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I gruppi più influenti dei Sonic Youth si contano sulla punta delle dita delle mani di un falegname poco

attento.
Noise, Grunge e gran parte dell’indie anni 90 devono esistenza e forma grazie ai Sonic Youth. L’ethos era quello
di Punk e New wave ma la loro musica germinava dall’avanguardia, guardava la grande musica jazz e rock ed
esplorava nuove forme sonore. Con i Sonic Youth termina la New Wave e si apre una nuova epoca che
costruisce sulle sue innovazioni.

Sintesi di due decenni di musica della degradazione morale, il loro “noise-rock” si inseriva nella tradizione del
rock (alla fine la formazione era un classico quartetto chitarristico e i loro brani di rado vanno oltre 3/4 minuti)
ma era deflagrato da sonorità dissonanti o distorte. Rispetto al chitarrismo più classico in loro non vi è
distinzione fra ritmica e solistica, tutto converge in un fluire (dis)armomico. Le loro canzoni sono uno spannung
mai preparato e mai risolto, ottenuto a partire dalla rinuncia a un uso classico del riff in favore di un approccio a
metà fra psichedelia (Grateful Dead?) e minimalismo. Il segreto delle loro atmosfere risiedeva nell’utilizzo totale
delle chitarre. La stragrande maggioranza delle loro canzoni è infatti costituita da poche note e semplici accordi
ma che nelle loro mani generano quel suono storto, sgangherato e liquefatto che è il loro hallmark.

La combinazione di chitarre dissonanti, contrappunti caotici, ritmi tribali e canto glaciale raggiunge l’apice in
“Bad Moon Rising”, il capolavoro della loro fase sperimentale, un concerto per ipertoni chitarristici, un
estenuante viaggio attraverso l’inferno urbano che va dalla psichedelia spettrale all’horror, raccontato con
una distanza emotiva che acuisce la sensazione di straniamento . L’opera si sviluppa come un affresco sonoro
in otto parti: ogni canzone si con-fonde con la successiva con droni chitarristici (che dal vivo servivano ai
membri della band per cambiare le accordature dei loro strumenti) e allo stesso tempo ognuna vive di vita
propria. Il rumore è il cuore dell’album: ogni canzone è elaborata intorno a un paesaggio sonoro o a una texture
secondo una pratica che risale a Brian Eno e che guiderà tutta la psichedelia successiva.

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