della definizione. 1 | Funzioni continue ut Figura 4.1 A questo fine saranno utili diseguaglianze elementari come |z;| < |x|, semplici accor gimenti come restringersi a priori a un intorno del punto Xo, ¢ il trucco di sommare e sottrarre una stessa opportuna quantita. Esempio 1.2 Si dimostri che la funzione f(x,y) = 2(y — 1) & continua in (0,0). Si ha f(0,0) =0. Risulta |:(y— 1)| = {z|ly— 1| < e|(lyl + D, © dunque se ci si restringe all’intorno dell’origine di raggio 1 si avra |x(y — 1)| < 2\z| < 2{(,y)]. In conclusione, risulta | f(x,y) — £0, 0)| < € non appena si prende |(z,y)| < 7 o pit precisamente, dato che ci si era ristretti all intorno di raggio 1, quando |(x,y)| < ae 0, baster’ prendere 6 =min{c/2, 1} per avere | f(x,y, z)| < non appena |(x,y, 2)| <6. Se invece avessimo voluto dimostrare la continuita nel punto (1, 1, 1), avremmo potuto scrivere If(@,y, 2) — FU, 1, DI < |f@,y, 2) - f0,y,2)|+|f(,y, 2) — f( 1, 2)|+ +[f(, 1,2) = f,1,)] € maggiorare separatamente i tre termini a secondo membro. Ad esempio, per il primo di essi si ha \f@y,2)~ fy) = eae S$ Az-1] non appena |z—1| < 1. Analogamente, il terzo termine si maggiora con |z—1|/2. Per quanto riguarda il secondo termine, si ha ~ ill+yl ae © 2+y?) [fy 2) ~ fl, 1,2) Tee yl. Quando y @ vicino a 1, il fatore |1—y| & piccolo, mentre l’altro si pud maggiorare con 3. In conclusione, si ha Sta siy-1) Xo, € tale che /(x,) non tenda a f(xo). Esempio 1.6 Dire se @ continua la funzione y | # Iyl, 0 (z,y) = (0,0) Kaye 4 Funzioni di pitt variabiti | Cap. 4 La funzione & definita in tutti i punti in cui il denominatore non si annulla (cio’ in tutto il piano privato delle rete y = +r), e in pid nel punto (0,0). Essendo un rapporto tra due polinomi, essa @ continua nel suo insieme di definizione, con la sola possibile eccezione dell’ origine. Un po” di riflessione fa congetturare che f non sia continua in (0,0); infatti, nelle vicinanze della retta y = x (0 se si vuole y = — x) il numeratore @ dell’ordine di d (d= distanza dall’origine), mentre il denominatore pud diventare piccolo a piacere. Si cerchera allora una successione (zp, yn) che tenda a (0,0) avvicinandosi . : It 1 : sempre pid alla retta 2 = y, ad esempio la successione (3, =+ =) Risulta nn we LZ ns 9n) = — e dunque dim, fn: Un) = 5 #1100), da cui segue che f non & continua in (0,0). Esercizi Trovare l’insieme di definizione delle funzioni seguenti: 25 VET + Iny — 1) - fred ye 4. arcsin 8. yaaa. we direttamente la continuita delle funzioni che seguono, nei punti indicati a lato di ciascuna, trovando esplicitamente, per ogni € > 0, un 6 > 0 (non necessariamente il migliore) tale che | f(x) — f(xo)| <€ per |x — xo] <6 % = 0D 10. 272) 1) Bea eis u. BE 1 ley 2| Funzioni differensiabit 2 Dire se le seguenti funzioni sono continue nel loro insieme di definizione. arctg—=— (a, y) # 0,0) f By, 7 te 14. Jayay— (zy) = 0,0) dy? al ey ry s+, ay) #10,0) 7 Pee OM t 16. 3 o+y? 0 (x,y) = (0,0) 0 3 3 oy zy nl ep SFO ae (Fg YAO 0 (2,y) = 0,0) 0 (9) = (0,0) zy (20) #00 v. { a ° (ev) = 0) 2 Funzioni differenziabili Sia f(x) una funzione definita in un aperto ACR", sia xp un punto di Ae sia v un vettore di lunghezza 1 (una direzione), Diremo che f & derivabile in xo nella direzione v, se esiste finito il limite of . f(Xo + tv) — f (Xo) By 00>! fig E immediato verificare che se f @ derivabile nella direzione v lo & anche nella direzione — v. . . ofa. Se poi v é uno dei vettori della base di R”, v = ¢;, allora invece di of si scri- a : : Ae : vera ge. Il calcolo di quest’ultima derivata si pud eseguire considerando fisse Ti tutte le variabili tranne la xj, derivando rispetto a questa con le regole di derivazione per le funzioni di una variabile Esempio 2.1 Si calcoli la derivata lungo la direzione v nell’origine della funzione (a,y) #0, 0) (2, y) = (0,0) tu} opt Pod fae, 6 Funzioni di pitt vartabiti | Cap. 4 e dunque of n = (0) = lim ay = Esempio 2.2 Si calcoli Ia derivata lungo la direzione v nell’origine della funzione xy 0,0 sgt VEO 0 (z,y) = (0,0) f(a.y) = Risulta Lev) = {) __vjv t uted € dunque, passando al limite per t + 0, 0 w=0 Lom { vy Vv vw #0 : oie In particolare, 5 (0,0) = 5y Oa 0m Esercizi Trovare la derivata nella direzione v, nell’origine, delle funzioni seguenti: 20. 2? — zy Peed Tee +y? 22, (2? — yerv-2 23, (2 +1P —(y— 1 sing. Calcolare le derivate parziali a e of delle seguenti funzioni: é y 24, TH 7 2: = Far 25. (n+ y?)Imz ~ y) a sy ey 40.0) 26. fiz.y) = { ery 0 (zy) = (0,0) arctg : y#0 27! fay = : y=0 nia 28. 2 +In 4 re 2 | Funziont differenciabilt ue Una funzione f : A — R si dice differenziabile in un punto x € A, se esiste un funzionale lineare (che indicheremo con df(x)) tale che tim £48) ~ Fx) — df@h h-0 {hy Come abbiamo visto nelle Lezioni (cap. 4, ), una funzione differenziabile in un punto x ha derivate in ogni direzione v, e risulta of $2 (x)= df = (grad JO). ¥), dove si indica con grad il vettore di componenti of ef OF . r) Zs Oz: (x,y) =! 2a il prodotto scalare in R". In particolare, f ha derivate parziali rispetto a ogni variabile z;, e si ha ® af 3a; OO 24 az, 0% (24) dove con dz,,dz2, ...,dz, si & indicata la base canonica di R"*. Ne segue che, se il differenziale esiste, & necessariamente della forma [2.1]. Esempio 2.3 Dire se & differenziabile la funzione x? — cy. La funzione in esame ha le derivate parziali, e si ha f,=2x-y, fy=—2. differenziale dunque, se esiste, & dato da df (x,y) = (2x — y)dx — xdy. Si ha (z,y) — df(a,yyh,k) _ b= hk Vie + ke che tende a zero quando (h, k) — (0,0). Ne segue che z® — zy é differenziabile in ogni punto. = Sla+hy+k) Esempio 2.4 La funzione [Fr (x,y) #0, 0) 0 (2, y) = (0,0) ha derivate parziali nulle nell’origine. Pertanto, se essa & differenziabile in (0,0). si deve avere df(0,0) = 0. Ora, fh ky— fi 4f(0, 0h. k) 2% (2 + kWh + 8 Funcioni di pia variabiti | Cap. 4 € quest'ultima quantita (che per brevita chiameremo (h, k)) non ha limite per 1 aaa i k) > (0,0). Infatti ul 0,-—} =0, Mt —~}>~—. (h,k) —+ (0,0). Infatti risulta o( +) mentre o(2.2 Ai La funzione f non dunque differenziabile nell’origine. « Naturalmente non 2 sempre necessario eseguire la verifica diretta tramite Ja definizione. In molti casi infatti ci si pud avvalere del teorema del dij ferenziale totale (Lezioni, cap. 4, Teorema 2.1), secondo il quale, se esistono le derivate parziali di f in un intorno di un punto Xo, e queste sono continue in Xo, allora la funzione f @ differenziabile in xp. Esercizi Dire se sono differenziabili le seguenti funzioni: 1a atsey y>O zy \< : 2 ae 302 fiz.y) = { ay y 2, allora le derivate fino all’ordine & non dipendono dall’ordine in cui si eseguono successivamente le derivazioni, ma solo dalle variabili rispetto alle quali si deriva. Vale infatti il seguente “teorema di Schwartz” (Lezioni, cap. 4, Teorema 3.1): Sia A un aperto di R®, f(«,y) una funzione definita in A, € (ao, yo) un punto di A. Supponiamo che la funzione f abbia derivate parziali fr, @ fyz in un intorno di (a0, yo), € che queste siano continue in (xo,yo). Allora si ha arf dry (20, Yo) = yar (20, Yo). In virti. di questo teorema, che si estende facilmente a funzioni di un numero qualsiasi di variabili e a derivate di ogni ordine, si potra indicare una derivata dicendo semplicemente quante volte si é derivato rispetto a x;, quante rispetto a 23, ..., quante infine rispetto a zq. In altre parole, bastera dare un multi-indice, sia una n-upla di interi non negativi p = (pi, pr: +Pn), Nella quale p, dice quante volte si deriva rispetto a x (eventualmente 0), ..., Px quante volte rispetto a ay. Cosi, in due variabili, D''?’f sta per , € cosi via. O20y 120 | Cap. 4 Se poi si pone [Pl =pi+p2+...+Pn = pi!p2!... Pa! wP = w? wk... wee, la formula di Taylor per una funzione f di classe C* diventa Pp f= sek) (x — Xo)P + Re(X, Xo). pick pl Se infine la funzione f @ di classe C*, il resto Ry si pud scrivere nella forma DPF(E) R(X, Xo) = poi p! (x = x0)P, in cui € & un punto del segmento di estremi xp ¢ x. Nel caso importante & = 2, la formula di Taylor si pud scrivere anche facendo intervenire il differenziale e la matrice hessiana, composta delle derivate seconde della funzione f: AX) = {Di fO)}i, jet, Si ha infatti FQ) = F(X) + df ox — Xo) + 1 + 5 (A (0X ~ Xo), X — Xo) + Ra(X, Xo), [3.1] con Ry(X, Xo) = of|x ~ xo|?). Lequazione [3.1] pud essere usata per determinare condizioni necessarie condizioni sufficienti perché un punto xp sia di massimo o di minimo relativo per la funzione f. Ricordiamo che un punto Xo si dice di massimo [0 di minimo) relativo se esi- ste un intorno I di x tale che per ogni x € I si abbia f(x) < f(xo) [rispettiva- mente, f(x) > f(Xo)]. Cid posto, si hanno i seguenti risultati (Lezioni, cap. 4, §5): (1) Se f ha un massimo o un minimo relativo in Xo ed @ differenziabile in questo punto, allora xo @ un punto stazionario per f, ossia df (xo) = 0. (2) Se f € C* ha un massimo [un minimo] relativo in xo, allora la matrice hes- siana H(Xo) & semidefinita negativa [positiva] D— yyy 3 | Derivate successive RI (3) Se x» 2 un punto stazionario, e la matrice hessiana H(xq) @ definita negativa {positiva], allora f ha un massimo [un minimo] relativo in x9." Esempio 3.1 Trovare i punti stazionari della funzione fay) = ay — e dire se si tratta di punti di massimo o di minimo relativo. Si ha fray —22, fy=2y(z- VD. I punti stazionari sono le soluzioni del sistema f, = 0, f, = 0, e cio’ i punti (0,0), (1, V2) e (1,2). La matrice hessiana & -20 H(a,y) = ( ) 2y 22-2 e dunque -2 0 H0,0)= (7 ) & definita negativa, mentre Ha,4V9 = ( as a) +2V72 0 non é definita. Ne segue che l'origine & un punto di massimo relativo, mentre gli altri due punti stazionari non sono né di massimo né di minimo. = Esempio 3.2 Trovare il massimo ¢ il minimo assoluti (se esistono) della funzione fa,b= [ (ax ~ sin 3 7 al variare di (a,6) in R?. * Talvolta i punti stazionari che non sono né di massimo né di minimo relativo si dicono punti di sella 12 Funzioni di pitt variabiti | Cap. 4 Si pud procedere calcolando in primo luogo Iintegrale che definisce la funzione f- 1 1 1 Hea,b)= [aes yae+ [ sin? Fae~2 frox+ sin ae = a 0 0 alae el 4b oa eo 4 +ab+6 eS) 7 +3 Si ha allora 2 8 4 fa=Zatb— @ fo=at2b— oe 7 : 48 8 La funzione ha un solo punto stazionario, di coordinate a = ay eba-~ © 24 i —<. La matrice hessiana © a mao (3 ) 2 8 definita positiva, cosicché il punto in esame @ un punto di minimo relativo, Per esaminare se si tratta di un minimo assoluto, si osservi che quando a 5 tendono all'infinito, la funzione f(a,6) tende anch'essa all’infinito. Ne segue che f non ha massimo (U'estremo superiore & +00), mentre esiste una palla B di raggio abbastanza grande fuori della quale risulta f(a,b) > f(0,0) = . Di conse- guenza, il minimo della funzione f in B & anche il minimo assoluto in Ora Punico punto di minimo relativo 2 quello trovato, che dunque sara anche il minimo assoluto di f. Notiamo che si sarebbe arrivati_ pit semplicemente allo stesso risultato ese- guendo le derivate sotto il segno di imegrale (Lezioni, cap. 6, $9). Si ha infatti 1 fo=2f 2(ar40~sin ™) ae 3 4 =2 +b —sin = = eee hh [ (x sin) dz =a+25~ 4, 5 da cui si prosegue come sopra. 3 | Derivate successive 123 Esempio 3.3 Determinare il punto x € R” nel quale la somma dei quadrati delle distanze da N punti dati X1,X2,...,Xy @ minima. La funzione da minimizzare & : sa) = 2 xK- XP. Risulta y grad 5 = Lex -Xi), che si annulla quando 1s Rey. Xi, ossia quando x @ il baricentro del sistema di punti {X;}. Poiché la matrice hessiana Hj; = 26;; 2 definita positiva, il punto X cosi trovato & un punto di minimo relativo. Ragionando poi come nell’esempio precedente, si conclude che si tratta di un minimo assoluto. = Esempio 3.4 Dati N punti X; zi, yi), trovare la retta y=az + che rende minima la somma N (a, b) =: Lu — ar; — by. Cerchiamo i punti stazionari della funzione y. Si ha be. oy b Ba Ay tly — ati — B) ap x 9 = 2 Ean; —b), da cui segue che I’unico punto stazionario & dato da to — 62 = o?- =? _ 60-7 o dove si & posto per brevita 124 2 La matrice hessiana di y é@ 22 20 | aoe che & definita positiva, dato che risulta NE > 02, come si pud verificare per induzione, l'uguaglianza avendosi solo quando tutti gli 2; sono uguali. Il punto trovato @ dunque un minimo relativo. Dato poi che la funzione g tende all’infinito se Va? +6 tende all'infinito, si tratta di un minimo assoluto, « Esercizi Trovare i punti stazionari delle funzioni che seguono, e dire se si tratta di punti di massimo 0 di minimo relativo. 38, 23 4327 +day + y? 39. Pay 40. yl ~ 2 y) 4. Pty + 2 ~ 22-32 42. Deayty tye+ 43! |x? ty? —dyle 4a: ; +f 45, of earty + y? 46. oS 47. Ort yen#-¥ 48. xt ay? 49. ay In(xy?) + 24 50. Payee Fi 51. (2+ 3y)e- 53, 2 + 62y + 54, 22 yet Ps 55. zinz + y) 56. 2? +9? 422" + 2yz 57. sin(x +y) costa ~ y). 58. Trovare l’insieme di definizione della funzione f(x,y) = Uz + ly) — x? — 2y? Trovare inoltre, se esistono, il massimo e il n inimo assoluti di f in BE. 59. La funzione sin?z+y?+2azy ha un punto stazionario nell'origine. Dire se si tratta di un punto di massimo o di minimo relativo, 60. Trovare la retta r (di equazione x cos#+y sin +b = 0) che rende minima la funzione v Lax’, somma dei quadrati delle distanze da r di N punti dati X),Xo,....Xy. (Si ricordi che risulta d(X,,r) = |1; cos d + y, sind + 5)). £03, 6) 61. Trovare, se esistono, il massimo e il minimo della funzione oy + fi2y) in B= R? — (:0,0)} rT Capitolo 5 Misura e integrazione 1 La misura di Lebesgue Ricordiamo dalle Lezioni (cap. 5) la definizione per tappe successive della misura di un insieme. La misura di un rettangolo (prodotto cartesiano di intervalli) @ il prodotto delle misure dei suoi lati; quella di un plurirettangolo (unione finita di rettangoli privi di punti interni comuni) @ la somma delle misure dei rettangoli componenti. Si definisce ora misura di un aperto A lestremo superiore delle misure dei plurirettangoli contenuti in A: m(A) = sup{m(Y), Y plurirettangolo, Y c A}, € misura di un compatto K l’estremo inferiore delle misure dei plurirettangoli che contengono K: m(K) = inf{m(Z), Z plurirettangolo, Z> K}. * Se ora E & un arbitrario insieme limitato, si definisce misura interna di E l'estremo Superiore delle misure dei compatti contenuti in 2: m(E) = sup{m(K), K compatto, K C B}, mentre la misura esterna @ I’estremo inferiore delle misure degli aperti che con- tengono E: T(E) = inf{m(A), A aperto, A> E}. Linsieme limitato E si dice misurabile se le sue misure esterna e interna Coincidono. I loro valore comune si chiama misura di E, e si indica con m(E). ee eee ee Infine, se E non @ limitato, si dir misurabile se per ogni r > 0 @ misurabile Fimersezione EI, di £ con la palla di raggio r. In questo caso si definisce misura di E la quantita m(E) = m mL 1). La famiglia degli insiemi misurabili gode di notevoli proprieta di stabilita. In Pparticolare: (1) Lunione numerabile di insiemi misurabili £; & misurabile, e si ha Se poi gli insiemi E; sono a due a due disgiunti, risulta m (U B) = Ym) (2) La differenza E — F di due insiemi misurabili Ee F & misurabile. (3) Linsieme vuoto e tutto lo spazio R" sono misurabili. Tencndo conto poi della relazione (A 8) Uce, si conclude facilmente che Vintersezione di una famiglia numerabile di insiemi misurabili 8 misurabile. Una famiglia ¥ di insiemi, chiusa rispetto all’ unione numerabile e alla diffe- Tenza, e che contiene I'insieme vuoto e tutto lo spazio, si chiama una o-algebra Di conseguenza la famiglia M degli insiemi misurabili & una o-algebra, Esercizi 1. Dimostrare che il segmento $ del piano, di estremi (0,0) e (1,1), & misurabile, € calcolame la misura. 2. Dimostrare che se f(x) @ una funzione continua nel’intervallo [a,b], il suo grafico F = {ye R?: y= fiz)} ha misura nulla 3. Provare lo stesso risultato se f 2 una funzione continua in un intervallo aperto. 4. Dimostrare che se un insieme limitato # ha frontiera 3% di misura nulla, allora E © misurabile, e si ha m(E£) = mcz) = mB). 5. Estendere il risultato precedemte al caso di un insieme E non limitato. 