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t• edizione 1977

2' edizione 1980


l' ristampa 1987
2' ristampa 1991
3• ristampa 1993
4• ristampa 1994
5• ristampa 1995
6' ristampa 1996
7• ristampa 2004

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è vietata la riproduzione di questo libro o di parte di esso con qualsiasi mezzo,
eletttonico o meccanico, per mezzo di fotocopie, microfilms, registrazioni o altro.

PROPRIETÀ LETTERARIA RISERVATA

ISBN 88-7784-052-8

© Copyright 2004 by LIBRERIA INTERNAZIONALE CORTINA - Padova

Stampato in Italia - Printed in ltaly


Augusto Ghetti
Professore Ordinario di Idromeccanica applicata
nell'Università di Padova

idraulica
seconda edizione
riveduta e corretta

(9 LIBRERIA
INTERNAZIONALE
CORTINA PADOVA
I

PRESENTAZIONE

TZ contenuto di questo volume rappr esenta un te n tativo di f~


sione tra il contenuto t ra dizionale dei classici testi di IdrauZi
ca italiani e stranieri , e quello (orma i divenuto quasi uniforme)
dei numerosi testi di Meccanica dei fluidi comparsi in questi ul-
timi anni .
Si n dagli eso r di , ormai da be n ventici nqu e an ni , ho cercato
di segu i r e nelle mie lezioni l e linee di quel "Compe ndio di Idl"a!!_
lica" ohe il compia nto mi o maestro E'TTO RE SCIM'E:MI licenziò pe l"
l ' ultima volta n el 19 52 . Si trattava di un ' esposizion e co n vedute
gid allol"a decisamente mode!" ne dei pl"inoipali capitoli dell ' Idl"a!!_
lica, ispi l" ata al concetto di fo l"n i l" e aZZ ' in gegn e r e no n solo Ze
guide teol"iche del calcolo ma anche le indicazioni dil"ette all ' ae
plioazione , con l"icoo apporto di scelti dati sperime ntali . Il m~
dello di Sci memi , peraltl"o , ohe non potè per la prema tul"a Sua mot
te essel"e da Lui completato e pe rfezionato , sa l" ebbe stato t r oppo
ambizioso per ohi , se nz a la Sua pl"eparazione e la Sua se nsibilità ,
avesse v olu to perseguil"lo; basti pensa r e che il t l"attato che più
gli si avvicina nello spi l" ito , cioè Z'" Engi nee!"ing Hy dra u lics 11 e -
dito da H. ROUSf. ne l 1950 , fu opera collegiale di olt l" e una dozzi
na di au to ri . D' altr a pa l"t e , cer ti elementi essen zia li dell a Mec -
canica dei fluidi , di più recent e svi Z.uppo e da non tras curarsi
nell ' Id l"aulica , d ovevano ve nire neoe 1;sariam ente aggiunti od aggiot
nati in un testo ch e , pur 1:nt itolandos1: anc ora " Idraulica" , no>1
può ormai prescindere dai più significa t ivi apporti de lla più ge -
nel"ale disciplina . Cos1: , il mio modest o lavol"o è stato in certo m~
do di compr omesso tra l ' indirizzo id r aulico dello Scimemi e quel-
l o cihe un a lt r o au to re, a l ui contemporaneo , e cioè iZ Rou se yi à
nomi nat o , seppe o ffrire come dif fi ci lm ente -a l t ri lo poteva neZ suo
a n t i ci pato r e t ratta to del 1938 , rinnovando i t vecchio tessuto del
Z ' idraulica con in te rpr eta:n'. o ni'. t r atte sia dall ' i-drodinami'.c a t:eo -
r ica sia d ai moderni svi luppi delZa meccani ca dei fl uidi rea li .
Mi auguro che, almeno net le inten z io n 1:, qu esta fucione de i du e
i ndi rizzi si a riusci ta . Ma devo su bi t o aggiungere che , nonostan t e
II

questo pPoposito. il libro apparirà eerto manchevol~ e disconti -


nuo anche nella scelta fatta degli argomenti, che 0Pa cerco bre-
vemente di delineare.
Dopo un richiamo (Cap. 1) alle proprietà fisiche dei fluid1'.,
viene esposta (Cap. 2) la statica; quindi nel Cap. J la cinemati
ca dei campi fluidi, e nel Cap. 4 la dinamica del fluido perfet-
to. Il Cap. 5 tratta con una certa ampiezza dei moti a potenzia-
le delle velocità, da cui tante moderne applicazioni discendono;
il Cap. 6 esamina l'efflusso liber o dalle luci, la vecchia foro-
nomia. Ho preferito trattare a sè, nel Cap. ?, insieme le leggi
di conservazione dell'energia e della quantità di moto applicate
ai fluidi; di quest 'ultime l'applicazione alla determinazione de]:_
le spinte dinamiche è oggetto del Cap. 8. I l Cap. 9 esamina il mo
to dei fluidi viscosi non turbolento, il Cap. 10 è dedicato ai
problemi dello strato limite e della separazione di corrente. Il
moto turbolento è introdotto nel Cap. 11, con riguardo alla tur-
bolenza di parete ed alla turbolenza libera; le applicazioni al
moto uniforme nei condotti (tubi e canali) stanno nel Cap. 12,me~
tra net Cap. 13 vengono trattate le singolarità di questi ultimi.
Il Cap. 14 considera i problemi delle condotte a pressione, il
Cap. 15 tratta i problemi d el moto a superficie libera nei cana-
li. Il Cap. 16 infine, tratta dei problemi di filtrazione. Al m~
to dei fluidi comprimibili è d edicato il Cap. 17, mentre il Cap.
18 espone le resistenze al mo to dei corpi s olidi in un fluido.
Gli ultimi due Capit o li, 19 e 20, trattano i fenomeni di moto va
rio nelle condotte a pressione (n e lle i potesi anelastica ed ela-
stica) e nei canali.
Gli argomenti posso no apparire a bbastanza equilibra ti per la
preparaz i one di base degZi ingegneri c ivili e meccanici, ai qua-
li 1:l polume può essere destinat o : ove lo si sfrondi,peraltro,di
qualche parte più specia listica c ome il moto dei fluidi comprimi
bili per il primo ,,e t t OY'e, e quello delle corren t i a su perficie
libera per i Z secondo. F. ' per ò evidente l'in compl e tezza, anche per•
semplici cnnni, di fronte a problemi di mod erno sviluppo,che ora
alcuni testi pTesentano: come iL moto dei ftuidi non-ne~toniani,
c he dovrebbe però situal"si nei principi di ingegner ia chimica,il
moto d e i fluidi bifasic i, che a sua polta d ovre bbe far parte del
la termotecnica, i fenomeni di gasdinamica, che rientrano in una
appooita disciplina. Negli aspetti poi d e ll'ing e gne r ia civile i-
draulica, sono esclusi dalla pre s ente trattazione molti argomen-
ti de l Ze corr e n t i~ superficie libera,in partico l are di q uelle a
III

regime supe r critico , tutta la categoria dei moti ondosi , la tra!


t az ione propagatoria delle perturbazioni basata sul metodo delle
caratteristiche, i mode7-li dei fenomeni diffusivi , il trasporto
di mater iale solido da parte de'lZe corren ti ; a pa rte , infine, l 'i
dr ometr•ia e la t eoria dei modelli idra ulici. La ragione di questa
esclu s io ne sta nel fatto ohe , nell ' ordinamento degli studi vige~
t e nella Pacoltd d' I ng eg neria di Padov a, g li a r gom enti o ra acoen
nati fa nn o pa rte di cor si a s •, denomi nati Id r odinam ica a pplica-
t a, e Misur e idrauliche, e pe l" le onde anche deZZe Cost ruzioni M9..
l"it time ; l ' Id r>aulica co n ten u t a i n questo testo ne cost i t uisce pe!_
tanto la pr>em e ssa .
Oltre ai t r attati gid ricordati del Rou se , cui si aggi u ngo -
no l '"El emental"y Meohanic.c1 of Pluids" (194 6) e l '"A dva nced Mecha
nisc of F luids 11 ( 1959) , il pl"esente lavol"o di comp1: lazione si i spi_
r>a pri ncipalme n te alle opel" e f o ndame ntali seg u enti : W. KAUFMANN:
"Tec hnische Hy d l"o - und Aeromechanik " (1954); L . PRA ND'l'L: "StrB -
mungsl ehr• e " (1956); H. SC HLICHT ING : "Grenzschichtheol" ie " (79 51 );
o. TIETJIENS : "StrBm ungsl ehr-e " (1960 - 1970) ; e fra i testi di ca-
r>attel"e pi ù eZeme ntar e mi piace ricordar>e que'LZo che considel"O il
pl"imo dei moderni , Z '"A ppZied Fluid Meohanics " di M. P. O' BRIEN e
di G.H. HlC KOX (1937 ), e queZZo che oggi I forse il più a rmoni o-
samente ag(Jiorna to , Za " F luid Dynamics II di J . DA Il.Y e D. HAR LEMA N.
Ai miei coZZabora tori di un tempo ed oggi vaZorosi colleghi ,
ohe mi aiutaro no nelZa pr-imQ stes ura delle dispense , e a quelli
ohe hanno contribuito alla nuova veste di queste Zezio ni per con
sigli , disc u ssio ni ed aggiunt e , l"ivolgo il mio vivo pensiero di
gratitudi n e . Ri ngrazio la Sig . na MARIA LORETTA GON , sap i e nt e e p~
zi en t e elabor atrice delle bozze e della composizione finale , e il
Sig . I VA NO FABRIS , per i risulta ti conseg uit i neZZa prepa razi o -
ne deZ materiale illu strati vo .

Padova , gennaio 1977 AUGUSTO GHETTI

PREFA ZIONE ALLA SECONDA EDIZIONE


Ques t a s econda edi z ione esce s o s t anzialmente invariata l"i -
spetto alla pr ima , sa lv o qualche ristretta revisione del testo e
la c orr ezione di numerose s viste ed e rrori g r afici . Per le dor t ~
si segnala z io~i sono partic o larmen t e grat o a. coZZeghi G. Di SiZ
vio , l, . D ' Alpaos, A . Armanini e O. F-i o 1•iZZo .

Padova , febbraio 198 0 A . G.


IV

INDICE

I. DEFINIZIONI E PROPRIETA' FISICHE GENERALI pag. 1


1.1. Caratteri distintivi dei solidi e dei fluidi.
Liquidi e gas 1
1.2. Continuità. Proprietà di massa e di volume 2
1.3. s~orzi normali e tangenziali nei fluidi 2
1.4. Viscosità. Fluidi newtoniani 3
1.5. Fluidi non-newtoniani 6
1.6. Fluidi perfetti. Principio di Pascal 9
1.7. Comprimibilità 10
1 .8. Vapori. Tensione di vapore. Cavitaz i one 12
1.9. Solubilità dei gas nei liquidi 14
1.10. Superficie di separazione. Tensione superficiale 14
Appendice al Capitolo I: SISTEMI E UNITA. DI MISURA 18

2. EQUILIBRIO DEI FLUIDI PESANTI IN QUIETE (IDROSTATICA) 24


2.1. Relazione tra gravità e pressione. Legge idrosta
tica 24
2.2. Misure piezometriche 27
2.3. Effetto della capillarità sulle quote piezometriche 31
2.4. Barometro. Pressione atmosferica 34
2 . 5. Principio delle presse idrauliche 35
2.6. Spinta sul fondo. Paradosso idrostatico 36
2.7. Spinte su superficie piane 37
2.8. Spinta su superficie curve qualsiasi 41
2.9. Equazione globale dell'equilibrio 43
2.10. Solido immerso in un fluido 46
2.11. Applicazione alle misure di densità 48
a) Densimetro 48
b) Determinazione del peso specifico di un corpo
mediante immersione 49
2.12 . Galleggiamento so
2.13. Distribuzione della pressione in un fluido compr1
mibile 55
V

3. CINEMATICA DEI CAMPI FLUIDI pag . 58


3.1. Metodi di indagine 58
3 . 2. Linee di corrente. Tubo di flusso 59
3.3. Portata ed equazione di continuità del tubo di
flus so 60
3 . 4. Rappresentazione dei moti p ermanenti de i fluid i
incomprimibili 63
3.5. Moto relativo 64
3 . 6. Accelerazione 66
3 . 7. Dilata zione, deformaz ione, rotazione del mezzo
fluido 67
3.8. Equazione di continuità nel campo fluid o 72
3 . 9 . Circolazione e rotazione 73
3.10. Cenni sulla teoria dei vortici 77

4. FONDAMENT I DELLA DINAMICA DE I FL UIDI PERFETTI 82


4.1. Fluido perfetto . Equazioni di Eulero 82
4.2. Teorema di Bernoulli 83
4 .3. Altre deduzioni dalle equazioni di Eulero per
fluidi incomprimibili 87
4. 4 . Moti irrotazionali di fluidi incomprimibili 88
4. 5 . Campo di moto delimitato da contorni fissi 91
4. 6. Applicazioni alla misura delle velocità 94
4. 7 . Indice di pressione o numero di Eulero 95
4.8. Cavitazione nei liquidi. Indice di cavitazione 97

S. MOTI A POTEN ZIALE DELLE VELOC ITA' 102


5 .1 . Significato e metodi d ' indagine dei moti a pote~
ziale 1 02
5 . 2. Metodo dei punti sorgenti ed assorbenti " 1 06
5.3. Funz ione di corrente. Reticolato di flusso 11 2
5 .4. Metodo della rappresentazione conforme 11 7
5.5. Metodi numerici di integrazione dell'equazione
d i Laplace 122

6 EFFLUSSO LIBERO DA LUCI 1 27


6.1. Aspetti generali dei fe nomeni. Numero di Froude 1 27
6.2 . Efflusso l ibero da l uci in parete sotti le in as-
senza di qravità 1 29
VI

6.3. Efflusso di un liquido pesante da un recipiente pag. 1 33


6.3.1. Luce di fondo " 133
6.3.2. Luce in parete ver ticale 135
6.3.3. Paratoia sollevata a battente 137
6.4. Efflusso da luci a stramazzo 140
6.4.1. Stramazzo in parete sottile senza contra
zione laterale (stramazzo Bazin) 1 41
6.4.2. Stramazzi in parete sottile di altri tipi 145
6.5. Profili di sfioro 149
6.6. Configurazione dei getti liquidi 1 51

7. CONSERVAZIONE DELL'ENERGIA MECCANICA E DELLA QUANTITA'


DI MOTO 1 55
7 .1 . Principio della conservazione dell'energia 1 55
7. 2. Conservazione della quantità di moto 1 58
7.3. Applicazione alle correnti unidimensionali (o lineari) 1 61
7.3.1. Definizione di corrente lineare 11';1

7.3.2. Applicazione del principio di conservazione


dell • energia 162
7.3.3. Applicazione dei teoremi della quantità di
moto 165

I!. SPINTE DINAMICHE E TEORIA ELEMENTARE DELLE MACCHINE 1 67


8.1. Utilizzazione dei teoremi della quantità di moto 1 67
8.2. Spinte dinamiche sulle pareti 168
8.2.1. Spinte sui gomiti nei condotti chiusi 168
8.2.2. Spinte per variazioni di sezione nei con-
dotti 169
8.2.3. Spinte dei getti su pareti piane 16 9
8.2.4. · Spinte su tegoli deviatori 172
8.3. Fondamenti della teor ia unidimensionale delle tur
bomacchine 173
8.3.1. Macchine ad azione (turbina tipo Pelton) 173
8.3.2. Macchine a flusso radiale (ventilatori e
pompe centrifughe, turbine a reazione) 175
8.4. Spinte e potenze propulsive 178
8.4.1. Elica di trazione 178
8.4.2. Reazione d'efflusso. Propulsione a getto 180
8.5. Sostentamento dei corpi mobili in un fluido 183
VII

9 . DI NAMICA DE I FLU IDI VISCOS I NON TU RBOLE NTI pag . 188


9.1. Le equazioni di Navier-Stokes 188
9.2 . Significato dimensionale delle equazioni di
Navier-Stokes . Numero di Reynolds 194
9.3. Moti laminari uniformi 198
9.3 . 1. Moto nei tubi 198
9.3.2. Moto un iforme piano 200
9.3. 3 . Moto tra un piano fis s o ed uno mobile
parallelo 203
9 . 4. Moti di lento scorr i mento 204
9.4.1. Moto attorno ad una sfera 204
9 .4. 2 . Modello a nalogico di Hele Shaw 206
9 . 4. 3 . Principi della lubrificazione idrodina-
mica 207

10. ST RATO LIMITE E SEPARAZIONE DELLA CORRENTE 213


10.1 . Generalit~ s u llo strato limite 2 13
10 .2. Strato l imite laminare lu ngo una lastra piana 215
10.3. Procedimento di approssimazione per lo studio
dello strato limite 218
10. A. Imbocco d i un tubo a regime laminare 2n
10.5. Distacco dello strato limite dalla parete 223
1 0 . 6 . La zona d i scia vorticosa 229
1 0 . 7 . Distacco alter nato dei vortici 232
10.8. Modi di influenzare il distacco dello strato
limite 233

11. CARATTERI DEL M OTO TURBOLENTO 237


11 . 1. I nstabil ità de l moto laminare e origine della
turbolenza 237
11.2. Sforzi indotti dal mo t o turbolento 240
11.3 . Ipotesi di lavoro fondamentali 244
1 1 .4. Turbolenza di parete. Distribuzione della v eloc i tà " 247
11.5. Strato limite tu r bolento 252
11 . 6. Turbolenza l i bera . Diffusione dei getti 257

12. MOTO UNI FORM E TU RBOLENTO NEI TUBI E CANALI 264


12.1 . Distribuz ione rad iale de lla ve locità nei tubi
cilindrici 264
12.2 . Sforzi tangenziali 268
12 . 3. Velocità nei tubi. Resistenza al moto 270
12.4 . Formul e per la resistenza al moto dei tubi manufatti 274
VIII

12 . 5. Il raggio idraulico e la forma d(,lla sezione pag. 281


1 2.6. Distribuzione degli sforzi e delle velocità nei
canali a moto uniforme 283
12.7. Resistenza al moto nei canali 287

Appendice al Cap. 12: MISURA DELLA PORTATA NEI TUBI E CANALI


CON IL RILIEVO DELLE VELOCITA' NELLA SEZIONE 293
A.1. Mulinello idrometrico 293
A.2. ~isura della portata nelle condotte forzate 298
A.3. Misura della portata nei canali 302

13. FENOMENI LOCALIZZATI NELLE CONDOTTE 309


13.1. Generalità sui fenomeni localizzati nelle condotte" 309
13 .2. Brusco allargamento (perdita di Borda) 311
13.3. Allargamento graduale: diffusori 314
13. 4. Efflusso rigurgitato " 318
13. 5. Diaframmi, boccagli, venturimetri 322
13.6. Confluenze e diramazioni 328
13.7. Restringimenti e imbocchi 330
13.8. Gomiti e curve 335
13.9. Organi di regolazione 340

14. CORRENTI A PRESSIONE IN MOTO PERMANENTE 344


14. 1 . Equazioni dell'energia nei condotti a pressione 344
14.2. Tubazione collegante due serbatoi 346
14.3. Problemi relativi alle lunghe condotte " 348
14.4. Nodi idraulici e reti di tubazioni 351
14.5. Potenza trasmessa o fornita in una condotta ;57
14.6. Problemi relativi all'altimetria de lle condotte 360
14.7. Brevi condotti a funzionamento speciale 362

IS . IDRAULICA DEI CANALI A PELO LIBERO 369


15 .1. Capacità di portata. Scala delle portate 369
15.2. Sezioni di minima resistenza 372
15.3. L'energia specifica e le caratteristich~ energe-
tiche del moto 374
15.4. Ind ice di cineticità o numero di Froude. Celerità
di piccole perturbazioni 378
15.5. Correnti gradualmente varie in moto permanente 381
IX

1 5.6. Profili delle correnti gradualmente varie pag · 384


15 . 7 , Risalto 389
15.8. Variazioni di sezione e di dire z ione n e lle correnti
lente 394
15.9, Deviazioni nelle correnti supercritiche 398
15.10. Effetti di imbocco e sbecco nei canali 404
15.11. Dispositivi di regolazione e di controllo 407
15 .1 1. 1 . Traversa f issa 408
15.1 1 .2. Stramazzi liberi e rigurgitati 41 O
1 5 .11,3. Efflusso da luce di fondo 41 3
1 5. 11.4. Ostacoli e restringimenti nei canali 416
1 5 .11.5. Misuratore a risalto 420

16. MOTI DI FILTRAZIONE Il


423
16.1, Generalità 423
16. 2. Legge di Darcy e suoi limiti di val i dità 424
16. 3. Potenziale delle veloc i tà 429
1 6 .4 . Casi elementari di moto entro confini stabili
(falde artesiane) 4 33
1 6.5, Casi di moto permanente a su perfic ie libera
(falde freatich e ) 438
16.6. Problemi di moto vario delle acque filtranti 442

17 . ELEMENTI DE L MOTO DEI FLUIDI COMPRIMI BILI. GASDINAMICA 447


17.1. Moto permanente dei gas
,., 447
17. 2 . Velocità del suono nei fluidi in quiete Il
449
17. 3. Inf l uenza della velocità del fluido sulla velocità
di propagazione. Velocità critica 4 52
17 .4. Numero di Mach. Correnti subsoniche e supersoniche " 453
17.5. Pressione di ristagno 455
17.6. Correnti monodimensionali o lineari " 456
17. 7. Moto in un convergente-divergente Il
459
17. 8. Moto permanente isotermico in lunghi condotti Il
462

18. FORZE IDRO - AERODINAMICHE SUI CORPI IN MOVIMENTO 466


18.1. Concetti generali 466
18.2. Resistenza dei corpi imJnersi all'azione di un
fluido incomprimibile 471
18. 2 .1. Profili tozzi simmetrici 471
18.2 .2. Profili sottili simmetrici 475
18 . 2. 3. Corpi non sirometrici " 477
18 .3. Portanza dei p rofili alari nei fluidi incomprimibili 479
X

18.4. Moto dei corpi solidi nei fluidi comprimibili pag · 487
18 . 4.1. Onde e angolo di Mach 487
18.4.2. Perturbazioni di ampiezza finita H 490
18.4.3. Influenza della comprimibilitA sulle carat-
teristiche dei profili alari 493
18.5. Effetto di una superficie libera: scafi galleggianti
e idroplani " 496
18.5.1. Le varie componenti della resistenza 496
18.5.2. Moto ondoso e resistenza d'onda " 498
18,5.3. Determinazione della resistenza al moto
di una nave 501
18.5.4. Scafi idroplananti a seguito della parziale
immersione 504
18.6. Effetti dovuti alla cavitazione .. 506

19. PROBLEMI DI MOTO VARIO TRATTATI SENZA EFFETTI DI

PROPA(iAZIONE 51 1
19.1. Fondamenti teorici del moto vario 511
19.2. Bacini a riempimento variabile 513
19.2.1. vuotamento di un bacino con efflusso dal
fondo 513
19.2.2. Vuotamento di un bacino da luce a stramazzo 516
19.2.3. Regime vario in generale nei serbatoi 517
19.3. Oscillazioni di massa 521
19.3.1, Oscillazioni della colonna liquida nei
tubi ad u 521
19.3.2. Oscillazioni per brusco arresto nei pozzi
piezometrici 523
19.3.3. Risoluzione numerica di problemi relativi
ai pozzi piezometrici 528
19.4. Problemi di avviamento e di perturbazione di pre~
sione in una condotta (trattazione anelastica del
colpo d'ariete) 529
19. 4 .·1. Tempo di avviamento di una condotta 530
19.4.2. Colpo d'ariete in una condotta connessa ad
una macchina idraulica " 533
19.4.3. Inserzione di casse d'aria negli impianti
di sollevamento 536

20. PROBLEMI DI MOTO VARIO TRATTATI CON L'IPOTESI PROPAGA·


TORIA 540
20.1. Perturbazioni di colpo d'ariete nelle condotte " 540
20.1.1. Aspetti generali del fenomeno 540
XI

20.1.2. Relazioni fondamentali e velocitA di pro-


pagazione pag. 542
20.1.3. Equazioni risolutive e metodo grafico di
Schnyder-Bergeron 54 7
20.1.4. Trattazione analitica secondo la teo r ia
di Allievi 552
20.2. Perturbazioni ondose nei canali 5 58
20.2.1. Formulazione matematica del fenomeno 5 58
20.2.2. Modificazioni delle onde. Metodo grafico 5 61
20.2.3. Onde di depressione (negative) 5 62
20.2.4, Onde di traslazione 564
I - DEF1N1Z10Nl E PROPRIETA' FISICHE GENERALI

l. l. c.aratteri distintivi dei solidi e dei fluidi. Liquidi e gas

La materia si presenta diversamente caratterizzata a seconda


del modo con cui essa reagisce deformandosi all ' azione delle for-
ze che la cimentano . A parte l ' astrazione del corpo rigido, le
principali categorie sono quelle dei solidi elastici e dei fluidi.
La sostanza solida, come tale, possiede una propria forma e reag!
sce elasticamente alle forze ad essa applicate, qualunque sia la
loro direzione, e modifica sotto l'azione di tali forze solo in mi
sura limitata la propria forma, riassumendola al loro cessare. La
sostanza fiuida (liquidi e gas) ha una forma di volta in volta st~
bilita dal sistema di forze ad essa appl icate, e reagisce elasti-
camente solo alle forze di compressione ; scorre invece, e cioè si
deforma continuamente, sotto l ' azione di altre forze, anche se di
piccolissima entità.
Vi è poi una categoria intermedia di sostanze , dette piasti -
ehe , per le quali la deformazione per effetto delle forze applic~
te è bensl defini ta, ma non recede quando cessa la loro applica-
zione .
La distinzione fra solidi e fluidi (sia liquidi, sia gas) è
basata sulle differenze caratteristiche del loro stato d'aggrega-
zione molecolare. Nei solidi la disposizione del le molecole è-se~
sibilmente invariabile: essi sono perciò caratterizzati da una foE_
ma e da un volume proprio. Nei fluidi, invece, la struttura mole-
colare è piQ disordinata, il che consente -loro di scorrere sotto
l'azione di forze anche piccolissime.
I Ziquidi, tuttavia, pur consentendo il movimento delle mol~
cole, mantengono circa costante la distanza fra queste, cosicché
essi hanno un volume proprio praticamente invariabile.
I gas, invece, avendo legami molecolari estremamente ridotti,
te ndono ad occupare il massimo volume disponibile; essi perciò non
hanno nè forma nè volume proprio.
2

1.2. Continuìri. Proprietà di massa e di volume

Benché costitu ita da molecol e in movimento tra loro d i sta~


ziate (molto poco nei solidi, alquan t o nei l iquidi e moltissimo
nei gas), la materia viene concepita, per lo studio della mecc~
nica, come un mezzo iaotl"opico, le cui proprietà sono funzioni
continue nello spazio, nel senso che a tale concetto si dà nel-
l'analisi matematica (meccanica del continuo).
L'assetto isotropico è invero proprio della condizione di
riposo, ma viene riacquistato in un tempo brevissimo (valutato
per l'acqua a circa 10- 12 s) al cessare del movimento.
Fanno eccezione i gas rarefatti a pressioni molto basse,
che devono anche meccanicamente veni r riguardati come un aggr~
gato di particelle.
Si consideri, in seno alla massa fluida, un punto P rac-
chiuso nel piccolo volume oV. Detti ém e 60 l a massa e il peso
di detto volume, si definiscono le seguenti caratteristiche fi
siche del fluido nel punto P:

Densità: p = lim
om
éV
.s v... o
60
Peso specifico: y = lim 5V = pg
6V-+O

6V
VoluJ!le specifico: ti = lim =
.sv. . o om p

In seno alla massa fluida , dunque, si avrà in generale una


distribuzione continua d i densità, peso specifico e vol ume sp~
elfico, in funzione del punto considerato.
Il peso specifico viene a dipendere dall' accelerazione g
di gravità, che ha valori leggermente diversi anche sulla stes
sa superficie terrestre e in dipendenza dalla quota, Alla lati
tudine di 45° e al livel l o del mare può assumersi con buona aE
prossimazione

g = 9,806 m/s2 .

1.3. Sforzi normali e tangenziali nei fluidi

Immaginiamo una superficie i: che divida un mezzo fluido


continuo (non necessariamente in quiete) in due parti (Fig.1.1).
Attraverso questa superficie si trasmetteranno delle forze che,
in generale, avra~no una componente normale e una tangenziale
3

alla superficie stessa. Se su questa superficie si considera un


punto P, contenuto nell'a-
rea ~A, si dice sforzo no~
male nel punto P 11 rappor
to fra la componente normale
1 oFn
oFn della forza ,SF agente d IF ~ -
I M
su detta area e 1 'area stes
oFr P
sa, quando essa tende a z~
ro contenendo sempre 11 pu_!:!
to P , Il rapporto fra la com
ponente tangenziale 6F t del Fig. 1.1
la forza e l 'area, quando
6A tende a zero, si dice sforz o tangenziale nel punto P .
Questi sforzi possono venir trasmessi anche attraverso su-
perfici di contatto del fluido considerato con altro mezzo flui
do (ad esempio la superficie libera de ll ' acqua acontatto col-
1 ' atmosfera), o con un mezzo solido (parete di contenimento) .
I fluidi (a differenza dai solidi) non resistono a sforzi
di tra z ione , tranne in condizioni non pratiche di estrema pure!
za. Pertanto si considerano come sforzi normali solo quelli de!
ti di pr e ssi on e , cioè diretti v erso la superficie a cui sono aE
plica ti .
Essi sono assunti come positivi, in contrasto con la rego-
la adottata per i solidi elastici di considerare positivi gli
sforii di trazione .
Sulla superficie E si avrà, pertanto, una distribuzione di
pressioni

e di sforzi tangenziali

+
T

in funzione del punto considerato.

1.4. Viscosità. Fluidi newtoniani

Consideriamo i l moto di un fluido fra due pareti solide pi~


n~, di cui una fissa e l'altra in movimento, cosi vicine tra lo
roche il moto avvenga senza turbolenza, per strati o lamine p~
4

rallele alle pareti (Fig. 1.2).


L'esperienza rnos.tra che per
mantenere il movimento uniforme dv ,
con velocità 6v si richiede l 'aE_
plicazione nel piano della par~
te mobile di una forza F tale
che sia: X

6v Fig 1. 2
F =µA "fii

dove A è la superficie della parete stessa e 6y la sua distanza


dalla pa~ete fissa. Ne risulta pertanto, sull'unità di superfi-
cie, uno sforzo tangenziale:

T =

e quindi, potendo essere 6v piccolo a piacere:

T = (1.1)

Questo vale per una supposta distribuzione lineare della v~


locità nello spessore, ma nulla vieta di considerare la validi-
tà della (1 .1) anche quando ~; non sia costante, ma dipenda da
y; ne fanno fede le numerose, benché indirette, conferme speri-
mentali.
Pertanto la relazione (1 .1), che è detta legge di Newton
(I. NEWTON, 1687), ha validità generale, ed i fluidi che obbedi
scono a questa legge, conµ costante per ogni valore della tem-
peratura e della pressione, sono detti fluidi newtoniani.

v+kdy
òy

B
Jr
V

Fig, 1.3
5

E' facile vedere, considerando la deformazione di un elemen-


to A BCD nel piano (x, y), di for.ma rettangolare in un dato istante t
(Fig. 1.3), che per effetto del gradiente aav della velocità i pun
y -
ti C e D , dopo un piccolo intervallo di tempo 6 t, sono avanzati
lungo x di

~ 6y 6l
ay

dando luogo ad una variazione angolare 60 ; ne segue pertanto:

68 =
av
ay 6y
6t
6y

e quindi, p assa ndo agli infinites imi :

38 av
TI ay
Lo sfor zo tangenziale è perciò pure proporzionale alla velo-
a0
cità della deformazione angolare TI e la formula di Newton può an
che scriversi:

( 1. 2)

Con riferimento alla F i g. 1.4, 11


comportamento d.1 un fluido newtonia -
no è espresso da una retta nel dia-
gramma
av
<ay,
t ).
La diversa incl inazione (arctg v )
dipende dal la magcj iore o minore v isc,2
sità del fluido . Ad un'inclinazione
nulla corrisponde 11 caso di un flu!
Fig. 14
do privo di viscosità, il cosiddetto
f i ui d o perfett o .
Per tale fluido non si hanno sforzi tangenziali, ma solo sfor
zi normali (di pressione).
La maggior parte dei fluidi d'interesse pratico (acqua, aria,
oli, ecc.) possono essere riguardati fluidi newtoniani. Lo sono i_!!
fatti tutti i gas (almeno per pressioni inferiori a 100 at } ed i
liquidi omogenei (ad una sola fase), composti da molecole di pic-
cole e medie dimensioni,
Al variare della temperatura, diverso è 11 comportamento dei
liquidi e dei gas nei riguardi della viscosità. Per i iiquidi so-
no le forze di coesione (attrazione delle molecole) che si oppon-
6

gono alla deformazione; con l'aumentare della temperatura questi


legami si allentano, e quindi la viscosità diminuisce.
Per i gas, invece, le cui molecole sono molto più spaziate,
la viscosità dipende prevalentemente dallo stato di.agitazione m~
lecolare, in virtù del continuo, e apparentemente disordinato,
trasferimento di quantità di moto da parte delle molecole,che dà
origine a sforzi interni tangenziali. Poichè l'agitazione cresce
col crescere della temperatura, anche la viscosità aumenta con es
sa.
Conviene spesso introdurre la cosiddetta viscosità cinemati-
ca v = l!., la cui formula dimensionale, a differenza da Il, non con
p -
tiene grandezze dinamiche, ma solo cinematiche (vedi ~ppendice).

1.5. Fluidi non-newtoniani

Non obbediscono alla legge di Newton (1 .1), e sono perciò de_!


ti fluidi non-newtoniani quei liquidi che sono costituiti da mcl~
cole di grosse dimensioni, o si presentano in pi.ù fasi componenti.
Essi possono essere classificati in due principali specie,
fluidi che d iminuiscono 7,.a r>esistenza e fluidi che aumentano Za
resistenza con lo sviluppo della deformazione.
Se si definisce, traendo lo spunto dalla relazione newtoni~
na, una viscosità ap par>ente ua, tale che

( 1. 3)

e che è costante (µ = u a) solo per i fluidi newtoniani, la prima


specie di fluidi ~ caratterizzata dalla proprietà che Ila diminui-
sce con l'aumento della deformazione. Rientra in questa specie il
cosiddetto plas ticw di Bingham (E.e. BINGHAM, 1922), la cui curva
è caratterizzata da una deformazione proporzionale solo a parti-
re da un dato valore critico Te (Fig. 1. 5). Per questa fase, che
è definita dalla legge di Newton, si ha una cosiddetta viscosità
plastica u', tale che

av ( 1. 4)
ay

Approssimano questo comportamento certe sospensioni di ar-


gilla e di talco, le vernici, le paste dentifricie, i fanghi di
fogna.
Vi sono però delle sostanze che rientrano ancora nella p,:-ima
specie senza presentare un valore critico dello sforzo Te· Per e~
7

se è stato introdotto il termine di pseudoplastiche (R.W. WILL~


SON, 1929).

~
òv ÒY
ay

Fig. 1. 5 F1g. 1 6

Il loro comportamento segue il diagramma della Fig . 1 .6, c2


siddetto di Ost wald (W. OSTWALD, 1924); vi appartengono soluzio-
ni di polimeri ad alta densità, polimeri come 11 polietilene, e
speciali emulsioni .
Da notare che per entrambe queste categorie, quando la defo!_
mazione diviene molto forte, 11 fluido tenderebbe ad acquis tar e
un comportamento newtoniano con viscos ità µ 00 (nella figura, a pa!_
tire dal punto A).
Alla seconda specie di flu i di, che è caratteri zzata da una
curva del t ipo della Fig . 1 .7 ,
appartengono i cosiddetti flui
di di l atanti, cosl già denomi-
òv nati da O. REYNOLDS (1885) che
òy studiò il caso di una miscela
di sabbia nell' acqua. Quando
quest'ultima è in quantità ta-
le da riempire appena i vuoti,
e il volume di questi vuoti è
minimo, uno sforzo tangenzia-
le che venga applicato per far
scorrere il materiale disturba
Fig. 1.7 la posizione delle particelle
e causa una dilatazione dei
vuoti, sicché il volume di questi risulta maggiore di quello di-
sponibile. Ne risulta un parziale asciugamento della superficie
delle particelle con conseguente aumento della resistenza allo
8

scorrimento rispetto agli sforzi tangenziali; ossia in definitiva


un aumento della viscosità apparente µ 8 •
Probabilmente l'effetto dilatante esiste in ogni sospensione,
purché la concentrazione sia cosl elevata da rendere 11 materiale
compatto. Tipica è la soluzione di amido, che comincia ad avere e!_
fetti dilatanti a partire da una concentrazione del 40%.
L'equazione di stato per le due categorie dei fluidi pseudo-
pZaatici e dei fluidi dilatanti si scrive generalmente in forma di
legge delle potenze (o di Ostwa Zd-de WaeZe).

(1 • 5)

ove K ed n hanno valori costanti per ogni f l uido: ovviamente risu.!_


ta n < 1 per i fluidi pseudoplastici, n > 1 per i fluidi dJ.latan-
ti (n = 1 per quelli newtoniani).
I fluidi che seguono le accennate proprietà sono fluidi non-
newtoniani che appartengono, come già quelli newtoniani, alla cate
goria dei fluidi puramente viscosi. Ma le stesse proprietà di dimi
nuzione o di aumento della resistenza con lo sforzo tangenziale
possono risultare anche dipendenti d a'l tempo, e questo introduce
una nuova categoria di fluidi. Sono poi denominati tixotropici
quei materiali che,mentrerichiedono un certo sforzo per ottenere
una data deformazione appena lo sforzo viene applicato, sono in gr~
do dopo un po' di tempo di mantenere la deformazione stessa con
uno sforzo minore. Si tratta perciò di una proprietà reversibile
della struttura molecolare di certe sostanze, per le quali una CUE
va come quella di Ostwalddella Fig. 1.6 può essere riguardata c2
me una curva di equilibrio finale.
Le soluzioni acquose di bentonite appartengono a questa cate
goria, come pure certe vernici e certe paste alimentari.
Comportamento. opposto in funzione del tempo (e cioè diminu-
zione iniziale della viscosità) presentano invece altre sostanze,
che sono dette antiti:,,;otropiche.
Dobbiamo infine accennare a quelle sostanze che nella defor-
mazione esibiscono anche sforzi normali, oltre agli sforzi tange~
zia li, ciò che le avvicina al comportamento dei solidi elastici.
Esse sono denominate fluidi viscoelastici; ed un semplice modello
atto a rappresentarle è dato da una combinazione con la nota for-
mula di Young per i solidi elastici aventi modulo tangenziale G:
T = ae

dove a è la deformazione angolare.


9

Ne risulta (J.C. MAXWELL, 1876):

ae = .!.. +
,, ( 1 • 6)

ovvero
ae (1. 6 I)
u TI

che è l'equazione di base della viscoelastic ità nel campo linea-


re.
Tipicamente rappresentativo è il comportamento di un fluido
viscoelastico in confronto ad un fluido viscoso normale nel caso
di un getto verticale effluente da un tubo : mentre per quest'ult.!_
mo si ha contrazione, per il primo si rileva un'espansione del ge!_
to, come conseguenza degli sforzi normali.
Appartengono a questa categoria numerose sostanze plastiche,
gomme, fibre, gelatine, elastomeri , asfalti. Le loro proprietà s2
no molto influenzate dalla temperatura: vi sono dei polimeri amor
fi vetrosi alle basse temperature, c he dive ntano gommosi col ri-
scaldamento e, a temperature elevate, assumono uno scorrimento
fluido.

1.6. Fluidi perfetti. Principio di Pascal

Abbiamo definito flui do perfetto quel fluido per il quale i_!!


tervengono solo gli sforzi normali (di pressione) e gli sforzi
tangenziali sono nulli. Poiché gli sforzi tangenziali sono pre-
av
senti solo se la viscosità, od 11 gradiente-;-- della velocità,so
oY -
no diversi da zero, sono da r iguardars i perfetti 1 fluidi privi
di viscosità, nonché tutti i fluidi in quiete. Risulta che, in 2
gni punto di un fluido perfetto o in quiete,gli sforzi si trasme.!:_
tono inalterati in tutte le direzioni (principi o di Pasca i; B.
PASCAL, 1583).
Si consideri infatti un elemento prismatico di un fluido, a
sezione triangolare e di altezza unitaria, isolato dal restante
campo fluido ed orientato come in Fig. 1 .8. Per l'equilibrio al-
la traslazione dell'elemento devono essere nulle le somme delle
forze agenti in ogni direzione. Queste sono le forze di pressio-
ne trasmesse dall'esterno alla superficie, nonché la forza di gr~
vità e l'eventuale forza d'inerzia, applicate alla massa dell'e
lemento. Queste ultime sono il prodotto di termini finiti (il p~
10

so specifico, la densità volte l'accelerazione) per il volume, e pe!_


tanto, passando agli infinitesimi,
sono di un ordine superiore rispe!
to alle forze di pressione, che s2
no il prodotto di un termine fini-
to (la pressione) per la superficie.
Rimane pertanto, proiettando nelle
direzioni degli assi:

Px òy - p 6t cosa= O

Py òx - p ol sina = O Fig. 1.8

da cui, essendo òy = òl cosa, òx = 6t sino, si ricava:

P = Px = Py (1. 7)

e quindi, data l'arbitrarietà della scelta della direzione dei la


ti, risulta la proposizione enunciata.

1.7. Comprimibilità

Si è già accennato al fatto che (a differenza dai gas) i li-


quidi sono caratterizzati da una disposizione delle molecole assai
poco variabile, per cui una certa massa di liquido possiede un pr2
prio volume che può variare solo entro limiti modesti.
Questa variazione di volume è data dalla comprimibilità: la
Z.egge di HOOKE:
di' 1
"V - E dp (1 • 8)

esprime il fatto che la variazione d+i del volume i' è proporzionale


alla var !azione di pressione ( il segno meno sta a<;} indicare che ad
un aumento di pressione corrisponde una diminuzione di volume) . Il
coefficiente di proporzionalità 1/E (detto coefficiente di elaatf
cità) misura l'attitudine del fluido ad essere compresso. Il suo
inverso E si chiama moduZ.o di elasticità o di comprimibilità.
La relazione fondamentale ( 1 .8) fra pressione e volume può es
sere espressa in termini di densità. Per una certa massa m del flui
do, avente una densità uniforme p ed un volume i', si ha

m = pi'
11

Poichè la massa del f luido deve mantenersi costante, ad una


sua variazione di volume deve corrispondere una variazione di den
sità; differenziando si ha infatti:

-v-= - *-
di/
p

L'equazione (1,8) perciò può essere scritta:

çie_ = !!E. (1.8 I)


P E

I l modulo di elasticità E dei Ziquidi (essendo essi poco CO!!).

primibili) ha evidentemente un valore molto alto; però i solidi


sono in generale ancora meno comprimibili dei liqu id i.
A differenza dai liquidi e dai solid i , i gas sono molto CO!!).

primibili. Inoltre, 11 modulo di elasticità dei gas non è costa~


te, ma dipende dallo stato del gas stesso e dal tipo di trasfor-
mazione che sta subendo,
E' noto che i gas obbediscono ad una equazione di stato (de!
ta legge di BoyZe- Mariotte e Gay-Lussao) del tipo

p t1 = RT ( 1 • 9)

In questa espressione t1 è 11 volume specifico (cioè per uni


tà di peso), T la temperatura assoluta, R una costante propria di
ciascun gas.
Ne discendono, in particolare , la legge della trasformaz io -
ne isote rmica :

p_t1 = cost ( 1 , 9 I)

e quella della trasformazione adiabatica (o isentropica):

cost ( 1 . 9 ")

Op
dove k = è 11 rapporto tra i calori specifici a pressione e
9v
a volume costante (per i gas biatomici, k = 1 ,4),
In generale, per le trasformazioni reali, si avrà un valore
intermedio fra k = 1 e k = 1,4.
L'equazione di stato permette di ricavare l'espressione del m~
dulo d'elasticità per i gas. Differenziando la (1.9") rispetto a t1
si ottiene
12

dV 1!1.2,
d" =,,- k p
"
che confrontata con la (1.8) fornisce

E = kp (1.10)

ciof, l'attitudine a compril!lersi dei gas (a meno del coefficiente


k) dipende dal valore della pressione di volta in volta presente.
Confrontando la comprimibilità dell'acqua, c he alla tempera-
tura di 20°c è data da un modulo E = 2, 16 1 0 8 kp/m 2 , e-o n quella
dell'aria in condizioni normali, per cui E~ p 8 = 1,03 • 10~kp/m~,
si vede che l'aria è 20.000 volte pi~ comprimibile dell'acqua(men-
tre è 1000/1,2 = 830 volte pift leggera).
Si è già detto come nei liquidi possano essere quasi sempre
trascurate le variazioni di densità dovute alla cornpril!llbilltà del
liquidi stessi. Per i gas ciò è vero solo se le variazioni di pre~
sione sono piuttosto modeste. Poiché nel moto dei fluidi le varia-
zioni di pressione sono legate alle variazioni di velocità, è con-
veniente far riferimento a quest'ultima grandeiza; come unità di m!
sura ci si rifer i sce spesso alla vel ocità di propagazione del suono
nel fluido in esame. Risulta che gli effetti della comprimibilità
possono trascurarsi tutte le volte che non si arrivi a velocità sup~
riori a 1/3 della velocità del suono. La velocità del suono in aria
è dicirca330m/s (vedi§ 17.2); finoa400krn/h,pertanto, le variazi,2
nidi densità dovute alla comprimibilità dell'aria sono irrilevanti.
Ciò significa che un ampio campo dell' ae~odinamiaa eubsoniaa
può trattarsi supponendo 11 fluido incomprimibile, come cioè se si
trattasse di un liquido.

1.8. Vapori. Tensione di vapore. C'.aviwionc

I gas sono propriamente tali, ed an~i vengono chiamati gas i-


deati o perfetti, quando sono molto lontani dalla fase l iquida, c~
me è l'aria in condizioni normali.
Però con l'aumento della pressione e la diminuzione della t~
peratura tutti i gas tendono alla condizione di vapori, e le loro
equazioni di stato divengono più complicate e sono di natura empi-
rica. Sono tali, oltre 11 vapor d'acqua, l'ammoniaca, l' anidride
solforosa, l'anidride carbonica, 11 freon ed altri alla pressione
atmosferica; nonchè l'ossigeno e l'elio alle pressioni elevate.
13

Si dice saturo il vapore, quando basta un abbassamento, per


quanto piccolo,della temperatura per trasformarlo nella fase li-
quida. Altrimenti il vapore è detto surriscaldato; esso tende a
portarsi alla condizione di gas perfetto quanto piil la sua condi
zione si allontana da quella di saturazione .
Un vapore si dice in equilibrio con il liquido dal quale pr~
viene, quando le particel le che passano dalla fase liquida a quel
la gassosa (evaporazione) sono in numero pari a quelle che da qu~
sta fase passano a quella liquida (condensazione).
Un tale equilibrio viene raggiunto quando la pressione del va
pore in presenza del proprio liquido assume un valore determinato,
detto tensione (o pressione) di vapore. Se ad un certo momento la
pressione del vapore è in eccesso rispetto a questo valore carat-
tertstico, ci si avvicinerà al l 'equilibrio attraverso una maggio-
re condensazione (con conseguente abbassamento della pressione) ;
se è in difetto attraverso una maggiore evaporazione.
La tE>nsione di vapore è una caratter istica di ciascuna sostan
za, dipendente dalle condizioni di temperatura.
Per l'acqua, la tensione di vapore alla temperatura di 100°C
è pari alla pressione atmosferica.
Alla pressione ordinaria , perciO, allorché la tempe r atura rag
giunge i 100°c, le due fasi devono trovarsi in equilibrio ; e poi-
ché il vapore liberato tende a disperdersi nell'ambiente, per ma~
tenere l'equilibrio si determina un continuo passaggio di vapore
in seno a tutta la massa liquida (ebo llizion e ) .
Al diminuire della tempera tura, la tensione di vapore si po~
ta a valori piil bassi; per cui, diminuendo la pressione ambiente,
si puO ottenere l'ebollizione dell'acqua anche con temperature i~
feriori a 100°C.
Ad es., la tensione di vapore alla temperatura di 20°C (temp~
ratura ambiente ordinaria) è circa 1/40 di atm . Sicché, se si ri-
ducesse la pressione ambiente a questo valore, si potrebbe avere
l'ebollizione immediata anche alla temperatura ambiente ordinaria.
L'importanza di tale fenomeno nelle applicazioni idrauliche
è data dalla possibilità che in seno alla massa liquida si verif!
chino delle diminuzioni di pressione rilevanti, fino a portare la
pressione ad un valore pari alla tensione di vapore. In questo ca
so si possono originare fenomeni localizzati d' ebollizione, con
formazione di sacche e bolle di vapore nelle zone dove si crea la
depressione. Per la presenza di queste cavità 11 fenomeno è det-
to di cav itazi one .
14

1.9. Solubilità dei gas nei liquidi

I liquidi, ed in particolare l'acqua, tengono disciolte delle


quantità di gas con cui sono stati o sono in contatto. Come è noto,
in base alla iegge di Henry, il rapporto fra il volume del gas di-
sciolto ed 11 volume del l iquido solvente (detto coefficiente di
solubil ità) è costante per una data temperatura. Variando la pres-
sione, pertanto, aumenta o diminuisce con essa il peso G del gas
disciolto: infatti, detto V 11 relativo vo lume, risulta (applican-
do la legge isotermica):

p f.G = cost e, per esse.r e V = cos t, G "'p

Inoltre, in base alla legge di Daiton, ogni gas di un miscu-


glio si comporta come se esso fosse da solo solubile nel liquido.
I coefficienti di solubilità nell'acqua dei principali gas con
cui essa puO essere a contatto sono i seguenti:

Alla temperatura di 20°c 100°c

Ossigeno 0,032 0,018


Azoto O, 016 o, 011
Idrogeno o, 019 0,017
Anid.t'ide carbonica 0,924 0,260

Se ne desume che a temperatura normale l'acqua può tenere di-


sciolta aria fino al 6 + 7% del proprio volume, risultando essa l:
noltre piO ossigenata (e assai piO carbonata).
A seguito di locale diminuzione di pressione in una condotta,
si libera pertanto una certa quantità dei gas; e questi, qualora
per ridotta velocità della corrente liquida non vengano trascinati
con essa, possono accumularsi in bolle o sacche nei vertici supe-
riori, ostacolando 11 flusso.
La liberazione dei gas è altresl concomitante al già accenna-
to fenomeno di cavitazione, per cui le sacche di vapor d'acqua che
si formano contengono anche una parte dei gas che si trovavano di-
sciolti.

1.10. Superficie di separazione. Tensione superficiale

Sulle superficie di separazione fra fluidi non miscibili, o


fra fluidi e solidi, agiscono forze di natura molecolare che si
manifestano in uno stato di tensione di dette superficie; tale st~
15

to di tensione, analogo a quello che si stabilisce sulla pelle di


un tamburo o in una ve
scica gonfiata, è raE
presentato da una for
za giacente sulla su-
perficie stessa (Fig.
1.9) . Questa forza,co!!!
misurata ad uni ta di
lunghezza, è chiamata
tensione superficiale
T , in guanto appunto
tende a mantenere te-
sa la superficie di s~
Fig. 1.9
parazione in cui agi-
sce.
La tensione super -
ficiale è una caratte
ristica dei due flu idi a contatto attraverso la superficie di se-
parazione; spesso, però, ci si riferisce ad uno solo dei due flui
di sottintendendo che questo sia a contatto con l'aria .
Esaminiamo adesso la superficie di separazione di un liq uido
in quiete con l 'aria. Se tale superficie è piana, come è in effet
ti il pelo l ibero di specchi d'acqua abbastanza estesi, la tensi~
ne superficiale, agendo tangenzialmente su detta superficie, non
ha evidentemente effetto sullo stato di pressione (sforzi normali)
in seno al liquido: la pressione sulle due facce della superficie
di separazione sara
identica . Non è co-
si, però, se la su-
perficie libera pr~
senta una certa cur
vatura, inquantoché
la tensione superf!
ciale dA luogo in tal
caso ad una compone_!!
te normale non nul-
la. Tale componente
(che si traduce in
un eccesso di pres-
sione all'interno di
uno dei fluidi a con Fig, 1.10
16

tatto, rispetto alla pressione che regna all'interno dell'altro) è


legata alla tensione superficiale come da valutaz.ione che segue.
Si abbia (Fig. 1 .1 O) un elemento di superficie curva, avente
lati 6e 1 e os 2 e rispettivi raggi di curvatura R 1 e R 2 • Sui lati~
giranno le forze elementari Tés 1 e Tés 2 , che sono equivalenti ad
una · forza fJN diretta normalmente alla superficie; poiché le
forze tangenziali sono sempre di trazione, la forza normale do-
vrà essere diretta verso la concavità della superficie di separaziS?_
ne.
Con riferimento alla figura, per l'equilibrio dev'essere, ri-
spettivamente:
60 2 061
oN 1 = 2 T sin _ _ oe 1 oN 2 = 2 T sin . iSs 2
2 2
per cui, sommando:
602 601 )
éN = 2 T
(
sin - 2- és
1 + sin - 2- 6s 2

Passando agli infinitesimi (per cui sin ~ = ~ , ed intro


2 2
ducendo i raggi di curvatura

risulta:

(1 . 11)

che è la formuZa di LapZace (P.S. LAPLACE, 1806).


La forza per unità di superficie pT è appunto l'eccesso di pre_!
sione che regna nel fluido posto dalla parte concava rispetto al-
l'altro fluido. Tale differenza di pressione è piccola se la curv~
tura della superficie di separazione non è molto pronunciata, ma può
diventare rilevantissima per piccoli raggi di curvatura (ades. ne!
le gocce d'acqua molto fini).
Diciamo subito che la conformazione della superficie di sepa-
razione (e dunque la sua curvatura) è generalmente legata alle co~
dizioni particolari di contatto con le superficie solide che nece.!
sariamente vengono a limitare le superficie liquide.
In prossimità d'una parete, infatti, non si ha semplicemente
una superficie di contatto, ma tre superficie di contatto aventi in
comune una linea. Si stabilisce quindi uno stato di tensione non s2,
lo fra i due fluidi, ma anche fra il solido e i fluidi.
17

Nelle Figg . 1 .11 al e 1 . 11 b) il punto A è la traccia della li


nea di contatto fra i fluidi (1) e (2) e il solido (3).

aria
vetro vetro

mercurio

a) b)
Fig . 1. 11

Chiamando T 12 , T 23 , T 1 3 le tensioni superficiali dei rispett!


vi accoppiamenti, la condizione d'equilibrio per il punto A rispe t-
to alla verticale è data dall ' equazione

dove e è l ' angolo che la superficie di separazione fra i due flui -


di forma con la parete . Tale angolo è definito dalle tensioni T 1 3 ,
T23 e T1 2 e dipende dalla natura dei tre mezzi a contatto .
Nella combinazione aria-mercurio-vetro, i valori delle tensio
ni superficiali sono tali che e risulta superiore a 90°; si dice in
questo caso che il liquido n o n bagna la parete. Nella combinazione
aria-acqua-vetro, e risulta inferiore a 90° e si dice che il liqu!
do bagna la parete.
La superficie di separazione curva, che si stabilisce fra due
fluidi in prossimità di una parete, si chiama menisco.
Via via che ci si allontana dalla parete, naturalmente, la
curvatura diminuisce e la superficie di separazione tende a dispor-
si orizzontale con conseguente annullarsi della differenza fra la
pressione che regna all'interno del l iquido e quella all'esterno.
Osserviamo che tale differenza è positiva nel caso del mercu-
rio (menisco convesso) e negativa nel caso dell'acqua (menisco co~
cavo) rispetto all ' aria, in corrispondenza rispettivamente ad un ab
bassamento o ad un innalzamento del livello in prossimità della p~
rete rispetto alla superficie orizzontale (vedi Capitolo 2).
18

APPENDICE AL CAPITOLO 1

SISTEMI E UNITA' DI MISURA

Fino ad ora 11 sistema più usato in Idraulica era 11 sis tema


teaniao (o pratiao) basato,per quanto riguarda i fenomeni meccani
ci, sulle unità:

F FORZA kp (kilogrammo-peso)
L LUNGHEZZA m (metro)
T TEMPO s (secondo)

Accanto ad esso, specialmente per l a viscosità e per la tensione


superficiale, erano anche impiegate unità di misura del sistema as
solu t o (CGS), le cui unità fondamentali sono rispettivamente:

M MASSA g (grammo-massa)
L LUNGHEZZA cm (centimetro)
T TEMPO s (secondo)

Recentemente è stato introdotto nei paesi della Comunità eu-


ropea il sistema internazionale d i unitd ( SI ) , i l cui impiego è in
Italia obbligatorio dopo il 31 dicembre 1979. Esso si apparenta al
sistema CGS, introducendo però le unità fondamentali seguenti:

M MASSA kg (kilogrammo-massa)
L LUNGHEZZA m (metro)
T TEMPO s (secondo)

Come unità (derivata) di FORZA, questo sistema introduce il


newton (N) , cioè la forza che imprime a un corpo con massa di 1 kg
l'accelerazione di 1 m/s 2 •
Pertanto:

1 N = 1 kg • m/s2

e quindi, accettando per l'accelerazione di gravità il valore me


dio di 9,806 m/s 2 , risulta:

1 kp = 1 kg • 9,806 m/s 2 = 9,8-06 N.


19

Con l'introduzione dell'unità di forza, accanto a quelle di


mas sa, lunghezza e tempo, 11 sistema SI, che è un sistema assol~
to, conserva 1 vantaggi del sistema tecnico soprattutto in vista
delle applicazioni.
Per le grandezze apparentate con la forza si hanno quindi le
seguenti dimensioni e unità di misura:

Densità (detta anche massa volumetrica):


( § 1 • 2)

nel sistema pratico [ p l kp s 2 /m"

nel sistema SI l PI = kg/m 3

Peso spec 1f ico:


( § 1 • 2)

nel sistema pratico IyI • kp/m 3

nel sistema SI lì' I = a: N/m 3

Pressione (e altre sollecitazioni unitarie ):


( § 1 • 3)

nel sistema tecnico (p] ,.. kp/m 2

nel sistema SI I pl = = N/m 2 •

Alla grandezza di 1 N/m 2 si d.ll l'appellativo di pascal (Pa).


Unità derivate ammesse sono le seguenti:

1 bar= 10 s N/m 2 = 10 s Pa (1 mbar = 10 2 Pa)

1 atm (atmosfera normale) = 1,033 • 10 4 kp/m 2 = 1,01325 • 10 5 Pa

per cui

a tm = 1 , O1 3 2 5 bar .

Da non confondersi l'atmosfera normale (1 atm) con la cosid


detta atmosfera tecnica (1 at):
20

1 at 10 4 kp/m 2 •

Questa vecchia unità pratica è destinata a scomparire.

Viscosità assoluta o dinamica:


(§ 1 .4)

2
nel sistema pratico [u J = F T L- = kp s/m 2

nel sistema SI (U I = = kg/ms = N·s/m 2 Pa·s

Viscosità cinematica
(§ 1.4)
La viscosità cinematica, non dipendente dalle grandezze di-
namiche quali la massa o il peso, ha le stesse dimensioni nei due
sistemi:

(V]=
r"'
.i...t:..I.
IP I
Nel sistema CGS l'unità di viscosità cinematica è stata chia
mata stoke:

1 St = 1 cm 2 /s

ed è stata chiamata poise l'unità di viscosità dinamica:

1 p = g/cm s

Col nuovo sistema SI, sono provvisoriamente conservate le


unitll derivate:

1 centistoke, est = 10- 6 m2 /s


1 centipoise, cP = 1 o- 3 Pa . s

Nell'uso pratico la misura della viscositll cinematica risu!


ta da strumenti, in cui un certo volume di liquido, mantenuto a
temperatura costante, è fatto uscire da un recipiente sotto un c~
rico ben definito e si misura il tempo impiegato (viscosimetri).
Vi sono diversi tipi di viscosimetri: molto usato nell'ind~
stria petrolifera (Stati Uniti) è il tipo Saybolt, di cui esistQ
no due specie. Atri tipi sono il Redwood (inglese) e l'Engler (e~
21

ropeo) .
La misura (ri spettivamente s - sec, R-sec e 0 E) della v iscosità
cinematica data da questi appare cchi può veni r convertita con for-
mule approssimative nel l a misura del s i stema SI. Di amo qui di segu!
to una tabella di conversione .

est OE S-sec R-sec

2 1,119 32,66 30, 95


4 1,307 39, 17 35,95
6 1,393 42,38 38,45
B l , 651 52,lO 46,35
10 1,831 58,91 52,00
15 2,32 77,35 67 , 95
20 2,87 97,69 85,75
25 3 , 46 119, 1 104,7
30 4,07 141, 2 124,4
35 4,70 163, 5 144,2
40 5,33 186,0 164 ,3
50 6,67 231,8 204,7
80 10 , 54 370 , 3 326,6
100 13 , 17 462,9 408,2

Comprimibili U
(§ 1.7)
Il modulo di elasticità E ha le dimensioni di una pressione.

Tensione superficiale
(§ 1.10)

nel sistema pratico (T ) = TF = kp/m

nel sistema SI (TI= = N/m


22

VALORI SPERIMENTALI

I valori sono tratti da varie fonti e vengono forniti in uni-


tà del sistema tecnico per comodità di riferimento; il passaggio al
sistema SI risulta immediato usando la relazione 1 kp = 9,806 N.

Acqua

Peso specifico y - Densità p

Temperatura 0°C 10• 20° 40° 60° 80° 100°

y kp/m3 1000 1000 998 992 983 972 958

p kps 2 !m" 101,9 101,9 101, 7 101,1 100,2 99,1 97 ,85

Viscosità assoluta u - Viscosità cinematica v = u/p

Temperatura 0°C 10° 20° 40° 60° so• 100°


106 vm2 /s 1,79 1,31 1,01 0,658 0,478 0,366 0,295
10 6 µ kps/m2 182 133 102 66,5 47,9 36,3 28,8

Tensione di vapore pv - Modulo di elasticità E - Tensione superfi-


ciale T (acqua-aria)

Temperatura o•c 10° 20° 40° 60° 80° 100°

Pv kp/m 2 62 124 236 746 2024 4825 103 33


108 E kp/m2 1,919 2,045 2,160 2,342 2,451 2,410 2,326
103 T kp/m 7,923 7,750 7,574 7,212 6,836 6,446 6,042

Aria - alla pressione di 1 atm normale (= 1,013 25 · 1 O5 Pa = 760 mm Hg l


i-20°c 10° 20° 40° 60° so• 100° 200° 500°
y kp/m 3 1,40 1,29 1,20 1,12 1,06 1,00 0,95 o, 746 0,393
p kps 2 tm2 0,142 0,132 0,123 O, 115 0,108 0,102 0,096 0,076 0,040
106 µ kps/m2 1,65 1,75 1,85 1 ,95 2,04 2,13 2,22 2,66 3,868
106 v m2 /s 11,6 113,3 15,1 16,9 18,9 20,9 123' l 35,0 97,7
23

Prodotti ch im ici

Li quido Peso specifico Viscosità cinematica


y(kp/m3 ) 106 v( m2 / s)
Benzina 750
Ga solio 800 - 830 11,8 - 21 , 2
Olio 1 ubrificante S.A.E. 30
880 - 920 532 - 927
Olio lubri f icante S.A.E. 50
Olio di ricino 960
Olio d ' oliva 910 109

Pro dotti industriali

Liquido Peso spec. Viscos.ass. Tena.di vap. Mod.di elast. Tet,s, superf .
(rispetto aria)
y (kp/m 3 ) 106µ (kps/m2) Pv (kp/m 2 ) 10-e E(kp/1112.) 103 T (kp/m)

Alcool etilico 789 122 , 6 598 0,90 2,21


Anil ina 1022 455,5 trascurab. 4 , 50
Benzolo 880 65 ,4 7 1015 1,15 3 , 00
Etere eti 1ico 713 23,46 6014 0 , 52 1, 71
Gliceri na 1262 79293 trasc urab. 4 , 00 6,65
Mercurio 13546 162 ,o trascurab. 26,7 ( I ) 51 , 5
Nitrobenzolo 1190 187,0 trascurab. 4,36 ( 2 )
Tetracloruro
di carbonio 1595 102 ,0 1237 2,62 ( 2 )

(1) a 0°C.

( 2 ) in presenza del vapore saturo.


24

2 - EQUILIBRIO DEI FLUIDI PESANTI IN QUIETE (IDROSTATICA)

2.1. Relazione tra gravità e pressione. I.qgie idrostatica


'Per i fluidi in quiete (per i qual i non esistono sforzi tange.!!
ziali, ma solo sforzi normali o di pressione) è immediata la dedu-
7.ione della relazione
che lega la pressione
alla quota, per l'inte~
vento della gravità.
Consideriamo a tal h
fine (Fig. 2 . 1) un e-
lemento prismatico i-
solato dal resto del
fluido, di base cSA e
di lunghezza cS:r; sia :r
la direzione dell'as-
se dell'elemento, h la
direzione verticale (p,2
sitiva verso Z'aito) Fig.2.1

ed o l' angolo acuto


fra queste due dire-
zioni.
Se l'elemento è in equilibrio, dovrà essere nulla la risulta,!!
te delle forze applicate; si tratta de l le forze di pressione da pa!_
te del fluido circostante, agenti sulle due basi e sulla superficie
laterale, e della forza di gravità (peso dell'elemento).
Lungo la direzione x, non essendovi componenti delle forze di
pressione sulla superficie laterale, si dovranno considerare le sole
forze di pressione sulle basi, che per la continuità del mezzo f lu.!_
do variano da p a p + !-2..3:r cS:r; pertanto, essendo ycSAcSx coso l a comPQ_
nente del peso, risulta:

pcSA - ( p + *ox) . cSA + ycSAcS:r coso = o

Osservando che è, tenendo conto dell'orientazione:


25

ÒX coso"' - òh

e passando agli infinitesimi, la preceàente diventa:

- ¾; dx - y :; dx= O .

Poichè analoga deduzione può trarsi per elementi 11 cui asse


sia nelle altre direzioni coordinate y, z, e cioè:

- le.
ay dy - Y ay
l!!. dy = o

- lE.
a z dz - y l!!.
a z dz O

si avr~, sommando:

dp + y (p ) d h "' o ( 2. 1)

che è la relazione differenziale f r a g li incrementi di pres s i one e


gli incrementi di quota verticale i n un fluido in quiete; dove si
~ indicato y( p ) per denotare la dipendenza, in gene rale , di y dalla

pressione p (e quindi dalla quota h).


Nel caso par ~ic_q !are di un fluido incomprimibile (y = c ost),
si può scrivere, int egrando

p + yh = cost ( 2 . 2)

La (2.2) costituisce l'equazione fondamentale de l l' i dr osta


tioa; essa esprime 11 fatto che
in un fluido (incomprimibile)in
quiete, la pressione varia li-
nearmente con la quota altimetri

Ogni superficie orizzonta-


le, ove h è costante, è pertanto
h
t-====-=~ - - - - - .
- - -- .. __
.._ .,. _ .
. .., .. - - -
una superficie isobarica, e qu~
sto vale anche in particolare
per la superficie di separazio- /

ne con altro fluido (ad esempio Fig. 2.2


la superficie libera dell'acqua
a contatto con l'atmosfera, do-
ve regna la pressione atmosferi
26

ca Pa>· In un r ecipiente che presenti pi~ superficie libere, il 11


guido si disporrà nei vari vani alla stessa quota, dato che su ci~
scuna superficie grava la stessa pressione (Fig. 2.2){principio dei
vasi comunicanti).
La costante nella (2.2) può venire determinata, noto che sia,
nella porzione continua del fluido considerata, il valore Po della
pressione in una sezione orizzontale, cioè ad una data altezza h 0
dal piano di riferimento. Risulta pertanto:

P - Po= y (h 0 - h) (2.3)

Quando si tratti di un liquido con superficie libera, si suole


asswnere come piano
qi riferimento per le
quote h wiesta ates-
sa superficie a pres
sione nota (p = p 8 per
ho= O). Si avrà al-
lora (Fig. 2.3) per
un punto alla profo~
Fig, 2 . 3
d i tà a z - h rispet-
to alla superficie:

p = Pa + yz (2.4)

che è la cosiddetta Zegge idrostatica.


Esaminiamo ora (Fig. 2 . 4) il caso di due liquidi non miscibi-
li sovrapposti, di peso speci-
fico Y1, Y2 con Y 1 < Y2 •
La pressione i n corrispoE - - - - --.-
~

denza della superficie di sep~


razione, posta alla profondità
z 1 , sarà p = p a + y 1 a 1 , e in una
superficie orizzontale generi-
ca, alla profondità z 2 al di
sotto, sarà: Fig. 2 . 4

(2.5)

Si noti che nella pratica, invece della pressione assoluta, è


comune parlare della pressione relativa, cioè riferita all'atrnosfe
27

rica. In questo caso si assume la pressione atmosferica come valore


di riferimento, per cui la (2.4) si riduce alla

p = yz . (2.6)

2.2. Miture piezometriche


La relazione (2.4) ci mostra anche come una pressione possa e~
sere convertita, a meno di una costante, in una colonna di altezza
z di un fluido avente peso specifico y. E' questo il principio su
cui si basano le misure piezometriche.
Per misurare la pressione in un punto A di un fluido contenuto
in un recipiente converra applicare alla parete del recipiente, al-
la quota del punto, un tubo di spia (generalmente di vetro traspare~
te): il liquido risalirli nel tubo fino ad una certa altezza, dove si
determina una superficie di separ!
zione con l'atmosfera. Alla base
del tubo avremo p = p 8 + yz , e, d!
to che le super ficie orizzontali

]
sono isobare, sara a·nche p A = p a + Y.
+ yz sull'orizzontale passante per
A.
Questa è la situazione (Fig.
2. 5) piil semplice di connessione di
tubo indicatore con un recipiente
ove ci sia una pressione da misur~ Fi!J . 2.5
re. Si noti che in questo caso il
fluido contenuto funge da liquido
indicatore.
Ma vi sono altri casi, in cui ciò non risulta praticamente po~
sibile, come è il caso di un recipiente contenente un gas.
In questo caso si dovra usare come indicatore un liquido appr~
priato,per esempio l'acqua. L'installazione impiegherà un tubo ad U
collegato col serbatoio, al cui imbocco va inserito un rubinetto
(Fig. 2.6).
Ponendo il liquido indicatore nel tubo isolato dal recipiente
e con i due rami aperti, esso si dispone in essi a livello pari, in
quanto in entrambi si ha pressione atmosferica. Collegando il tubo e
aprendo il rubinetto, il ramo direttamente comunicante col serbato-
io si riempie di gas e il liquido si abbassa di. un certo livello in
un ramo e s'innalza di altrettanto nell'altro, determinando un disl.!_
28

vello a 0 tra le due superficie di separazione rispettivamente col


gas e con l'aria.
Se il gas, di peso specifico
y, è a pressione p maggiore della
atmOsferi ca, il liquido si dispo-
ne come nella F ig. 2. 6. La press12
ne nella superficie B di separazi2
ne a sinistra è data dalla pres-
sione al livello di A, aumentata
8-· - -8'
del peso della colonna di gas, di
altezza a 1 (che però è generalme~
te trascurabi~e) :
Fig. 2.6

D'altra parte in B', sezione isobarica di B, si avrà una pre!


sione

ove Ym è il peso specifico del liquido indicatore.


Eguagliando p 8 = p 8 ,, si ha pertanto:

(2.7)

od anche

( 2. 7 ')

Va osservato che, trattandosi di un gas 11 cui peso specifi-


co ~ molto piccolo, la pressione misurata in A è praticamente la
stessa che regna in tutto 11 recipiente.
Le (2. 7) ( 2. 7') sono valide naturalmente anche se invece di
un gas il recipiente contiene del liquido, purché non miscibile e
piQ leggero del liquido indicatore ausiliario .
In questo caso non si può generalmente trascurare, come per
un gas, il termine ya 1 •
Tipico è l'impiego del mercurio come liquido ausiliario per
la misura di forti pressioni nell'acqua, che consente di avere una
altezza accettabile di colonna liquida, tale da assicurare una' bu2
na lettura per la pressione da misurare.
Qualora il gas od il liquido contenuto nel recipiente sia a
29

pressione inferiore all'atmosferica, il liquido ausiliario si inna,!


za nel ramo a comunicazione diretta col serbatoio e si abbassa nel-
l'altro, contrariamente a quanto indicato nella Fig. 2.6. In questo
caso le formule precedenti valgono egualmente, salvo che ora ya 0 è
da computare col segno negativo.
Le installazioni descritte permettono la misura di pressioni a~
solute, per cui sono chiamate piezometri aeeoZuti.
Esistono invece apparecchi che permettono la misura diretta de,!
la differenza di pressi.9.
ne tra due recipient i e
che vengono perciò chi~
mati pieziometri differe!!_
ziaZi. Supponiamo di a-
vere due serbatoi, in cui
si trovino fluidi che
possono essere diversi
l'uno dall'altro, e di
voler rilevare la diff~
renza di pressione 6p •
• P 1 - p 2 in due punti
B- · -·-8'
qualsiasi. A tal fine fac
ciamo tra di essi un co,!
Fig. 2 . 7 legamento piezometrico
con un tubo ad U, come
indicato in Fig. 2.7.Se
si tratta di gas, o di
due liquidi uguali, si
dovrà disporre di un liquido ausiliario, diverso da quello dei ser-
batoi, in quanto altrimenti non si avrebbero nel piezometro superf!
cie d~ separazione e non sarebbe evidente nessuna colonna indicatr!
ce. 51 dovranno distinguere i due casi di maggiore o minore peso sp~
cifico del liquido ausiliario rispetto a quelli contenuti nei serb~
toi.
Se 11 liquido indicatore è di peso specifico maggiore, la disp.9.
sizione del tubo ad u è corretta con la concavita rivolta verso l 'a,!
to. Se, ad esempio, la pressione p 1 è minore di p 2 , il liquido ind!
catore è disposto come in figura e saranno z 0 , al' z 2 i dislivelli.
Assumendo al solito come sezione isobara la B - B', risulta:

sul ramo di sinistra

sul ramo di destra


30

da cui, per essere p 8 = p 8 ,, si ricava la differenza di pressione:

(2.10)

Esaminiamo il caso in cui y 1 = y 2 = y (stesso fluido) nei due


recipienti, con le prese piezometriche disposte alla stessa quota,
cioè z 2 - z 1 = z 0 i la precedente risulta:

lip = p 2 - p I = (y m - y) zO

Se si fosse misurata la stessa differenza di pressione t.p in


colonna del liquido da misurare, avremmo trovato un dislivello z,
fra i due bracci del tubo ad u, pari a ~y
. Questa misura è realmen
te possibile col dispositivo
indicato nella Fig. 2. 8 , in
cui con opportuno artificio
si mantiene la separazione
tra le colonne dei due rami
imprigionando aria compressa
(o rarefatta) nel collegameu
1
to superiore.
Confrontando le due mi- y
sure, si ha:

t.p = yz = (ym - y) zo

cioè

Fig.2.8

Zo = (y X_ y) z (2.11)
m

Pertanto, applicando il liquido di peso spe~ifico ym, siotti~


ne una differente altezza z 0 della colonna, in confronto all'alte~
za z che si sarebbe avuta se non si fosse impiegato il liquido au-
siliario.
Si presentano, in virt~della (2.11), i seguenti possibili ca-
si:
31

zo < z

Y <ym<2y

Evidentemente nel terzo caso (liquido ausiliario pia leggero),


l'installazione va fatta ribaltando 11 tubo ad U, in modo che pre-
senti la convessitl (e non la concavitl) verso l ' alto.
va notato infine che 11 liquido ausiliario deve avere in ogni
caso le seguenti caratteristiche : non essere miscibile col fluido
di cui opera la misura, potersi distinguere da esso per colore, m~
dif icare poco 11 peso specifico con la tempera tura. Per le misure
in acqua si prestano maggiormente 1 seguenti liquidi ausiliari:

Peso specifico Variazione media Solubilità in acqua


a 1s•c percentuale (percentuale in peso)
3
Ym (kp/dm ) d i ym per 1°C

Mercurio 13,56 0,018 nulla


Bromofor111io 2,90 0,06 0, 1
Tetracloruro
di carbonio 1,60 0,12 quasi nulla
(Mono)-Nitro
benzolo 1,20 0,08 o, 19
Anilina 1,02 0,08 3,1
Benzolo 0,88 o, 12 0,07
Toluolo 0,87 -- 0,2
Etere etilico o, 72 -- 7,5

2. 3. Effetto della capillarità sulle quote piezometriche


L'impiego di tubi circolari (per comoditl) e di piccolo diam~
tro (per avere una maggiore prontezza, derivante da un pia rapido
riempimento), presenta, nei piezometri, molti ~antaggi,ma, di fro~
te ad essi, sta l ' inconveniente che nei tubi di piccolo diametro
(capiZZari) si risente di una variazione di quota del pelo libero
(cioè del menisco) per effetto della capillaritl.
Nel caso di un tubo capillare immerso in un liquido 11 meni-
sco si approssima ad una calotta sferica, e si nota un innalzamen-
to o un abbassamento della colonna interna rispetto al liquido e-
sterno, a seconda che 11 liquido stesso bagni o no la parete .
32

P. ,,_

,,.

a} b}
Fig . 2.9

Se, come nel caso più generale, si considera che le superficie


della Fig. 2.9 separino due liquidi diversi a contatto, o un liqui-
do a contatto con un gas,di pesi specifici rispettivamente ym e y 8 ,
e si considera come superficie di riferimento isobara quella più e-
levata appartenente per intero al liquido inferiore, risulta nei due
casi:

essendo p 3 la pressione nell'ambiente fluido superiore,e pT la pre~


sione capillare; da cui:

PT = {ym - ya) z
lii

Per la formula di Laplace (1.11),


ricordando che il menisco può ritener-
si in prima approssimazione una calotta
sferica, con R = R 1 = R 2 , risulta (Fig. ~ I
2.10)che il raggio R della calotta sf~
rica forma, con l'orizzontale, un ang~ &---+----
lo di ampiezza 8 o rispettivamente (n -
- 8), essendo 8 l'angolo di contattoied
è quindi legato al raggio d/2 del tubo d
capillare dalla relazione
d/2
R =±cose Fig. 2.10
33

Si ha quindi, sostituendo:

z
m

da cui:
4T cose ( 2. 12)
.am = d ( Y m - Y a)

Nel caso di menisco acqua-aria entro tubo di vetro, con T =


0,076 gp/cm, e= o•, y
m
= 1 gp/cm 3 , y
a
= 0,00123 g p/cm 3 ~ O, ri-
sulta:

~ 4 · 0,076 0,3 1
z
m -1-·--r- -d-

essendo d, a m espress i in cm.


Nel la forma p iQ comune :

z d = 31 (rnm 2 )
m

l ' espressione v a sotto 11 nome di Zegg e di Jkr i n ( I . JURIN, ingle-


se , 1718). Il fenomeno già pr ima (1670) era stato intuito da G . A.
BORELLI .
La legge è stata determinata sperimentalmente , come sperimen-
talmente è stato determinato 11 risultato

z
m
d = - 1 4 (nun 2 )

per 11 me ~iaco me r c ur io -aria, che trova analoga giustificazione t~


erica.
Si fa notare che, per pura coincidenza numerica, 11 risultato
precedente è anche valido per 11 menisco mercurio-acqua; ed è que-
sta una p~oprietA molto favorevole perché, nel corso delle diverse
misurazioni, il mercurio è a volte a contatto con l 'acqua, altre vol
te a contatto con l'aria.
Le formule di cui sopra permettono di stabilire la correzio-
ne da apportarsi alle letture piezometriche per tener conto dell 'ef
fette del menisco; in termini di pressione, come evidente, essa è
assai piQ importante quando si impieghi come liquido indicatore il
mercurio anziché l'acqua.
34

2.4. 8aromeuo. Pressione atmosferica


Per la misura della pressione atmosferica si usa un particol~
re apparecchio chiamato barometro (E.
TORRICELLI, 1644), che è costituito da
un tubo capovolto in una bacinella,nel
quale, fatto il vuoto, il liquido, di
peso specifico ym' sale ad un'altezza
hB tale da equilibrare la pressione
(atmosferica) agente sulla superficie
della bacinella. he
Avremo infatti (Fig. 2.11)

dove p 1 è la pressione nello spazio s~


vrastante la colonna: e pertanto

Fig. 2.11

A seconda del liquido usato, l'altezza barometrica è diversa:


per esempio usando mercurio essa è circa 13;6 volte p1Q piccola di
quella che si avrebbe usando acqua.
Pur con tutte le precauzioni per eliminare ogni rientro d'aria
e fare una chiusura ermetica della calotta, la pressione p 1 non può
mai venire ridotta a zero, in quanto nell'ambiente regna comunque la
tensione di vapore del liquido (p 1 = p v) ; è favorevole l'impiego del
mercurio anche perché per esso il valore di pv è quasi nullo (0,01
mmHg) •
Pertanto, entro la precisione di 0,01 mmH, la pressione atmo
g -
sferica può essere valutata col barometro a mercurio con la formu-
la

Il valore del peso specifico è ym = 13,595 kp/drnlalla ternper~


tura di o•c ed al livello del mare, per la latitudine di 45°. Va-
riando il valore della gravita con l'altitudine e la latitudine,e
la densita del mercurio con la temperatura, il valore del peso sp~
cifico va corretto con la formula data dalla fisica, per ottenere i
valori della pressione, e determinare la cosiddetta altezza barome
trica corretta.
35

Il valore norma le della pressione atmosferica corrisponde ad


un'altezza barometrica di 760 mm , nelle condizioni sopra indica-
88
te. Ad essa corrisponde un'altezza di colonna d'acqua pari a

0,760. 13 • 595 = 10,332 m.


1

E' questa l 'unitA di misura chiamata atmosfer>a fisica (1 atm =


1000 x 10,332 kp/m 2 = 1,0332 kp/cm 2 ), che nelle applicazioni vie
ne semplificata nell'atmosfer>a tecnica (1 at = 1 kp/cm 2 ).

2.S. Principio delle preac idrauliche


Una diretta applicazione della legge idrostatica , giA indica-
ta da B. PASCAL nel 1683, si ha nelle pr>esse idrauliche, costitui-
te da un sistema meccanico
schematizzato in Fig.2.12,da
cui si ottiene una forza con
siderevole a prezzo di una

., . ....-G,
. forza minore applicata. I due
cilindri sono di sezione di-
versa e in essi sono co l loca
ti due pistoni scorrevoli a
tenuta, tali da sostenere ce.E_
te forze applicate F 1 ed F2
rispettivamente, tramite un
volume racchiuso di liquido
Fig. 2.12
incomprimibile.
Le pressioni esercitate
sui pistoni da parte del li-
quido sono p 1 , p 2 , in genere
tra loro differenti in base alla relazione:

essendo z 11 dislivello tra le facce inferiori dei pistoni, e y il


peso specifico del liquido.
D'altra parte, dette A 1 , A 2 le aree dei pistoni, G 1 , G 2 i ri-
spettivi pesi, risulta:

P2 = P1 + yz = + yz
36

da cui:

Nel caso particolare in cui sia z = O o comunque yz trascura-


bile, e trascurando pure i pesi dei pistoni, avremo:

Az
F 2 = Fl - (2.13)
A1

cioè la forza F 2 risulta legata allaF1 dal rapporto delle rispett!


ve aree.
Poiché, in assenza di attriti e con una tenuta perfetta, il l,!
voro virtuale di questo siste111a è nullo, detti Az 1 , Az 2 gli spost_!
menti compatibili dovremo avere:

ma, siccome 11 liquido è incomprimibile, gli spostamenti Az 1 , Az 2


sono inversamente proporzionali alle aree dei rispettivi pistoni,
perché una variazione di volume AV 1 nel primo cilindro dovrà esse-
re uguale e contraria a quella AV 2 nel secondo; per cui si ottiene:

(2 .15)

che, sostituita nella (2.14), conferma la (2.13).


Questi sono i principi che regolano le applicazioni delle pre_!
se idrauliche. Nella pratica bisognerà tener conto di un rendimen-
to del sistema inferiore all'unità, in relazione alle varie perdi-
te che inevitabilmente si manifestano e alle resistenze che si in-
contrano nel movimento.

2.6. Spinta sul fondo. Pando110 idrostatico


Esaminiamo la spinta che viene ~- d~terminarsi~y_lla _~uperficie
di fondo di un recipiente su cui gravi una pressione derivata dal-
l'altezza del liquido contenuto (Fig. 2.13).
Se 11 fondo è orizzontale e a è l'altezza , detto dA l'elemen-
to di superficie del fondo, la forza su di esso sarà:

dF z p dA = y z dA
37

ove y è il peso spec ifico del liquido.

A
F-yzA

8)
A
F

b}
Fig.2.13
l A
F

e}

Poiché la pressione è uniforme sul fondo in quanto z è costan-


te, la spinta complessiva F che agisce sull ' area A del fondo è data
dall'integrale, esteso all ' area stessa, della forza sull'el emento di
superficie:

F = i p dA .. L
yz dA • yz L dA • yzA (2 . 16)

La spinta sul fondo è perciò pari al prodotto della pressione


ya per l'area; essa risulta evidentemente applicata nel baricentro
della sezione, in quanto si tratta del risultante di forze paralle-
le di uguale intensità.
Se, mantenuta costante l'area A del fondo e l 'altezza ~el li-
quido, si considerano diverse forme del recipiente (vediFig. 2 .1 3),
la spinta rimane identica, sia come intensità che come punto di ap-
plicazione. Si tratta del cosiddetto "paradosso idrostatico", già
chiarito da STEVINO (1586) in base al cosiddetto "principio di soli
dificazione". Infatti, nella situazione b) della Fig , 2.13, la par-
te liquida tratteggiata puO considerarsi, senza alterare l ' equili-
brio delle forze, sostituita da sostanza solida avente il medesimo
peso specifico del liquido; e viceversa nella situazione c).Non si
modifica di conseguenza la spinta P sul fondo.

2. 7. Spinte su superficie piane


Consideriamo una superficie di area A, che appartenga ad un pi~
no inclinato, e che sia a contatto su una delle facce con un liqui-
38

do (Fig. 2.14) avente una superficie libera.


In figura la traccia o-
rizzontale della superficie
libera interseca in O la
a,, traccia del piano inclina-
to su detta superficie. Il
ribaltamento a destra del
piano inclinato ci porge la
forma di A.
Su un elemento di area
dA agisce una spinta dF, d~
ta dal prodotto della pre~
centro di spinta sione a quella profondità
p = yz per l'elemento dA:
Fig,2,14

dF = p dA = yz dA

Consideriamo l'angolo a che 11 piano inclinato forma col piano


orizzontale; assunti gli assi z, y come in figura, avremo:

y sinCl = z •

L'integrale delle forze dF, esteso a tutta l'area A, ci porge


la forza complessiva agente:

F = L p dA = L yz dA = y sina

L'integrale cosi espresso corri sponde al valore del momento


statico dell'area A rispetto alla traccia del piano (asse x), e pe!:
tanto risulta:

L y dA = Yc A

dove Yc è la distanza da essa del baricentro dell'area considerata.


Quindi:

F = y sina Yc A ( 2 . 1 7)

dove zG è la quota d'immersione del baricentro.


Si può dire, per estensione, che la spinta esercitata su una
superficie, di forma qualsiasi, contenuta in un piano, è data dal
39

prodotto dell'area per la pressione in corrispondenza al baricen-


tro dell'area, ~ normale ad essa ed è diretta verso la superficie
premuta.
Definiamo come centro di spinta e l'intersezione della retta
d'azione di F con il piano contenente l 'area A. Le coordinate y,
e
xc del centro di spinta si otterranno eguagliando 11 momento di F
rispetto agli assi alla somma dei momenti delle forze elementari
dF rispetto agli stessi.
Il momento dM della spinta agente sull 'elemento generico, ri
spetto all'asse x,vale :

dM =y dP = yyz dA = yy 2 sino dA

e pertanto 11 momento complessivo riguardante l'intera superficie


sarll:

M= Ly dF = { yyz dA • y sino L ij 2 d A

ove l' integrale scritto corrisponde al momento d'inerzia Io di A


rispetto all ' asse x:
t y2 dA = Io

D' altra parte si ha per definizione;

e qui1,di:

M y sino Io y sino Io Io
= ( 2. 18)
Yc = F = y ZG A Y"!lc sinn A '!le A

Applicando 11 noto teorema di Steiner :

dove IG è il momento d'inerzia rispetto all'asse, parallelo ad x,


passante per 11 baricentro, risulta:

( 2. 19)
40

Il centro di spinta C risulta quindi più basso del baricentro


G. La distanza yc - yG, se una data superficie viene collocata a
profondità diverse, diminuisce con l'aumentare della profondità.
Per una qualsiasi rotazione della superficie attorno al suo a2
se orizzontale baricentrico l'intensità della spinta F = y zGA non
varia, perché essa dipende solo dalla profondità zG. Varia invece
la posizione del centro di spinta e, poiché varia I 0 . se l'area si
porta in un piano orizzontale, risulterà e = G ( § 2. 6) , in quanto
nella (2.19) Yc • ~.
Analogamente, prendendo i momenti delle forze elementari dF e
della forza complessiva F rispetto all'asse y, si ottiene:

y sina T--,--
xy
X = (2.20)
e

dove ora I-xy


- è il momento centrifugo dell'area A rispetto agli as-
si;;, !i.
se l'asse y passa per il baricentro dell'area, e questa è ge2
metricamente simmetrica rispetto a tale asse, sarà Iiy = O. Dunque
(come evidente) il centro di spinta, come pure il baricentro, gia~
ciono sull'asse di simmetria.
In particolare, se la superficie premuta è rettangolare, con
le basi b orizzontali, soggiacenti di z 1 , z 2 al pelo libero (Fig.
2.15 a)), la spinta vale:
2 _ 2
Z2 - Z1 Z l. z l
F = yb = yb 2 sina
sincx

ed il suo punto di applicazione dista dal pelo libero:

sina 2 1
+ - ------ ---- -----
2 sina 12 3 sina z ~ - z f

Se la superficie è addirittura in piano verticale, ~ la aua


base superiore coincide col bordo libero (Fig. 2.15 b)), la spinta
vale, per una profondità z della base inferiore:

1 2
F =
2 ybz

ed il suo punto d'applicazione si trova alla profondità zç = z. j


E' facile vedere che le espressioni indicate per la spinta cor
rispondono al volume <lel solido che si ottiene portando normalmen-
41

r
T
2
zo
-1 3l
,+
w-r.. * I
l--b-4
b)

Fig, 2 . 15

te, a partire dai punti della superficie premuta, i valor i delle ri


spetti ve profonditA mol t i plicati per 11 peso specifico y (so Zi-
do deZZe pr essioni ) . La base di questo solido è 11 trapezio , ovv e -
ro 1 1 t r iangolo deZZe pressioni , rappresentati nelle Fig. 2.15a) e
b).

2.8. Spinta 111 superficie curve quabiasi


Si consideri ora una superficie curva premuta, come in Fig .
2.16. La spinta e
lementare su un e X
/
lemento di essa dA /.,,

____ _____ p;
/
/
sarà ancora: dA .,,.,,-
I
I I I t
I I I I I
I
dF = p dA = yz _q_,1 . I I

lz
I
A
I
I
Per dete:r:mi-

d -----------
i ---------
nare gli sforzi
sull ' elemento,che
-·---------
---·-------
avrà una giacitu-
F=yzdA
ra qualsiasi, co~
z
viene assumere dei
piani di riferirne~ Fig . 2 . 16
t o, stabil endo un
s i stema di coordinate cartesiane ortogonali con gli assi~, y oriz
42

zontali giacenti nella superficie libera e l'asse z verticale ed 2


rientato verso 11 basso. Prenderemo in considerazione le proiezio-
ni della spinta elementare sui piani (y, z) , (x, z) , (x, y) :

sul piano (y ,a) dF X = dF cosa


sul piano (x ,z) dF y = dF cosa
sul piano (x ,y) dF z = dF cosy

dove a, a, y sono gli angoli fra la normale orientata alla superf!


cie considerata ed i rispettivi assi coordinati.
Risulta:

dF X yz coso dA

dove dAxè la proiezione di dA sul piano yz normale ad x.


Analogamente si trova:

dF y = yz dA y
(2.21)
dF z = yz dA z
Si osservi che quanto si è ricavato per valutare la spinta su
una superficie piana si può trasferire alle componenti, rispetto ai
piani coordinati (y, z}, (x, z) , della spinta sulla superficie curva,co~
siderando le componenti stesse F , F come spinte sulle proiezioni
X y
AX , A y della superficie curva in esame.
Per le componenti orizzontali Fx ed F avremo cosi le rispet-
Y
tive intensità e le posizioni dei centri di spinta.
Per la componente verticale Fz, si vede che il termine dF z =
= y z dA 2 porge il peso del fluido sovrastante l'elemento premu-
to dA.
L'integrazione fornisce il volume complessivo sovrastante la
superficie curva in esame e quindi la componente verticale F 2 del-
la spinta è pari al predetto volume, moltiplicato per y. Tale for-
za è diretta verso il basso se il volume sovrastante è un volwne li
quido real.e, verso l'alto nel caso contrario d.i un volume ideal-e
(superficie premuta sovrastante).
Le tre forze F X , F y , F Z cosi trovate non hanno solitamente ret
te d' azione concorrenti in un punto, ma sono riducibili, per una
legge generale della meccanica,ad una forza e ad un momento.
Esistono particolari condizioni di simmetria (ad esempio: ca-
43

lotta sferica, cilindro a base circolare) per le quali le spinte so


no riducibili ad una forza unica (con momento nullo).

2.9. Equazione globale dell'equilibrio


Se isoliamo dal restante fluido in quiete (od in moto rettili-
neo ed uniforme) un volume delimitato da pareti solide reali o da!
deali sezioni, l'equazione dell'equilibrio alla traslazione sarà e-
videntemente data dalla relazione vettoriale:

p dA e = O (2. 22)
e
dove C è la forza peso e 1' integrale rappresenta l'insieme delle spin-
te elementari dovute alle pressioni p agenti daZZ'eeterno aZ Z 'int er
no sul contorno Ac.
L'utilità della relazione emerge per rendere s pedito il compu-
to della risultante delle forze di pressione su superficie curve o
composite An, che sarebbe di complicata valutazione, qualora sia po!
sibile isolare dalla complessiva superficie di contorno A e alcune
porzioni A in cui la valutazione possa farsi direttamente con mez-
8
zi noti: ad esempio quando si tratti di sezioni piane .
Potremo pertanto scrivere :

p dA + f s
p dA • O

da cui (invertendo 11 segno) la cosiddetta r e azi o ne deZ fluid o sul


l'involucro:

p dA + Q (2.23)

Un caso di interessante applicazione è quello'delle forze che


cimentano le pareti di un tubo riempito di fluido, che vi esercita
pressione.
Supposto il tubo orizzontale e diviso in due metà da un piano
diametrale pure orizzontale (Fig. 2.17), l'azione delle pressioni sui
due semicilindri di lunghezza .t risulta, applicando la (2. 23), ed e!
sendo p la pressione sul piano diametrale:

FR = pd2. + G/2

dove i segni - e+ valgono rispettivamente per il semicilindro su-


44

periore e per quello inferiore.


Pertanto sull'intero cilindro, isolato dal resto, la sola fo~
za esterna agente provo-
cata dal fluido è il suo 'i,(-J
peso G.
La valutazione di _F R
può servire per valutare
la sollecitazione unitaria
o nel 1 'involucro del tubo,
T
qualora lo si consideri di
spessore sottile s rispe!
to al diametro d. Infatti
per equilibrare la F R do-
vranno esercitarsi sulle
due sezioni delle forze di
9 fil(+}

trazione T = ots tali che

2T = 2ote = FR
Fig. 2.17

Se si trascura l'effetto del peso (perché prevale quello del-


la pressione, o perché il fluido contenuto è un gas leggero, o pe~
ché infine il tubo è verticale),risulta immediatamente:

p = E.È. (2.24)
2s
che è la cosiddetta formula di Mariotte (E. MARIOTTE, 1679) per i
t.ubi sottili.
Con analoghi mez-
zi può essere ricav!
ta la sollecitazione
sul collegamento di
un fondello applica-
to al fondo di un r~
cipiente (Fig.2.18).
Pure di inlnediata
derivazione è la spi!!
ta longitudinale F R
dovuta al restringi-
Fig, 2.18 mento di un tubo (Fig.
2.19) orizzontale: e!
sendo costanti i va-
lori della pressione
45

. _:_1~1- lffeìr_1_u~L 'k I

I
--+1----------
Fig. 2 . 19

p sull'asse e quindi sul baricentro delle due sezioni piane. A 1 , Jl 2


praticate a monte e a valle del restringimento, si ottiene:

( 2. 25)

come valore globale risultante dalle for~e elementari di pressione


-dFx lungo l 'involucro convergente ,proiettate sull'asse del tubo,
Altro caso di grande interesse è quello della spinta dovuta
ad una curva o ad un gomito inserito in una tubazione (l' eaaione
suZ gomi to ).
Isolanao l'elemento con le sue sezioni di estremità la r isul
tante 1R delle forze di
pressione esercitate sul
le sue pareti, che non
è di facile valutazione,
viene determinata dalla
conoscen7ia del peso ~
del fluido contenuto, e
delle spinte che si eser
citano attraverso le s~
zioni anzidette. Assun-
ti nei centri di spinta Fig. 2 20
( in genere differenti tra
loro in base al dislivello) i valori p 1A1 , p2A2 (essendo p 1 , p 2 i
valori delle pressioni medie baricentriche) ,a~remo quindi:

( 2. 26)

Nel caso particolare di un gomito giacente i,n orizzontale (Fig.


46

2. 20) , non si ha componente del peso e le pressioni sono uguali (p 1 =


= p 2 = p) : se poi la sezione è costante (A 1 = A 2 = A) , chiamato a
l'angolo fra gli assi del tubo, la risultante ha 11 valore:

a
F R = 2pA cos 2 (2.27)

ed è diretta lungo la bisettrice dell'angolo a, verso l'esterno.

2.10. Solido immerso in un fluido


Si immagini di i sol are da un corpo solido un elemento prisma-
tico orizzontale di sezione infinitesima (Fig . 2 . 21). Questo tagli~
rà sulla superficie
del solido due fac- )(

ce opposte di aree
dA', dA", su cui le
rispettive pressio-
ni p sono uguali in
quanto esse si tro-
vano alla medesima
profondità.Osserva~
do che le aree dA',
è A" hanno ident:..ca
proiez i one dA sul
piano verticale nor
z
male all' asse del-
l'elemento, risulta
che la risultante Fig. 2 .21
delle due spinte e-
lementari è nulla. Nullo è perciò il contributo delle forze di pre.!
sione sul solido per ciò che concerne le proiezioni della spinta sui
piani verticali.
Considerando invece un elemento verticale d i sezione infinit~
sima, i l risultato è diverso in guanto, pur avendosi ancora la ste_!
sa proiezione dAz sulle due facce orizzontal i normali all'asse , si
ha s uperiormente la pressione p ' ed inferiormente la pressione p•=
= p' + ya, se a è il dislive l lo fra le due facce.
Risulterà perciò una spi nta elementare (dal basso all'alto):

e per l'intero sol ido immerso, il cui contorno è A ,si avrà perta~
e
47

to:

Fe = y f
A z dA e
e
= _yil

Si enuncia pertanto 11 principio di ARCHIMEDE (3° sec. a.C.),


secondo cui un corpo solido indeformabile immerso in un fluido pi-
ceve una apinta dal basso verso l'alto pari a l peso deZ volume del
fZuido apoatat~. Tale spinta, detta di aoatentamenta, o di Archim~
de, sarA applicata ovviamente nel centro del volume e del flu i do
spostato.
Studiamo ora le possibili posizioni di equilibrio di un corpo
immerso di peso G, che riceva una spinta di Archimede Fc yV, d i -
retta verso l'alto.
Nel caso Fc > G prevale la forza verso l'alto ed 11 corpo si
porta in condizioni di gatteggiamento.
In questa situazione la spinta di Arch i mede viene ridotta al-
la sola parte immersa del corpo , cosl da eguagliare il peso del cor
po stesso .
Nel caso F e < G prevale la forza verso 11 basso ed 11 corpo
scende verso 1 1 fondo .
Per un'analisi piQ accurata occorerebbe cons iderare l ' ipot esi
che 11 flu ido modifichi con la p rofond i t i 11 suo peso specifico (b!
tiscafi), ma per piccol i spostamenti lo s i può considerare costan-
te).
Se pertanto, nell'ipotesi F e < G , si vuol mantenere il corpo
immerso ad una certa profonditA entro 11 fluido, occorrer.i applic~
re al corpo stesso una forza verso l'alto di intensitA pari a G -
- F e = G'. Questa grandezza G' è indicata come pe s o apparente del
solido nel dato fluido.
Nel caso Pc= G ogni posizione è di equilibrio (indifferente)
rispetto alle traslazioni. Invece rispetto alla rotazione sussist2
no diverse possibilitA, a seconda della mutua posizione del centro
di massa G e del centro di volume C del corpo.
Per esempio, consideriamo una sfera leggera zavorrata intern~
mente, in modo che il baricentro di massa si porta praticamente nel
centro della zavorra (Fig. 2. 22), mentre il baricentro di volume co
incide con il centro della sfera.
Sempre sussistendo la condizione F e= G , nel caso a) (baricen-
tro G piO alto di C) per un piccolo spostamento si introduce una
coppia che tende ad allontanare l'oggetto dalla posizione di equi-
librio; nel caso b) (baricentro G piQ basso di C) la coppia deriva
48

ta da uno spostamento tende a riportarlo invece in quella posizio-


ne.
Nel primo caso l'equ!
librio alla rotazione dice
si instabiZe, mentre è sta
biZe nel secondo.
Nel caso che G e eco
incidano, l'equilibrio è in
differente. Questo si può
verificare quando il corpo
immerso è costituito da una 8) b)

sostanza omogenea di peso


Fig. 2.22
specifico pari a quello del
liquido, oppure da masse~
terogenee distribuite simmetricamente rispetto a l baricentro, pur-
ché il peso dell 'unit! di volume risulti mediamente pari a quello
del liquido.
un caso particolarmente interessante è quello dei sommergibi-
li, per i quali tutte e tre le posizioni di equilibrio sopra pro-
spettate sono possibili, a seconda che nelle speciali casse di za-
vorra l'acqua di mare venga introdotta od espulsa mediante l'immi~
sione di aria compressa.

2.11. Applicazione alle misure di densità. di peto e di volume


a) Den1imetro
E' un galleggiante di vetro, a forma di stelo terminante a bulbo,
che nella parte inferiore è za-
A vorrato e superiormente porta una
graduazione lungo lo stelo di s~
zione A (Fig. 2.23) .
Introdotto in un liquid~ con de_!!
sit! compresa nel suo intervallo
di taratura , esso galleggia rim~
nendo immerso fino ad una deter-
minata suddivisione della scala:
dalla lettura di essa si ha la
densità del liquido in esame.
Di solito i l densimetro è CO,!!
Fig. 2.23 globato aà un termometro poiché
49

la densitl varia sensibilmente con la temperatura.


Se y è il peso specifico del liquido campione (generalmente a.5:.
qua alla temperatura di 4°C) e ,i il volume spostato in condizioni
di galleggiamento, risulta:

G = yV

Ponendo il densimetro in un altro liquido di peso specifico y ' ~ y ,


11 peso G restando costante, dovrìl variare 11 volume per uno spost!!.
mento t:.h verso l'alto o verso 11 basso, diventando V +
t. h A , e quindi:

G = y' (V+ t:. hA)

Eguagliando le due espressioni si ricava:

t,h = + (y' -y) V


y'A

11 che permette di far corrispondere, ad ogni valore della scal a


graduata, un determinato peso specifico per il liquido in cu i 11
densimetro è immerso.

b) Delerminuione del peso specifico dì un corpo mediante immersione


Si supponga di conoscere mediante pesata 11 peso G (in aria)
del corpo in esame, di natura omogenea e di peso specifico Ym · Lo
si immerga in un liquido di peso specifico y < ym ; per tenerlo so-
speso occorrerà applicare una forza verso l 'alto, mediante un filo ,
pari al peso apparente G' = G - yV. Pure questa forza è determina
bile per pesata,
Poiché V = G , avremo sostituendo:
Ym

Si ricava di conseguenza anche il volume V.


Per una misura di grande precisione occorrerebbe considerare
che, nelle pesate, sia il corpo in esame sia i pesi che lo equili-
brano sono soggetti ad una spinta di sostentamento, per quanto as-
sai piccola, dovuta all'immersione nell'aria.
50

2.12. Galleggiamento
L'abbassamento di un galleggiante dalla sua posizione di gal-
leggiamento determina un aumento del volume di liquido spostato,
quindi della spinta di sostentamento: perciò esso tende a salire
e a riprendere la primitiva posizione. Per un sollevamento, nel ca
so inverso, prevarrà l'azione del peso. Quindi la posizione di gal
leggiamento è di equilibrio stabile rispetto a spostamenti vertic~
li. E' chiaro che l'equilibrio risulta indifferente per spostamen-
ti orizzontali.

a)

t!:'"'f"""~
. . ·-·r·-· ------
1

E
A

e)

Fig. 2 .24

Per l'equilibrio rispetto alla rotazione va esaminato quanto


segue, con speciale riferiruentoagli scafi delle navi.
Sia G il baricentro, C il centro di spinta o cen t ro di care-
na (centro del volume V spostato, detto volume di carena) eden-
trambi giacciano sull'asse P. di simmetria (asse di galleggiamento)
in condizione di riposo (Fig. 2.24 a), per cui si ha l'equilibrio
delle forze

Fe yV = G

Consideriamo la superficie di galleggiamento (odi livello de_!


l'acaJa), formata dall'intersezione dello scafo con la superficie
51

libera, ed osserviamo che ogni piccola rotazione avviene attorno ad


uno degli infiniti assi giacenti in questa superficie. Tra questi,
ammessa la simmetria dello scafo rispetto ad un piano verticale lo!!
gitudinale, acquistano particolare importanza l'asse longitudinale
(attorno al quale si verifica il moto di rollio) e l'asse trasver-
sale (moto di beaaheggio) .
Poiché il pericolo di instabilità è, come evidente, assai pr2
nunciato per i l moto di rollio, è per esso che viene ricercata la
condizione di stabilità.
La sezione trasversale dello scafo, che contiene (in condizi2
nidi riposo) i punti O e e allineati, taglia in o la traccia del-
la superficie di galleggiamento; la piccola rotazione considerata
a vviene attorno all' asse d 'inc linazione longitudinale che passa per
o.
Nella posizione inclinata dello scafo,esaltata in Fiq. 2.24 b),il
baricentro C rimane nella stessa posizione rispetto allo scafo, ma
il centro di carena viene a trovarsi in C ' 1 cioè nel centro del nu2
vo volume immerso.
Per le piccole oscillazioni considerate 11 volume di carena ri
mane 11 medesimo: infatti la parte immersa a destra per ragioni di
simmetria è equivalente a quella emersa a sinistra.
Evidentemente , perchè l ' e quil ibrio del galleggiante sia stabl
le, occorre che la coppia delle forze peso e spinta sia tale dari
portare il galleggiante alla posizione iniziale .
Da semplici considerazioni a ppare sufficiente che la retta di
a zione della spinta applicata in C' intersechi l'asse di galleggi~
mento in un punto superiore al baricentro G dello scafo . Questo
deve avvenire per tutte le oscillazioni della nave, ed anche,
al limite, per un'oscillazione infinitesima; i l punto intersezione
tende infatti ad abbassarsi col diminuire dell'angolo di inclina-
zione, portandosi ad una posizione limite M. Questo punto è detto
metacentro; 11 suo significato compare la prima volta in un tratt~
to navale di P. BOUGUER (1746).
Per calcolare la posizione del metacentro si procede nel se-
guente modo. Si consideri il galleggiante in posizione inclinata;
le parti immersa ed emersa della carena, che sono per ipotesi due
cunei equivalenti, determinano rispetto all'asse d'inclinazione di
traccia O due momenti uguali e dello stesso segno, tenendo conto del
diverso verso di rotazione.
Calcoliamo il momento di ciascun cuneo: indicato con 68 l ' an-
golo di inclinazione del galleggiante, l ' elemento dA della superfl
52

cie A di galleggiamento (Fig. 2.24 c)) posto alla distanza generi-


ca x dall'asse, risulta ruotato di un arco pari a

x sin68 xoe

Il volume immerso od emerso

dv x oe dA

corrisponde ad una spinta elementare di galleggiamento

dFc = ydV = yx 60 dA

esercitando un momento

dM = yx 2 68 dA

Il momento totale delle due parti (positivo nel verso di ro-


tazione antiorario) sarà allora:

M = i yoe x 2 dA yéa Io (2.28)

ove Io è il momento d'inerzia dell'intera superficie rispetto al-


l'asse longitudinale d'inclinazione. A questo momento deve corri-
spondere quello determinato dallo spostamento da e a e• del centro
di spinta della carena, che è pari a yVx', essendo x' la distanza
tra le rette d'azione passanti per e e per C'. Si ottiene in defi
nitiva:

yVx' yo8 I 0

Dalla figura risulta

x' = CM sinoa CM éa

da cui

Viene definito distanza metacentrica il segmento orientato


d m = GM avente per estremi il baricentro e i l metacentro; risulta
allora, posto e= GC:
53

d ( 2. 29)
m

Se df/l risul ta positivo, cioè il punto M è più a l to del punto


G, l ' equilibrio alla rotazione è stabile .
Quando non esistono superficie di fluttuazione (corpi immers i,
sottomarini) è sempre I 0 = O; quindi dev ' essere e negativo ( bari-
centro più basso del centro di spinta) .
Per questa determinaz ione analitica si calcola agevolmente sia
il volume di carena sia il momento d ' inerzia Io; meno agevole rie-
sce la determinazione di e, perché si tratta di trovare 11 barice~
tro di uno scafo in genere non omogeneo, con spazi vuoti e con ma-
teriali vari non equiripartiti, oltre naturalmente ai carichi eve~
tuali. Va poi attentamente considerato, per la valutazione della P.2
sizione del metacentro, lo spostamento in oscillazione dei fluidi a
superficie libera , contenuti nelle navi cisterne .
La maggiore
o minore comod i -
tà di una nave è
in relazione al-
la distanza met~
centrica; infat-
t i ir:i una nave i_!:!
clinata si cost! Fc
tuisce una coppia e·
dm00
(detta mome n to d1:
richiam o ), che te_!:!
de naturalmente a
riportarla nella
posizione primi-
tiva . La coppia è
Fig. 2 . 25
data da due forze
uguali e contra-
rie applicate in
C' e in G (Fig.
2.25), con un braccio , per piccole oscillazioni, pari a

d m sin 6e " d m ~e
54

per cui il momento di richiamo è dato da:

M = Gd m 66 (2. 30)

E' chiaro che tanto maggiore è dm, tanto più forte è il mome~
to di richiamo, a parità di inclinazione 60 , e quindi tanto più ra
pido il ritorno che succede ad uno sbandamento della nave.
Infatti, trattandosi di un moto di rotazione, l'equilibrio di
namico è rappresentato, in assenza di resistenza, dall'equazione
differenziale

I d 2a M = - Gd 8 y'ld e
G dt 2 m m

dove IG è i l momento d'inerzia baricentrico delle masse rotanti, e


a2 a
W è l'accelerazione angolare.
L'equazione scritta è quella di un moto armonico, avente peri2
do:

T = 211
1/Tc
y~--- (2.31)
m

Per navi che debbano ritornare rapidamente in assetto normale


(navi da guerra, imbarcazioni sportive) dm deve essere piuttosto
grande (0,90 - 1,50 m). Sarà di valore ridotto per la comodità del
viaggio e la sicurezza dei carichi per 1 transatlantici e per le na
vi mercantili (0,45 - 0,60 m).
La formula ottenuta suggerisce anche la possibilità di ottene
re la distanza metacentrica dm di una piccola nave per via sperime~
tale, mettendo in oscillazione la nave con un carico mobile, per es.
in coperta, e stabilendo 11 periodo di oscillazione. Noto il momen
to d'inerzia delle masse rotanti ed il peso, si ricava d m.
Nella valutazione analitica (per angoli compresi tra 0° e 10°)
dm rimane praticamente invariata al variare di 66 , ma oltre questo
valore non risulta più lecito sostituire a sin.Se il suo argomento
6 0 . Ciò implica una complicazione considerevole nei conteggi per la
determinazione di dm. In genere si procede in sede di progetto per
valori piccoli dell'angolo oe e poi si controllano sperimentalmen-
te i risultati per angoli maggiori, per esempio inclinando la nave
mediante riempimento di compartimenti stagni.
In questo modo si conosce il momento che provoca l'inclinazi2
ne e lo si eguaglia al momento (2.30) M = Gdm oe dovuto alleduefor
ze Fc e G.
55

Si ricava un diagramma dei valori di d m in funzione dell ' ang~


lo 68, che può essere misurato con procedimenti geodetici con otti
ma approssimazione. Il valore di d m, ottenuto per via analitica
(2 . 29), dovrebbe coincidere col valore cui tende al limite nel dia
grarnma sperimentale così trovato, per 0 6 4 O.

2.13. Distribuzione della pressione in un fluido comprimibile


L'integrazione dell'espressione (2.1), relativa alla distrib~
zione delle pressioni di un fluido in quiete, è stata finora fatta
per un fluido incomprimibile utilizzandone i risultati .
Sia ora y non più costante, ma funzione della pressione e
quindi della quota h . Il caso risulta interessante per un gas com-
primibile, per esempio l'atmosfera, di cui si voglia valutare la di
stribuzione statica delle pressioni per una rilevante altezza .
Per la legge di variazione di y con la pressione si possono f~
re div erse ipotesi: la più semplice è che si tratti di una trasfor
mazione isotermica ( § 1.7) pv = cost, cioè:

P = ..L Po (2.32)
Yo

dove p 0 , y 0 hanno i seguenti valori al suolo (h = O) per la cosidd e!


ta a t mosfe r a norma ie , assunta a scopi aeronautici per poter conseQ
tire il confronto delle prestazioni degli aeroplani fatte in condi
zioni atmosferiche diverse:

p
0
= 10.332 kp/m 2 , v0 1,226 kp/m 3 (per t 0 1s0 cJ

Sostituendo nella (2 . 1) si ottiene:

dp Yo
- + dh = o
p po

e integrando, e definendo con i valori al suolo la costante:


Yo
ln p + - h = ln p
0
Po

da cui

Yo h
Po (2. 33)
P = Po e

Si osserva c h e, se si fosse ammessa la legge di distribuzione


56

idrostatica (2.2) con y = Yo = cost, cioè p = p 0 - y 0 h , la pressi~


ne avrebbe dovuto annullarsi ad un'altezza da l suolo:

Po 10.332
h = 8427 m
1,226

mentre, in base alla (2.33), l a pre$sione dovrebbe var iare con leg
ge esponenziale annullandosi teoricamente all'infinito.
In realtà l ' ipotesi di un valore costante della temperatura
nei l 'atmosfera è anche contraria alla realtà. Come valore medio r!
spetto alle variabili condizioni atmosferiche, per l 'atmosfera noE
male si considera una diminuzione di temperatura di 6,5°C ogni 1000
m d'altezza. Questo va le entro 1 limiti della "troposfera" che ha
l'altezza alle latitud i ni medie di 11 km (circa 8 km ai poli, cir-
ca 18 km al l'equatore) . Nella "stratosfera", per circa altri 35 km,
si ha un valore costante della temperatura, pari a - 55°C alla la-
titudine media .

h 12
\
l l<m /
11 \
I\ \
\
10

9
\

\ l\aJ
8
"· ,, \\
~
bf\ Ì\ I
7
' ,, ~}
6
,. \\:
' ' ' \ l\
I

4
' ', \\ ' l\s

' '· ~\
3 ,,
~

~1,
2
~~

o
00 0.2 0,4 0.6 0.8 p I.O
Po

Fig. 2.26
57

L ' ipotesi predetta di distribuzione della temperatura corri-


sponde a porre, in luogo della (2.32) , la legge

1, 235
p = ..:r... p (2 . 3 4 )
- ( yo ) o

con un esponente n = 1,235 intermedio tra quello n = 1 della tra-


sformazione isotermica e quello n = 1 ,4 dell ' adiabatica .
Computando con quest ' e spressione i n modo analogo alla prece-
dente , si ottengono i va l ori della curva b) della Fig. 2. 26, dove SQ
no pure riportati i valori dedott i con le ipotesi isotermica a) e i
drostatica c l.
Si vede che fino ad altezze di qualche centinaio di metri , a~
che la più semplice ipotesi idrostatica dà risultati praticamente
accettabili.
58

3 - CINEMATICA DEI CAMPI FLUIDI

3.1. Metodi di indagine


Nello studio della meccanica dei fluidi si possono usare due
metodi di indagine cinematica: quello proprio della meccanica cla~
sica (detto metodo Lagrangiano) che consiste nella determinazione
analitica della traiettoria delle singole particelle, e quello (de!
to metodo Euteriano), che si fonda sulla determinazione della velo
cità e delle sue variazioni in ciascun punto del campo fluido, in-
dipennentemente da quali particelle si trovino a passare nel punto.
Nel metodo Lagrangiano si tratta di determinare per ogni par-
ticella le sue posizioni cartesiane (x, y, z) in funzione del tem-
po t, cioè la sua traiettoria, mediante relazioni del tipo:

X = X (X O, y O, Z O, t)

y (3.1)

in cui x 0 , y 0 , z 0 sono le coordinate del punto occupato dalla pa~


ticella stessa nell'istante t = O. Se ne ricavano poi i valori del-
la velocità e dell'accelerazione in funzione del tempo t.
Poiché in un campo fluido, che è continuo, vi sono 003 partice!
le, teoricamente si dovrebbero stabilire equazioni per 003 traietto
rie diverse. In ogni caso il metodo risulta complicato, per cui vi~
ne utilizzato solo per l'analisi di qualche problema particolare, in
cui sia sufficiente esaminare il moto di un numero limitato di pa~
ticelle.
Il metodo Euleriano consiste nella cosiddetta osservazione
puntuale o locale e conduce alla determinazione della distribuzio-
ne vettoriale della velocità, istante per istante, nei singoli pu~
ti del campo fluido. Le relazioni per le componenti cartesiane del
la velocità sono del tipo:
59

V V (x, y, z, t )
X X

V V (x, y , Z I t) ( 3 . 2)
y y
V V (x, y , z, t )
z z

Si può subito notare che le (3. 2) sono legate alle (3. 1) tra-
mite la definizione della velocità:

dx = V dt
X

dy = V dt (3 . 3)
y
dz = V dt
z

Infatti, associando i due gruppi di relazioni, si ottengono


tre equazioni differenziali c he , integrate, legano lo spazio al
tempo . In q ueste tre equazioni compaiono le costanti d'integrazio-
ne che si possono interpretare come le coordinate della singola paE_
tice l la all'istante iniziale.
Nel caso che nelle (3.2) non compaia la variabile tempo (cioè
la velocità, pur potendo variare da punto a punto nello spazio , pr~
senti la stessa distribuzione in qualsiasi istante ), 11 moto si de
finisce come permane nte . Nel caso piil generale di dipendenza anche
dal tempo il moto è detto v a ri o .
Da un punto di vista rigoroso tutti i moti fluidi reali sono
vari, tuttavia nella tecnica si fa spesso ricorso al moto permane~
te, che è evidentemente 11 p iil semplice, in guanto normalmente si
ha a che fare con condizioni <li regime che · presentano v ariazioni
molto piccole per osservazioni condotte in un ragionevole interv al
lo di tempo.

3.2. Lince di corrente. Tubo di flusso


Il problema di rendere visivo l'andamento delle ve locità nel-
la rappresentazione euleriana del campo fluido può essere risolto
tracciando in esso, istante per istante, delle particolar i linee,
tangenti in ogni punto al vettore velocità, dette Zinee di corren-
te o Zinee di ftusso.
Evidentemente esiste una sola possibilità per tracciare le l!
nee di flusso, cioè esiste una sola rappresentazione del campo flu_i
do istantaneo per mezzo di linee di flusso . Infatti le linee di flus
so sono matematicamente descritte dalle (3 . 3) considerando la situ~
zione ad un dato tempo t 0, e quindi eliminando la relativa variabile .
60

Nel moto vario, in generale, le linee di corrente presentano con


figurazione diversa da istan te ad istan
linee di
te; e da esse sono distinte le traietto corrente '""'
I
rie (Fig. 3 .1) . I 12
Avremo, in definitiva, due equazi2 r,
ni indipendenti:

dx ~ dz (3 . 4 )
V V V
X y z

che per integrazione porgono un sistema


di 00 2 linee, istante per istante tange~
3 Fig. 3.1
ti alle 00 traiettorie delle particelle.
Nel moto permanente, invece, le traiettorie e ie linee di cor-
rente coincidono, in quanto una particella in moto ha la velocità tan
gente ad un'unica linea di corrente, che è anche la traiettoria che
essa percorre.
Oltre alle tr aie ttorie ed alle tinee di corrente, si definisc2
no nel campo di moto altre linee, dette Zinee di fumo o fitetti . E~
se sono il luogo dei punti in un dato istante raggiunti dalle partf
celle che, negli istanti precedenti, avevano tutte attraversato un
punto fisso del campo. Ovviamente, nel caso di moto permanente,i fi
letti coincidono con le linee di corrente e con le traiettorie.
Prendiamo ora nel campo fluido una linea chiusa qualsiasi (non
coincidente con una linea di cor-
rente), e consideriamo le infini-
te linee di corrente che si appo~
giano ad essa. Evidentemente il 12
ro insieme costituisce un involu-
cro ideale (che può essere even-
tualmente anche materiale) ,la cui
caratteristica fondamentale è quel
Fig, 3 . 2
la di non essere attraversato dal
fluido in movimento, per la definizione stessa di linea di corrente.
L'elemento così definito prende il nome di tubo di fZusso (Fig.
3. 2).

3.3. Portata ed equazione di continuità del tubo di flusso


Consideriamo il fluido che transita attraverso un' area finita
entro lo spazio fluido . Sia dA l'elemento dell'area e v la veloci-
tà corrispondente al punto col qua l e si può confondere dA. In un in
t ervallo d i tempo ~t , su f ficientemente piccolo da poter riguardare
61

v costante, il percorso della particella, che all'inizio si trova-


va su dA , è dato da v ot , ed è in direzione della velocità; alla fi
ne dell'intervallo, pertanto, le
particelle che in esso hanno at-
traversato l'area dA si trovano
in un pr i smetto di base dA e di
altezza vot (Fig. 3.3).
Il volume oV del prismetto
è dato dal prodotto di d A per
la proi ezione vnot di vot sulla
normale a dA:

6V V
n
d A6t

Di v idendo il volume oV per


6t , e face ndo tendere ot a z e ro, Fig. 3.3
si ottiene:

lì~
11m TI V
n
dA dQ (3. 5 )
ot .. o

dov e dQ è 11 differenziale di una grandezza cin e matica molto i mpor


tante, detta portata .
Per l 'area finita A , la portata sarà ovviamente data da:

Q = LdQ = { v ndA (3. 6)

La portata si misura, in entrambi 1 sistemi in uso (tecnico e


SI), in m 3/s.
Consideriamo ora, in un dato istante t , un tratto elementare
os d i un tubo di flusso, delimitato da una sezione iniziale e da~
na finale (Fig. 3.2).
Supponiamo dapprima il fluido incomprimibile . Se attraverso la
sezione iniziale transita la portata Q, attraverso quella termina-
le si avrà per continuità la portata:

Q + aQ os
as
Dopo un breve intervallo di tempo ot , risulta una differenza
di volume, fra quello uscito e quello entrante, pari a:

[
Q + ~
as 6 s ] 6 t - Q6 t = ;ias
Q 6 s ot
62

Si tratta di una quantità di fluido che, nell'intervallo ot ,


si aggiunge o si sottrae a quella inizialmente contenuta nel tubo
di flusso, il che richiede, ovviamente, una corrispondente dilata-
zione o contrazione della figura geometrica corrispondente inizia!
mente al tubo stesso. Se questo aveva una sezione media A, dopo lo
intervallo ot la sezione sarà divenuta:

A + ~ ot
at
e questo comporta una variazione di volume:

[ A + !~ o t ] 6s - Aos
aA
at &t o s

Uguagliando questa espressione a quella precedentemente otte-


nuta, e tenuto conto dell'inversione del segno, si ottiene sempli-
ficando:

(3. 7)

Questa espressione è detta equa z i one di con t inuità del tubo di


flusso; essa indica la relazione fra la variazione della portata
lungo il tubo stesso e la variazione nel tempo della sezione, per
un fluido in c omprimi b ile .
Il ragionamento precedente si estende al caso del fluido oom-
primibi l e se, invece della portata volumetrica Q, si considera la
massa competente oQ (detta anche por t a t a in massa) . Considerando la
variazione lungo s di oQé t (massa del fluido che attraversa il tubo
in un intervallo ét ), e quella della p Ao s (massa inizialmente con-
tenuta nel tubo di flusso) nel tem~o ot , si ottiene:

3 ( pQ ) + 3( p A) = O (3 .8)
as at

che è la forma piQ generale dell'equazione di continuità per un t~


bo di flusso, e, nel caso di p = cost, coincide con la relazione vo
lumetrica (3 .7 ) .
Se il moto è p e r manente , le sezioni di un tubo di flusso e la
densità sono invariabili nel tempo, e pertanto, rispettivamente nel
la (3.7) e nella (3.8):

~=o
at
e o
e di conseguenza:
63

o e a (i:iQ >
_a_s_ = o

il che si esprime come segue:


La portata (in v ol ume o i n massa ) non var i a Zungo u n tub o di
fluss o in regime di moto permanente .
La pro posi zio ne è val i da, istante per istante, a nc he in un mo to
vario d ovuto al la s o la variazione d ella po1:: tata nel tempo ( ~~ i- O}.

