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L'effetto fotoelettrico avviene solo se la frequenza della luce incidente sul catodo M
è maggiore di un certo valore caratteristico del metallo di cui M è composto.
L'energia cinetica degli elettroni emessi non dipende dall' intensità della luce
incidente ma dipende dalla frequenza.
E =h ν
L'ampiezza dell'onda è legata al numero di fotoni di cui essa è composta.
U =e Δ V 0
L'energia cinetica dell'elettrone estratto sarà pari all'energia assorbita dal fotone
meno quella utilizzata per superare la barriera di potenziale
K e =h ν−e Δ V 0
L'effetto Compton
Una radiazione elettromagnetica incide su una particella carica
λ λd
2 2 2 2 2
sostituendo nell ' espressione (mc ) =( pe c) +(mo c )
h
con un po' di calcoli si ottiene λ d −λ=Δ λ= (1−cos θ)
mo c
Spettri atomici
1 1 1
=R H ( 2 − 2 )
λ n n
2
La costante di Rydberg
7 −1
R H =1.0972⋅10 m
Il modello classico: l'atomo di Thompson
3 2
x Q1 ke
Applicanto la legge di Gauss F =−e⋅E=−k⋅e 3 2
=− 3
x
R x R
2
( )
2 2 2 2
ke d x d x ke oscillatore armonico d x 2
− 3 x=m 2 2
+ 3
x=0 2
+ ω 0 x=0
R dt dt R m dt
( ) √
2
ke 1 ke 2
La soluzione è x (t )= A sin(ω0 t) ω 20= 3 ν= ( 3 )
R m 2π R m
Sostituendo viene ν=2⋅105 H λ=1500⋅10−10 m
L'atomo di Bohr
1913
Ipotesi di Bohr
● L'elettrone nell'atomo percorre orbite stazionarie che soddisfano le
la meccanica classica
● Nel processo di passaggio tra stati stazionari viene emessa o
e2 v2 1 e2 1 v2
F =k 2 =m k 2= m
r r 2 r 2 r
2
hc e 1 1
( )
2 2
1 2 e e E fotone= =E i −E f = −
E= m v − K =− λ 2 r f ri
2 r 2r
Il confronto con le misure sperimentali
e2 1 1
Teoria di Bohr
hc
E fotone= =E i −E f =k
λ
−
( )
2 r f ri
Serie Balmer
1
λn ( )
1 1
=R H − 2
4 n
RH costante di Rydberg, determinata sperimentalmente, pari a circa 10972000 m -1
I due risultati corrispondono se ammettiamo che la serie Balmer descrive le
transizioni verso l'orbita n=2 dalle orbite più esterne con n=3,4 ...
e2
1
( )
1 1
2
1
λ
=k
e
( )
1 1
−
2 h c r f ri
se r n=n 2 a 0 n=1,2,3... λn
=k 2
− 2
2 h c a 0 n f ni
I raggi delle orbite stazionarie permesse nell'atomo di idrogeno sono quindi dati da:
r n=n2 a 0 n=1,2,3...
a0 corrisponde alla più piccola orbita permessa ed è chiamato raggio di Bohr
Ponendo n f =2 nella formula di Bohr, possiamo fare direttamente il
confronto con quella della serie Balmer
1
λn ( )
1 1
=R H − 2
4 n
2
1
λn
=k
e2
( )
1 1
2
− 2
2hca 0 2 ni
2
ke ke
Risulta a 0= RH =
2hcR H 2hca 0
e2
E n =−k
2a 0 n 2
1
λn (
1 1
=R H 2 − 2
n f ni ) n f =1,2,3,4 n i > n f
e2 1 1
hc
E n = =k
λn 2
− 2
2a0 n f n i
2
( ) 2
prendiamo n f =n ni =n+ 1
e2 1
hc e 1
( 1
) e
(2n+ 1
)
2
E n= =k − =k k
e 2
⋅ E n =h ν=k ⋅ 3
λn 2a 0 n 2 (n+ 1)2 2a 0 n 2⋅(n+ 1)2 n →∞ 2a 0 n3 a0 n
λ⋅ν=c
E c 1 h
p= =h ν =h ⋅ =
c c λ c λ
h h
p=m v= λ=
λ
mv
Con una velocità intorno ai 107 m/s, la lunghezza d'onda di De Broglie è dell'ordine di quella dei
raggi X nelle onde elettromagnetiche e quindi, se questa teoria è corretta, un elettrone dovrebbe
avere comportamenti ondulatori simili a questa radiazione.
Nel 1927 i fisici Clinton Joseph Davisson e Lester Halbert Germer confermarono le previsioni
della formula di De Broglie dirigendo un fascio di elettroni (che erano stati fino ad allora
assimilati a particelle) contro un reticolo cristallino e osservandone figure di diffrazione.
Esperimenti con risultati analoghi furono eseguiti diversi anni dopo, come quello della variante
dell'esperimento di Young condotta con elettroni, protoni e particelle più pesanti.
