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INTRODUZIONE

Gli oppioidi sono farmaci derivati dall’oppio, termine greco

che indica il succo del papavero, in quanto i farmaci vengono

ricavati dall’estratto del fiore “Papaver somniferum”. Le

capacità analgesiche e narcotiche della morfina e degli

alcaloidi morfinosimili sono state sfruttate per centinaia di

anni, ma solo con la purificazione della morfina a partire

dall’oppio, avvenuta ad opera di Sertuner nel 1803, gli

oppioidi sono stati somministrati a dosaggi precisamente

definiti, sia nel periodo preoperatorio, sia come supplemento

all’anestesia eterea o cloroformica, sia per l’analgesia

postoperatoria. Attualmente gli oppioidi sono generalmente

suddivisi in tre gruppi: naturali, semisintetici, sintetici. In

base alle caratteristiche chimiche gli oppioidi naturali

vengono suddivisi in due gruppi: derivati fenantrenici

(morfina e codeina) e benzoisochinolinici (papaverina). Solo

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la morfina tra le sostanze naturali trova impiego quale agente

analgesico ed anestetico endovenoso. Gli oppioidi

semisintetici sono derivati da modificazioni della struttura

della morfina, quali l’esterificazione di uno o più gruppi

idrossilici (codeina, eroina), l’ossidazione dell’idrossile

alcolico in gruppo chetonico o la riduzione di un doppio

legame dell’anello benzenico (idromorfone). I derivati della

tebaina usati in clinica a fini analgesici comprendono

l’ossimorfone l’ossicodone ed il naloxone. I composti

sintetici possono essere suddivisi in quattro gruppi: i derivati

del morfinano (levorfanolo), i difenil o metadone derivati

(metadone,d-propoxifene), i benzomorfani (fenazocina,

pentazocina) ed i fenilpiperidina derivati (meperidina,

fentanyl, alfentanil, sufentanil), che sono anche quelli più

comunemente utilizzati in anestesia.

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MECCANISMO D’AZIONE

L’evidenza delle differenze strutturali esistenti fra le varie

sostanze ad attività oppioide indurrebbe a negare l’esistenza

di un comune meccanismo d’azione. Strutturalmente gli

oppioidi sono composti complessi, tridimensionali,

generalmente presenti come due isomeri ottici. In genere solo

l’l-isomero è capace di determinare analgesia. Sono

attualmente noti tre principali tipi di recettori oppioidi (mu,

delta, kappa) e diversi sottotipi per ciascuno di essi; le loro

sequenze aminoacidiche mostrano circa il 65% di omologia

e presentano una scarsa similarità di sequenza con altri

recettori associati a proteine G con l’eccezione dei recettori

della somatostatina. Tutti i recettori per gli oppioidi

appartengono alla famiglia dei recettori con 7 domini

transmembrana. Oltre ai principali, esistono altri tipi di

recettori per gli oppiacei non ancora ben caratterizzati ed altri

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la cui esistenza è per ora solo ipotizzata. Tutti i membri

appartenenti alla famiglia dei recettori oppioidi sono

accoppiati a proteine G (Gi/Go) e la loro attivazione causa

l’inibizione neuronale attraverso diversi meccanismi effettori

che includono l’inibizione dell’adenilato ciclasi e di canali

del Ca2+ come anche l’apertura di canali del K+.

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BASI MOLECOLARI DELLA TOLLERANZA AGLI

OPPIOIDI

La tolleranza può essere definita come perdita di risposta

dopo somministrazione ripetuta di uno stesso farmaco, cioè,

come lo spostamento verso destra della curva dose-risposta di

quel farmaco.

Tralasciando la tolleranza congenita, possiamo

sostanzialmente suddividere la tolleranza acquisita in due

tipi: farmacocinetica e farmacodinamica; temporalmente,

possiamo riconoscere la tolleranza cronica, che si sviluppa

nell’arco di settimane ( farmacocinetica e farmacodinamica)

e la tolleranza acuta che si verifica dopo somministrazioni

ripetute in una singola occasione (più spesso

farmacodinamica). La dipendenza e la tolleranza cronica

causate dall’esposizione ripetuta agli oppioidi sono fenomeni

ben noti ed ampiamente studiati, differentemente, la

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tolleranza acuta, che quasi invariabilmente si instaura in

seguito alla somministrazione di tutti i più comuni oppioidi di

interesse anestesiologico, è un fenomeno che solo più

recentemente ha attirato l’interesse dei ricercatori e che

appare ampiamente sottovalutato, soprattutto in

considerazione delle non trascurabili implicazioni cliniche

che sembrano da esso derivare.