3.4. Rappresentazione dei moti permanenti dei fluidi incomprimibili


De finiamo ora i l valor e medio V d e lla veloc ità ri f e r ito a d una
sez ione tra sversale d i un t ubo di fl u sso :

V = gA = .1._A f
A
V
n
dli ( 3 . 9)

Discende da quanto si è detto che , se il f l uido è incomprimi-


bile , Q è costante lungo un tubo di flusso , in regime di moto per-
manen te; pertanto nelle successiv e sezioni trov iamo :

Q V 1A 1 = V 2A 2 = . . • V nA n = cost

Rifer i amoci al caso , assai i mportante per le appli cazion i tee


niche , di un campo fluido bidimensionale (tale c i oè che il moto s i a
uguale i n t u tti i p i ani paral l eli ad u n piano dato , considerando
una corr i sponden za lu ngo le norma l i ) . Inv ece di una portata vo lu-
metrica spaziale ,
sarà da conside- _.1.....:
q _ __ __ _ _ ~ - - - - - -- --
,1
;::2q_ __ _ __ _ _ _ _ _ _ _ _ _ __ _ __
rars i u na po r ta-
t a per un ità di .1q
.- - · --·
larghe zza I!. nor- ,1q(~ · - ·

ma le ai s udde tt i .1q(2}
p i ani, cioè q =
= i (m2/s).
.1n,v,-
I n questo c~
so i l moto è bene
Fig. 3 .4
raffigurabile in
un p i ano con le tracce di linee di corrente, come in Fig. 3.4.
Ciascuna coppia d i successive linee d i corren te delimita un t~
bo o canale di flusso, entro cui sco rre la portata costant e òq (i)=
= V òn , se t.n è la larghezza, cioè la distanza locale fra le due li
64

nee; e pertanto :

:·\ a, (i) = V /', YI 1 cost ( 3 • 9 I)


1

Questa rappresentazione è utile in quanto si può, per suo me~


zo, valutare a vista l'andamento della velocità lungo ciascun can~
le. I nfatti, ad una diminuzione di òn nella direzione de l moto cor
risponde un aumento di velocità, e viceversa.
Inolt r e, se si prendono eguali ad uno stesso valore òq le po~
tate elementari òq . dei singoli tubi di flusso, si può determinare
per ogni punto la ~elocità (data da V = ~~) in base alla locale la~
ghezza !m del tubo di flusso competente. Pertanto la rappresentazi,2
ne grafica ind i cata fornisce direttamente, per mezzo della ( 3 . 9') ,
l ' andamento della velocità in ogni punto del campo fluido .

3.5. Moto relativo


Nella meccanica in generale è usuale distinguere tra mo t o as -
s oiu t o {cioè riferito ad assi fissi, che possono approssimativame~
te assumersi solidali con la terra) e moto r•e Za t ivo (cioè riferito
ad assi mobili).
Per esempio, si pensi ad un corpo (un natan te, un aereo) che
si muova con v~
corpo mobile corpo fisso
osserv. fisso osserv. mobile locità rettili-
MOTO VARIO
nea ed uniforme
da destra a sin i
stra in u n cam-
po fluido . I l mo
to assoluto,cioè
per un osserva-
tore fisso a ter
ra, è var i o; il
sistema delle li
MOTO PERMANENTE nee di corrente
corpo mobile corpo fisso che istante per
osserv. mobile osserv fisso istante accomp~
Fig. 3.5 gna il corpo in
movimen to è ra12
presentato (nel
caso teor ico di fluido perfetto) nel l a Fig. 3. 5 a ) . Se però l ' o sser
vatore è mobile assieme al corpo, il moto a d esso relat ivo è perm~
65

nente; le linee di corrente coincidono con l e traiettorie, e risu l


tano come nella Fig. 3.5 b) .
Il passaggio dall ' uno all ' altro sistema si ottiene in base al
la nota rela zione vettoriale:

...
V (3 .10)
ass

dove v t è la veloci tà del moto di trascinamento, cioè, in questo ca


so, la velocità di moto uniforme del corpo.
Si noti che la situazione (b) è anche di moto permanente per
il caso in cui si tratti di un ostacolo fisso (come una pi l a di po_!!
te) investito da una corrente uniforme a moto invertito, cioè da s_!_
nistra a destra. Questa situazio ne di moto assoluto può essere , con
lo stesso procedimento, tradotta in una di moto re lativo per un os
servatore mobile con la corrente.
Una volta determinato l'andamento delle 1:1.nee di corrente è po.§_
sibile anche la costruzione delle tr~
iettorie nel moto vario. Queste si d~
terminano tenendo pr esente c he la pa~
ticella si muove tangenzialme nte alle
linee di corrente di moto vario che es
sa incontra successivamente . La Fig.
3.6 illustra il procedimento grafico
nell' esempio del corpo mobile della f i
gura precedente.
Il procedimento per cui un moto
vario può trasformarsi in un moto pe~
manente, sostanzialmente in q uanto si
modifica da fisso a mobile il sistema
di riferimento, è particolarmente pr~
ficuo nei casi in cu i i l moto avvenga
con velocità rettilinea unifcrme (CO,!!
di zioni di regime per un corpo solido
che avanza in un fluido; treni di onde
con velocità costan te d i propagazione
e simili). Esso è va l ido anche ai fin i . o
/{(~-
sperime ntali, nelle prove di sagome e
' -- --- + -·- ·- -· - -

profili ne l le cosiddette "gallerie ae Fig. 3 .6


rodinam ich e".
Tale proced i mento può anche app licar si ai mot i di rotazione at
66

torno ad un punto che avvengano con velocità angolare uniforme; in


particolare esso consente di esaminare sperimentalmente (con l'ar-
tificio dello strobo scopio ) l'andamento del flusso che investe le
pale delle turbomacchine .

3.6. Accelerazione
Secondo la rappresentazione euleriana l'accelerazione c he il
f _luido subisce in un particolare punto (x, y, z) del campo di moto
e in un determinato istante di tempo t viene definita come la deri
vata totale o sostanziale (derivazi o ne eu ieriana) del vettore velQ
cità rispetto al tempo:

Poiché secondo tale concetto la velocità dipende sia dal tem-


po sia dallo spazio, l ' accelerazione può riguardarsi come somma di
due termini, l'uno che rappresenta la variazione della velocità in
quel punto rispetto al tempo accelerazione Zocaie o t emperate ),
l'altro che corrisponde alla variazione che la velocità subisce pa.§_
sando attraverso quel punto lungo una traiettoria ( acceZerazione
convetti va o spazi aie) .
Indicando con i, J e t_ i versori di una terna cartesiana di ri
ferimento, l'accelerazione può perciò scriversi nella forma:

....
a .ai + ai <Ù. + ai ~ + ai dz.
ot ax d t òy dt oz dt
essendo:
V V
X
i + V
y
j + V
Z
t.
...
e rappresentando .au. l'accelerazione locale e gli altri termini la
at
accelerazione convettiva.
Poiché la terna è fissa e quindi è costante anche la direzio-
ne dei versori, ogni loro vettore derivato (il ai , li ••• ) è nul
at ox ay
lo, per cui, sviluppando e proiettando sui tre assi la relazione
vettoriale dell'accelerazione, possiamo scrivere le sue componenti
c ar tesiane nella forma

dv av X av X dx ;)V dy av X d z
X X
aX
dt at + dX dt + ily dt + az dt
dv av av_
_ Y dx av y dy av d z
_J_
ay = _J_ + _J_
dt + ay d t + 3z dt ( 3. 11 )
dt at ax
dv z <lv_
_ z + av z dx av z dy av z dz
az at - + ay dt +
dt ~ dt 32 dt
67

dove possono farsi le sosti tuzioni ddxt = v ,


gJJ_d
. "' v , dz = v .
X t y dt Z
Si ritrova qui la distin z ione fra moto vario e moto permane n-
, ÒVx ~ ÒV z
te (per il quale sono nulle le componenti ? t , ò t , at).
Peraltro, utilizzando l e coordinate int r i nsec he (s, n ,m) , cioè
ad ogni istante punto per punto la tangente , la normai e principa7,,e
e la bi nor male alla traiettoria, la componente convettiva dell'ac-
celerazione ri sulta :

a ( ~) ds + d ( V i ) dn + È_ (V~ ) dm ( 3 . 1 2)
fi VS 1, dt cl n s dt am s " dt

Per tale terna, e ssendo i d enticamente nulli i valori delle com


dn dm
ponenti u0 =ate vm = at del-
la ve loc ità, ricordando dalla _ _!.P:.,....,...::;;::~ - - -
meccanica che il d eriv a t o de l
versore tangen te è u n v e ttore
(che giace s u l p iano oscu lato-
r e ) di modulo~ e con direz io
!? -
n e ortogonale a quella de l v er
sore stesso (Fig. 3 .7), dalla
(3.12 si ott i ene:
Fig. 3.7

a (v i > ds ( 3 . 1 3)
rs s Tt

Pertan to , proiettando sugli assi della t e rna intr inseca l ' e-


spressione vettoriale dell'accelerazione, tramite la ( 3.13) , le sue
componenti si possono scrivere nella forma :

a ll

av V's
an aT + 7f (3. 1 4)

avm
am = at
Da notare che se a
s
= o i l moto è uniforme , se o
n
=am =O il
moto è rettilineo , se a
s
an am o i l moto è retti 7,,ineo ed u -
niforme.
Un moto può essere a c c el e rat o o ritarda to (a I O) anch e n el
caso permanente
av =
(TI O) ; si tratta infatti di variazioni della v~
5

locità lungo la t r a i ettoria. Nel moto vario può sussistere questa


variazione, ma vi si aggiunge una variazione locale della veloci-
tà in fu n zione del tempo .
68

3.7. Dilatazione, deformazione, rotazione del mezzo fluido


Per chiarire il signifi cato delle compo nenti euleriane della
accelerazione , esaminiamo i movimenti possibili del mezzo fluido
(G.G. STOKES, 1845); ed allo s c opo prendiamo in esame in esso un p~
rallelepipedo elementare di spigoli
6x, 6y, éz (paralleli agli assi caE
tesiani) in un dato tempo t, ricer-
cando le modificazioni che esso vie
ne a subir e nel tempo in virtù d el
campo di velocità che gli è applic~
to .
Per semplificare l'analisi con
sideriamo ìl moto bidimensionale per X

c i ascuna coppia di facce. Presa ad i)v"


+-- òx
esempio quella ne l piano xy, sarà da " i)x

considerare il rettangolo ABCD (Fig.


Fig. 3.8
3.8) di lati ox, oy . Le velocità nei
vertici, partendo dalle component i
vx' v y in A , avranno per ragioni di
continuità le componenti:
A ( V X) (v )
y

av
X
av y
+ __
B (v + - ox) (v
X ax- y ax ox)
av X avX av_
_ y av
e (V +
ax 6X + ay oy) (V y + 6x + _y
6y)
X ax ay
av X av_
_ Y
D (v + - (v
ay-
oy l + 6y)
X y ily

traslazione deformazione lineare


ÒVy
Tv'" ovor
ÒVx OX 0(
ÒI<:
b)

- ÒV,c Oyot

~ -"'
6~
d)
oa
deformaz ione angolare rotazione

Fig. 3 .9
69

Vediamo ora il significato de i vari termini di queste espres-


sioni . Se le derivate parziali della vx e della v y sono nulle , ev!
dentemente nel tempuscolo 6 t successivo a t tutti i punti si spost~
no della stessa quantità, per cui il rettangolo A RCD è sottoposto
ad una traslazi o ne con veloci tà data appunto dalle componenti v x,
u
y
(F'ig. 3 .9 a).
Il significato di 6x, ;~x ;~v
~Y appare evidente se si consi-
dera (Fig. 3 . 9 b)) che sotto la loro azione il rettangolo subisce
una dilatazione (o contrazione), per cui i lati variano in ~t la lo
ro lunghezza di ~ ~x 6x6t , ~~ Y 6y6t . Si tratta quindi di una de f o r=
mazione li neare, il cui valore unitario (cioè per unità di lunghe~
za dei rispettivi lati) ha per componenti ~v x 6t , : 11 v 6t . La velo-
a:Z: •Y ~
cità della deformazione lineare unitaria ha pertanto i valori~.
~
ay
Le figure 3 . 9 cl e 3. 9 d) illustrano la funzione dei termini
~~ x 6y e ~~Y 6x , che danno luogo a modificazioni angolari, nel tem
po 6t , pari a:

av
-r;/-- 6x6t
f,t:,. .. oB = -

Il valore 6a - 68 = ( ~~Y + !11


x )6 t rappresenta (caso cl) la
av òv
aw aY
defo rmazio ne angolare del rettangolo, e
6a - 66
ot = + lari Px W
spettiva velocità di def orma zione.
Invece la rotazi o ne (caso d)) , gualififata dall'angolo di cui
ha ruotato la bisettrice in A , è data da:

av
fo + 68
2
1 (
= 2 ai'- - ayav x _)
e la velocità di rotazione è quindi 21 ( ~ avx
ax - ay) .
Evidentemente quanto detto per il caso bidimensionale può es-
sere esteso per sovrapposizione degli effetti all'intero campo flui
do tridimensionale, per cui avremo, in definitiva, i seguenti movi
menti :
A) Traslazione (Fig. 3 . 10),
la cui velocità ha per
componenti nelle tre d!
rezioni:

(3 . 15) Fig.3.10
70

B) Deformazione lineare (Fig .


3. 1 1), la cui velocità ha
per componenti nelle tre
direzioni:

av X av z

~
( 3 . 1 6)
ax 'F

Fig. 3. 11
Cl Deformazione angolare (Fig.
3 .1 2), la cui velocit~ ha
per componenti nei tre pi~
ni coord i nati:

av_z
_ av
2r, + _z
ay az
av x + _
__ av_z
2n ( 3. 17)
az ax
av av X
2 t; = _z
ax
+
ay""" Fig .3.12

(il fattore 2 è introdotto per omogeneità col caso seguente de.!:,


la rota z ione) .

D) Rota z ione (Fig . 3.13) rap


presentata da un vettore
che ha, rispetto ai tre pi~
ni coordina t i, le compo-
nenti :

av z av
2w
X ay - _:t.
az
......

av x
__ av z
__
2wy oz - ox ( 3. 18 l Fig . 3. 13

av av X
2wz = __:t_
ax - ay

Nell ' analisi vet tori a le il vet t or e i ;:; , avente le component i d2;
te dalle (3 . 18), è detto il ~oto~ e dell a velocità v ; in simboli :
..
2~ = rot ; ( 3 • 18 I )

Po ssi amo o r a d ividere i mot i fl u i di inrlue g r andi gruppi : que.!:,


71

li per cui rot t è diverso da zero imoti rotazi0nati) e quelli per


....
cui rot v = O (moti i rro ta z ionali ).
Perché sia irrotazionale , il moto deve dunque soddisfare alle
seguenti condizioni:

~az =o

av x _ __
__ av z
o ( 3. 19)
az ax
av
_.:J.._ = o
ax

Possiamo osservare che la componen te a x de ll'acc elerazione può


scriversi anche nella seguente f orma:

av X av av X av av z
a
X
=
tt - V
y (~ 3 !I )
+ V
z (dZX a"x) +

+ a (v~
.!2 ax + v2y + V~ )

che d i scende dalla prima delle (3 .11) aggiungendo e sottraendo


~ = .! 2 L av z = 1 a
2 ax V z . Altrettan to dicasi per le com-
V y a .:i:
2 2
ax V y e v z ilx
ponenti a y , a z • Tenendo conto che i termini tra pa r entesi sono pr2
pr io le componenti (3 . 18) del rot ; , a v remo in definitiva :

av X 1 3
aX = 2v w + 2 w (v 2 + v 2 + V 2 )
z y + -2 ax
V
at y z X y z

av 1 a
ay _:J.. - 2v w +2 V w + - - (V 2 + v2y + V 2) (3. 20)
at z X X z 2 3y X z

av z 1 a
az "'at- - 2v X w y +2 (V 2 + v2 + V 2)
V
y
w
X
+
2 az X y z

Qualora però valgano le ( 3. 1 9) per essere il moto irro t aziona


le, le componenti de ll 'acce lera zione si semplificano come segue:

3vx 1 av 2
aX + 2 ax
3t

;)Vy av 2
ay = -a t - + 2 ay ( 3. 21 )

al)z 1 av 2
a -
at- + 2 aa
z
72

essendo

V =v V~ + v ~ + V~

Un'importante proprietà dei moti irrotaz ional i è c h e le condi


zioni d'irrotazionalità (3. 19 ) post ula no l 'esistenza di una funzio
ne d> (x , y, z; t ) , tale che:

V V il V (3. 22)
X y ay z

o, più generalmente :

..v = grad <1> (3 • 22 I)

La funzione ~ è d etta p oten z i a te del le v e l oc i tà ; ne l mo to pe~


menente es sa è i n dipe ndente dal temp o , e dipend e solo dal punto x,
y , z nel campo fl u ido.

3.8. Equazione di continuità nel campo fluido


I l p rincipio di conti nuità , già esaminato per il tu bo di f l u~
so (ved i § 3.3), s i espr ime p iù ge n e r almente in un'al t ra forma mol
to int eressante. Iso liamo nel campo flu i do un parallelepipedo di
spigol i o x , é y , 6 2 (Fig . 3.8) paralleli a gli assi coordina t i.
Ad u n certo istante t le velocità n ei vertici avranno l e c om-
ponenti già ricavate (per ciascun piano coor dinato) nel § 3.7.
Se prendiamo in c o n sideraz ione gli spig o li para lleli all'asse
x, si nota c h e la differe n za del le vel ocità ai lo ro estremi è data ,
i n q uella di rez ione , da ;~ x é x. Per tanto , come si è visto , al p a s-
sare del t emp o é t gl i spigol i del cubo si dila tano o si acco rc iano
della q uan ti tà avx
ax oxo !. , determinando un aumento o decremento di vo
l ume pari a

av X
~ 8x 6t ( 6yé 2)

Facendo l o stesso rag i oname nto per g l i spigoli paralle li ad y


e z , s i trova una rispettiva var ia zione d i vo l ume pari a

av
_ y éy6 t ( 6x ò z) e é z ot ( 6 x èy )
dy

Da ta l 'i ncomprimib i l ità d el f l uid o e per la legge d i conserv~


73

zione della massa, il volume del parallelepipedo durante la defor-


mazione deve rimanere costante, per cui la somma delle tre variazio
nidi volume deve essere nulla.
Si trova in definitiva:

o ( 3. 23 l

La (3. 23) indica c he in un fluido incompl" im i bi Ze la velocità


n on può contemporaneamente crescere (o diminuire) in tutte e tre le
direzioni. Le velocità della deformazione linea re lungo i tre assi,
def in ite dalle (3 .16), non sono perciò indipendenti l e une dalle al
t:re.
Poich é è arbitraria la scelta degli assi coordinati, l'espre§
sione ora ricavata è invariante nel campo f luido, E' la si denota c~
me dive l"g e nza del vettol"e velocità . Si ha pertanto, in tutto il ca~
po fluido:

div v= o . ( 3 • 23 I )

Se il fluido fosse oomprimibiZe , estendendo alla massa il r!


gionamento fatto per il volume, si otterrebbe analogamente:

a (pV ò ( pv ) <Ì P
+
+ --""'z_
az a7 -- O (3. 24)
in quanto la variazione tra la massa entrante e quella uscente at-
traverso il parallelepipe do dev e essere pari e d i segno opposto a!
la variazione della massa inizialmente contenuta nell'elemento. La
(3.24) può anche essere scritta:

div
....
( pV ) +
aP
at o ( 3 • 24 I)

Per p = cost (fluido incomprimibile) la (3 . 24) si riduce ovvia


mente alla (3.23).

3. 9. Circolazione e rotazione
Si definisce come flusso del vettore v l'integrale, esteso ad
una linea di estremi B, 8 ' (Fig. 3 . 14) , de l p rodot to scalare v ·d1 :
B,
... -+

J
B v · ds = (V dx +
X
V
y
dy + V
Z
d ?,)
74

Se la l i nea EB ' è c h iusa (cioè se B = R '), l' integrale pren-


de il nome di c ir cola z io n e o o irouitazione e si definisce con r :

f (V dx + V d y + V dz)
X y Z
(3. 25)

Se il moto è irrotazionale,
cioè le componenti della veloci-
tà derivano (3. 22) da un poten-
ziale <P , risulta:

Fig .314

<P B - ~ BI

Pertanto, lungo una linea chiusa, se i l campo fluido è sempli


oemente connes s o (ta le cioè che nel contrarre la linea fino a ri-
durla a qualsiasi suo punto interno, essa trovi sempre particelle
fluide) la circolazione è nulla nel moto irrotazionale, essendo <P B=
= <P B I .
Indicando con A l'area del la superficie racchiusa entro la li
nea, e suddividendola in aree elementari <'ì A , risulta evidente che
la sollUlla delle circo-
lazioni or attorno ad
esse è uguale alla ci.E
colazione attorno al-
1' intera superficie,
cioè lungo la relati-
va linea di contorno.
A Infatti i contributi
degli elementi affia~
cat i, percorsi una vol
ta in un verso e una
Fig. 3 . 15
v olta nel verso oppo-
sto, si elidono mutua
mente (Fig. 3.15).
75

Calcoliamo ora la circolazione per un'area piana elementare


.SA = 6x6y, costituita dal rettangolo di Fig , 3 .8, avente i lati
paralleli agli assi x, y.
Risulta (assunto positivo il verso antiorario):

V xC + V D V D + V A
---=--X- OX Y 2 Y oy =
2

1 av av av
X
(vx + 2 ;ix <'ìx) 6x + (v y + _J_
ax
ox +
2
--.J. oy ) .sy
ay -
av X 1 ai, av
- (v
X
+ ay 6y + X
--..:i.
2 ~ ox) <'ìx - (v y + 2 ay <'ìy ) <'ìy

E pertanto, passando a valori infinitesimi :

or dr av av
lim TA ( --..:i. - __x) = 2c.,
oA .. O 611 ax ay z

e quindi
av av
(--..:i. - _ xl dxdy (3. 26)
ax ily

Se ora passiamo dal caso piano ad una superficie qualsiasi nel


lo spazio di area A , la suddividiamo in triangoli di lati element~
ri, e sommiamo le circolazioni attorno a questi , otteniamo ancora
la c ircolazione r lungo l a linea di contorno di A , che risulta e-
spressa 1alla seguente relazione:

r =
f f(
A
av z - ~ ) dydz + (~~,:: - ~:..l dxdz
ay az az ax
-t ( ~ -
ax
~Yv x) dxdy
o
(3.26 ' )

ci0è, in base alla (3.25)

r = f v·ds Lf rot v·dA (3. 26")

E' questa una formulazione enunciativa del celebre t eo Pema di


Stokes , che permette di trasformare un integrale di l inea in un in
tegrale di supe rficie, e viceversa .
Risulta che la circolazione r lungo il contorno della superfl
...
cie ,1 è l egata alla distribuzione del rot v all'interno d,e ll ' area
76

stessa; in particolare, se rot t O, la circolazione è nulla. Si


ritrova dunque ancora dimostrata l a pr~
posizione che nel moto irrotazionale la
circolazione ha valore nullo in tutto il
campo fluido.
Un moto rettilineo uniforme lungo
le parallele linee di corrente ha rota-
zione nulla. Un moto pure rettilineo, ma
con velocità diversa da linea a linea di
corrente (per es. con velocità vx Cy
crescenti linearmente a partire da v x
= O), ha rotazione diversa da zero (nel
1
caso esaminato w = - 2 C).
Fig .3 .16 z
Un moto piano lungo circonferenze
di raggio R concentriche ad o è irrotazionale se v = v
s
= fR '· tale
condizione risulta, assumendo le coordinate intrinseche nel piano
tangente alla traiettoria, d alla relazione

av av
~ s -vn o

che corrisponde ad una delle (3.19) e che, tenuto conto della


(3.13), si scrive anche:

<lv V
s s
an 7f
Poiché dn =- dR e nell'ipotesi che il moto sia uniforme (a
5
=
= O) , si ha come unica equazione:

ed integrando

ln v + l n R = ln e

cioè appu nto

e ( 3.27)
V = R

I n tale ipotesi la circolazione è infatti nulla l ungo tutto il


contorno di ogni area (come l'elemento d i corona circolare ABCD di
F ig. 3, 1 6) che non comprend a nel suo interno i l centro O · di rotazione;
77

risulta infatti :

Peraltro, se si considera nella stessa figura un cerchio gen~


rico di raggio R , lungo la sua circonferenza si ha:

r = 2nRv = 2n C i O

da cui i l valore della costante C = r/2n .


Il moto è quindi rotazionale, con rotazione

r (3.28)
A

per un ' area che comprende il centro; e la rotazione tende ad un va


lore infinito nel centro stesso per R ~ O.
Questo risultato non è fisicamente accettabile; in realta si
isola attorno al centro un nucleo che ruota con velocita angolare w
costante, e quindi con velocità tangenziale v = v = wR , per cui la
6
rotazione è la stessa sia per le aree esterne al centro :

wR~a - wRya
= 2w (3 . 29)
~ ( R2 - R2 )
2 2 I

sia per le aree che contengono il centro:

(3 . 29')

D'altra parte, a distanza dal centro, il moto irrotazionale è


il solo accettabile, perché il moto con velocità angolare costante
porterebbe a velocità tangenziali infinitamente grandi per R ~ oo .

3.10. Cenni sulla teoria dei vortici


Se trace iarno in un campo fluido, animato da moto rotazionale,
una linea tale che la sua direzione in ogni punto sia quella dello
istantaneo asse di rotazione per quel punto, otteniamo una Z-i nea
vorticale .
Essa è rappresentata dalla relazione:
78

dx = <!.Ji. = dz (3.30)
w w w
X y z

che è analoga a quella (3.4) della linea di corrente.


Vale inoltre per essa una relazione di continuità:

div z; o ( 3. 31)

che si ottiene derivando e sommando le (3.18).


Se si prendono tutte le linee vorticali che si appoggiano ad
una linea chiusa che racchiude
un'area A, si ha un f1: iamen to
vortieoso (Fig. 3 .1 7),o più sem-
plicemente un vortice ,per il qu~
le (se l'area è sufficienteme~
te piccola così da ammettere in
essa costante 2; = rot ~) vale
la relazione (H.HELMHOLTZ,1858):
Fig. 3 .17
2wb.A A r cost (3. 32)

In tal modo si può mettere in analogia la circuitazione con la


portata di un tubo di flusso elementare:

vliA t, Q = cost

Discende da una proposizione di w. TP-OMSON (Lord KELVIN) che


una linea vorticale è sempre composta dalle stesse particelle,a~
che se essa si sposta o modifica la propria forma. Inoltre una l!
nea vorticale non può avere inizio o termine all'interno del cam-
po fluido, ma solo in corrispondenza ad una superficie di separa-
zione con altro mezzo, o ad una parete solida; altrimenti si ri-
c h iude su se stessa. Altrettanto dicasi dei filamenti vorticosi:ne
sono esempi in natura le trombe d'ar i a e le trombe marine. Un fila
mento che si ri chiude su se stesso è il ben noto anello di fumo.
Filamenti vorticosi isolati inducono un moto irrotazionale nel
restante campo fluido, come è stato i ndagato nel § 3.9 ; i campi di
motn de i diversi filamenti si influenzano vicendevolmente. La Fig.
3.18 illu stra i moti risultanti di due vortici della stessa inten-
sità o d i diversa intensità aventi conc o r de o discorde verso di ci!_
colazione. Una parete piana di guida è per un vortice l 'analogo de.!_
79

l a prese nza d i un i deale vo rt i c e spe c u lar e , della ste ssa i nt e nsità


e di verso o pposto d i cir c o lazione; ne r i su l ta un moto del vort ice
stesso l o ng itud i nalme nte a l l a parete.

-t =fa

F;g.3.18

Infine deve farsi menzione delle cosiddette schie r e di vorii-


a i , che possono concepirsi in un fluido irrotazionale in corrispo~
denza ad una ideale discontinuità delle velocità , quale può aversi
nella riunione di due correnti parallele ma di diversa velocità, ad
esempio a valle di un ostacolo non simmetrico rispetto alla direzi_!2
ne della corrente principale (Fig . 3 . 19). Si dimostra che , d e tta
òV = v 1 - v 2 la dif f erenza delle velocità , essa può riguardarsi ge
ner ata dalla circolazione dr di ciascuno dei vortici, al limite in
f initamente pi ccol i , che formano la schiera illimitata , in base al
la rel azione:
dr
ÒV
Tx

- ---,--'-VI- ~
- - - -.1---1

Fig . 3 .19
80

dove x è l'ascissa lungo l'asse .


La schiera è tendenzialmente instabiZe , nel senso che ogni an
che piccola perturbazione tende ad ondularla sempre più intensame~
te e a farla degenerare nella formazione di singoli vortici isola-
ti.
In presenza di d ue schiere parallele d i vortici elementari qu~
li possono staccarsi dai bordi di un corpo prismatico o cilindrico
allungato, posto trasversalmente ad una corrente (moto bidimensio-
nale), la formazione di vortici in grande che ne deriva può acquist~
re, sotto talune ipotesi, una configurazione stabiie, con un distaf
co alternato dei vortici che è stato studiato particolarmente da
T h • VON KARMAN (1 91 2) •

b= a/0,281

Fig_3 . 20

La cosiddetta soia vorticosa di von Karman è una configuraziQ


ne asimmetrica, caratterizzata dal rapporto

a
b 0,281

f ra la distanza a delle due schiere di vort j_ci e l'intervallo b con


cui si succedono i vortici stessi (Fig. 3.20). L'andamento istant~
neo delle linee di corrente risulta pure dalla figura.
La trattazione teorica fornisce anche il valore
81

V =
r
s
b 1a
per la velocità con cui i vortici si allontanano, a va l le del cor-
po solido fisso che li origina, essendo r l ' intensità della circo-
lazione del singolo vortice.
Pur essendosi fatte varie ipotesi non è ben chiara la valuta-
zione della distanza a in rapporto alla dimensione trasversale d del
corpo, nè quella d i r in relazione alla velocità v 0 della corrente
indisturbata; su basi sperimentali, i seguenti valori forniti da D.
B. STEINMAN (1946) possono ritenersi applicabili al cas0 di un ci-
lindro circolare fisso in una corrente a pelo libero (Fiq. 3.21):

a a b V
d " 1,3 b " 0,30 d " 4,3 Vo
s " O, 86

&ld-!e~-[-------e - -:-::6vo--
•1 a , 1.3 d

---- - --..r&-----------6--
1 • b =3.33a
• I
Fig . 3.21

Si noti che la schiera di vortici rimane indietro rispetto al


la corrente, essendo v9 < Vo -
La frequenza del distacco sarà ovviamente:

V 0,86 Vo Vo
s
f = 0,20
b " 4, 3 d d

Al rapporto adimensionale

St Di (3. 33)
Vo

si dà i l nome di numero d i 8tro u ha t (V . STROUHAL, 1878). Esso è i l


parametro a d i mensionale fondamenta l e per i fenomeni di vibra z ione
connessi con il moto fluido .
82

4. FONDAMENTI DELLA DINAMICA DEI FLUIDI PERFETTI

4.1. Fluido perfetto. Equazioni di Eulero


Esaminiamo ora, nel caso più semplice di un fluido perfetto,
cioè in assen z a di sforz i viscosi ( § 1.6), le condizioni d i namiche
dell'equil ibrio, assumendo ancora all'interno del fluido l ' elemen-
to prisma t ico de l la Fig. 2 . 1.
Mettendo in conto anche la forza d ' inerzia 6m ax, dove 6m è la
massa dell'elemento e ax l a sua accelerazione nella direzione de l -
l ' asse, risu l ta :

ar dv
poA - (p + dX 6 .r) òA + yéA ÒX cosci i5m a x :)è/2 ox dlX

Ricor da ndo che è

- 6h = ox cosa

e passando agli infinitesimi, risulta:

ap ah
ax - y ax

Considerando il caso generale , i n cui il moto avvenga in una


direzion e qualsiasi, si ottengono analoghe relazioni anche per i r~
stanti assi y , 4 di una terna di coordinate cartesiane ortogonali;
e pertanto sì ha il sistema:

ap ah dv x
__
dX
+ y
ax - p
dt

èp ah àl!
'è!y
+ y
ay
= - p ~
dt
(4 . 1 )

a;; ah dv
az
+ y
;, z = - p
dt
z
83

essendo v X , v y , v Z le componenti d el vettore velocità v nel punto


generico P con cui coincide l'e l emento infinitesimo de l fl uido.
Le ( 4.1) sono le equa z ioni di EuZe Po (L. EULER, 1 755) che re~
gono i l mo to d i un f l uido perfetto soggetto al l a f orza d i gravità.
Nel caso di fluid i incomp PimibiZi , vah = a ( yh) , e per t anto l e
equazio ni di Eule ro ass umono la forma, consueta nell ' id raul i c a :

a dv X
a; (p + yh ) - p
dt
a dv
ay (p + yh) = - p ___;t_
dt
(4. 2)

a dv z
fi (p + yh ) - p
dt
Si noti c h e nella maggioranz a dei casi si comportano come in-
comprimibili i liquidi , ed anche i gas in movime n to fin che la ve-
locità non superi un certo valore: l'aria , ad esempio , èpraticame~
te u n fluido incomprimibile per v elocità non superiori a 100 m/s
circa (vedi anche § 1. 7) .

4.2. Teorema di BernouUi


Consideriamo nel campo fluido una traiettoria e prendiamo un
punto P qualsiasi di essa come origine d i un sistema di assi cart~
siani diretti , ris p ettivamente , lungo la tangente s , l u ngo l a nor-
male n , e l u ngo la binormale m (coordinat e intrinseche ).
Proiettando s u q uesti assi , le equazioni di Eulero ( 4. 1) si
scrivono , i n base a l le (3 .14) :

ap ah dv s av s a v2
a; + y
as = - p
dt =- p
at - p
as 2
s

ap ah dv
n
av v2
s
an = -
n
an + y p
dt = - p
at - p
R ( 4. 3)

ap ah dv m av m
clm
+ y am - p
dt - p
at
essendo R il raggio di curvatura d e lla traiettoria nel p u n t o P .
Da l la prima della (4 . 3 ) risul t a (essendo v - v nel punto P) :
5
84

~ ah + a v 2 av
P a s + gas as 2 - TI ( 4. 4)

per cui, nel moto perman e nt e:

1 aZ? + ~ + a v2 o
P "as" g as as 2

I ntegrando rispetto ad s, cioè lungo la traiettoria, siha pe~


tanto:

( f!P_ + gh v2
p + 2 = cost (s) (4. 5)
J

ovvero, fra due sezioni e 2 de lla traiettoria:

(4. 6)

L'equazione (4.5) vale in generale perifluidiconsideratico!!!


primibili e spesso viene semplificata e scritta nella forma:

f dn v2
;;;...:... + -
p 2
= cost (s) (4 • 6 I)

atteso che per i gas le differenze di quota h z - h 1 che si considera


no sono tanto piccole da non dare valor i significativi rispetto ai
termini di pressione.
La ( 4. 6) viene determinata in val or i fini ti eseguendo 1' integr~
zione del primo termine sulla base delle leggi d i stato p = P ( p ), che
si ritengono applicabili per il particolare problema (vedi § 17 .1).
Se il f l uido può considerarsi incom pr imibile , p = cost, l'in-
tegrale / ~ risulta semplicemente ; + cost, e quindi le (4.5), (4.6)
divengono, nella f o rma generalmente usata che si ottiene dividendo
per g :

cost ( s) (4. 7)

cioè, fra i due punti 1 e 2 della traiettoria:

P2 - P1
y "" o (4. 8)

Sono queste le espressioni del fondamentale teor>ema di Ber>n oul


ii , che si enuncia come segue (D. BERNOULLI, 1738):
85

"Per un fluido incomprimibile in moto permanente, è costante lu_!!


go ogni traiettoria la somma in ciascun punto dell'a ltezza geodet i
ca h (quota rispetto ad un piano stabilito di riferimento) e dei ter
2
mini E, v
Y e 2g
"
. 2
I due termini h e ~g hanno un chiaro significato energetico.
Infatti 1 • h = h è l'energia potenziale di un peso unitario di flui
2 2 -
do rispetto al piano di riferimento, mentre¼. ; = ~g è l'ener-
gia cinetica posseduta dalla massa corrispondente all 'un ità di pe-
so (aZtezza cinetica).
Per chiarire il significato del termine E consideriamo un
y
fluido incomprimibile in mo
to permanente, e in esso un
2 M2
tubo di flusso elementare, , s
cioè di piccola sezione , tal
-+ V2
\
ché in essa la velocità po~ ~
sa assumersi uguale in tutti
i punti; l'asse del tubo di
flusso coincida con la traie_!:,
toria s (Fig. 4.1). Sia ém la Fìg.4.1

massa fluida che lo attra-


versa i n un tempuscolo é t . Se v 1 , v 2 sono le velocità in due sezi2
ni qualsiasi 1 e 2, la massa pred etta sarà:

6m = p 6A 1 V I 6 t ( 4. 9)

Consideriamo l'energia di questa massa come costituita solo dal


termine potenziale e da quello cinetico; trascuriamo cioè l'energia
interna (di natura termica) da essa posseduta.
Poiché ammettiamo 11 fluido perfetto, cioè senza dissipazioni
di energ ia nel suo moto lungo la t raiettoria , la differenza fra l'~
nergi& della massa uscente da (2) e quella della massa entrante in
(1) nel tempuscolo é t, dovrà esprimersi come lavoro compiuto nel-
lo stesso tempuscolo dalle forze di pressione; a parte il passag:
gio di calore fra interno ed esterno che, analogamente a quanto so
pra, trascuriamo.
Questo lavoro sarà dato dalla differenza fra quello esercita-
to dalle pressioni p 1 nella sezione d ' ingresso e quello esercitato
dalle pressioni p 2 nella sezione d 'uscita.
Essendo i rispettivi spostamenti pari a v 16t e v 2 ot , il lavo-
ro sarà quindi:
86

Si avrà pertanto :

( 4 . 1 O)

e, tenuto conto della (4.9):

P1 - P2
y

cioè, in sostanza, la {4.8).


Il termine E
y
(alte zza pie z ometr i c a ) viene cosi qualif i cato co
me lavoro che deve compiere l'unità di peso del fluido e quindi co
me energia che le forze di pressione possono forni r e.
Nel caso di fluidi comprimibil i, non si può trascurare nè l 'e
nergia interna, nè il passaggio di caloredall'esternoall'interno;
con i qua l i termini l'equazione ( 4 .1 O) va completata.
Con le precisazioni fatt e , la costante dell'equazione (4. 7) ra12
presenta la sornroa delle tre forme di energia meccanica (pot en z ia le,
rii pressio ne e c i net i ca ) possedute dall'unità di peso del fluido;
essa è anche denominata en er gia s peci f i ca del fluido, e viene desi
gnata con E:

P v2
E h + - + ( 4 .11)
'Y 2g

Poiché queste energie linea dell'energia


sono commisurate ad altez- o dei car ich i total i
ze, la loro rappresentazi~
ne grafica può farsi come linea
nella F i g. 4.2. Ad ogni tr~
iettoria compete, in gene-
r ale, un diverso valore di
-- --- ---
piezometrica _ _ -=-::-=>-=--.._~

traiettoria PIY E
---
E . La l i nea d e ll 'en el" gia ,
che congiung e gli estremi
d i E: , detta anche tùi ea. d ei.
h
~a !" i a hi tota li , è per ciò 2
p iano
rizzontale per u n moto peE d i r i ferimento
manente che sia influenza-
to dalla sola forza di gr~ Fig. 4. 2
87

vità .
Particolare importanza e significato ha la somma dei termini
h e E
y
, la cosiddetta qu o ta pie z ometri aa :

h + E. ( 4. 1 2 )
y

La linea che congiunge g li es t remi di h' c or risponde nti ai di


versi punti de lla t r aie ttoria è d e tta linea pie z om et r>1:ca .
Si noti che in condiz i oni s tatic he la quota pie zome trica (4 .12)
è costante in tutt o il c ampo fl u i do; i n condiz i oni d i nam i che , i nv~
ce, essa varia lungo una traie ttoria s e va r i a d a punt o a punto la
v el oc i t à .
Altra forma usa ta oell ' equa z ione di Bernoulli è la segue n te :

v2
p + yh + p = cost (s ) ( 4 • 7 I)
2

Qui i termini han no la dimensione di una press i o ne , e possono


r iguardarsi come le energie (rispettivame n te di pressione ,pote nz i~
le e cinetica ) dell ' unità d i massa del fl u ido .

4.3. Altre deduzioni dalle equazioni di Eulero per fluidi incomprimibili


Si è visto nel paragrafo precedente come dall ' equazione di Eu-
lero proiett a t a l ungo l a tangente si ricav a , nel moto permanente ,
e per u n fl uido incomprimibile , il teorema d i Berno ul li , i l qua l e
ci fornisce l ' a nda men t o de l la pressione l ungo una traiettor>ia (o Z:f:.
nea di corr e n te ) in f unz i o ne della quota e del l a v eloci t à di cia s c un
punt o.
Se o ra nel sistema d e ll e equazioni d i Eu lero (4. 3 ) p re nd i amo
inve c e in considerazione, s empre ne l moto per mane nte , qu e lla proie!_
tata l ungo l a no r ma l e, r i sulta (pe r y ~ c o st):

a v 2
an (r + y h ) - p 7f ( 4 .13)

Ne segue c he, s e la traiettoria è r e tti l inea (R ~ = ):

per cu i , sempre per un fluido incomprimibile, l'andamento della pre~


sione in d ire zion e no r mal e a lla di r ezione del mo t o è come in un flui
do in quiete (d i s tr>ibu ;done i d r·o sta t ùJ a della pressione):
88

p + yh = cost

Se invece le traiettorie presentano una curvatura, la distri-


buzione della pressione P.On è p iù idrostatica, avendosi un gradie~
te di pressione verso 1 'esterno della curva, corrispondente alla
forza centrifuga, come indicato nella (4.13); e sarà pertanto:

p + yh -
f
p
v2
7f dn + cost (4 •1 3 I )

Consideriamo ora il caso generale di moto v aPio. Introducendo


1 'energia specifica E, l ' equa zione di Eulero lungo la traiettoria
(4.4) si scrive (sempre per fluidi incomprimibili, e dividendo per
g) :

'aE av ( 4 . 1 4)
as g TT
L'equazione mostra che, se il moto non è permanente, l' ener-
gia specifica E non rimane più costante lungo la traiettoria, ma v~
ria in dipendenza da Ll 'accelera zione a cui il fluido è localmente
sottoposto. Ad esempio, s e un'onda subisce una rapida decelerazio-
ne urtando contro un molo, si possono vedere i getti sollevarsi ad
un'altezza molto superiore a quella corrispondente alla sola ener-
2
gia cinetica, ~g , delle particelle mosse dall'onda.

4.4. Moti irrotazionali di fluidi incomprimibili


Fin qui abbiamo considerato che,lungo una qualsiasi traietto-
ria, il fluid o fosse soggetto alle sole forze di pressione e di gr~
vità; pertanto , lungo quella linea, n el moto permanente risulta c2
stante l'energia. Per le altre traiettorie, peraltro, si possono~
vere diversi valori dell'energia, definiti dai valori della costan
te di integrazione nella (4.7).
Le equazioni di Eulero conducono però a un risultato di part!
colare interesse, se si suppone che il moto del fluido perfetto sia
ir>r>Ota z ionaZe .
Introducendo le condizioni di irrotazionalità (§ 3.7), le com
ponenti dell'accelerazione sono date dalle ( 3. 21) , e per ta nto le
(4.2) divengono:
89

3 v2 av X
J x.
(p + yh + p -y) - p
u
d v2 3v_
_ y
ay ( p + yh + p -y) - p
at ( 4. 15)

a v2 av
z
az (p + yh + p
2> = - p
at

Si riconosce che, se il moto è permanente ( : ~=O) , il trinQ


v 2
mio yE = p + y h + o 2 è costante in tutte le direzioni (e dunque
in tutto 1:z aampo di moto ) e non soltanto lungo ciascuna linea di
corrente,
Allo stesso risultato si arriva, per altra via, associando al
l ' equazione di Eulero lungo la normale (4.13) la condìzionediener
gia specifica costante , cioè:

2
an
3 (p + yn v
+ o T> = o

Se il moto è permanente, ricordando che * ~ÒB , discende su


bito dal confronto

e cioè il moto dev ' essere irrotazionale affinché , anche lungo la noE_
male alla traiettoria, l'energia specifica sia costante .
Come esempio di moti in cui l'energia specifica del fluido ha
valori diversi da traiettoria a traiettoria, oppure si mantiene co
stante in tutto il campo fluido, r iprendiamo sotto l ' aspetto dina-
mico il caso , già trattato cinematicamente nel § 3 . 9, ~i una com-
binazione di moto rotazionale e di moto irrotazionale lungo circon
ferenze attorno ad un unico asse.
Nella zona esterna all'asse (moto irrotazionale) la distribu-
zione della velocità è data da v = i.
L'energia è costante e il teo
rema di Bernoulli è valido in tutto il campo; ciò risulta anche
dall'equazione di Eulero lungo la normale (4 . 13), che si scrive:

(p + y¾) =
an
Integrando quest'equazione, notando che dn =- d R , risulta:
90

P c2 v 2
p + yh - - + cost - P + cost {4.16)
2

L'energia è dunque costante, e pari al valore che essa ha per


R ~ ® in tutto il campo fluid o, esclusa la zona prossima all'asse,
che è sede, come già è stato osservato, di un moto rotazio n ale con
legge v = wR.
Nel caso delle trombe d'aria o trombe marine, potendosi traSC!!,
rare yh in confronto a p, risulta che la pressione atmosferica pa~
sa dal valore p a a distanza dall'asse a valori molto piccoli in vi-
cinanza a questo, in relazione al forte aumento della velocità; ne
segue il risucchio di particelle di sabbia e di acqua, e addiritt~
ra di corpi solidi, che vengono trascinati verso l'alto in moto cir
cola torio.

superficie
libera
h

zona zona zona


irrotazionale rotazionale irrotazionale

R R
V=CIR

Fig . 4 . 3

Se il vortice (Fig. 4.3 ) ha luogo in un liquido con superfic i e


libera {p = O) di altezza, per R ~ 00 , ho= Eo rispetto ad un piano
di riferimento, sarà ovunque, tranne attorno all'asse:

v2
h ho - 2g {4. 17)

la superficie l i bera di altezza h , pertanto, si abbassa continuarne~


te verso l'asse in direzione rad iale. Combinando col moto rotatorio
attorno all'asse (v = wR) , in base a qu el modello teor i co che vie-
ne chiamato vorti ce di Rankine, la richiamata equazione di Eulero
fornisce i n prossimità d ell'asse:

a
Tn (p + yh ) = - pw2 R
91

e quindi, integrando:

h h
e
+ ~
2g
( 4. 18 )

avendo posto un'altezza hc della superficie libera sull'asse. In


questa zona rotazionale l'energia non è costante se non lungo cia-
scuna traiettoria; in effetti, da traiettoria a traiettoria essa a!!_
menta col raggio, come risulta dalla:

v 2
E + -g ( 4 .1 9)

La frontiera fra la zona rotazionale e quella _irrotazionale è


fornita dalla condizione di u guaglianza della velocità, dell'alte!
za del p e l o libero e dell'energia, ricavate nelle due ipotesi. Le
stesse condizioni for niscono anche una relazione fra le costanti ar
bitrarie w e c . L'Pndamento del pelo libero e della l inea dell'ene!:_
gia è rappresentato nella Fig. 4. 3.

4.5. Qimpo di moto delimitato da contorni fissi


Nel caso di un fluido irrotazionale incomprimibile , il teore-
ma di Bernoulli permette di determinare la distribuzione delle pre_e
sioni , una volta noto l ' andamento delle velocità , per un campo di
moto omogeneo delimitato da contorni fissi , e privoquindidi super
ficie di separazione da altri fluidi, qual' è l a superficie libera
nel caso dei liquidi a contatto con l ' aria .
Prese allora come grandezze di riferimento la velocità v 0 e la
pressione Po note in un punto, e supposto in un primo tempo trascu
rabile l'effetto della gravità (come nei gas), la relazione (4.7')
potrà scriversi nel modo seguente:

V2 V~
P + P -2 = P0 + P 2

da cui la differenza 6p = p - Po fra la pressione in un punto qua!


siasi e quella nel punto di riferimento:

t:,p = Q. (V 2 - V 2) (4. 20)


2 o

Si osservi che v ~ è il valore che òp assume ove sia v = O,


1
cioè in un punto di velocità nulla (detto anche punto di l"istagno );
perciò tale valore si i ndica come s ovl"apressi o ne di r istag no .
92

In forma adimensionale, la (4.20) si scrive:

2
~ = 1 - (.E...) (4 • 20 I)
v2
p _Q, VO
2

Noto dunque il rapporto v nei vari punti, si ha immediatameQ


Vo
te la differenza fra la
pressione nei punti ste~
si e quella presa ari-
ferimento, rapportata al
la sovrapressione dir.!
stagno. Ad esempio,attoE_
no alla testata sagoma-
ta rappresentata nella
Fig. 4. 4 a), investita da
una corrente a moto uni
forme (distanza ònù del
le linee di corrente), a)

11 diagramma adimensio-
nal e delle pressioni lu.!!
go l'asse fino al punto
O di ristagno e poi si~ (!!'. ,2 ___A_e_
Vo (}'~,2/2
metricamente lungo le o.o 1. 0
due parti del profilo r.!
0 .5 0 .5
sulta dall 'andamento del
le linee di corrente e 1.0 o.o
quindi della vel ocità, 1.5 -0,5
in base alle semplici~
2.0 -1.0
laborazioni grafiche del
la Fig. 4.Sb), avendoa~
sunto come grandezze p O ,
v 0 di riferimento quel-
Fig 4 .4
le della corrente indi-
sturbata (cioè a dista~
za infinita dal prof ilo).
Nel caso in cui si d ebba c onsiderare il peso, come nei li qu i -
di , la relazione (4.7') di Bernou lli dovrà scriversi nella forma
completa:
v2 vt
p + yh + p 2 P o + yh o + P 2

Se ne ricava l'espressionE:
93

( 4. 21 )

che è somma della differenza òp delle pressioni e della differenza


h - h 0 delle altezze (moltiplicate per y) tra il punto c:renerico e il
punto di riferimento preso a distanza, e preferibi lmente sull 'as-
se.
Può anche scriversi,in forma a dimensionale:

2
1 - (-E_) ( 4.21')
VO

ovvero, introducendo la differe nza fra le quote piezometriche ri-


spettive, òh = cE + h l - cE.Q. + ho> :
0

y y

2
1 - (~) ( 4. 21 ")
Vu

Pertanto , anche
nel caso dei fluidi
pesanti, la conoscen
za del campo delle ve
locita permette , nel
moto irrotaziona le ,
di determinare un va
lore adimensionale ,
che è il rapporto non
pHl s e mplicemente de.!_
la differenza delle
pressioni r ispetto a,!
la sovrapressione di
ristagno,ma della dif o.o·- - -- -- - -- -- -- - - - ,.o
ferenza de lle quote
piezometriche rispe!
to al sovralzo cine-
tico d i ristagno.
Ad esempi o, nel
caso del convergente , - - - L - -- - - - - - 1 o.o
r.o-1------,-c.....;.
,_,,
inclinato della Fig.
4.5, per cui vengono
1.5 LA- - -- - - - --+--- - - - -...J
A -o.5
prese a riferimento P,. 2
le grandezze all'ini
Fig.4 .5
94

zio del tratto di condotto cilindrico di valle, l ' andamento delle


quote piezometriche lungo la linea d'asse e lungo il profilo risul
ta immed iatamente (moltiplicando per v~/2g) dal diagramma adimensi2
nale ivi t1cacciato; in particolare per i due punti simmetrici P 1 ,
P2 , tenendo conto della rispettiva altezza geodetica , si ricava il
valore del la d iversa alte zza di pressione.

4.6. Applicazioni alla misura delle velocità


Un'interessante applicazione del principio di Bernoulli è st~
ta fatta da H. PITOT (1732) , realizzando uno strumento per l a misu
ra delle velocitl detto appunto tub o di Pito t.
Nella sua forma primitiva, esso consiste di un semplice tubo
di piccolo diametro, che viene immerso in una corrente liquida nel
la sua stessa direzione e con la bocca rivolta contro corrente,
ripiegato ad uncino verso l'alto. Se posto in un punto di velocità
v, il liquido sale nel tubo per l'altezza r 2
al disopra del livel-
lo statico, che può essere desunto da altrogtubetto indicatore, i~
trodotto verticalmente, e coincide con la superficie libera, sequ~
sta è presente (Fig . 4.6 a).

prese di pressione
tatica

I. 3d ,Il 9b ,I
aJ b) C)

Fig . 4.6

Nelle normali esecuzioni, lo strumento consiste attualmen-


te di un corpo cilindrico a testata arrotondata (secondo L. PRANDTL,
Fig. 4.6 b)), od appuntita (secondo K . BRABBÉE, Fig. 4.6c);viè una
presa di pressione dinamica sull'asse verso corrente, e una o più
prese di pressione statiche tra loro collegate sul mantello del c_!
lindro a qualche distanza dalla testata. Nel l a presa dinamica, ri-
spetto a lla pressione Po della corrente ~ndisturbata, si ha una s2
vrapressione di r istagno pari a cip = 0 nelle prese statiche, 'Ef ;
se opportunamente distanziate dalla testata, si ha invece pratica-
mente la pressione Po ·
Ne segue che fra le due prese regna una differen z a di pressi2
95

2
Vo
ne t:.p = p 2 , dalla cui misura, per mezzo di un piezometro diffe-
renziale collegato alle prese stesse (vedi§ 2.2), si ricava subi-
to il valore della velocità:

Vo = v2 pt:.p (4. 22)

La forma pia o meno arrotondata della testata non ha pratica-


mente influenza purché in relazione ad essa sia opportunamente sce.!_
ta la posizione delle prese di pressione statica; il tubo di Prandtl
adotta addirittura una testata semisferica.
Si noti che dei due tipi di strumenti ora accennati,il primo,
quello di Prandtl, è il pia sensibile, nei riguardi della precisi2
ne della misura, a scostamenti anche piccoli (da 4° a 5°) dell ' as-
se dello strumento rispetto alla direzione della corrente; quello
di Brabbée consente invece, senza alterare la misura, deviazioni f!
no a 1 2 °- 1 4 °.
Nel caso dei liquidi va osservato che a rigore la lettura del
le differenze di pressione è valida per un tubo orizzontale; se e~
so fosse inclinato, la differenza andx:ebbe corretta , in base al te2
rema di Bernoulli, mettendo in conto le diverse quote delle prese
di pressione.
Se si applica lo strumento per i gas , come è normale nelle mi
sure aerotecniche, si dovrà porre in conto un effetto della compr!
mibilità a partire da velocità della corrente prossime a quella di
propagazione del suono, di cui ve rr~ trattato nel '§ 18.4,2,

4.7. Indice di pressione o numero di Eulero

Il termine pV~7
2
- , incontrato nella rappresentazione adimen-
sionale delle differenze di pressione, ha un preciso significato d!
namico.
Se infatti consideriamo, in una porzione di fluido, la forza
derivante dalla differenza delle pressioni, e cioè, sotto l'aspet-
to puramente dimensionale, il prodotto della loro intensità per
una superficie 1 2 , otteniamo :

F = l\p • l 2
p

dove i è una generica lunghezza. Se d'altra parte consideriamo la


forza d'inerzia applicata alla stessa porzione fluida divolume l ~
troviamo il valore:
96

F ma

essend o v la velocità da cui il fluido è localmente animato .


Il quoziente fra queste forze FP, P è appunto (a parte il fat
tore ½i egual e al termine PV ~ ~
2
sopra indicato.
A questo fattore adimensionale si dà il nome di ind ice d i pr> e~
si on e, o, come proposto da H. ROUSE (1946),di numer o di Euìero , ne.!_
la forma equivalente:

V
Eu (4.23)

in onore del grande fisico-mat ematico che diede per primo veste
scientifica ai fondamenti dell'idrodinamica.
Esso rappresenta, per un dato volume fluido soggetto a forze
interne di pressione ed alla forza d 'inerzia, il rapporto fra que-
ste due forze fondamentali, e perciò, co,, la diversità dei suoi v~
lori, denota l'importanza relativa delle f~rze di p ressione rispe!
to a quelle d'inerzia, e viceversa.
Quando il fluido sia irr>ota zi onal e, e possa trascurars i l'ef-
P~~/ è
fetto della gravità, l'andamento dell ' i ndic e di pressione
2
noto in tutto il campo di mo to, una volta determinato, con indagi-
ne puramente cinematica, il va lore della velocità nei vari punti.
Se il moto è da considerarsi soggetto all'azione della gravi-
tà, in luogo del precedente Eu va introdotto il numer o d i Eu Ze r o g!!_
ner aZ.i zza to

Eu • V V
(4. 23')
/2 t, ( p + yh ) /p h g t, Ji •
il cui significato è analogo a quello di Eu, salvo il fatto che con
sidera il contributo yh del peso alle forze di press i one.
Anc h e l'andamento di v ~);g può venire direttamente dedotto dal
la conoscenza del campo di velocità, se il moto è irrotazionale e
si svolge delimitato da contorni solidi. Se invece, come nel caso
dei liquidi, si abbiano superficie di separazione (ad esempio le SQ
perficie l i bere a contatto con l' a tmosfera) la soluzione del pro-
blema richiede la previa definizione di tal i superficie, del che si
dirà nei prossimi due Capi toli.
L'introduzione de i numeri Eu, Eu* è i mportante ai fini della
s imi Z. -i t udine , perché un processo che si svolga con sirnil i tudine dei
contorni geometrici, mantenendo i nvariati nei punti corrispondenti
i valori di tali numeri, gode anche della simil itudine nei riguardi
97

dinamici. A questo fine giova os s ervare che se nei dueprocessico~


siderati s i ha l'eguag lianza Eu' = Eu", e cioè:

v' v" ( 4. 24)


/ t, p I / p I /t,p " / p "

p' v' 2
posto l" P = n", l"v = v" 1 segue immediatamente l".u p = l" p l" V , ed in
particolare, se la densitil è la stessa, r 6 P = Ne segu~ che nesr; .
suna dipendenza dalla scala di r iduzione geometrica À = esiste 1.
nella relazione fra pressioni e velocità. Questa conclusione non
sussiste, invece, quando si debba per il fluido pesante considera-
re il numero di Eulero generalizzato Eu •: i n tal caso, oltre alla
(4.24), dovrà essere osservat~ a nche la relazione:

l) I V" ( 4. 25)

Ah '
da cui, dovendo porsi 7JiTf = À , risulta l'ulteriore legame l"~ z À ,
e quindi ovviamente r 6 P = À .
Qualora il moto non sia irrotazionale , ed oltre alla gravità
siano importanti altre forze , il numero di Eulero, nell ' una e nel-
l'altra forma , non dipend era più soltanto d ai contorni geometrici in
cui si svo l g e i l moto ; l ' effetto di queste forze ( in particolare
quelle di viscosità ) tenderà a mod i f icare l ' andamento del campo del
le veloc1.tà teoricamente determinabili per il fluido perfetto , co-
me sarà mostrato nei prossimi Capitoli .

4.8. Cavitazione nei liquidi. Indice di cavitazione


La pressione assoluta i n un liquido non può, per ragioni din~
miche, abbassarsi indefinitamente , in quanto , raggiunto localmente
un valore pari alla tensione d i vapore ( § 1 . 8), i l liquido passa br!:!
scarnente alla fase di vapore .
Il moto i n queste condizioni non è più q uel lo di un fluido o-
mogeneo , ma di un fluido che presenta localmente delle sacche (o
bo l le) di vapore.
Il fenomeno può e sse re f acilmen te realizzato con un condotto
che si restringa notevolmente di se zione e si ria llarghi successi -
vamente (Fig . 4.7 J , originando così un aumento locale della veloci
tà e una corrispondente diminu zione del l a pressione.
Se, partendo da una data pressione Po a monte, si abba ssa pr~
98

gressivamente la pressione p 1 a valle, si passa da condizioni di


flusso immune da cavitazione
(diagrammi 1 e 2) ad una co~
dizione di incipiente cavit~ P,
zione (diagramma 3) quando ne.!_
la sezione piil ristretta (pu~
to A) la pressione scende a.!_
l'incirca al valore Pv della
tensione di vapore.
Una volta raggi unto e S!::!_
perato questo abbassamento,
si formano delle piccole bol
le riempite di vapore e di Fig47
gas liberati dal liquido che
li teneva in soluzione, che si estendono per una certa lunghezza da
A a B con un valore costante Pv della pressione. Nel punto B in un
tempo brevissimo, dell'ordine di qualche millesimo di secondo, le
bolle aumentano di volume e, trasportate col fluido in zona di mas
gior pressione (diagramma 4), improvvisamente si distruggono.
Questo rapidissimo "collasso" delle bolle (analizzato teorie~
mente d a Lord RAYLEIGH, 1917, per una cavità sferica) si svolge con
velocit.3. radial i elevatissime, che a loro volta danno luogo, come
fenomeno di moto vario in fluidi comprimibili (vedi Cap. 20), ad~
levatissimi locali aumenti della pressione, fino a massimi dell'or
dine di 1000 kp/cm2 e più. Queste rapidissime e intermittenti vari~
zioni della pressione producono effetti di martellamento sulle pa -
reti solide a contatto, che subiscono, anche se costituite di mate
riali duri e compatti, effetti di corrosione di aspetto spugnoso,
tipicamente rilevanti nei metalli che formano le pale delle macchi
ne idrauliche e delle eliche navali.
Gli aspetti esteriori del fenomeno, quando esso è sufficiente
mente pronunciato, sono (nell'acqua) quelli di una nuvola o sacca
biancastra, apparentemente pressoché ferma, ma in realtà costitui-
ta dal succedersi con frequenza altissima delle piccole bolle di v~
pore e gas in continua formazione e distruzione; caratterizzata,
quest'ultima, da un caratteristico crepitio. Il fenomeno ha genera.!_
mente inizio a contatto di una parete curva che si apre nella dire
zione del moto, perché ivi (come anche avviene nelle testate dei
corpi solid i investiti) si ha un a d densamento delle linee di cor-
rente e quindi una diminuzione della pressione.
Questo inizio può essere teo ricamente indagato introducendo il
99

parametro:

Po - Pv
o = ( 4. 25)
2
VO
p
2

che viene detto indic e di cavitazione o numero di T homa, (D. THOMA,


1924) . Come si vede , questo numero risulta l'oppostode l l 'indicedi
pressione

p - p 1

V
2 Eu 2
p .!'.'...il.
2

preceden temente definito , ove in esso si ponga per la pressione il


valore della pressione di vapore (p = P v> , e siano al solito p 0 , v 0
le grande zze della corrente indisturbata .
Lungo le pareti di guida o lungo il cont orno di un corpo sol!
do investito da una corrente , la distribuzione d i ~ pr esenterà in
Eu
un certo punto un valore minimo; ove o , salv o il segno , coincida con
questo valore , ciò significa che la pressione p è scesa i n quel pu~
to al valore p v e si ha una condizione favorevole all ' insorgere de.!_
la cavitazione .
Questo vaZ or e t eo rico critico :

oi = - (~) (4 . 26)
Eu ·
m1n

dell ' indice di cavi tazione è tipico per ogni configurazione delle
pareti o del contorno; quando o = oi , t eoricame nte , si ha l ' insor-
gere della cav itazione .
Si osserva che , per un dato pro filo o contorno, la cavitazio-
ne può insorgere per un aumento della velocità v 0 , per una diminu-
zione della pressione p 0 , o per combinazione di queste due grandez
ze nella corrente indisturba ta .
Qualora intervenga anche l'effetto del peso , l'indice d i cavi
t azione va scr itto , per este nsione , nella for ma:

( p o + y ho l - (p v + y h min )
o = ( 4 . 27)
nv~ /2

dove h min è l' a l tezza del pu nto in c u i s i veri fica la pressione mi


nima p min" Ana l ogamen te l' indice di pressione
100

(P o+ yho ) - (p + yh ) 1

PV6 /2

nel punto di pressione minima vale:

(po+ Yho ) - (pmin + yh min)


o .= = (4. 28)
l
pv~/2
Quando o = oi si ha, teoricamente, l'inizio della cavitazione.
La cavitazione può pertanto anche presentarsi per un aumento
della quota (per esempio,all'uscita dalla girante di una turbina l
draulica ove la si porti a quota più elevata rispetto a quella del
bacino recipiente di valle, così da allungare il relativo tubo ve~
ticale di scarico) .Per quest'ultimo l'indice di cavitazione viene
solitamente presentato in forma un po' diversa dalla ( 4.27).
Il valore critico o. valutato in base all'andamento teorico
l
del numero di Eulero attorno al profilo investito dalla corrente
con i procedimenti del moto irrotazionale deve riguardarsi come un
valore teorico, utile ai fini della similitudine; nella realtà, la
cavitazione insorge generalmente per valori o= o c un po' maggiori
di o i' per fenomeni di viscosità e di turbolenza.
Una volta superato il limite della cavitazione, col crescere
di o (per aumento della velocità v 0 della corrente, per diminuzio-
ne della pressione di base p 0 ) , la pressione non può abbassarsi al
disotto del valore p v' però si estende il tratto di condotto inte-
ressato dal fenomeno della cavitazione, come mostra la Fig. 4 .ì (di2,
gramma 5). Ne conseguono modif icazioni rilevanti del campo fluido
per la presenza di ampie sacche di cavitazione attorno ai corpi s~
lidi investiti, con l'allontanamento della corrente viva dalle pa-
reti ai margini delle sacche,
o in punti particolari dei co!!
dotti, quindi con riduzione
~~-----~J
della sezione liquida e del la
I.O
efficienza idraulica. ..E.::!3
La Fig. 4. 8 illustra le Qvf/2
modifiche al diagramma dello G:0.40
indice di pressione ~
PV O12
che
o.o \ ....
intervengono con fasi sempre
__ j

·---fì.···
;:s-
--· '-
\. a-0.20
-- ----
piu spinte della cavitazione,
.I " ..,__g.a.&J
portando o al disotto del va- v---...__a~o.s2
lore o = 0,82 caratteristico
e -I.O
del suo effettivo inizio at- o 2 3 4
std
5

torno ad un profilo cilindri-


Fig 4.8
1 01

co a testa arrotondata. Questo valore è un po' superiore a quello


teorico a i = O, 75 che si dedurrebbe come corrispondente al valore
minimo dell'indice di pressione .
1 02

S. MOTI A POTENZIALE DELLE VELOCITA'

5.1. Significato e metodi d'indagine dei moti a potenziale


Nel Cap. 3, indagando la cinematica del campo fluido, abbiamo
messo in evidenza una particolare categoria di moti, che non prese~
tano rotazioni e sono perciò detti irrotazionali. Essi corrispond~
no al comportamento di un fluido perfetto (cioè privo di sforzi vl
scosì e relative dissipazioni di energia) quale è stato indagato
nel successivo Cap. 4; invero la conservazione dell'energia nel ca~
po fluido, data dalla costanza del tr i nomio di Bernoulli, sussiste
solo se valgono per le accelera z joni le equazioni (3.21), e sono
quindi nulli i termini rotazionali nell e (3 .20 ) .
Si è visto nel § 3. 7 che la condizione d'irrotazionalità cor
risponde all'esistenza di una funzione .p , dettap o t e n z ialedelle v ~
locità , che verifica le seguenti relazioni (3 . 22) per le componen-
ti v x' v y' v z del vettore velocità v:
ad>
V
X dX

V il
y 3y

V il
z è) z

Pertanto lo studio dei moti a potenziale delle velocità è fat


to anzitutto per trattare i flui di p ePfet t i o irrotazionali, cioè
un modello matematico del moto fluido in certi casi sostanzialmen-
te aderente al comportamento del fluido reale.
Vi sono però altri moti che, pur nell'ambito viscoso, ammetto
no egualmente un potenziale delle velocità i n base ad una trattazì!:?_
ne ancor valida seppure non interamente r igorosa; sì tratta dei mo
ti viscosi assai l enti (Cap . 9), ed i n particolare dei moti di fil
trazione (Cap . 16); e ciò avvalora ancor più l 'importanza degli stu
di in argomento.
Dei moti a potenziale daremo la trattazione cinematica, c he ne
mette i n luce l'andamento delle velocità ; noto il quale è immedia-
ta, med iante gli argomenti àe l Cap. 4, la valutazione degli aspet-
1 03

ti d i namici, ed in particolare d e ll'andamento delle pressioni .


Premettiamo alcune proprietà e def i nizio n i, specificando che
il problema verrà esaminato solo per fluidi inaomprimi b i li , e in
condizioni di mo to perman e nte .
L ' introduzione della funzione <I> = <I> (x, y , z) nell' equazione
di continuità (3 . 23) si traduce nell' eq uazione d i Lap l ac e :

17 2 ij> = 0 ( 5. 1)

La risoluzione di quest ' equazione , per date condizioni al co~


torno, sarebbe teoricamente sufficiente a determinare la funzione
<I> e quindi l' a ndamento delle velocità ne l campo fluido considerato .
La fu nzione <1> è in ogni caso univocamente definita, se per i s ingo
li punti del contorno sono prescritti i valori di <I> o di :~ (deno=
tandosi con n la normale al con tor no stesso) , ovvero se per una paE
te del contorno sono dati i v a lori d i <I> , e per la restante qu e lli
di ¾!i· Questo vale sia che il campo fluido sia interno a dati con-
torni , sia che esso sia illimitato e contenga al suo inte rno un con
torno chiuso per il qual e sia prescritto il valore :~ . -
Se si collegano fra loro tutti i punti ai quali corrisponde lo
stesso valore di <I> , s i ottengono delle superfici e <1> = cost che ven
go no chiamate superficie equipotenziali . Esse hanno una importante
proprietà : poi ché in esse , cioè per un elemento di linea in esse
giacente d; (dx , dy , dz ):

H dx + il dy + d <I>
dz o
d4> = ax 3y 3z

risu lta :

d<1> V
)(
d ,,; + V
y
dy + V
z
dz :: t .a; o (S . 2)

La ( 5 . ?.) è la relazione d ' ortogonalità di due vettori , per


cui si può conc l udere che il vettor e veloc i tà e di consegue n z a le
Zi nee di ao ~r e n t e sono, istante p er istante, normali al le su perfi -
ai e e qu i po tenz i a l i (Fig . 5.1) .
In una direzione i diversa dagli assi coordinati, la compone~
te della velocità in quella direzione discende dal locale potenzi~
le <I> secondo la fo rmula :
104

c he si dimostra in base a ll a :

coso. + cos 8 + a<P coscx + a<P cos 8 + li cos y


vi = V X V
y
V
z
COS y
<l x 3y az

tenendo conto delle re l a -


zioni d i dire z ione espre~
se da i coseni indicat i.
In particolare, il va
lore V della velocità nel
la direzione $ della ta n-
ge n te alla linea <l i c orren
te, risu l t a :

V = V il (5 • 3 I ) superficie
s cl s
equipotenziali
<t>=COSt

Per un contorno fisso , Fi g5 . 1


nei punti del qua l e è nul
la l a componente normale
della velocità,risul ta OV

viamente :
1> a<P () (5 . 3 " )
n an

e d è questa u na condi z ione al contorno valevole per l a risoluzio-


ne dell ' equazione di Lapl ace.
In u na ra p presentazione d el l e superficie equipotenzia li de l ca~
po fl uido fatta ad inter vallo costante o<j, , è noto c he l a vel ocità
v è i nversamente p r oporz ional e alla di.sta n za os d elle prossime d ue
superf i cie. Per tanto , se~ univoco i l valore de l potenziale,du e su
p e r fici e non potran no mai tagl iarsi perché altriment i con os > Osa
rebbe v ~ "' ·
I n moto permanente , la por tata att raverso la superf i c ie d i una
quals i asi sfera concentr ica in un p u nto è costante ( principio di
continuità}; data la simmetria radial e, si può scr i ve re :

V ± _ Q
_ (5. 4)
r 4 11 l" 2

D'a l tra parte è per defin izione vr = ~


a:r , per c u i si ottiene (a
parte una costante no n essenz iale) il potenziale:

_!L ( 5. 5)
+
4 11:r
105

Il moto è rappresentato nella Fig. 5.2: le linee di corr ente


sono rette passanti per i l punto O e le superficie equipotenzia li
sono sfere concentriche.

PUNTO O
SORGENTE - - - ----ASSORBENTE
+ Q V=-_Q_
v, = 4 n r2 , 4 1t r2
Fig.5.2
Si tratta rispett ivamente di quello che viene chiamato punto
sorg en te (velocità verso l ' esterno} o punto aaaorbente (velocità
verso il punto); la denominazione t r ae
origine dallo sc hema del moto in pre-
senza di un foro piccolissimo pratica-
to nella parete di un recipiente (Fig.
5 . 3) .
Altro punto singolare è quello in
cui una stessa superficie equipotenz i ~
le localmente si interseca: la v eloci- Fig. 5 . 3
tà in quel punto dev ' essere nulla, per
ché sarebbe assurdo che un ve ttore ve-
locità di valore finito fosse normale al l a superficie stessa in
tutte le dir e zion i. Questo pun to è quello che abbiamo chiamato pu!!_
to di ristag no (§ 4 . 5 ). Tale è il punto Po ne lle F i g . 5 . 5 e 5 . 9 .
Per la risoluzione del problema, cioè per otte nere una rappr~
sentazione dei moti a pot en z iale , possono applicarsi sia metodi df:.
r etti , sia metodi i ndi r etti .
I metodi diretti si fondano sulla poss ibili tà d i ricavare per
dati contorni (f iss i, o variabil i nel tempo) i valo r i della f un-
zio ne ~ . e q uindi l 'andamento delle ve l ocità nel campo fluido con
s iderato, ciò che può ottenersi per risol uzione dell ' equa z i one d i
La place , con proc ed ime nt i di i nteg razio ne numer ica (§ 5.5) . Altra
possibilità (ne l caso piano) è quella di defi nire, per v i a g r af i-
ca o sperimentale, un sistema d i l inee di corrente e di linee equ_!
po tenziali t ra l oro ortogonal i all'i nterno dei dati contorni ( §

5. 3) .
1 06

I metodi indire tt i (validi nel solo caso di moto permanente)


si fondano invece sulla possibilità di ottenere con procedimenti
ed artifici vari ( § 5.2 e§ 5.4) dei sistemi di linee di corrente
e di linee equipotenziali soddisfacenti alla condizione di irrota
zionalit-3, e di scegliere tra le linee di corrente quelle che eventual
mente corrispondano a ricercati contorni. Se si considera che un co~
torno (non essendo attraversato da fluido) è effettivamente costi
tùito da linee di corrente, si avrà cosi la conoscenza del moto a
potenziale all'interno o all'esterno di queste linee, idealmente
ma te ri a lizzate come contorno.
I procedimenti diretti sono approssimati in relazione al gr~
do di accuratezza numerica o di precisione grafica della soluzio-
ne ottenuta; quelli indiretti sono i.nvece rigorosi, pur di limitaE
si alla considerazione di contorni che possano individuarsi come
particolari linee di corrente.

5.2. Metodo dei punti sorgenti ed assorbenti


E' questo un metodo ind ir> etto, che si basa sul fatto che per
il potenziale, che è una
grandezza scalare, vale y

il principio di sovrappQ
sizione degli effetti.
Pertanto, se sono noti al
cuni particolari campi di
)(
moto a potenziale, per o_!c
tenere il moto derivante
dalla combinazione bast~
rà sommare i valori ri-
spettivi del potenziale. ~ -=--d _ _
Assum iamo per primo
caso due punti sor gente Fig.54
ed asso r bente che abbia-
no la stessa portata Q, e siano posti a distanza d tra loro,esse~
do in mez zer ia l'origine O delle coordinate x, y nella sezione me
ridiana. La distanza r di un punto l' (x, y) da uno dei punti sorge!!_
te od assorbente diventa allora (Fig. 5.4)

r = Vy2 + (x :!: ~) 2

Si ottiene quindi:
107

<I> cl> I + <I> 2 = --;r;;-


Q
(_l_ __!_)=
l" I l" 2
(5. 6)

4~ (vy 2 + (x + q_>7
2
-
411.VY 2 + (x - d
2>
~0
Il caso esaminato di un punto sorgente associato ad un punto
assorbente non è particolarmente interessante, ma lo è invece que_!
lo di un moto uniforme traslatorio (cioè verso un punto all 'infi -
nito) con uno o più punti sorgente e assorbente anc h e di diversa
portata.
Un caso semplice è l a combinazione di un solo punto so l:" gente
col moto unifol"me tl:"a -
y sla to l"i o (Fig. 5.5).
Presa l 'origine del
le coordinate (x, y )
della sezione meridia-
X na nel pun to sor ge n te
O, il potenz iale rela-
ti vo al moto traslato-
rio uniforme è cl> 1 = v 0x ,
poiché:

Flg. 5.5
( S. 7)

e quello del punto sor


gente è:

<1>2 = - ...2_ =
4 Il!"

Da cui, nel moto risultante:

(5.8)

Poiché l'intensità del moto prodotto dalla sorgente diminui-


sce con l'allontanarsi dalla sorgente stessa, le linee di corren-
te asintoticamente tendono al parallelismo con l ' asse x .
A sinistra del punto sorgente vi è un punto p 0 in cui le ve-
locità d ei due moti componenti sono uguali e d opposte: poiché esso
si trova sull'asse x, alla sinistra d i O e da esso distante x 0 ,il
1 08

potenziale $ 2 vale per esso:

$z = 4n
- Q =
(- x 0 )

pertanto risulta:

0 = Vo - _Q_
4nx 02

da cui

(5. 9)

(il solo segno - ha ovviamente significato).


Si tratta di un punto di ristagno, in cui la linea di corren-
te lungo l'asse di simmetria del moto traslatorio si suddivide nel
piano meridiano in due linee simmetriche, indicate in grosso nel-
la figura stessa. Queste sono le tracce della superficie di un SQ
lido di rotazione, che costituisce frontiera fra il flusso che prQ
viene dall'infinito a monte e quello che emana dal punto sorgente.
La frontiera a destra di O può essere determinata in via ana
litica sfruttando il fatto che la portata attraverso una sezione
qualsiasi interna alla frontiera deve essere ivi uguale a quella
che origina dal punto O. A sinistra del punto O, invece, la port~
ta deve essere nulla, il che permette la determinazione del rima-
nente andamento della frontiera. Prolungandosi verso destra, le due
linee di frontiera tendono asintoticamente a portarsi parallele al
l'asse x, mentre la velocità del campo fluido esterno tende al va
lore v 0 della velocità d'arrivo.
E' interessante il fatto che questa frontiera, considerata nel
lo spazio, può essere materializzata dando origine al cosiddetto
semicor>po o semici Zindro; il campo di moto irrotazionale esterno
è allora perfettame~
te conosciuto.
Con analogo prQ
cedimento, e cioè con
la combinazione di un
moto unifor>me trasZa
tor>io con un pun to
sor>gente che sia an·
che _punto assor>bente
Fig.5.6
della stessa portata,
109

è stato ottenuto l'importa nte risultato di un moto irrotazionale


attorno ad una sfera .
E' facile riconoscere che se consideriamo il punto sorgente
+ Q ad una distanza d dal

p p
punto assorbente - Q (Fig.
5 .4 ) ed associamo un moto
traslatorio parallelo a d e
,, di velocità v 0 , si otteng~
no delle superficie chiuse
(+JO o in forma di ellissoidi (Fig.
dx (+J H 5.6), costituite da linee
di corrente e quind i mate-
Fig .5. 7
rializzabili (il cosiddet-
to eoZido di Rankin e ), che
diminuendo la distanza d
tendono sempre più alla forma sferica ma contemporaneamente si ri-
ducono di ampiezza; talché al limite , quando i due punti coincido-
no, la superficie si riduce
ad una sfera di raggio nul-
lo. y
Se però, mentre la ai
stanza d viene ridotta fino
ad un valore jnfinitesimo dx ,
si aumenta la portata dei
punti sorgente e assorben- X

te cosi da ottenere un valo


re finito e = ·Qdx per il pr~
dotto di queste grandezze,
(Fig . 5. 7) , si ottiene il c~
siddetto dipolo (Fig. 5.8),
il cui potenziale, per il g!!!_
Fig.5.8
nerico punto P vale:

e d(x2 + y2, - 112

4 11 dx
( 5. 1 O)
Cx = Cx = C cos 8
=
4n ( X 2 + y 2) 3/z 411r 3 4,12• 2

Se pertanto si aggiunge il potenziale $ 1 = vox v 0 r cose del


110

moto traslatorio, si ottiene in definitiva (vedi Fig. 5.9):

e Cx
; v 0 r cose + ; vox + ( 5. 11)
4TT (x2 + y2)3h

da cui

H C 3Cx e 3Cx2
V -= Vo +- - - - - - - Vo +----- (5. 12)
X
ax 4TI(x2 + y 2)3/z 411r 3 411r 5

Fig.5. 9

I l valore d ella costante e può venire determinato ponendo


Vo = O (punto di ristagno) per x = :tr 0 , .y = O: si ottiene C 2 11 v
0
rJ,
con il che la (5 .12 ) diviene:

V = Vo + - - - ( 5 .13)
X 2r 3 2

Analogamente, dalla v
y
= ll
ily
si ottiene :

V
y
( 5. 14)

Cons ideriamo ora il luogo d ei punti x 2 + y2 = r5 (circonfere~


111

za che delimita la superfic ie meridiana di una sfera di centro


O) .
Dalla espressione di 4> risulta subito che le velocità v = v
ro
sono tangenti alla superficie della sfera, e che quindi questa è u
na superficie di corrente material i zzabile: infatti è nulla la com
ponente normale (rad iale) del l a ve locità, per essere:

a~j a
( Y' cos e 0
+ r) co se , ~J
0

dY' rsr o
ar
V
21" 2 Jr~r o
21" 3 V O

=cos e v0 -
2l' 3
cos o]
r•r
=o
o

Le componenti della velocit~ v valgono :


ro

a.p]
(1 x2)
Vo 3 x 2v o 3

ax
r•ro
= V O +
2 2 r?
o
=2 Vo
2 I"
o

H]
òy r•r o
=
3 xyv o

2 r 2
o

da cui, tenendo conto che V


ro =v(*rr • r o + ( alia 4>) 2
r• r o

x2
V ( 5. 15)
ro y, 2
o

La velocità v varia dal valore O nel punto P O di ristagno


ro
anteriore, ad un massimo di 1 ,5 v 0 in corrispondenza alla linea e-
quatoriale, per ritornare a O nel punto di ristagno posteriore. Lo
andamento delle velocità, e delle linee equipotenziali è dato, per
una sezione meridiana, nella Fig . 5.9.
Con la combinazione di una distribuzione di punti sorgenti e
di punti assorbenti di diversa portata con un moto traslatorio si
possono studiare i moti a potenziale di velocità attorno a solidi
di rotazione in forma di corpi più o meno affusolati. Sono s t ati
q uesti i metodi applicati per lo studio dei profili alari e del l a ca
rena dei dirigibili ag li albori del l 'aeronautica.
112

5.3. Funzione di corrente. Reticolato di flusso


Quando il moto si possa riguardare bidimensionale, è possib!
le procedere con metodi di indagine dir>etta, tenendo conto che la
equazione di continuità diventa:

av av
(5 .1'}
ax x+__y_=O
ay

Ta l e equazione è pertanto la condizione di esistenza di una


funzione ,J,(x , y) introdotta da J.L. LAGRAMGE (1781), tal-= che le
sue derivate parziali in x ed y soddisfino alle relazior.i:

V
X
( 5. 1 6)
V
y

Infatti, sostituendo, si ottiene:

Se ora si introducono le (5 .16) nell'equazione di una linea


di corrente (3.4), si trova:

d ,J, = o ( 5 .17)

cioè

1/, cost ,

i l che significa che la funzione 1/, è costante lungo una linea di


corrente, e perciò è detta funzio ne di cor>rente.
Pertanto le linee 1/, = cost, nel moto bidimensionale, sono nor-
mali alle linee equipotenziali <I> = cost, come del resto discende
dal porre, in base alle (3 .2 2) , (5 .16):

che è la relazione di ortogonalità delle due schiere di curve de-


finite da q, = cost, iJ, = cost.
11 3

Inoltre la funz i one iJ1 soddisfa, come già la ~ , all'equazione


di Laplace, come si vede sostituendola nella relazione d i irrota-
.
zionalità nel pian~ ~ - av x -- o
ax ay •
L ' andamento nel piano delle d ue famiglie di linee ~= cos t e
iJ1 = cost costituisce il cosiddetto r eticolato di flus s o , e dal l a
sua rappresentazione con un numero s u ffici e nte mente f it t o d i linee
si hanno immed i ata me nte, con u n a cc e ttabile grado di approssimazi,Q_
ne, i va l ori della velocità in ogni punt o del campo, noto i l valo
re d e lla po r t a t a che l o at t raversa.
La c ostru zione de l re t icolato di f l u s so può fa r s i p er via di
retta , s u l la b ase d e lle seguenti c onside razio ni .
Intr o d uce ndo le c oordina t e i n t r i n sec he , l e (3.22), {5 . 1 6 ) si
t rad ucono ne lle s egu e n ti :

(5 . 18 )

essendo s la coordinata di una linea di corrente , n quella di una


linea equipotenziale. Pertanto ,
se nel campo di moto v e ngo no traf y
c ia te schiere d i linee equipo-
te n ziali e di li nee di corren-
te con in t ervalli costanti ot
e o iJI dei v alori della ri spett i-
v a fu nzione , la v e l oci tà v è i~
v er same n te p ro po rz i onal e alla d.!_
s tan za 6s di d ue c o ntigue lin ee
equipotenzial i o al l a d ist anza
on di due contigue l i nee d i cor
X
re n te (Fig . 5. 1 O) •
S i h a inol t r e dalla prima Fìg . 5 .10
d e lle {S.18 )v6n = 61J1 ; per t anto
due linee di corrente q u a lsiasi
IJl 1
, w2 formano un canale di fl usso nel quale la portata

6q = J: v6n = IJl 2 - iJl 1 (5 .19)

è pari alla differenza dei valori che la f u nzione iJ1 presenta su


q ueste linee .
114

Se assumiamo addirittura es= on, con il che o~ = ow, il re-


ticolato risulta costituito da maglie di eguale lato, tra i cui~
stremi, rispettivamente, la funzione~ e la funzione~ variano di
una grandezza costante.
Esaminiamo dapprima il caso di moti permanenti entro campi
c onfinati, cioè che si svolgano all'interno di contorni fissi, o,
essendo illimitatamente estesi, contengano tali contorni alrinter
no (la trasformazione del moto assoluto in moto relativo consente,
come indicato nel§ 3.5, di includere anche l'esame di un corpo
mobile di moto uniforme nel fluido in quiete). Il reticolato dovrà
adattarsi a questi contorni, che costituiscono, come sappiamo, del
le particolari linee di corrente. Al limite, per es= on entrambi
tendenti a zero, il reticolato verrà ad essere composto da maglie
quadrate di lato infinitesimo.
Questa proprietà fornisce una soluzione grafica del problema:
se si riesce a tracciare con gli assegnati contorni un reticolato
composto da maglie che si approssimino a quadrati, questo retico-
lato, stante l'unicità della soluzione, sarà quello che meglio si
avvicina al reticolato di flusso teorico.
Il tracciamento deve essere fatto per tentativi, verificando
maglia per maglia
che le diagonali
siano ortogonali,
oppure in esse sia
inscrivibile un
cerchio. Il meto-
do, seppure labo-
2 3 4 5 rioso, si rivela ~

stremamente utile
in moltissimi ca-
si (Fig. 5.11).
Esaminiamo ora
Fig.5.11
le caratteristi-
che di un retico-
lato di flusso. E ' evidente da quanto sopra la proprietà che ove
le maglie si allargano si ha un rallentamento della velocità e vi
ceversa.
Risulta anche che in un moto curvilineo le maglie si infittì
scono lungo le convessità della parete e si diradano lungo le co~
cavità; cosicché si hanno maggiori velocità dove i contorni diver
gono dalla direzione del moto, minori dove i contorni convergono
115

in quella direzione, come è evidente dalla stessa Fig. 5.11, che


rappresenta il moto in un canale in curva.
Al limite, se il contorno presenta uno spigolo (raggio dicur
vatura nullo), per ev itare che la maglia che vi si adatta sia in-
finitesima, il che com-
porterebbe per la veloc!
tà un valore infinito, vi
è un'unica soluzione fi-
sicamente accettabile,c2
me quella rappresentata
nella Fig. 5.12.
Vi è un' altra pro-
prietà del retico lato di
flusso, che può servire
come controllo del suo
corretto tracciamento pa!_
ticolarmente nei condot-
ti curvilinei,come quel-
lo di F ig . 5 . 11 .
Fig.5.12
Sviluppiamo un ' equ!
potenziale 1-5 4 di coordinate n , in una retta e portiamo i valori
della velocità ve del raggio di curvatura R nei punti indicati
del reticolato (Fig. 5 .11}; otteniamo d,ie gra fici v = v(nJ ed R =
= !Un) .
Poiché, per la condizione di irrotazionalità n elle coordina-
te intrinseche, si ha :

av s av
n =
__
1)

=
3n as R

la tangente ~
é)n
alla v (n} in un punto deve essere uguale a ~R in
quel punto. Pertanto, se ribaltiamo R sulla retta n , l'estremo do-
vrà coincidere col punto in cui l'asse n è tagliato dalla tangen-
te alla v(n). E ' cosi possibile controllare punto per punto il r~
ticolato inizialmente tracciato e procedere agli eventuali affin~
menti .
Il metodo grafico per tentativi cosi delineato può essere sur
rogato o integrato su base analogica sperimentale, tramite motiv!
scosi tra due piani secondo il modello d i Hele-Shaw (vedi§ 9.4.2)
o mediante l'impiego di speciali vasche elettrolitiche .
Qualora, anziché svolgersi soltanto entro contorni fissi, il
moto presenti in parte delle superfic ie l ibere (come nelle corren
116

ti idriche a contatto con 1 'atmosfera), il problema acquista mag-


giore complicazione, per il fatto che le dette superficie non han-
no forma prestabilita, ed anzi la loro determinazione fa parte dei
requisiti della soluzione. L'equazione al contorno di dette super-
ficie, oltre al fatto di essere costituite da linee di corrente, ri
chiede peraltro di soddisfare ad una condizione dinamica data dal
campo gravitazionale, che può agevolmente stabilirsi applicando il
~rincipio di Bernoulli come relazione fra la velocità e l'altezza,
essendo il fluido perfetto e la pressione (atmosferica) uniforme.
Il metodo del reticolato di flusso può così applicarsi per te.!2
tativi, assumendo dapprima ad arbitrio la configurazione delle su-
perficie libere e verificando se

v/t2g
in esse i valori della funzione
potenziale (desunti da un siste-
ma di linee equipotenziali e di
corrente che è sempre possibile
tracciare nel campo liquido così
delimitato) corrispondono a que!
li che soddisfano la predetta C0,!2
dizione gravitazionale;modifica.!2
do quindi la configurazione ini-
zial e fatta a tentativo sino ad
ottenere l 'indicata coincidenza.
Fig.513
Il procedimento verrà chiarito a.e
plicandolo al caso della vena l i
ber a provocata da una corrente in un canale che sfiora un bordo sot
tile orizzontale ( s tramazzo 'libero, moto bidimensionale). Qui i pr2_
fili .superiore ed inferiore della vena sono linee di corrente di co
ordinata curvilinea s , per un qualsiasi punto P(s ) delle qua li, es
sendo la pressione costante, varrà (Fig. 5.13) la relazione:

V = d)
+ 2g ( 5. 19)

in cui h è la profondità del punto al disotto della superficie li-


bera indisturbata, e v 0 la velocità uniforme nel canale prima del-
lo stramazzo (ve iocità d 'arriv o ) .
Poiché il moto ammette un potenziale, sarà v = ~
o $
e quindi:

f v ds + cost = f y2g (h ~!) + ds + cost (5. 20)


117

Pertanto, se la spaziatura del reticolato di flusso che rap-


presenta il moto a potenziale è data da 6$, e se si considera (con
grado sufficiente di approssimazione) una linea equipotenziale di
partenza t O , costituita da un arco di circonferenza come in F ig.
5. 1 3 , le successive linee equipotenziali $ 1 = $ 0 + li$, t 2 =t o+ 26$ ...
dovranno intersecare i profili in punti come P, per cui risulti:

4> I ~ ) d8 ...

essendo 8 1, 8z •• • le rispettive ascisse curvilinee a part ire da


$o.
Se ciò non avviene, vuol dire che l 'andamento fa tto a tenta-
tivo dei profili della vena non era corretto; si dovra perciò prQ
gressivamente aggiustarlo, s ino ad ottenere il grado di approssi-
mazione desiderato .

S.4. Metodo della rapprc,cntazione a>nformc


Per lo studio dei mot i i rr otaz i o na l i piani es i ste un metodo,
che è di grande eleganza matematica, basato sulle funzioni di va-
riabile complessa.
Come è noto, una funzione w = f(z) della variabile complessa
z = x + iy , può sempre scriversi nel seguente modo:

w = f( z ) '"'$(x , y) + i,J, (x , ,y) ( 5. 21)

Per estensione del concetto di derivata, ben noto per una fu_!!
zione di variabile reale, si definisce come derivata di w = f ( z)
la seguente espressione:

dw dq, + id,J, a• dx+~ d + · (a iJi dx+ a,J, dy\)


= ax ay Y -z. ax ai/ (5.22)
dz dx + idy dx+ idy

E' evidente che, dipendendo~~ dal rapporto ~; , la derivata


in generale non sarà unica per un dato valore di z . Si può però d_!
mostrare che se le parti reale ed immaginaria dì w soddisfano al-
le relazioni:
118

a 41 ll
ax ay
(5.23)
il - il
ay ax
che sono dette equazioni di Cauchy-Riemann, la derivata della fu~
zione w è indipendente dal rapporto~; . In ,altre parole la f,che
viene chiamata allora funzi o ne anaZitica, ha derivata unica per~
gni valore di z = x + iy.
Poiché ad ogni numero immaginario possiamo far corrispondere
un punto di un piano, la f costituisce un legame analitico tra i
punti z di un piano di coordinate (x, y) e i punti w di un altro
piano di coordinate (~, ~).
Poiché vi è corrispondenza tra punti, vi deve essere corri-
spondenza anche tra regioni dei due piani e tra curve dei due pi~
ni.
Questa corrispondenza, se la f è analitica, è di tipo parti-
colare: essa infatti è tale
che a due curve che si inter
secano in un piano con un y
certo angolo, corrispondono
nell'altro piano due curve
che si intersecano con lo
stesso angolo.
Questa proprietà è fa- 3'
cilmente dimostrabile se si
osservano due triangoli el~
Fig. 5.14
mentari che si corrispondo-
no (vedi Fig. 5.14).
Stante l'unicitil della derivata
dw
az in ogni punto, si ha infa_!:
ti per ciascun vertice:

e pertanto i due triangoli elementari sono simili.


Questa corrispondenza, che è tale da conservare invariati gli
angoli, viene chiamata rap p resentazi on e c o nfo rme.
Poich~ ora le condizioni di irrotaziona l ita coincidono con le
suddette condizioni di analiticità, la parte reale e quella immag!
119

nar i a di una fu nzione a nal i tica possono essere interpretate come


funzione potenziale e fu!!_
zione di cor rente di un
moto irrotazionale. Ed il
V,
reticolato a maglie ret-
tangolari del piano com-

-- i-
plesso, formato dalle re.!:
te~= coste ~ cost,
rp verrà trasformato dalla
o V, =O funzione f in un altro r~
piano w p iano z ticolato nel piano rea le
x , y, pur e a maglie ret-
Fig.5.15
tangolari , generalmente
curvilinee (F ig. 5 . 15).
Ouesta operazione , detta t Y'asformazione conforme , acquista s_!
gnificato applicativo se l e funz ioni~ . ~ sono proprio la fu nzio-
ne potenziale e l a funzione di corrente dei moti i r rota zionali , il
che è comprovato dal fatto c he le equazioni di Cauchy-Riemann di-
scendono immediatamente dalle definizioni (3.22) e (5 .16).
Il procedimento viene allora applicato come metodo indiretto ,
s pec ificando particolar i funzioni w = f (z) ed esaminando la poss_!
bilità di materializzare come co n torni fissi particolari linee di
corrente nel ret icolato ottenuto.
A titolo il lustrativo , esaminiamo un caso semplice e partic.2,
larmente interessante.
Consideriamo la fun zione

( S. 24)

dov e c è una costante. Poich~

w c (x + iy ) 2 = c (x 2 - y 2 ) + ic (2xy) = $ + iw (S. 25)

si ott iene , potendosi eguagliare tra loro le part i real i e le im-


maginarie:

Ili = 2cx y

Le equipotenzia li e le linee di corrente sono allora date,per


valori costanti di ~ e w, da:
120

x2 _ y2 cost
(5.25)
xy = cost

Si tratta di schier e di iperboli equilatere, rispettivamente


con gli assi coincidenti con gli stessi assi coordinati x , y o con
le loro diagonali, costituenti un ret i colato di flusso come in Fig.
5 .16 .
La velocità viene subito determinata da:

V
X
= il il
ax = ay = 2a:e

V
y = ll
ay = - !t
ax - 2ay ( 5. 26)

V = /v Z + v2
X y
2a / xZ + y2 2ar

e s sendo l' la distanza dall'origine degl i assi, d ove V = o.


Il reticola to di flusso ot
tenuto può rappresen t are il mo-
y
to irrotazionale in un gomito le
cui pa reti siano fatte coincide
re con una coppia di l inee di
corrente( ~ = O per x = O e per
y = O) .
Più in generale, l a funzio
ne

w = a z n/a (5 . 27)

risolve il problema del moto iE


Fig. 5 . 16
rotazionale entro u n a ngolo pi~
no di ampiezza o .
A titolo indicativo, possono ricordarsi altre fun z ioni d i par
ticolare interesse: la funzione

w = a lnz (5. 28)

rappres enta, n el caso bidimens i onal e, il moto di u n punto sorge n-


t e o ass or be n t e , quale già studiato per alt r a via (§ 5. 2 ) nei prQ
blemi t ridimensional i ; l a funzio ne
121

(5. 29)

rappresenta il moto di una corrente (uniforme a distanza inf ini-


ta), che investa un cilindro di raggio a; la funzione

w = ic ln z (5.30)

rappresenta il moto irrotazionale lungo circonferenze concentri-


che, gi~ indagato nel § 3.9.
Si fa poi notare che, supposto noto il campo di moto nel pi~
no z, è possibile assoggettarlo ad una trasformazione in altro pi~
no c mediante la funzione anal i t ica

e= ( +i n= c (z) (5.3 1 )

Se ora nel potenziale complesso w ( z) = ~ + i,J, del piano si


introduce la funzione inversa z = z ( i; ), si ottiene una nuova e -
spressione del tipo:

w[z(c l] = ~( ~ , n) + i ,J,(E; , nl (5. 32 )

che fornisce il potenziale~ e la funzione di corrente ,J, del nuo-


vo moto nel piano ( , n.
Si possono cosl ricondurre con trasformazioni del tipo e
= z + a 2 al noto caso (5 . 29) del moto di una corrente che investe
2
un cilindro ,il caso d'una corrente che investa una piastra normale
alla sua direzione , e con opportuni artific i anche 11 caso di una
corrente che investa particolari profili alar i ( i cosiddetti pr o-
fi i i di Jouk owski , N. JOUKOWSKI, 1910).
Particolare interesse rivestono, infine , l e applicazio ni del
metodo della rappresentazione conforme allo studio di taluni pro-
blemi in presenza di superficie libera .
Dipendendo l'andamento della superficie libera dal valore su
di essa assunto dalla velocità, in questi casi si parte dall 'espre2_
sione generale

w= r <v> = f (V
X
- iv )
'Y
(5.33)

la quale indica la possibilità di stabilire una relazione funzio-


nale tra la variabile complessa v ed il potenziale complesso w,e~
trarnbi funzioni della variabile complessa z. Quest'espressione ri
sulta dal fatto che la derivata (5.22):

dw = il v
ax = v X - iv y
il
aw + i (5 ,33 I)
d z = 3x ax
stabilisce il legame v = v(z) tramite ancora un funzione analitica.
122

In assenza di gravità sono stati per questa via studiati nel


passato i moti di vene effluenti da recipienti nell'atmosfera (U.
CISOTTI, 1908) e, più recentemente, anche situazioni in cui gli ef
fetti della gravità sono considerati, sia pure in modo approssim~
tivo, come nel caso dello sfioro da uno stramazzo in parete sott!
le (A. LAUCK, 1925) e d el l 'efflusso sotto battente da una luce di
fondo (E. MARCHI, 1953).

S.S. Metodi numerici di integrazione dell'equazione di Laplaa:


Un metodo d irett o per la determinazione della funzione pote~
ziale è dato dalla risoluzione per via numerica dell'equazione di
Laplace (5.1), reso oggi agevole dall'impiego degli elaboratori~
lettronici. Con tale metodo si vengono a determinare, inun numero
discreto di punti, i valori della funzione~ che soddisfano ad as
segnate condizioni al contorno.
Il numero di punti da considerare nella discretizzazione del
campo di moto deve essere sufficientemente elevato, in modo che sia
lecito assumere per la funzione una variazione del tipo lineare tra
due punti adiacenti.
a a 1. a a
I• --l· ·I· •I
tb2 ~2

T a
4'3 <bo
o(xo,*'1
«> 1

+ a
I
tb3

tb4
---l-

a) Fig 5.17 b)

Un'espressione algebrica del "laplaciano" di una particolare


funzione ~( x , y ) in campo b idimensionale

(5 .34)

può essere ottenuta in u n punto esprimendo il laplaciano stesso in


funzione dei valori assunti dalla ~ (x, y ) nei punti limitrofi. Con
riferimento alla Fig. 5.17 a), se si indicano con x 0 , y 0 le coor-
dinate del punto O, nei punti di coordinate (x 0 + !3. , y 0 ), (x 0 - ~
2 2
y 0 ) risulta per la derivata prima:
1 23

34> 4' l - 4' o


ax = '\,
a
(5. 35)

a4> 4' o - 4'3


ax = '\,
a
(5. 36)

mentre p er l a derivata seconda si ottiene , in modo analogo,~espre~


sione:

4' 1 - <Po
= '\, a = '\, - - - - - - - (5. 37)
a a2

A$sociando alla (5 . 37) l ' espressione della derivata seconda


di 4> fatta rispetto ad y, la (5.3 4 ) in termini di differenze fin!
te risulta:

( 5. 38)

La (5.38) è un ' approssimata della (5.3 4 ) etendeaquesta quaE_


do tende a zero l'intervallo di integrazione.
La risoluzione dell'equazione differeniiale del moto si tra-
duce, quindi, noti ed assegnati i valori della funzione in un nu-
mero discreto di punti del campo, nel rendere verificata la (5.38)
e cioè nel porre a 2 v 2 4i = o.
Se i quattro punti vicini al punto considerato non sono equ!
distanti , come è per quelli prossimi ad un contorno irregolare (Fig.
5.17 b)) , la (5.38) dev'essere modificata. lndicate in questo ca-
so con À 1 a e Àza le lunghezze dei lati della maglia vicina al con
torno (O< À < 1 ), il laplaciano di un moto bidimensionale risul-
ta:

(5. 39J

essendo i valori ÀI e À4 noti in quanto definiti dalla d i scretiz-


z az i one del campo di moto .
Per alc u n i problemi pu~ essere conveniente utilizzare un pr~
cedimento invereo , nel quale le variabili dipende nti ed indipende_!!
t i sono tra loro scamb iat e . Co sl nel moto a potenziale , se 4> e w
s o no a ssunt e come variabili i ndipendenti, si pa rte dall' e spressi2
ne del v a l o r e a ssoluto de l la veloc ità nel piano comp l esso, c h e si
d er i v a d a l la (5 . 33 ' ), nota ndo c he lvi = lv i:
dw e
dz = f (vx - ivy) = vl
1 ~i (5 . 40 )
124

dove lvi è il modulo della velocità e e la direzione. Se si prende


il logaritmo naturale della (5.40), le funzioni ln(v) e e , essen-
do armoniche ovunque tranne per v = O, soddisfano all'equazione di
Laplace, per cui risulta:
<l 2 ln(v) <l 2 ln(v)
a<I> z +
H
= o
(5.41)
a2 0 a2 e = o .
w +w
Le (5. 41), associate alle equazioni:

dx ~ - sin0 dlj)
=
d,p V V ~

sine + ~ d,i,

*
dx
~
=

=
V

cose d4>
V ~-
V ~

~
V
(5. 42)

sin0 d<I> + cose


~ =
V dlf! V

che esprimono in termini differenziali i legami intercorrenti tra


i punti del piano fisico e quelli del piano complesso,costituisc2
no un sistema di equazioni la cui soluzione consente di determin~
re x ed y.
In questo caso, essendo il campo di moto sempre riconducibi-
le ad uno spazio rettangolare delimitato da due linee equipotenzi~
li e da due linee di corrente, non si hanno maglie a forma irreg2
lare ed il procedimento di risoluzione numerica risulta agevolato.
L 'uso di <I> e w come variabili i ndipendenti è particolarmente
vantaggioso in presenza di contorni curvilinei difficilmente de-
scrivibili col reticolo di integrazione a maglie quadrate, e so-
prattutto se trattasi di superfici e libere, che non definiscono in
modo fisso i confini del moto. In questo caso esse devono essere
determinate per tentativi successivi, come già esaminato nel pre-
cedente § 5. 4, associando al sistema di equazioni differenziali
(5 .41 ) la relazione di Bernoulli.
Con i procedimenti esposti la r isoluzione numerica dell'equ~
zione differenziale (5.34) è ricondotta alla risoluzione di un s!
sterna di equazioni lineari, costituito da tante equazioni di tipo
(5.38) o (5.39) quanti sono i punti interni considerati perdescr!
vere il campo di moto, associate alle equazioni che esprimono le
condizioni al contorno per i punti situati sulla frontiera del cam
po di moto stesso.
Disponendo di un elaboratore elettronico di adeguata capaci-
125

tà,la soluzione del problema può essere condotta con i metodi al-
gebrici normalmente applicati ai sistemi di equazioni lineari, t~
nendo presente il fatto che in ogni riga della matr i ce risultano
diversi da zero solamente i coefficienti di 5 delle variabili, e~
sendo nullo il valore di tutti gli altri.
L' equazione differenziale (5.34), peraltro, può essere riso!
ta anche in modo più semplice, senza l'ausilio di un elaboratore
elettronico, utilizzando il cosiddetto metodo di rilassamento .
Originariamente introdotto da s.v. SOUTHWELL (1940) e diffus~
mente applicato per una soluzione per via approssimata dell'equazione
di Laplace nel caso di moti piani e tridimensionali a simmetria a.!!
siale, il metodo di rilassamento consiste in un sistematico aggi~
stamento dei valori arbitrari assunti per una funzione, fino a ren
dere soddisfatta l ' equazione (5.38) o la (5.39).
Il procedimento su cui il metodo si basa può essere illust ra
to con un esempio pratico .
Si consideri il moto di un fluido in un convergente . Assunti
per la funzione di CO!,
rente f lungo l'asse
e lungo il contorno
ris pett ivamente i V!
lori convenz ionali O
e 90, si attribuisc2
no alla funzione ste,!!
sa negli altri punti
del campo di moto i.!:!
Fig.5.18
dividuati dal retico
lo di integrazione v~
l ori arbitrari compresi tra i limiti suddetti (Fig. 5.18).
Utilizzando le equazioni (5.38), (5.39) si determini per i va
lori arbitrari assegnati alla funzione il "res iduo " Ri n ogni PUI!
to (R = a 2 v 2 <1>) .
Per esempio, vicino al punto A i valori della funzione di cor
rente siano quelli indicati in F ig. 5 .19 a sinistra di ciascuna i_!}
tersezione ed i residui R quelli indicati a destra. Nel punto A ri
sulta:

R = a 2 V 2f = 37 + 49 + 33 + 19 - 4(36) - 6

Si può osservare che nella zona a magl ie regolari l'increme.!:!


to di un'unità de l valore di f in un dato punto, determina un de-
126

cremento di 4 del corrispondente residuo, come risulta evidente da!,


la (5.38).
Pertanto, se si decrementa il valore 'I' A di 1, il residuo in
A è ridotto da - 6 a - 2. Come con
seguenza di tale correzione, il re
siduo di ognuno dei punti B, C, D, -1.8 -.7
62fJ --"f.O. 630 30 660 -'$
E prossimi ad A subisce anch'esso
un decremento di (F ig . 5 . 1 9) . -.1

Poiché la correzione del valo


re di '!' in un punto si riflette di-
rettamente sui quattro punti limi- 3t0 O
trofi ma indirettamente anche su tu t
ti gli altri punti del campo, 11 pr2_ -4.S
18.0-~
cedimento sopradescritto deve ess~
re ripetuto più volte fino a ridur Fig.5. 19
re convenientemente in tutti i pu~
ti considerati il "residuo", e cioè fino ad ottenere:

Dal punto di vista operativo è conveniente ridurre dapprima i


" residui" più rilevanti e procedere agli aggiustamenti successivi,
necessari per affinare la soluzione del problema, soltanto dopo~
ver eliminato le differenze maggiori.
Nel caso esaminato di moto in un convergente non sussistono
particolari difficoltà nel porre con il metodo del rilassamento le
condizioni al contorno. Esse i mpongono di assumere per la funzio-
ne di corrente ,i, valori costanti lungo l'asse ( ;y = O) e lungo la
superficie di contorno ( 'I' = 90), mentre è necessario estende.re veE
so destra e verso sinistra il reticolato di calcolo fino a che la
condizione di velocità costante v 0 (cioè '!' = v 0 y) sui bordi del
campo di moto sia approssimata in modo soddisfacente.
Il procedimento, come si è detto, può essere applicato anche
allo studio dei moti a superficie libera. Tra i problemi piil si-
gnificativi risolti con questa tecnica vi è quello dell'efflusso da
uno stramazzo a pianta circolare (D. CITRINI, 1950).
127

6. EFFLUSSO LIBERO DA LUCI

6.1. Aspetti generati dei feno~ni. Numero di Froude


Viene trattato in questo Capitolo l ' efflusso in regime stazio
nario di vene libere, cioè non guidate da contorni fissi, come è il
caso assai comune di una vena liquida che esce da un orifizio o sfi~
rada un bordo fisso. Tipico di questi moti è 11 carattere accele-
rativo e localizzato, talché, mentre sono soggetti prevelentemente
all ' azione della gravità, non sono apprezzabilmente influenzati da!
le forze dissipative, legate alla viscosità. Considereremo perciò 1
fluidi come perfetti ed incomprimibili ; quest'ultima ipotesi pone
delle limitazioni quando si tratti dell ' efflusso dei gas (vediCap!
tolo 17).
Va aggiunto che , mentre 11 vero e proprio fenomeno dell'efflu!!_
so puO essere esaminato sulle semplici basi indicate, il prosegui-
mento della vena, in forma di getto, in un ambie nte occupato da a!
tro fluido (getto liquido nell'aria) o dallo stesso fluido (diffu-
sione di un getto) viene condizionato , in misura che puO essere a~
che prevalente, dalle fluttua z ioni turbolente del getto stesso e da,!
le mutue azioni che si esplicano tra il getto e il restante fluido;
come viene accennato per i getti liquidi alla fine di questo stes-
so Capitolo, e nel § 11.6 per il fenomeno della diffusione.
L'azione della gravità si fa sentire nei fenomeni d ' efflusso
in relazione alla forza d'i

l
nerzia, ed è l ' effetto com-
binato di queste due forze
che determina la configura- .............."':--:-_-_____ o
zione geometrica della vena.
Con riferimento alla Fig.
-
..., --...;'-- '
6.1, un getto O che in con-
',
'
' " '1
\ '\ \ '\
dizioni simmetriche uscisse \
\
\\
\ '
\ '2
da una luce verticale pro-
seguirebbe orizzontalmente
Fig . 6 . 1
per inerzia senza infletter
si verso il basso . L ' azione della gravit~ p.ròvoca questa inflessi~
128

ne, in misura tanto maggiore quanto piQ prevale l'azione di questa


forza sulla forza d'inerzia. Nella stessa Fig. 6.1, il getto 1 ef
fluente risente nel suo andamento dell'effetto della gravità in mi
sura meno rilevante del getto 2. Evidentemente, a parità di dimen
sioni, e supposto l'efflusso nel vuoto, ciò dipende da un minor va
lore, nel caso 2, delle forze d'inerzia rispetto al caso 1.
se però l'efflusso avviene in un ambiente fluido, va conside-
rata la forza ascensionale (spinta di Archimede) che il fluido d~
termina sulla vena allo stesso modo come si trattasse di un soli-
do immerso. L'effetto della gravità perciò si esplica nella. vena
soltanto per la differenza tra il peso della vena stessa e la foE
za ascensionale predetta; cioè si tratta, in sostanza, di una for-
za di gravità ridotta, in virtù di un peso specifico apparente (§
2.10) ò y = y - ya, ove y è il peso specifico della vena e ya quel
lo del fluido esterno. Pertanto l'inflessione del getto, a pari
forza d'inerzia, dipende dalla diversità del peso specifico dei
due fluidi; e se questa fosse nulla (ad esempio, efflusso di unge_!
to d'acqua nell'acqua) ,il getto in parola rimarrebbe orizzontale
come se fosse soggetto alla sola forza d'inerzia. Se prevalesse il
peso specifico del fluido esterno rispetto a quello del getto il
getto stesso piegherebbe verso l'alto.
In definitiva, pertanto, può dirsi che la configurazione del
getto libero effluente dipende dal rapporto tra la forza d'inerzia
e il peso apparente.
Sotto l'aspetto dimensionale,risulta che la forza d'inerzia
per un dato volume t 3 è data (come già mostrato nel § 4.7) da:

mentre la forza apparente di gravità è data, per lo stesso volume,


da:
F = òy \l. 3
g

Il quoziente di queste due forze

( 6. 1)

V
è il quadrato di Fr = che è chiamato numer o di Fr o u de
~y
v%'!.
- ~
\l,
densimet r ico , ed è un 'es tensione del classico num ero d i Fr oud e (dal
nome di W. FROUDE, che per primo, 1871 , stabilì le leggi di simi-
litudine del moto ondoso negli esperimenti su modelli dì navi; v~
di § 18.5 .3 ) , che vale quando l'efflusso. avviene in un fluido
129

di peso specifico nettamente inf eriore a quello della vena, come è


il caso dell'acqua nel l 'aria, e praticamente può porsi quindi òy ~
~ y. La forma generalmente usata del numero di Froude nei fenome-

ni idraulici a pelo libero è pertanto la seguente:

V V
Fr = (6. 2)
/y/p R. lg'i
Questo numero è, sostanzialmente, quello stesso già espresso
dalla (4. 25) ai fini della similitudine sulla base del numero di
Eulero generalizzato; va inteso, peraltro, che la sua costanza per
due distinti processi implica similitudine anche della forma della
superficie libera, quando il moto sia condizionato dalla gravità.
Risulta infatti, ponendo Fr ' = F~ ":

V ' V"
(6 . 3)

i '
da cui , posto À "' p (rapporto delle lung hezz e omologhe, o sca Z.a
di riduzio ne geo metrica ), si ha immediatamente:

rV = ~ = lx
V"

da cui facilmente gli altri rapporti fra grandezze .


Si ritrova pertanto, come ovvio , la stessa relazione fra 11
rapporto delle velocità r v e la scala geometrica À , richiesta dal
la similitudine del fluido pesante entro contorni fissi .

6.2. Efflusso libero da luci in parete sottile in assenza di gravità


L ' efflusso aa una luce in parete sottile (cioè di spessore pi~
colo rispetto alle dimensioni della luce, ed in particolare coi boE_
di in forma di ideale tagliente) è caratterizzato da un fenomeno
di contrazione della vena a valle della luce , fino ad una cosiddet
ta sezione di vena cont rat ta , ove cessa la curvatura delle linee di
corrente e la distribuzione delle pressioni è perciò idrostatica.
Il fenomeno, con buona approssimazione, può r itenersi di mo-
to irrotazionaZ.e .
I metodi esposti nel precedente Capitolo, e specialmente que.!_
lo della rappresentazione conforme, hanno permesso in taluni casi
di valutare il rapporto fra la sezione contratta e la sezione d el
la bocca d'uscita, chiamato co e ffici e nt e d i contrazi one Cc , otte-
nendo buona conferma dei risultati sperimentali.
Nell'ipotes i che no n interv enga Z-a gravità , come avviene se
130

uscendo da una bocca simmetrica rispetto al recipiente il getto


prosegue nella direzione dell' asse (Fig. 6.3), già G. KIRCHHOFF
(1869) aveva dimostrato, nel caso di una luce bidimensio n a ie , in
parete piana, molto estesa rispetto alla larghezza della luce.che
il coefficiente di contrazione vale:

C
e
= 7+2
n = 0,611 (6.4)

L'andamento delle lin~e equipotenziali e delle linee di cor


rente risulta come nella Fig. 5.12; si noti il percorso radiale fi
no in prossimità del l a luce.
Se invece la larghezza a della luce e quella b del recipien-
te sono comparabi=
li, cioè il rappor
to a/b è lontano da
zero, l' andamento
del reticolato di b/2
flusso deve adattar
si alla presenza
delle pareti, come
è indicato nella
Fig 6 2
Fig.6.2 per a / b =
= 0,5. Questo andamento influisce sul valore del coefficiente di
contrazione.

0 7468
b

jO

E
Fig , 6 .3

In seguito R. VON MISES (1917 ) calco l ò vari va l ori d i Cc per


luci b i di me n sionali poste al te rmi ne di coni applicati ad un r e-
131

cipiente, sporgenti o rientranti come nella Fig. 6.3, consideran-


do diversi valori dell'angolo di apertura 8 e del rapporto a/b fra
la dimensione della luce e quella del recipiente.
I dati sono riportati nella seguente Tabella 1 (il preceden-
te valore di Kirchhoff si ha per a= 90° e a/b = O):

Tabella 1

a/b 8 • 45• B • 90° 8 • 135 ° 8 • 180°


0,0 ee • 0,746 0 ,611 0,537 0 , 500
0,10 o, 747 0,612 0,546 0,513
0,20 0 , 747 0,616 0,555 0 , 528
0,30 0,748 0,622 0,659 0,544
0,40 o, 749 0,633 0,580 0,564
o. so 0,752 0,644 0,599 0 , 586
0,60 0,758 0,662 0 ,620 0,613
0,80 O, 789 o, 722 0,698 0 , 691
1,00 1,000 1,000 1,000 1,000

Il v on Mises ha indagato anche il caso di efflusso bidimen-


sionale da una luce di fondo posta a lato di una parete (Fig.6.4),
dando i seguenti v alori:

Tabella 2
-------------··
a /b o 0,1
-----------~---------
0,2 0,3 0 ,4 0,5
ee - 0,6Y3 1· 0,676 . 0,680 0 , 686 0,693 0,702

Noto il coefficiente di contrazione , la valutazione della


Portata effluente può farsi applican-
do il teorema di Bernoulli tra la se-
zione o-o a monte dello sbocco,in cui
si ha velocità v praticamente unifor
me , e la sezione contratta e-e in cu i,
b
essendo la pressione p pari a quella
e sterna (eventualmente quella atmosf~
rica p 4 ) , si ha una velocità uniforme

2 2
Vo V
Po + P 2 = Pa + P -f ( 6. 5)

Fig. 6 .4
132

Tra le stesse sezioni si può scrivere l'equazione di continui


tà:

q 1) e a
e e

da cui:

v
e e
e a
1)
o = -r- (6. 6)

Sostituendo la (6.6) nella (6.5), si ottiene:

1) = 2 llp/Q.._ (6.7)
e e~ a 2
1 -
b2

da cui:

q (6.8)
c2 z
-~
b2

Si introduce così l'espressione generale:

dove Cq , coefficien t e di portata, vale:

ee
(6. 9)

Dalla (6.9) risulta che eq dipende solamente dalla configura-


zione geometrica dell'ugello; il suo andamento, assieme a quello
di Cc, è riportato nella Fig. 6. S, nel caso più frequente di s =
= 90°.
Nel caso tridimensionale di un orifizio c irc o l are simmetrico
al termine d i un condotto cilindrico, si possono applicare consi-
derazioni del tutto analoghe. Sia la determinazione per via anal!
tica (fatta con metodi numerici di successiva approssimazione da
133

E. TREFFTZ (1916)), sia i risco~


tri sperimentali mostrano che po~
sono applicarsi con buona appro~
sirnazione i valori di ee del ca-
so bidimensionale. Sostituendo ad
a/b il quadrato del rapporto d 1/d
fra il diametro d' della luce e
quello d del condotto, si ha pe~
tanto:

Q = e
Q
li d'2
4
J2 ~ I)
(6. 8')

con il coefficiente di portata

-- 5!.' luce di fond


(6. 9') o.5 o.o
1------:1-,----1-~-~=---+.:--~
C 2 d'" 0.2 o.4 o.6 o.s ,e
-~ !.~
d" b ho

Fig.6.5
6. 3. Efflusso di un liquido pesante da un recipiente
Consideriamo ora l'efflusso a moto permanentediun fluido aog
getto aZl.a gravità , cioè in particolare 11 caso di un liquido pe-
sante liberamente effluente nell'atmosfera.

6.3.1. Luce di fo ndo

Si consideri il recipiente di Fig. 6. 6 riempito di un liquido


fino all ' altezza h 0 , e provvisto
di una luce circolare di area A,
ricavata sul fondo orizzontale
in parete sottile.
La luce sia di piccola dimen
sione rispetto alla dimensione
del recipiente, e sufficienteme_!!
"++----,.A,,-._ __ te distante dalle pareti perché
C- l -C possa anche qui pienamente man!
e
P• Ve festarsi, per la vena effluente,
una sezione di vena contratta,
F!g. 6.6 poco al disotto della luce, do-
ve le linee di corrente diveng~
no praticamente parallele.Lav~
locità nel serbatoio cresce rapidamente nel tratto che precede la
134

sezione di vena contratta; continua poi ad aumentare per effetto


della gravità.
Va notato che, sia sulla superficie libera o-o sia nella se-
zione di vena contratta e-e, agisce la pressione atmosferica; in-
fatti in quest'ultima vige la distribuzione idrostatica delle pre~
sioni, per essere le linee di corrente parallele, e quindi la pre~
sione ha il valore della pressione atmosferica esterna Pa·
Assunto 11 moto permanente (livello 0 - 0 invariabile), si può
applicare il teorema di Bernoulli tra questa sezione e la C-C , ot
tenendo:

(6 .1 O)

Poiché nelle ipotesi fatte v 0 è trascurabile, risulta:

Ve = /2g h 1 (6.1 1 )

(formuZ.a di 'l' orrice ZZ.i ; E. TORRICELLI, 1644). In base a ciò, si


chiama generalmente velocità t orriceZ.liana v = l 2gh quella deri-
vante da un carico h nell'efflusso di un liquido perfetto.
In realtà, per tener conto dell 'effetto di dissipazione del-
l'energia dovuta alla viscosità, la velocità va leggermente rido~
ta con un fattore e che per l'acqua, e in dipendenza dal carico
h 1 , può ritenersi variabile tra 0,96 e 1,0; per cui il valore del
la portata effluente risulta:

Q = CCA E
,- -
v 2g h 1 (6 .12)

Poiché è piccola la distanza dc della sezione di vena contrai


ta e-e dalla luce di fondo (per una sezione circolare tale distaD
za è circa pari al raggio), se h 0 >>àc, e per E" 1, la (6 .12) si
può semplificare nella:

Q = eeA l 2gh 0 (6 .13)

Per una l uce di p i ccola dimensione in relazione alla dimensio


ne del recipiente può assumersi e e <', E1; altrimenti, per luce P2.
~

sta simmetricamente nel fondo e per carichi ho sufficientemente~


levati, si consiglia di usare i coefficienti riportati nella Ta-
bel l a 1 per /f = 90°; applicandoli convenientemente a l rapporto fra
le dimensioni della luce e del recipi ente.
135

6.3.2. Luce in parete verticale


Consideriamo ora il caso di una vena effluente liberamente da
una luce praticata sulla parete
verticale di un recipiente . Ve-
rosimilmente il getto uscente r.!_
sentira tanto più dell'effetto
della gravità, quanto più sara
piccola la velocit~ di efflusso.
Supponiamo che la luce di e
sbocco A sia piccola (fessura) e - - - - A- -
che la graviti non influenzi la e
sezione di vena contratta (cioè
11 getto sia orizzontale sino a,!
la relativa sezione) .
Se hm è il carico medio sul
la luce (Fig. 6 . 7), possiamo a~
cora considerare la velocita tor
Fig . 6 .7
r icell iana ad esso relativa, ot
tenendo :

Q "' C A 12gh ( 6. 1 4 )
e m

dove può porsi C c " 0,61, come per l ' efflusso dalla lucedifondo.
Se invece la luce è di grandi dimensioni, una relazione come
la (6.14) è solo approssimativa. In questo caso, infatti , anche se
si può riconoscere una sor ta di vena cont ratta poco lontano dalla
luce di sbocco , in un piano praticamente verticale, si osserva che
i vari punti della sezione contratta non sono alla stessa profon-
dita dal pelo libe ro, com-
-.i12g petendo a ciascuno un d ive!_
so carico h.
Il caso più semplice è
quello di una luce rettan-
golare verticale larga b ,
per la quale si può teori-
camente calcolare la port~
'?'
ta suddividendone l'altez-
V~2g / ./ PI
za h 2 - h 1 (Fig. 6. 8) in
///
tratti elementari di alte~
za dh , per ciascuno dei qu~
11 si avra la velocita tor
F;g. 6.8
136

ricelliana v = l2gh e quindi, tenendo conto della contrazione, una


portata elementare:

La portata effluente attraverso l'intera sezione contratta sa


rà data da:

Q
! hz
h1
c
c
b l2gh dh (6 .15)

Se ora (ipotesi di G. POLENI, 1717) supponiamo che cc sia lo


stesso su ogni elemento della sezione, la (6.15) si integra facil
mente, e si ottiene:

( 6. 16)

Il valore di Cc può assumersi prossimo a 0,61 per una luce


molto larga in confronto all'altezza, per cui è scarso l'effetto
della contrazione laterale.
La (6 .16) è stata ottenuta senza tener conto della veloci ti! vo
nel recipiente (velociti! di arrivo). Qualora fosse necessario te-
nerne conto (per essere l'altezza cinetica non trascurabile), la
velocità v , come risulta dall'applicazione del teorema di Bernoul
lo, supposta v 0 uniforme, risulta:

V
V~)
+ 2g ( 6 .17)

quindi la (6.16) diventa:

Q I3 e c b (•, + :!f] ( 6. 1 6 ')

Il valore di c c, se la luce è in posizione di simmetria nel-


la parete, può essere preso pari a quello del getto senza peso (T~
bella 1) per $ = 90 •, considerando in luogo del rapporto a/b il
rapporto ( h 2 - h 1 ) fra l'altezza del la luce e 1 'altezza del liqui-
ho
do nel recipiente.
L'andamento delle linee di corrente e de lla pressione a con-
137

tatto delle pareti è schematicamente indicato nella stessa Fig. 6 .8


per il caso bidimensionale, cioè per una luce larga come la pare-
te in cui è praticata; si osservi la presenza d i un punt o di ris t!::_
gn o della corrente sulla parete in O con rialzo del pelo libero,
ed i diversi valori della velocità lungo i profili superiore e in
feriore del getto eff luente.
Il tracciamento del diagramma della pressione sulla parete è
stato fatto considerando che nei punti 1 e 2 la pressione è atmo-
sferica . Se il liquido fosse stato in quiete, cioè a bocca chiusa ,
l'andamento del la pressione sarebbe stato quello idrostatico (tra!
teggiato nel l a F ig . 6. 7) : s ottraendo punto ~er punto da questo d i~
g ramma il corrispondente valore loca le d i ~g (altezza cinetica) si
sono r icavat i i valori d el le altezze di pr essione p /y col fluido
i n movimento.
L ' eff l usso ora trattato è d e nominato efflusso a battente ,
dove con la parola " batten te " si indica l'altezza h 1 del liquido
sovrast ante la bocca.