2 | Liimegrate di Lebesgue nr 6. Dimostrare che un insieme £ CR" ha misura nulla se € solo se per ogni ¢ > 0 esiste una successione di cubi Q, tale che U Q, > H € men «e = 7, Dimostrare che un insieme ECR ha misura nulla se e solo se per ogni «> 0 esiste una successione di insiemi By tale che U zp 2B & 2% cdiameeyy" R é una funzione limitata ¢ nulla fuori di un compatto, si indicano con S*(f) e S~(f) rispettivamente le classi delle funzioni semplici maggioranti e minoranti la f: SN ={ES: p> f} S(N={WES:¥< fh. Cid posto, definiamo integrale inferiore di f il numero [tooe= sup{ f vox, ves oh. Analogamente, 'integrale superiore di f 2 il numero [foo ot { f eax ee sin} Una funzione f, limitata e nulla fuori di un compatto, si dita poi sommabile S€ coincidono i valori dei suoi integrali superiore e inferiore. In tal caso il valore comune si chiamera integrale di f, ¢ si indicher& col simbolo | fax. EERE SEALE eee 128 Misura ¢ integrazione | Cap. 5 La nozione di integrale si generalizza in varie direzioni. In primo Tuogo, se E @ un insieme misurabile e limitato, ¢ f & una funzione limitata, si definisce la funzione f*, che vale f in E e zero fuori di E: fx) { se xeE x)= 0 se x¢B. Se quest’ultima funzione @ sommabile, si dira che f & sommabile su E, ¢ sj definisce integrale di f esteso a E V'integrale di f* Veniamo ora al caso di una funzione f > 0, non necessariamente limitata, e a un insieme £ misurabile. In questo caso, si introduce la funzione f,(x) = min{ f(x), t}, e si definisce integrale della f il limite im, if fils) dx, Enh che ovviamente pud prendere anche il valore +00. Se infine f @ di segno generico, si introducono le due funzioni s* e f~, rispet- tivamente la parte positiva e la parte negativa di f: fae) =: max{f(x),0}, f7(x) =: max{~ f(x), 0}, € si considerano gli integrali estesi a E di queste due funzioni. Si possono dare allora tre casi (1) Ambedue gli integrali sono finiti. In questo caso si dice che f & sommabile in E, ¢ si pone [fe [roe [ro (2) Almeno uno dei due integrali é finito. La funzione f si dice integrabile in E, € vale la formula precedente, con l’avvertenza che +00 — a= +00,€ a 00 = — 00 (3) Ambedue gli integrali sono infiniti. In questo caso la f non ha un nome Particolare, ma risultera misurabile in E ($3). 3 Funzioni misurabili Sia E un insieme misurabile in R". Una funzione f: BR (R= {-o}t URU {+00}) si dice miswrabile in E se per ogni t € R & misurabile linsieme F, {x E: f(x) >t}. 3) | Funzioni misurabiti dae Esempio 3.1 La funzione 0 se z<0 wo={h, se r>0 2 misurabile in R. Infatti si ha (-00,0] U(e, +00) se t<0 Be { een se t>0 insiemi sono tutti misurabili perché aperti, o unioni di un chiuso e di un Esempio 3.2 La funzione se (x,y) #(0,0) f@,y) = 0 se (x,y) = (0,0) @ misurabile in R?. Infatti gli insiemi = {(x,y) € R’ — {(0,0)} : f(x,y) > t} sono aperti, dunque misurabili, dato che f(x,y) @ continua in R* parte si ha {(0, 0)}. D’altra {Reto se t<0 F, se t>0 € dunque f 2 misurabile. « Esereizi Dimostrare che sono misurabili le funzioni seguenti: 9 (0,1) (la funzione caratteristica dell’intervallo (0,11) 10. tan { U1. Dimostrare che se f; A— R @ misurabile e non si annulla mai, allora anche 1/f & misurabile, ay se 220 tty se 2<0. 130 Misura € integrazione | Cap. 5 Si é visto nelle Lezioni (cap. 6, Proposizione 2.1) che sono equivalenti le seguenti proprieta: (a) FL = {xe E£: f(x) < t} & misurabile per ogni t € R. (b) Rl = {x E: f(x) t} & misurabile per ogni ER. (d) f & misurabile in E. In particolare, gli insiemi F; e F{ sono complementari, e dunque se uno di essi & misurabile sara misurabile ancke l'altro. Analoga osservazione per Fy! ¢ Fi" Gli insiemi F, non sono altro che le immagini inverse delle semirette (¢, + 00): Fez ft+e0)). Analogamente: F=f 0, t) Fi = f-((- 00,t)) Fi" = f'([t,+00)). Ne segue che se f @ misurabile, tu insiemi saranno misurabili. Saranno poi misurabili le immagini inverse di intervalli (aperti, chiusi o semiaperti), dato che, essendo ad esempio (a,b) = (a, +00) 9 (— 00, b), risulterd £'(a,b)) = f(a, + 00))N J-"(— 00, b)) Infine, dato che ogni aperto di R si pud scrivere come unione di un’infinita numerabile di intervalli, si pud concludere che una funzione f(x) & misurabile se € solo se per ogni aperto AC R U’insieme f(A) é misurabile. Esercizi 12. Dimostrare che se f @ misurabile, allora linsieme F in cui f si annulla & misu- rabile. 13. Dimostrare che se f: ER & misurabile, e u:R—R & continua, la funzione composta uo f & misurabile. Il legame tra funzioni misurabili e funzioni sommabili (o pid in generale integrabili) & rappresentato dal seguente teorema (Lezioni, cap. 6, Teorema 2.5): 3 | Funcioné misurabiti i Teorema 3.1 Una funzione (x) limitata e nulla fuori di un compatio & sommabile se ¢ solo se & misurabile. Esercizi 14. Dimostrare che se f & misurabile in £, € se esiste una funzione yp, sommabile in EB, con f >¥ [ovvero f $y}, allora f & integrabile in E. Se poi si ha |f|<¥, allora f 2 sommabile in E. 18. Provare che una funzione misurabile f & sommabile se e solo se (f| & sommabile. Un muolo di un certo rilievo ha poi il sortografico di una funzione f: F={(%y)ER" XR: y < fw}, come pure, per le funzioni positive, la parte contenuta nel semispazio positivo: Fr ={(x,y) ER" xX Ri 0 g(x) q. 0. in B. Allora: focin lim f,) dx < min lin fgat yee yee z E Teorema 3.4 (di Lebesgue) Sia fj una successione di funzioni sommabili in E, convergente quasi ovunque a una funzione f(x). Supponiamo che esista una funzione sommabile g(x) tale che per ogni 7 risulti [7:00] S$ g(x) q. 0. in B. Allora: lim f tovax= [ fooex. e a: E 4 Il teorema di Fubini Nel calcolo di integrali multipli, un importante aiuto & fornito dal teorema di riduzione, o di Fubini (Lezioni, cap. 6, §5): se una funzione f(x) & sommabile in R®, allora il suo integrale si pud calcolare mediante n successive integrazioni semplic [too fae: f ae: : [flees sande In particolare, nei casi pid semplici ¢ pid comuni di due o tre dimensioni, si ha [ fenecey= [ a [tener f ay f eee e [femaracayae [af dy f seay.20¢2 (con tutte le possibili permutazioni dell’ordine di integrazione) 4 | 11 teorema di Fubini me Naturalmente, quando si ha a che fare con integrali estesi a un insieme EZ, si dovra ricorrere alla funzione f*, che assume il valore f(x) se x € £ e il valore Ose x¢ EL Nel caso di due variabili, se il dominio di integrazione @ normale rispetto all'asse y: E={(2, eR iacrsd, alz) D 62. fete nares 63. [vesety D D dove D & l'insieme del semipiano y > 0 delimitato dalle circonferenze di centro l'origine € raggio 1 e 2, e dalle rette r=0 e z=1. Lo stesso metodo pud essere usato nel caso di integrali in tre o pitt variabili Esempio 4.2 Si calcoli f aly + z)dz dy dz, z dove E @ il tetraedro di vertici (0,0,0), (1,0,0), (0, 1,0) e (0,0, 1). 4 | M teorema di Fubini Risulta E={(,y,2)€ Ri 220, y>0, 220, ct+y+z2< 1}, e dunque i [s+ oardyae= f xaedy i (y +z) dz, E r > dove T & il triangolo {(z.y)ER 05 2<1, 0t} =H, ¢ dunque, per il teorema di Fubini (vedi Lezioni, cap. 6, Teorema 5.1, ¢ in parti- colare la [5.8]): f tooare [ mura [4.1] E 0 La formula [4.1], oltre al suo interesse intrinseco, pud talvolta essere usata per semplificare il calcolo di alcuni integrali. Esempio 4.3 Si calcoli fa +27 + 2y?) 5? dao dy. ® Si ha 0 < f(x,y) <1, e dunque F, = se t> 1, Se invece 0t 12: € quindi F, @ V'ellisse di semiassi 9 ¢ a Ne segue mUf) = e dunque 1 (+2? +2y?)$? de dy = = | ( 1s | B ® 3 Esercizi 822 Sia f(x) una funzione misurabile in un insieme E di misura finita. Dimostrare che la misura dell'insieme = {XE EB: foo=t} @ diversa da zero al pid per un’infinita numerabile di valori di t. EERE ae EE eee ea 140 Misura € integracione | Cap. 5 83. Dimostrare che lo stesso vale anche se E non ha misura finita, 84. Provare che nelle ipotesi precedenti si ha f roves f mace, E o dove si & posto come al solito (KEE: fon >v} 857 Dimostrare che per ogni funzione u(x), misurabile in un insieme misurabile 2, e per ogni p >I, risulta [isroe=n f mein, 2 o dove con un leggero abuso di notazioni si ® posto Up= {xe B: ux] > ¢}. 5 Cambiamento di variabili Ricordiamo dalle Lezioni (cap. 6, §7) la formula di cambiamento di variabili negli integrali multipli: ii fla) de = f Sly) [det J(v)| dy, E p(B) dove z= p(y) & un diffeomorfismo tra y-'(E) ed E. Esempio 5.1 Si voglia calcolare Vintegrale drdy zy? E dove E & Vinsieme delimitato dalle rette y= x, 4 Si pud operare il cambiamento di variabili 5 | Cambiamento di variabil il cui inverso & 2 Qu fo : utu . utu In questo modo il dominio di integrazione diventa il quadrato Q={uneR:1 con D={(,y):2>0, y>0, O0, y>0, ver y¥Sil, 0<2< ya}. 112. Ricordando che il baricentro di un solido E 2 il punto di coordinate 1 m(B) 5 si trovi il baricentro del solido dell'esercizio precedente. x a dx, 6 Coordinate polari Un caso particolarmente importante di cambiamento di variabili consiste nel- Vintroduzione di coordinate polari (in due o tre dimensioni) o cilindriche (in we dimensioni). Nel caso bidimensionale si pone z= 9 cos 9 y=osind See ewesursyesuanyanuxawiSdiieuusisisisuusseheiRdieduideisvisveiseiaiiainssndsiduievisveiaiiaidinduiduiaisevehieiaiiaidindesdessvehieisiieini8ditduretcsrerrernrenrnzrnzsrerssisiiiaieincinisitsieigionie... | aa Misura © integrazione | Cap. 5 e quindi [ feemardy = [fe cos 0,0 sin odes, E G dove G=e"'(E) & linsieme E espresso tramite le coordinate polari g ¢ ¥. Esempio 6.1 Si consideri l’integrale i: 2 de dy, E in cui E é il settore del cerchio di raggio 1, delimitato dalle semirette di equazione y=t v3, 2>0. Se esprimiamo £ in coordinate polari, il raggio g varia tra 0 e 1, mentre l’an- golo # varia tra 7 e a Si ha allora ; e 1 B+sindcosv|"° 1 #dedy= [0g | costoa=! oe 4 2 foe £ se Naturalmente, si sarebbe potuto ottenere lo stesso risultato, anche se con un po’ pit di fatica, eseguendo direttamente Vintegrazione nelle variabili x, y. Si ha infatti ip fF yo fiw [Pane [ dy | Pde =2 f ay ii avdr= E =1/2 lulv3 0 wi 1/2 . 2 =f {avr svar} ay. 0 U secondo integrale si calcola facilmente, ¢ da il risultato 3/32. Per quanto riguarda il primo, si ha yp ip 2 er py2/3 yd yy? 4 : eee 3v3 3 fo-w y= EG arcsiny| = 3 da cui in conclusione si ottiene il risultato precedente. = 145 Esempio 6.2 Se a > —2, la funzione f(x) = |x|* & sommabile nella palla unitaria B di R?. Bastera considerare il caso @ <0. Si ha per t > I {' O< |x| t per 0<2 —3, e il suo integrale @ a+3 Lo stesso risultato (a parte il valore dell’integrale) vale per [x|*. Infatti, per xe E si ha 2? < |x|? =a? +y? < 227, e dunque 2%/?x* < |x|" < x*. Ne segue che |x|" & sommabile in E se e solo se lo & x, dunque per a >—3. 0 Esercizi 113, Dimostrare che Ia funzione |x|@ & sommabile in R?— B per a < — 2. 114, Dire per quali a la funzione |x|" & sommabile nella palla unitaria B di R®, calcolare I’integrale. 115. Lo stesso, in eee eee gee ee eee 146 Misura e integrazione | Cap. 5 116. Dire per quali valori di a <0 e p>0 la funzione <* & sommabile nell'insieme B={((y):0<"<1,—2? 0 la funzione 2* & sommabile nell'insieme F = ={(@,y,2) €R':0<2<1, 2? +y? < 2?}. Per questi valori calcolare ’integrale fe dr dy dz, z 118? Dire per quali valori di @ ¢ p la funzione aye & sommabile nell’insieme T = {(2,y) €R?:0<2<1,0 [ sacay= [eae fo +@ cos 0) sin 99 =2 f dg >. c oO oO Allo stesso risultato si sarebbe potuti arrivare osservando che C & un dominio normale: C= {@weR:0<2<2, 00, 2441 <2 <4}. 153. f Pecdvae 154. [eeranae rE B 155. few zdrdyde 156. [ Pen ecavas Eg E : Fee eee rererrere rere te eee te ter ee 156 Misura e integrazione | Cap. 5 2 cos FE : ast. fv cos * da dy dz iss, [ raya re z dove E (a,yz)ia? sy? <2 0, e dunque g(t) & una funzione convessa; ne segue che il punto trovato & unico punto di minimo di yp. Abbiamo cosi dimostrato che per rendere minimo l'integrale di [u(x) — #]? si deve prendere la costante t uguale alla media di w. = Talvolta il teorema di derivazione sotto il segno di integrale pud essere utile per calcolare il valore di integrali dipendenti da un parametro. Esempio 7.2 Per y © R consideriamo l'integrale Fy)= f 0 in xy Sin FY ay x Possiamo supporre y > 0, dato che F(—y) = ~ Fy). Sono verificate le condizioni per applicare il teorema di derivazione sotto il segno di integrale. Infatti, \f(e,w| S ye, ———_____ ——_ 8 | Bserciei vari 159 Si ha allora Fw) frre de=— y cos ry de = 7 ° e di conseguenza Fy) = arctgy +c. Per determinare la costante ¢ basta porre y= 0; si avra F'(0)=0, e dunque in conclusione F(y) = arctgy. = Esercizi 169: Dimostrare che se E 2 un insieme misurabile e limitato, € se u(x) & una funzione di potenza p sommabile (p > 2), la funzione Ppt) = i, jucx) — ¢/? dx z ha un unico punto di minimo. Calcolare i seguenti limiti, dimostrando che si pud passare al limite sotto il segno di integrale. 471. lim | ee 170. + voto J cy+sin’c Derivando una o pid volte sotto il segno di integrale, caleolare i seguenti integrali 174, | acleaY 4, x(1+22) ° 8 Esercizi vari 176: Dimostrare che, se E & un insieme misurabile, ¢ f 2 una funzione misurabile, Positiva, e limitata al di fuori di un qualsiasi intorno I, de! punto Xo, allora si ha E-Tyox0) See eee 160 Misura ¢ integrazione | Cap. 5 Calcolare i seguenti integrali: ur, f cox 2 Base vs. [ EY de dy zy T+ey >d > 179. [si enaeey D nei quali D & il triangolo di vertici (0,0), (0,1) e (1,0) de dy 4: 180. | —Y drdyde 181. i we Tez Teutyez P P dove P @ il tetraedro di vertici (0,0,0), (1,0,0), (01,0) € (0,0, 1), 182. fo Inbzdady 183. [orvaeds B e dove E 2 il dominio limitato dalle rete s=1¢ r= e dalle curve y = ene = 184, if [zsin(z+y)—2ycostz+yidrdy 185. | a2e¥dedy r in cui T @ il quadrato di vertici (0,1), (1,0), (0,— 1) e (— 1,0). 186. f Perey 187. [ vsvesseceay dove B= {(z,y):2+y? <1, y>2?-1} 18H, [ ycoste+ 2dz > con D={(z,y): 220, y20, 1S 2+ <3, 161 8 | Ksercizi vari Figura 5.2 196. [otevrerovas 197, [ —d2dude tos, [ Heyes Baged eee ? 5 : dove £ @ la porzione della palla unitaria che sta al di sopra del piano orizzontale z = cosa (fig. 5.2), 199, [ e4z00 200. fe ydedy 201. forsee 202. | a 5 z = 5 dove E={(z,yeR:0¢2<2, 0 e dunque a t Lip) = f asin pat=8. = 0 Esempio 2.2 In maniera analoga si trova la lunghezza della curva dell’Esempio 1.2. Si ha e'(t) = (1 — 2t, 1), e dunque 2 3 ue) | ar Dre lat= + f estan = 5 2 3V10 v2 1 1 =o + tp tg n+ VIO) ~ FZ Intv2— 1. « Esercizi Calcolare la lunghezza delle seguenti curve: -1, y=et+1OStsh 10, z=arecost, y=Int U/2 1. ee 2 | Lumghesca di una curva 169 L’equazione parametrica della curva in questione & data in coordinate cilindriche da g£=2cos 8 y=2sind z=In(2 sin 3). Poiché y > 1, sara sin 9 > > e dunque : [ vivitar = 4 {a +40"? e 0 Esercizi Caleolare i seguenti integrali curvilinei au f Pos, qeyscstng 1S r<2) af 1 yds, y=: a. f —2 Ios 3 cost, y=sint 0 Z= Uv; (u,v) £(0, 0). 