Diversi studi, sia sugli animali che sugli uomini, hanno

dimostrato lo sviluppo di tolleranza acuta con vari oppioidi

inclusi morfina, sufentanil, alfentanil, remifentanil; il grado

della tolleranza non sembra essere correlato con la potenza

dell’oppioide usato, tuttavia la rapidità con la quale essa si

sviluppa è strettamente correlata alle caratteristiche

farmacocinetiche del farmaco. In particolare, una breve

durata d’azione è associata con un più rapido sviluppo di

tolleranza. Nonostante le pur esistenti implicazioni

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farmacocinetiche, i non ancora perfettamente conosciuti

meccanismi farmacologici della tolleranza acuta hanno una

prevalente natura farmacodinamica ed una possibile chiave di

lettura di tipo neurofisiologico.

Alcuni degli eventi molecolari che sembrano essere

importanti ai fini dello sviluppo di tolleranza agli oppioidi si

verificano a livello recettoriale e post-recettoriale. In

particolare, la desensibilizzazione del recettore, definita come

una progressiva perdita della sua funzione conseguente ad

un’esposizione continua all’agonista, è uno degli adattamenti

molecolari la cui esistenza è stata dimostrata in maniera

certa. Le modifiche funzionali dovute all’azione di un

agonista sul suo recettore vengono definite

desensibilizzazione omologa, mentre la desensibilizzazione

di recettori co-espressi è detta desensibilizzazione eterologa;

entrambe sono state osservate, in cellule animali ed umane,

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con l’uso di oppioidi. La desensibilizzazione del recettore è

conseguente alla sua fosforilazione mediata da differenti tipi

di protein chinasi, come la protein chinasi AMPciclico

dipendente (PKA), la protein chinasi C, (PKC) la protein

chinasi II Ca2+/calmodulina dipendente (CaMKII), le chinasi

del recettore accoppiato a proteine G (GRKs) e le protein

chinasi mitogeno-attivate (MAPKs). Diversi studi dimostrano

un interessante parallelismo tra la fosforilazione dei recettori

oppioidi e la desensibilizzazione indotta dall’agonista. Come

altri recettori accoppiati a proteine G, i recettori oppioidi

possiedono siti di fosforilazione nel terzo loop intracellulare

e nel loro frammento C-terminale. Il trattamento cronico con

morfina stimola l’attività sia della PKC citosolica, sia di

quella legata alla membrana. Il legame dell’agonista a tutti i

tipi di recettore oppioide attiva la fosfolipasi C (PLC) con

conseguente formazione di inositolo (1,4,5) trifosfato (IP3) e

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diacilglicerolo (DAG) che è seguita dall’attivazione della

protein chinasi C (PKC). L’aumento dei livelli intracellulari

di Ca2+ sarebbe anche la causa dell’attivazione della protein

chinasi II Ca2+/calmodulina dipendente a sua volta in grado di

attivare le protein chinasi mitogeno attivate (MAPKs) le cui

attività fosforilanti contribuiscono alla desensibilizzazione

recettoriale. Nonostante ciò la relazione tra

desensibilizzazione recettoriale e lo sviluppo di tolleranza

rimane controversa. La morfina ad esempio induce tolleranza

ma non provoca desensibilizzazione dei recettori mu.

Anche le variazioni del numero dei recettori potrebbero

teoricamente costituire una parziale spiegazione della perdita

di risposta caratteristica della tolleranza.

