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Il diritto del lavoro è quella branca del diritto che studia la disciplina degli aspetti ed i problemi
attinenti al rapporto di lavoro, e tutte le tematiche ad esso collegate.
Si tratta di una disciplina che si è sviluppata per regolare e attenuare i problemi sociali provocati
dalla rivoluzione industriale, quindi spazia dalla regolamentazione delle relazioni tra datore di
lavoro e lavoratore a quella delle relazioni sindacali (oggetto propriamente del diritto sindacale) a
quella attinente alle assicurazioni sociali e previdenziali (di cui si occupa il diritto della previdenza
e della sicurezza sociale).E' uno di quei rami del diritto che più direttamente risente dell'influenza
della situazione economica generale, occorrendo tradurre in norme e concetti legislativi le
concezioni ideologiche o statalistiche del sistema di riferimento.
In Italia, negli anni 1970 ci fu un grande dibattito, alla cui formazione contribuirono alcuni giuristi
come Gino Giugni, la norma fondamentale in tema ancora oggi è il cosiddetto Statuto dei lavoratori,
di cui alla legge 20 maggio 1970, n. 300.
Riguardo al lavoro pubblico negli anni novanta ebbe avvio l'imponente fenomeno (dal punto di
vista giuridico) della privatizzazione del diritto del lavoro pubblico in Italia, di cui al D. Lgs. 3
febbraio 1993, n. 29, e successive norme, poi confluite nel Testo unico D. Lgs. 30 marzo 2001, n.
165.
La liberalizzazione del mercato del lavoro privato risale invece all'anno 2003, e precisamente alla
legge 14 febbraio 2003, n. 30, meglio conosciuta come legge Biagi, dal nome del Prof. Marco
Biagi). Anche questa riforma, completata dal D. Lgs. 10 settembre 2003, n. 276, si può paragonare
per portata e svolta a quelle del 1970 e del 1993.
l’art. 51 stabilisce che: “Tutti i cittadini dell’uno o dell’altro sesso possono accedere agli
uffici pubblici o alle cariche elettive in condizioni di eguaglianza, secondo i requisiti stabiliti
dalla legge. A tal fine la Repubblica promuove con appositi provvedimenti le pari
opportunità tra donne e uomini. La legge può, per l’ammissione ai pubblici uffici e alle
cariche elettive, parificare ai cittadini gli italiani non appartenenti alla Repubblica. Chi è
chiamato a funzioni pubbliche elettive ha diritto di disporre del tempo necessario al loro
adempimento e di conservare il suo posto di lavoro”
l’art. 54 stabilisce che “i cittadini cui sono affidate funzioni pubbliche hanno il dovere di
adempierle con disciplina ed onore”;
l’art. 97 in base al quale “Agli impieghi nelle pubbliche amministrazioni si accede mediante
concorso”;
l’art. 98 sancisce che “I pubblici impiegati sono al servizio esclusivo della Nazione”.
Elementi essenziali dell’impiego pubblico sono:
La prima disciplina del pubblico impiego nel dopoguerra risale al decreto del Presidente della
Repubblica 30 giugno 1957, n. 3 (c.d. Testo unico degli impiegati civili dello Stato) ed era
caratterizzata da quattro requisiti:
1. il rapporto di pubblico impiego veniva costituito per atto unilaterale della pubblica
amministrazione (c.d. decreto di nomina) che è esercizio di potere pubblico - non
espressione di autonomia privata - e non mediante un contratto;
2. la disciplina del rapporto era sottratta all’autonomia negoziale tra le parti, era infatti affidata
esclusivamente alla legge o ai regolamenti;
3. esso era gestito in tutti i suoi aspetti da atti di natura amministrativa;
4. infine, le controversie scaturenti da questo tipo di rapporto di lavoro erano affidate alla
competenza giurisdizionale esclusiva del giudice amministrativo.
Verso la fine degli anni settanta, in seguito all’espansione delle funzioni esercitate dalla pubblica
amministrazione, all’esigenza di migliorarne l’efficienza, alla necessità di perequazione dei
trattamenti economici, alle forti pressioni delle organizzazioni sindacali volte a rivendicare uno
spazio più ampio alla negoziazione sindacale, il legislatore ha avviato una profonda riforma del
pubblico impiego.
La legge 29 marzo 1983, n. 93 (c.d. legge quadro sul pubblico impiego) - che ha per la prima volta
riconosciuto il ruolo della contrattazione collettiva nella disciplina degli aspetti del pubblico
impiego non sottoposti alla riserva di legge o agli atti unilaterali della pubblica amministrazione -
ha introdotto importanti principi quali quello dell’efficienza della P.A., della trasparenza del
trattamento economico ed il riassetto dei profili professionali.
