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WORKSHOP

" La ricerca e Sviluppo per una migliore Sicurezza Stradale"


Roma - 22 Giugno 2001 - Centro Sviluppo Materiali S.p.A.
Gli strumenti di simulazione come ausilio alla progettazione
delle barriere di sicurezza stradali

Gli strumenti di simulazione come ausilio alla


progettazione delle barriere di sicurezza stradali

Filippo Placidi *, Francesco Fattorini, Stefano Fraschetti


Centro Sviluppo Materiali S.p.A.
Roma, 22 Giugno 2001

ABSTRACT
Il metodo degli Elementi Finiti è stato utilizzato nel campo della sicurezza delle barriere per
circa trenta anni. Le prime applicazioni usavano dei codici specializzati a elementi discreti
per predire le grandi deflessioni di guardrail e delle barriere laterali per ponti durante la
collisione con autoveicoli. Codici agli Elementi Finiti di più recente generazione, codici
general purpose espliciti non-lineari, sono oramai utilizzati abbastanza diffusamente
nell'analisi e nella progettazione di sistemi per la sicurezza laterale delle strade. In questo
lavoro si fa una breve storia dell'uso degli Elementi Finiti nel campo di applicazione specifico
della progettazione di sistemi per la sicurezza laterale delle strade. Nello stesso tempo si
evidenziano i più importanti punti critici per lo sviluppo delle capacità previsionali dei codici
attualmente in uso e quindi per la loro ulteriore diffusione. Si fa quindi cenno alle esperienze
che il Centro Sviluppo Materiali ha sviluppato nel corso di alcuni anni di attività nel campo
specifico e alle attività mirate a rendere tale metodologia uno strumento di effettivo ausilio
alla progettazione e verifica delle barriere di sicurezza stradali.

INTRODUZIONE
Ricerche nel campo delle sicurezza laterale sono passate attraverso diverse fasi negli ultimi
40 anni. La problematica è stata sentita primariamente negli Stati Uniti, dove c'è stato un
enorme impulso da parte delle stesse autorità governative verso la ricerca e l'utilizzo di
strumenti innovativi. La prima fase, corrispondente agli anni 60, si è spesa nel prendere
coscienza del fatto che esistesse il problema della sicurezza stradale e che fosse possibile
migliorarla attraverso un approccio tipico della progettazione ingegneristica. In questa fase
vennero fatti enormi progressi solo utilizzando il buon senso comune e il giudizio di base
ingegneristico, quindi facendo riferimento a criteri del tipo:
- evitare che il veicolo lasciasse la strada;
- evitare il rollover;
- evitare lo scavalcamento della barriera;
- essere sicuri che l'occupante rimanga dentro il veicolo;
- evitare che nessun oggetto contundente entri nell'abitacolo.
Molte delle barriere ancora oggi utilizzate, per esempio negli Stati Uniti, sono nate in questo
periodo.
La fase successiva ha interessato il periodo tra gli anni 70 e gli anni 80, quando è nata
l'esigenza di sviluppare adeguatamente altri sistemi di sicurezza stradale come terminali,
transizioni e sistemi per assorbimento di energia (crush systems). In questo periodo sono

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state sviluppate una serie di soluzioni specifiche, anche per soddisfare requisiti locali molto
specifici. I test in piena scala sono diventati il metodo primario per valutare l'efficienza delle
barriere stradali, anche se l'intuizione ingegneristica e l'esperienza continuavano a governare
la progettazione delle barriere.
Oggigiorno l'era della progettazione basata sull'intuizione è finita, anche perché i problemi
sono cresciuti in numero e complessità (terminali, impatto laterale, interazione tra veicolo e
barriera, effetti sul comportamento del passeggero). Oramai siamo entrati in un'era in cui gli
sforzi e le risorse richieste per produrre un progetto efficace di barriera sono cresciuti in
maniera drammatica e successivi miglioramenti in questo campo richiederanno
inevitabilmente, insieme a crash test e intuizione ingegneristica, l'uso dei migliori strumenti
analitici attualmente esistenti. Uno di questi strumenti è rappresentato dai codici agli
Elementi Finiti (EF) non lineari di formulazione esplicita, i quali sono già largamente utilizzati
per la previsione e verifica del comportamento ad impatto degli autoveicoli, e hanno
permesso di ottenere dei notevoli progressi nella direzione del miglioramento della sicurezza
e della riduzione dei costi di sviluppo del progetto. Gli stessi risultati sono ottenibili nel campo
della progettazione delle barriere di sicurezza, ma una serie di problematiche, tuttora
irrisolte, e alcune specificità della tematica, rendono più difficile questa operazione di
trasferimento tecnologico. Il presente lavoro vuole mettere in evidenza alcuni di questi
aspetti, quelli che sono stati sperimentati sulla propria pelle negli ultimi anni in cui il CSM ha
utilizzato in maniera pesante tali strumenti progettuali, e che rappresentano senza ombra di
dubbio i maggiori responsabili delle inaccuratezze dei risultati. Per alcune problematiche
verranno indicate possibili strade da seguire per la loro risoluzione.

UNA BREVE STORIA SULLE APPLICAZIONI DI CODICI A EF NEL CRASH DI BARRIERE


Benché i test in piena scala sono, e saranno sempre, i metodi di verifica e omologazione
predominanti nel campo della sicurezza l'uso dei metodi analitici non sono una novità nel
campo della progettazione delle barriere per la sicurezza stradale. Forse una della
applicazioni più riuscite degli EF fu proprio la prima: dei ricercatori del "Cornell Aeronautical
Laboratory" investigarono la meccanica delle collisioni tra barriera e veicolo nei primi anni 60
[1]. Furono sviluppati dei semplici modelli analitici a parametri concentrati, usando molle,
smorzatori, travi e specifici collegamenti, per esaminare la dinamica del veicolo e la
resistenza della barriera. Lo studio fu molto proficuo e permise di studiare molte delle
barriere del periodo. Già allora molti degli attuali problemi sui guardrail furono osservati:
- l'importanza della separazione e del relativo elemento separatore (distanziale) tra
barriera e palo al fine di evitare lo scavalcamento del veicolo;
- la forte probabilità di aggancio del veicolo su pali molto rigidi;
- la probabilità di accartocciamento quando un palo rigido è combinato con una barriera
relativamente debole o cedevole.
Questi studi portarono a ottimizzare il progetto delle barriere a doppia onda, e dei relativi
distanziali, nello stato di New York, e ad eliminare alcune soluzioni non idonee [2], [3].
Su base di questi risultati il Dipartimento di New York ha continuato la collaborazione con il
Cornell Aeronautical Laboratory (CAL) per studiare la risposta del veicolo in diverse
situazioni di handling. Questo lavoro ha prodotto l'HVOSM (Highway Vehicle Object

