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E’ un ramo del diritto pubblico le cui norme disciplinano le attività delle pubbliche
amministrazioni al fine di conseguire l’interesse pubblico.
CONCETTO DI AMMINISTRAZIONE
Amministrare svolgere al meglio un’attività per ottenere buoni risultati
L’amministrazione è spesso un’attività svolta da privati che esercitano la propria autonomia privata
stabilendo arbitrariamente l’interesse da conseguire.
Esempio amministrare il proprio tempo denaro.
Qualora questa attività sia legata ad un contesto giuridico, verranno applicate le norme del diritto
privato.
In altri casi è un’attività svolta, sempre da privati, per conseguire l’interesse altrui.
Esempio un amministratore di condominio deve conseguire l’interesse dei condomini e non il
suo.
L’attività dell’amministratore è legata al Principio di Responsabilità qualora l’amministratore,
durante l’esercizio della sua attività, dovesse arrecare danno, dovrà poi risarcirlo.
PRINCIPIO DI GIUSTIZIABILITA’
Spesso accade che i poteri amm. possano favorire l’interesse di alcuni cittadini e non di altri, che
vedono lesi i propri interessi. Per questo vige il Principio di Giustiziabilità, secondo cui i soggetti i
cui interessi siano stati lesi da un atto di esercizio del potere amm. possono rivolgersi al giudice per
far valere l’eventuale illegittimità di tale atto, avendo così la possibilità di far valere i propri
interessi, tutelandoli da un’eventuale violazione.
IL PROCEDIMENTO AMM.
Il provvedimento amm. è considerato una sorta di itinerario che l’autorità amm. segue
nell’esercizio di un determinato potere. Il procedimento va seguito in un determinato modo e
secondo alcune tappe e regole precise. Ha l’obiettivo di rendere efficace il provvedimento. Durante
le varie fasi del procedimento, più parti interagiscono ma resta compito dell’autorità amm. portare
a termine il procedimento, di cui ne è la totale responsabile. Storicamente, è stata concentrata
l’attenzione prima sul provvedimento che sul procedimento, la teoria su di esso fu compiuta nel
1940, ma è stato il 7 agosto 1990, con la Legge 241 che è stata creata una disciplina volta
espressamente al procedimento. Al di fuori dell’Italia, la prima grande legislazione sul
procedimento fu quella austriaca, seguita da quelle statunitense e spagnola.
LE FASI PROCEDIMENTALI
Il procedimento amm. si attua in tre fasi:
1. Fase preparatoria l’apertura formalizzata che si può scindere a sua volta in:
- avvio del procedimento quando viene richiesta l’apertura di un procedimento
- istruttoria (istruzione, preparazione) si raccolgono dati e prove e si effettuano accertamenti di
varia
natura utili ai fini del giudizio, per passare alla fase
decisoria
- predecisoria si determina e si attua il contenuto del provvedimento
2. Fase costitutiva dove appunto si forma il provvedimento vero e proprio
3. Fase dell’efficacia viene valutata la legittimità dell’atto
I PARERI
Prima di decidere, l’autorità può avvalersi del parere di un’altra autorità amm.
Esempio il Governo, per prendere alcune decisioni, deve prima sentire il parere del Consiglio di
Stato.
I pareri si differenziano dalle valutazioni tecniche, in quanto i primi presuppongono la situazione di
fatto chiarita ed esprimono un punto di vista già conforme al provvedimento, mentre le seconde
chiariscono la situazione di fatto e fanno parte della fase iniziale dell’istruttoria. Dal momento in
cui la richiesta di parere può aggravare il procedimento, sono stati stabiliti dei limiti ad essa ma
solo in occasione di particolari esigenze. La richiesta di un parere, quando è decisa dall’autorità
amm., è facoltativa, mentre quando è la legge a stabilire che debba essere espresso un parere, si
parla di richiesta obbligatoria. L’autorità non è obbligata a decidere secondo il parere, ma deve
comunque tenerne conto. Questione diversa è per i pareri vincolanti le norme disciplinano che i
pareri debbano essere seguiti obbligatoriamente. Diversamente ancora accade per i poteri
semivincolati l’autorità decidente non può rifiutare il parere ma può chiederne uno da un’altra
autorità. Secondo il procedimento della semplificazione, che agisce per celerità, se il parere non è
recepito entro un tempo stabilito, l’amm. può procedere indipendentemente.
