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LEZIONE 24

Nei diritti reali di garanzia troviamo quelli di godimento su cose altrui che potevano essere dei diritti reali
opponibili erga omnes non solo per poter godere di un bene altrui bensì anche per garantire un proprio
credito nei confronti di un debitore e in quest’ottica si distinguono il soggetto che riceve la garanzia
(CREDITORE VITALIZIO) e colui che presta la garanzia sul proprio bene è il DEBITORE o PIGNORANTE.
Oggi siamo soliti distinguere tra pegno e ipoteca in relazione al fatto che l’uno a l'altro territoriale facciano
riferimento a beni mobili (pegno) e immobili (ipoteca). Per il diritto romano questa terminologia faceva
riferimento a due modi di costituzione del diritto reale di garanzia che era il medesimo sia se si trattasse di
beni mobili che immobili.

IL PEGNO
Come si configura il pegno?
Si configura nell’ambito di uno specifico schema negoziale che prende il nome di FIDUCIA (negozio
fiduciario) che si basa sul fatto che vi è un trasferimento di proprietà realizzato con negozi formali astratti, e
fiduciario perché faceva affidamento sul fatto che colui che riceveva il bene mediante mancipatio
ritrasferisse la proprietà a colui che inizialmente gliela aveva trasmessa tramite un'altra mancipatio.
Inizialmente il fiduciante che sarà stato il debitore pignorante trasferiva un proprio bene attraverso la
mancipatio al fiduciario che chiameremo CREDITORE PIGNORATIZIO il quale ne acquistava la proprietà ex
iure quiritium, la manteneva fino all’adempimento del debito da parte del debitore pignorante ,per
realizzare lo scopo di garanzia, e la ritrasferiva successivamente con mancipatio una volta adempiuto il
debito; qualora il debitore non fosse risultato inadempiente e quindi non avesse effettuato la prestazione il
creditore pignoratizio manteneva la proprietà del bene e non la ritrasferiva e quindi si soddisfaceva sul
bene che aveva ricevuto. Questo modo di costituzione del pegno faceva sì che venivano richieste due
mancipazioni e da un certo momento in avanti si iniziarono a vedere due forme più snelle di costituzione
del diritto di garanzia :
1)DATIO PIGNORIS che sarà traslativa solo del possesso e no della proprietà;
2)CONVENTIO PIGNORIS, accordo che in questo caso aveva efficacia reale (far sorgere quindi l diritto reale
di garanzia), istituto di derivazione greca che prendeva il nome nella prassi commerciale del bacino
mediterraneo di ipoteca (II metà dell’età repubblicana) e per questo si parla di pegno e ipoteca con
riferimento al diritto reale di garanzia.

-DATIO PIGNORIS: prevedeva il trasferimento del possesso dal debitore ignorante al creditore pignoratizio il
quale per la tutela di questo possesso disponeva di interdetti, in questo momento però fino a che siamo in
tutela solo interdittale non lo si può classificare come diritto reale di garanzia. Inizia a essere considerato
tra diritti reali nel momento in cui il pretore comincia a concedere l’uso di un’azione in rem, anche in
questo caso in factum, e prende il nome di actio serviana, perché suggerita da un giurista repubblicana e
come tutte le azioni in rem è opponibile erga omnes, non solo nei confronti del debitore pignorante .

