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I disturbi dell’attenzione
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Uno stato di coscienza normale non comprende solo uno stato di vigilanza ed allerta adeguato, ma
anche la capacità di selezionare e distinguere tra stimoli rilevanti e non rilevanti. Un’alterazione
della coscienza si accompagna invariabilmente a disturbi della qualità dell’attenzione, che deve
essere fasica, modulata, selettiva e direzionata.
I disturbi dell’attenzione emergono solitamente durante il colloquio e possono essere di vario tipo.
Le alterazioni possono riguardare come l’attenzione è attivata o mantenuta, se il soggetto viene
distratto da stimoli interni o esterni, se fluttua da un momento ad un altro. Vi possono essere
difficoltà nello spostamento dell’attenzione da un focus ad un altro, oppure l’attenzione può
essere diffusa, di modo che non è rivolta a nessun argomento specifico.
I fattori primari che soggiacciono all’attenzione sono distinti in quattro componenti principali:
selezione e focalizzazione dell’input sensoriale, selezione della risposta e controllo, capacità
attentiva e mantenimento dell’attenzione.
Il disturbo dell’attenzione più comunemente diagnosticato è il Disturbo da Deficit di Attenzione,
spesso su base di sintomi soggettivi che non sempre corrispondono all’evidenza di turbe attentive,
specie nell’adulto. In questo disturbo il deficit di attenzione è minore che nei disturbi neurologici,
vi è elevata comorbidità con depressione, uso di sostanze e disturbi dell’apprendimento. La
diagnosi, oltre che psicometrica, deve riguardare la storia medica, psichiatrica, scolastica e
comportamentale.
Il disturbo, diagnosticato per lo più nell’infanzia, è noto come Disturbo da Deficit di Attenzione e
Iperattività. I criteri diagnostici richiedono o l’esistenza di disattenzione (distrazione nei compiti,
difficoltà a mantenere l’attenzione, non seguire le istruzioni, riluttanza a fare sforzi mentali
protratti, perdere oggetti, …) o di iperattività e impulsività (muoversi con irrequietezza, lasciare il
proprio posto, scorazzare inopportunamente, parlare troppo, sparare risposte, non attendere il
proprio turno, interrompere,…) per almeno sei mesi con intensità che provoca disadattamento in
almeno due contesti (es. casa e scuola).
Nel corso della vita oltre un quarto della popolazione sperimenta un disturbo psichico.
La schizofrenia è una sindrome caratterizzata da specifiche manifestazioni psicologiche, tra cui le
allucinazioni uditive, i deliri, i disturbi del pensiero e del comportamento. L’incidenza di nuovi
casi è di 2 — 4 casi per anno ogni 10.000 abitanti. È più comune nei maschi e si presenta
tipicamente in giovane età.
Oltre alla dimensione sintomatica positiva e negativa, le altre dimensioni della schizofrenia sono
quelle dei sintomi ansioso depressivi, aggressivi e cognitivi.
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L’ansia è una normale reazione emotiva a situazioni potenzialmente minacciose e si accompagna
ad un’attivazione del sistema simpatico. Un quarto circa delle persone nella vita sperimenta un
disturbo d’ansia, come fobie, pensieri ricorrenti con rituali compulsivi, panico, ecc. L’ansia e la
depressione possono essere combinate in un’ampia varietà di sindromi, dando luogo ad uno
spettro di sintomi e disturbi che vanno dall’ansia pura alla depressione pura, passando per una
serie di combinazioni. Generalmente, i disturbi d’ansia sono presenti nelle donne in misura doppia
rispetto agli uomini.
L’ansia generalizzata è una condizione abbastanza nota a tutti, in cui si sperimenta tachicardia,
facile irritabilità, preoccupazione, facile esauribilità, indecisione, paura, nervosismo e tensione,
ecc. Diventa un disturbo d’ansia generalizzata nel momento in cui l’ansia e la preoccupazione
diventano eccessive. Anche il disturbo ossessivo compulsivo, caratterizzato da pensieri, impulsi e
comportamenti ripetitivi di tipo intrusivo, e le reazioni allo stress, come disturbi dell’adattamento
e postraumatici da stress in reazione a cambiamenti o eventi catastrofici, sono considerati disturbi
d’ansia, sebbene con caratteristiche psicologiche e basi biologiche diversamente articolate.
Circa un quinto delle persone sperimentano un disturbo dell’umore; circa un sesto sperimentano
un disturbo depressivo (15%). Le donne ne sono colpite circa il doppio rispetto agli uomini.
L’umore è un’emozione pervasiva, diffusa e duratura che colora la percezione che il soggetto ha
del mondo e non ha specifico oggetto. Può essere patologicamente abbassato, come nella
depressione, o elevato, come nella mania. L’oscillazione tra depressione e mania si definisce
disturbo bipolare. La mania è caratterizzata da umore elevato, grandiosità, iperattività, ridotto
bisogno di sonno, loquacità, aumentato benessere, distraibilità, ecc. che durano per almeno una
settimana. La depressione, invece, si caratterizza per l’umore abbassato, di solito peggiore al
mattino, interesse e piacere diminuiti, appetito ridotto, alterazioni del sonno, di solito risvegli
mattutini, ansia, rallentamento, affaticabilità, autosvalutazione, concentrazione ridotta, pensieri di
morte, che durano almeno due settimane.
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Il disturbo autistico è caratterizzato dalla compromissione qualitativa dell’interazione sociale
(nell’uso dello sguardo, della mimica, della postura e dei gesti; nella capacità di sviluppare
relazioni con i coetanei adeguate all’età; nella capacità di condividere gioie, interessi o obiettivi;
nella mancanza di reciprocità sociale ed emotiva) e della comunicazione (ritardo o assenza del
linguaggio parlato, incapacità di iniziare e sostenere una conversazione, uso di linguaggio
stereotipato e ripetitivo, mancanza di giochi di simulazione ed imitazione) e da comportamenti,
interessi ed attività ristretti e ripetitivi (dedizione a pochi interessi, sottomissione a abitudini o
rituali inutili, manierismi motori, interesse per parti di oggetti).
L’autismo è una condizione cronica, sebbene molti soggetti mostrino un graduale miglioramento
legato alla maturazione ed agli interventi che supportano il cambiamento dei comportamenti.