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DIRITTO DEL LAVORO E LA SUA EVOLUZIONE: CENNI ORE 15

Il diritto del lavoro è quella branca del diritto che studia la disciplina degli aspetti ed i problemi
attinenti al rapporto di lavoro, e tutte le tematiche ad esso collegate.

Si tratta di una disciplina che si è sviluppata per regolare e attenuare i problemi sociali provocati
dalla rivoluzione industriale, quindi spazia dalla regolamentazione delle relazioni tra datore di
lavoro e lavoratore a quella delle relazioni sindacali (oggetto propriamente del diritto sindacale) a
quella attinente alle assicurazioni sociali e previdenziali (di cui si occupa il diritto della previdenza
e della sicurezza sociale).E' uno di quei rami del diritto che più direttamente risente dell'influenza
della situazione economica generale, occorrendo tradurre in norme e concetti legislativi le
concezioni ideologiche o statalistiche del sistema di riferimento.

In Italia, negli anni 1970 ci fu un grande dibattito, alla cui formazione contribuirono alcuni giuristi
come Gino Giugni, la norma fondamentale in tema ancora oggi è il cosiddetto Statuto dei lavoratori,
di cui alla legge 20 maggio 1970, n. 300.

Riguardo al lavoro pubblico negli anni novanta ebbe avvio l'imponente fenomeno (dal punto di
vista giuridico) della privatizzazione del diritto del lavoro pubblico in Italia, di cui al D. Lgs. 3
febbraio 1993, n. 29, e successive norme, poi confluite nel Testo unico D. Lgs. 30 marzo 2001, n.
165.

La liberalizzazione del mercato del lavoro privato risale invece all'anno 2003, e precisamente alla
legge 14 febbraio 2003, n. 30, meglio conosciuta come legge Biagi, dal nome del Prof. Marco
Biagi). Anche questa riforma, completata dal D. Lgs. 10 settembre 2003, n. 276, si può paragonare
per portata e svolta a quelle del 1970 e del 1993.

IL PUBBLICO IMPIEGO: PRINCIPI COSTITUZIONALI ED EVOLUZIONE LEGISLATIVA


Il pubblico impiego è definibile come il rapporto di lavoro in cui una persona fisica mette
volontariamente la propria attività, in modo continuativo e dietro corresponsione della retribuzione,
al servizio dello Stato o di un ente pubblico non economico.

La carta costituzionale dedica diverse disposizioni al rapporto di lavoro pubblico e in particolare:

 l’art. 51 stabilisce che: “Tutti i cittadini dell’uno o dell’altro sesso possono accedere agli
uffici pubblici o alle cariche elettive in condizioni di eguaglianza, secondo i requisiti stabiliti
dalla legge. A tal fine la Repubblica promuove con appositi provvedimenti le pari
opportunità tra donne e uomini. La legge può, per l’ammissione ai pubblici uffici e alle
cariche elettive, parificare ai cittadini gli italiani non appartenenti alla Repubblica. Chi è
chiamato a funzioni pubbliche elettive ha diritto di disporre del tempo necessario al loro
adempimento e di conservare il suo posto di lavoro”
 l’art. 54 stabilisce che “i cittadini cui sono affidate funzioni pubbliche hanno il dovere di
adempierle con disciplina ed onore”;
 l’art. 97 in base al quale “Agli impieghi nelle pubbliche amministrazioni si accede mediante
concorso”;
 l’art. 98 sancisce che “I pubblici impiegati sono al servizio esclusivo della Nazione”.
Elementi essenziali dell’impiego pubblico sono:

 l’accesso mediante concorso;


 la natura pubblica dell’ente;
 la correlazione con i fini istituzionali dell’ente;
 la subordinazione con inserimento nell’organizzazione amministrativa dell’ente;
 la continuità (va ricompreso anche il rapporto a tempo determinato);
 l’esclusività;
 la retribuzione predeterminata.

La prima disciplina del pubblico impiego nel dopoguerra risale al decreto del Presidente della
Repubblica 30 giugno 1957, n. 3 (c.d. Testo unico degli impiegati civili dello Stato) ed era
caratterizzata da quattro requisiti:

1. il rapporto di pubblico impiego veniva costituito per atto unilaterale della pubblica
amministrazione (c.d. decreto di nomina) che è esercizio di potere pubblico - non
espressione di autonomia privata - e non mediante un contratto;
2. la disciplina del rapporto era sottratta all’autonomia negoziale tra le parti, era infatti affidata
esclusivamente alla legge o ai regolamenti;
3. esso era gestito in tutti i suoi aspetti da atti di natura amministrativa;
4. infine, le controversie scaturenti da questo tipo di rapporto di lavoro erano affidate alla
competenza giurisdizionale esclusiva del giudice amministrativo.

