Documenti di Didattica
Documenti di Professioni
Documenti di Cultura
www.edizioniilmolo.it
info@edizioniilmolo.it
Disegno di copertina realizzato da Gaetano Porcasi.
Gaetano Porcasi è nato a Partinico (PA) nel 1965. Fin da piccolo ha
manifestato uno straordinario e innato talento artistico che ha arricchito,
modellato e sviluppato frequentando, prima, l’Istituto d’Arte di Monreale
e, successivamente, l’Accademia di Belle Arti di Palermo, dove ha
conseguito la laurea col massimo dei voti.
Ultimati gli studi Gaetano Porcasi ha iniziato la sua carriera di docente
presso l’Istituto Statale d’Arte di Sassari, poi presso il Liceo artistico di
Tempio Pausania e presso l’Istituto Statale d’Arte di Alghero. Tornato in
Sicilia ha ottenuto la cattedra di discipline pittoriche presso l’Istituto
Statale d’Arte di Monreale e, finalmente, presso il Liceo scientifico
“Santi Savarino” di Partinico dove contribuisce incisivamente nella
realizzazione di percorsi didattici che promuovono nei giovani cultura,
legalità e impegno civile.
Dai memoriali di
Vincenzo Calcara:
Le cinque entità rivelate a
Paolo Borsellino
Prima Edizione
© Edizioni il Molo, 2014
Via Bertacca, 207 - 55054 Massarosa (LU)
Tel e Fax 0584.93107
e ai miei figli
Rakim e Shaquille
Se possiedi due soldi soltanto: uno risparmialo,
per comperarti il pane.
ricorda che devi nutrire il tuo corpo.
L’altro spendilo per regalarti un fiore,
ricorda che devi nutrire anche il tuo spirito.
Proverbio
Salvatore Borsellino
12
A lui, nel corso di una confidenza fattagli nel carcere di Ascoli Pi-
ceno, nell’agosto del ’92, Marino Pulito, l’ex- boss della Sacra Corona
Unita, oggi anche lui collaboratore di giustizia, avrebbe detto di aver per-
sonalmente ascoltato una telefonata “in viva voce” tra Licio Gelli e Giulio
Andreotti. Oggetto della conversazione, l’aggiustamento di un processo
in cassazione a carico dei fratelli Amodeo, richiesto da Gelli e assicurato
da Andreotti.
Emanuele Brusca
In contrasto con il fratello Enzo, sostiene che fu Di Maggio, vestito a
festa, a dirgli che tornava dall’incontro Riina-Andreotti.
Enzo Brusca
Racconta che in un incontro in carcere con il padre Bernardo, il fra-
tello Emanuele gli riferì che Andreotti aveva chiesto un incontro a Riina.
Successivamente Emanuele Brusca vide Di Maggio vestito a festa, ma
non gli chiese il perché.
Giovanni Brusca
“Per quel che riguarda gli omicidi Dalla Chiesa e Chinnici, io credo
che non sarebbe stato possibile eseguirli senza scatenare una reazione
dello Stato se non ci fosse stato il benestare di Andreotti”. “Durante la
guerra di mafia c’erano morti tutti i giorni. Nino Salvo m’incaricò di dire a
Totò Riina che Andreotti ci invitava a stare calmi, a non fare troppi mor-
ti, altrimenti sarebbe stato costretto ad intervenire con leggi speciali”.
“Chiarisco che in Cosa Nostra c’era la consapevolezza di poter contare su
un personaggio come Andreotti”. Del bacio, però non sa nulla.
Tommaso Buscetta
Cita come fonte Tano Badalamenti, che, sebbene non “pentito”, tiene
a smentirlo. Assiduo frequentatore di uomini della Dc, è il primo non solo
a mettere nei guai Andreotti ma a stabilire un nesso tra i rapporti del se-
natore con Cosa Nostra e la fine del giornalista di Op, Mino Pecorelli.
Antonio Calderone
Catanese, fratello di Giuseppe che fu capo della commissione regio-
nale di Cosa Nostra dal ’75 al ’77 sorregge alla lontana la testimonianza
del barman Vito Di Maggio sull’incontro Santapaola - Andreotti a Cata-
nia, alla presenza dell’onorevole Salvatore Urso. Ma di Andreotti non sa
nulla.
Tony Calvaruso
13
La sua deposizione ha spinto Leoluca Bagarella a scrivere al presi-
dente del Tribunale per smentirlo. L’ex autista del boss, arrestato con lui
nel giugno del ’94, aveva detto: “Una sera, a cena vedendo in televisione
le immagini del senatore Andreotti, chiesi a Bagarella se veramente lui
era uno dei nostri e Bagarella mi rispose: si sta comportando da vero uomo
d’onore”. Nella stessa missiva Bagarella ha smentito anche Di Maggio.
Salvatore Cancemi
Riferisce sul delitto Pecorelli e racconta dei tentativi di aggiusta-
mento dei processi in Cassazione. Conferma Di Maggio sui rapporti tra
Riina, i Salvo, Lima e Andreotti.
Tullio Cannella
Nel novembre del ’93, Bagarella gli disse: “Mio cognato, Totò Riina,
è stato troppo buono con Andreotti, ha creduto alle sue giustificazioni.
Ha creduto al fatto che Salvo Lima e Ignazio Salvo non avessero fatto
abbastanza pressioni su di lui per il maxiprocesso. Se fosse stato per me,
io ad Andreotti gli avrei fatto fare la stessa fine”.
Dice che dopo gli omicidi di Salvo Lima ed Ignazio Salvo, Andreotti
avrebbe fatto giungere un messaggio a Riina, giustificandosi con lui per
il suo mancato interessamento per l’aggiustamento del maxiprocesso in
Cassazione. “Lima e Salvo - avrebbe fatto sapere Andreotti ai capi di
Cosa Nostra - non mi fecero alcuna pressione per il maxiprocesso”.
Federico Corniglia
È un falsario che racconta di un incontro tra Andreotti e Frank Cop-
pola negli anni ’70.
Gaetano Costa
Collaboratore di giustizia messinese, rivela che nel 1983 quando
era detenuto a Pianosa e minacciava di organizzare una rivolta, Leoluca
Bagarella, lo bloccò dicendogli che sarebbero stati trasferiti, cosa che
accadde perché “c’è di mezzo il gobbo”, riferendosi ad Andreotti.