CONCERTI E INTESE
Quando le autorità che detengono il potere circa un unico procedimento hanno interesse che questo
venga esercitato in un certo modo, si accorderanno mediante concerto o intesa. Come il nulla osta,
anche in questo caso il titolare del potere non può emanare un provvedimento senza consenso
dell’altra autorità, ma mentre per il nulla osta l’altra autorità non aveva interesse per il
provvedimento, in questo caso il contenuto del provvedimento interessa entrambe le autorità. La
parola concerto è usata per esprimere i rapporti tra ministeri, ad uno di essi viene affidato il
compito di provvedere divenendo così il concertante, e gli altri concertati. La parola intesa invece
è utilizzata ogni volta che l’amm. titolare del potere di provvedere deve ottenere il consenso da
un’altra amm. sul contenuto del provvedimento. L’intesa è spesso richiesta tra Stato e Regioni per
coordinare le competenze costituzionali. L’intesa può essere:
- debole Se non è raggiunta entro un dato limite di tempo, lo Stato può esercitare
ugualmente il potere
- forte quando è necessaria tra Stato e Regioni perché non si può sostituire.
L’intesa tra lo Stato e tutte le Regioni (quindi non singolarmente) è raggiunta da un apposito
organismo Conferenza permanente per i rapporti tra Stato e Regioni.
IL SILENZIO INADEMPIMENTO
I procedimenti relativi agli atti permissivi su domanda dell’interessato devono concludersi con la
determinazione dell’amm. (è escluso solo il caso di procedimenti puramente discrezionali).
Qualunque provvedimento aperto d’ufficio, di norma, dovrebbe essere concluso; la conclusione
tacita, ovvero l’omissione di ogni decisione del procedimento è una violazione dei doveri
dell’autorità amm. in tal caso la legislazione può:
- provvedere che l’amm. cessi il silenzio e che provveda a sostituirlo con una nuova
sentenza
- qualificare l’omissione trasformandola in decisione, negativa silenzio diniego o
positiva assenso.
Cioè non esclude che esistono ipotesi a cui non è stata comunque data risposta, provocando così
l’adempimento. In tal caso la decisione, nell’ordinamento italiano, passa al Consiglio di Stato.
Secondo l’articolo 2, comma 5 della legge 241 qualora l’amm. rimanga inerte, l’interessato può
reagire attraverso un’apposita azione legale.
IL SILENZIO ASSENSO
La D.I.A. segue il meccanismo del silenzio-assenso: comunicata alla pubblica amministrazione la
propria intenzione ad avviare l'attività, il soggetto, decorsi 30 giorni può darvi inizio. Entro 60
giorni dalla prima comunicazione, l'amministrazione può verificare l'esistenza dei requisiti e dei
presupposti di legittimità e, in caso di loro mancanza, può vietare al soggetto di continuare la sua
attività.
A fianco del silenzio inadempimento vi è il silenzio assenso, ovvero la qualificazione positiva del
tacito dell’autorità in materia di procedimento. L’assenso privilegia l’interesse dei richiedenti il
procedimento che resta soddisfatto, dal momento in cui in questo caso la legislazione interpreta
come positivo il giudizio dell’autorità amm. La disciplina del silenzio assenso è stabilita
dall’articolo 20 della legge 241 che stabilisce che, salvo casi in cui il procedimento è sostituito
dalla dichiarazione dell’interessato, il silenzio assenso sarà accettato direttamente senza ricorrere
ad ulteriori istanze. Il silenzio assenso non si applica ai procedimenti riguardanti patrimonio
culturale, pubblica sicurezza, salute e incolumità. L’amm. può evitare il silenzio assenso ricorrendo
alla conferenza dei servizi entro i 30 giorni dalla presentazione della domanda. Quando l’autorità
interpreta il silenzio come risposta positiva, bisogna metterlo per iscritto e motivato, per fonte di
conoscenza di quanto stabilito. In questi casi il provvedimento non è illegittimo. Chiaramente, nel
caso qualcuno abbia un interesse opposto al rilascio del permesso può contestare l’assenso che può
rendere legittimo un provvedimento.