Verso la fine degli anni settanta, in seguito all’espansione delle funzioni esercitate dalla pubblica
amministrazione, all’esigenza di migliorarne l’efficienza, alla necessità di perequazione dei
trattamenti economici, alle forti pressioni delle organizzazioni sindacali volte a rivendicare uno
spazio più ampio alla negoziazione sindacale, il legislatore ha avviato una profonda riforma del
pubblico impiego.
La legge 29 marzo 1983, n. 93 (c.d. legge quadro sul pubblico impiego) - che ha per la prima volta
riconosciuto il ruolo della contrattazione collettiva nella disciplina degli aspetti del pubblico
impiego non sottoposti alla riserva di legge o agli atti unilaterali della pubblica amministrazione -
ha introdotto importanti principi quali quello dell’efficienza della P.A., della trasparenza del
trattamento economico ed il riassetto dei profili professionali.

Agli inizi degli anni novanta vi è stata la c.d. privatizzazione del pubblico impiego realizzata
mediante l’attuazione di due leggi delega (L. 23 ottobre 1992, n. 421 e L. 15 marzo 1997, n. 59 c.d.
legge Bassanini) e, in particolare, dal D.Lgs. 3 febbraio 1993, n. 29; dal D.Lgs. 4 novembre 1997, n.
396; dal D.Lgs. 31 marzo 1998, n. 80 e dal D.Lgs. 29 ottobre 1998, n. 387.

La privatizzazione del pubblico impiego consiste essenzialmente:

 nell’applicazione delle disposizioni di diritto privato al rapporto di pubblico impiego;


 nell’applicabilità della disciplina della contrattazione collettiva;
 nell’assegnare alla pubblica amministrazione-datrice di lavoro i medesimi poteri di gestione
del rapporto tipici del datore di lavoro privato.

Il susseguirsi di provvedimenti che hanno modificato, integrato ed abrogato il D.Lgs. 3 febbraio


1993, n. 29 ha reso indispensabile l’elaborazione di un testo legislativo che riordinasse l’intera
disciplina del pubblico impiego. A tale scopo è stato emanato il D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165.

La nuova riforma del pubblico impiego è intervenuta fondamentalmente su tre profili:

1. la qualificazione giuridica degli atti di costituzione del rapporto di lavoro;


2. la sua gestione ed estinzione;
3. la competenza giurisdizionale sulle relative controversie ed infine le fonti normative del
rapporto di lavoro.

Per quanto riguarda il primo aspetto è previsto che “l’assunzione nelle pubbliche amministrazioni
avviene con contratto individuale di lavoro” (art. 35 D.Lgs. n. 165/2001), pertanto il rapporto di
lavoro con le P.A. si costituisce con le stesse modalità con cui si costituisce il rapporto di lavoro con
un datore privato.
Da ciò consegue che la P.A. non esercita più un potere pubblico ma bensì l’autonomia negoziale.
Il principio dell’autonomia negoziale viene applicato anche alla gestione dell’intero rapporto di
lavoro, gli atti che modificano o estinguono il rapporto (es. trasferimento, licenziamento) non sono
più costituiti da provvedimenti amministrativi ma da atti di natura negoziale (art. 5 D.Lgs. n.
165/2001).

Con riferimento al secondo aspetto il T.U. sul pubblico impiego devolve le controversie inerenti i
rapporti di lavoro alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni al giudice del lavoro,
sottraendole quindi alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo (art. 63 D.Lgs. n.
165/2001).

Sotto il terzo profilo, il più volte citato D.Lgs. n. 165/2001 contempla sia la contrattualizzazione,
con riferimento alle fonti che regolano il rapporto di lavoro, sia la privatizzazione con riguardo ai
contenuti della disciplina (art. 2 D.Lgs. n. 165/2001).
Ciò significa da una parte che i contratti collettivi di lavoro costituiscono una fonte diretta di
disciplina del rapporto, immediatamente efficaci nei confronti dei destinatari, e dall’altra parte che
il rapporto di lavoro oltre ad essere disciplinato dai contratti collettivi e individuali, viene regolato
anche dalle disposizioni del codice civile e dalle altre leggi speciali inerenti i rapporti di lavoro
subordinato nell’impresa.

