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VILLA LANTE

Tutto il complesso si snoda su di un unico asse, da nord a sud, con un dislivello di 16 metri.
Luogo davvero suggestivo grazie alle sue statue, le scalinate e i giochi d’acqua, nonché agli splendidi
giardini adombrati da querce e platani; la coltivazione dei fiori è esclusa, per non guastare l’effetto
chiaroscurale e per mantenere l’uniformità del paesaggio in tutte le stagioni. Come in tutti i giardini del
Rinascimento italiano, nulla è lasciato al caso, le forme sono geometriche, regolari.
Tutto il perimetro è attraversato da un ruscello naturale che si snoda seguendo il pendio del terreno,
spingendosi poi fuori dai gorgogli delle fontane e convogliando nel calmo laghetto nella Fontana dei
Mori.
Sono però i giardini ad essere la maggiore attrazione e fonte di meraviglia della villa. Disposti a
gradoni salienti, costituiscono un percorso ascensionale in cui il visitatore non vede la fine, aumentando
in questo modo il senso di stupore.

Storia
La storia di questo capolavoro all’italiana ha inizio nei primi anni del XVI sec. quando il cardinale
Raffaele Galeotti Sansoni Riario, all’epoca proprietario di Bagnaia, decise di far costruire un barco,
ovvero un parco per la caccia; suo nipote Ottaviano Visconti fece costruire il parco e vi aggiunse il
primo casino di caccia. Da lì in poi, la storia di questo straordinario giardino proseguì a ritmo di
aggiunte ed ampliamenti, un pezzo alla volta, fino a diventare il complesso e variegato caleidoscopio di
elementi di architettura e paesaggio che è oggi.
La vera svolta arriva nel 1568 quando subentra il cardinale Giovanni Francesco Gambara da Brescia,
una personalità ricca e sensibile all’arte che, secondo le fonti, affidò la costruzione e l’ampliamento a
uno degli architetti più in voga dell’epoca, ovvero Jacopo Barozzi detto “il Vignola”, autore di Palazzo
Farnese a Caprarola; dopo la morte del Vignola (1573), intervenne nei lavori l’architetto senese
Tommaso Ghinucci, esperto di idraulica, attivo anche a Villa d’Este, che si occupò del grande piano
regolatore per modificare la cittadina di Bagnaia; si pensa che venne consultato anche il grande Pirro
Ligorio, già architetto di Villa d’Este e del Parco di Bomarzo.
Nel 1578 venne terminata la Palazzina Gambara, che fu riccamente affrescato da artisti del calibro di
Federico Zuccari, Raffaellino da Reggio e Antonio Tempesta  questi artisti hanno lavorato anche nel
Palazzo Farnese a Caprarola.
Poi i lavori subirono un’improvvisa battuta d’arresto, sembra per la visita del cardinale Carlo
Borromeo, che rimproverò il Gambara per aver speso tanto denaro in un luogo di delizie, mentre
intorno c'era tanta sofferenza (“Monsignore havresti fatto meglio edificare un Monastero di Monache,
con i danari, che havete gettati a fabricar questo luogo”).
Dopo la morte del Gambara (1587), gli succedette quale amministratore apostolico di Viterbo, il nipote
diciassettenne di papa Sisto V, il cardinale Alessandro Peretti di Montalto. Fu lui, poco più che un
bambino, a completare il progetto a Bagnaia e a costruire la seconda palazzina; fece abbellire il parco
e fece collocare sulla fontana centrale il Gruppo dei Mori con lo stemma di famiglia, che ancora vi
campeggia. Dopo la morte del cardinale Montalto (1623), la villa subì ancora vari passaggi
“cardinalizi” finché non fu concessa alla famiglia Lante della Rovere (Ippolito Lante Montefeltro della
Rovere, I duca di Bomarzo), da cui il nome Villa Lante. Nel 1971 è subentrato nella proprietà lo Stato
Italiano e da allora la Soprintendenza per i beni architettonici e per il paesaggio del Lazio ne cura la
manutenzione e la vigilanza.
Nel 2011 è stata votata "Parco più bello d'Italia". Nel 2014 le viene dedicata una moneta
commemorativa in argento dal valore nominale di 5 euro, inserita nella serie "Ville e giardini d'Italia.

La fontana di Pegaso (realizzata dal cardinale Montalto)


Questa fontana si trova subito fuori del recinto del giardino di Villa Lante.
È formata da una grande vasca ovale con al centro il cavallo alato da cui prende il nome con un
fondale a parete ricurva coronata da una balaustra a colonnine, sulla parete di fondo troviamo i busti
delle 9 muse. Al centro della vasca 4 amorini emergenti dall'acqua dando fiato ad una tromba
mandano zampilli verso Pegaso in atto di far sgorgare acqua da una roccia con un colpo di zoccolo.