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Simulation Model) sviluppato dalla McHerny [4] intorno al 1970. È un codice essenzialmente
per analisi di handling, ma successive estensioni, come l'HVOSM-RD2, sono state utilizzate
per lo studio della collisione con barriera rigida, quali quelle in cemento [5], ancora nel 1990.
Negli stessi anni 70 Powell ha sviluppato Barrier VII, utilizzato per lo studio dell'impatto
contro barriera flessibile [6]. È un codice bidimensionale con elementi semplici, utilizzato per
studiare la deflessione dinamica di differenti soluzioni progettuali, per analizzare il distanziale
per transizioni a barriere per ponti, per sviluppare curve di progetto atte a stabilire larghezza
e lunghezza di ancoraggi in cemento usati per transizioni a barriere per ponti, per sviluppare
criteri di efficacia-costo basati sulla deflessione dinamica. BarrierVII è ancora oggi utilizzato
per predire la deflessione dinamica di elementi di transizioni. La limitazione principale del
codice risiede nell'approccio bidimensionale e alla maniera grossolana in cui rappresenta la
geometria del veicolo e della barriera.
Negli anni 80 furono lanciati dalle organizzazioni governative statunitensi una serie di
programmi per lo sviluppo di codici di nuova generazione basati sul metodo degli Elementi
Finiti (FE). Alcuni risultati di questi sforzi furono codici special-purpose quali GUARD,
GRUNCH e NARD [7],[8],[9]. Anche se GUARD è stato utilizzato per la verifica del
comportamento di bumpers e per la ottimizzazione di alcuni guardrails, nessuno di questi
codici ha guadagnato una confidenza sufficiente da parte degli analisti/progettisti, a causa
degli eccessivi errori di codice, di formulazioni analitiche poco robuste e assunzioni troppo
restrittive. Essi ebbero come conseguenza più importante un pessimismo generalizzato
sull'utilità di questi strumenti nella verifica e nella progettazione di barriere di sicurezza.
Nel 1991 la Federal Highway Administration (FHWA) ha sponsorizzato 3 progetti per
assistere un piano di sviluppo delle capacità e della robustezza degli approcci numerici
all'analisi delle collisioni riguardanti i sistemi di sicurezza stradale. Tutti e 3 i piani
raccomandarono di abbandonare i codici special-purpose, come NARD, GUARD, BarrierVII
e HVOSM, a favore di codici general-purpose non lineari agli EF come DYNA3D [10]. In un
periodo relativamente breve la situazione passò dal non avere capacità e esperienza con
codici general-purpose come DYNA3D e LS-DYNA3D al costituirsi negli Stati Uniti di una
rete molto attiva di università, laboratori, organizzazioni di ricerca governativa, sviluppatori
software e istituti di ricerca privati.

BENEFICI DELLA RICERCA SULLA SICUREZZA STRADALE ED IN PARTICOLARE


SULLE BARRIERE

Tre particolari risultati possono essere attesi come conseguenza di un incremento della
ricerca nel campo delle sicurezza stradale, sulla scorta dell'esperienza fatta in altri paesi:
• la riduzione delle fatalità e dei rischi, che si sperimentano sulle strade e la conseguente
riduzione dei costi degli incidenti;
• la protezione degli investimenti pubblici nei sistemi di sicurezza laterale delle strade;
• riduzione dei rischi, tempi e costi di progettazione

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Sulla scorta dei risultati promettenti ottenuti attraverso la ricerca e di nuove e crescenti
difficoltà gli sforzi e le spinte verso la ricerca vanno continuamente crescendo. Un esempio
particolare è rappresentato ancora dagli Stati Uniti: attualmente sia FHWA (Federal Highway
Administration) che NHTSA (National Highway Traffic and Safety Administration)
condividono l'obiettivo di ridurre il numero, la severità e il costo degli incidenti stradali. Nel
passato, invece, NHTSA concentrava la sua attenzione soprattutto sull'aspetto collisione
"veicolo-contro-veicolo" e sulla tecnologia di protezione dell'occupante, lasciando gli incidenti
laterali del "singolo-veicolo" soprattutto all'FHWA. In America gli incidenti del secondo tipo
sono stati circa 1.4 milioni, che hanno rappresentato più del 20% di tutti gli incidenti sugli
autoveicoli, il che ha fatto cambiare l'ottica e attualmente FHWA e NHTSA condividono la
responsabilità.
Oggi stanno emergendo alcuni tipi di incidenti, come impatti laterali con oggetti isolati e
l'interazione di veicoli a forma spigolosa con le barriere, che probabilmente non possono
essere migliorati senza uno sforzo congiunto tra entrambi, il sistema di progettazione veicolo
e il sistema progettazione barriera e sistemi di ritenuta laterali.
Ancora una volta un esempio dall'America può chiarire il concetto. Una volta installato un
sistema di ritenuta laterale ha una vita in servizio di almeno 20 anni. I veicoli al contrario non
hanno una vita superiore ai 10 anni, e i costruttori di automobili possono cambiare
radicalmente e molto rapidamente le caratteristiche della popolazioni di veicoli. I costruttori
possono realizzare veicoli che soddisfano gli standard richiesti in termini di sicurezza ma che
non si comportano correttamente con la maggior parte dei guardrails, barriere lato ponte e
altri sistemi di ritenuta laterale. Per esempio dei test recenti hanno mostrato che un Pickup
ruota sopra i 25 gradi in un impatto a 100 km/h contro certe barriere a doppia onda con pali
robusti. Questa classe di veicoli è arrivata rapidamente a circa il 50 % della flotta veicoli e
questo tipo di barriera longitudinale è quella più diffusa in tutti gli Stati Uniti (centinaia di
migliaia di miglia).
Negli ultimi anni sono stati introdotti molti minivan nella popolazione dei veicoli, che adesso
rappresentano il 10 % della popolazione. Su questi veicoli non sono mai stati prodotti dei test
su barriera, quindi non si ha una idea chiara del comportamento di questi veicoli nel caso di
impatto contro sistemi di ritenuta laterali. È chiaro che è impensabile supporre, dal punto di
vista degli investimenti, che si rincorrano continuamente i target dei nuovi veicoli, peraltro in
continua evoluzione, con nuove installazioni di barriere e con sostituzioni, e anche se questo
accadesse e fosse economicamente possibile, il tempo richiesto per la modifica sarebbe
probabilmente elevato e il cambiamento sarebbe già obsoleto prima del completamento.
Il metodo degli Elementi Finiti fornisce ai ricercatori nel campo della sicurezza stradale un
valido tool utilizzabile per verificare le caratteristiche dei sistemi di sicurezza, in un ampia
varietà di condizioni di impatto e con un'ampia varietà di veicoli.