5 Area di una superficie Se @: K — R? 2 una porzione di superficie regolare, si definisce area di ¢ la quantita Alp) = f{ leu A Go| du dv. ix Abbiamo osservato nelle Lezioni che si potrebbe essere tentati di giustificare questa formula con ragionamenti simili a quelli fatti per la lunghezza di una 5 | Area di una superficie 7 curva; ad esempio prendendo dei punti wi,w2,...,wn in K e considerando le aree dei triangoli con vertici nei punti corrispondenti y(w1), o(w2), -...e(ww) sulla superficie (A). In questo modo perd non si giungerebbe a nulla, perché l’estremo superiore delle aree cosi ottenute @ quasi sempre + oo. Esempio 5.1 Consideriamo la porzione & del cilindro di equazione y? + 2? = 1 contenuta nel semispazio 2 > 0, che si proietta sul rettangolo [0,1] x [- 1,1] del piano zy (fig. 6.1). Figura 6.1 Dividiamo questo rettangolo in tante striscioline di larghezza 6 = 1/N, sulla prima di queste, [0,6] {— 1, 1], consideriamo il triangolo di vertici (0,1), (0,— 1) € (6,0). II triangolo corrispondente sulla superficie E ha vertici nei punti (0,1,0), (0,—1,0) e (6,0,1), e di conseguenza ha base 2 e altezza V1+6? > 1, € area maggiore di 1. Di questi triangoli se ne possono costruire N, ¢ quindi l’area totale superera N. Poiché N @ arbitrario, l’estremo superiore di tali aree & +00. = Si potrebbe obiettare che i triangoli costruiti hanno tutti un lato di lunghezza 2, e che le cose andrebbero diversamente se si dividesse il dominio K in triangoli di diametro massimo piccolo quanto si vuole. Invece, anche facendo cosi, non si approderebbe a nulla. Esempio 5.2 Consideriamo la superficie cilindrica E che ha per base Ia circonferenza di raggio 1 e altezza 6 = 1/N, di equazioni parametriche T=COsu yssinu z=0, con 0 0) definita in un intervallo [a,b], si pone a= f(z) cos 0 y= f(z) sind z (0 in coordinate cilindriche @= f(z)), cona Fu [ Fe, v,u',v')dt 6 | Proprieta metriche delle superfic 187, fra tutte le fanzioni (¢) = (u(t), v(t)) che assumono valori assegnati agli estremi ‘A questo integrale si possono applicare i metodi del calcolo delle variazioni, che conduce al sistema di equazioni differenziali (cap. 3, [5.2]) 4d aF _ar dt du Ou a OF ar dé du av Notiamo comunque che, a causa della forma particolare del funzionale 7, non si pud sperare di ottenere esplicitamente le due funzioni u(t) ¢ v(t) risolvendo il sistema delle equazioni di Eulero; ¢ cid non per la complessita del sistema, e la conseguente difficolta di ottenere una soluzione esplicita, ma per la natura stessa del problema in esame. Infatti, come abbiamo visto nelle Lezioni (cap.7, $2), Ja lunghezza di due curve equivalenti & la stessa; ne segue che, se 7(t) = (u(t), v(t) @ una soluzione del problema, ogni curva +7’ equivalente a + sara anch’essa solu- zione. Di conseguenza, la soluzione del problema di minimo potra dare solo la curva geodetica, e non la sua rappresentazione parametrica. Analiticamente, cid deriva dal fatto che le due equazioni che compongono il sistema non sono indipendenti, ma se una di esse é soddisfatta, lo sara automati- camente anche |’altra. Infatti la funzione F che compare nel funzionale L(y) & omogenea di grado 1 rispetto alla coppia di variabili u,v’. Ne segue che si ha identicamente (cio’ quali che siano le funzioni u e v) WFy +0 Fy =F. Q Derivando rispetto a t si ottiene ‘ " id pe a 0 ” wiRy +0" Ry sul 5 Re tel 5 By = 9 P= Raul + Raul + Ryu! + Fo, da cui segue facilmente (ee w (Gr aR) +d (Ge R) =6. Quest’ultima equazione & valida per ogni coppia di funzioni u(t), v(t); da essa segue immediatamente quanto si diceva, ¢ cio& che se una delle equazioni di Eulero & soddisfatta, @ immediatamente verificata anche laltra. Di conseguenza, nella migliore delle ipotesi si potra determinare una relazione tra le due variabili ue v, che esprima la curva in forma implicita. Quando cid non @ possibile, si potra fissare una delle due funzioni (ad esempio prendendo la forma pid semplice u(t) = t, 0 la simmetrica v(t) = ¢), e ricavare l'altra. Da notare “Soe eee ee eee ee Curve e superfici | Cap. 6 che con cid non si perde molto, dato che su una curva regolare si pud sempre esprimere localmente una delle variabili come funzione dell’altra. Esempio 6.1 E chiaro geometricamente che se la superficie 5 & un piano, le sue geodetiche saranno le rette giacenti su £. Dal punto di vista analitico, supponiamo che il piano abbia equazione z= az+ +B, © pili prolissamente che abbia la rappresentazione parametrica (u,v), di componenti r=u v au + Bu. Risulta 4 = (1,0, a), @ = (0, 1, 8), ¢ dunque Vintegrale da minimizzare diventa f Vii 2 ul? + (1+ Bu? + Daun’ dt Il sistema delle equazioni di Eulero @ in questo caso. d (+ 0°)u! + afv! : ee ee eee dt J+ o2)u'? + (1 + By? + apa! d (1+ 6)v" + au! See a, dt Jl + a2 ui? + (1+ B02 + Japuly del quale, come abbiamo detto, basterd considerare una sola delle equazioni, ad esempio la prima. Derivando, ed eseguendo le numerose semplificazioni, si ottiene (+a? +B) v'(ulu" — u'v") = 0, dalla quale si ricava 0 v= 0, ¢ dunque v = costante, ovvero =. we Integrando quest’ultima equazione, si ha in primo luogo u! = Av!, ¢ di qui Av +B. In ogni caso, la soluzione 2 una retta. # J 6 | Proprieta metriche delle superfic 139 Esempio 6.2 Trovare le geodetiche della sfera di raggio 1. Una rappresentazione parametrica y(u,v) della sfera & a =sin u cos v y=sin usin 2 = COS wu. Si ha yp, = (Cos u cos v,cos u sin v,—sin u), ~y ¢ dunque 'integrale da minimizzare diventa [ve +v?? sin? udt, Al solito, si pud prendere in esame solo una delle equazioni di Eulero, ad esempio quella relativa alla v: sin u sin v, sin u cos v, 0), d v' sin” u DL dt Yul? +? sin? w ovvero vf sin? uw ee ee Vul? +0 sin? u Se c =0, si ha v' = 0, e dunque v costante. Le geodetiche corrispondenti sono contenute nell’intersezione della sfera unitaria con i piani verticali di equa- zione z sin @ — y cos a= 0 Se ¢#0, elevando al quadrato si ottiene a in? u(sin? u — c2) Invece di integrare direttamente questa equazione, si pud semplificare il calcolo nT cos u Si ha allora w’ sinu sii Ponendo w = cotg u e dunque : cay! Coa 1-e - c*w? aA »_l-¢ dove si & posto a? Quest’ultima equazione si pud integrare facilmente, ottenendo Ww vearesin + ath ovvero w =a sin(v — 8) = A cos v+B sin v, con A=—a sin Be B=a cos B. Feet eee ee eer rrerrererre rer iittetteteteteteteteteteete teeter 190 Curve e superfici | Cap. 6 In conclusione, ricordando la definizione di w, si ha cos u= A sin ucos v+B sin u sin v ovvero z=Ar+By. In ogni caso, le geodetiche sono porzioni delle intersezioni della sfera unitaria x? +y’ +2? = | con i piani passanti per lorigine; esse sono dunque archi di cerchi massimi. Da notare che, dati due punti sulla sfera, non diametralmente Opposti, per essi Passa uno ¢ un solo cerchio massimo, ed esattamente lintersezione della sfera col piano che passa per l'origine ¢ per i due punti dati. Dei due archi di cerchio massimo che congiungono i due punti, il pid piccolo & quello che da la minima distanza. Si vede subito che, tranne che nel caso di punti diametralmente opposti, Varco minimo @ unico. Esercizio 86° Se @ @ una curva di equazioni parametriche x = x(t), y = ylt), a 0, con la metrica di Poincaré, definita da du? + du* v ds° La lunghezza di una curva g(t) = (u(t), v(¢)) sara in questo caso - | Fa wee Le) e dunque l’equazione di Eulero delle geodetiche sara d ul dt vul? + v!? © anche cw Vataet & vue? La prima di queste due equazioni @ pit conveniente, dato che si ha immedia- tamente al — =e oVvul? +0? e quindi cov! w= 7 Th? Lintegrazione di questa equazione & immediata. Se ¢ = 0, si ha u’ = 0, e dun- que u=b. Se invece c#0, risulta © dunque in definitiva (u-ay +e? ee ee eee ere io eee eee 192 Curve e superfici | Cap. 6 Le geodetiche sono dunque le semirette verticali ¢ le semicirconferenze con il centro in un punto della retta v = 0. Quest’ultima ha la le caratteristiche della “retta all’infinito”; infatti, se si misura la lunghezza di un’arco di circonferenza, di equazione u +e cost v=esint, con to St < th, si ottiene t tr dt es arin, z sin tg 7 © questa quantita tende a +00 se uno degli estremi tende alla “retta all’infinito’ cio’ se ty +00 se ty + x. . Linteresse del semipiano di Poincaré risiede soprattutto nel fatto che esso fornisce un modelo, detto appunto “modello di Poincaré”, della geometria non cuclidea. Infatti, se chiamiamo “rette” le curve geodetiche (che, come abbiamo appena visto, sono le semirette verticali ¢ le semicirconferenze con centro sull’asse delle u), avremo che tutti gli assiomi della geometria euclidea sono soddisfatti, con la sola eccezione dell’assioma delle Parallele: dati una retta e un punto P Juori di essa, esiste una e una sola retta per P parallela alla data. Nel nostro caso, questo postulato non sussiste. Infatti, dati una retta r (cio’ una semicirconferenza con centro sull’asse delle u) e un punto P che non ap- Partiene a r, esistono infinite “rete” che Passano per P e che non incontrano r. In Particolare, ce ne sono due “estreme” (fig. 6.3), che sono le circonferenze tangen- tia r suil’asse delle u. Figura 6.3 Esereiai 87. Trovare l'equazione della “tetta” che passa per i punti Pp = (uo.u) € Py = (y,0) 88. Calcolare la distanza tra Py e P 8 | Massimi © minim vincotat 193 * 8 Massimi e minimi vincolati Sia G un vincolo, cioe il sostegno di una curva regolare a tratti in R? 0 in R’, ovvero di una superficie regolare a tratti in R*, e sia f(x) una funzione definita in un aperto A contenente G. Diciamo (Lezioni cap. 7, $7) che un punto xp € G & un punto di massimo o di minimo relativo vincolato per la funzione f, se & un punto di massimo o di minimo relativo per la restrizione di f a G: in altre parole, se esiste un intorno J di Xo tale che per ogni x € ING si ha f(x) < f(xp) fowvero f(x) > f(xo)] La ricerca dei punti di massimo o di minimo vincolato & fondata sul seguente teorema (Lezioni, cap. 7, Proposizione 7.1): Teorema 8.1 Sia G un vincolo e sia {(x) una funzione definita in un aperto ADG. Se un punto Xo interno a G é un punto di massimo o di minimo relativo vincolato per la funzione f, se quest’ultima é differenziabile in Xo, e se il vincolo G @ regolare in un intorno di Xo, allora il vettore grad f(%) @ ortogonale a G in Xo. Un punto xo tale che grad f(xo) L @ si dice punto stazionario vincolato per la funzione f (relativamente al vincolo G). Stante il teorema precedente, i massimi € i minimi relativi vincolati si possono trovare: (a) nei punti stazionari vincolati. (b) nei punti singolari del vincolo, cio® nei punti in cui G non possiede Ia retta (0 il piano) tangente; (c) nei punti di G in cui la funzione f non & differenziabile: (@) nei punti del bordo di G. Esempio 8.1 Si wovino i punti stazionari della funzione Flay) = at +y! sulla circonferenza C di centro l'origine ¢ raggio | Se (x,y) & un punto di C, il vettore v di componenti (x,y) & normale aC. I punti stazionati vincolati di f sono quelli che verificano la relazione grad f(x,y) = kv, dove k & un numero reale dipendente da x e y. Nel nostro caso: 4a} =ke, dy? = ky. Da queste relazioni, se x e y sono diversi da 0, segue che 2? Poiché poi si deve avere x? +y? = I (il punto (x,y) deve stare su C), si avra k = 2. I pumti da prendere in considerazione sono dunque quelli di coordinate 1 1 1 ( i nei quali la funzione vale 5 - Vira 194 Curve © superfict | Cap. 6 Supponiamo ora che sia x = 0. Si dovra avere in questo caso y #0 (Ia soluzione ¥ = 0 deve essere esclusa in quanto Vorigine non appartiene a C), € quindi x risultera y? = 7, da cui k= 4 ¢ y= +1. Analogamente, sono stazionari i punti di coordinate (+ 1,0). In tutti questi punti ta funzione in esame vale 1. Se poi si vogliono trovare il massimo e il minimo della funzione f su C (che esistono in virth del teorema di Weierstrass, dato che f ® continua e C un insieme compatto), essi saranno da ricercare tra i valori assunti dalla f in questi punti, dato che sia f che C sono regolari, € C non ha bordo. Ne segue che il Massimo assoluto della funzione x* + y* sulla citconferenza di centro O e raggio | € 1, e il minimo & ; . Esercizi Si trovino i punti stazionari vincolati delle funzioni che seguono, sui vincoli indicati a fianco: 90. c+y; arctgie—y=2 Mat y; Ina2 sy 89. 223 +3y; ae y? In genere non @ agevole dire se un dato punto stazionario vincolato & un punto di minimo © di massimo relative, mentre a volte & pid semplice la ricerca dei massimi e dei minimi vincolati assoluti. Esempio 8.2 Trovare il massimo ¢ il minimo della funzione Sa,y)=|x\’lyP?, O 0, y > 0: f(c,y) = 2?y?-*), dato che f(t2,ty) = f(z,y). I punti stazionari devono soddisfare le relazioni pa ly? = Nx (2 ~ p)aPy'~? = dy, € dunque, se si escludono i casi z=0 0 y=0 in cui la funzione ha un minimo. si trova 2 p=-(2). y | Massimi ¢ minim’ vincotat 195 1, si ottiene facilmente 2? = 7 Da quest’ultima, e dalla relazione x? + y” , da cui si deduce che il massimo della funzione & pyt py! M,~(5) (1-5) assunto nei punti di coordinate (« Vb ie 3) Si ha poi Ply? g+y? 0) 94, erty 952 e+ ed 96. zy" (m © nm interi positivi) sulla circonferenza unitaria 2? + y? = 1, ‘Trovare il massimo e il minimo delle funzioni 97. 2 ~ y+ zy 98. r+y?x—a?y 99. 2ay — 2 nel quadrato Q = (0,1) x (0,1). yt 100. 2x —3In(l +a +3y) Trovare il massimo ¢ il minimo delle funzioni 101. (2 ~ 17(y +2) 102. 2? + ay? 103. (y+ 1) 6 104. 2? + 3ay+y nel quadrato |z] +|y| <2. Trovare, se esistono, il massimo e il minimo delle funzioni che seguono, sui vincoli indicati a fianco: 10s. —_; ty y 106. r=Vytl © + 8 | Massimi ¢ minim vincolat! 197 e 4, yee 1 ry=l, £>0, y>0 v =I MO. cy +y?s 2 ayr tay al 109! z+yte™; a+y? Lo stesso metodo pud essere usato con profitto nel caso di funzioni di pit variabili. Esempio 8.4 Si determinino i valori massimi e minimi della funzione f(x,y, z) = xyz sulla sfera unitaria 2? + y? +2? =1. La normale alla sfera nel punto (x,y, 2) @ il vettore (2, y,z). Si hanno dunque le relazioni yeaa z= dy zy =z. Moltiplicando queste relazioni rispettivamente per z,y e z, € confrontandole tra loro, si ottiene Az? = Ay? = Az’. Allora: 1 2 =, dato che deve essere 2? +y? +z? =1. Ne 3 ae : 1 1 1 segue che sono stazionari i punti di coordinate z= + —, y=4+—, 2=+ v3 Ve Do (1) Se #0, si ha 2? ri 1 1 I 1 Risulta («5 a =) = + —Z, dove il segno 2 + 0 — a seconda che i MAR wht wa) Aw 7 segni — siano in numero pari o dispari. (2) Se 4 =0, si deve avere zy = yz = xz =0, e dunque due delle tre coordinate devono essere nulle, e la terza deve valere + 1. In ogni caso si ha f = 0. 7 eal ee i In conclusione, il massimo della funzione @ —=, e il minimo € -——=- = 3V3 3V3 In molti casi, la normale al vincolo non @ cosi immediata, e si dovra ricorrere a risultati pitt elaborati, come ad esempio il teorema dei moltiplicatori di Lagrange, che & particolarmente utile quando il vincolo & dato sotto forma di insieme degli zeri di una funzione F. In questo caso il vettore grad F(x) & normale al vincolo nel punto x, ¢ dunque i punti stazionari vincolati saranno le soluzioni del sistema grad f(x) + A grad F(x) = 0 F(x) = 0. “Se eee eee eee . Curve € superfici | Cap. 6 Esempio 8.5 Si calcolino il minimo ¢ il massimo valore assunti dalla funzione f(x,y) = Qaty sulla curva C di equazione 2? — ry +y? =1, La curva in questione & un’ellisse, e dunque © @ un insieme compatto. [ punt stazionari di f col vincolo C sono le soluzioni del sistema 2+XQr—y)=0 1+AQy - 2) =0 a ~—atyty Dalle prime due equazioni si trova facilmente Az = e introdu- . . a al : 2 cendo questi valori nella terza si ottiene \? = Fe cok A= VIN gy. hanno Sd 4 : ee, ae massimo della fanzione su C8 24/7, e it minimo — Le dunque i punti stazionari ( eee Esempio 8.6 Calcoliamo i valori massimo e minimo assunti dalla funzione f(z, y, 2) = 22+ +2y? +32? nella porzione del paraboloide di equazione 2 = | — 1? - y? contenuta nel semispazio z > 0. II vincolo G & un insieme compatto, ¢ dungue il massimo e il minimo esistono in virtd del teorema di Weierstrass. I punti stazionari vincolati della funzione sono dati dalle soluzioni del sistema 22(1+A)=0 UAGiee ee 2y(2 +) =0 Ieee eae ee ae eat 6z+A=0 fe 7 eePeyel Nate Dalle prime tre equazioni si ricavano le relazioni x =0, y=0, 2 = —2, owero 6 +y=0, 25 z Introducendo questi valori #=0,A=—2 251, 0 anche A= nell’equazione del vincolo G si ottengono i punti stazionari vincolati (0,0, 1) u (0 vi 3) (= Vio. 5) T valoti della funzione f sono rispettivamente 3.2 i eee 8 | Massimi € minim vincotati 199 Restano da esaminare i punti del bordo di G, cio® i punti di G contenuti nel piano 2 =0. Questi si trovano sulla circonferenza di equazione 2* + y? = 1, sulla quale la funzione f vale 2? +2y? = 1+y°. Si vede allora immediatamente che il yalore massimo sul bordo @ 2, e il minimo 1. it In conclusione, il massimo cercato é 3, e il minimo n° Esempio 8.7 Calcolare il massimo e il minimo (se esistono) della funzione f(x,y, 2) = yz sulla porzione della superficie di equazione zy +yz+ 2 = 1, contenuta nell’ ottante 220, y20, 220. Il vincolo G non @ un insieme compatto (ad esempio contiene Iiperbole del piano z= 0 di equazione zy = 1), e dunque non si pud applicare il teorema di Weierstrass. Si vede peraltro immediatamente che f assume il valore minimo 0, dato che risulta sempre f > 0, e si ha f =0 ad esempio sull’iperbole suddetta. Per determinare l’esistenza del massimo, osserviamo che se una delle variabili, ad esempio z, tende all’infinito, si avra zz < 1 e yz <1 a causa dell’equazione 1 : 1 da cui zyz < : 1 a . di G; ne segue che r<-ey< . In conclusione, la funzione z z data tende a zero quando il punto (2,y, 2) tende all’infinito su @, cosicché essa ha massimo in qualche punto di G. T punti stazionari vincolati sono le soluzioni del sistema y2+dMy+2)=0 az+XMx+z)=0 syt+Mat+y)=0 a ay tyz+az Moltiplicando le prime tre equazioni rispettivamente per x, y ¢ 2, € confron- tandole tra loro, si ottiene Ary = Axz = Ayz, da cui, tenendo conto dell’ultima, : v3 dalla funzione in questo punto, e dunque il massimo di f, @ =: = in q P ql 0 dif, 2 5 Va Notiamo che i] risultato trovato si pud scrivere nella forma fl valore si ricava unica soluzione interna al vincolo z = y =z unto 1 2 nyz < —a(aytyztez)?, 3v3 dato che la quantité tra parentesi a secondo membro é@ uguale a 1. 200 Curve e superfici | Cap. 6 Per omogeneita, tale relazione continua a sussistere per ogni valore positivo delle grandezze =, y, z. Se si imerpretano queste ultime come le lunghezze degli spigoli di un parallelepipedo rettangolo, la formula si pud scrivere vss, So dove V ed $ indicano il volume e la superficie. Abbiamo cost rittovato per altra via la diseguaglianza isoperimettica [1.4] del capitol 2 del primo volume dei Esercizi. Esercizi TIL. Trovare (se esiste) il massimo valore del volume di un parallelepipedo rettangolo, di cui sia assegnata la somma S della superficie laterale ¢ di una delle basi, 112, Trovare (se esiste) il massimo valore del volume di un parallelepipedo rettangolo, di cui sia assegnata la superficie laterale 5D. 113. Trovare (se esiste) il volume massimo di una piramide retta a base quadrata, della quale sia assegnata la superficie laterale 5. 