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DIRITTO AMMINISTRATIVO

E’ un ramo del diritto pubblico le cui norme disciplinano le attività delle pubbliche
amministrazioni al fine di conseguire l’interesse pubblico.

CONCETTO DI AMMINISTRAZIONE
Amministrare  svolgere al meglio un’attività per ottenere buoni risultati
L’amministrazione è spesso un’attività svolta da privati che esercitano la propria autonomia privata
stabilendo arbitrariamente l’interesse da conseguire.
Esempio  amministrare il proprio tempo denaro.
Qualora questa attività sia legata ad un contesto giuridico, verranno applicate le norme del diritto
privato.
In altri casi è un’attività svolta, sempre da privati, per conseguire l’interesse altrui.
Esempio  un amministratore di condominio deve conseguire l’interesse dei condomini e non il
suo.
L’attività dell’amministratore è legata al Principio di Responsabilità  qualora l’amministratore,
durante l’esercizio della sua attività, dovesse arrecare danno, dovrà poi risarcirlo.

AMMINISTRAZIONE PUBBLICA E PUBBLICHE AMMINISTRAZIONI


Anche per l’amministrazione pubblica l’interesse da conseguire è altrui  Interesse pubblico,
ovvero dell’intera comunità e non di soggetti specifici.
Esempio  sicurezza delle persone, salute pubblica, istruzione
L’amministrazione pubblica non è affidata a persone fisiche ma giuridiche dette Pubbliche
amministrazioni  veri e propri organi a cui viene affidato il compito di perseguire un determinato
interesse. Sia l’amm. pubblica, intesa come attività, sia le pubbliche amm., intese come organi che
svolgono tali attività, sono qualificate ed autorizzate dalle norme dell’ordinamento giuridico.

CAPACITA’ DI DIRITTO PRIVATO


Nell’interesse da conseguire vi sono alcune differenze tra pubbliche amm. e amm. privati:
- Le pubbliche amm. sono regolate da norme dell’ordinamento giuridico
Gli amm. privati sono qualificati da atti di autonomia privata  contratti di mandato o
deliberazione.
- Le pubbliche amm. perseguono l’interesse della comunità
Gli amm. privati perseguono l’interesse di specifici soggetti
- Per quanto riguarda la fedeltà amministrativa, l’amm. privato, qualora arrechi danno,
essendo legato al principio di responsabilità è tenuto a risarcire, questo spesso non accade per
l’amm. pubblico, che non troverà avanti a sé soggetti pronti a fare valere i propri diritti. Questo
accade perché gli organi della pubblica amm. conseguono interessi dell’intera comunità. Per
evitare l’infedeltà amm. gli organi sono soggetti a vigilanza di autorità pubbliche, inoltre gli
amministratori sono soggetti a sanzioni penali  concussione (consiste nel farsi dare o
promettere denaro o un altro vantaggio abusando della propria posizione), corruzione, abuso
d’ufficio.
Nel compimento di atti giuridici durante l’esercizio dell’attività, amm. privati e pubbliche amm.
hanno fattori in comune: siccome anche le pubbliche amm. svolgono la funzione di amministrare, è
possibile che durante l’esercizio dell’attività ricorrano ad atti di natura privata, come il contratto,
hanno perciò capacità di diritto privato; la stessa legge afferma che l’attività delle pubbliche
amm., salvo casi particolari, agisce secondo le norme del diritto privato.
POTERI AMMINISTRATIVI
Sono poteri speciali conferiti dall’autorità pubblica alle pubbliche amm. qualora la parità di poteri
tra i soggetti giuridici non sia efficace per il conseguimento dell’interesse pubblico.
Esempio  una pubblica amm., per migliorare la viabilità vuole costruire una strada ma i
proprietari terrieri presenti sulla zona non vogliono cedere il proprio terreno o ne approfittano per
cederlo a prezzi altissimi.
In questo caso si ricorre all’espropriazione per pubblica utilità  contratto di compravendita
forzato, potere speciale conferito solo in casi particolari. I poteri speciali vengono conferiti anche
in altre occasioni.
Esempio  evacuazione forzata per calamità naturali
L’esercizio dei poteri speciali produce vantaggi e svantaggi per la comunità
Esempio  l’espropriazione per pubblica utilità giova chi acquista ma è uno svantaggio per chi è
costretto a cedere il terreno.
Generalmente i poteri amm. sono previsti dalle norme dell’UE, infatti i regolamenti comunitari
sono la fonte principale di produzione di norme applicabili ai poteri. Compito delle pubbliche
amm. è scegliere il potere adeguato ad un determinato contesto.

PRINCIPIO DI LEGALITA’ E RISERVA DI LEGGE


I poteri speciali sono conferiti con l’enunciazione di una regola fondamentale, il Principio di
Legalità  stabilisce che tali poteri esistono se sono previsti dalle norme dell’ordinamento
giuridico (leggi, decreti legge e legislativi). Tale principio ammette che il potere venga esercitato in
modo discrezionale, ma non in modo arbitrario. La Costituzione affida la disciplina di una
determinata materia solo alla legge, escludendo l' intervento di altre fonti di diritto. Il principio
afferma che il compito delle pubbliche amm. è soddisfare l’interesse pubblico, tenendo conto del
fine da conseguire, e determinare la corretta decisione da prendere.
Il principio di legalità si divide in:
- Formale  afferma che l'amm. pubblica non ha altri poteri se non quelli conferiti dalla
legge
- Sostanziale  afferma che l’amm. deve esercitare i suoi poteri in conformità con i
contenuti prescritti dalla legge. L'amm. è tenuta non solo a perseguire i fini determinati dalla
legge, ma anche a operare in conformità alle disposizioni normative stesse.
Per questo si ricorre alla Riserva di legge  creazione del potere nei suoi elementi essenziali 
tipo, presupposti e competenza. La riserva di legge ha una funzione di garanzia in quanto vuole
assicurare che in materie particolarmente delicate, come nel caso dei diritti fondamentali del
cittadino, le decisioni vengano prese dall'organo più rappresentativo del potere sovrano ovvero dal
Parlamento.

POTERI RESTRITTIVI E AMPLIATIVI


Fanno parte dei poteri amm.:
Poteri Restrittivi  restringono la capacità giuridica del destinatario, togliendogli un diritto o
creandogli un obbligo. Essendo soggetti al principio di legalità e basati sulla riserva di legge, essi
si applicano in particolari situazioni e nei limiti previsti dalle norme dell’ordinamento giuridico.
Poteri Ampliativi  autorizzano, rendendo lecita un’attività ampliando la capacità giuridica del
destinatario. Anche a questi poteri si applica il principio di legalità: prima di creare un permesso
creano il divieto, che viene eliminato solo quando il destinatario possiede la qualifica che libera dal
divieto.
Esempio  per guidare ci vuole la patente, che quindi autorizza il destinatario ad avere quella
capacità.

POTERI REGOLATIVI E GESTIONALI


Oltre ai poteri restrittivi e ampliativi distinguiamo anche quelli regolativi e gestionali.
Poteri Regolativi  non riguardano singole decisioni, favorevoli e non, su singoli casi e soggetti,
ma più situazioni differenti ed indefinite, per questo possono essere ampliativi e restrittivi a
seconda dei casi. Tali poteri disciplinano, in linea generale, determinate situazioni; sono di rango
secondario (subordinati alla legge) sono pertanto regolamentari, che la Costituzione ripartisce tra
Stato e Regioni. Competono solo alle pubbliche amm.
Poteri Gestionali  Sono conferiti anche ai soggetti privati e disciplinano e gestiscono determinati
contesti.
Esempio per concludere un contratto per una fornitura di materiale, le pubbliche amm. decidono
con quale fornitore accordarsi, lo stesso per i privati. Ma, mentre gli atti dei privati possono anche
non assumere rilievo giuridico, le pubbliche amm. sono vincolate dalla legge a scegliere sulla base
di gare pubbliche e impongono gli atti di aggiudicazione dei contratti ai vincitori. Per decidere con
chi stipulare il contratto, le pubbliche amm. ricorrono al concorso pubblico.
Ai poteri gestionali si ricorre anche per la gestione di beni pubblici  demaniali (sono sempre
immobili e appartengono a enti pubblici: spiagge, porti) e patrimonio indisponibile (mobili o
immobili di pubblica utilità: foreste, uffici statali), o per le nomine ad uffici onorari.
Tali poteri si riferiscono generalmente a benefici, sono pertanto ampliativi. Infine, altri poteri
gestionali riguardano la gestione di servizi pubblici (di trasporto, sanitari). In conclusione, lo scopo
dell’attività amm. è il conseguimento, da parte delle pubbliche amm., dell’interesse pubblico.

EFFETTI GIURIDICI E RISULTATO PRATICO DELL’ESERCIZIO DEI POTERI AMM.


Ogni potere amm. produce un effetto giuridico diverso
Esempio  con l’espropriazione per pubblica utilità si ha un effetto traslativo della proprietà, che
passa dal proprietario al beneficiario; con l’autorizzazione si rende lecito un atto che prima non lo
era.
Bisogna però distinguere l’effetto giuridico dal risultato pratico dell’interesse pubblico, in quanto
non è detto che l’effetto giuridico di un provvedimento soddisfi subito l’interesse pubblico.
Esempio  se è ordinata la rimozione di un edificio pericolante, l’interesse dell’incolumità
pubblica sarà soddisfatto al momento della rimozione e non del mandato.

PRINCIPIO DI GIUSTIZIABILITA’
Spesso accade che i poteri amm. possano favorire l’interesse di alcuni cittadini e non di altri, che
vedono lesi i propri interessi. Per questo vige il Principio di Giustiziabilità, secondo cui i soggetti i
cui interessi siano stati lesi da un atto di esercizio del potere amm. possono rivolgersi al giudice per
far valere l’eventuale illegittimità di tale atto, avendo così la possibilità di far valere i propri
interessi, tutelandoli da un’eventuale violazione.

POTERI AMMINISTRATIVI, NORMATIVI E GIURISDIZIONALI


Alla categoria dei poteri pubblici appartengono i poteri amministrativi, normativi e giurisdizionali.
Poteri amm.  organizzazione di mezzi e persone al fine di raggiungere gli obiettivi di interesse
pubblico
Poteri normativi  sono rivolti alla produzione delle norme dell’ordinamento giuridico. Sono
anche essi soggetti al principio di legalità.
I due poteri si differenziano per il fatto che i primi hanno per oggetto la produzione di effetti
giuridici e risultati concreti, i secondi la produzione di norme.
I poteri normativi, che spettano alle autorità amm., sono regolamentari. Tale potere spetta
fondamentalmente al Governo, nelle Regioni invece alla Giunta Comunale, negli enti locali ai
Consigli.
Poteri giurisdizionali  consistono nel potere dato al giudice di assicurare una corretta attuazione
della legge e l’applicazione delle giuste sanzioni ove necessario. E’ affidato alla Magistratura.

PRINCIPIO DI BUON ANDAMENTO


E’ affiancato all’art. 1 della 241, afferma che la Pubblica amm. deve basarsi sui princìpi di
economicità, trasparenza e pubblicità; è ripreso anche dall’art. 97 della Costituzione, che afferma
che la Pubblica amm. è basata sul principio di imparzialità e buon andamento. Stabilisce che
l’attività della Pubblica amm., volta alla realizzazione dell’interesse pubblico, si conformi ai criteri
di efficacia ed efficienza.
L’ATTIVITA’ AMM. TRA ORDINAMENTO ITALIANO E ORD. COMUNITARIO
EUROPEO

ORD. COMUNITARIO E ORD. NAZIONALI DI FRONTE ALL’ATTIVITA’ AMM.


