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Indice
Biografia
Le origini
La data di nascita e il mito di Boccaccio
La famiglia paterna e materna
La formazione intellettuale
I primi studi e Brunetto Latini
Lo studio della filosofia
I presunti legami con Bologna e Parigi
La lirica volgare. Dante e l'incontro con Cavalcanti
Il matrimonio con Gemma Donati
Impegni politici e militari
Lo scontro con Bonifacio VIII (1300)
L'inizio dell'esilio (1301-1304)
Carlo di Valois e la caduta dei bianchi
I tentativi di rientro e la battaglia di Lastra (1304)
La prima fase dell'esilio (1304-1310)
Tra Forlì e la Lunigiana dei Malaspina
La discesa di Arrigo VII (1310-1313)
Il Ghibellin fuggiasco
Gli ultimi anni
Il soggiorno veronese (1313-1318)
Il soggiorno ravennate (1318-1321)
La morte e i funerali
Le spoglie mortali
Le "tombe" di Dante
Le travagliate vicende dei resti
Il vero volto di Dante
Il pensiero
Il ruolo del volgare e l'ottica "civile" della letteratura
La poetica
Il «plurilinguismo» dantesco
Lo Stilnovismo dantesco: tra biografismo e spiritualizzazione
Beatrice e la «donna angelo»
Dalle rime «amorose» a quelle «petrose»
Le fonti e i modelli letterari
Dante e il mondo classico
L'iconografia medievale
Dante tra cristianesimo e Islam
Il ruolo della filosofia nella produzione dantesca
Aristotele nella produzione poetica
Aristotele nella produzione socio-politica
L'esoterismo dantesco
L'eresia dantesca
Opere
Il Fiore e Detto d'Amore
Le Rime
Vita Nova
Convivio
De vulgari eloquentia
De Monarchia
Commedia
Le Epistole e l'Epistola XIII a Cangrande della Scala
Egloghe
La Quaestio de aqua et terra
La fortuna in Italia e nel mondo
In Italia
Nel mondo
Dante nella cultura di massa
Note
Bibliografia
Voci correlate
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Biografia
Le origini
La madre di Dante si chiamava Bella degli Abati, figlia di Durante Scolaro[23][24] e appartenente a un'importante
famiglia ghibellina locale[13]. Il figlio Dante non la citerà mai tra i suoi scritti, col risultato che di lei possediamo
pochissime notizie biografiche. Bella morì quando Dante aveva cinque o sei anni e Alighiero presto si risposò, forse tra
il 1275 e il 1278[25], con Lapa di Chiarissimo Cialuffi. Da questo matrimonio nacquero Francesco e Tana Alighieri
(Gaetana) e forse anche – ma potrebbe essere stata anche figlia di Bella degli Abati – un'altra figlia ricordata dal
Boccaccio come moglie del banditore fiorentino Leone Poggi e madre del suo amico Andrea Poggi[25]. Si ritiene che a
lei alluda Dante in Vita nuova (Vita nova) XXIII, 11-12, chiamandola «donna giovane e gentile [...] di propinquissima
sanguinitade congiunta»[25].
La formazione intellettuale
«[...] e or m'accora,
la cara e buona imagine paterna
di voi quando nel mondo ad ora ad ora
m'insegnavate come l'uom s'etterna [...]»
«E da questo imaginare cominciai ad andare là dov’ella [la Donna Gentile] si dimostrava veracemente, cioè
ne le scuole de li religiosi e a le disputazioni de li filosofanti. Sì che in picciol tempo, forse di trenta mesi,
cominciai tanto a sentire de la sua dolcezza, che lo suo amore cacciava e distruggeva ogni altro pensiero.»
(Convivio, 12 7)
Dante, all'indomani della morte dell'amata Beatrice (in un periodo oscillante tra il 1291 e il 1294/1295)[34], cominciò a
raffinare la propria cultura filosofica frequentando le scuole organizzate dai domenicani di Santa Maria Novella e dai
francescani di Santa Croce; se gli ultimi erano ereditari del pensiero di Bonaventura da Bagnoregio, i primi erano
ereditari della lezione aristotelico-tomista di Tommaso d'Aquino, permettendo a Dante di approfondire (forse grazie
all'ascolto diretto del celebre studioso Fra' Remigio de' Girolami)[35] il Filosofo per eccellenza della cultura
medievale[36]. Inoltre, la lettura dei commenti di intellettuali che si opponevano all'interpretazione tomista (quali
l'arabo Averroè), permise a Dante di adottare una sensibilità «polifonica dell'aristotelismo»[37].
Invece è molto probabile che Dante soggiornasse a Bologna tra l'estate del
1286 e quella del 1287 dove conobbe Bartolomeo da Bologna[41], alla cui
interpretazione teologica dell'Empireo Dante in parte aderisce. Riguardo al
Giorgio Vasari, Sei poeti toscani (da
soggiorno parigino, ci sono invece parecchi dubbi: in un passo del destra: Cavalcanti, Dante,
Paradiso, (Che, leggendo nel Vico de li Strami, silogizzò invidïosi veri)[42], Boccaccio, Petrarca, Cino da Pistoia
Dante alluderebbe alla Rue du Fouarre, dove si svolgevano le lezioni della e Guittone d'Arezzo), pittura a olio,
Sorbona. Questo ha fatto pensare a qualche commentatore, in modo 1544, conservata presso il
Minneapolis Institute of Art,
puramente congetturale, che Dante possa essersi realmente recato a Parigi
Minneapolis. Considerato uno dei
tra il 1309 e il 1310[43][44].
maggiori lirici volgari del XIII secolo,
Cavalcanti fu la guida e il primo
interlocutore poetico di Dante,
La lirica volgare. Dante e l'incontro con Cavalcanti
quest'ultimo poco più giovane di lui.
Dante ebbe inoltre modo di partecipare alla vivace cultura letteraria
ruotante intorno alla lirica volgare. Negli anni sessanta del XIII secolo, in
Toscana giunsero i primi influssi della "Scuola siciliana", movimento poetico sorto intorno alla corte di Federico II di
Svevia e che rielaborò le tematiche amorose della lirica provenzale. I letterati toscani, subendo gli influssi delle liriche
di Giacomo da Lentini e di Guido delle Colonne, svilupparono una lirica orientata sia verso l'amor cortese, ma anche
verso la politica e l'impegno civile. Guittone d'Arezzo e Bonaggiunta Orbicciani, vale a dire i principali esponenti della
cosiddetta scuola siculo-toscana, ebbero un seguace nella figura del fiorentino Chiaro Davanzati[45], il quale importò il
nuovo codice poetico all'interno delle mura della sua città. Fu proprio a Firenze, però, che alcuni giovani poeti
(capeggiati dal nobile Guido Cavalcanti) espressero il loro dissenso nei confronti della complessità stilistica e
linguistica dei siculo-toscani, propugnando al contrario una lirica più dolce e soave: il dolce stil novo.
Dante si trovò nel pieno di questo dibattito letterario: nelle sue prime opere è evidente il legame (seppur tenue)[46] sia
con la poesia toscana di Guittone e di Bonagiunta[47], sia con quella più schiettamente occitana[48]. Presto, però, il
giovane si legò ai dettami della poetica stilnovista, cambiamento favorito dall'amicizia che lo legava al più anziano
Cavalcanti[49].