IL PROVVEDIMENTO PERFETTO
Quando esercita un potere amm., il provvedimento è perfetto. Ma ciò non vuol dire che sia
legittimo, infatti solo un provvedimento perfetto può essere legittimo e non o efficace e non, in
quanto consiste in qualcosa di concreto. Il provvedimento amm. produce effetti giuridici, anche se
di conseguenza, come ultimo scopo, ha quello di produrre effetti pratici.
Esempio la diffida per demolire un edificio ha uno scopo pratico di provocarne la distruzione,
ma l’effetto giuridico è l’obbligo che viene imposto al destinatario.
Può accadere però che il provvedimento perfetto produca effetti giuridici ma non immediatamente
efficaci.
Esempio la diffida di demolizione obbliga il destinatario a demolire entro un certo termine e
con rischio di sanzioni e sarebbe illegittimo se quest’effetto si producesse all’insaputa del
destinatario; infatti l’atto diviene efficace quando viene fatto conoscere nel giusto modo
all’interessato.
L’INTEGRAZIONE DELL’EFFICACIA.
GLI ATTI FINALIZZATI ALLA CONOSCENZA DEL PROVVEDIMENTO
La fase dell’efficacia e della perfezione possono essere separate per le seguenti ragioni:
- esigenza che l’esistenza del provvedimento sia conosciuta in anticipo
- esigenza che la validità del provvedimento sia verificata in anticipo
- esigenza che i provvedimenti non producano effetti senza accettazione del
destinatario
Il provvedimento viene portato a conoscenza di singole persone mediante strumenti di
comunicazione personale, che avranno carattere formale per constatare la veridicità dell’avvenuta
comunicazione. I mezzi più diffusi e formali sono la comunicazione per raccomandata e la
notificazione porta a conoscenza del destinatario copia conforme all’originale di un atto a lui
destinato e ad esplicare gli effetti giuridici nei suoi confronti. Secondo l’articolo 21 bis, se il
destinatario non viene a conoscenza dell’atto personalmente, egli ne verrà comunque a conoscenza
mediante procedure alternative di pubblicità, e nel momento in cui il destinatario del
provvedimento rappresenta l’intera comunità, l’autorità amm. agirà per pubblicazione (es. a mezzo
stampa). Alcuni atti iniziano a produrre i loro effetti nel momento in cui il destinatario ne viene a
conoscenza, per cui si dicono recettizi (es. diffida). Lo stesso articolo sancisce inoltre che in casi
urgenti i provvedimenti sono immediatamente efficaci. Altri modi di pubblicazione sono le
affissioni e lo spazio apposito in internet.
LA NULLITA’ E L’INESISTENZA
L’atto amm. inesistente è nullo manca di un elemento essenziale. Secondo l’articolo 21 della
legge 241, la nullità dell'atto amministrativo si verifica quando:
- in esso mancano gli elementi essenziali
- per incompetenza assoluta di legge
- quando è prodotto in elusione o violazione di una sentenza.
A lungo si è dibattuto sull'esistenza o meno di questa categoria di vizi dell'atto amm. Per lungo
tempo si era ritenuto come giuridicamente rilevante solo l'annullabilità dell'atto amministrativo e
non anche la nullità dell'atto. Con la legge 15 del 2005 è stata prevista la categoria degli atti amm.
nulli.
L'atto amministrativo nullo è: inesistente, inefficace, insanabile. Per gli effetti della nullità dell'atto
amm. il terzo che era obbligato dall'atto nullo può legittimamente rifiutarsi di adempiere alle
previsioni dell'atto. Inoltre la nullità dell'atto può essere fatta valere da chiunque, non solo da chi
sia leso in un suo diritto soggettivo o in un suo interesse legittimo. Un atto nullo può essere
convertito in un atto diverso con i requisiti di sostanza e di forma richiesti dalla legge sempre che
sia raggiunto lo stesso interesse pubblico.