Il D.Lgs. n. 165/2001 costituisce oggi il testo normativo di riferimento per la disciplina dei pubblici
uffici e del lavoro nelle pubbliche amministrazioni, esso si applica a tutte le P.A. ad eccezione delle
seguenti categorie di lavoratori (art. 3 D.Lgs. n. 165/2001):

 i magistrati ordinari, amministrativi e contabili;


 gli avvocati e i procuratori dello Stato;
 il personale militare e delle forze di polizia;
 il personale del Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco;
 il personale della carriera diplomatica e della carriera prefettizia;
 i dipendenti della Banca d’Italia, della Consob e dell’Autorità garante della concorrenza e
del mercato;
 i dipendenti delle autorità indipendenti;
 i professori e i ricercatori universitari.
Tuttavia non è compito facile individuare la nozione di dipendente pubblico. Non è infatti ancora
chiaro se il criterio da utilizzare sia quello della normativa applicata per regolare il rapporto di
lavoro, oppure quello della natura pubblica del datore di lavoro, indipendentemente dalle regole che
disciplinano il rapporto.

Nel primo caso dovrebbero essere ritenuti dipendenti pubblici solo coloro che non sono stati
assoggettati alla normativa privatistica, e quindi le categorie di cui all’art. 3 del D.Lgs. n. 165/2001.
Nel secondo caso, invece, vi rientrerebbero tutti coloro che dipendono da un datore di lavoro
pubblico, anche in un rapporto è privatizzato.

In entrambe le ipotesi però rimarrebbero esclusi tutti coloro che dipendono da datori di lavoro
divenuti formalmente privati a seguito del processo di dismissione e privatizzazione dell’economia,
ma sostanzialmente pubblici in quanto la P.A. continua a detenere la maggioranza del pacchetto
azionario (es. dipendenti delle Poste, delle Ferrovie dello Stato).

IL SISTEMA DELLE FONTI DEL PUBBLIGO IMPIEGO

L’art.2, co.2 del d.lgs.165/2001, afferma che "i rapporti di lavoro dei dipendenti delle amministrazioni
pubbliche sono disciplinati dalle disposizioni del capo I, titolo II, del libro V del codice civile e dalle leggi sui
rapporti di lavoro subordinato nell'impresa, fatte salve le diverse disposizioni contenute nel presente
decreto". Il comma successivo, dichiara esplicitamente che i rapporti di lavoro sono regolati
contrattualmente e al primo comma dell’art..40, dello stesso decreto, viene precisato che, "la contrattazione
collettiva si svolge su tutte le materie relative al rapporto di lavoro ed alle relazioni sindacali". Il contratto di
lavoro alle dipendenze pubbliche è quindi regolato dai contratti, individuali e collettivi. Secondo quanto
prevede l’art.40 del d.lgs.165/2001, il livelli contrattuali sono quindi due: Contratti collettivi nazionali di
comparto e i contratti integrativi. Il procedimento di contrattazione collettiva, viene disciplinato dall’art.47 del
d.lgs. 165/2001, che prevede in proposito che "gli indirizzi per la contrattazione collettiva nazionale sono
deliberati dai comitati di settore prima di ogni rinnovo contrattuale e negli altri casi in cui e' richiesta una
attività negoziale dell'Aran". In caso di accordo, l'Aran acquisisce il parere favorevole del comitato di settore
sul testo contrattuale. Acquisito il parere favorevole sull'ipotesi di accordo, il giorno successivo l'Aran
trasmette la quantificazione dei costi contrattuali alla Corte dei conti ai fini della certificazione di compatibilità
con gli strumenti di programmazione e di bilancio. La Corte dei conti certifica l'attendibilità e acquisisce
elementi istruttori e valutazioni da tre esperti che deve avvenire entro quindici giorni dalla trasmissione della
quantificazione dei costi contrattuali, decorsi i quali la certificazione si intende effettuata positivamente.
L'esito della certificazione viene comunicato dalla Corte all'Aran al comitato di settore e al Governo. Se la
certificazione è positiva, il Presidente dell'Aran sottoscrive definitivamente il contratto collettivo. Se la
certificazione della Corte dei conti non è positiva le trattative devono ricominciare. Decorsi 40 giorni dalla
sottoscrizione, i contratti diventano efficaci. Il contratto ha efficacia per le amministrazioni e per tutti i
dipendenti.

LA CONTRATTAZIONE COLLETTIVA

La (—) è finalizzata al raggiungimento di un accordo, cd. contratto collettivo, tra un datore di