Salvatore Cucuzza
“Andreotti ha fatto firmare un decreto in Algeria, anche scaduto. Sì,
d’accordo, però solo perché già cominciavano ad esserci collaboratori,
cominciavano ad esserci i processi, già c’erano carte”. “Martelli è stato
uno di quelli che ha capito che la barca stava affondando, come il sena-
tore Andreotti”.
Benedetto D’Agostino
14
Imprenditore, arrestato per mafia e poi scarcerato riferisce gli incon-
tri tra Giulio Andreotti e Michele Greco nella riservatissima sala proie-
zioni allestita da Italo Gemini, presidente dell’Anica Agis nel seminter-
rato dell’hotel Nazionale di Roma.
Francesco Di Carlo
Nel gennaio del 1981, è Nino Salvo a fare direttamente a Di Carlo il
nome di Giulio Andreotti. “Ci incontrammo all’Hotel Excelsior, a Roma.
Era particolarmente elegante e io gli chiesi come mai. Mi rispose: Di po-
meriggio devo andare dal presidente Andreotti. Ci vado con Salvo Lima’”.
Identica indicazione anche per un secondo inconro con Nino Salvo.
Baldassare Di Maggio
Il protagonista dell’accusa che riassume in un episodio tutto il pro-
cesso: l’incontro del bacio, è tornato a delinquere nell’ottobre del ‘97;
Arrestato ha svelato il complotto destinato a far saltare il processo. Miste-
riosi emissari gli avevano offerto 6 miliardi per ritrattare.
Mario Santo Di Matteo
Ha riferito sui rapporti tra i Salvo e Andreotti. Ha inserito l’omicidio
di Ignazio Salvo nel quadro della vendetta per il mancato rispetto del pat-
to sul maxiprocesso, stipulato con Andreotti attraverso Lima. Al processo
si è avvalso della facoltà di non rispondere.
Giovanni Drago
Riferisce sul “segnale” voluto da Riina nel 1987 con il dirottamen-
to del voto di mafia dalla Dc al psi, ma parla anche degli “impegni” di
Martelli.
Giovambattista Ferrante
È uno dei killer di Lima. Riferisce che un suo amico, gestore di un
hotel a Terrasini, in provincia di Palermo, tenne l’albergo aperto d’inver-
no per ospitarvi Andreotti che vi arrivò senza scorta.
Orlando Galati Giordano
Nino Marchese, fratello del pentito Giuseppe gli disse, guardando la
tivù: “Quella gobba (di Andreotti) è piena di omicidi”.
Gioacchino La Barbera
“Dopo l’omicidio Lima, Antonino Gioè mi disse: ‘Questo è uno dei
primi, adesso ne vedrai delle belle’. E fu così anche per Ignazio Salvo
che prima aveva aiutato Cosa Nostra, facendo da tramite con Andreotti,
per l’aggiustamento dei processi, e poi aveva voltato le spalle. In quello
15
stesso periodo, fu fatta un’attività di verifica sugli spostamenti del se-
natore Andreotti ma era troppo scortato per ucciderlo”. La Barbera ha
confessato il delitto Salvo.
Antonio Mammoliti
Il pentito calabrese che si dichiara innocente, racconta di un favore
fatto dal capo della ‘ndrangheta Girolamo Piromalli a Stefano Bontate su
richiesta di Giulio Andreotti. Cessarono così i tentativi di estorsione ai
danni del petroliere Silvano Nardini, buon amico di Andreotti.
Antonio Mancini
Altro esponente della banda della Magliana racconta del delitto Pe-
corelli come di una necessità imposta per far sparire le carte compromet-
tenti sul sequestro Moro di cui il giornalista era venuto in possesso.
Giuseppe Marchese
Riscontra Mutolo e riferisce sulle attese per il felice esito in Cassa-
zione del primo maxiprocesso. “Figlioccio” di Riina era il destinatario
privilegiato di quelle rassicurazioni che arrivavano dall’esterno del car-
cere. E riferisce dell’ira dei capimafia quando gli ergastoli diventarono
definitivi.
Francesco Marino Mannoia
Il chimico delle cosche, vicinissimo a Stefano Bontate, raccon-
ta dell’incontro del boss con Andreotti in una riserva di caccia, prima
dell’omicidio Mattarella e riferisce, per avervi assistito, ad un secondo
incontro nella villa di uno degli Inzerillo. Mannoia ricorda che Andreotti
vi arrivò con un’Alfa blindata, quella dei Salvo, proveniente da Trapani.
Ma è sempre lui ad introdurre il mistero del quadro che il boss Pippo
Calò regalò ad Andreotti.
Leonardo Messina
Il pentito nisseno dice che Andreotti era un vero e proprio uomo
d’onore con tanto di giuramento rituale. Sostiene di averlo saputo da un
“picciotto” al quale lo aveva riferito il capomafia catanese Nitto Santa-
paola. Messina parla di processi “aggiustati” in Cassazione attraverso il
giudice Corrado Carnevale e si addentra sul tema mafia-massoneria.
Fabiola Moretti
Ha vissuto dal di dentro, come donna di Danilo Abbruciati, la vita
della Banda della Magliana. Racconta dei rapporti con Claudio Vitalone,
di Carnevale e del delitto Pecorelli.
16
Gaspare Mutolo
Racconta dei tentativi di far saltare il maxiprocesso, delle assicura-
zioni di Lima ai boss, dei buoni uffici di Carnevale e dell’omicidio Lima
come vendetta dei boss che punivano così Andreotti per non aver rispet-
tato i patti.
Francesco Onorato
Anche lui, sicario di Lima, spiega le ragioni del delitto e conferma il
racconto di Ferrante sull’hotel.
Francesco Pattarino
Figlio naturale del braccio destro di Nitto Santapaola, Francesco
Mangion, racconta di un incontro avuto a Roma dal padre con Andreotti
per l’aggiustamento delle vicende giudiziarie di Santapaola. Da Santa-
paola prima e dal padre, dopo, avrebbe saputo del summit catanese nel
quale, all’hotel Nettuno, Andreotti avrebbe incontrato il numero uno del-
la mafia etnea.