Oltre a questo strumento che configura il pegno come diritto reale di garanzia abbiamo interdetti che sono
specifici in particolare l’interdictum salvianum che serviva nell’ipotesi dell’ambito dei contratti di locazione
dei fondi rustici; qual era lo schema? Si concludeva il contratto di locazione, il soggetto locatore concedeva
l’uso e il godimento del proprio fondo al conduttore e questa si obbligava a pagare il canone di locazione e
a garanzia di questo canone di locazione si costituiva pegno sugli invecta et illata, si tratta di strumenti per
coltivare il fondo che il conduttore portava con se nel momento in cui gli veniva concesso il godimento del
fondo quindi il creditore pignoratizio (locatore) diveniva titolare del diritto di pegno su questi attrezzi da
lavoro e ad un certo punto non vennero più richiesti con una datio pignoris dal locatore ma vennero lasciati
presso il fondo che veniva dato in locazione; quindi in relazione a questa ipotesi si comincia a fare ricorso
alla CONVENTIO PIGNORIS (nel caso della datio pignoris il creditore pignoratizio avesse utilizzato commette
furto d’uso)

-CONVENTIO PIGNORIS: costituzione del diritto reale di pegno con semplice accordo senza la necessità di
una datio. In questo caso il creditore pignoratizio non aveva disposizione materiale del bene, però egli era
comunque qualificato possessore ad interdictam perché egli disponeva di questa tutela tramite gli
interdictum salvianum che gli avrebbe consentito di prendere con se gli strumenti da lavoro.

Per quanto riguarda gli accordi accessori al lato costitutivo del diritto reale di pegno sappiamo i due tipi di
patti : PATTO COMMISSORIO (lex commissoria) ; PATTO DI VENDITA. Le differenze tra queste :

-Lex commissoria: ipotesi prevista dalle parti nel caso in cui l debitore pignorante non adempia al proprio
debito e fa si che questa ipotesi il creditore pignoratizio diventi proprietario del pegno oggetto di pegno.
Venne utilizzato con frequenza per tutta l’epoca classica fino a Costantino (IV sec) il quale lo vietò in quanto
troppo oneroso nei confronti del debitore perché normalmente la prassi era quella di costituire il pegno sul
bene che avesse un valore maggiore rispetto al credito garantito ( credito di 10, si istituiva pegno su un
bene con valore 40). Anche oggi questo patto è vietato.
-ius vendendi: questo venne mantenuto, faceva riferimento all’ipotesi che il debitore pignorante risultasse
inadempiente e consentiva al creditore pignoratizio di vendere il bene e soddisfarsi con il suo ricavato.

Questi due tipi di patti (anche il patto commissorio fino a quando non fu abolito da Costantino) erano i
riflessi di quella che era la tutela garantita ai creditori pignoratizi quando il diritto reale di pegno veniva
conseguito con la fiducia.

Altro caso che riguarda il pegno e l’ipoteca è quello della pluralità di pegni sul medesimo bene. Vi era,
come abbiamo, visto la possibilità di istituire il pegno su un bene di valore maggiore rispetto al credito
garantito, possibilità prevista e garantita. Immaginiamo che il diritto redditizio sia del debitore nei confronti
di Gaio e di Sempronio e che per garantire questi debiti che egli ha nei confronti di entrambi, costituisca
pegno sul medesimo bene di sua appartenenza; ora bisogna stabilire quale è il regime per i due creditori nel
caso in cui tizio non adempia né il debito nei confronti di Gaio né nei confronti di Sempronio. Il principio per
capire chi dei due creditori debba soddisfarsi per primo sul bene è quello del PRIOR IN TEMPORE POTIO IN
IURE chi per primo in tempore (primo nel tempo) potio in iure (primo a potersi soddisfare giuridicamente);
fa riferimento al creditore pignoratizio che per primo abbia costituito pegno su quel bene, non fa
riferimento a chi possa vantare il credito più risalente (ad esempio tizio conclude un contratto con Gaio il 1
febbraio 2017 ma non costituisce immediatamente pegno rispetto al debito che egli ha assunto; il 5
febbraio 2017 lo stesso tizio conclude contratto con cui si obbliga ad una prestazione nei confronti di
Sempronio ma subito le parti decidono di costituire un diritto reale di garanzia sul bene di Tizio; può
capitare che Tizio e Gaio, che hanno concluso per primi il contratto, decidano dopo il 5 febbraio di costituire
diritto reale di garanzia sul medesimo bene; ora nonostante il debito garantito più risalente sia quello nei
confronti di Gaio rispetto a quello di Sempronio, in questo caso si guarda alla più risalente costituzione del
diritto reale di garanzia che è comunque quella che lega Tizio con Sempronio, quindi sarà Sempronio in
caso di inadempimento di Tizio nei confronti sia di Gaio che di Sempronio a potersi soddisfarsi per primo sul
bene), si guarda quindi alla costituzione del diritto reale di garanzia non quella della nascita del debito in
capo al debitore pignorante.

