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Civile Ord. Sez. 2 Num.

20548 Anno 2017

Presidente: MIGLIUCCI EMILIO

Relatore: SCALISI ANTONINO

Data pubblicazione: 30/08/2017

ORDINANZA

sul ricorso 20374-2013 proposto da:

**** ****, elettivamente domiciliato in ROMA, presso lo studio dell'avvocato **** ****, che lo
rappresenta e difende;

- ricorrenti -

contro

**** ****, **** ****, **** ****, **** ****, nella qualità di unici eredi di **** ****, elettivamente
domiciliati in ROMA, presso lo studio dell'avvocato **** ****, che li rappresenta e difende;

- controricorrenti -

nonché contro

**** ****, **** ****;

- intimati -

avverso la sentenza n. 3157/2012 della CORTE D'APPELLO di ROMA, depositata il 13/06/2012;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 31/05/2017 dal Consigliere Dott.
ANTONINO SCALISI.

Fatti di causa

Il Tribunale di Latina con sentenza n. 1467 del 2005 nel giudizio instaurato da **** **** in proprio e quale
eredi di **** **** nei confronti di **** ****, **** **** e **** **** accoglieva la domanda proposta da
parte attrice e dichiarava che il manufatto realizzato da i convenuti era lesivo delle distanze legali e
condannava gli stessi alla demolizione del manufatto e a corrispondere all'attore il risarcimento dei danni,
che liquidava in euro 5.800,00, con interessi legali dalla domanda al soddisfo, rigettava le domande
spiegate in via riconvenzionali dai convenuti.

1
Avverso, questa sentenza proponeva appello **** **** e **** **** chiedendo che venissero accolte le
domande riconvenzionali proposte in primo grado e il rigetto della domanda attorea.

Si costituiva parte appellata chiedendo il rigetto del gravame e la condanna alle spese.

Si costituiva **** ****, riproponendo le stesse domande proposte con un autonomo e separato appello
avverso la stessa sentenza, chiedendo la riforma integrale della sentenza. Con il separato ed autonomo
appello **** ****, chiedeva che venisse accertato e dichiarato che i manufatti di sua proprietà non erano
stati realizzati in violazione delle distanze legali, in via subordinata che venisse accertato e dichiarato la
sussistenza dei presupposti per l'applicazione dell'art. 2058 cod. civ. e, quindi, disporsi il risarcimento per
equivalente nella misura di euro 5.800,00 e per l'effetto rigettarsi la domanda di demolizione, in ulteriore
subordine, che venisse accertato e dichiarato il proprio diritto di fruire della facoltà di cui all'art. 873 cod.
civ. in relazione all'istituto della prevenzione e per l'effetto rigettarsi la domanda di demolizione del
manufatto, in caso di conferma dell'ordine di demolizione dei manufatti revocarsi il capo della sentenza
relativa al risarcimento dei danni perché integrativa di una duplicazione di ristoro, in estremo subordine,
che venisse annullata la disposizione relativa al calcolo degli interessi perché computata all'attualità e in
caso di condanna di se medesimo al risarcimento del danno in favore dell'attrice condannarsi **** **** e
**** **** danti causa che avevano realizzato il manufatto a manlevare e tenere indenne se medesimo in
relazione agli importi liquidati in favore dell'attrice o nel caso di abbattimento dell'immobile condannare a
rifondere all'attrice la quota parte del prezzo di acquisto da determinarsi equitativamente.

Parte appellata **** **** si costituiva, contestando i motivi di appello e chiedendone il rigetto.

Si costituivano **** **** e **** ****, deducendo la pendenza dell'altro giudizio di appello.

I due giudizi veniva riuniti e la Corte di Appello di Roma con sentenza n. 3157 del 2012 accoglieva l'appello e
rigettava la domanda attrice, condannando la stessa al pagamento delle spese del doppio grado di giudizio.
Secondo la Corte romana pur essendo la fattispecie in esame diversa in parte da quella di assoluta
mancanza di strumento urbanistico, non prevedendo, però, il PRG nulla in ordine alle distanze avendo
rinviato al piano particolareggiato, non poteva ritenersi che la normativa di cui al dm 1444 del 1968 non
poteva ritenersi trasfusa nel piano regolatore e pertanto non poteva ritenersi integrativa della disciplina
dell'art. 873 cod. civ. Sicché posto che il CTU ha accertato che tra il fabbricato di parte appellante e quello
di parte appellata intercorreva una distanza pari a mt. 6,40 non poteva dirsi effettuata alcuna violazione
dell'art. 873 cod. civ.

La cassazione di questa sentenza è stata chiesta da **** **** con ricorso affidato a due motivi, illustrati
con memoria. **** ****, **** ****, **** ****, eredi del defunto **** **** hanno resistito con
controricorso. **** **** e **** ****, in questa fase non hanno svolto attività giudiziale.