L’esercizio dell’attività amm. ha come oggetto: formazione, amm., giurisdizione. Quando
l’ordinamento giuridico italiano è inserito in quello europeo, i tre procedimenti sono ripartiti tra le
istituzioni nazionali ed europee.

NORMAZIONE COMUNITARIA ED AMMINISTRAZIONE


Molte norme dell’ordinamento comunitario europeo vengono attuate mediante attività amm.
Esempio  molte normative europee inerenti al mercato agricolo, così come nel campo della
medicina, degli appalti, della tutela ambientale e dei lavori pubblici, vengono attuate in via amm.
Gran parte della normativa europea, dunque, disciplina compiti e poteri degli organi amm., agendo
secondo il Principio dell’amm. indiretta  attuazione delle norme comunitarie da parte degli Stati
membri (la Comunità Europea regola e l’amm. delle regole europee spetta agli Stati nazionali).
La Commissione europea può tuttavia agire anche indipendentemente per amm. diretta.

L’AMM. INDIRETTA E I RAPPORTI TRA NORMATIVA COMUNITARIA E NAZIONALE.


LE MATERIE DISCIPLINATE DA REGOLAMENTO COMUNITARIO.
Quando l’amm. spetta alle autorità nazionali, queste esercitano i poteri previsti dalle norme
applicando un diritto composto da norme comunitarie e nazionali, poste con regolamento o
direttiva (emessi dalla CE)
I regolamenti sono norme direttamente applicabili agli stati membri e sono di portata generale 
riguardano tutti gli stati. Fissano contemporaneamente un obiettivo da raggiungere e i mezzi per
farlo. I regolamenti sono obbligatori per tutti i cittadini ed entrano a far parte dell’ordinamento
giuridico senza essere recepiti da una legge nazionale, che invece specificheranno le autorità
competenti.
Esempio  la tariffa doganale è stabilita da un regolamento comunitario con norme direttamente
applicabili, ma delle autorità competenti se ne occupa il diritto nazionale. Ogni Stato può
organizzare la sua amm. come meglio crede e quindi, anche se le amm. applicano norme
comunitarie per quanto concerne le attività da compiere, le stesse amm. applicheranno anche
norme nazionali sulla competenza e sulla procedure. Inoltre, la fonte nazionale che deve
intervenire dipende dal diritto nazionale e saranno leggi statali o regionali a seconda della loro
competenza.

LE MATERIE DISCIPLINATE DA DIRETTIVA COMUNALE


Le direttive sono norme comunitarie che vincolano lo stato membro cui sono rivolte al
raggiungimento di un risultato entro un certo termine. Lo Stato può scegliere la forma e i mezzi
con cui raggiungere il risultato richiesto dalla direttiva. E’ un atto che non ha portata generale
perché vincola solo gli Stati cui è indirizzato. Delle direttive fanno parte le direttive dettagliate 
possono assumere la stessa efficacia dei regolamenti e lasciano poco spazio ad alternative quanto ai
mezzi e modi per realizzare il risultato da esse stabilito. Ogni stato deve attuare la direttiva, per cui
deve emanare atti normativi adeguati alle disposizioni della direttiva, deve essere cioè recepita. Per
recepire rapidamente le direttive, evitando così condanne dalla Corte di Giustizia, l’Italia ha
prodotto la Legge comunitaria, che deve essere presentata dal governo al parlamento entro il 31
marzo di ogni anno. Tale legge raggruppa i provvedimenti necessari per adeguare la normativa
interna a quella comunitaria. L’attuazione delle direttive, nel diritto italiano, spetta allo Stato o alle
Regioni.

L’AMM. COMUNITARIA DIRETTA


Oltre all’amm. indiretta, vi sono poteri amministrativi esercitati direttamente dalla Commissione
Europea.
Esempio  regole che tutelano la concorrenza tra imprese
Sono spesso poteri stabiliti con regolamento comunitario. Quando la competenza dell’esercizio dei
poteri amm. spetta alle istituzioni comunitarie, queste applicano solo il diritto comunitario 
insieme di norme che disciplinano l’organizzazione e lo sviluppo dell’UE ed i suoi rapporti con gli
Stati membri.

LE CONTROVERSIE RELATIVE AD ATTI DI ESERCIZIO DI POTERI PREVISTI DALLA


NORMATIVA COMUNITARIA
Dall’esercizio del potere amm. possono derivare delle controversie che devono avere un giudice.
Non vi sono dubbi sulla validità e l’uniforme applicazione di una norma, quando questa è
nazionale ed è applicata da autorità nazionali. Per le norme comunitarie previste ed esercitate dalle
autorità comunitarie, i giudici competenti per verificarne la validità e l’uniforme applicazione sono
quelli europei  Tribunale di I grado e Corte di Giustizia delle Comunità Europee. Invece quando
le norme europee vengono esercitate dalle autorità nazionali, è possibile che non vengano applicate
uniformemente ma che qualche giudice modifichi l’originale applicazione a seguito di qualche
decisione interna.

LA GARANZIA DELL’UNIFORME APPLICAZIONE DEL DIRITTO COMUNITARIO


ATTRAVERSO IL RINVIO PREGIUDIZIONALE
I fondatori della Comunità hanno colto il problema dell’uniformità nell’applicazione nazionale del
diritto comunitario creando una soluzione compatibile con l’inviolabilità delle sentenze nazionali.
E’ stato istituito un rimedio preventivo  al giudice nazionale vengono dati la facoltà o l’obbligo
di investire un giudice europeo prima di decidere.
Tale sistema è chiamato Rinvio pregiudizionale  rinvio: la questione di diritto europeo è affidata
al giudice europeo, pregiudizionale  la decisione del giudice europeo condiziona la soluzione
della controversia in ambito nazionale. Il giudice ha la facoltà di respingere la questione di validità
senza bisogno di rinvio, ma per affermare l’invalidità di un atto di un organo comunitario deve
prima comunicarlo alla Corte di Giustizia.

QUESTIONI DI INTERPRETAZIONE E QUESTIONI DI VALIDITA’ IN RELAZIONE ALLE


NORME CHE DISCIPLINANO POTERI AMM.
Questione di Interpretazione  Si verifica nel caso in cui il giudice ritenga che vi sia una
violazione di atti nazionali che esercitano poteri previsti dal diritto europeo e nazionale e di
conseguenza delle norme europee.
Questione di Validità  Si verifica quando l’atto nazionale che esercita il potere previsto dal
diritto europeo sia conforme alla normativa comunitaria che lo prevede e lo disciplina.

LE DECISIONI AMMINISTRATIVE IN COLLABORAZIONE TRA AUTORITA’


NAZIONALI E AUTORITA’ COMUNITARIE E IL PROBLEMA DELLA TUTELA
GIURISDIZIONALE
I poteri amm. sono disciplinati in modo tale che nel loro esercizio confluiscano decisioni prese sia
da autorità nazionali sia da autorità comunitarie. La Corte di Giustizia ha fermi i princìpi in cui la
contestazione della legittimità degli atti nazionali deve avvenire dinanzi a giudici nazionali, mentre
la contestazione della legittimità degli atti comunitari avviene dinanzi a giudici europei.
Esempio  Un regolamento comunitario disciplina la concessione di aiuti, da parte della
Commissione europea, ad un’azienda produttrice di olio, ma la domanda di aiuto va presentata alle
amm. nazionali che esprimeranno il loro parere e solo le domande con parere favorevole saranno
poi inoltrate alle amm. comunitarie.
LEGALITA’ E DISCREZIONALITA’ DEL POTERE AMMINISTRATIVO

LEGALITA’ SOSTANZIALE E TIPICITA’ DEI POTERI AMM.


Partendo dal principio di legalità e dalla riserva di legge, che stabilisce i fattori essenziali di una
legge, si definisce il tipo di legge, in quanto i poteri amm. devono essere individuati nel tipo, per
questo sono soggetti al Principio di Tipicità, a cui si affianca il Principio di Nominatività del
potere amm.  Tutti i poteri amm., seppur numerosissimi, sono tutti quelli individuati
nominativamente dalle norme dell’ordinamento giuridico. Tali princìpi definiscono il principio di
legalità come sostanziale  il potere amm. deve essere individuato in una norma e nei suoi
contenuti, effetti e sostanza.

LE SITUAZIONI DI NECESSITA’ E I POTERI ATIPICI


Molte norme però non corrispondono a quello che si definisce principio di legalità sostanziale.
Esempio  se, secondo una legge un prefetto in caso di urgenza può adottare provvedimenti per la
tutela della sicurezza pubblica, tale legge indica l’autorità competente, i presupposti, ma non i
contenuti e gli effetti, pertanto, parte della norma è di contenuto atipico ed indefinito.
Generalmente, l’atipicità di una norma è concessa in casi particolari, situazioni pericolose per la
vita, per la sicurezza pubblica, la salute, dal momento in cui in questi casi non si ha il tempo di
definire una norma a priori e con presupposti definiti.
Tali norme vengono emanate con limiti precisi, sono cioè relazionate in base alla necessità.

PRESUPPOSTI E CONSEGUENZA GIURIDICA NELL’ESERCIZIO DEL POTERE.


POTERI VINCOLATI E POTERI NON STRETTAMENTE VINCOLATI.
Salvo casi particolari, secondo il principio di tipicità le norme giuridiche individuano l’amm.
competente, il contenuto degli atti d’esercizio del potere ed i suoi effetti, presupposti e
conseguenze di essi.
Potere Vincolato  Molto spesso l’esercizio del potere è fortemente disciplinato dalle norme, che
l’autorità amm. competente si limita ad accertare i presupposti della norma e quindi, di
conseguenza, ad esercitare il potere previsto dalla legge e nei termini stabiliti. Si parla dunque di
potere vincolato.
Esempio  secondo un art. del Testo unico di pubblica sicurezza, il sindaco di un Comune deve
rilasciare ai residenti di età superiore ai 15 anni una carta d’identità qualora questa venga richiesta.
Quindi non c’è nulla da decidere realmente. Bisogna solo accertare che il richiedente abbia almeno
15 anni e che risieda nel Comune, di conseguenza il Sindaco dovrà rilasciare la carta d’identità.
Quando si parla di potere vincolato, dunque, non bisogna decidere nulla, solo accertarsi della
corretta conseguenza dei presupposti stabiliti.
Potere non strettamente vincolato  A volte accade che alcune norme, invece, non contengano i
presupposti precisi ai quali è collegato il potere e quindi non vi siano chiare disposizioni sulle
conseguenze da trarre.
Esempio  secondo un art. del Testo unico di pubblica sicurezza, il prefetto ha facoltà di
concedere, in caso di dimostrato bisogno, licenza di portare una pistola, precisando che questa
concessione non può essere fatta ai condannati per reato e a chi abusa dell’uso di armi. In questo
caso l’autorità amm. non deve, ma ha facoltà di rilasciare licenza. La norma dunque, richiede
l’esistenza dei presupposti, ma la decisione da prendere, in base ai presupposti, non è vincolata
dalla norma.
Quando si parla di potere non vincolato, dunque, l’autorità amm. valuta i presupposti
(indeterminati) e sceglie la conseguenza giuridica da trarre.
I POTERI COLLEGATI A PRESUPPOSTI DA VALUTARE
Sono molti i casi in cui i presupposti per l’esercizio di un potere amm., stabiliti da una norma, sono
indefiniti, e devono essere quindi interpretati ed applicati correttamente, in base a quanto richiesto
dalla norma, dalle autorità che siano dotate di speciali competenze in campo.
Esempio  secondo la legislazione sui beni culturali, l’autorità amm. competente ha compito di
tutelare mobili e immobili che rappresentino patrimonio artistico, culturale, storico di rilevante
importanza.
Molte norme stabiliscono, oltre ai presupposti su cui l’autorità deve provvedere, apposite
procedure per accertarli  accertamento di idoneità tecnica. In questi casi l’applicazione del
principio di giustizi abilità risulta complesso, dato che il giudice non ha competenze specifiche
richieste dai presupposti e anche perché l’autorità amm., nell’aver svolto il proprio compito, ha già
svolto una sorta di funzione di giudice.
Esempio  una villa viene tutelata per la sua particolare bellezza, per questo il proprietario ottiene
degli svantaggi, come dover chiedere il permesso per qualsiasi lavoro. Per evitare svantaggi il
proprietario dovrebbe dimostrare al giudice che la villa non ha invece una bellezza particolare,
sostituendo così la decisione del giudice. In questo caso, la legge decide che sia l’amm. competente
a valutare la bellezza della villa ed il giudice a verificare la validità di tale valutazione, senza
sostituirla.
Il giudice dunque, è chiamato a legittimare le decisioni prese dalle amm. competenti.