Il matrimonio tra i due non dovette essere molto felice, secondo la tradizione raccolta dal Boccaccio e fatta propria poi
nell'Ottocento da Vittorio Imbriani[51]. Dante non scrisse infatti un solo verso alla moglie, mentre di costei non ci sono
pervenute notizie sulla effettiva presenza al fianco del marito durante l'esilio. Comunque sia, l'unione generò tre figli:
Jacopo, Pietro, Antonia e un possibile quarto, Giovanni[50][52]. Dei tre certi, Pietro fu giudice a Verona e l'unico che
continuò la stirpe degli Alighieri, in quanto Jacopo scelse di seguire la carriera ecclesiastica, mentre Antonia divenne
monaca con il nome di Sorella Beatrice, sembra nel convento delle Olivetane a Ravenna[50].
potuta ricostruire buona parte della sua attività: fu nel Consiglio del popolo
dal novembre 1295 all'aprile 1296[56]; fu nel gruppo dei "Savi", che nel
dicembre 1296 rinnovarono le norme per l'elezione dei priori, i massimi rappresentanti di ciascuna Arte che avrebbero
occupato, per un bimestre, il ruolo istituzionale più importante della Repubblica; dal maggio al dicembre del 1296 fece
parte del Consiglio dei Cento[56]. Fu inviato talvolta nella veste di ambasciatore, come nel maggio del 1300 a San
Gimignano[57]. Nel frattempo, all'interno del partito guelfo fiorentino si produsse una frattura gravissima tra il gruppo
capeggiato dai Donati, fautori di una politica conservatrice e aristocratica (guelfi neri), e quello invece fautore di una
politica moderatamente popolare (guelfi bianchi), capeggiato dalla famiglia Cerchi[58]. La scissione, dovuta anche a
motivi di carattere politico ed economico (i Donati, esponenti dell'antica nobiltà, erano stati surclassati in potenza dai
Cerchi, considerati dai primi dei parvenu)[58], generò una guerra intestina cui Dante non si sottrasse schierandosi,
moderatamente, dalla parte dei guelfi bianchi[56].
Il Ghibellin fuggiasco
Il soggiorno nel casentino durò pochissimo tempo: tra il 1308 e il 1310 si
può infatti ipotizzare che il poeta risiedesse prima a Lucca e poi a Parigi,
anche se non è possibile valutare con certezza il soggiorno transalpino
come già precedentemente esposto. Dante, molto più probabilmente, si
trovava a Forlì nel 1310[77], dove ebbe la notizia, nel mese di ottobre[44],
della discesa in Italia del nuovo imperatore Arrigo VII. Dante guardò a
Monumento a Dante Alighieri a quella spedizione con grande speranza, in quanto vi intravedeva non
Villafranca in Lunigiana presso la soltanto la fine dell'anarchia politica italiana[78], ma anche la concreta
tomba sacello dei Malaspina
possibilità di rientrare finalmente a Firenze[44]. Infatti l'imperatore fu
salutato dai ghibellini italiani e dai fuoriusciti politici guelfi, connubio che
spinse il poeta ad avvicinarsi alla fazione imperiale italiana capeggiata dagli Scaligeri di Verona[79]. Dante, che tra il
1308 e il 1311 stava scrivendo il De Monarchia, manifestò le sue aperte simpatie imperiali, scagliando una violenta
lettera contro i fiorentini il 31 marzo del 1311[44] e giungendo, sulla base di quanto affermato nell'epistola indirizzata
ad Arrigo VII, a incontrare l'imperatore stesso in un colloquio privato[80]. Non sorprende, pertanto, che Ugo Foscolo
giungerà a definire Dante come un ghibellino:
La morte e i funerali
L'ambasceria di Dante sortì un buon effetto per la sicurezza di Ravenna, ma fu fatale al poeta che, di ritorno dalla città
lagunare, contrasse la malaria mentre passava dalle paludose Valli di Comacchio[76]. Le febbri portarono velocemente
il poeta cinquantaseienne alla morte, che avvenne a Ravenna nella notte tra il 13 e il 14 settembre 1321[76][94]. I
funerali, in pompa magna, furono officiati nella chiesa di San Pier Maggiore (oggi San Francesco) a Ravenna, alla
presenza delle massime autorità cittadine e dei figli[95]. La morte improvvisa di Dante suscitò ampio rammarico nel
mondo letterario, come dimostrato da Cino da Pistoia nella sua canzone Su per la costa, Amor, de l'alto monte[96].
Le spoglie mortali
Le "tombe" di Dante
Dante trovò inizialmente sepoltura in un'urna di marmo posta nella chiesa
ove si tennero i funerali[97]. Quando la città di Ravenna passò poi sotto il
controllo della Serenissima, il podestà Bernardo Bembo (padre del ben più
celebre Pietro) ordinò all'architetto Pietro Lombardi, nel 1483, di realizzare
un grande monumento che ornasse la tomba del poeta[97]. Ritornata la
città, al principio del XVI secolo, agli Stati della Chiesa, i legati pontifici
trascurarono le sorti della tomba di Dante, la quale cadde presto in rovina.
Nel corso dei due secoli successivi furono compiuti solo due tentativi per
porre rimedio alle disastrose condizioni in cui il sepolcro versava: il primo
fu nel 1692, quando il cardinale legato per le Romagne Domenico Maria
Corsi e il prolegato Giovanni Salviati, entrambi di nobili famiglie
fiorentine, provvidero a restaurarla[98]. Nonostante fossero passati pochi
decenni, il monumento funebre fu rovinato a causa del sollevamento del
terreno sottostante la chiesa, cosa che spinse il cardinale legato Luigi La tomba di Dante a Ravenna,
Valenti Gonzaga a incaricare l'architetto Camillo Morigia, nel 1780, di realizzata da Camillo Morigia
progettare il tempietto neoclassico tuttora visibile[97].
(LA) (IT)
«I M , S F , «I diritti della monarchia, i cieli e le acque di
L , Flegetonte [gli inferi] visitando cantai finché vollero i
. S miei destini mortali. Poiché però la mia anima andò
A ospite in luoghi migliori, ed ancor più beata
, H D , raggiunse tra le stelle il suo Creatore, qui sto
, Q F racchiuso, [io] Dante, esule dalla patria terra, cui
.» generò Firenze, madre di poco amore.»
(Epigrafe)
Il pensiero
Il ruolo del volgare e l'ottica "civile" della letteratura
Il ruolo della lingua volgare, definita da Dante nel De Vulgari come Hec est
nostra vera prima locutio[109] («il nostro primo vero linguaggio», nella
traduzione italiana)[110], fu fondamentale per lo sviluppo del suo
programma letterario. Con Dante, infatti, il volgare assunse lo stato di
lingua colta e letteraria, grazie alla ferrea volontà, da parte del poeta
fiorentino, di trovare un veicolo linguistico comune tra gli italiani,
perlomeno tra i governanti[111]. Egli, nei primi passi del De Vulgari,
esporrà chiaramente la sua predilezione per la lingua colloquiale e materna
rispetto a quella latina, finta e artificiale:
(LA) (IT)
«Harum quoque duarum «La più nobile di queste due
nobilior est vulgaris: tum quia lingue è il volgare, sia perché
prima fuit humano generi fu la prima a essere usata dal
usitata; tum quia totus orbis genere umano, sia perché
ipsa perfruitur, licet in diversas tutto il mondo ne fruisce (pur
prolationes et vocabula sit nelle diversità di pronuncia e
Andrea del Castagno, Dante divisa; tum quia naturalis est di vocabolario che la
Alighieri, ne Ciclo degli uomini e
nobis, cum illa potius dividono), sia perché ci è
donne illustri, affresco, tra il 1448 e
artificialis existat.» naturale, mentre l’altra è
il 1451, Galleria degli Uffizi, Firenze
piuttosto artificiale.»