lavoro (o un gruppo di datori di lavoro) ed un'organizzazione (o più organizzazioni) di lavoratori,
allo scopo di stabilire il trattamento minimo garantito e le condizioni di lavoro alle quali dovranno
conformarsi i singoli contratti individuali stipulati sul territorio nazionale.
Il fondamento giuridico della (—) risiede, da un lato, nell'autonomia che l'ordinamento giuridico
riconosce alle organizzazioni sindacali (art. 39 Cost.) e, dall'altro, nel rapporto tra il sindacato e i
suoi membri: la (—) rappresenta, pertanto, la maggiore espressione dell'autonomia sindacale e
costituisce il compito principale delle associazioni sindacali.
I soggetti della (—) sono quegli enti collettivi investiti (dai singoli aderenti o ex lege) del potere
negoziale. Talvolta trattasi di rappresentanza occasionalmente conferita (le cd. delegazioni,
frequenti soprattutto in relazione alla parte datoriale), ma di regola l'investitura è permanente, come
nel caso dei sindacati o dell'Agenzia per la rappresentanza negoziale avente il compito di
rappresentare in sede di (—) nazionale la P.A.
L'oggetto della (—) è costituito prevalentemente dai rapporti individuali di lavoro subordinato la
cui disciplina viene definita nel contratto collettivo, oltre che dalla legge.
L'efficacia della (—) è, nella previsione dell'art. 39 Cost., riferita a tutti gli appartenenti alla
categoria professionale considerata; tuttavia, la mancata attuazione del citato disposto costituzionale
(mancata registrazione degli attuali sindacati) fa sì che la (—) vincoli esclusivamente i firmatari del
contratto collettivo e di riflesso i datori e i lavoratori che aderiscono alle organizzazioni datoriali e
sindacali stipulanti.
Di fatto, comunque, secondo il prevalente orientamento giurisprudenziale, parte delle previsioni
contrattuali (es.: quelle relative ai trattamenti retributivi minimi) sono immediatamente applicabili
anche ai lavoratori non iscritti ai sindacati stipulanti e per i quali il contratto individuale abbia
previsto un trattamento di minor favore.
(—) nel pubblico impiego (d. amm.)
Con il D.Lgs. 29/1993 la (—) viene recepita quale fonte di regolamentazione per tutte le materie
relative al rapporto di lavoro dei dipendenti delle P.A. [Impiego (pubblico)] e alle relazioni
sindacali.
Attualmente l'art. 40 D.Lgs. 165/2001, che ha coordinato in un unico testo normativo le disposizioni
del D.Lgs. 29/1993 e le successive modificazioni e integrazioni, stabilisce che la (—) si svolge su
tutte le materie attinenti il rapporto di lavoro e le relazioni sindacali. A differenza del sistema
precedente, il contratto collettivo, una volta concluso, è fonte autonoma e diretta di disciplina del
rapporto di lavoro, così come accade nel settore privato.
I livelli della (—) corrispondono ai seguenti:
— contratti collettivi nazionali di comparto;
— contratti integrativi (che sostituiscono i precedenti contratti collettivi decentrati).
La (—) nazionale si fonda in via principale sui contratti collettivi di comparto. I comparti sono
costituiti da settori omogenei o affini della P.A. e sono determinati mediante appositi accordi tra
l'Agenzia per la rappresentanza negoziale [A.R.A.N.] della P.A. e le confederazioni sindacali
maggiormente rappresentative.
I contratti collettivi di comparto sono stipulati dall'Agenzia suddetta, per la parte pubblica, e dalle
organizzazioni sindacali che abbiano nel comparto interessato una rappresentatività non inferiore al
5%, considerando a tal fine la media tra il dato associativo e il dato elettorale.
La (—) disciplina, alla stregua del settore privato, la durata e dei contratti nazionali e di quelli
integrativi, la struttura contrattuale ed i rapporti tra i diversi livelli.
Possono, poi, essere stipulati contratti collettivi integrativi nel rispetto delle materie e dei limiti
prefissati dai contratti nazionali di comparto, che, quindi, si pongono come fonte normativa di grado
superiore. Sicché alla (—) in sede nazionale vengono riservate la scelta delle materie negoziabili in
sede integrativa, nonché la definizione delle procedure negoziali e dei soggetti tra i quali si svolgerà
la (—) integrativa, la quale, peraltro, potrà avere ambito territoriale e riguardare anche più
amministrazioni. I contratti integrativi non possono contenere clausole in contrasto con vincoli
risultanti dai contratti nazionali. La sanzione per l'eventuale difformità è costituita dalla nullità delle
clausole in questione. Inoltre i contratti integrativi devono rispettare i limiti di bilancio posti dagli
strumenti di programmazione annuale e pluriennale di ciascuna amministrazione.

ACCESSO AL PUBBLICO IMPIEGO:

L'art. 97 Cost. stabilisce che, salvi i casi espressamente previsti dalla legge, l'accesso al
pubblico impiego avvenga tramite concorso. Analogamente l'art. 35 del D.Lgs. n.
165/2001 prevede che l'accesso al pubblico impiego debba avvenire tramite procedure
selettive.