LA DISCREZIONALITA’ (facoltà) AMMINISTRATIVA


La discrezionalità amministrativa è la possibilità di scegliere, entro i limiti, tra più possibilità di
comportamento ugualmente lecite, conferita dal legislatore all’amm. quando la norma disciplina
solo alcuni aspetti del comportamento del destinatario. L'attività discrezionale si contrappone, da
un lato all'attività vincolata, disciplinata sotto tutti gli aspetti dalla norma senza lasciare alcun
margine di scelta al destinatario, e dall'altro all'attività libera nel fine, in relazione alla quale la
norma non stabilisce un fine da conseguire ma dei limiti riguardo ai mezzi che possono essere
impiegati.
L'attività della pubblica amm. è sempre e comunque vincolata al soddisfacimento di un interesse
pubblico determinato dalla legge ma, a differenza dell’attività vincolata la cui legge determina il
modo, il tempo, i mezzi ed i contenuti delle attività che devono essere seguiti perché tale interesse
sia soddisfatto, l’atto discrezionale lascia all'amm. un margine di manovra, rispetto ai modi, o ai
tempi, ai mezzi o ai contenuti.
Il legislatore lascia all’autorità amm. una scelta perché non può definire a priori la decisione da
prendere.
Esempio  per rilasciare un porto d’armi il legislatore non può decidere a priori perché deve
conoscere le circostanze, si affida dunque all’autorità competente.
La condizione di scelta delle pubbliche autorità si differenzia sicuramente dai soggetti privati, che
potranno prendere decisioni in piena libertà.
Pur essendo come principio molto ampia, la discrezionalità amm. non è mai assoluta e può essere
oggetto di controllo da parte dell'organo della giustizia amm.
E’ chiaro che l’autorità competente prenderà le decisioni più consone al conseguimento
dell’interesse pubblico.

GLI INTERESSI PUBBLICI E L’INTERESSE PUBBLICO


Gli interessi pubblici riguardano l’intera comunità, a cui ogni singolo individuo partecipa.
Il principio di legalità stabilisce che tali interessi debbano essere collocati in ambito amm.,
divenendo la ragione dell’attività delle pubbliche amm., interessate alla tutela di esso. In caso di
atti discrezionali, compito delle pubbliche amm. è soddisfare l’interesse pubblico, tenendo conto
del fine da conseguire e degli interessi concreti compiendo valutazioni, e determinare la corretta
decisione da prendere.

LE REGOLE DI ESERCIZIO DEI POTERI DISCREZIONALI


La scelte discrezionali sono compiute rispettando alcune regole:
- Principio di completezza istruttoria  afferma che le autorità amm., prima di
assumere le proprie decisione, devono chiarire la situazione di fatto altrimenti l’atto di
esercizio del potere risulterà illegittimo.
- Principio di completezza e pertinenza della valutazione  afferma che che autorità amm.
devono prendere in considerazione soltanto le circostanze rilevanti.
- Principio di trasparenza ed imparzialità  impone il divieto di qualsiasi forma di
favoritismo sia nei confronti di alcuni soggetti, sia come ugual diritto di tutti i cittadini. Sulla
base di tale principio il giudice può intervenire a sindacare l’attività dell’amministratore
quando quest’ultimo abbia assunto un comportamento sproporzionato rispetto all’esigenza
che si era preposto
- Principio di proporzionalità  impone che la misura assunta dall’amm. sia
adeguata allo scopo e necessaria per il suo conseguimento, che il sacrificio del privato sia
proporzionato all’interesse pubblico che si intende conseguire.
- Onere di motivazione  impone di assumere la migliore decisione possibile e di
indicare le motivazioni per cui tale decisione è stata presa.
Tale principio permette di:
. verificare all’amm. stessa la correttezza del proprio operato
. far capire ai destinatari del potere amm. le ragioni della scelta effettuata
. la possibilità di contestare la scelta effettuata
. la possibilità da parte del giudice di poterne valutare la validità.
IL PROVVEDIMENTO, PROCEDIMENTO E LE SITUAZIONI GIURIDICHE
SOGGETTIVE

POTERI FINALI E POTERI STRUMENTALI. ATTI E PROVVEDIMENTI AMM.


I poteri amm. si distinguono in due determinati tipi di potere:
Finali  sono i tipici poteri amm. che consentono di produrre un determinato effetto giuridico e la
produzione di un risultato concreto di interesse pubblico.
Strumentali  poteri che non producono effetti giuridici ma condizionano la decisione
dell’autorità amm.
Esempio  l’autorità amm., per prendere una decisione, deve tener conto del parere di un altro
organo.
La stessa distinzione conduce alla distinzione degli atti amm. tra: provvedimenti e meri atti amm.,
sono entrambi atti giuridici ma solo il provvedimento produce effetti giuridici.

CARATTERI DEL PROVVEDIMENTO


Il Provvedimento Amministrativo è l’atto giuridico con cui l’autorità amm. esercita un potere amm.
producendo un effetto giuridico esterno, ossia sui soggetti dell’ordinamento giuridico.
Gli atti del provvedimento amm. sono:
- volontari
- unilaterali  si basa sulla sola volontà dell'amministrazione.
- imperativi  si impone forzatamente ai destinatari ma non produce su di essi
alcun effetto giuridico, dato che un’eventuale lesione non è provocata dal provvedimento
in sé ma dal comportamento che esso legittima.
- esecutori  le autorità pubbliche ne possono dare immediata e diretta esecuzione.
- tipici  per essere attuati devono essere espressamente previsti dall'ordinamento .
- inoppugnabili  scaduti i termini per la loro contestazione da parte dei soggetti
legittimati eventualmente lesi, divengono stabili, precludendo ogni forma di
contestazione della loro efficacia. I provvedimenti non sono però intangibili in quanto
restano soggetti ai poteri di annullamento e revoca dell'amm. pubblica.
Esempio  l' autorizzazione e l'abilitazione, l'approvazione, le licenze, i nulla osta.

DAL PROVVEDIMENTO AL PROCEDIMENTO


Un atto amm. è perfetto quando è completamente formato in tutti gli elementi essenziali, ed è
efficace quando produce effetti giuridici. E’ invece legittimo quando viene assunto secondo le
regole che lo disciplinano. Questo si verifica quando la pubblica amm. ha compiuto una serie di
atti e operazioni collegati all’effetto finale. Quindi, prima di esercitare il potere dato dall’atto
giuridico, è necessario che la pubblica amm. studi l’atto giuridico in tutti i suoi aspetti. Il
complesso di tali atti e operazioni prende il nome di procedimento amministrativo. Solo quando un
provvedimento è perfetto può essere considerato efficace o legittimo.

IL PROCEDIMENTO AMM.
Il provvedimento amm. è considerato una sorta di itinerario che l’autorità amm. segue
nell’esercizio di un determinato potere. Il procedimento va seguito in un determinato modo e
secondo alcune tappe e regole precise. Ha l’obiettivo di rendere efficace il provvedimento. Durante
le varie fasi del procedimento, più parti interagiscono ma resta compito dell’autorità amm. portare
a termine il procedimento, di cui ne è la totale responsabile. Storicamente, è stata concentrata
l’attenzione prima sul provvedimento che sul procedimento, la teoria su di esso fu compiuta nel
1940, ma è stato il 7 agosto 1990, con la Legge 241 che è stata creata una disciplina volta
espressamente al procedimento. Al di fuori dell’Italia, la prima grande legislazione sul
procedimento fu quella austriaca, seguita da quelle statunitense e spagnola.

LA LEGGE DEL 7 AGOSTO 1990: N° 241


Con tale legge sono state introdotte nuove norme in materia di procedimento amm. e di diritto di
accesso ai documenti amm. E’ più nota come legge sulla trasparenza amministrativa, dato che ha
rinnovato il rapporto tra i cittadini e la pubblica amm. Si ispira ad una legge di riforma del
procedimento amm., attuata in Germania nel 1976, che prevedeva che il rapporto tra cittadini ed
amministrazione si svolgesse su un piano paritario. Da questo si comprende l'importanza della
legge, che ha trasformato, almeno nel principio amministrativo, il rapporto tra amministrazione e
cittadini da un rapporto di tipo autoritativo ad uno di tipo paritario e collaborativo. La legge è
composta da 32 articoli ed è stata pubblicata nella Gazzetta Ufficiale numero 192 del 18 agosto
1990. E’ stata poi rinnovata dalla legge 15/2005.
La trasparenza amministrativa consiste nell'assicurare la massima circolazione possibile delle
informazioni sia all'interno del sistema amministrativo, sia fra questo ultimo ed il mondo esterno.
L’articolo 1 di tale legge recita infatti: ''L'attività amministrativa persegue i fini determinati dalla
legge ed è retta da criteri di economicità, di efficacia e di pubblicità e di trasparenza, secondo le
modalità previste dalla Legge nonché dai principi dell'ordinamento comunitario''.
Non solo è previsto il diritto di prendere visione degli atti di un procedimento, ma anche che
l'attività amm. deve ispirarsi al principio di trasparenza, inteso come accessibilità alla
documentazione dell'amm. o ai riferimenti da quest'ultima utilizzati nell'assumere una determinata
posizione. Ciò consente ai cittadini di veder garantiti i propri diritti nei confronti dell'amm.
pubblica: hanno diritto ad una informazione qualificata, ad accedere ai documenti amm. e
conoscere, nei limiti precisati dalla legge, lo stato dei procedimenti amm. che li riguardano,
seguendo le fasi attraverso cui l'attività amm. si articola.
E’ possibile/utile utilizzare la Legge 241/90:
- per ottenere copia o visionare un atto amministrativo
- per poter conoscere i motivi che hanno indotto l'amm. a prendere un
provvedimento
- sollecitare una risposta da parte dell'amm.
- acquisire informazioni relative ad un procedimento amm.
- conoscere i presupposti che hanno determinato la decisione dell'amm.
- conoscere i criteri di gestione delle pratiche.

FINI E REGOLE DELL’ATTIVITA’ AMM. - LA DURATA DEL PROCEDIMENTO


Secondo la legge 241 il procedimento deve avere durata certa e conoscibile. A tale scopo devono
essere stabiliti termini precisi, stabiliti con regolamento del Governo. Inoltre, qualora non si possa
stabilire un termine definito, esso sarà di 90 giorni. La legge impone che sia stabilita la durata del
procedimento, ma non assicura che tale durata sia breve. Secondo il nuovo testo della legge 241, i
termini non devo esser necessariamente resi pubblici.