Proposito della produzione letteraria volgare dantesca è infatti quella di essere fruibile da parte del pubblico dei
lettori, cercando di abbattere il muro tra i ceti colti (abituati a interagire fra di loro in latino) e quelli più popolari,
affinché anche questi ultimi potessero apprendere contenuti filosofici e morali fino ad allora relegati nell'ambiente
accademico. Si ha quindi una visione della letteratura intesa come strumento al servizio della società, come verrà
esposto programmaticamente nel Convivio:
«E io adunque... a' piedi di coloro che seggiono [nella mensa dei dotti] ricolgo di quello che da loro cade, e
conosco la misera vita di quelli che dietro m’ho lasciati, per la dolcezza ch'io sento in quello che a poco a
poco ricolgo, misericordievolmente mosso, non me dimenticando, per li miseri alcuna cosa ho riservata, la
quale a li occhi loro, già è più tempo, ho dimostrata; e in ciò li ho fatti maggiormente vogliosi.»
(Convivio, I, 10)
Alla scelta di Dante di utilizzare la lingua volgare per scrivere alcune delle sue opere possono avere influito
notevolmente le opere di Andrea da Grosseto, letterato del Duecento che utilizzava la lingua volgare da lui parlata, il
dialetto grossetano dell'epoca, per la traduzione di opere prosaiche in latino, come i trattati di Albertano da
Brescia.[112]
La poetica
Il «plurilinguismo» dantesco
Con questa felice espressione, il critico letterario Gianfranco Contini ha individuato la straordinaria versatilità di
Dante, all'interno delle Rime, nel saper usare più registri linguistici con disinvoltura e grazia armonica[113]. Come già
esposto prima, Dante manifesta un'aperta curiosità per la struttura "genetica" della lingua materna degli italiani,
concentrandosi sulle espressioni dell'eloquio quotidiano, sui motti e battute più o meno raffinate. Questa tendenza a
inquadrare la ricchezza testuale della lingua materna spinge il letterato fiorentino a realizzare un affresco variopinto
finora mai creato nella lirica volgare italiana, come esposto lucidamente da Giulio Ferroni:
«Rispetto alla produzione poetica del volgare italiano della seconda metà del secolo XIII, la Commedia
amplia notevolmente gli orizzonti sintattici e lessicali: la varietà stilistica... crea una variazione di registri,
attingendo sia alla lingua bassa sia a quella nobile. Dante trae spunti dalla letteratura latina... o da quella in
volgare, ma nello stesso tempo ha uno spiccato interesse per il linguaggio parlato, colloquiale, anche nelle
forme più vivaci, aggressive e popolaresche.»
(Ferroni, p. 28)
Come rimarca Guglielmo Barucci: «Non siamo dunque di fronte [nelle
Rime] a una progressiva evoluzione dello stile di Dante, ma alla
compresenza – anche nello stesso periodo – di forme e stili diversi»[114].
La capacità con cui Dante passa, all'interno delle Rime, dalle tematiche
amorose a quelle politiche, da quelle morali a quelle burlesche, troverà il
supremo raffinamento all'interno della Commedia, riuscendo a calibrare la
tripartizione stilistica denominata Rota Vergilii, secondo la quale a un
determinato argomento deve corrispondere un determinato registro
stilistico[115]. Nella Commedia, in cui le tre cantiche corrispondono ai tre
stili "umile", "mezzano" e "sublime", la rigida tripartizione teorica scema
davanti alle esigenze narrative dello scrittore, per cui all'interno
dell'Inferno (che dovrebbe corrispondere allo stile più basso), troviamo
passi e luoghi di altissima levatura stilistica e drammatica, quali l'incontro
con Francesca da Rimini e Ulisse. Il plurilinguismo, secondo un'analisi più
strettamente lessicale, risente anch'esso dei numerosi idiomi di cui era
infarcita la lingua letteraria dell'epoca: vi si trovano infatti latinismi, Raffaello Sanzio, Disputa del
gallicismi e, ovviamente, volgare fiorentino[116]. Sacramento, dettaglio raffigurante
Dante, 1509-1510 ca, Stanza della
Segnatura, Palazzo Pontificio,
Lo Stilnovismo dantesco: tra biografismo e spiritualizzazione Vaticano. Raffaello inserisce Dante
Dante ebbe un ruolo fondamentale nel far approdare la lirica volgare a tra teologi e dottori della Chiesa, in
quanto il poeta fiorentino era
nuove conquiste, non soltanto dal punto di vista tecnico-linguistico, ma
ritenuto filosofo e teologo di chiara
anche da quello prettamente contenutistico. La spiritualizzazione della fama per le opere da lui lasciate in
figura dell'amata Beatrice e l'impianto vagamente storico in cui la vicenda materia religiosa
amorosa è inserita, determinarono la nascita di tratti del tutto particolari
all'interno dello stilnovismo[117]. La presenza della figura idealizzata della
donna amata (la cosiddetta donna angelo) è un topos ricorrente in Lapo Gianni, Guido Cavalcanti e Cino da Pistoia,
ma in Dante assume una dimensione più storicizzata di quella degli altri rimatori[118] La produzione dantesca, per la
sua profondità filosofica può essere confrontata soltanto con quella del maestro Cavalcanti, rispetto alla quale la
divergenza consiste nella differente concezione dell'amore. Se Beatrice è l'angelo che opera la conversione spirituale di
Dante sulla Terra e che gli dona la beatitudine celeste[119], la donna amata da Cavalcanti è invece foriera di sofferenza,
dolore che allontanerà progressivamente l'uomo da quella catarsi divina teorizzata dall'Alighieri[120]. Altro traguardo
raggiunto da Dante è l'aver saputo far emergere l'introspezione psicologica e l'autobiografismo: praticamente ignoti al
Medioevo, queste due dimensioni guardano già al Petrarca e, più lontano ancora, alla letteratura umanistica. Dante
così è il primo, tra i letterati italiani, a "scomporsi" tra il sé inteso come personaggio e l'altro io inteso come narratore
delle proprie vicende. Così Contini, riprendendo il filo tracciato dallo studioso statunitense Charles Singleton, parla
dell'operazione poetica e narrativa dantesca:
«Va citato a titolo d'onor l'italianista americano Charles Singleton, che in un suo saggio penetrante... ha
notato come nell' io di Dante... convergano l'uomo in generale, soggetto del vivere e dell'agire, e l'individuo
storico, titolare di un'esperienza determinata hic et nunc, in un certo spazio e in un certo tempo; Io
trascendentale (con la maiuscola), diremmo oggi, e io (con la minuscola) esistenziale.»
Mantenendo una funzione allegorica, Dante frappone un valore numerologico alla figura di Beatrice. È infatti all'età di
nove anni che la incontra per la prima volta, poi nell'ora nona avviene un successivo incontro. Di lei dirà pure: «non
soffre di stare in un altro numero se non nel nove». Dante fa morire Beatrice il 9 giugno (pur essendo in realtà l'8)
scrivendo su di essa: «lo perfetto numero era compiuto».[125]
«... l'esperienza delle rime petrose, che si riallacciano all'esperienza del trobar clus [poetare difficile] di
Arnaut Daniel, costituisce un fondamentale esercizio di stile aspro (di contro a quello dolce dello
stilnovismo).»
(Guglielmino-Grosser, p. 151)
(Inferno, If I, 82-87)
L'iconografia medievale
Dante fu influenzato moltissimo dal mondo che lo circondava, traendo
spunto sia dalla dimensione artistica in senso stretto (busti, bassorilievi e
affreschi presenti nelle chiese), sia da quanto poteva vedere nella sua vita
quotidiana. Barbara Reynolds riporta di come
Un esempio concreto lo troviamo nel concetto islamico di spirito della vita (rūh al hayāh) che è considerato come
"aria" che esce dalla cavità del cuore. Dante a tal proposito scrive: «...spirito della vita, lo quale dimora nella
secretissima camera de lo cuore.»[137]
Lo storico spagnolo Asín Palacios ha espresso tutte le posizioni di Dante in merito alle sue conoscenze islamiche nel
testo L’escatologia islamica nella Divina Commedia.[138]
«Apparve vestita di nobilissimo colore, umile e onesto, sanguigno, cinta e ornata a la guisa che a la sua
giovanissima etade si convenia.