Per quanto riguarda in fine le modalità di estinzione, la modalità di estinzione più naturale era quella legata
al fatto che il DEBITORE RISULTASSE ADEMPIENTE rispetto al “pubblico” che era stato garantito, quindi
adempiente alla prestazione e automaticamente il diritto reale di garanzia si estingueva senza il bisogno di
un atto che facesse succedere ciò.
Altra modalità di estinzione era la RINUNCIA, il creditore pignoratizio poteva rinunciare al diritto reale di
garanzia.
Rientra tra queste anche la CONCLUSIONE, ossia quando il creditore pignoratizio per una qualunque
vicenda negoziale che poteva riguardare le parti, diveniva anche proprietario del bene.
Infine ultima modalità di estinzione era il PERIMENTO DEL BENE, perimento derivante da causa di forza
maggiore; il diritto reale di garanzia si estingueva e qualora il creditore pignoratizio avesse voluto avrebbe
dovuto invitare il debitore a costituire un nuovo debito di garanzia su un altro bene.

IL POSSESSO
I requisiti del possesso sono l’ANIMUS (possibilità di avere una cosa come propria + disponibilità materiale),
DETENZIONE (quando si ha solo disponibilità materiale del bene). I romani non distinguevano questa
terminologia, essi parlavano di possesso ad usucapionem, possessio ad interdictam o possessio naturalis.
Possessio intesa come animus +corpus.

I modi di trasferimento del possesso:


TRADITIO: consegna materiale del bene; nel caso delle res mancipi poteva solo trasferire il possesso; nel
caso delle res nec mancipi a seconda di qual era l’accordo tra le parti poteva o trasferire la proprietà o solo
il possesso, in questo caso si parla di iusta causa traditionis come requisito necessario della traditio proprio
perché serve una ragione oggettiva a giustificazione del passaggio del bene dal TRAVENS (colui che
consegna) all’ACCIPIENS (colui che riceve la consegna). Ad esempio nel caso della compravendita il
venditore fa traditio del bene al compratore (il titolo quindi è quello della compravendita) e se si tratta di
una res nec mancipi il venditore potrà trasferire immediatamente la proprietà al compratore, mentre se si
tratta di una res mancipi invece egli trasferirà il possesso al compratore il quale potrà divenire possessore
ad usucapione e acquistare la proprietà tramite usucapione.
Non in tutti i casi si aveva una materiale consegna del bene e questi casi erano:
-quando il bene non poteva essere consegnato a mano, ad esempio un bene immobile; se si trattava di un
edificio per la consegna di questo ,occorreva la traditio simbolica ovvero la consegna delle chiavi
dell’edificio; se si trattava di un fondo si aveva la traditio longa mano, ipotesi in cui il traves segnalava all
accipiens i confini del fondo.
-vi erano casi in cui il trasferimento del possesso avveniva quando l accipiens si trovava già nella detenzione
della cosa quindi egli aveva già il corpus possessionis ma non aveva ancora l animus e a seguito di un
accordo tra le parti; questa particolare forma di traditio si chiama TRADITIO PREVI MANO (ad esempio: due
soggetti stipulano un contratto di locazione, il conduttore riceve il bene dal locatore per poterlo usare ma
egli è semplicemente detentore e al termine dell’accordo egli dovrà restituire il bene al locatore; se mentre
è ancora nella detenzione del bene tra il locatore ed il conduttore subentri un nuovo accordo, quindi il
locatore decida di trasferire il possesso/proprietà a colui che ne era detentore di quel bene, in questo caso
non si avrà la consegna materiale del bene in quanto il bene era già in mano al conduttore, si ha un
mutamento di animus dovuto al successivo accordo intervenuto tra le parti)
-vi è anche l’ipotesi del COSTITUTO POSSESSORIO ossia un soggetto è proprietario di un bene, come tale
ne è anche possessore, lo aliena ma contestualmente all’atto di alienazione concorda con il non
proprietario di trattenerlo a titolo di locazione, quindi colui che era proprietario e possessore inizialmente
diviene detentore; se nella precedente traditio si ha un’aggiunta di un requisito ad un altro, in questo caso
si ha una sottrazione, viene meno l’animus e resta solo il corpus possessionis.
- vi sono anche i casi di INTERDERSIONE DELLA DETENZIONE IN POSSESSO, mutamenti dell’animus del
detentore unilaterali, cioè senza accordo/titolo sottostante con colui il quale era in precedenza il
possessore, in questi casi di interdersione della detenzione in possesso si fa riferimento a colui che inizia a
comportarsi come se fosse il proprietario in relazione a un bene per il quale è prevista da parte sua solo la
detenzione (come ad esempio il furto d’uso del creditore pignoratizio).