IL RESPONSABILE DEL PROCEDIMENTO


Secondo 3 articoli del Capo II della legge 241, le pubbliche amm. sono tenute a determinare, per
ogni tipo di procedimento di loro competenza, il responsabile dell'istruttoria e di ogni altra fase
procedimentale, nonché l'ufficio competente ad emettere la disposizione finale. Tali elementi
devono venire poi comunicati ai soggetti di volta in volta interessati. In particolar modo, l'ufficio
ed il nome del responsabile del procedimento devono essere comunicati al cittadino interessato. Il
dirigente di ogni ufficio deve provvedere ad assegnare i vari provvedimenti tra sè e gli altri
componenti della propria unità lavorativa. In mancanza di indicazione specifica, l'assegnatario
resta il dirigente d'ufficio.
Tra i compiti del responsabile del procedimento ci sono:
- valutare le condizioni di ammissibilità della richiesta, la legittimazione dei soggetti interessati ed
i
presupposti che dovranno determinare l'emanazione del provvedimento;
- accertare i fatti, richiedendo anche perizie, ispezioni e dichiarazioni a soggetti ed Enti coinvolti;
- curare le comunicazioni, pubblicazioni e modifiche previste in merito al fatto in questione;
- emettere l'atto finale, se di sua competenza.

I PROVVEDIMENTI AMM. E GLI INTERESSI


I provvedimenti emanati possono essere accettati o meno dal destinatario, nel senso che, se un
provvedimento è di tipo restrittivo, l’interesse del destinatario sarà quello di contrapporsi ad esso,
mentre se è di tipo ampliativo, il destinatario ha un forte interesse, addirittura una pretesa, affinchè
il provvedimento venga emanato.
L’ATTIVITA’ AMM. E LE SITUAZINI GIURIDICHE SOGGETTIVE.
LA SITUAZIONE PASSIVA DI SOGGEZIONE
Nel momento in cui sono stati provocato gli effetti giuridici derivanti dall’esercizio del potere
amm., gli altri soggetti (privati) devono prendere atto che il potere è stato esercitato e accettare gli
effetti prodotti, anche se restrittivi. E’ per questo che si dice che il soggetto, i cui interessi sono
stati lesi, è sottoposto a situazione passiva di soggezione di fronte all’esercizio del potere amm. la
situazione è passiva in quanto esprime la condizione di impotenza del soggetto di fronte
all’esercizio sfavorevole del potere altrui.

LA SITUAZIONI ATTIVE DI FRONTE AL POTERE AMM.


In realtà, i soggetti privati non restano totalmente passivi di fronte all’esercizio dei poteri amm.,
l’ordinamento giuridico protegge gli interessi di tali soggetti attribuendogli tre situazioni giuridiche
attive.
1. i soggetti privati possono, prima che l’amm. prenda una determinata decisione, far valere le
proprie ragioni cercando di convincere l’autorità amm.
2. qualora un soggetto ritenga illegittimo un tale esercizio, può avvalersi del giudice per eliminarlo.
3. a volte l’amm. può essere chiamata a rispondere del danno arrecato quando esercita illegalmente
un potere amm.

GLI INTERESSI LEGITTIMI E I DIRITTI SOGGETTIVI


I cittadini, nei cui confronti si esplica la funzione amm., assumono di fronte alla pubblica amm.
delle pesizioni giuridiche soggettive, caratterizzate da un complesso di diritti soggettivi e interessi
legittimi.
Diritto soggettivo  posizione giuridica di vantaggio che l’ordinamento giuridico attribuisce a un
soggetto, che tutela in modo diretto e immediato, è il potere di una persona di esercitare
determinate facoltà nella tutela dei propri interessi. Il diritto soggettivo è tutelato in via assoluta in
quanto è garantita al suo titolare la soddisfazione piena e non mediata dell’interesse protetto dalla
norma. Può dunque essere definito come la situazione giuridica immune dal potere.
Esempio  la legge impone all’ente pubblico il pagamento dello stipendio ai suoi impiegati, che
hanno quindi diritto di riceverlo.
Interesse legittimo  possibilità di poter tutelare i propri interessi eventualmente lesi da un tipo di
provvedimento. I poteri connessi all’interesse legittimo: potere di reazione (ricorso amministrativo
e giurisdizionale per ottenere l’annullamento dell’atto amministrativo); potere di partecipazione al
procedimento amministrativo; potere di accedere ai documenti della pubbliche amm.
Importante è il criterio da usare per decidere quando far valere un diritto e quando un interesse:
quando l’interessato contesta l’illegittimo esercizio di un potere amm. la sua posizione è di
interesse legittimo, mentre se non si prende in considerazione l’esercizio del potere amm. o se
questo è nullo, la questione è di diritto soggettivo. Gli interessi legittimi rappresentano la pretesa
ad un certo comportamento della pubblica amm., ed è riconosciuta ad un soggetto in un particolare
situazione.
Esempio  la partecipazione ad un concorso pubblico, dove alle pubbliche amm. viene imposto di
seguire un determinato comportamento.
L’interesse legittimo è tutelato di riflesso in quanto collegato ad un interesse pubblico e si
differenzia dal diritto soggettivo che è tutelato in modo diretto dall’ordinamento giuridico.
L’INIZIO DEL PROCEDIMENTO E LA PARTECIPAZIONE

LE FASI PROCEDIMENTALI
Il procedimento amm. si attua in tre fasi:
1. Fase preparatoria  l’apertura formalizzata che si può scindere a sua volta in:
- avvio del procedimento  quando viene richiesta l’apertura di un procedimento
- istruttoria (istruzione, preparazione)  si raccolgono dati e prove e si effettuano accertamenti di
varia
natura utili ai fini del giudizio, per passare alla fase
decisoria
- predecisoria  si determina e si attua il contenuto del provvedimento
2. Fase costitutiva  dove appunto si forma il provvedimento vero e proprio
3. Fase dell’efficacia  viene valutata la legittimità dell’atto

L’AVVIO DEL PROCEDIMENTO. APERUTRA SU DOMANDA D’UFFICIO.


IL DOVERE DI CONCLUSIONE ESPRESSA.
Molti procedimenti amm. avvengono perché richiesti da un soggetto, apre in sostanza una
domanda che chiede all’amm. di avviare un determinato procedimento; non obbliga l’amm. a
rilasciare il provvedimento richiesto, ma verifica se tale provvedimento debba esser rilasciato al
richiedente. Tale domanda, definita anche istanza di parte, non è a favore del richiedente, che
preferirebbe gli venisse lasciato direttamente il provvedimento, ma serve a verificare se realmente
esistono i presupposti per rilasciarlo.
Esempio  un residente chiede di istituire un senso unico nella strada sotto casa.
Altri procedimenti invece si aprono ad iniziativa dell’amm. competente, in tal caso si dicono
procedimenti d’ufficio, che generalmente preparano provvedimenti sfavorevoli, quali sanzioni e
requisizioni.

LA PARTECIPAZIONE AL PROCEDIMENTO. I SOGGETTI CHE POSSONO PARTECIPARE


Secondo l’articolo 9 della legge 241, al procedimento può partecipare qualunque soggetto che
abbia un interesse pubblico o privato o diffuso, e che a questo interesse possa derivare dal
provvedimento un pregiudizio. I portatori di interessi pubblici sono ad esempio le pubbliche amm.,
o rappresentanti di un servizio pubblico. I portatori di interessi privati sono i soggetti privati,
persone fisiche o giuridiche o anche organismi privi di personalità giuridica, così come i portatori
di interessi diffusi  riguardano l’intera comunità (es. tutela dell’ambiente) di cui la legge ne
consente rappresentanza a comitati ed associazioni.

I DESTINATARI DELLA COMUNICAZIONE ED IL SUO CONTENUTO


Chi partecipa ad un procedimento ha il diritto di sapere quando questo sia avviato. E’ per questo
che la legge 241 stabilisce che l’amm. deve comunicare ai soggetti interessati l’avvio del
procedimento e adeguate informazioni per partecipare. Per evitare eccessivi sforzi comunicativi
che potrebbero compromettere l’efficienza, la legge ha creato un compromesso tra esigenze
dell’efficienza e della partecipazione:
- il se della comunicazione  secondo l’articolo 7 della legge 241 l’amm. deve
comunicare l’avvio del procedimento qualora non vi siano impedimenti legati a
particolari esigenze. Questo perché il valore primario è sempre l’interesse pubblico, a cui
verrà data importanza primaria in caso di urgenza, in seguito l’amm. sarà tenuta a
giustificare la motivazione del provvedimento.
- I soggetti destinatari della comunicazione  essa deve essere inviata ai soggetti
nei confronti dei quali sarà prodotto l’effetto del provvedimento (destinatari), ai soggetti
che vi intervengono per legge e ai soggetti, diversi dai destinatari e facilmente
individuabili, che possano avere un pregiudizio e che sono portatori di un interesse
contrapposto a quello dell'interessato (controinteressati).
Vi è una differenza tra gli articoli 7 e 9 della legge 241: gli appartenenti alle prime due
categorie sono soggetti individuati dalla legge, gli appartenenti alla terza non lo sono
necessariamente e l’amm. è tenuta a comunicare l’avvio del procedimento solo a quelli
facilmente individuabili.
- La modalità di comunicazione  secondo l’articolo 8 è ammessa qualsiasi
modalità, la regola è quella della comunicazione personale, ovvero rivolta
individualmente alla persona interessata, a meno che non vi siano complicazioni come un
numero elevatissimo di destinatari (in tal caso si ricorrerebbe a forme di pubblicità
idonee).
La comunicazione deve contenere tali informazioni: amm. competente, l’oggetto del procedimento,
l’ufficio e il responsabile del procedimento, la data di conclusione, i rimedi in caso di inerzia
dell'amm.

L’OMISSIONE DELLA COMUNICAZIONE DI AVVIO ED IL SUO RILIEVO GIURIDICO


In caso di violazione della comunicazione di avvio, l’articolo 8, comma 3, afferma che l’omissione
di una comunicazione può esser fatta valere solo dal soggetto interessato; può essere omessa per
legge quando sussistono particolari esigenze di celerità che devono essere giustificate nel primo
atto istruttorio. L'omissione della comunicazione di avvio del procedimento agli interessati e ai
controinteressati comporta l'illegittimità del provvedimento finale salvo alcuni casi:
- Quando l’interessato ha potuto ugualmente esercitare i diritti di partecipazione,
magari avvisato da un altro interessato, è inutile che il provvedimento venga considerato
illegittimo.
- L’interessato potrebbe anche richiedere le necessarie informazioni al momento
della richiesta del procedimento, senza attendere la comunicazione.
L’omissione può essere causa di responsabilità per colpa grave ed è soggetta a sanzioni
disciplinari.
Questione a sé rappresenta i provvedimenti privi di discrezionalità, dove i soggetti coinvolti non
possono mutare la situazione giuridica ma possono comunque esprimere la propria opinione. Se
l’interessato, i cui interessi siano stati lesi, si rivolge al giudice, non sarà comunque necessario
annullare il provvedimento dato che il giudice può annullarlo solo se l’interessato ha davvero
ragione. L’accertamento può essere effettuato direttamente dalla pubblica amm., che, secondo
l’articolo 21 dovrà dimostrare che il contenuto del provvedimento non avrebbe potuto essere
diverso da quello adottato; tale legge stabilisce inoltre che il provvedimento non è annullabile per
mancata comunicazione all’avvio del procedimento.