In quello punto dico veracemente che lo spirito de la vita, lo quale dimora ne la secretissima camera de lo
cuore, cominciò a tremare sì fortemente, che apparia ne li menimi polsi orribilmente; e tremando disse
queste parole: "Ecce deus fortior me, qui veniens dominabitur michi".
In quello punto lo spirito animale, lo quale dimora ne l’alta camera ne la quale tutti li spiriti sensitivi portano
le loro percezioni, si cominciò a maravigliare molto, e parlando spezialmente a li spiriti del viso, sì disse
queste parole: "Apparuit iam beatitudo vestra".
In quello punto lo spirito naturale, lo quale dimora in quella parte ove si ministra lo nutrimento nostro,
cominciò a piangere, e piangendo disse queste parole: "Heu miser, quia frequenter impeditus ero
deinceps!".»
L'eresia dantesca
A partire dal XIX secolo diversi autori hanno sostenuto la tesi che Dante potesse essere stato un cristiano eretico. Tra
questi Ugo Foscolo[147], Gabriele Rossetti[148] e Eugène Aroux[149]. Più recentemente Maria Soresina ha avanzato
l'ipotesi che fosse il catarismo l'eresia dantesca[150].
Opere
Le Rime
Le Rime sono una raccolta messa insieme e ordinata da moderni editori, che riunisce il complesso della produzione
lirica dantesca dalle prove giovanili a quelle dell'età matura (le prime sono datate intorno al 1284)[89] divise tra Rime
giovanili e Rime dell'esilio per distinguere due gruppi di liriche assai distanti per il tono e gli argomenti affrontati. Le
Rime giovanili comprendono componimenti che riflettono le varie tendenze della lirica cortese del tempo, quella
guittoniana, quella guinizelliana e quella cavalcantiana, passando da tematiche amorose a giocose tenzoni dallo sfondo
velatamente erotico-giocoso con Forese Donati e con Dante da Maiano.
Vita Nova
La Vita Nova può essere considerata il "romanzo" autobiografico di Dante, in cui si celebra l'amore per Beatrice,
presentata con tutte le caratteristiche proprie dello stilnovismo dantesco. Racconto della vita spirituale e della
evoluzione poetica del Poeta, resa come exemplum, la Vita nova è un prosimetro (brano caratterizzato dall'alternanza
tra prosa e versi) e risulta strutturata in quarantadue (o trentuno)[151] capitoli in prosa collegati in una storia
omogenea, che spiega una serie di testi poetici composti in tempi differenti, tra cui hanno particolare rilevanza la
canzone-manifesto Donne ch'avete intelletto d'amore e il celebre sonetto
Tanto gentile e tanto onesta pare. Secondo buona parte degli studiosi, per
la forma del prosimetro, Dante si sarebbe ispirato alle razos provenzali
(ovvero le "ragioni") che servivano a spiegare le ragioni da cui scaturivano
le liriche; e alla De consolatione philosophiae di Severino Boezio[117].
L'opera è consacrata all'amore per Beatrice e fu composta probabilmente
tra il 1292 e il 1293[117]- La composizione delle rime si può far risalire,
secondo la cronologia che Dante fornisce, tra il 1283 come risulta dal
sonetto A ciascun alma presa e dopo il giugno del 1291, anniversario della
morte di Beatrice. Per stabilire con una certa sicurezza la data della
composizione del libro nel suo insieme organico, ultimamente la critica è
propensa ad avvalersi del 1300, data non superabile, che corrisponde alla
morte del destinatario Guido Cavalcanti: "Questo mio primo amico a cui io
ciò scrivo" (Vita nova, XXX, 3). Quest'opera ha avuto una particolare
fortuna negli Stati Uniti, dove fu tradotta dal filosofo e letterato Ralph Dante Gabriel Rossetti, Beata
Waldo Emerson[152]. Beatrix, dipinto a olio, 1872,
Chicago Art Institute
Convivio
Il Convivio (scritta tra il 1303 e il 1308)[153] dal latino convivium, ovvero
"banchetto" (di sapienza), è la prima delle opere di Dante scritta subito
dopo il forzato allontanamento di Firenze ed è il grande manifesto del fine
"civile" che la letteratura deve avere nel consorzio umano. L'opera consiste
in un commento a varie canzoni dottrinali poste all'incipit, una vera e
propria enciclopedia dei saperi più importanti per coloro che vogliano
dedicarsi all'attività pubblica e civile senza aver compiuto gli studi
regolari[117]. È pertanto scritta in volgare per essere appunto capita da chi
non ha avuto la possibilità in precedenza di studiare il latino. L'incipit del
Convivio fa capire chiaramente che l'autore è un grande conoscitore e
seguace di Aristotele; questi, infatti, viene citato con il termine "Lo
Filosofo"[154]. L'incipit in questo caso spiega a chi è rivolta quest'opera e a
chi non è rivolta: soltanto coloro che non hanno potuto conoscere la
scienza dovrebbero accedervi. Questi sono stati impediti da due tipi di
ragioni:
Monumento a Dante in Piazza
Santa Croce a Firenze (1865)
interne: malformazioni fisiche, vizi e malizia;
esterne: cura familiare, civile e difetto di luogo di nascita.
Dante ritiene beati i pochi che possono partecipare alla mensa della scienza, dove si mangia il "pane degli angeli", e
miseri coloro che si accontentano di mangiare il cibo delle pecore. Dante non siede alla mensa, ma è fuggito da coloro
che mangiano il pastume e ha raccolto quello che cade dalla mensa degli eletti per crearne un altro banchetto. L'autore
allestirà un banchetto e servirà una vivanda (i componimenti in versi) accompagnata dal pane (la prosa) necessario
per assimilarne l'essenza. Saranno invitati a sedersi solo coloro che erano stati impediti da cura familiare e civile,
mentre i pigri sarebbero stati ai loro piedi per raccogliere le briciole[155].
De vulgari eloquentia
Contemporaneo al Convivio, il De vulgari eloquentia è un trattato in latino scritto da Dante tra il 1303 e il 1304[156].
Composto da un primo libro intero e da 14 capitoli del secondo libro, era inizialmente destinato a comprendere
quattro libri. Pur affrontando il tema della lingua volgare, fu scritto in latino perché gli interlocutori a cui Dante si
rivolse appartenevano all'élite culturale del tempo, che forte della tradizione della letteratura classica riteneva il latino
senz'altro superiore a qualsiasi volgare, ma anche per conferire alla lingua
volgare una maggior dignità: il latino era infatti usato soltanto per scrivere
di legge, religione e trattati internazionali, cioè argomenti della massima
importanza. Dante si lanciò in un'appassionata difesa del volgare, dicendo
che meritava di diventare una lingua illustre in grado di competere se non
uguagliare la lingua di Virgilio, sostenendo però che per diventare una
lingua in grado di trattare argomenti importanti il volgare doveva
essere[157]:
De Monarchia
L'opera venne composta in occasione della discesa in Italia dell'imperatore Enrico VII di Lussemburgo tra il 1310 e il
1313. Si compone di tre libri ed è la summa del pensiero politico dantesco[160]. Nel primo Dante afferma la necessità di
un impero universale e autonomo, e riconosce questo impero come unica forma di governo capace di garantire unità e
pace. Nel secondo riconosce la legittimità del diritto dell'impero da parte dei Romani. Nel terzo libro Dante dimostra
che l'autorità del monarca è una volontà divina, e quindi dipende da Dio: non è soggetta all'autorità del pontefice; al
contempo, però, l'imperatore deve mostrare rispetto nei confronti del pontefice, Vicario di Dio in Terra. La posizione
dantesca è per più aspetti originale, poiché si oppone decisivamente alla tradizione politica narrata dalla donazione di
Costantino: il De Monarchia è in contrasto tanto con i sostenitori della concezione ierocratica[161], quanto con i
sostenitori dell'autonomia politica e religiosa dei sovrani nazionali rispetto all'imperatore e al papa.