I mezzi di tutela del possesso sono gli INTERDETTI , non sono proprio delle vere azioni, mezzi processuali
che il pretore concedeva per la risoluzioni di determinate controversie e che non facevano riferimento
all’aspettanza del debito (come nell’azione, qui si afferma la titolarità del diritto che fosse un diritto reale se
si tratta di un’azione in rem o di diritto di credito se l’azione è in personam), essi servono al pretore per
regolare i rapporti tra le parti, ma nel caso specifico degli interdetti per pacificare una situazione di litigio su
chi dovesse possedere il bene. Si distinguono diverse tipologie di interdetti:
1)INTERDETTI ADIPISCENDAE POSSESSIONIS, cioè l’acquisto del possesso;
2)INTERDETTI RETINENDAE POSSESSIONIS, per la conservazione del possesso;
3)INTERDETTI RECIPERANDAE POSSESSIONIS, per il recupero del possesso.
Quelli che erano gli interdetti di uso più frequenti sono 4 e rientrano tra le ultime due categorie sopra
riportate, ovvero tra quelli per la conservazione e per il recupero del possesso. Gli interdetti erano
strutturati come ordini rivolti dal magistrato alle parti, come se il litigio figurato in senso fisico, ad esempio
uno che vuole strappare di mano il bene ad un altro, fosse attuale di fronte al pretore perché infatti le
parole degli interdetti iniziavano tutte con formulazione del tipo “vieto di far violenza sul bene” quindi si
figurava questa immagine della controversia come attuale di fronte il pretore il quale dava ordine di
pacificare la situazione e di riservare per se stesso la decisione sulla parte che dovesse avere la spettanza
del possesso.