Gioacchino Pennino
Il medico, frequentatore dei salotti che contano, nipote di un ca-
pomafia e attivista politico della DC, conferma che il vassoio spedito in
dono al genero di Nino Salvo, Tani Sangiorgi, per le nozze con Angela
Salvo fu effettivamente mandato da Andreotti. Glielo confermò lo stesso
Sangiorgi.
Marino Pulito
Il suo racconto coincide con l’episodio riferito da Annacondia.
Giuseppe Pulvirenti
Fedelissimo di Santapaola, racconta del sostegno della cosca agli
andreottiani catanesi e dei rapporti con i politici palermitani.
Paolo Severino Samperi
Racconta del sostegno della mafia di Enna ad un candidato andre-
ottiano.
Angelo Siino
Smentisce Di Maggio: “Quello racconta sciocchezze”. Ma parla
dell’incontro tra Bontate e Andreotti a Catania in una riserva di caccia
dei Costanzo, nel luglio del ’79.
Vincenzo Sinacori
Anche a lui Gaetano Sangiorgi, genero di Nino Salvo, parlò del vas-
soio d’argento che gli era stato regalato da Andreotti in occasione delle
17
sue nozze, e gli confidò di averlo fatto sparire. “Sia Sangiorgi che Matteo
Messina Denaro mi dissero che fu lo stesso Andreotti a volere il processo:
bastava che ammettesse di conoscere i Salvo, e si sarebbe salvato”.
Rosario Spatola
Racconta di mafia e massoneria e delle relazioni pericolose degli
andreottiani trapanesi. (e.b.)
(20 febbraio 1999)
18
Prendete in mano la vostra vita e fatene un capolavoro
Giovanni Paolo II
19
Chi è Vincenzo Calcara
22
Ora, se da una parte lo Stato si è collocato con la sua ve-
ste pulita, le dichiarazioni di Vincenzo fanno emergere le fal-
sità propinate per oltre 20 anni e la discrepanza fra due Stati,
come fossero due mondi in conflitto senza possibilità di tre-
gua. Questo doppio Stato, ha alimentato nel corso degli anni
un caparbio inganno e ha generato spargimento di sangue
innocente, rafforzato da un silenzio, che come atto di fede, ha
impedito a chi sapeva di portare alla luce le “verità”, in nome
dell’irragionevole ebbra simbiosi chiamata “Ragione di Sta-
to”, che sacrifica la verità e ipoteca ogni cambiamento. In
questa sede troverete un intreccio di situazioni in cui, come
fosse un fiume carsico, emergono o si inabissano le testimo-
nianze di inquisiti, giudici, faccendieri, uomini dei servizi
segreti, Maestri Venerabili, massoni, spie e spiati, mafiosi,
uomini di Chiesa, reclutatori e reclutati.
A squarciare il velo del silenzio è stato appunto Vincenzo
Calcara, uno dei pochi pentiti “veri” che, a dispetto della
sua incolumità, ha sempre cercato di anteporre la Verità alla
menzogna. Anche perché spesso la sola definizione “penti-
to” è totalmente antifrastica rispetto al suo significato (al-
meno nelle intenzioni), come fosse una specie di contenitore
inondato di rifiuti tossici di ogni genere. Nel corso degli anni
Vincenzo ha maturato un’intima e duplice conversione che
lo ha portato a ripudiare la mafia intimamente, e lottare ogni
giorno della sua vita per i principi opposti a essa. Si tratta di
una duplice conversione: una operata in nome della giustizia;
l’altra assolutamente intima.
La prima è scaturita dal naturale sentimento di paura, a
seguito dell’allontanamento volontario da Cosa Nostra e dal
rifiuto di portare a termine l’omicidio del giudice Paolo Bor-
sellino. La seconda è nata spontaneamente dopo la strage di
Via D’Amelio, grazie alla profonda analisi introspettiva che
lo ha definitivamente cambiato. “Mi ero reso conto che la
Mafia mi aveva usato. Tutti devono avere la verità davanti
agli occhi e soprattutto la possibilità di capire e io posso aiu-
tarli, perché conosco certi fatti.”
23
Come mai il soldato di Francesco Messina Denaro si è
pentito? Come mai l’uomo scelto per uccidere lo scomodo
procuratore di Marsala, ha deciso di sottrarsi alla ragnatela
della Piovra?
Tutte queste e altre domande saranno pienamente sod-
disfatte nel corso della lettura. Quel che è certo è che “il
miracolo” è stato opera di un vero “uomo d’onore”, come
ama definirlo Vincenzo: Paolo Borsellino che attraverso il
suo coerente esempio, le parole e lo sguardo fermo come una
roccia, ha aiutato maieuticamente Vincenzo a tirare fuori la
parte più limpida della sua straordinaria essenza, portandolo
a rinunciare pienamente al male. Il miracolo è stato portato
avanti successivamente dalla dolce “Donna Agnese” moglie
di Paolo, che ne ha consolidato le fondamenta con amore e
abnegazione totale.
Vincenzo non ha terminato gli studi superiori, si è fer-
mato al quarto anno dell’istituto per geometra e si definisce
un “uomo ignorante” (anche se ride sotto i baffi). In realtà
la naturale intelligenza, la curiosità intellettiva e i racconti
di concreto vissuto con cui ci delizia, misti a sprazzi di pura
filosofia, o ascessi d’invereconda ira, quando si disonora il
nome della famiglia Borsellino, rivelano un uomo di spessore
e levatura non indifferente. Quando parla della sua “seconda
famiglia”, s’illumina d’immenso e non ha timore di lanciare
il guanto di sfida.
Anche durante i processi Vincenzo è una vera forza della
natura, un animale pronto a sfidare e aggirare tutti i tranelli
legali tesi dall’accusa e con il suo fare fiero e sprezzante rie-
sce a mettere in ginocchio chiunque. È un uomo passionale,
istintivo e simpatico. L’unico difetto: le donne. Saranno loro
le “affabulatrici”, le uniche a irretirlo grazie al profumo sotti-
le della seduzione cui Vincenzo proprio non riesce a sottrarsi
“mi fanno salire il sangue al cervello.”