6. 3. 3. Paratoia so llevata a battente

Uno speciale caso d i luce a battente è quello della Fig. 6.9,


dove il bordo inferiore della bocca coincide col fondo del reci-
piente ; esso trova particolare a ppl icaztone nel caso di una para-
to ia sollevata sul fondo di un cana l e .

- -+-----,--
h,

A
I• v2; 2g • I•

Fig. 6 .9

S i consid eri il caso h i d imensionale, e s iano ho l'altezza d el


pelo libero sul f ondo e Vo l a velocità d i arrivo . L'altezza h 1 d el
pelo libero rispetto al punto 1 è in q uesto caso il "batte nte" .
138

All'uscita dalla luce di altezza a la vena si contrae fino ad


un valore minimo e ca , dove C
e
è il coefficiente di contrazio-
ne, che può anche qui assumersi pari a quello del getto effluente
senza peso (Tabella 1 per 8 = 90 •) , ove si osservi che la parete
di fondo può idealmente riguardarsi come un asse di simmetria ve~
ticale di tale getto. Valori più esatti sono indicati nella Fig.
6.5.
Applichiamo il teorema di Bernoulli fra la sezione verticale
A-A di moto uniforme e quella e-e di vena contratta, entrambe a
pressione atmosferica; si otiene:

Pa V~
Y + h o + 2g {6.'18)

Poiché si ha dall'equazione di continuità:

(6.19)

sostituendo nella (6.18} ed isolando ve, si ottiene:

(6. 20)

da cui (per unità di larghezza):

q e e av e /2gh 0 = eq a 12g h 0 ( 6. 21)

dove C q (coefficiente di portata) vale:

e =e
q e
V1 1
+ Cc
a
ho
(6 .22)

L'andamento di e (e di e) in funzione del rapporto~ (che


a q e o
equivale ad b della Tabella 1) appare nella Fig. 6.4; per ~o . . o,
è e . ,. e "' 0,61; se invece a è abbastanza grande, C risulta mino
q e q
re di e .
e
L'efflusso d a una luce di fondo sembra avere, da guanto espo-
sto, una certa analogia con l'efflusso da una luce in parete ver-
ticale; in effetti però la situazione è diversa da quella del ge!
139

to orizzontale senza peso. Nel caso della luce in parete vertica-


le, infatti, le linee di corrente nella sezione contratta sono tut
te alla stessa pressione atmosferica; nella luce di fondo, invece,
la distribuzione della pressione è quella idrostatica, perché la
vena effluente appoggia sul piano di fondo.
va anche qui osservato che a contatto con la parete vertica-
le il pelo libero si rialza fino a raggiungere la quota della li-
nea dell'energia (punto O della Fig. 6. 9), in quanto ivi si ha un
punto di r istagno della velocità di arrivo v 0 • L'andamento della
pressione sulla parete e attraverso la luce è desunto con gli steÉ.
si criteri già indicati per la luce in parete verticale.
E' interessante considerare altre due situazioni schematiche
che si riallacciano a lla precedente; quella dell 'eff lusso di fon-
do con parete non piO verticale ma inc linata e quello dell'efflu~
so al disotto di una paratoia a settore circolare sollevata. I co
efficienti eq sono funzi one del rapporto ro fr a l'altezza della
luce e gue1la del pelo libero a monte , per diversi valori dell'an
golo di inclinazione a .

Cq
0-80+-- +--:-.r---=r""-oe::,-lf...;::""-,;j::----t- --t- -;-- -+- ---r---1

O.ISO

o.so
00
~-4----4----------.
o.,
. . .-....----+----+---:-:~
0.2 0.3 0.4 0.5
· ath0
Fig . 6 . 10

Quest'ultimo, nel caso di paratoia a settore , è l'angolo di


tangenza all'estremo inferiore del profilo: si fa notare che, sia
per considerazioni teoriche sia in base a dati sperimentali,ilraE
porto tra il raggio del settore R e l'apertura a non ha praticarne!!
te influenza sul coefficiente di contrazione, e quindi di portata.
Nelle Fig. 6.10e 6.11 sono riportati dati sperimentali di B. GEN-
TILINI (1941). Per 8 ~ 90°, cioè per parete verticale, essi poco
differiscono da quelli che si desumono dal calcolo i'n base alla
140

(6. 2 2).

Cq

FB~
o~o~-+--~~~--.+-=:,,,...,d----+---+---+--+--1

o.10 ~---1----+-=~...+-----.:~---+-----+-------l

Fig. 6.11

6.4. :Efflusso da kaci a stramazzo


Una luce a battente nullo, cioè costituita dal solo bordo in
feriore e dai bordi laterali, è detta Z.uae a stramazzo (Fig. 6.12).
Il carico ho, relativo al-
lo stramazzo, si definisce
come il dislivello tra la
superficie libera a monte e
il punto più basso della 1~
ce; la quota della superf!
cie libera è misurata in
una sezione sufficienteme~
F;g . 6 .12 te lontana dal bordo, in m~
do che in essa non si rise~
ta della ahiamata di sboaao (progressivo abbassamento del pelo li
bero verso l o sbocco).
In condizioni normali lo stramazzo è libero , cioè presenta~
na vena ben delimitata, e soggetta alla stessa pressione (atmosf~
rica) su tutto il suo contorno. Questo richiede che il livello l!
guido a valle sia inferiore alla soglia dello stramazzo; altrime~
ti lo stramazzo è rigurgitat o e,mancando la superficie libera in-
feriore, la vena è annegata e, generalmente a l di 1a della soglia,
da luogo ad ondulazioni superficiali (vena ondul.ata) . La condizio
ne di vena annE.gata può aversi anche con livelli liquidi a val le
più bassi d el l a soglia,qualora il ricambio d'aria nella parte in-
141

feriore sia impedito o non sia sufficiente, e di conseguenza l'a~


qua rimonti a l disotto della vena fino alla soglia. La vena s1 pre
senta poi d ep:l' e ssa quando, pur non rimontando l'acqua fino a l la s,2
glia, rimane nella parte inferiore un ambiente d ' aria rarefatta.
Infine la vena risulta ade:l' e nt e alla parete quando, per carichi
molto picc oli , le forze di adesione dovute alla tensione superfi-
ciale divengono prevalent i.
In uno stramazzo libero sia il prof i l o s uper iore che quel lo
inferiore della vena
sfiorante sono curvi ,
ma con diversa curva-
tur a . ho
All'int erno de l -
la vena , tenuto conto
0.647
del l a c u r vat ura d elle
0.60 QBO · I.O
t raie t tori e , l a d istr_! v/ffiiiè
buz ione d elle pr e s si,2
ni non è idrostatica;
Fig 6 . 13
il relat i vo diagramma
per uno stramazz o lar
go a soglia rettilinea ha un andamento come nella Fig . 6 . 1 3 (da esp~
r ien ze di E . SCI~ EMI , 193 0), con pressioni maggiori , all ' i nterno ,
d e l la p r essione a tmosferic a c he r egna ai bordi ; e i n rel az ione ad
esso s t a l ' andamen t o de l le v eloc i t à, che ri s po nde all ' a p plicazio-
n e d e l principio di Bernoulli. Lo studio puO ess e r e c o ndot t o a nche
su basi teor i c he , come a ccenna to nel§ 5 . 3 .

6.4.1 . Stramazzo in pare te sottile se nza contrazione laterale ( stramazzo Bazin)


Se l a l uce a s t ramazzo è re tta ngolar e di larghe zza b, ed i
bordi l a tera l i coincido no c o n le par eti d e l canale in arrivo (F i g .
6 .1 4 a)),s i ha lo st:l'amazzo :l'ettang oZare senza c o nt:l'azione Zate:l'a -
Ze (la contraz i one è s o l o verticale, su l bordo inferior e ) . E' qu~
sto u no dei migliori d i spositivi per l a mi sur a della portata del-
le correnti d'acqua a pelo libero .
La valutazione della portata può farsi applicando lo stesso
procedimento indicato da G. POLENI per la bocca in parete vertic~
le, e cioè considerandone la luce come costitu i ta da un insieme di
fessure elementari fun z ionanti sotto un battente misurato dal pe-
lo libero . Ancorché nella letteratura sia usuale l a denominazi one
d i st :l'ama zz o Baz i n , dal nome dell'autore che ne approfondi la co-
noscenza su basi sperimentali, meglic si a ddice per la verità la
142

denominazione di stramazzo PoZeni, come è riconosciuto in autore-


voli testi tedeschi e americani.

i
I l•
b
•I
I. I I· b
·1
I
a} b}
Fig .6.14

Seguendo l'indirizzo di Poleni, basta perciò nella(6.16')por


re h1 ~ O (battente nullo) ed h2 = ho (carico dello stramazzo): ne
discende per la portata unitaria q =~la formula:

q = i cc 12g
f(L ho + ~
v2 )3/2 (6.23)

che può scriversi anche:

q eq 12g h 3 12
o
(6.24)

con il coefficiente di portata:

eq = -32 ee ~\( 1 -~;!' 2o )3/2


+ - -
2g h 0
-(_j_)J/2]
2gh 0
(6. 25)

I n questo caso il valore del coefficiente di contrazione val ~


tata per via teorica da A. LAUCK(1925) è ancora Cc= n :
2
= 0,611.
Considerando nulla la velocitA d'arrivo v 0 , l a (6.23) si sem-
plifica nell'espressione seguente:

3/ 2
q "1,81 h
0
(6 .26 )
(h in m, q in m 3 / s.m )

che è estesamente applicata per valutazioni approssimative della


143

portata dello stramazzo in condizioni di funzionamento normali.


Qualora invece si voglia una determinazione rigorosa, la ( 6. 23:) ,
a parte le incertezze nella valutazione di C , richiede la previa
e -..
conoscenza della veloaità d'arrivo v 0 , e quindi della portata, che
è l'oggetto stesso della valutazione: per cui nel calcolo deve pro
cedersi con un laborioso procedimento per falsa posizione ad ap-
prossimazioni success ive.
Vi sono però delle formule sperimentali che forniscono con ma9.
gior precisione 11 valore di C in funzione delle sole caratteri-
q
stiche geometriche dello stramazzo .
Nel 1844 J. WEISBACH propose di esprimere C q· con una formu-
la del tipo :

eq (6.27)

con A e B costanti opportune . Essa esprime correttamente che p ( pe _E.


to del lo stramazz o ) influisce direttamente sulla portata tramite
11 rapporto h oh~ p : l 'andame n to delle linee di corrente, infatti,
è grandemente influenzato da questo rapporto e lo è quindi anche
la contrazione di v ena.
Verso la fine dell'800 H.E. BAZIN forni (su lla linea indicata
da We isbach ) la seguente formula per il coefficiente C :
q

eQ : i (o 6o75 + o ~ ~ 45 ) [1 +
I I 0r 55 ( h/ ~ p)
2
] ( 6 . 28)

con ho e p in metri.
Nel 1913 Th. REHBOCK propose la seguente espressione di C :
q

cq = i (o,Gos + t 0 0
\ + 0,08 ~ ) (6.29)

sempre con ho e p in metri. I limiti di validita possono porsi tra


ho= 0,01 m ed ho = 0,80 m.
In queste due espressioni sono introdotti i termini o,oo 45 e
0,001
--h-- per tener conto di effetti parassiti e soprattutto
ho
di quel-
0
lo della tensione superficiale che, per piccoli valori di ho, te~
de a curvare la vena verso la parete verticale dello stramazzo au
mentando cosi il coefficiente di portata.
Questi termini non sono adimensionali, ma, come suggerito da
L. PRANDTL (1 929), potrebbero essere resi tali introducendo un "p~
rametro di capillarita" detto numero di Weber (M . WEBER, 1919):
144

We = (6 .30)

che, analogamente al numero di Eulero (4. 23) ed al numero di Froude


(6.2), rappresenta i l quoziente fra la forza d'inerzia per un da-
to volume pV 2 .t 2 e la forza applicata, in questo caso di tensione
superficiale, Fr = Tt .
Se il numero di Weber viene scritto, come si addice al probl~
ma in esame, assumendo i l carico ho come lunghezza i caratteristi
ca, e come velocità v quella torricelliana v = 12gh 0 derivante da,!
lo stesse carico, e cioè nella forma:

12gho l°"ip"g ho
We=
--=- =
lT
VP~o
potrebbe porsi nella formula di Rehbock (6.29)

0,001 = K
ho We

dove, nel caso dell'acqua ( T 0,076 kp/m), risulterebbe:

K "' We O, 001 = /2pg • 0, 00 1 0,520


h0 /f

Sono necessarie però ulteriori esperienze anche con altri li


quidi per poter accertare che K sia effettivamente costante e che
quindi, oltre alla tensione superficiale, non si abbia l'interve~
to di altri fattori parassiti, quale ad esempio la viscosità.
Altra formula recentemente proposta partendo da una successi
va formulazione di Rehbock ('\92 9), e raccomandata nella unificazi~
ne dell'ISO, è quella di E. KINDSVATER e R.W. CARTER (1959), in
cui il valore della q = C
q
h g he 31 2 risulta appl icando per il co-
efficiente eq l'espressione:

ho
eq = 0,602 -t- 0,075
p
(6 .31)

valida per ho > 0,03 m, h / p ~ 2,0, b > 0,15 m, p ~ 0,10 m, mentre


viene consigliato di porre, in luogo di h 0 , h = h 0 + 0,001 (inm),
e
per tener conto assieme degli effetti della tensione superficiale
e della viscosità.
Affinché lo stramazzo senza contrazione laterale possa avere
145

una buona prec i sione, bisogna impiegarlo avendo cura di ottemper~


re ad alcune regole importa~
ti.
Innanzituttc esso deve a
vere la soglia perfettamente
orizzontale e la piastra de-
ve essere liscia e a bordo
sottile, secondo le dimensio
ni consigliate nella Fig. 6 . 15.
A monte dello stramazzo il ca
nale deve essere rettilineo
e di sezione rettangolare per
una lunghezza pari ad almeno
50 volte il carico massimo
ho max ammissibile , a meno che
FIQ. 6 .15
non vengano realizzati oppor
tuni dispositiv i per assicu-
rare una distribuzione rego lare della velocità d ' arrivo.
La lettura di questo carico si raccomanda venga eseguita a mon
te della piastra dello stramazzo, ad una distanza compresa fra 3
e 4 volte 11 carico massimo homax .
La vena sfiorante deve essere accompagnata l ateralmente e com
pletamente aerata nella parte interna , eventualmente a mezzo dico~
dotti aeratori, in modo che anche al disotto della vena si abbia
sempre la pressione atmosferica. Una depressione, infatti, tende-
rebbe ad aumentare la curvatura della vena e quindi il coefficien
te di portata.

6.-4.l. Stramazzi in parete sottile di altri tipi


Accanto allo stramazzo del tipo ora considerato, si hanno pu-
re stramazzi a contrazione ZateraZe (cio~ anche sui bordi vertic~
li) . Tale è lo stramazzo in parete sottile a Zuce rettangolare ,di
larghezza R. i nfer iore a quella b del canale in cui è inserito (Fig.
6. 14 b)).
Per la portata di tale stramazzo è stato molto applicato il
suggerimento di J . B. F~NCIS (1883), secondo il quale nella formu-
la tipo (6. 26), che o ra si scrive:

( 6 . 3 2)

va introdotta una larghe zza ri<iot ta t ' per tener conto dell'effetto
146

della contrazione laterale. Posto che la larghezza .t sia almeno


tre vo l te il carico h 0 , la larghezza ridotta vale:

t ' = i - 0,10 n h o (6.33)

con n = 2 ovvero n = 1 a seconda che la contrazione laterale si ve


rifichi (in modo completo) per entrambi i lati ovvero per uno so-
lo, il che può avvenire se la luce è spostata completamente verso
una parete del canale.

Cq

0.50 -+--+--+---+------<~- - - --+--

0.40
0.2
o.o
038+---1------1----+-- -+--1-----l---+-- +--+--l-----l----t
o 0.4 0.8 7.2 1.6 2.0 'bJP 2.4

Fig.6 . 16

Poiché lo stramazzo a contrazione laterale, purché posto sim


metricamente rispetto alla sezione del canale, è unificato dall'ISO
come misuratore di portata, si danno anche per esso formule più~
laborate; in particolare quella dei nominati E. KINDSVATER e R.W.
CARTER, scritta nella forma:

Q (6 .34)

di cui quella per lo stramazzo senza contrazione è un caso parti-


colare. Nella Cf .34) va posto he = ho + 0,001 (in ml, te= 1 + kb,
essendo CQ = f \F , ~
0 ) e kb rappresentati dalla Fig. 6.16 e Fig.
147

6.17. Le condizioni di applicabilità sono quelle valide per il ca


ao senza contrazione,con
l'aggiunta della limita-
b - .e,
zione -i-> 0,10 m.
Si fa notare c h e u - 5
lcb
na formula molto usata, e (mm) ..........

--
L.,....-
pure accettata nella un! 3 L-- ...
2
- \
ficazione ISO, è q uella
di HAMILTON-SHITH (1884),
che i n sostanza pone ne!
1
o
o 0.'20 0.40 0.60 0.00 llb I.O
'
la (6. 32 ) .t' = .t-0 ,1 h o a!!
che in presenza di d ue bo!_ Fig .6.17
di a cont razione comple-
t a, come è i l c aso di una l uce posta simme t ricame nte ne l cana l e ,
b - .e,
per cui si abbia - 2- > 2h 0 • Po i c h t'i , n elle condi z ion i di v alido 1!!!
piego , questa for mula dà risu l tat i che si avvic ina no a quell i de!
la f ormu la di KlNDSVATER- CARTER, è da ri t enersi c h e n on s i a del t u_!
to valida la formu la (6 . 33 ) proposta da Francis .
Gl i stramaz z i rettango lari, fin qui considerati , non sono tro12
po ind i cati per la misura di piccole porta t e, perch~ esse richie-
do no piccoli car i chi 11 cu i apprezz amen to è necessariamen te i mpr~
c i so , a p ar te 1 già esposti inconv e n ient i dov ut i all ' e f fetto del-
la tens i o ne s uperfic i a l e.
Un t i po di stramazzo c he , invece , puO essere i mpiegato anche
per la misura di picco l e portate,
in quanto la v ena sfiorante si ata~
ca perfet t ament e dal la pare te v er.
t ica le, è lo stramazzo triangoZa-
re , eseguito s empre i n pare t e s o!
t ile (F i g. 6.18): l 'ango lo a a l ve!_
tic e è g eneral mente di 90° e l a b_!
settrice vertical e.
Per il cal colo della portata s i
può anc he qui seguire teor i camen-
Fig 6.18
te i l proced i mento indicato dal
Poleni. Si consideri uno strato e
lementare dh di larghezza i , posto a profondità h dal pelo libero
(Fig. 6.1 8), la cui portata elementare è :

dQ = ee i d h l2gh
148

0.62.---.---...,.----,----,,-----,----.----,--.....----,------.
Cc
0 .61+--- 4 - ---+-- -+--- -+--=---::---#

0.57
0.1

0.56
o.o 0.2 0.4 0.6 0.8 1.0 1.2 1.4 1.6 1.8 2.0
'VP
Fig . 6 .19

Tenendo conto che :

.e o (ho - h)
.2, = ho
sostituendo nella precedente, e quindi integrando fra h = O (pelo
libero) ed h = ho, posto Cc di valore costante, si ottiene, dopo
alcuni passaggi:

(6. 35)

.2. o ci
dove ho°= 2 tg 2
Secondo l'unificazione proposta dall'ISO, per ci= 90° e qui~
.2,
di .:.a.=
ho
2, valori corretti di e e si traggono dal diagramma (J . SHEN,
1960), della Fig. 6.19. In luogo poi del carico h o , si consiglia
di assumere nel l a formula h e = ho + 0,00085 (in m) . La formula è
valida per h o ~ 0,06 me per r > 0,10 m.
Interesse soprattutto storico halostramazzo CipoZ.Z.etti (Fig.
6 . 20) di forma trapezoidale, deriv~
to dalla composizione di uno stra-
mazzo rettangolare, di larghezza i~
feriore a quella del canale affere~
te, e di due stramazzi tria ngolari
posti ai l ati. L ' inclinazione delle
pareti AE e BF è scel ta in modo ta-
le da far si che l a portata fluente
I• e -I
attraverso i due triangoli AC F: e BDF
uguagli la diminu z ione di portata
Fig. 6 .20
dello stramazzo rettangola r e dovuta
alla contrazione che vi sarebbe sui lati AC e BD . Acce-c.tando la
149

proposta di Francis (6.33), l' inclinazione di sponda risulta, da


un semplice calcolo, pari a 4:1, e in definitiva per tale strama!
zo si avrebbe la formula semplice di uno stramazzo senza contrazi,2
ne laterale:
Q = 0,41 1 ho /2gh 0 (6 .36)

essendo t la larghezza al fondo .


In armonia col fatto che la proposta di Francis non è corre!
ta, è stato riscontrato che per la formula di cui sopra l'inclina
zione da darsi alle pareti dovrebbe essere maggiore.

6.S. Profili di sfioro


I rilievi sperimentali hanno permesso di constatare che i pr,2
fili delle vene sfioranti da stramaz zi liberi in parete sottile se_!2
za contrazione laterale sono tra loro simil i, avendo come rappor-
to di s imilitudine i l carico ho sullo stramazzo, quando il rappor
h -
to ~ è sufficientemente ridotto (grande va lore di p in confronto
al carico ho).
Del profi lo inferiore della vena sono state proposte , su basi
sper imentali , diverse equazioni in coordinate adimensionali , rif~
rite al carico. Fra queste, maggior credito deve riconoscersi a
quella ricavata da E. SCIMEMI (1930):

...!.. = o,so( ..E.. )1 ,es (6.37)


ho ho
con l'origine delle coordinate posta nel vertice O del prof ilo, si
tuato (vedi Fig. 6.13) all'altezza di 0,12'1 0 dalla cresta. L'equ!!
zione,per cui il carico di riferimento vale 7i 0 = 0,88 ho,?! tracci~
ta nella Fig . 6 .2 1 .
Per maggior sicurezza, lo stesso Scimemi (1946) consiglia di
attenersi ad un profilo leggermente piil rialzato, cioè a quello
proposto da W.P. CREAGER nel 1917 e comunemente noto come profilo
Creager , che corrisponde all'equazione :
...!..= 0,47 ( -=-)l ,80 (6.37 ' )
ho "1io
e che è pure tracciato nella Fig. 6.21.
Un'applicazione importante si ha nella determinazione del pr,2
filo piil conven ient e da assegnare ad uno sfioratore, quando la P!!
rete su cui avviene lo sfioro debba avere un certo spessore e
non risulti piil verticale (tipico il caso degli sfioratori rica
150

vati nelle dighe o muri di contenimento di un bacino artificiale).

X
012/088
~ . 0.5 10 15 20 25 3.0 35 ho 4.O
-....
~ -
0,4010.88
,0.5
'''
1.:
"' ~

2.0

2.:
1.5

' . ,,
'~4-~0.47

SCIMEMI- f--"'-,
I

fio=o.sorf/~ ~
I
\ ho
'~
\
,J:./80
ho

3.-
I
CREAGERi~
\
\
3 __

4.::
'\
.L
ho \\
Fig .6.21

Per tenersi alle minime dimensioni, conviene conformare il pr,2


filo verso valle della parete come quello (inferiore) della vena
sfiorante di un corrispondente stramazzo in parete sottile, quale
definito dall'equazione (6.37'). In tal modo il getto liquido non
si distacca dalla parete; e si evitano gli inconvenienti che un
profilo più rientrante comporterebbe, per la difficoltàdiaerazi.2
ne nel cuscino tra la falda inferiore e la parete (per cui tende-
rebbero a formarsi zone di depressione instabili, pregiudizievoli
alla buona conservazione della struttura).
In pratica conviene assumere per il profilo da assegnare ad
uno sfioratore quello dello stramazzo in parete sottile per il mas
simo carico prevedibile nel funzionamento: in tal modo, per i ca-
richi inferiori, la vena tenderà ad adagiarsi sulla parete, eser-
citandovi pressioni positive.
Il calcolo della portata-potrebbe farsi impiegando la formula
approssimata del lo stramazzo Bazin (6.2~). E' tuttavia prefe-
ribile introdurre, i n luogo del carico fittizio h o del corrispon-
151

dente stramazzo, quello h0 che


effettivamente si presenta sul
-~=O.BBho
vertice d ella soglia. ,.-enuto co~
to che, come indicato nellaFig.
6.22, r isulta:

h0 = o,~a h o ~ 1,14 h o

la por tata in base al carico h 0


viene data dall'espressione:

Fig. 6 .22

q (6 . 3 8)

co n e·q = 1, 21 eq ; e p er t a nto , pos t o eq = C,41, per uno str a mazzo


in parete grossa conformato seco ndo i l profi l o dello strama z zo in
parete sotti l e può porsi a pprossi mati v a ment e :

e•q = o,4 9 t o, so

S i not i c h e per i car i chi di f u n zio name n to i n fer i ori a q u e l lo


fo ndamenta l e il v alore di e • te nde ad a ume ntare .
q

6.6 . Configurazione dei getti liquidi


Nel ~_aso di ge~~~~ot til i l ibe r a me n te e fflu e n ti da una boc ca
c o n elev a t a v elocità, l o stud i o d e l loro anda mento può essere f at
t o per via t e orica, considerando il Q ll i d ~~!:l'e p e r _f etto e nu lla
l'azio r.e del l ' a tmosfera che l o circonda.
Il p roblema ?> q uello di d et.e r min.ar e l a trai e ttoria di u~-~-- ~~~
gola p a rt; ice l } a d e l _sott ~l-~ f __i} ame_n!o idea le_ a _c_uJ il.3.e tto .12.\!.9-. r!
dursi. E ' q ues to u no d e i p o c h i cas i d i applicaz i one pratica del me
t oqo _d 'ind agine d i Lagra~_g_e (ved i § 3 .1 ) .
Si ponga s ul la bocca d i effl u sso l ' o rig i ne di un sistema d i co
ord i na te cartesiane (Fig . 6.23 ) . S ia v 0 la velocità di efflusso ed
c, ~an'LC? l o c he il getto forma a l l'ini z i o con l ' o r iz zo nta l e (pun-
to O ) .
Nella d i rezione del~~s.:'.e -~- non_ y_' ~- ~<:<:~~~'!:_az_~on~, per cui si
scrive:
152

a
X
= o

da cui integrando , con h

vx = vox per t = O:

-=- V Ox ,• ( 6. 39)

quindi, integrando ulte


r .i.orrnente:
i
(6.40)
.Fig. 6.23
poiché, per t = O, x = O.
Lungo l'asse h invece agisce l a gravità, per cui

= dvh = = - g
dt

Integrando quest'ultima equazione, si ha:

(6.41)

poiché, per t O, vh = v 0 h; ed integrando ulteriormente, si ot-


tiene:

(6 .42)

avendosi, per t = O, h = O.
Le equazioni (6.40) e (6.4 2 ) sono le equazioni parametriche
della traiettoria di una particella: eliminando t fra esse si ot-
tiene:

(6. 43)

che è l'equazione cartesiana di _una -~arabola con l'asse parallelo


all'asse h.
Se ora si tiene presente che v O = v O coso e v0 v O sino, la
X h
(6 . 43) diventa:

1 {6;44)
h - 2 g
153

Risolvendo la (6.44) per h O, si trova che la gittata -x va-


le:

X = g
sin2 a (6 .45 )

ed ha un massimo per a= 45°.


Per evidenti ragioni di simmetria la quota più elevata h è ra.9.
giunta dal getto per x = x (vertice della parabola); per cui, so-
2
stituendo nella (6.44), si trova che la quota più elevata vale:

h ( 6 . 4 6)

2
!L.D,.( o )
,.. __
Jl valore massimo si ha per a= 90 con n
20 getto verticale .
Procedendo invece in base al teorema di Bernoulli, se lo si ap
plica fra la sezione di efflusso e la sezione al vertic e della p~
rabola, si ottiene:

(si noti che vx • v 0 x in qualsiasi punto della t raie ttor ia , quin-


di anche al v ertice ).
2 2 2
Poiché v 0 = v 0 x+ vr h' d a quest ' ultima equazione si ricava:

2 2
- Vo,. Vo
h = ___,,, = -
2g 2g
sin 2 e1

come giA trovato in precedenza (6.46) .


In confronto a questi risultati teorici, si osserva che il ge!_
to reale, rallentato e modificato dall'agitazione turbolenta e dal
contatto con l'aria, segue una traiettoria meno tesa di que l la del
getto teorico, differendone sostanzialmente nella seconda parte d2
po il vertice. Sono stati fatti recentemente dei riscontri per via
sperimentale dell 'andamento del getto reale (H. ROUSE, 1952), da
cui risulta che la conformazione dell'ugello da cui esce il getto
ha rilevante importanza nel determinare le condizioni di turbol~
za iniziale che si ripercuotono sulla traiettoria. LaFig. 6.24 i!
lustra alcune traiettorie ottenute con il bocchello di maggiore
efficienza per lance d' incendio, ivi schematicamente indicato,
che ha il coefficiente di portata C Q = 0,825 . Le massime gitta-
te nei getti reali vengono ottenute con angoli a di 30° in luogo
del valore teorico di 45° .
Importanti sono le differenze, rispetto al valore teorico h
1 54

60L------------------- -- ------ -- - - -- - - - -
m

ru.------l-------l-------l-------l-.,..,-,,.,,..c--+- -- ~ ___ traiettoria teorica


__ traiettoria reale

Fig.6. 24

2
= ~ , che si presentano anche per i getti verticali. Dell'argomeE
tosi occupò, fornendone una formula empirica, E . MARIOTTE (1686),
che fu il primo ad esaminare anche teoricamente i getti liquidi;
più affidamento da la formula di J.R . FREEMAN (188 9):

li2
h e = -;; - 1 1 13 • 1 o- 6 7 (in m)

che lega l 'altezza effettiva li a quella teorica h, ed è stata tra t


e
ta da esperienze con valori di li . fra 28 me 49 m, per getti effl~
enti da ugelli ben profilati con diametro di uscita d compreso tra
0,019 e 0,035 m.
1 55

7. CONSERVAZIONE DELL'ENERGIA MECCANICA E DELLA QUANTITA' DI MOTO

7.1. Principio della conservazione dell'energia


In un volume isolato 'i' di un fluido incomprimibi Le in movimento,
delimitato da una superficie chiusa A e (contorno), sono applicate de,!
le forze,che possono suddividersi in due gruppi. Sono forze esterne
quelle dovute alla gravità e quelle derivanti dagli sforzi (di pres-
sione e tangenziali) agenti sul contorno; sono forze interne le altre.
Secondo il teorema della forza viva, la variazione che, in quai
siasi intervallo di tempo, subisce l'energia cinetica di una massa
fluida sollecitata, è uguale al lavoro compiuto in quell'interval-
lo dalle forze (esterne ed interne) sollecitanti . Il lavoro compi~
to dalle forze interne peraltro corrisponde ad una perdita di ener
gia; esso non ha infatti un equivalente meccanico, ma solo un equ!
valente termico di produzione di calore .
Nell'unità di tempo, per il volume V considerato di cui dv è
un elemento , la variazione (s i supponga in diminuzione) dell'ener-
gia cinetica corrispondente alla velocità v vale :

-!t i (7. 1)

Sempre nell'unità di tempo, il lavoro compiuto dalla forza di


gravità su ogni elemento d',' è dato dal prodotto della velocità v
per la componente - pg d',' 11:!. del peso nella direzione s dello spo-
as
stamento. Nell'ipotesi precedente il lavoro ,che è svolto contro la
forza di gravità, vale pertanto:

~
f Y
pgt>
as
d 1,t (7. 2)

Infine, il lavoro nell ' unità di tempo per vincere le forze e-


sterne può considerarsi composto di due parti: (1) quello relativo
alle forze normaZi, e cioè dovuto alle pressioni p che agiscono sui
l'elemento di contorno dA attraversato dal fluido con velocità v
e n
nella direzione della normale n all'elemento stesso:

p'v dA (7 . 3)
n e
156

e (2) quello relativo alle forze tangenzia'li dovute agli sforzi t

sullo stesso contorno, che per analogia si scrive:

TV dA (7 3 I)
o
n e

Si ha pertanto, in base al richiamato teorema:

- dt
d
L e
pv dA + !A
e
TV dA + t:.P (7. 4)

dove t:.P è la perdita di potenza (energia nell 'unità di tempo) che i_!!
terviene nel processo considerato.
Tenuto conto della differenziazione euleriana (§ 3.6)

dv _a_t_ a (v 2 >
a (v 2 > + v _a_s_
2v dt

la (7.4) si riduce nella forma:

!v v :s P ( v22 + gh} dii+ fv/t P ~ di'+ ic pvndAc +

(7.5)

+ f
A
e
TV
n
dA
e
= - t:.P

Tracciamo ora (Fig. 7.1) nel volume i' considerato le istanta-


nee linee di corrente s, scomp2
nendolo in un insieme di tubi di
flusso elementari, di sezione dA,
talché i l volume i' complessivo
sia costituito da elementi dv=
= dA ds. In questo modo nella
(7.5) il primo termine si esprl
me con l 'integrale doppio:

Fig. 7.1
che, per essere in ogni istante
lungo ciascun tubo di flusso pvdA = pdQ = cost ( § 3. 3), ammette integr~
zione rispetto ad s. L'integrazione va fatta tra gli estremi di ci~
scun tubo di flusso, che appartengono alla superficie esterna di
157

delimitazione Ac. Suddivisa pertanto questa in due parti A1 ed A2 ,


rispettivamente corrispondenti al flusso entrante ed al flusso u-
scente, potremo scrivere ad operazione effettuata:

fA2(v22 + gh) P dQ - LI(~+ gh) P dQ

Il termine JA pv dA della (7.5) puO scriversi


e n e

= f A
e
p(dA
e
cosa) v = f
A
e
p dQ

essendo (Fig. 7 . 2) v dA e cosa = v dA = dQ; e quindi, analogamente co_1:.


siderando i valori della pressione p sulle due superficie A 1 , A 2 di
flusso entrante ed uscente (tenuto conto del verso):

f A
e
p V
n
dA
e
• f A
2
p dQ -f A1
p dQ

Infine, il termine f e
T v dA
n e
che rappresenta nella (7. 5) il 1~
voro nell' unità di tempo
per vincere le resistenze
tangenziali d ' attrito sul
la superficie di contor-
no, può generalmente ri-
guardarsi nullo, non solo
nel caso di fluido perfe~
to, ma anche per molte aE
plicazioni nei fluidi re~
li. Infatti, se si tratta
di un contorno costituito
Fig. 7. 2 da pareti fisse, ivi la ve
locità è sempre nulla; i-
noltre, quella parte del contorno stesso che fosse costituita da su
perficie di delimitazione ideali nel mezzo fluido puO sempre esse-
re opportunamente scelta in modo da risultare normale in ogni ele-
mento alla locale direzione del flusso (cosl da annullare le comp2
nenti t angenzial i).
Tenuto conto di queste semplificazioni, la (7 .5 ) si trasforma
in definitiva nella seguente:
158

gh + f) p dQ

(7. 6)

Se il volume V considerato si riducesse ad un tubo di flusso


elementar e , di sezioni estreme 1 e 2, la precedente, tenuto conto
che dv= dA ds si ridurrebbe nella forma:

2
p
(
V~
2 + gh2 +
P2 )
p p aQ - (
V
-f + gh 1 +i) p aQ =

- fs 2 ~ pdQ ds -dPi ,2
s1 at
e,dividendo per gpdQ = cost:
2 2

+ -P2) - (V
-2gi +
V2
( -2g + h2
pg (7.7)

dP1, 2
dove 0E1, 2 gpaQ è la perdita di energia fra le sezioni 1 e 2 per
la portata in peso unitaria.
E' questa un'estensione ai fluidi reali (cioè che ammettono
per effetto della viscosità perdite di energia) dell' equaz ione di
conserva zion e dell'energia già ricavata (vedi (4.14)) per i fluidi
perfetti in base alle equazioni di Eulero.
Se, nel caso p iù generale, il fluido fosse oomprimibi l e, le pre-
cedenti equazioni dovrebbero venire completate introducendovi anche
l 'energia interna {che è dovuta all'attività molecolare ed è funzi~
ne della temperatura), nonché 11 passaggio di calore fra l'esterno e
l'interno del volumeì'considerato. Si rimanda in proposito ai trat
tati di Meccanica dei fluidi e di Termodinamica.

7.2. Conservazione della quantità di moto


se ora, sempre ad un volume isolato ;i del mezzo f lu ido, fisso
o mobile di moto rettilineo ed uniforme, delimitato da una superfi
cie di contorno Ac, applichiamo il secondo principio della dinami-
ca (legg e di Newton),siamo condotti alla formulazione del te orema
della quantità di moto , di rilevante importanza per le applicazio-
ni nella meccanica dei fluidi.
159

La legge di Newton fornisce, per un sistema materiale di n pu_!!


ti di massa m.:
l

r."f =
d
at r..
n
m .v.
... (7.8)
ll l l

essendo r.F il risultante delle forze esterne che agiscono sul sist~
ma in movimento al tempo t , mentre i. rappresenta la relativa
11
m.v. 1. 1
quantità di moto. Le forze interne al sistema non compaiono, perché ,
in virtù del terzo principio, esse si annullano a vicenda.
Se ora in luogo di n punti isolati consideriamo una porzione
continua di un mezzo materiale come un fluido, che occupi al tempo
t un dato volume V, detto dV l 'elemento di volume, p la densità e
v la velocità relativa, la (7.8) con ovvia estensione d i venta:

r.F = ~t lv p V dV (7. 9)

Consideriamo ora il volume V già preso in esame per il pr incl


pio di conservazione dell'energia, ancora suddiviso (Fig. 7. 1) in
tubi elementari di flusso, cosicché l ' elemento dV possa porsi ugu~
le a dA ds , dove dA è la sezione del tubo e ds l ' elemento di lun-
ghezza.
In base alla regola di derivazione euleriana , avremo ancora :

dv av av
Tt TT + v as

e quind i , sostituendo ne lla (7.9):

r.1 ( p (-:~ +v ;! ) dv = Iv p ;~ dv + Li p :~ ds v dA ( 7. 1 O)

Il primo termine fY p
->
av
at d v rappresenta l ' intensità di varia-
zione, al tempo t , della quantità di moto posseduta dal fluido al-
l'interno del volume considerato; esso è pertanto pertinente solo
ai fenomeni di moto vario.
Il secondo termine può essere trasformato come segue:

-> ->
p
av ds
as V dA
av ds
3s PV dA

Infatti l'elemento di portata di massa pv dA = p dQ è costan-


te, come già abbiamo osservato, lungo ogni elementare tubo di flus-
so all'istante t considerato, e pertanto si può ancora integrare
fra i limiti di ciascun tubo di flusso, contrassegnati dai valori
160

della velocità d'uscita e v1 della velocità d'entrata.


Potremo pertanto scrivere:

r.-P = f
'Y
L
at
pv dlf + fA2
pv dQ - dQ (7 .11)

dove ora A 2 è la porzione del contorno A e attraversata da flusso


in uscita, ed A1 quella attraversata da flusso i n entrata.
E' questa la formulazione generale del teorema della quantità
di moto per i mezzi fluidi continui, che si enuncia come segue:
"La somma delle forze esterne applicate ad un volume;, di flui
do delimitato al tempo t da una superficie fissa, o mobile di moto
rettilineo ed uniforme, è pari alla differenza fra il flusso di qua_!!
tità di moto uscente, e quello entrante nel volume stesso, pi~ l'in
tensità di variazione della quantità di moto posseduta dal sistema
entro il volume V".
Considerando poi che, preso un polo O qualsivoglia, e detta r i
la distanza da esso di n punti di massa mi, vale, per il relativo
momento risultante, la relazione:

+ d ( n ...
r.M = dt ii m .v . x
l l,
(7 .8 I)

e che, se in luogo dei punti isolati si assume una porzione di


un mezzo continuo, contenuta in un volume 1/, vale la relazione:

...
r.M jt f'Y pV d-V X -;, (7 • 9 I)

essendo le (7.8') (7.9') le naturali estensioni delle (7.8) (7.9) dal


le forze ai momenti, con gli stessi ragionamenti già applicati per
le forze si dimostra valida l'equazione:

r.u = t _! t pv dv
...
pV dQ
...
)( l' ( 7. 11 ')

che ha significazione del tutto analoga alla (7.11).


Quanto alle forze F ed ai momenti Mche compaiono in queste
formule, si tratta delle seguenti categorie di forze e dei relati-
vi momenti:
1) forze di massa,cioè l e forze applicate al volume fluido come e!
fetto del campo gravitazionale, e quindi date da O = pg dV, e, fv
nel caso che il volume subisca un'accelerazione o una rotazione,
dalle forze centrifughe e di Coriolis derivanti;
161

2) forze di superficie, cioè le forze esercitate dal fluido esterno


sul la superficie di controllo al tempo t. Esse possono dividersi

_.TdAc ,
in forze di pressione,date da /A
e
pdA , e in forze tangenziali,
e
date da
f Ac oltre ad eventuali forze di tensione superfi-
ciale se la superficie Ac di controllo è costituita in parte da
superficie di separazione con altri fluidi.
Si noti che, in presenza di ostacoli all'interno del volume
considerato, qualora essi intersechino la superficie di contorno,
le forze (e i momenti) che agiscono nelle intersezioni dovranno es
sere inclusi in EF (EM). Invece, le forze di pressione e tangenz~~
li (e relativi momenti) che agiscono sugli ostacoli per la parte i!!
terna al volume considerato non compaiono in r.F (EM) , perché le S):!
perficie di questi ostacoli non fanno parte della superficie di CO!!
torno.
Va osservato che le equazioni (7.11) (7.11 ') sono strumenti di
validitA generale , applicabili anche per i fluidi che subiscano dis
sipazione di energia e comportino trasmissione di calore . Gli effe!
ti combinati di questi fenomeni , come pure quelli della comprimi-
bilitA , compaiono implicitamente nella grandezza delle forze ester
ne, conseguendone i valori delle locali velocità.
L'applicazione, in generale, del teorema della quantità di mo
to a casi di moto v ario urta contro gravi difficoltà , per la valu-
tazione del termine:

nella (7.11) - e l'equivalente nella (7.11') -, che rappresenta la


intensità di variazione, al tempo t , della quantità di moto all ' in
terno del volume considerato. Quando, come nel moto permanente,
tale termine è nullo, l'impiego del nuovo strumento di indag ine è
i n molti casi semplice, e conduce con rapid1t~ ad importa nti risul
tati applicativi.

7.3. Applicazione alle correnti unidimensionali (o lineari)


7 .3.1 Definizione di corrente lineare
Si definiscono corr enti unidimensionali (o Zineari) quei moti
fluidi che si svolgono secondo una direzione prevalente sensibilme!!
te rettilinea (asse della corrente), e presentano limitata estensiQ
ne trasversale rispetto alla lunghezza in cui il moto si svolge;
talché le velocità attraverso ogni sezione possono riguardarsi pa-
rallele all'asse. Sono quindi nulle o trascurabili le componenti
1 62

delle velocità normali all'asse, e la distribuzione trasversale del


le pressioni è sensibilmente idrostatica (§ 4.3)
Costituiscono questa categoria di correnti i tubi con involu-
cro rigido o gradualmente deformabile, nonché i canati a pelo lib~
ro, per i quali anche nel moto vario la superficie libera a conta!
to con l'atmosfera possa riguardarsi costituita, istante per ista.!}_
te, da linee di corrente, mancando le accelerazioni trasversali.
Caratteristica essenziale di queste correnti è quella di poter
considerare prevalente per esse l'aspetto della portata Q, e quindi
di tener conto solo delle componenti della velocità che ad essa cog
tribuiscono; queste velocità, dirette secondo l'asse s della cor-
rente, possono ricondursi ad un vaiore medio V= j in ogni sezione
trasversale.
Queste correnti sono pertanto assimilabili a tubi di ftusso,e
per esse è dunque applicabile, per fluidi considerati incomprimibi
ti, la relativa equazione di continuità (3.7):

Ad essa si aggiungono, per la valutazione dinamica del fenom~


no, le equazioni derivanti dal predetto principio di conservazione
dell'energia e dal teorema della quantità di moto.

7 .3.2. Applicazione del principio di conservazione dell'energia

Particolar.mente significati va è 1 'applicazione del principio


di conservazione dell'energia al caso in cui il volume~ consider~
to è parte di una corrente lineare: cioè è delimitato da un invol~
ero (reale o ideale) costituito da linee di corrente, e da sezioni
di estremità ideali, normali alle linee stesse.
In questo caso nella (7. 6) le sezioni A 1 , A 2 coincidono con le
sezioni stesse d'estremità, mentre 6P 1 , 2 è la perdita di potenza
che si verifica nel moto del fluido fra tali sezioni.
Pertanto, essendo g h +E=
p
cost nelle sezioni:

v2
2 pdQ ,=

a v2 (7 .12)
- f -at (o· -)
y 2 dV - t.P\
, 2
163

I termini { \
2 p dQ = p /A v 3 dA (nell'ipotesi di o costante a_!:
2
traverso le sezioni), che sono propri del moto permanente, possono
valutarsi approssimativamente nel modo seguente.
Consideriamo il valore medio V delle velocità locali v nel pi~
no della sezione A: risulterà v = V ± eV = (1 ± e:) V, se con E indi-
chiamo lo scarto percentuale rispetto al valore medio. Sarà perta~
to :

i (vY dA = L (1 ± E: )
3
d A "'A + 3 i c 2dA

essendo, nei termini di sviluppo del binomio, cdA = O per il te~


3 generalmente trascurabile rispetto ad 1. Si
l
rema d ella media, e d
E

avrA pertanto:

O i ~
2
3
dA "p [ A+ 3 { 2
c d A]
vJ
2

= pA [ 1 + ¾ i t
2
d A] 2
v3
= [ 1 + ¾ f
A
e 2d A ] p
v2
2 Q

Ponendo l'l = 1 + 3 1'l , si ha p erta nto:

( V2 V2
P JA 2 odQ = OP z Q (7. 13)

e si può quindi computare la potenza cinetica della c orr ente come


quella possedut a da una corrente di veloc i tà pari alla media , pur
di introdurre il termine corret tivo o che dipende ovviamente dalla
distribuzione v (A).
Poiché /A c 2 dA è essenzialmente positivo, o> 1; la di fferen
za rispetto all'unità è p i ccola nei tubi d i flusso rappresentati da
condotti (tu b i, canali) percorsi a mo to turb oie nto (Capitolo 12).
per cui spesso può assumersi o "' 1. Invece, nei tubi cilindrici pe~
corsi a mo to iam inare (Capitolo 9) d eve porsi o = 2.
Il coefficiente a è detto anche coefficiente di Cor iolis , dal
nome dell'ill~stre francese G.G. DE CORIOLif che per primo lo intro
dusse nello studio de lle correnti a pelo libero (1836) .
Particolare importanza nell'id raulica ha il caso del fZuido in
compr1'. mi bi le , p er il quale 01 = 02 p . In questa ipotesi, i l ter-

mine della (7 .12 ) - { L


lv at (n ~2 )dt1 che è pertinente al solo moto
164

vario, e che ora si scrive

a ~ dv { av
TI 2 p )y V TI d'I

può computarsi introducendo il valore medio della velocità. Si no-


ta infatti che è possibile scrivere in sua vece:

av
- P
f
V
av - dv
at

dove ora a= + n risulta dallo sviluppo, analogo al precedente :

(7 .14)

Anche qui può porsi a maggior ragione a= 1.


Con l'introduzione nella {7 . 12) dei coefficienti di Coriolis:

a = Ì f (V) 3
dA (7 .13 I )

a ¾ i (v)2 dA (7 .14 I)

e tenendo conto del fatto che il termine -


versi:
p
fV av
av
TI d'I può seri

- P f{
sJA
a 2X
at
v dA ds = - pQ a {
Js !~ ds
la (7.6), dividendo per yQ, assume la forma usuale dell'equazione
dell'energia nell'idraulica:

(7 .15)

= - ! { 2X ds - 11E
g Js at
1, 2

e nel caso dei moti permanenti:

(7 .16)

~
yQ rappresenta la perdita di energia per la portata
165

in peso unitaria fra l'inizio e la fine del tronco di tubo di flus


so considerato. Essa costituisce un'ovvia generaiizzazione deiZ'e-
quazione di BernouZZi (4.8) ad una corrente di fluido reale di se-
zione finita avente velocità media V.

7.3.3. Applicazione dei teoremi della quantità di moto


Anche dei teoremi della quantità di moto l'applicazione è par
t icolarmente interessante nel moto permanente a volumi che faccia-
no parte di un tubo di flusso, il cui involucro sia materializzato
da pareti sottili o sia costituito da superficiediseparazione con
altri fluidi (come la superficie liquida a contatto dell 'atmos fer a).
Le prime esercitano sul fluido sforzi sia normali sia tangenziali,
ma questi ultimi in molti casi possono venir trascurati.
L'espressione (7.11) diviene pertanto:

+ (
h1
pd A + L n
p d A +è= (
JA2
pv dQ - (
JA1
pv dQ ( 7. 17)

per un tratto, come quello rappresentato nella Fig . 7.3, in cui si


abbia una sezione di flusso entrante A 1 ed una di flusso uscente A 2,
mentre la restante superf icie di contorno An, che costituisce l ' in-
volucro, non~ attraversata da rluido.
Particolare interesse r iveste la valutazione dei flussi di qua!!_
titd di mo to entrante ed uscente dati dai termini a destra della
( 7 . 1 7) , quando la porzione del tubo di flusso sia delimitata med ia_!!
te sezioni trasversali ideali prese normalmente , alla traiettoria,
in tratti dove la loro curvatura sia di scarsa entità, per cui le
velocità v nelle sezioni poco differiscano da un valore medio V, ed
inoltre le pressioni siano distribuite con legge idrostatica.
In questa ipotesi i termini:

possono essere computati seguendo un ragionamento del tutto confor


me a quello che ha condotto alla (7,14'); e pertanto, introducendo
lo stesso coefficiente B ~ 1, potrà scriversi:

t pv dQ BpV Q

Quanto alle pressioni, indicati con p 1 , p 2 i loro valori medi


166

(pressione nel bar i centro), l ' equazione (7.17) assume la forma sem
plificata:

Fn + e (7. 18)

che, per flui d o incomprimi b ile e per a 1, diviene:

Fn + e= (7 . 19)

avendo indica to con F


n
= J,An p dA il risu l tante delle forze di pre!

sione esercitate sul flui do dal contatto con l'involucro.


Analogamente, dalla (7 .11 ') si trae per i momenti (per p "" cost
e per B ~ 1) :

( 7 • 19 I )

dove ora Mn è il momento rispetto al polo O delle spinte elementa-


riesercitate sul fl u ido dall' i nvolucro .
Va osservato che queste equazioni sono la naturale estensione
al campo dinamico delle equazionig l obalidell'equilibrio già intro
dotte nella statica ( § 2 . 9).
167

8. SPINTE DINAMICHE E TEORIA ELEMENTARE DELLE MACCHINE

8. 1. Utilizzazione dei teoremi della quantità di moto


I teoremi della quantitA di moto trovano un'applicazione assai
utile nella determinazione delle spint e d inamiche (e relativi momen-
ti}, esercitate da un fluido incomprimibile sulle pareti a contatto.
Si tratta di situazioni di moto permanente (se si tratta di p~
reti fisse) o riconducibili a situazioni di moto permanente con un
diverso riferimento degli assi (se si tratta di corpi mobili), e peE_
tanto i teoremi si applicano nella forma data dalla (7.18) e dalla
.t; -+ -+ -+
(7.18'), considerando che la spi n t a i-·R = - Fn o il mome n to MR = - Mn
esercitati dal fluido verso le pare ti risultano di segno contrario
rispetto a l le corrispondenti azioni d e lle p a reti sul f l uido-. Se poi
si considera che le pressioni p1 sono concord i con la d i r e zione del
flusso e ntrante , mentre le p2 sono opposte al fluido uscente , tenu-
to conto dei versi, potrA scriver si :

( 8. 1)

(8. 2)

L'applicazione di questi teoremi si rivela come mezzo di inda-


gine semplice e potente per la determinazione globale di forze e mo
menti esercitati sulle pareti, partendo dalla conoscenza dei dati al
contorno in un volume fluido opportunamente delimitato . Allo stesso
risultato, trattandosi di fluido perfetto, si potrebbe arrivare per
mezzo del principio di Bernoulli, determinando sulla superficie An
delle pareti i valori puntuali delle pressioni pn ed ottenendo per
integrazione delle forze elementari r nd A n alla superficie stessa i
valori della FR (o analogamente della MR). Trattandosi di superficie
in genere curve e di geometria complicata, sia la ricerca dei valo-
168

ri di Pn,sia l'operazione di integrazione non sarebbero comunque ag~


voli da realizzare; l'impiego dei teoremi di cui ci stiamo occupa!!
do risolve il compito in modo rapido e completo.

8.2. Spinte dinamiche sulle pareti


8.2.1. Spinte sui gomiti nei condotti chiusi
Il problema è stato trattato per fluidi in quiete nell' idro-
statica, ottenendo la spinta risultante FR dalla relazione vetto-
riale (2 . 26). Se il gomito è percorso da un fluido in moto permane!!_
te di portata Q, e sono V1 , Vz le velocità nelle rispettive sezio-
ni, la spinta (cioè la reazione sui gomito) si ottiene immediata-
mente, applicando la (8.1).
Essa si presta ad un'immediata valutazione sia per via vetto-
riale, sia secondo le proiezioni cartesiane, qualora il gomito sia
orizzontale, o si possa comunque trascurare il peso G del fluido
contenuto.

Fig. 8.1

Nel caso particolare di un gomito oriz zontale di sezione co-


stante (A = A = A) , per cui pure possa assumersi eguale inten-
51 52
sità delle pressioni (p 1 = p 2 "" p), il valore della spinta (vedi
(Fig. 8.1) è fornito dalla relazione:

Cl
FR = 2 (pA + pQV ) cos (8.3)
2

ed è diretta, verso l'esterno, lungo la bisettrice dell'angolo e, di


d2via:zione.
1 69

8.2.2. Spinte per variazioni di sezione nei condotti


Si abbia un condotto ad asse rettilineo orizzontale, che pre-
senti una riduzione di sezione (Fig. 8.2). Prendendo in considera-
zione il volume compreso tra due sezioni 1 e 2 sufficientemente di
stanti dal restringimento perché il moto possa considerarsi unifor
me, l' intensita della spinta nella direzione x dell'asse del con-
dotto risulta dalla (8.1) proiettata in tale direzione :

(FR) = (p QV1 + P1A1) - ( pQV2 + P2A2 ) (8. 4)


X

Fig.8 .2

Le var ie grandezze si possono correlare tra loro in accordo


col principio di continuita (V 1A 1 = V 2A 2 = Q) e col principio di
vt
Bernoulli ( P1 + P 2 = P2 + P 2).
d
LaFRrisulta anc he, ovviamente, dall ' integrazione alla super -
ficie conica, delle spinte elementari dovute allecomponenti pxde!
le pressionipn che su essa agiscono, e che peraltro, salvo nel ca
so statico, non sono d'immediata determinazione .

8.2. 3. Spinte dei getti su pareti piane


Consideriamo un getto liquido bidimensionale in un piano oriz
zontale, che incontri una parete piana illimitata, di cui la Fig.
8.3 illustra una sezione.
Consideriamo la porzione di tubo di flusso compresa tra le s~
zioni 1, 2' e 2", la cui posizione è stata scelta, a monte e a val-
le della deviazione, dove le traiettorie flu ide sono parallele e la
distribuzione della velocita può ritenersi uniforme.
Poiché il getto è a contatto con ratmosfera, anche su tali se
zioni la pressione sara atmosferica. Per il principio di Bernoulli
si ha quindi:

Vi = V2' = V 2"
170

q-V,

Fig. 8.3

Assumiamo 1 'asse x normale alla parete e l'asse y tangenziale.


Dalla (8.1) proiettata lungo x si ottiene subito (per unità di lar-
ghezza normalmente al piano di figura):

cosa (8. 5)

e quindi,. nella direzione del getto:

(8 • 5 Il

mentre, per essersi supposto il fluido perfetto e quindi in assen-


za di azioni tangenziali, sarà nella proiezione lungo y parallela-
mente alla piastra (FR) = O; suddividendosi quindi la portata q
y
nelle due parti q ', q", determinate dalla:

Ne risulta la ripartizione della portata q q' + q" nei due


versi, dopo la deviazione:

q' = q 1 + sina q,. = q 1 - sina (8. 6)


2 2

La trattazione è stata fatta nell'ipotesi che il moto si svol


ga in un piano orizzontale cosi che la gravità non entri in gioco;
171

resta però valida anche in generale, purché le velocità siano suf-


ficientemente elevate da far risultare le forze d'inerzia prepond~
ranti rispetto a quelle di gravità .
Nel caso particolare di piastra ortogonale al getto, ~ = 0° e
quindi:

F
R
= (F )
R x
= pqV

con ripartizione simmetrica della portata.


Lo stesso risultato, cioè:

(8. 7) .

vale anche per un getto circolare , o di altra forma, che investa o~


togonalmente la piastra, purché questa sia di dimensioni sufficien
ti perché 11 getto , di portata Q e velocità media V, possa su di e.§_
sa deviare completamente.
Anche qui si arriverebbe allo stesso risultato per la forza~
gente sulla parete, partendo
dalla conoscenza delle pres-
sioni che vi ag i scono. Nella
F ig. 8. 4 è riportato in linea
tratteggiata l ' andamento del
le pressioni sulla piastra ,
per un getto circolare di rag_
gio r 0 , quale si ricaverebbe
dal campo cinematico del flu_!.
do perfetto. Il valore mass_!.
mo (pressione di ristagno)
Fig.84

si ha sull'asse di simmetria; valore nul lo (pressione .atmosferica)


si ha nella sezione di raggio r. Si ottiene, integrando a tutta l'a
rea investita l a spinta elementare dFR = p 2nr dr agente su una co-
rona di raggio r e di spessore dr, lo stesso valore (8.7) immediata
mente fornito dal teorema della quantità di moto:

FR = J: p 2 nr dr= p QV= 11r~ pV


2

FR
da cui, introducendo il valore medio pm = - della pressione di pi~
stra, si ricava : nr 2
172

8.2.4. Spinte su tegoli deviatori


Si esamina il caso di un getto cilindrico orizzontale che in-
contri tangenzialmente e senza attrito una parete curva fissa (te-
golo deviatore) come in Fig. 8.5. Proiettando la (8.1) lungogli a~
si x, y, si ha (tenendo conto delle considerazioni prima esposte
per il getto su piastra):

pQ (V - V cosa)
(8. 8)

~vsina

Fig.8 .5

Se il getto dal tegolo esce deviato nel verso opposto ( a


180° , come in Fig. 8.6):

(8 • 8 I)

Fig. 8.6

Si fa notare che se la parete incontrata dal getto fosse mob!


le, si dovrebbe tener conto della velocita r elativa, e non asso l u-
t a del getto, in quanto il sistema d iventerebbe stazionario per un
osservatore mobile con la parete. In particolare, se la parete si
173

spostasse con velocità u nella stessa direzione del getto,otterre~


mo in luogo della (8.8'):

FR = 2pQ (V - u)

La potenza trasmes s a dal g e tto a l la parete, FRu, r i sulta evi-


denteme nt e mass i ma qua ndo u =;.
8. 3. Fondamenti della teoria unidimensionale delle turbomacchine
Le v alut a zio n i d el l e spi nte ese~citat e su pa ret i mo bili trov a
no a pp l i c azio ne ne l la teo ria de l le turbomacchine considera t e come
una s uccessione c o nt inua d i p a l e esposte all ' azione d e lla c o r r e n te ,
e perciò, nel compl esso , in condizioni di moto che possono riguar -
darsi permanenti per u n osserv atore f i sso .

8 .3. 1. Macchine ad azione (turbina tip o Pelto n)


Queste macchine trasformano i n potenza motrice la potenza di
u na corrente idraul ica fornita sot to forma di getto l ibero ad a l ta
velocità e quindi con energia tutta del t i po cinetico. Il prototi-
po per le macch i ne idrauliche è costituito , secondo l a d i sposizio-
ne suggerita da L. PELTON (1 88 0), da una g i rante su l la c u i perife-
ria sono fi s sate de lle pale a cucchiaio come i n Fig . 8 . 7 .

·8l A
I

sez. A-A prospetto

Fig . 8 .7

Le pale del la girante vengono investite da un getto effluente


da un ugello fortemente convergente, d i cuj, è possibile regolare la
174

portata tramite una spina conica. Le pale hanno una forma tale da
provocare simmetricamente la divisione del getto in due parti e la
sua deviazione di quasi 180°.
Si vuole conoscere la potenza ritraibile dalla macchina una vo!
ta note le caratteristiche idrauliche del getto e quelle costrutt!
ve della macchina stessa.
Applicando 11 teorema del momento della quantità di moto {8. 2)
ad una porzione di fluido compresa fra la sezione d'ingresso e la
sezione d'uscita della generica pala investita, distante r dall'as
se di rotazione, se Q è la portata del getto, il momento esercita-
to sarll:

essendo V 1 la velocità assoluta d'ingresso e V 2 quella d 'uscita •.La


potenza trasmessa avrà quindi l'intensità:

(8. 9)

dove u ~ la velocità periferica, legata alla velocità angolare di


rotazione~ dalla relazione u = r ~ .
Evidentemente, per un dato valore di v 1 (che dipende dall'ener
gia specifica di caduta disponibile, all'incirca come velocitll tor
ricelliana), la potenza sar~ massima per v 2 = O. In tal caso,se u=
= vi (si confronti il risultato del § 8.2.4), l a potenza utile ri-
sulta pari a:

(8.10}

cioè uguale a quella fornita dal getto con l'energia di caduta E


!1
= 2g.
La velocità d'uscita V 2 , e quindi la potenza residua allo sca
rico pQ ~2 risultano nulle, per una configurazione della pala che
-
faccia fare al getto una conversione di 180°, quando lavelocit.! pe
V -
riferica sia pari a u = ~ . Infatti, in tal caso, la velocità re-
lativa w1 d'ingresso, essendo u la velocità di trascinamento, vale:

WJ = V1 - u ;

e tale praticamente si mantiene in valore assoluto, lungo il per-


corso del getto sulla pala, potendosi ritenere trascurabili gli sfor
175

zi tangenziali d'attri-
to. Ne segue (Fig. 8.8) 2
w2 = - w1 , e pertanto:

- V 1 + 2u = O ~ w, ___ ...,..2_ _
u
Il r endimento teo-
rico della macchina è
Fig. 8.8
pertanto:

in pratica questo valore non è raggiung ibile, principalmente per


l'accennata, sebbene piccola, resistenza d'attrito sul l a pala e per
l'impossibilità di una deviazione completa di 180 ° del getto dal-
l a stessa (altriment i all ' uscita verrebbe investita a ritroso la
pala successiva), nonché per le resistenze meccaniche della gira~
te.
Purtuttavia, i rendime nti che si ottengono con questa turbi-
na sono molto elevati, fino ad n • 0,92 per la condizione di fun-
zionamento ottimale , generalmente un po' inferiore a quella d i ma_!!
sima potenza. Per le d i verse cond izioni 11 rendimento cala solo leg
germente, perché anche con portate maggiori o minori, mentre u v i~
ne mantenuta costante , la v 1 del getto varia in modesta misura.

8.3.2 . Macchine a ftu ..o radiale (ventilatori e pompe centrifuahe, turbine a reazione)
In questa categoria d i macchine il moto s i svol ge radialmen-
te attraverso una corona di pale, percorse dall 'interno all'ester
no (pompe) o dall'esterno a ll' interno (turbine). L'energia non è
solo sotto forma cinetica, come nelle turbine ad azione, ma anche
in forma di pressione.
Illustriamo, senza perdere di generalita, 11 caso delle tur-
bine a reazione o turbine Francis (J.B. FRANCIS, 1849) ,il cui sch~
ma è rappresentato nella Fig . 8.9. La condotta d 'adduzione termi-
na con una voluta che reca al centro una corona di pale fisse re-
golabili, dette distributrici. Da esse la girante interna riceve
l'acqua alla periferia e la scarica al centro.
In questa teoria elementare (unidimensi o naZe) si ammette che
la velocita del fluido nel percorso fra le pale sia trasversalmen
176

te distribuita in modo uniforme.

~-~-------------------,
I
------------------~
Fig.8.9

Anche qui potremo distinguere, sia all'ingresso sia all'usci-


ta, una velocità assoluta dell'acqua V, una vel ocità periferica (o
di trascinamento) te una velocità
relativa alla girante w
(Fig.8.10).
Le pale dovranno essere conformate
in modo da essere tangenti, nella
condizione ottimale di funzionarne~
to, alla velocità relativa, evita~
do perdite per urto.
Se W1 è la velocità relativa
d'ingresso, lavelociti\ relativa di
+
uscita W2 potrà dedursi dall'equa-
Fig.8.10
zione di continuità appl i cata al
f l usso, reso staz i onario, tra le pale. Ne discenderà quindi V2, no
ta la velocità periferica all'uscita t 2.
Per calcolare la potenza assorbita dalla macchina conviene aE
plicare il teorema del momento della quantità di moto (8.2),~olce~
tro preso sull'asse di rotazione, al volume compreso fra due suace~
sive pale e gli archi di circonferenza che le delimitano.
Tenendo c onto che le for ze di pressione agent i su questi archi
(sezioni di ingresso e di uscita) non danno momento rispetto al cen
177

tro, risulta per 11 momento sulle pale:

Si ha, pertanto, essendo a1 l'angolo di ingresso ed a 2 quello


d'uscita (Fig. 8.10)

(8 . 11)

e la potenza è data da:

(8.12)

Se si confronta quest'espressione con la (8.10) relativa alla


turbina ad azione, si osserva che quest'ultima puO desumersi da es
sa come un caso particolare , essendo per la turbi na ad azione:

Poiché la potenza utile Pu fornita dalla corrente puO indicar


si con:

Pu • pgQ Eu

dove Eu è l'energia specifica utilizzata, dal confronto risulta:

(8 .1 3)

che è nota come la rela2ione di Eulero per le macchine a flusso r~


diale (proposta già nel 1754). Dalla relazione si vede che la po-
tenza è tanto maggiore quanto più a 1 tende a 0° e a 2 tende a 90°.
Mentre non è possibile ridurre a 1 oltre un certo limite (poiché con
a 1 = O, ingresso tangenziale, non si utilizzerebbe la portata) si
cerca d'altro canto di ottenere che la velocità di uscita sia la
più tadiale possibile.
Si noti che,se fosse r>V cosa = cost, il momento prodotto sare~
be nullo; si tratta di un moto spiraliforme di fluido perfetto, un
caso particolare del quale (cosa= 1) è il moto lungo circonferen-
ze concentriche, già esaminato nel § 3.9.
178

8.4. Spinte e potenze propulsive


Trattiamo ora in forma elementare alcuni probl emi relativi al-
la propulsione dei veicoli nei mezzi fluidi. Verranno considerate le
condizioni di regime, cioè di moto rettilineo uniforme del veicolo:
il moto del fluido è var i o, come abbiaJIIO visto al § 3. 5, per un os-
servatore fisso a terra, ma può tradursi in un moto permanen te per
un osservatore mobile col veicolo. Col relativo trasferimento di a~
si le forze applicate al sistema rimangono invariate,mancando le fo!.
ze apparenti dovute all'accelerazione: e pertanto esse possono ve-
nir facilmente determinate, applicando il teorema della quantità di
moto al problema del moto permanente, ammettendo, come gi! nel caso
delle macchine, _v alori uniformi della velocit! nelle sezioni trasve!.
sali al moto (teoria unid ime n siona l e).

8.4.1. Elica di trazione


Tratteremo qui 11 problema dell'elica libera in movimento in un
campo fluido infinitamente esteso, come è il caso degli aeroplani ne_!
l'at mosfera: il caso dell'elica intubata, che rappresenta anche una
categoria delle macchine idrauliche (macchine a flusso assiale), rl
entra invece nella teoria del sostentamento che viene esposta nel s~
guente § 8.5.
Se l'elica è in movimento con velocità assoluta u = - v_
= 1 ~
1 (da d~
stra. a sinistra) in un flu!
do in qu i ete,potremo consi-
derare per quanto sopra il
moto relativo, e cioè di un
fluido con velocità + v 1 (da
4
sinistra a destra) che inve
sta l'elica f i ssa. La trat-
tazione può perciò applica!.
s i al caso di un ventilatore .
aJ
La forma pi ~ semplice di
trattare il probl ema è quel
la di schematizzare l'elica
con una sezione circolare ne!
lo spazio, avente diametro
I d pari a quello di ingombro

ii b}
dell'elica, attraverso la qu~
le, per 11 movimento di ro-
tazione impresso, si crea un
aumento discontinuo del la
Fig 8 . 11
179

pressione. A causa di questa variazione la velocità subisce un'acce


lerazione.
L'elica interesserà pertanto un ideale tubo di flusso rappre-
sentato in Fig. 8.11 .
Consideriamo una sezione 1-1 del tubo molt o amontedell'elica,
dove il moto è ancora indistur bato, le sezioni 2-2 e 3-3 subito a
monte e subito a valle dell'elica e la sez i one 4-4 molto a valle. Da
ta la scelta avremo p 1 = p 4 = p (press ione del moto indisturbato ).
8
Poiché il salto d i pressione è concentrato sul piano dell'elica, i l
moto tra 1-1 e 2-2 e tra 3-3 e 4-4 avverrà ad energia costante.Avr~
mo allor a per il princ i pio di Bernoulli (as sumendo or i zzontale l 'as
se dell'el i c a):

V~
p3 + i, T =

Si t rova a l l ora , t e ne ndo presente che v 2 • v 3 poi chél'areade.!_


l e se z ioni 2-2 e 3-3 è l a stessa :

(8 . 14)

La for za F = - FR e serc i t a t a dall' elica s ul fl u i do , che ag isce


nel verso opposto de lla ve loci t à v 1 , risulta da lle f o rze d i pressi2
ne agenti fra le sezioni 3-3 e 2-2:

(8. 1 5)

Poiché la FR può essere computata, essendo la sola forza agen-


te, in applicazione del teorema della quantit~ di moto (8.1) al tu-
bo di flusso delimitato dalle sezioni 1-1 e 4-4:

( 8 .1 6)

eguagliando si ottiene:
180

{8.17)

Gli andamenti delle velocità e delle pressioni sono quelli il-


lustrati in Fig. 8. 11,
Se ora consideriamo l'elica in moto con velocità u = - V1, la
potenza Pu utilizzata sarà data da:

(8.18)

La potenza totale P t da fornire al fluido corrisponde invece a,!


l'incremento di energia cinetica nell'unità di tempo:
V~ - VÌ V4 + V1
pt = pQ 2
=pQ(V,.-Vi) = pQV2 (V4-V1) (8.19 )
2

per cui il rendimento risulta:

p V1
u 1 (8. 2 0 )
n = = =
pt V1 + v,. V~ - V1
1 +
2 2 V1

La trattazione così esposta è dovuta a w. RANKINE e w. FROUDE


(seconda metà del sec. XIX). Si vede che il rendimento tende all'u-
nità col tendere di V 4 a V 1 , cioè la velocità re'lativa di scarico
V 4 - v 1 deve essere la più bassa possibile. Diminuendo v,. - v 1 , pe-
raltro, in base alla (8.16), diminuisce anche la spinta F ~ - FR' a
meno che non si compensi coll'aumento del diametro dell'elica. Vi è
però un limite a questo, che per le eliche degli aerei è posto dal-
la necessità di contenere la forza centrifuga entro i limiti ammis-
sibili per i materiali, e dalla perdita di rendimento dovuta agli e!
fetti di comprimibilità per velocità periferiche molto elevate. Per
le eliche marine il limite è posto dall'insorgenza della cavitazione
alla periferia dell'elica con i relativi dannosi effetti anche di r_!
duzione della potenza. Buone eliche per aerei arrivano · a rendimenti
n = 0,85, mentre le eliche navali non si spingono oltre n = 0,60.
8.4.2. Rear.ionc d'cff)uaao. Propulsione a getto

Consideriamo un recipiente fisso provvisto lateralmente di uo


181

foro dal quale esca un getto (Fig. 8 . 1 2 a)). Supponiamo che vi sia
una portata d'afflusso che compensi quella di efflusso, cosicché il
moto possa riguardarsi permanente (livello costante nel serbatoio).
Considerando che il getto, se è di piccole dimensioni,presenta {per
effetto di sagomatura o di contrazione) una sezione a-a dove le li-
nee di corrente sono parallele e la velocità v = l2g h o è nota, ed a.e
plicando il principi o della quantità di moto lungo l'asse del getto
al volume contenuto nel recipiente fino a lla sezione a - a , tenendo
conto che le forze agenti sono le spinte F 2 ed F 1 dovute alle pres-
sioni agenti sulle due opposte pareti , s i ottiene :

(8. 21)

ove s i possa rig uardare t r ascurabile l a quanti t ~ di mo t o del f l u ido


entrante .

a)
b}
Fig. 8 . 12

Si ha per t anto u na s pinta i drod i namic a F - FR , dett a reazio-


ne d ' e ffluss o :
F = pQV (8. 22)

d irett a ne l verso oppo sto a quello del getto uscente.


L'applicazione de l principio ci dice in sostanza qual e è lo squ.!:,
libr io delle pressioni che si viene a determinare nel rec i piente per
l'apertura , del foro, rispetto all'andamento simmetrico che esse a-
vrebbero se il foro fosse chiuso. Aperto il foro, la distribuzione
idrostatica si mantiene sulla parete opposta, ma sulla parete del fQ
rotale andamento~ tanto più modificato quanto più ci si approssi-
ma al foro, ai cui bordi la pressione è necessariamente quella del-
1' ambiente esterno (atmosferica) . La valutazione puntuale delle pre.2,
sioni su questa parete potrebbe essere fatta, nell'ipotesi di flui-
do irrotazionale, costru endo il reticolato di flusso e ricavandone i
182

valori della pressione; l'applicazione del principio ci permette di


arrivare immediatamente al risultato globale cercato.
Poich6, detta A la sezione contratta, si ha Q = A V ,. A i2gh O ,
e e e
risulta anche:

(8 . 23)

cioè la reazione d'efflusso è pari al doppio della spinta idrostati


ca che competerebbe all'area della ·sezione contratta del getto.
Supponiamo (Fig. 8.12 b)) che il recipiente sia mobile, anima-
to da una velocità - u nel verso opposto a V. Il moto per un osser-
vatore fisso è vario, ma per un osservatore che si sposti con la ste~
sa velocità del recipiente esso appare permanente. L'acqua fuoriesce
con velocità relativa V, e con velOC"ità assoluta V+ u; l'acqua en-
tro 11 recipiente, e quindi anche ia sezione d'ingresso dall'ester-
no, è ora animata dalla velocità+ u. Applicando 11 teorema della
quantità di moto in queste condizioni, la reazione d'efflusso risul
ta sempre (col segno concorde alla direzione del moto):

F = pQ [( V + u) - u] = pQV (8 .24)

cioè è data dalla portata di massa per la velocità relativa d 'efflu~


so.
L'importanza degli studi in questo campo è evidente per le sue
pratiche applicazioni, in particolare nella pro p ulsione a getto. I
propulsori ricevono all'ingresso l'aria esterna e tramiteuncornpre~
sore azionato da una turbina ed una camera di combustione espe1lono
i prodotti della combustione con un getto a forte velocità v (rel~
8
tiva al veicolo).
Rendendo stazionario il veicolo stesso (Fig. 8. 13), la portata
dell' aria entra alla velocità+ u, e praticamente la stessa port~
ta esce con velocità u + v ; quindi la spinta propulsiva vale:
8

P = pQv s (8.24')

La ~ 5 , come la V~ - v 1 nel caso dell'elica (§ 8 . 4.1 , formula


8.14) rappresenta l'incremento di velocità del fluido propellente;
in questo senso anche l'elica può riguardarsi come un particolare
propulsore a getto.
Utilizzando pertanto gli stessi sviluppi della trattazione re-
lativa all'elica, si ha per l a potenza utile:
183

é---~--~ --=::. - v,

r-----------------7I
I
u I F=eOv9 I v5 +u
-1 --- 1-=---
1-----------
1
___ _ ____ .JI

Fig.8.13

P = pQv u
u s

e per la potenza totale fornita :

(v + u > 2 - u2
p s
= pQ
t 2

da cui il rendimento :

,, - pQV u
8 . V (8. 25)
pQVS
( V8
2 + ) 1 + _!.
I 2u

Anche qui il rendimento tende all 'uni tà quando 11 rapporto~=


-. O; cioè per una velocit.ll di scar i co molto bassa, ovvero per una v~
locità di spostamento molto elevata. Poic hé la prima condizio ne ri-
chiederebbe, per realizzare una data spinta propulsiva F = pQv 8 , di
realizzare sezioni di uscita molto grandi e quindi non pratiche, la
propulsione a getto diviene conveniente, in confronto a quella ad~
lica, quando si superino certi va lori della velocità (circa 600-700
km/h per gli aerei) .

8.S. Sostffltamento dei oorpi mobili in un fluido


Il teorema della quantità di moto permette di valutare la for-
za di sostentamento (detta anche portanza) che si esercita su un CO!:_
po mobile nel campo fluido, in direzione normale a quella del suo m2
vimento . Il modello matematico che s i applica considera un moto ir-
rotazionale con sovrapposizione di una circolazione r attdrno al m2
bile. La circolazione può essere indotta direttamente a seguito del
la dissimmetria che il mobile presenta rispetto all'asse del movime!!
to (come nei profili delle ali degli aeroplani e delle pale delle tur,
bine), ma può anche derivare da un moto rotatorio impresso ad un cor
184

po simmetrico (cilindro rotante: cosiddetto "effetto Magnus" ·, G. MA-


GNUS, 1851, e nel caso della sfera l'"effetto di taglio" delle pal-
le da tennis e da golf). Infatti, considerando il moto risultante da
una traslazione del ci~indro (da destra a sinistra), odi una corren
te di verso opposto che lo investa (Fig. 8 .14) , e da una sua rotazi2
ne nel verso orario che determini la circolazione, ed applicando il
principio di Bernoulli, considerato il fluido perfetto,lungo la pa-
rete a breve distanza da essa, si ha per la minor velocità nella paE
te .Lnferiore rispetto a quella superiore un eccesso di pressione dal
basso all'alto, che determina una forza di portanza.
Di quest'ultimo fenomeno venne anche proposta un'applicazione
alla propulsione navale col vento, sostituendo alle vele dei rotori
verticali (A. FLETTNER, 1920).

~
v·-----1

Fig. 8.14

Si consideri ora, per maggior generalità, una schiera fissa ne_!


lo spazio di profili dissimmetrici, tra loro congruenti ed egualmen
te spaziati: essi rappresentino la sezione di ali o di pale illimi-
tate (moto bidimen8iQ
na 'le).
Data la dissimme-
tria della loro confor
mazione, essi induco-
no (Fig. 8 .15) una de-
viazione della corren
te che li investe, e
che assumiamo di moto
uniforme (irrotazion~
le) in assenza dei pr2
fili .
Se chiamiamo a (ne_!
l a direzione dell'as-
185

se y) la distanza lungo le loro testate, e consideriamo che pure a!


la distanza a si trovano linee di corrente congruenti, possiamo isQ
lare, attorno ad uno qualsiasi dei profili, un campo di fluido ABCD,
delimitato da due tratti AC e BD di queste linee, e da due segmenti
AB e CD paralleli ad a . La distanza di questi segmenti dal profilo
dev'essere sufficiente, affinché lungo di essi le velocità di arri-
vo, v 1 , e di partenza, V 2, siano uniformi. Dette Vx 1 , Vx 2 le compo-
nenti di V1 , v 2 nella direzione x normale ad a , e Vy 1 , Vy 2 quelle
nella direzione y parallela, avremo, per l'equazione di continuità
del tubo di flusso, considerata una lunghezza unitaria in senso tra
sversale al piano di figura:

q V a = V a
Xl :X 2

da cui

V X .I = V X 2 = V X (8. 26)

L'applicazione d e l princip io d i Be rno u lli lungo una linea di


corrente fornisce, considera ndo il fluido i nc omprimibile:

P vf
P 1 + - 2-

da cui

P2 - p I = E.2 (V Y
2
I
- y2 )
Y2
{8. 27)

Nel campo ABCD la quantità di moto subisce una variazione dal-


1' ingresso all'uscita per effetto della variazione della velocità da
V I a V 2 • Applicando il teorema della quantità di moto secondo le com
ponenti in x e y, dato che sono eguali e contrarie le pressioni sui
tratti AC e BD di linea congruenti, si ha, rispettivamente:

{8. 28)

chiamando (FR) , (FR) le forze per unità di lunghezza, in tali di-


x y
rezioni, che corrispondono all'azione de'l fluid o sui profili. LafoE_
za complessiva risultante, FR, si ottiene da FR = /( PR) ~ + {FR) ~-
Conviene ora notare che la circolazione, computata nel verso 2
rario lungo il contorno ABCD, vale r = a (Vy 2 - Vy 1 >; il contributo
186

alla circolazione dei tratti AC e BD essendo ovviamente nullo. PeE


tanto, utilizzando la (8.27) potremo scrivere:

Vyl + Vy2
= pf - - ~ 2 - -

(8. 29)

Consideriamo ora di aumentare indefinitamente la distanza tra


i profili, mantenendo costante la circolazione r. La differenza
Vy 2 - Vy 1 tendera ad annullarsi, cosicch~, a distanza dal profilo,
sara Vy 1 = Vy 2 = VY e quindi v 1 = v 2 = V (la corrente non risulta
deviata). Si ha allora:

prV y
(8 .29')

e si vede subito (Fig. 8.16 a)) che la forza risultante FR


/(FR)~ + (FR)~ è ortogonale alla direzione della velocita della
corrente v = lvx + v~, e vale FR = p r V.

r-------------,
I I
i~
I -:
I I I

! --- l )r: fp ,

i~~~j
I I
,~F.
I '- :
I (~}. I
I 1
: I
: _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ '-
._ ___ ...JI _ _ _ _ _ _ _ _ _ JI
IL _ _ _ _ _R=O

a) b}
Fig.8.16

Lo stesso vale, cambiando il riferimento delle coordinate,se


si considera un fluido in quiete e un profilo che si sposta in e~
so con velocita u = - V ( (F ig. 8. 1 6 b)) , diretta secondo l'asse z.
Si ha allora:

R
(8. 30)

P = (F R l y = p r v = p r (-u l

dove ora R (la forza di resistenza opposta al moto) è, teoricamen


187

te,nulla; e P è la forza di sostentamento o di portanza, per uni-


ti di lunghezza del profilo, determinata dalla circolazione attor-
no ad esso.
Quanto sopra significa che un effetto di portanza non può es-
sere determinato nè da una corrente traslatoria senza circolazione
(r =O), nè da una corrente puramente circolatoria (V = O).
Questa importante deduzione venne fatta indipendentemente da
w. KUTTA (1902) e da N. JOUKOWSKI (1906); la forma sempli ce della
dimostrazione qui fornita è dovuta a L. PRANDTL. In loro onore il
risultato è detto fo rmula di Ku tt a - J o u ko ws k i ; esso ha avuto decisi
va importanza agli albori dell'aeronautic a.
188

9. DINAMICA DEI FLUIDI VISCOSI NON TURBOLENTI

9.1. Le equazioni di Navier Stokes


Se consideriamo, in aggiunta a quella della gravità, l'influe~
za della viscosità nel movimento dei fluidi reali, dobbiamo far in-
tervenire quegli sforzi tangenziali d'attrito che nel caso del flui
do perfetto venivano riguardati come inesistenti. Pertanto gli sfor
zi che competono ad una qualsiasi area elementare nel mezzo fluido
non sono più necessariamente normali all'area stessa; o ltre alla com
ponente normale ve ne sarà una tangenziale giacente nel piano del-
l 'area. Questa componente tangenziale Tè legata al gradiente della
velocità (1.1) ed alla velocità della deformazione angolare (1.2)dal
le relazioni:

= av ao
1 U
½ \J at
valide per un'ampia categoria di fluidi (tra i quali l'acqua e l'~
ria), che sono detti ftuidi newtoniani, ai quali pertanto si riferi
sce la nostra trattazione.

Fig. 9.1
189

Per ricavare le e qua zioni che reggono il moto dei fluidi visco
si prendiamo in esame una porzione del campo fluido costituita da un
para llelepipedo elementar e di spigoli ox , 6y,6z paralle li a gli assi
di una terna cartesiana di riferiment o (Fig . 9 . 1) .
Agiscono su questo e l emento le seguenti forze:
a) la forza d i gravità yoxoyoz , applicata al bar icentro, con compo-
nenti lungo g l i assi rispettivamente par i a:

asse x - y 6x6y6z ah
ax
ah
asse y - y6x6y6z ay (9 . 1)

asse a - yf.xf.y6z ah
ai
sempre essendo h la direzione verticale, positiva verso l ' alto ;
b) le forze trasmes se dal restante campo flui.do a t traverso la super
+ .... + -
fic ie ester na dell 'e lemento , e cioè detti f X , f y , f Z gli sfor zi
unitar i competenti , rispettivamente, alle facce normali agli as-
si x, y , z , l e differenze fra le rispet t ive fòrze applicate alle
coppi e di facce opposte .
Se allora s i deno t ano con un secondo indice le proiez i o ni di
qu est i sforzi unitari secondo i t r e a ssi coordinati , le compone~
t i de lle forze risultanti nelle stesse direzioni sono le seguen-
ti :

afxx afyx af zx
asse x 7x 6x6y6z +
òy 6y 6x6z + 7z 6z6x6y

afx y af afzy
...:...rt.. 6z6x6y
asse y ax 6x6y6z + ay 6y6x6z + oz

afxz afyz afzz


asse z a'x 6x6y 6z +
ay 6y6x6z + -az- 6z6x6 y

avendo assunto positivi gli sforzi se d iretti nel verso positivo


degli assi.
Si deve ora riconoscere che i termini f XX = o X' f yy = o y , f Z Z =
o sono g l i sforzi normali competenti alle singole facce, e che
z
i termini fyz = ' yz ' f zx = 'zx' f xy = 1xy' f zy = 'zy' fx z = ! xz '
f yx = 1 yx sono (presi a due a due) gli sforzi tangenz i ali nel pi~
no delle singole f a cce (come mostra la Fig . 9. 2 per la facc i a nor
ma le a l l ' ass e a). E pertanto potremo anche scri vere :
190

aa X ih dT
zx 6:.e6y6z
asse :.e 6:.e6y6z + ~ 6:.e6y6z +
a:.e ay az
QT aa dT
asse y ___EL 6:.e6y6z + _:i_ 6:.e6y6z + _;Z 6:.e6y6z (9.2)
ax at aa
dT
xz 6:.e6y6z + -E.
dT aa z
asse z 6x6y6z + 6:.e6y6z
a:.e ay az

dx -I
Fig .9.2

c) la forza d'inerzia, applicata al baricentro, avente lungo gli as


si le componenti:
dv X
asse x p 6:i:6y6z
dt
dv
asse y p6:i:6y6z
ai- ( 9. 3)

dv z
asse z p6:i:6y 6 z
dt

L'equilibrio dinamico dell'elemento fluido considerato impone


che la somma della forza di gravita e delle forze superficiali ap-
plicate, proiettate sugli assi coordinati, sia uguale alla rispettl
va proiezione della forza d'inerzia; e che altrettanto avvenga per i
rispettivi momenti, presi ad esempio rispetto al centro di figura.
Applicando per prima quest' ul ti.ma condizione, risulta facilmente che:

=
xz =
T T T T T
xy yx zy zx

Allo stesso risultato si può pervenire pii'l semplicemente, se si


considera che, per logica estensione della ( 1. 2) , in base a quanto
dimostrato nel § 3.7, può porsi:
1 91

,. xy = µ ~ cv + __
av)
x
d!f
=
µ ( _
av_
x +
dy ~) = ,.
dZ yx

,-yz
=µ ( _
av_
ay
z+
aa
~) = Il
( av
--1. + av 2 ) =
aa ay
,. zy (9.4)

,. xz =µ cv
__
ax
z+ __
av x )
'd z
= µ
( avx
-
av 2 )
aa- + -
ax-
,.
zx

Queste formule possono essere impiegate per sostituire nelle~


spression1 (9.2) agli sforzi tangenziali i valori delle corrisponde_!!
ti velocit! della deformazione angolare, espressi in funzione delle
derivate parziali della velocità del fluido nelle varie componenti.
Il corrispondente legame, che appare intuitivo applicare fra
gli sforai no:rmaZi e le velocità delle corrispondenti deformazioni
av av 3v 2
Lineari unitarie, axx , ~ , 32 , non è peraltro di altrettanto 1m
mediata derivazione. Possiamo però utilizzare, per analogia, le re-
lazioni fra le deformazioni lineari unitarie e x , e: y , e: z e gli sfor-
zi normali applicati ox' oy, o 2 che si hanno in un solido elastico
(si veda la relativa teoria):

1
E
X
= E { ox - V ( o y + o z)}

1
E
y = -E {o y - V (o
X
+ o z) } (9. 5)

e {o z -
1
ez V ( o x + oy)}

dove E è 11 modulo elastico relativo agli sforzi normali e v il co-


siddetto rapporto di Poisson. Il legame fra il modulo E ed il modu-
lo G relativo agli sforzi tangenziali è dato dall'espressione:

E
G= (9.6)
2 (1 + v)

Sommando le (9 . 5) , risulta:

e: + E + e:
1 - 2v
{o + (J + o ) (9 . 7)
X y z E X y z

da cui, risolvendo rispetto a o x ' oy , o z :


1 92

v ( c X +E y +e)Z ·]
1 .,. 2v

+
V (E + _:
y
+e) ] = v(c X +e: y +e) Z ]
X
1 - 2 ,J
z 2G
---"---1---"...-h -=- (9 .8)

V (E
X + e; y
1 - 2v
+e:)
Z ]
= ]
Introducendo la media o= -31 (o
x
+ o
y
+ o
z
) degli sforzi norma-
li nel punto considerato, potremo anche scrivere:

v (o + o + o )
o = 2Gt +o+ 2G x y z 1 (o + o + o }
X X 1 - 2v 3 X y Z

(e analogamente per le e y , e z ) ; e quindi, tenendo conto delle ( 9. 6) ,


(9. 7) :

o
X
2Gc
X
+ o - l3 G (e
X
+ E "j + cz)

o
y
2G c
y + o - 32 G (c x + E:
y
+ c z) (9.9)

o
z
= 2G c
z
+ a - 2
3 G ( E: X + E
y
+ ez)

Se ora, ritornando all'analogia col fluido, identif i chiamo G con


u, le deformazioni un i tarie Ex, E: y, ci con le velocità della defor-
mazione lineare unitaria -.o;J:
av" , -.,-
av- x , ~ avz , gli sforzi o , o , o z con
oy o 2 X y
le pressioni - p
- X
, - 1•>
y
, -p
Z
del fluido in esame, e infine l o sforzo
medio o con la pressione - p che sussisterebbe ne·1 fluido qualora es
so fosse privo di attrito (fluido perfetto}, otteniamo:

av X av
p - p )t = 2 µ ~ - 2
3
\, cv
ÒX X + _J_+
òy ::z)
p - Py
av
2 \J _'i.
ay - 2 µ
3
cvx Cx
+
av
_J_
<l!f
+
avz )
a2 1 ( 9. 1 O)

av x
__ + av
_J_
( <I X ay

Limitandoci ora per semplicità di trattazione al caso d el fZ ui


. . 'l · z d·v av cv
d o '!. nc omp r '!.m1. n e , pe r c u i ~ + ay + az = d i v v = O, essendo p =
1 93

p + p + p
= x l z , otteniamo:

av X
p - Px = 2µ ~

( 9 . 11)

z
av
p - Pz = 2µ ~

espressioni che assieme alle (9 . 4) completano il quadro delle rel~


zioni fra sforzi unitari e velocità di deformaz ione.
Scritte allora le equazioni di equilibrio alla traslazione lun
go i singoli assi coordinati nella forma:

ah ao ;) T

- y6xoy6z - + X ~ 6y6x6z +
asse x
ax àx" 6xcSy6z + ay
at zx dv X
+ 7T" 6z6x6y = p6 x6y6z at
ah ao ~T
asse y - y6x6y6z ay + _.:J_ 6x6y6z + _2:1. (lx6yoz +
ay ax
(9 .12)
a-r dv
+ ~ 6z6x6y
az = p6x6y6z
al-
ah ao z at
- yoxéyoz ai' + __ _L!:.. 6x6y6z
az 6x6y6z + 'ily +
asse z

a, dv
xz
+
---rx 6x6y6z = pox6y6z atz;
sostituendo i valori 11ati dalle (9 . 4) (9.11) e semplificando si r i-
cava:
a 2v 2 2
a ( a 2v _
a v_
y) (a 2v a v)
- ax (p + yh) + 211
~
X + \J ~
y + axay + u ~ + axa : =
dv x
= p
dt
a a 2v 2
( a v
2
a v ) + µ (acx '·
2
v +a2v)
~
- ay (p + yh ) + 2µ + Il ~ -- X =
~+ ayazz ayax
( 9. 13)
p
~
a 2v z 2 ( a 2v a 2v )
a ( a v a 2v )
- ai' (p + yh) + ?. µ
a"z'T +JJ a7+ aza: +µ ~+~ =
dvz
= p
dt
194

ò 2v X i 2 vy
__
ò 2v Z
Se s 1 osserva ce,
h nel 1 a prima, µ ~ + µ axay + µ ~
a (-avx avv avz)
= u -ax ax- + __,_
ay + -az- = O se 11 fluido è incomprimibile, e ana
logamente nella seconda e nella terza, otteniamo infine :

a dv
àx (p + yh ) - p
X
dt + u'i7 2v X

a dvy
ay· (p + yh) = - p
dt +
µ 'i7 2v
y
(9.14)

a dvz
ai (p + yh) = - p dt + µV 2v z

a f
essendo V 2 f =a?+
a f +~l'operatore
2 a f 2
ayz 2
di Laplace.
Queste equazioni, ricavate prima da M.H. NAVIER (1822) e da s.
D. POISSON (1829) in base a considerazioni di mutue azioni fra le
molecole dei fluidi, e più tardi da J-C.B. DE SAINT-VENANT (1843)e
da G.G. STOKES (1845) in base allo schema classico sopra formulato,
sono generalmente denominate equazioni di Navier-Stokes, e regola-
no nel caso più generale la dinamica dei- fluidi viscosi incomprim,!
bili.

9.2. Sipifiuto dimmsionak delle equazioni di Navier Stokcs. Numero di Reynolds


Le equazioni di Navier-Stokes ora ricavate dovrehbero consen-
tire, in linea teorica, di risolvere tutti 1 problemi del moto dei
fluidi reali, cioè tenendo conto della loro viscosità. In pratica
la forma complicata cU queste equazioni alle derivate parziali non
lineari ne rende assai ardua la soluzione, qualora si debba tener
conto di tutti 1 termini in esse contenuti, cio~ quelli dovuti al-
l'inerzia (come nelle equazioni di Eulero), e quellidovutialle r~
sistenze viscose.
E' facile vedere come, ponendo u = O, le equazioni di Navier-
Stokes si identifichino appunto con l e equazioni di Eulero valide
per un fluido ideale non viscoso. Poiché peraltro la condizione di
viscosità nulla non ha significato reale, conviene esaminare sotto
un aspetto più generale quale grado di approssimazione consentano
le possibili semplificazioni delle equazioni suddette.
A questo fine conviene scrivere le equazioni di Navier-Stokes
introducendo in esse grandezze adimensionali. Assumiamo per questo
una lunghezza t ed una velocità v 0 di riferimento, da scegliere co-
me caratteristiche del sistema in esame. Ad esempio, se si voglia
195

studiare 11 moto di un fluido attorno ad una sfera, si sceglierà


opportunamente il diainetro d come lunghezza, e come velocità la ve
l ocità d ' arrivo del fluido indisturbato.
Introduciamo allora, per le singole grandezze che compaio no
nel l a (9.14) , 1 seguenti rapporti adimensionali:
V
x ' = ~t X
t '
t
V '
X Vo t / 110
V
....E.._
y' = 'il... V ' = ...:.t... p' 2
t y Vo
pV O
( 9 . 15 )
V
.! z
z' = t z =
V '
Vo

h' = !!.e.

Otteniamo:

2 11 2
Vo ap ' ah ' V~ av X' o
é) li ' él!I '
X
dli '
p
i élx '
+ y
a?" = - p
T rrr - p
T (
li x' axr X + Vy ayT + v z' az ~) +

uv 0 ( a 2v~ a 2v X' a2v~)


+ rz- ~ + 'a'y1'7+ a"zTZ"

ap ' ah ' av ' và é) V 1


é) V ' av '
p
V~
i ay '
+ y
a?"
• - p
V~
T n+ - p
T ( V '
X ~ + V '
y ay+ + V '
z ~) +

uv 0 ( a' v ' a 2v• 2


a v' )
+ rz- ~ + ~ + ~
1)2
o ap ' ah ' vi av z' vo av z' d!/ I
z a v ~)
p
.t w + y
az'" = - p
T w- p
T ( V~ p + v y' a?" + V '
z: a?" +

µV O ( é) 2v ~ é) 2 V ' él 2v '
+ rz- a?7 + a'y"TT +
z
~)
e d ividendo termine a ter mine per e.!!.i
i

ap ' gR. ah ' av ' é)V ~ av ~ av ; )


ax ' + vi ax ' ay' + -
az-' +
=
- ari - (V ~ ax ' + V ~ V ~

2 2
+
IJ
( a v ~ + a v; a 2v ;)
P .e.v o axTT ayTI + a'zTT
ap ' g .e, ah I av ' ( v ' av •Y av ' ' ) +
_é)!I _Y
+ -2. +
ayT +
~ ayT
=
w X é) X 1
V'
y ay '
V '
z é) z '
( 9 .16)
+ - -
u 2
( a v y' + a v y' + a
2
2v ' )y
pR.Vo ~ ayTT ~
196

ap' gt ah' av' ( av' av• av;)


'az'+v7azi"=
o
at~ - V ~ ~ + V~ ay~ + V~ w +

Nelle equazioni cosl scritte, le grandezze dimensionali delle


equazioni originarie (9.14) sono sostituite da grandezze adimensi2
nal i segnate con apice, e compaiono a fattore dei rapporti pure a-
dimensionali che contengono le grandezze di riferimento e le costa_!!
ti del sistema.
Il primo di tali rapporti,-b =~ , ci è già noto perché equi
0
vale al numero di Froude Fr= /~t (6.1) che caratterizza, nei moti

soggetti alla gravità, l'importanzadeLla forza d'iner zia nei con-


fronti della forza di gravità per 11 sistema considerato.
Il secondo rapporto,_µ_ è l'inverso del numero di Re ynolds :
OVo i

Re (9 .17)

un parametro che, analogamente al numero di Eulero, al nwnero di


Froude ed al numero di Neber, ha il significato di rapporto fra la
forza d 'inerzia ov 2 r 2 ed una particolare forza che caratterizza il
processo dinamico: in questo caso la forza di resistenza viscosa,

F = µV9..
µ

entrambe riferite allo stesso volume .


In termini di similitudine, moti caratterizzati dallo stesso
numero di Reynolds presentano la similitudine dinamica rispetto a.!,
le forze di resistenza viscosa: per essere tali, due distinti pro-
cessi devono soddisfare alla relazione:

p 'V' 9.,' p "v" t"


µ ' µ"
e quindi:
r r À
.....e.....L. = 1 (9. 18)

e nel caso particolare di uno stesso fluido in eguali condizioni di


densità e viscosità ( r ~ 1; r = 1):
p \J

1
rV (9 .18 I)
À

relazione che non è compatibile con la simi l itudine di Froude dei


1 97

moti gravitazionali (6.3).


Si vede ora che la maggiore o minore importanza dei termini di
viscosità ne l le equazioni dì Navìer-Stokes, nei confronti dei ter-
mini di inerzia, è in dipendenza dal valore numerico che il numero
di Reynolds assume. E si possono distinguere d 'Je casi al limite,r_!.
spettivamente per Re-+ .. e per R• -+ O.
Nel primo caso ( Re -+ .. ) tende a zero il secondo termine a de-
1
stra delle equazioni (9.16), che è moltiplicato per Re, m~ntre r~
stano finiti gli altri termini; e quindi si ricade nelle equa-
zioni di Eulero , scritte in veste adimensionale . Pertanto la dina-
mica del fluido perfetto, basata appunto sulle equazioni di Eulero,
è attendibile per quei moti nei quali diviene grandissima la prev~
lenza della forza d ' inerzia sulla resistenza viscosa .
Nel secondo caso invece ( R• -+ O), tende a diventare soverchia!!_
te l'importanza della resistenza v iscosa rispetto all ' inerzia, co-
sicché i primi termini a destra delle equazioni (9 .16) risultano tr~
scurabili rispetto all'ulti mo . Si ottengono cosldelle equazioni in
cui i termini di inerzia scompaiono , e che riscritte in grandezze
dimensionali risul tano le seguenti :

( a2v a 2v X a 2v x )
L (p + yh) = ax2x + ~ + ~
ax I.J

a ( a
2
v a 2v 2
a v }
ay (p + yh) = \J ~ + ~ 11 + ~ ( 9 . 1 9)

a ( a2v z a 2v z a 2v z)
+ yh)
aa (p \J ~ + ~ +àzT"

Queste equazioni reggono i mot i d i le n to scorrimento ("creep-


ing flows") dei fluidi viscosi , caratterizzati dal movimento a re-
ciproco contatto di strati ideali animati da diversa velocità, in
cui si esplicano sforzi tangenziali <i 'attrito, secondo la nota e-
spressione di Newton ( 1 . 1 ) t = 1.1 ii (Y = direzione normale al-
lo scorrimento). Ne discende che , a contatto delle pareti, la vel~
c i tà del fluido deve essere eguale a quell a posseduta dalle pare-
ti stesse (quindi nulla se le p~reti sono fisse); e ciò in quanto,
ove rimanesse un salto finito t.v dì velocità fra il fluido e la p~
rete, ne discenderebbe, per 6y ~ O, uno sforzo tangenziale infini-
tamente grande a contatto della parete stessa, il che è assurdo .
Oltre ai moti di lento scorrimento suddetti, che si presenta-
no solo per bassissimi valori del numero di Reynolds , esiste una
classe importante, que l la dei moti l.aminal"i , che è costituita dal
198

moto r ett il ineo unid irezionale di strati in forma di lamine entro


un condotto di sezione costante; in questa ipotesi le componenti
della velocità sono nulle eccetto l a .componente nella direzione del
moto, la quale a sua volta è costante in ques ta direzione per il c~
rattere uniforme d el moviJllento . Per tale specifico motivo sono nul
li tutti i t ermini di inerzia, anche senza che il numero di Reynolds
r e lativo assuma valori piccolissimi come nei moti di lento scorri-
mento .

9.3. Moti laminari uniformi


9.3 .1. Moto nel tubi
Come importante esempio di moto laminare si c onsideri un tubo
c ilindrico di diame tro d • 2 r 0 11 cui asse coincida con l'asse i,
gli assi y, z essendo
contenuti nel piano di ---t---~~---1- -
una gener ica sez ione . I
;--ic)X 1e+hJ
y
·- - - · - ·-'-
-7 f
6( +hJ

!::,,
-
Poiché il moto è unifo_E
me e per ipotesi le CCJ!!!
P/r
po nenti " ,v sono nul Ply
y z -
le, per cui v x = v, d e lle ,
derivate parziali se- I

conde d e lle equazioni h


( 9. 1 9) si dovranno con
servare solo le ayT,
a 2" - h
2
p3 v che rappresentano
la curvatura del dia-
Fig. 9.3
gramma radiale d elle
velocità, d iagramma che da un valore nullo a lla parete s i porta ad
un massimo (per ragioni di simmetria) sul l'asse.
Pertanto le equazioni (9 .19 ) si sempl ificano c ome segue:

L
ay (p + vh > o (9 . 20)

~
a (p + yh) = o

Le ultime due danno per risultato la distribuzione idrostati-


ca dell e pressioni ne i piani normali a ll ' asse del tubo, com 'era da
199

aspettarsi dato il carattere rettilineo del movimento.


a
Segue anche che ai (p + yh) è costante rispetto ad y, z, cioè
ha lo stesso valore per ciascuna lamina rlel moto.
Della prima equazione esistono varie classi di soluzioni sod-
disfacenti alla condizione v = O per r = r 0 (cioè alla parete); di
esse la pi~ semplice è la seguente:

y 2 + z 2 - rà a (p + yh )
V =
4ii

Se l'inc1inazione dell'asse x è abbastanza piccola, il termi-


ne ;x (~ + h), che rappresenta la cadente piezometrica nella dire-
zione del moto, puO ritenersi eguale e di segno contrario alla pe~
denza piezanetrica i • - ~ (2 + h)
a:J: Y
(x
= proiezione orizzontale);
per cui la precedente può anche essere scritta nella forma:

V • - ri ( z, 2 _ z, 0
2) ( 9. 21)
4 \J

dover è la distanza radiale de l punto a cui compete la generica v


(F i g. 9.3). Si ha il massimo di velocita per r = O in corrisgonde~
za all ' asse del tubo:

V ( 9. 22)
max

Il valore medio de lla velocita V si ottiene considerando l'al


tezza media del solido , avente per base una sezione del tub_<;> , la
cui superficie è costituita dagli estremi dei valori della veloci-
tA va partire dalla suddetta base. Si tratta di un paraboloide di
rivoluzione, di cui la generica sezione assiale è data dalla (9.21),
con un'altezza· media pari alla meta dell'altezza massima (9.22); e
pertanto:
1
11
= 2 vmax (9.23)

Se ne ottiene il valore della portata:

Q = V11r~ (9.24)

E' questa la formula di I.L.M. POISEUILLE, che la ricavo spe-


rimentalmente (1841) indagando il moto dell'acqua nei tubi di pic-
colo diametro (o tubi capiZZari).
200

Il moto nei tubi cilindrici con le caratteristiche di moto 1~


minare esaminate vale sino a numeri di Reynolds riferiti al diame-
tro del tubo, Re= pVd
µ
, da 2000 a 2500; oltre tali valori, come -s2_
rà piQ avanti meglio chiarito, questo tipo di moto non è piQ stabi
le.
Le relazioni (9.21) e seguenti indicano che vi è proporziona-
lità diretta, nel moto laminare, fra la velocità (ed in particola-
re la velocità media V) e la cadente piezometrica.
Oltre che per i tubi circolari, esistono soluzioni per la v =
V
X
, con sviluppi in serie, della prima delle equazioni (9.19) an-
che per tubi di sezione diversa, geometricamente regolari.

Fig .9.4

La Fig. 9.4 dà la distribuzione di velocità (con linee isota-


chie riferite alla velocità massima vmax) perla sezione circolare,
per una sezione triangolare equilatera e per una rettangolare con
rapporto dei lati 1:3,5. Sono anche indicati i valori di To =(:~)0
lungo il contorno, dedotti dal gradiente delle velocità.lungo la no!_
male n al contorno stesso, ed il relativo valore medio 7 0 .
Per sezioni di forma qualsiasi, i metodi già indicati di riso
luzione dell'equazione di Laplace (del rilassamento, § 5.5 e della
trasformazione conforme, § 5.4) oltre che quelli numerici, possono
essere applicati giovandosi dell'introduzione della nuova variabile

V '= V -
a
-
y? + z 2
(p + yh ) ~ - - - - (9. 25)
ax 4µ

che riconduce la prima delle (9.20) alla classica formadiLaplace.

9.3.2. Moto uniforme piano

Altro caso importante è quello del moto unidirezionale unifor


201

me fra due superficie fisse, piane e parallele, spaziate di un pi~


colo spessore b.
Assunti gli assi co-
ordinati x, z come in Fig.
9. S, ed essendo v x e v z = O
le componenti del vettore
velocità dirette secondo
gli assi stessi, le equa-
zioni (9.19) si scrivono
nel seguente modo:

Fig .9.5

;X (p + yh ) = ~ e:> + ::~ ~
( 9.26 )
a
rz <P + yh ) = o

L ' ultima delle (9 . 26) indica che anche qui, lungo la normale
z a ll ' asse del moto, la pressione è distribuita idrostaticamente ,
com'è logico dato l'andamento rettilineo e paral l e l o del moto. Ne
segue che il gradiente f-
ax
(E+
'(
h) (cadente piezometrica nel la di-
rez i one del moto)è indipendente d a z , e qu i ndi costante in tutti i
piani parallel i al l e pareti.
a 2 vx
Poiché la velocit~. v x è uniforme, i l termine ~ è nullo ;
pertanto, integrando rispetto a z la prima delle (9.26), si ottie-
ne :

(9.27)

dove la costante c 1 è nulla perché, per evidenti ragioni di simme-


tria, il massimo (finito) della velocità si ha nel piano mediano,
dove è posta l'origine delle coordinate, e quindi :

av X
az"" = o per z = o

Integrando una seconda volta, si ottiene:


202

(9.28)

Qui la costante C 2 può determinarsi ricordando che,per z = ± b


2 ,
si deve avere vx = O; quindi:

b2 .L
C2 = - 8µ ax (p + yh)

e pertanto:

=
4z 2 - b2 a (9.29)
V
X 8µ ax (p + yh)

Anche qui, come nel caso precedente del moto in un tubO, la


velocità è direttamente proporzionale alla cadente piezometrica
:x (p + yh) nella direzione del moto, che può approssimarsi con - i
se è piccola la sua inclinazione.
La velocità massima (sul piano mediano) vale pertanto, par z =
= O:

V
yi b 2 (9.30)
max Su

e la velocità media può ottenersi immediatamente osservando che,in


base all'andamento parabolico delle velocit~ dato dalla (9 . 29), la
ordinata media del diagramma è 2 la sua altezza, e quindi:
3

V (9.31)

L'equazione precedente può essere applicata anche al moto uni


forme a pelo libero
lungo un piano, incl!
nato dell'angolo a su_!
l'orizzontale; si nota
in questo caso che la
profondità Yo equiva-
le a ! (per essere lu!!
élVx
go l'asse ~=O ,qui!!_
di~= O), e la caden
te piezometrica risul
ta dalla Fig. 9.6:

Fig. 96 :x (~ + h)
ah
:s=-=-
ax sina
203

Pertanto si ottiene, per la velocità media


, YY~
V = 3µ sino (9. 32)

9.3.3. Moto tra uo piano (isao ed uoo mobile parallelo


Trattiamo ora il caso di un piano mobile con velocità va a
breve distanza da un piano fisso ad esso parallelo.
Se consideriamo l'equi-
librio di un elemento fluido z
6z6a (di profondità unitaria
p p+6p
normalmente al piano della fi 6
gura) collocato fra piani o-
rizzontali con facce parall~
J(
le agli assi, si ha immedia-
tamente dalla figura:
Fig. 9. 7

- 6p6z + oTox O

da cui
(9.3 3 )

Se i piani sono incl inati e si deve quindi cons i derare 1-'ef


fetto della gravità,si ha
subito per estensione :

q ( p + x hl = .a.i
ax az
Se, come supposto, il
moto del fluido è indotto
sol tanto dal movimento del
piano mobile con cui esso
è a contatto, non vi sarà
Fig.9.8
gradiente di (p + yh) nel
la direzione x del moto, e quindi sarà anche:

(9.34)

per la prima delle equazioni di Navier-Stokes. SeguecheT=T o sa


rà costante lungo z, e che la distribuzione delle velocità sarà li
neare (Fig . 9.8):
b
2 + z
v =vo--b- (9.35)
204

per cui
av v0
To = 1,1 az = µ T (9. 36)

E' questo il cosiddetto moto di Cou~tte (M . COUETTE, 1890) ,che


viene sfruttato per determinare la viscosità di un fluido, colloca!!_
do questo nell'intercapedine tra due piani, o meglio tra due cili~
dri coassiali. Uno dei cilindri è fatto ruotare a velocità angola-
re costante, all'altro è applicata una bilancia a torsione. Gli ef
fetti della curvatura del moto e dell'accelerazione centripeta co~
plicano leggermente la semplice equazione (9.36), che può applicar
si solo in via approssimativa. E' dimostrato che conviene far ruo-
tare il cilindro esterno (e tener fisso quello interno) per conser
vare più a lungo condizioni di stabilità del moto laminare .
Se ora sovrapponiamo al moto piano un gradiente (p + y h) ,ot *-"
oX -
teniamo dalla (9.29) e dalla (9.35) il moto risultante:

b
2 + z 4z 2 - b 2 a
V = Vo --b- + ---=a-
µ- - ax (p + yh) (9.37)

in cui la velocità ha un massimo


in un punto intermedio fra l'as-
se e la parete mobile, ed un va-
lore medio

v0 b2 a
V == 2 - 12µ 3X (p + yh) (9.38)

La Fig. 9.9 fornisce il di~


gramma del moto sia con gradien-
te positivo che con gradiente n~
gativo di pressione nel senso del Fig . 9.9
moto.

9.4. Moti di lento scorrimento


9.4.1. Moto attorno ad una sfera

Per una sfera di raggio r 0 , investita da una corrente unifor-


205

me par allela d i velocità i ndisturbata v 0 , la soluzione delle equa-


zioni (9.19) è stata fornita da G . G. STOKES (1851). Assumendo l'o-
rigine degli assi nel centro della sfera (F i g. 9.10) e l ' asse x ne_!.
la direzione della corrente, le componenti della velocità ed i va-

2
e~
lori della pressione (per yh = O) risultano dalle seguenti formule:

y - 41-
o
~
e~
l"
rox
Vx = Vo [ ¾---;,--r7 l"
+ ~) + 1]

~
3 l"oX Y
Vy = V o 4 ---;,-- ?
(9.39)
3 r 0xz (r~
vz = Vo 4 -;,- ? 1)
3 IJVorox
p
2 r3 + Po

essendo Po la pressione indisturbata ed r la generica distanza ra-


diale . Su lla superficie della
sfera la pressione risulta:

p=-¾1J~vo+Po (9 . 40)
l" o

con valori massimi e minimi


sull ' asse nei punti anteriore
e posteriore pari , rispetti v~
mente, a :

3 Vo
P 1, 2 = ( 9. 41) Fig 9 . 10
;!: 2 µ ro + Po

S i ricava anche l'andamento dello sforzo tangenziale di attr!


to To sulla superficie della sfera , che presenta il valore massimo
all'equatore, ancora pari a

3 V O
T O max = 2 µ r ( 9. 4 2)
0

Integrando all'in tera superfic i e le forze e l e mentari d i pres-


sione e di attrito che vi insistono, si ottiene il valore del la re
sistenza al moto:

(9.43)

che è nota c ome jormu la di S t oke s . Di questo valore globale due te r


206

zi risultano dall'andamento della pressione ed un terzo dalle for-


ze d'attrito.
La Fig. 9 .1 O fornisce l'andamento delle linee di corrente e la
distribuzione delle velocità nel moto di lento scorrimento attorno
alla sfera, valido per valori del numero di Reynolds R• = 2 evora,
JJ
non superiori ad 1. Si noti la sostanziale differenza rispetto al-
l'andamento del moto irrotazionale {Fig. 5.9), che vale teoricamen
te per Re+ 00 •

9.4.2. Modello analogico di Hele Shaw


L'equazione {9.29) mostra che, nel moto tra due piani, la ve-
locità nella direzione x è eguale alla derivata parziale, nella ri
spettiva direzione, della funzione

4z 2 - b2
~ ~ Su (p + ~h) (9.44)

Qualora il moto tra i piani non avvenga in una prestabilita d_!


rezione, ma abbia andamento a linee di corrente curvilinee determi
nate dall'esistenza di contorni fissi all'interno, il moto stesso
può considerarsi di lento scorrimento solo se le velocità e le al-
tre caratteristiche siano tali da realizzare numeri di Reynolds mol
to bassi, cosicché nelle equazioni di Navier-Stokes sia affatto tra
scurabile, di fronte ai termini di dissipazione viscosa, l' impor-
tanza dei termini di inerzia che, pur nel moto permanente, non so-
no piO nulli in questo caso.
A parte questa cautela, la soluzione ottenuta per il moto la-
minare unidirezionale è ancora valida nel caso presente, applican-
dola peraltro alle due componenti v X , v y , che presenta la velocità
nei vari punti del campo bidimensionale. Se le pareti piane sono o
rizzontali, si ha pertanto il valore medio trasversale di queste
componenti:

V
X

(9.45)
V - -1'2.._ lE.
y 12 µ ay

e si riconosce che esse ammettono un potenziale delle velocità:

(9. 46)

analogamente a quanto si verifica per una corrente di fluido irro-


207

tazionale.
Questa proprietà del moto fra due pareti piane parallele di am
mettere un potenziale delle
velocità viene sfruttata(cQ
me indicato da H.S.HELE-SHAW
nel 1898) per riprodurre sp~
rimentalmente per analogia
(mod ello analogico di Hele-
Shaw) moti irrotazionali pi~
ni entro condotti o at torno
a profili di varia forma,no~
ché moti di filtraz ione bi-
acqua t
dimensionali con prestabil! colorante
ti contorni, che pure ammet
tono (Capitolo 16) un poten
ziale delle velocità; inte-
grando cosl i metodi anali-
r
tici e numerici esposti nel Fig. 9 . I I
Capitolo 5.
L' esperimento (F ig. 9. 11) consiste nell'introdurre, ridotte in
scala opportuna, le sagome dei contorni nello spessore fra due pa-
reti piane molto vicine, e nel far circolare nell 'intercapedine l!
bera un liquido di adatta viscosità (si può impiegare acqua, olio
d i vaselina o simili ) in vi rtll di piccole differenze di l ive llo ma~
te nu te fra l 'ingresso e l'uscita . Se si ha cura di colorare all ' in
gresso alcuni punti del liquido, la traccia colorata seguirà l ' an-
damento di una linea di flusso, e potrà riuscire visibile (e quin-
di essere disegnata o fotografata) se una delle pareti viene rea-
lizzata con materiale trasparente. Queste tracce forniscono una di
retta guida per il tracciamento del reticolato di flusso valido per
i moti a potenziale delle velocità considerati.
Va osservato che nell'immediata prossimità dei contorni, in una
fascia la cui larghezza dipende dallo spessore b entro cui il moto
avviene, si possono riscontrare delle deviazioni dal corretto anda
mento, imputabili all'aderenza ai contorni stessi (velocità nulla)
del moto del fluido viscoso.

9 .4.3. Principi della lubrificazione idrodinamica


Riprendendo in esame il moto fra un piano fisso ed altro mobi
le, segue in base alla (9.38) che, se il moto è uniforme, deve es-
sere costante il gradiente di (p + yh) nella direzione del moto; e
208

che questo gradiente è nullo se il moto~ mantenuto solo dallo SPQ


stamento del piano mobile rispetto al piano fisso (v - vf) .
Pertanto, se consideriamo una porzione di lunghezza finita del
piano mobile, e il moto
del fluido è causato so
lo dal lo spostamento di
questa porzione (Fig.
9.12), restando costan-
te la sua distanza b = b 0
dal piano inferiore, il
Fig.9 .12
gradiente predetto dovrà
essere nullo e pertanto la quota piezometrica dovrà essere costan-
te lungo il condotto, e pari al suo valore agli estremi. Quindi ne,2
sun'altra variazione di pressione può stabilirsi all'internosenon
quella data dal dislivello fra le due estremità. In particolare,se
i due piani sono orizzontali, la stessa pressione ambiente che si
ha agli estremi regna nell'intercapedine, e pertanto nessuna forza
supplementare di sostentamento ne può derivare alla porzione mobi-
le.
Se invece l'intercapedine fra il piano fisso e quello mobile
(pattino) non ha spessore costante, ma si presenta come un cuneo al
largantesi nel verso del moto del pattino (che in Fig. 9 .13 a) è da
destra a sinistra), si dimostra invece che sul pattino viene eser-
citata una forza che deriva da un eccesso di pressione rispetto a
quella ambiente, Po, che è supposto regni agli estremi. Trae da ciò
fondamento la Zubrifiaazione idrodinamiaa, cioè tra supporti auto-
portanti, da non confondersi con quella idrostatiaa, in cui i sup-
porti sono tenuti artificialmente discosti da fluido lubrificante
messo i n pressione dall'esterno.
e
I'"

a} b)

Fig. 9.13

Conviene riguardare il pattino come fisso, e il p iano d'appo~


gio mobile con velocità v 0 verso destra, ciò che si ottiene riferen
209

do il sistema ad assi mobili, solidali col pattino stesso (Fig.


9 . 13 b)).
Il moto nell'intercapedine non può considerarsi laminare, ma
è invece di lento scorrimento, e solo per numeri di Reynolds assai
bassi è possibile applicare gli stessi risultati già ottenuti nel
caso di pareti parallele e senza gradiente della pressione, con una
generalizzazione dell'equazione (9.38) ammissibile in quanto lo spe~
sore b , variabile da b 1 a b 2 l u ngo i l pattino, e la differenza fra
b I e b 2 sono e stremamente piccoli in confronto alla lunghezza del
pattino (la Fig. 9.13 e ssendo deforma t a). Ponendo perciò nell'equ~
zione (9.38):

(9 . 47)

con o: ~ tg o: , si ottie ne, t rascura ndo il t ermine yh r i s pet t o al p r~


ponderante valo r e d el la p ressio ne :

v0 (b 1 - n :c ) 2 ap
v =2 - 1 ?.1J ax (9 . 48)

da c u i la portata (per una profondit~ unitar i a no r malment e al pia-


no de l la figu ra ):

Vo (b J - o:x ) (b l - o:x ) 3 ap
q = ( 9 . 49)
2 1 2lJ ax
Risol t a r ispetto a * , e t enendo c ont o c he , p er ess e re ne l c a
SO in esame p = p (X) f unz i o ne di X s oltant o, *
viene :
= n, la (9.49) d~

dp 6 11v 0 12 µq
( 9. 5 0)
dx (b 1 - o:x) 2 - (b 1 - o:x l 3

Integrando rispetto ad x, si ottiene:

1 2 \Jq
p = cx (b 1 - a x) 2a (b 1 - a x) 2 + e

Se poniamo p Po per x = O, risulta:

e - ~+~+P o
o:b 1 ab f

e quindi la distribuzione della pressione in direzione x è data dal


la :
210

p =Po+ 6µVo [ --1-- - -2._l


b2
(9.51)
o b 1 - ax I

Il valore incognito della portata unitaria q risulta dal por-


re ancorap =p 0 all'altra estremità, cioè per x = .2., Si ha in tal
caso, tenendo conto che b 1 - a .2. = b 2 :

da cui

b 1 b2
q = Vo h1 + h2 (9.52)

Sostituendo nella (9.51), si ottiene dopo alcune trasformazio


ni:

6µv 0 (.2. - x) (b 1 - b 2 ) x
P =Po+ (9.53)
.2.b2 (b1 + b2)

che dJ l'andamento della pressione lungo x (Fig. 9.14 a)), a partl


re dal valore iniziale Po, fino al valore terminale che è ancora Po.
Il massimo p Pmax risulta dalla (9.50), ponendo f = O, ad un'a-
scissa x che è data dalla:

b ax = ~
Vo

e quindi, per essere

(l =

e combinando con la (9.52), dalla:

per cui, in definitiva:

-
X

In concomitanza con~= O, il diagramma delle velocità


sversali ha andamento lineare come in assenza d i gradiente
211

p
Fig. 9.14 b)).

Pma.-Po

a)
I
L_ I

LC ~ ~ ~
~
...I

I: x b)
.I
Fig. 9.14 l .I

Il valore del carico c he puO essere equilibrato dalla forza P


risultante dalle sov rapressioni p - Po c he si manifestano sul pat-
tino risulta (sempre per profondità uni taria) effettuando l' inte-
grazione

P = r: (p - Po ) dx

giovandos i della ( 9.53 ).