14, Lo stesso, se la base & un triangolo equilatero. 115. Trovare (se esistono), il massimo e il minimo della funzione’ fz, y) = yg sulla Porzione della curva di equazione y = pr‘, contenuta nel semipiano z>0 (a, p, g,k > 0). 116. Trovare (se esistono) il massimo e il minimo della funzione xy +2y2 +2z2 sulla Porzione della superficie di equazione 2yz=V, contenuta nel primo ottante (2 >0, y > 0, 220). 117. Trovare (se esistono) i valori massimo e minimo della somma della superficie late- rale e di una base di un cilindro retto, il cui volume sia V. Trovare (se esistono) il massimo e il minimo delle funzioni seguenti, nei domini D indicati: 118, zy; D= {ew O0,y> 1, 2y <1) 122, sty? 32; De (yi >0,y 21, ay <1} 123, wer: D= (ay): Jz] <1, yl < 1} 8 | Massimi € minimi vincolat 201 124, (2-1? +(y— I; D= {epi 20,05 y 54-22} 125, 22? — 3y? 422; D={(a,y)ia? ty? <1} 126. : D={(y) 221,40? + l4z—y Viegt+ : z 128. seoar={ 127. D=(a,yirtey <4} +y? se zr<0 a S" Delay: r+y0 sin’ 40,0) Pesin'z 129. f(x,y) = D= {a 0 (x,y) = 0,0) 1 ars : D={@yi tsa? ty? <2} 131, 2? ~y?; D={(2,y):22? +" <1} 132. c+y?; D= {(z,y): |2) + ly)? <1} 133. (2 — 3y)?; _D = {(x,y): 2? + 2y? < 1}. 134, Trovare la minima distanza tra la retta z= —3 ¢ la parabola 2? +2ry+y? +4y =0. Una variante dei problemi usuali di massimo e minimo consiste nel determi- nare i] valore massimo e/o minimo dell ordinata (o dell’ascissa) di una curva. Se la curva in esame @ data mediante la sua rappresentazione parametrica x = x(t), y=y(t), @ — 3azy = 0 ha sempre soluzione. Al contrario, il punto (ay/2, av/4) & un punto regolare per la curva, e in esso si ha Fy =@V2 ¢ Fry = 6ay/2, da cui y” = —* < 0, sicché si tratta di un massimo relativo, = : 8 | Massimi € minimi vincolat 208 Esereizi Determinare i massimi e i minimi relativi dell’ordinata y sulle curve di cquazione 135. y? — 2xy + 2x? — 22 =0 136. 2? +2y? ~zy+y=5 137, x? y?—ay+r+5=0 138. e7 be¥ <2 =4 139, 22 +2zy+y? +441 =0 yi-y=0 141. tay sy? 142. Trovare i valori massimi e minimi delle tre coordinate sulla curva definita dalle equazioni Poy ae 24+ 2y+32=0. Trovare i punti stazionari vincolati della variabile z sulle superfici che seguono. Dire se si tratta di massimi o di minimi relativi 143, Infieerey—zet=0 144, (ew 43y*)e*? —1=0. Capitolo 7 Forme differenziali 1 Integrazione delle forme differenziali Ricordiamo dalle Lecioni (cap. 8, § 1) che una forma differenziale w definita in un aperto A € R" & un’applicazione di A nel duale R di R". Se denotiamo con >dira, ...,da la base canonica di R"*, e per ogni x A indichiamo con 21(%), a2(¥), ...,.dn(X) le componenti di w(x) in questa base, si potra scrivere w(x) = D ais) dey. Cid posto, la forma w si dita continua, di classe C' ecc., se le funzioni a(x) sono continue, di classe C! ece. Se ora o: [a,b] + R" & una curva regolare a tratti con sostegno in A, #2 A— R" @ una forma differenziale continua, si definisce integrale di w lungo ¢ Vintegrale 4 f w=: il Lalo oieat. a Come abbiamo visto nelle Lezioni, questa quantita non varia se si sostituisce alla @ un’altra curva *p equivalente e con lo stesso verso; mentre cambia di segno se w ha verso opposto. Esempio 1.1 Si calcoli Mintegrale della forma weydr+rdy ungo Varco della parabola y = x? che va dall’origine al punto (1, 1). 1 | Imtegrazione dette forme differenziali 205, Una rappresentazione parametrica del cammino di integrazione @ data da x P,OSt< 1. Siha 1 forfe 20?) dt = 1. eo Lo stesso risultato si sarebbe ottenuto usando la rappresentazione y = t, z= Vt, 0 0; le funzioni composte axoy sono uniformemente continue in [a, 5}. dunque esistera un No tale che, se N > No, si avr’ jax(p(ti)) — ax(e(®))| < € per ogni t dell’intervallo [t;,tis1]- D’altra parte la funzione y' & limitata, e dunque esistera un numero M tale che |y},| < M. In conclusione, se N > No, il secondo imtegrale della [1.1] si potra maggiorare con Me(tix: ~ ti). " Usiamo qui il termine lavoro in analogia con il caso di interesse fisico, in cui w @ il lavoro elementare di un campo di forze (vedi Lecioni, cap. 8, Esempio 1.1), oa Forme differenziali | Cap. 7 Se ora sommiamo la (1.1] per i= aes .N, otteniamo ee LN) - f XE axon eral] < Mets — a), cosicché la quantita L(N) tende all’imtegrale della forma w lungo la curva ¢. Molto spesso il ragionamento precedente si esprime, in termini imprecisi_ ma suggestivi, nel modo che segue Se si compie uno spostamento infinitesimo da x a x+dx, la forma w (che in questo spostamento si pud considerare costante) compie un lavoro infinitesimo 5L = w(xy(dx) = 2 ax(x) dey. Se ora il punto x percorre la curva di equazione x = p(t), si avra dx = p(t) dt, e il lavoro totale sara la “somma’ di tutti questi lavori elementari, ovvero lintegrale mi B n ih © ax(ott)) ght) dt = i w, 2 2 Poligonali e forme esatte Sia w: A > R™* una forma differenziale continua definita in un aperto A di R®. La forma w si dice esatta se & il differenziale di una funzione f di classe C'(A), 0 in altre parole se esiste una funzione f € C'(A) tale che of a,(x) = =~ (x i (X) 3x, ¢ ) per ogni x € A. Una tale funzione f si dice una primitiva di w. Abbiamo dimostrato (Lezioni, cap. 8, Teorema 2.1) che w @ esatta se e solo Se per ogni copia di punti x e y in A, e per ogni coppia di curve y e w che hanno come primo estremo x e come secondo estremo y, risulta forfo [2.1] ° v Vogliamo ora migliorare il risultato precedente. Pit precisamente, faremo vedere che affinché w sia esatta sufficiente dimostrare la [2.1] quando y e w sono delle poligonali semplici con gli stessi estremi. Per far cid dovremo ripercorrere {a dimostrazione del teorema appena enunciato, e far vedere che in essa ci si pud limitare a considerare solamente delle poligonali semplici. ——— 2 | Poligonali e forme esatte 208 Lemma 2.1 Sia A un aperto connesso di R". Se x1 € X2 sono due punti di A, esiste una poligonale semplice p, con sostegno contenuto in A, € avente come estremi i punti x, @ X2 Dimostrazione. Fissato x, € A, indichiamo con B Vinsieme dei punti di A che possono essere congiunti a x; con una poligonale semplice con sostegno in A. Faremo vedere che B= A. Dimostriamo che B é aperto. Sia y un punto di B, e sia ip : [a,b] > A una poligonale semplice che unisce x; a y. Poiché A é aperto, esistera un intorno J di y tutto contenuto in A. Si potrebbe essere tentati a questo punto di congiungere x; con un punto z di T andando prima da x; ay © poi congiungendo y con z con un segmento. Cosi facendo perd, la poligonale che ne risulta non & in generale semplice, dato che il segmento yz pud intersecare la poligonale che unisce x a y (fig. 7.1). Poniamo ty = inf{t € [a,b] : p(t) € I}. Per la continuita di gy, si ha g(t) € OJ; inoltre, per t < t risulta p(t) ¢ J. Poniamo y, = y(t), ¢ sia EI. La curva di equazione ett) ast a;(x)v;. In particolare, prendendo v = ¢; si ottiene 2f/Az, = a;, cosicché f & una primi- tiva di w. a Segue da quanto appena dimostrato che se la [2.1] vale per tutte le poligonali semplici, allora vale automaticamente per ogni coppia di curve p e w in (x,y), dato che la forma w risulta esatta. In maniera analoga si pud generalizzare il Corollario 2.1 del capitolo 8 delle Lezioni. Si ba infatti Teorema 2.2 Sia A un aperto connesso di R", e sia w una forma differenziale continua in A. Se per ogni poligonale semplice e chiusa ‘p, con sostegno contenuto in A, risulta fe =0, (2.2) 2 la forma w é esatta. Dimostrazione. Siano x e y due punti di A e y, : [a,b] + R” e g2 : [c,d] > R” due poligonali di P(x, y). Se i sostegni di ) e @> hanno in comune i soli punti xe y, posto Prlt) = orld ~ (d — e)(t — 6), la curva di equazione pit) as ‘sil * Ma allora si ha anche fof ° » ¢ il teorema & dimostrato. = Come abbiamo gia osservato nelle Lezioni, teoremi di questo tipo non sono di grande aiuto quando si voglia stabilire se una data forma sia esatta, Non & infatti agevole dimostrare la [2.1] per ogni coppia di curve, o anche, per quanto abbiamo appena dimostrato, per ogni copia di poligonali. Pid importante a questo riguardo, anche se meno generale, & il Teorema 2.2 del capitolo 8 delle Lezioni, secondo il quale, affinché una forma differenriale di classe CG! in un aperto A ER” sia esatta & necessario che w sia chiusa, ed Sufficiente che sia chiusa e che I'aperto A sia stellato. Ricordiamo che una forma differenziale w(x) X a(x) de, si dice chiusa, se sono verificate le identita Bai(x) _ Ba(x) =1,2,...,n) az, Oa; (R= 1,2, ....n), 2| Poligonali ¢ forme esatte 213 mentre un aperto A si dice stellato (rispetto a un suo punto Xp), se per ogni x € A tutto il segmento che unisce x a xp & contenuto in A. Esempio 2.1 La forma differenziale w = 2ry da +(x? +2y)dy & esatta. Infatti essa & definita in tutto R’, che & ovviamente stellato, e si ha A2Qxy O(a? + 2y) 222 mad rE Ot Una primitiva f di w si calcola osservando che deve essere of af _ 2 Bp 72U © By Ete Integrando (rispetto a z) la prima di queste equazioni, si ottiene f(x, y) = 2°y + g(y). La funzione g si determina derivando rispetto a y; si avrd x? +g'(y) = 2* +2y, © dunque in conclusione fa.yexyty & la primitiva cercata. = Esempio 2.2 La forma differenziale w= yde+(xtz)dy +ydz & esata. Infatti w @ definita in tutto R°, ¢ risulta ay Ax +z) Procedendo come sopra, si trova subito che una sua primitiva 2 la funzione ay +yz, 0 pitt in generale zy +yz +e, dove ¢ & una costante arbitraria. = os Forme differenziali | Cap. 7 Se l'aperto A non & connesso, ad esempio se @ unione di due aperti disgiunti Be C, sara sufficiente trovare una primitiva f in Be una g in C. La funzione F, che vale f in Be g in C, sara allora una primitiva in A. Esempio 2.3 La forma differenziale 1 2 ee Dyan : é esata. Infatti w & chiusa, dato che si ha 1 a(zy-2) Oy oe D'altra parte w @ definita nel piano R? privato dell'asse delle y, che non & un insieme connesso, ma & unione dei due aperti stellati B = {@. WER :2>0}e C= {(,y) € R’: 2 <0}. Ad ognuno di questi aperti si pud applicare il solito teorema, cosicché w risulta esatta. Per calcolare una sua primitiva, si pud procedere come sopra, ottenendo la funzione f(x,y) = 7y — Injz. Pit in generale, & una primitiva di w la funzione =Injz|+e) in B x F(r,y) = oe ee in © Da notare che le costanti c; © 2 si possono scegliere indipendentemente "una dall’altra. Esercizi 27. Dimostrare che se A ® connesso e w & esatta, due primitive di w differiscono al pid per una costante. Dire se sono esatte le forme seguenti, considerate nei loro insiemi di definizione, e in caso alfermative trovame le primitive 28. 302 2 | Poligonati e forme esatte 215 32, (ycos x — zysinz — siny) dz + (xeosz ~ xcosy + 1)dy en 33. 7! da + 35, 124 de + Inui +2)dy Tee 37. a ln(l + zy)dz + yln(l + zy)dy 38, yln(i +2y)da+2Indl +2y)dy 39. (ye? — eda + (e* ~ ze") dy. 40: Posto sing se €#0 eem=y & ” se €=0 si dica se la forma differenziale w= plz,yde + ely, 2) dy & esatta. Lo stesso metodo di integrazione separata & utile per risolvere l'equazione alle derivate parziali Ow Bud 1h» dove f & una funzione assegnata. La soluzione generale si pud ottenere con una doppia integrazione: : : (a0) = f fossa aco, ‘ Ou © quindi wu, o=f asf fs, thdt + plu) + Y(v), i dove g(u) e w(v) sono funzioni arbitrarie. In particolare, la soluzione generale dell’ equazione Pw dudu - Forme differenziali | Cap. 7 @ la funzione wu, v) = plu) + Pv). Tale risultato diventa pid interessante se facciamo il cambiamento di variabili a. ae 7 u=(e+0)/2, v=(x~1)/2, e poniamo z(z,t) = w(u,v) = o(& >). Si ha Gus Oa Ow Oa Oe Ou ax" dt’ Bv dx at’ da cui & la funzione 2x, t) = (x +t) + W(x ~ t), dove » e p sono delle funzioni arbitrarie, Esercizio 41. Trovare la soluzione del problema di Cauchy per l’equazione delle onde Pe we ar? at 2(a,0) = sing az 0) = 0. 3 0 3 Forme esate in domini piani Nel caso di due variabili, un risultato che migliora i precedenti & costituito dal Teorema 5.1 del capitolo 8 delle Lezioni, il quale dice che una forma chiusa w definita in un aperto connesso AC R28 esata se il dominio A @ semplicemente ? Questa equazione si chiama equazione delle onde, ¢ desctive le piccole oscillazioni di una corda elastica che vibra trasversalmente. La soluzione ovata & dovuta a D'Alembert, 3 | Forme esate in domini piani 217 connesso, e cioé quando ogni curva regolare a tratti, semplice e chiusa, con sostegno contenuto in A, & bordo di un aperto limitato contenuto in A. Osserviamo che, per quanto abbiamo dimostrato sopra, sara sufficiente provare che ogni poligonale semplice e chiusa contenuta in A @ bordo di un aperto limitato contenuto in A. Non @ facile dimostrare rigorosamente che un dominio & semplicemente con- nesso, neanche nel caso di domini piani molto semplici. Ad esempio, benché sia intuitivamente evidente, non 2 facile dimostrare nemmeno che R? & semplicemente connesso, Noi assumeremo per il momento che cid sia vero, ¢ dimosireremo il seguente teorema: Teorema 3.1 Un aperto stellato @ semplicemente conne: Dimostrazione. Sia A un aperto stellato rispetto a un suo punto Xp, che per semplicita supponiamo sia l'origine, e sia y una poligonale semplice ¢ chiusa, con sostegno contenuto in A. Poiché per ipotesi R? & semplicemente connesso, il sostegno di y & bordo di un aperto limitato E. Dobbiamo far vedere che EC A Per x € E, x40, definiamo O(x) = sup{t > 0: tx € E}; e sia y = x0(x). Si vede subito che 6(x) > 1 e che il punto y deve appartenere alla frontiera di E, dato che tx € E per valori di t < 0(x) arbitrariamente vi- cini a 0(x), e tx ¢ E per t > (x). Poiché AE C Ae A? stellato, tutto il segmento di estremi 0 © y @ contenuto in A, e dunque anche il punto x = y/@(x) (che appar- tiene a tale segmento) sara contenuto in A. Cid dimostra che EC A, € dunque che A @ semplicemente connesso, = Vogliamo ora vedere cid che accade nel caso in cui il dominio non sia sempli- cemente connesso, Per fissare le idee, consideriamo un aperto A del piano, costi- tuito da un aperto semplicemente connesso EC R? dal quale sia stato tolto un punto x € E: A=E - {xo}. Sia dunque w(z,y) = M(z, y)dz + N(x,y)dy una forma differenziale chiusa, definita in A. Dato che A non & semplicemente connesso, per concludere che w & esata non si pud usare il Teorema 5.1 del capitolo 8 delle Lezioni, Naturalmente, si potra sempre far uso del Corollario 2.1 di quello stesso capitolo, 0 meglio del Teorema 2.2 dimostrato sopra, che valgono senza alcuna restrizione sulaperto A. In realta, dato che w & chiusa, non sara necessario dimostrare la [2.2] per ogni poligonale semplice ¢ chiusa, ma basterd farlo per una sola poligonale (0 pitt in generale per una sola curva semplice e chiusa) che giri intorno al punto xo. Per eee eee eee eee eee ea us ee 7 essere pit) precisi, sia yo una curva regolare a tratti, semplice ¢ chiusa, il cui sostegno @ contenuto in A. Poiché & semplicemente connesso, il sostegno di @ bordo di un aperto limitato B contenuto in E. Se xo € B, diremo che » gira intorno a Xo. Supponiamo dunque che w sia chiusa, e che esista una curva g che gira intorno a Xo, € tale che foro. e Vogliamo dimostrare che w @ esatta, ¢ cio® che ultima relazione vale per ogni curva regolare a tratti, semplice e chiusa, con sostegno contenuto in A. Poiché E & semplicemente connesso, il sostegno di y @ bordo di un aperto limitato C contenuto in E. Si possono avere due casi: (@) CC A. In questo caso si pud applicare la formula di Gauss-Green (Lezioni, cap. 8, $4): {(2-%) dedy= f w= f Mart Nay (B.1) dz dy 2 ace ace Dato che w & chiusa, la [3.1] ci assicura che aN aM for [us f (Z-%) dr dy = 0. c ¥ or (©) Xo € O. Poiché xp appartiene sia a B che a C, esistera un intorno I di xo contenuto in BOC. Liinsieme aperto @ = B—T & contenuto in A, e dunque foro 3g Dvaltra parte, la frontiera di Q & Punione delle frontiere di Be di I, ¢ si ha fez for fo. ag BY a Per ipotesi, il primo integrale a secondo membro & nullo, ¢ dunque i or Ripetendo ora lo stesso ragionamento per l'aperto C — J, si ottiene fol ar rf 3 | Forme esatte in domini piani 219 Si pud dunque concludere che Vintegrale di w su una qualsiasi curva regolare fa tratti, semplice e chiusa, con sostegno contenuto in A, & null, cosicché w & una forma esatta. Abbiamo allora dimostrato il seguente Teorema 3.2. Sia A = E— {xo}. dove E é un aperto semplicemente connesso di R? e x) € E, e sia w una forma chiusa in A. Se per una curva p regolare a tratti, semplice e chiusa, con sostegno contenuto in A, e che gira intorno a Xo, risulta allora la forma w @ esata. Naturalmente, se ’integrale di w @ nullo per una di tali curve y, @ nullo per tutte. Nella pratica, si prende per y una curva il cui sostegno & semplice da descrivere (ad esempio una circonferenza o il bordo di un quadrato), e si calcola Vintegrale di w lungo y. Se questo integrale @ uguale a zero, la forma @ esata, altrimenti no, Esempio 3.1 Consideriamo la forma differenziale w(x, y) Risulta aM tay _ aN dy @+yy dz’ e dunque la forma w @ chiusa. L’insieme di definizione di w & R? — {0}, che non & semplicemente connesso. Occorrera dunque calcolare l'integrale di w su una curva che gira intorno all’origine. In questo caso converra prendere la circonferenza di raggio 1, © cio’ la curva y di equazioni parametriche x= cos t, y= sin t, O aes ew 45. (51m ays +y 2 2 aa rdyyde yd,2dy | zdy_zde 16, 2ey?zdz +207 yzdy+(22y?