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Charles Darwin è stato il primo a costruire una teoria coerente e difendibile che spieghi perché esistiamo, ed è la
nostra intelligenza che ci consente di elaborare una ragione dell'esistenza
- I geni che sopravvivono sono quelli che predispongono strategie evolutive stabili (che l’individuo attua
inconsciamente); esempi significativi sono: a) la procreazione e la cura;
b) produrre un numero uguale di maschi e di femmine.
- I singoli geni possono essere immortali, non il loro insieme che costituisce i singoli organismi:
I nostri memi possono avere al contrario una durata molto più lunga: "una volta che i geni hanno fornito alle loro
macchine da sopravvivenza cervelli capaci di imitazione rapida, i memi prenderanno il sopravvento".
Unici sul pianeta, abbiamo il potere di ribellarci ai nostri creatori, i replicatori egoisti: possiamo sviluppare l'altruismo
disinteressato, qualcosa che non esiste in natura
2. I replicatori
In questo capitolo l’autore prende in esame più approfonditamente le questioni della nascita della vita e dell’evoluzione.
La vita ebbe inizio in un brodo costituito da diverse sostanze quando, a causa di reazioni chimiche provocate dai raggi
ultravioletti o dalle scariche elettriche dei fulmini, si formarono complessi molecolari costituiti prevalentemente da basi
azotate, ovvero i ‘mattoni’ del DNA. La svolta che diede inizio al processo evolutivo si ebbe quando uno dei complessi
molecolari ‘viventi’ fu in grado di creare copie di se stesso; per questo motivo può essere chiamato replicatore. L’evoluzione,
seguendo la teoria darwinista, consiste, appunto, in errori di copiatura che, casualmente, possono aver favorito un replicatore
rispetto agli altri e averne, quindi, facilitato la diffusione.
Dawkins sostiene che per analizzare correttamente la possibilità di sopravvivenza e di diffusione dei replicatori bisogna
considerare tre loro caratteristiche: la longevità, la fecondità e la fedeltà di copiatura. La longevità risulta necessaria soltanto
per portare un replicatore in età riproduttiva poi, senza dubbio, gli elementi fondamentali per la propagazione di un certo
replicatore sono la fecondità e la fedeltà di copiatura; infatti ogni replicatore “vorrebbe” (ovviamente inconsciamente)
diffondere copie esatte di se stesso , ma, talvolta, si presentano degli errori di copiatura che, dopotutto, sono fondamentali per
l’evoluzione.
Un’altra caratteristica fondamentale dei replicatori, già individuata da Darwin, è la competizione che entra in gioco a causa
della non-infinitezza delle risorse vitali. L’evoluzione entra in gioco anche dal punto di vista della competizione facendo
sviluppare diversi elementi e tattiche d’attacco e di difesa per contrastare gli avversari; in questo modo si arrivò alla
costruzione di veri e propri ‘veicoli protettivi’, le cellule, che, dopo diversi passi evolutivi, furono organizzate in complesse
macchine da sopravvivenza, le piante e gli animali.
3. Eliche immortali
Il modo di Dawkins di interpretare l’evoluzione prevede, quindi, che i geni, e non gli individui, si siano evoluti con il passare
degli anni in una continua lotta gli uni contro gli altri. Secondo Dawkins, infatti, i corpi degli esseri viventi non sono altro che
“macchine” che i geni costruiscono e dirigono per poter sopravvivere e tramandare copie di se stessi (tramite la riproduzione).
Quindi si può concludere che i geni sono le vere unità evolutive, ovvero quelle unità che, grazie ad un casuale errore di
copiatura, da una generazione all’altra possono essere in grado di codificare un organismo intorno a loro che sia più adatto alla
sopravvivenza rispetto ad altri e li possa, quindi, favorire.
Si può anche affermare che i geni sono le unità di base di quell’egoismo che ne favorisce la sopravvivenza e, quindi, viene
tramandato; ovviamente quest’affermazione risulta difficile far conciliare con il fatto che la maggior parte dei geni lavora
‘collaborando’ con altri geni ma, se si analizza attentamente la situazione, si può notare che in realtà ogni gene ‘combatte’
contro i propri alleli, mentre gli altri geni rappresentano soltanto un ambiente circostante che spesso ne migliorano il
funzionamento.
Dawkins, infine, si interroga su una questione complessa: “Perché moriamo?” L’autore, seguendo la teoria di Medwar, prova
a fornire delle spiegazioni. La morte potrebbe essere, infatti, determinata da geni detti ‘letali’, geni che si attivano
tardivamente in quanto, essendo presumibilmente già avvenuta la riproduzione quando si è in età avanzata, essi possono
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essere tramandati. I geni letali potrebbero attivarsi, per esempio, in presenza di una particolare sostanza presente nei corpi
anziani; se così fosse si potrebbe “ingannarli” creando nell’organismo un ambiente simile a quello dei corpi giovani.
Ovviamente queste sono soltanto ipotesi.