“Certe istituzioni, sono state istituite per ingannare la
luce” dice Vincenzo. Sì perché tra i due mondi paralleli, in
24
cui legalità e male corrono sul filo di lana, sembra che il ca-
parbio inganno delle Istituzioni marce sia destinato a seppel-
lire tutto il bene che resta fuori dai suoi nefasti confini.
Quando parla, emergono tutte le contraddizioni del suo
carattere: è un prepotente e sentimentale, aggressivo e dol-
ce, religioso ma ha fatto in passato della religione ipoteca di
morte; è un uomo solare, estremamente solare e passionale
come ogni uomo del Sud, ma soprattutto ha coraggio da ven-
dere. “Mi piace rivolgermi a un uomo senza tremare.”
Vincenzo, “il bandito elegante” è divenuto “un’icona”
dell’antimafia per eccellenza, ma il suo nome resta ancora
troppo spesso confinato nel sottobosco dell’associazionismo,
nel calderone “embrionale” della rete in cui circolano libe-
re informazioni. Eppure rappresenta il mirabile connubio di
pentimento e devozione pura, speranza e coraggio. Un vero
esempio per le generazioni future e la società civile, tuttora
tiepide, che non riescono a sortire dal grigiore di una stagio-
ne troppo lunga e tristemente intrisa di sangue e di silenzio
fracido e infecondo.
*Note
Nel 2001 Pietro Grasso, il reggente della Procura Antimafia, riuscì
ad archiviare una grossa parte dell’inchiesta nominata “Sistemi crimina-
li” sui rapporti tra le Entità nei mesi delle stragi del 92-93.
25
Il contatto
30
Si ama ciò che non ci piace per poterlo cambiare
Paolo Borsellino
31
I Memoriali di Vincenzo Calcara e le Entità
Note
Nel luglio 2007 la Procura di Caltanissetta ha aperto un fascicolo per
scoprire se nella strage sono coinvolte anche persone legate agli apparati
deviati del SISDE, del resto le intercettazioni erano partite dal castello
dell’Utveggio, struttura presso cui si riunivano esponenti dei servizi se-
greti, legati a Bruno Contrada, nei pressi del Monte Pellegrino, giusto alle
spalle di Via D’Amelio. L’ipotesi di un coinvolgimento dei servizi segreti
italiani viene avanzata a seguito di una serie di strane coincidenze, a co-
minciare dalla maniera professionale e sofisticata con cui è stato portato
a termine l’attentato.
È proprio in quella data che Salvatore Borsellino, fratello del giudice
ucciso, scrive una lettera aperta, indirizzata all’ex Ministro dell’Interno
Nicola Mancino. Nella lettera, intitolata: 19 luglio 1992. Una strage di
stato, Salvatore Borsellino ipotizza che l’allora Ministro dell’Interno Man-
cino avesse conosciuto cause e mandanti dell’omicidio di Borsellino.
Giugno 1992
Verso la fine di giugno Paolo Borsellino rilascia questa
intervista al TG5.
“Come è cambiata la sua vita dopo la morte di Falco-
ne?”
Borsellino pensa. Poi dice: “La mia vita è cambiata. In-
44
nanzitutto perché dalla morte di questo mio vecchio amico e
compagno di lavoro è chiaro che sono rimasto particolarmen-
te scosso e sono ancora impegnato, a un mese di distanza, a
recuperare tutte le mie possibilità operative sulle quali il do-
lore ha inciso in modo enorme. È cambiata anche perché, sia
per la morte di Falcone, sia per taluni altri fatti, e mi riferisco
alle dichiarazioni ormai pubbliche di quel collaboratore che
ha parlato e ha detto di essere stato incaricato di uccidermi e
la notizia è arrivata alla stampa in concomitanza con la noti-
zia della strage di Capaci. Sono state estremamente appesan-
tite le misure di protezione nei miei confronti e nei confronti
dei miei familiari. È chiaro che in questo momento io ho visto
quasi del tutto, anzi, vorrei dire del tutto, pressoché abolita
la mia vita privata. Ho temuto nell’immediatezza della morte
di Falcone una drastica perdita di entusiasmo nel lavoro che
faccio. Fortunatamente, se non dico di averlo ritrovato, ho
almeno ritrovato la rabbia per continuarlo a fare.
51
di Via D’Amelio (dove perse la vita Borsellino) stanno seguendo, vale a
dire la possibile identificazione di un uomo dei servizi segreti accanto
all’auto che sarebbe stata riempita di tritolo e che causò la morte di sei
persone.
Nello specifico, l’uomo del Sisde sarebbe stato Lorenzo Narracci, il
quale sarebbe stato riconosciuto dal pentito di mafia Gaspare Spatuzza.
E proprio sulla rilevanza delle parole dei pentiti, fra cui Ciancimino jr.,
e sulle possibili trattative fra Stato e mafia, di cui tanto si parla proprio
grazie alle rivelazioni del figlio dell’ex sindaco di Palermo, si sofferma
Grasso con affermazioni che assumono una certa rilevanza.
Per la prima volta, infatti, un Procuratore antimafia parla di “improv-
vide iniziative istituzionali portate avanti da frange particolari dell’ammi-
nistrazione statale, anche se non identificate”.
Comincia così, per le indagini sulla morte di Falcone e Borsellino,
una nuova pagina fatta di dubbi che mano a mano tendono a sgretolarsi
per lasciare spazio alla luce della verità, la stessa che chiarirebbe il ruolo
dell’allora colonnello Mori (accusato di essere stato parte fondamentale
delle trattative Stato-mafia), secondo Grasso presente alle riunioni con
Ciancimino padre solo dopo l’attentato a Falcone; oppure utile a chiarire
tanti altri obiettivi da parte della mafia fra i quali Mannino, Purpura, Mar-
telli, Salvo Andò, Antonio Di Pietro, Carlo Vizzini, il capo della mobile
di Palermo Arnaldo La Barbera, Sergio De Caprio (il famoso capitano
Ultimo) e anche l’attuale Procuratore antimafia di Palermo.