Il giardino
Il giardino all'italiana di Villa Lante costituisce uno dei più classici e famosi esempi di giardino a
disegno geometrico: siamo nel periodo di massimo splendore dell'architettura del '500 e questa è una
delle realizzazioni più complete e perfette, imitate per secoli, dell'idea che è a fondamento del giardino
rinascimentale: concepito in un clima di magnificenza, riflette il razionalismo dell'epoca, che afferma il
dominio dell'uomo sulla natura. Qui nulla è lasciato al caso, tutto deriva da una precisa norma
architettonica alla quale sono assoggettate tutte le componenti sia lapidee che naturali o vegetali. La
straordinaria particolarità di Villa Lante è insita nella predominanza del giardino rispetto all'opera
architettonica, infatti la residenza si sdoppia in due piccoli edifici gemelli (anche se costruiti in tempi
diversi) simmetrici rispetto all'asse centrale del giardino che domina l'intera composizione attraverso il
percorso d'acqua.
I disegni creati dalle siepi di bosso ricordano la graticola del martirio di S. Lorenzo (patrono di Viterbo).

Le palazzine
Realizzate a circa 20 anni di distanza, le due palazzine differiscono molto negli affreschi: troviamo
pittura paesaggistica nel casino Gambara, mentre gli affreschi del casino Montalto, realizzati da un
artista più tardo, sono in uno stile più classicheggiante; nella palazzina Gambara gli affreschi delle
logge a volta esibiscono una profusione di colore che sottolinea il dettaglio architettonico, mentre nella
palazzina Montalto l'ambiente principale di ricevimento è decorato con una combinazione di affreschi e
intonaco modellato, quasi un trompe-l'œil. Ogni casino è sormontato da un torrino o lanterna, che si
erge sulla sommità del tetto di tegole spioventi.

Palazzina Gambara (1566 – 1578)


La decorazione interna venne terminata in tempo per la visita di Gregorio XIII, il programma e la
direzione dei lavori è attribuita a Raffaellino da Reggio, già presente nel palazzo Farnese di Caprarola;
la dipendenza del cardinal Gambara dalla ben più potente famiglia Farnese è sottolineata da tutta la
realizzazione della sua residenza di Bagnaia e ritorna espressa sulle pareti della loggia del primo piano
ove sono rappresentati paesaggi di Caprarola con il palazzo Farnese e la villa del Barco a Caprarola
insieme ad una veduta di villa d’Este e di Villa Lante a Bagnaia.
Tematicamente legate a questa celebrazione delle famiglie Farnese, Este e Gambara sono anche le
pitture della volta che rappresentano la nascita di quattro costellazioni secondo la Poetica astronomica
di Igino (bibliotecario di Augusto) e in relazione alle ville:
- sopra la veduta di Villa d’Este  Ercole e il dragone nel giardino delle Esperidi raffigura la
nascita della costellazione del serpente; (XI fatica di Ercole)
- sopra palazzo Farnese a Caprarola  nascita della costellazione di Orione e dello Scorpione;
(VIII fatica di Ercole)
- sopra Villa Lante  nascita della Costellazione del Cancro (in riferimento al gambero simbolo
araldico del cardinal Gambara) ed è rappresentato Ercole che uccide l'Idra; (II fatica di Ercole)
- sopra il Barco di Caprarola  costellazione della Sagitta, con Giove che sconfigge i giganti
accompagnato dall’aquila (un’impresa dei Farnese era costituita dal fulmine con cui Giove
uccise i Giganti)
Nell’insieme dunque la decorazione interna della loggia di Bagnaia sembra essere interamente
improntata ai precedenti modelli del salotto di Villa d’Este e della sala di Ercole a Caprarola.

La palazzina Montalto
Fu fatta costruire venti anni dopo quest'ultima, quando il giovanissimo cardinale Montalto, al secolo
Alessandro Damasceni, ebbe in dono dallo zio papa Sisto V il Parco di Bagnaia.
Le facciate della palazzina sono decorate con i simboli araldici del cardinale Peretti Montalto: i monti
(Montalto), le pere (Peretti), i leoni rampanti e la stella ad otto punte. Gli interni presentano
decorazioni (realizzate tra il 1613 ed il 1615 ad opera del Cavalier d'Arpino e di Agostino Tassi)
pittoriche prospettiche-illusionistiche, simboli araldici, quadri con vedute marine, sul soffitto sono
presenti quattro voliere; le allegorie (giustizia, gloria, ricchezza, generosità) e i putti sul soffitto sono
opera di Orazio Gentileschi.