Agli inizi degli anni novanta vi è stata la c.d. privatizzazione del pubblico impiego realizzata
mediante l’attuazione di due leggi delega (L. 23 ottobre 1992, n. 421 e L. 15 marzo 1997, n. 59 c.d.
legge Bassanini) e, in particolare, dal D.Lgs. 3 febbraio 1993, n. 29; dal D.Lgs. 4 novembre 1997, n.
396; dal D.Lgs. 31 marzo 1998, n. 80 e dal D.Lgs. 29 ottobre 1998, n. 387.
Per quanto riguarda il primo aspetto è previsto che “l’assunzione nelle pubbliche amministrazioni
avviene con contratto individuale di lavoro” (art. 35 D.Lgs. n. 165/2001), pertanto il rapporto di
lavoro con le P.A. si costituisce con le stesse modalità con cui si costituisce il rapporto di lavoro con
un datore privato.
Da ciò consegue che la P.A. non esercita più un potere pubblico ma bensì l’autonomia negoziale.
Il principio dell’autonomia negoziale viene applicato anche alla gestione dell’intero rapporto di
lavoro, gli atti che modificano o estinguono il rapporto (es. trasferimento, licenziamento) non sono
più costituiti da provvedimenti amministrativi ma da atti di natura negoziale (art. 5 D.Lgs. n.
165/2001).
Con riferimento al secondo aspetto il T.U. sul pubblico impiego devolve le controversie inerenti i
rapporti di lavoro alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni al giudice del lavoro,
sottraendole quindi alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo (art. 63 D.Lgs. n.
165/2001).
Sotto il terzo profilo, il più volte citato D.Lgs. n. 165/2001 contempla sia la contrattualizzazione,
con riferimento alle fonti che regolano il rapporto di lavoro, sia la privatizzazione con riguardo ai
contenuti della disciplina (art. 2 D.Lgs. n. 165/2001).
Ciò significa da una parte che i contratti collettivi di lavoro costituiscono una fonte diretta di
disciplina del rapporto, immediatamente efficaci nei confronti dei destinatari, e dall’altra parte che
il rapporto di lavoro oltre ad essere disciplinato dai contratti collettivi e individuali, viene regolato
anche dalle disposizioni del codice civile e dalle altre leggi speciali inerenti i rapporti di lavoro
subordinato nell’impresa.
Il D.Lgs. n. 165/2001 costituisce oggi il testo normativo di riferimento per la disciplina dei pubblici
uffici e del lavoro nelle pubbliche amministrazioni, esso si applica a tutte le P.A. ad eccezione delle
seguenti categorie di lavoratori (art. 3 D.Lgs. n. 165/2001):
Nel primo caso dovrebbero essere ritenuti dipendenti pubblici solo coloro che non sono stati
assoggettati alla normativa privatistica, e quindi le categorie di cui all’art. 3 del D.Lgs. n. 165/2001.
Nel secondo caso, invece, vi rientrerebbero tutti coloro che dipendono da un datore di lavoro
pubblico, anche in un rapporto è privatizzato.
In entrambe le ipotesi però rimarrebbero esclusi tutti coloro che dipendono da datori di lavoro
divenuti formalmente privati a seguito del processo di dismissione e privatizzazione dell’economia,
ma sostanzialmente pubblici in quanto la P.A. continua a detenere la maggioranza del pacchetto
azionario (es. dipendenti delle Poste, delle Ferrovie dello Stato).
L’art.2, co.2 del d.lgs.165/2001, afferma che "i rapporti di lavoro dei dipendenti delle amministrazioni
pubbliche sono disciplinati dalle disposizioni del capo I, titolo II, del libro V del codice civile e dalle leggi sui
rapporti di lavoro subordinato nell'impresa, fatte salve le diverse disposizioni contenute nel presente
decreto". Il comma successivo, dichiara esplicitamente che i rapporti di lavoro sono regolati
contrattualmente e al primo comma dell’art..40, dello stesso decreto, viene precisato che, "la contrattazione
collettiva si svolge su tutte le materie relative al rapporto di lavoro ed alle relazioni sindacali". Il contratto di
lavoro alle dipendenze pubbliche è quindi regolato dai contratti, individuali e collettivi. Secondo quanto
prevede l’art.40 del d.lgs.165/2001, il livelli contrattuali sono quindi due: Contratti collettivi nazionali di
comparto e i contratti integrativi. Il procedimento di contrattazione collettiva, viene disciplinato dall’art.47 del
d.lgs. 165/2001, che prevede in proposito che "gli indirizzi per la contrattazione collettiva nazionale sono
deliberati dai comitati di settore prima di ogni rinnovo contrattuale e negli altri casi in cui e' richiesta una
attività negoziale dell'Aran". In caso di accordo, l'Aran acquisisce il parere favorevole del comitato di settore
sul testo contrattuale. Acquisito il parere favorevole sull'ipotesi di accordo, il giorno successivo l'Aran
trasmette la quantificazione dei costi contrattuali alla Corte dei conti ai fini della certificazione di compatibilità
con gli strumenti di programmazione e di bilancio. La Corte dei conti certifica l'attendibilità e acquisisce
elementi istruttori e valutazioni da tre esperti che deve avvenire entro quindici giorni dalla trasmissione della
quantificazione dei costi contrattuali, decorsi i quali la certificazione si intende effettuata positivamente.