I DIRITTI DI PARTECIPAZIONE. IL DIRITTO DI PRENDERE POSIZIONE E DI


CONTRADDIRE
L’articolo 10 della legge 241 stabilisce i diritti di chi partecipa al procedimento:
1. accedere ai documenti amministrativi
2. presentare memorie scritte e documenti che l’amm. valuta se inerenti all’oggetto del
provvedimento
La partecipazione degli interessati al procedimento avviene attraverso memorie scritte e
documenti, che l’amm. controlla e di cui tiene conto ma non necessariamente vi si conforma.
L’amm. valuterà le memorie conformi e giustificherà quelle non conformi, qualora dovessero
essere contrastanti, nel provvedimento finale. L’interessato, in tal caso, ha diritto ad un preavviso
della mancata accoglienza delle proprie memorie e può contrastare la decisione negativa dell’amm.
e convincerla a cambiare valutazione. In tal caso il procedimento verrà prolungato.

IL DIRITTO DI ACCESSO AI DOCUMENTI AMMINISTRATIVI


Secondo l’articolo 22, gli interessati hanno diritto di richiedere, prendere visione ed,
eventualmente, ottenere copia dei documenti amministrativi al fine di assicurare la trasparenza
dell'attività amm. e di favorirne lo svolgimento imparziale. Possono richiedere tale diritto chiunque
abbia un interesse giuridicamente rilevante nei confronti dell'atto oggetto del diritto di accesso, che
è riconosciuto anche alle amm., associazioni e comitati portatori di interessi pubblici o diffusi. La
richiesta deve sempre essere motivata.
I documenti amm. consistono in atti, anche interni o non relativi ad uno specifico procedimento,
detenuti da una pubblica amm. e concernenti attività di pubblico interesse.
Sono previste due modalità di accesso:
- Accesso informale  Si esercita mediante richiesta all'ufficio dell'amm.
competente a formare l'atto conclusivo del procedimento o che lo deterrà stabilmente. Le
pubbliche amm., al fine di facilitare i rapporti con i cittadini, e quindi l'accesso, hanno
istituito un apposito ufficio: l'Ufficio Relazioni con il Pubblico (URP). La richiesta è
esaminata senza formalità ed immediatamente. E' utile per acquisire quindi informazioni
nell'immediato, ma non garantisce la possibilità di poter dimostrare in futuro quanto
affermato, quindi è di difficile smentita.
- Accesso formale  Il cittadino può sempre presentare una richiesta formale
compilando un apposito modulo che l'amministrazione può aver istituito, oppure
scrivendo l'istanza autonomamente e depositandola all'ufficio Protocollo dell'amm.
L'ufficio è tenuto a rilasciare ricevuta. E' possibile però che sia l'amm. stessa a richiedere
di presentare formale istanza; ciò si verifica se non è possibile accogliere
immediatamente la richiesta in via informale; oppure se ci sono dubbi sulla
legittimazione del richiedente, sull'identità o i poteri rappresentativi. Rispetto all'accesso
informale offre una garanzia maggiore, anche se richiede più tempo, e può essere utile
per rivendicare un diritto disatteso o per controbattere l'affermazione
dell'amministrazione.
Il diritto di accesso si esercita nei confronti di:
- amministrazioni dello Stato;
- aziende autonome;
- enti pubblici;
- concessionari di servizi pubblici.
L'accesso e' escluso per i documenti coperti da segreto di Stato, nonché nei casi di segreto o divieto
di divulgazione, secondo quanto previsto dall'ordinamento. Pertanto, è compito delle amm.
individuare gli atti conoscibili e quelli che necessitano di essere tutelati.
Qualora venisse accettata la richiesta di accesso, l'amm. provvederà a:
- fornire l'indicazione sulle notizie richieste;
- esibire i documenti richiesti;
- rilasciare copia integrale o estratti significativi.
L’STRUTTORIA E LA DETERMINAZIONE DEL CONTENUTO DEL
PROVVEDIMENTO

GLI ATTI ISTRUTTORI


La fase istruttoria, ovvero la raccolta di dati e prove e l’effettuazione accertamenti di varia natura
utili ai fini del giudizio, per passare alla fase decisoria, è responsabilità dell’amm. ed in particolare
del responsabile del procedimento. L’istruttoria è in genere documentale: età e stato delle persone,
residenza e domicilio, professione, e altri dati. Nei procedimenti d’ufficio spesso alcuni atti
istruttori sono compiuti prima dell’inizio del procedimento, in quanto rappresentano controlli
effettuati da alcuni organi, come i vigili, che accertano i motivi di apertura del procedimento. Altri
atti sono invece compiuti in un secondo momento, come ulteriori verifiche e ispezioni. Degli atti
istruttori fanno parte anche le memorie e i documenti dei partecipanti. Quando le situazioni da
accertare richiedono particolari conoscenze, queste saranno effettuate da appositi organismi che
esprimano valutazioni tecniche. Di questo caso se ne occupa la legge 241 che dichiara che se il
responsabile non vi provveda entro un periodo stabilito, dovrà chiedere le valutazioni tecniche ad
altri organi amm. competenti, semplificando il procedimento (evitandone il blocco).

I PARERI
Prima di decidere, l’autorità può avvalersi del parere di un’altra autorità amm.
Esempio  il Governo, per prendere alcune decisioni, deve prima sentire il parere del Consiglio di
Stato.
I pareri si differenziano dalle valutazioni tecniche, in quanto i primi presuppongono la situazione di
fatto chiarita ed esprimono un punto di vista già conforme al provvedimento, mentre le seconde
chiariscono la situazione di fatto e fanno parte della fase iniziale dell’istruttoria. Dal momento in
cui la richiesta di parere può aggravare il procedimento, sono stati stabiliti dei limiti ad essa ma
solo in occasione di particolari esigenze. La richiesta di un parere, quando è decisa dall’autorità
amm., è facoltativa, mentre quando è la legge a stabilire che debba essere espresso un parere, si
parla di richiesta obbligatoria. L’autorità non è obbligata a decidere secondo il parere, ma deve
comunque tenerne conto. Questione diversa è per i pareri vincolanti  le norme disciplinano che i
pareri debbano essere seguiti obbligatoriamente. Diversamente ancora accade per i poteri
semivincolati  l’autorità decidente non può rifiutare il parere ma può chiederne uno da un’altra
autorità. Secondo il procedimento della semplificazione, che agisce per celerità, se il parere non è
recepito entro un tempo stabilito, l’amm. può procedere indipendentemente.

ATTI CHE PREDETERMINANO IL PROVVEDIMENTO.


ACCERTAMENTI DI REQUISITI E PROVE IDONEATIVE E SELETTIVE
L’istruttoria fornisce materiali per determinare il contenuto del provvedimento, ma non è detto che
tali materiali ne delimitino o predetermino il contenuto. L’autorità determina il contenuto dei
materiali durante la fase costitutiva, ovvero stesso all’atto dell’emanazione del provvedimento.
Quando nel procedimento vi sono atti di valore decisorio autonomo, il contenuto del
provvedimento viene deciso durante il procedimento e non alla sua emanazione. Questo accade
principalmente quando è previsto che il possesso di determinati requisiti previsti dalla legge si
verifichi attraverso appositi accertamenti o esami.
Esempio  per avere la patente il soggetto deve sottoporsi a visita medica e superare due esami.
Molti di questi atti hanno valore decisorio negativo  qualora siano negativi è inutile proseguire il
procedimento che avrebbe risultato negativo. Qualora invece gli atti abbiano contenuto positivo, il
procedimento prosegue, senza influenzare l’esito finale.
Quando il procedimento consiste in una serie di verifiche e tutte si riscontrano positive, all’autorità
non resta che verbalizzare e concludere, in questo caso il contenuto è procedimentalmente
determinato.
Esempio  se ad un concorso vengono superate tutte le prove, alla commissione non resta che
inserire il soggetto in graduatoria.

GLI ACCORDI SUL CONTENUTO DISCREZIONALE DEL PROVVEDIMENTO


Quando l’esercizio del potere amm. si svolge non solo secondo valutazioni tecniche, ma anche
secondo valutazioni discrezionali per la priorità da assegnare a interessi pubblici e privati, il
contenuto del provvedimento può essere determinato prima dell’esercizio del potere. Secondo
l’articolo 11, comma 1, in caso di accoglimento di proposte dei privati, l’amm. può, per perseguire
il pubblico interesse, concludere accordi con gli interessati per determinare il contenuto
discrezionale del provvedimento. A tali accordi si applicano i princìpi del codice civile in materia
di obbligazioni e contratti e sono pertanto accordi vincolanti, in quanto stabiliscono obblighi e
vincoli reciproci.

LA DETERMINAZIONI RELATIVE AGLI ACCORDI SOSTITUTIVI DI PROVVEDIMENTO


Secondo l’articolo 11, vi sono accordi che possono sostituire quelli rivolti a determinare il
contenuto discrezionale del provvedimento; sono accordi tra amm. e privati. In passato si poteva
farne uso solo in casi previsti dalla legge, con la modifica della legge 15 del 2005 tale restrizione è
stata abrogata e in compenso, per garantire il buon andamento dell’azione amm., qualora la
pubblica amm. dovesse concludere questo tipo di accordi sostitutivi, prima della stipulazione sarà
stabilito l’organo competente del provvedimento per tutelare i terzi interessati al provvedimento.

GLI ISTITUTI PER IL COORDINAMENTO NECESSARIO DEGLI INTERESSI PUBBLICI.


IL NULLA OSTA
Quando gli interessi pubblici relativi alla determinazione di un provvedimento sono affidati ad
autorità differenti e non alla stessa occorrono istituti e meccanismi specifici necessari al loro
coordinamento.
1. Il meccanismo più semplice è lo spontaneo intervento nel procedimento per tutelare gli interessi
pubblici.
2. Altro modo è la conferenza dei servizi  istituto della legislazione italiana che acquisisce
autorizzazioni, atti, licenze, permessi e nulla-osta denominati mediante convocazione di apposite
riunioni collegiali, i cui termini sono disposti dalla normativa vigente; ha lo scopo di velocizzare la
conclusione di un procedimento amm. In questo caso si parla di conferenza istruttoria 
qualunque autorità può convocarla qualora si debba effettuare una verifica degli interessi coinvolti
in un procedimento. Qui la partecipazione spontanea è sostituita da un incontro organizzato.
3. Altro strumento per il coordinamento degli interessi è la contitolarità del potere, dove le autorità
esercitano appunto il potere congiunto.
Tra la rappresentazione di diversi interessi nel procedimento e la contitolarità del potere esistono
atti intermedi, mediante i quali, per decidere il contenuto di un atto l’autorità procedente deve
ottenere il consenso di altre autorità. A tale scopo viene utilizzato il nulla osta  la legge assegna
una competenza ad un’autorità, che non può però provvedere senza il consenso di un’altra autorità,
che emette appunto il documento del nulla osta. Tale documento esprime un potere decisorio
negativo, in quanto se viene negato, il provvedimento richiesto non sarà rilasciato. La tecnica del
nulla osta funziona quando l’autorità che lo concede tutela un interesse pubblico specifico e allo
stesso tempo non ha un interesse proprio per l’emanazione del provvedimento e si limita a
verificare che gli interessi ad essa affidati non siano lesi. Il nulla osta può contestato da terzi
eventualmente danneggiati.