IL PROBLEMA DELLA INTERAZIONE VEICOLO-BARRIERA


Occasionalmente i ricercatori sulla sicurezza laterale effettuano un test in piena scala e
osservano un'inaspettata catastrofica rottura che, dopo ulteriori indagini, sembra essere
causata più da particolari caratteristiche del veicolo che da quelle del sistema stradale. A

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questo punto una domanda sorge spontanea: Che cosa si sta testando, l'hardware o il
veicolo?
Questo tipo di comportamenti veicolo-dipendenti sono stati osservate molto frequentemente
durante il passato, soprattutto quando si sono cominciati a fare i test su Pickup per
soddisfare il Report 350 dell'NCHRP. Il concetto fondamentale è che sta diventando sempre
più difficoltoso trattare il veicolo, le barriere e la geometria della strada laterale come
elementi indipendenti che possono essere progettati con un piccolo pensiero agli altri due
aspetti.
Tra 1980 e il 1985 negli USA gli impatti con oggetti isolati (pali, alberi) si sono aggirati intorno
all'8% di tutte le fatalità correlate al traffico e al 20% di tutti gli incidenti di singoli veicoli fuori
strada. È chiaro che il numero di incidenti può essere limitato riposizionando i pali e
rimuovendo alcuni selezionati alberi, ma è altrettanto vero che miglioramenti significativi
richiederebbero necessariamente l'attenzione di entrambe le categorie, i progettisti veicolo e
i progettisti dei sistemi di sicurezza stradali.
Dei test hanno mostrato che è impossibile "ingentilire" i terminali in maniera tale da
migliorare sufficientemente il comportamento ad impatto laterale senza ridurre drasticamente
l'efficacia del terminale nel caso di impatto del tipo frontale contro lo stesso. Un reale
miglioramento nel caso di impatto laterale contro terminale (circa 1/3 degli impatti contro
terminali) richiede interventi su entrambi, struttura del veicolo e progettazione del terminale.
Comportamenti molto poco performanti sono stati osservati sui Pickup contro guardrail e
terminali. Una valutazione preliminare di questi test suggerisce che il problema può essere
causato da:
- le proprietà inerziali e di stabilità del Pickup
- aspetti particolari della progettazione delle sospensioni che promuovono la rottura nella
collisione contro barriere
- la tendenza per le ruote a contattare i pali del guardrail causando potenziale rollover.
Questo significa che il veicoli sembrano avere dei seri problemi di performance nel caso di
impatto contro barriere, che possono essere risolti solo attraverso un miglioramento della
progettazione del veicolo o almeno attraverso una migliore comprensione della interazione
tra veicolo e barriera.
È stato mostrato che molti dei veicoli con anteriore progettato in maniera aerodinamica
hanno dei seri problemi nel caso di impatto contro i terminali. Modificazioni a terminali non
hanno sostanzialmente migliorata la situazione.
Questi sono solo alcuni esempi dove il cambiamento di geometria del veicolo e delle
proprietà inerziali hanno fatto diventare obsolete alcune barriere che una volta si
comportavano correttamente con la maggior parte della flotta veicoli di alcuni anni fa.

LA PROGETTAZIONE DEI SISTEMI DI RITENUTA LATERALE STRADALI


Gli Elementi Finiti dovrebbero essere considerati una parte integrale nel processo di
progettazione dei sistemi di ritenuta stradali. È oramai ampiamente riconosciuto che non è
possibile valutare ogni scenario di impatto attraverso una prova in piena scala.

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Nella Figura 1 è mostrato lo schema di massima delle progettazione di una barriera di


sicurezza stradale: la progettazione, la simulazione, la realizzazione e testing, la messa in
opera e la valutazione del comportamento in esercizio.
L'approccio corrente alla progettazione di nuove soluzioni nel campo delle barriere stradali è
quello di ripetere e rifinire la progettazione iniziale fino al soddisfacimento dei requisiti
desiderati.
Anche se l'esigenza di una valutazione delle caratteristiche in esercizio è universalmente
riconosciuta, un efficace mezzo per effettuare una valutazione di tale comportamento non è
ancora stato definito, cosi il loop definito nella Figura 1 è raramente chiuso.

Progettazione
vice

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Test
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Figura 1: Processo logico di sviluppo di una barriera stradale

L'oggetto di questo lavoro è tuttavia la crescente importanza e utilità, all'interno del ciclo di
sviluppo di nuove soluzione per le barriere stradali, della fase di analisi mediante strumenti di
calcolo. Essa diventa essenziale quando il progetto diventa complicato e può aiutare nella
identificazione e correzione dei problemi della progettazione prima del testing.
Possono essere elencati una serie di motivi per i quali un uso opportuno e ampio di metodi di
analisi virtuale è ritenuto strategico:
1) le singole prove in piena scala non possono fornire informazioni sufficienti sui carichi,
accelerazioni, stress e strain dei componenti della barriera. Una progettazione basata sul
reale comportamento meccanico dei componenti della barriera non è quindi possibile;
2) non possono essere fatti prove in piena scala ripetitive, in quanto molto costose;
3) prove in piena scala non possono essere utilizzate per un'analisi di sensibilità;
4) è impraticabile pensare di effettuare un'analisi con un'ampia varietà di veicoli, come
sarebbe opportuno;
5) non è possibile esaminare gli effetti di una varietà di condizioni di prova, come traiettorie
di impatto, impatti laterali, frenate e cambiamenti di direzione durante l'impatto.
Tutto questo potrebbe essere invece effettuato in maniera virtuale prima delle realizzazione
del prototipo se si disponesse di uno strumento previsionale robusto ed efficace.
Possono essere definiti 3 livelli di integrazione degli EF nel processo di progettazione di
barriere di sicurezza stradali. Il primo livello si concreta nell'utilizzare gli EF al fine di
esaminare i test già effettuati. Quest'analisi può essere usata per esaminare stress e strain,
accelerazione e velocità, e meccanismi di rottura in un particolare scenario, al fine di

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ottenere una migliore comprensione del fenomeno di impatto stesso. La migliore


comprensione può quindi essere la base per sviluppare disegni alternativi migliorativi, per
esaminare la sensibilità di particolari elementi del progetto alle condizioni di impatto, o a
variazioni delle caratteristiche del materiale, oppure al fine di stimare degli indici di
performance. Attualmente la maggior parte dei lavori con gli EF cadono in questo contesto.
Il secondo livello è quello di usare gli EF al fine di predire il probabile risultato di un test in
piena scala prima che esso si effettuato. Questo può essere usato per individuare il progetto
più promettente tra una serie di alternative, per individuare la condizione di impatto più
critica, oppure per identificare il veicolo test peggiore per una particolare parte dell'hardware.
Il terzo livello è quello di utilizzare gli EF per valutare le performance di una barriera o
sistema di ritenuta laterale in una situazione che non può essere testata. Per esempio
condizioni di impatto non standard, tipo frenata e cambiamenti di direzione durante l'impatto.
Queste simulazioni possono anche essere usate per testare veicoli non-standard o prototipi.
Questo tipo di analisi rende al progettista la possibilità di esaminare collisioni che sarebbero
impossibili da testare e quindi di progettare hardware che si comporta in maniera più
affidabile sotto una vasta variabilità di condizioni reali di impatto.
In altre parole nel campo della sicurezza stradale verranno sempre in misura maggiore
richieste barriere che si comportano bene con una vasta gamma di veicoli, e sotto un varietà
di condizioni di impatto. Mentre test in pena scala sono e saranno sempre una parte cruciale
e fondamentale della ricerca non è possibile che essi rimangano i soli tool per la
esplorazione delle performance delle barriere.

CODICI DI ANALISI AGLI ELEMENTI FINITI DI TIPO GENERAL PURPOSE


L'uso degli EF per risolvere problemi di dinamica non lineare con problemi di contatto è una
tecnologia che è datata circa 20 anni, ma è evoluta rapidamente in un metodo potente per
effettuare analisi realistiche di strutture caricate dinamicamente.
Halquist ha cominciato lo sviluppo di DYNA3D [11] al Lawrence Livermore National
Laboratory (LLNL) nel 1970 e ha continuato lo sviluppo nel codice LS-DYNA3D [12].
FHWA e NHTSA hanno promosso attivamente lo sviluppo e l'integrazione della tecnologia
dei codici a EF non lineari nel campo della progettazione delle barriere di sicurezza e nel
processo di valutazione.
Attualmente esistono diversi software che si distinguono per alcune specificità e
diversamente utilizzati: la comunità statunitense continua ad utilizzare specificatamente LS-
DYNA3D; in Europa e in Asia (Giappone, Korea) accanto ad LS-DYNA3D è molto affermato
il codice PAM-CRASH. LS-DYNA3D rappresenta in ogni caso il codice di riferimento, se non
altro perché esistono una serie di modelli disponibili in diversi siti Web, già costruiti in
formato LS-DYNA3D.

MODELLI DI VEICOLO
Lo sviluppo di modelli di veicolo di pubblico dominio che possano essere utilizzati in un vasto
campo di applicazioni e studi, comprese le barriere di sicurezza, è stata ed è un'area di
ricerca molto importante. Attualmente sono disponibili un certo numero di modelli (Saturn,

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Ford Taurus, Honda Civic, Dodge Caravan, GM Metro, Pickup). Questi modelli sono stati
sviluppati da una serie di organizzazioni con diversi scopi e sono di diversi livelli di
complessità. Una caratteristica importante del modello è la dimensione in termini di elementi,
ma una caratteristica più specifica e rilevante è la complessità e la velocità in termini di msec
che possono essere simulati per ogni ora di calcolo (ora di CPU).
Mentre un alto grado di complessità può essere richiesto per la progettazione del veicolo, per
la valutazione dei sistemi di restraint sull'occupante o l'assesment dell'intrusione nel
compartimento occupante non è ancora chiaro il livello di complessità del modello del veicolo
da utilizzare al fine di ottenere degli ottimi risultati.
Il primo modello specificamente sviluppato per la valutazione delle barriere di sicurezza
stradali è stato un modello semplice della GM Saturn del 1991, sviluppato da Wekezer.
Questo modello è stato sviluppato per FHWA misurando il veicolo e costruendo un semplice
analogo meccanico. È stato utilizzato per simulare un impatto frontale contro palo, contro
parete rigida e per dimostrare l'utilità e la fattibilità dell'uso di EF nel campo delle barriere
stradali. Contemporaneamente allo sforzo per sviluppare il modello della Saturn è stato
sponsorizzata dalla FHWA lo sviluppo del modello della Honda Civic 1981, un veicolo
frequentemente utilizzato per i crash test. Il modello è stato sviluppato da Mendis, Mani e
Shyu. Il modello presenta una parte frontale dettagliata (il resto è molto meno dettagliato) e
quindi è stato limitato ad applicazioni di crash frontale, per esempio contro supporto segnali
o pali.
Un modello semplice di un veicolo da 820Kg, in accordo alla NCHRP 350, è stato sviluppato
da Cofie e Ray per la FHWA. Esso non fu creato per essere una esatta riproduzione della
geometria del modello e nemmeno per includere modelli espliciti di tutte le parti e delle
connessioni. L'intento fu semplicemente di avere un modello semplice, con le esatte
caratteristiche inerziali, in maniera tale da ottenere corrette informazioni sulla time history del
centro di gravità. Il modello, anche se generico, si rifece alla Ford Festiva 1990.
Lo sviluppo di un modello di vettura di classe più alta, la Ford Taurus 1991, fu sponsorizzato
dalla NHTSA. Questo modello, sviluppato originariamente da Varadapp e Shyo per il crash
frontale su parete rigida, è stato estensivamente modificato per altri tipi di impatto,
includendo simulazioni di impatti frontali su parete rigida, impatti frontali con offset tra due
veicoli e impatti frontali con oggetti isolati e verifiche d'intrusione del compartimento
occupante. Non è stato ancora utilizzato in maniera massiva per la simulazione di barriere.

Figura 2. Modello del Pickup Chevrolet C-2500 Pickup del 1994


disponibile presso il sito web della NHTSA

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Un veicolo recentemente sviluppato è il Pickup Chevrolet C-2500 del 1994 (da Zaouk,
Bedewi). Il modello è stato sviluppato congiuntamente da NHTSA e FHWA. Sono disponibili
due versioni: larga, utilizzabile per la progettazione e la simulazione di sistemi di ritenuta, e
ridotta, utilizzabile per studi su guardrail e terminali (Figura 2).
Altri modelli sono in fase di sviluppo sotto la sponsorizzazione degli enti governativi
statunitensi, e presto saranno resi disponibili.

SPECIFICITÀ DELLE SIMULAZIONI RELATIVE AL COMPORTAMENTO DELLE


BARRIERE DI SICUREZZA E RELATIVE CONSEGUENZE
Il fenomeno dell'impatto del veicolo contro una barriera di sicurezza stradale presenta delle
specificità che lo contraddistinguono nettamente dalle normali analisi di verifica strutturale
lineare elastica, ma anche dalle più note analisi a crash di vettura (impatto frontale o laterale,
contro parete rigida o deformabile, con offset o meno).
Le caratteristiche peculiari dell'urto contro barriera, sia nell'ottica della verifica del
soddisfacimento dei requisiti minimi per l'omologazione che per la verifica del
comportamento in esercizio, sono le seguenti:
• Durate dell’ordine del secondo, in particolare durate caratteristiche sono dai 0.7 s a 2 s,
da confrontare con durate dell'ordine dei 60-80ms, caratteristiche di crash di vettura;
• Le norme di omologazione prescrivono dei limiti ben precisi relativi al controllo della
traiettoria prima e dopo l’urto, ai livelli di accelerazione, alle deformazioni statiche e
dinamiche della barriera, alla deformazione massima del veicolo. Si ha quindi il
coinvolgimento diretto di diverse componenti e delle relative interazioni, normalmente
meno importanti nel caso di crash di vettura. Si possono citare a questo scopo
l'importanza dell'interazione tra terreno e pneumatici, di una corretta schematizzazione
delle sospensioni, dell'interazione tra palo e distanziale, tra palo e terreno, nonché tutte
le problematiche legate alla corretta schematizzazione della barriera deformabile e la
gestione dei contatti;
• Un maggior tratto di veicolo è interessato dall’urto rispetto a crash test (urto in parte
laterale in parte frontale). Questo significa che i modelli creati per la simulazione dell'urto
laterale o frontale, quindi con meshature appositamente ottimizzate, possono non
risultare idonei in analisi nella quale è coinvolta una tipologia di urto "mista";
• Si devono sempre gestire problematiche di contatto tra due corpi deformabili, che sono
notevolmente più pesanti e difficili;
• Le dimensioni del modello possono essere molto grandi, in conseguenza della necessità
di schematizzare un tratto sufficientemente lungo della barriera;
Le conseguenze più dirette di questo stato di cose sono i lunghi tempi di calcolo tipici di
queste tipologie di simulazioni. Non sono disponibili modelli affidabili e dettagliati di vetture
da utilizzare per questo tipo di analisi: modelli devono essere sviluppati appositamente
appoggiandosi su modelli esistenti, in accordo alla prescrizione della normativa Europea. I
tempi di messa a punto delle simulazioni possono essere abbastanza elevati. Non è
reperibile un know how sufficiente per discriminare a priori i vari aspetti prima citati.
In parole povere nel campo della simulazione del comportamento a impatto delle barriere
stradali deve essere sviluppato un know how specifico sulle varie problematiche prima citate

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e questo diventa un prerequisito per un adeguata penetrazione degli strumenti nel ciclo di
progettazione delle barriere stradali.
Nel proseguo del lavoro viene dato cenno al contributo che il Centro Sviluppo Materiali ha
dato nella direzione di generale accrescere il know how sulla tematiche in oggetto e nel
mettere a punto degli strumenti affidabili per la valutazione del comportamento della barriere
di sicurezza.

CONTRIBUTO DEL CSM ALLA DEFINIZIONE DI UNA METODOLOGIA O PROTOCOLLO


DI SIMULAZIONE PER LE PROVE DI IMPATTO LATERALI VEICOLO/BARRIERA
DEFORMABILE
L'obiettivo principale del lavoro è stato quello di individuare le principali problematiche
relative all'argomento e mettere a punto una metodologia/protocollo per la loro
schematizzazione e trattazione dal punto di vista numerico con codici agli Elementi Finiti.
Le problematiche sono state distinte in tre categorie:
• Impattatore o veicolo
• Barriera
• Interazioni (veicolo-terreno, palo-terreno, veicolo-barriera)
Nella realtà le interazioni possono essere ritenute delle specificità dei due componenti
fondamentali il sistema da simulare, veicolo e barriera.