Le procedure selettive per l'accesso al pubblico impiego, devono, in forza del citato art. 35,
garantire imparzialità, efficacia e celerità innanzitutto attraverso un'adeguata
pubblicità della selezione e delle sue modalità di svolgimento. Le procedure per
l'accesso al pubblico impiego possono, inoltre, prevedere meccanismi preselettivi e
devono, in ogni caso, contemplare meccanismi oggettivi e trasparenti idonei a verificare
il possesso dei requisiti attitudinali e professionali richiesti. Ulteriori criteri cui devono
essere improntate le procedure per l'accesso al pubblico impiego sono:

la composizione delle commissioni esclusivamente con esperti di provata competenza

il decentramento delle procedure di reclutamento.

Tutta la materia relativa all'espletamento della prova concorsuale sino all'approvazione


della graduatoria finale, non rientra nell'ambito della giurisdizione del GO ex art. 63
del D.Lgs. n. 165 del 2001. Tutti gli atti successivi all'approvazione della graduatoria,
anche se meramente attuativi dei risultati della precedente fase concorsuale, rientrano
nella giurisdizione del GO che può, incidentalmente, disapplicare atti di tale fase ove ne
ravvisi l'illegittimità.

In ogni caso, successivamente all'esaurimento della fse concorsuale ed all'approvazione


della graduatoria, l'atto d'assunzione, di natura privata ha la forma del contratto
individuale con l'obbligatorio rinvio al CCNL applicabile le cui diposizioni, per tale via,
diventano vincolanti anche per l'impiegato non aderente alle associazioni sindacali
stipulanti.

L'accesso al pubblico impiego può anche avvenire mediante collocamento obligatorio in


favore delle vittime del terrorismo e della criminalità organizzata, dei loro familiari, nonchè,
per effeto della Finanziaria per il 2008, in favore di orfani o coniugi superstiti dei soggetti
deceduti per fatto di lavoro.

I requisiti per l'accesso al pubblico impiego sono indicati dal D.p.r. n. 487 del 1994
che trova applicazione in quanto compatibile con l'art. 35 del D.Lgs. n. 165/2001. Tali
requisiti sono: la cittadinanza italiana, i requisiti fisici, il godimento dei diritti politici e il titolo
di studio a seconda della tipologia di impiego. A decorrere dal 1.1.2000, inoltre, i bandi per
l'accesso al pubblico impiego devono prevedere la conoscenza delle apparecchiature per
l'uso del computer ed almeno una lingua straniera.
- I DIRITTI PATRIMONIALI E NON PATRIMONIALI DELL’IMPIEGATO

DIRITTI PATRIMONIALI

La retribuzione

Connotazioni: - proporzione e sufficienza

- onnicomprensività

- prescrizione

- invalidità di rinunce e transazioni

- cessione, sequestro e pignoramento

dello stipendio

- ripetibilità delle somme percepite in

buona fede

- divieto di reformatio in peius

- cumulo di interessi e rivalutazione

monetaria dei crediti di lavoro

Cessazione del rapporto di lavoro e trattamento di previdenza e

quiescenza:

• Raggiungimento del limite massimo di età lavorativa o contributiva

• Dimissioni

• Decesso

• Impossibilità di rinnovo dell’incarico dirigenziale per mancato

raggiungimento degli obiettivi o per inosservanza imputabile delle

direttive impartite

• Perdita della cittadinanza


• Superamento del periodo di comporto

• Licenziamento disciplinare

• Annullamento della procedura di reclutamento

• Dispensa dal servizio

• Decadenza dall’impiego

Diritto alla pensione (Legge L . 335/1995 e successive

modificazioni)

• Sistema retributivo (anzianità contributiva di almeno 18

anni al 31/12/1995)

• Sistema misto (anzianità contributiva inferiore ai 18 anni

al 31/12/1995)

• Sistema contributivo (lavoratori assunti dal 1° gennaio

1996)

Trattamento di fine servizio

• Indennità di buonuscita (assunzione prima del

31/12/2000)

• Trattamento di fine rapporto (assunzione dopo il

31/12/2000)

Dal 31/12/2010 si introdurrà indistintamente per tutti i

lavoratori il T.F.R. (art. 12 c. 10 L.122/2010)

Valorizzazione del merito, della performance, della

premialità

Articolo 14 – Organismo indipendente di valutazione della performance

Articolo 18 - Promozione del merito e della performance


Vietata la distribuzione indifferenziata dei trattamenti accessori

Articolo 19 – Criteri per la differenziazione delle valutazioni

Articolo 20 – Descrive i sistemi premianti selettivi da utilizzare, nei limiti delle

risorse disponibili per la C.I. :

a) Bonus annuale delle eccellenze

b) Premio annuale per l’innovazione

c) Progressioni economiche selettive

d) Progressioni di carriera

e) Attribuzioni di incarichi e responsabilità

f) Accessi a percorsi di alta formazione e di crescita professionale

DIRITTI NON PATRIMONIALI

• Diritto all’ufficio

• Diritto allo svolgimento delle mansioni

• Diritto alla progressione

• Diritti sindacali: - distacchi

- aspettative

- permessi sindacali

• Ferie e festività (articolo 36 c.3 Costituzione)