Commedia
La Comedìa — titolo originale dell'opera: successivamente Giovanni Boccaccio attribuì l'aggettivo "Divina" al poema
dantesco[162] — è il capolavoro del poeta fiorentino ed è considerata la più importante testimonianza letteraria della
civiltà medievale nonché una delle più grandi opere della letteratura universale[163]. Viene definita "comedia" in
quanto scritta in stile "comico", ovvero non aulico. Un'altra interpretazione si fonda sul fatto che il poema inizia da
situazioni piene di dolore e paura e finisce con la pace e la sublimità della visione di Dio. Dante iniziò a lavorare
all'opera intorno al 1300 (anno giubilare, tanto che egli data al 7 aprile di quell'anno il suo viaggio nella selva oscura) e
la continuò nel resto della vita, pubblicando le cantiche man mano che le completava[164]. Si hanno notizie di copie
manoscritte dell'Inferno intorno al 1313, mentre il Purgatorio fu pubblicato nei due anni successivi. Il Paradiso,
iniziato forse nel 1316, fu
pubblicato man mano che si
completavano i canti negli
ultimi anni di vita del poeta. Il
poema è diviso in tre libri o
cantiche, ciascuno formato da
33 canti (tranne l'Inferno che
ne presenta 34, poiché il primo
funge da proemio all'intero
Domenico di Michelino, Dante ed i
poema) e a cui corrispondono i
tre regni, 1465, Firenze, Santa
Maria del Fiore tre stili della Rota Vergilii[165];
ogni canto si compone di
terzine di endecasillabi (la
terzina dantesca). La Commedia tende a una rappresentazione ampia e
drammatica della realtà, ben lontana dalla pedante poesia didattica
medievale, ma intrisa di una spiritualità cristiana nuova che si mescola alla
passione politica e agli interessi letterari del poeta. Si narra di un viaggio Divina Commedia, 1472
immaginario nei tre regni dell'aldilà, nei quali si proiettano il bene e il male
del mondo terreno, compiuto dal poeta stesso, quale "simbolo"
dell'umanità[143], sotto la guida della ragione e della fede. Il percorso tortuoso e arduo di Dante, il cui linguaggio
diventa sempre più complesso quanto più egli sale verso il Paradiso, rappresenta, sotto metafora, anche il difficile
processo di maturazione linguistica del volgare illustre, che si emancipa dai confini angusti municipali per far
assurgere il volgare fiorentino al di sopra delle altre varianti del volgare italiano, arricchiendolo nel contempo con il
loro contatto[166]. Dante è accompagnato sia nell'Inferno che nel Purgatorio dal suo maestro Virgilio; in Paradiso da
Beatrice e, infine, da san Bernardo.
Egloghe
Le Egloghe sono due componimenti di carattere bucolico scritti in lingua latina tra il 1319 e il 1321 a Ravenna, facenti
parte di una corrispondenza con Giovanni del Virgilio, intellettuale bolognese, i cui due componimenti finiscono sotto
il titolo di Egloga I e Egloga III, mentre quelli danteschi sono l'Egloga II e Egloga IV. La corrispondenza/tenzone fra i
due nacque quando il del Virgilio rimproverò Dante di voler conquistare la corona poetica scrivendo in volgare e non
in latino, critica che suscitò la reazione di Dante e la composizione delle Egloghe, visto che Giovanni del Virgilio aveva
inviato a Dante tale componimento latino e che, secondo la dottrina medievale della responsio, l'interlocutore doveva
rispondere con il genere usato per primo[170].
In Italia
Dante ebbe una risonanza e una fama pressoché immediata in Italia. Già a partire dalla seconda metà del XIV secolo, il
Boccaccio iniziò una vera e propria diffusione del culto dantesco, culminata prima nella composizione del Trattatello
in laude di Dante e poi nelle Esposizioni sopra la commedia[172]. L'eredità del Boccaccio fu raccolta, durante la fase
del primo umanesimo, dal cancelliere della Repubblica Fiorentina Leonardo Bruni, che compose la Vita di Dante
Alighieri (1436) e che contribuì al perdurare del mito dantesco nelle generazioni dei letterati (Agnolo Poliziano,
Lorenzo de' Medici e Luigi Pulci) e degli artisti (Sandro Botticelli) fiorentini della seconda metà del Quattrocento[173].
La parabola dantesca cominciò tuttavia a scemare a partire dal 1525, allorché il cardinale Pietro Bembo, nelle Prose
della volgar lingua, stabilì la superiorità del Petrarca in campo poetico e del Boccaccio per la prosa. Tale canone
escluderà il Dante della Commedia in quanto difficile imitatore, determinandone un declino (nonostante le
appassionate difese di Michelangelo prima e di Giambattista Vico poi) che perdurerà per tutto il Seicento e il
Settecento, a causa anche della messa all'Indice del De Monarchia. Solamente con l'età romantica e risorgimentale[174]
Dante riacquisì un ruolo di primo piano in quanto simbolo dell'italianità e della solitudine propria dell'eroe romantico.
L'alto valore letterario della Commedia, consacrato da De Sanctis nella sua Storia della letteratura italiana e
riconfermato poi da Carducci, Pascoli e Benedetto Croce, troverà nel XX secolo[175] appassionati studiosi e cultori in
Gianfranco Contini, Umberto Bosco, Natalino Sapegno, Giorgio Petrocchi, Maria Corti e, negli ultimi anni, in Marco
Santagata. Sempre nel Novecento e nel Duemila, vari pontefici hanno dedicato pensieri di stima per l'Alighieri:
Benedetto XV, Paolo VI, Giovanni Paolo II l'hanno ricordato per il suo altissimo valore artistico morale; Benedetto
XVI per la finezza teologica e, ultimamente, papa Francesco per il valore soteriologico della
Commedia[176][177][178][179][180].
Nel mondo
Tra il Quattrocento e il XXI secolo, Dante conobbe fasi alterne nei restanti
Paesi del mondo, influenzati da fattori storici e culturali a seconda delle
regioni geografiche di appartenenza:
Grazie alla televisione, la diffusione dell'opera di Dante raggiunse un pubblico sempre più ampio: Vittorio Gassman,
Vittorio Sermonti e Roberto Benigni recitarono i versi della Commedia in manifestazioni pubbliche. Nel resto del
mondo, invece, Dante ha ispirato la realizzazione di alcuni film (quali Seven)[193] e di alcuni manga giapponesi (come
le opere di Gō Nagai) e videogiochi (tra cui Dante's Inferno)[194].
Personaggi e luoghi dell'Inferno sono stati scelti dall'Unione Astronomica Internazionale per dare i nomi a formazioni
geologiche sulla superficie di Io, satellite di Giove[195].
Inoltre nel 1998 il ritratto di Dante Alighieri dipinto da Raffaello Sanzio è stato scelto come faccia nazionale della
moneta da 2 euro italiana e nel 2015, in occasione del 750º anniversario della sua nascita, sono state coniate due
monete da 2 euro commemorativi, un'italiana e l'altra sammarinese.