Quello disegnato da Grasso è un quadro inquietante, denso di col-
legamenti e di riferimenti “nascosti” per i non addetti ai lavori, ma an-
che pieno di speranza con la consapevolezza che molte nubi si stanno
diradando. E tutto questo avviene nel giorno della commemorazione di
Piersanti Mattarella, un’altra vittima eccellente di mani ancora oggi mi-
steriose. Ma questa è un’altra storia o forse solo un frammento parte di
una stessa verità.
di Pasquale Ragone
52
Castelvetrano: la capitale della Cupola
Il nido
L’infanzia turbolenta
“Io sono un uomo normalissimo”
La “Spiata”
Di monellerie in monellerie
La prima “partita”
Il collegio
80
quando veniva a trovarci. Non sembrava scandalizzarsi come
gli altri per quello che combinavo. Rimproveri me ne faceva,
ma perlopiù con toni comprensivi, piuttosto che arrabbiati e
frustranti. Fu lui a regalarmi la prima bicicletta e spesso mi
donava un po’ di denaro. Ma soprattutto mi stava ad ascolta-
re, quando spiegavo le mie ragioni, facendomi sentire impor-
tante, o almeno così mi sentivo io ai suoi occhi. Si dimostrava
sempre orgoglioso delle mie azioni e dei miei comportamenti,
cosa che alimentò la mia autostima in maniera esponenziale.
Inoltre era il solo che credeva nel mio futuro.
Era prodigo di consigli e ogni giorno mi dava dei piccoli
insegnamenti: insomma una specie di educazione alla vita
che accettavo ben volentieri da un uomo che per me era come
un secondo padre, tanto da poter dire a fronte alta, che il
Padrino Alberto è stato il primo, e l’unico, dopo mia madre,
a occuparsi di me in maniera assolutamente disinteressata.
In realtà i suoi insegnamenti erano volti a creare un mostro
a sua immagine e somiglianza, capace solo di volgere la sua
attenzione alla forza immane del denaro e alla ferocia esecu-
tiva.
Quando fu il momento, si offrì addirittura di farmi da pa-
drino di cresima.
Gli piacevo anche perché conosceva la storia della mia
razza, e da ragazzo era innamorato di mia madre (mio padre è
stato sempre all’oscuro di questo feeling tra lui e mia madre).
La mamma di mia mamma era una Catalano, veniva da una
famiglia di uomini d’onore che poi emigrò negli Stati Uniti.
Gente di spessore, che prima della guerra nessuno osava toc-
care. Il sangue, le origini, le radici, sono importanti per Cosa
Nostra. Mio padrino Alberto era un Uomo d’Onore all’antica,
questo lo capii molto più tardi. Tra i componenti della mia
famiglia, solo in me aveva visto le doti giuste, e solo a me
aveva fatto da padrino. Gli rivolgevo la parola chiamandolo
proprio “Parrino”, alla siciliana e gli davo del “Vossia” me-
ritava tutto il mio rispetto. Lui sebbene “mafioso”, aveva una
certa nobiltà d’animo. Mi insegnava molte cose, un poco con
81
i rimproveri, un poco con storie esemplari. Ricordo ancora
che si sforzava di smorzare il mio temperamento caliente,
insegnandomi a controllare gli istinti. Io infatti ero uno che
trovava ogni occasione per azzuffarsi, ma fu proprio lui a far-
mi capire che il ricorso alla violenza avrebbe dovuto essere
sempre e comunque l’ultima risorsa. Mi spiegò che al male,
bisogna anteporre le cose belle e mi fece capire regole di vita
assolutamente convincenti. Nonostante la sua stretta sorve-
glianza, il mio carattere indipendente mi portava tuttavia a
commettere ancora molti errori. Il padrino insisteva a dirmi
di non rubare, di non accompagnarmi a certi delinquenti, di
pensare prima di agire. Io invece, già a tredici, quattordici
anni, volevo rifarmi subito di quello che non avevo avuto,
perché fondamentalmente ero avido di vita.
Il padrino mi dava ogni settimana più soldi di quanti ne
servissero a un ragazzo della mia età’, ma io andavo a ruba-
re lo stesso, giusto per dimostrare a me e agli altri che non
avevo paura, che ero coraggioso e forte, che se c’era da osare,
osavo. La mia era però una delle forme più pericolose del
coraggio: quella che si nutre di curiosità, di cieca ambizione
e della voglia di sperimentare cose ignote o impreviste sen-
za ragionarci sopra, tanto per mettere alla prova il valore. A
quattordici anni avevo vizi costosi: donne, sigarette, scom-
messe alle carte. In realtà non avevo un grande bisogno di
soldi, però mi piaceva rischiare per averli!
Più tardi mi resi conto che i soldi, quelli veri (spesso
iniettati di sangue), si fanno con certi lavoretti speciali, a
quel punto ero già compromesso, perché non appena ebbi la
percezione che il compenso aumentava, cominciai a sentirmi
pericolosamente padrone del mondo.
Ricordo ancora la sensazione che provai quando all’im-
provviso fui catapultato da un ambiente di campagna fatto di
rigore e privazioni, a quello della business class in cui tutto
potevo, in cui scendevo disinvoltamente dal taxi per recarmi
in alberghi di lusso e ristoranti d’elite.
Vivevo in una dimensione quasi surreale, che a volte mi
82
dava ansia, vuoi perché temevo di svegliarmi e perdere tutto,
vuoi perché al lusso non c’ero abituato, ci dovevo fare il callo
e non era facile pensare che un passo falso, potesse portarmi
di nuovo nella feccia e nella vita da miserabile che avevo
condotto fino a qualche tempo prima. Purtroppo nella mafia
si corre questo rischio; basta poco per cadere dal piedistallo,
basta una parola sbagliata, uno sgarro anche minimo. Devi
mantenere sempre la soglia d’attenzione alta, devi essere lu-
cido, avere intuito e una massiccia dose di fredda diploma-
zia.
Perché del resto, mi sarei dovuto accontentare di avere
solo un pezzo del mondo che sognavo, quando avrei potuto
averlo tutto? Di colpo non mi bastava nulla di ciò che avevo e
non volevo neanche ricordare le privazioni che avevo dovuto
accettare per essere nato in una famiglia modesta. Chi cazzo
mi poteva impedire di stringere il mondo tra le mani, adesso
che il mio carattere emergeva e godevo di solide protezioni?