• Permessi

Assenze

• Per malattia – decreto n.206/09 nuove fasce di

reperibilità

• Per infortuni sul lavoro o per malattia dovuta a

causa di servizio
• Assenze collegate alla maternità

• Congedi per studio e formazione

DIRITTI NON PATRIMONIALI

Congedi parentali LEGGE N. 53/2000

“Disposizioni per il sostegno della maternità e della paternità, per il

diritto alla cura e alla formazione e per il coordinamento dei tempi

della città”

Congedi parentali

• Congedi per la formazione continua e permanente

• Armonizzazione dei tempi della città

• Flessibilità degli orari e dell’organizzazione del lavoro

Opportunità che la legge offre in tema di conciliazione tra lavoro e

lavori di cura:

• Non riguarda solo le lavoratrici madri

• Riguarda anche l’efficienza, la produttività, la qualità del clima

aziendale

• Consente di contenere l’assenteismo, lo stress, il turnover, la

deconcentrazione professionale

- MOBILITà DEL PUBBLICO IMPIEGO


Che cos’è la mobilità? La mobilità nel settore pubblico soddisfa sia le esigenze del singolo lavoratore
alla crescita professionale, sia la necessità delle amministrazioni di reclutare o collocare
diversamente il proprio personale. Questa si può dividere in due categorie: quella volontaria e quella
compensativa.
MOBILITA' VOLONTARIA
La mobilità volontaria permette al dipendente di passare direttamente a un’amministrazione diversa.
Questo trasferimento è possibile anche fra comparti diversi, richiedendo al lavoratore interessato una parità
di qualifica, ma non di profilo professionale. E’ sempre necessario il nullaosta da parte dell'amministrazione
di appartenenza. Secondo la normativa, infatti, la mobilità non è un diritto del pubblico dipendente, quindi
l’ultima parola spetta sempre all’attuale datore di lavoro.

MOBILITA' COMPENSATIVA
La mobilità compensativa o interscambio si basa sull’accordo fra due dipendenti di pari qualifica e pari profilo
professionale e comporta un vero e proprio scambio di posto fra i due soggetti interessati. Nonostante la
discrezionalità lasciata alle singole amministrazioni, l'interscambio è un ottimo metodo per coniugare le
proprie esigenze personali e professionali. Per quanto riguarda l’ente datore di lavoro, lo svantaggio dovuto
alla perdita di una risorsa è nullo o comunque ridotto ai minimi termini. Per questo motivo una pratica di
mobilità compensativa ha maggiori probabilità di successo rispetto a quella volontaria.