Per quanto riguarda la conservazione del possesso conosciamo l’INTERDICTUM UTI POSSIDETIS e
l’INTERDICTUM UTRUBI:
-Il primo utilizzato per la conservazione dei beni immobili;
-il secondo utilizzato per la conservazione dei beni mobili.
L’interdictum uti possidentis era detto INTERDICTUM DUPLEX ovvero l ordine di vietare la violenza sulla
cosa veniva rivolta a entrambi i litiganti, a quel punto avrebbe vinto la controversia colui che fosse riuscito a
dimostrare che il suo possesso attuale sul bene era nei confronti dell’avversario non violento, non
clandestino e non a titolo di precario; queste 3 ipotesi, per cui prevale il possessore attuale rispetto
all’avversario, vengono racchiuse nell’EXCEPTIO VITIOSAE POSSESSIONI, ovvero eccezioni di possesso
viziato/vizioso, semplicemente è considerata come eccezione rispetto all’ordine di lasciare la cosa e di non
porre violenza sul bene stesso. PREVALE IL POSSESSORE ATTUALE, ovvero colui il quale possiede la cosa nel
momento in cui ci si reca dinanzi al pretore purché egli possieda no con violenza, no clandestinamente ne a
titolo di precario nei confronti dell’avversario, è importante che egli non lo sia nei confronti dell’avversario,
ma può esserlo nei confronti di terzi; qualora il possessore attuale sia possessore violento clandestino e a
titolo precario nei confronti dell’avversario il bene andrà assegnato alla controparte e in questo caso si
sfuma la caratteristica di interdetto volto alla conservazione del possesso in quanto in questo caso sarà
consentito un recupero del possesso all’avversario però è considerato rendimente possessionis perché tra
due soggetti tra coloro che entrambi non abbiano avuto possesso su quel bene vizioso prevale quello
attuale.
Per quanto riguarda l’interdictum utrubi è volto alla conservazione dei beni mobili e in questo caso non si
tutela il possessore attuale bensì colui che rispetto all’avversario ha posseduto il bene per più tempo nel
corso dell’ultimo anno; anche qua deve averlo posseduto né violentemente né clandestinamente né a titolo
precario (nec vi, nec clam, nec precario) e anche questo interdetto quindi possiede l’EXCEPTIO VITIOSAE
POSSESSIONIS. In questo caso è ancora più sfumata la caratteristica di interdetto per la conservazione del
possesso. Anche qui è importante la precisazione rispetto all’avversario nel senso che io posso aver
posseduto anche per soli 2 giorni il bene, ma se il mio avversario l’ha posseduto solo per un giorno vinco la
lite, non importa se nel restante del tempo l’abbia posseduto un terzo; in quel momento la lite si dirime tra
quei due soggetti.