La nullità può essere fatta valere davanti al giudice ordinario nel caso l'atto amm. leda dei diritti;
nel caso sia lesivo di interessi legittimi la competenza è del giudice amm.
L’INCOMPETENZA
E’ uno dei tre vizi che determinano l’annullabilità o la nullità di un atto e riguarda l’organo che lo
emana.
- L'incompetenza assoluta comporta la nullità dell'atto. E’ tale quando l'organo che
emana l'atto non ha assolutamente la competenza per emanarlo, in quanto si tratta di un
organo appartenente ad un potere, o settore dell'amm. pubblica, completamente diversi.
- L'incompetenza relativa comporta l'annullabilità dello stesso. E’ tale quando
l'organo che emana l'atto, pur facendo parte del settore dell'amm. competente per quel
tipo di materia, non è legittimato all'emanazione di esso.
Esempio un provvedimento in materia scolastica emanato dal Provveditore agli studi,
mentre le leggi stabiliscono che esso deve essere emanato dal superiore gerarchico, e cioè dal
Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca.
LA VIOLAZIONE DI LEGGE
La violazione di legge è la difformità dell'atto amm. rispetto alle norme di legge, ma anche rispetto
a qualunque norma vigente. In teoria anche il vizio di incompetenza sarebbe una violazione di
legge, però se la violazione venisse estesa fino a comprendere la violazione di qualsiasi principio,
gli altri vizi di legittimità non avrebbero motivo di esistere. Bisogna quindi riferirsi a violazioni ai
fini dell’annullabilità ed escludere ipotesi di semplice irregolarità e nullità. La violazione dunque
riguarderà norme di organizzazione e norme sul procedimento e sul provvedimento, nonché i suoi
presupposti e il suo contenuto.
LE FIGURE SINTOMATICHE
Lo sviamento fa parte delle figure sintomatiche, ovvero i casi di eccesso di potere individuati ed
elaborati dalla giurisprudenza. Alcune di esse riguardavano la motivazione della decisione (difetto
di motivazione: la motivazione integrativa del provvedimento è insufficiente o inesistente):
apparente, perplessa, contraddittoria, divennero sintomi di un vizio della decisione. Le altre figure
individuate furono:
- Ingiustizia manifesta provvedimento dal contenuto contraddittorio
- Disparità di trattamento la pubblica amm. di fronte ad uguale circostanza
procede in modo diverso a seconda dei destinatari
- Violazione della prassi cambiamento del modo in cui l’amm. ha provveduto in
passato nella stessa situazione
- Travisamento dei fatti emanazione di un atto basato su un fatto inesistente o
illogico
- Insufficienza istruttoria quando la base del provvedimento è inadeguata alle
scelte da compiere.
Ogni figura sintomatica, man mano si è distaccata dal collegamento attribuito con lo sviamento di
potere ed ha assunto un’autonoma ragione di vizio.
NOZIONE E TIPI
I provvedimenti di secondo grado sono quelli subordinati e regolati da altri provvedimenti ma che
hanno pur sempre come scopo quello di regolare determinati rapporti umani, anche se non
direttamente. Tali provvedimenti incidono sull’efficacia di altri, dando luogo alle problematiche di:
modifiche o varianti - sospensione, proroga e rinnovo - revoca - annullamento - convalida -
conferma.
MODIFICHE O VARIANTI
Può essere facilmente modificato il contenuto dei provvedimenti che regolano un’attività
prolungata nel tempo. Le modifiche vengono chiamate varianti e sono soggette alle regole del
provvedimento originario.
Esempio modifica di un provvedimento sulla costruzione di un edificio. Sarebbe insensato
modificare invece la patente perché il suo contenuto regolativo è stabilito direttamente dalla legge;
si può invece attuare un procedimento semplificato rispetto al primo atto quando bisogna passare
da un tipo di patente all’altra, in quanto il primo atto attesta già il possesso di determinati requisiti.