Si ottiene (con ca l coli che brevità si omettono ):

p = 1 ) (9 . 55)
+ 1

che mostra come , a parità d'altre grandezze (velocità v 0 di spost~


mento del pattino, l u nghezza t dello stesso , spessore terminale b 2
b
e viscosità del fluido 1J ) la forza P sia funzione del rapporto F;'
(risultan<'lo ovviamente nulla quando b1 = bz) .
Risulta dal porre
dP
(°" =Oche il massimo di P si ha quando
d ?-)
2
2,2, con il valore :
0,16 w 0t 2
p = ( 9. 56)
max
b~
E' importante osservare che, in conformità al diagramma p -p 0 ,
il punto d'applicazione della forza P è spostato rispetto al punto
di mezzo del segmento t.
La teoria precedentemente esposta, dovuta ad o. REYNOLDS (1886),
212

per un appoggio piano di estensione indefinita (e quindi nel campo


bidimensionale) fornisce, almeno qualitativamente, elementi validi
anche nel caso di un pattino di estensione finita, in particolare
per un pattino ruotante attorno ad un asse centrale ( supporto Mi-
chetl). Essa consente altresl un'estensione al caso di un perno cir
colare ruotante entro un supporto lubrificato di raggio r 0 , datala
piccolezza dell'intercapedine media o= r 0 - r rispetto al raggio.
In questo caso, quando il perno è caricato, esso non ruota ce!!
trato rispetto al supporto, ma col centro di rotazione spostato da
O' a O, come in Fig. 9.15, con una p
eccentricità e= 00'. Ne segue che
l'intercapedine~ di spessore b va
riabile secondo la legge

b = e COS,p + o

Si ha quindi nella parte infe


riore, soggetta al carico, un moto
entro un condotto convergente a fo.!:_
ma di cuneo, analogo a quello già
Fig.9.15
esaminato per il supporto piano.~
videntemente la pressione interna p è funzione periodica di ip con
periodo 2n, per cui:

p (O) p (2 n )

La (9. 50) si trasforma pertanto nella seguente (notando che dx


si scrive ora rd~):

..È.E...
rd,p = p6µ <vob - 2q) (9.57)

Con questa estensione della teoria dovuta ad A. SOMMERFELD


(1904) si determina tra l'altro la forza P in funzione dell'eccen-
tricità e, in base alla formula:

P ------~- ---------- ( 9. 58)

da cui risulta confermata la necessità dell'eccentricità del perno


rispetto al supporto al fine di poter ottenere un effetto di sosten
tarnento del carico.
213

10. STRATO LIMITE E SEPARAZIONE DELLA CORRENTE

10.1. Generalità sullo strato lirnit.c


Abbiamo già visto nel precedente Capitolo 9 alcuni esempi di
applicazione delle equazioni di Navier-Stokes a moti puramente v!
scesi, cioè quando (per R• + O) 1 termini di inerzia perdono di 1!!!
portanza risp etto alle forze molecolari di viscosità . D' a l tro can
to, le so luzio ni prima studiate per 1 fluidi p erfetti o irrotazio
nal i (Capitol i 4 e 5 ) corrispondono ovviamente a condizion i in cui
è trascurabile , di fronte ai t ermini di inerzia, l ' importanza dei
termi ni viscosi (cioè ad Re -+ ., ) • Tuttavia in quest ' ultimo caso,
considerando il fl uido reale, risulterebbe un ' anomalia fisica dal
fatto che , a contatto di una parete fissa, l a v e locità abbia unva
lore fini t o (o comunque, se la parete~ in moto, un valore div er-
so dalla velocità di movimento ); fatto f isico su c u i si basa la
trattazione degli esempi di moto viscoso trattati nel Capitolo pr!
cedente.
E ' merito di L . PRANDTL l ' a ve r osservato (1904) che attorno
alla testata di un corpo profilato che avanzi in un mezzo fluido,
l ' andamento del campo di moto per numeri di Reynolds elevati ha c~
rattere irrotaziona le e risulta determinato dalla configurazione
del profilo stesso, salvo in una ristretta zona a contatto, detta
strato Zimite , attraverso il cui spessore si esplica 11 passaggio
della velocità dai valori dettati da l moto irrotazionale esterno
al valore relativo nullo che è necessario assumere alla parete.
Nello strato limite si hanno i caratteri di moto viscoso (lamina-
re) fino a che non vengano o ltrepassati determinati limiti di st~
bilità: parleremo in questo caso di strato limite visco so o Zami -
nare. Oltrepassati questi limiti, il moto di strato limite acqui-
sta il carattere turboZento .
L'osservazione di Prandtl è di grande interesse in guanto av
214

valora i procedimenti di indagine cinematica basati sull'irrotazi2


nalità del movimento (moti a potenziale delle velocità:Capitolo 5),
che devono perciò r itenersi sostanzialmente corretti in tutto 11
campo fluido salvo l'immediata vicinanza della parete. Pertanto si
può assumere l'andamento della velocità del moto irrotazionale co-
me nella Fig. 10.1 , e la relativa distribuzione delle pressioni a!
l'esterno dello strato limite; la curva (a) del moto irrotazionale,
e quella (b) del moto reale, diversificano solo attraverso il sot-
tile strato limite (necessariamente ingrandito nella figura). La
curva (c) è quella del moto viscoso.

- ·-+

Flg.10. 1

Per lo studio del moto stazionario di strato limite laminare


trovano applicazione le equazioni di Navier-Stokes (9.16),nella fo!
ma semplificata proposta dallo stesso Prandtl. Viene ammesso che,
dato 11 piccolo spessore, si possano trascurare le differenze di
pressione in direzione normale alla parete. Sono invece assai con-
siderevoli i gradienti della velocità, che nello strato limite pa~
sa dal valore zero alla parete a quello esterno della corrente in-
disturbata; viene conservato pertanto nella prima delle (9. 16) so-
lo il termine viscoso µ (::~x), se l'asse x coincide con la dire-
zione della parete e l'asse y è ad essa normale.
Nel moto bidimensionale, trascurandosi anche l'effetto dell'e
ventuale curvatura dello strato purché rèlativarnente modesta, l'e-
quazione di PrandtZ si scrive pertanto:
215

av x av
__
x+v
av x
at + ~x ax y ~ (1 O. 1)

dove, per guanto detto, p p(x, t).


Il sistema formato da quest'equazione, unita all'equazione di
continuità:

si presta alla soluzione cosiddetta "esatta" del problema. Nel ca-


so del moto permanente l'applicazione dell'equazione di Bernoulli
sul bordo esterno dello strato limite,p + p ~ = cost , dove v è la
velocità del moto potenziale, fornisce in aggiunta la relazione:

- pV
av
'fx ( 1 O .-2)

10.2; Strato limite laminare lungo una lastra piana


Un caso importante è quello di una lastra piana mol to sottile,
di rilevante lunghezza a partire dal bordo iniziale , che si muova
di moto traslatorio uniforme, con velocitA - v 0 parallela al suo a_;!
se, in un campo indefinito di fluido in quiete. Per semplicità tra!
tiamo il caso bidimensionale, assumendo una larghezza trasversale
unitar ia della lastra.
Questo fenomeno di moto vario può essere reso permanente còi
metodi indicati nella cinematica (Capitolo 3), sovrapponendo nel ve,;:
so contrario una traslazione uniforme con velocità+ v 0 , per cui il
fluido , sempre supposto irrotazionale, investirà con tale velocità
la lastra ferma.
Per le considerazioni svolte nel paragrafo precedente, i l c~
po di moto risulterà praticamente indisturbato dalla presenza del-
la lastra, dato il suo piccolo spessore, salvo nell'immediata vici
nanza della parete per la formazione dello strato limite, che alme
no nella parte iniziale è laminare.
Chiamiamo 6 lo spessore di questo strato, intendendosi conve~
zionalmente con esso quella distanza dalla parete alla quale la ve
locità raggiunge un valore di appena 1'1% inferiore a quello che do
vrebbe aversi nell'ipotesi di irrotazionalità del movimento. Nel
caso in esame, quest'ultimo valore è la stessa velocitàuniformev 0
(vedi Fig. 10 .2) .
216

Poich~ nei punti dove cessa lo strato limite siamo al confine


tra moto laminare e moto irrota-
zionale, in questi punti la for-
za d'attrito viscoso (prevalente
y

-
all'interno dello strato. limite)
e la forza d'inerzia (prevalente
all'esterno) saranno dello stes-
so ordine d i grandezza. La forza
--
--- --- ---- ò
d'inerzia, che già più volte ab-
biamo espresso in termini purame!! Fig 10. 2
t€, dimensionali, Ji scrive qui pa;:_
ticolarmente p 1:.-f per l 'unità di
volume, essendo .e. la distanza di una generica sezione dal bor-
do iniziale. Analogamente, la forza viscosa che si esplica in vir-
tQ del gradiente trasversale ~v della velocità, va assunta ;nella fo.E_
V o oy
ma u -:-7, sempre per l 'unità di volume. Si avrà quindi:
o

da cui

6 '\, .Vr.R
pV o
- e 1r:szr.
V PV o ( 1 O. 3)

dove C è un coefficiente di proporzionalità che la soluzione "e-


satta",fornita da H. BLASIUS (1908), dell' equazione di Prandtl
(1O.1),in cui si pone 2.12.
ax = O per essere v = v 0 = cost, indica u-
guale a 5. Si avrà pertanto, in valori relativi:

,s 5
( 9. ) 1am = 7"Re7 (10;4)

dove Re .t = 7.e.v
P
è un particolare numero di Reynolds, riferito alla
lunghezza della lastra .e. e alla velocità indisturbata v 0 • Dalla
(10.3) si vede che lo spessore o dello strato limite cresce con la
distanza dal bordo iniziale della lastra proporzionalmente a fi. !
noltre il suo spessore relativo f diminuisce secondo ~,cosicché
viene a sparire nel caso teorico di R•.t -> 00 , cioè fluido ideale sen
za attrito.
Si può valutare anche lo sforzo tangenziale TO che l 'attrito
determina sulla lastra , in base alla relazione fondamentale di Ne~
ton To = u(~v)
oy O
(1.1), dove l'indice O indica il valore per y = O.
217

Potendosi ammettere approssimativamente una distribuzione lineare,


anziché parabolica, della velocità nello strato limite, e quindi
porre (lE-)
ay o
" voo e perciò TO " µ ~
o
, se si assume il valore 6 da
to dalla (10.3), si ottiene:

t o " ( 1 O. 5)
5t

Anche qui si possono introdurre valor i adimensionali,divide!!_


do per pV~/2 ed ottenendo nell'espressione:

pv~
to = ca_2_ (1 O. 6)

il valore 0,4 per il coefficiente ZocaZe di resistenza C •


8
La teoria ' esatta ' di Blasius indica il coefficiente di pro-
porzionalità in 0,664, e per tanto:

(10. 7)

L ' intensità dello sforzo diminuisce pertanto con I I a parti-


re dal bordo iniziale, co
me è e vide nte anche dalle
10
modificazioni de i diagréi!!! ,.....
mi del la velocità in rela 5
......
r-....
Ca ...........
zione all 'aume nto di spe~ 3
~~
sore dello stra to limi te,
come illustrate nella Fig .
2
-~ f:.... ,~.
10.2. La Fig. 10.3 forni-
sce i va lor i teorici 'esa t 05
t
ti' di pv ~2 in funz ione
6
di Re 1 , messi a confronto
03
02
con recenti risultati sp~ ••• valori sp•rlmentsfi
I I I I I l Il I
01
rimentali. ,o• ,o• Re=~
t µ,
10•
Sull'intera lunghez-
Fig.10.3
za t , se b è la larghezza
della lastra, si esercita
una forza d'attrito:

F ~ b J:
t 0d t = b J: vp ~ a
2
0,6 64 pvo 1- 1 I 2 dt
-r

che è riconducibile all'espressione generale:


218

pV~
F = CRA - 2- (10.8)

con 11 coefficiente globale d'attrito pari a:

e = 1,328 ( 1 O. 9)
R --
/ Rei

ed A= bi (area della lastra investita).


La distribuzione trasversale della velocità nello strato li-
mite laminare, desunta dalla
1,0
teoria di Blasius e conferma
ta da numerosi dati sperime~ .,V
tali, è esposta nella Fig. I/
1 o. 4. 0.6
/-'-valori
Superato 11 limite d'in - sperimentali Re~ h,os:,. 1. 2sJ 1<15
0.4
stabilit~, il . moto di strato Il
)
limite diviene, come si è det a2
to, turbolento; il che si pr~
ao
I/
senta, nel caso qui in esame,
dopo un certo tratto di moto
o 2 3 4
5 f Ref2 7

laminare a partire dal bordo Fig. 70.4


della lastra. su questo lim!
te, e sulle caratteristiche di velocità e resistenza al moto del-
lo strato l imite turbolento lungo una lastra, verrà trattato nel
successivo Capitolo 11.

10.3. Procedimento di approssimazione per lo studio dello strato limite


La soluzione 'esatta' dell'equazione di Prandtl (10.1) i ncon
tra rilevanti difficoltà matematiche se si vuole applicarla, come
in molti casi è richiesto, a profili di forma generica.
Invero la soluzione della predetta equazione è nota solo per
un limitato numero di casi di moto laminare quello precedenteme~
te trattato dal moto lungo una lastra piana, e quello del moto a!
torno ad un corpo di rotazione simmetrica (cilindro); ed inoltre
per una corrente stazionaria che investa un cuneo di varia apert~
ra o che si muova entro un canale a pareti rettilinee convergenti.
Si hanno pure soluzioni per il moto a valle di una lastra piana di
lunghezza finita, e per un getto piano uscente da una fessura in
un ambiente dello stesso fluido.
Un procedimento, benché approssimativo, che ha possibilità di
applicazione assai più generale, utilizzabile anche per problemi
21 9

di strato limite turbolento, è quello proposto da TH. VON KARMAN


(1912) e basato sul teorema della quantità di moto.
Consideriamo (Fig. 10.5) due piani normali alla parete, di
stanziati tra loro dx, dove lo strato
limite cS = cS (x) è funzione della di- - A,:_ __
stanza cS dal bordo iniziale della la-
stra. d(K)
Esaminiamo quali condizioni dev2
no essere soddisfatte per l'equilibrio
del volume di fluido, di larghezza un.!_
taria, definito dalle due superficie Fìg ,10.5
piane suddette , dalla parete e dalla
superficie avente per traccia nel piano di figura la curva AA '
delimitante lo strato limite e avente quindi in ciascun punto la
distanza cS dalla lastra.
La potata unitaria che attraversa la superficie di traccia
AB sarà:

qAB = J: vxdy

quella che attraversa la superficie d i trac~ ia A'B' sarà:

q A'B' = J: • . dy + lx(!: •.d,) dx


Avendo ipotizzato il fluido incomp~imibiZe , la differenza
di portata:

q AA' • q A'B' - q •• - lx (f: v.d,) dx


attraverserà la superficie di traccia AA'.
Parimenti,per quanto riguarda la quantità d i moto attraver-
so la superficie di traccia AB si avrà un flusso entrante pari à :

e attraverso la superficie di traccia A'B' un flusso uscente pa-


ri a:

Attraverso la superficie di traccia AA', essendola velocità


220

in direzione x pari a quella v del moto irrotazionale indisturba-


to, la portata qAA, determina un flusso di quantitàdimotoparia:

Passiamo ad esaminare le forze esterne agenti sul volume flu.!_


do considerato. Abbiamo già osservato che le pressioni all'inter-
no dello strato limite si possono ritenere uguali in ogni sezione
a quelle esistenti al bordo dello strato limite stesso. Pertanto,

pressione - *
per unità di larghezza, agirà la forza dovuta al gradiente della
dxo ,
genziale alla parete - Todx.
uni tamente a quella dovuta allo sforzo tan

Applicando il teorema della quantità di moto, avremo pertan-


to:

t
0
dx + le.
ax odx =[ J: p +

da cui, semplificando e dividendo per ov 2 dx:

~ O + V
ax T 0
=
d
dx J: (1
V;) v
X
dy =
pv2
(10.10)
dx
d
[ o ( (1 V;)
V
V
X
d ( ;) l
Vogliamo ora applicare questa formula al caso già trattato
della lastra. piana lambita da una corrente (Fig. 10.2). Il gra-
diente di pressione i è nullo e la velocità v pari a quella del
fluido indisturbato v 0 •
Si potrà valutare lo sforzo T O pur di conoscere la legge di
distribuzione della velocità v all'interno dello strato limite;
X
essa sarà una funzione crescente di y , che dovrà soddisfare alle
seguenti cinque condizioni al contorno:
- a contatto della parete (y = O) dovrà aversi:

a 2v_x )
_ = O
V
X
o e
( ay 2 y=O

infatti, per essere anche v y = O, l'equazione di Prandtl (10.1)


221

d a2 v
diviene*= u ay2x = O;
sulla superficie di traccia AA' (y = 6), al fine di assicurare
la continuità della distribuzione delle velocità fra la zona
dello strato limite e quella del moto indisturbato, si dovrà~
vere:
a2v )

X
o e ( ~
ay y- 6
= o

Una legge di distribuzione delle velocità che assicura i l ,r!


spetto d i tutte le predette condizioni al contorno è stata deter
minata da K. PQHLHAUSEN (1921):

( 1 O. 11)

dove 6 • 6 (x) è lo spessore d ello stra to limite all'ascissa x.


Tenuto conto c he lo sforzo t angen z iale s ulla lastra risul-
ta da:
Vo
To = u(:vx)
y y• O
"' 2u
6 ( 1 O. 12)

sostituendo l a (10.11) nella (10.10) e int egrando s i ottiene:

d6 630 _µ_
6 ( 1 O. 1 3)
dX • 37 Pl>o

,,
V DI,,_ I I
da cui, per x ~ t : -r,,ne I I
3

6
( 1 O.14)
.~t
\: ~ >- ·~ -
t ) ~ >--
2 I/
->-- >--·~v ,I
La ( 1 O . 14) è da confrontarsi con la ->--
.,ey ~)I'.
>-->--
v
(10.4); si nota che, pur avendo adottato , /
)

V V
/ I
m
J
una legge di distribuzione delle veloc i tà /
J ,I I/ __,. --'."~9-1
approssimativa, si è ricavato un coeffi- ..,-V ..... ~
ciente che è sufficientemente prossimo a o
quello ricavato da Blasius col procedi.me~
to matematico più rigoroso.
Sostituendo la (10.4) nella (10.12)
si ottiene:

= 0, 686 Pt!~
T Q --
/7r. 2
.e
pure da confrontare con la (10.7). Fig.10 . 6
222

A titolo di esempio applicativo del procedimento approssimatl


vo ora esposto, si riportano nella Fig. 10.6 i profili cosi calco-
lati della velocità v nello strato limite per un profilo di Joukowsky
(vedi § 5.4), quale ottenuto da H. SCHLICHTING (1942), in funzione

di R•t o'=·V~J: 0 , a diverse distanze /


0
del contorno sviluppato t O •

10.4. Imbocco di un tubo in regime laminare


Occorre una certa lunghezza, a partire dall'imbocco, affinché
in un tubo s i stabilisca il regime uniforme laminare rappresentato
dalla formula di Poiseuille (9.21). In effetti, si tratta anche qui
di un problema di strato limite, il cui spessore cresce progressi-
vamente dalla parete
all'interno del tubo,
fino a c he, come mo-
stra la Fig. 10.7, il
nucleo centrale di mo
to irrotazionale si ri

·I duce a zero ed il rno-


to laminare interessa
Fig.10. 7 l'intera sezione del
tubo.
Nel caso di condotti di sezione rettangolare larga, riconduci
bili ad un moto piano, lo sviluppo dello strato l imite su ciascuna
delle due pareti è simile a quello già studiato nel caso del moto
lungo una lastra, con la differenza, peraltro, che la velocità al
l'esterno dello strato limite qui non è costante, ma in progressi-
vo aumento; infatti, supposto nella sezione di imbocco un valore u
niforme della velocità v 0 , la sua diminuzione per effetto di attrito
viscoso nelle zone in cui si sv iluppa lo strato limite deve essere
compensata con un aumento nella zona centrale in cui ancora non si
esplica l'effetto della viscosità.
Un procedimento che estende il metodo applicato da Blasius per
la lastra piana ha condotto H. SCHLICHTING (1934) al risultato che
detta 2b la distanza delle pareti del canale, la lunghezza te a pa~
tire dall'imbocco, in cui si raggiunge la condizione di moto unifor
me, vale:

te
b = 0,08 Re

con 2b V 0
Re essendo v 0 la velocità media nella sezione. LaF ig
~
223

10.8 riporta, in funzione della distanza x dall'imbocco, e del nu-


mero di Reynolds, i valo- ~-o
.,,-
ricalcolati della veloc!
V
~ 0.3
o.· -·
t.! v parallela all ' asse
nei vari punti della sezi2
ne, riferiti alla veloci-
tà v O • Per R• compreso fra
1.2

0.8 \\.
\ '--
O.ti
O]
---
~- ....

2000 e 5000, la lunghezza


0.4
0 ,8
'-
t si estende da 80 a 200
.! .. o.a .__
b
o
volte la larghe zza del ca o 0.04 0.08 .IC I o.rz
nale. b~
Ne l caso del tubo ci Fig.10.8
lindrico, di raggio ro,un
procedimento approssimato dovuto a L . SCHILLER (1922) indica per la
lunghezza d'imbocco

"' 0, 06 Ra

con R• • 2 va ra • Misure di J . NII<URADSE, riportate nellaFig.10 . 9,


IJ 1 p
analoga alla precedente , mostrano però la necessità di una lunghe!
za un po' maggiore per ottenere praticamente la distribuzione delle
ve loc ità del moto di Poiseuill e pienamente sviluppata .

2. o
V
._. ....
~ I. 6
... -
2 ""
,-i--,
a8 \ ---
a4
Qo
QOO 0.04 0.08 a12

Fig.10.9

10.S. Disucco dello strato limite dalla parete


Nel caso studiato nel§ 10.2 di una corrente parallela ad una
lastra piana, il valore della pressione poteva riguardarsi costan-
te nel fluido esterno irrotazionale (moto relativo uniforme), et~
le anche nello strato limite laminare, mancando ogni effetto di cur
vatura: si aveva pertanto, nel senso del moto,~oX
= O. In tale co~-
dizione, come si è visto, lo strato limite aumenta progressivamen-
224

te di spessore lungo la parete; se questa è sufficientemente lunga,


può avvenire che il moto laminare divenga instabile, e degeneri in
moto turbolento, con un accentuato aumento dello spessore e della
resistenza, come si vedrà nel successivo Capitolo 11.
Se invece la corrente segue una parete curva, come quella che

le esterno presenta variazioni del gradiente *


delimita un corpo sagomato immerso nel fluido, il moto irrotaziona
della pressione;ne"i"
caso della Fig. 1 O.1, infatti, a partire dal punto iniziale O di veloci
tà nu l la (ristagno), la pressione dappi::ima diminuisce con :r: (consid~
rata ora come coordinata curvilinea lungo il profilo), quindiaume~
ta, in relazione all'andamento del reticolato di flusso (vedi ad e
sempio il § 4. 5 ) . Nella parte anteriore, con f? < O, la diminuzio
ne della pressione, che si trasmette anche a contatto della parete,
ha tendenza a contrastare l'azione ritardatrice degli sforzi d'at-
trito sulla parete stessa e a ridurre quindi l'aumento dello spes-
sore dello strato limite che essi tendono a determinare. In questa
situazione, dunque, lo strato limite tende a rimanere di piccolo
spessore in adiacenza alla parete. Viceversa nella parte posterio-
re, con¾? > O, l 'aumento della pressione si associa alla resisten-
za viscosa nel diminuire l'energia cinetica dello strato limite,
che è già di per sè scarsa per la ridotta velocità, in confronto a
quella della corrente esterna. Si provoca quindi un ispess imento
per rallentamento e ad un
certo punto addirittura lo
arresto dello strato limi
te; più avanti si verifi-
ca un vero e proprio moto
a ritroso del fluido nel-
la zona prossima alla pa-
rete, mentre i l vivo del-
la corrente si distacca da
questa verso l'esterno,ve
nendo delimitata da una li
nea di corrente (indicata F,g 10.10
con s-s nellaFig. 10.10),
che si diparte con un determinato angolo dalla parete. All'interno,
in queste condizioni, si presenterebbero a contatto il moto diret-
to e quello invertito: questa zona di discontinuità, come osserva-
to nel § 3. 1 O, è però spiccatamente instabile e degenera in una schi~
radi piccoli vortici, che poi si accrescono formando vortici in
grande. A valle del luogo di distacco, pertanto, si stabilisce una
225

zona, cosiddetta di separa8ione deZZa aorrente, dove il moto dege-


nera in formazioni vorticose; nel caso di un corpo solido immerso
in un fluido, la zona separata a valle di esso costituisce la cos i 9.
detta saia vortiaosa (detta anche in taluni casi zona morta) .
Il cosiddetto distaaao deZZo strato limi te trova giustifica-
zione dalla stessa equazione di Prandtl (10.1) che lo governa nel
moto bidimensionale . Poiché è lecito applicare quest'equazione an-
che ad una parete non rettilinea; purché profilata · con curvatura
non troppo spinta, potremo scrivere lungo questa , con vx = vy = O
per y = O:

ap = µ ( a
ay
2~x) y• 0 ( 1 O. 15)

Pertanto, i n prossimi ti della parete, la curvatura del diagr~


ma di distribuzione del l a veloc itl nello strato limite lungo la nor
male è determinata esclusivamente dal locale gradiente della pres-
sione, pari a quello della corrente esterna .
Se questo è negativo (~<O ), cioè la corrente è accelerata,
a2 v
la curvatura è negativa (~ < O), non solo a lla parete, ma anche
nello spessore dello strato limite (fino al punto 8 d ella Fig.
10.1 O) • Nel punto 8, il gradiente .22. della pressione si an
a 2 v :\ ax av
nulla e quindi ( ~ / y• 0 = O; resta ancora ½
posit.tvo alla pa
rete ed ivi si determina un punto di flesso pf. Se piil avanti la cOf.
rente è ritardata (punto C), si ha un g radiente di pressione posi-
2
tivo (2-Ea > O), e quindi alla parete ( :
xav ) "Y y• 0
~x)
> O; poiché rimane
ancora 1-:;--J' > O, il punto di flesso si allontana dalla parete.
\ Qy Y"' 0
Ancora piil avanti, nel punto D , si ha ?
( av ) = O; il punto di f les
oW y•0 -
so si allontana ancora di piil, ed ha inizio il distacco.
Infine, nel punto E , per essere
av
# .
Y"' O
.
< O, i l diagramma pre
senta il punto di flesso ancor piil lontano,àssociato ad un moto di
ritorno (velocitl negativa) lungo la parete. La separazione della
corrente all ' interno della linea a tratteggio dà luogo ad una zona
di flusso invertito (alla parete) e di flusso concorde ( a distan-
za), flusso che non partecipa del moto esterno irrotazionale .
E' evidente l ' effetto della separazione sull ' andamento della
corrente lungo la parete . Il moto irrotazionale esterno non aderi-
sce piil alla parete stessa, ed il regime della pressioni non è piil
quello che tale moto determinerebbe . ll modificato andamento di¾;
alla parete, e il rilevante aumento di spessore dello strato limi-
226

te, tolgono le ragioni di applicabilità dell'equazione dello strato


limite nella zona di separazione.
In un corpo solido immerso in una corrente, poiché il moto è
accelerato nella parte anteriore e ritardato in quella posteriore,
i l distacco si porta tanto più verso valle quanto più il corpo ste~
so è di forma affusolata e slanciata (come lo sono i profili alari);
al limite, lungo una l astra piana, ove sempre*= O, non ha luogo
a l cun distacco.
Poiché per quanto sopra il punto di inizio della separazione
è quello dove, lungo la parete, si verifica la condizione (!~x )yso:=
=O, sarebbe necessaria, per stabilirlo, l'integrazione dell'equa-
zione dello strato limite atta a fornire, nel caso piano, i valori
di v x (x, y) • Nell'esempio della Fig. 1 o. 6 il prof ìlo estremo rapprese!!
tato: è appunto quello che coincide con l'inizio della separazione.
In via approssimativa, tuttavia, la conoscenza dell'andamento
delle pressioni lungo la parete, desunta nell'ipotesi del moto ir-
rotazionale, può fornire indicazione del punto di separazione, col
locandolo all'inizio del tratto lungo c u i * tende ad aumentare. I~
discorso vale, ma con assai maggiori incertezze, anche se lo stra-
to limite è già passato da Z.am i nare a turb o Z.ento. In generale può
dirsi che l'intervento della turbolenza nello strato limite tende
a ritardare il distacco, e qu-indi a portare .più a valle la zona di
separazione della corrente. Il fenomeno non è a tutt'oggi complet~
mente chiarito: le particolarità del contorno, i l valore del nume-
ro di Reynolds, il grado di maggiore o minore turbolenza della co~
rente esterna allo strato limite, sono fa t tori di rilevante impor-
tanza nel rendere lo strato limite turbolento e nello spostare qui_!!
di a valle i l suo punto di distacco dalla parete.

- .. -- -"""3 --::>,
L-
... L.

a)
- ..--...,_....-~.-,
------=- - b)
-
Fìg.10.11

Abbiamo già osservato ( § 5.3) che in un moto irrotazionale le


maggiori velocità corrispondono alle zone dove la parete si incur-
va verso l a direzione della corrente, mentre le minori velocità si
presentano dove la parete si apre allontanandosi dalla corrente (Fig.
227

1 0.1 1 a)). Una corrente in un condotto convergente, che s i a rego-


l armente accelerata anche in prossimità della parete, si comporta
come irrotazionale, con lo strato limite ristretto accosto ad es-
sa; invece una corrente in allargamento e perciò ritardata tende
inevitabilmente a separarsi dalla parete. La Fig . 10.1 1 b) forni-
sce l ' andamento d ' una corrente con separazione in un condotto di-
vergente.
Evidentemente il distacco si localizza nei vertici angolosi,
ove essi sianopresenti nel contorno del moto fluido. Nel § 5 . 3 ab
biamo già rilevato che, se si dovesse tracciare attorno ad essi 11
reticolato di flusso, si troverebbe un addensamento in un sol pu~
to di quadratini di dimensioni infinitesime, con la conseguenza,
fisicamente inaccettabile, di veloc ità locali infinitamente gran-
di. Già teoricamente ~ possibile ricavare una soluzione di moto iE
rotazionale che eviti questa incongruenza: ad esempio per una COE
r e nte bidimensionale che investa trasversalmente una piastra pia-
na, accanto alla soluz ion e che dà un andamento simmetrico delle l.!
nee di corrente (Fig. 10.12 a)) vi è una soluzione , studiata da G.
KIRCHHOFF (1869), c~e presenta a valle una cavit~ estendentesi al-
l ' infinito , in cui l ' aggiramento deibordivieneevitato (Fiq,10.12
b )).

., C)

Fig 10. 12

La cavità viene delimitata da linee di discontinuità che si


staccano dai bordi, lungo le quali si fa l'ipotesi che le pressio-
ni, e quindi le velocit~, siano costanti; essa è pertanto riempita
da f l uido in quiete, avente la stessa pressione del fluido indistur
bato.
In realtà (Fig . 10.12 c)) la linea di discontinuità esiste, ma
228

è assa i l a bile e presto sparisce per effetto d e l l 'agitazione vorti-


cosa; per cui, anzi c hé prolun-
garsi all'infinito, l a zona di
scia prat icamente si r ichiude
a non grande distanza dalla pi~
stra. A seguito delle formaziQ
ni vorticose, la pressione,qu~
si per effetto di risucchio ,
scende alquanto al disotto del
valore de lla corrente ind istUE,
bata, in contrasto con lepre-
visioni dell'accennato schema
t eorico. La Fig.10.13 illustra 0.6 -Q6 -,.o
_!):Psi._
l ' analogo andamento d ella pre~ ~
Fig.10 .13
sione rilevato sperimentalmen-
te a monte e a valle di un disco di raggio r O, confrontato con 1 ' a _!!
damento irrotazionale (a tratteggio) .
I differenti stati di passaggio dal moto irrotazionale alla foE_
mazione vorticosa sono illustrati nella Fig. 1 O.14 per la corrente
che aggira uno spigolo .

Fig. 10. 14 Fig .10.15

Il discorso vale anc he per il moto entro condotti. Un' indica-


zione schematica delle zone di separazione che si for mano in un go-
mito a s pigolo vivo è da ta dalla Fig . 10 . 15.
La Fig. 10 . 16 ra ppresenta una parete (i llimi tata) investita da
un getto fluido (che è il caso trattato nel § 8,2,3), ed è par tico-
larmente istruttiva in quanto mostra le sens ibili d ifferen ze che si
hanno nell'andamento delle linee di correntè, in virtù delle zone di
229

separazione, qualora sia applicato contro corrente, sull'asse di


simmetria, un sottile setto divisorio apparentemente privo di ef-
fetto.

~j

FiQ.10. 16
~
10.6. La zona di scia vorticosa
La presenza di una zona di separazione v orticosa modifica non
solo l'andamento delle velocità, ma anche quello . delle pressioni
della corrente , rispetto alle previsioni teoric he del moto i;rota-
z.ionale. Se la zona di separazione fosse nettamente del imi tata , ed
i suoi limiti rappresentati da ben individuate linee di corren te,
sarebbe possibile riguardare la corrente esterna ancora come irro-
tazionale , e applicando la relativa teor ia dedurre velocità e pre~
sioni, in particolare lungo le anzidette linee di del imitazione . La
pressione all'interno della scia vorticosa corrisponderebbe allora,
salvo la fluttuazione turbolenta dovuta ai vortici, e cioè nella m~
dia, a quella esistente lungo la superficie di delimitazione.
Non è però agevole determinare le linee di corrente di questa
superficie neppure nel caso più semplice in cui esse partano da pu_!!
ti ben definiti, c ioè da angolazioni del contorno. Riprendiamo il
caso della cavità a valle di una piastra investita frontalmente.
Dal punto di vista teorico, recentemente H. ROUSE (1956) ha!
potizzato che l'effetto della piastra possa tradursi nella sovrap-
posizione alla corrente principale di un vortice rotazionale a va!
le della piastra stessa, conformato secondo una linea di demarca-
zione che corrisponde a quella sperimentale. LaFig. 10.17a) ricav~
ta dagli appositi esperimenti, fornisce, fra le altre linee di cor
rente, quella contrassegnata con w= O denotante la demarcazione
del vortice interno. Essa fornisce inoltre in (b) i profili di di-
230

stribuzione trasversale della velocità media v e quelli d ei valori ~

dimens ionali della pressione


(nwnero di Eulero) , che pre-
senta i maggiori abbassamen-
ti (valori negativi) in cor-
rispondenza al l 'asse longit~
dinal e di simmetria. E' pure
segnalato nella linea a-a i l
limite ideale a c ui pratica-
mente si estende l 'agitazio -
ne interna turbolenta.
Quando la zona di sepa-
razione inizia per distacco
dello strato limite lungo un Fig.10.17
profilo curvo angolos o, all e ince.r tezze sull ' andamento delle linee
di delimitazione della zona stessa si aggiungono, come già accenn~
to, quelle relative all'individuazio ne del punto di di stacco . Si~
samini ad esempio il caso di una sf era liscia inve stita da una co~
rente f l uida di velocità indisturbata v 0 • Se il moto fosse irrota
zionale, l ' and amento del la pressione sarebbe quello risul tante dal
carnPo c inematico già studiato n el § 5.2, indicato nel la Fig. 10 . 18
a). L'andamento r eale, rilevato sperimenta l mente, si presenta di-
verso a seconda de l numero di Reynolds R• = PV od della corrente (d
u
è il diametro della sfera) ; per v alor i minori di Re = 2,~ · 10s
all'incirca s i ha l a situazione della Fig. 10 . 18 b), per valori s~
periori quel la della Fig. 10.18 c), e cioè nel primo c aso un 'ampia
zona di separazione con rilevanti depressioni a tergo della sfera,
nel secondo ca so una zona assai pi~ l imitata, con pressioni circa
uguali a quelle d ella corrente ind isturba ta . I n quest'ultimo caso è

1,e : 1..625 -10 1

~
- - .,... J_
-}
__
~ J

~
b) e)
Fig. 10. 18

meno forte il diva rio da lla condizione di moto irrotazionale, come


la rapp resentaz ione del la Fig . 10.19 (di O. FtACHSBART, 1927), met-
te in c hiara evidenza.
231

La spiegazione del
diverso comportamento r!
1. ' / ....
siede nello strato limi- ~ 1--- ' '-l---l---1-----4----"-' --.I.. " , ___ ezi,.., aJ. ,
.,
te, che tende a passare .. lmr-P<: ,,.. ' ' .,
da Zaminare a turboZento 1----1--;>-1--_-- ~-~ - =
~1~ · -c.:.·x~,~ =.c..--..,.._.-_~
_ .-.:J'---t----<
7,......,\-1--~.1.---1=
ancor prima che avvenga ,.,,
/
.I
-1.• /
il distacco dello strato
limite laminare. Colpa~
F,g 10. 19
saggio a turbolento, lo
strato limite diviene se
de di moti di agitazione trasversale, per cui l'azione di trascin~
mento della corrente esterna si accresce rispetto a quanto avviene
nel caso dello strato laminare. Di conseguenza il punto di distac-
co si sposta verso val le: da una posiz ione di poco precedente l'e-
quatore, con lo strato a carattere laminare, ad una posizione piil
avanzata di circa 30" - 40° lungo il meridiano. Si riduce quindi la
zona di scia vorticosa a valle, avvicinandosi di piil al comportarne~
to teorico del moto irrotazionale senza separazione. L. PRANDTL
(1914) dette una dimostrazione sperimentale di questa sp i egazione ,
collocando trasversalmente ad una sfera liscia un anello di filo sot
tile poco avanti l'equatore e riscontrando che giA prima del va-
lore critico sopra citato del numero di Reynolds si modificava,per
la turbolenza artificia lmente p r odotta nello strato limite, la po-
sizione del punto di distacco.
Analogo comportamento presentano in genere i corpi con profi-
latura tozza e con rilevanti variazioni della curvatura . Invece i
profili ben raccordati a monte,
ed allungati nella d irezione
della corrente, come quello de!
la Fig. 10,20 a), determinano
un andamento della corrente che,
per le ragioni esposte, corri-
sponde a quello ciel moto irro-
tazionale quasi per l'intera lu~
ghezza, salvo una limitata zona
di distacco all'estremita. La
proprietà ricordata vale però
solo per 1 'assetto " normale "
ng.10 20 del profilo rispetto alla dire-
zione della corrente; altrime~
ti, se il profilo è inclinato, si forma sul dorso una zona di sep~
232

razione a partire dalla coda, che aumentar:do l'inclinazione tende


a raggiungere la testa s tessa del profilo (Fig. 10.20 b)).

10.7. Distacco alternato dei vortici


Una particolarità di notevole rilievo si manifesta se la cor
rente investe corpi solidi molto allungati, come è tipico il caso
di un cilindro con l'asse ortogonale alla corrente stessa. Si foE
ma un distacco di vortici dai due bordi del profilo, che però non
si manifesta simultaneamente, ma con alternanza dall'unoaltaltro
bordo. Il fenomeno ha particolare evidenza per numeri di Reynolds
Re"" pv 0d (essendo v 0 l a velocita indisturbata, ed ildiametrodel
I.I
cilindro) compresi fra 60 e 5000 circa; per valori inferiori a 60
la scia vorticosa è stabile e laminare, per valori maggiori di 5000
i vortici si mescolano tra loro in una scia turbolenta.
Abbiamo già ricordata nel ~ 3.10 l'analisi teorica della sta
bilità svolta da von Karman per una doppia scia vorticosa.
Il distacco alternato dei vortici con frequenza f, e quindi
la variazione della circolazione attorno al cilindro, inducono u-
na spinta laterale sul cilindro stesso, che si alterna di segno
con la medesima fr equenza . Il numero di Strouhal (3.33) che la ca
fd
ratterizza St · = -·- è in diretta dipendenza dal numero d i Reynolds
Vo
Re, e, come mostra la Fig.
1O.21,può ritenersi costa~ a22·r--.----.~.,...,-- ~ ~~~~- . .~~2.o
..-
te e pari a 0,21 per i ma9. f ' " CR .... ~ •• '~· • CR
ar ._ -.~ _ 1.0
giori valori del numero di 1 •
Reynolds. Si può quindi de O. 18f---+--+-++!.:[_~~lf--+--t-
]H ,' - + --1--<H-+ O

terminare la frequenza de! o. 76,1---+--;-+-.'1-- t ---l,--+,-+,+--+---!--+-++


••• valori sperime~tal/
la vibrazione, nota la vel~ Q141--t--;----f'+ +- t --+-+++--t---!--+-++
cità della corrente e il di~
mentro del cilindro. 10

Il fenomeno cui abbi~ Fig . 10. 21


mo accennato può causare~
na vibrazione forzata di corpi cilindrici esposti ad una corrente
fluida,quali ciminiere, per i scopi di sottomarini ,cavi elettrici, ecc.,
la cui entità diviene rilevante e pericolosa quando i l periodo de!
la vibrazione elastica, e quello del distacco dei vortici , siano
tra loro in risonanza. Quando invece la due frequenze sono diver-
se, va comunque tenuto presente che, in presenza di oscillazioni
del cilindro, la frequenza propria del distacco vorticoso tende a
modificarsi da quella di Strouhal per il cilindro fisso,avvicina~
233

dosi a quella propria del cilindro oscillante.


Analogo fenomeno, sempre applicato a corpi allungati elasti-
camente oscillanti, ma di sezione diversa dalla circolare, induce
a ritenere generalmente instabile la sezione, quando ~asse maggi2
re di figura è trasversale alla direzione della corrente. Tipico
è il caso della sezione ellittica (quale, aun dipresso,quella fo~
mata da un cavo elettrico avvolto da un manicotto di ghiaccio),che
è sostanzialmente instabile perché la velocità dell' oscillazione
laterale dà l uogo ad una velocità risultante leggermente inclina-
ta rispetto a quella della corrente , che accresce la circolazione
del vortice che si separa, ed aumenterebbe quindi continuamente la
entitil dell'oscillazione, se questa fosse libera, I l caso opposto
avviene quando l 'asse maggiore dell 'e llisse è nella direzione del-
la corrente.
Si possono cosi classificare (vedi Fig. 10.22), con partico-
lare riguardo alle strutture in-
vestite dal vento, le loro sezio
ni trasversali come piil o
stabili od addirittura instabili.
me no
-D~~MUO
instabili
Particolarmente interessante è la
a pplicazione agl i impalcati dei
ponti sospesi, specie dopo il ero.!, - (] ~ = ~ ~~
lo per azione del v ento del pon- stabili

te sospeso di Tacoma (Colorado) ,


Fig.10 . 22
avvenuto nel 1940 .

10.8. Modi di influenzare il distacco dello strato limite


La separazione della corrente fluida dalle pareti di guida, e
la fo,rmazione di zone morte e scie vorticose, è causa di turbarne~
to della regolarità del moto, in quanto lo allontana dalle condi-
zioni ideali del fluido irrotazionale. Si segnalano, fra le conse
guenze piil importanti , la modifica del regime delle pressioni e-
sercitate dal fluido sulle pareti, e quindi sui corpi investiti;
l'insorgenza o la modificazione delle forze indotte (vedi Capito-
lo 18); la diffusione della vorticosità della scia nella corrente
esterna, causandovi turbolenza e dissipazione di energia; le per-
turbazioni alternative della velocità e della pressione dovute al
le formazioni vorticose con ripercuss i oni anche sullia stabilità
delle strutture. In generale, pertanto, salvo particolari applic~
zioni, il fenomeno della separazione della corrente deve essere il
234

più possibile evitato o ridotto.


Il mezzo più semplice per influenzare il distacco dello stra-
to limite è quello, peraltro raramente utilizzabile, di muovere di
conserva con la corrente la stessa parete solida, evitando cosi la
differenza di velocità tra le due e quindi addirittura eliminando
lo strato limite. E' questo il caso del cilindro rotante (effetto
Magnus1 vedi§ 8.5) 1 nella zona del profilo dove la velocità peri
ferica dovuta alla rotazione e la velocità relativa della corrente
fluida sono concordi,non si forma lo strato limite; sulropposta ZQ
na, dove sono discordi, la separazione è modesta e si concentra in
un vortice isolato, che rende ragione dello schema matematico bas~
to sulla sovrapposizione al moto irrotazionale della corrente di~
na circolazione (di intensità pari ma di verso contrario a quella
del vortice), che da luogo sul cilindro ad una componente di forza
trasversale.
Si può evitare il distacco dello strato limite, che è causa di
troppo scarsa energia in esso disponibile, infondendogli nuova eneE_
gia. Ciò può essere ottenuto iniettando del fluido attraverso la p~
rete nella zona che precede il distacco (ad esempio insuffl~ndo a-
:c:ia in un profilo alare, con particolari precauzioni per evitare la
produzione di vortici da parte della fessura), o meglio attingendo
energia dalla corrente principale, m~
diante un'aletta applicata nella zona
di alta pressione (come proposta da S.
HANDLEY-PAGE, 1920, Fig. 10.23), che
determina una corrente suppletiva nel
lo spazio che separa l'aletta dal oro
filo alare.
Fig.10. 23 Il mezzo più pratico ed efficace
per impedire il distacco dello strato
limite è però la sua aspira a ione, che si realizza per mezzç> di· stre!_
te fessure praticate sulla parete là dove il moto è ritardato per
effetto dell'aumento di pressione. Anche questo ritrovato si deve
a L. PRANDTL (1904), che lo sperimentò con successo eliminando la
separazione di corrente a valle di un cilindro. Tipiche sono le aE
plicazioni ad un condotto fortemente divergente, e quindi sede su
entrambi i lati di fenomeni di separazione. L'aspirazione dello str~
to limite, realizzata per mezzo di fessure, fa si che la corrente
rimanga aderente alla parete, in condizioni prossime a quelle di un
moto irrotazionale (Fig. 10.24).
Nella pratica aeronautica l'aspirazione dello strato limite
235

sul dorso di un profilo alare


nella sua parte posteriore CO_!!
sente di evitare il distacco,
anche per elevati angoli di i_!!
clinazione del profilo stesso
rispetto alla direzione della
corrente.
E' stata anche applica-
ta l'aspirazione nella fessu-
ra fra l' ala e gli alettoni
(Fig. 10.25), per evitare la s~
par azione della corrente qua_!!
do questl sono abbassati.
Si ha anche il vantaggio,
tramite l'aspirazione, di ma_!!
tenere pi(l a lungo laminare lo
--
~ ---- -- ~-----
strato limite evitandone il '"\ - - -
passaggio a turbolento; ciò che
FiQ.10. 24
rende minore l'attrito sulla
parete.
Può praticarsi un'aspir~
zione tramite fessure discontinue, o in modo praticamente continuo
rendendo porosa l a parete ; al cui studio si presta la trattazione
matematica.
Recentemente è stata studi~
ta l'applicazione dell ' aspira-
zione alla parete anteriore dei
profili alari molto slanciati,
che sono assai sensibili alle
FiQ.10. 25 variazioni dell'assetto divo-
lo; per elevate velocità e qui!!
di grandi numeri di Reynolds bisogna far sl che, nonostante l'aspl
razione, la turbolenza non venga indotta dalla presenza delle fes~
sure.
Un'interessante applicazione idraulica proposta da L. ESCANDE
(1950), al fine di consentire uno sfioro regolare, senza le pertuE
bazioni dovute alla separazione anche su profili sfioranti non CO,!!
formati in modo regolare (vedi § 5.4), consiste nel provocare l'a-
spirazione dello strato limite mediante una fessura praticata tra-
sversalmente al profilo e collegata a fori di scarico con lo
sbocco a quota sufficientemente bassa. La Fig. 10.26 mostra l' ef-
236

Fig.10 . 26

fet to dell'aspirazione in uno stramazzo; il provvedimento può esse


re adottato in altri dispositivi idraulici.
237

11. CARATTERI DEL MOTO TURBOLENTO

11.1. Instabilità del moto laminare e origine della turbolenza


Il moto laminare discusso nel Capitolo 9 si presenta effetti
vamente in un ambito limitato; infatti, non appena gli effetti del
l'inerzia diventano abbastanza importanti in confronto con la re-
sistenza v iscosa , ilmoto di un fluido reale non si svolge più per
strati paralleli, ma assume caratteristiche del tutto diverse. Ta
le passaggio è stato posto in evidenza dalle classiche esperienze
di O. REYNOLDS (1883).
L ' apparato sperimentale
di Reynolds è schematicamen-
te indicato nella Fig. 11 .1.
un serbatoio d'alimentazione
acqua
eroga acqua attraverso un tu
filamento
bo di vetro con imbocco arro
tondato, e con una valvola di
regolazione al termine; allo valvola
imbocco, a ttraverso un appo-
sito beccuccio, del liquido t
colorato può venire inietta- Fig.11.1
to nella corrente.
Quando la valvola è poco aperta, la velocità nel tubo è bas-
sa, ed il moto che in esso si stabilisce è di tipo laminare; ciò
è posto in evidenza dal fatto che il filamento colorato che entra
dal beccuccio mantiene un aspetto stabile e compatto lungo l'asse.
Se si aumenta gradualmente l'apertura della valvola (cioè, se via
via cresce la velocit~ del liquido nel tubo di vetro), ci si ac-
corge che il filamento colorato assume un aspetto sempre più ond~
lato , fino a che il filamento stesso si rompe definitivamente e la
sostanza colorata si diffonde per tutta la massa liquida: le par-
ticelle non si muovono più per traiettorie parallele, ma passano
238

continuamente e tumultuosamente da una zona all ' altra del tubo.


Lo stato critico di passaggio, nel moto uniforme, dal compo~
t.runento di moto laminare a queJJo di moto turbolento dipende dal-
le caratteristiche del liquido (densità P e viscosità -'l..,corrispon
denti alla sua temperatura), dalla velocità media V nella sezione
e dalla dimensione trasversale del condotto (nel caso di un tubo
circolare abbastanza lungo, dal diametro d) . Queste grandezze si
combinano in un parametro adimensionale, che è il già ricordato nu
mero di Re ynotds:

pVd
Re= - - ( 11. 1)
11

nel quale è introdotto 11 diametro d come lunghezza significativa.


Come gi~ detto, esso rappresenta il rapporto fra le forze d'iner-
zia (le quali tendono ad esaltare le perturbazioni del moto) e le
forze viscose {le quali tendono invece a smorzarle).
Numerose esperienze eseguite con fluidi diversi entro tubi di
vario d i ametro e con diversi valori della velocità hanno dimostra
to che, per fluidi newtoniani, finché non si oltrepassa un valore
critico del numero di Reynolds (11.1):

( Re) = 2000 2400


e

qualunque perturbazione nel moto (scuotimento del tubo, apertura


brusca della valvola, ecc}, anche se capace di produrre un momen-
taneo ondeggiamento del filamento colorato, viene sempre smorzata
in un temp~ piQ o meno lungo. In altre parole, l'azione frenante
della viscosità riesce ad avere il sopravvento sul l 'azione pertur-
batrice. Al contrario, se Re > (Re) e, il moto laminare è estrema-
mente instabile e basta una minima perturbazione per far l o passa-
re definitivamente a moto turbolento.
Per spiegare in via intuitiva l'insorgere del moto turbolen-
to, si consideri una discontinuità nella distribuzione delle velQ
cità in un ftu.ido perfetto (Fig. 1 1.2 a)). Se, per qualche motivo,
la linea di corrente attraverso cui avviene la discontinuità subi
sce una piccola deviazione dall'inizia l e andamento rettilineo, si
determina un movimento ondulatorio la cui configurazione, reso il
moto permanente per un osservatore mobile con 1 'onda, è i1'dicata
nella Fig. 11.2 b).La velocità aumenta localmente dove le linee
di corrente tendono ad avvicinarsi (cioè attorno ai vertici) e di
minuisce dove esse tendono a distanziarsi (cioè entro i cavi); la
239

pressione, per la relazione di Bernoulli, varierà in modo contra-


rio.
La differenza di pressione,
che cosi si genera attraverso la
discontinuità, risulta perciò se~
pre tale da esaltare l'ondulazi2
ne iniziale. A un certo punto le
velocità relative attorno ai ver
tici supereranno la velocità di
avanzamento del moto ondoso, co- b)
sicché le ondulazioni ripiegand2
si su se stesse (Fig. 11.2 c)) d~
ranno luogo ad un fenomeno di fra_!!
gimento e la zona di discontinu! C)
tà si svilupperà in una serie di
vortici, come schematizzato nel-
la Fig. 11.2 d).
Se ora si passa a consider~
re un f'lu.ido rea Ze , bisogna tener d)
conto dell ' a zione svolta dalla v! Fig. 11 . 2
scosità. Nei fluidi reali, infa!
ti , non è ammissibile una brusca discontinuità come nel caso esa-
dv
minato, poiché in essi lo sforzo tangenziale ( T = µ Ty > divente-
rebbe infinito . Tuttavia è chiaro che, quanto maggiore è il gra-
dv
diente di velocità Ty , tanto p i il la situazione si avvicina a que,!_
la esaminata sopra .
La tendenza all'instabilità, cioè la tendenza a formare vor-
tici, sarà quindi tanto piil pronunziata quanto maggiore sarà il
gradiente di velocità; a favore dell'instabilità, inoltre, gioch~
rà la densità del fluido, mentre a tale tendenza si opporrà la v!
scosità. Infine, verosimilmente, l'eventuale vicinanza di una pa-
rete fissa costituirà un ostacolo all'esaltarsi della perturbazi2
ne.
Raggruppando i termini p (densità), µ (viscosità), y (dista_!!
za dalla parete) e ~vy (gradiente di velocità), si ottiene un gruE
po adimensionale

x = P(~)y2 (11.2)
µ

il quale denota 1' importanza relativa dei termini che entrano in gi2
240

co nella formazione dei vortici.


Il coefficiente X, proposto da H. ROUSE (1945) con la denom!
nazione di coefficiente d'instabilità, è un particolare numero di
Reynolds inteso ad individuare la regione delmotomaggiormente s~
scettibile alla generazione di vortici. In effetti, se si esamina
la distribuzione di velocita in vicinanza di una parete (Fig .11 .3),
si osserva che x ammette un ma_!
simo ad una certa distanza da
questa (laddove, cioè , tanto y
dv
che ay sono abbastanza eleva-
ti). Questa è la regione nel-
la quale insorgono i vortici
y non appena il valore dix su-
peri un certo valore critico.
Valutazioni eseguite dal ROUSE
Fig.11.3 con differenti condizioni di
parete indicherebbero che il
valore critico di passaggio fra stabilita e instabilita è circa
X= 500 .
La generazione della turbolenza però è un fenomeno assai co~
p l icato, che non può nemmeno ricondursi a trattazioni bidimensio-
nali come il semplice modello ora delineato, in quanto la turbo-
lenza origina e si diffonde da iniziali chiazze isolate sulla pa-
rete, come in realta avviene anche nell'esperienza di Reynolds.

11.2. Sforzi indotti dal moto turbolento


Poiché il moto turbolento è essenzialmente costituito da in-
numerevoli piccoli vortici comunque orientati, è chiaro che, a r!
gore, il moto è sempre vario in quanto, i n ogni punto, la situa-
zione si presenta diversa istante per istante , in dipendenza dal
vortice in transito nelle vicinanze. Tuttavia , se si fa riferirne~
to alla media net tempo delle velocita in quel punto, si può di-
stinguere un moto di base v pari alla media stessa e un moto flu!
tuante v', sovrapposto al moto di base.
Si potranno cosi scrivere le componenti della velocita, ed a~
che correlativamente i valori della pressione, come somma di due
termini (Fig. 11.4):
241

V
X
= VX + t> XI

V = V + v'y ( 11 • 3)
y y

t> I
z + z
V V
z

p p + p' ( 11 • 4)

I valori base sono valori


medi delle grandezze, presi in
un intervallo di tempo T piut-
tosto lungo, sl che la media
V
delle componenti fluttuanti o
pulsanti r i sulti nulla, cosi ad
es . :

V = ,!_T JT V
X X
dt ( 11 • 5) Fig. 11. 4
o

Correlativamente sono nulli i valori medi delle .grandezze flut


tuanti, cosi ad es.:

.!_ [ V ' dt = 0 ( 11 5 I)
o

T X
o

Sebbene, per quanto r i guarda gli aspetti globali del movimen


to, siano di preminente importanza le velocità medie, le compone~
ti flutt uanti non sono peraltro pr i ve di effetto . Esse tendono in
fatti a rendere assai piìl uniforme che nel moto laminare la distr_!
buzione delle velocità, dato 11 continuo trasporto di massa da uno
strato all'altro. Le fluttuazioni di velocità, inoltre, determin~
no l'insorgere di sforzi tangenziaZ.i turboZ.enti che vanno a sovra.e
porsi a quelli viscosi; quando il moto diventa decisamente turbo-
lento, anzi, gli sforzi viscosi sono addirittura trascurabili ri-
spetto a quelli dovuti alle fluttuazioni .
Lo sforzo tangenziale dovuto alle fluttuazioni di velocità
può essere valutato attraverso le seguenti considerazioni.
Assumiamo per semplicità un moto piano, in cui le componenti
v , v della velocità siano parallele agli assi x, y . Se conside-
x y
riamo un elemento di superficie dA normale all'asse y , esso sarà
continuamente attraversato avanti e indietro da piccole quantità
242

di fluido, essendo la portata di massa istantanea che attraversa


la superficie pari evidentemente a ov ' dA . Ciò avviene in concorni-
Y
tanza con una variazione di quantità di moto nella direzione x,r!
spetto alla condizione media <'I.i base, che risulta considerando che
la massa trasportata esaurisce la sua fluttuazione trasversale c~
dendo (se v~ è positivo) o acquistando (se v~ è negativo) la cor
rispondente quantità di moto:

pV'dA(O - v')
y X

(Fig. 11.5). Risulta pertanto, in base al teorema della quantità


di moto, una forza dP'yx = - pv y' v'dA
X
, . da cui, per unità di area dA,
uno sforzo tangenziale:

y
,' = T' = - ov ' v '
v·y yx yx y x

Il'.'
X
Si noti che il segno negati-
dA vo permane sempre perché ad una
fluttuazione per cui v' è posi-
Y
tivo corrisponde una variazione

X
di velocità - v~, e ad una flu!
tuazione per cui v y' è negativo
Fig. 11.5 una variazione di velocità + v X'.
Se ora 11 prodotto delle pul
sazioni di velocità viene mediato nel tempo, si ottiene lo sforzo
tangenziale medio che si esercita sulla superficie:

Txy 1
pV
1
X
V 1
y

Analogamente, se si considera come variazione di quantità di


moto quella dovuta alla stessa fluttuazione v;, risulterà uno sfo.E
zo di pressione:

p' PV I 2
y y

con un valore medio:

P'y = ov'y z

Se al moto turbolento considerato nel piano x, y si associano


nello spazio quelli relativi agli altri piani coordinati, risulta
no complessivamente gli sforzi:
24 3

' =-
t xy pii"7'i','i" ' = - pv y' v'z
t yz -;, = -p v Z' v X' ( 11 • 6)
X y zx

p'X pi,T2
X
p'y = pi,T2
y
p'z = pi,T2
z
(11. 7)

Si fa notare che , se si considerassero le fluttuazioni <lella


vel ocità come fatti puramente casuali e quindi senza reciproca coE_
relazione, non solo i valori medi v',
X v', v'z _ _
y __ delle
___ singole
__ comp2
nenti, ma anche ouelli dei loro prodotti v'v', v'v', v'v' sarebbe
· · xy yz zx -
ro uguali a zero. In realtà una certa correlazione invece esiste,
e questi sforzi dovuti alla turbolenza hanno perciò un valore non
nullo.
Pertanto, i valori complessivi degli sforz i , tenuto conto de!
l 'es istenza di quelli (9 . 4) (9.11) dovuti alla vi scosità molecola-
re , vanno computati come somma degli sforzi viscosi (nella cui e-
spressione vanno introdotti i valor i medi delle velocità), e dei
cosiddetti s forzi addizionaZi (o di Reynolds ) dovuti alla turbolen
za: per cui in luoqo delle (11.6) (11.7) si dovrà scrivere nella di
re zione x e nel piano xy considerato:

av
x + ~
__ av} -
T
xy
= \J
( ay ÒX
{ 11. 8)

av
Px = p - 2\J ~ + pjj°T2 ( 11 . 9)
ax x

e analogamente per le altre dire zioni e 9iani coordinati .


Quando la turbolenza~ pienamente sviluppata , i termini vi sco
si perdono addirittura di i mportanza rispetto a quelli turbole nti,
e questo mostra che, nel moto turbolento, la resistenza varia pro~
simaroente col quadrato de l l a velocità.
Una trasformazione delle equazioni di Navier-Stokes, dovuta
ad O. REYNOLDS (18~4), con l ' introduzione dei valori effettivi del
le grandezze turbolente, mostra come esse mantengano la loro for -
ma purché si applichino i valori medi delle velocità e della pre~
sione , e si aggiungano gli sforzi medi turbolenti. Le equazioni di
Reynolds si scrivono pertanto, per un fluido incomprimibile, nel-
la forma:
2 44

a
ax (p + yh) =- p
dv X
dt + ul7 2 vX - p
[ _av_x_
ax
'2 + ~
a jj"'1'"ij' a jj"'1'"ij'
ay + _ a_z_
X Z ]

a
ay (p + yh) = - p
dv
---1.. +
dt
ul7 2 vy - p
(av'? + av '
___J_2_
'àx
__
y_
'ày
2
+ a
~
y z
jj"'1'"ij' 1 (11.10}

a dv z [av'v' +. aii'i,T av•z_ 2

rz (p + yh) =- p
dt + u11 2 vz - p ~
ax 7y
z + __
az y ]

dove p rappres enta il valore medio del l a pressione .


Anche nell ' equazione di continuità (3. 23) possono i ntrodursi i
valori medi e le componenti flut tuanti della velocità, r isultando-
ne le seguenti due equazioni:

av
__
av
x + ---1.. +
av z
ax ay az o
( 11. 11 )
.:iv•
X
av• av •
z
ax + ---1..
ay + Tz"" = o
L ' applicazione delle equaz i oni de l moto turbolento, d ata la
loro compli cazione, può farsi peraltro solo i n casi particola ri .

11.3. Ipotesi di lavoro fondamentali


Per calcolare in qualche modo gli sforzitangenzialidovuti a!
le component i pulsanti nel le formule di Reynolds (11 . 8) è necess a -
r i o far e qualche ipotesi intorno a qu~
s te ultime . La p i ù semplice e la più y

considerata è quella espressa da L .


PRANDTL (1925) per un campo fluido bi-
dimensionale, i l cui moto di base sia
parallel o all ' asse x, ed abbia una di-
y
stribuzione non uniforme nelle veloci-
tà med ie vx come indicata nella Fig .
11 . 6. X

Consider i amo una particella flui-


da s oggetta a fluttua z ioni di vel ocità Fig. 11 . 6
v', v' nel l e due dire z ioni. Se essa esaurisce il suo movime nto t ra
X y
sversaie in u n percorso d i lunghezza 1, ove parta da un livello in
feriore di velocit?. vx(y - I ), recher~ con sè una quantità d i moto
inferiore a ouella v X
(y) <lel luogo di destinaz ione .
La differenza di velocità sarà data da :

òV
1
X
vX (y) - vX (y - l l
245

Se viceversa la particella parte da un livello superiore di ve


locitA v (y + t ) I la differenza risulta ancora:
X

tiv"
X
v X
(y + tJ -v X
(yJ o: i. t~x) y

Se ora le differenze t:,v; , t.v; vengono riguardate come le istan


tanee fluttuazioni trasversali della velocità nello strato <li livel
lo y, potrà porsi:

jv'j (11.12)
X

La lunghezza t , detta da PRANDTL lunghezza di mesco Za me nto ,si


gnifica qu indi il percorso trasversale che una particella deve com
piere perché la differenza fra la sua velocitA originaria e quella
del livello a cui è destinata sia eguale alla media fluttuazione
della velocitA di base nella direzione x. Vi è qualche analogia tra
questa lunghezza ed il cammino libero medio delle molecole nella
teoria cinetica dei gas, resta ndo pero inteso che nel moto turbo-
lento dei fluidi si tratta di particelle macroscopiche, per quanto
piccole .
L'ipote si va completata con quel la che le v elocitA di fluttu~
zione longitudinali v X' e quelle trasversali v y' abbiano lo stesso or
-
dine di grandezza: essa è in relazione al fatto fisico che l ' inco~
tro o l'allontanamento lungo lo strato di livello y di due parti-
celle provenienti dalla fluttuazione con una differenza <li veloci-
tA 2v~ comporta un moto trasversale dalle due parti dello strato
con velocità v;, in certo modo corrispondente . Si avr~ pertanto:
dv X
lv'y I "" l v'X I "' t ( 11 • 13)
dy

A questo punto conviene riflettere , che nella fluttuazione dal


livello inferiore verso y , quindi con velocitl positiva v;, si ha
"prevalentemente" un valore negativo div:, e che nella fluttuazio
ne dal livello superiore verso y , quindi con velocità negativa v y',
si ha invece "prevalentemente" un valore positivo di v ~. Ne viene
pertanto che per il valore medio v'v'
X y
puO porsi:

~ - l" (11.14)
X y

essendo l" sostanzialmente un coeffic ie nte di cor"'e Zazione delle CO!!!


246

ponenti fluttuanti <'.!ella velocità, òi cui è difficile valutare la


entità ma che è certamente diverso da zero, come già si è precede~
temente osservato.
Se ora il fattore di proporzionalità viene conglobato nel va-
lore non ancora determinato della lunghezza di mescolamento t, po-
tremo scrivere in definitiva:

.e,2 ( a/ )2
av (11.15)

e pertanto risulta,in base alla prima delle (11.6) e alla (11.8):

T
xy

o meglio, se si vuole tener conto che i l segno di T' varia con


dvx Xy
quella di dy , omettendo per semplicità la sopralineatura~

-r ,
xy
= " .e, 2 Idv ! dv
dy
x x
dy
e11 • 1 6 i

E' questa l ' importante formuia di Prandt"L pe-r il calcolo de-


gli sforzi tangenziali nelle correnti turbolente parallele ad una
parete, che presentano una variazione trasversale della velocità di
base dovuta alla presenza della parete stessa.
Confrontando tra lora,nel mota bidimensionale, i due termini
{che possono insieme sussistere) dello sforzo tangenziale dovuto a,!
l'azione molecolare

e di quello d'origine turbolenta, si constata come entrambi dipen-


dano dal gradiente della velocità media {moto di base), sia pure con
leggi diverse.
Si può perciò definire, in analogia col coefficiente di visco
sitA molecolareµ, un coefficiente di vi scosità turbolenta dinami-
ca n, già proposto da J. BOUSSINESQ (1877), tale che la {11.16) r!
sulti scritta nella forma:

ottenendosi per confronto,e per la (11 .13):


247

( 1 1 .17)

Si definisce ancora un coefficiente di viscosità turbo "lenta ai


nematica , analogo al coefficiente di viscosità molecolare v :

(11.18)

Va da s~ che, contrariamente ai veri e propri coefficienti di


viscositൠe v , i coefficienti di viscosità turbolenta~ ed t so-
pra definiti non sono delle grandezze caratteristiche del fluido,
ma variano con l'entità delle pulsazioni e con la distanza dalla P!!_
rete (in quanto, come appare evidente, la lunghezza i ne risente) .

11.4. Turbolenza di parete. Disttibuzionc della velocità


Premesso che la turbolenza si genera, come abbiamo già osser-
vato, in presenza di un gradiente trasversale della velocità, è u-
suale la distinzione fra t urboZe n z a d i par e t e e t urb o Ze nza Zibera.
La prima specie di turbolenza, di cui qui ci occupiamo, si manife-
sta per 11 fatto che avvicinandosi ad una parete 11 moto è necessa
r i amente ritardato (la veloc i tà a contatto è quella della parete):
ivi si ha pertanto una distribuzione trasversale non uniforme del-
la ve locità . La seconda specie di turbolenza si presenta a seguito
di differenze di velocità che trovano origine all'interno del flui
do , come è 11 caso di un getto che penetri entro un ambiente dello
stesso fluido in quiete (vedi § 11.6).
In ogni caso 11 fenomeno è conservat i vo, nel senso che la tur
bolenza risulta dagli stessi sforzi resistenti, e questi a loro vol
ta persistono a causa delle fluttuazioni turbolente.
Consideriamo una pare te tisaia . La sua presenza impedisce il
manifestarsi di fluttuazioni turbolente nelle immediate vicinanze,
cosicché 11 moto resterà necessariamente viscoso in un sottile stra
to 6 ' ,che viene detto comunemente sottostrato Zimile "laminare , om~
glio (secondo J.O. HINZE, 1959), v iscoso, in cui lo sforzo tangen-
ziale dipende solo dalla viscosità molecolare. Qui si può ammette-
re, dato i l piccolo spessore, che la distribuzione della velocità
v x = v x vari linearmente con la distanza dalla parete , e che lo sfo!_
zo tangenziale , xy abbia quindi valore costante 1 0 pari a quello al
la parete, in base alla legge:
248

V
X
µ y (11.19)

essendo y la distanza dalla parete.


Se ora si introduce la grandezza

u. = ( 11 • 20)

omogenea ad una velocità e perciO detta velocità di attrito , la


(11 .19) può scriversi:

V u.
X
y (11.21)
u. \)

u.
Questa legge vale entro il sottostrato viscoso per y - < 5;
V
per cui il suo spessore 6 ' in una parete liscia può ritenersi pari
a:

0 , = 5v (11.22)
u.
u.
Vi è poi una zona di transizione, per 5 < y ~ < 70, incui la
resistenza d'attrito viscosa e quella turbolenta sono di pari im-
u. . .7
portanza. Infine, per y - > 70, la turbolenza è p~enamente sv~~uE
V , ,
pata . Qui L. PRANDTL e Th. VON l<ARP,AN (1926 - 1930) formulano l 'ip2
tesi, per l'applicazione del la ( 11 .16) , che T possa ancora assumer
xy -
si pari al valore 1 0 alla parete, e che la lunghezza di mesco l arne~
to sia proporzionale alla distanza da essa, cioè

( 11 • 23)

si ottiene allora:

( 1 1.24)

cioè

av X
dy

che integrata fornisce:

V
X
( 11 • 25)
u.
249

Valori desu nti sperinentalmente da J . NIKURADSE ( 1932) della


lunghezza di mescola~ento t per
tubi di diametro d (Fig. 11.7)
mostrano che K può mediamente
porsi uguale a 0,40; questo va-
lore risulta confermato da altre
fonti in condizioni assai varie
di turbolenza di parete, e per- 0 .01

ciò la costante stessa ha assun o


o O.I 0.2 a3 0.4 y/d
to 11 noMe di "costante univer-
Fig. 11 . 7
sale". Alla stessa guisa la leg-
ge logaritmica rappresentata dalla ( 11. 25) ?- detta legg e univer>Ba-
Le di distribuzione deZZa v elocità .
Se si estrapola la (11.25) verso la parete , ris ulterebbev =
X
= O per una distanza finita y ' dalla parete stessa , che è abbonda!:)_
temente contenuta entro lo spessore ~ · (1 1.2 2) del sottostrato vi
scoso, se la parete è sufficientemente liscia. Poichè è ragionev 2
le che 11 ', come 6 , sia proporzionale a..:::_ , abbiamo per tJ = O:
U• X

Ci = - 1 ln y ' "' - ln cost


V
(11.2 6 )
I( K u.

1a cui, sostituendo nella (11.2 5) :

V u. y
--25. ln + C2 (11.27)
u. I( V

u y
con appropriato valore della costante; val ida per ~ < 0,15, ~ >

> 30 : 70 . Qui é indica la distanza dalla parete per cui 7 x = vxmax


Per le costanti pu~ porsi K z 0,40 e c2 = 4,9.
Altra ipotesi sulla lunghezza di mescolamento discende da pr~
cedenti cons i derazioni di sinilitud ine di Th. VON KARMAN (1930), e
risulta dall 'espressione:

av X
du
.9. (11.28)
" d2 vX
dy 2
250

Si noti che la duplice integrazione della {11 .16), nella quale,


in luogo della ipotesi di Prandtl {11.23), si introduca quella di
von KArman (11.28), risulta nella forma:

(11.29)

mentre dalla (11.27) si trae:

1 ln IL (11.29')
K O

Il confronto dei valori fornisce un'indiretta conferma della


validità dell'ipotesi di costanza del valore di K.
Il fatto che dalle leggi logaritmiche di distribuzione della
velocità risulti:

( 11. 30)

conferma un precedente ritrovato su basi sperimentali diT. E. STA~


TON (1911) . La differenza vxmax - vx
viene chiamata "difetto della
velocitA" a distanza y dalla parete rispetto al valore massimo; t~
le differenza, per un dato valore dello sforzo tangenziale di par~
te To = pu:, è espressa da un'unica funzione della distanza relati
va dalla parete stessa (Fig. 11.8).
Se ora passiamo alla co~
siderazione di una parete ec~ IO
y
bra, dobbiamo definire altri
d j
parametri in aggiunta a quel- o::
li che definiscono 11 moto tur
bolento per una parete liscia.
Anzitutto occorre intendersi
06
I
I
sulla natura della ecabrezza. o •
In condizioni naturali, essa
è l'effettodiuna varietà ap-
o2
I
parentemente casuale dispor- /
/
genze e rientranze da valutaE -~
si solo con metodi statistici o,,o 16 ,2 8

~ m .. -v.
(F ig. 11 •9 a) ) . u.
A scopo di agevolare lo Fig. 11.8
studio, è stata indagata (da
251

J. NIKURADSE, 1933), con celebri misure sperimentali, una scabrez


za artificiale in sabbia
applicata alla parete dei
tubi.
La "scabrezza in sa~ distnbu.liOne cas.ia/e
bia" di Nikuradse consi-
steva in u n rivestimento
della parete con granelli
~Jea diStribuzione uniforme
<scabrezza in sabbia)
accostati di sabbia natu-
b)
rale, vagliati cosl da~ FiQ. 11 .9
vere diametro e 8 p ratic~
mente costante (Fig.11.9 b)).
Attesi i risultati sperimentali di Nikuradse, si è poi conv~
nuto che ogni scabrezza naturale possa ricondursi ad un'equivale!!
te scabrezza in sabbia , ove essa comporti le stesse condizioni di
moto lungo la parete. Pertanto ad ogni natura di parete puO conve!!
zionalmente appl icarsi una corrispondente misura e 5 della "scabre~
za in sabbia" , che, come risulta dal confronto tra leFig. 11. 9 a)
e b), non riflette una par ticolare proprietà geometrica , ma solo
un comportamento statistico della scabrezza naturale.
La presenza della scabrezza determina la rottura del sotto-
strato viscoso non appena essa raggiunge il suo spessore ( e 8 = 6 ').
Pero solo quando la misura della scabrezza supera abbondantemente
tale spessore, cioè per e 8 > (15 + 25) 6 ', gli effetti sul moto d,!
pendono soltanto dalla scabrezza , e la parete si puO qualificare
come i d rau l i c am e n te sca b r a .
Poiché la legge del "difetto della velocita" (11. 30) è stata
riscontrata valida (Fig. 11. 8' non solo per le pareti lisce ma an
che per quelle scah~e, anche per quest'ultime sarà lecito assume-
Vx
re che il rapporto ii; sia una funzione lo~aritmica, in questo ca-
so del rapporto-:-; fra la distanza dalla parete y e la misura de!
la scabrezza e 5 • E' logico infatti che, in presenza di un effetto
determinante della scabrezza, la costante di integraz ione y ' del-
la (11.26) venga posta proporzionale alla sua misura.

Pertanto alla parete potrà porsi:

V
~
u. rCY) =-
s
(11.31)
252

valida per!< 0,15, u~y > 50 + 100, da confrontarsi con la (11.27) •.


Per le costanti può ancora porsi K ~ 0,40 (Fig. 11.7) e Cj =
= 8,2 per la "scabrezza in sabbia" di Nikuradse.
~--------~ L
Bs
70
60
50
40 40
30 30
Eq_/1131).......__
20 20
10
6. 4
o
- - .E
V,/Vmaw i
Fig. 11.10
La Fig. 11.10 illustra a confronto i profili delle velocità
per pareti lisce e scabre, secondo le leggi indicate.

11.5. Strato limite rurbolento


L'instabilità del moto laminare ed il passaggio a moto turb~
lento trovano particolare applicazione nello strato limite, iecui
particolarità sono state esposte nel Capitolo 1 O per il caso di mo
to laminare. Avviene infatti che dopo un certo tratto iniziale in
cui questo tipo di moto sussiste, possono presentarsi circostanze
che ne determinino l 'instab ilità e quindi l'insorgere della turbo
lenza.
Il caso della Zastra piana lambita da una corrente fluida è
il più semplice e significativo. Ricerche di vari autori hanno mes
so in evidenza un valore critico del numero di ReynoZds , riferito
alla velocità esterna v 0 e alla distanza i dal bordo:

" e/ = 3,5 · 10 5
( Re)
e
:: ( - v )e 1 • 106

al di là del quale lo strato limite diviene tur bo lento . Il passa~


gio è influenzato da varie circostanze, quali la scabrezza della
parete ed il grado di turbolenza proprio della corrente esterna.
La Fig. 11 .11 illustra schematicamen te le modificazioni che
intervengono nello strato limite col passaggio a turbolento; si no
ta un rilevante aumento dello spessore, 6 turb' in confronto a quel-
lo, 5 lam' del mo to laminare, ed una maggiore uniformità della ve-
locità, che mantiene un valore prossimo al valore esterno v 0 sino
253

... ---

6turb.

Fig. 11.17

a breve distanza dalla parete . Di conseguenza è piQ forte che nel


caso laminare il gradiente della velocit~ a contatto della parete,
e quindi aumenta la resistenza
tangenziale d'attrito: secondo
una potenza della velocità pa- 3.0
ri a circa 1,8 5 , mentre era di
1,5 nel c aso laminare, in base
alla (10.5). La Fig. 11.12 mo-
stra a confronto, in coordina-
te adimensionali, distrir•1zio-
ni della velocità del caso la-
Fig. 11.12
minare e di quello turbolento, OO a2 0 .4 0.6 0.8 I.O

val ide per R• t = 500.000. Vx/~m••


Per valutare lo spessore dello strato limite turbolento o turb '
puO per semplicità applicarsi una legge approssimata, che era st~
ta dedotta su basi sperimentali precedentemente a quella logarit-
mica:

vx =( ~ )I
O turb
/7
( 11 . 32)
Vo

e che viene detta "legge delle potenze".


Con un procedimento analogo a quello che ha condotto alla
(10.4) per lo strato limite laminare, si trova, per quello turbo-
lento:

( o) o,377
(11 .33)
I turb = ( Re t) 1/ 5

Ne discendono le seguenti valutazioni (valide per R• i < 10 7 ) per


254

il coefficiente ZocaZe di resistenza nella (10.6):

0,059
ea = (11.34)
( Re ) 1/ 5
.e.

e per il coefficiente gZobaZe nella (10.8), supponendo il moto tur


bolento sin dall'inizio della lastra:

O, 074
eR = (11.35)
( Re,e_) l/5

Dall'applicazione della legge logaritmica si ottiene invece


l'espressione per 11 coefficiente locale e :
a

/ ,
che deve essere adattata ai valori sperimentali. Th. VON KARMAN pr2_
pose la forma seguente:

( 11 • 36)

In queste formule i l numero di Reynolds Re .e, è sempre misura-


to dal bordo iniziale della lastra, trascurando l'esistenza dello
strato limite laminare che si ha all'inizio; perciO esse valgono
per superficie molto estese, dove l'importanza di questo tratto!
niziale è trascurabile.
Altra formula analoga, in cui C3 è espl icito, è quella data
da F. SCHULTZ-GRUNOW (1940):

0,370 (11 • 3 7)
(l0?"10 Re .e_) 2, 58

Per il coefficiente globale di resistenza C R è particolarme~


te adatta, per la sua validità anche per Re molto elevati, la for
mula di R.E. SCHOENHERR (1932):

1 (11.38)
rc;
che considera sempre 11 moto turbolento a partire dal bordo ini-
ziale.
La Fig. 11.13 riporta graficamente i valori di C R tratti da
questa formula, assieme a quelli corrispondenti per lo strato li-
255

mite laminare (10.9).

IO
8 I
........
" r-- rtql11.38,

.
"- I',!'- --
...... t--,
3
f.Eq,f0.9
- ~

I--,~
I• [Eqlrl 3/N

--
2
r-1--,
~
i--
~
'"' 11:fl 107

Fig.11.13
1ò8 9
IOR=~
~ µ,/Q

QUando 11 tratto iniziale laminare non sia trascurabile, bi-


sogna considerarne la presenza fino alla sezione critica R.c· In
questo caso, per la resistenza globale CR, è stata proposta la foE
mula:
0,427
eR • (11.39)
(10910 R•g_ - 0,407) 2 • 64

dove la costante KA ' in dipendenza dal numero di Reynolds ( R• a,l e =


• ~ nella sezione critica, ha i valori guidi seguito forniti:
u/p
Tabella

( R•t>c 3 • 10 5 4 • 10 5 5 • 10 5 6 • 10 5 l • 10 6

KA 1060 1400 1740 2080 3340

Se , in luogo della lastra piana, si considera una parete CUE_


va, come quella diun corpo profilato immerso in una corrente, non
si ha piil ~ - O lungo la parete, ma valori 4.e. < O nella parte ante
d ai dx -
riore e !:!E.d > O in quella posteriore. Sela curvatura non è rilevan
X -
te, le formule per la parete piana sono applicabili anche a quel-
la curva; si sposta però la condizione critica di passaggio dal mo
d -
to laminare a quello turbolent~: per*< O, infatti, (R,t)c può
anche superare 10 6 • I cosiddetti profili alari laminari sono pro-
gettati in modo da sfruttare questa circostanza, spostando il pu~
to di distacco quasi alla coda del profilo. Peraltro, nei profili
con curvatura, il passaggio a turbOlento dello strato limite com-
porta minor tendenza alla separazione, e quindi si riduce a valle
la zona di scia vorticosa.
256

Per la valutazione dalla resistenza di parete di scafi dina


vi, di ali di aeroplani, di pale di turbine ed altro, la conside-
razione della parete scabra ha rilevante importanza. La dimensio-
ne ( trasversale) della scabrezza, che può essere equivalente ad~
na data scabrezza in sabbia es delle esperienze di Nikuradse, va
considerata in relazione allo spessore 6 b dello strato limite,
e tur
dunque con scabrezza relativa ~ . Nel moto lungo la lastra pi~
turb
na, che è il piQ semplice ed il piQ importante da considerare, il
e
r a p p o r t o ~ tende a d iminuire nel verso del moto, col progres-
turb
so dello spessore dello strato limite. Può avvenire pertanto che,
oltrepassata una certa lunghezza, il moto dello strato limite si
inverta da turbolento a laminare.
Assumendo la legge di distribuzione l o garitmica (11 .31), si
ottengono, secondo L . PRANDTL e H. SCHLICHTING (1934), i diagram-
mi dei coefficienti C della resistenza locale e CR di quella glQ
3
bale; quest'ultimo è riprod0tto nella Fig. 11.14 in funzione di
V I I
Re i ,
= .::....o..::..
1, 1 r
assunto come parametro il rapporto -
es
fra la lunghez-
za della piastra e la scabrezza (rapporto che è indipendente dal-
la velocità) . Nel diagramma sono pure tracciate le curve del rap-
t> e
porto ~
:, / p
= cost , il quale è invece indipendente dalla lunghezza
della lastra .

.,o3

,Js
1vT3
.5

0.003

0 .001 ' ---!2----!.--1----'=---!,---4--1,---4-+--2---1-+--2!c-------l.


1oS 106
2 5 ,01 5 ,oe 10 9
Re- voL
- µ/Q
Fig. 71. 14

A destra nella curva a tratto e punto la turbolenza è pienarne.!}


te sviluopata, cioè il coefficiente CR è indipendente dal numero di
Reyno lds , quindi dalla viscosità. In questo campo può anche assu-
257

mersi la formula:

eR ,
= ( 1,89+1,62log 10 _
.t )-25 (11. 40)
e8

con il campo di validità 10 2 < .t < 1 oG.


es
A titolo indicativo, per scafi nuovi di navi può assumersi~
na scabrezza equivalente e 5 = 0,3 mm; per i profili alari si han-
no valori da 0,003 a 0,2 mm.
Nel diagramma del la F ig. 11 . 14 si vede che l evar ie curve i / e s =
cast seguono la curva del la pu:i-ete Liscia ciascuna fino ad un d~
terminato R• i , per poi d !scostarsene per Re .t maggior i. Pertanto,
fino a che non si raggiungono questi valori, non ha pratico sign!
ficato l'eliminazione della scabrezza al fine di ridurre la resi-
stenza d i parete . Una formula approssimativa può v e nir desunta da
q u este valutazioni per stabilire la cosiddetta "scabrezza ammissi-
bile " e amm

e
31!11l
= 1 00 fil
tJO
( 1 1 .4 1 }

in te ndendosi che per e 5 ~ e amm non fa differenza, ai fini della


resistenza , che la parete sia liscia o scabra. Introducendo la lun
ghezza 9- della lastra , la precedente può scriversi anche nella for
ma:

= .i, 1 00 ( 11 . 41 ' )
e amm
Re ~

Si possono così valutare in funzione del numero di Reynolds ,


e cioè per i vari stati operativi, le scabrezze ammissibili dei v~
ri corpi mobili nell'acqua e nell'aria e dei loro modelli .

11.6. Turbolenza libera. Diffusione dei getti


Questa specie di turbolenza si differenzia da quella , g ià e -
sami na ta , di parete, in quanto essa non è occas ionata dall ' insta-
bilità del moto laminare dovuta alla presenza di una paret e , ma si
manifesta all'interno stesso del fluido per l ' instabilità del pr2
cesso di contatto di due correnti di diversa v e locità.
Ne sono esempi, come mostra la Fig. 11 .1 5: (a} , l'allargarne~
to del bordo libero d i un getto piano oltre l a parete; (b), l' u-
sc i ta d i un getto l ibero da u na fessura; (c), la scia a valle di
un corpo immerso in mov imento . Si tratta sempre di fenomeni che a v
258

vengono in presenza di fluido ambiente della stessa natura (acqua


nell'acqua, aria nell'aria).

a)

b)

cl

Fig 11.15

Se il numero di Reynolds è sufficientemente grande,il moto è


instabile ed ha luogo il mescolamento per turbolenza.
In certo modo i problemi della turbolenza lib era sono più f~
cili da trattarsi di quelli di parete, perché la viscosità è do-
vunque del tipo turbolento, mancando il sottostrato viscoso dove es
sa è di natura molecolare. Inoltre, se la diffusione ha luogo en-
tro vaste masse fluide, il processo può riguardarsi avvenire a pre2
sione uniforme, cioè il gradiente della pressione nella direzione
x del moto è nullo.
D'altra parte, anche in questi processi c_s>me in quelli di str~
av
to limite, è forte il gradiente trasversale ~ della componente
"y
della velocità (media locale) nella direzione x, mentre è piccola
la larghezza della zona di mescolamento in confronto alla lunghe~
259

za in cui il fenomeno si sviluppa.


Pertanto, si possono impiegare le equazioni di Navier-Stokes
nella forma data da Reynolds (11.10), portandole ad una forma an~
loga all'equazione di Prandtl per lo strato limite bidimensionale
( 1 O.1) , con la semplificazione ¾;
= O e assumendo il moto permane_!!
te.
L'equazione si scrive, mettendo in evidenza lo sforzo tange~
ziale -r:
dT
(11.42)
P ay

e va associata all'eqllazione di continuità (11 ,11) :

av
x +
__
ax o (11.42')

La circostanza sopra richiamata , per cui la viscosità di or!


gine molecolare è trascurabile, permette di utilizzare la predet-
ta equaz ione introducendovi il solo sforzo tangenziale prodotto
dalla turbolenza, che potrà essere valutato assumendo ipotesi se-
miempir ic he.
Nell ' integrazione dell 'indicato sistema si possono anzitutto
utilizzare delle semplificazioni di base. Nel caso di un getto pi!:!_
no , a seguito del mescolamento turbolento col fluido ambiente , s i
osserva che la larghezza b (x) del getto cresce proporzionalmente
alla distanza x:
( 11 . 43)

perché sempre nuova quantità di fluido ambiente viene con esso tra
scinata.
Analogamente, per il g et t o a i l i nd ri ao di diametro d (x), siha:

(11.43')

Come mostra la Fig. 11.15 b), l'apporto dall'ambiente ester-


no (se esso non è delimitato) avviene in direzione normale al ge!
to fino a qualche distanza da esso. Questo apporto accresce la po!_
tata del getto che si diffonde.
Inoltre, potendosi riguardare p (x) = costante, la quantità di
moto nelle sezioni trasversa l i al getto piano dovrà essereindipe_!!
dente da x:
260

cost (x) (11 . 44)

Si ùllllTlette poi che i successivi profili trasversali della v~


locità vx(x, y) siano tra loro affini , il che significa che qual-
siasi di essi può farsi coincidere con ciascuno degli altri, ove
siano resi adimensionali con l'introduzione di opportune scale di
riduzione per vX
e v •
y
Posto allora

v
x
= v% max (x) f(, ll
b )

dove vXmax (x) è la velocità massima nella sezione avente ascissa


x, potrà scriversi, con k = costante:

e, per le (11.43) (11.44):

vxmax "' -.r; ( 11 • 4 5)

Nel caso del getto citindrico , risulta invece:

(11.45')

Analoghe valutazioni possono farsi nel caso della scia vorti


cosa (Fig. 11 . 15 c)).
Per lo studio della diffusione dei getti uscenti con veloci-
tà Vx 0 trasversalmente uniforme da una luce di larghe zza b O (se
piani) o di diametro da (se c iZindrici), occorre considerare che
la diffusione si manifesta, approssimativamente, in una regio ne d~
limitata, come nella sezione di Fig. 11.16, da due linee rette
(tratteggiate) che si dipartono dal bordo della luce, piegando r!
spettivamente verso l'asse e verso l'esterno. Le prime isolano un
cuneo o cono centrale, òove il moto irrotazionale di velocità vxo
supposto esistente allo sbocco si prolunga indisturbato fino alla
distanza xo . Superata questa zona, il processo di diffusione si e
stende fino all'asse, ed interessa esternamente una regione sem-
pre piQ anpia del campo fluido. Nella figura le linee esterne a
tratto continuo rappresentano i confini òel getto, dove cioè la ve
261

zona di avviamento

)C . .

Xo

)C

Fig . 11 . 16

locità v x scende ad una frazione assai piccola della velocità al


centro. Mentre la zona fi no ad zo è una zona di avviamento , quella
successiva corrisponde al moto turbolento pienamente sviiuppato .
Qui la velocità Vxmax sull 'a sse si r iduce progressivamente rispet-
to al valore
o
vx ,
ed 1 profili si dilatano e si appiattiscono.
La teoria dei fenomeni di turbolenza libera trova una partic2
lare facilitazione da un 'ipotesi di L. PRANDTL (1942),secondo la qu~
le, nella formula (11.18), si pone la fluttuazione trasversale v '
y
proporzionale alla massima differenza delle velocità longitudinali
Vxmax - nella sezione , e la lunghezza di mescolamento propor
Vx min
zionale, nel caso piano, alla larghezza b del getto . Si scrive per
tanto:

- vxm1n. l ( 11. 46)

La (11.16), che per la (11.46) diviene:

T = ok ' b ( V ,c (11 . 47)


·-max

permette quindi di introdurre nell'equazione (11.42), tenendo con-


to che v X = V
max xo e V X • " O, il termine
nnn

nella forma

Analoghe considerazioni valgono pel ge t to cilindrico , con pr_2


porzionalità al diametro d . Per esso, dalla formula corrispondente
alla (11.46), risulta la proprietà che
262

E= k~d v
xo = cost (11.48)

per esse r e V x ' , ....~-l ed "- X .


O
La soluzione per la distribuzione delle velocità nel getto ci
lindrico (J.O. HINZE, 1949) lungo il raggio r:

V
X (11 • 4 9)
vx \1 + Vx max r2]2
max L 8 cx
dove la distanza longitudinale x è misurata dall'origine dei profi
li simili, posta alla distanza 0,6 d 0 (Fig. 11.18) dall'uscita del
getto, collima bene coi risultati sperimentali (H. REICHARDT, 1942,
Fig. 11.17) quando per e si ponga:

( 11 • SO)

Si ha allora:
1)
__x_ 1
( 11 . 51)
v x max

mentre la variazione longitudinale della velocit~ assiale diviene:

V x max
= 6,4 (11.52)
1) X
xo
Dalla (1 1.52 ) risulta c he il getto è pienamente sviluppato per
x = 6, 4 d 0 , quindi ad una dl
stanza dal la l uce (distan-
z a di avviamento) x o=(0 ,6+
+ 6,4) do= 7,0 d 0 •
Dal confronto fra le
(11.50) (11.52) discende il
0.2l----4- - --1---1- -l--+-P-1~,---+-----l
valore costante della visc2
sità cinematica turbolenta: 00 0.04 0.08 0.12 f/X 0 ,16

E = 0,013 d a'vx o ( 11 • 52 I) Fig. 11.17

che si può perciò apprezzare numericamente, anche in confronto ai


valori de lla viscosit~ molecolare propria del flu ido.
263 .

Quanto all ' angolo di diffusione del getto , esso può ricavarsi
ottenendo dalla ( 1 1 . 51) la linea retta lungo cui la velocit~ nella
sezione assume una determinata riduzione rispetto al va l ore assia-
le Vx max.
Ad esempio, a vx/vx max = 0,5 corrisponde un angolo al centro
di 5° per il getto circolare (mentre è di 6,5° per quello piano).
Naturalmente non si può parlare di confini ben precisi , ma, dato il
carattere turbolento e quindi pulsante del moto, di valori medi in
senso statistico. H. ROUSE ( 19 48) indica come "confine nominale del
getto" circolare la linea di apertura 1 : 5. Ad essa, secondo la
( 11.51) corrisponderebbe una riduzione~= 0,08 (Fig. 11.18).
iixmax

7.0do

doI-

2
r
~ 4

6
o 2 4 6 8 ,o 12 ,. 18

Ftg. 11 . 18

Infine, si possono ricavare i valori della portata trascinata


con sè dal getto, integrando i profili delle velocit~ nella zona di
turbolenza sviluppata; si ottiene la semplice relazione :

Q = 8 1TC X

con e dato dalla (11 .52') .


Poiché all ' uscita la portata del getto è

11d~
= -4- vxo

il valore del rapporto Q/Q 0 , crescente con la distanza x, è pari a


X
0,28 do
264

12. MOTO UNIFORME TURBOLENTO NEI TUBI E CANALI

12.1. Distribuzione radiale della velocità nei tubi cilindrici


I l moto di un fluido incom p r imibile nei tub i cilindrici com-
pletamente riemp1:ti (detto anche moto a preos i o ne) , che è perciò
uniforme se indipendente da l tempo, cioè a portata costa n te, si
presenta nelle condizioni più semplici per la valutazione della re
sistenza in regime turbolento, trattandosi di un moto dotato di Si!!!
metria assiale e che ha perciò, evidentenente, eguali caratteri
lungo ogni direzione radiale.
Il fenomeno dell'imbocco (di cu i abbiamo trattato per il mo-
to laminare nel § 10.4) ,mette in eviden za l a formazione lungo l ' i~
volucro (analogamente a quanto si osserva l ungo una lastra) di uno
strato limite anulare, c he è dapprima l aminare ma poi, crescendo
di spessore, diviene turbolento fino ad occupare l'intera sezione
del tubo.
Sulla lunghezza x d el tratto necessario affinché i l moto ac-
1
quisti il carattere turbolento, influiscono notevolmente, oltre
il numero di Reynolds ~iferito al· mo to uniforme avviato),la forma
dell'imbocco, il grado della turbolenza del fluido in precedenza
all'imbocco, la natura della parete del tubo. Le esperienze di J.
NIKURADSE 11 932-33}, peY tubi sia lisci sia scabri con imb o cc o ben
r accordato , danno per l a lunghezza x i il valore relativo xi/d ~ 40,
essendo d il dia metro del tubo. Successive esperienze concordano
su questo dato, a lmeno per q ua nto riguarda il valore della resi-
stenza di parete. Per tu b i con i mboccc a spigolo v ivo si presenta,
nel moto t urbolento , un fenomeno di separazione di corrente, di
cui viene trattato nel Capitolo 13.
La stessa genes i del fenomeno mos tra che, u na volta esaurito
il processo dj avviamento, s i ha nel tubo un moto dì str ato l imite
turh oZento ; per il quale dov r à ancora trovaJ'.'e applicazione una le~
ge di di stribuz ione logaritmica della velocità media puntuale v=
265

= vx nella dire z ione radiale (che corrisponde alla direzione


normale y del caso,già trat t ato,della las tra piana lambita da una
corrente para l lela) . A contatto con la parete del tubo, rimarrà a_!!
cora un sottile strato percorso dal fluido a moto laminare ( sott~
strato limite laminare).
Le misure sperimentali eseguite, in particolare quelle assai
accurate di J. NIJ<URADSE sopra richiamate, portano ad attribuire al
moto turbolento uniforme nei tubi gli stessi caratteri gi.~ messi
in evidenza per lo strato limite turbolento (non uniforme) lungo
una piastra, come espressi dalle (1 1 .27) (11.31) .
Per i tubi aiZindriai Zisai , l'equazione che meglio si adat-
ta ai valori sperimentali è la seguente:

v- u.y
2 5, 7 5 log 10 + 5,5 ( 1 2. 1)
u. V

(y e distanza dalla parete in direzione radiale), valida per tut-


to l'interno del tubo, salvo nel sottostrato limite laminare . Lo
spessore di quest ' ultimo può valutarsi in base al diagramma semi-
logaritmico della Fig. 1 2 .1, che riporta assieme alla (1 2.1) e a
35
/
30
v;
u.
25

20

15 o Re<2. 0 · 1o3
.. Re . 4 .0 . 103
10 • Re• 4.1 , ,oS

5
• Re:2.0 · 106

Fig 12. 1

numerosi punti sperimentali l'andamento lami nar e delle velocità


nel sottostrato limite, in base all ' equazione (11 . 21):

V V u .Y
X X
( 1 2. 2)
u. u. V
266

L'intersezione delle due curve (12.1) (12.2) avviene per


~~ ~ 11,6; poiché quivi y = 6', risulta uno spessore conven-
zionale 6' del sottostrato limite

é '=11,6 v 11,6 V
( 12. 3)

~ u,.

Se ipoteticamente si prolunga l 'andamento della (12.1) all'i~


terno del sottostrato limite,si
trova che la velocità si annul-
lerebbe (H. ROUSE, 1946) ad una
distanza dalla parete (Fig .12. 2)
pari a:

0 I
= 0,108 V
y' = ( 12. 4)

~
107
y
Misure di distribuzione del
l'energia mostrano che effetti-
vamente, a questa distanza dal-
la parete, la produzione di tur Fig. 122
bolenza raggiunge un massimo (J.
LAUFER, 1954 ) .
Anche per i tubi ci 'lindl"ici scab!"i valgono le analogie col mQ_
to turbolento di strato limite lungo la lastra . Pertanto, in base
alla scabl"ezza in sabb ia e 5 di Nikuradse, quando la sua sporgenza
è tale da rompere completamente il moto laminare accanto alla pa-
rete cosi da annullare l'esistenza del relativo sottostrato, vale
la relazione:
V
X
y
e 5 + 8,5
= 5,75 log 10 - (12. 5)
u.

che è rappresentata nella


Fig. 12.3 accanto ai pun-
ti sperimentali di Niku-
• valori sperim radse.
,0 1~ àa15 • 507
151------ --,b~~-----1-----=----=--------l Per questo caso, come
già mostrato dal Rouse per
il tubo liscio, si vede
che la distanza teorica
dalla parete 6' a cui la
5L------ -'----- ---+---------J
, ,o 100 y/es 1000 velocità turbolenta si an
nulla è legata alla dirne~
F;g.12.3
267

sione e 5 della scabrezza dalla relazione

e
s
y' ( 1 2. 6)
30

I limiti di applicazione delle formule (12 .1 ) per i tubi li-


sci e (12 . 5) per i tubi scabri possono porsi approssimativamente
nei seguenti valori (vedi anche§ 11 .4) :

U· e
tubo idraulicamente liscio o ~ ~ ~ 5
V

u. e s
tubo nel campo intermedio 5 ~ ~ 70 ( 12 . 7)
V

u•es
tubo completamente scabro 70 ~
V

Quest'ultima condizione, tenuto conto della (12 . 3) e della


( 1 2. 6) , è equivalente a porre e > 6 6 ' ; ge ne ra lme n te si pone e s >
5
> 1O 6 ' •
L ' esp ressione ge nerale , valida anche per il campo intermedio,
può essere data , in base ai valori sperimentali di J . NIKURADSE
(19 33 ), nella fo r ma:

1) y
_25. = 5 , 75 log IO e + 8 ( 1 2. 8)
u. s

d ove la funzione 8 è data dalla Fig . 1 2 . 4, ed ass ume il valore B =


= 5 , 5 + 5 ,7 5 log 10 ~
V
per il tubo liscio , ed il valore B = 8,5 per
il tubo scabro .
Si osservi che tutt e 11 .--..--,--rr--r--,-....,.--,-,--,---,--,--,--r--,
B
le formule di distribuzio 10

ne logaritmica così r ica- 9 f-:-.IS-'Yf-i~ ~\~..l!lf--


l'111
1., - ,.
+_..
- .-......~-i
vate, pur adattandosi in 8~ -ll'-+<>---+-+--l-1--1¼---+-+--+--+-+-+-l
modo assai soddisfacente
alle misure sper imentali,
presentano il difetto d i 10 100 u. es 1000
dare un valore finito del V
gradiente di velocità dJx
y
Fig. 12.4
per y = ~ 0 , cioè sull'as-
se del tubo, in luogo, come evidente, di un valore nullo. Questa
circostanza è di poco conto e si potrebbe ovviarvi con qualche cor
rezione delle formule stesse, che però le renderebbe i nutilmente
più complicate.
L'andamento della velocità lungo un d iametro nel moto tur bo-
268

lento (tubo liscio) ~ rappresentato nella Fig. 12.5 per due valo-
ri del numero di Reynolds,
e messo a confronto con que!_
lo del moto laminare, aveE.
te la stessa velocità media
V, definita dalla formula
(9. 23).
Si osserva l'andamen-
to motto più prossimo ad un
valore medio uniforme del-
Fig. 12. 5
la distribuzione turbolen-
ta, salvo nell'immediata v.!_
cinanza della parete; e ciò
in conseguenza del trasporto laterale di quantità di moto che è
proprio del fenomeno stesso della turbolenza.

12.2. Sforzi tangenziali


E' opportuno per le applicazioni valutare lo sforzo tangen-
ziale To alla parete in funzione della differenza òh* = 6 y + h)(e.
-~---
_ ---------~ ì~~-----
' della quota piezometr!
ca fra due sezioni del
tubo . Ciò può farsi,in
applicazione del teor~
nI h"2
ma della quantità di m2
to , considerando l 'equ_!
libr io delle forze in
X gioco in un tratto per
corso a moto uniforme
(fig . 12.6).
Si noti che, segueE_
Fig. 12.6
do la prassi consueta,
ed in variante al§ 9.3, viene indicata con t la coordinata corr!
spendente all'asse del tubo, inclinato dell'angolo a rispetto al-
l'orizzontale :x.
Siano p1, P i l e pressioni agenti nelle sezioni 1, 2, di area A,
tra lo-ro distanti t 1 , 2 • La differenza fra le rispettive forze age!!
ti nella direzione dell'asse del tubo (ed applicate nei rispetti-
vi centri di spinta) risulta:
l P1 - P 2) A ~ bp A

A queste forze si aggiunge la componente, nella direzione del


269

l'asse, del peso del volume fluido contenuto, pari a

yA 1 1 , 2 sina

e vi si oppone la forza dovuta allo sforzo tangenziale t


O
agente
lungo l'involucro, che vale:

essendo a il perimetro della sezione .


E pertanto, per essere nelle due sezioni uguali le velocità
e quindi le quantità di moto, ris ulta:

ApA + YA t I , 2 sin a - t O e t I , 2 0

Poiché

s ina = .2!:!....
t I ,2

dove t:.h-= h 1 - h 2 è la diff erenza di quota delle due sezioni consi


derate, risulta sostituendo e s e mplificando:

cioè, i nt roducendo la quota piezometrica h •:

òh • A
10 .. Y~ c ( 1 2 . 9)

Si noti che, qualora i l tubo s ia poco inclinato rispetto al-


l'orizzontale, la lunghezza l tende a confondersi con la sua pro-
iezione x (vedi anche§ 9,3):

dove i è l'inclinazione della li n ea piezometrica, detta anche c a-


dente piezometrica . In questo caso può scriversi:

(12.10)

re
da cui, essendo per i tubi di sezione circolare A =2
a

( 1 2 . 11 )
270

L'approssimazione indicata può farsi valere fino ad angoli di


inclinazione a= 10°: la differenza fra t 1 , 2 e x 1 , 2 è ancora inf~
riore all'H.
Se si ripetono le considerazioni precedenti applicandole ad
un volume fluido contenuto in un ci l indro di raggio generico r non
coincidente con il raggio Po del tubo, l'equilibrio delle forze r1;
chiede la presenza di uno sforzo tangenziale T lungo la superfi-
cie laterale di raggio r, analogo a quello T O che si manifesta lun
go l'involucro. In luogo della (12. 1 0) risulter~ pertanto:

cioè lo sforzo tangenziale è nullo sull 'asse del cil indro (r = O)


e cresce linearmente verso la parete fino al valore massimo Tn . Si
può scrivere,pertanto:

y \
To ) (12.12)

in cui y = (r 0 - r) è la d istanza dalla parete del tubo.


Lo sforzo tangenziale cosi valutato (Fiq. 12.7) è la somma
dello sforzo d'origine turbolenta e di quello d'origine viscosa
(§ 11.3). Nel moto laminare solo il secondo è presente, mentre
nel moto t u rbolento è predominante il primo, diventando la parte
viscosa (confinata nel sottostrato limite) sempremeno importante
coll'aumentare del numero di Reynolds.

laminare I
sforzo
rurbolento tangenziale
_ totale

Fig. 12. 7

12.3. Velocità media nei tubi. Resistenza al moto


Le espressioni (12.1) (12.5) della distribuzione della velo-
cit3 consentono di determinare la veZo~i t à media V nell'intera se
271

zione circolare attraverso la valutazione della portata Q. Suddi-


visa infatti l'area in elementi costituiti dalle corone circolari
di spessore infinitesimo dr (Fig. 12.7), posta ciascuna ad una di
stanza r dall'asse, la portata elementare che l'attraversa sarà:

dQ = Vx (r) 2 ,rr dr

essendo vx<r> data dalle distribuzioni predette. Posto r = r 0 - y


e quindi essendo dr= - dy, sostituendo ed integrando fra O ed r 0
si ottiene:
u0 r 0
Q nr ~ u 0 (5,75 10910
V
+ 1, 75) (tubo liscio)
l" o
Q = ,rr~ u . [5,75 logia - + 4,75 ) (tubo scabro)
es

Risulta quindi la velocità media V = _g__


nr~
V
- - ,. 5, 7 5 log 10
ff
\J--:
ra
po l"\)o + 1,75 (tubo liscio ) ( 1 2. 13)

V r o
= 5 , 7 5 log 10 + 4, 75 (tubo scabro.) ( 1 2 • 13 I)
{1: es

Se ora s i calcola la differenza (v - V) fra la velocità media


X
vx puntuale alla d i stanza y e la velocità media V nell'intera se-
zione, si ottiene, nei due casi di tubi liscio e scabro, la stes-
sa espressione:
V X - V y
5, 7 5 log IO + 3, 7 5 (12.14)
Ip~ ro

essendo, inoltre:

vx max - V
= 3,75 ( 12 .1 4 I)
~
Le (12.14) (12.14 ') stanno ad indicare, in armonia con quanto
espresso dalla legge del "difetto della velocità" (11.30), che, se
ci si riferisce alla velocità media v , la distribuzione delle ve-
locità nel moto turbolento ha la stessa forma per i tubi lisci e
scabri: tale forma, cioè, è indipendente da quello che accade vi-
cino alla parete.
Conviene ora esprimere lo sforzo tangenziale alla parete , 0 ,
272

e di conseguenza la velocità d'attrito u., in funzione della velo


cità media V, analogamente a quanto già indicato per lo sforzo tan
genziale nel moto parallelo ad una parete piana, dove il riferi-
mento era fatto alla velocità della corrente esterna v 0 • Si potrà
porre cioè:

( 12. 15)

dove il coefficiente i sta in luogo del coefficiente C 8 della for


mula (10.6). La (12.15) discende anche da considerazioni di omog~
neità dimensionale.
Sostituendo la (12.9), si ottiene (d = 2ro):

t.h · f v2
(12.16)
~ = J 2g

che può scriversi anche (t 1 , 2 = x 1 , 2 /cosa, Fig . 12.6):

= i = f _ _v_z__
(12.16')
d 2g cosa

Quando il tubo sia poco inclinato (cosa~ 1), si ottiene:

i = ~ ~; ( 12. 17)

che è la formula di Darcy-Weisbach, dal nome degli autori (vedi


più avanti) che ne idearono la struttura.
Il coefficiente f (talvolta indicato nella letterarura con À)
è detto numero di re s i s tenza ; come risulta da c o nsiderazioni di-
mensionali, esso è funzione, per un fluido incomprimibile, del nu
mero di Reynolds del tubo Re= p~d e della scabrezza relativa ed-
Ciò è confermato dagli esperimenti di NIKURADSE più volte citati,
che danno i valori del coefficiente f in funzione di Re riportati
in un grafico logaritmico (Fig. 12. 8) . Per va lor i costanti del ra.e
porto di scabrezza relativa~, i punti si dispongono lungo curve
es
che si dipartono "a ginocchio" da una curva a cui inizialmente si
sovrappongono, e che risulta essere rappresentativa del tubo "li-
scio". La figura, per la caratteristica forma, è stata da taluno
chiamata "arpa di Nikuradse" .
Interpretano bene questo andamento le seguenti espressioni
(dette fo rmu le di Prandtl-- vo n Karm a n ), che discendono dal sostituì
re { f a ~ nelle (12.13) (12.13') con qualche adattamento nume
rico:
27 3

0 . 10- -- - - - - -- - - - - - - . . . - -- - -- ,
t 0.09J.._...J..-L-------~-----+-- - - - ---1
0.08-l----l......i-- -- - - - 1 - - - - - -- + - - - - - - - i
O.OlJ.._-..$1.------ -+------------1--------1
o.06:~---fir-------1--___,,,,_____ ~ - ........- . -...

o. 051-- -----...-..-:..1f-.-..
-~C:::....~----C.:-l---- -- -~ . -...-!'11-....- ....- ....- ..-..,--:-~-~-À--t-,
o.04t---t--:r---.11~~~.,a...--~:l:;:;;:;:::~;;a~:;J

/03 10 4 ,os Re

FIQ.12.8

1
q - 2 10910 Re 11 - 0,8 (tubo lisc io) ( 12. 18)

1
lf - 2 109 10 ~ + 1, 7 4
es
(tubo scabro) ( 1 2 .18 I)

Il comportamento del t u bo iiscio risulta in particolare dal-


la Fi9. 12.8, dove accanto ai punti sperimentali è indicato l'an-
d amento della (12. 18), assieme a quello del moto laminare (fino a
R• = 2000 circa) e ad una zona di transizione. Fino ad R• = 1 os v~
le anche per il tubo liscio la pi~ semplice formula di H. BLASIUS
( 1 911) :

f = 0,3164 (12.19)
Re O , 2 5

Il moto laminare risulta dall'espressione :

f = H
Re
(12.20)

che si ottiene per confronto coll'espressione (12. 1 7) della formu


la di Poiseuille (9 . 23).
Come si vede, il coefficiente di resistenza f dipende solo
da l numero di Reynolds pei tubi lisci, mentre dipende solo dalla
s c abrezza relativa (cioè è del tutto indipendente dalla viscos i tà)
pei tubi scabri; e questo fatto caratteriz z a i n modo netto la di-
stinzione fra le due condizioni idrauliche del movimento .
274

C'è tuttavia da osservare che uno stesso tubo puO essere coE
siderato scabro o liscio, a seconda della portata convogliata. In
effetti, la qualifica di tubo scabro dipende dallo spessore e 8 de,!
le asperità in sabbia, in confronto con lo spessore 6' del sotto
strato limite viscoso:

6' =

fornito dalla (12.3).


Sostituendo in quest'ultima il valore di IT 0 /p espresso dalla
(12.15), si ottiene:

65, 6 ro (12.21)
Re /'f
2 r V
essendo sempre A• = =--..:..o.:.
V
Si conclude perciò che· lo spessore del sottostrato limi te vi
scoso, e quindi la qualifica di tubo liscio o scabro, dipende dal
numero di Reynolds. In altre parole, uno stesso tubo potrà compo!
tarsi come lisci? quando convogli una bassa portata ( Re piccolo,
cioè 6' grande), mentre si comporterà come scabro per portate su-
periori.
Dalle esperienze, e in particolare da quelle citate di NIKU-
RADSE, emerge che nel diagramma le rette rappresentative delle
(12 . 18') per i tubi scabri corrispondono all'~ffettiva realtà sp~
rimentale solo a partire da numeri di Reynolds tanto pia grandi
e
quanto pia piccola è la scabrezza relativa....!!. del tubo; mentre il
1' o
passaggio dal comportamento ftliscioft al comportamento "scabro" ay
viene attraverso una zona intermedia (il tratto di curva "a gino~
chio").
Questa zona intermedia, in cui tanto le asperità quanto la vi
scosità fanno sentire la loro influenza, è delimitata, come risul
es -
ta dalle (12.7) con la (12.3), da valori 0,45 < 6' < 6 del rappo!
to fra lo spessore delle asperità (grani di sabbia di Nikuradse) e
lo spessore del sottostrato viscoso.

12.4. Fonnulc per la resistenza al moto dei tui?i manufatti


Si deve osservare che la curva "a ginocchio" è bene evidente
solo per tubi resi scabri artificialmente, mentre pei tubi prodo!
ti industrialmente, nei quali la scabrezza non è distribuita uni-
formemente e con regolarità, la curva a ginocchio è meno accen-
275

tuata ed il passaggio da un regime all ' altro è piQ graduale .


Il passaggio fra comportamento "liscio" e coT!lportamento "sca
bro" per tali tubi è stato individuato da C.F . COLEBROOK e c. M.
WHITE (1939) con la seguente relazione semiempirica:

d
1
lf
- 2 log 10
d
e
1 , 1 4 - 2 log 10 ( 1 + 9,35 _L)
Re/f
( 12. 22)

od anche:

- 1 = - 2 log 10 ( e-
-- 2 52)
+ ~ (12.23)
/"f 3 , 71 d Ro / f

nota come formu 'La di Co 'l.ebrook-White. Questa formula dà al limi-


te, rispettivamente, la formula del tubo liscio (12.18) per e +0,e
la formula del tubo scabro ( 12 .18') per Ro-+ 00 •

Per questi tubi la misura e non puO essere che quella di una
"scabrezza equivalente", cioè definita dalla dimensione e 5 delgr~
nello di sabbia (usato nelle esperienze di Nikuradse) che dà luo-
go allo stesso coefficiente di resistenza in regime di tubo sca-
bro.
La rappresentazione grafica completa del coefficiente di re-
sistenza f in funzione del numero di Reynolds e della scabrezza
e
relativa cl , è stata data da L.F. MOODY (1944) conun diagramma 1~
garitmico assai noto (diagramma di Moody , Fig. 12.9), nel quale è
anche riportato l'andamento del coefficiente di resistenza f per
la zona di moto laminare ( Ro < 2000).
Per 2000 < R• < 4000, 11 comportamento non è ben definito a
causa delle continue oscillazioni che si possono avere fra moto 1~
minare e moto turbolento (zona criti ca). Nel grafico è poi messa
in evidenza la z o na di t r a nsizi o ne in cui si ha un comportamento
intermedio fra "tubo liscio" e "tubo scabro" (cioè in cui si sente
contemporaneamente sia l ' effetto della viscosità che della scabre!
za) e la zona di moto decisa me nte t urboZe nto (quella a destra de!
la linea tratteggiata), in cui il comportamento è esente dagli ef
fetti della viscosità, ma dipende solo dalla scabrezza rela tiva
e

A titolo informativo si forniscono nella Tabella 1 i valori
della scabrezza assoluta e per alcune categorie di tubi, desunti
da recenti risultanze sperimental i .
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...... 0.0000 1
' - 08
103 104 705 10
,,
Re : QVd
277

Tabella 1 - Scabrezze assolute per alcuni tipi di materiali

e (metri)
Vetro, ottone, rame, piombo, tubi trafilati 0,1 10-4

Tubi saldati senza sporgenze, am i anto-cemento 0,5 10-'+

Ghisa asfaltata 1,0 10-4

Ferro galvanizzato 1,5 10-'+

Ghisa 3 t s 10-'+

Calcestruzzo 5 + so 10-'+

Tubi chiodati 10 t 100 10-'+

La formula di Colebrook-White, e con essa il diagramma di Moody


permettono di valutare, con l'espressione di Darcy-Weisbach ( 12. 17) ,
la velocità media V (e quindi la portata Q) in un tubo di scabrez-
za nota, conosciuta che sia la cadente piezometrica i; ovvero di
calcolare la cadente necessaria a convogliare una data portata.
~entre il secondo problema può essere risolto direttamente, il pr1
mo deve essere risolto per tentativi (infatti, l ' incognito valore
della velocità media compare anche nel numero di Reynolds).
Vi sono altre espressioni, oltre a auella d i Da rcy-Weisbach,
che usualmente impiegate nel passato conservano tuttora validità
purché interpretate alla luce dell'impostazione teorica che abbia
mo svolta. Così è in particolare della formula:

V = C ( 1 2. 24)

(V in m/s, d in m, e in m1 12/s) che va sotto il nome di forrnùia di


Chéz y-Tadini, in cui il valore del coefficiente C (detto coef fi -
ciente di Ché zy) va ora razionalmente espresso in funzione del va
lore f, come risulta da un immediato confronto con la (12.17}:

e = y1/- (12.25}

Conviene notare che (a parte il fattore /ag), il coefficiente


di Chézy è direttamente (o implicitamente) fornito dalla formula
( 12 . 22). Esso è anche indicato assieme ad f come ordinata del dia
gramma di Moody (Fig. 12.9).
Dal punto di vista storico, A. CHÉZY fu il primo (1768) a for
mulare in termini validi una relazione,nel moto de ll 'acqua, fra u
na dimensione geometLica della sezione, la cadente piezometrica, e
la velocità media; egli la espresse dapprima per i canali, e l'aE
plicò in seguito ai tubi. Secondo Chézy, il coefficiente C doveva
avere un valore ben definito (che per altro egli non espresse)per
278

ogni condotto. Noi italiani associamo al nome di Chézy quello di


A. TADINI, per 11 fatto che questi (indipendentemente da Chézy )
propose nel 1830 una formula in cui il valore di e era indicato in
50; preceduto in questo, ma pure indipendentemente, da J.A. EYTE~
WEIN, che aveva fornito un valore pari a 50 , 9. Di fatto il fatto-
re C di Chézy varia (per il variare di f); ma: gli estremi della sua
variazione potendo a un dipresso riguardarsi compresi fra 20 e 100,
il valore indicato da questi autori è un valore centrale di questa
variazione.
Fra gli autori successivi che si occuparono del moto unifor-
me dell'acqua nei tubi, merita speciale menzione J. WEISBACH,a cui
si deve la prima formulazione {1845) della già nominata formula a
lui e a Darcy intitolata ( 12. 17) ; correttamente avendo egli espre,2
so che il coefficiente (poi indicato con f) doveva dipendere sia
dalla vel ocità, sia dal diametro e dalla natura della parete. In-
vece H.P.G. DARCY (1857) indicò per i tubi scabri l'espressione:

e"
= e'+
f
a
che già era stata formulata da G. R. DE PRONY (1804); il termine ·
e"
a, con c"diverso secondo la natura della parete, anticipa il coE_
cetto di scabrezza relativa che razionalmente ora viene indicato
come influente sul valore di f. Valori dei coefficientic'=0,00164
e c"=0,000042, con d in m, vennero dati da DARCY stesso per tubi
di ghisa nuova, incatramati; più tardi E. SCIMEMI (1925) forni v~
lori e'= 0,00128 e e"= 0,000038 per i tubi di amianto-cemento.
Del coefficiente Cdi Chézy, a seguito di un'espressionepiu!
tosto complicata d i E.O. GANGUILLET e W. R. I<UTTER (18 ,6 9) applica-
ta ai fiumi e a i canali, e tenendo in conto le indicazioni di DaE
cy sulla scabrezza relativa, H. BAZIN (1897) propose un'espressi2
ne (formula di Bazin) che ebbe notevole fama:

87
e "' (C in m1 / 2 /s 1 d in m) (12.26)
1 +

dove YB (indic e di scab rezza d i Bazin) varia in funzione della n~


tura del materiale, per i tubi tra 0,06 m1 / 2 (cemento lisciato, a
mianto-cemento) e 0,36 m1 1 2 (tubazioni in ghisa dopo lungo servi-
zio).
Analoga è la f ormuia d i Kut ter , dedotta come semplificazione
dell'espressione di Ganguillet e Kutter sop~a accennata:
279

100
e = (d in m) (12. 27)

dove per i tubi è appropriato un valore m di O., 175 ml /2 (ghisa nuo


k -
va, calcestruzzo ben lisciato), di 0,25 m1 /2 (grès in ottime con-
dizioni e con acqua limpida), di o, 35 m1 / 2 (grès in esercizio da
anni e con acque luride).
E' facile vedere come le formule empiriche sopra riportate,
da quella di Weisbach a quella di Kutter, indichino per i coeffi-
cienti f o e la dipendenza da un termine che, per avere il diame-
tro dal denominatore e un valore connesso con la natura della p~
rete al numeratore, può apparentarsi alla scabrezza relativa de! 1
la teoria razionale. Mancando però ogni influenza, in tali coeff!
cienti, della velocità media V, nonché della viscosità cinematica,
che unitamente al diametro qualificano 11 numero di Reynolds, es-
se formule possono trovare applicazione, con opportuna formulazi~
ne del termine che qualifica la scabrezza, solo nel campo di moto
che abbiamo definito di tubo scabro, a turbolenza pienamente svi-
luppata.
Per estendere l'applicazione di formule empiriche anche al
campo intermedio di dipendenza dal numero di Reynolds, un indiriz
zo successivamente seguito è stato quello delle for-mul.e monomi e,
del tipo:

(d .i n m, V in m/s) (12.28)

che rispetto alle precedenti hanno il vantaggio di far dipendere


1 .
la velocità media da una potenza a diversa da
2 della cadente 1-
cosl concedendo una possibile influenza (tramite la velocità) del
numero di Reynolds. Citiamo a questo proposito la formula di E. SCI
0 68
MEMI (1951) V= 158 (~ } ' i 0• 5 " per condotte di amianto-cement~,
4 d )o• 59
e quella dello stesso SCIMEMI e di A. VERONESE (1936) V=105 ( 4 ·
• i 015 5per condotte nuove di acciaio senza saldatura. Ma le appl!
cazioni sono valide solo per un CaJIIPO limitato di valori della ve
locità e del diametro, che occorre attentamente specificare.
Il filone delle formule monomie è ora abbandonato, anche per
la complicazione che nelle elaborazioni di cal?ol o comporta l'uso
di esponenti costituiti da numeri decimali non riconducibili a fr~
zioni semplici. Evita questo inconveniente una formula pure mono-
mia, che continua ad avere proprio per la sua semplicità vastiss!
mo impiego: essa è stata prima proposta per i canali da Ph.H. GAg
280

CKLER ( 18 68) e indipendentemente anche per i tubi da R. MANNING


(1889); ed è stata ripresa, alquanto pin tardi, da A. STRICKLER
(1923). In unità metriche la formula, che gli anglosassoni indie~
no come formu 1-a di Manning, e gli europei come formu 1-a di Strick 1-er
(o di Gauckl-er-Strickl-er) si scrive:

V=K
d )2 / 3 t-·1/2
- (d in m, V in m/s, K inml/3/s) (12.29)
s ( 4 s

e va perciò considerata un caso particolare di formula monomia,


2 1
con gli esponenti assai semplici a = 3 , B =
2 .
Confrontata con l'espressione di Chézy (12.24), risulta:

( 12. 30)

e perciò la formula di Strickler rientra nell'ambito di quelle fo!_


mule che mettono in conto solo l'effetto della scabrezza relativa,
e non possono perciò usarsi al di fuori del regime di tubo scabro
(turbolenza pienamente sviluppata) . Infatti essa potrebbe essere ra
zionalmente scritta nella forma:

C = cost ( ;d)l/6

se l 'indice di scabrezza K 5 dipendesse solo dalla scabrezza e; il


che con buona approssimazione risulta, come discende dal confron-
to con la formula razionale (12.18'), espresso nel diagramma log~
ritmico della Fig. 12.10, che ripor
d )1 / 6 d - 10"' ...----.--,----,,---,--,-.;--,
tari valori di K 8 ( 4 e di 2e =
= :...cl. , per cui le due formule danno d
e
lo stesso valore di V. La curva in 2e
fatti è approssimata da una retta
avente nel diagramma pendenza di
6 : 1.
Sono proprio la sua semplici-
tà, e l'adattabilità dei valori di
2
K alle diverse qualità della sca- 10 t -- - i --'h<--+---+-+-~
8
brezza di parete, che rendono la foE_
mula di Strickler di grande pregio,
,
ove la si applichi, per le ragioni
,/
,o ______.,______....._......_.,__..,
fin qui chiarite, ai condotti di
40 50 60
grande diametro, per i quali, nel
la Tabella 2, sono riportati i va- Fig, 12.10
lori consigliati di K 8 •
281

Tabella 2 - Valori consigliati del coefficiente di scabrezza K


s
per i tubi x .. (m 1l 3/s)
Grandi condotte con intonaco cementizio ~ccuratamente lisciato 100
Gallerie a rivestimento cementizio 1di accurata esecuzione
85 - 95
Condotte forzate in calcest,ruzzo armato non danneggiate
Gallerie a rivestimento cementizio di esecuzione poco accurata 70 - 80
Condotte metalliche saldate, manutenzione accurata 88 - 92
Condotte metalliche chiodate, a seconda de l la chiodatura e
sovrapposizioni e della manutenzione 60 - 85

12.S. U raggio idraulico e la forma della sezione


Consideriamo ora l'equilibrio delle forze in un tratto di CO,!!

dotto percorso a moto uniforme, non più di sezione circolare, ma


di forma qualunque.
Abbiamo già visto (§ 9.3.1 ) che nel moto iaminare la risolu-
zione delle equazioni di Navier-Stokes determina la distribuzione
interna delle velocità e quella degli sforzi tangenziali ro sul
contorno; il valore puntuale di To è legato a l gradiente~ della
- y
velocità vin direzione normale alla parete dalla relazione fond~
mentale (1.1) r 0 = µ (~~ )y=o·
La rilevante variazione di questo
gradiente lungo i l contorno si riflette in un'analoga variazione di
t o , come appare illustrato per alcuni casi tipici di sezione nel-
la Fig. 9.4.