—22)de 47, Tip pre See 48. ye) + y)de+ nye? +2 — 2?) dy + Gay?z? — 2yz)de 2ay 49: de ~ SY, yh Bey 2zy? 22? . pray de Ey (a? + (2a? + y?) (2? + )(Q2z? + y?) ¥ ae Pyleat ey? olay tt 52: Determinare la funzione M¢z,y) in modo che sia M¢z,0) =0¢ che la forma differen: ziale M(z,y) de +e sin dy 4 Ancora sugli aperti semplicemente connessi Completiamo in primo luogo la trattazione iniziata nel paragrafo precedente, dimostrando il seguente Teorema 4.1 R? é semplicemente connesso. Dimostrazione. Sia. P una poligonale semplice e chiusa. Dobbiamo dimostrare che essa (o meglio il suo sostegno) & frontiera di un aperto limitato E, che ovvia- mente sai contenuto in R?. E appunto la costruzione di questo insieme E che Costituisce la parte pid difficile della dimostrazione, che consiste sostanzialmente nell’individuare qualche proprieta semplice che permetta di distinguere i punti di E (che stanno “dentro” P) da quelli che stanno “fuori”. La proprieta di cui 4| Ancora sugli aperti semplicemente conn faremo uso & anch’essa di quelle intuitivamente evidenti, ma non tanto semplici da dimostrare. Sia E un aperto limitato di R’, ¢ consideriamo un punto x di E, e una semiretta « che parte da x. Se a partire da x ci muoviamo su g, inizialmente resteremo in E, mentre allontanandoci abbastanza finiremo per uscire da E. Si dovri dunque incontrare almeno una volta la frontiera 9£, nel momento in cui si esce da E. Naturalmente, non @ detto che una volta usciti non si possa rientrare, ma in questo caso dovremo poi uscire di nuovo, ¢ cosi via. In conclusione, una semiretta che parte da x incontra 2% un numero dispari di volte. Al contrario, se eravamo partiti da un punto fuori di #, la semiretta incontrera @E un numero pari (possibilmente zero) di volte. La dimostrazione del teorema consiste nel porre in maniera rigorosa queste idee intuitive. Sia dunque P una poligonale semplice e chiusa, sia x un punto di R’ — P, e o una semiretta di estremo x. Innanzitutto osserviamo che, nel muoverci lungo la semiretta 7, ci pud accadere di incontrare un intero segmento della poligonale P, il che naturalmente causa dei problemi, dato che non & chiaro se si 2 incontrata P un numero pari o un numero dispari di volte. Fortunatamente questo caso & piuttosto raro: infatti i lati di P sono in numero finito, e dunque giacciono su un numero finito di rette. Se chiamiamo IT l’unione di tutte queste rete, e ci limitiamo a considerare punti x € R? — JT, le semirette che partono da x incontreranno P solo un numero finito di volte. Sia allora x € R? — JI, e sia o una semiretta di estremo x. Le eventuali inter- sezioni di ¢ con P potranno avvenire: (1) su un lato di P, come nel caso (a) della figura (7.2); (2) su un vertice di P. In questo caso, i due lati della poligonale che escono da questo vertice potranno essere situati dalle due parti dio (caso (b)) 0 dalla stessa parte (caso (c)). / i — Tf (a) () tc) Figura 7.2 Wire ee eeererereeeererrererre reenter o Forme differenziali | Cap. 7 Sia 9 (0 <9 < 2m) V'angolo compreso tra orizzontale ¢ Ia semiretta ¢, ¢ sia n(%,0) il numero delle intersezioni tra ¢ e P (contando perd solo quelle di tipo (a) e (6), € non contando quelle di tipo (c)). Definiamo la funzione 2(x, 9) = n(x, 8)(mod 2) (in altre parole, i(x,9) vale 0 se n(x,8) & pari, e 1 se n(x, 9) & dispari) Fissiamo ora il punto x, e consideriamo la funzione i(x, 9) al variare di ¥. Lemma 4.1 La funzione i(x,9) @ costante nell’intervallo (0,2n), Dimostrazione. Possiamo supporre che x sia V’origine. Fissiamo un angolo ¥, € sia 09 la semiretta che esce da 0 ¢ forma un angolo dy con lorizzontale. Questa semiretta intersechera P in un numero finito di punti, ivi compresi eventualmente quelli di tipo (c). Sia xo uno di questi punti, e siano (go, #9) le sue coordinate polari. Esisterd un intorno J di xo in coordinate polari (cio della forma gy —¢ < 9 < aote; By-5 < <0 < dp +6) tale da intersecare un solo segmento (0 due, se Xp ® un vertice) di P (fig, 7.3). Restringendo eventualmente l'apertura 6, si pud supporre che il segmento © i segmenti in questione giungano fino ai lati rettilinei di J (cio8 ai segmenti definiti dalle relazioni gy —€ < 9 < a +¢; Y= 0) +5). E ora immediato vedere che nei casi (@ e (6) il numero n(x, 9) rimane in- variato nell'intervallo (8 ~ 6,09 +6). mentre nel caso (c) esso resta invariato da ina parte € aumenta di 2 dall’altra, Ne segue che la pariti di m(x,9) non cambia in nessun caso, cosicché #(x, 9) 2 costante in (Jy ~ 8, Yp+6). In particolare essa & continua in Y, e dunque, per Marbitrarieta di Wo, in (0,2). D’altra Parte a(x, 9) Pud assumere solo i valori 0 e 1, ¢ dunque, essendo continua, sara costante. # Il significato del lemma appena dimostrato & evidente: se una semiretta uscente da un punto x incontra P un numero dispari di volte, lo stesso vale per qualsiasi +5 Co va Figura 7.3 4 | Ancora sugti aperti semplicemente connessi 223 altra semiretta che parte dallo stesso punto. Potremo pertanto scrivere i(x) invece di i(x, 9); il numero i(x) si dira indice del punto x (relativo alla poligonale P), A questo punto @ naturale considerare l’insieme costituito da tutti i punti di indice 1, 0 meglio la chiusura di questo, in modo da recuperare eventualmente i punti che avevamo esclusi all'inizio per essere situati sulle rette contenenti i lati di P: F={xeR—I:ix)=1). Sia E = F°. Linsieme E @ un aperto limitato, dato che se x @ esterno a un quadrato che contiene P, esistera una semiretta di estremo x che non incontra P. Pertanto i(x)=0 ex ¢ BE. Per concludere la nostra dimostrazione, bastera far vedere che P é la frontiera di E. Per questo, faremo vedere che 9E 5 P e che PD VE. (1) GE DP. Sia y un punto di P, e supponiamo che y non sia un vertice di P. Allora esiste un intorno U di y tale che UMP sia un diametro di U. Siano x, € x2 due punti di U situati da parti opposte rispetto a questo diametro, e tali che la semiretta o che parte da x; € passa per xp non contenga alcun segmento di P Se chiamiamo a’ la parte di o da x2 in poi, & chiaro che o intersechera P una volta di pill di 0’, e precisamente tra x; e x2. Ne segue che x; e x2 hanno indici diversi, cosicché uno dei due punti apparterra a B e altro no. Ma allora in ogni intorno di y cadono sia punti di E che del suo complementare, ¢ dunque yeokE. Abbiamo cosi dimostrato che tutti i punti di P, salvo al pit i vertici, sono punti di frontiera. Poiché @E & chiuso, anche i vertici apparterranno a OB, e dunque PC6E. (2) dECP. Sia y un punto che non appartiene a P. Esistera un intorno U di y che non ha punti in comune con P. Se x; € xX) sono due punti di U, tali che la semiretta o che parte da x; © passa per x» non contiene alcun segmento di P, ragionando come sopra si potrd concludere che x) € x2 hanno lo stesso indice. D’altra parte, dato un punto qualsiasi z di U, esistera un punto xp € U tale che le due semirette yxo & Xz non contengono segmenti di P. Ne segue che y e z hanno lo stesso indice, e dunque che UNE =6. In particolare y ¢ 9E, e dunque JE C P. Con questo il teorema @ completamente dimostrato. « Si ha poi il seguente risultato, che caratterizza gli aperti limitati semplicemente connessi del piano. ] Forme differenziali Cap. 7 Teorema 4.2 Un aperio limitato A © R? & semplicemente connesso se e solo se il suo complementare CA & connesso, Dimostrazione. Ricordiamo che un insieme arbitrario Z & sconnesso se esistono due aperti disgiunti B e C tali che ZC BUC, e ZAB e ZNC non sono vuoti. In caso contrario, Z sara connesso.? (1) Cominciamo col dimostrare che, se CA & connesso, A ® semplicemente connesso. Infatti, se cid non fosse vero, esisterebbe un aperto limitato EB, con dE C Aed E¢ A. Ma allora, dato che CANOE = 4, si avrebbe CA = (CAN E)U(CAN CE); € inoltre CAM E09 (dato che B ¢ A), e CANCE #4, poiché A ed E sono limi- tati. Dunque CA sarebbe sconnesso, contro Vipotesi. @) Supponiamo ora che A sia semplicemente connesso, ¢ dimostriamo che CA & connesso. In caso contrario, esisterebbero due aperti disgiunti B e C, tali che CAC BUC, CANBHe CANC#DO. In primo luogo, poiché B e C sono aperti disgiunti, sara 3BNC =aCNB=0, e quindi BBUAC C A. Facciamo ora vedere che uno dei due aperti B e C contiene il complementare di un cubo. Per questo, osserviamo che A @ limitato, ¢ dungue sara contenuto in un cubo Q. Supponiamo ora che ci siano due punti x € Be y € C, ambedue fuori di Q. Se 7 & una curva che congiunge x a y e con sostcgno fuori di Q, su 7 dovrebbe cadere almeno un punto della frontiera di B. Ma cid & impossibile, perché 9B C AC Q. Ne segue che i punti fuori di Q appartengono tutti a Bo tutti a C. Supponiamo, per fissare le idee, che CQ C B. Se si pone D= CB, Dé un aperto limitato, con 8D C OB C A. Poiché A& semplicemente connesso, risulta D C A. D'altra parte, siccome Be © sono aperti disgiunti, C & contenuto nella parte interna di CB, e quindi C C CB =D. Ma allora Cc A, il che & assurdo, dato che per ipotesi CN CA #0. 5 Aleune applicazioni Concludiamo lo studio delle forme differenziali con due applicazioni gid studiate nelle Lezioni (cap. 8, §§5 ¢ 3). La prima conceme I’uso della formula di Gauss- 5 Se si osserva che Z @ uno spazio metrico, con Ia distanza di che gli aperti di Z sono le intersezioni i Z con gli aperti di R°, la definizione appena data concorda con quella delle Lecioni (cap. 4, § 3), | Ateune appticazioni a Green [3.1] per il calcolo di aree di domini pia estesi a tali domini. . © pitt in generale di integrali Sia infatti f(z, y) una funzione definita in un dominio AC R’, e siano F(x, y) e G(a,y) due funzioni tali che ar _aG_ On Oy La formula di Gauss-Green da allora \ [ toperen= | Fdy=— | Gaz=5 [ wav cae) 4 oa oa on In particolare, se f(e,y) = 1, si ha F=2 e G=y, dunque miay= f 2dy=~ f vde= 5 [cay van {5.1] oa oat oar Esempio 5.1 Si calcoli area della porzione di piano A racchiusa dal sostegno della curva 1 di equazioni parametriche x=l+sint 2, sts yat(n-t) Si ha m (A) = + f ety = sfa +sint)(2mt — 31?) dt, ° 7 dove il segno + 0 — a seconda che + orienti 2A positivamente 0 negativamente. Nel nostro caso si pud vedere che Torientazione @ positiva, e quindi si deve scegliere il segno +; comunque questa indagine non é necessaria (se non per un controllo del risultato), perché I’area non pud che essere positiva, e dunque se il risultato finale & negativo bastera cambiarlo di segno. Eseguendo i calcoli si trova facilmente m,(A) = fone — 3t*)sin tdt = 12—7?, 3 — Forme differenziali | Cap. 7 Esempio 5.2 Si calcoli V'area del dominio A racchiuso dalla curva y di equazioni parame- triche {z=smrcos co y=cos t sin’ t Si ha : free sin? t cos t (cos? t — sin? t) dé = 0. 7 0 Naturalmente, il risultato non pud dare l’area richiesta, poiché l’area di un aperto non pud essere nulla. La ragione di questo paradosso sta nel fatto che ‘i ® la curva 7 non @ semplice, dato che (0) = (3) O,(t) = >(t) © p(t) =— 1m — 1), con 0 1 e s, non tende a zero, allora g= 1; (3) ser > 1e s, +0, si ha =r. 6. Studiare Pequazione differenziale ul = max({ul, |x|). 7. Sia LD lo spazio di Banach delle funzioni limitate nell’intervallo I = (0, 1), e sia B la palla unitaria chiusa di L(I): B= { € (1): |fulle = sup [u(a)| < if. ’ Dimostrare che se si divide B in un’infinita numerabile di parti, allora almeno una di queste ha diametro 2. 8. Se invece B @ la chiusura della palla unitaria in C((0, 1]), lo spazio delle funzioni continue in {0,1}, allora per ogni ¢ > 0 esiste un ricoprimento numerabile di B con insiemi di diametro minore di «. 9. Se X & uno spazio di Banach, si definisce l’indice di separabilita di X nel modo seguente. Considerati tutti i ricoprimenti numerabili (0 finiti) della palla unitaria chiusa B di X: F = {Fs B, ... Fay FB, Tce si pone 6(F) = sup diam(F,) h o(X) = inf 8(F) al variare di F tra i ricoprimenti numerabili di B. Dimostrare che o(X) <2, e che X & separabile se ¢ solo se o(X)=0. 234 Esercizi finali 10. Dimostrare che la funzione Hf) | cap. 8 sup [f(t) + #')| + |F(0)] o d(5, 0) + d(0, 10)) 7. No (non verifica (d3); ad esempio, (0,0), (@, 10)) > d((0, 0), (1, 0)) + d(1, 0), (0, 10) 8. Si 9. No (non verifica (di)) 10, No (non verifica (4\)) 11 121 13. 4 14. ¥6 pl 16. 2 174 18, 1-1/e 19. 10 ar se OSzo-1r0 esiste un v tale che per ogni m,n > v si abbia &(fm, Jn) < ¢. Risulterd allora dU fn(), ful) <€ per ogni x fissato, e dunque, se € < I, |fm(2)~ fa(z)| < €. La successione {fe(x)} & dunque di Cauchy in R (Con la distanza standard), ¢ pertanto converge a una funzione f(z). Ragionando come nelle Lecioni, capitolo 1, Teorema 3.1, si dimostta poi che fy —» fin LXY). 45. Sia Sd 0 per ogni yun intero k > ve un punto zp © X tali che dy (upiz4),u(z4)) > ¢ © dunque questa quantita non potrebbe tendere a zero, 50. Si ha dy(up(x,), u(x) S dy (ug(xy), uly) + dy (uly), WE) S duty, u) + dy(u(zy), u(x). II primo termine al secondo membro tende a zero per ipotesi; il secondo per la continuita della u. Il viceversa in generale non sussiste. Infatt, presa una funzione p(x) a supporto Compatto, € non identicamente nulla, si ponga ug(z) = g(r +k). La Successione uz tende a Zero, uniformemente su ogni compatto di R, ¢ pertanto per ogni xy > 2 si ha ugizg) > ~ 0= u(x), D'altra parte la convergenza non @ uniforme, dato che dy, 0) = maxi] > 0. 51, Se la convergenza non fosse uniforme, esisterebbero un ¢ > 0.¢ per ogni v un intero K>v e un punto 2 €X tali che dy(ug(x,),uizy)) > & Poiché X © compatto, estraendo Eventualmente una sottosuecessione si pud supporre che 4 — zo. Ora si ha Fy (tune), wlz0)) > dy iug(ap), wry) — dy (uly), u(ao)) > € — dy (u(xq), u(x). Per la continuita di w, Pultima quantita tende a zero, e viene contraddetta lipotesi P Risposte agli esercizi del capitolo primo 237 se 0 o 52. f(z)= { : se O<2<1 La convergenza non & uniforme, perché dist(fn, f) 0 se r<0 1 53, fiz)= lim f= 5 se =0 eee eee La convergenza non @ uniforme in R, perché le funzioni f, sono continue mentre f : : ji 1 non lo &. & invece uniforme in [a,2}, perché per n > — risulta fy =f in (a, 2). a 54. sin |; si 55. — 2), si, se a <0; V2) +1, si, se @=0; non converge se a > 0. 56. 1, no 57. 0, no 58. 0, si 0 se a>0 59. lim fr={ v2-1 se a=0 1 se a<0. Convergenza uniforme per @ = 0. 60. La successione numerica definita da s;=1, snei=Sins, & decrescente e ha come limite 0. D’altra parte si ha |fi(z)| <1 © per induzione |f,(x)| < sn <1. Ne segue che fn > 0 uniformemente. 61. R, fia) = lim f,=0. Convergenza uniforme in R. 0 se [al1 uniformemente in [—1, 1}. 0 se |rlft 63. R- {-1}. f= Non converge uniformemente in E; converge 1 ose z=l1 1 unitormemente in [—5, 5]. 64, R, f(x) =0. Non converge uniformemente in R né in [0,1 +e]. Converge unifor- memente in [—1, 1). 65. (00,0), fix) = 1. Converge uniformemente in (oo, 1], ma non in |~1,0), € dunque Remmeno in (~o0,0) 66. R, fiz) =x. Converge uniformemente su ogni compatto, ma non in R, 67. R, fin ‘4, Converge uniformemente in R. BEE Risposte agli eserciti del capitolo primo se x20. 