LA REVOCA
La revoca è la privazione dell’efficacia di un provvedimento attualmente in atto. L’amm. è tenuta a
revocare un provvedimento ove nel corso del tempo vengano meno i requisiti legali o le
circostanze necessari a rendere legittimo il provvedimento.
Può essere chiamata anche rimozione o abrogazione quando si tratta di eliminare atti sfavorevoli.
Si parla di revoca sanzionatoria quando vengono colpite trasgressioni, da parte del titolare di una
licenza, delle regole dello svolgimento dell’attività autorizzata.
La revoca per nuova valutazione avviene invece in caso di mutamento della situazione o
dell’interesse pubblico originario; in questo caso l’organo che ha emanato il provvedimento lo
revoca e lo sostituisce eventualmente con un altro adatto alle nuove valutazioni effettuate.
La legge stabilisce che, in caso la revoca possa arrecare danno ai soggetti interessati, l’amm. deve
provvedere a risarcire.
CONVALIDA E SANATORIA
Lo stesso articolo 21 della legge 241 stabilisce che un provvedimento di secondo grado relativo ad
atti illegittimi può essere anche convalidato, motivandone le ragioni di interesse pubblico, entro un
termine stabilito. La convalida è un provvedimento che rimuove un vizio di legittimità. Prima di
poter convalidare un provvedimento bisogna logicamente giustificare i motivi per cui viene
effettuata tale operazione e valutare accuratamente gli interessi pubblici in gioco. Per quanto
riguarda il termine, al contrario dell’annullamento, la convalida sarebbe opportuno effettuarla dopo
il tempo stabilito. La maggior parte dei provvedimenti non sono suscettibili di convalida; l’unico
caso che non presenta problemi è la convalida del provvedimento viziato di incompetenza relativa,
che si effettua con una richiesta dell’autorità competente. La convalida produce effetto retroattivo
cioè dopo aver convalidato il provvedimento, esso si considera come mai viziato.
Diversa questione si pone con l’effetto sanante che a volte può essere prodotto dal successivo
intervento di atti che dovrebbero intervenire prima del provvedimento: la sanatoria disposizione
normativa, una tantum o permanenti, che sanano la posizione irregolare nei confronti della legge di
un gruppo di individui, che scelgono di aderirvi.
Esempio la successiva acquisizione del nulla osta che invece l’autorità avrebbe dovuto
acquisire prima di provvedere. La mancanza di nulla osta vizia il provvedimento, ledendo il potere
dell’autorità che emette il nulla osta. Ma se questo viene successivamente acquisito, risulta che in
realtà non è stato leso alcun potere, al contrario è stato reso legittimo il risultato dell’attività
prevista dal provvedimento.
LA QUESTIONE DEGLI ATTI CONFERMATIVI
Può capitare che un soggetto interessato chieda all’amm. di riesaminare un provvedimento per lui
sfavorevole, che non è stato impugnato (l’impugnazione è la resistenza della parte interessata
avverso atti e provvedimenti), a cui si allegano elementi o circostanze che ne provocherebbero
l’annullamento. Se l’amm. si convince delle ragioni del richiedente annullerà il provvedimento
secondo le regole già esposte, se non se ne convince comunicherà al richiedente che è inutile
tornare a provvedere secondo la sua richiesta, confermando il precedente provvedimento. Sulla
possibilità che tale decisione possa essere a sua volta un provvedimento e se possa sostituire quello
iniziale, distinguiamo l’atto meramente confermativo e il provvedimento di conferma. Il primo
richiama un precedente provvedimento, il secondo si verifica ove l’amm. compia nuovamente una
valutazione degli elementi già valutati in precedenza, eventualmente annullando il provvedimento
precedente. Nel caso in cui l’amm. confermi il provvedimento precedente, ritenendo che le
allegazioni del richiedente non sono rilevanti affinché avvenga l’annullamento, questa decisione
potrà essere impugnata da chi afferma che le ragioni allegate all’amm. siano viziate.