Fig . 72 .11
282

Le accurate ricerche sperimentali di J. NIKURADSE (1930) peE


mettono di conoscere per le stesse sezioni l'andamento delle vel~
citA medie puntuali v nel moto turbolento; esse sono rappresenta-
te nella Fig . 12 . 11 mediante linee isotachie, sempre riferite al-
la velocitA massima v ma,c, in uno con l'andamento per la sezione
circolare a titolo di confronto. Si ripete per le sezioni non cir
colari la proprietà, giA osservata per quelle circolari, di una
assai maggiore uniformità dei valori delle velocità di moto tur-
bolento, con un significativo spostamento delle isotachie dal
centro verso le pareti. Le isotachie stesse tendono addirittura a
penetrare nelle angolosità del profilo, cosl significando che il
gradiente della velocitA a contatto della parete, nel sottostrato
limite viscoso, è anch'esso assai prossimo ad un valore uniforme
su tutto il contorno.
Nell'estendere al caso di sezioni non circolari la relazione
fra sforzi tangenziali alla parete, dimensione della sezione e dif
ferenza di quote piezometriche per unità di lunghezza, già trovata
per le sezioni circolari nel § 12. 2, si dovrà comunque introdur:-
re il valore medio , 0 dello sforzo tangenziale , 0 lungo il contor
no; risulta allora in luogo della (12.9):

t,h• A
• o= v - - (12.31)
1 I, 2 e

Si introduce qui, a caratterizzare la geometria della sezio-


ne, il rapporto:
A
rH = (12. 32)

fra l'area A ed il contorno e, che è detto raggi o medio o raggi o


idrau Zie o della sezione, e che, come si è visto, vale r O per la
sezione circolare . T
Proprio la circostanza della rilevante uniformità degli sfor
zi tangenziali al contorno autorizza a ritenere, almeno per sezi~
ni che non si discostino troppo dalle proporzioni di una sezione
circolare, che le formule di resistenza al moto, stabilite per la
sezione circol are, possano estendersi anche alle altre sezioni in
r
traducendo r H al posto di =-f ; con il che la for>mu Za di Darcy-WeiE.,
bach (12.17) si scrive:

i ( 12. 33)

e la f orm uia di Ch ézy- Tadin i (12.24):


283

V = C /rHi (12.34)

utilizzandosi per i coefficienti le stesse espressioni dedotte per


4V rH
le sezioni circolari, ove si ponga R• = -v-- per il numero di Rey
nolds,ed r
per il valore della scabrezza relativa.
l"H
Un tentativo di spiegazione del distinto andamento delle iso-
tachie di velocità relativa fra 11 moto laminare e quello turbo-
lento è stata fatta da L. PRANDTL ( 1 927) con l'ipotesi delle coz,-
l'enti secondaz,ie. Si tratta di una circolazione trasversale nel
piano della sezione, che determinerebbe 1 'estensione delle zone di
maggiore velocità verso le pareti e dentro gli angoli; per la se-
zione triangolare equilatera essa è rappresentata schematicamente
nella Fig. 12.12 a).

a} bi

Fig. 12.12

L'esistenza di questa circolazione è stata confermata da ac-


curate misure sperimentali anche recenti. La spiegazione della sua
origine è stata data dal PRANDTL stesso come conseguenza del fatto
che le fluttuazioni turbolente v~ della velocità in direzione ta~
gente ad una isotachia non si compensano nei loro effetti, come a~
viene nella sezione circolare, ma producono, a seguito della varia
zione della quantità di moto, una forza verso l'esterno nei trat-
ti a forte curvatura (Fig. 12.12 b)), che è normale all'isotachia
stessa, qualunque sia il verso della fluttuazione. Questa forza
tende a produrre un moto secondario attraverso le varie isotachie
verso gli angoli, che dovrà essere accompagnato da un equivalente
moto verso l'interno nelle zone di minor curvatura.

12.6. .Distribuzione degli sforzi e delle velocità nei canali a moto uniforme
Un caso molto importante di sezione non simmetrica si prese~
ta nei canali a pelo libero percorsi a moto uniforme.
284

E' da precisare anzitutto che l'uniformità del moto richiede,


come nei tubi, che la sezione sia costante; ma a differenza da qu~
sti occorre non solo che il canale sia prismatico (cioè configur~
to geometricamente da una generatrice rettilinea che si appoggia
ad una prestabilita direttrice), ma anche mantenga il pelo libero
alla stessa distanza dal fondo.
La linea piezometrica (Fig. 12.13) coincide col pel o libero ,
...
-- e la distribuzione delle pressioni
è praticamente idrostatica lungo la
verticale. Di conseguenza la quota
p
piezometrica rispetto al fondo è d~
ta, per ogni punto P, dall' altezza
del pelo libero sul fondo nella ri-
a
spettiva verticale.
Fig.12 . 13 La proprietà vale per canali po-
co inclinati; in realtà la distrib~
zione delle pressioni è idrostatica non lungo la verticale, ma luE_
go la normale al fondo. La differenza praticamente non si avverte
fino ad angoli a di inclinazione del fondo di 25°, cui corrispon-
de una pendenza i f = 0,2 circa.
Anche nei canali si introduce il raggio idrau tico r 8 sulla b~
se di una considerazione di equilibrio delle forze analoga a quel
la studiata per i tubi non circolari. Si potrà ancora considerare
uno sforzo tangenziale medio sul contorno, che però deve intender
si limitato al solo contorno bagnato; infatti, pur essendo preseE_
te uno sforzo tangenziale di resistenza nel moto relativo fra il
pelo libero e l'aria, l a relativa e ntità è da riguardarsi trascu-
rabile. Nell'equilibrio interviene allora· come forza attiva la com
ponente del peso nella direzione del moto (Fig. 12.14):

I
I
I

I
I ~
a
r l1,2
·I
Fig. 12. 14
285

e come forza resistente quella dovuta allo sforzo medio ~o sulco~


torno bagnato e:

da cui:
To = yr 8 sina (12. 35)

A
essendo l' H = e
Qualora l'inclinazione sia piccola:

sina "'tga = if

e pertanto:
(12. 36)

essendo if l'inclinazione del fondo (e del pelo libero).


Di particolare interesse è il caso della sezione rettangola-
re infinitamente larga, che corrisponde al moto di una corrente b:f
dimensionale. Detta b la larghezza ed y 0 la profondità della cor-
rente in una sezione rettangolare, il relativo raggio idraulico V!_
le:
Yo
=
b + 2Yo 1+2 ~b

per b +®si ha quindi:

(12. 37)

cioè il raggio idraulico può porsi pari alla profondità della coE
rente . Con sufficiente approssimazione si può localmente asswnere
tale valore per sezioni molto larghe rispetto alla profondità, a~
che se di forma non regolare.
La distribuzione della velocità nelle sezioni dei canali di-
pende dalle stesse modalità del trasporto trasversale turbolento
messe in luce per i tubi circolari; tuttavia la particolarità de!
la forma (rettangolare, tI"apezia, parabolica, ... ) non consente di
stabilire leggi ben definite. Verosimilmente varrà ancora, per o-
gni punto interno, una dipendenza logaritmica della velocità dal-
la distanza di esso punto lungo una normale alla parete, ma con c2,
stanti nelle formule che non saranno le stesse lungo le varie noE
mali, e con un termine (G.H. KEULEGAN, 1938) che possa tenere in
conto l'effetto della superficie libera.
286

La Fig. 12.15 riporta {da esperienze di H. BAZIN, 1865 e di


J. NIKURADSE, 1930) la distribuzione delle isotachie in canali di
grandi dimensioni e in una canaletta rettangolare di laboratorio.

o,,,..

Fig. 12. 75

Anche nei canali sono da ipotizzarsi correnti secondarie per


giustificare 11 particolare andamento delle isotachie. Ad esse se~
bra doversi ricondurre 1 'abbassamento al disotto del pelo libero
del punto di massima velocità vmax , che si riscontra generalmente
nei canali; ne deriva la tendenza dei galleggianti a spostarsi da.!_
le pareti verso la mezzeria della sezione .
Importante anche dal punto di vista pratico è 11 caso della
sezione rettangolare infinitamente larga, che ritrova le stesse CO.!}

dizioni di simmetria di una sezione circolare {cioè per un raggio


infinito), e quindi ammette la distribuzione logaritmica delle ve
locità data, in armonia con la {11.30), dalla:

-
V - V y
mal<
u.
= 5, 7 5 log -1..
y
( 12 . 38)

che si ricava dalle (12.1) (12 . 5) ipoti zzando però v max in super-
ficie, cio~ per y = Yo•
Si noti che già i l BAZIN, per sezioni rettangolari sufficien
temente larghe {almeno b = 5 y 0 ) aveva ricavato la legge di distri
buzione:

vmax - v
(12. 39)
lyoi f

che, tenendo conto che può porsi To lg'//oif ,si traduce nell' e-
spress ione (G.H. KEULEGAN, 1938):
287

v max - v = 6,3 (-Y_o _-_y ) 2


(12.40)
u• Yo
che non si discosta molto dalla (12.38). r-ooi:::==~o.nmts~5
Si ha anche, per la velocità media
vm nella mezzeria di canali molto larghi:

-v
max
- = -20 ,y
- V
m 3
, - .i._-
O f
(12.41)
1-~~~----d~~:: : :. .
Yo

che può anche scriversi:

V
max -

u.
V
m
= 2,13 . (12. 42)
{l::--.a··"_____ _
da confrontare con la (12.14') per i tubi. Fig.12 . 16
Supposte valide queste leggi, il punto in mezzeria in cui la
velocità v coincide col valore medio nell'intera verticale ri- vm
sulta ad un'altezza dal fondo pari a 0,42 I/o (circa 0,4 y 0 , cioè
vm : : Vo,4; Fig. 12.16).
Ne discende un'indicazione per una misura approssimativa di
vm e quindi della portata, che può essere migliorata assumendo la
media delle misure eseguite in due punti posti ad altezze dal fon
do 0,8 y 0 e 0,2 y 0 = Vo 8 ; (vm iTo,
2 ); e vi sono altre formul;
piO elaborate che si basano sulla media di 3 fino a 6 misurazioni.

12.7. Resistenza al moto nei canali


Come abbiamo detto, il moto da considerarsi nei canali è pr~
ticamente solo quello turbolento, soprattutto in considerazione
della dimensione della sezione e quindi dell'elevato valore del
raggio idraulico rH, per cui risulta largamente superato il limi-
te del moto laminare, che, posto;
p V4rH
Re = (12.43)
IJ

essendo V la velocità media nella sezione, corrisponde ad un valo


re critico del numero di Reynolds ( Rel e "-'2000 ¼ 2400 (analogo a que.!_
lo già indicato per i tubi).
Per canali rettangolari molto larghi, per cui la distribuzio
ne della velocità lungo normali al fondo corrisponde alla distri-
buzione radiale logaritmica nei tubi circolari, la valutazione de.!_
la velocità media fatta in analogia a quanto esposto nel § 12.3
conduce alle relazioni:
288

1 y V
l"f = 2 log }O ~ 11 - o 47 I ( 12. 44)

per fondo liscio;

1 Yo
7j = 2 log 10 -e + 2,11 (12.44')

per fondo di scabrezza e, che differiscono poco da quelle dei tu-


bi circolari (12.18) (12.18'). Esse si applicano alla fo-rmuia di
Da-ray-Weiabach (12.17), che ora si scrive:

sino ( 12. 45)

in considerazione delle deduzioni fatte nel § 12.6.


La stessa formula potrebbe applicarsi anche ad altre forme di
sezione, introducendo un coefficiente di forma op (E. MARCHI, 1961)
con cui il raggio idraulico ed il numero di Reynolds verrebbero mo
dificati, e cioè ponendo .pr in luogo di r
8 8
=
4
e ij>Re = pV~ -rH i~ f
luogo di Re nella formula di Colebrook-White valida per tubi cir-
colari (12.22), con i seguenti valori di ,P:

sezione semicircolare $ = 0,90


trapezia semiesagona tj, = 0,90 1, 00
trapezia larga $ 0,80
rettangolare (b 2y 0 ) op :, 0,95
2 .p = 0,90
rettangolare (ò = 3 Yo)

Per la sezione rettangolare molto larga si ha il valore op=


0,83, con il quale si ottengono praticamente le espressioni
(12.44) (12.44').
Numerosi autori, negli ultimi decenni, hanno cercato di for-
mulare su basi razionali il valore del coefficiente di scabrezza
f nei canali. Da un'attenta rassegna dei loro contributi, uno sp~
ciale comitato dell'"American Society of Civil Engineers" (ASCE)
concluse nel 1963 per una formula del tipo di quella di Colebrook-
White per i tubi (12.23):

1
/"j 2 log!O (-e- òn)
ar
H
+ Re, J
(12.46)

di cui solo il primo termine rimane valido per le pareti lisce, e


solo il secondo per quelle idraulicamente scabre.
I valori di a e b presentano variazio!'li importanti secondo gli
289

anzidetti autori, in base anche alla forma della sezione ed· alle
condizioni del moto: possono assumersi per a valori compresi fra
12,20 e 14,83, per b fra 2,52 e 3,86, essendo a= 14,83 e b = 2,52
i valori dati da Colebrook nella sua formula per i tubi circolari.
Rilevanti incertezze vi sono pure nell'attribuzione di correi
ti valori per la scabrezza e, per i quali poco dettaglio si conosce
per le pareti di natura assai varia dei canali e si deve ricorrere,
ove possibile, ai dati forniti per le pareti dei tubi (Tab. 1).
Proprio per queste ragioni di incertezza nell' applicazione
delle formule razionali conservano tuttora pregio, nei canali, le
forrnule empiriche, che compensano la relativa mancanza di rigore
forrnale con una pia ricca definizione dei coefficienti speriment~
11 adatti alle varie condizioni delle pareti.
Esse si applicano al caso di pareti idraulicamente scabre,
che anche in relazione agli elevati valori del numero di Reynolds
è prevalente nei canali, e consistono in una determinazione del c o
efficiente Cdi Ch~zy nella relativa formula (12.34):

v = e lrHif

che ha particolari vantaggi nel calcolo dei canali.


Tra le varie formulazioni proposte, meglio si prestano per ' le
pratiche applicazioni le seguenti, già esposte nel caso dei tubi:
la (cosiddetta 2a) formuZa di Bazin:

87
e = (12.47)
1 + .2.!...
rr;
la formuZa di Kutter semplificata:

100
e =
mK (rH in m, mK in ml/2) (12.48)
1 +-
/r
H
e soprattutto l'!. j"ormula di StrickZer:

e = K
s
:r 1 / 6
H (1' H in m, K in ml/3/s) (12.49)
s

Valori consigliati per i canali dei coefficienti di resisten


za y , mK e K , da applicare alle rispettive formule, sono forni-
8 5
ti nella Tabella 3.
290

Tabella 3 - Valori consigliati dei coefficienti di scabrezza


nei canali
Strickler Bazin Kutter
K
s
(ml/3/s)

Condotti chiusi, canalette


Materiali molto lisci (vetro, plastica,
metalli) 100 - 110
Cemento lisciato, cemento-amianto,
legno piallato 90 - 100 0,06 -0,10
Grès ceramico (fognature, condotti puliti) 100 0,20 0,25
(condotti incrostati) 0,30 0,35

Canali di struttura muraria o rivestiti


Intonaco cementizio regolare, mattoni
in vista 70 - 90 0,16 -
Asfalto 65 - 75 - 0,25
Intonaco grezzo, muratura ordinaria,
gunite 45 -60 0,36 0,35
Muratura di pietrame, intonaco alterato
e depositi 35 -60 0,46 -
Pietrame irregolare o a secco 30 -45 0,85 0,45
Muratura scadente, depositi di limo - 0,85 1,00

Canali in terreno naturale


Terra nuda regolare so - 60 0,36 -0,85 -
Terreno erboso regolare , lievi depo,iti 35 -55 1,00 -
Vegetazione limitata, ghiaia pulita 35 -45 1,30 -
Cattiva manutenzione (cespugli, terreno
scavato meccanicamente , roccia scavata) 20 -40 1,75 1 , 25
Folta vegetazione, stato di abbandono,
irregolarità di percorso 10 -20 2,30 1,75-2,50
291

Pur dando per scontata l'applicabilità delle formule del mo-


to uniforme pei tubi di sezione circolare anche ai canali di varia
sezione, in quanto le relative caratteristiche geometriche, indi-
pendentemente dalla forma, vengano qualificate dal solo raggio i-
draulico r 8 , l'applicazione delle formule in questione va fatta
con riguardi speciali quando le proporzioni della sezione siano
lontane da quelle della sezione circolare di riferimento. Sarebbe
ad esempio erroneo qu~
lificare solo sulla ba
se di rH la resistenza
idraulica di una sezi~
ne composita come que!
la della Fig.12.17,che
è propria per grandi c~
Fig.12 . 17

nali in terra e per s!


stemazioni fluviali, specialmente se l'altezza d'acquanelleespan
sioni laterali è piccola rispetto al tirante d'acqua nella cunet-
ta centrale. Per il suo calcolo l'applicazione della formula di
Chézy o simili va opportunamente fatta suddividendo la sezione in
parti, ricavando indipendentemente la portata per ciascuna d'esse
con un raggio idraulico valutato per ciascuna sulla base della r!
spettiva area e contorno bagnato, e sommando le portate (Q = Q 1 +
+ Q + Q ). La regola sarebbe pienamente giustificata se lungo
11 111
le linee di divisione fossero nulli gli sforzi tangenziali inter-
ni, e cioè scegliendo traiettorie ortogonali alle linee di uguale
velocità nella sezione. Generalmente, nel caso della figura, sia~
sume una divisione con linee verticali (tratteggiate) che, purco~
portando qualche errore, dà sempre risultati preferibili a quelli
dell'applicazione della formula col raggio idraulico valutato per
l'intera sezione.
Altra particolarità che talvolta si presenta è quella di un
canale di sezione compatta, il cui contorno bagnato sia costitui-
to da tratti di differente scabrezza. Per valutare (ad esempio i~
piegando la formula di Strickler) il coefficiente di resistenza
K8 m ragguagliato per l'intero contorno, si può tra l 'altro fare la
ipotesi (di A. EINSTEIN, 1934 ) che a ciascuno dei suddetti tratti
di lunghezza c. ( i = 1, 2, ... n ) competa la resistenza al moto di
l.
una porzione Ai dell'area liquida, tale che in ciascunadelle POE
zioni la velocità media V sia la stessa. Detto K 5 ; il coefficie!!.
te di resistenza per ciascuna porzione, sarà evidentemente:
292

(12. 50)

Dovendo d'altra parte valere la relazione:


n
A = i Ai= c1rH 1 + c2rH2 + ••• cnrHn

s i ricava con facili passaggi:

A 2/3
= (12.51)
___.Q.J,_ ~ + ~) 2/ 3
( x3/2 + x3/ 2 • • • x3/2
s1 s2 Bn

Ne segue pertanto il valore ragguagliato di K8 m nella formu-


la:
V
= K r2 / 3 (12.52)
sm H
l if

per l'intera sezione di contorno


e = Ec.:
1

e 2/3
(12.53)
K Sm =(xirc + _:..z_ ...!o,.)2/3
v3/ 2 + · • v3/2
Ks Ks2 Ksn
Il risultato è corretto se
nell'ipotetica suddivisione della sezione in n parti, comeesempl1
ficato nella Fig. 12.18, non si introducono, pur con la supposta
eguaglianza della velocità media V, sforzi tangenziali lungo le 11
nee di separazione in aggiunta a quelli agenti lungo il contorno .
293

APPENDICE AL CAPITOLO 12

MISURA DELLA PORTATA NEI TUBI E NEI CANALI CON IL RILIEVO


DELLE VELOCITA' NELLA SEZIONE

Nelle tubazioni di grande diametro (condotte forzate), e nel


le correnti a pelo libero naturali ed artificiali (canali), 11 m~
todo pi~ usato per ottenere i valori della portata che attraversa
una data sezione è basato sulla misura delle velocità :1n un nume-
ro conveniente di punti della stessa. Si tratta di un metodo "in-
diretto", in quanto basato, per la misura della portata, sulla m!
sura di un'altra grandezza, e cioè la velocità.
La valutazione della portata viene fatta in applicazione del
la relazione generale (3.9) con la formula:

Q = VA = L
vndA = i:AvnM (A.1)

e cioè applicando ad elementi finiti di area 6A la relazione ~Q =


= vn 6A per la portata che 11 attraversa ed estendendo all'area del
. -
l'intera sezione A = l:6A. Generalmente si considerano sezioni pi~
ne, prese normalmente all'asse della tubazione o del canale, per
le quali quindi il locale valore medio v della velocità coincide
con la componente normale ii' n. Se comunque la corrente si presenta~
se obliqua rispetto alla sezione, dovranno in ogni casomisurarsi,
od altrimenti computarsi, lecomponenti v 0
per ogni elemento della
area considerata .
La misura della velocità viene normalmente eseguita con lo
strumento detto muZineZZo idrometrico, qui di seguito descritto;
per il minore ingombro può venire impiegato nelle tubazioni anche
il tubo di Pi tot (§ 4.6), quando esse siano di piccolo diametro o
per esplorare punti in prossimità della parete.

A.1. Mulinello idrometrico


Questo strumento è sostanzialmente costituito da un supporto,
che regge anteriormente un'elica montata su un albero folle e che
contiene un meccanismo contagiri.
Il mulinello, fissato ad un'asta di sostegno (Fig. A.1 a)) o
agganciato ad una fune con timone e zavorra (Fig. A.1 b)), viene
immesso nella corrente, lasciando che l' elica ruoti liberamente
294

per azione del fluido circostante. Per mezzo di un cronometro vie


ne registrato 11 tempo t 0
impiegato dall' elica per
percorrere un certo nume-
ro di giri n 0 •
Il principio di fun-
zionamento dello strumen-
to, che è stato messo a PU!!,
to da R. WOLTMAN (1790), è
basato sulla proporzion~ a)
lita tra la velocità media
locale v del fluido e la
velocità di rotazione del
l 'elica, quando il suo a~
se coincide con la direzio
ne del moto.
Ammettendo il fluido
Fig A.1
perfetto, ed un'elica pe~
fettamente profilata con attriti meccanici, la relazione di pro-
porzionalità cercata sarebbe data da :

v = pn (A. 2)

ove p è il passo dell'elica ed n = n 0 /t 0 il numero di giri perco~


so nell'unità di tempo.
In realtà, gli attriti meccanici sull'albero di rotazione e
quelli idraulici sull'elica complicano il fenomeno e le teorie che
lo interpretano sono alquanto complesse, tali da richiedere comu~
que l 'ausilio dell'esperienza.
La più nota di queste teorie,
che si deve a L. A. OTT (1925),
v
dimostra che la relazione tra v
ed n è di tipo iperbolico. L'i-
perbole che si ottiene risulta
generalmente con i due rami mo!
to allarga ti, in modo tale da P.2.
ter essere rappresentata, con
buona approssimazione,da due re!
'arctg a, n te a.sinteticamente tangenti (Fig .
A.2), che danno le relazioni tJ
Fig A 2
piche tra ìì ed n per un mulinel
lo i drometrico:
295

per n < n
e
(A. 3)
per n > n
e

Le costanti che vi compaiono devono essere determinate per


via sperimentale, attraverso una taratura dello strumento. Il lo-
ro valore dipende dal tipo dell'elica, dalla forma del supporto e
dal tipo di dispositivo adottato per la registrazione del numero
dei giri dell'elica, oltre che dalle condizioni di manutenzione del
lo strumento.
Attualmente sono impiegati dispositivi di tipo meccanico o ma
gnetico. Nel tipo meccanico (Fig .A. 3) l'albero dell'elica presenta a.!_
l'estremità una vite senza f.ine, che trasmette il moto ad una ruota
dentata munita di eccentrico. Questo, per un determinato numero di
giri dell'elica (normalmente 1 O o 20 giri), chiude un circuito elet-
trico e manda all'esterno un impulso che può essere trasformato in
un segnale luminoso o sonoro, in modo da poter essere rilevato dal
l'operatore della misura.

Fig A. 3

Nel tipo magnetico, cne è il più moderno e che riduce note-


volmente gli attriti meccanici, sull'albero dell'elica è fissa
to un magnete permanente che ad ogni giro passa accanto ad un
avvolgimento, installato sul supporto, inducendovi una corrente e
lettrica, che viene trasmessa a distanza. Si noti che con questa
soluzione i segnali vengono inviati ad ogni giro dell'elica, anzi
ché ad ogni 10 o 20 giri come nel dispositivo meccanico; inquesto
caso, pertanto, i segnali sono così frequenti che devono essere re
gistrati da appositi apparecchi contatori.
La taratura del ll)Ulinello sarebbe preferibile venisse fat-
296

ta con lo strumento fermo, investito da una corrente di cui fosse


conosciuta perfettamente la velocità. PoichP. questa operazione si
presenta Molto complicata, si ricorre abitualmente alla tecnica OE
posta, e cioè si fa muovere con velocità costante e nota il mu-
linello in acqua ferma.
Per la pratica operazione si impiegano canalette rettilinee,
riempite d'acqua, lunghe da 50 a 250 m; le sponde portanodeller.Q
taie su cui scorre un carrello, al quale vengono sospesi i muline.!,
li da tarare, e che si muove a velocità costante durante ogni pro-
va. Le velocità di prova, per le migliori installazioni, vanno da
qualche cm/s fino a 10 m/s ed anche oltre.
La profondità Yo della canaletta è generalmente da 2, 00 a 4, 00
m; in relazione ad essa, viene consigliato di evitare che la vel.Q
cità v di taratura sia compresa fra 0,5 c 0. ed 1,5 c 0, dove c 0 =
= /gy 0 è la velocit~ relativa di propagazione di una perturbazio-
ne ondosa ( ~ 15 .4 ) sulla profondità Yo . L'onda dovuta allo spo-
stamento del mulinello e della relativa asta neaccompagnerebbe,i~
fatti, per tali velocità, il movimento, determinando un aumento
della sezione liquida che potrebbe falsare la misura.
Apparecchi registratori misurano il tempo impiegato dal car-
rello a percorrere a moto uniforme una data distanza, misurata con
la massima accuratezza, ed il numero dei giri percorsi dall'elica
nello stesso intervallo di tempo. Si deducono cosl per ogni prova
la velocità relativa tra acqua e mu l.inello ed il numero dei giri
dell'elica nell'unità di tempo: riportando in un diagramma carte-
siano i punti sperimentali, si ottengono le rette di taratura.
Per la precisione, in luogo di riportare i valori speriment~
li in prossimità delle rette che li regolarizzano, il che richie-
derebbe l'impiego di una scala troppo grande per le ordinate, si
preferisce riportare a parte questi valori come scarti t:iv = v - an
fra la velocità effettiva misurata e quella che risulta dai valo-
ri di una curva ausiliaria va= an, in cui il valore della costan
te a è intermedio fra quelli a 1 , a 2 delle rette di taratura prop~
ste (Fig. A. 4) .
Per le diverse esigenze pratiche, l a tecnica ha messo a pun-
to mo l tissimi tipi di mu l inelli; ~uello che si è maggiormente af-
fermato per le norma l i misure (OTT tipo V) ha eliche del diametro
d m= 0,12 m. Il campo di applicazione di questo tipo di strumento
con due eliche intercambiabili è per velocità variabili tra O, 05
m/s e 10,00 rn/s; in questo campo il mulinello, se in buone condi-
zioni e tarato da poco tempo, dà una· misura affetta da un errore
29 7

liv V
rrvs J
scarto diI ve/OC/la
I 1__
6v iJ
ns etto m /S
0.08 q
aJt eq. ausiliaria V= 247.'i mls s

0.04 I T
V -
~- - - 4
0.00
/.. ,..,<:,.<:,?~
,_f'/ I
-0.04 A~\
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-0.08 I 0.0'Z, 3
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1
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oP1/
,__ <J>L._
~
"' ._ - ~
-
,__ / 4-
....+-- - ~

I/
-- - o
o 2 4 6 B 10 12 14 16 18 n 20

F;g. A. 4

massimo dell'1 - 2%. Per le misure di laboratorio, esistono micro


muZineZZi d i minore ingombro e capaci di registrare ancora minori
velocità .
La mis ura della componente v n della velocit~ puèl ritenersi an
cora valida con le eliche normali, per una corrente in arrivo le~
germente obliqua, purché la deviazione nel punto di misura non su
peri 5°; entro questo limite lo scarto di precisione è ancora in-
feriore a± 1%. Oltre questa ~eviazione possono impiegarsi le co-

0.3

a 50• 40• ~· 20• 10° o· 10• 20• 30•40• so• a

f;g. A 5
298

siddette e Ziche au tocompo nenti, di cui per il mulinello Ott tipo


V esistono due tipi, che entro l'indicato scarto di precisione CO!!_
sentono il primo (A) obliquità fino a 45° con velocità massima di
2,5 m/s, il secondo lF) obliquità fino a 15° con velocità massima
di 5 m/s (Fig. A.5).

A.2. Misura della portata nelle condotte forziate


Le misure di portata nelle condotte forzate sono specialmen-
te importanti ai fini del collaudo del macchinario idraulico inse
rito O 14 . 5) .
Per avere una simmetrica distribuzione delle velocità nella
sezione di misura, che si approssimi a quella data dalle leggi 12
garitmiche (12.1 ) (12.5), è necessario che la sezione stessa sia
collocata a distanza dalle fonti di perturbazione (imbocchi, gom!
ti, valvole, variazioni di sezione, •.. ) da un minimo di 10 volte
il diametro d della condotta ad un massimo di 20 volte, a seconda
dell'intensità della perturbazione. E' consigliabile anche che la
sezione di misura preceda di almeno 5 volte il diametro di una sue
cessiva fonte di perturbazione.
Comunque, la misura per punti può farsi, con opportune caute
le, anche per d is s imme t ri che distribuzioni delle velocità.
Le norme ISO e quelle particolari d i varie nazioni consigli~
no il numero np dei punti di misura in funzione dell'area A della
sezione; le norme svizzere danno:

1 4 /'jf < n p < 2 5 /'jf (A. 4)

e quel l e tedesche:

(A.5)

A essendo espressa in m2 , con un minimo di np = 13.


I punti vanno opportunamente ripartiti su due diametri o rto-
gona l i, inclinati di 45° rispetto all'asse orizzontale nel piano
della sezione. La progressione è perciò di 4 in 4, a partire dal
valore minimo, che comprende anche il punto centrale.
Si possono usare c ro ciere fisse (per d > 1, 2 m) per il sup-
porto dei mulinell i , ottenendo una misura simultanea su tutta la
sezione (Fig. A.6), ovvero aste spostabili lungo i vari diametri
con il mulinello fissato all'estremità ( s is tema Dufour, con spe-
299

Fig. A . 6

ciali scatole di introduzione, Fig. A.7).

Fig. A.7

Nel caso di misure simuZtanee con crociera fissa, per tenere


in considerazione l'effetto delle inevitabili fluttuazioni della
velocità occorrerà sincerarsi che la durata di prova scelta per le
registrazioni di misura sia sufficientemente lunga . A titolo di
suggerimento, secondo la proposta di norme ISO, non dovrebbe ri-
sultare uno scarto di misura superiore allo 0,1% ripetendo la pr~
va con una durata di 30 s superiore a quella iniziale.
Se la misura non è simuZtanea, per verificare la permanenza
della corrente è consigliabile di effettuare, per tutto il corso
della prova, una misura continua della velocità in un punto di ri
ferimento. Se, in base a questa misura, non si riscontrano flut-
tuazioni troppo elevate, si possono correggere proporzionalmente
i valori delle velocità contemporaneamente registrati negli altri
punti.
Un elemento negativo a riguardo delle misure simultanee con
300

crociere fisse di mulinelli è dato dal restringimento per effetto


di ingombro della sezione, che determina un aumento dei valori mi
surati delle velocità. Le norme ISO consigliano una correzione di
questi valori quando l'ingombro è compreso fra il 2% ed il 6% de!
l'area della sezione; oltre questa percentuale la misura è sconsl
gli-ata.
La minima distanza dell'asse del mulinello dalla parete deve
essere di 0,75 dm' essendo dm il diametro d'ingombro del l 'elica;
la distanza fra gli ass i di due mulinelli dev'essere almeno di 1, 2
dD1.
Il diametro medio della condotta viene ottenuto da almeno 4
misure di diametri nella sezione presi ad angoli circa eguali.
Per la valutazione dèl.'/;a portata, il metodo di prevalente im
piego è quello grafico, valevole con una collocazione qualsiasi
dei punti di misura, anche con distribuzione non simmetrica delle
velocità.
Esso consiste nell'integrazione grafica dell'espressione:

Q (A.6)

dove v r sono i valori delle velocità normali alla distanza r dal-


l '.asse.
Per misure effettuate lungo due diametri ortogonali, conver-
rà suddividere l'operazione in quadranti, attribuendo a ciascuno
di essi un semidiametro, e sommando i risultati ottenuti. Si pos-
sono anche mediare le velocità corrispondenti misurate lungo i se
midiametri, e basare l'integrazione su questi valori medi.
Poiché

(A. 7)

due sono i metodi di procedere graficamente, e cioè (Fig . A.8):


a) portando su r come ascissa i prodotti ~rr;
b) portando su r 2 come ascissa i valori di vr.
La curva vrr(r), ovvero la curva vr(r 2 ),viene tracciata reg2
larizzando a sentimento i punti sperimentali .
Per il tratto prossimo alla parete, che non può essere espl2
rato col mulinello, si consiglia di calcolare la velocità v alla
distanza y = r 0 - r, partendo dall'ultimo valore ve misurato alla
distanza Ye = r 0 - i-e (f'ig. A.9), in base alla legge del.le potenze
301

v,r
v,

- - - --- '--'- - d ___,_-


_ _ _______

·it([ I I ~
-,2
I I I I]] ,2----
Rg . A.8

(A.8)

con valori dell'esponente 1/m compresi fra 1/7 (regime di tubo li


scio) e 1/1 O (regime di tubo scabro). ,___---- r.=d/2------1
Questa legge approssima con un'espre~
sione più compatta le leggi di distrl
buzione logaritmica (12.1 ) (12. 5 ) .
Poiché nel metodo a) si annulla
il prodotto Vrl' al centro, il metodo
b) è meglio applicabile se si dispone
della misura di velocità in questo pu~
to, che rappresenta un valido contro!
lo.
Per l'integrazione grafica della
(A. 6) conviene usare scale di dise- Fig. A.9

gno nè troppo grandi nè troppo piccole, affinché con l'uso del pl~
nimetro la misura dell'area si ottenga con la migliore precisione
possibile; si consiglia perciò di adottare diagrammi di dimensio-
ni comprese fra 1 00 x 200 mm 2 e 250 x 3 00 mrn 2 • Con l'uso dei mo-
derni planimetri gli scarti di precisione non superano 1'1%.
Pur con le insite cause di errore, il procedimento grafico,
se applicato con cura, è quello che offre la migliore precisione
di risultati partendo da una data distribuzione dei punti di mis~
ra. Nei casi importanti, può essere utile applicare entrambi i me
todi a) e b), giudicando l'operazione accettabile se i valori del
le portate non differiscono fra loro di più dell'1%.
Oltre al metodo grafico, sono stati proposti dei metodi pur~
302

mente numerici che si giovano di una preordinata posizione dei pu,!!


ti di misura delle velocità, affinché con semplici operazioni a-
ritmetiche se ne ricavi il valore della velocità media, e quindi
della portata. Essi sono applicabili anche se i punti di misura
no n corrispondono alle posizioni preordinate per ciascun metodo,
potendosi interpolare a sentimento fra i valori prossimi misurati.
Fra questi metodi numerici,quello tradizionale è il cosidde!
to metodo dèZZe aree, basato sulla suddivisione della sezione in
aree (corone circolari) eguali. I punti vanno presi, per ciascuna
corona, sulla circonferenza che la suddivide in due parti d' aree
eguali1 analogamente per l'area centrale, che è un cerchio.
La seguente Tabella dà le dista.nze y/d dalla parete, riferite
al diametro, a cui si devono effettuare le misure impiegando n p
= 6; 8; 10 punti per ciascuno dei due diametri.
Tabella 1
n
p
y/d

6 o,044 o, 146 0,296 - -


8 0,032 O, 105 0,1~4 0,324 -
10 0,026 0,082 o, 146 0,226 0,342

La media aritmetica delle velocità in questi punti fornisce


la velocità media per l'intera sezione, e quindi la portata.
Nel caso di distribuzioni decisamente asimmetriche, quali po~
sono presentarsi a valle di forti perturbazioni, può essere pref~
ribile ai metodi sopra esposti quello basato sul tracciamento,nel
piano della sezione, delle curve di eguale velocità (isotachie), su_!
la base dei valori ottenuti nei punti di misura . Questi ultimi d2
vranno essere opportunamente infittit i nelle zone in cui, da un '~
splorazione preliminare, si prevedono più intense levariazioni 12
cali delle velocità. Per l'applicazione pratica si rimanda a qua~
to verrà esposto in proposito per la misura della portata nei ca-
nali.

A. 3. Misura della portata nei canali


A differenza dai tubi di sezione circolare, nei quali,purché
il tratto rettilineo sia sufficientemente lungo, la simmetria com
porta eguale distribuzione delle velocità nelle direzioni radiali,
nei cana li la mancanza di tale proprietà implica, anche per sezi2
ni geometricamente ben definite (rettangolo, trapezio, segmentidi
cerchio o di parabola, ... ) leggi di distribuzione piìl complica'-
303

te, di cui non è stata data ancora una formulazione teorica sodd!
sfacente, tranne il caso delle sezio-
ni rettangolari molto larghe(§ 12,6).
Le norme di collaudo delle turbine,
nonché le norme ISO internazionali ,CO!!
sigliano, quando la sezione del cana-
le è regolare e pure regolare la di-
stribuzione delle velocità, di effet-
tuare le misure per punti lungo vert!
cali nelle sezioni, Nelle sezioni con

- Fig. A. 10
fondo orizzontale, ed in particolare
in quelle di forma rettangolare, le
misure possono farsi anche lungo ori!
zontali.
Le misure vengono fatte generalmen
te coi mulinelli; nel primo caso fissati ad un'asta che verrà im-
mersa verticalmente a partire dalla prima posizione, e quindi SPQ
stata lateralmente per coprire le altre posizioni (Fig. A.10) ,nel
secondo caso fissati su un telaio orizzontale spostabile vertica.!_
mente (F ig. A. 11 ) .

disp0si ti vo di
sotlevamenro

Fig . A.11

Le misure lungo le verticali vanno fatte, secondo le norme ISO,


su almeno 8 verticali, purché non risulti che la loro mutua distan
za sia minore del diametro d'ingombro dell'elica del mulinello. Se
la larghezza è inferiore a 8 diametri, si riduce il numero delle
verticali.
304

Le verticali vanno scelte in modo che ogni punto di misura con


trolli praticamente una striscia di eguale portata: altrettanto di
casi per la posizione lungo l a verticale dei punti di misura,che è
consigliabile non siano in numero inferiore a 5.
L'asse del mulinello deve essere situato a non meno di una vo,l
ta e mezzo il raggio dell'elica dalla superficie libera, ea non m~
no dì tre volte ìl diametro dell'elica dal fondo del canale.
Qualora l'andamento delle velocità sia irregolare, i l che po-
trà venire accertato mediante un'esplorazione preliminare, conver-
rà concentrare i punti di misura nelle zone di massima irregolari-
tà.
Viene suggerito che la distanza dei punti di misura sia scel
ta in modo che la differenza delle velocità di due punti adiacen-
ti non superi il 25% della misura maggiore. I punti estremi, ino!
tre, dovranno essere posti il più vicino possibile alla superfi-
cie libera ed al fondo.
Le misure di profondità della sezione vanno fatte normalmente
assieme alle misure di velocità.
Se la portata è variabile, si può tener conto delle sue vari~
zioni durante il periodo di misura non solo osservando i cambiamen
ti di livello, ma anche misurando contemporaneamente le velocità in
alcuni punti scelti convenientemente. I n questo modo, poiché la di
stribuzion~ delle velocità non è influenzata da piccole variazioni
della portata, si potranno rapportare tutte le misure a quelle nei
punti di riferimento.
Qualora, come generalmente è consigliato per sezioni regolari
e con rego lare distribuzione delle velocità, si effettuino le misu
re di velocità per punti disposti lungo tJerticali, la p ortata vie-
ne determinata con un'integrazione doppia lungo le due direzioni,
verticale y e orizzontale b, nell'area A della sezione, in base a!
la relazione, che discende dalla (A.1):

Q = tf V dA = Lf V dbdy = (
bo
db v dy (A. 9)

dove v è la componente normale della velocità.


I limiti dell'integrazione sono la profondità y 0 di ciascuna
verticale, e la larghezza b 0 de lla sezione l iquida in corrisponden-
za al pelo libero.
Si procede, praticamente, ad effettuare la prima integrazione
determinando la velocità media lungo ogni verticale:
305

V
y
Yo e' dy

con i metodi di integrazione Zungo Ze verticali, qui di seguito e-


(A .1 O)

sposti.

a. Metodo grafico. Analogamente a quanto esposto per i tubi, sir!


portano in un grafico le velocità misurate in funzione delle pro-
fondità, e planimetrando o con altro metodo si ricava la velocità
media V lungo la verticale (Fig. A.12).
y
La curva delle velocità può essere estrapolata dall' ultimo
punto di misura fino al fondo, calcolando le velocità in base ad
una relazione analoga alla (A. 8) per i tubi, tenendo conto che per
i canali l'esponente 1/m varia generalmente fra 1/5 (pareti sca-
bre e 1/7 (pareti lisce).

b. Metodi aritmetici. Per sezioni sufficientemente larghe, la mi-


sura della velocità media, rispondendo alle leggi di distribuzio-
ne date dalle (12.38) (12.40), può essere approssimativamente rie~
vata da misure eseguite in un numero limitato di punti lungo la veE_
ticale, come ind icato nel § 12.6.

c. Metodi di integrazione diretta. Vengono usati quando, in luogo


di diversi mulinelli fissati lungo un'asta, si impieghi un unico
mulinello spostabile a velocità costante in verticale, disponendo
all'uopo di apposito apparecchio (mulinello in t egratore).
Il mulinello viene montato su un'asta o su una fune (in que-
sto caso provvisto di alette di guida), e convenientemente zavor-
rato con dispositivo toccafondo; un argano conregolatoredella v~
locità di manovra consente di spostare il mulinello verticalmente.
Per il calcolo della velocità media verticale V y' detto t 0 il
tempo per lo spostamento completo dall'alto al basso e viceversa,
ed essendo no il numero totale dei giri effettivamente effettuati,
si determina il valore unitario dei giri
n
i"! ,
e lo si moltiplica
per il coefficiente a, aggiungendo la costante b dell'equazionedi
taratura.
Infatti, dalla formula che dà la velocità media lungo la ver
ticale (A.10), introducendovi la (A.3), e ponendo dy = ~ dt, si
ottiene:

Vy = 1o foto (an+b)-t
Y
Yo dt=a
0
f to ndt + b=a-+b
t'o
no
to
(A.11}
0
306

Il metodo si applica per profondità superiori a 1 m. La velo-


cità di spostamento verticale del mulinello non dev'essere supe-
riore al 5% della velocità media nella sezione e non deve supera-
re comunque 0,04 m/s. Si fanno due cicli completi in discesa e in
salita su ogni verticale, e si ripete la misura se i risultati dif
feriscono di pia del 10%.

Noti con questi metodi i valori V della velocità media lun-


y
go le verticali, si procede alla d eterminaz i one d e 'l la porta t a Q
ne'lZ'intera sezione, applicando ancora sia il metodo grafico, sia
metodi aritmetici.
a. Metodo grafiao. Il prodotto VyY o della velocità media per la
profondità di ciascuna verticale è riportato a partire dalla li-
nea del pelo libero, ed i punti estremi vengono collegati da una
curva continua, come mostra la Fig. A.12. L'area cosl racchiusa, e
che può essere determinata planimetrando, rappresenta, nella dovu
ta scala, la portata nella sezione.

/
3'.T ......., ---.._.,_.,,,.. r·-· --· 6'

''
/
/ V.,Yo dQ-=VyY0 db
'- '-.r ·-·--!
A'
1'
.?·

2 3 4 5 6
- ·--~.
(I
8'

Fig. A.12

Se durante il periodo della misura si ha una fluttuazione del


pelo libero, ma questa è inferiore a 0,05 m, si può basarsi per il
calcolo della portata sul suo valore medio. Altrimenti, suddivisa
la sezione in zone pertinenti a ciascu na verticale di misura (Fig.
A.13) conviene tracciare per ciascuna zona il pelo libero contem-
poraneo a l la misura, ottenendo per 1' intera sezione una linea a
scaletta. Se dalla rispettiva quota del pelo libero si riportano
le ordinate V y0, l'area compresa rappresenta la portata.
y
307

Fig. A.13

b. Metodi aritmetici. Se Vy1.. è la velocità media su una verticale,


e Vyi+l quella sulla prossima, aventi rispettivamente profondità
Yoi e Yoi+l• e poste alla distanza ,Hi, la portata Qi fra le due
sezioni viene valutata dalla:

(A.12)

La portata totale Q è la somma delle portate parziali cosi V.è.


lutate. Per i tratti compresi fra le verticali estreme e le pare-
ti, si può ancora impiegare la formula assumendo, alle pareti, v~
locità e profondità nulle.
Si può anche, per semplicità, ammettere una variazione linea
re di VY y 0 fra l'una e l'altra verticale.
La portata nella sezione può essere anche ottenuta partendo
dalle curve isotaohie; è questo un metodo particolarmente adatto a
quei casi, nei quali la distribuzione delle velocità nella sezio-
ne si presenta irregolare, con concentrazioni di portata in alcu-
ne zone anche per effetto di precedenti perturbazioni.
Si tracciano, in base ai punti di misura, le curve di eguale
velocità v (isotachie) nella sezione. A partire dalla velocità ma~
sima, le aree Av circoscritte dalle curve predette e dalla super-
ficie libera vengono planimetrate su un diagramma (Fig. A.14), in
cui le velocità v figurano come ordinate e le aree A corrisponden
V -
ti come ascisse. L 'area del diagramma corrisponde in scala alla
portata nella sezione.
Si potrà anche procedere analiticamente, note le aree racchi:!:!
se dalle isotachie, valutando il volume del solido di velocità per
l'intera sezione come somma di tronchi di piramide aventi per ba-
se due aree successive Avi' Avi +l' e considerando come altezza il
308

.v
fmts)
3.0
2.5
2 .0
1.5
1.0
0.5

o
o 200 400 800 1000 Av (~}

Fig . A.14

re l a t ivo scarto di velocità 6 V = vi+l - vi .

Q
(A . 13)
309

13. FENOMENI LOCALIZZATI NELLE CONDOTTE

13.1. Generalità sui fenomeni localizzati nelle condotte


Oltre alla perdita continua di energia dovuta all'attrito lun
go la parete, le condotte sono sedi di perdite di energia ZocaZi~
zate, per la presenza di imbocchi e sbocchi, di allargamenti e r~
stringimenti, di valvole e diaframmi, di biforcazioni, nonché di
gomiti e curve, quali schematicamente rappresentati nella Fig .13 .1.

allargamento brusco allargamento raccordato restringimento brusco

biforcazione curva saracinesca

-
Fig. 13 . 1

Nella determinazione del moto in corrispondenza a tali sing2


larità risulta fondamentale ~l comportamento dello strato limite
laminare a contatto con la parete, diffusamente illustrato nel Ca
pitolo 10. Abbiamo allora esaminato il caso particolare di un re-
stringimento raccordato (Fig. 10.11 a)). Poiché il moto si svolge
con progressivo aumento della velocità, e quindi con gradiente di
pressione negativo, lo strato laminare resta aderente alla parete
e tende a diminuire di spessore. In questo caso il campo di moto
310

all'interno del condotto può essere considerato irrotazionale, la


unica causa di perdita d'energia essendo dovuta alla resistenza di
attrito sulla parete. Nel caso, invece, di un allargamento (Fig.
10.11 b)), il moto è decelerato cosicché, se 11 gradiente di pre~
sione positivo è abbastanza accentuato, si determina il distacco
dello strato limite e la separazione della corrente dalla parete.
Come si è già detto nel Capitolo 1 O, la separazione d 1 corre~
te si determina tutte le volte che lungo un contorno si ha, dopo
un'accelerazione, un sensibile rallentamento locale della corren-
te e pertanto tutte le volte che la parete presenta una curvatura
accentuata o addirittura uno spigolo, come nei casi schematizzati
nella Fig. 13.1. S1 può, quindi, individuare la formazione di un
getto sommerso, alla cui espansione sono prevalentemente imputa-
bili le dissipazioni di energia. In questi casi è possibile ri-
condurre la trattazione del problema alla determinazione del get-
to stesso per la sua parte accelerativa, fino ad una sezione pro~
simamente di vena contratta, ed alla valutazione della perdita di
energia che si manifesta nell'espansione che ad essa fa seguito.
Il procedimento acquista significato pratico se si accetta
che il getto in accelerazione si comporti, pur in presenza del flu.!_
do circostante, e quindi sommerso, con le stesse modalità con cui
si svolgerebbe 11 corrispondente fenomeno di vena libera, per la
cui analisi valgono i metodi di indagine teorica esposti nel Cap.!_
tolo 6, che anche in quest'applicazione trovano pertanto un campo
fec:ondo di interessi. Il fluido ambiente influisce solo in cor
rispondenza al rallentamento del getto, dove si creano condizioni
favorevoli al mescolamento; fenomeno che nel caso di un ambiente
illimitato è stato esposto nel§ 11 .6.
Nell'ambiente confinato in cui, per 1 casi che qui ci intere~
sano, avviene l'espansione del getto, 11 fenomeno è peraltro diveE
so da quello dell'espansione in un ambiente illimitato, in quanto
la vicinanza della parete determina la formazione di zone di sep~
razione di corrente laterali al getto, che sono sede prevalente de_!
la dissipazione dell'energia. Sono proprio le proprietà delle zo-
ne di separazione quelle che consentono, attraverso considerazio-
ni piuttosto semplici, una valutazione globale della perdita di e
nergia, la quale si presenta in ottimo accordo coi risultati spe-
rimentali. Come si vedrà nel successivo§ 13.2, la valutazione coE
risponde a quella della perdita di carico nei bruschi allargamen-
ti di sezione dei condotti (dovuta al francese J. Ch. BORDA, 1766),
la quale costituisce uno dei piil brillanti risultati dell' idrauli-
311

ca tradizionale.
Le perdite d'energia dovute alle resistenze localizzate (mis!:!_
rate in termini di altezza), vengono solitamente espresse da rela
zioni del tipo:
y2
t,E = ç 2g ( 13 .1)

in cui V è la velocit~ media che si stabilisce in una sezione ca-


ratteristica, e ç un parametro che dipende essenzialmente dalla
configurazione geometrica. Negli allargamenti e nei restringimenti
bruschi, ad esempio, ç dipende, come vedremo, dal rapporto fra le
sezioni; negli allargamenti e restringimenti graduali dipende dal
rapporto fra le sezioni e dall'angolo di apertura; nei gomiti e
nelle curve, dal raggio di curvatura rispetto al diametro e dal-
1' angolo della deviazione.
Esistono tuttavia altri parametri che influenzano, in rnaggi2
re o minore misura a seconda dei casi, il valore di ç anche a pa-
rità di configurazione geometrica. In effetti, poiché si è detto
che le perdite di energia localizzate sono fondamentalmente lega-
te alla separazione della corrente, è ragionevole pensare che nel
fenomeno intervengano tutti quei parametri che controllano il com
portamento dello strato limite; e cioè, insieme alla forma dei con
torni, la scabrezza relativa della parete ed il rapporto fra le
forze d'inerzia e quelle viscose, qualificato dal numero di Rey-
nolds.
Quest'ultimo fattore è particolarmente importante in quanto
i fenomeni di separazione della corrente si manifestano quando nei
tamente prevalgono le forze d'inerzia su quelle viscose, e 11 mo-
to nel suo complesso ha decisi caratteri di turbolenza. Totalmen-
te differente è il meccanismo di un moto puramente viscoso attra-
verso le singolarità in esame, quale può presentarsi per velocità
assai modeste e per fluidi ad elevata viscosità. Un effetto può an
che risultare dalla comprimibilità del fluido, del che peraltro
non ci occupiamo in questo Capitolo.

13.2. Brusco allargamento (perdita di Borda)


Con riferimento alla Fig. 13.3, si consideri un condotto che
passi bruscamente, nel senso del moto, dalla sezione A 1 alla se-
zione A 2 • Nella zona a valle dell'allargamento, il moto si presen-
ta come illustrato nella Fig. 13. 2. Ci si propone di valutare la
perdita complessiva d'energia che ha luogo fra la sezione 1 di sboc
312

co e la sezione 2 dove il moto, esaurita l'espansione, r iacquista


carattere di moto uniforme a piena sezione.

µ;o~ ~
~ ~
A1 - A2 2.-

Fig.13 . 2

Conv1ene a questo punto porre mente all'importante proprietà


delle zone di separazione (§ 10.6) , secondo cui nelle sezioni tr~
sversali la pressione è pressoché costante e pari a quella dell'~
diacente fluido in movimento (vedi anche il successivo§ 13.3). Ciò
significa che, prescindendo dall'effetto d~l peso, seè p 1 la pre!
sione della corrente in arrivo nella sezione immediatamente a moQ
te dello sbocco, sarà ancora p 1 la pressi one sulle pareti vertic!
li ad esso adiacenti, in contatto con le zone di separazione.
1- - - - - ·
I
I 1----U
I I
I t-----
---------~
I
2 P2 ;y

- -4 A1

Fig 13 .3

Applicando il teorema della quantità di moto al volume del


fluido delimitato dal tratteggio, compreso fra le sezioni 1 e 2 so
pra indicate, e trascurando gli attriti sulle pareti, del resto mo.!_
to p iccoli su un tratto cosi breve, le sole forze agenti nel volu
me in questione lungo l'asse del condotto sono quelle di pressio-
ne sulle sezioni terminali (entrambe di area A 2 ). L' espressione
(7.19) del teorema della quantità di moto assume perciò la forma:

( 13. 2)

Alla relazione scritta si associa l 'equazione di continuità:

Q = V I A I = V 2A 2 ( 13. 3)
313

per cui la (13.2) diventa, semplificando:

(13. 4)

Tale differenza di pressione è quella leggibile su due piezometri


posti nelle sezioni 1 e 2 (Fig. 13.3).
Se non ci fosse perdita di energia, nella sezione 2 si tro-
verebbe una pressione (teorica) p 2 t maggiore di quella effettiva
p 2 , quale sarebbe fornita dall'applicazione del teorema di Bernou_!
11:

V~ - vf ( 13. 5)
P1- P2t = P 2

La perdita di pressione p2t - p 2 , che è pari alla perdita yt.E


d'energia, risulta:

( 13. 6)

Espressa in termini di altezza del fluido, la perdita di energia


è dunque:

= [C:) ( 13. 7)

per cui nella (13.1), con riferimento alla velocità v 1 :

( 13. 7')

B. DE SAINT-VENANT (fine del sec. XIX) aveva proposto una coE_


rezione per rendere l'espressione (13.7) più aderente ai risulta-
ti sperimentali conosciuti, con l'aqgiungere al secondo membro il
V2 -
termine½~ .sperimentatori più moderni hanno posto in . dubbio la
opportunità di tale correzione.
In ogni caso gli scostamenti (del resto non molto importanti)
dai risultati sperimentali vanno attribuiti sia alla distribuzio-
ne non perfettamente uniforme della pressione sulla parete della
sezione 1, sia alla non uniforme distribuzione della velocità al-
lo sbocco e nella sezione 2.
I predetti risultati sono applicabili per valori del numero di
314

V d
Reynolds Re= p .:....i..:.l. > 3500 (riferito alla velocità e al diametro
Il
del condotto prima dell'allargamento); per valori inferiori il re
gime non è turbolento, ma (per 10 < Re< 3500) laminare di trans!
A
zione, per cui r; dipende non solo da :..:..l , ma anche da Re . Per Re<
A2 26
< 10 la dipendenza è solo da R~ mediante la formula r; = (V.
Re
H• KAREV , 1 9 5 2) •

13.3. Allargamento graduale: diffusori


Se, invece di essere brusco, l'allargamento è graduale (Fig.
13.4), 11 distacco dello strato limite determina delle zone di se
parazione più ridotte e quindi una minore dissipazione d'energia.
Addirittura, se l'angolo di apertura del tuho divergente è infe-
riore a quello del cono di diffusione ( § 11. 6) , lo strato limite
resta aderente alla parete cosicché 1 'unica causa di perdita è que_!
la dovuta all'attrito sulla stessa, cosl come accade per i tubi di
sezione costante o convergenti.

Fig 73. 4

Il coefficiente di perdita di carico in un diffusore


oltreché dal semiangolo di ape_E
tura a, dal rapporto d'allarga
A -
mento :.:.i.A , dalla forma della se
1 -
zione e del profilo, dalle co~
dizioni di turbolenza e di di-
stribuzione della velocità d' in
gresso, dal numero di Reynolds
della corrente.
Per un condotto divergen-
te, conico o di sezione rettan ' ' -----'>----+--- ~ '_ ,.4
golare a generatrici rettili- ~ ~ 0.2
nee, in cui a non superi 3°,4°,
non si manifestano fenomeni di
1.0 L o.s .6 0.4 0.2 o
315

separazione. La distribuzione della velocità in un tale condotto


(a pareti piane) è più disuniforme di quella del condotto a sezio
ne costante, come mostra il grafico di Fig. 13.5 (da J . NIKURADSE,
1929), che riporta anche i valori, al contrario più uniformi, per
un condotto convergente (angoli negativi). Oltre al valore limite
a:ea0
_Li.o
Vma.-
a-s
- 0
.....
V
Yma-x
I.O

0.8
I
V
" I\.
.g_ I .O
Vmu
I
I'\.
'[ ,/
~.
\
I/ 0.8
0.8 " 7 \
7
O.ti
' 0.6 \ 0.6
\ I
IF

f7 7 r7
0 .4 ' 0.4 ,
0.4 I/ ì
0.2 l
0.,/

o
' I\
~
0.2

o
r7
,
I/

I"\
7
o I
·1.0 -0.6 -0.4 0.4 0.6 1.0 -1.0 -OP -Q2 0.2. 0.6 I.O [7

y y -02
b/2 b/2
-0.4
-7 \
\.
Fig. 13.6 0 y
- -~1.0 -0.6 - 0.2 0.2 0.6 I.O b/
2

di a sopra indicato, la distribuzione trasversale della velocità


non è più simmetrica rispetto all'asse; inizia per a = 5° (Fig.
13.6) una separazione con corrente di ritorno, che per a = 8° si
manifesta nettamente, con instabilità del fenomeno e conseguente
ondeggiamento del getto,dall'una all'altra parete. Con un grande
angolo di apertura, quest'alternanza dà luogo ad un flusso sogge~
to a forti oscillazioni (Fig. 13.4).

d,i2•v4'"
~ .L .:_
p,_
-- ....E: .·-P=P
. ~+4. p_L. x-- -.,-v.
f d2/2.=d1
0
lo F-...::,:::...__:r-;,=::,.,,,....,.:,.--n:4~~~---"r,:.--0;;...r--.,.o..,.s_
1

Fig. 13.7
316

Nella Fig. 13.7 sono messi a confrontogliandamenti delle v~


locitA e delle pressioni osservati sperimentalmente (M.C. CHATUR-
VEDI, 1963) per un allargamento conico da d 1 a d 2 = 2d 1 con semiang2_
li di apertura a= 15°, 30°, 45° e infine 90° (allargamento bru-
sco). Vi è anche indicato il profilo della superficie di separa-
zione, il cui termine si porta da una distanza di 3,3 d 1 dall'im-
bocco (per a= 15°) ad una di 4,6 d 1 (per a= 90°). Si osserva i l
valore pressoché costante della pressione nelle sezioni trasvers.è
li, in graduale recupero fino a distanze pari a (12, 16) d 1 .
La perdita di energia nel diffusore può teoricamente valutaE
si come somma di quella dovuta all'attrito tangenziale e di quel-
la dovuta alla separazione della corrente, cioè:

v2I v21
t.E = t.E + t.E = (,; + ,; ) = ,; ( 13. 8)
t a s a s 2g 2g

La prima può valutarsi come estensione al condotto divergen-


te (o convergente) della formuladiDarcy-Weisbach ( 12. 17) valida
per il tubo di diametro d costante.
Se si ammette che la stessa formula possa applicarsi per o-
gni elemento dt di diametro d = d 1 ± 21 sina (Fig. 13.8) con un V_è
lore f costante, si ottiene la perdita complessiva t.Ea' nel trat-
to da d 1 a d 2 , dalla:

dt ( 13. 9)
t.E =~
a
2g ~ 6 2 sina 9.) 5

--
Fig.13.8
Poiché:

di 1
= ; - - - - - - -- - - - + cost
± 2 sina 9.) 5 8 sina (d 1 ± 2 sina t) '+
317

fQ2 rv?
AE = !:
a
8g ~
6
2 sina (d\
+ d1~) =
8g 2 sina
[1 +(::) 4] ( 13 .1 O)

od anche:

AE
vt
a r;a 2g

con

c;a =
f

8 sina
[1 ;(:~)4] (13.11)

valendo il segno - per 11 condotto divergente, e il segno + per 11


condotto convergente.
Per la parte dovuta alla ,. I/
!.s l'o. O
separazione, dati sperimenta-
1.0
il"' Ì'
li di A. GIBSON ( 1 910), inte- il" ~o~
grati da I.E. IDEL'CIK (1948),
permettono di valutare r:; ne! o.s
~
1,,
~
I ç!
8 .!!,75
la (13.8) mediante 11 diagr~
' kb~
ma di Fig. 13.9. I/
0. 6 a<'s
Valori globali i; de l coe!, 17b lì'!:
..g.10
ficiente di perdita sono anche I
' ' per d~
forniti, di= 2 , ne 1 d ia-
.
0 ,4 . ~
111

gramma di Fig . 13.10 (M.C. e~ I=


111
~
TURVEDI, 1963).
0.2
111
Poich é la perdita di ene_!: , Q60
~ I
gia in un diff usore è l'effe! ~ ~ I
i - '~ I
to combinato del l a resistenza o
d'attrito e di quella dovuta ,o 2 3 4 5 10 20 30 50 70 900
a
a.separazione di corrente,pr~ Fig.13. 9
varrà evidentemente la prima
per piccoli angoli d' apertura, la seconda per angoli maggiori.
L'angolo a cui corrisponde la m~
no re perdita globale è circa a=
= 6° per un diffusore conico. Per
converso, le perdite in un alla!:
gamento aumentano con l'angolo a ,
f i no a superare, per a = 30°,40°,
quelle dovute alla perdita di BO,!:
0.3 L__L__ . j _ _..j....,
O --l--0,---4---- -' O
oo 15 0 300 45 60 75° a90 da per allargamento brusco. Di CO!!,
Fig .13 .10 seguenza, non vale la pena di rea
318

lizzare un divergente con angolo di semiapertura superiore a 30°


circa, in luogo di un allargamento brusco, a meno che le condizi~
nidi velocità all'ingresso non siano nettamente disùniformi.

a) b) e) d)

Fig 73. 11

Data l'importanza tecnica dei diffusori, conviene esaminare


con quali artifici è possibile migliorarne 11 rendimento. A que-
sto scopo, oltre ai provvedimenti intesi a favorire la permanenza
dello strato limite a contatto della parete, con l'aspirazione o
l'immissione in esso d'energia (§ 10.8), può essere utile, neidif
fusori a generatrici rettilinee, l'inserzione di profili diretto-
ri e di setti di separazione (Fig. 13 .11 a), b)). E' utile inoltre
seguire il concetto di rastremare la prima parte del diffusore per
poi aprirlo anche bruscamente (Fig. 13.11 c), d)); si ottiene in-
fatti che la perdita per allargamento brusco si manifesta a part!
re da una velocità già ridotta.

13.4. Efflusso rigurgitato


Abbiamo già trattato, nel Capitolo 6, il caso del!' efflusso
libero da una luce, ed in particolare ! 'efflusso da una luce con
getto simmetrico rispetto all'asse, come avviene quando l'effetto
del peso è trascurabile. Tale situazione si verifica quando il n~
mero di Froude del getto effluente è elevato, cioè per piccole d!
mensioni della luce ed elevate velocità di uscita; o per diffe-
renze modeste tra il peso specifico del fluido effluente e il pe-
so specifico del fluido entro cui il getto si scarica. Quest'ult!
mo caso si presenta in particolare per efflusso di un getto d'ac-
qua nell'acqua, o <'li un getto di gas nel!' atmosfera; e può chia-
marsi (nell'idraulica), di effiu sso rigurgitato; mentre viene in-
319

vece denominato eff2usso libero il fenomeno dello scarico di un


getto in un ambiente fluino praticamente senza peso (acqua nell'a
ria; vedi appunto il Cap. 6).
Come già r i cordato nel § 13.1, si può ammettere che nell'ef-
flusso rigurgitato (cioè in ambiente occupato dal fluido), il ge!
to uscito dalla luce si contragga all'incirca come se l'efflusso
fosse libero; si tratta, infatti, fino alla sezione di vena con-
tratta, di un fenomeno accelerativo, praticamente d i moto irrota-
zionale, che pertanto non subisce apprezzabili effetti dal fluido
circostante.
Si possono pertanto impiegare gli stessi mezzi di indagine
già usati per l'efflusso libero, applicando il principio di Ber-
noulli fra una sezione poco a monte della luce e la sezione div~
na contratta, con la necessità però di stabilire, nel caso dell'ef
flusso rigurgitato, la pressione della vena nella sezione contrat
ta, che nel caso dell'efflusso libero era la stessa pressione am-
biente.
Consideriamo il caso della b occa rigurgita ta rappresentato
nella Fig. 13.12, cioè dell'efflusso fra un livello h o a monte ed
un livello hv ~ ho - Ah a valle, entrambi sufficientemente eleva-
ti rispetto alla dimensione verticale della luce. La vena uscente,

- ,--====:;==-----J:1

-
v.-
--
-- --
-
Fig.1a.12

esaurito il fenomeno della contrazione, si espande con modalità~


naloghe a quelle di un getto in ambiente fluido illim;i.tato (§11.6),
cosicché ad una certa distanza dallo sbocco la corrente acquista ~
na distribuzione di moto uniforme sull'intera sezione con veloci-
tà V • L'espansione è accompagnata da una dissipazione di energia,
V
320

che con diversa intensitA si manifesta sull'intera lunghezza. Da


osservarsi l'abbassamentc di livello òhv allo sbocco, in consegue~
za della maggiore veloc±tA della vena uscente rispetto alla velo-
citA uniforme V.
V
Assimilando il fenomeno dissipativo ad una perdita di Borda
fra il livello a monte ed il livello a valle, si scrive:

(13.13)

cioè:
(V - V ) 2
e V
6h
2g

da cui, risolvendo

V e = Vv + yV~ - V~ + 2g òh (13.14)

si ottiene la portata:

in funzione del dislivello 6h e delle velocità di monte e di val-


le V0 e Vv' essendo At l'area della luce. Ovviamente la relazione
(13.14) può anche essere scritta sotto forma analoga alla (6.7),
eliminando le velocità v 0 e Vv in base all'equazione di continui-
tà. Per Cc va valutato il coefficiente di una vena libera nelle
corrispondenti condizioni geometriche di efflusso.
Si noti che, se le velocità di monte e di valle sono trascu-
rabili, Ve = ~ , cioè si ha nella vena contratta la velocità
torricelliana corrispondente al dislivello 6h.
In questo caso la perdita di energia risulta:

y2
= òh = 2ge (13.15)

ed equivale all'intera energia cinetica del getto nella sezione


contratta. Se poi il getto all'uscita non presentla contrazione,
per essere lo sbocco profilato, o addirittura si tratti dello sbo~
co rettilineo di un tubo, la perdita di energia è pari all'energia
cinetica all'uscita, relativa alla velocità V di sbocco, cioè da-
ta dalla formula:
321

• ;; y2
..... = t,h = a g ( 13 • 15 I)
2

in cui a rigore si è considerato il coefficiente di Coriolis (7 .13').


Per ridurre la perdita di sbocco di un tubo in un grande b~
cino, il tubo può essere provvisto all'uscita diundiffusore (Fig.
13.13 a)), che però è scarsamente efficiente per angoli di apert~
ra superiori a 30° circa. Tenuto conto dei risultati del § 13.3,

I
A7 A
I
v,,
-~

I
I
II

o) e)

Fig.13 .13

la perdita di energia d'un diffusore a tronco di cono può essere


fornita (I.E. lDEL'CIK, 1947) 1.
-
dai valori di 1; = (1 + o) t;c ~c
0.9
I\
nella (13.1), dove V è la ve 1
o.8
locit! nel tubo, essendo t;c I\\
,\\
espresso dal grafico di Fig. o.7
1\\1 I\ \
13.14, mentre o dipende dal- o.6 .\1~
,uù \ \ :( 1/
la maggiore o minore unifor-
mit! di distribuzione della
o.5
\ ,\
,, \
\ ~
'\:'-o-
~o
., /
/V.

¼1/2
Q.4
\ 1\1\~ /
velocit! al termine del dif ,I \I\\,~O '-., F

fusore, con i valori seguen- Q.3 - ~).,_\,ii'ò.S- . . .


~'!'cf "'-1....... .,.. ......
/ .

ti in funzione del rapporto


Q
-
'.2- _1.,<ro K:- •L ~

q_ -i:,-
fra la sua lunghezza .td e-a il
diametro del tubo d: o.1
o 2e0a
i:>° 4 e 12 16 20 24

Fig .13 14

Tabella 1
.td/d 1, O 2,0 4,0 6,0 1 O, O
-

- (J 0,45 0,40 0,30 0,20 o

Per aumentare l'efficienza di un diffusore di sbocco, per a~


goli di semiapertura elevati (a> 15°), conviene provvederlo di uno
schermo frontale, o di un nucleo centrale (Fig. 13.13 c)),nell'i~
322

tento di rendere piQ uniformi le velocità al l 'uscita . Associando


allo schermo un arrotondamento dei bordi d'uscita (Fig. 13.13b)),
con una distanza a dello schermo pari a (0,25 t 0,35) d , il coe!
ficiente ç di perdita di carico nella (13.1) si riduce a 0,25 t 0,3 5 .
Rientrano fra i fenomeni di efflusso rigurgitato anche quel-
li di att raversamento de l le gr i -
gZie. Si considerano in partico-
lare le griglie formate da barre
allungate nella d i rezione della
corrente, qual i si pongono attra
verso condotte per impedire il
passaggio di corpi estranei. Esse
Fig .13 . 15
.possono essere di varia sez i o ne
(Fig. 13.15), e inclinate,diun
diverso angolo o, sul piano orizzontale.
Il coefficiente ç di perdita di energia nella (13.1), essen-
do V la velocità d'arrivo, è dato, secondo O. KIRSHMER (1926) ,per
griglie di spessore d e di luce libera a, dalla formu l a:

d ) 4/ 3
ç = B ( a sino (13. 1 6)

dove il coeffic i ente s dipende dalla forma della sezione, come i n


dicato nella stessa Fig. 13.15. Il risultato vale per griglia pu-
lita; per griglia intasata la perdita di energia aumenta notevol-
mente.

13.S. Diaframmi, boccagli , venturimctti


Una particolare condizione di efflusso rigurgitato si ha per
la presenza, in una tubazione a pressione , di un d iaframma, che nel
caso piQ semplice è costituito da una luce simmetrica rispetto a.!_
l'asse, praticata in una piastra sottile ad esso normale (Fig. 13 .16).
Anche qui il getto che attraversa la l uce subisce un effetto di
contrazione, assumendo la velocità Vc,per poi espandersi con ca-
ratteristiche analoghe a quelle di un brusco aumento di sezione
(§ 13.2).
Se si conosce la pressione P c ne l la sezione di vena contrat-
ta, e si assume 6p = P o - pc, s i ha ancora i l risultato del § 6.2,
dato dalla (6.8'):

~ 12w = e
Q = 11<1"2
CQ - 4- V-;- 11dr2
Q - 4- 1 2g t:, h• ( 13. 17)
323

essendo òh" = 4f il dislivello piezometrico, dove peraltro il co-


efficiente di portata cQ dipende, oltre che dal rapporto d' /d fra
il diametro della luce
e quello del tubo , an- JE
che dal numero di Rey-
nolds della corrente e
dalla scabrezza relati P,/Y
va.
La dipendenza dal
numero di Reynolds Re=
=~
µ
(dove V è la ve-
locità media nella tu-
bazione) risulta dal
diagranuna della Fig. L-. - - d- ·
13 . 17 (H. ROUSE, 1938) po
per diversi valori del - -----1----
rapporto d'/d. Per pif
coli valori di Re, nel
F,g, 13.76
campo puramente visco-
so, il coefficiente CQ è molto basso; aumenta poi con l'insorgere
della turbolenza, ma con velocità ancora non molto rilevanti, a v~
lori assai elevati, superiori (causa l'incompleta contrazione del
12- - -~ - - - - - ~ ~ - - ~ - - - ~ - - - getto) a quelli che
T0 l-- --i-- --J,<.---+--+--+---I----~ si verificano per nE
Ca
oat---1--~;;--f===--:::::t-- -f -=;;I:::::== meri di Reynolds el~
vatissimi, per i qu~
06 li (a meno degli ef-
fetti dissipativi e
di quelli dovuti al-
. I la disuniforme distr!
r o10 laminare • moto toJ f'bO/emo •

I
buzione della veloci
I tà) vi è corrisponde~
I
021IL-----l-- --+- - - +-,-&.---+-----I---~ za con i valori teo-
10 1<r2 103 104 105 106
Re-=~vo rici del moto irrot~
µ.
Fig 13.17 zionale forniti dal-
la (6. 9').
La prerogativa di ottenere la misura della portata in base a
quella di una differenza di pressione rende il diaframma partico-
larmente utile come mi suratore d i portata ; esso è stato perc i ò o~
getto di unificazione da parte dell'ISO (internazionale) e della
UNI (italiana) assieme ai boccagli ed ai. venturimetri; categoria
324

detta anche degli apparecchi ad effetto deprimogeno, in quanto sfru!


tano un effetto di riduzione della pressione.
Il boccagtio è sostanzialmente un diaframma, peraltro col fo-
ro d'uscita preceduto a monte da un raccordo opportunamente profi-
lato, · cosi da realizzare un getto parallelo senza ulteriore contr~
zione. Il venturimetro , o tubo Venturi, come lo chiamò il suo ide~
tore C. HERSCHEL, 1898, è costituito da un convergente, seguito da
un divergente che ha lo scopo, in base a quanto esposto nel§ 13.3,
di diminuire la perdita di carico che altrimenti si avrebbe per r~
pido aumento della sezione.
La formula (13.17) permette di ottenere il valore della port~
ta assumendo sempre per pc il valore della pressione ne lla sezione
pi~ ristretta del getto; che net caso del boccaglio e del venturi-
merro è la stessa sezione della gola, e nel caso del diaframma è
invece la sezione della vena contratta.
La formula vale per fluidi incomprimibiii; un coefficiente

U85 l I I l l 11 1
I \ I I I
'\.
a) con camera anulare
,.._
"-
0.8 o
r-- 1!1-0-~
I\
\
'\

prese di pressione
",
agli angoli 0.75
r-- Q_.~o_
'\.

"-
0.70
" ....
0.5J2_

~
'r---, )
f..~
I_ _0.o.4Q.
"-
I'
/, 0.65
"' ~
~ 1-1- _,_ _---u:;; [l _
b) prese indiV1àuali
r---....
- .,_,_ -~2f-
I,,
0.80 - --
--- - - O.IQ_ _
o-:-os·-
Fig 7318 10 4 ,o5 106 Re=
Fig.13 . 79
correttivo, funzione del rapporto dei diametri e del rapporto fra
325

la pressione di monte e la pressione di valle, va introdotto per


l'impiego con fluidi comprimibili (§ 17.6).
Il diaframma unificato è rappresentato nella Fig. 13.18 con
le principali caratteristiche geometriche. La presa di pressione
di valle, anziché posta nella sezione di vena contratta {chein r~
lazione al rapporto d '/d viene opportunamente localizzata) , può v~
nire pitl semplicemente avvicinata alla piastra che contiene il di_i!
framma. Si distinguono cosi i seguenti tipi di installazione: a)
con prese di pressione di monte e di valle, collocate agli angoli,
come indica la Fig. 13 .18 (è consigliata una camera anulare di ra~
colta quando il diametro della tubazione è minore di 400 mm) ; b)
con prese di monte e di valle sulle flange; e) con presa di monte.
alla distanza d dal diaframma e presa di valle nella sezione di v~
na contratta, opportunamente specificata in relazione al rapporto
di strozzamento d'/d.
11 lii
1.20
... TI TTI
"' .... l .._ __
(~Y=065 -
.... - _...
~

--
1.15
...... f..
0,60
·1r- I:::-'-
~
TT
0.55
·1r-
~
_,_ ~

1.10
Il
1
0.50
L... TI
-
J,.. nr4É. ..__, -
1.05 17 ' ..Q:4g_
1
...
L.. I 1'1.35
I/ I _,_ ,Il
...~.30 .._ ...
.,,,"' rr
I

--- --
I,; &.20
1,00 I/ I..
r---
iqn
7 ~
-,_ = o.o5° --
/ I

Fig . 13. 20 I
0,95
10 4 ,o5

Fig .13 21
326

Ove sì rispettino le norme, i valori del coefficiente di poE


tata CQ, tratti da accurate ricerche sperimentali che tengono co~
to della posizione delle prese di pressione, risultano, per il t!
po con prese di pressione agli angoli, dal diagramma della Fig.
13.19, in funzione del numero di Reynolds del tubo Re = p Vd per
2
vari valori del rapporto di strozzamento ( ~ ) . lJ

Questi valori vanno a rigore moltiplicati per un fattore che


tiene conto della scabrezza, ma che di assai poco differisce dal-
l'unità.
Il tipo unificato di b o ccag l.io è quello cosiddetto ISA 1932
(Fig. 13.20), valido per diametro d da 50 a 500 mm.
sono pure unificati altri tipi cosiddetti "a grande raggio".
Le prese di pressione sono del tipo "agli angoli".
Il coefficiente di portata CQ risulta dal diagramma di Fig.
13 . 21, con un fattore di correzione per l'effetto della scabrezza
anche in questo caso assai prossimo all'unità.
Sia per i diaframmi che per i boccagli, la perdita di energia
dovuta all'inserzione dell' apparecchio può essere approssimativ~
mente valutata (secondo l'ISO) con la formula:

t:,E = ( 13 .18)

in fu n zione del dislivello piezometrico òh•.


Per il diaframma, e con rif_e r i mento alla formula (13.1) ,I.E.
IDEL'CIK (1944) dà invece il seguent e valore:

Y
..,
= (1 + O I 707
V1
d ' 2 - -d ' -
- ---,,-
dL d~
4
ì ( 13. 1 9)

p Vd
per Re = lJ > 1 O5 •
I venturimetri unificati sono di due tipi. Il ve n turimetro
classic o è indicato nella Fig. 13.22; esso è provvisto di un con-

I I I

l~
~
t~d:=·-~-~ ~~~~~~=~==~
t· ~· •[·
-r 0.652(t roncaro)

f ig .13. 22
327

vergente tronco-conico, con angolo al centro di 21 °, seguito da un


collo cilindrico e da un divergente con angolo al centro compreso

I
IV _ __J
1- d
I
f

o.6 5! (troncato)
'I

Fig .13. 23

fra 7° e 15°, che può essere


troncato, senza apprezzabi-
li conseguenze, a 2/3 circa 1.20 t--+-++++++t+--Hf-+-l-H-H+- + --1-1
della sua lunghezza. Con qu~
sto dispositivo si riduce al
minimo possibile la dissipa- _ _ ...._.
,f-''--H+l+-----11--1-1 (d"')2 -~~
=0.60
- -+-+-1-'Fr.,.;.,.,...-.+--1--1
zione di energia. Il coeffi- 1.15 t--+--+++t-H-H----lf--+-HH+H+-- + --1--l

ciente di portata CQ è compr~


so fra i valori 0,984 e 0,995, 0.55
a seconda del tipo di lavo-
raz ione dell'apparecchio,per U0t--+-+-++tttH----IH--1-1-+++-1+--_._-I--I
0.50
numeri di Reynolds compresi
fra 2-10 5 e 2·106. I
0.45 - -
Il ventur>imetro - bocca
gZio è invece costituito amo!!_
te da un boccaglio ISA 1932, I o.3s
che è seguito da un collo c!
I./ / I
lindrico e da un divergente
1, 00 1-+~,/+-bal-++~....,'"'F"....,~i,#l*O;;,;,2;;0~~
con angolo al centro non su-
/ J IO 10
periore a 30°, che può esse- /'
l---+-+''H-H+t+----IH-+l-+++1-10,05 _ _
re pure troncato (Fig.13.23) I
come nel tipo classico. Le I
I
I
Q95 '---'---'-1.-L.J..ill.J..._-L---'-LLLI.U.l...__.l..._
lLJ
prese di pressione di monte 104 105 106 Re= QVd
sono agli angoli, quelle di µ,

Fig.13 . 24
328

valle nel collo . La perdita di carico è alquanto inferiore a que!


la del corrispondente boccaglio semplice. Il coefficiente di por-
tata è dato dal diagramma della f' i g . 13.24; anche per questo il
fattore di correzione dovuto alla scabrezza è trascurabile.
Tutti questi apparecchi devono essere preceduti e seguiti da
u n tratto diritto sufficientemente lungo, a monte e a valle della
tubazione in cui sono installati; le norme indicano la distanza mi
nima necessaria, in funzione del rapporto di strozzamento( d~f, a
valle di gomiti, valvole e altre singolarità della tpbazione.

13 .6. Confluenze e diramazioni


Le confluenze e le d iramazioni di tubazioni sono sede di pe~
dite di energia. I n una confluenza s i ha mescolamento di correnti
animate da diversa velocità, per cui quella che possiede velocità
maggiore trasmette parte della
sua energia cinetica a quella di
velocità minore; ed inoltre , se
l' innesto avviene con una certa
angolazione, si ha un effetto di
contrazione della vena e succes-
sivo allargamento, con zone di
separazione della corrente, come
Fig . 13 25
i llustrato nella Fig. 13.25.
In una diramazione , e in d i pendenza dal rapporto fra la por-
tata c he prosegue e quella derivata, si manifesta u n distacco del
la vena sul lato esterno della diramazione, con il seguito di for
mazioni vorticose, ed un altro distacco su lla parete esterna de l -
la tubazione pr inc ipale, a seguito del gradiente positivo della pre~
sione dovuto all'allargamento .
I n entrambi i casi l a con tra zione ed il successivo allarga-
me nto della vena sono sede di perdite di energia di tipo Borda.
~ssa i varia è la cas istica delle possibili configurazioni ge~
me triche di queste singolari tà, poiché anc h e se ci si limita al c~
so dell ' innesto di un tubo (laterale) in un altro rettilineo, po~
sono variare i rapporti fra le sezioni del tubo rettilineo prima
e dopo l'innesto, e fra queste e la sezione della tubazione late-
rale. Inoltre possono ampiamente variare i rapporti fra la porta-
ta del ramo laterale e quella del tubo rettilineo.
Data l'importanza di queste applicazioni, un'ampia serie di
dati è stata raccolta per via speEimentale, da considerarsi vali-
329

da per condizioni di moto turbolento pienamente sviluppato, e qui!!


di per elevati valori del numero di Reynolds.
Limitandoci al caso in cui la tubazione principale rettili-
nea mantiene lo stesso diametro prima e dopo l'innesto, introdu-
ciamo un coefficiente çt di perdita di energia relativo al trat-
to rettilineo ed uno çd relativo al tratto che si innesta in una
confLuenza, con riferimento alla formula:

( 13. 20)

in cui V è assunta come velocità nel tubo principale dopo la con-


fluenza, e per numeri di Reynolds PVd > 10" . In dipendenza dal ra_e
porto ~d delle sezioni ed in f unzio~e del rapporto~! delle port~
te (Fig~ 13.26 a)), si ottengono i valori çt, çd forniti dai dia-
grammi di Fig. 13.27a) e Fig. 13.27 b) (E. KINNE, 1931; F. PETER-
MAN, 1929; C. VOGEL, 1926-28).

E
"[ Ar Ar V
1----~~v - - ~-----~
Ai:%-·~
a{/ o) ~\L od
Fig.13.26

Per a= 90° (introduzione a T, Fig. 13.26 b)) vale il d iagr~


ma della Fig. 13.28.

8.0
~d I ,'/I
I I
7.2 - Ad/A1=0.2_

0.8 6.4
O=JQO_
,___ 0=45° -- - 0Fr
a=60°_._
Il/,
., o 5.6

4.8
/il/
- 0 .8
I 'I I I 0.4~
~/
4.0
- 1,6

3.2
I
·/j
I / ~\,
.,
- 2,4 .' I
I I
'f
I/ / ),
2.4
-3.2
16
;~'l ;
/.,
.,.,
..
[. /
/
/
&6. .
-4 ,0

o 0,2 0.4 0.6 0.8 I.O


<J.t/0,
08
/~
I

~ ~ ~ -::-
. ..;;- ,~ --- ----- ---.-1
..-;./~ v. •
-lr
.....
a) o.o lr1/-'-"' ,_
~_:::
=- 77?-

~ ,.or
0.8 ;_,,-
-·~ I

o 0.2 0.4 0,6


b)
Fig.13 . 27
330

La perdita di carico nelle bi forc azioni può venire sensibil-


mente attenua ta dando un allargamento conico all'innesto, o sem-
8.0 plicemente arrotondando

~-'r 7. 2 ~
I
I
I
I
V

I
l'angolo d'innesto attor
no a cui avviene il giro
6.-f
1/ d ella corrente, al fine
Ad/A,=0.1
·, /0.2 Jo.3 /0..f
5.6 di evitare la separazio-
.f.8
I I V V
ne (come indicato a trai

.f .0
I I V tegg io nella F ig . 1 3 . 2 6a) .
I I I a~ / Per le diramazioni del
3.2

I I V/ I7 .,,___ /

./
le tubazioni, valor i del
2.-f

I I I V / /.,,.,,.. ~
V
.. ,d / coefficiente di perdita

---- di carico sono forniti da

----- -rr-
1.6 1.0

0.8 I I/,-_V/ . / ~~
V ./ ~- -- _,-:;,
C . R. LEVIN (1958} in fun-

o ..J. .I ~ t::;..,
zione del r apporto fra le

~
,./4
V- velocità nella condotta
-0.8 principale e nella dira-
o 0.2 0. 4 0.6 mazione per diversi ang2
li della stessa . Anc h e
Fig .13.28 qu i una leggera coni c i tà
all ' inizio della diramazione riduce le perdite sensibilmente.
Un caso particolare di diramazione è quella libe ra, costitui
ta cioè da un getto che esce l!
beramente da un ' apertura later~ (jJ
<l-- Cc
I I I 0.8
le in una condotta. Consideran-
/ -

ifk
d~ il caso p iano, sia le valut~ I Cç_
6 ;;" - - 0,6
zioni teoriche sia quelle sper! I,.,,,,.. ,_
me ntali (J. S. McNOWN, 1 953) con V
~-
0.4
cardano nel dare l'inclinazione 3 oo II
ed il coefficiente di contrazi2 ' I I
0,2
ne del getto in funzione del ra.e
porto fra la portata in arrivo 0 0
,e l I
0.2 0.4 0.6
e quella derivata, come indica a
titolo d'esempio la Fig.13.29. Fig .13 .29

13.7. Restringimenti e imbocchi


Si è già osservato (§ 10 . 5) che, se un restringimento è ben
raccordato, non si ha distacco dello strato limite dalla parete e
che in questo caso le uniche perdite di energia sono quelle dovu-
te alla resisten za d'attrito.
331

Se invece il restringimento è brusco (Fig. 13.30),lavena e!,


fluente si contrae come a val-
le di un orifizio, per poi e-
spandersi secondo lo schema già
noto. La perdita di carico,pe~
tanto, è essenzialmente dovuta
alla diffusione turbolenta ed

Fig.13.30 ai fenomeni di separazione che


hanno luogo a valle della se-
zione contratta Ac, e può essere valutata dall'espressione di Bor
da applicata fra tale sezione Ac e quella A del tubo ristretto di
diametro d:

In base all'equazione di continuità ed introducendo il coef-


ficiente di contrazione C c, per cui Ve = .X..
cc , si h a sostitue ndo :

- v2 1
òè = e; 2g =( Cc ( 13. 21)

Come valori del coefficiente di contrazione C e possono acce!


tarsi quelli per il getto libero forniti nella Tabella 1 del § 6. 2,
per a= 90°, come indicò per
primo J. WEISBACH (1855 ) , a~
sumendo in luogo del rappor-
to a/b il rapporto (d/d') 2 fra v- d

i diametri del tubo prima e


dopo il restringimento. Se ne
ricava, per l'imbocco a spi-
a) b)
golo vivo di un tubo da un b~
cino infinitamente grande <cc Fl g.13 . 3 1
= O. 61) (Fig. 13. 31 a )), una perdita di energia pari a O, 406
{essendo V la velocità media del moto uniforme nel tubo ) .
Questo risultato contrasta leggermente con la realtà sperimen
tale, che fornisce per il caso in esame c; = O, 50 per un tubo cili_!}
àrico. Recenti ricerche teoriche di P.R. GARABEDIAN (1956) sul co
efficiente di contrazione C c di getti a simmetria assiale forni -
rebbero Cc = 0,5793, da cui 4 = 0,52 .
Si osserv i che i risultati in parola valgono per numeri di
Reynolds Re = pVd. > 1 o'• circa; al disotto i valori di e; diventano
sempre più elev~ti sotto l'influenza del rapporto a; (Fig . 13.30),
332

fino a portarsi a ç = ERe (V.H. I<AREV, 1953) per il regime puramen


te laminare (1 ~ R•,. 8).
Per un imbocco a spigolo vivo, ma collegato al serbatoio con
un'inclinazione o dell'asse (Fig. 13.31 b)), lo stesso WEISBACH
propose la formula:

ç = 0,5 + 0,3 cosa - 0,2 cos 2 a (13.22)

Esaminando in particolare l'andamento delle pressioni lungo


un imbocco normale, si osserva che la velocità, nella sezione di ve
V
na contratta, acquista, con Cc=0,61, ilvalore Vc= 0 , 61 = 1,64 V ,
quindi la pressione si abbassa di:

v2
e
v2
2g °' 2 I 68 2g (13. 23)

rispetto a quella del recipiente nel luogo in cui il tubo imbocca.


Poiché all'inizio del moto uniforme nel tubo, dopo esaurito
il fenomeno d' es~ansione, la quota piezometrica è inferiore di
(0,5 + 1) ""1,5 ;ga quella del recipiente, si ri l eva che local-
mente per la contrazione della vena l'abbassamento quasi si rad-
doppia.
Nel caso invece d'imbocco ben raccordato, cioè facendo in m2
do che il moto sia sempre accelerato lungo il contorno in modo da

Fig . 13. 32
333

evitare che la corrente si separi, la perdita di carico si riduce


a quella, molto piccola, dovuta all'attrito; e l'abbassamento pie
zometrico è graduale. Ma anche con profilature molto rudimentali
si scende a perdite inferiori a 0,10 ~; ; ad es. con un semplice
arrotondamento dello spigolo, fatto con raggior > 0,10 d(Fig.13.31
a)).
Riprendiamo ora il caso dell'imbocco a spigolo vivo, consid~
rando però che il tratto di tubo applicato sia breve ed a sbocco
libero (cosiddetto efflusso con tubo addiziona Ze, F .i g . 13. 32 b)) , e
confrontiamo questa situazione con quella già nota di un orifizio
in parete sottile della stessa area (Fig. 13. 32 a)) e con quella
di un tronco di tubo applicato internamente anziché esternamente
(F ig. 13. 3 2 c) ) .
Nel caso a) dell'orifizio (§ 6.3.2), il carico disponibile
(valore medio hm) viene trasformato completamente in energia cine
tica e la portata risulta:

(13. 24)

col valore del coefficiente di portata CQ :! Cc :! 0,61, se h m è


grande rispetto alla dimensione della luce.
Nel caso b) i risultati sperimentali confermano, con scarti
mas_simi del 2% per carichi non superiori a 1 O m, il valore C 0=0,82
tradizionalmente indicato per l'efflusso da un tubo addizionale.
L'aumento di portata trova giustificazione dal fatto che la vena
all'interno del tubo presenta una sezione contratta, per poi espa!!_
dersi a piena sezione prima del termine del tubo, determinandovi
una perdita di energia di tipo Borda. In corrispondenza alla vena
contratta si stabilisce un ambiente a pressione ridotta rispetto
a quella atmosferica, che si traduce in un virtuale aumento del ca
rico hm; in tal modo, nel confronto con un getto libero che pre-
senti la stessa contrazione Cc' si giustifica l'aumento di veloc!
tà nella vena contratta e quindi l'aumento della portata.
In base a questo classico schema il carico viene in parte tra
2 -
sformato in altezza cinetica allo sbocco ( ~g) ed in parte dissip~
to nell'espansione a valle della sezione contratta; pertanto:

vz
h m = -2g + (13.25)

L'abbassamento piezometrico rispetto al valore atmosferi-


c o ~ • pç- Pa, risu lta maggiore alla parete, dove raggiunge va
'yhm yhm
334

lori di - O,~, che in asse al tubo, dove raggiunge - 0,54 (B . GE~


TILINI, 1943). In media quindi è a b bastanza bene verificato il v~
lorè ài - 0,75, che la trat taz ione classica fornisce in base alla
relazione:

Pe vz
e
y + 2g (13 .26)

da cui:

(13.27)

Ove si ponga CQ = 0,82 e C = 0,62, con la depressione indicata la


Pc e
altezza del.la pressione - si annullerebbe per un carico h = 13,75
Y m
m. In realtà, oltre un valore hm = 1 0 m de l carico, il fenomeno di
efflusso assume caratteristiche particolari (A. RUSSO SPENA,1951),
con r insorgere di fenomeni di cavitazione accompagna ti da rumori e
vibrazioni . L'efflusso a pieno sbocco non si mantiene oltre un ca
rico di distacco dell'ordine d i 15,00 m.
Si deve a G.B. VENTURI (1797) una prima spiegazione di que-
sto fenomeno, già esaminato dal Poleni nelle sue esperienze sul-
1 'efflusso da luci. L'effetto di riduzione della pres sione e del-
l 'aume n to della portata negli orifizi seguiti da tubi cilindrici
addizionali o da tubi divergenti viene perciò ch i amato "effetto
Venturi" .
Esaminiamo ora il caso c) ( tubo rientrante o imboccatura di
Borda , J . Ch. BORDA, 1766). La particolare disposizione permette di
affermare che 1 'acqua in contatto con la parete che contiene la
bocca è praticamente ferma, e che dunque la distribu zione della
pressione su di essa è idrostatica (Fig . 13.33), mentre attraver-
so la sezione contratta la pressione è par i a quella atroosfer ica
(non cosi, invece, nei primi due casi, in cui la sensibile accel!
razione della corrente nelle vicinanz e della bocca (Fig . 5.2) da-

i_g_-,.----~:-r--------
va luogo ad una zona di de-
pressione.
Applicando il teorema
!- '
.
della quantità di moto, in
-/<' A- - -·-- -- -
direzione orizzontale, al VQ
lume di sezione A che termi
na alla sezione Ac e d è de-
limitato a tratteggio nella
Fig. 13 . 33 , si può scrivere
1 - - J_ -- - --- - -- - - -< -
r- -::-:--\

Fig . 13.33
335

in cui il primo membro è la risultante delle forze esterne (data


dallo squilibrio de lla pressione fra il getto contratto ove è nul
la (atmosferica) e l'area opposta ove ha valore medio Pm = yh m) e
il secondo membro è la quantit! di moto uscente dal recipiente
(quella entrante essendo nulla).
La relazione precedente si può scrivere:

Q 0,5A ./2gh
m
(13.28)

cioè il coefficiente di contrazione (e di portata) risulta cc =


= CQ = 0,5 e la portata fluente dal tubo rientrante minore che è
negli altri due casi. I risultati sono validi per sporgenze della
bocca dalla parete s ~ 0,5 à .
Le deduzioni fatte per un imbocco rientrante orizzontale tr2
vano sostanziale conferma (W .E. WAGNB~, 1956) anche nell'applica-
zione ad un tubo verticale dal cui bordo sfiori l'acqua di un ba-
e ino (F ig. 1 3 . 3 4) •

1.01- - - - - - - - - -- - -- ~
q;
().8,J...._ _._,_ _1-----1...----1,----1

~8l----1-----1...-----1---+----t
._ _____ ._ ___ ~_ lc,. ... r·tr
o,,.,...___-, "1--- .
- - - 1 - - - - - 1 . . . - - - - ---1

0,2J....--j.._---i...-- - -- - + - - -

0.5 I.O 1.5 2.0 fllr 2.5

Fig . 13.34

13.8. Gomiti e curve


I cambiamenti di direzione nelle tuhazioni avvengono con l' i!!_
terposizione di gomiti e curve, eventualmente associate ad un c~
biamento di diametro. Il fenomeno~ anch'esso schematicamente ri-
conducibile ad una contrazione di vena {quella che si determina,
Fig. 10.15 e Fig. 13.35, a partire dallo spigolo interno) e succe!
siva espansione a piena sezione con re l ativa perdita di energia.
Il fenomeno di contrazione ( supposto il moto irrotazio nale), può
essere studiato (H.H. Af'IP.ROSE, 1 951) coi metod i della rappresent~
zione conforme.
336

Le perdite di carico di gomiti bruschi in tubi di sezione cir


colare e quadrata so-
no esprimibili in ba-
se alla (1 3.1) con un
coeffìciente:

dove i;;w è il valore


fornito da J.WEISBACH
Fig. 13. 35 (1855)':

Cw = 0,95 sin 2 ; + 2,05 sin 4 ; (13 . 29)

ed e è un coefficiente cor 2.8 1.4

rettivo basato su esperi- E ç


menti successivi; il grafi 2.4 1.2
I
co dei valori per pareti l! •I
I
sce è dato nella F ig. 1 3. 36 . 2.0 1,0
I
Un arrotondamento del I
1Eq.(13.29)
lo spigolo interno,con ra~ 1.6 o.
gio di curvatura r i, come
indicato a tratteggio nel- 1. 2 0.6

la Fig. 13.37 porta rapi-


damente, nei gomiti a 90° 0 .8 0.4
1.4 va·I ori
ç re= variab1le sperimenta/i
'< = o 0.4 0.2

1,0 o
I o
I
0,8 I Fig.13.36
I
I
o.6
di sezione quadrata, ad una ril~
0,4 I vante diminuzione del coefficien

o. ' \ te e, come è indicato dalla fig~


ra stessa in cui è messo in evi-
00 6
denza anche il minor effetto che
2 3 4
f/ b
si ottiene dall ' arrotondamento
Fig.13.37 d ello spigolo esterno.
Un modo efficace per diminuire la perdita di carico dovuta ad
un gomito è quello d'installarvi una serie di alette, che possono
337

essere costituite da semplici lastre curve sottili, o da profili


sagomati, come mostra la Fig. 13.38 a), b), c).Associando un mo-
desto arrotondamento degli spigoli, si può scendere a valori ç de,!
l ' ordine di O, 12 f O, 15. Si riducono inoltre in modo rilevante,
on tali dispositivi, le perturbazioni nel tubo a valle del gomi-
to, ottenendosi una regolare e quasi uniforme distribuzione delle
velocità .

a) O) C)

Fig 13 .38

Più complessa è la situazione che si presenta quando il Cél!!!


biodi direzione avviene mediante una curv a, generalmente ad arco
di cerchio (settore anulare). La causa principale della perdita di
energia è anche qui dovuta ai fenomeni di separazione (Fig. 13.39),
con restringimento e successivo allargamento della vena. La sepa-
razione ha luogo sia all'estradosso che all'intradosso della cur-
va; per quest'ultimo a valle del luogo di maggiore curvatura, pr2
vocando intensa formazione di vortici.
Si aggiunga la sovrapposizione al moto principale di una cor
rente secondaria nel piano trasversale, la cuiorigine può spiega~
si come segue. Se il moto fosse irrotazionale, la distribuzione
delle velocità sarebbe uniforme nel tratto rettilineo, mentre nel
tratto in curva presenterebbe valori maggiori verso l ' interno e m!
nor i verso l'esterno (Fig. 5 .11 ) . Secondo il teorema di Bernoulli,
pertanto, vi sarebbe una progressiva trasformazione di energia c!
netica in energia di pressione lungo la parete esterna e una tra-
sformazione contraria lungo la parete interna. Poiché, però, il
f luido in prossimità della parete è in realtà più lento di quanto
non risulti dallo schema irrotazionale (a causa degli attriti sul
la parete stessa), tanto il recupero di pressione sul lato ester-
no quanto l ' abbassamento di pressione sul lato interno saranno i~
feriori a quelli teorici. Rispetto alla situazione equilibrata pr~
vista dallo schema teorico (del resto generalmente valido nel suo
complesso) ci sarà uno squilibrio delle pressioni il quale deter-
mina, nella regione mediana della sezione, un certo trasferimento
di fluido dall'interno verso l'esterno.
338

i
-+!
2

1d : 15
.
d= 3.0

I bi
d al
I
tv
Fi g .13.39

La corrente secondaria (Fig . 13.39 a)) che in tal modo si de


termina tende a spostare i valori massimi della velocità verso il
lato esterno (Fig. 13.39 b), H. NIPPERT, 1929), eda creare un dOJ2
pio moto spiraliforme il quale ha , come s'è detto, rilevanti con-
seguenze. Oltre a produrre un ' ulteriore dissipazione d'energia,
infatti, questa dòppia circolazione, che s'estende per un tratto
molto lungo dopo la fine della curva (anche 40, 60 volte il diame
tro del condotto), può falsare sensibilmente le misure eseguite
con venturimetri, contatori, ecc. posti ad un' insufficiente di-
stanza dalla curva. La Fig. 13.40 mostra il rilevantedisturbodel
la distribuzione i delle velocità provocato da una curva di appe-
na 25° di apertura (H . MECKEL, 1976).

~-+21--...J..--~
+,--~ ~L---
f-1;"-0-1
- - -

l-,tL- _.,6"-.7.,,_d_ _ .-jl 1-1 2- 2 3- 3


hit--- ----'.!11.
:.!.7. :d ~:
Fig.13.40

La resistenza nelle tubazioni aurve prive di setti viene va-


lutata sperimentalmente attraverso relazioni del tipo (13 .1), in
339

cui e viene fatto dipendere dall'angolo di apertura della curva n


e dal rapporto fra il raggio di curvatura r <:: dell' asse del tubo
ed il suo diametro d .
E' questo uno dei maggiori elementidiperdita di energia nel
le curve; altro elemento importante è , nelle curve di :rilevante
l unghezza, la perdita continua d'attrito lungo la parete. Risulta
perciò una tipica inversione nella tendenza dei valori del coeffl
ciente e della ( 13. 1) a partire da un certo valore del rapporto T,
come è rappresentato (in base a ricercne di A. HOFMANN, 1929), nei
due diagrammi della Fig. 13.41, rispettivamente: {a} per tubi li-
sci e (b) per tubi scabri, in funzione del numero di Reynolds Re=
= ili
\J

• valori sPerimento/i
0.40L-.......JL---..l.----i- - --l------l-- - +--1
• valori sperimentali

o.10,L--1---1---1---1-- -4--- -+-- ---l

o o
0.08 O.IO 0.12 0.14 0.16 0.18. 0.2 0 O.IO 0.12 0.14 0.16 0.18 020 0.22 0.24

106 Re 106 Re
a} b}
Fig . 13.41

Date queste complicate caratteristiche del moto, è materia a~


sai complessa l'attribuzione di corretti valori di e alle singole
condizioni delle curve. A titolo indicativo, fra le molte propo-
ste, si riferiscono i valori forniti da B. IDEL ' CIK (1960), indi-
viduando distintamente gli effetti della separazione e circolazi~
ne secondaria nella curva (r; 5 ) e quelli della resistenza tangen-
ziale (i;;a); per cui, nella (13.1 ) , e = i:; 5 + r; a.
340

Il primo termine può esprimersi come prodotto di du,e termini

(13 . 30 )

dati in funzione dell ' angolo di apertura a e., per curve a sezione
circolare, del rapporto 7, come dai grafici della Fig. 13.42.

Ai ....-
'-- L-.-
1.2
t.- i..-

o.a v
V

0,4 v
_v 8 7 ~ - - ~ - ~- ~..,..-,--.-,- - - ---,---~·
rcld>1,0
oI/
o 20 •O 60 80 100 120 140 160 1

1.2
81 \ 0.5 < fcld< 1.S

0.8
\
"- i'-.
0.4
l"----.. ......_

o
0.6 0.8 1.0 4 8 18

Fig .13. 42

Il secondo termine ç a corrisponde alla perdita di carico da-


ta dalla formula di Darcy-Weisbach (12.17), e si esprime per il
tratto curvo con la seguente espressione:

l" e •
ç a = 0,0175 f d a (13.31)

dove il valore di f può desumersi dal diagramma di Moody (Fig.


12 . 9) .

13.9. Organi di regolazione


Gli organi di regolazione che vengono inseriti lungo le con-
dotte (saracinesche, valvole, rubinetti) danno luogo a perdite di
energia, anche in condizioni di piena apertura. La grande varietA
di tali organi dal punto di vista geometrico richiede l ' esecuzio
ne di esperimenti per la valutazione di ogni singolo caso,e la d~
pendenza dei coefficienti ç in particolare dal numero di Reynolds
va sempre attentamente considerata .
341

A titolo indicativo, per gli o rgani rappresentati nella Fig.


13.43 a}, b), c), d} possono assumersi i seguenti valori del coef
ficiente di perdita e a piena a per t ur a :

a) valvola a farfalla i; = 0 ,2 0 0 ,40


b} valvola sferica i; o
c) valvola a fuso i; 1,20 f 2,00
d} saracinesca piana r; = O, 1 2 ~
0 ,28

Per la val.v oZ.a a farfa ZZ.a , un modo teorico di valutare la pe!,


dita di carico può farsi
i ndividuando (nal caso pi~
no } la contrazione delle
due vene, inferiore e su-
periore, per varie apert~
O)
re ( T . SARPKAYA, 1957}, C_2
me illustrato nella Fig .
13, 44 , e ricavandone la
successiva perdita di enef_
gia per espansione. Valo-

~
ri pratici (per tubi di s~
zione circolare} del coef
C) ficiente di perdita e; si
n anno nella Fig. 13. 45 (J •
Fig . 13 . 43
WEISBACH, 1845}.
Per la s aracinesca piana d e l tipo i n Fig . 13.43 d}, si hanno
(B. IDEL'CIK, 196 0} i
valori di i; per vari
gradi di apertu ra da-
ti dal grafico del l a Cc
Fig. 13.46}. 1.0

Passaggi più co!!!


plicati, come quelli o.9
che corrispondono ai
comuni rubine tti , d e- Q8-ti+- +-- +-- + - -+-- + -=-i,.,.--1------l---1
terminano pure a pie-
o.61,.Cc
na apertura rilevanti
resistenze al moto;
nella Fig. 13.47 sono 600
riportati, per varie
categorie, i valori a t F,g 13 .44

tribuibili al coeffi-
342

20
100 ; \ 3
\
3
I ; 16
\ ;
..,. I
80 \ 2
\
\
- I\
60 I
I
V 8
\ I',

V \ o '
40
i.--- I\ 0.4 0.6 0.8 l,0 e/d
4
o 200 300
"-I
~
o a2 o.4 o.6 o.a 1/J e;d

Fig.13.46
Fig.13. 45

cie nte ~ (G . PFLEIDERER, 1930 ) .

~=3.9 ~=3.4

Fig 13.47

Diamo alfine alcuni r isultat i per l'efflusso libero da v aiv~


foagetto oav o (Fig .13.4 8).
I coefficienti di contrazio
ne, per vari valori dell ' a_!!

I golo di apertura B, risul-


4-id-.... ta n o, nel caso piano, d al-
I l a seguente Tabella (F .F.
EHR ICH, 1955), valida per
piccole aperture:

Fig. 13. 48
343

Tabella 2

B o 22,5• 45° 61,s• 90• 112,s 0 135° 1s1,5• 180°

ee 1,000 0,856 0,746 0,666 0 , 611 0,569 0,537 0,516 0,500

mentre valori del coefficiente di perdi.ta i; , per 8 =45°, si hanno

3 ::

\
,o 1

o
' ...
o 02 04 015 08
8/tlo
Fig .13 . 48

dal diagramma della Fig. 13.49 (H . P . ROLLE, 1963), in funzione del


grado di apertura ele o d el l'otturatore, rispetto al valore e o di
piena apertura, a cui corrisponda una l uce b = 0 ,4 d.
344

14 . CORR ENTI A PRESSlON E IN MOTO PERM ANEN TE,

14.1. Equazione dell'energia nei condotti a pressione


Il convogliamento dei liquidi per mezzo d i tub i o condot ti
chiu si ad essi assimilabili può avvenire , come per i gas, col r i-
empimento completo dei condotti stessi e con una pressione eserc!
tata su tutto l'involucro, ed in tal caso si tratta di cor1' en t i
fZuide a p1' essione . Se i condotti sono invece parzialmente riemp!
ti, e nella parte supe r i ore si ha (generalmente) circolazione di
aria atmosferica, il moto rientra nella categoria delle corrent i
a pelo libero , che verrà trattato nel successivo Capitolo 15 .
Resta inteso che gli elementi di base, fornit i i n ques to pa-
ragra fo, si applicano anc h e a l caso del convogliamento dei gas :
per que sti u ltimi, peraltro , nei limiti in cui essi possano esse-
re riguardati incomprimibili, secondo guanto sarà chiarito nel S US:

cess i vo Capitol o 17.


La lunghezza d ei c ondo tti è i n genere ne ttamente prevalente
rispetto alla dime n sione trasversa l e, per c u i, i n cond i zioni di m~
to pe1'man en te , il moto può riguardarsi uniforme nei tratti a sez i2
ne costante. In q u esti tratti, dove l'inclinazione del condotto
non sia rilevante, sono applicabili ( per se z ion i circolari) le r~
! a zioni fra la velocità media V (e q uindi la portata Q) , il diam~
tro d e la cadente i della line a piezometrica, espresse dalla fo r
mula di Darcy- Weisbach (vedi 12. 17)

i ( 14 . 1 )

dove f (e quindi B) risulta in dipendenza dalla scabrezza relati-


va e dal numero di Reynolds. Utilizzando il coefficiente e di Ch~
zy-Tadini, si ha, in luogo di B, n~~z Qu este formule consentono
il dimensionamento dei tratti di tubo a moto u n i f o rme .
Nelle c o rrenti reali e ntro i co ndo tti, sia a moto laminare
345

sia a moto turbolento, mentre in ogni sezione la quota piezometr!


ca (h + 2.) puO ritenersi costante, è invece diversa da punto a pun
y -
to della sezione la velocità v . e quindi l 'altezza cinetica: per-
tanto, l 'energia per unità di peso:

E = h + E. + v2
y 2g

varia nella sezione dall ' una all'altra linea di corrente. Ma abbi~
mo già visto (§ 7.3.2) come per la corrente nel suo complesso,co~
siderata quindi unidime n s ional e, possa assumersi per ogni sezione
un valore ragguagliato dell'energia:

(14.2)

dove h e p/y vanno riferite ad un punto qualsiasi della sezione


(opportunamente sull'asse) , V è la veloc i tà media nella sezione
ed a è il coefficiente di Cor ioli s dato dalla (7.13') . La poten-
za sarà di conseguenza:

p yQE = yQ (h +E+
y
a~)
2g (14.2')

D'altra parte nel moto lungo un condotto si presentano per-


dite di energia dovute all'attrito, come quelle studiate nei Ca-
pitoli 9 e 12, nonché perdite di energia localizzate (per la pr~
senza dell'imbocco, di gomiti e curve, di organi di regolazione,
ecc., e infine per lo sbocco ) , c0111e quelle studiate nel Capitolo
13. Esse rappresentano, nel confronto dei valori dell' energia
fra due sezioni qualsiasi, la perdita llE 1 , 2 di energia che fra di
esse interviene; e si scriverà quindi nel moto permane n te (7.16):

Che se poi il condotto, anziché di diametro costante, è co-


stituito da una successione di tronchi di diametro diverso, do-
vranno essere messe in conto, fra le perdite localizzate, anche
quelle dovute agli allargamenti e restringimenti di sezione.
Complessivamente, pertanto , la perdita di energia risulta
dall' insieme:

llE1 , 2 (14. 3)
346

a) di perdite di carico continue d ' attrito, rappresentatedalla som


ma:

h (i = '\, 2, •• . , n ' )
a

estesa agli n ' tronchi dli: dive rso diametro d . e lunghezza R. .


1 1
che costituiscono la tubazione;
b) di perdite di carico localizzate, esprimibili con formule del
tipo:

(i = 1 , 2, .•. , n ") ( 14 . 5)

riferite alle n " singolarità del tipo elencato presenti nella


tubazione stessa .
Poiché sia le perdite di carico continue che quelle local iz-
zate possono con buona approssimazione, nel moto turbolento, ri-
guardars i come fun zioni di una potenza della velocità e quindi de_!.
la portata con esponente m compreso fra 1,85 e 2,00, pu~ conv eni-
re in taluni casi di e sprimerle globalmente sotto la forma :

h ( 14. 6)
p

conglobando nel va lore costante r i termini dipenden ti dalle par-


ticolarit à del condotto , e valutando l'esponente m caso per caso
a seconda del prevalere dell'uno o dell 'altro tipo di perdite ; per
s emplicità, generalmente , assumendo m = 2.
In base all ' eq uaz ione dell ' energia cosl estesa si possono ri
solvere i problemi del moto nei condotti secondo l'impostazione ~

nidimenaionale : valida essenzialmente per condotti di rilevante


lunghezza nei confronti delle dimensioni della sezione .

14.2. Tubazione collegantt due serbatoi


Il caso più. sempl ice da esaminare è quello di una tubazione
di diametro costante d che colleghi due serbatoi a pelo libero.
Poiché il dislivello òh fr a i rispettivi peli liberi (detto
anche carico disponibile) corrisponde alla perdita:di energia òE 1, 2 =
= h
p
necessaria a cons e guire il trasfer imento della portata, ten~
to conto delle perdite di imbocco e di sbocco potremo scrivere:

( 14. 7)
34 7

dove v è la velocità media nella sezione, ç 1 il coefficiente del la


perdita di carico all'imbocco (13.21) , ç 2 quello della perdita di
carico allo sbocco (13.15~, ed f il coefficiente relativo alla
perdita continua per attrito ( 12.17 ) .
Da questa equazione si può ricavare la velocità V:

V =

e quindi la portata:
nd 2
Q = V - 4-

che si può scrivere, in forma analoga a quella usata per i probl~


mi di efflusso:

Q = K ~/2gòh (14. 8)

con K
Vr.1 + r.2 + lf
Si è già visto che 11 coefficiente f d 'attrito dipende dalla
scabrezza relativa della parete e dal numero di Reynolds (Capito-
lo 12). Analogatnente, anche 1 coefficienti localizzati C1 e c 2 d!
pendono non solo dalla geometria degli imbocchi e degli sbocchi,
ma anche in certa misura da l numero di Reynolds (Capitolo 13).
Esaminiamo ora il caso che 1 ' imbocco sia ben sagomato e che
lo sbocco sia preceduto da un diffusore, tale da ridurre di molto
la velocità V 8 di sbocco. Non vi sono allora apprezzabili perdite
localizzate di energia in queste sedi, per cui K ={li;; si potrà
perciò con buona approssimazione ritenere che la linea dell'ener-
gia abbia inclinazione costante su tutta la lunghezza del condot-
6
to, pari a i' = ;
Questa inclinazione è ovviamente maggiore di quella i del caso
precedente, in cui erano presenti le perdite di imbocco e di sbocco;
la portata, di conseguenza, in base alla (14.8) risulta maggiore.
La Fig. 14. 1 a) , b) rappresenta a confronto le due situazioni.
Si osservi come nel caso b ) si abbia all'imbocco un graduale ab-
bassamento della linea piezometrica rispetto alla linea dell'ener
V' 2
gia, fino a raggiungere la distanza a 2g del moto uniforme a re-
gime, mentre nel caso a ) di imbocco a spigolo vivo si ha, locali~
zato, un maggiore abbassamento, dovuto all'aumento di velocità nel
3 48

bi

F/g , 14 . 1

la sezione contratta (§ 13.7) .


Pertanto la pressione relativa nella zona di imbocco può sce!!
dere (se 11 battente è scarso) anche a v alori negativi, e in cer-
ti casi raggiungere 1 limiti della cavitazione. In ogni c a so, la
depressione, poiché 11 condotto sara difficilmente a tenuta per-
fetta, può provocare un non desiderato ingresso di aria esterna .
Aria esterna può penetrare nel condotto anche attraverso 11
vortice che si determina, presso l'imbocco, nel serbatoio d'al i -
mentazione. Per e vitarlo, bisogna che l ' imbocco sia sufficiente-
mente profondo al disotto del pelo liberoi si consigliano batten-
ti, sulla generatrice superiore all ' i mbocco, hb "" (2 + 2,5)
v2
rg qua!!
do questo sia a spigolo vivo.
Quanto ora detto indica nuovamente l ' opportunità di applica-
re imbocchi sagomati; 11 che può essere ottenuto, secondo quanto
gill indicato nel § 13 . 7 , anche mediante modesti arrotondamenti
dello spigolo.
In analogia al caso semplice qui prospettato, si risolvono
problemi relativi a tubazioni piQ complicate, che presentino res1
stenze localiz z ate per curve, gomiti, diramazioni e variazioni di
diametro.

14.3 . Problemi relativi alle lunghe condotte


Nelle lunghe condotté , generalmente per acquedotti, l ' impor-
349

tanza delle perdite localizzate di imbocco e sbocco può divenire


trascurabile, essendo esse approssimativamente pari alle perdite
di carico continue per un virtuale allungamento della condotta da
50 a 60 volte il diametro. Pertanto nei calcoli delle lunghe con-
dotte si mettono in conto generalmente le sole perdite continue,e
si trascurano quelle localizzate·.
In questo stesso ordine di idee, la differenza fra la lunghe!_
za effettiva della condotta, collocata seguendo le pendenze del
terreno, e la lunghezza della sua proiezione orizzontale è genera!
mente trascurabile: perciò nei calcoli di condotte per acquedotti
si suole assumere come lunghezza dei singoli tratti quella misur!
ta in proiezione, 11 che è sufficientemente corretto ai fini del-
l'applicazione delle formule (14.1).
Un tratto di condotta a portata Q costante, di cui sia dato
il dislivello piezometrico 6h (perdita di carico) fra gli estremi,
può venire realizzato come una successione di tronchi in serie, di
diametro diverso, qualora si incontrino le seguenti circostanze:
a) si tratti di una condotta di àCquedotto il cui diametro d de•
sunto dal calcolo non corrisponda a quello dei tubi in commer-
cio per i l dato materiale. Se allora, dalla tabella diproduzi2
ne, risultano due diametri, d 1 e d 2 , prossimi rispettivamente
in più o in meno al diametro richiesto d , il problema si riso!
ve suddividendo la complessiva lunghezza 1 del tubo in due trat
ti, 1 1 ed 1 2 , in modo che sia rispettata la condizione:

(14.9)

dove i 1 e i 2 sono le cadenti piezometriche che la portata Q ri


chiede per i diametri d 1 e d 2 :
b) si tratti di una condotta forzata (cioè soggetta a rilevante
pressione, come quella che alimenta una turbina idraulica}, e
sia opportuno, per ragioni di costo, rastremarla con diametri
decrescenti verso il basso, cosl da far corrispondere alle ma~
giori pressioni minori diametri per risparmiare negli spessori
(fo:r-muZa di Mariotte , (2.2 4 )). In questo caso, se n sono i tron
chi e di i corrispondenti diametri, trascurando le perdite di
carico localizzate, può scriversi ancora:
n
8i.e. i Q2
[ d _s
6h ( 14. 1 0a)
i 1

applicando la formula di oarcy , ovvero:


350

n 64tii:._
L 11 2 c ~d ~
= 6h (14.10b)
i 1 1

applicando la formula di Chézy.


Può essere conveniente, in certi casi, esprimere le perdite
di carico d i una condotta costituita da tronchi i n serie sulla ba
se di uno di essi, riguardando gli altri fittiziamente dello ate~
so diametro di quello prescelto, ma d i lunghezza variata in modo
da aversi un valore equivalente delle relative perdite di carico.
La lunghezza equivalente t e di un tubo lungo t e di diametro
d ad uno di diametro de risulta immediatame nte dall'espressione:

te = i ~ ~ )5 ( = t :e (~} = i C/ J (~ )5 ( 1 4. 11)

a seconda della formula c he viene adot t ata per definire 11 coeff i


ciente di resistenza.
E pertanto , se si t ra tta d i una ser i e di n tubi:

i - d! (f1i1
+ - - + ...
f nin) ( 14. 1 2)
e f
e
\ asI as2 asn

In casi particolari,si può assimilare la portata di una con-


dotta costituita da tubi in serie a quella gill valutata (13.11 )
per una condotta di diametro linearmente decrescente o crescente.
Un tratto di condotta può essere anche costituito, per rag12
ni particolari, da tronchi in parallelo . Da un punto di vista ec2
nomico, un unico tronco di dato diametro è sempre pi~ conveniente
di due (o pi~) tronchi in parallelo di diametro minore: diametro
che per ciascun tronco i viene stabilito dalla relazione (dettoa~
cora òh 11 dislivello piezometrico d isponibile e Q = EQ i la port~
ta complessiva):

B.Q ~
-2....!. L òh ( 14 . 13 )
d~ 1
1

Anche qui si può assumere il concetto di tubo equ ivale n te a l


complesso di n tubi in parallelo: si verifica infatti facilmente
che tale tubo ha caratteristiche d e' i e' f e' tali da soddisfare la
relazione:

)I ...(r:U''
~
d~ /2
+ -- + (14.14 )
f2i 2
351

In entrambi i casi nulla vieta che l'equivalenza venga fatta


per gli altri tubi rispetto al diametro di uno qualsiasi dei tubi.
Si ricorre praticamente all'accorgimento di collocare un tu-
bo in parallelo ad un tratto di condotta esistente quando se ne v~
glia aumentare la portata, e ciò sia più conveniente che sostitu1
re il tratto esistente con altro di diametro che soddisfi il ri-
chiesto aumento di portata.

14.4. Nodi idraulici e ~ti di rubuioni

Frequente negli impieghi tecnici è il caso della diramazione


da una condotta di due o più altre o il caso opposto della confl~
enaa. I rispettivi punti di diramazione o di confluenza costitui-
scono un nodo idraulico, che deve soddisfare, per gli n rami che
vi convergono, alla relazione di continuità:

I:Qi = O (14.15)

con la convenzione che siano ad es. positive le portate affluenti,


e negative quelle defluenti dal nodo. Se i diametri e le caratte-
ristiche dei rami sono note, 11 problema di ricavare le singole
portate è determinato. Ad esempio, nel caso di tre serbatoi, col-
legati da altrettante lunghe condotte confluenti in un nodo (Fig.
14.2), si tratta di quattro equazioni con quattro incognite: le
prime tre sono quelle del moto uniforme nelle condotte, in virtù
del dislivello fra 11 pelo libero di ciascun serbatoio e la quota

Fig. 14 . 2
352

piezometrica al nodo; la quarta equazione è quella di continuita,


per la quale, a seconda che la quota piezometrica al nodo sia ma~
giore o minore del pelo libero nel serbatoio intermedio, vale la
relazione:

ovvero la relazione:

Poiché l'altezza piezometrica eY al nodo è una delle incogni-


te, si può procedere utilmente per tentativi, assumendo per essa
un valore ipotetico, da cui i valori delle pendenze piezometriche
i 1 , i 2 , i 3 e quindi delle portate Q 1 , Q2 , Q3 • Se queste non soddi
sfano alle relazioni di continuita suddette, si procede successiv~
mente modificando il valore assunto ,fino a che una soddisfacente
approssimazione venga ottenuta .
Allo stesso mod o, salva la maggior complicazione , si procede
nel caso di due o più nodi e di un numero maggiore di serbatoi.
Il problema inv er so , cioè quello di determinare i diametri
per u na prestabilita distribuzione delle portate presenta, con ri
ferimento al caso precedente, tre equazioni (quelle del moto nel-
le condotte) con quattro incognite, figurando sempre fra le inco-
gnite l'altezza piezometrica al nodo. Ad ogni diverso valore pos-
sibile di tale altezza, infatti, corrisponde una diversa terna di
diametri. Fra esse può essere scelta quella che da luogo al mini-
mo costo complessivo delle condotte.
Assai importante e frequente nelle distribuzioni urbane per
acquedotti ed in quelle per irrigazione ad aspersione, è il cale~
lo di una r et e di tuba z ioni , cioè di un sistema a maglie chiuse,
generalmente ad elementi triangolari o quadrangolari. Tale siste-
ma chiuso è in pratica preferibile a quello a rami aperti, che no n
presenta le stesse garanzie di sicurezza dell' alime n tazione e di
buona conservazione dell'acqua .
Valgono anche qui, s u pponendo che solo ai nodi possano aver-
si afflussi od eroga z ioni di portata estranea Qr, le relazioni di
continuita, per cui per ciascun nodo J :

( 14 .1 6 )

dove ora Qi sono le portate percorrenti i lati delle maglie con-


3S3

fluenti al nodo; e le relazioni del moto uniforme in ciascuno dei


lati (cioè dei tronchi compresi fra i due nodi), con dislivello
piez011etrico h . esprimibile (§ 14.1 ) con l'espressione:
pi

h .
pi
= r.i Qi!'i (m 1,8S t 2,00 )

In condizioni di equilibrio , per ogni maglia K si avrà:

!: h . i: r .Q~ = o ( 14. 17)


K pi K i i

assumendo per gli hpi valori positivi o negativi a seconda che le


portate Qi siano concordi o discordi col verso di circolazione (ad
es. orario) prestabilito per l'intera rete .
Le (14.16) (14.17), applicate a tutti i nodi I e a tutte le ma
glie K, forniscono (cane nei principi di Kirchhoff dell'elettro-
tecnica, ma con relazioni non lineari) un numero t = m + n - 1 di e-
quazioni (essendo m il numero delle maglie, ed n quello dei nodi)
che rende possibile risolvere il problema di verifica , cioè di de
terminazione delle portate in una rete in cui le lunghezze e i di~
metri dei tubi siano assegnati.
A questo fine, seguendo il metodo proposto da H. CROSS (1936),
si assume, per ogni maglia, una distribuzione di portate Qi che
soddisfi alle equazioni di continuità dei rispettivi nodi. Poiché
la (14.17) con tali portate non sarà in generale soddisfatta per
la maglia in questione, potremo introdurre, per soddisfarla, una
correzione òQi di portata uguale per ciascun lato, in virt~ della:

(1 + Qt)m=
òQ
O ( 14 .18)

in cui è incognita òQK.