LE VICENDE MODIFICATIVE DEL RAPPORTO DI IMPIEGO


La disciplina del pubblico impiego è stata oggetto di un processo di riforma, caratterizzato dal susseguirsi di una serie di interventi
legislativi, con cui si è addivenuti alla c.d. "privatizzazione del pubblico impiego", con la quale, sostanzialmente, si è estesa
l'applicazione delle norme di diritto privato al rapporto del pubblico impiego ed è stata prevista l'applicabilità della disciplina della
contrattazione collettiva, che diviene la fonte primaria e diretta di disciplina del rapporto di pubblico impiego, analogamente a quanto
avviene nel settore privato.
La successione dei provvedimenti legislativi si è conclusa con il D.Lgs. 30.3.2001, n. 165, recante Norme generali sull'ordinamento del
lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche, con cui si è predisposto un Testo unico per il riordino ed il riassetto delle
originarie norme di cui al D.Lgs. 3.2.1993, poi modificato dal D.Lgs. 31.3.1998 n. 80 e dal D.Lgs. 29.10.1988 n. 387.
In particolare, si evidenziano il titolo IV ed il titolo VI del citato Testo unico, con cui, rispettivamente, si disciplina il rapporto di lavoro
dei pubblici dipendenti e si devolve la competenza in materia giurisdizionale al giudice ordinario, con la correlativa applicazione del rito
del lavoro, di cui agli artt. 409 e ss del codice di procedura civile.
In particolare, la competenza del giudice ordinario include tutte le controversie relative ai rapporti di lavoro alle dipendenze delle
pubbliche amministrazioni, ad eccezione di quelle relative ai rapporti di lavoro non privatizzati, quali, tra gli altri, i magistrati, gli
avvocati dello Stato, il personale militare e le forze di polizia, il personale della carriera diplomatica e prefettizia, il personale del Corpo
Nazionale dei Vigili del Fuoco, continuando il loro rapporto ad essere regolato dalla specifica disciplina previgente, nonchè le
controversie inerenti l'assunzione al rapporto di lavoro, con esclusione delle fasi relative alle procedure concorsuali, che restano
attratte alla giurisdizione del giudice amministrativo, al quale compete, dunque, la cognizione relativa alla fase anteriore alla
costituzione del rapporto di lavoro. Come detto, il rapporto di lavoro nel pubblico impiego è disciplinato, altresì, dalle disposizioni del
codice civile e dalle leggi sul rapporto di lavoro di natura subordinata, ivi compreso il c.d. Statuto dei lavoratori, che si applica alle
pubbliche amministrazioni a prescindere dal numero dei dipendenti.
Le differenze più evidenti rispetto al rapporto di lavoro privato possono ravvisarsi relativamente all'assunzione, che nelle pubbliche
amministrazioni avviene mediante procedure selettive, alle mansioni, alla mobilità e, a seguito delle recenti modifiche legislative,
anche alla assenza per malattia del pubblico dipendente. In tale ultima ipotesi, infatti, la materia è stata innovata dal citato D.L.
112/2008, che ha previsto che, per i periodi di assenza per malattia, nei primi dieci giorni di assenza, al lavoratore è corrisposto il
trattamento economico fondamentale, con esclusione di ogni indennità o emolumento, comunque denominato, avente carattere fisso
e continuativo, nonchè di ogni altro trattamento accessorio.
Nell'ipotesi di assenza per malattia protratta per un periodo superiore ai dieci giorni e, in ogni caso, dopo il secondo evento di malattia
nell'anno solare, l'assenza può essere giustificata esclusivamente mediante presentazione di certificazione medica rilasciata da
struttura sanitaria pubblica. In materia di visite di controllo, l'Amministrazione può disporre il controllo in ordine alla sussistenza della
malattia del dipendente anche nel caso di assenza di un solo giorno; sono state, inoltre, ampliate le fasce orarie di reperibilità, entro le
quali è possibile effettuare le visite mediche di controllo, che, attualmente, possono essere eseguite tutti i giorni, compresi i non
lavorativi e i festivi, dalle ore 8,00 alle ore 13,00 e dalle ore 14,00 alle ore 20,00.
Altra rilevante differenza rispetto alla disciplina privatistica è ravvisabile con riferimento allo ius variandi, ovvero al potere datoriale di
variazione delle mansioni; relativamente a tale precipua materia, infatti, l'art. 2103 del codice civile, applicabile integralmente al
rapporto di lavoro privato, prevede espressamente il diritto del prestatore di lavoro ad essere adibito alle mansioni per le quali è stato
assunto, o a quelle corrispondenti alla categoria superiore che abbia successivamente acquisito, ovvero a mansioni equivalenti alle
ultime effettivamente svolte.
Assegnare il lavoratore a mansioni superiori comporta il diritto di quest'ultimo al trattamento economico corrispondente all'attività
svolta e la definitività delle nuove mansioni, allorquando la medesima non abbia avuto luogo per sostituzione del lavoratore assente
con diritto alla conservazione del posto, dopo un periodo fissato dai contratti collettivi e, comunque, non superiore a tre mesi.
Tale disciplina codicistica è stata solo parzialmente recepita in materia di pubblico impiego; invero, ove si verifichino le ipotesi
descritte nell'art. 2103 del codice civile, al prestatore di lavoro spetta, unicamente, la differenza di trattamento economico previsto per
la qualifica superiore, e non anche, come avviene, per converso, nel rapporto di lavoro privato, la definitività delle nuove mansioni.

Tutela Giurisdizionale
Come detto, il processo di privatizzazione del pubblico impiego ha significativamente modificato anche la materia inerente la tutela
giurisdizionale, mediante la devoluzione delle controversie in materia di rapporto di lavoro �ad eccezione di quelle relative ai rapporti di lavoro
non privatizzati e delle fasi relative alle procedure concorsuali- al tribunale ordinario, in funzione di giudice del lavoro, precedentemente attratte
nella giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, il quale continua. Anche nelle controversie relative ai rapporti di pubblico impiego, inoltre,
è previsto l'espletamento del tentativo obbligatorio di conciliazione; la domanda giudiziale diventa procedibile trascorsi 90 giorni dalla promozione
del detto tentativo di conciliazione.