Ragioni della decisione

1.= **** **** lamenta:

a) Con il primo motivo di ricorso, la violazione ed errata applicazione del DM 1444 del 1968, artt.1,2,9.
Secondo la ricorrente, la Corte distrettuale avrebbe errato nel ritenere che, nel caso in esame, non fosse
applicabile l'art. 9 del DM 1444 del 1968 (sulla considerazione che, nonostante il Comune fosse dotato di
Piano Regolatore Generale e di Regolamenti di fabbricazione, questi strumenti avevano rinviato per la
regolamentazione delle distanze tra edifici ai Piani particolareggiati), non avendo considerato che al
contrario posto che la normativa di cui all'art. 9 citato va osservata da tutti i Comuni tanto da essere
ritenuta automaticamente inserita nel PRG al posto di una eventuale norma difforme.
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b).= Con il secondo motivo, l'insufficiente e/o contraddittoria motivazione su un punto decisivo della
controversia. Secondo la ricorrente la Corte distrettuale non aveva chiarito l'iter logico giuridico seguito
dalla Corte distrettuale nell'assimilare l'ipotesi di mancanza di strumenti urbanistici all'ipotesi di sussistenza
di strumenti urbanistici che, tuttavia, non prevedono i limiti inderogabili di densità edilizia, di altezza e di
distanza tra i fabbricati

1.1.= Entrambi i motivi, che per la loro innegabile connessione vanno esaminati congiuntamente, sono
fondati.

Va qui osservato che non è consentita l'adozione, da parte degli strumenti urbanistici comunali, di norme
contrastanti con quelle di cui al D.M. 2 aprile 1968, n. 1444, nel senso che lo stesso, essendo stato emanato
su delega dell'art. 41 quinquies, inserito nella L. 17 agosto 1942, n. 1150, dalla L. 6 agosto 1967, art. 17, ha
efficacia di legge, sicché le sue disposizioni, in tema di limiti inderogabili di densità edilizia, di altezza e di
distanza tra i fabbricati, cui i Comuni sono tenuti a conformarsi, prevalgono sulle contrastanti previsioni dei
regolamenti locali successivi, alle quali si sostituiscono per inserzione automatica, con conseguente loro
operatività tra i privati. Con l'ulteriore specificazione che le prescrizioni di cui alla normativa richiamata,
proprio perché inderogabili, sono inserite automaticamente negli strumenti urbanistici comunali sia in
sostituzione di prescrizioni contrastanti e sia pure a colmare eventuali lacune degli stessi strumenti
urbanistici.

E, comunque, appare opportuno chiarire che la Corte distrettuale ha errato nell'assimilare l'ipotesi in cui
sussistono gli strumenti urbanistici ma gli stessi non prevedono alcun regolamento in ordine alle distanze
tra fabbricati e l'ipotesi in cui mancano gli strumenti urbanistici, considerando che in entrambe le ipotesi
non sarebbero operative le prescrizioni di cui alla normativa richiamata, perché, a ben vedere, l'ipotesi in
cui esistono gli strumenti urbanistici (Piano regolatore generale e piano di fabbricazione) che non
contengono prescrizioni in ordine alla regolamentazione dei limiti inderogabili di densità edilizia, di altezza
e di distanza tra i fabbricati, sarebbe come se lo strumento urbanistico e rinviasse o recepisse le prescrizioni
vigenti nel tempo anteriore al 1968 e, in particolare, per quanto riguarda la distanza tra fabbricati, le
prescrizioni di cui all'art. 873 cod. civ.. Sicché, essendo la distanza prevista dall'art. 873 cod. civ. contraria a
quelle prescritte dalla normativa di cui al DM 1444 del 1968 vanno, per ciò stesso, sostituite con queste
ultime. Come già ha detto questa Corte in altra occasione (sentenze Cass. n. 15458 del 2016 e nn.
7563/2006 e 19009/2004): la normativa di cui al DM 1444 del 1968 non è immediatamente operante nei
rapporti fra i privati e va interpretata nel senso che l'adozione, da parte degli enti locali, di strumenti
urbanistici contrastanti con tale disposizione comporta l'obbligo per il giudice di merito non solo di
disapplicare le disposizioni illegittime, ma anche di applicare direttamente le previsioni dell'articolo 9, che è
divenuto, «per inserzione automatica, parte integrante dello strumento urbanistico, in sostituzione della
norma illegittima che è stata disapplicata».

In definitiva, il ricorso va accolto, cassata la sentenza impugnata e la causa rinviata ad altra sezione della
Corte di Appello di Roma anche per il regolamento delle spese del presente giudizio di cassazione

PQM

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa ad altra sezione della Corte di
Appello di Roma, anche per il regolamento delle spese del presente giudizio di cassazione.

Così deciso nella Camera di Consiglio della Seconda Sezione Civile di questa Corte di Cassazione il 31 maggio
2017

Il Presidente
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