Se nello sviluppo in serie:

2
1 + m òQ + m
_ _<_
m_,_-_
1_) (Qò~\ + •.•
Qi 21 1 J

arrestiamo lo sviluppo al secondo termine, otteniamo~


3S4

da cui, dovendosi sòmmare aritmetiaamen t e tutte le correzioni:

i: r . Q'?
K 1 1
(14 .19)

Sommando o sottraendo, a seconda del verso, alle portate di


ciascun lato della maglia questa correzione, le equazioni di con-
tinuità ai nodi rimangono ancora soddisfatte; per i tronchi comu-
ni a due maglie dovrà applicarsi simultaneamente la correzione d2
vuta all'una e all'altra maglia. Proprio per questa circostanza,
oltre che per l'approssimazione usata nel l asciar cadere 1 termi-
ni successivi dello sviluppo in serie, la correzione 6QK del pri-
mo giro non sarà soddisfacente; ma 11 procedimento può essere ri-
petuto partendo dai valori di prima correzione, ed ottenendo una
seconda correzione 6Q K e cosi via. Esso in genere è rapidamente
convergente, cosicché pochi giri sono sufficienti per conseguire
una soddisfacente soluzione (come nell'esempio di Fig. 14.3).
Oltre al metodo sopra indicato, che è detto del bilanciamen-
to dei carichi, lo stesso H. CROSS aveva accennato ad altrb meto-
do parallelo, quello del bilanc iamento delle p o rtate, incui,scri!
te le (14.1 '6) (14.17) in funzione delle quote piezometriche ai n2
di, si applica alle quote stesse, anziché alle portate, la deter-
minazione delle correzioni. In certi casi quest'ulti mo metodo può
avere particolari vantaggi (R.J. CORNISH, 1939).
Nei calcoli precedenti si è considerato che i singoli rami o
tronchi di tubazione fra nodo e nod o siano a portata costante; pe-
raltro nelle distribuzioni d'acqua per uso domestico od irriguo è
normale il caso che ciascun tronco eroghi portata per freque~ti e
quasi uniformi derivazioni (gli allacciamenti agl i edifici!), co-
sicché la portata d'ingresso Q è maggiore di quella d'uscita Q .
e u
La differenza Q - Q può con buona approsslmazione,anziché.a trat
e u -
ti, riguardarsi come uniformemente erogata lungo il percorso nel-
la misura p per unità di lunghezza i della condotta, t a l ché (Fig.
1 4. 4) :
355

20

20 1/ S

s;q ~
-
101/$

..1Q•B.25IIS

30
-
401/11

3°g iro
20 //s
= 20
30

20
30

5°giro
20 I/S ===a

23. 3 1/s
30

Fig . 14 . 3
356

Si tratta allora di stabilire la perdita di carico h p fra gli


estremi di tale condotta di
diametro d. Trascurando le
differenze di energia cine-
tica e applicando la formu- x
"I
la tipo Darcy, detta Qx =
= Qe - px la portata nel t~
i~x
:1-Q,, ~O. td ;
bo alla generica distanza x
dall'imbocco, si avr! per la P~
I I I I I I II I II II II I I I I lP
lunghezza dx laiperdita di
carico dhp = s ~ dx, quin-
di, per l'intera condotta: Fig.14.4

(Qe - px)2
dx (14.20)

Se con sufficiente approssimazione (tanto migliore quanto me


no rilevante è la variazione di portata) si assume Scostante , la
integrazione fornisce:

(Q - 0,45 p.2.) 2 .2.


B e (14.21)

La condotta pertanto, ai fini delle perdite di carico, pul:l e!


sere riguardata come a portata costante, introducendo una portata
efficace Q• "' Qe - O, 45 pt . Se, in particolare, tutta la portata
Q venisse erogata lungo il percorso (Qe • pi), risulterebbe h =
=
e1
3 87, 2 .e:2 P
cioè una perdita pari a 1/3 di quella che si avrebbe
se la portata Qe si mantenesse costante lungo il percorso.
Con l'introduzione delle portate efficaci Q· , i metodi sopra
indicati trovano agevole estensione al caso di reti i cui lati aÈ
biano distribuzione lungo il percorso (A. RUSSO SPENA, 1950).
La risoluzione del sistema di equazioni (14.16) (14.17) è ora
agevolato dai mezzi elettronici. Sono stati cosl ideati dei mode!
li analogici (eimuZatore eZettronico di reti), basati sull'analo-
gia fra gli elementi idraulici della rete e gli elementi elettri-
ci del modello: caduta di pressione corrispondente a differenza di
potenziale, portata del fluido corrispondente a corrente elettri-
ca (G. EVANGELISTI, 1966).
Il perfezionamento degli elaboratori numerici, avvenuto ne-
357

l'ultimo quindicennio, induce ora a preferire nella verifica del-


le reti i metodi di risoluzione numerica delle equazioni. Essi s~
no basati generalmente sulla linearizzazione proposta dal CROSS,
sostituendo però al procedimento iterativo la soluzione compatta
del sistema che considera come incognite l e correzioni òQ delle
portate, ovvero le correzioni òh •da apportare alle quote piezome-
triche.
Altri metodi di soluzione diretta del sistema sono basati sul
procedimento detto di Newton- Raphson e successive modificazioni.

14.5. Potenza trumaa o fornita in una condotta


Nelle situazioni sinora considerate (tipica quella di una co!!.
dotta collegante due serba t oi) il dislivello Ah disponibile è in-
teramente impegnato per compensare l e perdite di energia hp relati-
ve al convogliamento della portata Q. Non si trasferisce pertanto
potenza idraulica all'estremo della condotta,utilizzando parte del
dislivello òh .
Se invece la condotta, sempre alimentata dal serbatoio a mon-
te, sboccasse l iberamente nell'atmosfera,non tutta l'energia cor-
rispondente al dislivello verrebbe dissipata: parte di essa (vedi
Fig. 14.5) sarebbe disponibile all'uscita sotto forma cinetica, e
potrebbe, ad es., azionare una ruota motrice.

hp
(s.c.)

l hp
dh
(s. I.}

Fig.14.5

~ ax

Se pertanto una data condotta è provvista al termine di un or


gano di regolazione che ne consenta la variazione della portata Q
da zero alla massima corrispondente alla piena apertura,potrà scr_!
versi, per la potenza allo sbocco, utiliz zando la (1 4.6) con m = 2:

(14. 22)
358

La potenza P è funzione, per un fissato dislivello òh, della


portata Q: è nulla per Q = O (condotta chiusa), e presenta un mas
dP 2 . 4h
simo per dQQ =
O, ossia per òh - 3rQ = O, cioè quando •h p = 3 . Se
la condotta è tutta aperta, l 'aUI11ento di portata non compensa la
riduzione dell'energia cinetica, e la potenza è minore.
Il massimo di potenza che si puO realizzare al termine di una
condotta è pero solo 2 della potenza disponibile all • imbocco; è
3
dunque 11 0,66 il massimo rendimento di una data tubazione.
Nelle tubazioni alimentanti una turbina idrau l ica ad azione
non conviene pero realizzare questo massimo di potenza; conviene
ridurre la portata e quindi il rendimento idraulico della tubaz io
ne , per trasferire alla ruota una minor potenza, ma senza perdite
rilevanti. Generalmente queste perdite si fissano su valori hp =
= (0,05 ; 0,10) òh , e in relazione ad esse e alla portatasidimensi~
na la condotta e si proporziona l'ugello terminale (Fig. 14.6 ) .

·-----.- ·-·--- -- - --~ hp

~t Llh

Fig. 14 . 6

Analogo ragionamento vale quando è inserita in una condot-


ta una tu:rbina idrauli ca a reazione ; in questo caso però non si
ha efflusso a pelo libero, e la condotta, attraverso la macchina
ed il tubo diffusore, prosegue fino allo sbocco in un bacino a
pelo libero (Fig . 14.7).
In questo caso del dislivello òh (detto anche salto nomina -
le ) una frazione i mportante E ut viene utilizzata per fornire e-
nergia alla macchina, la parte restante venendo dissipata per vin
cere l e perdite di carico h p all'adduz ione, e hp alla restitu-
1 2
zione. Si avra pertanto:

(1 4.23 )

Opposto è il caso di u na pompa , che fornisce, anziché riceve


r e, poten za al la condo tta i n cui è i n set i t a, consentendo quindi un
359

aumento dell'energia specifica disponibile sotto forma di sollev~


mento fra due dati
livelli, o in casi
·---- --- -- , - -- -Pi+
particolari di vari~
zione della veloci-
tà, o della pressi2
E.,, ne, o di entrambe,
fra due sezioni a
valle e a monte del
la pompa. Lo schema
Fig. 14. 7 è quello della Fig.
14 .8 .
In questo caso la pom!)<l dovrA supplire una prevalenza (mano-
metrica):

( 14 . 24)

somma del solleva.Inen


to geodetico llhg e
delle perdite di ca- ~
f
- ---- -- ---~-
! --- ---
rico complessive nei
tratti di aspirazio-
ne h e di mandata
Pl
h
P2
Po1ché,restando
invariato llhg, le peE_
dite hp = hPl + hp 2 V~ Fig .14. 8
riano all'incirca col
quadrato della portata, nota la curva caratteristica Et (Q) della
pompa (vedi Fig. 14.9) e riporta-
te nello stesso diagramma le cur-
ve h p (Q) per diversi diametri d
della condotta premente, si stabt
lisce il diametro d necessario per
la cond_otta stessa relativo alla
richiesta portata d' esercizio Q,
la quale deve cadere in prossimi-
tà del massimo rendimento della
pompa.

Q
Fig .14. 9
360

14.6. Problemi relativi all'altimetria delle condotte


Una condotta (come è i l caso più semplice )ao iiegan t e d ue se!
batoi, può avere, per necessità t o pografiche, andamenti altimetri
camente diversi, mantenendo circa invariata la lunghezza, come m~
stra la Fig . 14.10. Si possono d i stinguere var i casi .

Il caso 1 non ha bisogno di esplicaz i one. La condotta convo-


glia la portata in virtù del dis l ivel l o òh ; in ogni punto la gia-
citura profonda del tubo rispetto alla linea piezometrica (prati-
camente coincidente con la linea deJ.l 'energia) consente, per la po!:_
tata data, pressioni p positive (rispetto all'atmosferica) ed in
ogni punto abbastanza elevate.
se pero (caso 2 ) i l tubo per la sua giacitura tocc a ,o addiri_!
tura supera la piezometrica , le pressioni risultano molto basse, e
perfino negative (depressioni), e questo può avere qualche ripercu,2
sione, se la condotta attraverso i giunt i non è a perfetta tenuta,
per il possibile ingresso d ' acqua esterna edi aria atmosferica. Ma
nel caso di d epressioni può liberarsi, anche se la tenuta è perfe_!:
ta, la stessa aria disciolta nell'acqua, che tenderà a formare saf
che nei punti alti restringen<lo virt u almente la sezione e riduce~
do la portata, anche in maniera i ntermittente; è bene perciò pro~
ved ere in tali punti d elle valvo l e d i sfiato a pressione.
se poi la condotta (caso 3 ) s u pera a d dir i ttur a la quota del
serbatoio a monte, l a co ndot t a non può natu ra l mente adesaar si ; si
tratta di una c o ndotta a sifone rovescio , c h e p u ò essere riempita
solo aspirando l ' aria contenuta e, c o sì facendo , rid ucendo la pre2,
sione al suo interno. Null 'altro v i~ d a eccepire, salvo l'aggrav~
mento d ella s i tuaz i one per la mag gior liberaz i one dell'aria, fino
a che la condotta rest i c omunque al disotto della piezomet r i c a a~
soiuta , riportata n el la Fig . 1 4 . 1 0 al la distanza pa/ y dalla piez2
metrica relativa.
Se peraltro (c aso 4 ) qu e sta v i e ne localmente superata, nessun
361

funzionamento è possibile per la portata Q determinata dal disli-


vello 6h , poiché la pressione in tale tratto dovrebbe scendere al
disotto dello zero assoluto. E' possibile pero il funzionamento
con una portata ridotta Q' Q, tale che la pressione scenda teo-
<

ricamente allo zero (tensione di vapore!) nel punto A più alto,


con una piezometrica assoluta meno inclinata, segnata nella figu-
ra. Al di là di A la pressione si mantiene nulla fino al punto A',
determinato dall'incontro a ritroso di una piezometrica della ste~
sa inclinazione, partendo da valle. Nel tratto AA ' non vi è pre~
sione, e la portata si trasferisce per gravità dall'alto al basso
occupando solo una parte della sezione interna (moto cosiddetto a
eanaZetta).Una simile condizione di funzionamento è possibilmente
da evitare.
Nessun funzionamento è evidentemente possibile quando il tu-
bo supera in qualche punto l'altezza p a /y al disopra del livello
del serbatoio a monte.

Fig .14. 11

Fin qui abbiamo trattato il caso di una condotta alimentata


da un serbatoio e sboccante in un altro serbatoio. Quando invece
lo sbocco sia lib ero nell 'a tmosfera, maggiori difficoltA di funzi9.
namento si presentano. Ed infatti nel caso 1 (Fig. 14.11), dove il
tubo presenta un vertice alto A ' ed un tratto successivo da A' a B
più inclinato della piezometrica teorica relativa alla portata Q,
sicché ivi la pressione è inferiore all'atmosferica, l'aria è in-
dotta a penetrare dallo sbocco, per cui in realtà tutto il tratto
A'B viene percorso da una corrente aerata, praticamente alla pre~
sione atmosferica. Si stabilisce pertanto un'effettiva piezometr!
ca ridotta da A ad A', in relazione alla quale la portata è infe-
riore alla Q; come se, in pratica, il tubo venisse spezzato in A '.
Il funzionamento peraltro sarà sempre irregolare e intermittente,
362

a meno che la piezometrica non si elevi dal tubo in modo rilevan-


te a partire dal vertice A'. Abbassando questo vertice in A" al d,!
sotto della piezometrica teorica (caso 21, 11 funzionamento torna
regolare per la portata Q. La situazione si ripete in presenza di
pia vertici superiori alla piezometrica.
Qualora non sia possibile evitare 11 vertice alto A', e si
debba quindi rinunciare alla portata massima Q data dal dislivel-
lo 6h, conviene rastremare ad ugello o strozzare con una saracine
sca la sezione B di sbocco; in tal modo la piezometrica (caso 3)
sale a partire dallo sbocco impedendo la rientrata d'aria, ed il
funzionamento, per la minor portata Q', torna regolare.

14.7. Brevi condotti a funzionamento speciale


Sotto questa denominaz.ione si colloca una serie di condotti
chiusi per liquidi, nei quali, a seconda delle condizioni di fun-
zionamento, il moto può essere interamente a pressione (e sono qu~
stele condizioni ottimali di funzionamento) ,ovvero a sezione non
completamente riempita, con ingresso d'aria, e quindi in situazio
ni riconducibili agli stramazzi ed alle correnti a pelo libero.
In ogni modo, anche nel funzionamento ottimale a pressione,
data la breve lunghezza dei condotti, i fenomeni di imbocco e sbo~
co, curvatura, variazione della sezione sono prevalenti, anche ai
fini delle perdite di energia, sui fenomeni di resistenza d'attri
to. Si tratta infatti di condotti nei quali difficilmente può ri-
conoscersi un tratto a moto uniforme, sia perché la sezione non~
costante, sia perché, pur essendo tale la sezione, i caratteri del
moto uniforme non riescono a svilupparsi.
Tratteremo singolarmente alcuni esempi di notevole importan-
za.

Tombini e botti a sifone


Si tratta di condotti che mettono in comunicazione, general-
mente per motivi di scarico, vasi idraulici a differenti livelli ,
separati da un argine, un rilevato stradale, o simili. I tombini,
in particolare, sono costituiti da un breve tratto di sezione cir
colare, o anche di sezione quadrata o rettangolare, che talvolta
~ pia economicamente realizzabile. Essi funzionano come condotti
a pressione completamente riempiti, quando tanto l'imbocco quanto
lo sbocco sono sommersi (Fig. 14 .12 a)) , ovvero anche con sbocco l,!
bero (Fig. 14.12 b)), quando la lunghezza sia sufficienteedil ca
363

rico hm a monte (misurato dal punto più basso dell'imbocco) superi


il valore critico hm= 1, 5 d,
per un tombino a imbocco
non raccordato, essendo d
il diametro (o l' altezza
della sezione).
Se, essendo sempre il c~
rico hm maggiore del valo-
re critico, la lunghezza è
breve e lo sbocco è libero,
11 tombino, dopo una contr~
zione ài vena all'imbocco
come nel caso di una luce,

~{:-\_- _________ -·
-:.. :. :. =:--:.=. -::~-----~
- - - - -- - --
-=-----.:_- --==-°7......---=
d)
=
""lj;
~~ =:. .f'"
-- -
funziona a pelo libero ,cioè
non completamente riempito
(Fig . 14.12 c)). Se infine
il carico h .m è inferiore al
"lalore critico, la lunghe!
Fig . 14 . 12
za è breve e lo sbocco è l_!.
bero, la vena rimane libera anche all'imbocco (Fig. 14.12d)), e il
moto è interamente quello di una corrente a pelo libero (Cap. 15).
Quando il condotto funziona pieno, la portata è determinata dal
dislivello t,h fra i peli liberi all'imbocco e allo sbocco (Fig .14 .12
a) ,b)). Si può applicare quindi, per un condotto di sezione circola-
re, l'equazione (14 .7 ) come per la tubazione collegante due serbatoi.
Nel caso in cui si presenta la contrazione di vena (Fig. 14. 12
c)), il tombino si comporta come una luce, e ad esso pertanto, se
di sezione quadrata o rettangolare, di larghezza b e di altezza d,
può applicarsi una formula del tipo :

(14.25)

assumendo Cc= 0,6 per imbocco a spigolo vivo, e ee 0 ,8 per im-


becco arrotondato .
Ulteriori miglioramenti si ·conseguono con un imbocco a visiera
recentemente studiato da H. BLAISDELL (1960), facilmente realizza-
bile troncando il tubo di sezione circolare con una fronte obliqua,
che viene consigliato di tenere sporgente circa¾ d (Fig, 14.13).
Con questo artificio, per pendenze del condotto fino a 0,36 e
con carico hm superiore a 1,25 d , il tombino funziona a pressione;
è utile un dispositivo antivortice, consistente in un divisorio ve!:
364

ticale (a) od una piastra colloc~


ta sopra l'imbocco (b). L'imbocco
setto verti~fe 1
a visiera riduce il normale coef-
ficiente ç di perdita di carico al -
1' imbocco da 0,5 a circa 0,1.
Le bot t i a s i fo n e si distin-
guono dai tombini per le maggiori
dimensioni che sono richieste dal , Piastra
le portate più considerevoli che
devono scaricare (come quelle di
b)
-~~=,E,,__,~=_~_,---16
un canale che sottopassa un altro
canale od un fiume), generalmente
Fig .14. 13
usufruendo di un modesto dislive!
lo ah. Per queste ragioni ha mag-
gior importanza la ricerca di ap-
propriate forme dell'imbocco e dello sbocco e di un tracciato che
eviti eccessive curvature. Si cerca pertanto di realizzare un m2
to irrotazionale senza separazioni della corrente, e quindi con
perdite minime di energia, che potranno essere espresse da una for
mul.a del tipo :
vz
11h = t; t 2g ( 14. 2 6)

con ç t da valutarsi anche con l'ausilio di prove sperimentali su


modelli in scala ridotta,

Scarichi a forte pendenza


Vi può essere necessità di scaricare una portata attraverso
un condotto chiuso a for
hp (b) te pendenza, come nel c~
so della Fig. 14.14, di-
sponendo d i un rilevante
dislivello ah . Come nel
caso del tombino, vi sono
problemi riguardanti l' i!!!
~occo, che può risultare
aerato per bassi valori
del battente sulla bocca,
risultandone quindi un
funzionamento a pelo li-
bero. Per battenti più ~
Fig . 14. 14
365

levati, la naturale aerazione diventa difficile, e si ha tendenza


al funzionamento a sezione piena. Per evitare fastidiose alterna~
ze, sarà bene in questa situazione (come in altri casi analoghi)
provvedere un'aerazione artificiale con apposito condotto aerofo-
ro. A partire da un certo valore del battente,j 1 funzionamento pa_!
sa a pressione; tutto ciò può essere convenientemente esaminato
sperimentando in scala ridotta su un modello idraulico.
Il funzionamento a pressione di un simile condotto, se di s~
zione notevole e di resistenza interna non elevata cosicché risul
ti piccola, rispetto al salto t,h , la perdita di energia t,E = h p ,
ha la caratteristica che la linea piezometrica risale con modesta
inclinazione a partire dal livello di sbocco, cosicché da una ceE
ta sezione la depressione - E y
può raggiungere e superare, in valo -
re assoluto, la locale altezza di pressione atmosferica Pa y
. Si dà
qu i. ,di luogo, nel primo tratto del condotto, ad una limitazione al
re-rolare funzionamento, tutte le volte che nel tratto superiore
non sia verificata, in ogni sezione ( b), la condizione (che disce~
de dall'applicazione della (14.3 ) ):

P ass h (b) > o (14. 27)


y y 2g - p

essendo a l'affondamento della sezione considerata al disotto del


pelo libero di monte e h p(b) la perdita di carico tra il serbatoio
e la stessa sezione.
Ne discende, essendo V = 1 2g (t,h - h p J, la necessità che (con
abbondante margine, data la disuniforme distribuzione trasversale
della velocità),risulti:

a > t,h - Pa - h + 1z (b) (14.28)


y p p

Poiché, a parte gli effetti delle perdite di carico localiz-


zate, la resistenza del condotto idraulico dipende principalmente,
per la formula di Chézy, da cr.:-
1
e quindi, a parità di scabrezza
I'ft
e di lunghezza, dalla sua sezione, può preoccupare per la regola-
rità del funzionamento assai più un condotto di grande che di pi~
cola sezione. Si può comunque ovviare, anche per un grande con-
dotto, alla lamentata difficoltà, realizzando il tratto superiore
non a sezione costante, ma a sezione decrescente verso il basso;
con questa rastremazione (tratteggiata nella figura) si diminui-
sce la velocità recuperando pressione, fino a conseguire in ogni
sezione sufficienti valori positivi de l la pressione assoluta.
366

Scaricatore a sifone
Un caso particolare di breve condotto è lo scaricatore a si-
fone, che puO essere applicato in cresta alla sponda di un bacino
o di un canale per scaricare l ' eccesso di portata in arrivo, che
farebbe superare il livello massimo di invaso. Il tipo a canna ver
ticale della Fig. 14.15 a) è stato proposto e applicato da E. GRE
GOTTI (1 905) ed è spesso chiamato sifone Gregotti.

bi
a)
Fig. 14 . 15

Quando il moto è pienamente ad esca to , si tratta di un condot


to a scarico libero, che sfrutta il dislivello òh fra il bacino di
alimentazione e l'uscita, dedotte le relative perdite di carico;
per cui risulta:
2
òh .. !_ + h (14 . 29)
2g p

vz
dove h P rç g è il complesso delle perdite di carico di imbocco
2
e di deviazione di direzione, con l'intesa di includervi anche le
perdite continue d ' attrito, che possono venire riferite alla vel2
cita di uscita V= AQ , essendo As l ' area della relativa sezione.
s
Se si pone allora:

es (14. 30)
+ [l;

l ' equazione della portata puO scriversi semplicemente:

Q = C A h g t:,h
s s
( 14. 3 1 )

E ' difficile valutare correttamente C senza il sus sidio di


s
prove sperimentali su modelli in scala ridotta; con buone esecuzi2
ni si possono raggiungere, ad adescamento realizzato, valori di C 5
da 0,7 a 0,8.
Vi è pero da considerare anche un regime, che prec ed e Z ' ade -
361

seamento, con funzionamento a stramazzo libero sopra la cresta a


manda mano che sale il livello nel bactno oltre la quota di mas-
simo invaso, e successivamente con un moto di miscela d'acqua e di
aria. La portata, in tale situ azione, dipende dal carico é sulla
cresta, seguendo dapprima la legge dello stramazzo, quindi un re-
gime intermedio rispetto a quello del condotto a pressione funzi~
nante a battente sotto il carico 6.h = 6 + h 8 , a cui il sifone si
porta quando è adescato. Nella Fig. 14,16si riportano per il tipo
della Fig. 14.15b) in termini adimensio11ali i valori sperimentali
desunti da M. MARCHETTI (193 4 ) su modello per la pcrtata Q in fun
zione del carico 6h, ed i relativi coefficienti di portata es del
la ( 14. 31) .
2.00
lo 90

1. 75
... . .,.
~ I O,80
Cs

,1/
y "' 70
A

1.50

1. 25
I O. 60

1.00
/"' " ~
~Ah
7i;
o,50
7

0.75
,V /
/
, /
/

o,40

0 ,50
/ . "" ,/
;
/
/

o,30
,. ......
) / s tramazzo I eacçua
ari a'
I so l o acqua

v,,/1
ì J
O 25 Q 20

0.00
.......1 ,.. 10
o 1o 20 30 40 ::o j :o 70 80
Q/As ~2gh5

Fig.14 . 16

Poiché 11 sifone ha l'ufficio di mantenere pressoché costan-


te 11 livello e perciò è detto anche auto7-iveiiatore, è bene che
il funzionamento a canna piena inizi già con un piccolo dislivel-
lo olim, senza turbamento per la presenza di aria nel risvolto e
nella canna verticale. Alla rapida espulsione dell 'aria giova, a~
siame alla cunetta che rigurgita lo sbocco e crea un'occlusione i~
termedia (Fig. 14.15 b)), la presenza di un gradino appositamente
piazzato sulla parete interna, che spingendo verso l'opposta par~
te la vena stramazzante toglie continuità alla circolazione del-
1 'aria. Per favorire il disadescamento rapido in fase di abbassa-
368

mento del livello è generalmente prevista una rientrata d'aria al


l'interno, con la scopertura dell'imbocco di un naso anteriore,d1
sposto ad esempio come in Fig. 14.15 a).
L'andamento messo in evidenza nella Fig. 14.16 si riferisce
a condizioni di moto permanente; nel transitorio,comeavvienequa~
do il sifone debba scaricare da un sovralzo di livello di tipo o~
doso, le condizioni sono assai pi~ complesse (G.BENFRATELL0,1956).
Per quanto riguarda i limiti di funzionamento nei riguardi
della depressione che si forma sul vertice del risvolto, valgono
considerazioni analoghe a quelle già svolte per i condotti a for-
te pendenza e con scarsa resistenza idraulica. Il possibile fun-
zionamento di un sifone a canna di sezione costante trova limi ti,
in base alla (14.28 ) , in u n dislivello ò h alquanto inferiore alla
locale altezza barometrica Pya , c h e può scendere anche a 7 t 8 m
per esecuzioni in alta montagna.
369

15. IDRAULICA DEI CANALI A PELO LIBERO

15 .1. Capacità di porwa. Scala delle portate


Ritenendosi valido applicar e, nel calcolo a moto uniforme dei
canali, le relazioni del moto turbolento stabilite per i tubi (C~
pitolo 12) ed in particolare la fo r mula di Ch ézy (12.34):

v = e lr H sino = e l r 8 it ( 1 5. 1)

poich~ per piccoli angoli o di inclinazione del fondo si pu~ (12.45)


introdurre la sua pendenza i f, potremo, in base alla relazione di
continuità Q = VA , scrivere per la portata l'espressione:

_g_ = Ckr 1 1 2 ( 1 5. 2)
H
lit

dove il termine ;~ è detto capaci tà di port ata del canale. Esso


1-f
è funzione solo delle caratteristiche geometriche della sezione,
e, tramite il coefficiente C di Chézy, della scabrezza delle par~
ti. Il dimensionamento di un canale a moto uniforme, pertanto, di
cui siano note la portata e la pendenza, risulta da un opportuno
adattamento delle grandezze che costituiscono il termine CAr~/2,
fino ad ottenere la desiderata coincidenza col valore ,k.
Variando, in un canale di data sezione, la profondilà Yo del
pelo libero (o, il che è lo stesso, :lell 'area A ), per essere CAr~/2
funzione di questa grandezza, risulterà:

_g_ = ( 1 5. 3)
li t
Se rappresentiamo la (15.3) in un diagramma, si ottiene la c~
siddetta scala delle por~ate , che fornisce la portat~ convogliata
attraverso la sezione del canale, per una data pende.nza, in funzio
370

ne della profondità l iquida y 0 •


La (15.3) può essere approssilllativamente rappresentata da una
espressione del tipo (B. BAKHMETEFF, 1912 ) :

f ( y 0 ) = cost y~/ 2 ( 15. 4)

dove l'esponente n, detto e s pon ente idr aulico , dipende dalla for-
ma della sezione del canale. Se si calcolano in base alla (15.2)
i val or i di ; ~ e si rappresentano in funzione di y O in un diagra!)!
'l,f
ma logaritmico, si vede che questi pu~
ti, in modo piQ o meno marcato a seco~
da della forma della sezione, sono re-
golarizzati da una retta, la cui incl!
nazione rappresenta il valore di '11/2.
La Fig. 15.1 illustra i risultati per
alcune forme di sezione.
Nella valutazione de l la (15.2),B~
KHMETEFF suggeriva di applicare il coef
ficiente C di Chézy con una leggera COE

rezione rispetto al valore di Strie~


ler C = K8 rJ l 6 ,per tener contod€'llasua
variazione col grado di riempimento d e l
canale, e precisamente di assumere:

e ( 1 5. 5 )
6 ,,. 8 ,o

Fig.15 .1

con un esponente p variabile fra 0,15 e 0,25, assegnando i valori


maggiori alle condizioni di piQ elevata scabrezza.
Per la sez io ne r e ttangola r e l a r g a , per cui rH y0 , se si v~
lutasse la (15.2) con C = cost, si otterrebbe:

_ Q_ = cost y f 2 ( 15. 6)
1:ç
cioè n = 3; questo risultato trovasi già indicato per i fiumi da
D. GUGLIELMINI (1697). La formula (15.6), pertanto, ~ anche detta
f o rmu l a di Gu g lielmini . Con la correzione data della (15.5), risul
ta all'incirca n = 3,5.
Si forniscono qui di seguito i valori indicativi di n per al
cune forme di sezione, nel le due ipotesi C = cost ovvero e fornito
dalla (15.5).
3 71

Sezione rettangolare larga n = 3 n = 3 ,5


Sezione parabolica larga n = 4 n = 4,5
Sezione rettangolare stretta n = 2 n= 2
Sezione trapezia 2 < n < 4
Sezione triangolare r. = 5 n = 5,3t5,5

Nei condotti chiusi (tubi circolari, fognali ovoidali, gall~


rie, ecc. ) funzionanti parzialmente pieni a pelo libero, la capa-
cit~ di portata;~ è dapprilna crescente con y 0 , poi decrescente,
1.f
perchl a partire da un certo l ivel lo si ha un awt1ento del raggio
idraulico che non è compensato dall'aumento della sezione. Si ha
quindi una capacit! di por tata massi.ma per una profondità y 0 infe
riore a quella di massimo riempimento.
Prendiamo ad esempio la sezione circolare di raggio r> 0 par-
zialmente riempita (Fig. 15.2), utilizzando la formula di Strick-
ler e= K
8
r~l 6 • to
1.0,t.
0.8
I' 1.14
.,./
QIGo
/...,
0.6
/ .... I/
./
0.4
/ /
/ VIV0 V
V ./
./
0.2
a)
I _/
-0.2 ~ 0.6 0.8 I.O t2
Fig. 15 . 2
VIV0 Q/Q0
L'area corrispondente al generico riempimento y 0 sara:

mentre il corrispondente contorno ba gnato sarà:

Di conseguenza il raggio idraulico risulta:

(1 5. 7)
372

drat
ed ha un massimo perdt = O, cioà per tg~ = ~. La velocit.il media v 0
nella sezione liquida ha perciò un massimo per 4> = 257 0, cioè per
un grado di riempimento Yo/2l' o = 0,813. Detta v 0 lavelocitàa pie
no riempimento (Fig. 15.2 b}}, risulta (V>max = 1,14. -
Vo (Q>max
Quanto alla portata, il suo massimo --Vo- = 1,075 si ha
per cp = 308° col grado di riempimento y 0 /2l' o = 0,949.
Diagrammi analoghi a quelli della Fig. 15.2 b) si determina-
no per sezioni chiuse di altra forma.
In realtà le misure sperimentali non hanno dato esatta con-
ferma dell'andamento delle velocità medie e delle portate in pro~
sirnità del pieno riempimento della sezione secondo l'analisi svol
ta, fornendo per entrambe queste grandezze valori minori (A. SCHO
KLITSCH, 1915); una spiegazione può aversi considerando una forza
tangenziale anche sul pelo libero, necessaria a vincere la resi-
stenza dell ' aria nell'angusta calotta superiore. Anche la inevit~
bile formazione di ondulazioni del pelo libero, appena la veloci-
tà sia un po' elevata, sconsiglia dall'adottare nel funzionamento
idraulico di un condotto chiuso gradi di riempimento prossimi al
riempimento completo .

15.2. Sezioni di minima resistenza


Abbiamo già osservato (Capitolo 12) che l'impiego per il ca!
colo dei canali delle formule ricavate per i tubi di sezione cir-
colare prescinde implicitamente dall'effetto della forma, cioè,a
pal'ità di l'ag g i o idl'a uiico , la velocità media nella sezione è la
stessa qualunque sia la sua forma; naturalmente la portata varie-
rà con l'area della sezione.
Si possono ora confrontare tra loro sezioni che, pur avendo
la stessa area A , presentino i nvece diversa forma e con ciò abbia
no diverso raggio idraul ico r H: sarà sezione di minima resisten~a ,
cioè di massima capacità di portata CAlrH , quella che avrà il mas
simo valore di r H, e cioè, at t eso il costante valore di A, quella
il cui contorno bagnato C sarà il minimo.
E ' noto dalla g eometr i a differenziale che ciò avviene per le
sezion i circolari (ed anche, evid entemente, semicircolari) . Si av
vicineranno a ques ta prerogativa que l le fo rme di sezione del can~
le che meglio si approssimano alla forma semicircolare; in parti-
colare le figure poligo nali circoscritte ad u na circonferenza,ta~
to più, teoricamente, quanto ma gg iore è il numero dei lati.
373

Nel caso della forma trapezoidale isoscele, consueta per i C,!


nali (vedi Fig. 15.3) , il
ny,
perimetro e si ottiene, in
funzione di y 0 edin=tgo,
dalla:

Fig. 15.3

e= t + 2Y o 11 + n 2 = A - ny 0 + 2y o /1 + n 2
Yo

ed ha un minimo, rispettivamente:

2n
per ~=o = - 1
dn 11 + n 2
cioè n = tgo = 11/3, o = 30°

e per o = A - n +2 / 1+·~= 2 ~ - 2n -
2
Yo Yo

da cui:

e . =
2A ed r = il
m1.n Yo H 2

Geometricamente la condizione di mi nimo risulta dalla relazi,2


ne:

½+ ny o = Yo 11 + nZ (15.8)

che appunto definisce la circoscrivibi!it! della f i gura ad una se


micirconferenza di raggio y 0 •
Associando le due condizioni di mini.mo, rispetto cioè ad ne
ad y 0 , la forma trapezoidale pi~ vantaggiosa sarebbe il semiesag,2
no regolare.
Nel caso di f orma rettangolare (n = O) ,sivedefacilmente che
la condizione di minima resistenza è soddisfatta per y 0 • dove ½,
tè la larghezza.
Pur riconoscendo il fondamento delle precedenti valutazioni,
non si deve peraltro sopravvalutarne l'importanza. Ad esempio,pre.!}_
dendo a confronto due casi estremi , come {I ) la sezione rettango-
lare di minima resistenza ora ricavata ( t = 2yol, e (II) la sezi,2
ne di eguale area ma di profondit! doppia della larghezza (y 0 = 2t),
374

si trova che nel secondo caso 11 raggio idraulico diminuisce app~


na del 201 (ru 11 = 0,8 ru 1 ), e la velocità, di conseguenza, di ap-
pena 11 101 circa. Questa precisazione mostra, con particolare r!
ferimento alle sezioni trapezoidali, che in praticanonvale la p~
na di applicare la forma di minima resistenza, se questo deve fa~
si a prezzo di un rilevante maggior costo costruttivo del canale .

15.3. L'energia specifica e le caratteristiche energetiche dd moto


In una sezione in cui la distribuzione delle pressioni è i-
drostatica e quindi (se il fondo è poco inclinato) la profondità
y 0 della corrente eguaglia, lungo una verticale, la quota piezom~
trica h 0 = h + E
y
computata dal fondo (Fig. 12.13), possiamo intro
durre una grandezza

v2
H = Yo + -2g (15.9)

detta energia apecifica , che corrisponde (per a ~ 1) all'energia


E p0sseduta dalla corrente, rispetto al piano orizzontale passan-
te per il fondo {Fig. 15.4).

- ·-·
- ---·-·-·
-- - -
·-·- -
-·-
al#2g

H Yo
v_

Fig. 15 . 4

Poich~ la (15.9) pub scriversi:

Q2
H - Yo - o ( 15 .1 O)
2g (A(yo)J2

essa stabilisce per una data sezione un legame f (H , yo , Q) =O tra


1 parametri H, y 0 , Q, che possono comunque variare purché soddisf!
no la {15.10).
Per studiare pi~ agevolmente quest~ funzione conviene mante-
nere di volta in volta costante una delle variabili,in modo da ra.12
presentarla con curve parametriche cartesiane. Se manteniamo co -
stante l 'energia ~pecifica H, si vede che la corrente si può pre-
375

sentare con altezze d'acqua y 0 e con portate Q diverse. Le condi zio


ni estreme sono date da:

Yo = H, da cui V =· o e perciò Q= O

Yo = O, da cui V= l 2g H, sezione A ~ O, per cui ancora Q O.

Poiché ai due estremi la funzione Q è nulla, essa deve pre-


sentare un massimo (positivo) per una certa altezza Yo ·
Si ha allora dalla (15.10):

Q A hg (H - y 0) (15.11)

che ha un massimo Q Qmax per:

.È.9...=/2g (H - yo ) dA _ 2gA =O (15.12)


dy 0 dy 0 2 l2g (H - y 0 )

Poiché (Fig. 15.4) ~: = b (larghezza al pelo libero), per


H - Yo 'I O la (15.12) fornisce:

(H - Yo><kax = ( 2Ab ) (15.13)


e

dove Ym è la profondità media della sezione rettangolare equiva-


lente, di pari larghezza b . La portata massima risulta sostituen-
do questo valore nella ( 1 5.11):

= laA3/2 (15 .14)


Qmax g bl/ 2

Al valore <Ym>c della profondità cosi trovato, corrisponden-


te al massimo della portata per dato valore dell'energia specifi-
ca H, si dà il norne di profondità o altezza critica. Essa viene i~
dicata generalmente con Yc ·
A questa portata corrisponde una velocità, dettaveiocità cri
tica:
V =
e
lgy=M
m b
(15.15}

Se la sezione è re ttangoiare, y m = y 0 , A = byo, Q =qb, in luo


go della (15.11) si scrive:
q = y l2g ( H - y o) (15.11')
3ì6

cui corrisponde il massimo:

qe = qmax = /g Y ~ I 2 (15.14')

essendo
y
e
= I3 H (15.13')

La velocità critica sar~:

V {15.15')
e

Per sezioni di forma diversa, la pr2_


fondità critica si ottiene in base alla
(15.14), tracciando graficamente la cur-
va A /A7b in funzione della profondità y 0 , Ql<lc 1,0

ed uguagliando il suo valore a quello di Fig. 15 . 5


Q/ ./g .
Per sezioni triangolari è y e == 4/5 H; per sezioni paraboli-
che è y c = 3/5 H.
Se rappresentiamo la (15. 11') in un diagramma cartesiano q =
f (y
0
) (sempre per H = cost) , si ottiene la cosidetta para bo Za de]:_
'l e portate . Essa è tracciata (Fig. 15. 5) in valori adimensionali
.S....., lLD., inbase allarelazioneche risulta dalle (15.13') (15.14')~
qc. Yc.

Con portata q < q max, per un dato valore di H , il moto può a~


venire con due distinte altezze y 1 e y 2 , di cui una maggiore e la
altra minore dell'altezza critica Yc · Questa, d'altra parte, sud-
divide il campo dei moti possibili in due zone alle quali viene d~
to il nome di moti 'lenti o su bcritici (y 0 > yc) e moti rapidi o
superar>itic i ( y 0 ~ y c.). Ad essi corrispondono velocità V della co!:_
rente rispettivamente ; Ve .
Nella parabola delle portate il ramo discendente fino al ve!:_
tice (altezza critica) è di corrente 'lenta ; il ramo ascendente fl
no al vertice è di corrente rapida.
Passiamo ora ad esaminare la ( 1 5 .10) mantenendo costante Za
portata Q. La curva che la rappresenta presenta un asintoto nello
asse H, poiché per y 0
7 O, H ' ~ , e un secondo asintoto nella re!
ta inclinata dì 4 5° che parte dall'origine, poiché, per y0 ~ w,
H ~ Yo · Essa ha poi un minimo H min per da:o = o, cioè per:
377

dH = 1 - __2,.:_ .!!A_ • 1 - Q2b = O (15.16)

e quindi, ancora per

( ::: ) = 1 , ossia (.x.=. )


gy m e
= 1 (15.17)

Risulta pertanto, dalla ( 15 .10):

Ym
8
min = Y o + T (15.18)

Per sezione rettangolare, essendo ym = y 0, risulta semplic~


mente:
H •
3
DUO = 2 Yo (1 5.18')

Per tale sezione, in termini adimensionali la (15.1 O) si seri


ve, per essere~q2 -- 1.·
gyc
H
2gy~

ed il suo andamento è rappresentato nella Fig. 15.6.


Il ramo compreso fra
le profondità O e Yc è di H/ Yc
- V
corrente rap ida ; quello
per profondità maggiori di {,
..._- ~
q=o/
yc è di corrente lenta.
Per quanto sopra, la 3 .o~._
!!
! )~
altezza critica (e la ve- t d~

~
locità critica) rapprese~
tano ad un tempo, in una 2 .o
~ /

sezione, la condizione di \firwirY,~


massimo di portata per una
data energia specifica, e .o
~=v
di minimo di energia per
una data portata.
/
In definitiva, quan- oo
[fao
I.O 2.0 3.0
do l'altezza cinetica è~
guale a metà dell'altezza Fig.lS . 6
ragguagliata ym , si trova che l'energia è minima se Q = cost, o
che la portata è massima se H = cost. Entrambe le situazioni qua-
lificano uno stato del moto del tutto particolare, che viene ap-
punto denominato stato critico .
378

Poiché nella sezione i parametri idraulici Q, A (ovveroq,y 0 )


sono legati alla pendenza dalle formule della resistenza al moto,
la condizione di moto uniforme rispettivamente lento o rapido sa-
rl fissata dal valore della pendenza. In particolare ci sarl un V!_
lore della pendenza, detta pendenza aritiaa, ic, che determinerl
un moto uniforme allo stato critico.
Ponendo infatti per la formula di Chézy e' 15. 1 ):

Q CA lrHic = CA

assieme alla condizione che definisce lo stato critico ( 1 5.17),si


ottiene, eliminando Q:

i (15.19}
e

e per sezione rettangolare molto larga:

i (15.19')
e

Il valore della pendenza critica dipende dal coefficiente C


di Chézy, a sua volta legato (formula di Strickler) •all'indice di
scabrezza K8 ed al raggio idraulico rH (C = K8 r~1 6 ). Numericamen-
te, poiché C può ritenersi compreso fra un minimo di 20 e un mas-
simo di 100, ic varia tra 0,025 (alvei molto scabri, piccola pro-
fonditi) e 0,001 (canali lisci, elevata profonditi).

15.4; Indice di cineticità o numero di Froude. Celerità di piccole perturbazioni


Nel § 6 .1 è gil stato introdotto il numero di Froude come ra_e
porto tra la forza d'inerzia e la forza di gravità, riferite en-
trambe a un dato volume del fluido in movimento. Nel caso dei mo-
ti uniformi . a pelo libero, è evidente assumere come dimensione
geometrica significativa la profondità y 0 della corrente. Pertanto
11 numer o di Froude viene espresso nella forma:

Fr ( 15 . 20)

Il numero di Froude cosi definito è pari alla metà del rap-


porto fra l'altezza cinetica della corrente ~; e la sua energia di
pressione e di posizione rispetto al fondo, data dalla profondità
y 0 ; e come ta le è stato anzi introdotto (B. BAKHMETEFF, 1912), col
nome di indiae di aine ti aità . Esso è un valido parametro per carat
379

terizzare lo stato energetico del moto: i moti lenti (yo > yc) s2_
no qualificati con Fr < 1 (al limite Fr = O per V = O od y o -+- 00 ) e
i moti ra pidi (y 0 < yc) con Fr > 1 (al limite Fr ... 00 per Yo -+ Oo
v,. .. ).
Il numero di Froude nell:a forma data nella (1 S. 20) e la di-
stinzione tra correnti rapide e lente acquistano un ulteriore si-
gnificato se prendiamo in considerazione la velocità relativa di
propagazione (detta comunemente ce l erità) di una perturbazi one e-
lementare di gravità in una corrente bidimensionale (sezione ret-
tangolare larga).
Consideriamo una corrente di non grande profondità y 0 ,talché
la velocità V (considerata positiva da sinistra a destra) possa
ammettersi distribuita uniformemente lungo la normale al fondo,
e praticamente lungo la verticale
se il fondo è di piccola pendenza.
dy ~
Se si crea in superficie una pic-
cola onda di altezza dy , tale da
~! Yo determinare una diminuzione dV del
I la v elocità, questa si propagherà
con celerità assoluta costante ±a
nell'uno o nell'altro verso della
Fig,15-7 direzione del canale. Il moto del
l 'onda è vario, ma se si sovrapp2.
ne al sistema (seguendo un indir i!,
zo già esposto nella cinematica) una traslazione di velocità ;a (o~
servatore solidale all'onda), il moto diverrà stazionario (Fig .1 s. 7).
Scelte due sezioni 1 e 2, rispettivamente a monte dell'onda
e attraverso l'onda, avremo nella sezione 1 la velocità V:;: a e la
profondità y O , e nella sezione 2 la velocità V - dV :;: a e la pro-
fondità y 0 + dy. Potendosi ritenere il fenomeno non dissipativo
per il suo valore infinitesimo, applicando il princip.1.o di Bernoul
li si ottiene:

YO +
(V -
;g a) 2
= (y O +
d
Y
)
+
(V - dV
2g
+ a) 2

da cui, trascurando gli inf initesimi di- ordine superiore:

dy = (V ::;: a) dV
g
(15.21)

Analogamente, applicando l'equazione di continuità:

( V ::;: a)y 0 = ( V - dV + a) (yo + dy)


380

risulta:

dv
dy V + a Yo (15 . 22)

Combinando la (15 . 21) e la (15.22),si ha in definitiva:

(V + a)

da cui

±a = V ± lgy O = V :!: c0 (15.23)

dove
( 15. 24)

è la celerità relativa dell ' onda ( fo r mula di Lag r ange ; J.L. DE LA


GRANGE, 1788) •
Se V< j lg y 0 j la perturbazione ha due celerità, di cui l'una
positiva a + = V + lgy 0 e l'altra negativa a _ = V - lgyo , per cui
la perturbazione oltre che discendere nel senso del moto può an-
che risalire contro corrente. Se invece V > j l gy 0 I, la velocità,
pur con due valori distinti, ha sempre lo stesso segno a+, che è
concorde con v, cosicché la perturbazione può soltanto discendere
verso valle, portata dalla corrente.
In particolare, se V =l l g y 0 !, la c e lerità contro corrente ri-
sulta nulla e la perturbazione è stazionaria.
Notiamo ora che la c e lerità d i propagazione c 0 si identifica
con la velocità v della corrente a l lo stato critico (15 , 15 ' );

(15. 25)

Questo stato, pertanto, suddivide le corrent i a pelo libero


in due categorie, avent i un comportamento fisicamente diverso:
a) moti lenti o subc:r 1,tici , y 0 > y c' V< Ve, Fr < 1; le perturba-
zioni possono risalire la corrente, per cui questa, in una se-
zione qualsiasi, è influenzat a anc he da l le perturbazioni, quin
di dalle condizioni d i val l e.
b) moti r apidi o supercr itici , yo < Yc • V > 1/c' Fr > 1; le pertuE_
bazioni non possono r isa l ire la corrente, ma s o lo d iscenderla,
per cui essa è influenzata so l o dalle condizioni di monte.
Discende da quanto sopra che il numero di F r oudedellacorren
te può essere anc he i nterpretato sotto l'aspetto cinematico c ome
rapporto fra la velocità propr ia V della corrente e la veloc i tà c 0 ,
381

ad essa relativa, di propagaz ione di una perturbazione:

V V
Fr =
liYo
L'estensione alle correnti di sezione diversa dalla rettang2
lare potrebbe farsi introducendo a denominatore del numero di Frou
de la velocità allo stato critico Ve = lgym (15 . 15} e quindi seri
vendo:

V
Fr = (1 5. 20')
lgy"
m

Peraltro viene ad essere malcerto in questo caso il signifi-


cato, fisicamente necessario, di rapporto fra la velocità della
corrente e la celerità della perturbazione nel canale, essendo du.e_
bio se quest'ultima possa tradursi, per sezioni di area A e di lar
ghezza b al pelo libero, nella formula:

(15.25')

15.S. Correnti gradualmente varie in moto pamancntt


Le correnti a pelo libero in l!IOto permanente ( e quindi,senza
immissioni o diversioni laterali, a po:rtata costante), proprio per
il fatto che la superficie libera non è geometricamente vincolata
mentre è dinamicamente soggetta a pressione costante (generalmen-
te quella atmosferica), possono anche in alveiprisrnatici (§ 12.6)
presentarsi in condizioni di moto non uniforme, cioè con profondi
tà, che chiarnarerno genericamente y , diverse da quelle di moto uni
forme Yo.
Abbiamo già definito (§ 7.3.1) come co:rrenti lineari quelle
correnti che presentano, lungo il percorso, variazioni continue di
lieve entità della sezione, e quindi della velocità media. Per e~
se vale quindi, come per le correnti a moto uniforme, 1' ipotesi
della distribuzione idrostatica delle pressioni lungo la vertica-
le, sempreché sia piccola la pendenza.
Ad ogni sezione di queste correnti si può pertanto associare
un valore dell'energia, che con riferimento ad un piano orizzont~
le (vedi Fig. 15.8), rispetto a cui sia z la quota del fondo, vie
ne espressa, se y è la generica profondità, da:

y2
e y + z + Q 2g (15 .26)
382

e si potra anche estendere il concetto di energia specifica, che


risulterà definito dalla:
v2 ( 15. 9')
H y + 2g

,~sf~'
Cl

T----~::._.:- -=
: :-:~~~--
Y,

- - =A'--x.,.z.2.__ _ _ ---1~ ~~ 1

l ~-_-,
J_~,,. - z, ~ ~ -

2
Fi9.15 .8

Consideriamo ora, sempre per piccole pendenze del fondo, un


asse orizzontale x, con cui la di rez ione della corrente possa ide~
tificarsi. Assumendo due sezioni 1 e 2, di ascisse x 1 , x2, l'equ~
zione dell ' energia (7.16) fornisce, nelle ipotesi fatte:

( Z 1 + YI + a 1 : ; ) - ( z2 + Y2 + a2 ~!)= òE1 , 2

La perdita di energia òE 1 ,z è determinata dalle perdite con-


tinue per attrito, cui si aggiungono occasionalmente perdite loca
li zzate per variazioni di sezione, o di direzione della corrente,
anche per la presenza di ostacoli.
Per valutare l'andamen to del moto in assenza d i perdite loc~
lizza te, si accetta generalmente l 'ipotesi che le perdite conti-
nue siano rappresentate, per ogn i tratto, dallo stesso valore
dE 2
- dx = -
dx C~I' d x ( f o Pmu i a di Ch~zy) che esse avrebbero nel corri
-
spendente mot~ u niforme, da ctii 1 'andamen to poco si d iscosta.
Con ciò risulta:

vz
c2'r dx (15.27)
H

Il proced i mento al l e d ifferenze finite consente di determin~


re l 'andamento del moto l ungo un t ratto x d el canale , suddividen-
d o il tratto stesso in piccoli e l e menti òx , applicando la formula
di Chézy per ogni tratto ( in particolare con l' espressione di
383

Str ickler e K8 rj/ 6 >, con i valori medi fra le sezioni estreme del
la velocità e del raggio idraulico:

V =
m 2

La (15 .27) si può perciò scrivere per ogni elemento .tix 1 ,2,
introducendo la pendenza media di fondo i f in base alla relazione
z1 - z2 = if tix 2 ,.1
vzl - 2 v2
[
o 1 0 i v2
Y1 - Y2 +
2g
- if
m

K2 r 4/3
] tix 2 , l (15.28)
Hm
od anche, ricordando la ( 1 5. 9' ) :

(15.28')

Se il canale è prismatico, il computo della (15 .28 ) avviene di


rettamente. Nota la portata e gli elementi idraulici y 1 , V1 della
sezione 1, si compie il primo passo determinando a quale distanza
tixj, 2 è posta la sezione 2 che presenta un'altezza y 2 che a p iac~
re s i pone, ed in c ui è quindi nota la velocità v 2 • Assumendo poi
le grandezze della sezione 2 come nuovo punto di partenza 1·, si può
ricavare la distania tixj, 2 di una successiva se~ione e così via.
Il metodo è tanto pill preciso quanto pill piccola è la differenza
che s i a ssume fra l'altezza finale y 2 e l'altezza iniziale y1 di
ogni passo.
Ai canali non prismatici, come sono i corsi d'acqua natural.i ,
questo modo di procedere non è applicabile, in quanto per essi g~
neralmente si conosce sol o un limitato numero di sezioni, di cui
è stato eseguito il rilievo. Fra queste sezioni, per le irregola-
rità dell'alveo, vi possono essere degli allargamenti, tali da dar
luogo a separazioni della corr ente e a perdite d'energia per espa!!.
sione; queste potranno essere valutate ( in analogia a quanto esp2
s to per le condotte a pressione nel Capitolo 13) mediante un'e-
(V1-Vz)2
spress ione del tipo 2g !; I, 2
In luogo della (15.28) converrà scrivere pertanto:

- I; l , 2
(15.29)
vm_/.,-
__2 ] t;:r 2 , 1
= -[
xz,."
s· 8m
3
384

dove 1 valori a1, a 2 , ç 1 ,2 vanno opportunamente apprezzati.


Conoscendosi qui la distanza 6x 2 , 1 fra due successive s~zio-
ni, noto y 1 , V 1 converrà procedere ad una prima stima di tentati
vo di Y2, V2, da cui anche i valori V ed l"H Se la (15. 29) non
m m
è verificata, si procederà ad introdurre nuovi valori y 2 , v 2 fino
ad ottenere l'approssimazione desiderata. Questo sarà poi il pun-
to di partenza per il computo dei tratti successivi. Il metodo,
che appare piuttosto laborioso, è in realtà abbastanza semplice u-
na volta organizzata la procedura di calcolo, ed è agevolato dal-
l'impiego dei moderni calcolatori elettronici.

15.6. Profili delle corttnti gradualmente varie


L'equazione (15.27) del moto permanente gradualmente vario,
con profondità della corrente y diverse da quelle y 0 del moto uni
forme per una data portata Q, può scriversi in forma differen-
ziale, assumendo elementi infinitesimi:

aV2 ) y2
d z + dy =- d ( -
2g
- ;:;-z::- dx
C l"H
(15.30)

aV2
Introducendo l'energia specifica (15.9'), cioè H = y + 2g'
si ottiene:

dH ( 15. 31)
di
d ove ~· f = - dd xa ( pen d enza d e 1 f ond o) .
Poiché,per una data portata, H H( y ), potrà scriversi:

dH dH QJi..
ax ay dx ,

da cui:
dH
~ dx (15. 32)
= dH
dx ay
D'altra parte (1 5. 16) risulta:

dH 1· - Fr 2 (15.33 )
dy
1 -

avendo esteso alle correnti gradualmente varie il numero di Froude


V
Fr = - , - (15.20'), riferito alla profondità media nella generica
i(JYm
sezione.
385

Si ottiene pertanto:

v2

<J!J_
if -cr,;-
H
1 - Q2
C 2A 2r Hi f
,:
if (15. 34)
dx 1 - Fr 2 1 - Fr 2

Nel moto unifor me, per la stessa portata nel canale, con area
liquida Ao, raggio idraulico l'H o e coefficiente di Chézy c0 , si
avrebbe:

cioè:

Se poi si accetta, per sez ioni aper te , la validita della scala del
le portate (15.4), sara:

2 2 n
Co AorH o a(Yyo)
e 2A 2r H

con n dipendente dalla forma della sezione.


In definitiva, fatta la sostituzione, la (15.34) si puO seri
vere nella forma:
n
1 - ( ¾-) (15.35)
1 - Fr 2

che permette di discutere gli andame nti poss ib i ii dei profili di


moto permanente.
Poiché nella (15.35 ) il valore di
sia day, possiamo distinguere 1 profili in due classi, a seconda
* è dipendente sia da i f

che la pendenza del fondo


i f sia minore o maggiore
della pendenza critica i c,
e conseguentemente per i f <

<i e , y O > y e , e per i f > i e ,


y O < y • All'interno della
e ,I
prima classe possiamo di-
stinguere tre casi, cioè -- Yc
di y maggiore di y 0 , com-
preso tra y 0 e yc, o mino
Fiq. 15 .9
386

re di y e. Altrettanto accade nella seconda classe per y maggiore


di yc , compreso tra yc e Yo , o minore di y 0 •
La Fig. 15 . 9 illustra l ' andamento dei profili "M" della pri-
ma classe (if < ic; Yo > Y c - 111oto lento a regime uniforme):
a) y > Yo · Nella (15.35)11 secondo termine è positivo,percu i ~~
presenta un andamento concavo verso l'alto. Il moto è lento e

Per y .. "" ,
d(y+z)
*.
ritardato (in quanto y va aumentando, mentre V va diminuendo).
i f. Poiché la pendenza del pelo
~
1-. f-ax,
libero è i =

y -,. Yo ,
dx
*.
a quello d el moto uniforme.
= esso tende aporsiorizzontale. Invece,per
O e i ... i f, cioè i l profilo tende asintoticamente

Un p rof ilo di questo tipo (M 1 ) viene comunemente chiamato


profiLo di rigurgi to .
b) Y o > y > Y c· Ilmoto è ancora lento ma ora * è negativo . Ilpr~
filo presenta la concavita verso il ba sso, e il moto è ~ccele-
~
rato . p er y .. y 0 si' trova ancora . .
-z,->-z, f '
. trova d
per y .. yc- si. x "" =·
Il pelo libero tende a disporsi verticale nell ' attraversamento
della profondit~ critica.
Un prof ilo di questo tipo (M2 ) viene comunemente chiamato
Dro fito di chiamata .
c) y < Yc · Il moto è rapido, e per essere ~ positivo, rit:rdato;

/
/
/
per y -,. y e si ha
per y -> - "" si trova
= i f, cioè
!:!li.
d

=
il profilo
X
*
..
d
"" ,

r
-,---L.. .
(M3) tenderebbe all'o-
'\
\ 5:? y -- rizzontale,attraversa~
do con un angolo finito
Yc la linea di fondo.
- ~ __moto
--,.. uniforme La Fig. 15.10 illu-
stra l' andamento dei
profili " 5 " della secon
da classe {i f > i c; Yo <
Fig .15 . 10 < ye - moto rapido a re
gime uniforme).
a I) y > y • Per essere çJjJ.. > O, il moto è lento e r i tardato. Per
cili.. dx
y .. "" , d x
tale; per y -> Y c•
ticale.
-+

*. "' ,
i f' cioè il profilo (S 1 ) tende a disporsi orizzon-
cioè il profilo tende a disporsi ver

*.
b') Y c > y > Yo · I l moto è rap i dv
O, cioè il profilo tend e a quello del moto uniforme .
c') .y < !lo · Il moto è rapido ritardato (5 3 ) verso il profilo del
e accelerato ( 5 2 ) ; per Y "" Yo ,

moto uniforme, partendo dal fondo con un'inclinazione fi n ita.


387

Si noti che i risultati esposti non sono rigorosi in prossi-


mità della profondità critica e della l inea di fondo, in quanto d~
rivati dall'ipotesi di distribuzione idrostatica delle pressioni,
non più val i da in presenza di rilevanti curvature .
L'equazione ( 15. 35 ) si presta all ' integrazione in te:i:-mini fin_!
ti per i canali prismatici, valida con l'approssimazione data da!
l 'accettaz ione della f unzione monomia (15 . 4 ) per la capacità di po!:_
tata. In particolare per la sezi on e rettangoL are larga, nell'ipo-
tesi e = cost, cio~ (§ 1 5.1) con n = 3, ed essendo:

F r2 = -Vgy
2
a2
= :"::-:r
gy
__ (Yyc) 3

la (15.35) si scrive:
- ( ~ ) 3
!Ili. i f
y ( 1 5 • 35 I)
dx
1 - ( ¾-f
da cui:
1 - (~)3
!i dy ( 1 5 .36)
i f dx
1 - (1tf)3
L'integrale risulta (J .J .Ch. BRESSE, 186 0) :

x 2,
_ Y 2 - y1 _
1 - if
~o(
-z. f
1 _ ~\[a(
y~J
~)- B(~ ì] Yo
(15. 37)
Yo/

essendo i valori della funzione di Bresse B dati dal l a seguente


Tabella.
Ta bella 1
.JL
Yo B (#;) .1L
Yo a( fa) .JL B(fo ) JL B( JL )
Yo Y0 \ Yo
0,00 - 0,6046 0 ,60 0 ,0325 0 ,996 1, 7200 1,30 0,373
0 , 05 -0 ,5545 . 0 ,65
I
0 , 0987
I
0 ,997 1,8162 1,40 0,304
o. 10 - 0 , 5046 0,70 0,1711 0 ,998 I 1, 9517 1,50 0,257
o, 15 -o, 4545 0,75 I 0 , 2520
!
0,999
I
2 , 1831 1 ,60 0 , 218
I
0 , 20
0,25
-0,4042
-0,3536
)
II
0,80
0,85 II
0,3459
0,4605
I
1 , 000
1 ,001
I
=
2,1834
II 1,70
1,80
0,190
0,166
0,30 -0,3025 0,90 0 , 6138 1,002 1 ,9523 1 ,90 I o, 146
0,35 -0,2508 0,93 0,7433 l,003 1 ,8172 2,00 i 0,132
I
0 , 40 - o, 1980 I 0 ,95 0,8624
'
l , 004
II 1, 7213
I
2,25
I I 0, 102
0,45 -0,1438 0,96 0,9402 l ,005 1 ,6469 2,50 I 0,082
0,50 -0,0878 0,97 1,0396 l ,010 1,4194 3,00 0,055
0,55
II r
I

-0,0293 0,98 1, 1781 1,050 0,891 4,00 0,031


0,57 - 0,0050
I 0,99 .I 1, 4125 1 , 10 0,676 5,00 0,020
O 58 +O 0074 l O 995
'
I 1 ,6452 I 1,20 I 0 , 479 I 10,00
I
0,005
388

Per sezioni diverse dalla rettangolare larga, quindi con esp2


nenti n della funzione monomia diversi da 3, la soluzione di Bre!
se è stata generalizzata da B.A. BAKHMETEFF (1912), considerando
valori di n compresi tra 2,8 e 5,4.
Questi risultati di integrazione diretta non sono da ritener
si superiori a quelli ottenibili col procedimento alle differenze
finite esposto nel § 15.5, in quanto questo procedimento, purché
attuato con passo assai ridotto, pu~ meglio seguire i reali valo-
ri della resistenza al moto nelle varie sezioni della corrente.
In ogni caso, il computo va fatto partendo da una sezione ne.!_
la. quale si conoscano le caratteristiche idrauliche della corren-
te (sezione liquida per la data portata).

0 .99)6 - .- . --- . -- tiy


V -·--

o
]. x,
:1
Fig.15 .11

rJna vaZutazione di or-ientamento è quellapropostadaF.E .FUNK


( 1820) eCh.-A.F. POIRÉE (1 834), di assimilare il pr-o fi 7.,o di rigurgi-
to ad un ramo di parabola che dalla sezione di noto sovralzo tJ.y ten
da asintoticamente, verso monte, al profilo di moto uniforme y 0 nel
canale (Fig.15.11) . La sua ampiezza significativa x r (cioè quella
che corrisponde ad un ' approssimazione data da uno scostamento perce!)_
tuale dell ' 1 ; 1, 5%) sarebbe un multiplo della cosiddetta ampiezza i
droo s tatioa a = ~ , con un fattore 1,5 secondo Funk e 2,0 secon-
i. f
do Poirée . Più correttamente, F. MARZOLO (1941) ha indicato in b~
se all'integrazione di Bresse nella seguente Tabella i più atten-
dibili valori di x r/ a in funzione d i ~ !J.Y
!l o
Tabella 2

Ya + !J.Y 8,3 6,0 I 4, 3 3,5 2,7 1,9 1, 5 1,3 1,25


Yo 'I
xrla 1 ,05 1, 1 1, 2 1, 3 1, 5 2,0 3,0 4,0 5,0
\
389

15.7. Rialto
Se si osservano i profili rappresentativi dei possibili moti
a pelo libero, che sono indicati nelle Fig. 15.9, 15.10, si osser-
va come sia possibile passare
da una corrente Ze n ta ad una
rapida, quindi attraverso la
profondità critica, con il ra~
cardo di due adatti prof ili :
il profilo M2 della corrente
lenta accelerata, che scende
verso la profondità critica,
ed il profilo s 2 della corre~ Fig .15. 12
te rapida, che da quella con-
dizione tende a portarsi al regime uniforme (Fig. 15.12).
Viceversa, nessun profilo di corrente rapida, pur portandosi
nel verso del moto verso la profondità critica, puO essere segui-
to da un possibile profilo di corrente lenta, quindi al disopra de_!
la profondità critica.
L'attraversamento della profondità critica,pertanto,da parte
di una corrente rapida che passi a lenta, si presenta come un fen2
meno discontinuo rispetto al graduale andamento del pelo libero; e~
so si manifesta con un salto brusco dalla profondità di moto rapido
a quella di moto lento,ed è caratterizzato da dissipazione d'energia
che si esplica principalmente in un vortice (detto vortice di cope!'._
tura),che accanpaqna in superficie l'espansione della corrente.
Un ta!e fenomeno, già chiaramente osservato da D. GUGLIELMINI
(nel suo "Trattato della natura dei fiumi", 1 697), è chiamato in
idraulica risa ito , oppure, dal nome di colui che per primo ne stu
diO la meccanica (G. BIDONE, 1820 ) , s a'lto di . Bi do ne .

·- ·~ -- ~ .xl_
~---
2
l.

Fig .15. 13

Perché si abbia a formare un risalto, non vi è necessità di


un cambio di livelletta come nell'esemplificazione di cui sopra;
390

è essenziale invece la transizione da una corrente rapida (anche


su fondo di debole pendenza) ad una corrente l enta (anche su fondo
di forte pendenza), richiesta dalle condizioni di valle. Possiamo
pertanto esaminare il fenomeno addirittura su fondo orizzontale,
come nella Fig. 15.13 .
Se isoliamo un tratto de.l tubo di flusso a moto permanente
compreso tra due sezioni 1 e 2 poste rispettivamente poco a monte
e poco a valle del risalto, possiamo a tale volume applicare il
teorema della quantità di moto, ponendo cioè l ' equilibrio tra le
forze applicate e la variazione di quantità di moto cne il fluido
subisce passando dalla velocità media V 1 alla V 2 • Le due sezion i
presentano traiettorie sensibilmente parallele, per cui è valida
la distribuzione idrostatica de l le pressioni.
Data la piccola inclinazione del fondo, si può trascurare la
componente della forza peso nella direzione del moto , come pure,
data la v i cinanza, è irrilevante l'effetto contrario degli sforzi
tangenziali di attrito sul fondo fra le sezioni 1 e 2 . In queste
condizioni le forze in gioco sono soltanto le opposte spinte idro
s tatiche trasmesse dal fluido esterno al le sezioni 1 e 2, e per-
tanto dalla (7.18 } :

(15 . 38)

Si noti che le re~te d'azione delle spinte no n sono allinea-


te, e pertanto danno luogo ad un momento , che è responsabile del
moto di rotazione che il vortice di copert ura presenta.
Dalla (15 . 38 ) , d i videndo per y , e posto 8 = 1, si ricava:

(15. 38')

Ciò introduce, accanto a l l'energia spec i fica H(y) , una nuova


fu nz ione del l a corrente:
Q2
M(y)
~
= y GA + -A
g
(15. 3 9 }

detta quant ità di moto o spinta tot a Z.e_ ; qua ndo s i trascurino (o si
ritengano tra loro compensati) gli effetti d el peso e della resi-
stenza d'attrito, fra due sezioni di una corrente a pelo libero
risulta M1 = Mz ,
Se tracciamo in un diagramma l'anda mento de lla M(y) e l o me!
tiamo a confronto con quel lo del la f un z ione H (y) come nell'esempio
391


della Fig . 15.14, per la stessa portata Q , vediamo che entrambe
(nell ' ipote si che i c o ef
M(,'m3)
,___
i ficienti di Corio l i s a e
B siano egua li all ' unità )
~~

presenta no un minimo in
5
\F --- 1 - 300

--- corrispondenza alla pro-

~r
6.0m
'' I-- •I fondità critica y e . Pera.!_
• 'I
Mi 250
tro due profondit à y1 e
I
I

' / y 2 = (y 2 )r rispett ivamente


3
\: \ ~
..... 20()
di corrente r a pida e len
\- -\ - - - --- --~ ~ l ' 150
ta aventi in base a lla
' I'
I
'-.... !Hiv J ..:::;::V i/ 1 I.-
I
~
(15.38 ' ) lo stesso v a l o-
./
1
11\ .V / I 100
re di M, e perciò d e t t e
I
_.,,,,.,,-r
'
./ < I
I

I
./
V I
,)
coniugate , hanno diver s a
energia specif i ca H , e
o 50
o Y, Yc 1.s 3 .0 quindi anche, data la qu~
y
si orizzontalità del fon
Fig.15.14 do, diversa ene rgia ass~
lu ta; e precisamente si ha una brusca dim inuzione d i energia 6H ~
~ òE dalla sezione di corrente rapida a quella di corrente lenta .

Quest a diminuzione avviene appunto come fenomeno loca liz z ato at-
traverso il risalto.
La trattazione risulta particolarmente semplice e bene ade-
rente alla r e altà considerando il caso bidimensiona le (cioè d i una
c orrente in sezione re tta ngola re larga). In questo caso la (1 5.38 ' )
diventa:

1 1
2 Y1
2
- 2 y2
2
= g1 q
(V
2 - Vl
) ( 1 S . 4 0)

cu i v a associata l'equazione di continuità:

(1 S . 41)

Elimina ndo v 2 , si ottiene:

da cui:

(15. 42)

l
392

scartando la soluzione con radicale negativo.


La {15. 42) fornisce il rapporto fra le altezze :fOniugate (y 2 \
z
di valle e y 1 di monte, in funzione del termine
V
= Fri , che, #':i
per quanto detto sopra (15.20), è il numero di Froude della cor-
rente di monte.
La (15.42) si pue percie anche scrivere, mettendo in eviden
za i valori coniugati, nella forma :

(15 • 42 I)

ed il suo andamento è riportato nel grafico della Fig. 15 . 15; con


la semplificazione ~ = 12 Fr 1 - .!.2 , per valori di Fr I assai e..:.
Yl
levati (8 Fr f » 1).
7 ,---,----,--;--,---,----,---,---,,--,----,--.----,--.--+--t---l- -.--+--.-~i28l'l'I
~ V ~
~ / Y,
61---l---l-+ ---I-/--J.~=:;~t=+=::t=::f::=!===4--J-=~----l-----+/-A~--I~
V l,/fy2J, /
7---- -......
1
5 +--+---+1/
-i'+--+---+-+--+--+---+-l -+--+--+-l--.-'l--+---f---ll---+--120
/vv
1
4 t---+----+-+---+--+-+---+---+--+-f--+-,.......-+---il---+---+--+---1'--+----l 16

,/q~s 42ì
V I I I
3f---+---+--+-f--+---+---+--'---,~-+--'----1--1---l----l----l--1---l--l----lf2
' /
~,:f,:~;}t-sc/e~-•t----
.
forte

2t---+-~,+-+---+--+-.l'--+--.---;-- t-+--.---t----,t-...--+--+......,- +----l8

\ /v"v
+--+--r+--,r<--t--+--+---1-+--+--+----t- +-+--+----t- +-+--+-+~ 4
,/
vr
o,._-+-"~H---+---l- ' -_,__.__._-+---1- .__+--+--+---1- '-+--+--+-~o
O 2 4 6 8 10 12 14 16 18 20
Fr1

Fig. 15 . 15

Ivi sono indicate le principali caratteristiche del risalto,


che f i no a Fr 1 = /3 non presenta la formazione del vortice, ma un
rialzo graduale con ondulazioni in superficie (risaito o ndu iato ),
e che i n forma stabiie , cioè senza intermittenze e irregolarità,
ha luogo praticamente per ~1· comp~eso fra 4,5 e 9,0.
Si noti che le ondulazioni sono un tipico fenomeno di insta-
bilità quando il moto è prossimo alla condizione critica, in quaE
to a piccole variazioni dell'energia specifica H (Fig. 15 . 14) cor
rispondono rilevanti variazioni della profondità y attorno al va-
lore critico.
393

Nello stesso diagramma è fornita la lunghezza 11.r del risalto,


rapportata all'altezza (y 2 )r, come si ricava da dati sperimentali
americani (1955); risulta molto prossimamente i r " 6(y2)r.
La ~~~_sipazione òE dell '~~~rgia attraverso il risalto è defi
nita dalla relazione:

òE = E1 - E2 = ( Y1 + 2g
v;·)
-- - --- · ----
v2 +
= Y)
Poiché dalla (15.42) si ha . !.l. 4 y I Yz y 2, e analogamente

~
2g
risulta V = VI + Y 2 y 1 , si ottiene sostituendo:
g 4 y2
3
Y 1 + Y2 Y2 + Y I ; (y2 - Y1>
4 yI 4 Y2 Yi =: 4Y1Y2
(15. 43)

La dissipazione dell'energia cresce molto rapidamente con la


differenza fra le altezze coniugate, cioè con l'intensit~ del ri-
salto. Questo fenomeno viene utilizzato entro vasche dissipatrici
debitamente proporzionate, dove si può concentrare una rilevante
dissipazione d'energia delle correnti rapide.
I risultati teorici sopra indicati trovano buona conferma nei
risultati sperimentali anche nel caso che il fondo sia debolmente
inclinato.
Il risalto si localizza tra un profilo di corrente rapida ed
uno di corrente lenta (quest'ultimo imposto dalle condizioni di
valle), fra due sezioni ove essi presentano rispettivamente alte~
ze .coniugate y 1 , {y 2)rad una reciproca distanza pari alla lunghe!
za del risalto. Un esempio è dato nella Fig. 15.16, dove una cor-
rente uniforme supercritica (per natura non modificabile da valle)
passa a corrente lenta per riduzione della pendenza . Le due s -itua
zioni si distinguono a seconda che l'altezza y 2 del moto di valle
superi o non, alla giunzione, l'altezza coniugata (y 2 )r della cor
rente rapida di monte, che nella stessa figura è riportata come
curva a tratto e punto .

Fiq 15 16
394

1S.B. Variazioni di aezioM e di druione nelle correnti lenu


Come nel caso delle correnti entro condotti chiusi a pressi~
ne , anche per le correnti a pelo libero nei canali debbono consi-
der arsi perdite d i energi a dovute a variazioni di sezione e di dl
rezione. Queste perdite sono a ncora connesse a fenomeni di s e par ~
z ione della c orrente e formazioni vorticose collegate, nonché al-
la diffusione ed espansione di una vena in un campo d i moto pìil
lento, come g ià nel modello, e saminato nel § 1 3 .2, della perdita
di Borda .
L'analogia, tuttavia, si limita al c a so delle corr e n t i idra~
Li cam e n te Lente (moto subcritico) , perché in e s se, come nelle cor
renti a pressione, una perturbazione comunque indotta risale anche
a monte, ed i suoi effetti, pertanto, si estendono all ' intero ca-
nale. Non altrettanto avviene, invece, per le corren ti :rapide (mQ
to supercritico), per le quali g li effetti d e l disturbo no n si prQ
pagano a monte , ma s i manifestano come discontinuità localiz zate,
che sono esse stesse prevalen t e sede di perdita d ' energia . Il co~
portamento di queste correnti, pertanto, di f ronte a variazioni di
sezione e di direzione verrà e sam i nato a par t e ( § 15.9).
Pur restando nel campo d e l le c orr en t i le n t e, vi · è tut tavia
un'ulteriore diversità rispetto. alle correnti a pressione, inquaE
to nelle prime l e modificazioni energetiche provocate dal distur-
bo si riflettono anche in alterazioni dell ' andamento del pelo l i -
bero, che dovranno essere esaminate considerando le effettive po~
sibilità di reali·nazione dei vari tipi d i profili, già esposte nel
§ 1 5 . 6.
Un esempio varr~ a meglio chiarire questi concetti ~ il caso
di un canale di sezione rettangolare larga b , che pres enti in un
t r a tto un abbassamento brusco, o gradino di f ondo , di altez za a ,
f r a due livellette della medesima pendenza i f ~ i c (Fig . ~S.171.

·- ·- ---! L
·---
!.._ 1v1 · - :2
I ; -=--::-~~ 1-- · - . - ·: - - -~

Hot
-
Q I I
l l
-
V,-

Fig . 15. 17
395

Potremo applicare il teorema della quantitA di moto fra le sezio-


ni 1 e 2, come in figura, ottenendo:

(15. 44)

da cui, essendo Q = V2by2 , l'equazione:

che risolta fornisce:

V1 V2 -V~ )2
112 - <111 +a) = - <111 +a)+ ( g + <111 +a) 2 (15.45)

Confrontando con l'equazione dell'energia (principio di Ber-


noulli) applicata fra le medesime sezioni, si ottiene la perdita
di energia:

(15. 46)

che si traduce nella formuia di Borda (13 .7):

e,f = (15. 46')

quando V1 V2 -
g
v; « <111 + a)2.
Analogamente si studia 1 'effetto di un a llargamento (0 restr i!!
gimento) rapido di sezione, che eventualmente puO essere collega-
to con un rialzamento (od abbassamento) del fondo.
Si osservi (Fig. 15.17 ) c he la perdita di energia si traduce
in un rialzo del pelo libero y I di monte; questo comunque è sempre i.!!
feriore a quello y 2 = Ile del moto uniforme di valle. Il raccordo
col moto uniforme a monte avviene con un profilo tipo M2 • La por-
tata è un po' inferiore a quella che competerebbe, in assenza del
la discontinuitA, per un canale che òerivi da un bacino a livello
costante e non sia indefinitamente esteso (ved i anche § 15.9).
Per ridurre le perdite di energia, si studiano dei raccordi
sagomati fra i tratti di diversa sezione dei canali. Per una dim1
nuzione (od aumento) della sezione che ne mantenga invariata la
forma, si potrA concepire un rialzamento (od abbassamento) del fo~
do, un restringimento (od allargamento) trasversale, od entrambi i
provvedimenti. Per uno studio razionale della forma di queste tran
396

sizioni, si possono seguire due criteri: (1) primo criterio, que!


lo di fissare un andamento graduale del pelo libero di raccordo tra
la sezione iniziale e quella finale: stabilito allora l ' andamento
dell'energia lungo la transizione tenendo conto delle perdite co~
tinue da incontrare, ne verrà dedotta la profondità del fond( ,con
l'ausilio della curva caratteristica H(y); (2) secundo criterio,
quello di fissare l'andamento del fondo, ad esempio mantenendolo
invariato in confronto al tratto che precede e a quello che segue,
e mantenendo pure costante rispetto ad esso l'energia specifica H,
o a sentimento prevedendone una diminuzione, e deducendo quindi
la necessaria larghezza delle successive sezioni.
Nei casi di moto convergente (diminuzione di sezione) può t~
nersi conto di una perdita di energia, oltre~ quella dovuta allo
attrito (J. HINDS, 1928), pari a 0,10 (~;·· -~~),dove V 1 è la ve-
locità nella sezione iniziale e v 2 in quella finale. Maggiore è la
perdita da presumere, e di difficile valutazione, nei casi di mo-
to divergente (aumento di sezione), tenendo conto dell'importanza
che possono assumere gli effetti di separazione della corrente,
che si ripercuotono anche, con conseguenze da non trascurare,sui
valori del coefficiente di Coriolis correttivo dell'altezza cine-
v2
tica, a 2g . Quando l'allargamento è realizzato in modo da non s~
perare l'angolo di 12°30' fra il pelo libero accosto alla parete
e 1' asse del canale, si può contare che la transizione realizzi un
recupero dall'80 al 90% della differenza delle altezze cinetiche
fra l'ingresso e l ' uscita.
Transizioni con modifiche di forma della sezione (ad es., da
trapezia a rettangolare, o viceversa) sono da studiarsi con part!
colare cura, attesa anche la rilevanza delle esigenze costruttive.
Nelle curve dei canali,
considerate sempre in corre!!
te lenta. si realizzano com
plessi fenomeni, analoghi so_!:
to certi aspetti a quelli <le_!
le curve nei condotti a pre~
sione per un canale di se-
zione rettangolare. Un moto
a potenziale delle velocità
(vortice potenziale), come
rappresentato nella Fig .1 5. 18
(vedi anche § 5 . 3) trovasi
Fiq . 15.18 abbastanza bene verificato
1-1
397

sperimentalmente, per una curva circolare a 90°, in corrispondenza


al suo vertice, dando quindi una sopraelevazione sul lato esterno
rispetto a quello interno pari a:
v~ - i,2
e
t;y = l.
2g
(15.47)

Anche le velocita corrispondono abbastanza bene, salvo nella


immediata vicinanza delle pareti. Superato il vertice, la decele-
razione che subisce la corrente lungo la sponda internadetermina,
specie per i minori raggi di curvatura, la separazione della cor-
rente e l'insorgenza di moti ~econdari trasversali (verso l'este~
no in superficie e verso l'interno al fondo) che perturbano a lun
go il moto e determinano rilevanti conseguenze morfologiche qual~
rasi tratti di un alveo erodibile. Nella Fig. 15.19 sono riport~
te, per un tratto in curva di un canale di irriga2ione, le curve
isotachie rilevate (F. RAMPONI, 1940).

1
• 4.20m ·I
' M J

t~J
~V
Fig. 15 .19
2
'~;j)/'
Quando si tratti di un largo corso d'acqua, ed in particola-
re di un fiume, può farsi anche l'ipotesi del vortice forzato, che
la velocita cioè sia costante nelle sezioni trasversali della cur
va. Se V0 è questo valore, la sopraelevazione si ottiene applica~
do l'equazione di Eulero lungo la normale (4 . 13), che fornisce:

dy vzo
dr= g r (1 s. 48)

essendo r il generico raggio di c u rvatura. Integrando si ottiene:

(1 s. 49)

dove re ed risono i raggi di curvatura delle sponde esterna ed in


terna (F. GRASHOF, 1869 ) .
In modo ancora più semplice, sostituendo nella (15.48) ad l" il
398

valore medio rm nella larghezza b della curva, si otterrebbe:

V~ b
t:,y = --"- (15.49')
g rm

Le perdite di energia dovute alle curve nei canali non sono


di facile determinazione. Esse
non accrescono peraltro sensi-
bilmente quelle dovute alla r~
sistenza d'attrito del corri-
spondente tratto rettilineo del
canale, quando il rapporto fra
la larghezza e il raggio medio
di curvatura scende al disot-
to di 0,5.
Le perdite, comunque, de-
terminano (Fig. 15.20) un loc~
le r ia lzamento del pelo libero,
che a valle si annulla nell'am
Fig 15.20
bito della curva o poco oltre,
mentre a monte dà luogo ad un profilo di rigurgito (tipo M1 ) che
si adegua a que l lo di moto uniforme col crescere della distanza.

15.9. Deviazioni nelle correnti supercritiche


Per 11 fatto giil osservato che in una corrente supercritica
le perturbazioni non possono propagarsi a monte del luogo di ori-
gine, l'effetto di un cambiamento d i direz i one imposto alla cor-
rente si localizza l u ngo u na linea che, partendo dall'origine (il
punto del contorno ove avviene la variazione angolare) attraversa
obliquamente la corrente. Nella Fig. 15.21 è rappresentata questa
linea, che forma un angolo 8 con la direzione indisturbata del m2
to; in essa si ma n ifesta una fro n te d i perturbazione,sirnile a que_!.
l a del normale r i salto.
Potremo anche qui applicare il teorema della quantità di mo-
to considerando le componenti della velocità della corrente (sup-
posta paralle l a p i ana, di profondità costante e di velocità unifO!,
me) in direzione norma l e e tangenziale alla fronte.
In d i rezione n ormaie aiia fr o nt e, il teorema della quantità
d i moto e l'equazione di cont i nuità forniscono:
399

•-==•=••LFL....... ,,.... -1e I

.... 50. :Ìbswwwz.~m:a:,s4l!sz2:s a

Fig.15 .21

1 2 2
2 y (y 1 - Y 2) = pq (V n 2 - V nl)

(15.50)

Nella direzione della fronte, invece, non essendovi forze a-


genti, la componente Vt 1 della velocità a monte e quella Vc 2 del-
la velocità a valle saranno eguali ( Vt = Vc 1 = Vc 2 ).
Eliminando la v 'll , e ponendo V = V1 sinS, si ottiene con
2 01
qualche passaggio:

sinB Y2)
+ -
YI
(1 5. 51)

Il caso del risalto normale si ha per B = 90 0, cioè sins = 1;


in tal caso la (15 .4 2) e la ( 15.51 ) coincidono.
Introducendo il numero di Froude della corrente a monte :

V1
Fr 1 = --
lg111

si osserva che per una piccola perturbazione ( y ~ y 1 ) risulta:


2

sinB = ( 15 . 52)

cioè le piccole perturbazioni si propagano nella corrente lungo l_!


1
nee inclinate di 8 = arcsin - - In particolare, s ,e Fr 1 = 1 (cor-
Fri
400

rente allo stato critico), a= 90° .


Poiché 11 numero di Froude rappresenta 11 rapporto fra la v~
locità V della corrente, e la velocità e O = ./iii (15 . 24) con cui in
essa si t rasmette una piccola pertur bazione, segue che il distur-
bo provocato da un ostacolo puntiforme si localizzerà all'interno
di un angolo di apertura 26, col vertice nel punto stesso. Uapert~
ra del cono sarà tanto piQ piccola, quanto piQ rapida la corrente.
Tale risultato ha stretta corrispondenza con quello che ver-
rà esaminato nel § 18.4.1, a proposito di una sorgente di pertur-
bazione infinitesima in un fluido comprimibile . Si ha quindi ana-
logia, detta idrogasdinamica, fra 11 comportamento supercritico di
una corrente idrica piana (pe rturbazioni legate alla gravità) e
quello di una corrente di gas comprimibile (perturbazioni legate
alla comprimibilità).
Dall'osservazione dei triangoli delle velocità a monte e a
valle della fronte di perturbazione si ricava (Fig. 15.21) la se-
guente relazione fra la variazione 6 Vn = v01 vn della compone~ -
2
te normale delle velocità, fra monte e valle, la deviazione ango-
lare ± 6 9 che la corrente subisce, e la velocità a monte v 1 :

sin 69 sin 69 ( 15. 53)


sin r ~2 + 6 - 68) cos (6 - 69 )

Al limite, per 69 + O, sind e = ±de , cos( B - de) = cos s , siha


per piccoli valori della d eviazione:

V i de
dV n ± COS 6

e tenendo conto che dV 1 = dV n sin s , i n genera l e:

dV - + t B (15. 54)
Vde - - g

Poiché per variazioni infinitesime la (15.50) fornisce:

YY d y = - PY Vn d Vn

cioè (anche in applicazione del principio di Bernoulli) :

V dV =- g dy (15.55)

combinandola con la (15.54) risulta:

dy = -+ g
v2 tg B da (15. 56)
401

Trattandosi di perturbazioni infinitesime, si può fare l ' ip2


tesi di energia specifica H costante; sarà quindi:

V = hg (H - y) (15.57)

e perciò:

s == = lgy'
t gB = -==s=i=n= 1 -==/;;;!!::g!!::y= =
11 - sin 2 s v 11 - gy/V 2 1v2 - gy 12H - 3y

per cui, sostituendo nella (15 .56 ), si ha infine:

:;: g
dy 2g (H - y) ly
=
f¾- (1 - *) (1 s. 58)
da / 211 - '3y
v1 + 2.
2
1L
R

L'integrazione di quest'equazione (TH . VON KARMAN, 1938) for-


nisce:

ed in forma alternativa :

+ 6 = 13 arcs in VJ 2 3 8 - arcsin J 2 (H '~ y) - 8 0 (15.59')

essendo 0 0 il valore della costante di integrazione, definita da!


la condizione che per 6 = O (deviazione nulla ), la profondità y
sia quella iniziale Yo -
L'andamento della funzione ± e + e 0 = f (* ) è rappresentato nel-
la Fig . 15.22 tra i limiti *- = O (per cui ± 8 = 6 0 ) ed~= J (per
cui± e = 60 + 65°53' ) che è il limite di possibil i tà per le co~
renti supercritiche (profondità critica ) .
L'equazione (15 .59 ) ed il corrispondente diagramma permettono
di stabilire l'andamento del moto lungo una parete curva che lo
guidi. La costante 0 0 viene definita per 6 = O dalla profondità Yo
della corrente rettilinea che precede. Se quindi s è l'angolo del
la deviazione considerata, si entra nel grafico col valore s 0 - s
s e trattasi di espa nsione (curva concava) o col valore 0 0 + 6 se
trattasi di contrazione ~urva convessa ) , de terminando con ciò,per
punti, il profilo del pelo libero l ungo la parete. Si noti, nel
primo caso, che la profondità si riduce a O con u n angolo di espa!!
s ione pari a - 6 0 .
402

Nel caso di corrente delimitata in curva da due pareti, come


avviene in un c~
7 na le, la prece-
y dente costruzio-
0.5
Fi 7
ne vale, lungo
0 .4 ,.,
B- B+ ., 2 ciascuna sponda,
0 .3 ,
7
fino al punto in
o.2 [7
~
cui venga raggiu!!
3 ta d alla linea
.,
' /
.14 di perturbazione
,
, 4 proveniente dal-
0.1
o 08 I la deviazione ini
, 5
ziale della spo~
o • •v

o.Gl5 6 da opposta ; e
I

O. 04
I cioè, come rap-
I 7
presentato nella
O. 03 8
Fig. 15.23, fino
9
o.02 I ai punti B, B' ,
10
cui corrispondo-
o. 014 12 no,rispettivame~
I
o .01 I te, massimi e m.!_
100 30°
nimi del livello.
Fig .15 .22
Da questi pu~
ti le relative
perturbazioni positive e negative s i riflettono , raggiungendo la
sponda opposta e dete rm inandovi l'una un massimo e l ' altra un mi-
nimo . Di conseguenza il pelo libero presenta una successione di
massimi e di minimi ad intervalli all'incirca corrispondenti ad
un angolo:

e I arctg b

dove b è la larghezza, ed rm il raggio medio di curvatura. Poiché


8 è legato al numero di Froude della corrente c.2.. = sin s ) , il va-
Fr
lor e d i a ' dipende dal grado di cinetlcità della stessa.
Come confermato da esperimenti (A . T. IPPEN e R. T . KNAPP, 1949),
la soprae l evazione in un canale curvo percorso a moto supercritico
è doppia di (!Ue l la che si può desumere per il moto subcritico
(15.49'), cioè si ha un rialzo, dall'una a l l'altra sponda, paria_!.
l'incirca a :
403

Fig.15.23

(15 .60 )

dove v0 è la velocità media nel canale. Per ovviare a questo distuE


bo, è consigliabile sagomare il fondo con pendenza trasversale p~
y2
ria~.
grrn
Analoghi fenomeni di perturbazione si hanno nel moto super-
critico negli imbocchi (convergenti) e negli sbocchi (divergenti)
e comunque per la deviazione delle pareti dall'andamento rettili-
neo. La trattazione può farsi, con metodi che trovano analogia ne!_
la gasdinamica (H . PREISWERK, 1938), considerando l ' interferenza
di famiglie di linee di perturbazione, originate dalle disconti-
nuità dei contorni. Queste possono essere di perturbazione eleme~
tare, rappresentate quindi dalla (15 . 55), secorrispondono a devi~
zioni infinitesime, e divengono di perturbazione finita (cosidde~
to risalto obliquo) se provengono da un addensamento di perturba-
zioni elementari, originate da angolature o da brusche deviazioni
convergenti.
La Fig. 15.24 a) (A.T. IPPEN, 1949) mostra la sovrapposizio-
ne di perturbazioni finite (positive, a tratto grosso) edi pertu!
bazioni elementari (negative, a tratteggio sottile) per un conveE
gente in u n canale a moto supercritico, realizzato con pareti re~
tilinee. Con lo stesso angolo di deviazione 68 , se le onde posit~
ve che si intersecano raggiungono l ' opposta parete proprio al teE
mine del convergente (Fig. 15.24 b)), si evita praticamente la lo
ro riflessione sulla parete e il conseguente disturbo dovuto al
propagarsi a valle delle perturbazioni .
404

I
I
~½--· -
I B)
fronti p<>sitive

bi

Fig .15.24

15.10. Effetti di imbocco e di sbocco nei canali


a) Imbocco di un canale largo da un bacino
Nel caso teorico in cui non vi siano perdite di energia loca
lizzate, e il canale sia a debole pendenza if < ice di sufficien
te lunghezza perché v i si stabilisca un moto u nifo rme non influe!}_
zato da valle, l'energia specifica RAr- disponibile all' imbocco,pari
alla differenza YI fra la quota della soglia ed il pelo libero del
bacino (Fig. 15.25),sarà pure disponibile lungo il canale,l'incl!
nazione della linea dell'energia essendo par i alla pendenza di fo!}_
do. Poiché d'altra parte la portata Q risulta dalla formula di Ché
zy:
Q = CAy 3/2 ~ (15.61)

per ogni data pendenza si stabilirà quella portata Q0 t che corri-


sponde al punto di intersezione di questa curva con la curva

vlf29 ·-

01

Fig 15 25
405

c he d! le portate teoriche Q( y 0 t> a d energia specifica costant e :

Q = Aot 12g (Ho t - Y o t) (15 . 62)

Aumentando pertanto l ' inc l inazione del canale , aumenta la po!_


tata e diminuisce la profonditi, fino a che, raggiunta la penden-
za crit ica, si ha la massima portata Qmax con Yot = Yc· Se si a u-
menta ulteriormente la pendenza del canale (if > ic, forte pende~
aa) , la portata non può ulteriormente aumentare . In questo caso,
ne l canale a pe ndenza supercritica, si stabilisce un profilo di m2
t o accelerato (tipo s 2 ) che presto praticamente coincide con que!
l o d i moto uni forme corrispondente a Qmax (vedi Fig . 15.27) .
I n real til, una perdita ;Loca lizzata di energia è dovuta all' 1!!!
bocco, che a questo riguardo può considerarsi come una contrazio-
ne da una larghe zza generalmente assai grande a quella del c a nale.
La per dita può essere espressa nella forma:
v2
I;
.:..a.
2g (1 5. 63)

e sse ndo v9 1a velocità uniforme nel canal e. Per il coe fficiente


d i pe rdita z; possono adottarsi i seguenti dati:

r,; 0,50 + 0,60 per imbocco a spigolo vivo sul fondo e sui l a ti
.,_
I; = 0,30 0,40 per imbocco a spigolo vivo sul fondo, arrotondato
sui lati
r,; = 0, 06 + O, 1 O per imbocco a convergente ben sagomato.

Tene ndo conto della perdita, la curva teoricadellaFig.15 .2~


vie ne sostituita da quel l a (a tratto e punto) che si computa in
base a l la:
v2o
Ho Ho t - t.E = Yo +
2g

da cui

Qo = Ao h g (Ho t - t.E - Y o> (15 . 64 )

e ne risulta pertanto una riduzione della portata (Qo < Q (y 0 t )).


Al lo sbocco, il canale incontra generalmente un bacino di
grande estensione, dove la corrente si immette dissipando a moto
pe r turbato la propria energia cinetica. Pertanto il livello nel b~
c ino coincide , per un canale di pendenza subctitica (if < ic), col
406

pelo libero terminale del canale. Se pertanto, per un canale che


congiunga due bacini a diverso livello, y 1 , y 2 , si considerano ti
velli variabili Y2 nel bacino di valle a partire da un livello p~
r i a ·quello riel bacino di monte (idealmente considerando che le
sponde siano di sufficiente altezza per il contenimento), otterre
mo diversi valori della portata che fluisce nel canale, a partire
da Q = O fino al valore Q = Q 0 corrispondente a l moto u.niform·e nel
canale, quindi ad un livello y 2 = Yo allo sbocco coincidente con
quello richiesto per tale moto. Evidentemente si avranno profili
di moto rigurgita to (tipo M1) per livelli di sbocco y 2 > y 0 , che,
dovendo adeguarsi al livello invariabile di monte, comporteranno
portate inferiori a Q0 . Si ha pertanto (Fig. 15. 26 a)) una curva
delle portate fornite dal canale (B. BAKHMETEFF, 1932), Q =
= f(y2)
y 1 ; cost , che d~ valori crescenti da O a Q o .

:~Q ~[~,, _--_:_;_:_=_=_-___,._ Q=--


12<Yo

Fiq . 15 26 a

Se si abbassa il livello yz a valori minor i di y 0 , la porta-


ta Q può ancora crescere da Q0 fi no ad un valore Q max se il cana-
le è breve e la sua pendenza abbastanza elevata . In tal caso, in-
fatti, può raggiungere il livello di monte un profilo M2 di moto
accelerato verso l 'a ltezza critica finale, che è sempre più basso
e più ripido del profilo di moto uniforme Q0 •

Se 11 canale è lungo e di piccola pendenza, il profilo di m~


to accelerato che può stabilirsi a partire àaììa profondità crìtì
ca terminale si identifica ben presto (a distanza 1 ' dallo sbocco)
con quello di moto uniforme, e vi corrisponde, pertanto, nel ca-
nale la stessa portata Q 0 . Comunque, se il livello nel bacino si
abbassa al disotto di y 2 = y , la portata non più aumenta, ed il
e
recapito del canale nel bacino avviene a caduta libera, come indi
cato nella Fig. 15.26 b).

Analoghe considerazioni possono farsi per stabilire la curva


della portata fornita da un canale che sbocchi in u n bacino a li-
407

vello invariabile, quando invece sia variabile il livello nel ba-


cino di alimentazione.

~ -- - - - - - i
Yo

Q
o

Fig .1 5 . 2 6 b

se poi la pendenza del canal.e é supercri t 1..ca (1..f > i c)' 111_!
vello nel bacino di valle y 2 non influisce sulla portata convogli~
ta, anche se esso è superiore al livello y 0 del canale allo sboc-
co; si forma infatti, a partire da valle (Fig. 15.27), un profilo
di corrente ritardata S 1 , che termina con un risalto. Il risalto
si sposta lungo il profilo s 2 del moto indisturbato, fino a rag-
giungere eventualmente la profondità cri tic a all'imbocco, dove peE_
tanto il risalto si annulla. Questo corrisponde ad un livello y~
nel bacino di valle coincidente all'incirca col livello nel baci-
no di monte.

Fi g .15.27

Si noti che la presenza del vortice nel risalto impedisce il


passaggio di materiali galleggianti, al cui trasporto il canale a
pendenza supercritica può talora venir destinato .

15.11. Dispositivi di regolazioM e di controllo


Prenderemo in considerazione, da ultimo, la presenza di sin-
golarità nei canali, costituite da traverse, soglie di sfioro, lu
408

ci di regolazione, strettoie.

1 S. l l.1. Traversa fissa

Una traversa fissa posta trasversalmente ad un corso d'acqua


(ad es. per consentire anche in caso di magra i livelli necessari
ad una derivazione) manifesta diverse condizioni di funzionamento
a seconda degli stati d'acqua nel canale (che suppo.r remo largo,
cioè di sezione r ettangol a re).
Consideriamo dapprima una corrente len ta , che debba superare
una soglia bassa , a bordo anteriore arrotondato, cosi da non dar
luogo praticamente a perdita d'energia nel passaggio (Fig. 15.28}.
1
Pertanto, essendo l 'energia specifica a monte H e sulla traversa
~ - a, alla portata unita ria q, in base alla curva delle portate,
corrisponde sulla soglia un livello y ~ più basso di y ' a monte.
Poiché il ritorno alla profondità y 0 di moto uniforme a valle del
la traversa avviene subendo la corrente u na perdita d'energia 6E
per il passaggio dalla maggio.re alla minore velocità, il livello a
monte y ' risulterà più alto del livello di moto uniforme a valle
y 0 per la maggiore energia disponibile H' =Ho+ 6E. Si ha quindi
a monte un profilo di rigurgito M 1 , che tenderà a coincidere col
profilo di moto uniforme a g~ande distanza dalla soglia.

·- ·- ·-.

--- .

" , <<

Fig15 .28

Se invece s i trat t a di corr ente rapida, necessariamente di m.2


to uniforme y 0 a monte, la soglia viene oltrepa ssata (Fig . 15.29)
con un rialzo del livello y ~ determinato da l la curva delle porta-
te per la minore energia specifica Ho - a - 6E in corrispondenza al
la soglia, tenuto conto del la perdi ta di e nerg ia 6E ad essa dovu-
ta. Nel canale a valle il moto per l a portata q corrisponde ad un
livello y " un po' superiore a quello di moto uniforme Yo , al qua-
le tende a portarsi, al crescere della distanza, con un profilo S 2 •
409

---
Fig.15.29

Può avvenire però, in entrambi i casi, che la traversa sia co


sl elevata in altezza da non ammettere su di essa, neppure porta~
dosi alla profondità critica y' , la portata q di competenza del ca
e -
nale. Sarà perciò necessario un aumento in corrispondenza alla s2
glia dell'energia specifica, fino a che essa assuma su di essa il
valore H~in = J y'c = J yi/;- . La situazione ha diverse conseguen-
ze nei due casi.
Nel primo caso (corrente lenta) si ha ancora a monte un pro-
filo di rigurgito M1, che gradualmente attenua, verso il regime~
niforme, l'aumento di energia (H~in + a) - 8 0 • Il passaggio sulla
soglia avviene attraverso la profondità critica, e quindi con un
successivo tratto di corrente rapida che prosegue nel canale con
un profilo di moto ritardato M 3 • Il passaggio a corrente lenta di
moto uniforme Yo avviene con un risalto (Fig . 15.30).

Fig.15.30

Nel secondo caso (corrente rapi da ) si richi ede prima della s2


glia il passaggio a corrente lenta per ottenere il guadagno d' e-
nergia; per il che si forma un risalto seguito da un tratto di pr,2
filo s 1 • Segue 1 'attraversamento della soglia con passaggio alla
profondità critica e ritor no al moto supercritico con un profilo S 3 ,
che tende a riportare il livello a quello di moto uniforme y 0 (Fig.
15.31).
410

···-- -....
----
........
--....

Fig .15 . 31

Si osservino le caratteristiche differenze di comportamento


fra 11 moto di corrente lenta e 11 moto di corrente rapida,questo
ultimo, a differenza dal primo, non influenzabile da valle .

IS. 11.2. Stramazzi liberi e rigurgitati


Nei casi prospettati nel § 15.11 .1 due situazio ni particola-
ri possono presentarsi, e cioè che, e ssendovi corrente lenta a mo_!!
te della traversa, s i abbia, o meno, il passaggio a corrente rap!
da sulla traversa stessa e nel primo tratto a valle. La prima CO_!!
dizione corrisponde a quella di stl"ama zzo libero (Fi..g. 15.30), la
seconda a quella di stramazzo rigul"gi tato (Fig. 15.28).
Uno stramazzo, pertanto, affinché sia libero e non rigu r git~
to, deve manifestare la presenza dell'altezza critica e la forma-
zione di una vena rapida, che può poi immergersi nella corrente
lenta di valle.
Abbiamo già studiato come f~
nomeni di efflusso alcuni tipici
stramazzi libe r i , cioè quelli su
bordo sottile ( § 6.4.1), e quelli
su un bordo arrotondato (profilo
sfiorante, § 6.5), applicabili a.!! a)
che alle paratoie mobili a vento-
la. Ove essi siano sagomati in a!
tro modo, per 1 'esame del loro co!!!
b)
portamento si richiede, nei casi
importanti, lo studio su modello
in similitudine di Froude e in se~
la non troppo ridotta, cosi da P2
e)
ter evitare gli effetti parassiti
della tensione superficiale.
Fig 15 . 32
La Fig. 15.32 illustr~ per~
no stramazzo a bordo arrotond ato,
411

le condizioni di efflusso libero (a ) e di efflusso rigurgitato (c),


e la transizione fra le due condizioni (b ) .

Fig . 15 . 33

Un particolare stramazzo è la stessa a og 7..i a piana, che se è a


vena libera può essere esaminato teoricamente purché la soglia sia
di sufficiente lunghezza affinch é v i si stabilisca un tratto di
corrente parallela, allo s tato r itico . Supponendo trascurabile la
perqita di energia anche in virtù dell'arrotondamento del bordo an
teriore (Fig. 15.33), avremo in corrispondenza alla soglia di al-
tezza a (15.14') :

( 15. 65)

da cui:

qc = ( if 1 ./g
2
(H - a) 3 / 2 = 0,385 12g (H - a) 3 /2

Nel caso di un afflusso 2 da un bacino o canale molto ampio,


per cui l'energia cinetica ~ sia trascu rabile e quindi H - a "' ho
(carico dello stramazzo), la precedente fornisce:

q " (15.66)

_.
formula indicata nel 1849 da J.-B. BELANGER, per cui lo stramazzo
a soglia 'lunga viene denominato strama zz o Bé l ang er. In confronto
allo stramazzo rettangolare a cresta sottile,la portata di questo
stramazzo è leggermente inferiore ( C q = 0,385 contro c q=0,41 par
lo stramazzo predetto con velocità d'arrivo nulla (6.26)). La dif-
ferenza è dovuta alla curvatura d ella v~na e conseguenti depres-
sioni nella sezione contratta dello stramazzo a cresta sottile.
Nel fornire questa espressio ne, Bélanger riconduceva il risul
tato ad un pr i ncipio di mas s ima portata sul l o stramazzo; esso mo-
dernamente va interpretato come conseguenza d ello stabilirsi del-
412

l a profondità critica nel passaggio da corrente lenta a vena rapi


da.

Yc

Fig . 15. 34

Per uno stramazzo a soglia ;unga (Fig. 15. 34 ) , il limite


0 85 di sommergenza per il pas-

~
hv l saggio da l i bero a rigurgi-
ho rigurgita to
~ tato dipende dal rapporto
0 ,80

~ h /h o fra il l ivello di val-


v
l e sopra la soglia e il ca-
o 75 ~ rico ho , e dal rapporto a/y
"-r----_ e
libero fra l' altezza della soglia
0.70 e l'a l tezza crit ica sulla me
desima; da risultati teori-
c i (M . SC HM IDT, 1954) si ot
0.65
o 2 4 6 10 tiene la curva d i Fig. 15 . 35.
La valutazione della POE
Fi g . 15 . 35
tata di u no stramazzo rig uE
gitato può fars i con un coefficiente di portat a e ' = ~e in base
q q
ad un fattore $ a sua volta dipenden te dal rapporto hv / h 0 ; nella
Fig. 15.36 sono riportati, secondo la stessa fon te, ta li valori
per varie forme di c resta de llo stramazzo.

I.O

hvlho
0.8

0 .6
17,1/,l l

/'r0,2
0.4
~3 n0 ta = I
~4 n0 1a , . 0 .42_ _.J---1-->+--'
0.2
I s
o L___L_-J.-.1-.....L- 4- _J_...)._ . c _...L__J
o 0 .2 0.4 0 .6 0 .8 ~ I.O
413

15.11.3. Efflusso da luce di fondo

Abbiamo già esaminato questo tipo di efflusso in particolare


nel caso assai importante di una paratoia sollevata dal fondo di
un canale rettangolare, quando la vena a valle è Libera(§ 6.3.3) .
In questa ipotesi, ad ogni sollevamento della paratoia che deter-
mini una luce a e quindi una sezione contratta a valle Cca in cor
rente rapida corrisponde nel canale a monte una profondità .y = ho
di corrente lenta: queste due profondità, dette alternative, sid~
sumono dalla curva q(y) per H costante (Fig. 15.37), tale potendo
riguardarsi l'energia specifica in un moto accelerato su fondo
praticamente orizzontale. Qualora il valore dell'energia Ha mon-
te sia indipendente dalla portata (il che avviene se si suppone
che la paratoia regoli un grande bacino ) , al sollevamento della p~
ratoia corrisponderanno, lungo la q(y) , portate crescenti, finoal
2
limite di q max per profondità critica y e = - H. Raggiunto questo
3

Fig . 15.37

valore, e sempre che l'efflusso sia Libero cioè non influenzato da


valle {l'alveo che segue è di sufficiente pendenza·1) , l' ulteriore
sollevamento della paratoia non avrà più influenza sulla portata;
e il moto sarà il medesimo che all'imbocco di un canale ( § 1 5. 1 O a))
in condizioni critiche, cioè di massima portata.
Vediamo ora come le condizioni di valle possono influenzare
11 fenomeno. Se il canale è a debole pendenza, e non può quindi
mantenere a valle la vena rapida di altezza pari alla vena contrat
ta, si stabilirà un moto decelerato di corrente rapida. (profilo
M3 ) che a una certa distanza si porterà con un risalto alla pro-
fondità (Y2) r = Yv della corrente lenta nel canale (Fig. 15. 38 a)) .
In queste condizioni l'efflusso è ancora libe ro.
414

Se però, per riduzione di pendenza od altro , la profondità Yv


aumenta, il risalto, diminuendo l'altezza coniugata (y 2 )r, si sposta
lungo il profilo M3 verso monte, fino a che, raggiunta la sezione
contratta, l'efflusso risulta s ommerso o annegato (Fig. 15.38 b)).
La situazione limite di passaggio fra efflusso libero ed efflusso

-- - - -- - --- --

Fig .15.38a

Fig 15. 38 b

annegato può essere esaminata teoricamente, considerando che ciò a~


viene quando l ' altezza (y 2 Jr coniugata nel risalto a quellaCcadella
415

vena contratta si identifichi con la profondità Yv y


V lim,
della
corrente a valle. Il numero di Froude f:r 1 della corrente rapida va
quindi riferito alla velocità ve data dalla (6 . 20), risultando al
lora:

2-h 0 /a

che introdotta nella relazione del risalto (15 . 42' ) , con (y2)r =
= Yvlim. fornisce:

Yvalim. = C2c[ -~ 16 1i2 a2


V' + e (C
e
!
h 0 /al - 1
e
]

come rappresentato neldiagrammadiFig . 15.39 pervarivalori di c c.


La Fig. 15.40 r iporta, da
esperimenti di H.R. HENRY (1948)
1 valori del coefficiente C q da
introdurre nella formula:

(15.67)

guando l'efflusso è rigurgita -


to, cio~ Yv > Yvlim' Vi è ind!
cata anche la curva teorica
(6 . 22) dell ' efflusso libero,da
OO
L-.....__i
2 --'----'4:---''--6~..._-!B- ,;IO
confrontarsi con guella della
Yv,,m
Fig . 6. 5, assi eme alla corri- o
Fig .15 .39
spondente curva sperimentale.
Quando l'efflusso è molto
sommerso, e le velocità nel e~
nale a monte e nel canale a valle possono ritenersi piccole e qui_!!
di trascurabi l i i relativi termini cinetici, può r itenersi appli-
cabile anche in questo caso la formula dell'efflusso da luci ri-
gurgitate (§ 1 3 .4), che corrisponde a porre nella (15 .67):

cq = cc y1-~ (15 • 67 I)

Il relativo andamento è i ndicato a tratteggionellaFig.15.40


per Yv = 5.
a
416

0.6
Cq
0.5

0,4,

0:3

a2

0.1
Yv
a
=2 ,
o
o 2 4 6 8 10 12 14 16
h0 /0
Fig 1540

1 S. I t.4. Ostacoli e restrin gimenti brevi nei canali


La presenza, in un canale di sezione rettangolare, di un br~
ve restringimento della sezione dalla larghezza b ad una larghez-
za effettiva b ' (quale si ha ad esempio per la presenza di pile di
ponti allungate) determina fenomeni del tutto analoghi a quelli,
provocati da una soglia di fondo, già esaminati nel § 15.1 1.1.
Infatti, se 11 canale è di debole pendenza (if < ic> e suffi-
cientemente lungo perché in assenza dell'ostacolo vi si stabilisca
un moto uniforme, il passaggio ristretto comporterà, sempre in coE
~ente lenta, un aumento della velocità praticamente senza perdita
d'energia,mentre si avrà una perdita nella successiva espansione a,!
la piena sezione del canale. Per compensare questa perdita t:.E (Fig.
15.41 ), si richiede un aumento a monte dell'energia specifica ad
un livel lo Hv + t:.E , il che comporta un rialzo de l pelo libero ri-

- --. - · - -
~-
H Ym
Yv

Fig15 . 41
417

spetto a quello di moto uniforme, dando luogo ad un profilo di ri


gurgito M1 tendente a portarsi asintoticamente a tale profilo. CiO
determina una riduzione di portata, che sarà tanto piil sentita qua!!
topi~ breve è l'estesa a monte del canale.
Fra le formule che cercano di legare, in questa condizione,
la portata unitaria q ' = Q/b ' attraverso la sezione ristretta al
sovralzo 6y = Ym - Yv' citiamo quella di F .A. NAGLER (1918):

q ' = kN {2g ( Yv - 0,3 ~; ) J6y + 6 ~; (15.68)

b'
in cui 6 varia col rapporto T in b ase ai seguenti valori:

Tabella 3

b'lb o 0,10 0,20 0 ,30 0,40 0,50 1,0

6 o 1,27 1,68 1 ,93 2,005 2,025 2 ,040

Se però l'energia specifica Hv della corrente a valle è mino


re del valore minimo necessario a far transitare nel passaggio la
portata q ', cioè se:

(15.69)

si richiederà un corrispondente aumento dell'energia specifica a


monte , e la corrente attrav ersando nel passaggio l'altezza criti-
ca proseguirà a valle come v e na rapid a. Si determinerà quindi un
profilo di moto ritard ato M3 in corrente rapida, che, .una volta ra9:
giunta la profondità coniugata alla profondità Yv di valle, pass~
rà a corrente lenta con un risalto (Fig. 15.42).
La condizione di passagg io a questo moto c on transi zi one , raE
presentata d all'ugua glianza nella ( 15.68) :

3
3 y~ (15. 70)

si traduce, introducendo il valore limite F, . del numero di Frou


V ) 1i m b' -
de della corrente a valle
1 1m ( ,~
Fr . . e ponendo - b = r (rae_
s:
gy v 1 1m
porto di strozzamento ) , nella seguente relazione (E . MARCHI,1968):
2/ 3
3 lim
Fr
2 + Fr ~ .
1 1m
418

·~ --~ ·_--y,--- -
- -- ... _

-Vm

Fig. 15.42

le cui soluzioni positive Frlim, Frlim sono riportate nel grafico


della Fig. 15.43.
b 10
r :;;: b O.BO
moto subcritH P"'1 r-L moto supercrit,co

/ moto con rrans iz,one r--- t--.....


0,60
r--- r--
0 .40
I ~

020 I
oV
o' 100 200 300
Fig 15.43 1=,:;;m
I· •I •
In questo caso di debole pendenza vale la soluzione Fr ' .
1 im
, che
è compresa f ra O e 1 .
Se si indica con ym la prof ondità in corrente lenta a monte
del passaggio, vale la relazione, per energia costante:

ed ovviamente ym coincide con y lim' cioè con la profondità di va!


le che assicura al limite il passaggio senza necessità di rialzo.
Si ha quindi, risultando _Q_
Fr lim
blgym

ym = k f./ gb2 ~:. ?


lim
( 1 5. 71)

dove si è introdotto un coefficiente correttivo k , che,come a nche


il coefficiente kN ne lla (15 . 68), dipende dalla forma della testa
ta delle pil e ed ha valori mo lto prossimi all ' unità.
Il mot o di transizione attraverso l ' altezza cr i tica si forma
anche quando il cana le è a forte pendenza (if > ic); in questo c~
so l 'acquisto di energia specifica necessario per attraversare i l
passaggio non può avve n ire che in corrente lenta, poiché il moto
419

uniforme supercritico di monte non può subire modificazioni (Fig.


15.44) se non attraverso un risalto. Questo fenomeno si verifica
a monte del passaggio, mentre come abbiamo visto avviene a vaZZe
se il canale è di debole pendenza.

---- -----

Fig . 15.44

L'ultimo caso da esaminare è quello di una corrente supercri


tica (if >>i cl, che per avere e n ergia specifica sufficiente si mall
tenga tale anche attraverso il passaggio. In questo caso si forma
solo un locale rigonfiamento della corrente (Fig. 15.45), richie
sto dall'aumento della portata unitaria da q a q' , cui segue un ri
torno al regime uniforme a valle con un profilo S2 .
Si osservi che, quando l'impedimento è in un canale a regime
supercritico, nessuna conseguenza di variazione della portata ne
consegue anche se il canale è breve.

-------- . . .._ _

------- ·-
H

Fig.15.45
4 20

15.1 I.S . Misurato re a risalto

Il misuratore a risa'lto è un dispositivo studiato da G. DE


MARCHI ( 1 936), come perfezionamento di precedenti tipi , che,sfru!
tando la transizione da corrente lenta a corrente r a pida, consen-
te ,_anche in condizioni di elevata sommergenza a valle, di ottene-
re la misura della portata . Il dispositivo è quindi analogo ad uno
stramazzo non però libero ma rigurgita to; il risalto operando co-
me recuperatore di quota.
La tran s iz ione può essere ottenuta (Fig. 15. 4 @ combinando lo
effetto di una soglia di f ondo di alte z za a (§ 15. 1 1 . 3) con quel-

lo di un r estringime nto r =·bb' (§ 15 .1 1.4). Vi può e s ser e associ~


to, a compenso dell ' effetto di rigurgito, un abbassamento 6 del
fondo . Casi particolari saranno pertanto i seguenti:
a) abbassamento nullo, 6 = O (applicazione a un canale esistente) ;
b) a= O, o= O, semplice str o zzatura su fondo piano;
c) r = O, semplice soglia di fondo senza stroz zatura .

'

I --- I
I
lv: b -
i, . -- b- - -

-+I
I u. -
Fig . 15. 46
--
Affinché si abbia sulla soglia un tratto di corrente allo sta
to critico, parallela e senza apprezzabil e curvatura, occorre che
il tra tto strozzato sia sufficientemente lungo rispetto al carico
a monte hm (t ~ 2hm). In queste condizioni, la misura della port~
ta potrebbe trarsi direttamente dalla misura stessa della profon-
dit~ critica y e', cioè Q = q ' b ' = lg y e• 2 1 3 b'. Peraltro la lettura di
guest 'altezza è quanto mai imprecisa date le perturbazioni d e l p~
lo l ibero g e neralmente associate allo stato critico; e perciò con-
421

viene effettuare in sua vece qualla del carico hm di monte misur~


to rispetto alla soglia, che è assai pia precisa essendo effettu~
ta in corrente lenta.
La relazione fra hm e y~ si ha in applicazione del principio
di Bernoulli (moto accelerato senza apprezzabili perdite):
v2
h + .J! =
m 2g

da cui, notando che:


Q l'q ! r./g y • 2/3
e .
V = =
m b(h m + a) (1 + a/hm) hm (1 + a/hm) hm
si ottiene:
r2 y. 3
hm + e 3
( 1 + a/hm) 2 2h 2
= 2 y e' (15.72)
m

che corrisponde alla (1 5. 70) p er hm = y ~, quando sia a = O (sem-


pli ce restringimento senza soglia ) .
L'equazione (15.7 2) può scriversi nella forma :

z3 - 3A z + 2A = O (1 5 . 72 ' )

avend o posto - -y ~
z Q2 ed A = _(1 _ +_a/hm) 2 . essa s i ri"d uce a 1
__._..___
- hm gb ' Lhm r2 ,
Fr;im)2 /3
là forma (15.70') osservando che z = ( ,
Assunta la minore z = z1 delle due radici reali positive del
l 'equazione (corrente l enta), risulta subito:

q' = .!l... = 2 3/2i2g h3/2 (15.73)


b' 1 m

formula che è analoga a quella dello stramazzo ( 6.24) con


2 3/2
=~.L'andamento dei valori di CQ,in funzione di 1/>'A, risul-
ta dalla Fig. 15.4 7.
La funzione C Q (A) è stata approssimata da L. GHERARDELLI ( 1939)
con l ' espressione seguente :

CQ = 0, 385 + 0,108/A (15.74)

valida, con scarto inferiore all ' 1% , per 1/A < 0,75.
Come si vede, quando esiste soglia (a i O) il coefficientedi
pqrtata CQ non è indipendente da hm; lo è invece, come in un comu
ne st~amazzo, quando a= O.
422

Si considerino le seguenti cond i zioni l i miti. Per r-+ O, cioè


b -+ "' si ha uno stramazzo a larga
soglia ( § 15.11.3) con canale di 0 707
arrivo infinitamente largo,quin-
di senza velocità d ' arr i vo; per- I
c iò CQ = 0,385.
J

CQ =
Per r = 1, con a = O, si trat
ta della cadu ta di fondo alter-
mine di un canale, per cui si rea
lizza la profondità
0,707.
critica con
0.50

0.40

030
0 .385

o 02 OA 06
--
08
1 _
/

r
ID
~ - 1+alhm
L2

Come si è detto, per un cor Fig . 15 . 47


r etto f u nzionamento la vena rap!
da deve essere libera e non sommersa ; valgono quindi le considera
zioni già fatte nel § 15 . 11 .2 a proposito del l imi t e di somm erge ~
z a di u no stramazzo. Nel caso part i colare, da esperienze eseguite
v i ene consigliato (D . CITRINI, 1941) di non oltrepassare il segue!!_
te valore limite h v l im della pro fondità de l canale a valle, misu-
rata dal piano d ella soglia:

( 1 5.75)

dove si consiglia il valore À = 0,35 per dispositivi c on soglia e


c o n gradino di fondo, e À = 0,25 per dispositivi a fondo piano .
423

16. MOTI DI FILTRAZIONE

16.1. Generalità
Con la parola fi Z.tra zione s ' intende generalmente il complesso
dei fenomeni di moto di u n fluido attraverso un me zzo permeabile,
ossia poroso, come quello costituito dai grani di un terreno scio.I_
to (sabbioso, ghiaioso) naturale.
Questa proprietà del materiale fa sì che il fluido trovi tu~
ta una rete di irregolari canalicoli entro cui muoversi; date le
piccole dimensioni di questi meati, il moto presenta rilevanti re
sistenze ed è perciò normalme nte molto lento.
Per ogni punto del fluido abbiamo una quota piezometrica,che
sarà espressa (4.12) da:

h • = h + 12.
y
( 1 6. 1)

e che è costante lungo la verticale (disti-ibuzione idros tatica del


la pressione) attesa la lentezza del movimento (vedi § 4.3). I-
noltre tale quota praticamente coincide, essendo l'altezza cinet!
ca trascurabile, con l'altezza e della linea dell'energia rispet-
to al piano stabilito di riferimento.
se il fluido è in quiete ,la quota piezometrica è la stessa in
ogni punto occupato dal fluido; quando è in movimento , si richie-
de un gradiente piezometrico nella direzione del moto, per compe~
sare la dissipazione di energia dovuta alle resistenze viscose. In
direzione normale al moto, invece , la quota piezometrica è costante.
Appare evidente la difficoltà di uno studio che pretenda di s~
guire il moto in ogni canalicolo, l e cui caratteristiche geometr!
che sono irregolari e complicate; ed è preferibile pertanto ricoE
rere agli aspetti globali del moto, considerando, assieme allo SP!!
zio effettivamente sede del moto, anche quello occupato dalle paE
ticelle solide, riguardando il tutto come un insieme fisico aven-
te le proprietà del continuo .
424

Con questo artificio possiamo definire una quota piezometri-


ca definita dalla (16.1 ) per ogni punto, indipendentemente dal fa!
tose materialmente esso è occupato dal fluido o meno . Questa quQ
ta, per le ricordate ragioni, sarà costante lungo ogn i superficie
del mezzo permeabile, normale alla traiettoria del moto. In que-
ste condizioni è possibile anche tracciare la superficie piezome-
trica in cui regna la pressione atmosferica.
Si potrà poi definire, per ogni piccola sezione 6A di questo
mezzo poroso, una veioaità di fiitra z ione V, tale che, detta 6Q la
portata attraversante la sezione, risulti:

. 6Q
V = 1 im .SA ( 16 . 2)
6A+O

L'effettiva velocità media vm a ttraverso i canalicoli è mag-


6A
giore della velocità V in relazione al rapporto -r;f = m5 (detto p~
r osità superfiaiaie) fra l'area 6A 5 dei vuoti e l'area 6A comple~
siva, talché:

V
m = ( 16. 3 )

Si fa notare che la porosità di volume m, definita come il ra_e


porto tra il volume dei vuoti ed il volume complessivo del mezzo,
è la media dei valori, variabili con la sezione, della porosità s~
perficiale . Per uno stesso materiale, specie se di forma regolare,
la porosità di volume varia molto con i"l suo assetto: nel caso di
sfere, passa da m = 0,476 per una disposizione cubica al più bas-
so va l ore m = 0,259 per una disposizione romboedrica. Per i terre
ni naturali si danno i valori della seguente Tabella:

Tabella

Materiale Porosità m
Argilla 0,50 -- 0,60
Limo 0,45 f 0,55
Sabbia o ghiaia uniformi 0,30 e 0,40
Sabbia mista fina e media 0,30 • 0,35
l:3bbia mista media e grossolana 0,35 f 0,40
Sabbia e ghiaia 0,20 f 0,35
Calcare o, 10 f 0,10

16.2. Legge di Darcy e suoi limiti di validità


La legge fondamentale venne stabilita da H. DARCYnel 1856 in
425

base all'osservazione della variazione della quota piezometrica


nel passaggio dell'acqua attraverso un filtro cilindrico di mate-
riale poroso. Detto 6h*il dislivello (cioè la diminuzione di tale
quota) fra due sezioni di area 6A del filtro distanti 6i, l'espe-
rienza fornisce, in base alla portata MJ , la velocità di filtra-
zione:

(16. 4)

da cui, al limite, con grandezze scalari, la Legge di Darcy:

V = ki (16. 4')

dh*
dove i= - di è la pendenza deLLa Linea piezomet~ica nella dire-
zione del movimento.
Si noti che, introducendo la velocità effettiva v m attraver-
so i canalicoli, la proporzionalità diretta fra la velocità e la
cadente piezometrica definisce, attraverso ciascuno di essi, unm2
to di carattere viscoso, analogo al moto di Poiseu.ille entro tubi
capillari (§ 9.3.1).
La grandezza scalare k viene chiamata coeffici ente di fiZtr~
zione, ed ha le dimensioni di una velocità (m/s). Essa è una cara!_
teristica globale dell' insieme costituito dal fluido permeante e
dal mezzo permeabile. Mentre il fluido può essere facilmente qua-
lificato da un singolo parametro (la viscosità cinematica), nelle
proprietà caratteristiche del mezzo poroso intervengono molte gra_!!
dezze, alcune delle quali sono di difficile enunciazione. Basti
pensare alla forma geometrica dei canalicoli, alla loro dimensio-
ne, all'acqua che è trattenuta per capillarità, ecc .
Non si hanno risultati conclusivi per le definizione di k ;
sia,tuttavia, l'analogia col moto nei tubi capillari, sia conside
razioni di analisi dimensionale portano a stabilire (J. KOZENY,
1927) per k un'espressione del tipo:

k = cd 2 .:i:. (m/s ) ( 16. 5)


)J

in funzione di un parametro lineare caratteristico d, che può e~


sere la dimensione del vaglio che lascia passare una certa perce_!!
tua le dei granuli. La scelta appare giustificata, in quanto tale
valore si rapporta, indirettamente, alla dimensione trasversale
dei piccolissimi tubi costituiti dai canalicoli. Per esempio, A.
426

HAZEN (1892) propose l'espressione:

k= 0,00151 d!; (m/s) (16. 6)

ove si introduce il cosiddetto diametPo efficace <de>, che corri-


sponde alla dimensione del vaglio che lascia passare solo il 1 0%
del peso del materiale (con i l che viene data importanza, ai fini
della perrneazione, soprattutto ai granuli delle minori dimensioni).
Le grandezze proprie del mezzo rientrano in un coefficiente
che può propriamente definirsi coefficiente di pePmeabilità kp' e
che, riferito alla (16 . 5) ,risulta:

( 16 . 7)

Una simile espressione non esaurisce però il problema, in


quanto la dimensione d da sola non rappresenta in modo soddisfa-
cente la tendenza del mezzo ad essere permeato. Infatti nel feno-
meno hanno molta importanza la costituzione del materiale e la fo!,
ma dei granuli (se tondeggianti o a spigoli vivi) e la loro tessi
tura nel terreno, quindi sostanzialmente la porosità. Per queste
ragioni può aversi anche un ' anisotropia di k, ma generalmente que
p
sta grandezza viene riguardata come isotPopa, cioè di uno stesso
valore indipendentemente dall'orientazione del moto.
I valori più impiegati nella pratica del coefficiente k sono
quelli che derivano da una grossolana classificazione delle sab-
bie, ed hanno i seguenti ordini di grandezza (per perrneazione del
l'acqua):

Ta bella 2
Tipo di materiale k (m/s)
Ghiaia 10-2 ~ 10
Sabbia mista a ghiaia minuta 10- 3 o 10-2
Sabbia pulita da fina a grossa
(buoni acquiferi) 10-S o 10-2
Sabbia argillosa o finissima
(cattivi acquiferi) 10-8 t 10-5

Per problemi e determinazioni importanti occorre ricorrere di


volta in volta ad una determinazione spePimentaie del coefficien-
te k. Tale determinazione può essere effettuata inlaboratorio ,re2
lizzando un filtro con un campione di terreno possibilmente prel~
427

vato e collocato in condizioni indisturbate . (Fig. 16.1).