68. f(z) = { Converge uniformemente in R Ose r 0, per p ogni esisteranno due funzioni yy € Ue, Con Ux S ux < Px. € Uali che foe - Unde v si abbia lux — ullos < €. Ne segue allora, per tali k, Pelz) — € < UR(T) — € < UZ) < up) +E < EZ) +E, Risposte agli esercizi del capitolo primo cosicché vx —€ & una minorante, € q+ una maggiorante di u. D’altra parte, 2 foes +e We — Olde < e142 — a), ¢ lau risuita integrabile 81. Si 82. Si 83. Non soddisfa (n}), ad esempio con f(z) 84. Si 85. No; si; non & una norma; si 86. Si; si 87. n <3. Sia py una successione di polinomi di grado non superiore a 3, di Cauchy nella norma data. In particolare saranno di Cauchy, e dunque convergenti, le successioni reali {rE}, {px}, {PK(2)} € {pK(3)}. Siano a,, i =0,1,2,3, i limiti rispettivi. Esiste uno € un solo polinomio p(x), di grado minore o uguale a 3, che assume i valori @; nei punti i, € precisamente il polinomio ay 6 Bla) = — Fe — Wa — 2a - 3)4 Sale ~ 242 ~ 3) - - Bae- ne -3) +2 ae ~ Nee 2), Questo polinomio @ il limite della successione {p4} nella norma data 88. Bastera mostrare che |[f|| =0 > f=0, dato che tutte le altre proprietd della norma sono facilmente verificate, Se |[f|=0, la funzione f(z) & nulla per ogni razionale. ‘Se Poi z @ imrazionale, detta 2, una successione di numeri razionali convergente a 2, sj he per la continuita di f f(z) = him feeq) CGungue J =0. Le cose vanno diversamente in L((0,1)); infati, se 7 & la tunzione di Dirichlet, che vale 0 per x razionale, e 1 per 2 irrazionale, si ha [If] =0 senza che sia f=0. 89. Se diz, y) = [lz — yl, le relazioni sono ovvie. Viceversa, se queste relazioni sono verificate, la funzione |jx\| = (2,0) @ una norma in V. 90. Le prime due proprieta della norma sono evidenti. Per la diseguaglianza triangolare, Si osservi che supi|f+9|+|f"+9')) < sup(|f}+ lal +1Z'1+ [a') < sup( f[+ 17") + suptial + Ig). 91. L'unica proprieta non immediata & Ja diseguaglianza triangolare, che si dimostra esservando che max{a+b,e+d} < max{a,c} +max{b,d} 92. La seconda diseguaglianza @ ovvia; la prima segue dall’osservazione che si ha Sup |f@)| < sup fo] +|f'@))) & sup [/'()| < sup fie] + [/"()). Per la prima diseguaglianza, A A 4 A una successione di Cauchy nella norma |jf\l, @ di Cauchy nella norma usuale di C!(A): essa @ dunque convergente a una funzione di C'(A) nella norma usuale, ¢ quindi, per la Seconda diseguaglianza, nella norma |iflla. Risposte agli esercici det capitolo primo 241 93. Infatti f(r) = ax®! @ limitata in [a,+00) (si ha |f'x)| < aa*~!); per il teorema del valor medio si ha allora [F@) ~ Fy)| =\F'@llaz — y] S aa?" ix — yl. 94, Se u e v sono due funzioni continue in [a, 6}, risulta |Feuyca) ~ Fwy(a)| = ||utx)|% — |o@|| < < M|lu(a)| — Joca)||* < Mlwtz) — va)", e dunque ||F(u) — F()||o0 = sup |F(u)(x) — Few)(x)| < M sup |u(z) — v(x)|* = (a,b) (a8) = M(sup |u(z) — v(2)|)* = Mju — of. (a,b) 95. Siano x,y € X, con ||z|| > R, |yl| > R. Si ha leallyl? — vliz|Pol ull? iIf@ - fol Tl numeratore della frazione a secondo membro si pud maggiorare con lle — vllllyl? + lalla? — Net? | < lly lly — 21+ + llulicllalh + lxUtllel) — alll S llalh lta + lle [D lly = ahs he segue Qllylt + llelblly — HlvllliziP Da quest’ultima relazione segue che f @ lipschitziana in X — 1(0, R) per ogni R > 0, € dunque che & continua in X ~ {0} 3 f@) - fall < ply all. 96. Si ha || P(u) — H(v)]loo = sup |p(z)ulz) — olz)v(a)| < sup |yp()| sup juz) — v(x)| < {a,b) abl tab) ¥ |lelleol|u — vl}oo, cosicché, se {lylloo < 1, @ & una contrazione. Se itivece ||yp|loo 2 1, posto u(z)=1 ¢ v(z)=0 si ha H(u)~ Hv) =, € dunque || B(u)— G(v)\20 = |lPlloe = 1 = lu — vlloo» € pertanto ® non é una contrazione. aa) 97. Vedi Vesercizio precedente. II punto fisso & us(x) = 77 98. 4>0 99. Consideriamo la funzione f(z) ~z. Si ha f(a)—a>0e fib)—b <0. Ne segue che esiste almeno un punto x € [a,b] tale che f(z) == 100. Poiché le funzioni lipschitziane sono continue, ¢ X & compatto, f ¢ g sono limitate, Si ha |fag(2)— f9| < |F@)||9(z)— gW)|+|a(w)|| fF) Fy, da cui |fzrg(z)~ Faw] < < (Gsup|f|+ Fsuplg)diz,y), dove F e G sono le costanti di Lipschitz di f eg oe Risposte agli esercizi del capitolo secondo 101. (1) Se X & relativamente compatto, & totalmente limitato. La dimostrazione & identica a quella del Teorema 6.1 (1) del capitolo 1 delle Lezioni. (2) Se X & totalmente li- mitato, anche X lo @; infatti, se X CUA; con diamcA,) < e, si ha ¥ CUA e diana, = diam(Aj) < ¢. Ne segue che, se X & totalmente limitato, X @ completo (come spazio metrico) ¢ totalmente limitato, dunque compatto. (3) Se X & compatto, da ogni successione a valori in X (dunque a maggior ragione in X) si pud estrarre una successione convergente. Ne segue che X @ relativamente compatto. 102. Possiamo supporre che gli intervalli in questione siano a due a due disgiunti, perché I'unione di due intervalli chiusi con intersezione non vuota @ ancora un intervallo chiuso. Ne segue che esiste un numero positive 6 tale che la distanza di due intervalli qualsiasi 2 maggiore di 6. Siano ora ze y due punti di A. Se zc y appartengono allo stesso intervallo, si ha per il teorema del valor medio Ifa) — fan] = If Ollz — yi < sup |f'lle ~9l Se invece 7 © y appartengono a due intervalli diversi, si ha |z— yl > 6, e dunque 2sup |f| lf@- fo] < 2sup|f| = Iz— yl. In conclusione, f & lipschitziana, con costante di Lipschitz 2sup|f| A é L< max ¢ sup|f'|, A 103. Basterd considerare la funzione f(z) che vale 0 in (0,1) ¢ 1 in (1,2). Ovviamente f 2 di classe C!, ma non & lipschitziana in (0,1)U1,2), dato che, se > 0, si ha fd+e-fa 2e 2e 104. Sia H un insieme limitato di C°-(A), Esistera una costante M tale che |[fllo.a 0 esiste un n(z,¢) tale che per ogni n > n(z,e) si ha |sq(x)—s(z)| << Poiché i punti di E sono in numero finito, si ha n(e) = maxn(z, ¢) < +00; Se poi n> mie), zee si ha |sq(2) ~ s(2)| <€ per ogni « € E, e la serie converge uniformemente. Il viceversa 2 ovvio. Allo stesso modo si dimostra equivalenza tra convergenza totale © assoluta convergenza puntuale 3. 1,1); convergenza totale in [~r,r], 7 <1. 4, E =(—00, -1]U (1, +00); convergenza totale in (—00,—a]U[a, +00), a > 1. 1 vio convergenza totale in (00, a] U {b,+00),a< ~~~ 6, E=(0,1); convergenza totale in (0,r], <1 i 7. E=(—co, 0); convergenza totale in E. 8 E=(0,1/e); convergenza totale in (0,a), a < 1/e 9. B= (—c0,—1)U(, 1); convergenza totale in (—c0,a]Ula, Bl, a@<-1, 01 IL, £=(0,+00); convergenza totale in (a, 400), a> 1 12. £=R; convergenza toale in E 13, E=R; convergenza totale in E. (e+tP 14. E deve essere 1,0] (si osservi che, affinché la funzione aresin 2< <0); convergenza totale in E. sia definita per n= 1. ise (en- Sees z): convergenza totale in Utkn —a,kr +0). 0 5° 17. E=(-1,+00); convergenza totale in ogni compatto contenuto in E. 4 Risposte agli esercizi del capitolo secondo 18. E=R; convergenza totale in E. +1 1. 1<|2/< Vs Ti Convergenza totale in 1 <|2| 1 AL. La serie Za, @ convergente, € si pud applicare il risultato precedente 42, Te edz el) 43, Heit Met + e+ by a= a2 45, alex = Risposte agli esercizi del capitolo secondo 1 fz —iinltvz se z>0 We inva 46. 31 se 2=0 oa yet se z<0 v- 47. Le prime verifiche sono ovvie. Risulta y\(z) = —“—, © quindi si ha gi(z) = = P\a\(l — 2)? con Piz) =z. Supponendo ora che si abbia o 1a) = Peay — 2y* € ricordando che y= t%4, 4. si ottiene una formula analoga per k, con Ppa) = 2[(1 = 2) Ph. (2) + KPk_1(2)], 4B. dip = di. =1; 80165 2 si ha dy, k-se1 = 8dk—1,b-5 + (kh — 8 + I) dg 1,k—set Se ora la formula si suppone vera per k~1, abbiamo dy_1,4-» = dk-,s-1+ che introdotte nella relazione precedente danno la tesi dite © dei, k—s+1 = 50. = (convergenza uniforme); 51. met (convergenza uniforme) 52. = (convergenza uniforme) 53, £4) oS (¢ sin@k— Dz cos 2kx , : ) (convergenza uniforme) x Qk-13 2 84, by = (12% 2 1 -(l (convergenca uniforme in {~a,a}, con 0y ha) = (prolungata periodicamente fuori di (0,2m)) ha una serie di Fourier che converge in y a fy+0—fu- Alla funzione f(«)+h(2) si pud applicare il teorema 9.1, per cui la sua serie di Fourier converge in y al valore f(y+0). Di conseguenza, la serie della f converge f(z+0)~f@ a f(z+0) - 78. (—c0, 1) U (1, +00); convergenza totale in (~00,a] Ua, +00), a> 1 19. U,((2€ 3) (24~ $)»):comerena ote in U [(24~ 2) roa (2t—! KEN ra. 2>0 80. Converge solo per 2=kr, KEN 81. (0, +00); convergenza totale in [a,+00), a > 0 82. R— {0}; convergenza totale in R—1(0,r), r > 0 83. R; convergenza totale in R 84. R; convergenza totale in R 85. [0,+00); convergenza totale in (0, +00) 86. [-3, +)s convergenas totale in (-2, a} 87. |2| > V3; convergenza totale in |z| > a> V3 88. R; convergenza totale in R 89. (1,2); convergenza totale in [a,b], con 1 0 97. {0} 98. (-00,—1]U, 400); convergenza totale per |z| > a> 1 99, (co, In2); convergenza totale per 2 1 248 Risposte agli esercizi del capitolo terzo 102. R — {0}; convergenza totale per |x| >a>0 103. (1, +00); convergenza totale in [a,400), a> | 104. (1, +00); convergenza totale per z>a>1 105. x <0; convergenza totale in (—00,a], a <0 106. (0,1); convergenza totale in [0,a], a <1 107. R; convergenza totale sui compatti 108, (—1,1) se h2 0, [-1,) se -1 -1; in [-1,1] se hh<-t 109. R ~ {—1,0,1}; convergenza totale in {-a, a] — {0}, Oe>1 Risposte agli esercizi del capitolo terzo cet 4 24.c08¢ —(+ety (1-5)! su= (tote!) fer fetin 1+tg? 272 4 ueciesing { sty usa} ae : Bt cost 2 oy ted ) (+3 +0t+e . set) L The® 8 +2)? . 2 : (c+5~ Ime +245 =) I. y= 27(1 + ce~*) L ‘i {c-cone ~ Heosa sinne 12. y= ce“? 4 Hsin z — 1) 1 a e+ sing ~ cose + 5 (e+ sinzcos) — Injeos 2| 13, y= ——__ nos a e Ts 008 14. y = cosx(c — 2cos 2) 1 + inv Peas ldeeiete | esas RSlEy Ele eR nee Ee Risposte agli esercizi det capitole 1erzo 249 16. y= ce¥® — (2a +304 6yE +6) 17. 18. 19, — cos 2) 20. (y- et z +e 2. y=exe*/* 22. Una soluzione & y = 0. Integrando l’equazione con il metodo descritto nel testo, si ottiene formalmente la soluzione ) PP = Layee D'altra parte il teorema di unicité viene meno per y =0, € quindi c’é da attendersi che molte soluzioni incontrino I’asse delle ascisse. Si dovranno allora distinguere vari casi: (a) Se ¢>0, il secondo membro della (1) & positive, ¢ si ottengono le due soluzioni ap y + {Fara +e} (b) Se ¢ <0, si ha una grande varieta di soluzioni. In generale, se ¢, ¢ ¢2 sono numeri non negativi, € si pone mys 2= ey, 22 = 24 Qeqy"4, una soluzione @ data da en + {Fen a} ren 0 my SaSz 1 ye + (5e+2'? a} r>m con una scelta arbitraria dei segni + ¢ — 1 23. y= —5 In(e — 2In]2 — €*)) 24. y= kr In(1 +cosy) = zc0sz— sing +e 1 1 2S. ys-ny 26. y=0; y= T= cet ree—(r+3)Iniz +3) 28. v=3: cr= (verre mae Risposte agli esercizi del capitolo terzo 29. cx = [14 20[-"/4]1 — 2y[-3/4 30. y = 2x(kn + arciger); k EN 3h ul = Via: a — a (Saray 2)" c20 32. y= ect! 33, Gy — ay +2) ser x 34. ys; y= 20; y= 2; Gy + ay — 22)? = ty — a! 35. y=-cinin =, e>0 L I 2t+i 36. y =0; y= 2( > 0); ¢ Info| = Int — 1] + = Ine? +4 +2) — —L ater ‘ y ys x | = Ine — 1] 3 yee = signe + e+ In} =i inyVine ~a0|+S aresiny Si soovi +e sa lnVvi+e? +0)} ay ~ pee ge) snes ( 25°” 250 2 yee? (coms) 45. yy? =(¢— 22)e7 42 46. y's {00 + (e# + I)In(L +e) — 1}? 471, y= 2 ela — yeep 48. 49, y! ez —Inz—-1 cet +23 — 347 42¢ —2 50. x=(e — p)cosp Pee SI. y= ep 21,2 yeep 3P 52. =p — pl (inp+ 1) pts, re Risposte agli esercizi del capitolo terzo 2s) {ees ltee 3 acm { 55. r= 56. 2 5 2 ST. x ag e 58 ¥> oe 1 ee (2 — pe? 59% 2 aap tr poe?} 60. x= P{ce*”? — 1 —e°”)} _ e+ cosp+lnil ~ cosp) ~ sinp ~ p 61. x T+cosp 62. 2= p13 ( +In|p— 1] +3inip| +e) P 63. 64. 65. 66. 1 1S 5 63 287 ase yee (131542, 8, 287 @ ysatne tre (Tee Se =) ie ee 69. y= ce +026 “(Fe se 1 WO. y= ce + 0pe-V™ — 3 (e— sing ~ Ti. y= ersin l ir + 02.c08 3x + 5 (2n ~ Ne Tu. y=cr+ere teen Sind +e * arctg e* TB y 2 TA. yocret sexe tan (Ge- : A 1 75. y sey + cne7 + e307 a(5e- 16. 1 + ene? +(e" He) INU Fe*) 1 71. y = 1 Sin 2x +¢2cos 2x ~ 5 xcos2x saa Risposte agli esercizi del capitolo terzo (cr +d)? ae y 1 <+eln|z|+d z be é co y=ab ache 82. y=c3xz—25)—24b 83, y= c+ Injoos(z +b)) zd Peyiny— gui tylny yrcrtd wartgp tgatgs ‘az +b+(a? — i)Inja +a. (Si ricordi la formula tg(a +f) 86. y=ar+bric 1 87. y= arth; y= —> el? arse tax+b; y= 88. Le soluzioni tendono a quelle con c=0. Infatti, per ¢ +0 la funzione u(t) = y"t) data dalla [2.1] converge uniformemente a 2#2, Di conseguenza, passando al limite sotto il : ‘ 7 : 2 segno di integrale, le funzioni y! ¢ y tenderanno rispettivamente a Zercae gt teit+er. 89% y= cin? +c.27! — j20inz +) 90. yseyrtene hy M1. yor? (a 3 t x 92. y sere eye! ~~ aresinz + = In ee ag a eye"! + x(c2 +03 In) +1422 1 94. ysci2+eqr-*4 arcige 95. y=cix tere} ~ et(1 — 39 96. y= cr +epInz+c32? Risposte agli esercizi det capitolo ferzo 100. 101. 102. 103. 104. 105. 106. 107, 108. 109. lio. 4. 148 1 18 coszr + 4 sin az eo or 8 _ 4 cos2e ~ % sin2e eee . 697 25 a _3 et (" tego =F sina + 5 xe ¢ £ (sin — cosa) + + ze” zing ~ cosa) + 5 20 Bi (ean cos 5) (« in + e908 5 s x] 2. 6 vel? [ie = en)sin = +(e re)00s 3] -Btip Se 3 (et eH In +e) ae -5 Fe)Inct +e (a +e2- G tor- 4 ee =(cat+e -o8 - te tee — 1 242 dcose-tsinz oe 27 2 2 user+oe 1 5a +e vse, +207 —cosz ~ sing. Tee oe a 16, (224 Se a ° ee ee ee el (; 2) +Z)e z u sasing+boosr+2+1+2sinetg > — ~2xsinx — 2cosxIn(1 +cosz) a+b 6 —sinz+ 2 rz cosr+x4(sinz — coss)tg 5+ + 2(cosz— sinc) —(sinx + cosz)In(1 + cos) us See"? + ene" — 2-1 + 3x0 ee) +e4De v(l = Inv) = 2raresin 22 + YT — 1 ‘ e7!¥ a(x Wyaretgiz+ 1) — 5 In(t (x4) +e Ising ot = 2 v—sinvcosy = — oo Risposte agli esercizi del capitolo terzo 112. 113. M4. y = aresin St = US. z= y(l —Iny)? 116. y = Ve" = 2—3 2 17, GY wag 44 7 118. y=0 3 = 19. y= fe 121, 122. y=¢ 3e8* — 1 123. w= (+ H+ Injz +t) 124, y= (52 ~ 2+ 2)e* 26% 125. y = e%(x+2sinz) 2 5 2 126. =h = 5 Inly~2) == 26. 3 inly +t] 3 nly ™ zindea 127, y= (2— Saye? +2e% —2-4 128, y= ttn t+? 129. u 130, 131, 132, 133, 134, 135, ne Risposte agli esercici del capitolo terco 255 136. Basta osservare che in questo caso si ha reed def tft hoy", © dunque nev (Ziy-n) Ne segue che la nuova equazione ammette tutte Je soluzioni dell’equazione di Eulero, pid la soluzione y = costante. é 137. y= e-*(c1 sin 2x + ¢2.C0s 22) + 55 (sin 2x — 2eos 2x) 1 138, y= cie + 020° + gGzrne* 139, (32+) (ef -1) 140. y= {er sect tenes ta ferte Ini se}er 141. 142. =ccosr+sing jain +2)+ 1 6 seat (© sin +escos 4) ++ eto ne z- (Fines t)intz 1 1 143, y = ee sin +epc0sz)+e9+52(F2°+2+1) +5 Qsinz — cose) +¢2 008 el (« sin 148. y=) + 0p In2 +032" 12 8 146. y= ce® — ; 147. 148. 149. y= > n(a sin = — cose 150, y=2~ daretz ( oa) $-vPrI- 151. y 152. y = eye? + ene +65 Sin V2 + c4 COS V2 + cae Risposte agli esercizi del capitolo terzo 153. y= 01 +e2e-* — cosa 1 184, y =e sina +e9cosa + asin 158. y= 14e(e— eV) 2 156. y = ce??? — 187. y= cye +26 {ersinar« (en ~ 12) cosae} 159. y= VI 160. y ; {er —cosp+In|p| +e 1 ~ ze(sinz +2cos 3 eGsing 2) 158. y yrertvlee = sim(e — cos.) 161. u(p) = — peosp+sinp +p ket +1 162. y= 163. y=-zinin =, c>0 Ie ¢ 164, y = carcsin In lel 165. y= ar +b; y= cy tee? +207 166. 167. 168. - Fini +P| 169. y= ce“? +sing +cosz 1 2, 170, cx +d= yarcigy — 5 Init +y?) £ I y= 172. y= (22) z 173. y=a+bz; y= +x ~ 2bInjce™ ~ 1 1 eee 174, y=ci y= ——s yee anes waeezieen ence (eae Risposte agli esercizi del capitola terzo 257 175. y cy tylIny=rtd 176. (y= Net =er+d 177. y=— 2+ Ince + 1+ 178. y = arcsinice*) +b 179. y=Ine— ci+elne 1 180. y tite yzing © |. prar+ In cos Inz — BL. y=ar+dsinlnz + ccosing ~ 7 + 182. ysasining +boosIna ~ 442 (ne ~ » 183. y= az¥? +b2-V? — (nz +4) p43 Bee) +(ext tose"? — 5 sint + cost 184. 13 9 eo eee le a 1 — Ment +03 — Dene 3 Sint ~ 52 cost 185. 186. 187. 2 _ 3sin x — cos 188. 23 kl E 189, u= ce +e sing +e3c082~ Fe 7+ 7 (2sin x +e0s2) (wt? 2 *) 190. : — oe ( = 1 1 191. = c1e® + ep sin2z + ¢3 cos 2x — 7 (x41) + 5 xe 192, x = (c +cpt)et +exe~%*;_y = 2eM(cy — 2 + ert) — cre“ +SiNE ete 193, y= (e+ 52 +Injc +2)) 194, 1 ol eye? + ee? — Sat =; v= cye* — 2eve™* + 2d in x +cos) cie we) 195, = cye™* + exe + = (sina + 3cosa); y= 196. y= asi 197, 2 co Risposte agli esercizi del capitolo quarto 1 200. -> -1 cel** fA), 9 (0-Ver ~ jal >2 ta (« cos (V4 = a?z) +2 sin (v4= ax) + lal <2 202, y= I 2s (« teers Pe a=2 (c+ ye : er a ey tena 16° Si ha lim y(z)=0 per a>0. 203. y'(0) = (1 +a)In(1+a)—1, che si annulla per uno e un solo valore di a> 0. Si ha inoltre y"(0) = In(1 +a)+1> 0, e dunque l'origine & un punto di minimo relativo. 204. u(x) = ae? + (1 —a)e* 1, a 205. paeieeee 206. Si ha un massimo relativo per al <1 e un minimo relativo per [al > 1. 207. No. Sia y(z) la soluzione massimale, e sia (a,), -0 Sa<0< P< +00, Vintervallo di definizione. Se 8 < +00, si deve avere necessariamente lim y(2) = +00, e dunque, tenendo conto del’equazione, si ha in ogni caso lim yz) = +00. Ne segue che y deve tendere a +00. Se invece # = +00, 'equazione da subito lim y/(2) = 400, e di nuovo lim y(z) = +00. Allo stesso modo si ragiona relativamente al primo estremo a. Si trova anche in questo caso che lim y()= +00, e dunque lim y(x) = oo. In ogni caso, l'origine non @ né un punto di massimo né un punto di minimo assoluto. 