Δ x⋅Δ p≥ℏ / 2
ℏ 6.6⋅10−34 −38
Δ x⋅Δ p≥ℏ Δ x≥ Δ x≥ 4
≈10 metri
2πmΔ v 2⋅π⋅10 ⋅1
Δ x≥
ℏ 6.6⋅10−34 −10
Δ x≥ ≈5⋅10 metri
2πmΔ v −31
2⋅π⋅9.1⋅10 ⋅0.2⋅10 6
Tutte le direzioni sono allora ugualmente probabili per il moto di uno dei due
frammenti, diciamo quello più piccolo.
2
ℏ
i ℏ ∂ t ψ=− ∂ xx ψ
2m
Per i dettagli si rimanda agli appunti delle lezioni
L'interpretazione probabilistica della funzione d'onda
Max Born - 1930
La funzione d'onda ψ(x) (complessa) rappresenta l'ampiezza di probabilità (complessa) di trovare la
particella in una certa punto.
L'espressione ψ( x)⋅dx
rappresenta l'ampiezza di probabilità (complessa) di trovare la particella in una regione centrata in
x e di ampiezza infinitesima dx
2
P ( x)=∣ψ∣ dx
fornisce allora la probabilità relativa di trovare la particella descritta dalla funzione d'onda ψ(x)
in una regione dx centrata in x. Essa però da informazioni sul comportamento medio di un
gran numero di sistemi identici. L'osservazione su di un singolo sistema fornisce una risposta
vero falso alla domanda: “ La particella si trova nella regione dx centrata in x?”.
Più semplicemente la particella verrà rilevata o non verrà rilevata in una certa regione.
La previsione statistica riguarda sempre un numero elevato di osservazioni su sistemi identici.
La funzione d'onda
Gli orbitali atomi altro non sono che la rappresentazione della funzione d'onda
dell'elettrone in un dato livello energetico.
Essi hanno il carattere di stazionarietà: la funzione d'onda che descrive
l'ampiezza di probabilità di trovare l'elettrone in una certa zona della spazio è
indipendente dal tempo, ossia la configurazione di probabilità non cambia nel
tempo
In generale però la distribuzione di probabilità può variare nel tempo, quindi la
funzione d'onda, nel caso più generale, dipende dal tempo. Il modo in cui cambia
nel tempo è dettato proprio dall'equazione di Schrodinger.
“L’universo è «quanto-meccanico»; ciò significa che, quand’anche
conoscessimo il suo stato iniziale e le leggi fondamentali della materia,
potremmo calcolare solo una serie di probabilità per le sue possibili storie..”
Murray Gell-Mann
L'elettrone quantistico relativistico
Paul Dirac - 1928
L'equazione di Schroedinger descrive l'evoluzione temporale della funzione
d'onda di un elettrone non relativistico (che si muove a basse velocità)
PAUL DIRAC
La ricerca in fisica ha mostrato, al di la' di ogni dubbio, che l'elemento
comune soggiacente alla coerenza che si osserva nella stragrande
maggioranza dei fenomeni, la cui regolarità e invariabilità hanno
consentito la formulazione del postulato di causalità, è il caso.
ERWIN SCHRODINGER
In genere, per cercare una nuova legge usiamo il seguente procedimento.
Anzitutto tiriamo a indovinare la forma della legge e poi calcoliamo le conseguenze
della nostra supposizione per vedere quello che ne deriverebbe se la legge che
abbiamo cercato di indovinare fosse giusta.
Poi confrontiamo il risultato del calcolo con la natura per mezzo di esperimenti,
paragonandolo direttamente con l’osservazione e vediamo se funziona.
Se non concorda con l’esperimento, allora la nostra legge è sbagliata, e in questa
semplice affermazione sta la chiave della scienza.
Vi ho raccontato che ho seguito un corso di fisica nella scuola superiore, che è
stato il corso più noiso nel curriculum, e che è stato il solo soggetto, in cui sono
andato male. Abbiamo dovuto memorizzare una tale quantità di cose come i
sette tipi di macchina semplice: la leva, la vite, il piano inclinato, e così via.
Inoltre, abbiamo studiato meccanica, calore, suono, luce, elettricità e
magnetismo, ma con nessun accenno alla connessione tra tutti questi temi…..
Mio padre mi promise che i corsi di fisica avanzata sarebbero stati più eccitante
e soddisfacenti che quello di fisica delle scuole superiori e che avrei amato la
relatività speciale e generale e la meccanica quantistica. Ho deciso di
accontentare il vecchio, sapendo che avrei sempre potuto cambiare il mio
argomento principale di studio se e quando fossi andato a New Haven. Una
volta arrivato li, tuttavia, sono stato troppo pigro per farlo subito. Poi, molto
presto, rimasci affascinato.
Da “Il Quark e il Giaguaro” - Murray Gell-Mann- premio Nobel per la Fisica