Alimentando il filtro con una portata costante Q, una volta
raggiunta la condizione di regime
per cui il dislivello lih fra il li
vello di monte e quello di valle
sia costante, se lit è la lunghez-
za del filtro ed A la sua sezione,
sarà allora per la (16.4):

k = Q lit
A lih

Le misure di campagna sono s2,


stanzialmente più valide, in qua.!!
to permettono di esaminare diret- Fig. 161
tamente il terreno in sito. Posso
no farsi misurando in almeno tre pozzi abbastanza vicini le quote
piezometriche della falda, che corrispondono all'altezza di risa-
lita nelle rispettive canne, da cui per interpolazione si deduco-
no (Fig. 16.2) gli andamenti del-
le linee di egual quota (dette a~
che i s o freatiche), a cui è ortog2,
nale il vettore velocità, e la pe_!!
56 denza della piezometrica. Con l 'i.!!
troduzione poi di materiale trac-
55.3 55.5 ciante dal pozzo a monte, rileva.!!

L. do il tempo necessario per il pa~


saggio negli altri due pozzi, si
ricavano le componenti della vel2,
cità lungo due direzioni, e da qui
Fig.16 2 il modulo e la direzione della v~
locità di filtrazione. Altre prove
di campagna, basate sull'estrazione d'acqua da pozzi, sono accen-
nate nel§ 16.4.
La legge di Darcy (16.4' ) è valida solo per velocità suffi-
cientemente piccole affinché il moto nei canalicoli del mezzo peE
meabile sia nel complesso di tipo viscoso. Al fine di determina-
re il limite di applicabilità di questa relazione, inun primo te~
tativo si è cercato di studiare il moto di filtrazione in modo a-
nalogo a quello del moto uniforme nei tubi (§ 12 . 3), e cioè, po-
sto :
i t~
d 2g
(16. 8)
428

si è ipotizzato che 11 coefficiente f d ipenda da un p a rticola re n~


p Vd
mero di Reynolds Fhd = - 11 - , riferito alla dimensione d dei grani
come rappr e sentativa del diametro dei condotti a t traverso cui a v-
viene la filtrazione .
I risultati ottenuti (A. VERONESE, 1941 ) con sabbie e ghiaie
omogenee di diametro medio d , integrati con quelli di altrj autori
(Fig . 16.3),mostrano che il moto viscoso ( l egge di Darcy) è beneve r!
ficato fino. a Re d ~ 5 all ' incirca , con f = 1150/ Red. Sostituendo
nella (1 6 . 8), si ottiene:

i = 575 ::-1½,
yd
V (1 6. 9)

cioè la legge di Oarcy con k = 0,00174 Y d 2 (m/s), che trova buon


V
confronto con la (16.6) di P.AZEN .

1
T
d=0.0764cm /AMHED (/967)
,_2gid d o. 140cm
-yr "o d·- 0.550 cm SUBBA (1969)
04 A
o d- O3 O S'!,!j/'DA (1965)
= -~~ "t11tlt"
• o cm /sere dt verro
o VE~ESE 1941 {ghiaia e sabbia !
111111 Il 1 · 1 1 rmrr 1 I J lii

a3- 11111 Il 11 11111 Il lii


~ t o laminare zona r1, mo o -
transizione urbo (O

Il

<

• .1 .=
I IITT O ,
10 ~

10-Z

Fig .16. 3

Dopo una zona di transizione , a partire da Re d = 200 circa va


le una legge di moto turbolento con f ~ 15,5.
Si osservi che nel diagramma della Fig . 1 6.3 i punt i relati-
vi a corpi regolari (sfere di vetro, diametro 0,3 cm) denotano un
comportamento distinto , con valori inferiori di f rispetto a quel-
li che risultano per sabbie e ghiaie omogenee.
Pi\l modernamente il problema è stato trattato (A. ARBHABHIRA-
MA, 1973) qualificando un nurne r'? di Reynolds Re k = pV lJ/f.p edunc2
efficiente di resisten z a f k = g1- V;7<i'
,nei quali in luogo della dime!!
sione d dei granuli viene introdotta, come rappresentativa della
dimensione geometrica, la permeabili t à kp del materiale. Qualif i -
429

cando poi il materiale in base al diametro medio d , alla permea-


bilità kp ed alla porosità m secondo l'espressione adimensiona-
le __,,.,,L_ , i punti speri.mentali per valori costant.i di quest' e-
nçTm
spressione si dispongono (Fig. 16.4 ) su curve corrispondenti alla
formula:

+ cost (16.10)

che con valori significativi di entrambi i termini corrisponde al


lo stato intermedio, per valori piccoli di R• k tende a:

f = (legge di Darcy)

a per valori grandi di R•k tende a:

fk = cos t (moto turbolento)


10
' ' '"'-
5 d
1_g;i,ç '~ V1co1m
~

,,
'*- va 2 ' 22. 0

' ~..,_
'~ ~
/ fk= 1/Retcost
4.0
2.7
1.0 ~:6.2
' ' ~~ 9 .2
30. 6
o.s ' -32.8
4 0.7
~ ......__
:,-.._

r,...
047.6
7. 7
0.2
"r--,"'- ~ ti; 3.4
6.5
O.I ''
f* = VR~
........__
r---
56,3
5.0
7 7.7
O.Q5
'"
0.02 '
o.o, ''
O.I 0.2 O~ I.O 2 5 10 20 50
'
IOO 200 500 1000
pv.fi;
Rek = µ.
Fig . 16 . 4

L'introduzione della porosità elimina così le differenze di


comportamento dovute alla forma ed alla tessitura del materiale
granulometrico.

16.3. Potenziale delle velocità


Per i moti che seguono l'equazione di Darcy, se ci si riferi
sce ad un sistema di coordinate cartesiane (x, y, z) si ottengono
430

le componenti del l a velocità :

= _ k ah•
V
X a;-
ah•
V
y - k ay (16.11)

ah·
V
z - k
Tx"

Analogamente a quanto si è visto per i moti viscosi di lento


scorrimento (§ 9 . 4), anche questi moti (che pur obbedendo alle e -
qua z ioni di Navier-Stokes presentano, data la lentezza, terminidi
inerzia del tutto trascurabili) ammettono formalmente (P . FORCHHE!
MER, ~886) l ' esistenza di un potenziale:

<P = - kh* ( 16. 1:2)

La funz ione h• è pe rtanto una fun zione armonica, che in base


all ' equazione di continuità (3 . 23), che si traduce nella:

avX av
Y
__ + av z
ax + ay az o ( 1 6 . 13)

soddisfa all'equazione di Laplace (5. 1 ):

( 16 . 14)

L ' esistenza del potenziale è cond i zionata dalle ipotesi fat-


te di velocità continua in tutto il campo fluido e di distribuzio
ne idrostatica delle pressioni lungo la verticale, condizioni che
possono ritenersi, in questi moti, generalmente verificate. Per-
tanto i metodi di calcolo della funzione potenz i ale , ampiamente
trattati nel Capitolo 5, trovano larga e puntuale applicazione ai
moti di filtrazione .
Le condizioni al contorno per questi moti sono le stesse ivi
discusse per i moti i rrotazionali. Lungo la superficie non per me~
bile , con cui il me zzo poroso confina, è nulla la componente del-
la velocità:

V
n
- k aa':: = o (16.15)

Dove il mezzo poroso è a contatto con l'acqua di un bacino,


431

di un canale ecc. a superficie orizzontale, per essere h· ; cost,


è pure costante il potenz1a·1 e , • Superficie libere (come quelle a
contatto con l'aria) entro il mezzo poroso hanno come caratteri-
stica un valore costante délla pressione. Se sono presenti a con-
tatto due mezzi di differenti permeabilità k 1 , k 2 , la velocità nor
male lungo la superficie di separazione dovrà essere la stessa dal
le due parti, e pertanto:

( 1 6 .16)

Come importante esempio, esaminiamo il moto piano di filtra-


zione al disotto di una traversa fluviale costruita su terreno
sciolto permeabile, quale si presenta a seguito del dislivello ho
fra il pelo libero del lato a monte e quello a valle (massimo nel
la ritenuta col fiume in magra) .
Il tracciamento del reticolato di flusso, a maglie quadrate,
deve rispettare le condizioni al contorno (Fig. 16 . 5), date dal fa!_
to che la velocità è tangente alle varie superficie impermeabili
(fondazione della traversa, diaframmi, strati impermeabili profon-
di) che hanno pertanto per tracce linee di corrente, mentre la super_
ficie orizzontale del terreno ai due lati della traversa costitu!
sce una superficie equipotenziale, da cui le linee di corrente pa.!:
tono ed arrivano normalmente.

I
fondo im erm bi/

Fig. 76 .5

Poiché il problema è cosi determinato, il reticolato di flus


so può essere tracciato a tentativi, o con l'ausilio di modelli~
nalogici di Hele-Shaw (§ 9.4.2 ); esistono anche soluzioni analiti
che per molti tipi di contorni (N.N. PAVLOVSKI, 191 9 ) .
Si arriva in definitiva ad un reticolato come quello traccia
432

to nella Fig. 16 . 5, in cui ogni tuno di flusso compreso tra due li


nee di corrente è percorso dalla stessa portata t,q (per unità di
lunghezza trasversale).
Se t,s è il lato di un quadratino, la portata che lo attraver
sa è data da :

t,q = V As

Per la legge di Darcy è anche:

t,h .
V "' k -
t,s

da cui:

t,q "' k t,h " (16 . 17)

Poiché ho è il dislivello, se ogni tubo di flusso è suddiviso in


N quadratini dalle equipotenziali, sarà anche:

6h•= ( 16. 18)

se infine nello strato permeabile risultano tracciati M tubi


di flusso, sarà inoltre:

q = M tlq ( 1 6. 1 9)

per cui la portata totaZe di fiZtrazione , per unità di lunghezza


trasversale, è data da:

q k (16 . 20 )

Dal reticolato è possibile anche risalire in ogni punto del-


le fondazioni a l valore della pre ssione che si esercita verso l 'al
to (sottopressione), che va considerata per la statica della strut
tura, e valutare, nel moto di risalita verso valle dell'acqua di
perrneazione, la stabilità degli elementi mobili del terreno, per
evitare l'eventual ità del fenomeno cosiddetto di sifoname nto .
Negli u ltimi tempi, gli sviluppi dì applicazione del metodo
degli eZementi finiti ai moti a potenziale delle velocità retti
d all'equazione di Laplace, hanno consentito la risoluzione di pr2
blemi di filtrazione a moto permanente per complesse condizioni al
contor no, ed in presenza di s uperficie libere, e di problemi di m2
to vario per particolari condizioni iniziali .
433

16.4. Cui elementari di moto entra confini subili (falde artaiane)


Una distinzione fondamentale nello studio dei moti di filtra
zione riguarda la presenza, o meno, di confini stabili entro cui
11 moto si svolge. ove in parte questi non sussistano, ciò signi-
fica la presenza di superficie libere nel moto di filtrazione,cioè
di contatto con altro fluido (aria ) . La distinzione ricorda quella
dei moti liquidi nei condotti chiusi {a pressione) e nei cariali {a

pelo libero) ·
Nei terreni si incontra spesso il caso di strati permeabili
limitati da strati impermeabili o da riguardarsi come tali. Si o-
riginano naturalmente dei moti a pressione, tali che, se la falda
d'acqua viene raggiunta con una perforazione verticale, l'acquari
sale nel foro fino a portarsi alla quota piezometrica, che talvo!
ta può essere anche superiore al piano di campagna. La Fig. 16.6
mostra lo schema classico che spiega la presenza di falde sotter-
ranee a pressione nelle pianure alluvionali poste al piede dei ri
lievi.

p0,1zo fr•atico
\

..·.- : : _; ·
... ... :'", .
.···. . ·. ~ :
· . .': . : '
: .·. . '·.· ~ .: ...

Fig. 16.6

Le falde a pressione vengono anche chiamate a r tesi ane; il no


me deriva dalla regione dell'Artois, in Francia, dove vennero e-
stratte per la prima volta (nel sec. XVII) acque direttamente af-
fioranti a mezzo di pozzi: ma già nel modenese la pratica era sta
ta attuata, per cui si dava a cosiffatti pozzi anche il nome di
pozzi modenesi.
Sotto il nome di falde freatiche , invece, si intendono le fal
de di acqua sotterranea che permeano un mezzo poroso che sieste.!!
de fino alla superficie del terreno ed in cui può ritenersi regna!!
te la pressione atmosferica esterna. La falda presenta al disotto
di detta superficie un livello (detto appunto liv ello freatico) su
434

cui può ritenersi agire la pressione atmosferica. Generalmente so


no considerate falde freatiche quelle che interessano gli strati
superficiali del terreno;
falde artesiane quelle più superficie del
:: ••• ~, •• ,( !:. , ! ..
te•rr!""e,n,.,.o...,....,,.,..,...,..
. : : : ·::;:; : .· ;.-, . •. , .•...••. ;::..... ; ......;:
profonde, fino a diverse
centinaia di metri di prQ '~ -
fondità.
Si consideri dappri-
ma il moto traslatorio u-
nidimensionale di una fal
da a r tesiana che
con velocità Voxnella di-
scorra
· , ; / 'falda
~~l artesiana
-~;J ' ' ' · .. '
r:;., :
:.·. -t~: ·.·.··.
. 1·~':1 · · . · ·
' 11=~ -' .; •
·. · ·~:;• - tondo
' ' ' ' ' ,,
imperm. ·
- ·

. .Vo,
..... :·.

rezione x fra due strati


Fig.16. 7
impermeabili orizzontali
{Fig. 16.7). Si ha, in base alla legge di Darcy:

_ k ah • ki ( 1 6. 21)
ax X

per cui il moto presenta un potenziale ~ = v0 xx = - kh• .


Se ora il moto avviene entro uno spessore s uniformemente peE_
meabile e costante, assumendo h * = O per x = O, s i ottiene:

h* = ( 1 6. 22)

essend o q 0 la portata per u n ità di lunghezza. Analogo risultato PQ


teva ottenersi integrando l'equazione del potenziale, che si ridu
ce in questo caso all'espressione ~~h; = O.

Un problema interessante è quello di un pozzo artesiano. Con


viene esaminare il caso schematico di una falda circondata da ac-
qua in quiete lungo una superficie cilindrica verticale di raggio
ra coassiale al pozzo, ed a livello costante h sul piano inferiQ
3
re impermeabile (Fig. 16.8). Il pozzo sia perforato e filtrante
per tutto lo spessore s della falda, e da esso si estragga a moto
permanente la portata Q.
Si noti che il potenziale di questo moto piano orizzontale , che
è quello di un punto assorbente, con velocità radiale positiva ver
so il centro:
V _ Q_ ( 1 6 . 23)
r 211 r s

si scrive:
~r - 2_~ 8 lnr + cost (16. 24)
435

,,
Fig . 16 .8
valore che è 11 corrispettivo della (5 . S) va lida n el moto spaziale .
Poiché d>r =- JcJi •per la (16 . 1 2) , essendo h · la quota p iezom~
trica della falda, variabile con r , segue immediatamente fr a i 11
miti r = r 0 (ragg io del pozzo) ed r = ra:

Q (1 6 . 25 )

dove ho è il livello nel pozzo, depresso in virt~ del l ' attingime~


rispetto ad h 8 , che è l a quota piezometrica al limite esterno d e l
la falda; per cui risulta una depressione 6 = h 3 - h0• Se ora s i
facesse tende re r 8
all'infinito (pozzo immerso in una falda infi-
nitamente estesa), tenderebbe pur e h 3 all'infinito o, per r 8 in-
finito, Q tenderebbe a zero: un risultato evidentemente assurdo,
che mostra come la situazione di moto permane nte s upposta nel la
s chema tizzazione possa effettivamente presentarsi solo in un ' este~
s ione limitata di raggio r 8
attorno al pozzo, al limite della qu~
le 1-' al tez za della falda sia que lla indisturbata h •
8
Praticamente , peraltro, si può applicare la (16. 25) anche a
pozzi entro falde artesiane illimitate, consi derando per r il CO
a
siddetto "raggio di influenza", peraltro di non facile determina-
zione , cioè la dis tanza a cui l 'influenza d el pozzo sulla fa lda di
fatto si estingue. Poiché però questo valore compare sotto loga-
ritmo del rapporto r 3 /r 0 , gli effetti di una cattiva sua scelta
non sono rilevanti sul valore della portata. Infatti per r 3 /r 0 =
= 1 00 si ha ln r 3 /r 0 = 4 ,605; per r 3 /r 0 ~ 100 0 si ha ln r 3 /r 0 =
= 6 ,908 ; tra questi possibili estremi, appare r agionevole di por-
re ln r 3 /r 0 = 6 nella (1 6.25); con il che si ottengono d ei risul-
tati, che trovano buona conf.enna nella rea ltà.
436

La relazione inversa della (16.25), cioè col segno negativo,


si presenterebbe se si trattasse non di un pozzo per estrazione di
acqua dalla falda, ma di un pozzo per ricarica della falda (Fig.
1 6. 9 a) , b) ) •

~r
b)

Fig . 16 . 9

Particolarmente interessante è la relazione h* (r) che disceg


de dalla (16.25), applicata tra r 0 ed il raggio generico r, tenen
do conto della (16.25) stessa, ed eliminando Q:

ln r/r 0
h* - ho = (ha - ho > ln r a)r o ( 16. 2 6)

Quest ' equazione rappresenta il cono di depressione attorno al


pozzo, il cui profilo è indipendente dalla portata derivata.
Si osserva inoltre che, integrata la (16 . 24) tra due distan-
ze generiche r 1 ed r 2 , cui competano le quote piezometriche hj ed
h 2, si ricava :

Q
k = ln r2/r1 (16 . 27)
211 s (h z - h j)

Su questa relazione si basa il metodo proposto da G. 'rHIEM


{1906) per determinare il valore del coefficiente di permeabilità
k da osservazioni dei livelli in due o piil pozzi di spia, posti
lungo una direzione radiale a breve distanza da un pozzo di attin
gimento. Le osservazioni vanno fatte dopo aver raggiunto nell' e-
strazione d'acqua dal pozzo a portata Q costante un regime quasi
permanente.
La (16.25) mostra inoltre che la portata di un pozzo artesi~
no risulta fu n zione lineare della depressione o = ha - ho fra il
livello "statico" della falda indisturbata e il livello "dinamico"
nel pozzo durante l'emungimento .
Questo permette di applicare ai pozzi artesiani un pr i na i pi o
437

di r eciprocitd , che u. PUPPINI ( 1911) enunciò nel seguente modo .


Si abbia un sistema di n pozzj artesiani praticati nella ste_!
sa falda e funzionanti contemporaneamente; si suppongano attuati
in ciascuno di essi due successivi ernungimenti, di cui 11 primo di
portata Q i pe.r ciascun pozzo (i = 1, 2, ••• , n) ed 11 secondo di
portata Qi.
Siano 6i e 6i
le rispettive depressioni all' interno
dei singoli pozzi. Risulta che portate e depressioni sono legate
dalla relazione:
n n
i Qi 6 i .. ~ Qi 6 i (16. 28)

La dimostr azione della ( 16. 28) si basa sul fatto che per la
linearitA della (16.25)
è valida la regola di
sovrapposizione degl i
Q
effetti; il principio
di reciprocitl cosl e-
nunciato trova corri-
spondenza formale nel-
la teoria dell'elasti-
citl e in numerosi al-
. ·.~ ·.. ,~-:..-
. ~ ., . ..
: ~ - .. r.:..:_i_
. · ls
tri campi della fisica.
.· ...:- ·.,~i~ Qualora 11 pozzo sia
. · ·... :·.. 1~1~
operante in un preesi-
p o
stente moto parallelo
della falda la cui ve-
locitA non possa esse-
re trascurata, occorr~
rl tener conto di que-
sto moto assieme a quel
X lo di estrazione di po!.
tata dal pozzo. Tratt~
si della combinaz ione
linea d . d i un p u nto assorbente
' a rtiz ione
V- - 2n'lc,s
Q e di un moto tra sZato-
rio unidirezionale di
F ig. 16 . 10
veloc itcl V O nel verso
d ella x negativa che,
nel caso piano qui trattato, è l'equivalente dell'analogomotospa
zia le a simmetria assiale trattato nel § s. 2. Qui il potenzia!;
del punto è:
438

~I = 2~8 ln r+ cost (16. 29)

mentre quello del moto traslatorio è:

(16. 30)

Il moto risultante da = ~ 1 + ~ 2 conduce al sistema di linee


~

equipotenziali e di corrente esempl i ficato nella Fig. 16.10. L'af


flusso al pozzo è circoscritto da una linea di partizione nel pi~
no orizzontale, il cui asse di simmetria passa per il pozzo, ed il
cui vertice è alla distanza (cfr. 5.9 ) :

Q
xo = 2 11 V s
(1 6. 31)
o

a valle del pozzo stesso.

16.5. Casi di moto permanente a superficie libera (falde freatiche)


Consideriamo ora una falda delimitata inferiormente da un pi~
no orizzontale, che presenti all'interno una superf i cie libera.
Il caso più semplice è quello del moto piano (bidimensionale)
di una falda a contatto, attraverso due superficie permeabili veE
ticali, distanti x = x 0 , con due bacini a livello diverso e costan
te. Un caso particolare è quello d ell'alimentazione di un canale
trasversale profondo, in trincea od in galleria (cosiddetta gaZZ~
r ia fi z.ti•ante ), cui affluisce una portata q uniforme per unità di
lunghezza trasversale, i n virtù della differenza fra il livello h 0
della falda indisturbata e quello interno h 1 • Si determina cosi un
profilo di filtrazione h~x) , che è indicato nella Fig. 16.11 .

. '
.·. '
\
-,-- -lo 7- -: -
strato im 1 ,

X
1: X

Fig 16 . 11
439

Se con i metodi del moto a potenzi ale delle velocità sì traf


eia all'interno dell'ammasso filtrante il reticolato di flusso,si
vede che le superficie equipotenziali (normali alle linee di cor-
rente) non coincidono con le superficie piane verticali aventi gu~
ta piezometrica h "generica.
Un'approssimazione dovuta a J. DUPUIT (1863) consiste nel ri
tenere pressoché coincidenti queste superficie, cosicché lungo la
verticale si abbia distribuzione idrostatica delle pressioni e,
ah.
quindi, valori costanti della pendenza motrice "1"x e della veloc!
U V. L'approssimazione è tanto piil lecita quanto piil è piccola la
curvatura della superficie. In questo modo risulta applicabile il
metodo già esposto per le falde artesiane, e si ha quindi, attra-
verso una generica superficie verticale:

ah"
q = lf V = kh• ""'ax (16.3 2)

che, integrata fra h 1 ed h o , fornisce (cosiddetta para bola di Du-


pui t) :

q = k (16.33)

Qnèhe qui vale l'incongruenza rilevata a proposito dei pozzi


artesiani,qualora si voglia applicare il procedimento ad un atti~
gimento con galleria filtrante da una falda infinitamente estesa
!xo+ "').
Qualora venga considerata la filtrazione attraverso un amma~
so di larghezza relativamente breve, come puO essere un argine di
ritenuta (Fig. 16.12 ) permeabile, assume particolare importanza il
problema di definire l 'andamento della superficie libera all' in-

Fig .16. 12
440

terno e lungo 11 paramento di valle dell'ammasso. Con riferimento


alla Fig. 16.12, possiamo distinguere: a) una linea AB che va dal
pelo libero di monte ad un punto B posto, sul paramento di valle,
ad una quota superiore al punto C in cui il livello di valle toc-
ca i l paramento; essa è ovviamente una linea di corrente a pres-
sione atmosferica (Zinea di filtra z ione o di saturazione); b) un
tratto BC del paramento in cui avviene un gocciolamento libero da_!
l'interno all'esterno sempre a pressione atmosferica ( li nea digo~
aioZamento o fonte sospesa); c) la traccia del paramento anterio-
re al disotto di A e quella del paramento posteriore al disotto di
e .che sono entrambe Zi nee equipotenziali(§ 16.3). La lineadifi.!
trazione AB attraverserà normalmente l'equipotenziale in A, ma non
può per~ terminare nel punto e, perché ivi concorre certamente u-
na linea di corrente del moto di filtrazione come la EC, la quale
nel punto C deve essere ortogonale all'equipotenziale del pararne~
to. Non possono infatti due distinte linee di corrente concorrere
in un punto come e, altrimenti si dovrebbe ivi supporre una velo-
cità infinita. Pertanto la linea di filtrazione deve terminare ad
un punto B superiore a e, e per ragioni di continuità della velo-
cità piegare tangenzialmente al paramento.

Fig. 16 . 13

La determinazione del punto B, che è mo l to importante per la


statica degli argini, pu~ essere fatta con metodi approssimativi.
Quello di F. SCHAFFERNAK (1 917), per un argine su un piano oriz-
zontale, senza livello d'acqua a valle, applica (Fig. 16.13) al
lato estremo BE del triangolo BEC l'equazione di Darcy, con l ' i ~
tesi di Dupuit, ottenendo:

dh·
q = kh• ai'"= ka sino tga (16 .34)

D'altra parte dovrà essere, separando le variabili e integra~


do, con l 'indicata correzione per l'inizio della linea di satura-
zione:
441

ho XQ

J
a sin o
h· dh• = asino tgo f
a cosa
dx (16.35)

da cui il valore di a:

a = ·c~L - Vc:}20- si:t (16. 36)

Analogo risultato trova L. CASAGRANDE (1932) assumendo come


ipotesi, in luogo della (1 6.34 ) , la proporzionalità della veloci-
dh•
tà al gradiente Ts, essendo e la coordinata curvilinea della li
nea di filtrazione. Egli ottiene, in luogo della (16.36):

a= lx 2 2
+ ho /x 2o 2 cotg 2 a
ho
0 - - (16. 37)

Una più esatta soluzione del problema può ottenersi coi met2_
di di soluzione dell'equazione del potenziale basati sulla rappr~
sentazione conforme {§ 5. 4), secondo un procedi.mento indicato da
M. MUSKAT (1937) e G. HAMEL (1 934 ). Nononstante, comunque, la pr~
senza della superfi-
cie di gocciolamento,
è stato mostrato dal
lo stesso MUSKAT che
l'applicazione della
semplice parabola di
Dupuit dà valori coE
retti della portata.
Analoghe consi-
derazioni valgono per
···., .· •". ·..• · . ndo
il caso del po zzo fre~
"- -
tico, alimentato a m2,
Fig .16.14
to permanente lungo
la parete cilindrica
di raggio r 0 ed appoggiato su fondo -impermeabile (Fig. 16.14). Ac-
cettando ancora l 'approssimazione di Dupuit, e considerandola poE
tata Q attraverso una superficie cilindrica verticale coassiale al
pozzo, risulta:

da cui, separando l e variabili e integrando:


442

h2 - h2
a o
Q 11k (16.38)
ln !:a.
1' o

dove ancora r a è una distanza dall'asse del pozzo a cui si trova


un bacino di livello h 8 , ed ho è il livello all'interno del pozzo.
Si osservi che, a differenza dal pozzo artesiano, la relazione Q (6)
fra portata e depressione 6 = h 8 - ho non è lineare.
La relazione (16.38) è applicata solitamente, data la sua SE!!!!
plicita, anche a falde freatiche indefinite, pur dovendosi sempre
far rilevare l'incongruenza per ra + "', gia rilevata a proposito
dei pozzi artesiani.

16.6. Problemi di moto vario delle acque filtranti


Consideriamo un moto a superficie libera che si svolga quasi
parallelamente al piano xy orizzontale, cosl da poter accettare la
approssimazione di Dupuit (§ 16.5) che le superficieverticalisi!
no attraversate normalmente dal fluido. Assumiamo con h" la quota
piezometrica rispetto a detto Pi!
no, mentre è - hf la distanza da
esso del fondo impermeabile. Pre-
so in considerazione (Fig. 16 .15)
un elemento prismatico dell'aroma!
so, di base ox oy , esso sara at
traversato in direzione x nel tem
po 6t da un volume fluido:

Vx ( h" + hf ) 6y 6t

Fig .16.15 sulla faccia anteriore, e da un vo


lume:

ox ]ow 6t

sulla faccia posteriore, con una variazione quindi di volume pari


a:
(16. 39)

ed analogamente con una variazione in direzione y pari a:

(16.39 ' )
443

Ne segue una variazione della superficie libera (quota piez~


met:cica) nel tempo 6t, nel verso opposto alla risultante delle po!:
tate,pari a:

(16.40)

dove m è la porosità di volume.


Se poi è presente un flusso esterno (i nfiZtrazione) o un de-
flusso verso l'esterno (evaporazione), di portata p per unità di
superficie orizzontale, tale da dar luogo nel tempo 6t ad un con-
tributo di volume

± p 6x 6y 15t (16. 41)

di esso si dovrà tener conto nel bilancio, ottenendo infine:

ah*
= m aT 6x 6y 6t

Poiché assumiamo, in base alla (16.31 )

avremo infine, nel caso in cui sia p = O:

Qualora il fondo sia orizzontaZe , e coincida col piano (x,y)


per cui hf = O, si ottiene:

( 16. 43)

che può trasformarsi nella forma:

a 2 h* 2 a2h • 2
~ + ~ (16.44)

ed in particolare, se il moto è permanente :

(16.45)
444

Quest'ultima equazione (Ph. FORCHHEIMF.R, 1886) è risolvibile


in casi particolari: per un moto unidirezionale (a:~; =O)
2
forn!
sce subito la soluzione della parabola di Dupuit; se il moto è r~
diale verso un asse centrale, trasformata in coordinate cilindri-
che:

(r a;; 2
)= o
fornisce il moto di afflusso ad un pozzo freatico (§ 16.5).
Per il moto vario, un problema risolvibile direttamente in b~
se alla (16.42), come
indicato da J. BOUSSI
NESQ {1903), è quello
dell'esaurimento, da X . .' •• . . ; .

parte di una sorgente, .·' .. h, . ·.

dell'invaso contenuto
in un ammasso permea-
bile. Considerando il 1- .e
moto nel piano verti- Fig.16 16

cale x, h e la sorgente costituita da una soglia orizzontale come


in Fig . 16.16, dove si assume l ' origine degli assi, si osserva che
generalmente la parte sovrastante la quota della soglia, e quindi
soggetta ad esaurimento, può essere considerata di spessore h• a!
sai minore di quello, hf, dell'ammasso permeabile sottostante,che
potremo inoltre ritenere costante in x . In queste condizioni, la
( 1 6.42) diviene:

m ah •
(16.46)
k "1T

Possiamo cercarne una soluzione nella forma:

h " = f (x) e-at ( 16. 47)

essendo a una costante positiva: f(x) sarà allora determinata da.!


l ' equazione:

~
dx
= -
am
khf f

che ha come integrale generale:

f = e1 sin ( ~ x + e2) (16.48)


us

essendo costanti arbitrarie C1, C2 • Si vede poi che c 2 = O doven-


do essere h * = O per x = O, mentre per essere¼= O per :r: = .t ri
sulta cos ~ .t = O.
Si soddisfa pertanto alle condizioni al limite con la funzio
ne:
,rX t
C1 sin 2t e- 0 (16.49)

11 2 kh
dove f
a= 4iiiTT .
Se la superficie libera iniziale (t = O) fosse rappresentata
dalla:
*
ho= C1 sin
fl X
'fi (16.50)

il problema sarebbe completamente risolto. Altrimenti, per una s~


perficie libera iniziale di forma qualsiasi, si vede che l'espre!
sione di h• si riduce piil o meno rapidamente alla (16.49), che è
una soluzione semplice fondamentale.
In questo caso, la portata per unità di lunghezza della so-
glia è data dalla:

(16.51)

od anche, osservando che nella ( 16.49) c 1 rappresenta il valore


h~ che h* assume per :r: = t e t = O:

(16.52)

essendo ancora qo il valore della portata iniziale al tempo t = o.


E' questa l'equazione del regime proprio della sorgente, 11 cui~
saurimento piO o meno rapido è denotato dal maggiore o minore va-
lore del coefficiente a di decremento.
Altro problema unidirezionale risolvibile direttamente nelle
stesse ipotesi~ quello delle variazioni della superficie libera
di una falda soggetta a fLuttuazi oni di Liveiio del corpo d'acqua
esterno con cui confina, come ad esempio quelle dovute alle maree
od alle oscillazioni di portata di un fiume. Vale ancora la (16.46h
in cui, nel caso di un'oscillazione periodica, di periodo t 0 e ~
piezza 2ho come quello della marea, le cond.izioni ai limiti sono:

t
h = ho sin 4n to" per x -= O ed h = o per :r: ... .,.
446

.--,..;'"iii"ii"iiiin°n_______.,_.. th
)( --------
.....

I
. I
! a)

terreno

· ·1aida frl!atica

b)

Fig. 76. 77

La soluzione per una falda artesiana di spessore s costante


(Fig. 16.17 a)), risulta (Ph . FORCHHEIMER, 1919):

2
sin ( / t - x lirm /t 0 k s) (16. 53)
0

da cui segue che l'ampiezza 2 h 0 x delle fluttuazioni piezometriche a


distanza x dalla sponda risulta

h Ox = h o e - xv o 5 (
16.54)

mentre il ritardo t r fra un massimo o minimo nell'acqua esterna


ed il corrispondente a distanza x all'interno della falda risulta,
ponendo
2 nt
to x
. /nm nella (16 .53 ) :
Vtòi<s
lr = X
/ t nm (16 . 55)
\ 411ks

La soluzione è approssimativamente ancora valida per le osci!


lazioni di liv-ello d 'una falda freatica (Fig. 16.17 b)), quandosi
sostituisca nella (16.53) allo spessore s la profondità hf dell'a!!!
masso permeabile al disotto del livello medio di regime.
E. MARCHI (1957) ha fornito l'integrale della stessa equazi~
ne (16.46), per un fiume con rilevato arginale, considerando nel
fiume un'onda impulsiva di forma rettangolare e di durata limita-
ta, quale può riprodurre schematicamente l'inviluppo delle possi-
bili onde di piena.
'47

17. ELEMENTI DEL MOTO DEI FLUIDI COMPRIMIBILI. GASDINAMICA

17 .1. Moto permanm~ dei gu


L'equazione (4.4), applicata al moto permanente di un fluido
comprimibile, e semplificata trascurando il termine di p0sizione,
fornisce lungo una traiettoria s:

..!. lE.
P éls
+
asa 2v2 = o

cioè:

~ a( \ )= o 2
+ ( 17 .1)

Qualora il moto sia anche irrotazi o na l e, la stessa equazione


( 17 .1) è valida per l 'intero campo fluido, per analogia a quanto
già espresso per i fluidi incomprimibili (§ 4.4 ).
Nel caso dei fluidi comprimibili, con p =p (p), 1' equazione
integrata si scrive in generale, come indica la ( 4. 6'):

fdn
~
v2
+ 2 = costante ( 17. 2)

e si richiede per la valutazione dell'integrale la conoscenza del


la legge di stato del gas.
Indicando con P o, Po il valore della pressione e della densi
tà del fluido per un punto di velocità v 0 , si ottiene, con rifer!
mento ad un punto (lungo la traiettoria, o per moto irrotazionale
nell'intero campo fluido ) di velocità v, pressione p e densità p:

r Po
dp
-p +
V
2
-
2
V~
o (17. 3)
448

Per i gas pe1'fetti con calori specifici costanti l' equazione


di stato si scrive (§ 1.7):

1 1
Essendo p
.l.. (
Po
..E..)-k,
Po
si ha subito :

k-1

r
e quindi si ottiene :
Po
dp
p
k
k=--f :: [c:l)
-k-

1]

k-1
v2 - v2
2
o k Po
k--=7" PO [1 -( )-r]:o (17 .4)

che è l'equivalente, per i gas comprimibili, dell'equazione di BeE


noulli per i fluidi incomprimibili.
Generalmente, nella gasdinamica, si suole far riferimento a~
le condizioni di ris t agno del gas nel processo considerato, quel-
le cio~ corrispondenti a v o= O. Se allora chiamiamo, anziché con
r; o, Po, con i simboli Pro"'r o rispettivamente la pressione e la den
sità in quel punto, otteniamo dalla precedente:

v2 2k
= r-:::-, -Pro
Pro
[1 -
( - P )k~l
Pro
l ( 17. 5)

che è la cosiddetta f o rmula di Sa int-Venant e Wa n t ze Z. (J.C . BARRE.'


DE SAINT- VENANT e L. WANTZEL, 1839).
Si noti , da questa formula, c he la velocità massima di fuor!
uscita del gas da un recipiente in q uiete si ottiene per p = O,
cioè quando l ' efflusso~ nel vuoto, e vale:

V
max
= -
2k
k --
Pro
1 -Pro =
VFl 2k
g RT ro
(17 . 6)

dove R è la c o stante caratte rist ica dei gas pe1'fetto nella forma
(di Gay-Lussac) de ll 'equazione di stato ~ gR T ,e Tr i è la temper~
tura assoluta.
La formula (17.5) può scriversi pertanto nella forma equiva-
449

lente:

(17.5')

Ad esempio per l 'aria, alla temperatura t o•c, assumendo i


valori normali:

Pro= 0,132 kp s 2 /m" Pr o = 10.332 kp/m 2

e con k = 1,405, si ottiene vmax 7 57 m/s.

17.2. Vdoc:ità del 111000 Dà fluidi in quiete


La propagazione in un fluido comprimibile in quiete di picc2
le perturbazioni avviene con velocità finita, generalmente indica
ta come veioaità d e i suono .
Nel caso di perturbazioni di pressione a fronte piano, come
quelle che avanzano entro un tubo rigido di sezione uniforme pro-
vocate dal leggero movimento di un pistone, la situazione si pre-
senta come indicata nella Fig. 17.1 a ).

fronte ~Ila oer_turbazioMJ frontf dello pertvrbozione


in movimento stoz,onor; _-.

-
dV
A
-C+dV ,
- I
_,:CA

l t
P+dp
'-
tP t
t oV
' '>
o) osservatore in aviete 1 J-c+dV
... l-c
b) osservatore in movim~nto
con lo perturbazione
Fig .17.1

La fronte della perturbazione si propaga con velocità unifo~


me a da sinistra a destra, verso il fluido in quiete avente pres-
sione p e densità p; essa lascia d i etro di sè fluido (perturbato)
avente pressione p + dp e densità p + dp , che si muove verso de-
stra con velocità di f l usso (s upposta uniforme nella sezione) dV.
Seguendo un indirizzo già noto, questo fenomen.o di moto vario
450

può essere ridotto ad uno di moto permanente riferendolo non ad a~


si fissi, ma mobili con la velocita e della perturbazione; coslun
osservatore solidale colla fronte avra sempre, a destra e a sinistra,
le medesime condizioni del fluido. Queste condizioni sono equiva-
lenti a quelle che risultano dal sovrapporre a tutto il sistema~
na velocita, da destra a sinistra, - e, per cui la fronte restera
in quiete, e il fluido assumera le condizioni indicate nella Fig.
17.1b).
Aquesto processo di moto permanente potremo applicare il te~
rema della quantita di moto (7.18) per un volumedelimitatoda due
sezioni, pur esse stazionarie, poste subito a monte e subito a val
le del fronte. Trascureremo, data la piccolezza del volume, le for
ze d'attrito. Detta A la sezione uniforme del tubo, e p Q la port~
ta di massa,costante dato il carattere permanente del moto, potre-
mo scrivere:

A [l p + dp ) -p] = pQ [!- c+dV) - l- e)) ( 17. 7)

da cui, essendo Q Ac , si ottiene semplificando:

dp = pc dV ( 17 • 7 I)

L'equazione di continuita, applicata alle due sezioni a mon-


te e a valle del fronte d'onda, fornisce dal suo canto:

(p + dp ) A (- e + d V ) = - pA c ( 17 .8)

che si riduce, semplificando, alla:

dV
dp = p -
e
(17 • 8 I)

Dividendo la (17.7') per la (17.8'), si ottiene:

e = ±~ ( 17. 9)

che è il valore della ce lerità d i pro pagazi o ne di una piccola per


turbazione relativa ad un mezzo in quiete.
Poiché, in base alla (1 .8'):

dp = E dp
p
451

dove E è il modulo d'elasticità di volume, risulta anche:

e = ( 17 .1 O)

Si noti, nei riguardi termodinamici, che data la rapid.i.tà del


processo e per essere piccole le variazioni sia di pressione che
di temperatura, il processo stesso risulta quasi adiabatico, et~
le può essere considerato al limi te per un 'onda di perturbazione
infinitesima. Ciò è confermato dal fatto che la (17.7 ') coincide
con l'equazione dell'energia ( 1 7.1) applicata al moto permanente
di velocità - e, per il quale d V è il decremento della velocità nel
verso stesso della - c.
Ad un risultato eguale a quello qui ottenuto per un'onda pi~
na di perturbazione, si giungerebbe considerando un'onda cilindr!
ca avente una linea c0!1le sorgente, o un'onda sferica avente un pu~
to come sorgente.
In un gas perfetto, dato il carattere adiabatico del proces-
so, potremo assumere l'equazione di stato:

k
..E.. = ( _<:__ )
Pro Pr o
V
Scrivendola nella forma: ln _.__ = k ln ...E... e derivando, si ot
Pr o Pr o
tiene 4E = k E e quindi:
dp p '

e = (17.11)

Per l'atmosfera normale, cioè al livello del suolo alla tem-


peratura di 0°C, essendo Pro = 10.332 kp/m 2 e Pro = 0,132 kp s 2 /m~,
risulta c 0 = 332 m/s.
La velocità del suono, oltreché con l'espressione (17.11),
può anche essere scritta (avvalendosi della formula di Gay-Lussac
già richiamata):

e = lkgRT ( 17 .12)

da cui si vede che, per uno stesso gas, la velocità e è inversa-


mente proporzionale alla radice quadrata della temperatura assol~
ta T.
Nell'atmosfera la temperatura diminuisce con 11.'altezza: per
l' atmoefer-a nor-ma le (§ 2.13) la riduzione è di 6,5° ogni 1000m di
quota. Ad es. a 10.000 m (quota di navigazione degli aerei a rea-
452

zione) sarli T Tr O - 65 °, cioè T = 208 °. Avremo pertanto:

e /T = 2 9 O m/ s
= e O •1/ho

17.3. Influenza della velocità del fluido sulla velocità di propagazione. Velocità critica
Se ora si scrive la (17.11) nella forma:

/ k-1

e = • r:-;; - . \
vi<.~ V
~(_g_)k
Pro Pro
(17.11')

essendo Pro, Pro le condizioni del fluido in quiete, e si tiene con


to che la formula di De Saint-Venant - Wantzel (17.5'), associata
alla (17.6) fornisce:

V 2 = V max
2 [1 - ( !._ rk~l J=
Pro
V 2
max
2k
- k=-f ~Pro
)k~p
k-1

si ottiene:

v2 2c 2
max -~

da cui infine la formula:

e = / k -2 1 (v 2
max
- V 2) ( 17 . 13)

che mostra come la celerità di propagazione aumenti al decres~ere


della velocità propria del fluido. Il massimo corrispondealleco_!!
dizioni di quiete (v = O, Pro• P r o >:

=V~---
. ~

e Vmax ( 17. 14)


max

valore nullo e = O si ha quando v = v max •


Può definirsi ancora una velocità critica V- della corrente,
di valore pari alla celerità di propagazione, e cioè che soddisfi
alla relazione:

V
.= C
.
Dalla (17. 1 3), posta l'eguaglianza, si ottiene:
453

(17.15)

od anche

a• = 'V-'~-~- .I 2k
k + 1 Pro - V k + 1 gRTro = V1
m2 C!
(17.16)

Per l'atmosfera normale, dove aro= 332 m/s (per v = O) ,risu!


ta e• = 0,913cro= 304 m/s.

17.4. Numero di Mach. Correnti subec>nicM e suputonicbe


Si definisce come numero di Maah il rapporto adimensionale
fra la locale velocita v della corrente e la corrispondente cele-
rità di propagazione:
Ma= ~ (17 .17)
a

Se si tiene conto dell'espressione (17 .11 ) per la e, che, e~


sendo (1.10) E kp, può scriversi a= J!, si ottiene in luogo del:_
la precedente:
v2
2
Ma = E/ P ( 17 • 1 7 ' )

In tale forma, che introduce gli effetti dell'elasticità e


della densità del mezzo, 11 rapporto predetto (al quadrato) è de!
to numero di Cauahy, e può definirsi come 11 rapporto fra la for-
za d'inerzia per un dato volume t 3:

e la forza risultante dalla compressione elastica per lo stesso vo


lume:

F = Et 2
e

Il numero di Mach (o di Cauchy) è quindi il parametro signi-


ficativo dell'importanza della comprimibilita, e quindi delle va-
riazioni della densità, nel moto fluido.
Poiché, come abbiamo visto, la celerità di propagazione a r~
lativa ad una data velocità del fluido v varia con la velocità stes
sa, il numero di Mach cosl definito non è proporzionale a v. Lo è
V
invece il particolare numero di Mach Ma•= 'cl", definito assumendo
come celerità di riferimento quella corrispondente allo stato cri
454

tico (17.15). Per la velocità critica, Ma= Ma•= 1, le due defini-


zioni coincidono,
Si definiscono come correnti subsoniche (o subcritiche) quel
le per cui:
O ~ v < c• , 0 ~ Ma : 1 , 0 ~ Ma• < 1

come cor1'enti Sl-(personiche (o supercritiche) quelle per cui:

e• < V ~ V 1 < Ml ~ "' , 1 < Ma• ~


' max

(per l'aria
1
yt 2,45). ~
Per fluidi incomprimibili, p = cost quindi~= O, la celeri
tà di propagazione risulta c = ~, quindi Ma= O; questa categoria
di fluidi rappresenta perciò un valore limite delle correnti sub-
soniche. Il valore di transizione, Ma = Ma• "' 1, rappresenta lo sta
to transonic o .
Un'importante relazione può stabilirsi tra la pression~_ e il
numero di Mach M1•Riprendendo infatti la formula (17.S') e tenen-
do conto della (17.13), che, introdotto 11 numero di Mach, giscr!
vono rispettivamente nella forma:

(17 .5" )

k ~ 1 + Ma2 , (17.13')

si ottiene:

··' · [.+r · .; l [, -(:;,Fl


da cui, risolvendo:
k

..E_ _ [ 2 ] k-1
(17 .18 )
Pro - 2 + (k - 1)M,z

Come risulta anche dall' equazione,Pro è la pressione del flui


do in quiete per v = O, M•= O. L'andamento di p in funzione di v e
di Ma è dato dalla Fig. 17.2. Per Ma= 1 si ha, per l'aria, p =
= 0,528 Pro·
E pertanto:
455

nel campo subsonico 1 ~ .J!_) o, 528


Pro

nel campo supersonico O, 528 ) L ~ O


Pro o.s

ao+---------~=
I...,____ I .. ...::VC!.!m.!.la..,x_ _------1•
~
V

Fi<J. 17. 2
17.5. Pralione di ristagno
Come abbiamo visto, nella dinamica dei gas si sogliono indi-
care con Pro , Pro granàezze relative ad una corrente in quiete;
esse corrisponaono pertanto ai punti di l'istagno di una corrente
in movimento, l! dove questa annulla la sua velocita. Se lungo u-
na linea di corrente si passa dalla velocit:1 v 0 con pressione Po e
densità Po alla velocità nulla, la pressione assUJT\e 11 valore di
ristagno J.Jro che si ricava subito dalla ( 17 .18 ) , la quale puè:> seri
versi anche nella forma:
k
p r o P-o p o .. [ k ~1 Ma 2 + 1] k -1 - (17 .18 I)

e, sviluppando in serie il binomio:

Pro - P o k 2 [ 2 - k ]
- - - - = 2 (Ma) 0
Po
1 + ¾ {M• ) 02 + -iT (Ma)~+ .••

Poiché, d'altra parte:

k k k v2
2 o
2 P o (Ma) o = 2 Po 2 Po k 2..n.
Po

si ottiene il valore della sovrapressione di ristagno t.p = Pro - p 0


dalla:
t.p 1 2 2-k I+
..--- =
1 2
= 1 + i ( Ma) 0 + ~ {Ma) 0 + ••• (17.19)
2 Potlo

L'effetto della comprirnibilitA, rispetto ad un fluido incomprl


mibile, è quindi dato dai termini in ( Ma)~, (M.lò, L'errore che
si incontra nella dinamica dei gas se si adotta la formula valida
per i fluidi incomprimibili (vedi § 4.5) :
456

6P P r o - Po

è pertanto (limitandoci al solo primo termine) dell'ordine di¼ (Ma)~.


Fino a che (M1f~<0,20(cioè per v 0 " 70 m/s " 250 km/h), l'errorenon
supera 1' 1%.
Per le applicazioni alla misura col tubo di Pitot della velo
cità dei fluidi comprimibili, si veda i l § 18.4.2.

17.6. Correnti monodimensionali o lineari


Anche alle correnti dei fluidi comprimibili entro tubi di flu~
so sufficientemente ristretti rispetto alla lunghezza può essere
applicata l'ipotesi che, in ogni sezione piana normale all' as~e,
la velocita (che indicheremo quindi. con V), la pressione p e la
densita p abbiano valori medi costanti, e che la deviazione della
velocita dalla direzione assiale sia trascurabile.
Se al lora A è la sezione del tubo gener icamente variab1Ie lu.!]_
go l'asse, avremo <lall'eguazione di continuità (§ 3 . 3):

oAV cost ( 17. 20)

per la portata in massa Qm = pQ di un fluido comprimibile a moto


permanente.
Se p fosse costante (caso dei tluidi i ncomprimibi l i) risult~
rebbe, come gi3 r il evato, che la velocitJ V è inversamente propo~
zionale al la sezione A .
Ma, essendo anche p variabi le, la ( 17.2 0) differenziata forni
sce:

~ + à p + dV o (17.20'}
11 p V

Se ora {ne\l'ipotesi che i l processo sia isentropico ) consi-


de r iamo, per fl E ·= O e con o = 1, l'equazione dell'energia in for-
ma differenziata che coincide con l'equazione di Bernoulli (17 .1) :

~
p
+ V dV = O

e la div idiamo per Q.E. = a 2 , otteniamo:


dr
457

v dV vdV
V dV 2
-c"r =----;;-zv-= - ..,2

Confrontando con la (17 .20 ' ) , abbiamo:

dA (17.21)
T
( M1 2- 1)
vdV
che è la relazione di H. HUGONIOT ( 188 7) .
Essa fornisce conclusioni di notevole rilievo, riassunte nel
seguente schema (Fig. 17.3 a )) :

V Mxl Ma>1 *'


aumenta __,._
~ ..,,._
~

diminuisce
----
~'~
----
~

a)

f ig 17 .3
b)

In particolare è notevole che, nel campo supersonico (M, >1),


sia necessario un aumento di sezione per ottenere un aumento di ve
locità.
Si ha inoltre che un moto transonico ( M1= 1) può aversi solo
se dt. = O, cioè per un minimo della sezione (passaggio attraverso
una gola, Fig. 17.3 b)).
Non però necessariamente la presenza di una gola (dA = O) im
plica t#= 1, cioè il passaggio allo stato transonico; vi sa~à pe-
rò un minimo od un massimo della velocità (dV = O) . Si riconosce
subito, dall'andamento del moto a monte d ella gola (dA/A < O con
dV/ V < O per Ma > 1, e con dV/V > O per Ma < 1l, che il minimo si ~
vrà nel moto supersonico e il massimo nel moto subsonico.
Nel caso che il moto sia transonico, la velocità nella gola
raggiunge il valore critico {17. 16) :

,; • = e • = ' / _B._1 !:.r..o =


Vk + Pr e

La portata in massa di un condotto a sezione variabile si oi


tiene dalla {17.20), in cu i si scriva per V la relazione (17.5), e
si ponga:

p Pr o (..2,_)1/k
Pr o
458

risulta:

(17.22)

In questa formula Pr o' Pr o sono pressione e velocità de.l flui-


do in quiete.
La massima portata si ottiene quan<lo nella sezione piil ri-
stretta A ' del condotto il prodotto pV raggiunge il massimo, cioè
qua ndo :

o (17.23)

Si raggiunge allora i l valore critico V *= infatti,esse!!


do per l'equazione di Bernoulli ( 17.1) :

risulta:

V ~ = e

Poich~, per Ma= 1, dalla (17.18) si ha la pressione allo sta


to critico:

_ 2~ k~ l
(k + 1)
e quindi la densità:

_ 2) k~l
(k + 1

la portata ma ssima va l e:

1
(Q )
mmax
=
P
• A , V •= A,
Pr o
[-2-]
k +1
k-1 , f..1!5_ !:..u_
Vi<.+1 P r o
(17.24)

Queste espressioni sono applicabili ad un ugello convergente


(Fig . 17.3) che imbocchi da un largo recipiente in cui la veloci-
tà si possa considerare nulla, e ~uindi la pressione e la densità
siano quelle Pr o, Pr o del fluido ìn quiete .
. Se lo sbocco <lel convergente avviene in ambiente di pressio-
ne p ' sufficientemente bassa, si ha la condizione c r itica (o tran
459

sonica) nella sezione pii) ristr~tta;


la relativa pressione di sbocco è la
pressione crit i ca p •, maggiore, o tut
t 'al pii) uguale, a p '. In questo Cél-

so, si ha la portata massima (Qm) max . P,o Ro


A-w p· P'
Altrimenti la portata effluente è d~
v-o
ta dalla (17 .22 } con p = p' , p = p '.

Rg17. 4

17.7. Moto in un coo~tie-divergentr


In un convergente-divergente applicato ad un tubo, come un
venturimetro (Fig. 17.S } , la velocità v 0 del tubo amontenon può
generalmente essere trascurata.

lo
I1
TL '6Po I
JI
d
Vo A
/
p·p·
A'
I
\
I I '1
10
-Fig.17. 5

Pertanto, applicando la formula ( 17.4 ) tra la sezione 0-0 e


la sezione 1-1 (per cui p = p ', .P = p' , V = V'}, si ricava:

(17 .25)

a cui va associata l'equazione di continuità:

A PO V o A '11> ' V '

e l'equazione di stato:

e:_=
Po
(L
o-o
)k
nell'ipotesi di processo adiabatico.
460

La riso l uzione simu l tanea di queste e quazioni fornisce un'e-


spressione per la po Ptata i n ma s sa Qm che può porsi sotto la forma :

~ cA ' V (17 . 26)

e che si riconduce a quella


per un fluido incomprimibile
(13.17) per e= 1, essendo
11 d' 2
A • = ~ , òp = po - p' , Ce= 1 .
Il fattore e: è funzione di k ,
n' A'
.:..... e -A , cioè, per un condo1
PO d'
to circolare, di d . Il suo
andamento è graficamente ri
portato nella Fig. 17.6.
La trattazione vale qua~
d o le velocità V' rag g iunt e
nella gola sono ancora lon-
tane dalla velocità del s u~
no. Quando ci si avvicina a 0.6r-- + - -+- --1,--- +-- + - -1---1- ~
quest'ultima, levelocita V 11
divengono trascurabili e la
equazione (17.24) può esse - 0 5',--...L...-....I..-......I- -.L....-J.----L-......I---.J
I.O 0.90 O.BO 0 .10 0.60
re direttamen te applicata . P'lp0
Pertanto conviene, ove pas- F1g 17 . 6
sibile, proporz ionare gli~
gelli (anche non seguiti da divergente ) cosi d a raggiungere la v~
locità sonica, poiché in tal modo il calcolo de l la portata si ot-
tiene con magg i ore sicurezza e speditezza .
L ' andamento del moto in un tubo convergente - divergente può
vedersi con chiarezza (Fig . 17. 7} assumendo che siano eguali la s~
zione d ' ingresso e quella d ' uscita.
Fino a che la portata di massa Qm i!! inferiore a (Q m) , d al-
max
la (17.22) risulta i mmediatamente che dovr~ aversi Po = p 1 . Sono
allora possibili due casi:
al per pressioni Po = p-( sufficienteme nt e alte si ha in tutto ·11
tubo corre nte sub s onic a . Per essere Qm < ( Q m) max no n si rag g iun
-
gela velocità critica nella sezione ristretta, e l a pressione
? dovunque superiore alla critica p * •
b) per pressioni Pif = p --1 sufficienteme nte basse si ha i n tutto il
461

tubo corrente supersonica. La velocità diminuisce fino alla se


zione ristretta, rimanendo però superiore alla velocità criti-
ca, e quindi aUJ11enta nel tratto in allargamento. La pressione
è - dovunque inferiore alla critica p•.

I I
I I
I I

___ / ___ !
I I

~A~ ~ IA'
..._ !urto
....__
J)Orma/6

Fig17.7

Nel caso limite Qm (Qm)max entrambi i casi a) e b) sono PO_!


sibili, e nella sezione ristretta la velocità e la pressione assu
mono valori critici.
Le pressioni necessarie all'imbocco e allo sbocco saranno ri
spettivamente Poa = p 1 a e p 0 b = p 1 b. Pere.') è anchepossibileche la
corrente subsonica a) nel tratto in restringimento prosegua come
supersonica b) in quello in allargamento. Ed anche il caso inverso
è possibile, se le pressioni all 'imbocco e allo sbocco hanno gli
appropriati valori.
Quando pero, essendovi la pressione p 0 8 all'imbocco, la pre~
sione allo sbocco sia compresa fra pl a e p 1 b, nessuna di queste pre~
sioni è in grado di soddisfare alle equazioni del moto senza per-
dite di energia. Si verifica la formazione di un' onda d'urto nor-
ma7..e nel tratto divergente, che comporta una notevole perdita di
energia localizzata.
Attraverso tale onda il moto passa bruscamente da supersoni-
co a subsonico e la pressione sale bruscamente, come rappresenta-
ta nella curva I della figura. Per una pressione inferiore all'u-
scita, l'urto può addirittura presentarsi allo sbocco (curva II
della figura), con pressione p 11 pari a quella esterna. Se pere.')
quest'ultima scende a valori compresi fra p 1 b e p 11 , la vena usci
rà dal divergente con la pressione Ptb' e l'onda d'urto si forme-
rà spazialmente a valle dell ' uscita dal tubo.
462

L'onda d ' urto normale che si forma in un gas perfetto trova~


nalogia col risalto delle correnti a pelo libero (vedi § 15.7), e
come questo può essere studiata applicando l'equazione di conti-
nuità ed il teorema della quantità di moto.
La relazione risolutiva, fornita ancora da HUGONIOT, è la se
guente :

P1 ~ ~
k - 1 p; 0 ·
- 1
(17 . 27)
Po k + 1 ~
r::-7" po

che, posto p ~ e p .eJ. assume anche la forma:


Po /o o

k - 1
p - p -2- (1 + p) (p - 1) (17. 28)

La rappresentazione grafica (Fig. 17 . 8) è detta c u r va di Hu-


goniot . Per prefissati valori di Po e P 40 I I I
k =1.405 (a ,,a)
Po, p cresce al crescere di p solo f! 35
no ad un valore limite, che si ha per 30 ""
p ... o, :
25 i o
o
k + 1 20
1ff ._;; ,_
Pmax ,z-=-:;- (17. 29 )
15 ,. ;;;
(O


per l'aria con k 1,405 si ha 10
pmax
.
V'-~~
1-,:.~ I
" 6. 5
I/
Quindi l'aria per l ' urto norma l e 1
1..----' I
o 2 3 1 5 6 _ 7
non può essere compressa pi~ di 6 vol I>
te il valore iniziale. Fig/78

Per c onfronto è riportata ne l la figura l'equazione p = pk del


la trasformazione senz'urto avente in comune il punto di coordina
te (1, 1). L'approssimazione è accettabile fino a che p = Ri non
supera al l ' incirca il valore di 2 .
Po

17 .8. Moto permanente isotermico in lunghi condotti


Questo moto è importante soprattutto per le applicazioni _a lu.!!
ghi condotti che trasportano gas a grandi distanze . Esso avviene
solitamente per numeri di Mach piuttosto bassi , ma la pressione
presenta importanti variazioni a causa dell'attrito, per cui il
fluido non può riguardarsi come incomprimibile.
Si può assumere per la resistenza d'attrito la stessa espre~
sione valida per i fluidi incomprimibili (12.1~, e cioè :
463

dove fpuò essere ricavato dalla formula di Colebrook-White (12.22).


Si noti chef si mantiene costante per tutto il tubo, taleri
sultando 11 numero di Reynolds R• = ~ i n quanto, dall'equazione
IJ
di continuità pVA = costante, segue pVd = costante, e d'altra pa~
te u è costante, tale essendo la temperatura.
Se perciò consideriamo (Fi~
--!L
(17. 9) un elemento lungo ox di un v--=l,-
tubo e applichiamo al relativo
p
=:i!
_jl
volume 11 teorema della quantità
di moto, otteniamo:
I· 6x • I Fig17 9

P.!:.È.:
4 - (p + !!.E.
dx .sx) "f - To"d ox = pV "f (v +~: 0 x- v )(17.30)

da cui, fassando al limite e semplificando:

dp +
4
da d x + pV dv o (17.30 ')

e quindi:

fp y2
dp + --r;T d x+ pV dV = O (17. 30")

che, per f = O, si riduce all'equazione (17 . 1) .


Dividendo per p , e tenuto conto che, per le (17.17) e (17.11):

2 v2 yZ
Ma = = cioè kp Ma 2
ke_
p

la (17.30") si scrive anche:

(17 .31)

Pe~ l'equazione di stato dei fluidi isotermici:

associando l'equazione di continuità differenziata:

~ = _ dV
P V

si ha:
!iE_ =
P - vdV -~ Ma

Pertanto:

-
d
~
Ma
+ k 2d
J_ Ma
2
dx + k Ma d M1- = O (17. 32)

che può anche scriversi:

d ( Ma 22 ) + L2d k MJ dx + k d ( Ma 2 ) o
2 Ma 2

cioè:

f _ 1 - k Ma 2 2
U dx - k Ma 4 d ( Ma ) ( 17. 33 )

L'equazione ci mostra che, essendo dx positivo verso valle, le


proprieta sono diverse a seconda che sia:

1
Ma ~ (17 .34 )
1k
Per Ma < ~ la pressione e la densità diminuiscono e la velo
cità ed il numero di Mach aumentano nel senso del moto: il contra
rio avviene per Ma > 7r. Perciò, in ogni caso, il numero di Mach
tende a raggiungere il valore Ma= 7t.
Le variazioni delle proprietà del fluid o nel senso del moto
risultano dalla Fig. 17.10).

MB<11Vf M8~1/Vk

moto subsonico moto sub-supersonico

Fig.17. 10
465

Chiamando t1t4x la lunghezza del tubo a cui corrisponde que-


sto valore Ma = --= , si ottien e integrando la ( 1 7 . 3 3) :
lk
l

= j {k 1 - k
M
2k
M12
Ma4
d<
Ma
2)

cioè:

1 - k Ma 2
~ t
max
= k Maz + ln (k M1
2
) (17.35)

Per lunghezze maggiori si avrebbero fenomeni di urto con di-


minuzione della portat.a, del tipo già considerato nel precedente
paragrafo.
Nei lunghi tubi commerciali i numeri di Mach sono bassi, per
cui approssimativamente si può porre che la pressione totale o di
ristagno coincida con quell a statica, e quindi:

PI ( Ma ) 2
(17. 36)
P2 " <Mal i
Infatti dall'equazione di continuità p 1 V 1 = p 2 v 2 , e dall'equa

zione della trasformazione isotermica E.i.= E2, risulta .!:i. - ~ -


PI PI P2 - V1 '
e quindi, con buona approssimazione, la (17.36).
Per un tubo di lunghezza t fra le sezioni 1 e 2 di ingresso
e di uscita, si ottiene dalla ( 1 7.35):

1 - k ( Ma) ~ ( M1)i
+ ln (17 .37)
k ( Ma)~ ( Ma)~

e, per la (17 .36):

-( ~ )2
---"-P.,_1_ - 1n( ~
P (17.38)
f \
à k ( Ma ): 2 )
466

18. FORZE IDRO-AERODINAMICHE SUI CORPI IN MOVIMENTO

18.1. Concetti generali


Consideriamo un corpo solido in moto relativo entro un campo
fluido praticamente illimitato in cui si trovi immerso. Abbiamo giil
esaminato (Cap. 10} quali forze agiscano su di esso. Vi è innanzi
tutto da considerare la forza tangenziaie d 'attri to ,che si manif~
sta sulla superficie esterna per effetto del gradiente della vel~
cita trasversale alla par@te, nel fluido considerato viscoso. Per
i corpi in moto lento relativo avente carattere di pura deforma-
zione viscosa {"moti di lento scorrimento", giil esaminati alla f_!
ne del § 9.2, che si presentano per numeri di Reynolds molto bas-
si), la forza tangenziale d'attrito è la sola che simanifestafra
il corpo ed il mezzo fluido.
Per numeri di Reynolds piQ elevati, la resistenza alla defo~
mazione si esplica praticamente solo in un sottile strato a con-
tatto della parete, che giil abbiamo definito (nel § 10.1) come
stra to iimi t e . Però a questa resistenza altra se ne aggiunge,come
vedremo, in conseguenza del distacc o del l o strato limite ( § 10.5).
Per una lastra piana lambita da una corrente ad essa parall~
la siamo in grado di valutare la forza tangenziale che si sviluppa
fino ad una data distanza x dal bordo iniziale, sia nel caso in cui
tale lunghezza sia cosl breve da far mantenere allo strato limite
il carattere laminare, sia nel caso in cui questo acquisti carat-
tere turbolento, sempre però conservando a contatto della parete
un sottile s o t t ostr- ato l imite fomi n ar-e (§ 10.2 e § 11.5).Sela p~
rete anziché piana è curva , e soprattutto se la curvatura è poco
accentuata, le formule valide per la parete pia na potranno appli-
carsi anche alla parete curva , sostituendo all'ascissa x la coor-
dinata curvilinea del profilo. In tal modo si potril computare,
prendendo come bordo iniziale la linea dei punti di ristagno del-
la corrente sulla parte anter i ore del corpo solido, la risultante
467

(in genere una forza e una coppia) degli sforzi tangenziali d'at-
trito lungo la parete.
Il fenomeno del distacco dello strato limite dalla parete e
la zona vorticosa turbolenta (§ 10.5) che si crea a valle del coE
po solido investito, più o meno estesa a seconda della forma ton-
da o raccordata e della -profilatura diversamente allungata ( § 1 O. 6),
sono un fattore importante perché, in aggiunta all'attrito, deteE
minano uno squilibrio de l le pressioni fra la parte anteriore e
la posteriore del profilo, con una nuova azione risultante.
Lo squilibrio non esisterebbe se il fluido si comportasse co
me perfetto: in tal caso il campo di moto sarebbe a potenziale ,
sicché la risultante delle pressioni sulla parte anteriore del
corpo risulterebbe uguale e contraria a quella sulla parte poste-
riore, e quindi nulla sarebbe l 'azione esercitata dal fluido. E'
questo 11 "singolare paradosso" a cui, con tutto rigore, era per-
venuto J. D'ALEMBERT trattando il caso del fluido perfetto (1752).
Se si considera, invece, il reale fluido viscoso, si ha che nella
parte anteriore del profilo, sino ai punti di distacco dello str~
to limi te, l 'andamento delle pressioni è praticamente quello del
fluido irrotazionale; a valle invece il corpo è a contatto della
zona di scia vorticosa, le pressioni sono assai diverse, minor i e
più unifor~i di quelle del moto irrotazionale, e si genera quindi,
per lo squilibrio, una nuova risultante diversa da zero (in gene-
rale ancora una forza e una coppia ) delle forze elementari eserc!
tate dalle pl'essioni su ll e pareti , i cui effetti si sommano a que!_
li della forza tangenziale d'attrito .
Un disco (Fig. 1 0.13) od una piastra (Fig. 18.1) di piccolo
spessore, considerati una volta con la superficie parallela alla
corrente ed un'altra volta normale ad essa, offrono la considera-

Fig.18 .1

zione di due casi estremi riguardo alla natura della resistenza,


468

essendo questa, nel caso a) , dovuta prevalentemente all ' attrito


tangenziale di piastra, e nel caso b), invece, alla separazione
della corrente con formazione di scia vorticosa.
Avendo definito come resistenza R la forza che si contrappo-
ne alla componente nella direzio ne di v 0 delle azioni dinamiche~
sercitate dal fluido nel movimento relativo, la parte di essa 1m
putabile alle azioni d 'attr ito Ra prende il nome di resistenza di
attrito, quella imputabile alle azioni derivanti dallo squilibrio
delle pressioni RP prende il nome di resis ten za di forma(meglio
resistenza di pressione) .
La parte Ra indotta dagli sforzi tangenziali T
0 sulla super-
ficie del corpo può computarsi in base all'espressione:

Ra = f
Ac
To sina dAc (18.1 ')

quella RP indotta dallo squilibrio delle pressioni, in base all_a


espressione :

RP :: - te coset dAc
p (18 . 1")

dove (Fig. 18. 2) Ac è la superficie totale di contorno, · ed a l'an


golo che in ciascun punto la direzione del moto forma con la nor-
male all'elemento d Ac della superficie.

P =P,

1•- --'1"-"- - 1 -
'6, >'o -·-=-==----
- 1..

o} b)

Fig 182

Tenendo conto che sia gli sforzi tangenziali, sia le pressio-


ni sono proporzionali in ogni punto, tramite un opportuno coeffi-
ciente, alla pressione dinamica P~D
469

i due termini R8 , RP possono anche venire computati da espressioni


del tipo:
v2
R
a
= e a Ap T (18. 2)
R = C pA p ~
p 2

essendo un'opportuna area di riferimento (ad esempio la cosidde.!:_


A
ta sezione maestra, cioè la proiezione del corpo solido su un pi~
no normale a Vo) e e a , e p opportuni coefficienti.
Le formule (18 .2 ) s ono particolarme nte adatte a ll 'interpret!!
zione dei risultati sperimenta li.
Sommando assieme i due contributi della resistenza d'attrito
e della resistenza di forma, si ottiene (Fig. 18.1) la resistenza
totale,che ha ancora un 'espressione del tipo:

( 18. 3')

dove CR è detto coefficiente di resisten z a .


Analogamente alla componente R nella direzione del moto, può
valutarsi una componente P in direzione normale, cioè una forza
trasversa le che, specialmente nei profil i alari, prende il nome di
portanza. Essa è valutata globalmente in base alla formula:
V~
P = C p pA (18 .3 ")
2

dove CP è detto coefficiente di portan z a .


Per i corpi dotati di un piano di simmetria trasversale para!
lelo alla direzione della corrente, la risultante complessiva è
data da una forza P giacente in detto piano, che presenta una com
ponente R nella direzione della v e loc ità ed una componente P ad es
sa normale (Fig. 18.3 a)) . Per i corpi dotati di un piano di sim-
r---_
I
I
I
I
I
--- --
I
I I ~ .- ..

~k/
/
I _,
--
/
,,, /
<.
-.. --- -- -;- _
:-'lliGiiii~-
I -----._._.,,,, .,,,
I
L
-- -- -- --
e) b)
---
Fig.18 3
470

metria longitudinale parallelo alla direzione della corrente, la


componente normale si annulla, F = R (Fig. 18.3 b)).
Nella trattazione dei profili allungati come i profili alari,
si introduce l'astrazione di considerarli indefinitamente estesi
in lunghezza o, come si dice anche, d 'ap e r tu ra i n fi ni t a, studian-
done quindi in prima approssimazione il comportamento nella sezi~
ne trasversale (moto b i di me nsi o na le) senza considerare gli effet-
ti d'estremitA, che solo in un secondo tempo possono venir messi
in conto come effetti supplementari.
I vari coefficienti C dipendono, per un fluido ina omprimib i -
l e in cui il corpO sia t otalmente immerso , dalla forma del corpo
stesso, dalla scabrezza relativa della sua superficie e dall'entl
tà della zona di separazione vorticosa,a sua volta dipendente dal
PV t
numero di Reynolds Re= .:..:..IL. della corrente indisturbata:
µ

C = f
(
e
forma, I , pV
7
t) (1 8 . 4)

dove i è una lunghezza rappresentativa delle dimensioni del corpo.


Possono però intervenire altri fattori ad influenzare il v~
lore dei coefficienti. Infatti, se il mezzo è un liquido che pre-
senti una superficie di separazione (specchio libero dell'acqua}
e il corpo solido è parzialmente immerso ( scafo galleggiante}, si
generano in superficie delle onde, che intervengono modificando lo
andamento delle pressioni sul corp0 nel moto relativo (lacosidde!
ta resis t enza d ' onda), in dipendenza da un particolare numero di
Froude Fr = Vo /lii (.§ 6.1}.
Se poi, sempre restando nel campo dei liquidi, si forma in
particolari condizioni una zona di aavita zione attorno ad un cor-
po solido che avanza, in cui il valore della pressione scenda ai
limiti della tensione di vapore, ancora i valori della pressione
(e degli sforzi tangenziali) vengono alterati da questa circostan
za, ed il coefficiente ne risente tramite l 'i ndice cr di cavitazio
ne ( § 4. 8) .
Infine, nel moto entro fluidi aeriformi a om primibi li possono
intervenire, raggiunte certe velocitA, fenomeni di resistenza al-
l'avanzamento dei profili e modificazioni della portanza, dovuti
alle onde di sovrapressione che ve ngo no a generarsi nel loro
intorno, in dipendenza da particolari valori del numero di Mach
Ma = v 0 /IE/p ( § 17.5).
471

18.l. Resistenza dei corpi immersi all'azione di un flwdo incomprinuòile


18.2.l. Profili ton i aim metrici
Come caso estremo di profilo tozzo esposto all ' azione di una
corrente, riprendiamo in esame quello di una lastra rettangolare
di larghezza .t, .infinitamente este sa normalmente all 'a.sse della coE_
rente (moto bidimensionale, lunghezza unitaria a= 1, Fig.18.1b)) .
Qu i la resis tenza d'attrito è nulla, e tutta la resistenza è di
forma, dovuta alla separazione della corrente, che ha inizio (co-
me gia osservato) dai due bordi estremi della lastra . Ciò indica
che l a cavita (scia vorticosa) a val le ha un'individuazione geom~
trica ben definita, non dipe ndente (come nel caso deicontorniraf
cordati) dalla posizione del punto di distacco, che a sua volta è
in funzione del nwne ro di Reynolds.
In queste condizioni, dat o che (Fig . 18. 1 b )) la ~ressione
ne l la cavita a valle della lastra è pari a circa hp / P~ o = - 1,2
e poiché in media la pressione a monte ~ circa ll p/ T
p V2
= + O, 75, si
g i ustifica il valore CR = 1,95 nella formula(18 . 3'),dove A = a l,
che nume r osissime ricerche sperimentali forniscono per Re = .e!..u!:.
u
>
> 10 3 •
Per rendersi conto, nel caso della lastra, degli effetti di
una sua lunghezza a finita, anzich~ astrattamente infinita come
considerat o, e cioè della presenza di due testate libere nella CO!_

rente , si riportano alcuni dati d el coefficiente CR,sernpre con va


l idita per Re > 10 3 •

Rapporto tra lunghezza (a) e largh ezza ( l ) Coefficiente CR

a/.t = 1 1,16
" = 5 1, 20
" = 20 1 , 50
" = .. 1 qc,

I l motivo per cui, d i minue ndo a / f , il coefficiente CR si ri -


duce (e per a/.t = 1, lastra qua drata, si porta circa al valore
1, 16) sta nel fatto c he , in corrispondenza alle testate, il giro
della corrente spazza via le formazioni vorticose di scia e deteE_
mina dietro la piastra mi nori depress ioni di quelle che altrimen-
ti s i avrebbero.
472

A confronto con questa situazione di netto distacco della COE


rente dalla lastra, possiamo porre il caso del ciZindro indefini-
to trasversale alla corrente, per il quale, come gi~ osservato nel
§ 10.6, il distacco dello strato limite dalla superficie si verif!
ca in punti diversi, a seconda del numero di Reynolds, nonché del-
la scabrezza relativa . Qui pertanto la resistenza è in parte d ' at-
trito, ma per la parte prevalente è di forma (cioè dovuta alla se-
parazione della corrente) . Si hanno cosl, per il cilindro liscio, .i
valori del coefficiente 70 2
CR in funzione del nume
ro di Reynolds R• = P V CR oa
(i diametro del cilin-
I.I
10
"-~ I 1 11
cilindro
Wscio
dro), forniti dalla Fig.
18.4 per l'applicazione
alla formula (18 . 3 ' ), d2
- -.. ...... ~
lastra,

ve ora A = ad (misure
di C.WIESELBERGER,1921 -
1 922) . 101
Il diagramma inizia
10 1 - 10

col campo deì valori di


Fig.18.4
Re molto bassi, dove il
moto non è ancora turbolento, ma di lento scorrimento viscoso (f!
no ad Re = 5). Per 5 < R• < 50, il moto di strato limite e la scia
di separazione che si forma a valle sono interamente laminari.
Oltre R• " 50 + 60, la scia vorticosa non è più stabile, ma pre-
senta, sempre mantenendosi laminare, il distacco alternato dei vof
tici già messo in luce nel § 10. 7 (scia di vo n Karman) . In questo
campo CR si mantiene circa costante (CR = 1). Oltre Re= 5000, la
scia vorticosa diviene comple-
1,2 tamente turbolenta, e il coaf
CR '\
I
I', ·, ficiente sale a CR " 1,2, ma~
I.O : ~

I
- .,.- ..,. \; t ·
I : ~.-:.. • tenendosi tale fino alla rapi
0.8 - cilindro
. i
·, \V da cadu ta di valore che (F ig.
-·-·- eld = O (lisc,o
··1.:1. -... _
18 . 5) si presenta (in modo d~
0 .6 -- eld: 2 . 10·3

0, 4
.........
- ··- ··
eld =
e/dm
4 . 10·3
J. 10·3
\V\ verso a seconda della maggio-
re o minore scabrezza e) , per
---· èl<:J = 2 .10 - 2 '.
0.2 I I I I I il passaggio dello strato li-
4 5 mite da laminare a turbolento
10 2 4 6 8 10 2 3
Re:::.!?Vod e conseguente spostamento a va_!
µ.
Ftg 18.5 le dell'inizio della separaziQ
ne (A.FAGEe J .H, WARSAP,1930).
473

Anche per 11 cilindro l'effetto della presenza di testate d'!


stremità, cioè di un'estensione finita anziché infinita nella cor-
rente, dà luogo ad una riduzione del coefficiente CR, per le stes-
se ragioni già indicate per la piastra, come risulta dal seguente
prospetto (valido per R• > 10 5 ) :

Rapporto fra lunghezza (a) e diametro (d ) Coefficiente CR

a/d =1 0,63

.. == 20
" 5 0,74
0,90
" = .. 1,20

Per confronto, può interessare di rilevare che per 11 cilin-


dro, disposto però con l'asse parallelo alla corrente, anziché peE
pendicolare, essendone t la lunghezza ed il diametro, si hanno i
seguenti valori di CR (per Re > 10 5 ) :

Rapporto fra lunghezza ( t) e diametro (d) Coefficiente CR

t/d =o (disco) 1, 12
" :,
1 0,90
" = 2 0,85
" = 4 0,87
" = 7 0,99

L'andamento della corrente separata dal cilindro e l 'interven


to in diversa misura della resistenza d'attrito danno ragione del
modo di variare del coefficiente CR. Interessa osservare che 11 v~
lore di CR per il disco di diametro d posto normale alla corrente
di poco è diverso da quello per la lastra quadrata di lato t = d;
ed il relativo ammontare si trae facilmente, come già per la la-
stra, dall'andamento delle pressioni dato dalla Fig. 10.13. Poiché
il valore di CR per il disco è ben definito e stabile per largo c~
po di valori del numero di Reynolds, esso fornisce un consueto me-
tro di paragone per la resistenza di altri corpi, aventi sezione
maestra circolare.
Passiamo ora al caso di una s f era di diametro d .
Abbiamo già accennato (§ 10.6 ) al risultato del moto a poten-
ziale delle velocità; l 'andamento delle pressioni che ne risulta,
per ogni sezione meridiana, è simmetrico sulla parte anteriore e su
quella posteriore, e la risultante sarebbe quindi uguale a zero
{Fig . '\0.'\8 a)).
Considerando ora 11 fluido reale viscoso, abbiamo visto che per
pV 0 d
bassi valori del numero di Reynolds, Re= - - - < 1, il moto di len
IJ
to scorrimento viscoso dà luogo ad una simmetrica deformazione del
4 74

fluido che si estende a tutto il campo a lato della sfera ·( Fig .


9 . 10) . La risultante che si oppone al mov i mento~ data dalla form~
Za di Stokes (9.43), che può anche essere espressa d alla (18 .3 ' ) in
cui si ponga:

eR = ~
Re
( 18. S)

Questo risultato può estendersi da Re = 1 fino a Re S con la


seguente approssimazione (C.W. OSEEN, 1910):

!! (1 + /6 Re ) ( 18. S')

Crescendo Re, la zona di deformazione viscosa del campo flui-


do adiacente alla sfera si restringe, fino a ridursi allo stretto
spessore dello strato limite; ma alla formazio ne dello strato limi
te si accompagna sul retro della sfera la sua separazione. La scia
che viene a formars i è dapprima laminare, poi , aumentando Re,divi~
ne instabile, ed alla fi ne essa degenera in una formazione vor-
ticosa che si allarga verso val l e. A questo punto, e cioè a parti-
re da valori di circa Re= 1000, la zona di separazione risulta di
un valore definito e costante; la resistenza vera e propria d ' at-
trito, che per valori bass i era pr eponderante, diviene trascurabi -
le di fronte alla res_!.
stenza di forma dovuta
allo squilibrio delle
pressioni (Fig. 10.18b), ili l
~q (18.5}
ed il valore di CR si ~k
10
mantiene costante e p~
ri a circa 0,4,come nel '
"'-
diagramma della Fig. '\
"~ disco
18.6, fino ad un valore
critico Re = 2,5 X 10 5 'sfera I
(per sfere lisce) . 1 I
....
I

E' da notarsi che, 10 10 2

nel caso della sfera, Fig 18 .6


non si manifesta mai il
distacco alternato dei
vortici , già segnalato per il cilindro; non vi sono infatti, come
per esso, due linee privileg iate lungo cui il distacco della corre_E!
te può avvenire in modo indipendente, ma una sola linea chiusa co-
475

stituente un circolo minore della sfera. Oltrepassato il valore cri


tico di Re, che ha valori diversi a seconda della maggiore o mino-
re liscezza della superficie, si ha, come nel cilindro, una ridu-
zione della zona di separazione per l 'intervento della turbolenza
nello strato limite (Fig. 10.18 c )) , e quindi una caduta del coef-
ficiente di resistenza CR a valori inferiori a 0,2, come rapprese~
tato nella Fig. 18.6.

18.2.2. Profili sottili simmetrici


Esaminiamo ora 11 caso di corpi di profilo sottile, allungato
nella direzione della corrente, ed indefinitamente estesi trasver-
salmente, il cui caso limite è la lastra sottile di lunghezza t,
lambita dalle due parti (Fig. 18.7 ) . La separazione della corrente
e la resistenza di forma non han-
no per essa alcuna i mporta nza; la
resistenza è perciò solamente di
attrito. Abbiamo gia valutato 11
coefficiente di resistenza per o-
gni lato della lastra, sia nel ca
so (§ 10.2) che lo strato limite
si conservi laminare sulla lunghe!
za l (all'incirca da R•t = 10 5 a
Ret = 4 x 10 5 ) , sia che esso pas-
si a turbolento.
Va osservato che, nel campo di
valori R• t < 1 O" ma superiori a
10, occorre una correzione al valore dato da BLASIUS (10 .9), in
quanto non vale più l'ipotesi di base, che cioè lo spessore dello
strato limite sia assai piccolo in confronto alla distanza dal ba
ricentro della lastra. Vale perciò la correzione (Y.H. KUO, 1953):

Consideriamo ora i profili allungati di spessore non rilevan-


te variabile lungo t , con un massimo t , rappresentati nella Fig.
18.7. Essi sono studiati in ~odo da realizzare una resistenza pre-
valentemente d'attrito, riducendo al massimo la resistenza di for-
ma. A tal fine, la parte anteriore può essere tozza, purché arro-
tondata, dato che ivi, come sappiamo (§ 10.5), la corrente è acce-
lerata e non tende a separarsi; la parte posteriore deve presenta-
476

re, invece, un grande affinamento, cosicché il ra l lentamento della


corrente sia poco sensibile, e poco rilevante, quindi, laseparazi2
ne vorticosa. Questa sar~ comunque piil importante nel profilo 4 (r~
sistenza di forma circa il 7 5% della totale) che nel profilo 3 (d2
ve si riduce a c i rca il 40%). Si noti che nel caso del cilindro
(che può considerarsi un caso limite del l a serie dei profili su e -
sposta, con!
.a, = 1 ) la resistenza di forma sale a circa il 97% del-
la totale.

e 050 I
R c1t,ndro .....__
030

C'
~ • X

0.10
,--.CR rsez ~aestra
2 4
½ 1/ I
.o
0. 06
t:::::s:.. ....__
3 - O- -

/
/
I l

v!t
p o
.8

o.6
0 .03
~
~ va lor, S&>erim enta /1 I

/,
L(l_(pro,ez,or,e -
~
o 4 -____ andamento teor,CO I
I
I
in pianta) o.2
0 .0 1 ,
I 3
-· .)
0. 006 ~2
o
~~
- -
~

o2
o4 ~
~ lastra ()lana Re:p~ t = l. 3·106
O I I
0.003 I

o.o 0. 2 0. 4 0. 6 0.8 1.0 o.o 0.2 0.4 0.5 0.8 XI J. 1.0


t ;i,
F,g 18 8 Ftg 18 9

Nella F i g. 18.8 sono riportati, perpr ofiliallungaticome que_!


li sopra accennati e per una variazione continua del rapporto t / t
tra lo spessore massimo e la lunghez z a, valori sperimentali del CQ
efficiente di resistenza CR (A . FAGE et al., 1929) , validi per Rei =
= 10 4 , con il riferimento dell ' area A alla pr oiezione in pianta ai,
parallelamente cioè al piano di simmetria longitudinale. Sono pure
riportati i corrispondenti valori di CR riferiti invece all ' area
d ella se z io ne ma e stra par i ad at , c he è il riferimento normalmen-
te usato per i corp i con se z ione t r asversa l e importante. Il minimo
della resistenza,a pari sezione maestra, fornito dal minimo di CR'
corrisponde ad un rappor t o t/i circa 0,25.
Ci si può rendere con to dei buoni requisiti ora messi in evi-
denza dei profili aerodinamici esaminando per un p rofilo simmetr i -
co (Fig. 18 . 9) l 'andamento de l l e p r ess i oni relative calcolato ne l la
ipote s i di moto irrotazionale, e q ue llo ottenu t o sperimentalmente
477

(G. FUHRMANN, 1910). Una differenza apprezzabile si nota soltanto


nella parte ultima della coda, là dove viene a manifestarsi il fe-
nomeno del distacco.

18.2.3. Corpi non simmetrici


Sono frequenti, nelle applicazioni tecniche, i casi di corpi
non simmetrici esposti all'azione di una corrente. Tali sono,in pa!_
ticolare, i profili alari o palari in cui la dissimmetria determi-
na volutamente una componente di forza (portanza) normale al mo-
to, e di cui ci occuperemo nel prossimo paragrafo. Accenniamo qui~
di ad altri casi, in cui l'effetto di resistenza va particolarmen-
te indagato nell'intento di ridurlo il più possibile, e che rigua!_
dano principalmente la resistenza dei veicoli nell'aria, denomina-
ta comunemente "resistenza aerodinamicaR.
Grande importanza ha il caso degli autoveicoli, per i quali il
valore della resistenza si determina sperimentalmente, su modelli
ridotti od anche nelle dimensioni reali, nelle soffierie o galle-
rie del vento in cui vengono provati anche i profili alari. Rispe!
to alla resistenza totale incontrata dal veicolo, quella di natura
aerodinamica comincia a farsi sentire a velocità di 70 km/h, e di-
viene prevalente quando si superino 100 km/h.
Per ridurre la resistenza, si cerca di arrotondare il più po!
sibile la parte anteriore, di evitare discontinuità nella carrozz~
ria, di limitare al massimo la parti sporgenti, cosi da ridurre, e
spostare verso il tergo, la zona di separazione :iella corrente (F ig.
18.10). La coda tronca anziché affusolata, che è imposta da ragioni

I-r- la-~
~, -- -·Jf
disco in pross,mita' parte frontale angolosa parte frontale arrotondata
del terreno
CR=l .27

corrente seporota oorrente aderente


CR""'0.76 CR=-0.42

Fig. 1810
4 78

pratiche nelle vetture non sportive (salvo eccezioni di qualche CQ


struttore), non dà eccessivo aggravio alla resistenza. Per le velQ
ci vetture moderne ben profilate il coefficiente di resistenza CR,
calcolato per la sezione trasversale maestra, viene abbassato a va
lori dell ' ordine di 0 ,2 5 + 0,30 .
Anche le motrici ferroviarie possono ottenerevaloridi CR del
lo stesso ordine di grandezza, ed anche inferiori a quelli delle a~
tomobili , con adatta profilatura e carenatura. Aggiungendo la res_!
stenza delle vetture,per un treno normale si raggiungono valori di
CR = 1,5 , 2,0.
Questi valori valgono per il moto in un'atmosfera non confin~
ta. Entro gallerie l'aumento della resistenza può raggiungere il
50%.
Vi è infine il settore degli aeroplani, per cui speciali ri-
cerche vengono fatte per ottenere le migliori profilature della f~
soliera e per evitare il più possibile le cause di r -e sistenza dov~
te agli organi accessori. Poiché la resistenza risulta in gran par
te d'attrito, essa viene valutata con un coefficiente nella foE CR
mula (18.3'),in cui si assume per l'area A l'intera superficie del
velivolo a contatto con l 'aria. Per moderni aeroplani da trasporto
o da caccia si scende anche ad un coefficiente globale di resiste~
za e;_ = O, 005 + O, 007 ed anche meno, nel campo di velocità per cui
l'aria è ancora incomprimibile (per gli effetti della comprimi l ità
si veda il successivo § 18.4).
Altro campo i mportante d' i nvestigazioni applicative è quello
della spinta del vento sulle strutture, specialmente gli edifici a
torre, gli alti serbatoi cilindr i ci, i ponti metallici, le pensi!,!
ne, ecc. Qui i nteressa conoscere non tanto un valore globale della
azione dinamica, quanto la sua ripartizione sui vari elementi del-
la struttura; nei casi importanti
si deve perciò ricorrere ad una
sperimentazione su modelli nelle
gallerie del vento.
La Fig. 18.11, a titolo d'e-
sempio, mostra per un e d ificio a
tetto l a formazione delle zone di
separazione della corrente ed il
corrispondente andame nt o dellE
pressioni, dovute ad un vento tra hg 18 Il
sversale.
479

sez. ,:,arai/eia al vento sez. normale al ven ro

-
-
d d
a) I• b)

F,g 18 12

La Fig. 18.12 mostra infine, per una cupola a pianta circola-


re di diametro e altezza d , appoggiata sul terreno, la ripartizio-
ne delle pressioni per due sezioni rispettivamente parallela (a) e
normale (b) alla direzione del vento v 0 . Si noti la forte depressi2
ne nella zona del vertice e sui fianchi lambiti dalla corrente. A
titolo indicativo, per valori del numero di Reynolds Re= P V Od > 4, 5
µ
x 10 5 , si ha un coefficiente di resistenza ( nella direzionedelve~
to) CR = 0,44 ed un coefficiente di forma verso l'alto (portanza)
,r d 2
CR = 0,734, assumendo nelle formule ( 18.3 ) l 'area della pianta - -
4
come area A di riferimento.
Quanto alla velocità V 0 d el v ento da assumere per i calcoli di
resistenza, si consigliano v alo ri di 35 m/s per edifici fino a 20 rn
di altezza, valor.i. di 40 m/s per altezze superiori; da incrementa-
re opportunamente nel caso di regioni particolarmente ventose. Si
osservi che alla velocità di 40 m/s corrisponde una sovrapressione
di ristagno pari a 100 kp/m 2 •

18.3. Ponanza dei profili alari nei fluidi incomprimibili


Nei corpi profilati non simmetricamente rispetto alla direzi2
ne del moto re l ativo, la r i sultante dall 'attrito e dallo squilibrio
delle pressioni può scomporsi, come s'è detto, in una forza di r e -
sistenza R (diretta contro la direzione del moto relativo) ed una
forza di portanza P ( normale a questa direzione).
Il caso più semplice da esaminare è quello della sezione di u
n'ala considerata di profilo costante ed indefini tamente es tesa,
cioè senza effetti d'estremità. un profilo di questo tipo, con le
480

relative indicazioni dei termini ,i..n uso, è riportato nella E: i g.


18.13. Si noti l 'appuntito bordo d'uscita.

bordo d 'ingresso

angolo d' mcidenza

+a
-a

F,g 18 . 13

Se , attorno ad un tale dissimmetrico profilo, tracciamo l' an


<lamento delle linee di corrente nel moto supposto irrotazionale,per
una corrente che all'infinito a monte e a valle abbia velocità V0 ,

osserviamo (vediFig. 18.14 a))che,


assieme al punto di ristagno ante-
riore P 1 , si ha un secondo punto di
ristagno P 2 sul dorso del profilo
--
- - -- ---
- - -- -· -
prima della coda. Una simile condl
zione comporterebbe l ' aggiramento,
da parte della corrente affluente

((~ b)
a P 2 , del bordo d 'uscita, ivi rag-
giungendo velocità teoricamente in
finita con un abbassamento pure i~
finito della pressione. Deve ammet
tersi perciò che la corrente si se
par i in tale punto angoloso, dan-
do luogo ad una vorticosità di con
tatto che presto degenera in un vor
tice isolato, per il contatto fra
Fig . 18 . 14 la corrente superiore meno veloce
e quella inferiore più Veloce a ter
go del profilo (Fig . 3.19); Si tratta di un vortice analogo a que!
li che si distaccano sul dorso di un cilindro il cui asse sia nor-
male alla corrente (§ 10.7); con la differenza, peraltro, che men-
tre in quest'ultimo caso si ha un distacco alternato di vortic i d i
circolazione contraria dai due bordi, che dà in media un effetto
nul lo sul corpo da cui avviene il distacco, nel caso del profilo
481

dissimmetrico si tratta di un vortice con circolazione di un unico


segno, non equilibrato da altra formazione vorticosa di distacco.
Poiché peraltro 11 caJ!\po di moto esterno è irrotazionale e quindi.
salvo sinqolaritiJ, a circolazione nulla, se si prende attorno al pr.2_
filo (Fig. 18.15 ) un'area ABCD suff!
A~- - - -- - - -- ~ - - - --8
cientemente ampia da comprendere an-
che 11 vortice, la circolazione nel
suo interno deve risultare nulla; di
r ~(-r \
conseguenza,la circolazione antiora-
ria - r dovuta al vortice deve esse-
re compensata da una circolazione r
oraria di eguale intensità attorno al Fig.18 .15
profilo. La circolazione in parola
(Fig. 18 .14 b)), sovrapposta al moto irrotazionale del fluido che
investe il profilo, determina lo spostamento in coda del punto po-
steriore di ristagno, modificando altresl l'andamento delle pressi.2.
ni (Fig. 18.14 c)). Pertanto un moto irrotazionale con sovrapposta
circolazione attorno al profilo è un modello matematico adatto a d~
terminare le azioni risultanti sul profilo stesso, come è stato già
messo in evidenza nel § 8 . 5 (teorema di Kutta - Jouko~ski ). Per pic-
coli angoli di incidenza (che corrispondono al normale assetto di
volo) il profilo alare si comporta, nei riguardi della resistenza,
come il profilo allungato simmetrico del precedente § 18.2.2.
Aumentando l'angolo di incidenza verso l 'alto (valori consid~
rati positivi: angolo impennante o cabrante), come pure verso il
basso (valori negativi: angolo picchiante), il punto di separazio-
ne della corrente si sposta dalla coda verso la parte anteriore del
profilo rispettivamente lungo il dorso o lungo 11 ventre. Cresce di
conseguenza la resistenza, mentre la portanza rispettivamente au-
menta o diminuisce (vedi F ig. 10.20).
La Fig. 18.16 fornisce, per un classico profilo, la distribu-
zione dell'indice di pressione lungo le facce superiore e infer io-
re dello stesso.
La determinazione, per ogni tipo di profilo, delle caratteri-
stiche aerodinamiche (portanza P e resistenza R) viene generalmen-
te fatta per via sperimentale, nelle cosiddette ga'l'lerie de'l vento,
usando modelli in scala ridotta. Si determinano in questo modo i v~
lori dei coefficienti di portan za CP e di resisten za CR, da intro-
durre nelle formule (18.3.)e (18 . 3't L'area A considerata è quella
proiettata sul piano della corda (At = 1 · i per l'ala di lunghezza
unitaria).
482

Nel campo subsonico i coefficienti di portanza e di resisten-


za dipendono, per un dato profilo, dall'ang olo d i incidenza a e dal
numero di Reynolds Re.t =pV 0 .t /lJ della corrente:

( 18. 6)

1: -----
X •I
Per un dato valore del n ume-
ro di Reynolds, 11 comportamen-
to di un prof ilo al variare de.!
~ J . _ ..
l'angolo di incidenza è dato da
P-ft, 1
un diagramma del tipo della Fig.
p \/J/2 ~ F==:i:::=Wf!..!.!!!.L=l::=l==:1:::::::-ri 18.17. Il coefficiente di por-
tanza varia pressoché linearme~
te, portandosi ad un massimo
Cp compreso fra 1, 4 e 1 , 6 per
max
un'incidenza a dell 'ordine di
10°-15°. Oltrepassati questi v~
lori, c p cala rapidamente,scen-
dendo a O per a = 90° (effetto
F19 18 .16 di pura resistenza, coro.e per una
piastra ortogonale alla corren-
te). Il tp si annulla per incidenza nega t iva di qualche grado; ra!
se passante per la coda del profilo, che è parallelo a questa dire
zione, si dice a ss e di po~tanza nul
'la . L'incidenza può anche essere ri 1.6 ~ - - - - - -~ ~---.-- -,
q,
ferita a quest 'asse, ed in tal c aso
CR
vie ne denotata con (a ) e chiamata in
1. 2
c iden z a a ss o Zuta.
Il coefficiente di resistenza
CR ha, per un buon profilo, valori 0.8 1---1----l--- . i + - - ~

non superiori a 0,01 per un campo profilo di Fig.18.16


Rez = 105
dell'angolo di incidenza a compreso 0.4
tra + 5° e - 5°. All'aumentare della
incidenza, per valori tanto positi-
vi che nega tivi, CR aumenta sempre
più rapidamente per il prevalere de.!
la resistenza di forma dovuta al di
stacco della corrente dal dorso o
dal ventre del profilo.
Fi g. 18 17
Poiché per ogni profilo si ha,
483

ad ogni incidenza a, un dato valore sia di CP sia di CR, riportan-


do in un diagramma (Fig. 18 . 18) le varie coppie di valori, siotti~
ne la cosiddetta polare del pr ofilo , sulla quale vengono contrass~
gnati i valori dell'angolo di incidenza a .

1.8- - -- -
Cp
l.6 L.---Ji-..iW-- - - - - l

1,4


I

'i
3" PROF. N A CA-
+-R
=••e~
6 4 12
c. ........,,

if~
R9t~s -106
e o2'
fm..4x
o- t
I
00 - f--
. 3•
-02l..1..:i_
o 002 0.04 0.06 a os o 0.02 0 04 0. 06 0.08
O) CR bi CR
Fig 18 18

Si definisce come efficien z a d el profilo il rapporto

u n profilo è tanto più va l ido ai fini aeronautici quanto è maggio-


re la sua portanza per una data resistenza, cioè quanto maggiore è
la sua efficienza.
Ne l diagramma della polare ogni retta che passa per l'origine
e taglia la curva in un p u nto cui corrisponde una data incidenza a
rappresenta, con la sua inclinazione e rispetto all ' asse delle or-
di nate, l'inverso dell'efficienza del profilo per quella incidenza
( tg 6 -- !f -- -r R ; e·)
P •
L' efficienza mass ima, data dalla retta per l ' origine che è tan
gente al profilo, corr i sponde al normale assetto di volo con un ' in
cidenza a di 2° - 5° . Il valore di ~ max' nelle a l i normali, è superi_Q
re a 20 (cioè incontrando una resistenza di 1 kp si possono soste-
nere 20 kp) .
Oltre alle componenti P ed R dell'azione aerodinamica,intere!
sa anche valutarne il moment o M rispetto a d un punto del profilo,
per es . al suo bordo d'ingresso. n v alore di /.1 risulta dall' equa-
484

zione:

M Nx = (P COSCt + R sina) X =
p p
v2 ( 18. 7)
(CP COSet + CR sina) p _Q
2 A t xp

dove (Fig . 18.13) la forza N è la proiezione dell'azione aerodina


mica normale alla corda del profilo, mentre Tè quella tangenzia-
le. Queste forze che direttamente insistono sull'ala sono importa!!
ti per i calcoli relativi alla sua robustezza.
Misurando x p in frazioni~ della corda (x p ~t) e ponendo:

la (18 . 7) può sciversi :

( 18. 8)

Il coefficiente CM è detto coefficiente di momento , ed è as-


sunto positivo per i momenti picchianti e negativo per i momenti
impennanti .
Poiché

X
p

la conoscenza di C M' CP e CR permette di conoscere la posizione re


lativa x /t del centro di pressione del profilo (punto di applica
p -
z ione dell'azione aerodinantica risultante). Con facili relaz ioni
si deducono i momenti anche rispetto ad altri punti: particolare
importanza hanno i momenti baricen tt'ici per lo studio della sua sta
bilità.
Gli elementi di cui sopra vengono forniti per numeri e.osi e-
levati del numero di Reynolds R•t = p Vt / µ da corrispondere alle no!_
mali condizioni di volo ( R•t " 3 · 1 Q6); comunque ai maggiori valo-
ri di Re1 i coefficienti dell'azione aerodinamica tendono a div-e n-
tare indipendenti da R• t stesso, come è generale tendenza dei moti
turbolenti . La Fig . 18.19 riporta, per il profilo della Fig.18.18
a), la dipendenza dal numero di Reynolds del coefficiente di por-
tanza CP; si vede chiaramente che la diversità di questo numero
non influisce sulla parte rettilinea del diagramma, ma al cresce-
:,:e di R•t corrisponde un aùmento del valore massimo della portanza.
Poiché nelle gallerie del vento, nelle quali avv i ene la sperimen-
485

tazione, si rimane alquanto al di


e Q9
/ ~ • 3,12 ·1o6 s otto dei valori di Re 1 del volo re~
P 0.8
~ / 2.31 ·1o6
0.7
,~ l,30.,o6
.,.../" ~
le, occorre praticare di vo lta in
volta ai dati ottenuti le opport~
O.ti

- ~ '-- ~
'I
o.., ~ ne correzioni per ottenere i dati
' ~~~
"
Q3
a2
'I
r \\ \.\6.5-105 -
' 8.3· J05 -
,\3.3· 1o5
aerodinamici del profilo reale.
Nelle applicazioni aerodina-
miche la teoria del profilo bidi-
I ~ ,s.,o5 mensionale si riferisce propria-
0.1
ao I me nte all ' aZa d 'apertura infinita.
-tll
I Per le ali di apertul"a finita , a I
02 J si deve tener conto che la diffe-
- , ,. o • s 12 16 20 2• 2s a
renza di pressione fra la parte i~
Fig.18.19 feriore e la parte superiore del
profilo (quella che dà luogo alla
portanza) deve annullarsi ai bordi dell'ala , per cui si deterrnin~
no dei gradienti di pressione di opposto segno sulle due facce del
piano portante verso i bordi, e quindi un moto fluido dal disotto
al diso pra dell'ala. Si f ormano così dei vortic i all 'estrernità,raE
presentati nella Fig. 18. 20, ed in misura minore anche al bordo di
uscita del profilo. Ne consegue una riduzione della portan za, che

dal valore massimo sul piano mediano si riduce a zero alle estre-
mità. E' come se, nel suo complesso, l 'ala determinasse un 'infle~
sione delle linee di corrente minore di quella per apertura infi-
nita. Ne consegue altresl un aumento d elta resistenza, per la ne-
cessità di sopperire al l'energia che viene dissipata nei vortici SUE
486

plementari. Poiché la minore portanza equivale ad un minore ango-


lo di incidenza d ell'a
la infinita, in defini
~. resistenza autoindotta
tiva è come se sia pr~
sente una velo c ità in-
dot ta ver so il basso ,
Wi , come rappresentata
nella Fig. 18.21.
componendosi con
la velocità del moto re
lativo V 0 , la velocità moto relativo

indotta v iene a deter- Fig 18 21


minare una "velocità ef
fettiva" V che risu lta
deviata dalla prima dell 'angolo c, i ' per c ui :

(18 . 9)

(angolo di autoinduzione ). Si determina in tal modo una forza POE


tante normale alla "velocità effettiva" V , che ha una componente
normale alla v elocità de l mo to relativo Vo circa eguale a quella
d ell'ala infinita ( P cos a i "' P ) , ed u na componente paral l ela._.. . R i
c he d icesi resistenza autoindotta .
L . PRANDTL ( 1918) ha d eterminatolaresistenza autoindottasu!_
la ba s e de l la teoria de l moto a poten ziale delle velocità con pr~
senza di vortici, e ha de termi nato che per una distribuzione elli!
t ica della portanza lungo la semia pertura l'angolo d'autoinduzio-
ne vale:
(I . = 2 ( 18. 1 O)
l ~À

a2
dove ~ = A ' rapporto fra i l quadrato d e l l'apertura e la superfi-
cie proiettata sul piano de l la corda, è det t o l ' a llungam en to del
l ' ala (per l'ala i llimitata, ~ = m) . S i ot tiene di conseguenza,p2
sto ci i " tgo i:

2 VoC p 2 VoP 2P
,,
;,, . = (18 .11)
~
l
TTÀ TI,\ p
2 .411, 11a2 o V o
2

e qui nd i, per esser e, d ai triangoli di Fig . 18 . 21 :


[' V
r.r-: 1.
W.
I
487

e introducendo il coefficiente del la resistenza indotta CRi


Ri
= ~ , si ottiene infine:
oA9..
2 c 2A c p2
....!_9.. =
~18.12)
n a2 11 :>.

La formula mostra che la resistenza indotta è tanto più gra~


de quanto maggiore è la portanza e piccolo l'allungamento .
La resistenza effettiva CReff di un'ala di apertura finita è
quindi data dall'espressione:

CReff (18.13)

dove Cp~CRo sono i coefficienti dell'ala illimitata (À = =) avente


lo stesso profilo. Si può determinare d i conseguenza la polare del
l'ala autoindotta, come mostra la Fig. 18.22, nella quale è ripor-
tata la parabola, passant~ per l'ori-
1.4 ~ ---.---.-- -r------:::-r--r---, gine degli assi,dei valori teorici CRi
e,, 1.2+-_._,__..,........,._-+-'<r-"1----1 (CP ) secondo la ( 18.12); i valori CRo
si desumono dalla Fig. 18.18 a).
Nell'applicazione dei profili por-
tanti come pale delle macchine idrau-
0 .6 liche, analoghi effetti si riscontra-
I no a causa del gioco esistente fra la
0.4+-H--+-- PROF. N. A.C.A. 2412 ~
estremità della pala e l'alloggiamen-
~f~
Re,_ :l =
•2.1, T(P 5
to entro cui ruota, che determina la
formazione di cor:r-enti attraverso le
fessure e di vo rtici al loro sbocco,
con conseguente perdita di energia.
0.08 0.16 CR 0 ,24

F1g 18 22

18.4. Moto dei corpi solidi nei fluidi comprimibili


18.4.1. Onde e angolo di Mach
Abbiamo mostrato che le piccole perturhazioni di pressione in
una corrente unidimensionale si propagano con la a e l e r ità relativa
( 17. 9) :
488

rispetto alla velocità propria della corrente V, per cui la veloci


tà aaeoiuta con cui avviene la perturbazione è data dalla formula:

a = V :!: c (18.14)

essendovi due valori diversi di questa velocità a seconda. che la di


rezione della celerità relativa concordi, o meno, con quella della
velocità della corrente . Può anche scriversi:

(18.15)

Per le correnti subsoniche (Ma< 1) la perturbazione, oltre che


progredire nella direzione della corrente sopravanzandola .<a+) ,può
rimontarla a ritroso (a_); per le correnti supers o niche (Ma> 1) la
perturbazione può solamente muoversi nella stessa direzione della
corrente, però con due distinti valori Ca+ 1 ,a- 1 J,sopravanzando o m~
no la corrente.
Questo comportamento dei fluidi comprimibili è perciò comple-
tamente diverso da quello dei fluidi incomprimibili, per i quali (la
densità p essendo costahte) la velocità di propagazione è infinit~
mente grande, e la perturbazione quindi viene a propagarsi istanta
neamente sia a monte sia a valle.
Le considerazioni di cui sopra, e le formule relative, va·lgono
anche per la propagazione radiale da una sorgente puntiforme nello
spazio circostante. Anche in questo caso il comportamento è compl~
tamente diverso a seconda che la velocità V della corrente sia ma~
giore o minore della celerità c della perturbazione originata dal-
la sorgente. E' indifferente (per 11 principio del moto relativo)
considerare il caso alternativo, che cioè 11 fluido sia in quiete
e la sorgente della perturbazione si muova nell'opposta direzione
con uguale velocità.
Consideriamo dunque (Fig.18.23)
una perturbazione elementare origin~
ta da un punto che si muova verso si
nistraconvelocità ! V! < ! c ! in un X
fluido in quiete. Da ogni ~ua posizi~
ne 11 punto emanerà la perturbazione
in tutte le direzioni radiali. La peE
turbazione emanata quando 11 punto~
Fig 18. 23
ranella posizione I avrà raggiunto,
dopo 11 tempo t , la superficie della
489

sfera avente centro in I e raggio e t . Il cammino percorso dal pun-


to nello stesso tempo t per portarsi nella posizione II sarà x = Vt.
Il punto II resta all'interno della superficie sferica raggiunta
dalla perturbazione partita da I, quindi l'onda di pressione sopr!
vanza costantemente le sorgente che si sposta,e raggiunge ogni pu~
to dello spazio prima che la sorgente vi sia arrivata.
La cosa è invece diversa se IVI > le i (Fig . 18.24) . In questo
caso, quando la perturbazione Pé!!.
tita da I raggiunge la superficie
sferica di raggio et, la sorgente
si è spostata da I in II di un c~
mino :i: = Vt che è maggiore del rag
gio predetto, per cui il punto II
trovasi all'esterno della sfera.
Se si fosse considerato un tempo
inferiore, ad esempio t ' = ½, la
sorgente si sarebbe spostata di
Fìg.18.24
:i:= V½arrivando nella posizione

II ' e di qui la perturbazione ern!


nata al tempo t' = j avrebbe raggiunto, al termine dell'intero te~
po t, la superficie della sfera avente centro in II' ,di raggio e ~-
Al termine del tempo t la posizione II della sorgente sopra-
vanza pure la sfera del le perturbazioni emesse da II' al tempo j.
Si vede dunque che, in ogni istante di tempo, il campo fluido rag-
giunto dalle perturbazioni emanate dalla sorgente mobile in tutti
i precedenti istanti è delimitato da un cono avente il vertice nel
punto raggiunto dalla sorgente all'istante considerato. Questo co-
no è la superficie inviluppo di t u tte l e superficie sferiche sopra
considerate.
La semiapertura s del cono è, come mostra la figura, data dal
la relazione:

sinB = i! et '
Vt '
e 1
= V = .... (18.16)

il cono ha significato reale, pertanto, per Ma > 1 (corrente su per-


sonica), e degenera per Ma= 1 (corrente t r a nso nica) in una superf!
cie piana, passante per 11 punto II e normale allo spostamento de!
la sorgente, che le perturbazioni emesse negli istanti precedenti
da II', I ecc. non riescono a superare (Fig. 18 . 25) . Pertanto essa
divide in due parti uguali il campo fluido, a valle e a monte d e l -
la sorgente, che sono o meno raggiunte dalla perturbazione prece-
490

dentemente emessa.
L'apertura del cono superconico· dim!
nuisce coll'aumento del numero di Mach (e
tenderebbe a O per un n umero ni Mach ten-
dente all'infinito).
Le generatric i di questo c ono si i-
dentificano, nel caso di moto bidimensio-
naZ e, con le Zinee di Mach, inclinate del
l'angole s (angolo di Mach) rispetto a lla
direzione d el moto relativo tra fl u ido e Fig 18.25
sorgente. Lungo queste linee si propaga
nel campo fluido supersonico una piccola perturbazione (o si mani-
festa una piccola discontinuità) del campo stesso.

18.4.2. Perturbaz.ioni di ampiezza finita. Resistenza d'onda


Perturbazioni di ampiezza finita possono avere origine, in una
corrente fluida supersonica, da una variazione locale della pres-
sione, o da una variazione locale della velocità ( ad esempio per.m2
difica di direz ione imposta da pareti di qui<la).
Consideriamo una corrente rettilinea in moto piano,che sia gu_!
data in curva da una parete solida. Nel punto A, inizio della cur-
va , la corrente tende a deviare, il che determ i na una variazione
della velocit~ e quindi della pressione. Se la deviazione 68 è pif
cola, tale sarà pure la perturbazione, che si propagherà nella cor
rente lungo la linea di Mach uscente da A che è inclinata di:

B = are sin E.
V

rispetto alla direzione iniziale del moto. Approssimando la curva


(Fig. 18.26 ) con una spezzata, c2
st ituita di tratti AB , BC, .. ci~
inviluppo
scuno deviato di un piccolo ango-
lo 68 rispetto al precedente, av-
viene che da ognuno dei vertici A,
B, e , .. parta una linea di Mach,
v-
attraverso la quale (per le ragi2
ni esposte nel precedente paragr~
fo) la corrente compie la deviazi2
FIQ .18 .26 ne impostale dalla parete di gui-
da, assumendo direzio ne parallela
4 91

a ciascun segmento in cui è suddivisa. Ogni successiva linea di


Mach è inclinata dell'angolo di Mach BA, 8 8 , Be, .. rispetto alla di
rezione della corrente che la precede, e quindi sempre meno incli-
nata rispetto alla direzione iniziale della corrente.
Si forma così, da un punto di vista geometrico, un inviluppo
di linee, a cui corrisponde, da un punto di vista fisico, una so-
vrapposizione di perturbazioni elementari,che da origine ad una pe.E.
turnazione finita del campo fluido che si propaga lungo la linea in
viluppo. La situazione diviene particolarmente evidente quando la
curva continua si concentra in un solo punto angolare. La disconti
nuità qui si manifesta lungo una linea o f r onte d ' u r to ohliaua,che
parte dal vertice, al di là de l la auale
la corrente assume bruscamente l a dire-
zione impostale dalla d eviazio ~e e . Si
puè'> dimostrare che questa fronte è più
ripida rispetto alla corrente a mo n te
{1), e meno ripida rispetto alla corren
te a valle (2), delle corrispondenti li
Fig .18 .27
nee di Mach Ma 1 , Ma2 {Fig . 18.27 ) .
Una situazione analoga è quella che
si presenta sulla fronte di un profilo appuntito in moto relativo ri
spetto ad un fluido {Fig. 18.28 ) . Si staccano dal vertice due fron
ti d'onda simmetriche (case bidimensiona-
le ) o una fronte conica {caso del solido
di rivoluzione), attraverso le quali si m~

--
corrente
supe,son,ca
nifesta la deviazione della corrente,che
si mantiene supersonica anche
fronte.
dietro la

Avviene peraltro che, se il profilo


è ottuso anziché appuntito, la fronte
Fig.18.28 non rimane pill attaccata al profilo , ma
se ne distacca assumendo un andamento cur
vilineo davanti al profilo (Fig. 18.29 ) . A differenza dal caso pre
cedente, vi è una zona, tra la fronte e il profilo, di corrente sub
sonica, che si estende ad una certa distanza dall'asse, per passa-
re poi a supersonica; mentre la fronte tende a raddrizzarsi, e ad
assumere asintoticamente all'infinito la proprietà e la direzione
di una semplice linea di Mach. Per un dato numero di Mach della cor
rente indisturbata, vi è un ben d efinito angolo òi semiapertura t!lim
al di sopra del quale la fronte è distaccata Viceversa, per un d~
to angolo, vi è un valore limite del numero di ~ach, Malim, al di
492

trofi/e
Ma
6
,: I

5
I
45':6 as,nroto - - ~ I
4
corrente
superson ica
3
/
I I
I
I
/ 2 / \
/
,,,,,, superson;ca .- / :
I

front e o• 10• 20• 30• 40• 50•


91,m
Fig .18 .29
F,g.18.30

sotto del quale la fronte è distaccata.Per l ' aria la condizione li


mite, inun diagramma ( e , M• ), è fornita dalla Fig . 1 8 . 30; per numeri
di Mach tendenti all ' infinito vi è un valore asintotico e . = 45~ 6.
1 1m
Anche un profilo anteriormente arrotondato presenta una situ~
zione analoga a quella di un profilo ad angolo di apertura superi2
re al valore limite .
La trattazione teorica dei campi di velocità subsoniche e su
personiche attorno al profilo presenta notevoli difficoltà; un'in-
dicazione dell ' aumento di pressione sulla testata dovuta alla pre-
senza dell'onda d'urto può aversi dalla seguente Tabella (per l~a-
ria):
Tabella 1
Vo
o 0,5 1,5 2 3

1 1,065 1 , 275 1,53 1,655 1, 75 1, 85

dove è fornito il valore di un fattore di correzione 4> da applica-


re alla formula:

( 18. 17)

che dà la pressione diristagno r r o (§ 17 . 5) nel punto A (Fig.18.31)


in funzione del numero di Mach della corrente indisturbata all ' in-
finito ( ( Mal O = .!::'..a. ) • Questi valori possono utili zzarsi per ottene-
co
re col tubo d i Pitot ( § 4.6) la misura della velocità nei fluidi
comprimibili. Per questo aumento della pressione sulla testata del
profilo , in confronto al caso in cui non si abbia fronte d'urto (4> =
= 1), la resistenza al moto del profilo aumenta in misura considere
vole (effetto della "resistenza d'onda") .
493

Fig.18 .31 OL-_ _ ....__ _ _,__ __ ' : - -- - '


O 2 3 (Ma/o 4

Fig.18 .32

Un profilo appuntito, con fronte di Mac h attaccata al suo ver


tice, presenta nelle corre nti supersoniche aspetti assai piQ favo-
revoli . E' per questa ragione che le ogive dei proiettili si fanno
appuntite. La Fig. 18 . 32 fornisce valori, per diversi tipi di testa
te di sol idi di rivoluzione, del coefficiente di resistenza CR
( 18.3' ), a paritél di sez ione maestra in funz i one del numero d i Mach .
L 'aumento de l CR all 'attraversamento della velocitél sonica, e
la sua successiva diminuzione all ' aume nto del numero di Mach per i
profi li appuntiti , t r ovano da quan to sopra giustif icazione.