Le vendette postume
*Il Padrino Alberto Casesi aveva iniziato Vincenzo Calcara alla via
del crimine di rispetto. Il suo impiego nel Patronato in realtà consisteva
nel gestire, in maniera illecita, alcune pratiche, come le pensioni di inva-
lidità; posizione assai utile per guadagnare il consenso della gente.
In quello stesso periodo, l’Architetto Toro, amico del mio Padrino e
parente alla lontana di “Lucianeddu” Liggio della cosca du Zu Luca Lig-
gio, mi disse: “Vincenzo alla domenica vieni nel mio locale e dai un’oc-
chiata se qualcuno fa casino. Tieni d’occhio i ragazzi, controlla la cassa.
Una cosa facile.
Ci andai per parecchio tempo quando l’ufficio del Patronato era chiu-
so. Per Toro era solo un modo per tenermi d’occhio e capire se accettavo
la sua autorità. Non ci furono mai problemi.
I pastori
La rapina
La strage di Alcamo
La cresima
La sentenza Almerighi
Almerighi mi dà ragione
Note.
Più volte aveva tentato di salvarsi la pelle, cercando di trovare una
sponda in Vaticano e allo Ior, ma tutti i suoi tentativi finirono nel vuoto.
Messo in libertà provvisoria in attesa del processo, cercò aiuti ed entrò
in contatto con il finanziere Carboni, considerato in buoni rapporti con
Calò. Carboni fu una figura chiave nella fuga del banchiere, che prima
di approdare a Londra passò per Roma, Venezia, Trieste, la Jugoslavia e
l’Austria. Qui l’ultimo incontro, il 15 giugno 1982. Tre giorni prima della
sua uccisione. Quando si distrugge un uomo della sua portata, un altro è
stato già creato al suo posto.
Le Entità
Le 5 Entità
3) la Chiesa.
La Chiesa in Italia ha avuto da sempre un peso rilevante.
Non è mai stata “libera Chiesa in libero Stato” ma ha sempre
interagito nella società, nel bene e nel male, spinta troppo
spesso non dallo Spirito Santo, ma da altri interessi ben più
terreni. La porzione deviata interna al Vaticano, anch’essa
molto ben attecchita nel nostro paese, ne è stata spesso ga-
rantista.
È composta da Vescovi, Cardinali e Nunzi Apostolici.
Anche loro agli occhi di altri Vescovi e Cardinali, per fortuna
160
in maggioranza (ma nel passato in minoranza) appaiono puliti
e fedeli a Gesù Cristo e al Papa.
In realtà sono dei diavoli travestiti da santi, che sfruttano
la buona fede di tante persone. Il partito che rappresenta il
Vaticano è la Dc.
Con un metodo segreto che solo loro conoscono e grazie
alla loro diabolica intelligenza, anche se in minoranza, rie-
scono quasi sempre a ingannare e a manipolare quei Vesco-
vi e quei Cardinali che servono veramente con devozione e
umiltà la Chiesa.
In passato furono sguinzagliati a livello nazionale alcuni
Cardinali di prestigio, per inculcare nella mente del popolo
italiano, il convincimento che la mafia non esistesse e che
fosse solo un’invenzione dei comunisti, con l’intento di in-
dirizzare milioni di persone a votare lo “Scudo Crociato”, la
Democrazia Cristiana”.
Uno dei punti forti del Vaticano era la Banca dello IOR,
sulla quale transitavano migliaia e migliaia di miliardi ap-
partenenti alle cinque entità occulte, Cosa Nostra inclusa.
Da sempre i soldi del riciclaggio e i soldi della mafia,
ovvero della droga e dei traffici illeciti, hanno siglato storiche
alleanze che fungono da pericoloso collante, tanto più perico-
loso perché sfuggente e indimostrabile.
Il denaro, attraverso lo Ior, aveva la capacità di dilatarsi
come fosse fatto di materia gassosa: veniva depositato, rici-
clato, manovrato con grande maestria, reinvestito e ripulito
dalla esperta mano del “genio della finanza”, il Cardinale
Marcinkus, un sacerdote dalla inconsueta aggressività finan-
ziaria, che sapeva usare i giusti canali per le transazioni. In
realtà il religioso americano era solo uno strumento del Car-
dinale Macchi e del notaio Albano, vero perno dell’affare.
Lui probabilmente voleva aiutare il mondo cattolico in Suda-
merica, invece si fidò delle persone sbagliate e divenne un
complice involontario dei loschi affari.
A causa di ciò, il sistema dello Ior si trasformò in un si-
stema assolutamente poroso che avrebbe fatto acqua da tutte
161
le parti, senza che la falla si potesse chiudere del tutto.
Albano era un uomo determinato e cinico, un perfetto
agente in mezzo al crocevia degli interessi comuni di Mafia e
Vaticano. A questo ultimo venivano affidati ingenti beni im-
mobili (terreni, ville, tenute, palazzi) che venivano intestati
non solo a Cardinali e Vescovi, ma anche a uomini di Cosa
Nostra, a uomini della Massoneria, a uomini politici e anche
a parenti e amici che facevano da prestanome.
Se si vuole avere la prova di queste occulte convergenze,
basta controllare tutti gli atti notarili o i rogiti che il notaio
Albano ha fatto in vita sua.
Come detto, le anime nere che si aggiravano dentro il Va-
ticano esercitando un forte potere e la capacità di usare il
Vescovo Marcinkus erano:
1°) Il Cardinale Macchi
2°) Il Cardinale Villot
3°) Il Cardinale Benelli
4°) Il Cardinale Gianvio
Per capire:
l’articolo 2 dello statuto dello I.O.R consente di aprire
conti correnti a chi vuole operare su una banca estera offsho-
re, che gestisce operazioni senza bisogno di rispettare accor-
di particolari e filtri antiriciclaggio. Una vera manna per le
Mafie che potevano contare su una cinghia di collegamento
assai sicura per conservare, “lavare” i soldi e riutilizzarli,
visto che una delle sue prerogative è la concretezza.
“Ciò che vi dico nelle tenebre, ditelo in piena luce, ciò che
vi si dice negli orecchi, predicatelo dai tetti”
S. Matteo
167
Questi soldi venivano riciclati, diventavano puliti e inve-
stiti. Al notaio Albano, in qualità di notaio, venivano affidati
ingenti beni immobili sia della Chiesa che da potenti uomini
delle istituzioni (Se vogliono, chi di competenza può riscon-
trare ciò che dico!). Il Dott. Borsellino l’ha saputo riscontra-
re! Questi riscontri li aveva scritti nella sua Agenda Rossa!!!