La down-regulation dei recettori oppioidi è caratterizzata da

una diminuzione del loro numero sia sulla membrana che

all’interno della cellula. La down-regulation è agonista

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selettiva e dipende dall’efficacia intrinseca del farmaco

somministrato. Sfortunatamente, il ruolo, ammesso che ne

abbia uno, della down-regulation nei meccanismi della

tolleranza è stato fortemente ridimensionato da alcuni

ricercatori, che hanno dimostrato, in alcuni casi, la totale

dissociazione tra lo sviluppo di tolleranza e la down-

regulation dei recettori mu. Ad esempio, il potente agonista

etorfina, causa, in vitro, una marcata diminuzione del numero

della densità dei recettori mu e delta, ma sulle cavie produce

un livello minimo di tolleranza, viceversa, la morfina

generalmente non provoca down-regulation dei recettori

oppioidi in vitro, ma causa tolleranza e dipendenza

significative sia nelle cavie che nell’uomo. Inoltre, affinché si

verifichi la down regulation sono necessarie dosi più alte ed

una più lunga esposizione al farmaco rispetto a quelle in

grado di causare desensibilizzazione. Analogamente a quanto

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avviene per altri recettori accoppiati a proteine G, anche per i

recettori mu e delta, si verifica una rapida internalizzazione,

tramite endositosi, agonista-mediata. Questo processo, che si

verifica entro pochi minuti dall’attivazione del recettore, è

stato dimostrato sia in cellule animali che umane.

Differentemente dalla down-regulation, l’internalizzazione

non è associata con il trasporto del complesso ligando-

recettore ai lisosomi, quindi essa non causa una diminuzione

della densità recettoriale. La rapida internalizzazione di

questi recettori ha probabilmente un ruolo nel loro recupero

funzionale, mediante la promozione della dissociazione del

ligando. L’endocitosi dei recettori desensibilizzati è inoltre

necessaria per la defosforilazione e la conseguente

risensibilizzazione. Alcune proteine, come le chinasi GRK

( G receptor kinase) e la β-arrestina, giocano un ruolo

fondamentale nel traffico dei recettori all’interno della

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cellula, infatti, la differente capacità dei vari agonisti oppioidi

di provocare desensibilizzzione ed internalizzazione dei

recettori oppioidi sembra legata alla loro proprietà di

promuovere la fosforilazione del recettore, GRK-dipendente.

Il legame agonista-dipendente della β-arrestina ai recettori,

recita un duplice ruolo in questo processo; in primo luogo, il

legame di questa proteina desensibilizza rapidamente la

cellula all’agonista mediante un disaccoppiamento del

recettore dalla proteina G, in secondo luogo, con l’ausilio

della dinamina, mediante l’associazione dei recettori con le

vescicole rivestite di clatrina, i recettori che hanno legato

l’agonista vengono riciclati negli endosomi, dai quali

vengono successivamente rimandati alla superficie cellulare

dove sono nuovamente disponibili per il legame con

l’agonista. Alcuni peptici oppioidi, come l’etorfina e la

diidroetorfina, stimolano marcatamente l’internalizzazione

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dei recettori mu, mentre la morfina attiva gli stessi recettori

senza causarne una significativa internalizzazione, anche a

concentrazioni in grado di provocare la massima inibizione

dell’adenilato-ciclasi. Le diverse capacità di provocare

internalizzazione dei recettori esistente tra la morfina e

l’etorfina potrebbe essere legata ad una differente regolazione

di alcune isoforme di dinamina esercitata dai due farmaci.

L’etorfina contrariamente alla morfina causa aumento

dell’espressione di dinamina 2. Inoltre i complessi agonista-

recettore possono assumere differenti conformazioni, tali da

rendere il recettore un substrato con varia affinità per le molte

proteine che regolano il loro traffico intracellulare. Diversi

studi hanno dimostrato alterazioni dell’accoppiamento dei

recettori alle proteine G conseguenti ad esposizione cronica

agli oppioidi. Oltre all’importanza dell’agonista in questione,

in vivo, le differenze maggiori sembrano verificarsi in base

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all’area del cervello presa in esame: la somministrazione

cronica di morfina non causa disaccoppiamento dei recettori

nel nucleo accumbens, nell’amigdala, nel talamo, nella

substanzia nigra, mentre questo sembra verificarsi in alcune

altre aree del cervello (rafe dorsale, locus ceruleus, nuclei

parabrachiali laterale e mediale, nucleo commisurale del

tratto solitario). Il disaccoppiamento dei recettori oppioidi

dalle proteine G causato da un’esposizione acuta agli

oppioidi sembra essere mediato dalla protein chinasi C,

mentre quello conseguente ad un’esposizione cronica sembra

essere mediato da fosforilazioni ad opera della protein

chinasi A.