18.4.3. Influenza della co mprimibilìtì sullt caratteristiche dei pr ofili alari


Fino a che il flu ido può r itenersi incomprimibile, la portan-
za d i un profilo alare dipende principalmente dall'abbassamento di
p ress ione che si ma nifesta sul suo
dorso ; il punto B della Fig . 18.33
è quel lo di massima velocitél e mi-
nima pressione . Coll' a umento della
v e locità di spostamento del profi-
¼
- 8

Fig.18.33
lo, aume nta l a p re ssione di r ista-
gno P r o i n A , aumen ta la ma ssima V!
locità in B e si abbassa la minima pres sione, come può d esumersi d a.!
le proprietél del moto irrotazionale attor no al prof ilo . Peraltro,
quando , a par tire da un valore critico del numero di Mach riferito
alla cor ren te indistur bata a monte, par i a,(Ma ) 0 ~ o,7 circa, l'infl~
enza della comprimibilità si fa sentire , ques to fattore intensif i-
4 94

ca ulteriormente le variazioni indicate, e quindi accresce sia la


resistenza sia la portanza del profilo . Teoricamente, e fino a che
non si superi in nessun punto la veloc i tà sonica, questo aumento
può essere valutato con la formula di PRANDTL-GLAUERT:

( 18. 18)

in cui CR
o , P n sono i coefficienti di resistenza e d i portanza per
la corrente incomprimibile, C R, Cp quelli per la corrente compriml
bile avente (ove non di stur bata ) n umero di Mach (M .. .
0
Tale f o rmula si
desume dalla teoria del moto a potenziale di velocità estesa a un
fluido di densità va riabile con la pressione.
Se ulteriormente cresce l a veloc i tà Vo della corrente ind istur
bata, in prossimità del punto B
può venire localmente oltrepas- / :orrente
upersonica
1
sata la velocità sonica, pur es -creo: 1i l I i'.111 Ì jj i i I I e.
V -
sendo ( Mal 0 = ~ ancora mi nore di 1. subsonica
e 1Mai0 <<1 a)
Si pas sa cosÌ, dalla s ituazio ne
su bso nica prima co nsiderata, ad
una situazione transonic a, cioè
di un campo di velocità attorno
/
/
/ ---- --- /
al profilo in par te subsoniche /
/ superson1 ca

-
ed in parte supersoniche. I
10
Inizialmente, per ( M•)
0
«1,
subsonica
si forma una debole onda d ' urto ( Ma )
0
<I b)
sul dorso de l profilo, attra veE
so cui la corrente supersonica,
che si forma in una zo na l i mita
ta, passa nuovamente a subsoni-
ca (Fig. 18. 34 a)). t:ederiva u n
rapido aumento di press i one prl
ma del la fronte ed un gradiente
di pressione c ontrar io al moto,
che favo risce il distacco dello
strato limite e provoca i conse
guenti effetti sulla resistenza
-
l{,

e sulla portanza.
Crescendo il n umero di Mach
Fig.18.34
d ella corrente , la zona supers2
nica aumenta e l'onda d'urto re-
495

cede fino alla coda {{Ma) 0 < 1 ) ,estendendosi anche nella pa,:te infe-
riore del profilo (Fig . 18.34 b )) .
Oltrepassato di poco il valore sonico nella corrente indistur
bata ((Ma) 0 > 1), si produce sulla testata del profilo la nota fron-
te d'urto curvilinea, permanendo sempre l ' onda d'urto in coda, do-
vuta peraltro alla deviazione di corrente (che rimane sempre supe~
sonica), quale imposta dall'uscita. La regione subsonica è limita-
ta attorno alla testata (Fig. 18.34 c )) .
Infine, per corrente indisturbata decisamente supersonica ((Ma) 0»
» 1) , la regione subsonica scompare del tutto, e la fronte d'urto an
teriore parte dal vertice del profilo (Fig. 18.34 d)).
I coefficienti di portanza e di resistenza, in funzione del nu
mero di Mach della corren-

l_,__...,sc,:··::ché,<?!!!..,C~-·t .. ..
,. , LI"-' .
-- '-"c...'n:.::s-=-
on'-,-=-
c"'"-- J suoersoruc~ te indisturbata, presenta-
no un andamento quale ap-
prossimativamente delinea-
to nella Fig. 18.35; da n~
tare il rapido aumento del
coefficiente di resistenza
1
(Ma /o
CfltHX>)
- (Malo
nel campo transonico non aE_
pena oltrepassato il valo-
re critico.
F,g 18.35 Con l'accorg imento di u
sare profili slanciati ed
appuntiti, e con l'impiego delle ali a freccia, l ' inconveniente so
pra prospettato,che si ha nel passaggio transonico, viene in gran
parte evitato.
Le aZi a freccia (Fig. 18.36 ) consistono essenzialmente di ali
il cui asse non è perpendicol~
re alla direzione della veloci
tà di spostamento (cioè all'as
se del corpo dell ' aeroplano ) .
Se o è l'angolo tra la normale
a v 0 e l'asse dell'ala (suppo-
sta per semplicità di sezione
costante e di allungamento in-
finito),il profilo viene inve-
stito dalla componente Vo cos o
della velocitA Vo , e a tale com
ponente va nno riferiti gli ef- ~ ,g 18 3 6

fetti dovuti alla comprimibil!


496

lità; mentre la componente v 0 sin6 aumenta la resistenza d'attrito


tangenziale. In tal modo, anche se il numero di Mach della corren-
te innisturbata si approssima o supera di poco l'unit~, il numero
di Mach a cui il comportamento dell'ala va riferito, (Ma) 0 coso, può
essere anche assai inferiore al primo in relazione al valore del-
l'angolo di freccia . In tal modo può aversi un comportamento subs2
nico nell'ala anche nel campo normalmente definito come transonico.
Poiché dalla riduzione di velocità deriva una minor portanza,
questa circostanza va compensata con un aumento di superficie del-
l ' ala; l'ala cosiddetta a delta r isolve ques to problema, e insieme
quello di assicurare sufficiente stabilità e controllo, che un 'a l a
troppo allungata non permetterebbe.

I
I
I
I I I
l I I I I I
I l I I I I l r

,~
,.~
I I I I I I I I I :
a l,-~ I l l I ~~~~s1di~a : I ,,-- ---, I : 1
I -:-~-:: I f
I . A I
tusot,e,a -· coda

var,az,one dell'area crasversate A var,azrone de/l'area lrasversale A d I


d1 aereo normale aereo gradualrneme prot,lato

Fig.18 37

Accenniamo anche alla cosiddetta "regola dell'area" (V.L. STREE


TER, 1958) come u n valido criterio per ridurre l a resistenza com-
plessiva dell'aeroplano nel campo transonico. In base a risultati
sperimentali, l'aume nto di resistenza in questo campo è in relazi2
ne alla variazione dell'area trasversale (ali comprese) dalla testa
alla coda. Se questa variazione è graduale, come può ottenersi con
una rastremazione della f u so l iera all'attacco delle ali e dei tim2
nidi coda, può ridursi fino al 90% l 'aumen to di resistenza nelc~
po transonico, mentre passando poi nel campo s u personico la resi-
stenza di un aeroplano così conformato non supera quella d i un ae-
roplano normale (Fig. 18.37).

18. 5. Effetto di una superficie libera: scafi galleggianti e idtoplani


18.5.1. Le varie componenti della resistenza

La presenza della superficie l ibera nel moto degl i scafi gal-


497

leggianti rende più complicato ii problema di determinare la resi-


stenza, in confronto a quella di uno scafo che si muova totalmente
immerso, come è 11 caso del sottomarino; per questo infatti,purché
sia sufficientemente al disotto della superfic ie, la resistenza che
incontra rientra nella categoria gill esaminata n el § 18.2.
Quando un galleggiante si muove, esso modifica il pelo dell'ac
qua indisturbato per una duplice serie di motivi. ~nzitutto, come
nel caso di un corpo immerso in un fluido perfetto, si hanno zone
di ristagno a prua e a poppa, e zone di magc;Jiore velocitll lungo i
fianchi: ne deriva, per il principio di Berno1.1lli, un aumento di qu~
ta della s u perficie libe-
ra a prua e a poppa, ed un
abbassamento lungo i fian
chi.
PROFILO LONGI TUDI NALE Per un corpo simmetri-
co anche rispetto ad un
piano verticale normale a.!_
l' asse del moto , gli effe!
ti di rialza~ento e di de
pressione sarebbero simMe
zona di trici rispetto a questo
r1aJzamento
~prva)
piano (F ig. 1 8. 3 8) , per
PIANTA
cui, ne l caso del liquido
Fig .18.38 perfetto, n.on ne derivereÈ
bere azioni di resistenza,
come già nei corpi immersi in base al ricordato prin.cipio di d 'A-.
lembert ( § 1 8. 1) .
Nel caso d e lle navi reali la simmetria fra prua e poppa non
sussiste, e lo squilibrio delle pressioni divie ne più complicato,
pur mantenendo g li stessi caratte ri del caso semplice sopra esami-
nato.
Lo squilib,io delle fo rze nor maii di pr e ssi o ne lungo la supe~
ficie dello scafo non determinerebbe di per sè resistenza, se non
fosse accompag nato dalla formaz ione di un sistema di onde viaggia~
ti con lo scafo stesso, c h e dà luogo alla cosiddetta "resistenza di
onda", de lla uale si parlerà espressamente nel seguente paragrafo.
A q uesta resistenza si aggiung e quella che corri sponde alla r2_

si,<1tenza di f orma dei corpi completamente i mmersi, dovuta cioè ai


fenomeni di separazione vort ico sa d ella corrente, specialmente nel
la parte prodiera dello scafo.
Oltre alle azioni p red ette derivanti dagl i sforzi normali o di
498

p ressione, si hanno poi, anc h e ne i g alleggianti, q ue l le p rovoca te


dal la r esis te nza d ' attrito, c h e r is ultano d agli sfor zi tangenzia -
li di contat to applicat i i n varia misura sulla s u perf icie d ello se~
fo .
Si a ggiungono ancora , nella valutaz i one. del la resisten z a a l mo
to delle navi, due componenti part ic~
l ar i : ~ u el l a dovuta a l la resis ten za
dell'aria e a ll' a z io ne del vento sul-
la parte non immersa d el la nave, sen-
sibile particolarmente nei battelli ad
elevata velocità, e quella dovu ta al-
l'i nclina z ione d el l a super fi ci e Ziqu f
d a i n senso contrario al moto , chepuò
essere apprezzabi le nel caso del la n a
Fig.18 39
vigazione sui fiumi o i n presenza di
rilevante moto ondoso. Nel senso OPP2
sto, p e ra l tro, questa ris ulta una fo rz a attiva P, capac e spesso d i
imprimere a l ga l legg iant e, soverchiando la resistenza , una veloci-
tà maggiore d i quel la del la corrente, cosi d a poter gove r na r e an-
che senza l ' i ntervento di una forza pro~ul~iva . La Fig. 18 . 39 illu
stra il caso di una canoa sulla frontediun'onda ava nzante: l a spi!!;
t a di gal l eggiame n to C , inclinata , non v iene più equilibrata dal l'lO

l o peso del l a na ve e, ma r ic hiede l'esistenza di una forza F , che


è in grado appunto di ottener e l' effet t o voluto .

18 .5.2. Moto on do so e resistenza d 'on da

Uno stud io sufficien temente appross imato ~e l le o nde d i g r avi-


tà che si formano i n acqua ferma abbastanza prof onda (e che
coincide con la p ri ma approssimazione li nearizzata d ella teo ria del:_
le onde in un l i q uido senza attrito) può farsi ammettendo che le
particelle in superficie , come pure que lle in profondità, percor r~
no delle tra iettorie circolari di raggio r .
Se si rende i l caso sta z ionar io (Fig . 18 .4 0) sovrapponendo a l
moto ondoso propaga t orio un moto d i traslazione di velocità ug ual e
e d i segno contr ar io alla ve loci tà di propa<razione e , e si denota
con T il periodo, cioè i l tempo c he impiega la p a rticella a percoE
r ere l ' intera c irconferenza , cos icché la velocità relat i va di que -
sto percorso è v = 2nr/T , s i hanno i seguenti valori (asso luti) del
la ve l oc i tà :
499

in corrispondenza al dorso dell'onda v I = - e +v =- e + 2nr


T

in corrispondenza al cavo dell'onda V2 =- c - v = - c - 2nr


T

).

ONDA PROGRESSIVA ONDA STAZIONARIA

Fig.18.40

Applicando il principio di Bernoulli fra questi punti, la cui


differenza d'altezza è 2r, risulta:

e quindi, sostituendo:

da cui la velocità di propagazione (nel verso positivo):

che risulta (nell'approssimazione indicata) indipendente dall' am-


piezza 2r dell'onda. Se si introduce la lunghezza d'ond a À, e si
considera che nella propagazione con velocità e viene percorsa ta-
le lunghezza quando le particelle hanno co~pletato il loro moto di
rivoluzione, risulta immediatamente À = cT e quindi, sostituendo:

e = ( 18. 1 9)

Va osservato che tale formula è valida per acqua sufficiente-


mente profonda; per acgua poco profonda, invece, vale per la velo-
cità di propar:ia,:ione (in acqua ferma) la formula di Lagrange già i.!}_
trodotta al ~ 15.4:

e = lg y ( 18. 20)

dove Y è la profondità. I campi di applicazione della (18.19) ede.!_


500

la (18 . 20) sono rispettivamente y/ À ~ 1/2 e y/ X ~ 1/25; sinotiche


in base alla prima la velocità di propagazione è funzione della lu_!}
ghezza d ' onda e non della profondità, mentre in base alla seconda
è funzione della prof ondità e non della lunghezza d ' onda . Nel cam-
po intermedio 1/25 9 y/ X 9 1/2 la velocità di propagazione è funzi2
ne di entrambe queste grandezze, in base ad una formula più comple~
sa.
Per schemati z zare il moto ondoso prodotto dal movimento della
nave si parte dal caso ideale delle onde generate dal movimento di
un sottile filo rigido P verti
cale entro l'acqua (la prua de_!.
l a nave!) . Queste onde furono
studiate analiticamente da Lord
KELVIN (1887) e sono visibili
nella Fig. 18 . 41. Se l ' acqua è
sufficientemente profonda, le
innumerevoli onde che si form~
no a seguito della pe rturbazi2
ne avranno varia lunghezza di
Fig . 18 . 41 onda, ed in base alla (18.19)
avanzeranno con diversa veloc!
tà nelle più svariate direzioni. Mentre però, in gene r a le, sullas~
perficie queste onde tendono per interferenza ad annullarsi l'una
con l'altra, vi sono delle zone privilegiate in cui, risultando una
sovrapposizione degli effetti, si formano due treni d'onda con ere
ste e ventri ben marcati.
Il primo treno, detto delle o nd e dive r genti , è formato da u na
serie di creste curve, concave verso l'esterno, emananti dal punto
mobile e successivamente scaglionate.
Il secondo treno, detto delle o nd e t r>a sversa Z. i, 'è formato da
una serie di creste curve, convesse rispetto al punto mobile, che
uniscono gli estremi di due opposte onde divergenti. Esse attraver
sano ortogonalmente la traiettoria del punto mobile. Le interse
zioni delle creste delle due onde si trovano su due linee, aperte
di 19° 47 ' rispetto all ' asse del movimento. La distanza di due ere
ste trasversali corrisponde alla lunghezza d ' onda

2 nc 2
À = ( 18 . 21)
g

fornita dalla (18.19 ) , dove ora e è l a velocitàdelpuntomobileche


crea la perturbazione.
501

Condizioni di moto ondoso riconducibili a quelle di un punto


mobile si hanno nell'avanzamento delle navi. Ogni modificazione di
quota liquida che, come già illustrato all'inizio per il caso di un
fluido perfetto,viene determinata dal contorno dello scafo, è come
un-punto generatore di onde del tipo ora illustrato. Il risultato
finale, per l'intero scafo, non è molto dissimile da quello per un
solo punto, illustrato nella Fig. 18.23. Va notato che, se la pro-
fondità y dell'acqua si riduce e si entra nel campo di validità de!
la formula (18.21) per la celerità di propagazione ondosa, gradua!
mente il sistema delle onde generate dallo scafo per acque profon-
de tende a modificarsi, fino a che, divenuta la velocità d'avanza-
mento pari a a = liii, rimane per questa velocità critica solo il si
sterna delle onde trasversali, anzi un'onda unica ( onda soZitaria)
la cui cresta è ortogonale alla direzione del movimento. Se poi la
velocità dello scafo supera questo valore, l' onda solitaria (che
può avanzare solo alla predetta velocità) viene lasciata addietro,
e ricompaiono invece ~e onde divergenti, formanti un angolo tanto
più piccolo con la direzione del movimento quanto più cresce la v~
locità. Si tratta di formazioni di onde di gravità analoghe a que!
le di pressione che presenta l'avanzamento di un prof ilo ( § 18. 4. 2)
in un fluido comprimibile a velocità supersonica.

18.S.3. Determinaz.ione della resistenza al moto di una nave


Sostanzialmente, come abbiamo accennato, la resistenza al mo-
to di una nave è riconducibile ad una resistenza di forma (che com
prende anche la resistenza d'onda) e ad una resistenza d'attrito.
Mentre quest'ultima nettamente dipende dalla viscosità, quindi dal
numero di Reynolds oltre che dalla scabrezza relativa dello scafo,
la prima è in gran parte riconducibile ad effetto di gravità, cioè
ad una dipendenza dal numero di Froude, essendo solo secondario lo
intervento della viscosità.
Mentre la resistenza d'attrito può computarsiconbuona appro~
simazione coi metodi esposti per la lastra piana, la resistenza di
forma, e segnatamente quella d'onda che è una sua componente impor
tante, male si presta ad una determinazione analitica caso per ca-
so, anche se teoricamente sarebbe possibile, considerato il fluido
perfetto, determinare il complicato moto perturbato che avvolge lo
scafo e quindi la risultante delle azioni normali che su di esso si
esercitano.Pertanto, per la determinazione della resistenza di for-
ma di una nave, generalmente si ricorre a prove sperimentali su m~
dello nelle cosiddette vasche navaZi, come originariamente proposto
da W. FROUDE (1868).
50 2

In queste un modello r i dotto in sc a la geometric a dello scafo


di una nave viene trascinato a moto uniforme e si determina speri-
mentalmente la resistenza che presenta a varie velocità. Si tratta
della resistenza totaZe, che comprende globalmente la resistenza di
forma e la resistenza d ' attrito . La prima, come si è detto, dipen-
de prevalentemente dal numero di Froude , cioè dalla forza di gravi
tà; pertanto, in relazione ad essa, i risultati del modello sono si
miZi a quelli dell ' originale, purché sia verificata la (6.3):

V ' V"

da cui, essendo À la scala di riduzione geometrica

rV V ' = /"'i:
v"

e gli altri rapporti della simiZitudine di Proude.


Peraltro questo rapporto di riduzione delle veloci tà non può
soddisfare anche all'uguaglianza dei numeri di Reynolds richiesti
per la similitudine della seconda resistenza, quel l a d ' attrito, da
ti dalla (9.18'), cioè:

Poicné le due similitudini sono incompatibili, ed è la resi-


stenza di forma, ed i n particolare quella d ' onda, l'oggetto princl
pale delle prove su modello, si suole sperimentare con la legge de!
la similitudine di Froude, ricavando la resistenza totale; poi, c2
me suggerito dallo stesso autore, si depura dalla resistenza tota-
le del modello la resistenza d'attrito (valutabile con le formule
già citate applicando il numero di Reynolds del modello) esi ottie
ne quindi, per differenza, la cosiddetta resistenza residua, cioè
la resistenza di forma che comprende la resistenza d'onda . Questa
resistenza residua del model 0.04
lo può venir t rasferita allo CR I I
( ooda)
0.03
sper,mentale---..,,.~· -~~- ..
originale applicando le re l ~ ~ ·

zioni (6.3) di similitudi- 0.02


/
ne; per avere la resistenza
0.01
/
totaZe dell'originale si ri- i
--
·-::-. •.::_(60fJCO
,·;,,;JJWI'
chiede poi di aggiungere la 0.00 I
00 o., 0.2 0.3 0.4 0.5 { F.r)i 0.6
resistenza d 'attrito compe-
tente, da valutare , questa Fig.18.42
503

volta, per il numero di Reynolds reale, con le formule gia cita-


te.
Nella Fig. 18.42 è riportato l 'andamento, calcolatoteoricame!!
te e riportato sperimentalmente, della pura resistenza d' onda per
uno scafo avente le seguenti caratteristiche: rapporto larghezza:
immersione b/h = 1,5; coefficiente prismatico (rapporto V/Ami fra
il volume di carena e il parallelepipedo avente per base la sezio-
ne maestra Am e la lunghezza dello scafo 1) = O, 64. In ordinata è
dato il coefficiente di resistenza, espresso dalla formula:

R onda
CR (onda ) = (18.22)
_1
0 v2o v 2/3
2 o

dove Vo è la velocità di avanzamento, e in ascissa il numero di Frou


de (F,) À = V0 //gI calcolato introducendo la lunghezza d'onda >,, delle
onde trasversali ( 18. 21). Si osservano, in relazione al rapporto fra
l a velocità e la radice quadrata della lunghezza d'onda, dei mini-
mi e dei massimi nel diagramma, questi ultimi particolarmente ac-
centuati per (Fr)À = 0,3 e per(Fr)À = 0,45. Se ne traggono valutazio-
ni delle velocità critiche di avanzamento nei riguardi della resi-
stenza.
La Fig. 18.43 fornisce i valori della resistenza residua R
res
determinati sperimentalmente per uno scafo con coefficiente prism~
;t
tico
Am i
= 0,60, rappor to larghezza: immersione h/ h = 3, per dive!
si valori del coefficiente
volumetrico t' / i 3.
In ascissa è dato il nu-
mero di Froude calcolato sul
la lunghezza della nave Fr =
1
= Vo/lgi , in ordinata il c~
o.005'- - -~ - - -- - - ~- -~----,
CR efficiente della resistenza
ao04~----+---+---ir..+--,....q=-------i residua

R
0.0021--_J.=r----,1--:,r-~+-- - t==-1 e res = rea
(18.23)
aoo, l---,;~-~+1!:i....,l~~:.:-fi-=----_-,~~- -+----1
Queste tipiche determi
0.05 0.10 0.15 0.20 0.25
<Frl=Vflgt nazioni relative agli scafi
Fig .18.43 galleggianti trovano compl~
tamento i n altre categorie
di mezzi navali. Nei sottomarini, se immersi a grande profondità,
si ha il tipico comportamento dei corpi totalmente immersi illustra
504

to nel § 18.2; peraltro, quando essi trovansi a non grande profon-


dità dalla superficie, interviene anche la resistenza d'onda come
nel caso dei galleggianti, in misura tanto maggiore quanto più de-
cresce il rapporto fra la profondità d'immersione e la lunghezza
dello scafo.
Si passa poi, con gli aliscafi, a veri e propri battelli "vo-
lanti" sull'acqua, per i quali la perturbazione ondosa che li acco!!!
pagna crea singolari problemi di resistenza d 'onda e si hanno, co-
me nelle ali degli aeroplani, effetti importanti dovuti ai vortici
indotti lateralmente.

13.S.4. Scafi idroplananti a seguito della parziale immersione


Mentre le normali navi da trasporto vengono sostentate per ga.!_
leggiamento, e le forze idrodinamiche che si manifestano nel movi-
mento sono sostanzialmente quelle di resistenza all' avanzamento,gli
scafi destinati a raggiungere elevate velocità si muovono quasi sci
volarfdo o lambendo la superficie dell'acqua, su cui si impennano
con un'incidenza di 15°-20° alla velocità di regime, ed il relati-
vo sostentamento deriva da effetti di portanza, analoghi a quelli
degli aeroplani, con una forte riduzione della resistenza. Inizial
mente facevano parte di questa categoria gli idrovolanti nel loro
movimento sull'acqua, ora essa è generalmente estesa al campo dei
motoscafi veloci, da diporto e da competizione.
Alle minori velocità, cioè per bassi numeri di Froude, il so-
stentamento è anche qui prevalentemente dovuto alla spinta idrost~
tica; crescendo la velocità, la frazione di sostentamento dovùta al
l'effetto idrodinamico aumen
ta fino a divenire essenzia-
le .. Schematizzando in una fi
gura piana, inclinata di un
angolo a sull'orizz·ontale,la
superficie a contatto con la
acqua, e addirittura assume~ -----
dola (Fig. 18 .44 ) data da un Fig.18. 44
rettangolo di lati .e, e b (laE_
ghezza trasversale), il s o-
s t entamento idr o stati c o risulta all'incirca

t 2b
P i -_ y htb
2 ~ ya -2- (18.24)

Possiamo anche scrivere:


SOS

P. a

½pV~
l

b2
= r-;
T (Fr) i
(18. 25)

avendo introdotto, come sopra, il numero di Froude(Fr\ = V 0 /lgt ri


ferito alla lunghezza i .
Se consideriamo una piastra di apertura infinita (moto a due
dimensioni) inclinata dell'angolo a, un risultato teorico dà il se
guente valore del coefficiente della portanza dinamica:

1 211 sino 1 (18. 26)


= 2 4 110
4 +rr sino

Si trova quindi:
P. a 4 4 b/ t
l
= (18.27)
pd 110 11 (Fr)~

Se si suppone, convenzionalmente, che il fenomeno dell' idro-


planaggio prenda il sopravvento quando questo rapporto si riduce a
0,20, il numero di Froude corrispondente è(Fr) 1 = 1,6, da cui facil
mente si ottiene la velocità.
In realtà, per ridurre gli urti nel movimentò in mare ondoso,
i fondi degli scafi idroplananti sono generalmente a forma di V,
cioè terminano con angolo
diedro y. La portanza in
presenza di quest' angolo 7,2

diminuisce rispetto a que,! .........


la col fondo piatto ( y =O),
come mostra la Fig. 18.45,
tratta da rilievi speri-
0.6 ' " ', "V -
0,4
mentali.
0.2
""-..
Un passo ulteriore ..........
.........
nella costruzione di sca-
fi veloci, anche di gran-
di dimensioni, consiste Fig.18.45

nel fornirli di un siste-


ma di sostentatori ad ale_!:
te. immersi nell'acqua con funzione del tutto analoga a quella del
le ali degli aeroplani.
Sono questi gli aliscafi, i quali, apparentemente, "volano" sul
l'acqua.
La teoria di questi profili nell'acqua, in confronto a quella
506

dei comuni profili alari, presenta maggiori complicazioni, per la


presenza della resisten-
87 za d'onda provocata dal-
la non rilevante immer-

½ii:=~- sione del profilo, e in


più da un possibile feno
meno di cavitazione alle
più elevate velocità (v~
di il paragrafo seguente).
Il tipo classico è quel-
lo sostenuto da due al i
a V affioranti (Fig.18.4 ~
sez. A - A ma la tendenza moderna è
sez. 8-8 di ottenere navi sosten-
tate da profili alari co~
Fig .18 46 pletamente immersi, svi~
colando cosi lo scafo da
gli effetti del mare e
realizzando elevatissime velocità.

18.6. Effetti dovuti al.la cavitazione


Già nel § 4.8 abbiamo introdotto alcune notizie
sul fenomeno
della cavitazione mettendo in evidenza che, per ogni prof ilo inve-
stito o altro passaggio soggetto al fenome no, esiste un valore o.
1
del parametro adimensionale:

o = (18. 28 )

per cui il fenomeno ha inizio, essendo p 0 , v 0 la pressione e la ve


locità della corrente indisturbata (cioè in assenza di impedimento).
Se, passando da condizioni di non cavitazione (o> o i) si raggiun-
ge e poi si oltrepassa il valore critico (o< o i), o perché si au-
menta la ve locità o perché si diminuisce la pressione della corren
te o per entr.ambe le cause, si ha dapprima la formazione, nei pun-
ti di minor pressione, di piccole cavità o bolle, riempite di vap~
re o di gas, che trascinate dal moto del liquido crescono e poi r~
pidamente scompaiono, non appena raggiungono una zona di maggiore
pressione. Il fenomeno presenta gli effetti nocivi di natura mecca
nica e chimica sul materiale costitue nte la parete, ma non dà luo-
507

go, in questa prima fase, ad apprezzabili cambiamenti di natura i-


drodinamica. Se però o viene ulteriormente diminuito per aumento di
v 0 o per diminuzione di p 0 , si forma una larga zona di cavitazione
attaccata al corpo solido, che si prolunga verso valle spostando a.!_
1 'esterno il flusso della corrente viva. Ne viene di conseguenza a.!_
terato il regime delle pressioni e quindi la resistenza cosiddetta
di forma, perché a valle del corpo investito, incorrispondenza de.!_
la cavità, la pressione si mantiene al valore pv della pressione di
vapore.
Gli stadi pia avanzati del fenomeno sono denominati supercavi
tazione: quando cioè si forma a valle del corpo investito una vera
e propria zona di scia completamente vuota di liquido. Inquesti c~
si la resistenza viene profondamente alterata.
Se si accetta che la resistenza sia prevalentemente di forma
(cioè dovuta allo squilibrio delle pressioni sul corpo investito),
sappiamo che essa, per un corpo solido qualsiasi, può scriversi in
base alla (18 .1 "):

118.29)

avendo indicato con Ac la superficie di contorno e con Am la sezio


ne maestra (normale alla direzione del moto), per cui risulta dAm
= cosa dA e.
Introducendo la pressione P o del fluido indisturbato, e consi
derando 1, 1 roiezione A (generalmente diversa dalla Am) della zo-
5
na di separazione, si ha:

(18. 30)

Il coP.fficiente di resistenza è pertanto, riferito alla sezio


ne maestra A :
.Ili

= CR (O) + o ~
( s
p
1
2
- Pn dA
P
2
Va
+ A
s
A
m
( 18. 31)

dove con CR(O) si indica il valore limite per o= O. L'ultimoadde!!


do indica la conseguenza, favorevole nel ridurre il coefficiente di
resistenza, del fatto che la pressione a valle non può scendere al
508

disotto di Po · Per o~ O, cioè Po= p v' la pressione nella cavità


eguaglia la pressione ambiente. Ove il distacco si manifesti dai
bordi, come avviene per un disco normale alla direzione del movime_!2
to, A 5 = Am' la precedente si riduce alla forma più semplice:

C R (o ) = C R (O) + o ( 18 • 31 I)

Nel caso del disco (vedi § 18. 2 .1 ) ,se si indicano in assenza di


cav i ta zi one con p ' e p " le pressioni medie rispettivamente sulla
pa rte anteriore e su quella posteriore, risulta:

P' - P o Po - p"
0,70 =- 0,42 ( 18. 32)
p V~ /2 p V5/2

e quindi:
p' - p"
( 18. 33)
CR = 1,12
pV~ /2

Se ora, in c ondi zioni di super c a vita z ione , si ha pv a valle in


luogo di p", restando p ' invariato, risulta teoricamente:

0,70 + o (18.34)

In pratica, nel disco la cavitazione ha però inizio già per


valori o i , 0,42, manife-
standosi dapprima lungo la
superficie di separa z ione 2.0.-- -,- --,- ---.-----,.---.-- - ~- ~ ~
della scia vorticosa; e per CR
valori oi anche molto ma~ ,~ i-- -i- - - i- - ---1- ---4..,,.,,~~=- +- - -
giori, nel caso di numeri
di Reynold s e 1 ev a ti (vedi ,.21---f------:;:,~.,..:::.._1-----1- --+- ---l--- -i
Fig. 18.47) . Si trovereb-
be inoltre C R (O)= 0,81 in
disco circo/are in SUl)ercavitaz,one
luogo di 0,70 (G .J. KLOSE
e A.J . ACOSTA, 1965). 0.4 1--- ---4-
•6 o cavi1a· ,;1i vaportf'

• • cav,1a· ae,eote
Il risultato si appli
ca in generale e mos tra co 0:----::'--- - +-:-- L---1.- - ...L-- __l_ _ _J
O 0.2 0.4 0.6 0.8 1.0 1.2 a 1.4
me una valutazione accura
ta non possa farsi che su Fig.18.47
bas i sperimentali.
Particolare importanza
509

ha l a cavitazione nei profili portanti che sostengono gli idropla-


ni e gli aliscafi, ed in quelli che costituiscono le pale delle e-
liche e delle giranti delle macchine idrauliche.
La Fig. 18. 48 fornisce il coefficiente di portanza e P di un
prof ilo per vari angoli di incidenza, in funzione dell'indice d i ca
vitazione (R.W. KERMEEN, 1956).
,.o r---=:::::=========-r-,--T--r-7
-E:---~
Cp profilo NACA 66 - 012
1 angolo di incidenza= 100

0.8 r==r==r=~p7 ~==:::·t=~-a· ~9==- ::::::i

5•
o. 4 1--- +-~'l/"<J..i:r:- ...:i~---'_"-_-
I"'...-.,.-_-.a,- ....-,_-_-_ -_ -_+_,_-_-_---',-:-._,.lf------f
__--_ 1-
cavitazlone (sul dorso 1

0 UIIILl:oQ....Gl~-"----"-"'----"---.._..---"0'--'--''-----'
O 0.4 0.8 1.2 ,. 6 2.0 2.4 (j 2 .8

Fig .18. 48

Deve accennarsi infine alle cosiddette cavità aperte, cioè a


quelle cavità a valle di un corpo in rapido movimento che possono
venir alimentate e riempite di un gas, come l'aria atmosferica (ad
esempio le cavità che si formano a valle di un proiettile che pen~
tra nell'acqua (Fig . 18.49)). La forma di queste cavità può essere

I
I

'
cevlll eperre
I
tese intermedie

Fig18.49
510

determinata teoricamentecoimetodi già indicati da H. HELMHOLTZ e


G. KIRCHOFF (vedi Fig. 10.12 b)) e recentemente ripresi da G. BI~
KHOFF ed altri (1951), basati sull'esistenza di un potenziale del
le velocità (fluido perfetto). Per la valutazione della resisten-
za in presenza di cavità aperte , gli stessi metodi indicati per
le supercavità possono applicarsi, sostituendo però alla pressio-
ne pv del vapore quella del gas presente nella cavità .
511

19. PROBLEMI DI MOTO VARIO TRATTA TI SENZA EFFETTI


DI PROPAGAZIONE

19.1. Fondamenti teorici del moto vario


In questo Capitolo, e nel successivo, esamineremo i princip~
li aspetti dei fenomeni di moto vario, quali si presentano nei s!
sterni di bacini e di condotte (sia a pressione sia a pelo libero)
che sono oggetto di studio nell'idraulica.
Essi vengono trattati come problemi di moto unidimensionale,
e quindi con le stesse ipotesi semplificative già introdotte, per
il caso dei moti permanenti, nel Capitolo 14 relativo alle tubazi_Q
ni a pressione, e nel Capitolo 15 relativo ai canali a pelo libe-
ro.
L'equazione del moto che regge questi fenomeni è ancora l'e-
quazione di Eulero relativa al filamento di coordinata schecosti
tuisce l'asse del tubo di flusso formato dalla condotta, complet~
ta dal termine d'inerzia locale,e cioè in sostanza la (4.14) del
Capitolo 4, con l'aggiunta di un termine iE che rappresenta, con
estensione già applicata nel§ 7.3.2, la perdita unitaria di ener-
gia dovuta all'attrito:

( 1 9. 1)

Nell'equazione cosi scritta E= h +


n
~
v2
+ - rappresenta l ' e-
Y 2g
nergia specifica della corrente nella sezione s, e V il valore me
dio della velocità in detta sezione: a rigore avrebbero dovuto in
trodursi i termini correttivi di Coriolis o (7.13') in o g e 8
v2
2
( 7 • 14 ') i n -1 "av
.., - , ma per 1.. motivi
. . a su.o 1 uogo esposti, resi an-
g H
cor più validi dall'applicazione al moto vario, può per semplici-
tà porsi o= 1, 8 = 1.
Alla (19.1) si aggiunge, formando con essa sistema,l'equazi2
ne di continuità (3.8):
512

a (p VA ) a (pA}
- _a_t_ { 19. 2)
as

scritta per il tubo di flusso di sezione A formato dal condotto .


Quest ' ultima equazione, che è di carattere generale, si sem-
plifica notevolmente, com'è noto, quando possa farsi, in linea aE
prossimativa, l'ipotesi che il fluj.do sia incomprimibil,e (p = cost,
:~ = O), e che esso sia completamente racchiuso in un condotto non
deformabile , per cui ne resti invariata nel tempo la sezione (;~
=O). Allora l'equazione di continuità si semplifica in quella :

a ( p VA) = O cioè Q VA! cost (s) (19 • 2 I )


as

che si applica ai casi di moto permanente{§ 3 .3 ) .


In relazione a quest'ultimo aspetto dell ' equa zione di conti-
n ui tà che corrisponde alla cosiddetta trattazione anelastica , ic~
ratteri del fenomeno non più dipendono da modalità di propagazio-
ne, in quanto ogni variazione della portata e della velocità che
avvenga in una sezione si manifesta simultaneamente lungo 1 'intero
sistema; è come dire, pertanto, che essa si propaga con una velo-
cità infinitamente grande . Una simile ipotesi, mai del tutto reali
stica, può assumersi come sufficientemente valida per la trattazi2
ne semplificativa di alcuni problemi idraulici , che f orma oggetto
del presente Cap~tolo .
L ' ipotesi non propagatoria è in realtà un' approssimazione più
o meno grossolana, valida soprattutto per quei sistemi (come i ser
batoi in regime variabile e le colonne oscillanti) per i quali la
velocità della variazione è molto piccola rispetto a quella con cui
la perturbazione si propaga; ed è comunque un'ipotesi di comodo per
ottenere nei vari casi una rapida anche se non rigorosa soluzione .
In realtà, soprattutto ai fenomeni di moto perturbato neiie
tubazioni meglio si addice, e nei casi di ma novre rapide è indi-
spensabile, la più rigorosa trat tazione propagatoria , cui più pr2
pria mente conviene la diz ione di "colpo d'ariete" . Si tratta di
considerar e il flu ido come comprimibile, e la tubazione come ela-
sticamente deformabile, per ricavarne un valore finito della velo
cità di propagazione della perturba zione.
Fenomeno analogo al colpo d'ariete sotto l'aspetto propagat2
rio è poi quello d elle perturbazioni ondose nei canaii . Qui,inl u2
go di onde di pressione, abbiamo o nde d i gravità, cioè modifiche
transitorie del pel o l ibero, per le quali pure si deve considera-
51 3

re una velocità finita di propagazione. Abbiamo pertanto raggrup-


pato nello stesso Capitolo 20 due fenomeni tra loro fisicamente a~
sai diversi, ma che hanno in comune la caratteristica della propè.
gazione, e perciò sono retti da equazioni differenziali molto si-
mili, c on un comune tipo di soluzione.

19.2. Bacini a riempimento variabile


I problemi raggruppati in questa sezione riguardano il riem-
pimento variabile di un bacino d'acqua, di superficie cosl rileva~
te da potersi riguardare:
a) orizzontale il pelo libero durante il graduale aumento o la grè_
duale diminuzione del livello;
b) piccola la velocità con cui avviene questo movimento del pelo
libero.
Di conseguenza si potrà con una sufficiente approssimazione
trascurare il termine di inerz ia locale nell'equazione (19.1); i-
noltre le perdite di carico nel bacino potranno considerarsi tra-
scurabili.

19.2.1. Vuotamento di un bacino con efflusso dal fondo


consideriamo (Fig. 19.1 a)) un recipiente di sezione orizzon
tale variabile con
l' altezza,a cui sia A
applicato un foro
per il vuotamento,
provvisto o meno di
ho
un tubo addiziona- h
le di scarico.
Applicando la 1-'1
(1 9. 2') , come in un a}
moto permanente,se l0e b}

h è la quota,a par
tire dalla luce di Fig. 19.1
fondo, dell'iscan-
taneo pelo libero
A0 (h), e quindi v 0 = - ~: la velocità di discesa, risulta:

dh
Q = - dt A o (h) = Qe ( 1 9. 3)

essendo Qe l'istantanea portata d'efflusso.


514

L'equazione (19. 1 ), integrata fra la sezione A o(h) del pelo


libero e la sezione d'efflusso, fornisce:

V~
-2
g
+ h + h e - t:.h P - 2 g
v e2 1
-
- (J
f-he _av at
ds =O (19.2")
h
y2
dove con t:.h p = ( Et.; + fJ-> 2; si denota il complesso delle perdite
di c a rico attraverso il tubo di scarico di diametro d (vedi Capi-
tolo 14) .
Infatti, se l ' area della bocca d ' uscita è piccola in confro~
to all'area della sezione orizzon tale del serbatoio, la variazio-
ne de l la velocità nel tempo, :~ , è piccola lungo tutto il siste-
ma, tale essendo quella in corr ispondenza al pe l o libero, purc h é
i l tubo di scarico (ove esista ) sia di lunghezza sufficientemente
limi tata . Qu alche eccezione potrà a v ersi qualora il serbatoio ri-
duca notevolmente la sua se z ione verso la bocca; ma si tratta, g~
neralmente, di un errore limitato alla sola fase finale del vuota
mento.
In queste condizioni, la ( 1 9 . 2 ") fornisce, trascurando il pi~
y2
colo valore ~

nd2 V hg (h + h el (19. 4)
4
e
4
~ + El; + 7
Se il recipiente terminasse senza tubo e con una luce a bat-
tente di piccola area A e' in l uogo della ( 19. 2 " ) si scriverebb e
(Fig . 1 9 .1 b)):

-
y2
o
+ h
y2
e
- .!.
fo -av dh = o
E:2 si = 2g - 2g =
g h at ( 19. 2 '" )

dovendosi però valutare come sezione di efflusso non l'area effe!


tiva Ae, ma l ' area contratta CcAe quando la bocca sia in parete
sottile (Capitolo 6); e pertan to, in generale :

Q
e
= e eA e V e = e eA e h gh ( 19 • 4 Il

Sostituendo nella (1 9.3), si ottiene , r i spettivamente :

dh h g (h + h )
e
A o(h ) = ( 19 • 3 I)
dt 4
V1+n; + 7
51 5

( 19. 3 ")

Queste equazioni sono a variabili separabili, e possono int~


grarsi, noto A0(h) • In particolare, se A O ( h ) = A O = cast (s er>ba toio
cilindr>ico o pr>ismatic o), risulta:

2Ao V1 + [i; + f1:.. lh + h


d e
t = + cost ( 1 9. 5)
rrd 2
- 4- 12g

2A o
t lh + cost ( 19 . 5 ' )
C A
e e
hg

La costante può individuarsi ponendo , per t ho ( li- = O, h =


vello iniziale del serbatoio). Il tempo di vuotamento completo (h=
= O) ri s ulta :

2A O V1 + r i; + f.!:.
d
tV = 2
v'h o + h e ( 19. 6)
rr d
-4- 12g

2A o
tV = v'h o ( 19. 6 ' )
C A
e e
12g

Altra semplice determinazi~


ne può farsi per il vuotamento di
una botte sfer>ica di raggio 1'. Co_!!
siderando per semplicità i l caso
h
d..::lla luce di fondo, si ottiene
(Fig. 19. 2):

Fig19 2

dh ( 19. 7)
- dt 1r ( 21'* h - h 2) = C A
e e

da cui:
51 6

TI
è = + cost
C A 12g
e e

Il tempo di vuotamento completo, da ho 2r a O, risulta:

TI 4 (2r) 5/2
t (19. 7')
V
C A 12g 15
e e

Qualora, contrariamente alle ipotesi introdotte, la luce di


efflusso Ae non fosse piccola rispetto alla sezione del recipien-
te, il termine di destra della (19.2"') dovrebbe essere conserva-
to, scrivendolo opportunamente ne lla forma:

- l
g
jo A o <h)
A
avo
ot dh -
- - .l avo
g et A o ( h)
)o dh
A (19. 8)
q h

essendo A 1 'area della generica sezione del recipiente (Fig .19 .1 a)) .
Per vedere l'importanza di questo termine, quando la luce di
eff l usso sia grande d i fronte a quest'area, basta pensare al caso
in cui le due siano eguali, cioè si tratti di vuotamento di un ser.
batoio di sezione costante, riempito fino all'altezza ho , per ra-
pida asportazione del fondo. In questo caso, quando la sezione
A O (h ) del pelo libero è scesa al fondo, la velocità ha raggiunto
il suo massimo 1 2g h 0 con un'accelerazione :~ = - g costante come

quella di un grave; il termine d'inerzia - ¾ f: :~ dh , che si tr~

scura abitualmente, resterebbe il solo termine nell 'equazione del


moto, la quale risulterebbe (per v 0 = Ve):

h - .l
g
foh ~
at
dh

av
che dà appunto TI= - g.
La conservazione del termine di inerzia offre peraltro qual-
che difficolt.\S nell'integrazione d elle equazioni ( 19.2" ) (19.2"').

19.2.2. Vuotamento di un bacino da luce a stramuzo


s e un bacino è pro vvisto di una soglia d i sfioro,oltre la qu~
le possa venir invasato per una certa al t ezza ho med iante una pa-
ratoia od altro organo di ritenuta, si ha il problema di determ i -
na re la legge d i vuotamento del bacino fino alla quota della so-
g lia, una v o l ta rimosso l'organo di ritenuta.
Accett iamo anche qui l ' ipotesi della ori zzontalità della su-
517

perficie libera del bacino A 0 (h) durante il vuotamento; ipotesi


che è però discutibile, perché in realtà il processo di vuotamen-
to si svolge a mezzo d i una successione continua di onde di depre~
sione, dirette e riflesse, fra l'origine della perturbazione (ri-
mozione della ritenuta) e l'estremità del bacino (vedi§ 20.2.3).
Se anche qui, scritta l 'equazione di continuità:

dh
- d t Ao (h) ( 1 9. 9)

si pone per semplicità :

I""
A 0 (h) = A o = cost
- - --=;;--,ì
e si applica la formula 1 ,.,-o - --i; - / / -~
dello stramazzo (6 . 24) r __ __r:_ ___
alla soglia di lunghez-
za R. , ottenendo (come
per la ( 1 9. 4' ) ) la por- F1g. 19.3

tata:

Q
e
= et
q
l2g h 3 1 2

risulta (Fig. 19.3):

- A od h
dt =
e q 2. hg h 312

e quindi, fra i l ivelli h o eh:

(19.10)

Si noti che, teoricamente, il tempo t v sarebbe infinito per


il vuotamento fino alla quota della sogl i a (h =O). In realtà il
processo di vuotamento cessa una volta raggiunta l'altezza del me
nisco capillare sul la soglia (dell'ordine di 3 + 5 mm).

19.2.3. Regime vario in generale nei serbatoi


I casi sopra esemplif i cati sono casi particol ari di situazi~
ni più compl i cate che possono incontrarsi nell 'applicazione. Met-
tiamo in evidenza, t ra gli altri , i seguenti problemi:
518

a) Regolatione dei lagh i-serbatoi


Si tratta di determinare le variazioni di l ivello in un baci
no (come un l_ago artificiale) conoscendo la legge nel tempo delle
portate naturali d'afflusso Q (t), la relazione A(h) fra le supeE
3
ficie libere e i livelli (cosiddetta aurva de"lZe aree) e la relazi9.
ne Qe (h, t) che dà la portata degli organi di scarico in dipende~
za dal carico e dal tempo (manovre effettuate) .
In questo caso l'equazione (19.3) viene sostituita dalla re-
lazione più generale:

Qa _ Qe -_ A dt
dh (19.11)

che si risolve, per differenze finite, scrivendo:

Qa_-_Q
_ _e 'ilt
ah = ( 19 .1 2)
A

Il procedimento numerico viene agevolato dall'uso degli ela-


boratori elettronici, che consentono di assumere intervalli anche
assai piccoli di tempo at .
Nei problemi di regolazione dei bacini, peraltro, le portate
Qe effluentj vengono programmate secondo le esigenze delle utiliz
z azioni per forza motrice , per distribuzione irrigua od altre, in
funzione del tempo, parzializzando 11 macc hinario o gli organi di
scarico in modo c he, almeno ne l le medie e ad intervalli, non ri-
sulti più la dipendenza dal carico h .
In questo caso nel l' equazion e (19 , 11) si possono i n tegrare in
funzione del tempo sia gli afflussi Q che i deflussi Q , eà otte
t a e -
nere i volumi di afflusso +' =
=
t a f
o Q a dt e i volumi di deflusso+' e =

f
. o
Qe dt . La differenza tra q uesti due valori

( 19. 1 3)

è evidentemente pari al volume accumulato nel serbatoio (segno+)


o detratto dal serbatoio (segno-) nell 'intervallo O - t , cioè fra
i livelli h 0 e h t, per con sentire la regolazione richiesta.
La capacità di immagazziname nto 1/roax del serbatoio dovrà es-
sere pari alla massima differenza +' - Ve.
3
In questi prvblemi è utile u na rappresentazione grafica del-
le grandezze 1/ ( t ) e Ve(t) in funzione del tempo t (Fig. 19. 4)
3
questi me todi, che v engono sv i luppati nell 'idrologia, consentono
519

---
Oo

Fìg.19. 4

tra l'altro di determinare la capacità diunbacino necessaria per


soddisfare ad una regolazione prefissata, in un periodo di tempo
Tal termine del quale venga ripristinato riniziale invaso del ba
cino.

b) Escursioni di marea nei bacini lagunari


La penetrazione d el la marea in un bacino lagunare, collegato
col mare aperto attraverso una o pi O bocche (Fig. 19. 5), è in rea!

L (:
Q)··0,0..,:..-...·
~
--=r. ' ,· . " ',
.

e_e··= ,·==··:=Jl
A" laguna

Fig.19. 5
520

tà un problema 'dinamico' , perché il riempimento o il vuotamento


avviene in virtil di una propagazione ondosa con velocità finita di
propagazione. Peraltro, soprattutto nel caso in cui i canali inteE
ni non siano rilevanti, può accettarsi un metodo piil semplice di
indagine, impropriamente detto 'statico' , che ammette che la su-
perficie libera A del bacino sia mantenuta sempre orizzontale,e si
muova verticalmente in dipendenza dalle oscillazioni del mare a-
perto.
Si può applicare allora al bacino l'equazione generale (19 .11)
del moto vario nei serbatoi, considerando però che esso alternati
vamente riceve (Qe = O) o scarica (Qa = O) attraverso la bocca, e
che in ogni caso queste portate si esprimono, per date condizioni
geometriche della bocca, in funzione dell'istantaneo dislivello
lhm - h l fra la quota h
m
del livello marino e quella h del livel-
lo nella laguna.
Se la bocca può riguardarsi come una strozzatura, di area A~,
sarà:

Qa, Qe =± e q A'b 12g l jh m - h j

se invece si tratta di un canale di lunghezza l e sezione Ab, po-


trà porsi (essendo C il coefficiente di Chézy):

Q,Q =±CAb"~ll h - h j
a e ~ m

In ogni caso si scriverà:

( 19 .14)

avendo conglobato in K, che si assume costante, termini che in re


altà dipendo no, seppure in no n grande misura, dalle quote liquide
istantanee attraverso la bocca .
L'equazione (19 . 11) pertanto si scrive:

(19 .1 5)

considerando la variazione coi livelli della sezione Ab della bo~


ca e della superficie A dello specchio d'acqua del bacino.
La (1 9 .15) , pur nell'ipotesi che il rapporto 7"
KA
sia costa~
te, non è integrabile in termini finiti se non in casi particola-
ri: ad esempio assimilando il diagramma di marea esterno ad un an
521

damento lineare nelle altezze (U. TODARO, D. BONVICINI, 1934), o


assimilando il diagramma di marea in laguna ad un andamento sinu-
soidale (G. SUPINO, 1954).
In generale, la (19.15) si risolve alle differenze finite,a~
valendosi, per precisione e speditezza di tempo, dell'ausilio dei
calcolatori elettronici.

19.3. Oscillazioni di massa


Con la denominazione di 'oscillazioni di massa' si intendono
i movimenti periodici che, a seguito di una perturbazione, avven-
gono nei sistemi idraulici ragguagliabili a vasi comunicanti.
Si tratta di colonne liquide lentamente oscillanti,per il cui
studio può ben farsi, nelle equazioni del moto, l'ipotesi dell'in
comprimibilità del fluido e della non deformabilità dell' involu-
cro. La perturbazione, pertanto, si trasmette da un estremo a1r·a1
tro senza ritardo, cioè con velocità infinita di propagazione, co
me se si trattasse di un mezzo rigido.
Accettata questa ipotesi, la derivata ; ~ rispetto al tempo
della velocità V (che può assumersi, in ciascuna sezione, pari al
valore medio, eventualmente con un coefficiente di ragguaglio, c~
me esposto nel § 19.1) può essere riguardata, istante per istante,
la medesima per tutta la lunghezza del sistema oscillante.

19.3.1. Oscillazioni della colonna liquida nei tubi ad U


Come caso semplice introduttivo allo studio dei fenomeni di
oscillazione di massa consideriamo quello di un tubo ad U rigido
di sezione costante, terminante
con due bracci verticali (Fig .
. 19. 6).
Lo scostamento generico ± z
dall' orizzontale di riposo è~
guale nei due rami, potendo il
fluido ritenersi incomprimibile.
L'equazione (19.1) in base
all'ipotesi esposta, trascuran-
do gli attriti, dà, integrata su!
la lunghezza della colonna l i
guida fra le superficie libere
1-1 e 2-2 (semioscillazione po-
Fig . 19.6
sitiva);
522

i av i dv
( 19 .1 6)
g TI g ctt

essendo V la velocità di movimento della colonna, che è uguale, se!!!


pre per l'ipotesi fatta, in ogni sezione A, e che è considerata P!?.
sitiva se diretta da 1-1 a 2- 2 (vedi Fig . 19 . 6) . Alla stessa equ~
z ione si perviene anche per la semioscillazione negativa.
Essendo:
v2
E2 = ± z + -2 g , + z +

risulta:

dv
± 2z = - gi Tt (19 .1 7)

Tenendo conto che,con la stessa alternativa di segno:

V., + d z
- dt (19 . 18)

si ottiene, sostituendo, un 'equazione di second'ordine a coeff i -


cienti costanti:

9. a2 z + 2z o ( 1 9 . 19)
g dt 2

il cui noto integrale è:

sin cos

Le costanti si determinano anzitutto notando che, per t O,


z = O (iniz io d ell'oscilla-
zione). Ne segue c2 = O, e
quindi:

z = eI sin

che è l ' equa zione del moto


armonico, di per i odo (F ig .
19. 7) :

T (19 . 2 0) Fig.19.7

Il massimo dell ' oscillazione si avrà quindi per t = i , per


c ui ris u lta:
5 23

z = - z max C 1 s in
(fii- V¼)
1T
2 = Ci

e , sostituendo:

z = - z max sin {f[t ( 1 9.21)

L ' equa zione ( 19. 19) è int egrabile a nche c o n l 'agg~un t a di un


termine d i attrito dipendente linearmen te dalla velocità , cioè ne.!_
l ' ipotesi c he il mo to o s cillatorio nel t ubo abbia c arattere lami -
nare (vedi § 9. 3 .1 ) . In questo caso si ha una s erie di osci llaz i 2
n i smorzate a partire d alla ma ssima iniz iale ; s e poi r isulta ver i
f i cata la condizione:
2
( ~ ) > ~ ( 1 9. 22 )
pA i

l ' andame nto per raggiu·nge re l a condizione di r i poso è ape riodico ,


anz iché osci llator io .

19 .3.2 . Oscillazio ni per br usco a rres to nei po n i pi ezo m e trici


Lo schema comunemente adot tato n elle d erivaz ioni i droel ettri-
che a pressione consiste di un serbatoio di alimentaz ione, di una
condo tta d i derivatione quas i o riz zontale, generalmen te in ga lle-
ri a , di un poz zo piezometrico (o v asca di oscil Z.a zio ne) e di una
condot ta for z a ta for temente i nc linata che adduce alla centrale . s e
si cons idera costan te sia la s ezione della ga lleria A g sia que l la
della vasca Av , lo s chema è quello della F i g. 1 9 . 8 .
s ituazione istantanea

t-===-===-- +-=~~~---~- =:::-:_:--e-~-,_·__al=toù.-_:_-_- ~----===-~--==-11z.~;


Oo=-Vo-A9::;-------- _ _
a regime (1= f
-t.Eo=, vo2

Ag

-
Fig .19 8

Scopo del l ' ins erimen to d el la vasca è c he la pertu rba z i one di


colpo d ' ariete (vedi trattazione seguente) rima nga attiva, e in mi
s ura r idotta , ne lla sola c o ndot ta forzata, e ne res ti praticamen-
t e esclusa la condotta collegante i l serbatoio alla vasca s tes sa.
524

Trattiamo il caso più semplice ed importante del brusco arr~


sto della portata derivata alla centrale.
se si t r a s c uran o Ze p e r d i t e d i c a ric o e Ze altezz e ci ne ti che ,
e si considera c he il serbatoio non partecipi alle oscillazioni
perché di sezione molto grande, si ricade nello schema dei tubi ad
U del precedente paragrafo, con la differenza che l' oscillazione
avviene in uno solo dei rami, costituito in questo caso dalla va-
sca di oscillazione.
L'equazione (19.17) viene perciò sostituita dalla seguente:

l dV (19. 23)
g Tt :!: z

dove ora t è la lunghezza solo della condotta di derivazione, po-


tendosi trascurare il contributo dell'inerzia del moto entro la v~
scadi oscillazione. D'altra parte, se si intercetta completamen-
te la derivazione, tutta la portata entra od esce dalla vasca, e
pertanto istante per istante vale, in luogo della (19.18):

( 19. 24)

In definitiva, quindi, in luogo della (19.19), si scrive:

(19.25)

Valgono pertanto ancora le soluzioni della (19.19), con l'e-


vidente sostituzione, a (19.20) e (19.21), dei seguenti risultati:

T 211 ~ (19. 26)


\J ;-;;;
z = - z
max
sin V g Ag t
.I!. A
V
(19. 27)

Se ora si considera che, al momento t ~ O dell'arresto della


portata Qo derivata, l'equazione di continuità fornisce:

( 19. 28)

e che, in base alla (19.27):

dz t
d t = - z max
525

risulta:

dz
( ~)
ai; t•O
= - z max
& V
--

cioè:

max

Pertanto l'equazione (19.27) dell'oscillazione, per l' arre-


sto completo della portata Qo = AgVo, si scrive:

z = - v0 ~
V~ sin·~
V~ t ( 19. 29)

Si vogliono ora introdurre te perdite di aariao nella galle-


ria, rappresentandole con !!.E = ± rV2 ,dove il segno - vale per il
moto dal serbatoio verso il pozzo (semioscil l azione positiva), il
segno+ per il moto invertito dal pozzo al serbatoio (semioscill~
zione negativa).
Sempre nell'ipotesi di arresto istantaneo completo, per cui
rimane valida l'equazione di continuità (19.24), e considerando la
prima semioscillazione positiva, avremo, in luogo della (19.23),la:

z - rV 2 (19.30)

Per l'integrazione del sistema, conviene sostituire la varia


bile z alla t, in base alla relazione:

dV d V dz A dv
= - -.& V ( 19. 31)
Tt dz dt Av Tz

che appunto utilizza la (19.24).


Si ottiene pertanto, dalla (19.30):

.t Ag dV
z + g A V Tz - rV 2 = o (19.32)
V

dV 1 d ( vz)
Notando che V 2 ---;r;- e posto q = V2:
dz

dq 2&: A:ll:r q + ~ z = o (19.32')


Tz - i Ag t Ag

Questa è un'equazione lineare del 1° ordine, col termine ag-


526

2g A...,
giunto - - - - z, il cui integrale generale vale:
t Ag

2g Avr
t A 2 Z
q = v2 g + - + e e i Ag

La costante C si determina in base alla condizione iniziale


(di regi me) :

V = V0 per

Ne discende:

1. A
e g
e

e quindi:

z
- +

Di quest'equazione, più che il decorso nel tempo, interessa


il valore massimo z max
che si ha per V= O.
Posto:

/
n =

risulta:

o z n(z -6Eo)
max + -n n
e max

cioè:

en( zmax -tiE0 )


nz
max +
1 - o ( 19 . 34)

che si può scrivere anche (F. PRASIL, 1908) :

ln(1 -+ nz ma)= n(zmax - tiE 0 ) = ( 1+nz


max
)-(1+n6E 0 ) ( 19. 35)

Se ne ricavano i valori di n z max da quelli di nòEo come dalla


seguente Tabella :
527

Tabella 1
-
MEo
_ Zinax - - Zmax
--
nzmax nti.E 0 nzmax
AE0 tiE"
0,00005 - 0,0100 200,00 o, 70 - 0,770 1,100
0,0005 - 0,0312 61,40 0 ,90 - 0,821 0,916
0,005 - 0,0962 19,24 1,00 - 0,841 0,841
0,010 - 0,284 5,68 1,50 - 0,910 0,605
o, 100 - 0,383 3,83 2,00 - o, 948 0,474
0,500 - 0,698 1,396 3 ,00 - 0,981 0,327

Si osservi che, al limite, in mancanza d'attrito, tiE 0 = O,


Zmax
- ~ = oo .
Una formula di risoluzione approssimativa è quella di D.EYDOUX
(1921), ottenuta sviluppando i n se·rie l'esponenziale nella (19.34) :

~ ( 19.35' )
- z
max
V~g
o in forma a ncor più semplificativa:

- z
max

che dà buoni risultati per n < 0,7 .


Con procedimento a nalogo, i massimi z , - 2 , 2 ••• delle
1 11 111
semioscilla zioni (negative e positive) che susseguono alla prima
- zmax risultano dalle seguenti formule iterative (E . BRAUN, 1920):

(1 - nzmax ) - ln ( 1 - nzmax

( 19 . 36)

I l decorso dell'oscil -z
laz ione, fornito recent eme!!
te da A. GHI·ZZETTI (1950),
si presenta come nella Fig.
1 9. 9.

Fig.19.9
528

19.3.3. Risoluzione numerica di problemi relativi ai pozzi piezometrici


Già il caso elementare di un pozzo piezometrico di sezione co
stante e di una manovra di arresto istantaneo della portata, trai
tato nel paragrafo precedente, conduce, quando, come è necessario,
si considerino le perdite di carico nella galleria, a difficoltà
di integrazione considerevoli. In realtà, per ragio ni di economi-
cità funzionale, ai pozzi piezometrici a semplice canna cilindri-
ca vengono spesso preferiti altri tipi, realizzando espansioni s~
periori ed inferiori collegate da una sottile canna ( po zzi a cam~
ra), o sistemando una canna sottile entro una vasca più ampia, in
cui la prima può sfiorare, e lasciando ampia comunicazione fra la
galleria e la canna ed una comunicazione strozzata fra la galle-
ria e la vasca (p o zzi differenziaZi} . Una strozzatura alla base di
i nnesto nella galleria può essere anche interposta per i pozzi a
semplice canna cilindrica, o per quelli a camera. Scopo di questi
provvedimenti è di rendere il più veloce possibile, nel caso di a~
resto della portata, il raggiungimento di una rilevante escurs io-
ne verso l'alto, per frenare l'inerzia della massa contenuta nel-
la galleria sin dai primi istanti de l fenome no.
Inoltre non solo manovre d'arresto (che non saranno istanta-
nee o comunque brevissime, perché spesso virtualmente allunga te
per la presenza di scarichi sincroni o di tegoli deviatori), ma a~
che manovre graduali di diminuzione e di ripresa del carico dovra~
no essere considerate, secondo le previsioni cautelative di fun-
zionamento dell'impianto.
Per ottenere dal calcolo l'andamento delle oscillazioni in
questa complessa situazione reale bisogna ricorrere all' integra-
zione numerica per differenze finite (oggi resa oltremodo rapida e
precisa con l ' uso di calcolatori elettronici) del seguente siste-
ma di equazioni differenziali (vedi schema di Fig. 19.10):

i dV
= z
g dt
(19.37)

VA g

La prima equazione è l'equazione del moto (19.23), completa-


t a de l termine ± r V 2 (rV~ a regime), che rappresenta il complesso
delle perdite di carico nella condotta di derivazione,ed anche del
ter mine :!: k ' v2 k V 2 che rappresenta la perdita di carico attraver
s -
so l 'eventual e strozzatura alla base del pozzo lsi trascurano sem
529

pre i carichi cinetici e le perdi te di car ico nel moto entro il po!
zo stesso).

situazione istantanea _ ft!


,-..._.-.~----,- o=;_;:-__o;;~:o~ ~rso ,_·a_i_to _ - -1--.=:__~=--*'d=-_t=-_--11z rl-z
---------- -- ----
a r9'1ime Qo•~ Ag __ '\6 +z

Av

Ag

- !

Fig.19.10

La seconda equazione è 1; equazione ai cont 1nu1 ta ne.1. uuuu CO!:_

rispondente al punto d'inserimento del pozzo piezometr ico , ed in-


dica che la portat a istantanea VA ~ Q nella galleria~ r iparti-
& g dz
ta fra la portata che entra nel pozzo - Tt Av (.2) e quella Qc che
prosegue verso la centrale utilizzatrice. Quest'ultima era nulla
nel caso del paragrafo precedente, in cui si era consid erato il
completo arresto della centrale.
Di fronte all 'uso ormai comune de i cal colatori elettronici,
perdono interesse i metodi grafici p er la risoluzione delle equa-
zioni ( 19 . 37) , tra cui particolarmente importanti erano que l li pr~
posti da A. SCHOKLITSCH (1923) e da J. CALAME e D. GADEN (1926) .

19.4. Problemi di avviamento e di perturbazione di prcs.1ione in una condotta ( trattazione


anelastica del colpo d'ariete)
Tratteremo in questo paragrafo fenomen i non period ic i di mo-
to vario nelle condotte, quali conseguono all'avviamento e alle m~
novre di regolazione che si presentano nell'esercizio deg_li impia_!!
ti.
Verr! fatta anche qui l'ipotes i semplificativa, giA introdo!
ta nel paragrafo precedente, che il fl uido sia incomprimibile e
che l'invo lucro della condotta sia rigido; l'ipotes i è corre tta
per i lenti fenomeni di avviamento, mentre per le perturbazioni
conseguenti alle manovre di regola zione (cosiddetto coipo d'arie-
te) lo è solo in misura appros simativa, e tanto più lontana dal-
la realt! guanto più rapida è la manovra.
530

E' questa la più semplice trattazione 'anelastica' del colpo


d'ariete, che va sostituita con quella 'elastica' più corretta (di
cui ci occuperemo nel successivo Capitolo 20), una volta che sia-
no sorpassati i valori limite di certi parametri, che la teoria è
in grado di valutare.

19.4.1. Tempo di avviamento di una condotta


Si abbia una condotta forzata, di sezione costante e di lun-
ghezza R. , soggetta ad un carico agente ho fino alla sezione termi
nale (F ig. 1 9. 11) , supposta chi!!
sa. Se si apre rapidamente lo
sbocco, nell'istante iniziale la
energia E 2 al termine scende a
zero, mentre rimane l' energia
E1 = ho all'inizio della condo!
ta, e la massa in essa contenu-
ta è indotta a muoversi con una
accelerazione~~ definita dalla
equazione di F.ulero, integrata
rispetto alla lunghezza R. come Fìg .19.11
nel paragrafo precedente :

(19 . 38)

Se anche nel tempo s uccess i vo si mantenesse nulla l' energia


allo sbocco, l 'equazione (19 .38 ) darebbe per immediata integrazi2
ne:

R.
g7io V = t + cost

Il tempo Ta per avviare il moto fino a raggiungere la veloci


t~ V 0 nella condotta inizialmente ad acqua ferma risulterebbe per
tanto:
T
a
(19.39)

Il parametro indicato, che caratterizza il comportamento di-


namico della massa liquida contenuta, vie ne chiamato t empo di av-
viamento della condotta . Esso ha notevole importanza, come vedre-
mo, nelle elaborazioni relative al colpo d'ariete .
Va rilevato, peraltro, che l 'effettivo tempo che la condotta
impiega per raggiung ere la velocitA v 0 è superiore al tempo Ta,in
531

quanto l'ipotesi che l'energia sia nulla a l lo sbocco viene a ces-


sare sin dall'inizio, appena l a velocità V nella condotta aumenta,
e si determina cosi un'altezza cinetica, a cui si aggiungcno le
perdi te di carico dovute al moto. L'accelerazione~:, pertanto,
viene progressivamente a diminuire.
Considerando le perdite di carico globali, continue e localiz
~ - .
zate, con l'espressione AE = r 2 g,l'equazione di Eulero integra-
-
ta si scrive, in luogo della (19.38):

i dv v2
g dt = ho - (1 + r) 2g (19 . 40)

mentre, a regime finale stabilito, è evidentemente:


2
Vo
ho = (1 + r) 2g (19.41)

Se ne trae:

i dv
g dt

cioè:

R. V~
dt 2 2 dV
gh0 v0 - v
Integrando, e notando che è:

f dV
V~ - y2
1
Vo
arctgh
V

Vo
+ cost
1
2V 0
ln
V

Vo
+ V

- V
+ cost

si ottiene, con V = O per t = o (massa inizialmente ferma):

R.V V V
t - h- arctgh
g o
-v
0
T a arctgh Yo (19.42)

risultato già ottenuto da G. VENTUROLI ne l 1863.


La dipendenza funzionale di : da: è rappresentata nel diagré3!!!
0
ma del la F ig. 1 9. 1 2; il consegui1iento ctel valore di regime ( : = 1)
è asintotico nel tempo, ma già per
t a
i
= 3 la d ifferenza i! minima
0

(tgh 3 = 0,99505). Invece per Ta = la differenza è rilevante


(tgh 1 = 0,76159); ciò sta a dire che per t = Ta (tempo d'avvia-
mento della condotta , valutato sotto i l carico costante h 0 ) si
raggiunge, in effetti, per una condotta ad efflusso libero,non il
532

completo avviamento, ma solo i


3/4 circa dello stesso.
Quanto poi all' andamento ~
V
1.0

0.8 V
V
L--
-
della linea dell'energia dura~ '/
06
te la fase di moto vario, la cui I
inclinazione (per perdite di ca 0.4
rico nulle} : I/
dE 1 aV (19. 43 ) 0.2
g TI I
I
o.5 1.0 15 2.0 2.5 t!Ta
dipende dall' intensit.l d ella v~
riazione col tempo della velo- Fig.19. 12
cità in condotta, si ha anzi tu!
to un passaggio brusco, all'istante della messa in moto, dall' o-
rizzontale (ad acqua ferma prima dell'apertura) alla massima pos-
sibile inclinazione (ad acqua ferma subito dopo l' apertura; dia-
grammi 1 e 2 della Fig. 19.13 ).

1-====-=--~ =-=--

ho

I'
2

- · _. _ linea dell'energia ___ __linea piezometrica

,.......................,,----t.__
-...... 1--=!',,,.-~-I- . -

o
.- .

-r
!
------- ~
3 4
Fig.19 .13

Il diagramma 3 rappresenta {per semplicità trascurando le per


dite di carico nella condotta) una situazione intermedia dell'av-
viamento, e il diagramma 4, i n fine, la situazione di regime fina-
le, in cui la linea dell 'energia riprende .il suo andamento orizzo~
ta le, l'energia essendo ora interamente trasformata in altezza ci
netica nella condotta.
533

Si osservi che l'adeguamento al valore V 0 di regime finale (d,!


verso naturalmente nei due casi) si presenta con le medesime moda
lità computandosi, o meno, le perdite di carico.

19.4.2. Colpo d'ariete in una condotta connessa ad una macchina idraulica


Sempre nell'ipotesi anelastica, consideri amo una condotta for
zata (Fig. 19.14) alimen-
tante una turbina o rifoE
nita da una pompa, sogge!
ta a manovre di chiusura
o di apertura al suo estr~
mo.
Una tale condotta,cQ
me è già stato indicato
nel § 14.5 , deve consegn~
re alla macchina o riceve Fig.19. 74

re da essa la massima po-


tenza disponibile, riducendo al minimo possibile le perdite di c~
rico dovute al trasferimento. Essa pertanto può venire considera-
ta come provvista di un ugello terminale, che anche a piena aper-
tura modera notevolmente la velocità nella condotta rispetto a
quella di efflusso. Questa situazione è realistica quando la con-
dotta alimenta turbine ad azione (vedi§ 8.3.1), e schematicamen-
te corrisponde, sotto l'aspetto idraulico, anche a quella che si
presenta quando siano ad essa inserite turbine a reazione o pompe.
Si possono trascurare, pertanto, inprima approssimazione,sia
l'altezza cinetica che le perdite di carico, per cui l'equazione
di Eulero integrata fornisce:

(19. 44)

dove h ·= Q è l'istantanea altezza di pressione (o carico piezome-


Y
trico) all'estremo della condotta, subito a monte dell'ugello, e
V l'istantanea velocità nella condotta. Se u è la corrispondente
velocità d'efflusso dall'ugello ed Ae(t) la sua sezione, sarà per
la continuità ~essendo Acla sezione della condotta):

dove può porsi u = /2gh*, potendo trascurarsi anche le perdite di


carico dell'ugello.
534

Poiché, a regi.me di piena apertura:

Ae V o = A Uo ed Uo i2gho
emax
r isulta:

~
A e { t) u A e { t)
V = Vo
A e max uo
= Vo -A- -
o
{19.4 5)
emax

Convie ne introdurre, per semplicità di notazione, le due va -


r i abili aus i liarie:

i;{t) = vi! 11 { t) {19 .4 6 )

da cui:

V = Vo 11{t) l;{t) ( 1 9. 4 7)

e de riva ndo:

dV d11 di;
at = Vo dt i; + Vo Tt n

Sostituendo ne lla {19 . 44 ) si ottiené:

1 - i; 2 ( 1 9 .48 )

Quest ' equazione può integrarsi, nota che sia la legge di ma-
nov ra del l ' o r gano di intercettazione 11(t) : nel caso delle mac c hi-
ne i drauliche, si accetta comunemente una variaziOne line are nel
tempo
Te - t
n ( t) = per manovra di chiusura
T
e
{19. 4 9)
t
11 { t) =
re per manovra di apertur a

dove Te è il tempo totale della manovra .


Con t a l e legge si ha, rispettivamente :

dn
dt = + 1
Te
iV
Ricordando che T a = ~ è il tempo di avviament o de lla condo_!:
t a {vedi§ 19.3.1), risulta infine, nei due casi:
535

T T dc;
-rea i; + Te
a
(T
e - t)
Tt = 1 - c;2

T T dc;
Te
a
i; +
a
Te t dt = 1 - e; 2

La forma integrata di queste equazioni è piuttosto complicata,


ma ai fini applicativi può essere sufficiente la determinazione dei
valori estremi dir,; (rispettivamente massimo e minimo), ricavabile
dall'ispezione diretta deile equazioni stesse. Poiché infatti in
tal caso*= O, risulta correlativamente:

Ta
- I',; max Te = 1 - .~

Ta
z; min Te 1 - z;min
2

da cui:

z; max + 4
(19. 50)
I',; min 2

T .tV
Se il rapporto ...a= ....:.:...L. fra il tempo d'avviamento e il tem
Te; fJhoTc
po della manovra è piccolo, poniamo all' incirca < O, 20 per cui
·T 2
( Ta)
e
< 0,04, questo valore è trascurabile rispetto a 4, e perta~

tosi possono semplificare le precedenti nelle:

z; max

1 Ta
z; min = 1 - 2 Te

da cui infine la variazione massima del carico al termine della co~


dotta, in valore relativo:

h"
ho -
max
1 = ¾( ;a/ e
+ -T
T
a
e
T
" +...!
T
e
( 19 . 51)
h •. 2
1111.n
ho - 1 = t (; a) -r -r
e
T
a
e
:,
T
a
e

Risulta che questi valori estremi del carico piezometrico s2


no raggiunti al termine della manovra di chiusura o d' apertura e
che lungo la condotta la variazione di carico, h•- h 0 , ed in par-
536

ticolare 11 rispettivo h·max - h 0 , ovvero h;in - ho, diminuisce l,!


nearmente dal termine all'imbocco della condotta, ove si annulla,
come indicato nella Fig. 19.14.

19.4.3. ln1erzione di caJSe d'aria negli impianti di sollevamento


Nelle condotte prementi degli impianti di sollevamento, ile~
so piQ gravoso da prendere in considerazione è quello de11' arre-
sto improvviso del gruppo motore-pompa, a cui consegue, per il f~
nomeno del colpo d'ariete nella condotta, un'oscillazione negati-
va della pressione, seguita poi da un'oscillazione positiva,osci!
!azioni che presentano i valori massimi in prossimità del gruppo
stesso. Non potendosi generalmente, per ragioni pratiche, ivi co!
locare un pozzo piezometrico, si i::icorre preferibilmente all' in-
serzione di una e a ssa d ' a r ia , secondo lo schema rappresentato ne!
la Fig. 19 .1 S. La cassa contiene nella parte superiore un volume
d'aria che si comprime o si dilata a seguito degli aUI!lenti o del-
le diminuzioni della pressione, attenuandone cosi l 'intensità.

----=-=----=--

Fig . 19 .15

Sempre nell'ipotesi anelastica, le equazioni che r -eggono il


fenomeno di moto vario si scrivono:

± kv 2
(19 .52)

Il termine rV 2 rappresenta la perdita di carico per il moto


nella galleria a velocità V (rV~ in condizioni di regime); kV 2 è
la perdita di carico (riferita alla velocità V nella condotta),d~
537

vuta all'inserzione della cassa d'aria.


Queste perdite di carico possono venire trascurate, come fa-
remo, in un calcolo di prima approssimazione: esse influirebbero
scarsamente sulla prima semioscillazione negativa, avrebbero inv~
ce effetto più rilevante per la seconda sernioscillazione positiva.
La seconda equazione, che~ quella di continuità, indica se~
plicemente come, all'arresto improvv.iso della pompa, la portata in
condotta viene rifornita dalla diminuzione del volume d'acqua co~
tenuto nella cassa d'aria ,cui corrisponde l'aumento del volume U
superiormente occupato dall'aria.
Accanto a questa equazione va considerata la legge di varia-
zione del volume u in funzione della pressione. Nelle condizioni
statiche il carico piezometrico (assoluto) vale h*o = h o + ~
y
; ad
esso corrisponde un volume u•. Il volume corrispondente,nel tran
sitorio, al carico generico h~ + z per un'oscillazione istantanea
z risulta dalla relazione:

1/k
h*o )
u -- u• ( h~ + z (19. 53)

che dipende dall'equazione di stato del gas aria (k = 1,41 per la


trasformazione adiabatica, k = 1 per quella isotermica).
La prima delle (19.52), nell'ipotesi di perditedicarico nul
le, fornisce:

.t d v .t dV d z
z = g dt = g dz dt

mentre dalla seconda, e dalla (19.53), si ricava:

k+l
dU dU dz U• h*0 l / k k dz
dt = dz dt i< (ho + z) dt = A e V

per cui, eliminando j!


h
"1/k
- k+l
k .t
- u• .:..:.o.___
k
(ha+ z) z dz =AcV- d V
g

Integrando si ottiene:

k+l
h *l/k - -k- v2
- v· ~
k
(ho + z) z dz = Ac .t 2 g + cost
(19.54)

Se ora si nota che a regime, per z = O, in base all'ipotesi


538

fatta, si ha V = V~, e che:

k+l k-1

J(o (ho+z)
-k-
z da =
k
k _ 1 [ (ho + z ) k -
k-li
hò k +

risulta infine:

V~ - y2
=
u• .!.11
ç ho k ~ [ eh o+ z >
k-1
k - ho
k-1 ]
k +
2g


+ ho [ (h 0 +

z)
-k
1 -
.-k
ho 1 ] l (19.55)

'2
Se si divide termine a termine per v 0 , e si introduce il ter
mine adimensionale

o= - - - (19.56)

che può essere r iguardato come caratteristico det t' impianto, la


(19.55) si scrive più semplicemente:

I massimi e i minimi dell'oscillazione z . e z si otten-


min max
gono facilmente dalla precedente in cui si ponga V= O; essi co-
stituiscono le due uniche radici reali dell'equazione cosi ridot-
ta.
Va osservato che l'equazione (19.55') cade in difetto per k =
= 1, cioè nell'ipotesi isotermica; si vede però che, con un faci-
le passaggio al limite, essa diviene in tal caso:

1 -( J )2 = + ~ [ ln
0
1
( 1 + ~ ) + - -+,._..L_
1
(19. 55")
ho

Le soluzioni delle (19 . 55 ' ) ( 19.55" ) sono rappresentate gra-


ficamente nella Fig. 19.16 rispettivamente per k=1,4 1 e perk=1,
in funzione del parametro o .
539

I,
--- ... 1...--T" -- ---
---
--
,Al-- i;::l.uu
L----
o
e:----
~- -
o. o- ~ .......
~- --- --- -- -
Zm ifl ---
-h-
o
_,.00
aoo 0.08 0.12 Ql6 q a20

Fig.19.16

Da notare la dissimmetria delle due semioscillazioni, quella


negativa (zmin) e quella positiva (zmax).
Nei calcoli, data l'incertezza nella scelta del valore di k,
converrà assumere il caso più cautelativo, cioè quello della tra-
sformazione adiabatica k = 1,41; con esso infatti, a parità d i o-
scillazione, risulta i l più grande valore del volume U 0 che deve
essere disponibile nella cassa.
Per tener conto, nelle (19.52), delle perdite di carico nel -
la condotta e attraverso la strozzatura, si deve far r i corso a ca!
coli di integrazione numerica alle differenze finite; si dispone
anche di grafici risolutivi di pratico impiego (G. EVANGELISTI ed
E. POGGI, 1935-1956).
540

20. PROBLEMI DI MOTO VARIO TRATTATI CON L'IPOTESI PROPAGATORIA

Z0.1. Perturbazioni di colpo d'ariete ndJc condotte


:ZU.1.1. Aspetti generali del fenomeno

Nell'ipotesi precedentemente considerata di liquido incompr1


mibile e tubo rigido, la perturbazione originata in una sezione,
ad esempio quella di estremità, si propagava istantaneamente a tu!
ta la lunghezza del tubo. Assumendo invece più realisticamente la
comprimibilità del liquido e l'elasticità del tubo, questa propa-
gazione avviene con una velocità finita, che è appunto la veloci-
tà di propagazione (o celerità).
Nel caso più semplice di una condotta lunga t (Fig . 1 9. 14)
di sezione costante, alimentata da un serbatoio e terminante con
un ugello di regolazione (che è il caso classico studiato da L. A!!
LIE.VI nella sua celebre teoria, 1912), il fenomeno per una (teori
ca) intercettazione istantanea del flusso uscente dall' ugello,si
svolge nel modo seguente (Fig. 20 . 1).
Detta a la velocità di propagazione, la perturbazione che ha
origine all'otturatore impiega un tempo! per raggiungere l'imbo~
a
co del tubo. All'inizio di questo intervallo, viene frenata eco~
pressa la parte della colonna liquida che è più prossima all'ott~
ratore; nel seguito, questa si estende verso l'imbocco, fino a rag_
giungerlo al termine dell'intervallo indicato. In una fase inter-
media, la parte della condotta non raggiunta dalla perturbazione
continua indisturbata nel suo moto alla velocità V 0 di regime; la
parte r estante ferma è soggetta a sovrapressione tp• . All'istante
t =!tutta la colonna è ferma e con sovrapressione òp" fino allo
a
imbocco. Qui peraltro la pressione è quella normale di regime, e
ne segue una decompressione della condotta che, a partire dall'i!!!
bocco (effetto di riflessione) , si propaga con la stessa velocità
a verso l'otturatore; nel contempo, la parte decompressa è anima-
ta da velocità - v 0 rivolta verso il serbatoio. All'istante t r =
541

L..·=====l=:::::::::.::.=-_-M_<Jturatore
-=- ....
aj_ ~temPo t=O
r
b J::===========::::::lt=O b
r onda di
compressione
~ dilatazione
j 111001111111111 t = 2~
a • 1111111111111111ll~,r e
Vo-

(~1~11111111111111111111111111 +fl,J" d

e J _~ l)ru,~OIOOllllllr= 32 l
Vo a
~111111111111 +flp"
orr:la di decompressione
a
e

riflessione
f _ _ _ _ _....,....-:>_lr=2.t =tr
1
~ -vo a

gJ ondadi~•
a• - !Jp g
riflessione

hJ&;w/ll/4W/Wlzwxt 3; t=

i J I
onda d i compressione

~ - llp" i

~I=====:;:=====~•
r r = 4.,t z2 tr
k:: k=b

Fig.20 .1
542

= 1!
a
(che è detto ritmo de 1, Za condotta) , l'intera colonna è a pre2_
sione normale e animata da velocità - v 0 •
Da questo istante tutto procede come a partire da t = O, con
la sola differenza che la velocità e la pressione assumono segno
opposto; si ha quindi una depressione - t.p• che dall'otturatore si
propaga fino al serbatoio, e si annulla poi nella fase riflessa a
partire da questo fino all'ottu ratore. Alla fine del tempo 2tr =
H
a , le condizioni della condotta sono le stesse che per t =
= O, e il fenomeno alternativo riprende indefinitamente, salvo lo
effetto smorzante degli attriti che abbiamo trascurato.
Se la chiusura dell'ugello non è istantanea, ma avviene in un
tempo inferiore al ritmo (Te< t r), la sovrapressione t.p • si mani
festa ancora all'otturatore, ma interessa un tratto tanto piil br~
ve della condotta a monte di esso, quanto piil piccola è la diffe-
renza Te - tr; nel residuo tratto verso l'imbocco la sovrapressi~
ne decresce linearmente. Quando la differenza è nulla (Te= tr> ,la
sovrapressione t.p • si presenta solo all'otturatore.
Se poi la chiusura avviene in un tempo Te> tr' la sovrapre2_
sione massima all'otturatore è inferiore a t. p•, e si riduce l inea!_
mente a zero verso l'imbocco, come verrà dimostrato in quanto se-
gue.

20.1.2. Relazioni fondamentali e velocità di propagazione


Le equazioni fondamentali che reggono il fenomeno di moto va
rio sono 1 'equazione del moto ( 1 9 .1 ) e l'equazione di continuità
(19.2} scritte nella loro forma piil completa. Esse possono risol-
versi numericamente usando i l metodo deZZe caratteristiche, fatte
alcune opportune trasformazioni e c on l 'ausilio degli elaboratori
elettronic i .
In forma semplificata, trascura ndo le resistenze passive ed i
termini non lineari, e considerando piccole le perturbazioni, le~
quazioni - riconducibili al noto sistema detto d e ZZa corda vibra~
te o di D 'AZembert - sono direttamente integrabili; la soluzione
è stata ingegnosamente applicata da L. ALLIEVI (1912) alla deter-
minazione numerica degli effetti del colpo d'ariete nelle condot-
te forzate che alimentano le t urbine i drauliche.
Si può però utilizzare un procedimento piil diretto, che non
richiede l'integrazione d ell e predette equazioni, ed è basato sul
l'applicazione del teorema della quantità di moto e della relazio
ne di continuità al moto reso stazionario con riferimento ad assi
mobili, come già piil volte utilizzato.
543

Nel § 17. 2 abbiamo già applicato il teorema della quantità di


moto e l'equazione di continuità per stabilire le relazioni dina-
miche che presiedono al movimentoàiuna debole fronte di perturb~
zione (Fig. 17.1) in un fluido comprimibile in quiete, contenuto
entro un tubo rigido. Si tratta, nel nostro caso, di estendere t~
le trattazione, considerando il fluido animato di una propria ve-
locità e l'involucro deformabile.

fronte della perturbazione fronte della _pert11rbazione


in movimento stazionaria

.'{±.dV
3: --- -V
-
-a-v+dV .;a-V

t Ip+dp ' fp t Ip .. dp ' fP


!
t
1-V+dV

tA+dA
'-
l-v •
fA
Il (-a-V+dV

tA+dA '
'
!-a- V

fA

a/ osservatore in quiete bi osservatore i?,amqvimento
con la pertur z1one

Fig.20.2

L'equazione di continuità fornisce in questo caso:

(p + dp) (A+ dA) (-a- V+ dV) '"pA (-a - V) (20 .1 l

da cui:

dv
d(pA) = pA a+V ( 20. 1 'l

L'applicazione del teorema della quantità di moto fornisce a


sua volta:

A (p + dp ) - Ap = p Q [ ( -a - V) - ( •a - V + d V )j (20.2)

da cui:

A dp = pA(a + V) dV (20. 2' l

Eliminando dv dalle ( 20. 1 ') ( 20. 2' l , si ricava:


54 4

(a + V) 2 = ~ (20.3)
d (pA)

Ponendo:

c o -- - \/~
+ ·
d(pA) (20. 4)

e cambiando segno ad a nel considerarla nuovamente come vetocitd


assoiuta di propagazione del fronte di perturbazione, risulta in-
fine:

a = V ± c0

La c 0 ha pertanto il significato di veiocità Pelativa (o ce-


ZePità) della perturbazione, in quanto sovrapponendosi, nell'uno
o nell'altro verso, alla velocità propria del fluido, dà luogo al
la velocità assoluta della perturbazione.
Nel caso del tubo non deformabile (dA = O) risulta dal]• e-
quazione (20.4):

c
0
= ± J'ii"= c

cioè il valore (17. 9) già trovato, valevole anche per la propag~


z i one in un mezzo fluido illimitato.
Poiché:

1*
2.È.E_ Ade_
CO 2
= .e.
+ dA
d ( pA) Adp + pdA
A dp

si ricava:
c
CO = 12 0 . 5)
±
y1 + ~ dA
A dp

come espressione della celerità di propagazione di una debole peE


turbazione in un tubo elasticamente deformabile.
Per determinarla numericamente, consideriamo, come è il caso
trattato da Allievi, un tubo di sezione geometrica costante, sot-
tile rispetto al diametro, ancorato agli estremi, e provvisto di
giunti di espansione che, anche nel caso di deformazione, assicu-
rino il mantenimento della costante lunghezza del tubo.
In questa ipotesi, detto s lo spessore e d il diametro, la va
riazione di sezione dA è solo funzione della variazione dp della
pressione interna, per cui può scriversi:
545

( 20. 6)

e pu~ applicarsi la formula di Mariotte (§ 2.9): a= E4


28 , per cui,
per una piccola variazione di pressione dp, risulta, con buona aE
prossimazione:

(20.7)

Poiché, d'altra parte, alla deformazione circonferenziale, o


che è lo stesso, alla deformazione del diametro può applicarsi la
formkla di Hooke per il materiale di modulo elastico Em,costitue~
te l'involucro:
d(d) da
-d-= Em (20.8)

segue, sostituendo:

e quindi:

Introducendo nella (20 . 6), si ottiene:

dA dA Ad
dP = c2
dp = c2 BE
m

ed infine, nella (20 . 5):

per cui la celerità di propagazione nel tubo deformabile risulta:

e
( 20. 9)

Questa velocitA è inferiore alla a (17.10} nel rapporto


1
--;i-=====;,---.~ in dipendenza dal rapporto fra i moduli di elastici-
111 ,._ d E'
V 11 Em
tà dell'involucro e del fluido, e dallo spessore relativo della
condotta.
se il fluido è acqua, si avrebbe con la condotta rigida <;m = O)
54 6

il valore a = 1420 m/s, che è l a velocità del suono nell ' acqua.
L 'i nflue nza dell'elasticità della condotta risulta dal dia-
gra nuna della Fig. 20.3,che èin applicazionedellaformula (20.9) ,
per v a rie cate gorie di materiali:

~~~Y >1 IAI, H1//-'/1>


V V ;
J/CCIAIO - -- - -
- V
GHISA DURA----1C

GHISA TEMPERATA{
E

~
V
_.,, ~ ~\~
,,
,
n1
,,
,,
,

,,
,
~Y) ~~ ~
v; .C\/";

/
,
,, ,,
/ ,;
/
f

,, , ,;à
V

V
I
;};

I/
/
, ; V ; /
/
;
/
/ ./
I/

5
/ / / ,I
V V/ / ./
CALCfSTRUZZo~r ;
/ ,,v
; I/ / / ./ / / 11,9~ /
CEMENTO AMIANT~--t_ 3 V / I/
-e
V li
, ;
// V/
/ li
; ;
./

V ;11
POLIESTERI
li " / V
½/
/ 1/
( OOfl.,erro a ;
,v
fibra /unga
/ " V
/
/
1~~ ;
, l.l
POL IESTERI
OOfl "'litro a /
,
/
, / / " ' ,
fibra corra / / /
V / V /
5
PLEXIGLAS$ V / / / / V
POUYIN I ~ / ~/ V / /
(Tlfldò) ~
3
V
POLMNII..CI.DRURO / ;
/ / /
/
V ~l
( antiurto/ =.:..=-__....c;;;;i--

uft
/
/

/
, ~ ~1/ , /
/
V
I/ /
vv
POLIETILENE--c ~
,
(alla def1Sila1
/ I/ f

5
/ V V
V I/ /
POLIETILENE 3
, V /
(bassa densitr /
TESSUTO Df LINO --+--e /
/
1/
I/
V
/
li
GOMMA ARMATA 1ol. /
/
,,
V /
5 /
'ifl'~lll" RIVEST. 3
/
~/
GOMMA
(pìeco/o di,-
ame
- t,-ro-,)--- -----1[
,I

,I "
1o6
5 10 2 5 2 5
d/s

E ,,r modulo di e lasticità della pare te (kp/ m 2 )

0 c0 • Yeloc ità di propag• z ione Mir acqua (ml s)


e sYeloc:ità d i propag,az;or.eentroil tubo(mts)
f = modulo di ,omprimibiliti otff acqua ( lc p / m2 )

Fig. 20.3
547

Si fa notare che, se la condotta forzata anzich~ di un solo


diametro è costituita da una serie di tronchi di diametro diverso
di (generalmente decrescente dall'alto al basso), di lunghezza i i
e di spessore s i, si potrà con buona approssimazione calcolare i
fenomeni di colpo d'ariete come per una condotta ideale di unico
diametro de di spessore s, valutati in base alla formula:

i.d .
I: ....L..2:.
S•
d . l
(20 .1 O)
=
8 a i

che, introdotta nella (20.9), fornirà un valore compensativo del-


la celerità di propagazione.

20.1.3. Equazioni risolutive e metodo grafico di Schnyder-Bergeron


L'equazione differenziale che regge 11 fenomeno del colpo di
ariete è pertanto, con le semplificazioni fatte, la:

dp = p(V - a) dv=± pcO dv (20.11)

che si trae dalla (20.2') cambiando il segno di a e considerando i


due possibili versi della celerità di propagazione del fronte.
Nell'ipotesi semplificativa di Allievi, V = O, c 0 = a e quin-
di risulta:

dp ± pa dV ( 20. 11 ')

Nel caso più generale di una condotta inclinata, in luogo di


p, per tener conto dell'effetto del peso, va assunto ovviamente
p + yh = yh *; pertanto la precedente deve scriversi:

= ± ~ dV (20.11"}
g

avendo indicato con h* =E+ h la quota piezometrica. A meno del-


Y
l'altezza geodetica h, pertanto, h* rappresenta il carico piezom~
trico sull'asse della tubazione.
Il doppio segno significa, rispettivamente, che si tratta
(I) di una perturbazione che risale la condotta, nel verso delle V
negative, ovvero (II) di una perturbazione che discende la condo!
ta, nel verso delle V positive.
La (20. 11 ") può facilmente integrarsi lungo 1 'ascissa x, nell '!
potesi che la velocità di propagazione a si mantenga costante al va
548

riare della pressione (e della sezione); cioè che si tratti in so


stanza di variazioni di pressione (e di sezione) sufficientemente
piccole da non influenzare il valore delle predette velocità, qu~
le determinabile in base alle condizioni di regime della condotta ,
preesistenti alla perturbazione. E ' questa la teoria Zinearizzata
del colpo d'ariete, cO!llunemente accettata in tutte le trattazioni.
Si ottiene pertanto dalla ( 2 0 .11" } , delimitando fraduesezio
ni x 1, x 2 della condotta che la perturbazione raggiunga agli i sta!!_
ti t 1, t2:

(I) h. - h* ~ (V V )
XI ' t I X 2 ,t 2 g X l 't I Xz,t z
(20 . 12)
a
(II) h.
XI ' t I
- h.
X2,t2 g
(V
XI ' t I
- V
X2,t2
)

Queste equazioni costituiscono il fondamento per la r isoluz i.2_


ne numerica dei problemi di colpo d'ariete nell'ipotesi elastica,
una volta precisate l e condizioni di estremità del tronco di con-
dotta considerato: ad esempio, per u na condotta che derivi da un
serbatoio e termini con un ugello regolabile, le condizioni di ri
flessione al serbatoio e la legge di efflusso dall'ugello in di-
pendenza dai carichi variabili.
Conserva ancora importanza, a questo riguardo, il metodo gr~
fico esposto da O. SCHNYDER ( 1932 ) e da L. BERGERON (1935),noto c.2_
me metodo di Schn y der- Bergeron . Per maggiore generalità, e cioè per
la possibilità di considerare la condotta come formata da tronchi
di diversa area Ac 1 conviene scrivere le ( 20.12) introducendovi la
portata, e cioè nella forma:

a
(I) h.
XI , t 1
- h .
x 2 ,t 2 gAC
(Q
XI ' t I
- Q
x2,t2
)
(20 . 13)
a
(II) h ..
X 1 't 1
- h"
x2,t2
=
- gAC
(Q
XJ I t J
- Q
x2,t2
)

Le (20.13) rappresentano, nel pian o h•, Q, leequazioni di due


rette, rispettivamente aventi coefficiente angolare+ aA. e - aA •
g e g e
Date queste due rette (che i mpropriamente gli autori chiamano re!
te caratteristic h e) il carico h x· t in un punto (x2,t2) è noto u
2' 2 -
na volta noto il carico h; I ' t I nel punto Cxi ,t 1l.
Ad esempio (vedi Fig. 20.4 ) , se si conosce h * e Q all'istan-
te t 1 , nei punti x 1 , x 2 tra loro distanti i , il carico nel punto
di mezzo x 3 all'istante t 1 + ia si ottiene dall'incontro delle due
2
rette (I) (II) che al tempo t 1 rispettivamente partono da x 1 , x 2 •
549

I
I
I
I
1h*
I x1• t1
-t- - -:---+~
I 1. 112 • I • 112
I
I

Fig. 20 . 4

Nel punto d'incontro il carico è dato dall'ordinata corrisponden-


te all' intersezione delle due rette.
Altro esempio è quello di una condotta orizzontal e derivata
da un serbatoi o a carico ho costante, per cui all'istante t 1 sia-
no dati i valori di h• e di Q per un punto distante t dall'imboc-
co (Fig. 20.5). Si vogliono conoscere i valori di h•edi Q all'im
becco all'istante t 1 + t / a .
La linea orizzontale h· = ho deve ovviamente contenere il pu~
to h•, Q per l'ascissa x 1 + i all'istante t 1 + t/a . Questo deve i
noltre trovarsi su una linea (I) passante per x 1 all'istante t i .
La soluzione è pertanto il punto d'intersez i one delle due linee.

I
I
---l
I
h*x .t
1 1
ho ·1

Fig.20.5

Un importante caso applicativo è quello della classica condo_!:


ta i nclinata (Capi tolo 19, Fig. 19.14) derivata da un serbatoio a
carico costante, e provvista al termine di un ugello rego l abile (o~
turatore). Si cons i deri una manovra di chiusura che avvenga con
legge nota. Si vogliono conoscere i valori del carico all'ottura-
550

tore (x = t) ed a metà condotta (x = t/2) .


Come già esposto a proposito del metodo anelastico ( § 19. 4. 2),
noto il grado n i di apertura dell'ugello al tempo ti si conosce la
relazione (19.47) fra il carico n• all'otturatore elavelocità V:

V = V 0 n(t) t(t) (20.14)

e quindi, introducendo la portata:

Si possono perciò tracciare, nel diagramma cartesiano h•, Q,


le curve n• (Q) per apertura n i costante, che sono delle parabole
(Fig. 20.6 a)).

'lo

Te 2t

a)
o t,=a 2t, 3tr 4tr St, 6t,
b)
F1g . 20 . 6

Converrà tracciare queste curve per successivi intervalli di


ritmo intero all'otturatore, associando come curve ausiliarie an
che quelle relati~e al semintervallo. Misurando il tempo t in uni
tà di mis ra pari a tr
contrassegnati con
con o.s, 1.5, 2.5,
T = t:
=il,
a
gli istanti di ritmo intero saranno
= O, 1, 2, 3, ... , quelli del semiritmo
I corrispondenti gradi di apertura saranno
denotati con no , no .s, n1 , n 1.s, n2 •••
Fino a , = O, il moto è stazionario con portata Q0 e carico
ho su tutta la condotta (si sono trascurati i termini cinetici e
le perdite di carico ) . Questa condizione è rappresentata dal pun-
to B 0 •
Qui essa cambia a partire da T = O, mentre all'imbocco persi
ste fine a T = 0 . 5, allorché esso viene raggiunto dall'onda di s2
vrapressione proveniente dall'estremità . Nel punto di mezzo C la
condizione stazionaria persiste fino a T = 0 .25. Pertanto i punti
Ao. 5 e c 0 _ 2 5 coincidono con Bo -
551

Consideriamo ora la perturbazione (II) che all'istante , t =O. 5


parte dall'imbocco, ·ed è rappresentata da una retta inclinata di
a 2 = arctg (- g~c). Essa arriva all'otturatore al tempo T = 1, do-
ve trova la condizione di estremità n 1 • La condizione all'ottura-
tore pertanto è data dall'intersezione della predetta retta (II)
con la parabola n 1 (nel punto 8 1 del diagramma). Dal punto 8 1 , in
questo istante, parte la perturbazione (I) verso l'imbocco, seco~
do una retta inclinata di a 1 = arctg .( aA ), e vi arriva al tempo
g e
t = 1 • 5, trovando sempre la pressione h 0 del serbatoio (punto A 1• 5 ) •

Da qui in poi, se si continua a considerare alternativamente le


perturbazioni (II) dal serbatoio all'imbocco e (I) dall'imbocco al
serbatoio, si ottengono i successivi punti rappresentativi 8 2 ,
A2. s, 83, A3. s, .. •
Supponiamo, nell'esempio in esame, che la completa chiusura
avvenga per T = 4 {la relativa parabola n~ degenera nell'asse del
le ordinate). La pressione all'otturatore in questo istante è raE
presentata dal punto 8 4 , con portata nulla. A partire da questo!
stante di completa chiusura, tutte le rette (I) dovranno partire,
e tutte le rette (II) dovranno arrivare alla parabola degenere,
cioè all'asse delle ordinate. Il fenomeno, come è facile vedere,
continua alternativamente dopo la chiusura, ripetendo all'ottura-
4
tore, con periodo pari a t = 2, cioè di durata 2tr = : le stes
se vicende di sovrapressione e di depressione.
Si ricava facilmente dal diagramma l'andamento delle pressi2
ni all'otturatore in funzione del tempo (nella Fig. 20.6 b) è ri-
portato l'andamento tratto dall'esempio della Fig. 20~6 a)).
Il diagramma di Schnyder-Bergeron permette, volendo, di otte
nere anche le condizioni in istanti intermedi rispetto a quelli di
ritmo intero. Per un punto e situato a metà della condotta vanno
considerati gli istanti 0.25, 0.75, 1.25, .•• e le parabole rela-
tive agli istanti 0.5, 1.5, 2.5, ... L'applicazione dello stesso
procedimento già applicato per i ritmi interi consente la valuta-
zione delle condizioni di pressione nel punto C (a tratteggio ne!
la Fig. 20.6 a)).
Il metodo grafico che abbiamo esposto consente la risoluzio-
ne di problemi anche complessi del colpo d'ariete, quali si pre-
sentano per condotte singole con discontinuità di vario genere, nel
caso di biforcazioni ed inserimento di espansioni a pelo libero,
per manovre di regolazione del macchinario idraulico connesso (tu!_
bine e pompe). Con qualche artificio, e cioè concentrando le res!
stenze distribuite in vari punti di nodo anche fittizi, il metodo
552

pe rme tte pure di introdurre le perdite continue di ene rgia.

20. I .4 . Trattazione analitici secondo la teoria di Allievi


Come gU indicato nel § 20 .1 .1, il caso approfondi t arnente stE_
d iato da L. ALLIEVI è quello di una condotta forzata derivat a da
un s e rbatoio a carico costante, la quale termina con un ugello re
golab i l e . Questo rappresenta l ' organo di regolazione per l a tur b!
na Pelton; per le altre categorie di turbine, e per Ìe-·pompe ins~
r ite, esso è idraulicamente analogo al rispettivo dispositivo di
r e go l azione . Si tratta dello stesso problema, già risolto col me-
todo grafico nel precedente paragrafo (F ig . 20.6 b)).
Pe r ricavare le cosiddette equazioni 'concatenate ' di All ie-
v i , valide per il caso in esame, si può più semplicemente partire
dal sistema risolutivo ( 20.12 ), considerando la condizione al l' iro
bocco d a l serbatoio data dal valore costante dèl carico h 0 •
Consideriamo ora una perturbazione (I l che, partendo all' i -
stante t 0 dal termine della condotta (posizione :r 1 ) risalga la coD_
do tta con veloc i tà di propagazione - a , raggiungendo all ' istante
t
to + { l 'imbocco (posizione x 2 ) , ed una perturbazione (II) che,
partendo in questo stesso istante dall'imbocco, discenda con vel~
cità invertita+ a , raggiungendo alfine l'ugello nelristante t 0 +
+ tr . Avremo, applicando le precedenti per le posizioni ed item-
pi indica ti:

per la (:i:)

h* (20 . 15)
per la (II) x1,t o + tr

= - : (vx 2 ,t o +\r - v x1,t o +tr}

Se notiamo che il carico iniziale al termine della condotta è


h"
X1 • t O
= ho, che V = Vo , e che h*X2,t o + tr :e h o (carico co-
x1,to T
s tante all ' imbocco ) , e se scriviamo per semplicità:

h"
x 1 ,t o
= ho h"
X1,t o + tr
h1 h*
XJ, t 0 + 2tr
h2 .. .
V = Vo V V1 V = V2
X1 , t O X1, t o + tr Xl' t 0 + 2<t

(c arich i e velocità di ritmo intero al termine della condotta) , so!


trae ndo per il 1 o ritmo t r dalla (I) la ( II ) otteniamo :
553

e ripetendo il procedimento per i successivi ritmi, per il secon-


do ritmo:

per 11 terzo ritmo:

h2 + h3 - 2ho

e cosi via.
In definitiva l a successione dei carichi all'otturatoreduraQ
te il fenomeno di moto vario nella condotta risulta legata alle r!
spettive velocità dal seguente sistema (L. ALLIEVI, 1913) di equ~
zioni cosiddette 'concatenate':

h1 + h2 - 2h 0 = ~g_ (V1 - Vz)

(20 .16)
h2 + h3 - 2h 0 = ~g (V z ~
V3 )

... ............. '

h n-l + h n - 2ho ~~(V


g n- 1 - Vn)

Questo sistema può essere risolto numericamente partendo da!


la prima equazione fino all'ultima, una volta nota, come condi2io
ne di estremità, la legge che lega il generico carico hi all'ott~
ratore alla corrispondente velocità vi.
Se la manovra è di chiusura e avviene in un tempo inferiore
al ritmo (Te< t r ) ' la velocità V 1 alla fine:le l ritmoènulla. Per
tanto il s i stema (20.16) fornisce:

(20.17)

e si raggiunge quindi, all'otturatore, i l massimo possibile va l o-


re òp• = paV 0 della sovrapressione (cosiddetto 'colpo diretto').
Nel caso in cui la chiusura possa considerarsi di una durata
nulla, questo valore della sovrapressione si propaga lungo tutta
la condotta, come esemplificato nella Fig. 20.1.
554

Consideriamo ora il caso, particolarmente importante, di una


manovra di chiusura della condotta alla sua estremità, che avven-
ga in un tempo Te > tr. Come nell'ipotesi di fluido anelastico e
di rubo rigido lve<11. § 19.4.2), si possono considerare diverse leg-
gi di manovra.
La pi~ semplice è quella di an111ettere una variazione lineare
della velocità, nel tempo Te, da T e a O, con la legge quindi:

·V = V o { 1 - ..!_
Te

In questo caso la prima equazione {2 0 .16) fornisce, alla fine


del 1 ° ritmo :

hI - ho • } [ Vo - Vo ( 1 - ;: ) l•i V~:• •
tV o
2 gTe

la seconda equazione fornisce, alla fine del 2° ritmo:

h2 - h o = -

= -
2tV o
gT e

2tv 0 a v0 t r
;r) -
e.
Vo ( , - 2 : : ) l
=- - Tg + - - T-
e g e
=O

la terza equazione fornisce, alla fine del 3° ritmo:

e cosl alternativamente si ha una sov rapressione massima (formula


di Allievi-Michaud) :

{20.18)

alla fine del 1 °, 3°, 5°, .•. ritmo, e un valore nullo della so-
vrapressione alla fine del 2°, 4°, 6 °, ... ritmo.
Ricordando la definizione di T a, tempo di avviamento della
condotta {vedi § 19.4.1 ) , potremo anche scrivere la {20.18) nella
forma:
555

T
2 a (20.18')
Te

Meglio rispondente ala natura del fenomeno, per l'applicazio-


ne alle manovre di regolazione di una centrale idroelettrica, è la
ipotesi che non la velocità, ma la sezione Ae dell'otturatore vari
linearmente durante il tempo di chiusura, cioè si abbia 11 ( t) = 1 - i.
In questo caso, tenuto conto della (20.14): e

v = v0 n(t) i;(t) .

il sistema delle equazioni 'concatenate' di Allievi puO scriversi,


essendo i; 2 = !!.:i ed 11 ~ , come segue:
i ho i Ae
o

(20.19)

av
dove Al= ~ è un parametro adimensionale, introdotto da Allievi
0
col nome di aa~atte~istica, e a cui può oggi megl!o darsi la deno-
minazione di nume~o di AZZievi. Esso risulta (A. GHETTI, 1956) dal
la combinazione monomia di un numero di Eulero generalizzato, Eu•
(4.23') e di un numero di Mach Ma (17.17). Si noti che Al = ,. i4
Si dimostra (Allievi) che, per una variazione lineare della s~
zione Ae dell'otturatore, tutte le serie concatenate dei valori i;~
di ritmo intero o no, tendono ad un valore limite i;m, indipendente
dalla velocita di propagazione.
Se questo limi te esiste, il suo valore si ricava facilmente dal
l'equazione che si ottiene ponendo, in una qualsiasi delle (20.19):

= ~ -
1

Poiché si ha:
(i - 1) t
1 - T
r
- (1 \ tr) = ;r
e e e
l'equazione che dà il valore limite sarà:
556

da cui risulta:

21 [ Tt t Al+ (20.20)
e

Si noti che:

t T
Tr Al= = T
a
e e

e pertanto cm coincide col valore trovato in base alla trattazio


ne anelastica (§ 19.3), semplificandosi in e; - 1 = Tae T
quando, al
-

l'incirca,
T
< 0,20. ,r-e
La teoria di Al l ievi mostra che, per la totale chiusura del-
la condotta con manovra lineare, sono possibili diversi andamenti
nel tempo dei sovraccarichi ç? - 1 ~ hi h-h o , dei quali alcuni ti
l o
pici sono rappresentati
nella Fig. 20.7.
Nel primo caso (a)
il massimo sovraccarico
è raggiunto al termine a)

del primo ritmo, ne l l 'ul


timo caso (d) esso è . ra9.
giunto alla fine della bi
chiusura; il secondo e
il terzo caso (b) (c) raE
presentano condizioni i~
cl
termedie. In ogni caso,
2
i va lor i del carico i; i
tendono al valore limi-
te ç 2 La differenza
m
I e 1. - i;
m
I tende sempre
a zero, ed è ovunque
l i;i+ l - cm l < j t;i - i;m l · Fig. 20. 7
Allievi ha riport~
to in un abaco adimensionale i risultati dei calcoli da lui esegui
ti in base alla risoluzione del sistema concatenato (20.18) ,ponen
dO in aSCiSSa i tempi di Chiusura espressi in ritmi (CiOè TC = r>
T -
-r
ed in ordinata i valori del numero di Allievi Al ; le curve hanno
per parametro il valore t;~ax d el massimo carico relativo all'ott~
ratore, h max
Un diagramma più completo , formato con parametri diversi (R.S.
557

QUICK, 1927 ~ è q uello riportato nella Fig. 20.8; esso fornisce i


1;11111X - 1
valori di .....,~~-~ = hmax - h 0 in funzione di Al , pér diversi valo
ri Te = r T
r
2AI
del tempo di Chiusura espresso in ritmi,
aVo/g
assunto come
parametro.

• r:'c•2-Fa·' .. • o , =ia ;

--- --- - ...:'


! ~ 1 .... • '9 :;i 9 . :;!
~

'·. -r;_,.~ f-.,.-

--
r- • J,$
-:-
-
Ql ..,r..,s
1
~
~

J,.,-
•_!..

.;, ......
QI

n ammo scvrdccarico o~la in,•


., . ti ritm
....
-" ... - - - -- mas imo IO•rar,,, ;ét:'a~po /Q
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./
.....
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1.,:(1' ./
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_,,.., V / V
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o o oo-
,._ ., "'et
-
.. ..
o o o
~ ~ j ~ ~~~
t .t,
--- -• i
i..,.,,--

_,,.

Fig.20.8
Risulta c he il valore massimo della sovrapressione è compr~
so tra ~ = Al/ r e' che è il valore limite della teoria anelastia a ,
e 2 1.aT = c2 AI/T che è il valore i ndicato dalla f o rmu la di A 'l'liev i -
c e
Mi a haud {20.18), salvo il caso di sovrapressionimoltoforti {,?-max>
> 2, 2; M. MARCHETTI, 1932) .
T
Il valore -;;f- dato dalla teoria anelastica, che coincide col
•e
valore limite e~ - 1 della teoria elastica, rap~rese nta anche i l
sovraccarico ma ssimo 1;?
max
- f solo quando T
e
"'~
1 r
assume · valori
elevati, perché in tal caso òn 1 = n i+l - ni nel sistema (20 . 19)
è piccolo .
Per quanto riguarda, infine, la ripartizione del sovraccar~
co massimo di colpo d ' ariete dall'otturatore all'imbocco , può r1
tene rsi che esso var i linearmente fino ad annullarsi all'imbocco
558

stesso, nel caso di manovre di chiusura molto lente, nel senso piil
sopra considerato: un risultato già acquisito dalla teoria anela-
stica . Invece per manovre piil rapide1 la determinazione dei mass!
mi di pressione nelle varie sezioni della condotta va fatta appl!
cando i metodi generali del calcolo precedentemente indicati.
Si deve tener p~esente che per manovre di chiusura mol~o ra-
pide, che avvengano in un tempo T e< t r' una parte sempre maggio-
re della condotta, tendendo T a zero, rimane soggetta al rilevaE
t.• e
te sovraccarico~=~ y
v dato dalla formula (20.17).
g 0

20.,. Perturbuioni ond0te nei canali


20.l.l. Formuluione matematica del feaomeao
Anche nei canali, come nelle tubazioni a pressione, le per-
turbazioni del regime permanente provocano fenomeni ondosi, sotto
la specie di variazioni del livello, anziché della pressione. A s~
miglianza delle onde di pressione nei mezzi elastici, le onde nei
canali, e in genere negli specchi d'acqua, dette anche onde di gr~
vitd, si propagano con velocità finita, e subiscono modificazioni
per la presenza di resistenze e di singolarità.
Il liquido viene considerato incomprimibile, ea contatto con
l'ambiente atmosferico nella superficie libera.
La trattazione teorica può basarsi anche qui sull'equazione
di Eulero generalizzata ( 19 .1) e sull'equazione di continuitA (19. 2),
considerando un valore medio della velocità e la distribuzione i-
drostatica della pressione nelle sezioni trasversali;per cui, per
- y2
canali di piccola pendenza, E = z + y +a 2g ( 15.26). Assumeremo,
per semplicità, 11 caso del canale di sezione rettangolare, al qu~
le possono ricondursi con approssima:z ione anche i canali non ret-
tangolari ed i corsi d'acqua naturaii, introducendo una profond!
tà media y per il rettangolo di area A equivalente, avente la stes
sa lunghezza b al pelo libero (y ~i>. -
ln queste ipotesi, lungo l'ascissa orizzontale x del canale,
le equazioni si scrivono, come proposto da J . C. BARRE' DE SAINT -
VENANT (1848):
1 av ~ v l.!'.'. vz (20.21)
g TI' - g ax - C2y
av ÒlJ + 'òu
Y ax + V ~ a't = O (20.22)

avendo assunto nella forma di Chézy (V = e lyiE ) il termine della


perdita di carico unitaria. iE , e avendo indicato con•vf = - dx
dz la
pendenza di fondo del canale,
559

La risoluzione di questo sistema può farsi linearizzando le ~


quazioni nell'ipotesi di piccole perturbazioni, e riconducendole
quindi al sistema detto "della corda vibrante", ove non si tenga
conto delle resistenze passive: ovvero, in modo pi~ generale, ap-
plicando il metodo del le caratteristiche per ottenere soluzioni n~
meriche , come già accennato a proposito del colpo d ' ariete . Cont~
li procedimenti viene sviluppata la teoria delle onde di marea,del-_
le onde di piena nei canali, delle onde di vuotamento in un bacino.
Il fenomeno può però essere considerato in modo pi~ semplice
e diretto, applicando le relazioni (15.21) e (15.24) già ricavate
nel § 15.4 per la propagazione di una perturbazione infinitesima.
La trattazione resta valida, infatti, considerando anche pe~
turbazioni di entità finita, se pur piccola, della profondità y e
della velocità V, e potrà pertanto scr iversi, essendo c la veZoci
td reZativa (o celeritd)della propagazione:

(20.23)
6 y = ~ t,V
g

L' alterno segno sta a significare la duplice possibilità di


propagazione, concorde o discorde, rispetto alla velocità della
corrente; e pertanto, per una corrente animata da una velocità
da sinistra a destra si avranno i seguenti casi:

c:-m- y

y +-.1y
V v-.1v
y
y -

•) b)
Fig . 20. 9

- propagazione dell'onda nel verso della corrente (Fig. 20.9 a))

tiV + ill.. + v["tiy .. + 2ti lgy


c

cioè:

ti ( V - 2 ./gy) = O (20 . 24)


560

- propagazione dell'onda nel verso opposto alla corrente (Fig.


20.9 b))

t.V -~
e
= - lfe.y = - 2 ti lgy

oioè:

ti (V + 2 ./gy) = O (20.25)

Le onde reali, di altezza finita, possono riguardarsi come~


na sovrapposizione di onde
elementari, ciascuna con v~
y(nl
locità di propagazione re-
lativa al preesistente li- V"
vello, al quale si sovrap-
pone.
y (n) y" Vy
ConsideriamÒ perciO,a
titolo di esempio, il caso
Fig.20. 10
della propagazione di onde
positive (sovralzament1}, generate dall'apertura progressiva di u
na paratoia in testa ad un canale, frazionandola in una serie di
manovre elementari (Fig. 20.10).
Se 11 regime iniziale nel canale è caratterizzato dalla vel~
cità V e dalla profondità y , la prima manovra porterà a valori
V', y', cioè alla formazione di una piccola onda che avanzerà veE
so valle. Vale dunque, sia per esso che per il precedente regime,
una relazione del tipo (20.24), e perciò potremo scrivere:

V' - 2 /gy'" = V - 2 /gy (20.26)

mentre la nuova onda avanzerA con la celerità assoluta:

a = V + ./gy

rispetto allo stato precedente V , y .


Se ora consideriamo una seconda modificazione di regime, che
faccia passare lo stato del canale ai valori V", y", varrà ancora
la relazione:

V" - 2 /gy"'= V ' - 2 lgy '

e la seconda onda avanzerà con la celerità assoluta:

V' + ~
561

rispetto allo stato dell'onda precedente.


Risulta cosi che ogni onda n-esima tende ad avanzare con la
celerità assoluta:

(20. 27)

e che per ogni onda che avanza vale la relazione:

v<n)_ 2 ~= v<n-l) - 21/gy<n-l) = ••• = V - l2gy (20.28)

Analogamente, per un treno d'onde che da valle tende a risa-


lire la corrente, si trova {Fig. 20.11):

, 1(10
a (n) = v<n) -Vgy' .. , (20.27')

Vn - 2 ~ = V ( n-1) + 2 ¼ y ( n-1) = V + 12g y {20. 28 I)

Nel caso di onde neaative (abbassamenti) valgono le stesse


relazioni, opportu-
namente scambiate,
cioè le (20.28') e
( 20. 27) per onde che

-
Vy yin) avanzano nella cor-
rente, e le (20.28)
e (20.27') per onde
che rimontano la co!.
Fig.20.11
rente.

20.2.2. Modificazioni delle onde. Metodo grafico


Una singola onda elementare può modificarsi, nella sua pro~
gazione, ~ per incontro con altre onde, o per variazioni di sezio
ne del canale.
Si abbiano due onde (V', y') e (V", y"), propagantisi rispe!
tivamente nel verso della corrente e in quello opposto su un moto
permanente (V l ' y 1 ) (Fig. 20 .12 a)).
Si avrà dunque:

V - 2 lgy' = V 1 - 2 %
V" + 2 /g?" = V1 + 2 lgy 1

L'incontro delle due onde (Fig. 20.12 b)) darà origine ad un


562

-
ID '

Fig.20. 12
, I>)

nuovo stato, che si propagherà sia verso monte sia verso valle
(Fig. 20.12 c)), e per il quale dovranno valere, simultaneamente,
le relazioni:

V2 - 2 l g y2 = V" - 2 /gy"

V2 + 2 lg y 2 =V'+ 2 /gy'

da cui si ottengono i valori di V2 e di y 2 •


Si può anche qui (analogamente al caso del colpo d'ariete)~
sare un metodo grafic o di
risoluzione, considerando
c,{gy
che le equazioni cosi e-
spresse sono lineari fra
le variabili V e a= lg y ,
e perciò possono essere
rappresentate da rette nel
diagramma (V, a), aventi V
inclinazione!½. Fig.20 .13
Nel grafico della
Fig. 20.13 il punto M1 rappresenta il regime iniziale, i punti M'
ed M" le onde incidenti, M2 il regime risultante.
Il procedimento si estende agevolmente al caso di onde costi
tuite da una successione di perturbazioni elementari, sulle basi
di quanto gia osservato precedentemente.
Si possono introdurre variazioni brusche o graduali della qu_Q
ta di fondo, o della larghezza del canale, e si possono consider~
re perdite di carico continue come una successione di piccole per-
dite localizzate (A. CRAYA, 1948 ) .

20.2.3. Onde di deprea,ione (ueaatin)


Possiamo applicare direttamente le precedenti equazioni al ca
563

so delle onde di depressione (negative), quali ad esempio si pre-


sentano in un canale orizzontale, inizialmente sbarrato cosi da
mantenere a monte livello costante y 0 in acqua ferma, quando ista_!!
taneamente si rimuova (Fig. 20.14) lo sbarramento (paratoia). Co~
frontando,per l a generica onda che rimonta la corrente, lo stato
(V, y ) con lo stato di riposo (O, y 0 ) , risulta dalle (20. 28) e
(20.27'):

V = - 2 /gy + 2 lgy o (20. 29)

a = 2 lgy 0 - 3 /gy (20.30)

Fig.20.14

Se il fenomeno ha origine per t = O e l'origine delle x (po-


sitive verso valle) è assunto nel luogo della paratoia, laposizi~
ne raggiunta in superficie dall'onda negativa al tempo t sarà- x=
= a t, e quindi dalla (20. 30):

X = t (3 / g y - 2 /g yo ) (20.31)

Per x = O segue subito:

3 lgy = 2 lgy o

cioè:
4
Y = 9 Yo (20.32)

la profondità pertanto si mantiene a questo valore indipendente-


mente dal tempo, mentre la velocità risulta:

V - 2 Ve j y O + 2 lg y O = ~ I gy 0 (20.33)

La portata che defluisce a valle è pure co sta n t e, e vale, per


564

unità di larghezza:

!9 Yo = ~
27
/g y3/2
o
(20.34)

Si noti che, nel confronto con l'efflusso a moto permanente


(stramazzo a larga soglia (15.66)):

q = i Vf lg y~/2 = 0,385 12g y~/2 (20 . 35)

la portata che effluisce a moto vario sta nel rapporto .!


2 12 5 9
= y{
= 37! " 9 di quella che effluirebbe sotto il medesimo carico a mo
to permanente.

20.l.4. Onde di traslazione

A differenza dalle onde di depressione, che possono sempre, se


di entità finita, riguardarsi come una successione di perturbazi2
ni elementari, le onde di rigonfiamento mantengono questo caratt~
r e solo se le variazioni dal regi.me stazionario sono abbastanza
lent e, come è tipico il caso delle onde di piena nei fiumi. Se ay
viene invece che 11 sovralzo sia provocato da variazioni rapide ,
come una brusca immissione di portata o un ' intercet tazione,del f lu~
so i n un canale , le onde elementari che si susseguono, originate
dal l e manovre, tendono a sovrapporsi e a determinare una discont!
nuità mobile del flusso, che prende il nome di onda di t~asiazio-
ne.
La spiegazione sta nel fatto che, mentre le successive onde
elementari di depressione
- a~.1y

r
viaggiano su livelli pro-
~
1~ 'i_ gressivamente
a}
in dimi nuz i 2
ne e perciò con celerità
continuamente decresce nte,
per cui rimangono dista_!!
'I ziate rispetto alle prime

-
~+o
'
'
: tb
'
~+o - '
?1
' tj
più veloci, le onde eleme_!!
tari di rigonfiamento tr2
vano livelli via via cre-
Fig.20.1~
scenti e quindi le succe~
s i ve tendono a sopravanzare le precedenti. Se perciO la va riazio-
ne è r apida, il piede dell'onda viene subito raggiunto dal corpo
che lo segue e si forma cosi un vero fronte discontinuo, che avan
za nella corrente .
565

Il fenomeno è certamente sede di dissipazione di energia,per


cui va trattato con l'applicazione del teorema della quantità di
moto e dell'equazione di continuità. Nell'ipotesi che il suo movi
mento avvenga con velocità assoluta a costante, converrà, in base
a procedimenti noti, considerare il fenomeno come di moto stazio-
nario, sovrapponendo un moto di trasferimento con velocità+ a e
cioè in sostanza prendendo a riferimento un osservatore mobile col
fronte. Lo schema è pertanto quello di Fig. 20.15 (per un fronte
che risalga la corrente).
L'equazione di continuità fornisce:

(Vo + a) Yo = (V1 + a) Y1

da cui, essendo y 1 Yo + tiy:


(a - V0 ) tiy
yo + by (20.36)

ed il teorema della quantità di moto:

½y (y ~ - y f) = pq [ (V1 + aH V o + a>]
cioè:

p (Vo + a) Yo (VI - Vo>

da cui:
gy o tiy + ½g tiy 2
V1 - Vo = (a+ Vol Yo
(20.37)

Eguagliando le (20.36) (20.37) si ottiene:

3 1 ~)
(a + Vo'l 2,. g ( Y o + 2 tiy + 2 Y o

Se ora cambiamo il segno di a e notiamo che ± e = a - V o, ot-


teniamo per la ceZeritd relativa l'espressione:

(20.38)

La celerità relativa dipende pertanto dal rapporto Ji.l. = 1 + A1i


Yo Yo
ed è tanto maggiore quanto piil importante è tiy.
Si noti che, per tiy = O, risulta e=± lgy 0 , cioè il valore
566

già trovato (15.25) per la propagazione di un'onda elementare.


La propagazione del fronte d'onda puO avvenire nel verso del
la corrente (quindi con celerità assoluta a+ = V O + e) , o nel verso
opposto a_= V 0 -e) fino a che risulti le i = IVol, cioè a_=O. Rag_
giunto questo limite, l'onda non puO più propagarsi verso monte
e rimane stazionaria. Il f~
nomeno è stato già studiato
nel § 15. 7, come problema di
moto permanente (risalt o ) .
r
1,5l1y

Le deduzioni qui fatte


per un 'onda di traslazione
a fronte ripido valgono a t,!
-
Vo

tolo schematico: esse sono


Fig . 20 . 16
abbastanza bene verificate
per il corpo dell' onda, ma
non per la sua testa, che presenta un ulteriore rialzo (onda ini-
ziaZe), seguito da un cavo e da una serie di oscillazioni smorza-
te, come indicato nella Fig. 20.16.
L'onda iniziale, studiata particolarmente da J.V. BOUSSINESQ
(1897) e da H. FAVRE (1935), può elevarsi anche oltre 1,5 6y dal
livello indisturbato, e di essa deve tenersi conto nel dimension~
mento delle sponde dei canali.
Finito di stampare nel mese di ottobre 2003
da Grafiche Vadacca srl - San Pedrino - Vignate (Ml)

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