VEICOLO
La normativa vigente prescrive l'utilizzo sostanzialmente di 2 tipologie di veicoli (veicolo
leggero da 900 Kg e veicolo medio da 1500 kg) e un certo numero di autocarri, di peso
variabile a seconda della classe di omologazione della barriera. Nelle simulazioni di crash
veicolo/barriera sono stati messi a punto due modelli di veicolo, rappresentativi delle due
classi 900kg e 1500kg previste dalla normativa vigente per alcune prove di omologazione
delle barriere stradali.
Tali modelli, costruiti per la simulazione delle prove di crash frontali, sono stati
progressivamente ottimizzati da parte del CSM per la simulazione degli urti laterali contro
barriere deformabili. Ciò ha richiesto lo studio di tutta una serie di problematiche, qui di
seguito brevemente riassunte, che possono essere generalizzabili a tutti i veicoli da
impiegare per la simulazione di impatti su barriere stradali
Nella Figura 3 è riportato a titolo di esempio il modello di un autocarro semplificato utilizzato
nella simulazione di barriere ad alto contenimento.

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Figura 3. Modello di Autocarro da 30 Ton


Sospensione

Il sistema di sospensione del veicolo ha una notevole


influenza sia sul comportamento dinamico del mezzo
(handling) sia sull’entità della componente verticale
dell’accelerazione agente sul baricentro. In particolare, in
una prova di crash veicolo/barriera, l’urto di una ruota
contro uno dei montanti del sistema di ritenuta può
generare dei valori molto elevati dell’accelerazione
verticale, e di conseguenza dell’indice ASI, nella cui
definizione rientrano le tre componenti di accelerazione
agenti sul baricentro, opportunamente pesate e mediate. È chiaro da queste considerazioni
che una corretta schematizzazione delle sospensioni diventa un elemento determinante
nell'affidabilità e accuratezza del modello del veicolo, in quanto influisce direttamente su uno
degli indici di performance più importanti della barriera (Figura 4)
ASI - 3D ; ASI - 2D

1.2

1.0

0.8

0.6

0.4

0.2

0.0
0.00 0.05 0.10 0.15 0.20 0.25 0.30 0.35 0.40 0.45 0.50

Figura 4: ASI valutato con un modello di sospensione troppo rigida


Inoltre, il sistema di sospensione, unitamente al sistema sterzante, influenza la traiettoria del
veicolo nella fase successiva all’urto. Poiché tale traiettoria è soggetta a restrizioni da parte
della normativa vigente, così come l’indice ASI è vincolato a non oltrepassare dei valori
massimi anch’essi dettati dalla normativa, appare evidente come nella simulazione di una
prova di crash laterale sia importante schematizzare le sospensioni del veicolo.

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Gli strumenti di simulazione come ausilio alla progettazione
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La sospensione è stata modellata seguendo lo schema a “triangoli sovrapposti” per le ruote


anteriori, e lo schema a “bracci longitudinali” per le ruote posteriori.
Le caratteristiche di rigidezza e di smorzamento sono state assegnate utilizzando elementi ”6
DOF spring and dashpot”, ovvero molle caratterizzabili in tutti e sei i loro gradi di libertà sia in
termini di rigidezza che in termini di smorzamento. La rigidezza delle molle è stata valutata
sulla base di misurazioni effettuate su un reale veicolo, mentre la caratteristica smorzante è
stata ricavata a partire dalla scheda tecnica di alcuni ammortizzatori in commercio.
Il sistema è stato poi messo a punto attraverso una serie di simulazioni dedicate, nelle quali
la sospensione è stata verificata sia in termini di cinematismo che in termini di
comportamento dinamico.
Nella Figura 5 che segue, ad esempio, sono riportate due successive immagini relative ad
una simulazione del passaggio del veicolo da 1500kg su un dosso, utilizzate per la taratura
delle sospensioni.

Fig. 5 Passaggio della ruota anteriore destra su un dosso

Rotolamento dei pneumatici

Per avere un comportamento realistico del veicolo durante tutto il fenomeno dell’urto, è
necessario modellare il sistema mozzo-ruota in modo da consentire il rotolamento dei
pneumatici. Il pneumatico, infatti, realizza con la pavimentazione stradale un attrito
decisamente diverso nella direzione del moto (attrito di rotolamento) e in quella ad essa
ortogonale (attrito di strisciamento), almeno in condizioni di non bloccaggio delle ruote.
Considerare le ruote fisse ed adottare uno stesso coefficiente d’attrito per le due direzioni
sopra menzionate (coefficiente d’attrito necessariamente uguale a quello di rotolamento per
consentire il moto del veicolo) può determinante una non corretta traiettoria del veicolo in
fase di uscita dopo l’urto contro la barriera. Inoltre tale approssimazione può dar luogo ad un
aumento delle accelerazione sul baricentro del veicolo poiché la rotazione del veicolo stesso
intorno al proprio asse verticale, conseguente al contatto fra la parte anteriore del veicolo e
la barriera, verrebbe contrastata da delle forze d’attrito, che si sviluppano sui pneumatici
posteriori normalmente alla traiettoria, di entità minore rispetto al valore reale.
Per consentire il rotolamento dei pneumatici è stato introdotto nel modello originale dei
veicoli, un modello semplificato del mozzo di fissaggio della ruota, ed è stato realizzato un
infittimento della mesh dei pneumatici, per consentire al codice di gestire al meglio il contatto
tra i nodi delle ruote e il piano infinitamente rigido (Rigid Wall) adottato per la
schematizzazione della sede stradale.