Forse l’adattamento molecolare meglio riconosciuto,

conseguente ad esposizione cronica ad oppioidi, è una up-

regulation del pathway del cAMP. Questa up-regulation

implica maggiori concentrazioni di adenilato-ciclasi, di

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protein chinasi A e di altri componenti di questa via di

transduzione. In diverse linee cellulari il trattamento cronico

con morfina conduce ad un marcato accumulo di cAMP,

nonostante la capacità della morfina di inibire la produzione

di cAMP rimanga invariata, questo suggerisce che l’up-

regulation del pathway del cAMP è causato da una

supersensibilizzazione dell’adenilato-ciclasi piuttosto che da

un differente livello di inibizione di quest’ultima conseguente

ad una desensibilizzazione dei recettori oppioidi. Studi

recenti mettono in correlazione l’aumento dei livelli cellulari

di cAMP con una diretta stimolazione dell’attività

dell’adenilato-ciclasi e dei sistemi dei secondi messaggeri

conseguenti al trattamento cronico con oppioidi. La

stimolazione della proteina Gi attraverso l’attivazione del

recettore oppioide causa il rilascio di subunità Gβγ e di

proteine Gs che possono stimolare l’attività dell’adenilato-

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ciclasi; questa stimolazione è ulteriormente accentuata dalla

fosforilazione delle varie isoforme dell’enzima ad opera della

protein chinasi C, conducendo cosi’ alla

supersensibilizzazione dell’adenilato-ciclasi. Ulteriori studi

dimostrano come la supersensibilizzazione dell’adenilato-

ciclasi non sia probabilmente l’unico meccanismo alla base

della up-regulation del pathway del cAMP, infatti il recettore

oppioide potrebbe essere in grado di stimolare l’adenilato-

ciclasi direttamente attraverso proteine Gs. I recettori degli

oppioidi sono accoppiati sia a proteine Gi che Gs ed effetti

sia inibitori che eccitatori mediati da queste proteine sono

stati dimostrati per la maggior parte degli oppioidi. Il

trattamento cronico con oppioidi altera il bilancio tra recettori

oppioidi accoppiati a proteine G inibitorie e stimolatorie e gli

effetti stimolatori diventano più pronunciati entro pochi

giorni di esposizione agli oppioidi. L’aumento dei livelli di

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cAMP causato dal trattamento cronico con oppioidi conduce

all’attivazione della protein chinasi A (PKA). La PKA può

stimolare la sintesi del ganglioside GM1 tramite la

fosforilazione di una specifica glicosiltransferasi. Gli

aumentati livelli del ganglioside GM1 causano una rapida

conversione di molti recettori oppioidi da un accoppiamento

inibitorio con proteine Gi/Go ad una modalità eccitatoria

grazie all’accoppiamento con proteine Gs. L’up regulation

del pathway del cAMP e l’attivazione della PKA, mediante la

fosforilazione dei recettori dopaminergici D1, dei canali del

Na+ voltaggio dipendenti e di alcuni fattori di trascrizione

( CREB, “cyclic AMP response element-binding protein)

coinvolti nel meccanismo del potenziamento a lungo termine

(LTP) potrebbero causare alterazioni elettrofisiologiche in

alcuni sistemi neuronali, come quello dopaminergico

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mesolimbico, che sembrano avere un ruolo fondamentale nei

meccanismi di rinforzo che sono alla base dell’abuso.

Negli ultimi anni sono stati fatti notevoli progressi nella

comprensione delle interazioni esistenti fra il sistema degli

oppioidi e quello degli aminoacidi eccitatori nei meccanismi

neurali dell’analgesia, della tolleranza e della dipendenza

indotta dagli oppioidi. Esistono notevoli evidenze che

provano il coinvolgimento dei recettori degli aminoacidi

eccitatori ed in particolare del recettore NMDA nello

sviluppo di dipendenza e tolleranza agli oppioidi. Antagonisti

del recettore Nmda sia di tipo competitivo che non

competitivo ed inibitori dell’ossido nitrico sintasi si sono

dimostrati utili nel ridurre la dipendenza e la tolleranza

causate dagli oppioidi. Sebbene le interazioni esistenti tra i

meccanismi di transduzione del segnale esistenti tra questi

due sistemi recettoriali non siano ancora perfettamente

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conosciute, vi sono prove sempre più convincenti che