Vi sono altri due interdetti, ovvero l’INTERDICTUM UNDE VI e l’INTERDICTUM DE VI ARMATA sono
interdetti volti al recupero del possesso nei casi in cui ci sia stato uno spoglio violento del bene stesso.
L’interdictum unde vi in questo caso non è duplex, ovvero rivolto a entrambe le parti, ma è rivolto solo alla
parte che viene accusata di aver effettuato uno spoglio violento del bene stesso. Anche in questo caso però
(con riferimento ai due precedenti) abbiamo l’EXCEPTIO VITIONAE POSSESSIONIS, ciò significa che colui che
porta davanti al pretore un soggetto, accusandolo di aver effettuato uno spoglio violento, riceverà tutela
(quindi recupererà il possesso del bene) solo se dimostra di aver in precedenza posseduto nei confronti di
quel soggetto non violentemente, no clandestinamente e non a titolo di precario perché questo è il
contenuto dell’excepio vitiosae possessionis e ciò significa che qualora una di queste 3 situazioni venga
riscontrata anche lo spoglio violento effettuato dall’avversario sarà mantenuto fermo cioè in questo caso
sarà tutelato colui che viene portato dinanzi il pretore, che ha effettuato lo spoglio violento ma che
evidentemente l’ha effettuato per recuperare un bene che precedentemente l’avversario gli aveva
sottratto clandestinamente o a titolo di precario, sostanzialmente in questo caso l’interdictum unde vi
funziona come mezzo predisposto dall’ordinamento per consolidare una forma di autotutela privata (io ho
sottratto al mio avversario clandestinamente il bene, lui se lo riprende violentemente, io lo porto davanti al
pretore con l interdictum unde vi accusandolo di spoglio violento, il pretore accerta che io a mi volta in
precedenza avevo un possesso clandestino nei confronti dell’avversario e successivamente tutelerà lui).
Questo meccanismo ci permette di comprendere come mai l’exceptio vitiosae possessionis, quindi questo
meccanismo dove l’interdictum unde vi ha un’importanza specifica, non vi sia nell’interdictum de vi armata.
L’interdictum de vi armata presuppone lo spoglio violento del possesso ad opera di una banda armata (no
opera di un singolo ma di un gruppo di persone). Perché manca l’exceptio vitiosae possessionis?
Nell’interdictum unde vi con questo meccanismo si tutela una forma di difesa privata, che si fa rispetto al
rispetto sui beni, perché si dice: tu hai effettuato spoglio violento per riprenderti un bene che in
precedenza il tuo avversario aveva preso violentemente, clandestinamente o a titolo di precario, quindi io
tutelo colui che ha un comportamento antigiuridico per secondo in reazione a quello che aveva
precedentemente subito; nel caso dell’interdictum de vi armata ciò viene previsto per ragioni di non
legittimare i soggetti alla creazione di corpi di polizia personale sostanzialmente, cioè dare la possibilità ai
cittadini di mettersi in gruppo, armarsi per andare a riprendersi i beni era una situazione che crea disagi
sociali, quindi colui il quale ha interesse avvalendosi di una banda armata per riprendersi il possesso del
bene perderà sempre la controversia avviata con l’interdictum de vi armata, quindi anche se in precedenza
egli aveva subito uno spoglio violento, clandestino o a titolo di precario dall’avversario. Il precario è una
forma di concessione di godimento di un bene, un soggetto ha concesso l’uso gratuito del proprio bene ad
un altro precariamente, no attraverso un contratto di comodato che prevede termini e dettagli nell’accordo
contrattuale ben precisi, ma precariamente per cui il concedente potrà riprendersi in qualsiasi momento il
bene. In questa casistica a proposito degli interdetti e dell’exceptio vitiosae possessionis possedere non a
titolo precario significa non possedere in questo modo che significherebbe per il precarista dover restituire
immediatamente a richiesta del precari dantis, evidentemente era una situazione quella del precaristica
non tutelata dall’ordinamento.

DIRITTI DI CREDITO
Sono il lato attivo dell’obbligazione; La distinzione tra diritti di credito e diritti reali si fonda sulla distinzione
processuale tra azioni in rem e azioni in personam, quindi la caratterizzazione del diritto soggettivo come
reato o come credito dipende dal titolo di azione che veniva concesso al diritto soggettivo. Operazione in
rem il diritto è opponibile erga omnes e per la sua soddisfazione non necessita di un comportamento attivo
da parte di nessuno, mentre nell’ambito dei diritti di credito e quindi dell’azione in personam si fa valere un
diritto a che una persona (debitore) tenga un determinato comportamento, qualora questo soggetto
debitore non tenga questo determinato comportamento egli incorrerà in responsabilità; la condizione tra
debito e responsabilità è stata estratta rispetto alla casistica giuridica in particolare dalla dottrina tedesca
dell’800, non fanno capo solo al debitore ma anche ad altre persone ma normalmente questa condizione di
debito e responsabilità ricade in capo alla medesima persona. A Roma il concetto di obbligatio è probabile
che sia sotto in riferimento agli atti leciti e successivamente si sia sviluppato in relazione agli atti illeciti, le
due principali fonti di obbligazioni sono quindi gli atti leciti (che chiameremo contrattuali) e gli atti illeciti,
poi vi saranno delle fonti residuali. In che cosa si sostanzia l’obbligatio romana prima dell’elaborazione e
della giurisprudenza classica (II e III secolo d.C) e della giurisprudenza dell’epoca intermedia e poi di quella
della dottrina moderna? Il concetto originario di obbligatio si sostanzia per i romani nell’esposizione
all’actio cioè secondo questi prima di riflettere sul contenuto sostanziale di obbligatio, l obbligatio è da
intendersi come un vincolo giuridico che comporta una soggezione all’azione altrui, ove viene meno
l’azione altrui o non ci sia, l’obbligatio altrettanto viene meno. Fino a che l‘azione era esperibile vi era
l’obbligo sussisteva, se veniva meno l’obbligo non vi era. Nella fase più arcaica questa esposizione all’azione
è vista non solo come esposizione all’azione processuale ma come esposizione del debitore all’azione
materiale del creditore dove con azione materiale si fa riferimento alla possibilità per il creditore di
soddisfarsi direttamente sulla persona del debitore. Obbligatio infatti nell’etimologia del termine sta ad
indicare no il vincolo giuridico ma il vincolo materiale legato, perché i soggetti di quell’epoca, che erano
vincolati a determinate prestazioni, erano soggetti che, a seguito di determinate procedure, potevano
trovarsi in catene presso il creditore il quale poteva disporne come meglio riteneva. Successivamente non è
più considerato come materiale ma come giuridico e rimane solo l’esposizione all’actio intesa come azione
processuale.