Le fontane
L'acqua, elemento dalla natura irruente, a volte portatrice di devastazione, viene fatta scaturire nel
punto più alto del percorso (dalla Fontana del Diluvio), e viene "addomesticata" dall'intelligenza e
dalla volontà dell'uomo nel suo scendere verso il basso (sino alla Fontana dei Mori).
Le fontane danno quindi vita ad un percorso simbolico: da un'iniziale età dell'oro in cui l'uomo viveva
in modo naturale, si passa, dopo il Diluvio Universale, all'età della ragione in cui l'uomo lotta con tutte
le sue forze contro la stessa natura.
Si è anche voluto dare una lettura allegorica del progetto delle fontane di Villa Lante, collegandole ai
quattro elementi naturali.

La fontana del Quadrato e i Quattro Mori - ARIA


È la fontana più a valle di tutto il sistema, un grande quadrato con un triplice cerchio di vasche della
fontana sovrastata dal gruppo dei quattro Mori, attribuita sia al Giambologna che a Taddeo Landini. In
origine, un dispositivo idraulico emetteva suoni armoniosi dovuti alla percussione dell'acqua sotto i
monti, simbolo araldico della famiglia Montalto. Qui si celebra il trionfo della mente umana sulla
natura, dove l'acqua trova staticità in forme geometriche. Quattro ponti con balaustre a colonnine
dividono la fontana in quattro bacini, sui quali galleggiano quattro barche con flutto zampillante; su
ogni barca si trova oggi un archibugiere (in origine erano due), il quale spara dalla sua arma un getto
d'acqua (un tempo rivolto verso il centro della fontana, oggi rivolto verso l'esterno).
I "Mori" reggono tre monti sui quali poggia un quarto monte ("Montalto"), sormontato da una stella, e
sotto i quali penzolano alcune pere, altro simbolo araldico del cardinale Montalto, successore del
cardinale Gambara, che fece aggiungere questo gruppo di statue alla fontana originale (che era a
forma piramidale, anch'essa sormontata da monti e stella, privi però allora di un significato araldico).
La stella, all'apice della fontana, produceva vibrazioni acustiche ed effetti sonori: in passato il getto
d'acqua muoveva le pere (che fungevano da batacchi) che colpivano i monti emettendo un suono.

La fontana dei lumini - FUOCO


È la prima fontana che si incontra salendo dal quadrato sul ripiano d'ingresso delle due palazzine.
Questa fontana di forma rotonda, per metà addossata al terrapieno, viene così chiamata perché sui suoi
due semicerchi vi sono 70 getti d'acqua, che escono da altrettante tazze, a formare una sorta di
fiammelle.
Ai lati della fontana si trovano la Grotta di Venere (raffigurata come Diana cacciatrice) e la Grotta di
Nettuno, create artificialmente e racchiudenti le statue delle divinità dalle quali prendono il nome;
simboleggiano la terra e il mare.
La Grotta di Venere è composta da tre ambienti con pareti a tartari e nicchie con mostri marini e Ninfe.

La fontana dei giganti - TERRA


Alimentata dalla sovrastante catena d'acqua, il nome deriva dalla presenza delle due grandi statue in
peperino che rappresentano appunto i due giganti, il Tevere e l'Arno, a voler rappresentare l'amicizia
tra Firenze, ovvero la famiglia dei Medici, e Roma, ossia il papato. Alcuni attribuiscono la realizzazione
di questa fontana al Giambologna.
Le due statue della fontana ricordano le statue delle divinità fluviali sul Campidoglio (Roma), quelle del
ninfeo di Villa Giulia (Roma), quelle presenti nel giardino di Palazzo Farnese a Caprarola o facenti
parte della Fontana dell'Ovato a Villa d'Este (Tivoli); è costituita da due vasche: la più piccola, quella
superiore, viene sorretta da un satiro.
Due scalinate ai lati della fontana portano al livello superiore; in due nicchie si trovano le statue di
Flora (dea romana della fioritura delle piante) e Pomona (dea romana dei frutti), simboli della fertilità.