Note
1. ^ Dante Alighieri, in Treccani.it – Enciclopedie on line, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, 15 marzo 2011. URL
consultato il 5 aprile 2016.
2. ^ a b Contini 1970, pp. 895-901
«l’Alighieri era per solito designato con l’ipocorismo ‘Dante’ (unicamente in un atto del 1343, rogato in
favore del figlio Iacopo, il defunto padre è denominato "Durante, ol. vocatus Dante, cd. Alagherii")»
34. ^ Andrea Mazzucchi, I francescani di Santa Croce e i domenicani di Santa Maria Novella, Internet Culturale. URL
consultato il 18 maggio 2015.
35. ^ Reynolds, p. 20.
36. ^ «... per Dante, come per quasi tutti i pensatori del suo tempo, Aristotele e l'autorità filosofica più alta [...] Noi
dicevamo di buon grado: il medioevo è il Papa e l'Imperatore; avvertiti da Dante, diciamo ormai: il Papa,
l'Imperatore e Aristotele».(Gilson, pp. 136-137)
37. ^ Andrea Mazzucchi, Dante Alighieri. Aristotele: ’l maestro di color che sanno, Internet Culturale. URL consultato il 17
maggio 2015.
38. ^ Tra questi Giorgio Petrocchi, come si evince dalla sua da quest'affermazione: Petrocchi, Vita di Dante, p. 22
«L'anno successivo, il 1287, ci consente invece una certezza: il soggiorno a Bologna, breve ma sicuro»
64. ^ Marco Santagata, La condanna a morte, Mondadori, 2012. URL consultato il 17 maggio 2015.
«Quasi sicuramente si trovava ancora a Roma al momento del colpo di Stato dei primi di novembre; Leonardo
Bruni riferisce che Dante, partito da Roma, a Siena era venuto a sapere che la situazione di Firenze era
irreparabile e che perciò avrebbe deciso di riunirsi con i compagni di partito...».
65. ^ Ciappelli
«Il 1° nov. 1301 Carlo di Valois entrò in Firenze. Al suo seguito, alla testa dei cavalieri senesi che lo
accompagnavano, si trovava anche il Gabrielli.»
66. ^ Il testo integrale delle sentenze di condanna è stato pubblicato nel volume a cura di Dante Ricci Il processo di
Dante, Firenze, Arnaud editore, 1967 (nuova edizione con una presentazione di Morris L. Ghezzi, Udine, Mimesi,
2011).
67. ^ Petrocchi, p. 93.
68. ^ «... 10 giugno: Niccolò da Prato lascia Firenze; ultima decade di giugno: i Neri consolidano il loro potere in città
impadronendosi di tutte le cariche pubbliche». (Petrocchi, p. 97).
69. ^ Petrocchi, p. 95.
70. ^ a b Petrocchi, p. 97.
71. ^ Guglielmino-Grosser, p. 145.
72. ^ Saffiotti Bernardi.
73. ^ Andrea Mazzucchi, La Lunigiana, Internet culturale, 2012. URL consultato il 3 giugno 2015.
74. ^ a b Giuseppe Benelli, Il VII centenario della venuta di Dante in Lunigiana (PDF), su gruppocarige.it, p. 39. URL
consultato il 3 giugno 2015.
75. ^ Marco Santagata, Dante in Lunigiana, Mondadori, 2012. URL consultato il 17 maggio 2015.
76. ^ a b c d e Marco Santagata, Cronologia della vita di Dante, Mondadori, 2012. URL consultato il 18 maggio 2015.
77. ^ Marco Santagata, Cronologia della vita di Dante, Mondadori, 2012. URL consultato il 4 giugno 2015.
«1310... Secondo la testimonianza di Biondo Flavio Dante, trovandosi a Forlì...».
78. ^ Già da parecchi anni, l'Italia era stravolta da guerre civili tra le fazioni dei guelfi e ghibellini. Inoltre, dal 1305,
papa Clemente V trasferì la sua corte ad Avignone, mentre l'imperatore Alberto I d'Asburgo preferiva non
intromettersi nelle questioni italiane, suscitando la violenza indignazione dantesca nella celebra apostrofe politica
in Pg VI, 97-99: «O Alberto tedesco ch'abbandoni/costei [l'Italia] ch'è fatta indomita e selvaggia,/e dovresti inforcar
li suoi arcioni...»
79. ^ Petrocchi, p. 148.
80. ^ Marco Santagata, Dante a Milano, Mondadori, 2012. URL consultato il 17 maggio 2015.
«Nella lettera che invierà a Enrico in aprile, Dante afferma di avere avuto l’onore di essere ricevuto in
udienza.».
81. ^ Petrocchi, p. 154.
82. ^ Petrocchi, p. 94.
83. ^ Dante stesso, in Convivio IV, XVI, 6, non ne elogia le qualità umane. Si veda:Varanini
84. ^ a b Andrea Mazzucchi, Cangrande della Scala, Internet Culturale. URL consultato il 18 maggio 2015.
85. ^ Torre.
86. ^ Marco Santagata, Cronologia della vita di Dante, Mondadori, 2012. URL consultato il 18 maggio 2015.
«Le cause della partenza sono ignote: forse un accresciuto disagio per l’ambiente scaligero (di cui resterebbe
testimonianza nell’aneddoto riferito da Petrarca, Rerum memorandarum libri II 83: Cangrande chiede a Dante
come mai non riesce a rendersi gradito al pari di un buffone di corte, il poeta risponde che gli uomini apprezzano
chi è simile a loro), forse la fama di amico delle lettere goduta dal nuovo signore o la possibilità di trovare una
sistemazione ai figli (in questo periodo Pietro ottiene il rettorato di due chiese ravennati, S. Maria in Zenzanigola e
S. Simone del Muro).».
87. ^ Giorgio Petrocchi, Vita di Dante, p. 199.
88. ^ Come sottolineato da Petrocchi, pp. 198-199, Dante fu raggiunto dal resto della famiglia, compresa (forse) la
moglie Gemma.
89. ^ a b Ferroni, p. 7.
90. ^ Petrocchi, p. 198.
91. ^ «... si può dedurre che il signore di Ravenna volle impegnarlo, e forse più volte, in ambascerie e relazioni
cancelleresche, mai in un servizio continuo e ufficiale di segretario...» (Petrocchi, p. 198).
92. ^ Petrocchi, p. 221.
93. ^ Dall'Onda, p. 158
«Tale fu la cagione dell'andata di Dante a Venezia che allora parve tanto più opportuna trattandosi di
quistioni con gli Ordelaffi, giacché Dante era stato notario o segretario di Scarpetta Ordelaffi Signore di
Forlì circa il 1307.»
94. ^ «Ma quale giorno? Il Boccaccio e i codici del cosiddetto "gruppo del Cento" non esitano al riguardo: il 14
settembre: "nel dì che la esaltazione della Santa Croce si celebra dalla Chiesa", dice il Boccaccio. Invece gli
epitafi [sic] di Giovanni del Virgilio (Theologus Dantes) e di Meneghino Mezzani (Inclita fama) danno la data del 13
settembre». (Petrocchi, p. 222).
95. ^ VI centenario dantesco, p. 6.
96. ^ Andrea Mazzucchelli, La morte e le celebrazioni funebri, Internet Culturale. URL consultato il 20 maggio 2015.
97. ^ a b c VI centenario dantesco, p. 7.
98. ^ Bencivenni Pelli, p. 148.
99. ^ «La diffusione della biografia di Boccaccio sortì i suoi effetti. Nel 1373 i cittadini di Firenze avanzarono istanza ai
priori per l'organizzazione di una serie di pubbliche lezioni sulla Commedia» (Reynolds, p. 430).
100. ^ Tettoni-Saladini, Allighieri
101. ^ a b c d e Toni di Rossi, Ravenna - Tomba di Dante, su tonidirossi.it. URL consultato il 18 maggio 2015.
102. ^ Basilica di San Francesco, Ravenna. Turismo e cultura, 3 giugno 2015. URL consultato il 4 giugno 2015.
«L'attuale denominazione si deve ai frati minori francescani che, tra il 1261 e il 1810, e poi di nuovo tra il 1949
sino a oggi, la scelsero come loro sede.».
103. ^ La morte di Dante e il giallo delle sue spoglie, Folia. URL consultato il 4 giugno 2015.
«Al suo interno si trovavano ossa “ben conservate, consistenti, non rose da tarli di colore rosso scuro, e quasi
in numero da completare uno scheletro” (secondo le parole di Primo Uccellini, autore della Relazione storica sulla
avventurosa scoperta delle ossa di Dante Alighieri, 1865)».
104. ^ a b La morte di Dante e il giallo delle sue spoglie, Folia. URL consultato il 4 giugno 2015.
105. ^ Marconi: «Giovanni Boccaccio, nella vita di Dante, racconta che Guido Novello aveva bandito un concorso per
l'epigrafe sulla nuova tomba di Dante che egli aveva intenzione di far erigere; in questa occasione appunto il C.
avrebbe composto l'esastico "Iura monarchiae" fatto incidere da lui intorno al 1357, dopo la morte di Guido
Novello, sul vecchio sepolcro».
106. ^ Mara Amorevoli, Ma quale naso aquilino ecco il vero viso di Dante, in la Repubblica.it, 8 marzo 2005. URL
consultato il 24 maggio 2015.
107. ^ a b Cinzia dal Maso, Più dolce, ecco il vero volto di Dante. Via il profilo spigoloso del Sommo Poeta, in La
Repubblica.it, 11 gennaio 2007. URL consultato il 24 maggio 2015.
108. ^ Giorgio Grupponi, Ricostruzione del volto di Dante, fenici.unibo. URL consultato il 24 maggio 2015.
109. ^ De Vulgari Eloquentia I, II 1 (https://la.wikisource.org/wiki/De_Vulgari_Eloquentia)
110. ^ Cecchin.
111. ^ Marco Santagata, La promozione del volgare, Mondadori, 2012. URL consultato il 19 maggio 2015.
«Dante si rende conto che i ceti dirigenti italiani mancano di una lingua comune».
112. ^ Selmi, p. 389.
113. ^ Contini 1992
«Dei più visibili e sommari attributi che pertengono a Dante, il primo è il plurilinguismo.»
114. ^ Guglielmo Barucci, Dante e il pluristilismo delle "Rime", oilproject. URL consultato il 19 maggio 2015.
115. ^ Mengaldo
«... Dante non fa che ereditare una nozione, la tripartizione degli stili, che è un luogo comune di tutta la
retorica medievale, a sua volta derivato da più modelli della latinità classica e tarda [...] Momento
fondamentale nella storia di queste dottrine è quello in cui, dapprima con Donato e con Servio, lo schema
dei tre gradi di stili è applicato alle tre opere di Virgilio, che ne divengono esempio paradigmatico,
rispettivamente le Bucoliche di stile umile o basso, le Georgiche del mezzano o mediocre, l'Eneide del
grave o sublime o grandiloquus»
132. ^ Gabriella Giudici, Il diavolo, ossessione medievale, su gabriellagiudici.it. URL consultato il 22 maggio 2015.
133. ^ Quali Fiamminghi tra Guizzante e Bruggia, / temendo 'l fiotto che 'nver' lor s'avventa, / fanno lo schermo perché
'l mar si fuggia; // e quali Padoan lungo la Brenta, / per difender lor ville e lor castelli, / anzi che Carentana il caldo
senta (Inferno XV, vv. 4-9)
134. ^ Foster.
135. ^ a b Lisa Pericoli, La Commedia di Dante: fonti e modelli, Oilproject. URL consultato il 21 maggio 2015.
136. ^ Maria Corti. Dante e l'Islam, Rai Educational, 20 aprile 2000. URL consultato il 4 giugno 2015.
137. ^ Alberto Ventura, Sapienza Sufi, Roma, Edizioni mediterranee, 2016, p. 17, ISBN 978-88-272-2653-7.
138. ^ Miguel Asín Palacios, Dante e l'Islam, EST, 1994. URL consultato il 5 ottobre 2017.
139. ^ a b Nardi, pp. 1150-1253.
140. ^ Ferroni, p. 23.
141. ^ Essendo Cavalcanti seguace di Averroè, e avendo usato la dottrina degli spiriti all'interno della sua poetica, è
plausibile l'idea che questi abbia appreso tale dottrina dai commenti di Averroè, esegesi che Dante conobbe sia
per il legame che lo stringeva a Cavalcanti, sia per il suo raffinamento di nozioni filosofiche avvenute negli anni '90
a Firenze.
142. ^ a b Dendi.
143. ^ a b Guglielmino-Grosser, p. 164.
144. ^ Anselmi-Ruozzi, p. 223
«... l'inferno dantesco è fondamentalmente tripartito. Nei primi sei cerchi sono punti i colpevoli di
incontinenza, nel settimo quelli di violenza, nell'ottavo e nel nono quelli di frode. Questa tripartizione è
dovuta in parte allEtica Nicomachea di Aristotele, dall'altra al De Officiis di Cicerone, quest'ultimo mediato
dal Corpus iuris civilis di Giustiniano.»
145. ^ Luigi Valli, Il linguaggio segreto di Dante e dei «Fedeli d'Amore» (PDF).
146. ^ L'esoterismo di Dante Alighieri Dante segreto Celato Fedeli D'amore Rosa Croce, 11 novembre 2013. URL
consultato il 26 dicembre 2016.
147. ^ Discorso sul testo della Commedia di Dante (http://ww2.bibliotecaitaliana.it/xtf/view?docId=bibit001500/bibit0015
00.xml), Londra, Pickering, 1826.
148. ^ La Beatrice di Dante. Ragionamenti critici (https://books.google.it/books?id=K6oFAAAAQAAJ&dq=La%20Beatri
ce%20di%20Dante.&hl=it&pg=PR1#v=onepage&q=La%20Beatrice%20di%20Dante.&f=false), Londra, stampato
a spese dell'A., 1842.
149. ^ Dante hérétique, révolutionnaire et socialiste. Révélations d'un catholique sur le Moyen Age (https://archive.org/
details/dantehrtiquervo01arougoog), Paris, Jules Renouard et C.ie libraires-éditeurs, 1854.
150. ^ Maria Soresina, Libertà va cercando. Il catarismo nella Commedia di Dante, Bergamo, Moretti & Vitali, 2009.
151. ^ L'edizione critica tradizionale di Barbi, 1921, conta 42 capitoli; quella di Gorni, 1996, ne rivede la suddivisione,
contandone 31.
152. ^ Ralph Waldo Emerson-Dante Alighieri - VITA NUOVA, Nino Aragno Editore. URL consultato il 22 maggio 2015.
153. ^ Giulio Ferroni, Dante e il nuovo mondo letterario, p. 12.
154. ^ «Sì come dice lo Filosofo nel principio de la Prima Filosofia, tutti li uomini naturalmente desiderano di sapere».
(Convivio I, 1)
155. ^ «Ma vegna qua qualunque è [per cura] familiare o civile ne la umana fame rimaso, e ad una mensa con li altri
simili impediti s'assetti; e a li loro piedi si pongano tutti quelli che per pigrizia si sono stati, che non sono degni di
più alto sedere: e quelli e questi prendano la mia vivanda col pane, che la far[à] loro e gustare e patire.» (Convivio
I, 13)
156. ^ Ferroni, p. 14.
157. ^ Ferroni, p. 15.
158. ^ Andrea Cortellessa, Il "De vulgari eloquentia" di Dante: riassunto e analisi del testo, oilproject. URL consultato il 22
maggio 2015.
159. ^ Il De vulgari eloquentia, su divinacommedia.weebly.com. URL consultato il 18 giugno 2015.
160. ^ Ricci.
161. ^ Guglielmino-Grosser, p. 157.
162. ^ Luca Ghirimoldi, "Divina Commedia": riassunto e analisi dell'opera, Oilproject. URL consultato il 22 maggio 2015.
163. ^ Guglielmino-Grosser, p. 158.
164. ^ Secondo una notizia tramandata dal Boccaccio, da Benvenuto e dall'anonimo fiorentino, i primi sette canti
sarebbero stati composti a Firenze prima dell'esilio. Rimasti a Firenze e ritrovati da sua moglie, sarebbero stati
consegnati al poeta durante il suo soggiorno in Lunigiana, dove avrebbe ripreso la composizione dell'opera. Sulla
questione si veda: Ferretti 1935 e Ferretti 1950
165. ^ Si guardi la sezione dedicata allo stile.
166. ^ Leonardo Rossi, La Lingua della Commedia, su treccani.it. URL consultato il 18 giugno 2015 (archiviato dall'url originale il
26 giugno 2015).
«Ebbene, in un quadro tanto eterogeneo Dante sa vedere, profeticamente, ciò che nessun altro aveva visto: la
possibilità stessa di un unitario spazio letterario italiano [...] E sarà la fama del poema, attestata già mentre Dante
era in vita, ad assicurare al volgare fiorentino il prestigio necessario per travalicare i confini della Toscana e
raggiungere ampi strati sociali, non solo quelli di più alta cultura.».
167. ^ Pastore Stocchi.
168. ^ a b Ferroni, p. 18.
169. ^ Dante Alighieri. Epistole, su classicitaliani.it. URL consultato il 18 giugno 2015.
170. ^ Martellotti.
171. ^ Pastore Stocchi-2.
172. ^ Andrea Mazzucchi Internet culturale, Giovanni Boccaccio, Internet culturale, 2012. URL consultato il 12 giugno 2015.
173. ^ Giuseppe Leonelli, Dante e la Divina Letteratura: un successo lungo 700 anni, in Repubblica.it, 4 settembre
2007. URL consultato il 12 giugno 2015.
174. ^ Giovanni Belardelli, Patriota Dante, padre di tutti gli italiani, in Corriere della Sera, 1º settembre 2008, p. 35. URL
consultato il 12 giugno 2015 (archiviato dall'url originale il 26 giugno 2015).
175. ^ Dario Pisano, Dante nella poesia del primo Novecento, Flaneri, 21 febbraio 2012. URL consultato il 12 giugno
2015flaneri.com.
176. ^ Benedetto XV.
177. ^ Paolo VI.
178. ^ Giovanni Paolo II.
179. ^ Benedetto XVI, Angelus dell'8 dicembre 2006, Libreria Editrice Vaticana, 8 dicembre 2006. URL consultato il 24
maggio 2015.
180. ^ papa Francesco, Messaggio del Santo Padre Francesco al President del Pontificio Consiglio della Cultura in
occasione della celebrazione del 750º anniversario della nascita di Dante Alighieri, Libreria Editrice Vaticana, 4
maggio 2015. URL consultato il 24 maggio 2015.
181. ^ Vincenzo Salerno, La “Commedia” di Dante in Inghilterra. Da Geoffrey Chaucer a W. M. Rossetti,
LIBROITALIANO. Editrice Letteraria Internazionale. URL consultato il 12 giugno 2015.
182. ^ Eliot.
183. ^ Bernardi-Ceserani.
184. ^ Brancucci-Elwert.
185. ^ Brancucci-Arce.
186. ^ Mocan.
187. ^ L’Inferno – Francesco Bertolini, Giuseppe de Liguoro, Adolfo Padovan (1911), su emutofu.com, 17 agosto 2011.
URL consultato l'8 giugno 2015.
188. ^ Pro Loco Velletri, Sul Monte Artemisio rivive l’Inferno di Dante della Helios Film, su prolocodivelletri.it. URL
consultato il 29 febbraio 2016.
189. ^ Vita di Dante, Rewind. La fiction, la storia, le storie. URL consultato il 5 giugno 2015.
190. ^ Monete e Cartamoneta d'Italia, Unificato, 2015, p. 96, ISBN 88-95874-58-7.
191. ^ Alberto Brambilla, Le origini de “L’Inferno di Topolino”? In un diario scolastico, Fumettologica, 30 ottobre 2013.
URL consultato il 24 maggio 2015.
192. ^ L'inferno di Paperino, inducks. URL consultato il 24 maggio 2015.
193. ^ Bianca Garavelli, Dante e la Commedia nel cinema, Treccani scuola, 4 aprile 2008. URL consultato il 24 maggio
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194. ^ Dante's Inferno, Electronic Arts Italia. URL consultato il 16 novembre 2017.
195. ^ (EN) Categories for Naming Features on Planets and Satellites, su Gazetteer of Planetary Nomenclature. URL
consultato il 3 marzo 2016.
Bibliografia
La bibliografia sulla vita e sull'opera di Dante è sterminata; normalmente, il primo strumento di ricerca è
l'Enciclopedia Dantesca, dell'Istituto dell'Enciclopedia italiana Treccani, Roma, 1970-1978, consultabile anche on line.
Si possono utilizzare anche le risorse informatiche, in primo luogo la bibliografia consultabile sul sito della Società
Dantesca Italiana. Per la bibliografia cartacea si rimanda alla voce Bibliografia su Dante. In questo luogo, si segnala la
bibliografia utilizzata per la redazione scientifica della voce:
Dante Alighieri, Opere minori, a cura di Sergio Cecchin, II, Torino, UTET, 1986.
Dante Alighieri, Divina Commedia, ora in: Umberto Bosco e Giovanni Reggio (a cura di), Inferno, in Divina
Commedia, vol. 1, Firenze, Le Monnier, 2002, ISBN 88-00-41242-4.
Gian Mario Anselmi e Gino Ruozzi (a cura di), Luoghi della letteratura italiana, Milano, Mondadori, 2003,
ISBN 88-424-9017-2. URL consultato il 21 maggio 2015.
Michele Barbi, Nuovi studi sulla famiglia Alighieri, in Studi Danteschi, nº 10, 1925, pp. 101-104.
Orazio Bacci, Dante ambasciatore di Firenze al comune di San Gimignano: discorso letto nella sala del comune
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Voci correlate
Alighieri
Lapidi della Divina Commedia di Siena
Firenze medievale
Casa di Dante
Ravenna
Tomba di Dante
Giovanni Boccaccio
Francesco Petrarca
Guido Novello da Polenta
Studi danteschi
Enciclopedia Dantesca
Società Dantesca Italiana
Deutsche Dante-Gesellschaft
Influenza culturale di Dante Alighieri
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Collegamenti esterni
Giuseppe Bonghi, Progetto Dante Alighieri, su Classic italiani, 1996. URL consultato il 18 maggio 2015., per un quadro
di riferimento bio/bibliografico su Dante.
Mirko Locatelli e Roberto Gagliardi (a cura di), Dante Alighieri, su Liber liber. URL consultato il 18 maggio 2015., per la
consultazione online delle opere dantesche.
Andrea Mazzucchi, Amedeo Quondam, Italo Pantani, Giuliana Zagra et alii (a cura di), Dante Alighieri, su Internet
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