CONCERTI E INTESE
Quando le autorità che detengono il potere circa un unico procedimento hanno interesse che questo
venga esercitato in un certo modo, si accorderanno mediante concerto o intesa. Come il nulla osta,
anche in questo caso il titolare del potere non può emanare un provvedimento senza consenso
dell’altra autorità, ma mentre per il nulla osta l’altra autorità non aveva interesse per il
provvedimento, in questo caso il contenuto del provvedimento interessa entrambe le autorità. La
parola concerto è usata per esprimere i rapporti tra ministeri, ad uno di essi viene affidato il
compito di provvedere divenendo così il concertante, e gli altri concertati. La parola intesa invece
è utilizzata ogni volta che l’amm. titolare del potere di provvedere deve ottenere il consenso da
un’altra amm. sul contenuto del provvedimento. L’intesa è spesso richiesta tra Stato e Regioni per
coordinare le competenze costituzionali. L’intesa può essere:
- debole  Se non è raggiunta entro un dato limite di tempo, lo Stato può esercitare
ugualmente il potere
- forte  quando è necessaria tra Stato e Regioni perché non si può sostituire.
L’intesa tra lo Stato e tutte le Regioni (quindi non singolarmente) è raggiunta da un apposito
organismo  Conferenza permanente per i rapporti tra Stato e Regioni.

LA CONFERENZA DEI SERVIZI DECISORIA


In opposizione alla conferenza istruttoria abbiamo la conferenza dei servizi decisoria, che serve
appunto per decidere ed è prevista dal potere amm. quando l’autorità titolare del potere di
provvedere acquisisca un atto di assenso di un’altra amm. pubblica. Si applica in particolare per le
decisioni su opere pubbliche. Inizialmente la conferenza decisoria aveva luogo per evitare il viavai
di documenti sostituendolo ad un incontro dove si sarebbe raggiunta una decisione più rapida.
Qualora un’amm. si fosse sottratta all’incontro e non avesse inviato il proprio dissenso, sarebbe
stata considerata come consenziente. Con questa disposizione le amm. potevano anche dissentire
bloccando così l’emanazione del provvedimento. Successivamente l’applicazione della conferenza
è stata modificata in modo tale che i voti delle amm. fossero a maggioranza e che quindi anche un
solo dissenso non avrebbe potuto evitare l’emanazione del provvedimento. Il criterio della
decisione a maggioranza non si applica qualora il dissenso sia espresso da un’amm. per la tutela
ambientale, della salute o del patrimonio artistico-culturale. In tal caso la decisione spetterà al
Consiglio dei Ministri, mentre se deve essere attivata la procedura di valutazione di impatto
ambientale, allora spetterà al Governo.

GLI ACCORDI TRA PUBBLICHE AMMINISTRAZIONI


Secondo l’articolo 15, gli accordi tra le pubbliche amm. hanno lo stesso regime degli accordi tra
amm. e privati, con la sola differenza che non c’è possibilità di recedere dall’accordo in caso di
motivi di interesse pubblico, in quanto entrambe le amm. hanno un interesse pubblico e quindi non
c’è motivo di liberarsi dall’accordo mettendo a repentaglio l’interesse dell’altra amm. le due amm.
non hanno un procedimento amm. in comune ma ognuna ha il proprio. Bisogna distinguere
l’accordo amm. da un semplice contratto:
Esempio  se un Comune acquista un veicolo da un altro Comune si tratterà di un normale
contratto di compravendita. Ciò che differenzia un accordo amm. da un contratto privato è la
particolarità del suo oggetto, che avrà un regime di diritto pubblico per poter dar vita ad un accordo
amm.
Esempio  un accordo amm. può essere l’accordo con cui un Comune estende le proprie linee di
autobus in un Comune confinante che si impegnerà a disporre di giusta segnaletica, strutture e
finanziamenti.
LA FASE COSTITUTIVA E LA FASE INTEGRATIVA DELL’EFFICACIA

VOLONTARIETA’ E VOLONTA’ NEL PROVVEDIMENTO


Al termine della fase istruttoria e predecisoria avviene la vera e propria emanazione del
provvedimento, attraverso il quale la decisione viene assunta o formalizzata. Il provvedimento è un
atto volontario in quanto se non vi fosse la volontà di emanarlo non esisterebbe.

LA FORMA DEL PROVVEDIMENTO


Quanto alla forma, il provvedimento può essere:
Scritto  per esigenze di conoscibilità e conservazione, deve inoltre essere sottoscritto per rendere
evidente che esso è stato realmente voluto dall’organo competente.
Semplice  determinato da una sola autorità competente, che sia una persona singola o più organi
denominati collegio, che determinerà, al pari della persona singola, un unico atto. Cioè che viene
deciso e stabilito durante la riunione deve esser redatto in verbale per forma conoscitiva.
Complesso  determinato da più autorità competenti, frutto della contitolarità del potere, come un
decreto interministeriale.

ELEMENTI ESSENZIALI E STRUTTURA ORDINARIA DEL PROVVEDIMENTO


Vi sono alcuni elementi essenziali in un provvedimento amm. bisogna infatti identificare l’amm.
che compie l’atto e il potere esercitato, devono inoltre esser presenti la scrittura ove richiesta, la
sottoscrizione o in alternativa elementi sostitutivi che provino la certezza dell’emanazione da parte
dell’amm.
Il provvedimento è articolato nel seguente modo:
- intestazione  identifica l’autorità che lo emana
- data
- numero di protocollo e oggetto  consentono al provvedimento di essere
identificato
- preambolo  illustra il contesto di diritto in cui interviene il provvedimento, i
sopralluoghi effettuati, prove d’esame o accertamenti, valutazioni tecniche, pareri. Il
preambolo termina con la motivazione  giustificazione dell’emanazione del
provvedimento.
- dispositiva  individua il contenuto di ciò che è ordinato, autorizzato, concesso.
- sottoscrizione  chiude il provvedimento.

L’ASSENZA DEL PROVVEDIMENTO. LA SOSTITUZIONE DEL PROVVEDIMENTO


PERMISSIVO CON UN PRODECIMENTO DI VERIFICA. LA D.I.A.
In caso di provvedimenti richiesti da privati, di tipo permissivo o per avere un’autorizzazione,
l’amm. sostituirà il provvedimento permissivo ad un atto dichiarativo dello stesso privato
interessato a cui seguirà un procedimento di verifica. L’atto dichiarativo è la D.I.A. – Denuncia di
Inizio Attività  è contenuta nell’articolo 19 della legge 241 ed è uno strumento estremamente
potente, che serve alla pubblica amm. per vigilare sull'attività edilizia che si svolge sul proprio
territorio. Con una D.I.A. si possono effettuare opere di ristrutturazione, manutenzione, costruzione
di nuovi edifici. È richiesta anche per opere di manutenzione straordinaria, restauro conservativo,
ristrutturazione edilizia. Altre leggi hanno in seguito ampliato le competenze della D.I.A., che con
poteri ampliati è conosciuta come Super D.I.A. Inoltre ciascuna Regione può, a sua discrezione,
ampliarne i poteri.
La D.I.A. Si presenta all'Ufficio Tecnico del Comune da un tecnico abilitato alla progettazione
(Ingegnere, Architetto, Geometra o Perito) e deve contenere:
- un progetto grafico rappresentante lo stato di fatto e la situazione futura
- una relazione tecnica in cui si descrivono le opere da compiersi
- i riferimenti normativi che interessano il provvedimento
- la certificazione del fatto che il progettista si assume la responsabilità che le opere
siano in conformità degli strumenti urbanistici vigenti al tempo dei lavori.
Una volta presentata, la D.I.A. si ritiene approvata dopo 30 giorni dalla data di presentazione e si
possono effettuare le opere edilizie. Se si scoprono, in seguito, difformità delle opere rispetto alla
normativa in vigore al tempo dei lavori la Regione può, entro 10 anni dalla data di presentazione
della D.I.A., ordinare che sia ripristinato lo stato dei luoghi antecedente all'esecuzione dei lavori, il
tutto a carico del proprietario che ha eseguito le opere abusivamente.
Per opere effettuate su edifici vincolati dai beni architettonici o artistici è necessario allegare alla
D.I.A. il Nulla osta della Soprintendenza ai Beni culturali.
Quando compaiono lesioni strutturali che possono compromettere la statica dell'edificio è spesso
necessario agire in fretta, possibilmente senza aspettare i 30 giorni. In tali casi è necessario far
intervenire i vigili del fuoco, che rappresentano l'ente garante della statica degli edifici e, quindi,
dell'incolumità dei cittadini che vi abitano o lavorano, per produrre una perizia che, allegata alla
D.I.A., consente di eseguire i lavori immediatamente, per somma urgenza. Alla visita dei Vigili
deve però seguire un progetto di intervento, corredato dei disegni e dei calcoli statici relativi alle
opere da compiersi: tale documentazione deve comunque essere allegata alla D.I.A. prima di
cominciare i lavori.
Si entra nell'illecito e si diventa perseguibili a norma di legge in tre modi:
- eseguendo operazioni edilizie per cui servirebbe un'autorizzazione diversa dalla
D.I.A.
- eseguendo opere difformi da come sono state presentate nella D.I.A.
- eseguendo opere senza richiedere la D.I.A. per le quali sarebbe richiesta.

IL SILENZIO INADEMPIMENTO
I procedimenti relativi agli atti permissivi su domanda dell’interessato devono concludersi con la
determinazione dell’amm. (è escluso solo il caso di procedimenti puramente discrezionali).
Qualunque provvedimento aperto d’ufficio, di norma, dovrebbe essere concluso; la conclusione
tacita, ovvero l’omissione di ogni decisione del procedimento è una violazione dei doveri
dell’autorità amm. in tal caso la legislazione può:
- provvedere che l’amm. cessi il silenzio e che provveda a sostituirlo con una nuova
sentenza
- qualificare l’omissione trasformandola in decisione, negativa  silenzio diniego o
positiva  assenso.
Cioè non esclude che esistono ipotesi a cui non è stata comunque data risposta, provocando così
l’adempimento. In tal caso la decisione, nell’ordinamento italiano, passa al Consiglio di Stato.
Secondo l’articolo 2, comma 5 della legge 241 qualora l’amm. rimanga inerte, l’interessato può
reagire attraverso un’apposita azione legale.

IL SILENZIO ASSENSO
La D.I.A. segue il meccanismo del silenzio-assenso: comunicata alla pubblica amministrazione la
propria intenzione ad avviare l'attività, il soggetto, decorsi 30 giorni può darvi inizio. Entro 60
giorni dalla prima comunicazione, l'amministrazione può verificare l'esistenza dei requisiti e dei
presupposti di legittimità e, in caso di loro mancanza, può vietare al soggetto di continuare la sua
attività.
A fianco del silenzio inadempimento vi è il silenzio assenso, ovvero la qualificazione positiva del
tacito dell’autorità in materia di procedimento. L’assenso privilegia l’interesse dei richiedenti il
procedimento che resta soddisfatto, dal momento in cui in questo caso la legislazione interpreta
come positivo il giudizio dell’autorità amm. La disciplina del silenzio assenso è stabilita
dall’articolo 20 della legge 241 che stabilisce che, salvo casi in cui il procedimento è sostituito
dalla dichiarazione dell’interessato, il silenzio assenso sarà accettato direttamente senza ricorrere
ad ulteriori istanze. Il silenzio assenso non si applica ai procedimenti riguardanti patrimonio
culturale, pubblica sicurezza, salute e incolumità. L’amm. può evitare il silenzio assenso ricorrendo
alla conferenza dei servizi entro i 30 giorni dalla presentazione della domanda. Quando l’autorità
interpreta il silenzio come risposta positiva, bisogna metterlo per iscritto e motivato, per fonte di
conoscenza di quanto stabilito. In questi casi il provvedimento non è illegittimo. Chiaramente, nel
caso qualcuno abbia un interesse opposto al rilascio del permesso può contestare l’assenso che può
rendere legittimo un provvedimento.