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Nella Figura 6 che segue è mostrato il “refinement” eseguito sulla mesh delle ruote del
veicolo da 1500kg. Un analogo lavoro è stato realizzato sul veicolo più leggero.

mesh iniziale mesh ottimizzata


Figura 6 Modello ottimizzato del pneumatico
Sistema sterzante

Il sistema sterzante, unitamente alle sospensioni e ad


una corretta schematizzazione del contatto
pneumatici/terreno, svolge un ruolo fondamentale nel
redirezionamento del veicolo durante la fase di
allontanamento dalla barriera, ed inoltre contribuisce a
smorzare le forze generate dall’eventuale contatto tra la
ruota anteriore dalla parte della barriera e la barriera
stessa (ruota-corrente inferiore, ruota-paletto, …).
I modelli originali dei due veicoli considerati, essendo
stati preparati per simulare crash test frontali, erano privi
di tale cinematismo. Si è provveduto allora ad introdurre tale componente nei due modelli
agli EF in esame.
Il cinematismo è stato messo a punto sullo schema di un tradizionale sistema di sterzatura a
quadrilatero articolato.

Mesh
La mesh dei due veicoli è stata modificata tenendo conto dei seguenti aspetti:
q Dimensione complessiva del modello (numero di nodi ed elementi);
q Time step di calcolo;
q Contatto veicolo/barriera ;
q Adeguata rappresentazione del veicolo;
q Rigidezza strutturale del veicolo;
Per consentire al codice (PAM-CRASH) di gestire al meglio il contatto veicolo/barriera ed
evitare di avere un modello eccessivamente “pesante”, a discapito dei tempi di calcolo, si è
provveduto ad infittire la mesh delle sole parti dei veicoli candidate ad entrare in contatto con
la barriera, in modo da avere un dimensione omogenea con la dimensione della mesh della
barriera stessa.

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Massa del veicoli


Un ultimo lavoro che è stato effettuato sui due veicoli in esame è consistito in una
ottimizzazione delle masse e della loro distribuzione.
Tale lavoro è stato necessario sia per ottemperare ai vincoli imposti dalla normativa vigente
sulla posizione del baricentro, sia per avere dei corretti momenti d’inerzia di ciascun veicolo
intorno ai propri assi baricentrici.
Nelle due tabelle che seguono sono riportati i limiti imposti dalla normativa alla posizione del
baricentro per le due classi di veicolo considerate (900 kg e 1500 kg), e i corrispondenti
valori per i due modelli messi a punto.

Veicolo da 900 kg
Posizione del centro di
Normativa Modello
gravità (m)
Distanza dall’asse anteriore ±
0.90 0.98
10%
Distanza laterale dalla linea
±0.07 0.053
centrale del veicolo
Altezza dal suolo ± 10% 0.49 0.51

Veicolo da 1500 kg
Posizione del centro di
Normativa Modello
gravità (m)
Distanza dall’asse anteriore ±
1.24 1.35
10%
Distanza laterale dalla linea
±0.08 0.012
centrale del veicolo
Altezza dal suolo ± 10% 0.53 0.53

BARRIERA
La modellazione della barriera richiede di affrontare una serie di aspetti estremamente
importanti:
Vincolo o interazione paletto/terreno
Il bloccaggio a terra dei paletti di sostegno delle barriere in acciaio può avvenire secondo
diverse modalità: fissaggio mediante bulloni in corrispondenza di una piastra saldata alla
base dei pali, inserimento nel calcestruzzo, inserimento nel terreno.
Se per le prime due modalità di fissaggio l’incastro può essere una buona schematizzazione
a livello di simulazione numerica, il fissaggio nel terreno è molto più “delicato” da
schematizzare, per via della cedevolezza del terreno, che tra l’altro varia con la profondità e
il grado di umidità.
D’altra parte il vincolo a terra può influenzare fortemente le prestazioni di una barriera, sia in
termini di rigidezza nei confronti dei veicoli impattanti (ASI, THIV, PHD) che in termini di
spostamenti laterali del sistema di ritenuta, per cui una corretta schematizzazione può
risultare fondamentale per ottenere dei risultati numerici verosimili.

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Per questo motivo sono state studiate e confrontate diverse possibili schematizzazioni del
suddetto vincolo, ovvero:
• Incastro (Figura 7): è sicuramente la soluzione più semplice da applicare, riducendosi al
semplice bloccaggio dei sei gradi di libertà relativi ai nodi alla base dei pali all’altezza
della sede stradale.

Figura 7.Paletto incastrato alla base

Questo tipo di schematizzazione, però, tende ad irrigidire la barriera, e di conseguenza a


produrre dei valori più alti di accelerazione sul baricentro del veicolo impattante e minori
deformazioni laterali della barriera. Inoltre, poiché la base del palo rimane fissa nella
posizione iniziale durante tutto il fenomeno dell’urto, è più facile che il veicolo,
deformando la barriera, vada a colpire i montanti con le ruote, con conseguenti picchi
anomali di accelerazione sul baricentro.
• Molle equivalenti (Figura 8) : consiste in una serie di molle, poste al di sotto del livello del
suolo, non lineari, disaccoppiate e con caratteristiche di rigidezza equivalenti a quelle del
terreno. Tali molle sono collegate perpendicolarmente a delle piastre semi-rigide, piegate
ad angolo retto, in contatto con i montanti ed aventi un nodo con spostamenti verticali
impediti.
La rigidezza delle molle cresce con la profondità.
Questo modello permette di simulare in modo realistico il comportamento del terreno ma
risulta piuttosto complesso da mettere a punto.

Figura 9. Paletto incastrato alla base

• Elementi solidi (Figura 9): un’altra possibile schematizzazione del terreno può essere
quella con elementi solidi elasto-plastici, con nodi liberi di muoversi in ogni direzione, in

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prossimità dei montanti, e vincolati con condizioni di incastro perfetto, a ragionevole


distanza dagli stessi, in modo da tenere conto del terreno all’infinito.

Fig. 9 Terreno modellato con elementi solidi


Tale modello risulta fortemente realistico anche se piuttosto pesante da un punto di vista
computazionale e non immediato da mettere a punto. Nelle simulazione effettuate
correntemente al CSM viene utilizzato quest'ultimo modello (Figura 10), che è stato
validato, in condizioni specifiche, mediante risultati sperimentali (Figura 11).