168
Il caso Antonov e le misteriose sparizioni:
si costituisce la commissione Mitrokin
Il viaggio in Calabria
Intervista al Magistrato Pennisi
Milano
L’incontro a Latina
*L’Italia durante gli anni ’80 aveva rapporti serrati con tutto il Su-
damerica, nel bene e nel male. Fra le altre cose era in aperto conflitto
con l’Uruguay sul problema della vendita dei bambini. Ciò che risulta
evidente è che l’intreccio finanza, mafia, droga e speculazione era il car-
dine su cui poggiava la nostra Repubblica. Gelli, in virtù delle sue cono-
scenze, era in grado di ottenere la liberazione di prigionieri in Argentina,
soprattutto sindacalisti. Pare che il ministero degli Esteri abbia chiesto
il suo intervento in proposito. Gelli aveva rapporti d’amicizia con Peron
e ha imbrogliato mezzo mondo. Bignone (Reynaldo Benito Antonio), ex
militare, dittatore dal 1 luglio 1982 al 10 dicembre 1983 era amico di
Casaroli e Marcinkus.
Il notaio Albano,
Andreotti, Brusca e Giuffrè
Il notaio Albano
Lo sgarro al Lucchese
Codice d’onore
La Germania
1991
La fuga dai carabinieri e successivamente l’incontro con
Francesco Messina Denaro e l’architetto Toro
La morte di Lucchese
256
Il pensiero di Paolo Borsellino
258
L’uccisione di Falcone
La morte ci segue ogni giorno
L’insegnamento di Paolo
La ferocia si apprende
I nostri dialoghi
L’Agenda Rossa
267
Io godo di ottima salute fisica
Tradimento
La visita inattesa
*Note
La legge impone una serie di sbarramenti per accedere ai programmi
di protezione. Fra le altre cose la legge impone a chi collabora di mettere
a conoscenza sui fatti i giudici, entro 180 giorni, dopodiché, anche se
ricordano particolari importanti che prima non avevano raccontato, essi
non hanno valore probatorio. Addirittura la riforma si pone in contrasto
con il principio di obbligatorietà dell’azione penale. La norma ha avuto
l’effetto di bloccare le collaborazioni.
Collusioni attuali
292
I ricatti contro la mia famiglia
294
Lettera aperta di Manfredi Borsellino a
Vincenzo Calcara
Delitto Santangelo
La polizia bussa
305
Matteo Messina Denaro
312
Spero in un mondo senza mafia
necessità di una nuova rivoluzione civile
Luigi Furitano
dedica alla Procura di Caltanissetta e al Pm Nico Gozzo
314
Spero in un mondo senza mafia, necessità di una
nuova rivoluzione civile
La Rinascita
323
San Giovanni Rotondo Puglia
328
Il Miracolo Donna Agnese
Donna Agnese
Caro Vincenzo,
Manfredi mi ha letto il tuo messaggio e voglio dir-
ti che mi ha trasmesso coraggio e amore, sei una gran
bella persona, soprattutto un nobile uomo perché pos-
siedi sentimenti meravigliosi che pochi altri posseg-
gono, che sai trasmettere con amore e con generosità.
Mio marito aveva capito bene, tu possedevi questi sentimen-
ti ma dovevi rendertene conto, dovevi acquisire la consape-
volezza di essere ricco di tanti ideali, di tante buone quali-
tà e di tanta sensibilità. Così è stato, da tempo hai questa
consapevolezza e sei diventato ricco, ricco di ideali e di va-
lori che giorno dopo giorno stai trasmettendo alle tue figlie
che, come i miei figli, possono dirsi orgogliose del loro padre.
Io e mio marito preghiamo perché tu possa restare così
come sei, che lui continui a condurti per mano consen-
tendoti di raggiungere insieme alla tua meravigliosa fa-
miglia tutto quello che di buono il tuo cuore desidera.
Non sarai mai solo e mio marito ti continuerà a proteggere
dall’alto dei cieli.
Un abbraccio di cuore
Oggi vivo nel Nord Italia. Sono libero dal 2002. La mia
abitazione dista pochi metri dalla caserma dei Carabinieri,
ma dopo aver rinunciato al programma di protezione, sono
stato “abbandonato dallo Stato” e vivo dei frutti della mia
terra. Sono una specie di Abete dei Tantra, trapiantato in una
334
terra che non è la sua.
Grazie al mio temperamento vulcanico ho avuto 11 figli,
che fanno parte della mia caotica realtà, da 6 donne e oggi mi
definisco “signorino”. Sugnu pulitu comu u fazzulettu biancu
di Santa Rosalia.