6. Genicità
Dawkins, in questo capitolo, analizza il fatto che i geni, oltre a favorire ovviamente se stessi, possono anche favorire loro
repliche presenti in altri corpi; ma l’autore ci tiene a sottolineare immediatamente che questo comportamento, pur sembrando
altruistico, cela il solito egoismo dei geni. E’ noto, infatti, che l’altruismo è un comportamento che si manifesta soprattutto tra
parenti stretti e questo, spiega Dawkins, avviene perché è facile che essi abbiano geni in comune; i geni di un individuo,
quindi, egoisticamente, lo fanno comportare in modo altruistico verso i parenti stretti che, molto probabilmente, contengono
copie dei geni considerati. Favorendo i parenti si verifica quella selezione naturale detta ‘per consanguinei’.
Per ampliare il discorso riguardante l’apparente altruismo dei geni si può affermare che i geni predispongono un corpo a
rischiare la vita per un altro in base al rapporto costi-benefici, così da garantire il massimo vantaggio ai geni stessi (o alle loro
copie identiche). Le ‘stime’ di costi e benefici si basano sull’esperienza passata del gene o, anche se con meno garanzie, su
quella dell’individuo (grazie alla capacità di apprendimento); ovviamente le ‘stime’ risultano attendibili finché l’ambiente
circostante non varia.
Infine Dawkins osserva che alcuni individui “peccano” di eccessivo (inconscio) altruismo (talvolta indotti da altri individui
con geni più egoisti) e finiscono con il non favorire il proprio pool genetico ma quello di altri; ne è un esempio l’adozione.
7. Pianificazione familiare
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L’autore in questo capitolo ci fa notare che vi possono essere strategie evolutivamente stabili anche finalizzate alla
procreazione e alla cura dei piccoli, ovvero in campo cosiddetto familiare.
L’unica strategia che garantisce un moderato aumento della popolazione affinché i vari componenti non muoiano di fame,
osserva Dawkins, è il controllo delle nascite; è noto che gli animali attuano un tale controllo ma sorge spontanea una
domanda: il controllo delle nascite è un comportamento altruistico, ovvero per il bene della specie, o egoistico?
Dawkins ci presenta entrambe le interpretazioni di questo fenomeno. Secondo Wynne-Edwards, sostenitore della teoria della
selezione per specie, la riproduzione consentita soltanto a maschi che comandano un certo territorio o che si trovano in una
posizione sociale elevata è un comportamento finalizzato a non far aumentare il numero di individui e, quindi, a non fare
morir di fame parte della popolazione. La seconda interpretazione, fornita da Lack secondo la teoria del gene egoista (e par
questo sostenuta anche da Dawkins), afferma che la limitazione delle nascite tende a favorire i singoli individui (corredi
genetici) in quanto, avendo un numero limitato di cuccioli da sfamare in rapporto alle condizioni ambientali, ogni individuo
può curare più meticolosamente i propri piccoli e avere, quindi, più probabilità di propagare i propri geni.
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Alla domanda: ‘perché avviene lo sviluppo dei geni?’, Dawkins fornisce due possibili risposte: una afferma che lo sviluppo
dei memi avviene in base ai vantaggi che portano alla popolazione, l’altra ipotesi sostiene che essi si sviluppano perché
vantaggiosi per se stessi, cioè per facilitare la propria diffusione.
Infine l’autore mette in luce il fatto che l’uomo non può essere considerato una semplice macchina di geni coltivata come
macchina di memi, poiché sembra in grado di ribellarsi al controllo di questi replicatori, per esempio realizzando previsioni
sul futuro o essendo altruista con individui che non sono suoi parenti… Ma questa rimane una questione aperta.
Commento personale
Ho apprezzato molto la lettura di questo libro in quanto Dawkins ci propone una visione della vita veramente
rivoluzionaria che, personalmente, non avevo mai sentito né immaginato. In un primo momento, lette le teorie
dell’autore, ero abbastanza scettico sulla possibilità che certe affermazioni fossero vere ma alla fine, grazie alle
convincenti argomentazioni di Dawkins costantemente sostenute da prove, esempi concreti e confutazione di ipotesi
contrarie, mi sono convinto della reale plausibilità dei concetti esposti nel libro
La semplicità con cui Dawkins tratta gli importanti argomenti contenuti nel libro fa sì che non si incontrino
difficoltà di alcun tipo nella lettura, infatti, ogni nuovo argomento citato viene prontamente spiegato, più o meno
brevemente, dall’autore cosicché non si rendono necessarie conoscenze specifiche.
Altro punto di forza di Dawkins sono, secondo me, le ipotesi provocatorie, come, per esempio, quella di poter
posticipare la morte o quella dei memi paragonati ai geni, che risultano particolarmente intriganti e suggestive e, a
mio parere, sono in grado di stimolare il lettore a non credere che le conoscenze attuali siano tutto ciò che è possibile
sapere, ma a vedere la natura come un mondo interessante tutto da scoprire.