IL PROVVEDIMENTO PERFETTO
Quando esercita un potere amm., il provvedimento è perfetto. Ma ciò non vuol dire che sia
legittimo, infatti solo un provvedimento perfetto può essere legittimo e non o efficace e non, in
quanto consiste in qualcosa di concreto. Il provvedimento amm. produce effetti giuridici, anche se
di conseguenza, come ultimo scopo, ha quello di produrre effetti pratici.
Esempio  la diffida per demolire un edificio ha uno scopo pratico di provocarne la distruzione,
ma l’effetto giuridico è l’obbligo che viene imposto al destinatario.
Può accadere però che il provvedimento perfetto produca effetti giuridici ma non immediatamente
efficaci.
Esempio  la diffida di demolizione obbliga il destinatario a demolire entro un certo termine e
con rischio di sanzioni e sarebbe illegittimo se quest’effetto si producesse all’insaputa del
destinatario; infatti l’atto diviene efficace quando viene fatto conoscere nel giusto modo
all’interessato.

L’INTEGRAZIONE DELL’EFFICACIA.
GLI ATTI FINALIZZATI ALLA CONOSCENZA DEL PROVVEDIMENTO
La fase dell’efficacia e della perfezione possono essere separate per le seguenti ragioni:
- esigenza che l’esistenza del provvedimento sia conosciuta in anticipo
- esigenza che la validità del provvedimento sia verificata in anticipo
- esigenza che i provvedimenti non producano effetti senza accettazione del
destinatario
Il provvedimento viene portato a conoscenza di singole persone mediante strumenti di
comunicazione personale, che avranno carattere formale per constatare la veridicità dell’avvenuta
comunicazione. I mezzi più diffusi e formali sono la comunicazione per raccomandata e la
notificazione  porta a conoscenza del destinatario copia conforme all’originale di un atto a lui
destinato e ad esplicare gli effetti giuridici nei suoi confronti. Secondo l’articolo 21 bis, se il
destinatario non viene a conoscenza dell’atto personalmente, egli ne verrà comunque a conoscenza
mediante procedure alternative di pubblicità, e nel momento in cui il destinatario del
provvedimento rappresenta l’intera comunità, l’autorità amm. agirà per pubblicazione (es. a mezzo
stampa). Alcuni atti iniziano a produrre i loro effetti nel momento in cui il destinatario ne viene a
conoscenza, per cui si dicono recettizi (es. diffida). Lo stesso articolo sancisce inoltre che in casi
urgenti i provvedimenti sono immediatamente efficaci. Altri modi di pubblicazione sono le
affissioni e lo spazio apposito in internet.

GLI ATTI DI CONTROLLO


Un altro motivo per la divisione tra perfezione ed efficacia del provvedimento è l’esigenza di
consentire che siano effettuati dei controlli su di esso:
- Controllo di merito  sui princìpi di amm., confrontano la valutazione di chi
controlla con quelle dell’amm. competente che per poter agire dovrà avere il consenso di
chi controlla, con la conseguenza che il potere decisionale risulta condiviso, pur se la
responsabilità dell’atto resta all’autorità competente. Per questo motivo tali controlli ora
non sono più in vigore, esistevano prima della Cost.
- Controllo di legittimità  sulle norme giuridiche per verificarne la conformità alla
Costituzione; è affidato alla Corte dei Conti, che controlla anche gli atti dello Stato.
Prima della Cost. erano affidati agli stessi organi che svolgevano controlli di merito, la
Cost. li affidò ad un organo collegiale presso le Regioni, ma i risultati furono
insoddisfacenti. Una sentenza del 2005 ha definitivamente stabilito la Corte dei Conti
come agenti di controllo di sola legittimità. Il controllo deve essere effettuato entro un
dato termine, fin quando l’atto acquista efficacia. Ciò non avviene se il controllo abbia
esito negativo in quanto l’atto viene annullato. Per quanto riguarda gli atti Statali invece,
la Corte non può annullarli, si limita a non registrarli in modo tale da non entrare in
vigore. La sospensione dell’efficacia per il controllo ha scopo di evitare che l’atto
produca effetti giuridici nonostante potrebbe essere illegittimo.

ATTI DI ACCETTAZIONE E ALTRI ADEMPIMENTI


Alcuni provvedimenti non diventano efficaci se prima non avvenga l’accettazione del destinatario.
Sono ovviamente provvedimenti favorevoli, che spesso divengono efficaci anche senza
accettazione quando questa è sottintesa al momento della richiesta dell’interessato (es. patente) o
quando il provvedimento non comporta doveri specifici. Richiedono invece accettazione atti che
non siano espressamente richiesti o che comportino doveri (es. conferimento di un potere ad un
organo tramite elezioni).
L’INVALIDITA’ DEL PROVVEDIMENTO

VIOLAZIONE DI NORME E VARIETA’ DELLE CONSEGUENZE SUL PROVVEDIMENTO.


LA MERA IRREGOLARITA’
Un provvedimento che non viene assunto secondo le regole che lo riguardano è irregolare, dunque
illegittimo, in quanto tali regole vengono violate. Ciò che bisogna sapere è il rapporto tra la
violazione e gli effetti giuridici, ovvero se qualunque violazione delle regole produca conseguenze
sugli effetti giuridici prodotti dal provvedimento, se tali conseguenze siano sempre le stesse e quali
siano. Nell’ordinamento italiano non è detto che ogni violazione provochi una conseguenza sugli
effetti giuridici. Distinguiamo tre tipi di violazioni:
- Quelle che non comportano conseguenze sul regime del provvedimento, in questo
caso la violazione viene qualificata come semplice irregolarità;
- quelle che comportano il disconoscimento del nesso tra il provvedimento e gli
effetti, in modo da non produrre più effetti; in questo caso si parla di nullità;
- quelle che, pur non interrompendo il nesso tra il provvedimento e gli effetti,
comportano la possibilità che il provvedimento sia annullato dall’autorità, caso di
annullabilità.
Dunque, la violazione delle norme, a seconda del tipo, provoca conseguenza differenti. L’invalidità
di un atto è tale quando vi sia un collegamento tra la violazione commessa e la lesione degli
interessi.
In sostanza, date le possibili patologie di un atto amm., esso può risultare:
- inesistente  manca un elemento essenziale
- imperfetto  non si sono concluse tutte le fasi del procedimento
- inefficace  non ha prodotto effetti giuridici
- invalido  un elemento essenziale ha un vizio
- irregolare  presenta un difetto nella forma del procedimento e nel contenuto.

GLI STATI DI INVALIDITA’. IL REGIME ORDINARIO DI ANNULLABILITA’


Eccetto i casi di semplice irregolarità, la violazione delle norme che disciplinano un provvedimento
ne comporta l’invalidità. L' annullabilità dell'atto amm. è una causa di invalidità dello stesso, che
ne determina l'illegittimità e quindi la possibilità che l'atto sia annullato. Il contratto annullabile
produce tutti gli effetti di un contratto valido, ma questi possono venire meno se viene fatta valere
con successo l'azione di annullamento. L'articolo 21 della legge del 2005 n.15 afferma che il
provvedimento è annullabile:
- per incompetenza relativa di legge;
- per eccesso di potere.
- per violazione di legge.
L'atto annullabile è: giuridicamente esistente, efficace, sanabile. L'annullabilità non si verifica di
diritto, ma solo nel caso sia fatta valere da chi ne abbia interesse ed a seguito di un altro atto della
pubblica amministrazione o di una sentenza. L’atto annullabile può essere trasformato in atto
valido mediante provvedimenti opportuni:
- autotutela  l’amm. può riesaminare l’atto ed eliminare il vizio
- revoca  l’amm. toglie validità all’atto
- sanatoria  l’amm. può sanare un provvedimento al momento della sua
emanazione.

LA NULLITA’ E L’INESISTENZA
L’atto amm. inesistente è nullo  manca di un elemento essenziale. Secondo l’articolo 21 della
legge 241, la nullità dell'atto amministrativo si verifica quando:
- in esso mancano gli elementi essenziali
- per incompetenza assoluta di legge
- quando è prodotto in elusione o violazione di una sentenza.
A lungo si è dibattuto sull'esistenza o meno di questa categoria di vizi dell'atto amm. Per lungo
tempo si era ritenuto come giuridicamente rilevante solo l'annullabilità dell'atto amministrativo e
non anche la nullità dell'atto. Con la legge 15 del 2005 è stata prevista la categoria degli atti amm.
nulli.
L'atto amministrativo nullo è: inesistente, inefficace, insanabile. Per gli effetti della nullità dell'atto
amm. il terzo che era obbligato dall'atto nullo può legittimamente rifiutarsi di adempiere alle
previsioni dell'atto. Inoltre la nullità dell'atto può essere fatta valere da chiunque, non solo da chi
sia leso in un suo diritto soggettivo o in un suo interesse legittimo. Un atto nullo può essere
convertito in un atto diverso con i requisiti di sostanza e di forma richiesti dalla legge sempre che
sia raggiunto lo stesso interesse pubblico.
La nullità può essere fatta valere davanti al giudice ordinario nel caso l'atto amm. leda dei diritti;
nel caso sia lesivo di interessi legittimi la competenza è del giudice amm.

I VIZI CHE DETERMINANO L’ANNULLABILITA’


Ogni violazione di regola determina un vizio di annullabilità del procedimento. La legislazione
individua tre casi di annullabilità raggruppandoli in svariate categorie di vizi. La teoria dei vizi di
annullabilità si è formata con l’elaborazione della disposizione che nel 1889 introdusse la
giurisdizione amm., che assegnò al Consiglio di Stato (organo di consulenza amm. e di tuteta della
giustizia dell’amm.) di giudicare sui ricorsi contro atti per incompetenza, eccesso di potere o
violazione di legge. Tale legge poneva gli elementi di diritto positivo su cui dovevano basarsi i
ricorsi al giudice amm.
La tripartizione mostrava l’ambito dei vizi che era possibile far valere, che poteva essere limitato
dalle leggi, consentendo ad esempio di far valere un solo vizio. Con la Costituzione non sono più
ammesse leggi che pretendono di limitare i vizi che possono esser fatti valere.

L’INCOMPETENZA
E’ uno dei tre vizi che determinano l’annullabilità o la nullità di un atto e riguarda l’organo che lo
emana.
- L'incompetenza assoluta comporta la nullità dell'atto. E’ tale quando l'organo che
emana l'atto non ha assolutamente la competenza per emanarlo, in quanto si tratta di un
organo appartenente ad un potere, o settore dell'amm. pubblica, completamente diversi.
- L'incompetenza relativa comporta l'annullabilità dello stesso. E’ tale quando
l'organo che emana l'atto, pur facendo parte del settore dell'amm. competente per quel
tipo di materia, non è legittimato all'emanazione di esso.
Esempio  un provvedimento in materia scolastica emanato dal Provveditore agli studi,
mentre le leggi stabiliscono che esso deve essere emanato dal superiore gerarchico, e cioè dal
Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca.