340
Appendice
A colloquio con Manfredi Borsellino
344
Cosa resta oggi di via D’Amelio
345
Conclusioni
346
Ringraziamenti di Simona Mazza
Simona Mazza
347
Ringraziamenti di Vincenzo Calcara
Vincenzo Calcara
348
Fonti
Calabria Ora
La Repubblica
349
Indice
Il contatto “ 26
Conclusioni “ 346
Fonti “ 349
Della stessa casa editrice
Collana Narrativa
racchiude le vecchie collane: Orizzonti, Oceano, Sottotitolo,
Altamarea, Salmastro
I ranocchi instabili e l’apocalisse cerebrale - Alessio Adami
Non chiamarmi per nome - Giuliana Cecchi
Antologia 2005 - Premio città di Viareggio il Molo
Chat - Pedro Camilo
Arriverò in capo al mondo - Avelino Stanley
Voci da Quisqueya - Autori Vari
Il calendario - Guido Ottolenghi
Giovanna, storia di un’ausiliaria fascista - Sara Moscardini
Filippo l’utopista - Aladino Santucci
Antologia 2006 - Premio città di Viareggio il Molo
Erano voci - Giorgio Bona
I sentieri della coscienza - Angela Costa
L’ultimo lampione della passeggiata - Giulio Arnolieri
Affetta da single-rità - Barbara Stefani
Pasquino - Marco Filabozzi
Quando fioriscono i campagioli - Paolo Virgili Cei
Piazza delle Paure - Adriano Barghetti
Tutta colpa di un Chiparus - Francesca Carbonini
L’altro piacere - Franca Pinzoni Stahl
Il Senso del Dovere - Giovanni Calvani
Quando esci e quando entri - Diego Innocenti
Microbiografia di una pulce - Niccolò Angeli
Viae Crucis - Luca Laurenti
Fuori è un brutto mondo - Daniele Borghi
34 - Paolo Tortorici
Il sistema: controllo globale - Mauro Molini
Storia bianca - Nicola Fortuna
Nove pieghe di vento - Gabriele Bullita
Al bivio - Maria Grazia Cerrai
La finestra socchiusa - Enzo Gaiotto
La ragazza cessata - Mirella Nuti
La porta del mistero - Francesco Bongiorno
Cneve l’etrusco - Marco Tani
La Garra del Diablo - Giampiero Gioannini
Incantesimi del caleidoscopio - Dory Terraneo
La guerra di Calò - Giuseppe Messina
La rivincita di Amleto - Simona Marelli
Anna La Mesa - Astenore Morani
Fuga dal Sahara - Sauro Del Dotto
La donna dei profumi - Paola D’Ambrosio
In un’aria di vetro - Alessandra Burzacchini
Sucker - Alessia Crespi
Due salti nel passato - Luigi Nicolini
I padri eletti - Felice Comello
Il Samurai nero - Rocco Barbero
50 anni in 20 parole - Giulio Arnolieri
Amaurosi - Enrico Musso
Primalinea - Giampiero Gioannini, Rodolfo Mirri
Le verità bugiarde - Maria Tiziana Brizzi
Un uomo, un Carabiniere - Giovannino Pudda
L’assenza - Renata Caprini Ginesi
Il mondo di Samira - Luca Laurenti
Frammenti d’amore - Maria Lucia Bertola
Parole Viareggine - Andrea Zarroli, Rolando Garbocci
La neve ti piacerà - Maria Grazia Cerrai
L’estate di Altachiara - Ombretta Bertini
Ricky Down - Gianluca Gemelli
Il segreto delle sette scienze - Massimo Marchetti
Come una volta - Mario Vocaturo
Le radio di Viareggio 1975 - 2010 - Giulio Arnolieri
Le isole - Sergio Caldaretti
Dal Portello ad Arese - Maria Grazia Cerrai
Il mercoledì delle lucciole - Fabiana Petrillo
Il labirinto di Maria - Astenore Morani
Benvenuto - Massimiliana Vincini Catena
Mostruario - Massimiliano Baroni
La Società - Arturo Faraoni
I mesi e le monete - Fabio Ognibene
Autobiografia di qualcunaltro - Michele Renzullo
Carta carbone - Simona Mazza
Pratiamente tutti gnudi sur purma!!! - Fabiano Pini
Salvami! - Alessandra Barbieri
Una vita tra i banchi di scuola - Giulio Arnolieri
Sentieri di luce - Simona Cremaschi
Dai memoriali di Vincenzo Calcara: le cinque verità rivelate a Paolo Borsellino -
Simona Mazza, Vincenzo Calcara
Ivy Smith e la Corona del Diamante nero - Isabel Soledad Giacomelli
Collana Giallo
racchiude le vecchie collane: Brivido Cafè e Il Faro
Collana Saggistica
racchiude le vecchie collane: La Bussola, Sirene, Libeccio
Collana Poesia
racchiude la vecchia collana: Le Vele
La limonaia delle perversioni - Riccardo Forfori
Labirinto di parole - Emy & Emi
Grido muto - Stefano Santini
La Terra Promessa - Federico Fieri
La scaletta di corda - Erminia Gallo
La porta rossa - Giampiero Venturelli
Silenzi - Maria Tiziana Brizzi
Cartapaglia - Sergio Caponera
Nuvole - Stefania Del Monte
Cartapaglia 2 - Sergio Caponera
Amare/Amarsi Omaggio alla donna - Riccardo Rosario Spataro
6256 Canova - Luca Bresciani
Versilia più bella d’Oriente - Riccardo Rosario Spataro
Fra Amore e Dolore - Marjeta Kabashi
Boboli - Riccardo Rosario Spataro
L’aria profumava di pane e di fiori - Maria Grazia Cerrai
Poesie Planetarie - Riccardo Rosario Spataro
Semi di melo - Federica Del Carlo
Collana Zenit
Come un cantore - Nadia Lombardi
Il viaggio del Vescovo - Francesco Paolo Percoco
Come l’ape al fiore - Marco Martinelli
La valle delle acacie - Francesco Paolo Percoco
Collana Sport
Dieci anni di Hockey in Versilia - Giulio Arnolieri
Centro, dalla Coppa Italia allo Scudetto - Giulio Arnolieri
Abdul Jeelani ritorno a colori - Simone Santi
Storie semiserie dell’Hockey su Pista - Angelo Cupisti
Collana I Classici
Divina Commedia INFERNO - Dante Alighieri
Divina Commedia PURGATORIO - Dante Alighieri
Divina Commedia PARADISO - Dante Alighieri
I promessi sposi - Alessandro Manzoni
Ultime lettere di Jacopo Ortis - Ugo Foscolo
I Malavoglia - Giovanni Verga
La coscienza di Zeno - Italo Svevo
Piccolo mondo antico - Antonio Fogazzaro
La locandiera - Carlo Goldoni
Il Principe - Niccolò Machiavelli
Questo ebook contiene materiale protetto da copyright e non può
essere copiato, riprodotto, trasferito, distribuito, noleggiato, licenziato o
trasmesso in pubblico, o utilizzato in alcun altro modo ad eccezione di
quanto è stato specificamente autorizzato dall’editore, ai termini e alle
condizioni alle quali è stato acquistato o da quanto esplicitamente previ-
sto dalla legge applicabile. Qualsiasi distribuzione o fruizione non auto-
rizzata di questo testo così come l’alterazione delle informazioni elettroni-
che sul regime dei diritti costituisce una violazione dei diritti dell’editore
e dell’autore e sarà sanzionata civilmente e penalmente secondo quanto
previsto dalla Legge 633/1941 e successive modifiche.
Edizioni il Molo
www.edizioniilmolo.it