l’attivazione della protein chinasi C e l’aumento dei livelli

intracellulari di Ca2+ siano eventi critici nello svolgersi di

queste interazioni. Il trattamento cronico con oppioidi

conduce all’attivazione della protein chinasi C ed alla sua

traslocazione ; questa fosforila i recettori NMDA,

rimuovendo il blocco voltaggio dipendente che il Mg2+ è

capace di esercitare su questo recettore canale del Ca 2+,

legandosi ad un sito posto all’interno del canale, provocando

quindi un potenziamento dell’attività del recettore NMDA.

L’apertura di questi canali e l’aumento dei livelli

intracellulari di Ca2+ producono diversi effetti: esercitano un

feedback positivo sull’attività della protein chinasi C,

facilitano l’attivazione della protein chinasi Ca2+/calmodulina

dipendente (CaMKII), promuovono un ulteriore ingresso di

Ca2+ nella cellula attraverso canali del Ca2+ voltaggio-

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dipendenti con ulteriore incremento dell’attività della protein

chinasi C, attivano l’ossido nitrico sintasi che aumenta la

produzione di ossido nitrico e superossido. La protein chinasi

C può fosforilare i recettori oppioidi e le proteine G

direttamente o, indirettamente, tramite l’attivazione delle

chinasi del recettore accoppiato a proteine G (GRKs).

L’aumento del Ca2+ intracellulare può anche esitare in

attivazione dell’adenilato ciclasi ed incremento dei livelli di

cAMP, con esaltazione della reazione di fosforilazione del

recettore NMDA PKA mediata. Inoltre l’attivazione del

recettore NMDA regola l’attività delle chinasi MAPKs; come

dimostrato dal fatto che antagonisti del recettore NMDA

bloccano l’aumento di attività di questi enzimi indotto dal

trattamento cronico con morfina. La produzione di ossido

nitrico provoca un aumentato rilascio di glutammato nei

neuroni circostanti che incrementa ulteriormente l’attività dei

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recettori NMDA e degli altri recettori di questo aminoacido

eccitatorio. Sebbene sia generalmente accettato che

l’attivazione e la translocazione della PKC sia l’evento

cruciale nelle interazioni tra il sistema degli oppioidi e quello

degli amminoacidi eccitatori, non è ancora chiaro se

l’attivazione di questo enzima sia provocata dal legame

dell’agonista al recettore mu o se recettori metabotropi del

glutammato e recettori oppioidi delta, entrambi positivamente

accoppiati con l’idrolisi del fosfatidilinositolo, potrebbero

avere un ruolo in questo processo.

Tra gli innumerevoli fattori capace di influenzare l’analgesia

indotta dagli oppioidi un posto sembra spettare anche alla

colecistochinina (CCK), un peptide composto da otto

aminoacidi che funziona come un importante modulatore

fisiologico delle sensazioni nocicettive. Essa è presente negli

interneuroni del corno posteriore del midollo spinale ed in

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alcune fibre discendenti e la sua principale funzione sembra

essere un effetto anti-oppioide. La somministrazione di

morfina sia per via sistemica che per via intratecale è in

grado di provocare un aumento dei livelli extracellulari di

CCK, che agirebbe modulando negativamente la funzione

analgesica degli oppioidi. Esistono due tipi di recettori per la

CCK: CCKA e CCKB, i recettori di tipo A si trovano

principalmente nei nervi periferici, mentre quelli di tipo B

sono localizzati nel sistema nervoso centrale. La scoperta di

antagonisti selettivi per ciascuno di questi recettori ha

permesso di riconoscere l’importanza dei recettori di tipo B

nello sviluppo di tolleranza agli oppioidi, visto che la potenza

di alcuni antagonisti di questo recettore è direttamente

proporzionale alla loro capacità di prevenire la tolleranza alla

morfina. Anche la proprietà di attenuare lo sviluppo di

tolleranza agli oppioidi mostrata da alcune 1,4-

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benzodiazepine, come il midazolam, potrebbe essere legata

alla loro azione come antagonisti della colecistochinina. I

dettagli molecolari del funzionamento di questo sistema

controregolatore sono in attesa di ulteriori chiarimenti.

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