Le figure più risalenti in relazione al quale emerge il concetto di obbligatio:


-la più importante dal punto di vista commerciale è il nexum che rientra tra la cosiddetta “gesta per aes et
libram” alla quale normalmente si faceva ricorso per realizzare scopi negoziali di prestito (immaginiamo un
prestito di consumo, il mutuo, e un prestito di uso, attraverso il rito gesta per aes et libram colui che
riceveva il bene si obbligava alla restituzione nei confronti di chi glielo aveva concesso). La caratteristica del
vincolo materiale che sussiste nell’epoca arcaica la si incontra nell’istituto del nexum, perché per i NEXUS
(obbligato) il modo di scioglimento del vincolo non era solo l’adempimento della prestazione (quindi nel
suo caso la restituzione di quanto aveva ricevuto) ma occorreva che il creditore rappresentasse difronte alla
comunità il fatto di essere effettivamente stato soddisfato e quindi di aver ricevuto correttamente la
prestazione. Come manifestava questo stato di cose? Lo manifestava attraverso un atto uguale e contrario
rispetto al nexum che è la “solutio per aes et libram”; quindi obbligatio come vincolo materiale, solutio
come scioglimento materiale. La solutio la si troverà a proposito dei casi di remissione di credito, ovvero
quando il creditore non vuole più la restituzione del credito prestato e si ha l’estinzione dell’obbligazione.
a roma una delle forme per realizzare la remissione del debito nell’epoca più recente quindi dopo la
seconda metà repubblicana in avanti, è proprio la solutio per aes et libram che in questo caso diventa una
immaginaria solutio , per cui inizialmente è l’atto che serve per scogliere il vincolo del nexum,
successivamente è l’atto con il quale si finge ci sia stato l’adempimento della prestazione.
-altro caso nel quale si riscontra la nascita dell’obbligazione è quello del caso dei garanti, in questa ipotesi vi
erano soggetti che garantivano un debito altrui il che comportava che costoro non fossero nella
configurazione originaria di questa forma di garanzia, che chiameremo garanzia personale, e promettevano
non tanto il contenuto della prestazione a cui si era obbligato il debitore ma promettevano di rispondere
dell’eventuale inadempimento del debitore quindi in questo caso si ha separazione tra debito e
responsabilità, il debitore era legato al debito, la responsabilità era legata sui garanti. Forma di garanzia
diversa era la SPONSIO, era un modo per realizzare delle promesse attraverso la pronuncia di parole
determinate, e poteva essere utilizzata per la promessa di un bene o come forma di garanzia. Questo modo
di protezione dell’obbligatio nell’antichità è un atto riservato solo ai cives romani ma nel tempo venne
sostituito dalla stipulatio che si baserà sullo stesso principio ovvero la pronuncia di parole determinate per
effettuare una promessa, l’importante che entrambe le parti utilizzassero lo stesso verbo che non era
“spondere”.

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