Mensa del cardinale


Davanti alla Fontana dei Giganti si trova la tavola (o mensa) del cardinale, utilizzata per i convitti
estivi all'aperto: al centro scorreva l'acqua che serviva da rinfrescatolo, mentre sui bordi venivano
posate le vivande, mentre la canalina alla base della tavola, dove scorreva l'acqua che sgorgava dai
mascheroni laterali della mensa, aveva la funzione di tenere al fresco i piedi dei convitati durante le
giornate più afose.

La fontana dei delfini - ACQUA


Di forma ottagonale, è un meraviglioso insieme di vasche degradanti connesse da elementi scultorei,
mascheroni, vasi e rilievi che rappresentano il regno di Nettuno e quindi la rappresentazione del
dominio delle acque sulla Terra durante il Diluvio; si eleva su un ripiano circondata da sedili e spalliere
che ne esaltano l'elegante disegno. È formata da vasche degradanti collegate da elementi scultorei in
peperino e 8 coppie di delfini sono disposti agli angoli dell'ottagono, mentre vasi, mascheroni e rilievi
vari mostrano l'acqua nelle forme più varie.
Questa fontana veniva chiamata fino al 1615 Fons coralli in quanto era coperta da un chiosco ligneo
coperto da rampicanti e decorato con finti coralli in legno.

La fontana della catena


Defluente dalla Fontana dei Delfini per caduta naturale, l'acqua sgorga dalle fauci di un gambero in
peperino, emblema del cardinale Gambara e percorre il dislivello racchiuso da volute con una lunga
serie di salti, apparendo proprio come una catena d'acqua. Richiama l’idea dell’uomo che deve esser
pronto a combattere le forze della natura per poi calmarsi nelle acque della Fontana dei giganti,
sempre tra due chele di gambero.
La fontana del diluvio - ACQUA
È il punto d'inizio della cascata d'acqua che, lungo un sol asse, conduce alla grande fontana quadrata
posta al centro del bellissimo giardino all'italiana. Si tratta di una fontana a grotte che si trova fra le
due Logge delle Muse sullo sfondo di un piccolo piazzale, una specie di teatrino all'aperto, motivo
ricorrente delle ville italiane del Rinascimento; accoglie il visitatore un'erma con quattro teste posta al
centro della scena.
La fontana del diluvio (o Monte della Pioggia) fa scendere le sue acque gorgogliando e scrosciando tra
rocce, caverne e vegetazione, da una sommità che rimanda ad una arcaica armonia tra uomo e natura
che dentro Villa Lante a Bagnaia trova una simbiosi perfetta.

Le logge delle muse


Sono due deliziose palazzine poste ai lati della Fontana del Diluvio. Erano luoghi di riposo e di diletto;
dai cornicioni laterali uscivano getti di acqua per fare scherzi bagnati agli ospiti; su entrambe le
facciate campeggia il gambero araldico della famiglia Gambara e la graticola di S. Lorenzo (caro al
cardinale). Le logge rappresentano le due vette del Parnaso dove approdarono Deucalione e Pirra, i
due anziani coniugi che si salvarono dal Diluvio; l'interno di una delle due logge è in parte ancora
affrescato, e vi sono raffigurate le Muse.
Alla sinistra di questa quinta scenografica si trova il cosiddetto Giardino Segreto o delle Duchesse, una
linea di colonne e siepi, dove si coltivavano fiori e frutta.

Geometria e numerologia
La chiave d'interpretazione del viaggio che si può compiere percorrendo i giardini di Villa Lante è
espressa in un linguaggio ermetico, difficile da captare e capire di primo acchito.
Le forme geometriche del cerchio delle fontane che si sovrappongono a quelle del quadrato delle
siepi e dei viali che formano, può essere un punto di partenza per comprendere lo studio concettuale
della realizzazione di questo giardino: rappresentano infatti la contrapposizione del cielo e della
terra, del modo divino e spirituale e del mondo terreno e materiale.
Inoltre si hanno richiami al cosmo, espressi nella villa con i numeri, per esempio:
- su ogni lato delle palazzine si trovano tre aperture, per un totale di 12 = numero della perfezione
cosmica e dei pianeti dello zodiaco, e che moltiplicate per i tre piani della costruzione fa un totale di
36 = i decani del cielo
- i lumini della Fontana dei Lumini sono 72 = la durata in anni di un singolo grado nel moto di
precessione degli equinozi (cioè la rotazione dell'asse della Terra attorno alla verticale, simile a
quella di una trottola).
Insomma, l'ospite che veniva accolto in questi giardini doveva cogliere il significato che questa
complessa realizzazione artistica celava, ed è questo che dobbiamo anche noi sforzarci di
comprendere durante la nostra visita, resa da ciò ancora più interessante.

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