208. a <2 209. a= 1, massimo relative; a= 0, y 210. Si, Si ha y(l) = 1, € yl) <1 in un intorno del punto 1. Siccome la funzione 2() = 0 & soluzione dell’equazione, si avri y(x) > 0. Facciamo vedere che y(z) <1 per 2 > 1. Se non fosse vero, sia E = {2 > 1: y(z) > 1}, e sia €= infB. Si ha yé) = 1, © wiz) <1 per 1 0. D’altra parte Mequazione da i 1- . ve) 126 <0, una contraddizione. In maniera analoga si dimostra che y(z) <1 per Gade +2 Risposte agli esercizi del capitolo quarto 1. {(2,y ER? sy > 0; yer} 2 (@yweR:i 0, J= Hy & definito dalla relazione ye-¥ = ye", che & soddisfatta da uno ¢ un solo g#¥. 4. 2-V3lyl < lel s 2+ V9 Ul Sr>y 6. R° 7. (iz, € Rs zy $0} {(z,y) € R’ : zy > 1} 8. {(c,y) ER’: zy 21} i 1 9. |& 2a] se |y 4] <5, per cui = minf 5, > y 2 2 10. e444] 4 <4jz| non appena |x +y|> >. Cid avverrd in un opportuno z-y y| a 1 : 1 intorno di 0,1), ad esempio di raggio 7. Di conseguenza, 6 = min{ ‘, 3} 1. 6 = min{e,1} 12. 6 =min{ $1} 13. Non @ continua in (0,0). 14. Si oe 16. Non @ continua in (0,0). oe 18. Si 19. Non & continua in (0,0). 20. 0 21. vy 22. —we’ 23. v1 2 2 he Sap I aaa 25, fest pr 22%, fya2yine p22 26. a {ae (x,y) #(0,0) (x,y) = (0,0) : { : (2,4) $0.0) 0 (a, y) = (0,0) se y#0 se y=0, r>0 fe=0; fy non esiste se y=0, <0 260 Risposte agli esercizi del capitol quarto 2 oo pedi 28. fr=1-2 ea 29. Si 30. Si 31. Si 32. Non differenziabile in (0,0) 33, Non differenziabile in (2,0), x <0 4. Si 35. Continua, ma non differenziabile = 2x29 ~ Ayyo V1 = 223 = 4x2 38. G —$); minimo retativo; (0,0) 39. 0,0) 36. 37. 40. (0, y): minimo relativo se y < 1, massimo relativo se y > I; (2,0): minimo relativo se a mae if <1, massimo relative se z>1; (2, 3): massimo relativo 41, (1,0, 1): minimo Telativo; (1,0,—1) 1 Hee a a. (3-3, 3): minimo relativo; (0,0,0) 8. (32) 44. (a,@), a € R— {0}: minimo relativo; (,—A), 8 € R — {0}: massimo relative =2,2): minimo relativo 45. Se a=+2, y=%2° & una curva di punti di minimo assoluto. Se aft2, (0,0) & Tunico punto stazionario, ed & un punto di minimo assoluto se [al <2. 46. (1): massimo relativo 241 . sieae . 47, ( ae J)’ massimo relativo; (- ae wn): minimo relativo 3 Vio 3 Yio ei . 48, (3.0): minimo relativo (0,0) 49. (1,68): minimo telativo; (1,-e-%/2): massimo relativo 50. (42/5,4-2/5): minimo relativo 51, (V2 +4) =2#0; massimo telativo; y= —z £0: minimo relativo 53. (6,18): minimo relativo; (0,0) 54, (0,y): minimo relativo se y > 0, massimo relativo se y <0. mo relativo se p> 0, massimo relativo se p <0. 55. (0,1) Risposte agli esercizi del capitole quinto 261 56. (0,0,0): minimo relativo; (+ V8, = vB, —2), (+ V8, V8, 2) 87. 2= Tks, ys Pend: massimo relative se k & h pari, mi a dispari . imo relative se k e 58, E = {(,y) € B®: (@— 1)? + 2y ~ 1? < 2}. mings =0, assunto su assunto in (1,1) maxp f 59, Minimo relativo se ja) <1 N 2106 a 2 60. 1920 = FSi b= 2 cos ~ bind; a-2y : va 61. maxgf = 2, nei punti 2=3y; mings - 227, nei punti == Risposte agli esercizi del capitolo quinto 1. Si ha mS) 0. Infatti, preso un intero N, si consideri il plurirettangolo Y costituito . a itl ee ty fe fey Pui N11 Og , dagli N quadrati Q; Fa 7 | x le +t). con i .N—1. Ognuno dei Q; ha misura NE di conseguenza la misura di Y, che contiene S, & N Poiché N @ arbitrario, questa quantita pud essere resa piccola a piacere. 2, Sia €> 0. Poiché f 2 uniformemente continua, esiste un 6 > 0 tale che |f()— fw < 0 esiste un aperto A, > B, con mA) <¢. D’altra parte, ogni aperto (e in particolare A,) @ unione numerabile di cubi Qs a due a due senza punti interni in comune (vedi Lezioni, cap. 5, esercizio 2.10). Ne segue che Em(Q,) = m(U x) = mA) < « on Risposte agli esercizi del capitol quinto 7. Poiché per un cubo si ha mmgn= (2a ) » Se E ha misura nulla esistera (vedi l'eser- nm cizio precedente) un’infinita numerabile di cubi Q, con UQ, > Ee LdianiQy)" < n"/2« Supponiamo viceversa che esistano degli insiemi con le proprieta richieste. Ognuno di questi insiemi Ey si pud mettere in un cubo Qy di lato uguale a diam(Z,). Di conseguenza, si ha ECUQs, © Lm Qy) = Ecdiam(Byy" <¢ 8. Poiché risulta |fx) — f(y)] < MIx~y|, per ogni G CR" si ha diamyiGy < S Mdiam(G). Supponiamo ora che m(Z) = 0. Per ogni ¢ > 0 esisterd un ricoprimento numerabile Ex di E, con Udiam(E,)" < «. Gli insiemi Fi, = f(Z,) sono un ticopri- mento numerabile di f(£), e si ha diam(F,) < M diam(E,). Ma allora ZidiameF,))" < < M"X(diam(E,))" < M"e 9 FaR set<0, R=10,1] se Ot}, risulta {z€A:0< fi)< lft} se t>0 =) y= {re A: fiz)>0} se t=0 FOU{LEA: f(x) < I/t} se t. Il viceversa segue dall'esercizio precedente. 16. za sin | ~ cos 1 -5 3 20, % a. = 2. pina 3 ise 24, x 28,2 26. P43 27, 2ina- Risposte agli eserciei del capitolo quinto 28, 5 (e+ 4-2) 1 }. cos ~ 5 (1 + e082) mz-> 34, 21n3 — 2-3 +8y2aretg v2 1 a 36 23 40. 6cos 1 + 10sin1 — oF a. 3 +2mn2- Pins 31. 33. ee 39. 41. 263 ° a 3 9 26 3n ao 2e ~ de“! 5 u zin2-— 3 18 x 16 a 19 2 e 43, 47 - 50. 3 52, —5+3In3—2In2 sa 56. 1 —In2 58. In? 6. 7 V3 64. 49. 51. ae oa 57. 7 61. 63, 65, 264 Risposte agli esercizi det capitoto quinto I 65 6. 61. e— 35 1, 2 I 69, 5In2- 5 19° 48 1. => 2. ’) oe Sees 3. re ‘ee ame if 3 74, = 4 Ne 7 it pe 71. ~2 +cos1 . 6 3 8 1 I ae 26 78, arotg2— SF Ins4 2+ >In? m2 27 91 80. Fm F af 81, B D @ il tetraedro di vertici (0,0,0), (a,0,0), (a,0,a) e (a,a,a). 82. Gli insiemi @ sono misurabili, dato che = Ff Fi". Poiché tutti i; sono disgiunti, al pid un numero finito di essi ha misura maggiore di 1, in quanto la misura della loro unione, che & ta somma delle loro misure, non pud superare m(H). Analoga- . " L 1 1 meme sono in mumero fnito quelli con misura compresa tra + © 1, quelli tra 1 © pe Cosi via. Ne segue che gli insiemi &; con misura maggiore di zero sono al pit) un’infinita numerabile. 83. Per ogni intero n, i valori di t per i quali la misura di 9%, & diversa da zero formano al pid un insieme 7,, numerabile. L’unione di tutti questi T, & ancora numerabile. 84. Si ha infati mc’) = m(F}) per ogni t, tranne al pid un insieme numerabile, ¢ dunque per quasi ogni t. 85. Si ha {xe E: |uQol? > } = {xe EB: uw] > s"/”} =U, © quindi, usando la (4.1), fwrors f mts 5 ° La tesi segue dal cambiamento di variabile s = 1? 8 39 86. = y3- = 5 . 30 i 89. 0 4 88. Ba va42in Risposte agli esercizi del 25 7 1 90. ~=In2+—"in3 - = @ in2+ Gna 5 13 2 TE 94. V2 — 1v3 - v2) 96. (V2 — DV3In3 — (V3 - DY2In2 sin! 98. z woo. 4 (5-4 "32 Viz 102. 2 (= 1Xe- 0) é 104. 0 106, In2in3 9 4 19 108. 5 In3 - 5 In2~ 5 cae 110. 3""ine L in. s 113. Per t>1 si ha B-B ottiene la tesi. II valore dell"integrale, per a < 114. = 116. a> -p~1 -atpel 18, o> 0 se p< lia> 14+! se p> Pp 119. 121. 265 a1. (2are 93, 2 Tine Zins 95, 1 97. fIn2@6In3 —31n2—2) 3n 1 99. 2 — saretg 7 101, 2In?2 103. pete! = 1(e? = 1) + 2e(2e ~ 3) + 2e7! 105. 913 ~ 4In2~6 3 107. 5 e'(Se - 2) ww. -3 (104) Initdx= —%, (ee? — 1), Passando al limite per ¢— #20, si ad = a oo ay NS. a <-3; ava uW7. 1 2p, —* oe at+2pel 3k 4 120. Zin} + 5In3— 5 122, aa Risposte agli esercizi del capitolo quinto 123. 3x2 — 1) 124, 22m 1In2 ine 7 128, 3° 126. 5 27.¢-3 128, 2n3- 2 n2~ UE 2 “2 * 36 3n 129, = ss 8 me G © 131. tae x x . aH > 133. Fa —In2) 134, 138. m(B) = 14.72, R= mE) = 1+ V2, x a 136. 5 —1 137. 4 4a? 138. a5 139. 7 Sx 140, 5 ua. © 31 12, 143, 2 ~Ina+ 3) 144, 1057 tas, © (2 _ 33 2 ease oa 8 146, » 364 147. 2n(2Ve - 3) 148. 2 4in2—9) jee a’ ) 19. 97x 150. 0 eee 151. 30 23 ae 152. = (2 ing 7 a 3 (im? Pd) 183. 5 x © 154. 5 15s, = 157. Risposie agli esercizi det capitolo quinto 267 159. = 11) be =1[120 -D+ : DL? + 12) — 2a? = La? +6] in(a + v/a? — 1) 6 2a? +2a sinh 2a+1- cosh 2a ® Ven he Oe +8 sinh 2 160, V = 7 Qa+sinh 2a); eee En I. & (sinh 4a + 8sinh 2a + 12a) 7 16na5 la S12ma> 16l. V =28; k=: Lae 162, V= TEs b= es b= Tahis 163. V =F ay? +ab+a? ~3) P+a?-2 =i (b+a) LT 8na? 166, 169. Si ha Ft) = f jutx) — t]?-2¢u(x) — tydx, @ FMt) = pip of Ju(x) - t|?-? dx > 0. rE 5 In particolare, ypit) ® convessa, e tende all’infinito quando |t{ tende all'infinito. Ne segue che F ha un unico minimo. 170. Risulta che & sommabile in (~1,4). Passando al limite, si ottiene T+ta? dx Viel 171. 2 172. Risulta 2Véz < t +2, e dunque la funzione integranda si maggiora con 3/2. Passan- do al limite, si ottiene il valore 1 173.3 a Risposte agli esercizi del capitol quinto dr x . Si ha F aos = ch =0, 174. Si ha / TeFd sey 7 Hi zy Di aul osservando che FO) =0, si ova Pa) =F Ina +). 175. Risulta F()=1, lim F(x) =0. Inoltre, ran-f («+ dt, P"q) [tac 1 1 Da quest'ultima relazione segue che F(x) =e"* + Ar+B, e dunque F(a) =e *. 176, Per r > 0, poniamo t= 1/7. Essendo per definizione f(x) = min{fox,t}, si ha [sexs | fdx+tmi, 0 B). E Et Dialtra parte f(x) & limitata in E— Jy, e dunque sister un r, che potremo sempre supporre maggiore di t, tale che fx) In2—— . 1263 > 81. zim2 7 182. 12e3 ~6 re 183, — 86-9 — 3 420 44e7! 184, 185. 4e+ oe 12 186. 187, 188, ! Risposte agli esercizi del capitolo quinto 269 1 foxy 189, — 3 (ZY _ n{() 190. 3x(2cos 1 — 1) 192, = 193, & 4 - 194, 2in3 ~ SIns ~ 19s. 3 196. © (6 — 15cosa+ 10cos° a — 3008° a) 197. 2n(1 ~ cosa + cosa Incos a) 198. 27 G ~ arcigicos.a)) = secsaln( AL es 199. 7 200. 0 201. In2 202. Sn2- 4 2 fee? 203. Per ogni ¢ > 0 esistono un aperto A > E e un compatto KC E, con m(A)-m(K) < <«, Prendiamo €=1/s, s=1,2,..., € siano A, e K l’aperto e il compatto corrispondenti. Poniamo F=UK, e G=MA.. Si ha FC ECG © mG)—m(F) =0, cosicché a maggior ragione m(£Z) ~ m(F) = 0. Ne segue che E é l'unione dei compatti K, e dell’insieme E—F di misura nulla. Si osservi che abbiamo anche dimostrato che E & V'intersezione di un’infinita numerabile di aperti A, meno un insieme G—E di misura nulla. 204, Sia x € AE, ¢ sia U un intorno di x tale che BENU grafico di una funzione continua, Per Pesercizio 2, AE U ha misura nulla. Poiché 42 si pud ricoprire con un’infinita numerabile di tali intorni (dimostrarlo), si pud concludere che AB ha misura nulla, € dunque, per lesercizio 4, E & misurabile. 20s. v = (0.0 ik - er 206. v= FIn2, (Co 207, 22 208. a > -2 209. Per ogni aperto A di R, u'(A) @ un insieme misurabile, Per esercizio 2! quest’ultimo insieme & unione di una famiglia numerabile di compatti K,, € di un insieme T di misura nulla. Poiché f~! & continua, segue dal teorema di Weierstrass che f~'(K) & un compatto per ogni s. Inoltre, per lesercizio 8, f~'(7) ha misura nulla. In conclusione, (wo fy""A)= fu") & unione di un’infinith numerabile di compatti e di un insieme di misura nulla, e dunque & misurabile. eee eee eee eee eee a Risposte agli esercici del capitolo sesto Risposte agli esercizi del capitolo sesto A. Xz - D=2y-D, IY— D4Ar-D=0 ray r+y=0 3 D=y ceyel Aysl, re zty=0, 229 a 6. 2(«- 7) "(e-¥f) =0, 20(0- \ i) =n (2 vi 8. 62 — 1) =3(y~ 1) = 21-2), 24 2y~z=0 7, de —y=4—m, c+ dy BIA | f2eVie de? + Inve + V4 a2) — 25 — In12 + V5)} 10. In(2 + 73) 12. Vin+4y2—8 14, 2In(1 + V2) 16. 5VT7 + 3 Int V7) 17. Has?) 19. 5 2V3 +1n(2+ V5) yi Ina + vd) 21, In2+ V3) 61 a 23. 25, 275 + In2 + V5) — v3 — Int + V2) 29. 1 obVT4 a? — 2a To Sal + In2b + Via) ~ Ina + Vie aa2)} ; - 30.5 neV5-42)4 ¥3 BL. (1 + V2) INS V2 + 3V5 — 6 — 2/10) + V0 — VS Risposte agli esercizi del capitolo sesto 27 23 38. n+ 55+ 5 ine 36. 37.8 38. veel 39. m3 40.3 av-9m SN 37 +485 42.2 43. 7/9 ei El 44, T43In5 45, 46. 18 Vas tata + Ina V2a+a) In + V2), a =In2 32 2/2 he op (+47)? -1 1 49, ze lnvi+ V3 2 oe WV2 + V3) si. = 4 52, Basta osservare che per ogni t, to € B si ha |f(t) — f(to)| $ Vif). € quindi sup| fi] < <[ftto)|#VN. i 53. Consideriamo una partizione P = {to,t1, ...,tw} del’intervallo [a,b]. Per la conver- genza puntuale delle y, alla g, sii ha per ogni s=0,1,....N. gr(ts) > elt). & dunque N= Nat LiP)= > [ettes) — ptte)| = tim 2, leoltger) — Gvlty)| = lim LAP). Draltra parte si ha LP) < Vie), € dunque lim L,(P) < min limVigy. In definitiva, risulta LP) < mi Vee) < min limVigy). imV (ey) per ogni partizione P di [a,b], © dunque 272 Risposte agli esercizi del capitolo sesto 54. Se P= {to,ti,t2,-..,¢v} & una partizione di a,b), si ha Not we! Net - z Ifetear) + oldest) — Sty) ~ glty)| < & [ttes) — ftp) + 2, lattes) — avted} a wal 7 Af Cteet) ~ ASC = (AL 2S iftteas) = fet) Dalla prima di queste relazioni segue che 2 Be Peon) + otis) — (te) — gta] SVP) + Vig) © quindi Vif +9) < Vif)+V(@y dalla seconda, Puguaglianza VAs) = |ALV(). 55. Che |i/|isv sia una norma, segue immediatamente dai risultati dell'esercizio pre- cedente. Supponiamo ora che fy sia una successione di Cauchy in BV ((a, )). In particolare, essendo |[flleo < |Ifllav, fe & una successione di Cauchy in Li(a,5)), € dunque essa conver. gera uniformemente a una funzione limitata f. Vogliamo dimostrare che fy + f in BV. Fissato « > 0, esiste un v tale che per ky m > v risulta Ife ~ Sally = life ~ Smlloo + VS — fin) v, e dunque f, > f in BV (a,b). 56. Segue dalle diseguaglianze Weiktont)~ pital $ kent) ~ ett] < 2 boilers) — euttoh 57. 2. Con Ie notazioni del capitolo 5, Esempio 3.4, delle Lezioni, la funzione coinci- dera con fy fuori degli intervalli I), 2, ..., fn che compongono Ky, € dunque sari costante in 10,1] Ky. Se P @ la partizione costituita dagli estremi 21,23, ...,r01 di questi in- tervalli, si avra LP) = 0 Mie ti + fe) far Per quanto detto, la quantita sotto radice sara uguale a 2; ~ zx, se i & dispari (f & costante in questi intervalli), mentre sari maggiore di f(2i) — f(a;1) = fa; — flay») se ¥ & pari, Sommando separatamente i termini con i dispari e quelli con i pari, si ottiene Risposte agli esercizi del capitolo sesto 273 L(P) > m({0, 1) — Ky) +1 e, passando al limite per h + 00, Vi) > 2. D’altra parte si ha Vip) <2, © dunque Vi) =2. 58. 60. 61. 63. 65. 69. (usvju— =D ve 3 229 = role — 29) + oly — w0) 2 — 2 = yolt — 0) + Toy ~ yo) p= Ea ag(z — 20) = woly — wo) + 2z0le ~ 20) Fave-4 62. 16am a+n3 or, HEP =D 68. 3- V3 - Invy3-1) BE Lingle vd 70. x(4— 2) 73. ae E ssh gor-n 4x 74, 2x(/31n2 + V3) ~ I on(2- Lne+ vd 76. 2x(V2+1n1 + ¥2)) 7 mw (255 (= oa 2 (im n2) 78. n(x +2) 80. sxa* (x - 2) 82. 4rr(aarccos(—a/r) + Vr> m5 (ose!) ate Risposte agli esercizi del capitolo sesto 86. I sistema delle equazioni di Eulero per il funzionale in esame eyo dt Jara ee a Jrraye ovvero Di qui, moltiplicando la prima equazione per y/, la seconda per 2’, e sommando, si ottiene (cy — a)y/ + (cx — b)2' = 0, da cui (cy — ay + (cx — bP © quindi la curva cercata & una porzione di circonferenza. abe a semuretta u = 6; altrimenti & la semicirconferenza (u—a)?+v’ 87. Se uo y 2 dove a= %t%—Ut- ec gr w Mat UT + (ur ~ wo)? P — duo? uy = aa Aut — wo? eta~u Uy 1 i. 88, in ( “ an) | 89. 0,41, (#4) ( Pi $) on @vF=In3, ina) 4 m=2!-4/? se q@ >? 22142, msi sea<2; M 94. Maze? mae-V2 95. M = 2€/V2, m= 2¢-H/vi m "27 \n/2 v6 (BL (ty m2 nf m : m=0 se me n sono ambedue pari, m= — ( ) ( ) altrimenti men men Risposte agli esercizi del capitolo sesto 275 97. M= 3, m=-t 98. M=1, m=0 99. M= 2 m=-1 100. M =0, m=—31ng 101. M=18, m=0 102. M = max(4a,4), m=0 se a> 0; M=4, m=4a se a<0 103. = (14/3) 0%, m vi 104. M 105. M= ! —! Ma 5, m=—5 Al : 106. M = ; il minimo non esiste (inf = 0) 10-45 : : V5 1 107. M= _ 108. M =—~, m= 10-473" 104 4y8 aye ™ 109. M = e+ V2, m= Ve- vi 10. M1, m=—t 112. Non esiste (I’estremo superiore @ +00) 4 yar 5 Su? m3.v < 22 nay 22". oy? oV3 M15. Se a=k si ha, f= se p=q; supf=too, minf=0, se p>, inf f=-o, max f=0, se pk, risulta inf f oo, max f= ( aka) a 0; v ~ fijte sea, y<0 32, aycosz—asiny+y+c 34. Non @ esatta 2 wel se <0, y>— se 2>0, ¥<- r se l+a?+zy>0 38. (1+ 2yxIn(l +2y) — +0 oly, £) = SPW?) — cos Bn 7 COSY 44, Joy -atsiny 46. Pye 2 4B. rye} + ry — ys? 278 Risposte agli esercizi del capitolo ontavo 49. arctg—5 se oO Ba ut 5 Saye) se y=0er>0 . se y=0er0, y>0 ae S(a,y) se 2<0, y<0 - se 2=0, y>00y=0, 2>0 x ; se 2=0, y<00y=0, <0 sina 0 52. M(z,y) = ye eet 1) FOS E SINE oe £0, MO,y) =ycosc. Una primitiva ‘i z sin & F(x,y) = (e ~ a se r£0, F(,y)=0. He see Tr 3 53, 4 Zt 5, Tet Fett 54. 7-5 58, Fel — et 1) Ls bs 1 56, = oe . ste a 57. 58, Fie —1) L 4 4m(1 + cos 1) 59, oo. * © 3 iP 62. 0 63. 64. ~F I 66. 69, 7 aa Tl. c+y+inz+Iny=c 72. (2ty+2eF =e Risposte agli esercizi del capitolo ottavo 1. Che la funzione d(e,y) sia una distanza, si verifica immediatemente, come nell’e- sercizio 21 del capitolo 1 Risposte agli esercizi del capitolo ottavo 279 Per il calcolo del diametro dell'intervallo (a — 2,a+2), ovvero, il che @ Io stesso, di [a —2,a+21, osserviamo in primo luogo che & possibile supporre a> 0, dato che in caso contrario bastera cambiare x € y in ~z € —y. La funzione dx,y) = |x —y|+|x?