- ESTINZIONE DEL RAPPORTO D’IMPIEGO

Le ipotesi di cessazione del rapporto per volontà


dell’amministrazione sono da ricollegare al licenziamento disciplinare, alla
sopravvenuta inidoneità fisica del dipendente, al licenziamento per giustificato
motivo oggettivo ex art. 3 della legge 15 luglio 1966 n. 604, al superamento
del periodo di comporto. Le cause di cessazione riconducibili all’iniziativa
del lavoratore sono le dimissioni, di cui una ipotesi specifica e costituita dal
collocamento a riposo a domanda con fruizione della pensione di anzianità.
Quanto alle dimissioni volontarie dei dipendenti va evidenziato come i loro
effetti si producono automaticamente, senza bisogno di apposite dichiarazioni
di volontà. L'istituto del recesso dal rapporto di lavoro non va
considerato nell'ambito di una disciplina meramente punitiva, bensì come
istituto di carattere generale cui ricorrere in presenza di determinate situazioni
tali da non consentire la prosecuzione del rapporto precedentemente instaurato
e quindi anche in presenza di fatti e comportamenti, pure estranei alla
prestazione lavorativa, di gravità tale da far venir meno l'"intuitus fiduciae" che
impronta di sè la relazione tra il datore di lavoro ed il lavoratore (Consiglio
Stato, sez. V, 15 ottobre 2003, n. 6313). Nell’ambito del rapporto di
lavoro contrattualizzato ed all’indomani dell’obbligo per ogni amministrazione
di concludere i procedimenti con un provvedimento formale (ex art. 2 l. 7
agosto 1990 n. 241), deve escludersi in radice, per ineludibili esigenze di
certezza dei rapporti giuridici ed a salvaguardia degli interessi pubblici coinvolti
nella fattispecie, che l’estinzione del rapporto di servizio e di impiego
pubblico possa avvenire tacitamente, dovendosi invece ritenere sempre
necessaria una determinazione espressa che risolva il rapporto in termini di
decadenza, dispensa, destituzione – all’esito del giudizio disciplinare –
collocamento in quiescenza, ricorrendone tutti i presupposti di legge (C.d.S.
Sez. IV 20.11.2000 n. 6181). La impugnazione di provvedimento con cui
viene accolta la domanda di dimissioni non incide sulla giurisdizione della
Corte dei conti a decidere sulle questioni di natura pensionistica: le dimissioni
hanno il solo effetto di estinguere il rapporto di pubblico impiego, limitandosi
ad accogliere la domanda del dipendente (Consiglio Stato, sez. IV, 22
giugno 2004, n. 4376). Deve distinguersi tra le questioni attinenti ai ritardi
dell'amministrazione nella accettazione delle dimissioni dell'impiego o di altre
questioni sulla accettazione medesima (quale la tardività della stessa), di
ammissibilità o formalizzazione della domanda di dimissioni, revoca, efficacia
temporale, retroattività, devolute alla giurisdizione del giudice del rapporto
(che si estende fino alla estinzione dello stesso), dalla giurisdizione che investe
il "quantum" pensionistico, devoluto alla Corte dei conti (Consiglio Stato,
sez. IV, 22 giugno 2004, n. 4376). La Corte dei conti, terzo giudice del
pubblico impiego, non può esaminare, neanche incidentalmente, la legittimità
dei provvedimenti amministrativi incidenti sullo "status" giuridico ed economico
conseguito dal dipendente nel rapporto di servizio, anche se essi costituiscono
il presupposto indispensabile per la liquidazione e la misura della
pensione (Consiglio Stato, sez. IV, 22 giugno 2004, n. 4376). Un
provvedimento gravemente lesivo, quale l'annullamento d'ufficio dell'atto
di nomina a pubblico impiego, richiede la valutazione e comparazione degli
interessi coinvolti, qualora l'atto viziato abbia prodotto da tempo i suoi effetti,
abbia instaurato rapporti ed abbia ingenerato affidamenti ed
aspettative (Cons.giust.amm. Sicilia, sez. giurisd., 20 aprile 1998, n.
242). Il dipendente pubblico (nella specie, veterinario in servizio presso una
Asl) che abbia goduto del beneficio, riconosciutogli dal regolamento organico
dell'ente di provenienza, di essere trattenuto in servizio fino all'età di
settant'anni, e quindi oltre il limite di sessantacinque anni normalmente
previsto dal predetto regolamento per il collocamento a riposo del personale
appartenente alla sua qualifica, non ha diritto ad essere trattenuto in servizio
per l'ulteriore periodo di due anni, in applicazione dell'art. 16, comma 1, d.lg.
30 dicembre 1992 n. 503, in quanto in tale materia non può aver luogo il
cumulo di benefici(Cassazione civile, sez. lav., 14 dicembre 2004, n.
23272).

VERIFICA:

1) DEFINIZIONE DI PUBBLICO IMPIEGO?


2) COME SI ACCEDE AL PUBBLICO IMPIEGO?
3) QUANTI TIPI DI MOBILITà SONO PREVISTI NEL PUBBLICO IMPIEGO?
4) COSA PREVE LA PRIVATIZZAZIONE DEL PUBBLICO IMPIEGO?
5) COME SI PUO’ ESTINGUERE IL RAPPORTO DI PUBBLICO IMPIEGO?

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