LE ATTIVITA’ DI SERVIZIO PUBBLICO
LA RESPONSABILITA’ CONTRATTUALE
E’ disciplinata dall’articolo 1218 c.c. Essa riguarda l’adempimento di una preesistente
obbligazione, che non deriva necessariamente da un contratto: si chiama così perché si riferisce
all’adempimento di un’obbligazione già contratta. In particolare, a fronte di un adempimento,
dipendente da cause non imputabili al debitore, per esempio negligenza, all’obbligazione originaria
si sostituisce quella di risarcire il conseguente danno patito dal creditore.
LA RESPONSABILITA’ PRECONTRATTUALE
E’ disciplinata dagli articoli 1337 e 1338 c.c. Si riferisce al comportamento specifico delle parti
durante lo svolgimento di trattative nella formazione di un contratto. In tale occasione le parti
devono comportarsi in modo corretto e, se una parte conosce le cause di invalidità del contratto e
non ne dà notizia all’altra, essa deve risarcire il danno. Mentre per i privati l’intera fase della
contrattazione è libera, le pubbliche amm. sono invece vincolate alle leggi.
LA RESPONSABILITA’ EXTRACONTRATTUALE
E’ disciplinata dall’articolo 2043 c.c. E’ anche detta “aquiliana” (dal nome della prima legge che
disciplinò la responsabilità ex delicto, ovvero del principio in virtù del quale la lesione di un diritto
soggettivo assoluto o di una posizione giuridica soggettiva tutelata dall’ordinamento, obbliga
l’autore della lesione a risarcire i danni patrimoniali e non patrimoniali), è quella che consegue
allorché un soggetto viola non già un dovere specifico, derivante da una preesistente obbligazione,
bensì un dovere generico. Il problema da considerare è quando il danno subito dal comportamento
delle pubbliche amm. debba ritenersi ingiusto.
Esempio un conducente guida su una strada ghiacciata a 70km/h e subisce un incidente, il
conducente guidava ad alta velocità per una strada ghiacciata, ma questa non era cosparsa di sale,
quindi bisogna valutare se la colpa è dell’amm.
Il tipo di problema che da maggior difficoltà è quindi l’omissione di un’attività che l’amm. avrebbe
o meno dovuto compiere. Quando invece le responsabilità deriva da un’azione commessa, il
problema sta nel verificare se l’azione sia collegabile all’amm. Per poter rendere imputabile un
determinato comportamento di una pubblica amm. si analizza il rapporto di occasionalità
necessaria con il servizio prestato dall’amm.
I NUOVI PROBLEMI
Ogni danno provocato dalla pubblica amm. per colpa o dolo violando una norma che protegge un
interesse privato, provoca un risarcimento; a tale contesto si collega una serie di problemi. La
tutela degli interessi legittimi e l’ingiustizia del danno prodotto restano separati.
Esempio un soggetto chiede un’autorizzazione che gli viene negata con un provvedimento
viziato da incompetenza relativa. Il soggetto, in possesso di interesse legittimo può chiedere al
giudice l’annullamento del provvedimento, dopo di che l’autorità competente tornerà a provvedere.
Per quanto riguarda il risarcimento, esso non può essere quantificato senza sapere se spettava o
meno il permesso al richiedente, né potrà essere stabilita la gravità del danno. L’ingiustizia del
provvedimento, dunque, non dipende dalla violazione di ogni regola che lo rende illegittimo, ma
dalla violazione che assicuri un beneficio all’amministrato. Tradizionalmente la tutela degli
interessi legittimi compete ai giudici amm. mentre la tutela del risarcimento compete al giudice
ordinario, ma con un modifica di legge sono state attribuite tutte le competenze al giudice amm.
per quanto riguarda le modalità di risarcimento, ci sono stati dei divari che hanno separato dottrina
e giurisprudenza del Consiglio di Stato e della Corte di Cassazione. Il primo sostiene che la tutela
risarcitoria sia secondaria alla tutela ordinaria contro i provvedimenti illegittimi e che quindi vada
attuata solo dopo che i rimedi principali non abbiano avuto buon esito; la seconda invece sostiene
che la tutela risarcitoria possa avvenire indipendentemente da quella ordinaria. In ogni caso,
secondo l’articolo 1227 il risarcimento non è dovuto per i danni che il creditore avrebbe potuto
evitare essendo più diligente.