Figura 10 Modello completo per l'interazione tra palo e terreno

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Dati Sper.

Figura 11 taratura del modello per interazione palo-terreno

Link

Il collegamento tra i diversi componenti di una barriera


di sicurezza stradale (nastri, correnti, distanziali, …)
può esser schematizzato in diversi modi: collegamento
rigido tra due nodi (“spotweld”, “rigid body”), elemento
di giunzione monodimensionale elasto-plastico
(“beam”), collegamento elastico (“spring”), giunto
cinematico (“kjoin”), etc.
A seconda degli elementi da collegare e del tipo di
collegamento da realizzare, può esser conveniente
adottare una soluzione piuttosto che un’altra.
Per quanto riguarda il collegamento tra gli elementi
longitudinali delle barriere (nastri e correnti), risulta
importante, ad esempio, adottare un tipo di schematizzazione che permetta di tenere conto
dello scorrimento reciproco che si realizza tra le superfici in contatto durante l’impatto del
veicolo contro la barriera, dovuto alla presenza delle asole di collegamento.
Adottare in questo caso un collegamento rigido (il più pratico in termini computazionali),
significa irrigidire il sistema di ritenuta, impedire alla barriera di dissipare per attrito una quota
parte dell’energia d’impatto e far sì che la perturbazione generata dall’urto si propaghi lungo
tutta la barriera.

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Più indicato, per questo tipo di collegamento, può essere il “kjoin” traslazionale, con il quale è
possibile consentire alle parti collegate uno scorrimento relativo, in una prefissata direzione,
di entità pari a quello permesso dalle asole di fissaggio.
Mesh
La definizione della mesh della barriera, così come quella del veicolo, deve tenere conto di
tutta una serie di problematiche:

q Dimensione complessiva del modello (n° di nodi e di elementi);


q Time step di calcolo
q Adeguata rappresentazione della geometria della barriera;
q Rigidezza strutturale della barriera.

Per avere una dimensione della mesh sufficientemente piccola, in modo da rispettare la
geometria del dispositivo reale e la sua rigidezza strutturale (è importante, ad esempio, che
la mesh sia tale da rispettare con buona approssimazione il profilo reale dei nastri in modo
da non alterarne il momento d’inerzia intorno all’asse verticale), e un modello non
eccessivamente pesante in termini computazionali (tempi di calcolo), è conveniente
distinguere la parte interessata dall’urto da quella più lontana dalla zona d’impatto, ed
adottare per la prima una mesh rifinita e per la seconda una mesh più grossolana, come
mostrato nella Figura 12.

Figura 12 Modello della barriera: transizione


Anche la discretizzazione dei paletti di sostegno può esser ottimizzata adottando una mesh
fine in prossimità del livello della strada, dove il palo tende ad entrare in buckling per effetto
dell’energia d’impatto del veicolo, e una mesh più lasca nella zona più lontana dalla sede
stradale. In questo modo si riescono ad ottenere dei comportamenti sufficientemente buoni
del palo e quindi risposte coerenti della barriera in termini di deflessioni.

A conclusione di quanto esposto nelle Figure 13, 14 e 15 viene mostrato il risultato di una
analisi effettuato sul modello modificato della vettura da 1500 Kg, su un modello di barriera a
tripla onda. La modifica della mesh e l'inserimento delle varie soluzioni precedentemente
descritte ha permesso di ottenere una descrizione del fenomeno estremamente dettagliata e

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molto corretta, in termini di comportamento generalizzato della vettura e anche di risposta


accelerometrica (ASI).

Figura 13 Analisi tripla onda: Istante 1

Figura 14 Analisi tripla onda: Istante 2

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Figura 15 Analisi tripla onda: Istante 3


In particolare per quanto riguarda l'aspetto quantitativo della simulazione la tabella nella
figura 16 mostra il confronto in termini di risposta della barriera con la sperimentazione in
piena scala.

Tripla onda - Veicolo da 1500kg


Simulazione Prova Reale
Max. Deflessione Din. 29cm 30cm
Max. Deform. Permanente 16cm 16cm
Angolo di Uscita 13.7° 13°
ASI 0.40 0.37

Figura 16 Risultati quantitativi di risposta della barriera

CONCLUSIONI
La simulazione numerica, in particolare agli EF, rappresenta un valido strumento di
simulazione del crash veicolo-barriera è di grande ausilio per la progettazione e/o
adeguamento delle barriere stesse. La disponibilità di tale strumento di provata affidabilità
permette di ridurre drasticamente il numero di prove di crash in piana scala, notoriamente
molto dispendiose, di accelerare i tempi di progettazione e ridurre i costi di sviluppo.

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Se si vuole uno strumento affidabile è indispensabile, però, che nei modelli siano presi in
considerazione vari aspetti essenziali quali l’interazione tra i nastri, tra palo e terreno, le
sospensioni, etc.
Sottolineare l'importanza di questi aspetti è stato uno degli obiettivi fondamentali di questo
lavoro, dove sono state presentate alcune delle attività sviluppate al Centro Sviluppo
Materiali e correlate alla messa a punto di strumenti di simulazione specifici per le barriere di
sicurezza stradale. I diversi aspetti ritenuti interessanti e riguardanti l'interazione barriera-
veicolo-terreno sono stati evidenziati e, per alcuni di essi, sono state fornite delle indicazioni
importanti per la loro corretta schematizzazione.
Sono stati anche mostrati alcuni risultati ottenuti, che si sono rivelati estremamente
promettenti, in termini sia di capacità previsionali sia di velocità del calcolo.

In conclusione si può affermare che al CSM i modelli messi a punto e la metodologia di


analisi sviluppate si stanno applicando in maniera efficace nella progettazione e
ottimizzazione di nuove barriere di sicurezza stradali.

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BIBLIOGRAFIA
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Theoretical Design", Highway Research Record Number 174, Highway Research Board,
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