L'esito della certificazione viene comunicato dalla Corte all'Aran al comitato di settore e al Governo. Se la
certificazione è positiva, il Presidente dell'Aran sottoscrive definitivamente il contratto collettivo. Se la
certificazione della Corte dei conti non è positiva le trattative devono ricominciare. Decorsi 40 giorni dalla
sottoscrizione, i contratti diventano efficaci. Il contratto ha efficacia per le amministrazioni e per tutti i
dipendenti.
LA CONTRATTAZIONE COLLETTIVA
L'art. 97 Cost. stabilisce che, salvi i casi espressamente previsti dalla legge, l'accesso al
pubblico impiego avvenga tramite concorso. Analogamente l'art. 35 del D.Lgs. n.
165/2001 prevede che l'accesso al pubblico impiego debba avvenire tramite procedure
selettive.
Le procedure selettive per l'accesso al pubblico impiego, devono, in forza del citato art. 35,
garantire imparzialità, efficacia e celerità innanzitutto attraverso un'adeguata
pubblicità della selezione e delle sue modalità di svolgimento. Le procedure per
l'accesso al pubblico impiego possono, inoltre, prevedere meccanismi preselettivi e
devono, in ogni caso, contemplare meccanismi oggettivi e trasparenti idonei a verificare
il possesso dei requisiti attitudinali e professionali richiesti. Ulteriori criteri cui devono
essere improntate le procedure per l'accesso al pubblico impiego sono:
I requisiti per l'accesso al pubblico impiego sono indicati dal D.p.r. n. 487 del 1994
che trova applicazione in quanto compatibile con l'art. 35 del D.Lgs. n. 165/2001. Tali
requisiti sono: la cittadinanza italiana, i requisiti fisici, il godimento dei diritti politici e il titolo
di studio a seconda della tipologia di impiego. A decorrere dal 1.1.2000, inoltre, i bandi per
l'accesso al pubblico impiego devono prevedere la conoscenza delle apparecchiature per
l'uso del computer ed almeno una lingua straniera.
- I DIRITTI PATRIMONIALI E NON PATRIMONIALI DELL’IMPIEGATO
DIRITTI PATRIMONIALI
La retribuzione
- onnicomprensività
- prescrizione
dello stipendio
buona fede
quiescenza:
• Dimissioni
• Decesso
direttive impartite
• Licenziamento disciplinare
• Decadenza dall’impiego
modificazioni)
anni al 31/12/1995)
al 31/12/1995)
1996)
31/12/2000)
31/12/2000)
premialità
d) Progressioni di carriera
• Diritto all’ufficio
- aspettative
- permessi sindacali
• Permessi
Assenze
reperibilità
causa di servizio
• Assenze collegate alla maternità
della città”
Congedi parentali
lavori di cura:
aziendale
deconcentrazione professionale
MOBILITA' COMPENSATIVA
La mobilità compensativa o interscambio si basa sull’accordo fra due dipendenti di pari qualifica e pari profilo
professionale e comporta un vero e proprio scambio di posto fra i due soggetti interessati. Nonostante la
discrezionalità lasciata alle singole amministrazioni, l'interscambio è un ottimo metodo per coniugare le
proprie esigenze personali e professionali. Per quanto riguarda l’ente datore di lavoro, lo svantaggio dovuto
alla perdita di una risorsa è nullo o comunque ridotto ai minimi termini. Per questo motivo una pratica di
mobilità compensativa ha maggiori probabilità di successo rispetto a quella volontaria.
Tutela Giurisdizionale
Come detto, il processo di privatizzazione del pubblico impiego ha significativamente modificato anche la materia inerente la tutela
giurisdizionale, mediante la devoluzione delle controversie in materia di rapporto di lavoro �ad eccezione di quelle relative ai rapporti di lavoro
non privatizzati e delle fasi relative alle procedure concorsuali- al tribunale ordinario, in funzione di giudice del lavoro, precedentemente attratte
nella giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, il quale continua. Anche nelle controversie relative ai rapporti di pubblico impiego, inoltre,
è previsto l'espletamento del tentativo obbligatorio di conciliazione; la domanda giudiziale diventa procedibile trascorsi 90 giorni dalla promozione
del detto tentativo di conciliazione.
VERIFICA: