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Intervenire nel sistema di imposizione fiscale sui redditi attraverso una revisione del quoziente familiare francese, dedicato alle
famiglie numerose a basso e medio reddito, cioè quei nuclei a maggior rischio povertà del Paese. Una misura sostenibile
economicamente attraverso una redistribuzione del carico fiscale, impattante significativamente nel sud Italia, capace di stimolare
i consumi e incentivare le nascite.
1. Italia: le famiglie numerose sempre più a rischio povertà 1
3. Un quoziente famigliare per i nuclei a basso e medio reddito con più di un figlio a carico 3
4. La proposta 5
5. Le coperture 6
6. Ipotesi di applicazione 7
Sono infatti le famiglie numerose a subire i maggiori disagi (V. Tabella 1), con un’incidenza di povertà assoluta
dell’8,9 per cento per le coppie con due figli, e del 14,7 per quelle con tre o più figli, rispetto ad una media del 6,3 per
cento. Numeri ancora maggiori se si considera l’incidenza di povertà relativa familiare, con un 16,8 per cento per le
coppie con due figli e un 28,1 per cento per le coppie con 3 o più figli, che divengono rispettivamente il 20,1 per cento
e il 42 per cento se i figli sono minori.
Comparando la tabella n.1 e la tabella n.2, tra il 2015 e il 2016, nonostante marginali miglioramenti di alcune fattispecie,
il trend osservabile è quello di un peggioramento dei dati, con particolare riferimento alle coppie con più di due figli.
Anno 2016
Incidenza di povertà assoluta (per Incidenza di povertà relativa (per
Tipologia Familiare 100 famiglie con le stesse caratter- 100 famiglie con le stesse caratter-
istiche) istiche)
Coppia con 1 figlio 5,5 10,9
Coppia con 2 figli 8,9 16,8
Coppia con 3 e più figli 14,7 28,1
Con 1 figlio minore 7,2 13,2
Con 2 figli minori 10 20,1
Con 3 figli minori o più 26,8 42
Tabella 1. Incidenza di povertà assoluta e relativa familiare. 2016. Dati Istat
Anno 2015
Incidenza di povertà assoluta (per Incidenza di povertà relativa (per
Tipologia Familiare 100 famiglie con le stesse caratter- 100 famiglie con le stesse caratter-
istiche) istiche)
Coppia con 1 figlio 4,9 11,3
Coppia con 2 figli 8,6 15,8
Coppia con 3 e più figli 13,3 28
Con 1 figlio minore 6,5 12,2
Con 2 figli minori 11,2 20,1
Con 3 figli minori o più 26,8 42
Tabella 2. Incidenza di povertà assoluta e relativa familiare. 2015. Dati Istat
L’incertezza delle prospettive lavorative, accompagnata dall’alto tasso di disoccupazione per gli under 30 e
dall’impoverimento delle famiglie a basso e medio reddito ha scatenato, nei giovani italiani, quelle che vengono definite,
tecnicamente, strategie difensive rispetto alla creazione di una famiglia e alla procreazione. Ciò è ben esemplificato
dal record negativo di nascite (474 mila, Dati Istat) registrato nel corso del 2017, nonostante il contributo apportato
dai cittadini stranieri (soprattutto africani) caratterizzati da un tasso di fertilità superiore. Ad oggi, in Italia, il tasso di
fertilità per donna è calato all’1.34, contro il parametro ideale di 2.1.
Il crollo del tasso di fertilità non si limita, purtroppo, ad avere conseguenze statistiche. Esso è infatti un indicatore
fondamentale della sostenibilità nel medio-lungo periodo del sistema previdenziale. Il nostro Paese è sempre più
caratterizzato, infatti, da tre elementi:
Nell’arco di pochi decenni, arriveremo ad avere un lavoratore attivo per ogni cittadino in pensione, con la conseguenza
che il sistema previdenziale non sarà più sostenibile. Tale insostenibilità, destinata ad aggravarsi ulteriormente qualora
il trend negativo del tasso di fertilità dovesse proseguire, potrebbe essere risolta solamente attraverso una massiccia
attrattività migratoria o, in alternativa, dilatando ulteriormente l’età di accesso alla pensione e riducendo la
portata degli assegni previdenziali.
Il tasso di fertilità gioca dunque un ruolo fondamentale nelle dinamiche di sostenibilità di un Paese. Riavvicinare
il più possibile l’indicatore alla soglia del 2,1, che permetterebbe un mantenimento costante della popolazione, è
probabilmente una delle sfide più importanti che il nostro Paese si troverà a fronteggiare nei prossimi anni.
Tale politica, adottata per favorire la natalità e, in particolare, il sostentamento da parte dei cittadini francesi dei secondi
e terzi figli, ha avuto risultati significativi che hanno permesso a Parigi di mantenere un tasso di fecondità, anche nei
momenti di flessione generalizzata, ben superiore alla media europea.
Nel nostro Paese si parla da oltre un ventennio dell’adozione del Quoziente Familiare, tanto che nel 1990 fu addirittura
delegata al Governo, senza successo, la sua adozione (legge 408/1990). Oggi, un Quoziente Familiare applicato
universalmente presenta significative difficoltà di bilancio, con stime di coperture strutturali che toccano i 20 miliardi.
Proprio per questi motivi, considerando quanto evidenziato dalle due sintetiche schede in apertura, l’idea proposta è
quella di utilizzare una rivisitazione del quoziente familiare alla francese per portare uno shock fiscale nelle famiglie
numerose a basso e medio/basso reddito, le più esposte al rischio povertà. Ciò comporterebbe, come si evince
dalla grafica sottostante (Tabella 4) costi ridotti - se paragonate alle cifre di un’applicazione universale - a carico dello
Stato. Infatti le famiglie con due o più figli sono circa 5 milioni, un numero a cui dover poi applicare i limiti di reddito
di accesso al Quoziente Familiare.
Tabella 4. Le famiglie italiane, per numero di figli. Occorre sottolineare come, di quei 5 milioni, solo una parte rispecchia i
criteri di reddito necessari per l’accesso al quoziente familiare
a) Un evidente aiuto per le famiglie numerose a basso e medio reddito, oggi tra le più in difficoltà all’interno del
panorama italiano, che sarebbero protagoniste di un vero e proprio shock fiscale;
b) Un impatto particolarmente significativo nelle aree del centro sud e del meridione, dove è maggiore la
concentrazione di famiglie numerose;
c) Un riequilibrio della diseguaglianza impositiva, a parità di reddito totale, a favore di famiglie monoreddito con
più di un figlio (come si può notare dalle tabelle n.6 e n.7, per quanto approssimate, nell’attuale sistema di imposizione
le famiglie monoreddito sono penalizzate rispetto a quelle bireddito);
e) Una concreta fonte di dati, su cui sviluppare gli step necessari ad allargare sempre più il sistema del quoziente
familiare, avendo come fine ultimo anche l’assorbimento totale, in esso, delle detrazioni oggi esisenti.
f ) Se adottato in combinazione con le ipotesi di copertura di cui al cap. 5, una delle più considerevoli misure
redistributive e di equità adottate nel nostro Paese, negli ultimi decenni.
La proposta verte sull’adozione di una delega al Governo per l’introduzione di un decreto legislativo atto ad inserire un
sistema di calcolo delle imposte sul reddito denominato Quoziente Familiare, sulla base dei seguenti principi:
a) I nuclei familiari (o unioni civili) con due o più figli a carico e un reddito totale non superiore agli euro 40.000;
2. Ai sensi della proposta, i figli a carico sono tutti i soggetti fino ai 18 anni. Rientrano, altresì, i minori di anni 26,
impegnati in percorsi di studio. Il reddito dei soggetti a carico non deve essere superiore ai 2840,51 euro, così come
stabilito nel TUIR, articolo 12, comma 2. (Su tale soglia è bene far notare la necessità a parte del legislatore di intervenire,
non essendo stata adeguata all’inflazione da bene 21 anni)
3. Adottare criteri decrescenti dei vantaggi conseguibili - in comparazione con il regime di calcolo delle imposte
tradizionale - all’aumentare del reddito. Il quoziente familiare, infatti, se adottato senza correttivi, permette di
conseguire un vantaggio fiscale maggiore all’aumentare del reddito. È quindi necessario considerare degli strumenti
correttivi come, ad esempio:
N.B. - Occorre valutare con attenzione la possibilità di utilizzare l’ISEE come metodo di accesso al quoziente: ciò
comporterebbe una maggiore equità.
APPLICARE LE DETRAZIONI
(CALCOLATE SUI SINGOLI REDDITI)
In Italia, il 20 per cento più ricco possiede il 70 per cento della ricchezza. Si tratta di uno dei livelli di diseguaglianza
maggiori dello scenario europeo.
Il Fondo Monetario Internazionale ha recentemente sostenuto, all’interno del Fiscal Monitor di ottobre 2017 (Tackling
Inequality) come si sia registrato un declino nella tassazione progressiva dei redditi, con un’aliquota massima
media, per i Paesi sviluppati, passata dal 62% del 1981 al 35% del 2015. A detta dell’istituzione monetaria, uno dei
principali responsabili dell’aumento considerevole delle diseguaglianze e della concentrazione di ricchezza sarebbe
proprio dovuto alla perdita di progressività delle imposte sui redditi alti. Sarebbe dunque necessario invertire tale
tendenza, attraverso uno spostamento di fiscalità dai cittadini a basso reddito a quelli ad alto reddito. Ad oggi, tale
punto, è entrato nel programma, ad esempio, dai labouristi nel Regno Unito.
L’Italia, in particolare, si caratterizza per una distanza estremamente ridotta, rispetto ad altre realtà europee, tra la
tassazione sul reddito minima e quella massima. I redditi fino ai 15 mila euro sono infatti tassati al 23 per cento, quelli
fino al 28 mila al 27. L’aliquota massima - al lordo delle addizionali regionali - è del 43 per cento, per tutti i redditi sopra
ai 75 mila euro. In Francia, ad esempio, abbiamo da una parte un’aliquota massima del 45 per cento, ma anche una
no tax zone sino a 9690 euro accompagnata ad una tassazione al 14 per cento sino ai 26.764 euro. In Austria, dove la
tassazione sui redditi bassi è più simile alla nostra, troviamo però un’imposta del 50 per cento per i redditi superiori ai
90 mila euro, e del 55 per cento per quelli superiori al milione. In Portogallo, caso simile a quello austriaco, le aliquote
basse sono più simile a quelle presenti in Italia, ma si arriva ad una tassazione del 48 per cento per i redditi superiori
agli 80 mila euro, a cui occorre aggiungere la partecipazione di solidarietà nazionale e il contributo extra richiesto: per
il 2017 il peso fiscale sui redditi sopra agli 80 mila euro si assesta intorno al 55 per cento.
l nostro sistema è quindi caratterizzato da aliquote elevate per le fasce basse di reddito e una forbice di tassazione con i
redditi alti estremamente contenuta, se paragonata alla maggioranza dei Paesi europei.
Partendo da questi presupposti, si sottolinea la possibilità di aumentare la tassazione sui redditi alti, vincolando il
maggior gettito ad una redistribuzione del carico fiscale a favore dei soggetti più svantaggiati. In particolare, si
ipotizza di portare l’aliquota sui redditi superiori ai 100 mila euro all’anno al 48 per cento, e quella per i redditi superiori
ai 200.000 al 50 per cento (questo permetterebbe di raccogliere risorse per circa 3.5 miliardi).
Il secondo strumento con cui finanziare il provvedimento, sarebbe quello dell’introduzione di una mini patrimoniale
limitata ai patrimoni più consistenti. L’incidenza della misura sarebbe comunque contenuta, e sicuramente non
contestabile, nei suoi effetti economici, in quanto vincolata al finanziamento del quoziente.
Quello che segue, è una semplice simulazione che, partendo dalle ipotesi di quoziente, totalmente indicative,
riportate nella Tabella 56, esemplifica l’applicazione del quoziente familiare secondi i criteri esposti nei precedenti
capitoli del documento.
Fascia di reddito Padre Madre Primo Figlio II Figlio III Figlio e successivi
0 - 20.000 1 1 1 0.3 0
20.001 - 28.000 1 1 1 0.5 0.3
28.001 - 40.000 1 1 1 0.6 0.4
36.001 - 40.000 1 1 1 0.7 0.5
Tabella 56. Ipotesi dei quozienti, modulati su specifiche fasce di reddito, così da garantire un temperamento delle distor-
sioni esistenti con l’aumentare del reddito.
Proposta sviluppata nell’ambito del progetto Hubble, promosso dalla Fondazione Cultura Democratica