— y2| & continua in K = (a —2,a421X [a—2,a+2}, © quindi ha massimo. Sia (zo, yo) un punto di massimo. Per la simmetria della distanza. si potrd supporre che sia ¢o > yo. Supponiamo che sia yo < 20 < |yo|. Si ha innanzitutto yo <0; inolire xo > 0, dato che altrimenti si avrebbe d(— zo, yo) > d(zo,yo). contro la proprieti di massimo del punto (a0,yo). Si ha dunque a —2< yo <0< 29 < |a—2|; se si pone 2) =—yo € yi =— 2p, il punto (z1,41) appartiene ancora a K, e risulta d(xy,y1) = d(zo, 40) & 21 = |yol > 20 = lyr]. Possiamo dunque assumere che sia zo > |yo|- Da cid segue che deve essere zy = a+2, perché altrimenti, preso ¢ > 0 tale che z9+e d(zo, yo): Il punto yo sara allora un punto di massimo per la funzione f(y) = a+2+(a+2)* —y—y?. La derivata f'(y) = —1—2y si annulla solo per y = os che appartiene a (a - 2, +2) 3 1 - see solo se a < 5. In questo caso, si ha r( 3) > f(a—2), e quindi il massimo & assunto 3 nel punto —5. Se invece a> >, il massimo @ assunto nel primo estremo. In conclusione: 3 4480 se 0Sa<5 diam({a—2,a+2))= | a@+5a+— se a>= 4 2 ovvero, permettendo che a possa assumere anche valori negativi: 4+8ial se fal < diam({a — 2, a +2) = 2 2 @+5jal+—> se fal wv wie wie 2, Per ogni & V'insieme Uz =: ux(X), immagine di X, ® compatto. Consideriamo ora una successione {ys} in U, e distinguiamo due casi: (1) Esiste un & tale che y, € Uy per infiniti s. In questo caso, una successione estratta dalla yy appartiene a Uy, € da essa si pud estrarre una sottosuccessione convergent. (2) Ogni Ug contiene al pid un numero finito di ys. In questo caso, esistono una successione gj estratta dalla y., e una U; estratta dalla Ux, con gj; € Oj. Per ogni i si prenda un punto 2; €X tale che g; = u(2,). Poiché X & compatto, dalla x; si pud estrarre una sottosuccessione rj, convergente a un punto x, € dunque la successione gyje) tender’d a u(x) (vedi esercizio 49, cap. 1). 3. Si ha dif, ous, fou) 0 esiste un 6 > 0 tale che dzifiug(2)), fue) < © non appena dy(uy(x),ulz)) <6. Quest ultima diseguaglianza sara verificata per k abbastanza grande e per ogni z€ X. Di conseguenza, per k abbastanza grande si avra d(f ou, fou) <«. da cui Ia tes Tee eee 280 Risposte agli esercizi del capitolo otavo Se ¥ € compatto, f & uniformemente continua per il teorema di Weierstrass. Se X @ compatto, Tunione U delle immagini ug(X) & compatta (vedi l'esercizio precedente), e si pud sostituire ¥ con U Cominciamo con losservare che per x >0 la funzione giz) = 2 In + 2° @ sempre non negativa, e si annulla solo per 2 =0, Infatti, la sua derivata g/cr & sempre positiva, tranne che per x= 1 Ne segue che si ha fui S fas € quindi la successione fy(x) & decrescente. Si ha inoltre fn(e) 20 per n > 2, da cui segue l'esistenza del limite lim f,(x) = f(z) > 0. Passando al limite nella relazione che definisce la successione f,, si ottiene fa) In + +#(@)) =0, € pertanto f(z) = 0, Inoltre, per il teorema di Dini (Lezioni, cap. 1, Teorema 6.4), la convergenza @ uniforme sui compatti di R. Cid premesso, sia re R, © sia v= 12) un intero tale che O< fylr) < dalla relazione In(1 +2) < z segue Sen>v, IDE KAD S haa s... $a) <2", e dunque la serie Df,(2) converge per ogni + € R, La convergenza non & totale in R, dato che le funzioni f, non sono limitate. B invece totale sui compatti di R. Infatti, poiché la funzione Fo(z)= In(1 +27) & crescente per x > 0, si dimostra facilmente per induzione che lo stesso accade per tutte le Jn- Inoltre, sempre Per induzione, si prova che per n>2 le fy sono funzioni pari, Ne segue che sup | f(z) (aa) fnla), © pertanto la serie converge totalmente in |—a, a). 5. Cominciamo col dimostrare che si ha sempre p fan} ~ [sui 2 jan| 5 len Da cid segue che ln] S 2max{|sy-1/, Sal}, Risposte agli esercici del capitolo ottavo 281 © quindi max lim ¢/[sq) 2 max lim (/|an|, cosicché o 0 esiste un v tale che per ogni nm > v fi i. ‘e risulta [an| < « +) . Se n>v si ha allora, ricordando che r <1, 7 (L+6f 0, 1 max lim ¥/|sn| < In conclusione, se r <1, risulta o Veniamo ora al caso r > 1. La serie Lay & convergente; sia s la sua somma, e supponiamo in primo Juogo che sia s#0. La successione s, delle somme parziali sara limitata (\sn| |s|/2. Sar& pertanto Visl/2 < Vien s YM, da cui si conclude facilmente Supponiamo infine che sia s=0, e poniamo per semplicit L = 1/r <1 ¢ A= I/e. Supponiamo per assurdo > L, ¢ sia e>0 tale che Lte< le L+e v risulta lan] <(L+0”, Inoltre esistono degli interi n arbitrariamente grandi, tali che |sq| >(A—6"- Se n>v, si ha S Seeks et” Elal< Laeot= aS Prendiamo ora un intero np > v tale che per n > no risulti € sia ny > no tale che sy, >(A—". Se n> my, si ha S (L+o™ > len — ote Hie [onl > [sm ey la] > = 0" — SE mn f (ADEN 1 (L+e”™ a. (cS) a1 oh 1-@+o Quest’ultima relazione contraddice lipotesi s = 0, e conclude la dimostrazione. a Risposte agli esercizi del capitolo ottavo & Cominciamo con Mosservare che la funzione f(e,u) =max(|u),[2)) © lipschitziana in WER, Infatti, se ur € uz sono due numeri reali, si possono avere quattro casi: (1) [ur], [ual = |] In questo caso risulta [f(a uy) ~ F(a, wp)] = |le| — Jul] < jaar - wa. (2) Jui|, [ual < |e) Si ha f(z, ui) = fx, uz) = 2}, € dunque |fez,u)) — fer, us)] QB) [ui] > |] 2 |up], Risulta f(z,u)) = [ui] € fle,up Iz|, © dungue fx ur) ~ fz, u2)] = Ju] ~ al < fui} — |r| < fur — wal. (4) [us| < [| < [an]. Si trata come il precedente, scambiando uy con uy. In ogni caso risulta [f(x, «)) ~ f(z,uz)| < Ju; —ug|, € dungue f(z, u) & lipschitziana. Dal teorema di esistenza © uniciti (Lezioni, cap. 3, $2) si conclude che il problema di Cauchy per Pequazione proposta ha soluzione unica per ogni dato iniziale up, D'altra Parte risulta |/(,w)| 0, dato che, se tup <0, basterd conside, rare la funzione v(z)=—u(—z), che verifica la stessa equazione e ha valore iniziale v(0) = ~up. Cominciamo dal caso up > 0. Poiché |u(0)] = up > 0, risulterd futz)| > Ja] in um intervatlo (@,b) che contiene l’origine. In questo intervallo si ha w! = |u| =u, e dunque u(x) = ue”. |. € cio’, dato che Possiamo determinare i valori a e 6 imponendo che sia |u(z)| = a<0 I/e la funzione tz) non ha zeri positivi, € Guindi b= sco. Se invece 0- I/e, € b< 1 se 0 0 e |u(a)| = al, risultera Juz] < J] in un inter- vyallo (c,a), Ne segue che in (c,a) la funzione uz) & soluzione dell’equazione w(x € verifica la condizione iniziale wa) = ~a. Si ha allora in tale intervallo uz) = Di nuovo, potremo determinare il valore di ¢ dall’equazione ju(z)| = |z|, ovvero nel nostro caso, essendo la funzione u(x) crescente in (c,4), dall’equazione wie) = ¢. Si ha allora ¢=a—2 Possiamo ripetere ancora il ragionamento precedente: in un intervallo (d,a— 2) risulta ul(z) = —u(z), € dunque, tenendo conto della rela, ottiene a-2,8 u(z) = (a — et? Il valore d dovrebbe essere una radice dell’equazione (a — 2)e*-*-* — x = 0, che non ha soluzioni in (—00,a— 2). Pertanto risulta d= —oo. In definitiva, se up > 1/e si ha @-Der zsa-2 dove a @ Ia soluzione dell’equazione uge® +2 = 0. Se invece risulta 0 < uo < I/e, si pud procedere come nel caso precedente, ¢ si ottiene 1 Riportiamo in figura il grafico della funzione u(z) per uo =1 & per wy = 75 Tl caso uw) = 0 si tratta allo stesso modo. Occorre solo osservare che in questo caso dall'equazione wu! = max({z|,|ul) segue u(0) = 0, € dunque sari ju(z)| < |z| in un intorno : 1 : I delorigine. In J si ave u'(@) = |z|, € dunque u(z) = 5 2/2]. Di qui segue subito che T= (—2,2). Ragionando come in precedenza, si conclude’ facilmente che fuori di questo imtervallo risulta {u(z)| > ||, € dunque, in conclusione, et p<-2 u(z) = -2<2<2 284 Risposte agli esercizi del capitol ottavo CCG e-= ste agli esercich det capitolo ottavo 285 7. Ricordiamo che si definisce diametro di un sottoinsieme E di uno spazio metrico X il numero diamue sup {d(u,v): u,v € E} Cominciamo col far vedere che in B c’é un insieme non numerabile Z, tale che due funzioni qualsiasi di Z hanno distanza uguale a 2. Per ogni punto €€ (0,1), definiamo la funzione fe(x) che vale -1 per r<€ el per 2>€ -1 se r<€ nor { Si vede facilmente che due qualsiasi di queste funzioni hanno distanza 2. Infatti, se &: #2, ad esempio se €1 < €, risulta fe(x)=1 e fe(x)=—1 per & <2 < &, cosicché We - Seal oe Mee) ~ fe()] E anche evidente che le funzioni cosi definite formano un insieme non numerabile, dato che sono tante quanti i punti dellintervallo (0,1). Se ora B é diviso in una famiglia numerabile di parti, una di queste dovra contenere almeno due delle funzioni fe, perché altrimenti queste sarebbero numerabili.' Questa parte ha diametro 2. 8 Per dimostrare questo risultato, ricordiamo che per ogni funzione f(z) continua nell’intervallo (0, 1] esiste una successione P, di polinomi che tende uniformemente a f (Lezioni, cap. 2, Teorema 8.1). Possiamo supporre che i coefficienti di P, siano numeri razionali. Per vedere questo, osserviamo che, se P=Dajri © Q= Lb: risulta IP - Qll= up |Piz) — Qa)| < Dia — bil (ol = Ne segue che, se i coefficienti di P, non sono razionali, & sempre possibile tovare un polinomio Q, a coefficienti razionali, con ||Py ~ Qxl| < 1/k. La successione Qy ha lo stesso limite di P,, e cio’ tende alla funzione f. Abbiamo cosi dimostrato che linsieme dei polinomi a coefficienti razionali @ denso in C((0,1), 0 in altre parole che ogni funzione di C(O, 1)) si pud approssimare uniformemente con una successione di polinomi coefficienti razionali Facciamo ora vedere, ragionando come negli Esercizi | (cap. 2, $7), che l'insieme dei polinomi a coefficienti razionali @ numerabile. Supponiamo che i coefficienti siano ridotti ai minimi termini, e definiamo l'altezca di un polinomio come la somma del suo grado e dei valori assoluti dei numeratori e dei denominatori dei suoi coefficienti. Poiché linsieme ' tn realta, una delle parti dovr’a contenere un'infinits non numerabile di tali funzioni, ma questo non & rilevante nella nostra dimostrazione. 286 Risposte agli esercizi del capitolo ottavo dei polinomi di altezza m & finito, Vinsieme dei polinomi a coefficienti razionali sara numerabile, essendo unione numerabile di insiemi finiti In definitiva, abbiamo dimostrato che lo spazio C0, 1}) & separabile,o in altre parole che esiste un insieme numerabile L (0, se si vuole, una successione) denso in C((0, 1). Di qui segue immediatamente la tesi. Infatti, per ogni funzione f € C((0,1)) ¢ per ogni ¢ > 0 esiste un Q € L tale che {If — Q| < ¢/2. Ma allora la famiglia numerabile Costituita dagli_imorni 1(Q,¢/2) di centro Q € L e raggio ¢/2 ricopre C((0,1}), e dunque in particolare B. Gli insiemi di questa famiglia hanno tutti diametto uguale a ¢ 9. La prima proprietd @ ovvia, dato che fra tutti i ricoprimenti numerabili di B c's anche quello costituito dal solo insieme B, che ha diametro 2 Per quanto riguarda la seconda asserzione, osserviamo che abbiamo gid mostrato nellesercizio precedente che, se ¥ & separabile, allora o(X) = 0. Facciamo allora vedere il viceversa. Cominciamo col dimostrare che esiste un insieme numerabile denso in B. Per questo gsserviamo che, essendo o(X) =0, per ogni k EN esiste un ricoprimento numerabile di B con insiemi di diametro minore di 1/k, e di conseguenza, prendendo un punto per Ognuno di questi insiemi, esiste un intsieme numerabile Fi, tale che ogni punto di B dista meno di 1/k da un punto di F,. unione F di questi F, @ linsieme cercato, Infatti F 2 humerabile, essendo unione numerabile di insiemi numerabili (Esercizi 1, cap. 2, Teorema 7.3). Tnoltre, dato un punto x € B, si pud trovare un punto x; € Fy che dista da + meno . . di 1, um punto 22 € Fy che dista da z meno di 2,..., un pumo zp € Fy che dista da 2 meno di 1/k, ... La successione x, cosi costruita tende oviamente a x & ora facile costruire un insieme mumerabile denso in X. Infatti, por ogni n € N, Vinsieme numerabile nF, costituito dai multipli degli elementi di E. n= {n€ : €€ B}, & denso in nB. L'unione al variate di n di questi insiemi & ancora un insieme numerabile, ed & denso in x, 10. La proprieta di omogeneiti Af) = (| O(f) € la diseguaglianza triangolare sono evidenti, Per provare che ® @ una norma, resta dungue da provare che #/) <0 implica F=0. Se HF) =0, risulterd f'(e)+ f(t) =0 per ogni t€ [0,1], € inolire f(0) = 0. Questo & un Problema di Cauchy per la funzione f, che ha soluzione unica f=0. E quindi dimostrato che ® & una norma. Facciamo ora vedere che con questa norma C*({0,1)) & uno spazio di Banach, Per questo, Consideriamo una successione f, di Cauchy nella norma ®, e poniamo ~4(t) = Salt) + Sb. La successione 4 @ di Cauchy in C((0,1), e dunque uniformemente convergente a una funzione continua 7. Sia ora € > 0, e sia no un intero tale che per ogni m. m > no risulti Ilan — nll <€ © [fn() — fn(O)] — 1, mentre converge per 2 < ~ 1 alla funzione ip(2) = © k*. Di conseguenza, la successione fa(:z) converge per ogni x € R,e tende a0 per x > mi ea prz<-i aa PO Per dimostrare che la convergenza & uniforme, osserviamo innanzitutto che per ogni n la funzione fax) & decrescente in R, € che dunque lo stesso vale per il limite fiz), Sia ora ¢>0, € distinguiamo due casi. (a) 22-1. Si ha 0 < f(z) < f-) poiché la serie al denominatore Le im dell'ultima espressione diverge, esisterd un ng tale che per n > no tisulti 0< fylz) ~1 (b) z <~—1. Cominciamo col far vedere che esiste un zo <—1 tale che (zo) > : . 1 : = com , Sia v un imtero tale che 27k > 1, Poiché la funzione yy(a) & continua, esister®allora : un : U A : toro di —1 nel quale y,¢x) > -. Se x <—1 & un punto di tale intomo, risultera é a allora p(z0) > pol) > = ¢ Cid premesso, distinguiamo ancora due sottocasi (a) 9 << 1. Si ha, per questi valori di x, Le O< fal) — f(a) = = ¢ aoul__< = PnlZKO2) — PnlT) non appena n > v: (B) x <2. Ricordando che g, € g sono sempre maggiori di 1, si-ha O< fula)— fa < Pnlayple) ~ kane) Poiché la serie 2k converge. esister’ un m, tale che per ogni n> ny si abbia iS S yee ween oe Risposte agli esercizi del capitol onavo In conclusione, se n > maxing, v,m1), si avr [faln) — f(a)| <€ per ogni 2 eR, e dun- que la convergenza & uniforme. Per quanto riguarda la convergenza della serie Ef,, osserviamo innanzitutto che si ha la condizione necessaria f, 0, e che quindi si deve avere x > —1. D'altra parte risulta en(0) =m, € quindi fale) 2 > per 1 0, si ha gala)> > in/2y, neh e dunque la serie Lf,(x) = L1/y,(x) converge. Si vede subito che la convergenza & totale in [a,+00), per ogni a > 0. Si ha infatti In) S [3] = per ogni z >a. 12. Innanzitutto, la serie converge, essendo maggiorata da £2~*. Le prime due pro- pricta della distanza si verificano immediatamente. Per quanto riguarda la diseguaglianza triangolare, si vede facilmente, riducendo allo stesso denominatore, che si ha, per ogni a, B20, lo + A] T+]a+ Al Ia. 1+ {pj La funzione (2) = 7 @ dunque sublineare; essa ® inoltre crescente in R* e si annulla nell’origine. Ne segtie (vedi cap. 1, esercizio 22) che y(\lf —gllao) @ una distanza in C({a,b)), e in particolare verifica la diseguaglianza triangolare: IF = allo _IIf = hlleo [k= glloo 14 1f — glhoo ~ U4 IF = V+ ||h~glleo Se poi le funzioni f, g ¢ h sono infinitamente derivabili, la relazione precedente sussiste per le derivate di ordine arbitrario k. Moltiplicando infine per 2~* e sommando, si ottiene la diseguaglianza triangolare d(f, 9) < dif, h)+d(h, 9). Veniamo ora alla completezza. Se f, @ una successione di Cauchy nella metrica di/,9). per ogni intero k la successione delle derivate k-esime {f} sara di Cauchy in C({a,b)). In particolare, la successione f, convergera uniformemente a una funzione fiz), © le derivate sf" convergeranno uniformemente alla derivata f della funzione f. Ne segue che quest'ultima @ infinitamente derivabile in [a,b]. Dobbiamo far vedere che fr > f nella distanza d. Per questo, sia > 0, e sia s tale che D> 2-*=2° no ¢ t per ogni k <5 risulti |i fn" — f"\Jeo < e/(s +1). Si ha dunque per ogni n > no. A fas 1) SE IMP ~ fllao +e < 20, da cui segue Ja tesi Risposte agli esercizi del capitolo ottavo 289 misurabili 0 ambedue 13. Abbiamo gid osservato che per ogni ¢ i due insiemi Fe FY sono ambedue non misurabili, e che Io stesso avviene per Fy’ e Fy". Definiamo i due insiemi T,={teR:F e Fi sono misurabili} T {te R:F! eR" sono misurabili}. Si ha per ipotesi 7; U7; =R. Vogliamo far vedere che T; = 7: Sian eT Se esiste una successione t, € T) crescente ¢ tendente a 1, essendo conclude che 7 € 7, Analogamente, se 7 € Ts, ed esiste una successione t, € T> decrescente € tendente a m2, si han € Th. Dimostriamo ora che queste successioni esistono sempre. Supponiamo infatti che 7, € 7), e che non esista una successione come quella descritta. Ci dovri allora essere un intervallo (to = €,to) tutto contenuto in T;. Ma allora questi t devono appartenere anche a T; per quanto appena dimostrato, contro l’ipotesi.

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