LA VIOLAZIONE DI LEGGE
La violazione di legge è la difformità dell'atto amm. rispetto alle norme di legge, ma anche rispetto
a qualunque norma vigente. In teoria anche il vizio di incompetenza sarebbe una violazione di
legge, però se la violazione venisse estesa fino a comprendere la violazione di qualsiasi principio,
gli altri vizi di legittimità non avrebbero motivo di esistere. Bisogna quindi riferirsi a violazioni ai
fini dell’annullabilità ed escludere ipotesi di semplice irregolarità e nullità. La violazione dunque
riguarderà norme di organizzazione e norme sul procedimento e sul provvedimento, nonché i suoi
presupposti e il suo contenuto.

L’ECCESSO DI POTERE. LO SVIAMENTO


L’eccesso di potere, che apparentemente potrebbe riguardare anche l’incompetenza e la violazione
di legge, è nello specifico la categoria in cui il Consiglio di Stato individua e colpisce i difetti del
provvedere che non fossero inquadrabili in nessuna delle altre due situazioni e nei quali non vi
fossero riscontrate violazioni di una precisa norma giuridica. E’ il vizio più grave e si riscontra solo
negli atti discrezionali, in quanto solo in questi si esprime la volontà delle pubbliche amm. Il primo
vizio ad essere classificato come eccesso di potere, sin dal 19° sec. fu lo sviamento  deviazione
rispetto al fine reale del provvedimento, che risulta così cambiato quando viene perseguito.
Esempio  supponiamo che un Comune licenzi un proprio impiegato in biblioteca, motivando la
scelta con la necessità di ridurre l’organico ma che poco tempo dopo esponga un bando di
concorso per l’assunzione di impiegati in una nuova biblioteca. In questo caso il Comune avrebbe
potuto anche avere le sue ragioni per licenziare l’impiegato, come ad esempio l’incapacità, ma è
stato licenziato per motivi ben diversi, rappresentando così un raggiro e perseguendo un fine ben
diverso da quello stabilito.

LE FIGURE SINTOMATICHE
Lo sviamento fa parte delle figure sintomatiche, ovvero i casi di eccesso di potere individuati ed
elaborati dalla giurisprudenza. Alcune di esse riguardavano la motivazione della decisione (difetto
di motivazione: la motivazione integrativa del provvedimento è insufficiente o inesistente):
apparente, perplessa, contraddittoria, divennero sintomi di un vizio della decisione. Le altre figure
individuate furono:
- Ingiustizia manifesta  provvedimento dal contenuto contraddittorio
- Disparità di trattamento  la pubblica amm. di fronte ad uguale circostanza
procede in modo diverso a seconda dei destinatari
- Violazione della prassi  cambiamento del modo in cui l’amm. ha provveduto in
passato nella stessa situazione
- Travisamento dei fatti  emanazione di un atto basato su un fatto inesistente o
illogico
- Insufficienza istruttoria  quando la base del provvedimento è inadeguata alle
scelte da compiere.
Ogni figura sintomatica, man mano si è distaccata dal collegamento attribuito con lo sviamento di
potere ed ha assunto un’autonoma ragione di vizio.

DIFETTO UNICO DI ATTRIBUZIONE


Se si presenta comporta la nullità del provvedimento, così come sancito dall’art. 21 della 241. Si
riferisce a quei casi in cui il potere viene esercitato da un ente piuttosto che da un altro, in
conseguenza ad un erronea attribuzione del provvedimento.

I PRINCIPI DI RAGIONEVOLEZZA E DI PROPORZIONALITA’


Le figure sintomatiche possono essere ricollegate ai princìpi giuridici codificati nella Costituzione,
che hanno appunto lo scopo di controllare gli eccessi di potere. Ricordiamo:
- Principio di Ragionevolezza  verifica le scelte dell’amm. sul piano di legittimità,
controllando il contenuto delle decisioni e le modalità con cui vengono prese. Unifica
svariate figure sintomatiche.
- Principio di Proporzionalità  verifica, in particolare, i provvedimenti che
impongono oneri ai privati per conseguire fini pubblici, controllandone l’idoneità a
raggiungere lo scopo, la necessità per raggiungerlo e la proporzione del sacrificio del
destinatario per raggiungerlo. Tale principio nasce nell’ordinamento tedesco e viene poi
affermato dalla Corte di Giustizia in quello italiano.

IL SIGNIFICATO ATTUALE DELL’ECCESSO DI POTERE


Il significato di eccesso di potere, nato nel 1889, è mutato nel corso del tempo. Oggi esso indica
tutti i vizi che riguardano la trasgressione di una norma giuridica e non è identificato nello
specifico in una categoria, sebbene sia stato per lungo tempo individuato come vizio della
discrezionalità. Ma così non è, infatti, se parliamo di sviamento, possiamo dedurre che esso si
riferisce a provvedimenti discrezionali ma riguarda in realtà un elemento non discrezionale, dato
che il fine del provvedimento è stabilito dalle norme e non è disponibile per l’amm.

EFFICACIA ED ESECUZIONE DEL PROVVEDIMENTO

L’EFFICACIA DEL PROVVEDIMENTO NELLO SPAZIO


L’ambito di efficacia di un provvedimento, come quello dell’ordinamento giuridico che prevede un
potere amm., è ristretto e specifico per ogni contesto, nel senso che un provvedimento non può
disporre nulla fuori dall’ambito in cui opera.
Esempio  la patente di guida rilasciata da un qualsiasi ufficio della motorizzazione italiana, per
disposizione della legge italiana opera in tutta Italia ma non al di fuori.
Molti provvedimenti però, italiani e non, riconoscono ai provvedimenti di altri paesi efficacia
anche nel proprio ordinamento, in modo da evitare all’interessato di dover chiedere un permesso
speciale da ognuno dei paesi in cui intende svolgere la sua attività. Questo accade anche senza
dover espandere, da parte del proprio ordinamento, l’ambito di operatività dei provvedimenti in
altri paesi.
Esempio  la patente riconosciuta in Italia vale anche in altri paesi, così come alcune patenti
estere valgono qui in Italia.
In casi più delicati, come esportazioni di prodotti geneticamente modificati o medicinali, occorre
che l’ordinamento comunitario debba creare procedure che consentano agli Stati membri di
partecipare alla domanda presentata da un singolo Stato, in caso di disaccordo tra gli Stati la
decisione spetterà alla Comunità Europea.

L’EFFICACIA DEL PROVVEDIMENTO NEL TEMPO


Per quanto concerne gli effetti giuridici del provvedimento, bisogna precisare che essi si
producono per il futuro, ovvero che il provvedimento non retroagisca. La retroattività avviene in
via eccezionale ed è giustificata da precise disposizioni. L’efficacia del provvedimento, dal
momento in cui esso è prodotto, è istantanea, il contenuto delle disposizioni invece varia nel
tempo.
Esempio  il permesso di costruire un edificio in un determinato luogo è un provvedimento ad
efficacia istantanea, anche se il compimento dell’azione da esso legittimata richiede del tempo, che
sarà dovutamente stabilito dall’amm. competente.
Trascorsi i termini stabiliti, l’efficacia di un provvedimento cessa, ovvero se l’azione viene
compiuta oltre un certo limite di tempo non è più qualificata dal provvedimento e diventa perciò
illecita.
Altri provvedimenti si riferiscono a comportamenti che devono essere ripetuti nel tempo
Esempio  guidare un’automobile. In questo caso l’efficacia del provvedimento è continuativa,
ovvero che si ripete. Se la persona autorizzata perde i requisiti, ovvero quando la situazione non è
più quella che ha reso possibile il provvedimento, esso viene revocato.

EFFICACIA ED ESECUTIVITA’. PROVVEDIMENTI CHE NON RICHIEDONO


ATTUAZIONE
Una volta terminato il procedimento, il provvedimento produce gli effetti giuridici, ma non è detto
che questi siano sufficienti a soddisfare gli interessi pubblici se non fino alla concreta attuazione
del provvedimento.
Esempio  se è ordinata la rimozione di un edificio pericolante, l’interesse pubblico sarà
soddisfatto al momento della rimozione e non del mandato.
Un provvedimento efficace è sempre esecutivo  si può sempre attuare.
Possiamo distinguere, secondo l’articolo 21 della legge 241:
- provvedimenti che non richiedono attuazione,
- provvedimenti che richiedono attuazione da parte del privato o dell’amm.
- provvedimenti che devono essere attuati mediante atti giuridici.
I provvedimenti che non richiedono attuazione sono quelli di tipo permissivo (es. patente) o quelli
costitutivi di status (es. concessione della cittadinanza). Essi soddisfano automaticamente
l’efficacia del provvedimento e l’interesse pubblico stabilito.

PROVVEDIMENTI CHE CREANO UN OBBLIGO DI ESECUZIONE NEI PRIVATI


DESTINATARI.
I PROVVEDIMENTI ESECUTORI
Vi sono provvedimenti che obbligano i destinatari ad un determinato comportamento per
conseguire l’interesse pubblico. Ricordando l’esempio della demolizione di un edificio pericolante,
è anche possibile che l’atto resti ineseguito, per tale motivo l’amm. predispone di mezzi e rimedi
necessari, infliggendo ad esempio sanzioni in caso di non rispetto delle disposizioni dell’atto. Nel
caso in cui il destinatario del mandato di demolizione non voglia eseguire gli ordini, l’amm. non
solo dovrà ordinarne la demolizione, per quanto dovrà essa stessa predisporre dei mezzi necessari
per il concreto abbattimento dell’edificio. In questo caso si tratta di provvedimento esecutorio 
l’amm. è autorizzata, dalle norme dell’ordinamento giuridico, ad agire forzatamente. Tali
provvedimenti sono previsti solo in casi particolari.

PROVVEDIMENTI CHE DEVONO ESSERE ESEGUITI DALL’AMMINISTRAZIONE.


RELAZIONE TRA PROVVEDIMENTI CONNESSI
Altri provvedimenti invece, devono essere eseguiti dalla stessa amm.
Nello specifico essi sono:
- provvedimenti emanati per assicurare l’esecuzione di un provvedimento rimasto
inadempiuto
Esempio  nel caso della demolizione l’amm. emetterà ed eseguirà un secondo
provvedimento per sostituire quello non portato a termine dal privato;
- provvedimenti che riguardano i poteri gestionali
Esempio  se un Comune emette un provvedimento per una nuova linea di autobus, è la stessa
amm. che dovrà attuare le disposizioni del provvedimento.
In questi casi più provvedimenti sono collocati e contigui tra loro in modo da ottenere un unico
risultato attraverso l’attuazione degli ordini disposti da essi. Se l’atto che sta a monte dovesse
essere invalido e riflettersi così su quello a valle, si determinerà una situazione di invalidità
derivata, in quanto l’atto è invalido non perché affetto da vizi propri ma perché subisce le
conseguenze dell’atto a monte.
I PROVVEDIMENTI DI SECONDO GRADO

NOZIONE E TIPI
I provvedimenti di secondo grado sono quelli subordinati e regolati da altri provvedimenti ma che
hanno pur sempre come scopo quello di regolare determinati rapporti umani, anche se non
direttamente. Tali provvedimenti incidono sull’efficacia di altri, dando luogo alle problematiche di:
modifiche o varianti - sospensione, proroga e rinnovo - revoca - annullamento - convalida -
conferma.

MODIFICHE O VARIANTI
Può essere facilmente modificato il contenuto dei provvedimenti che regolano un’attività
prolungata nel tempo. Le modifiche vengono chiamate varianti e sono soggette alle regole del
provvedimento originario.
Esempio  modifica di un provvedimento sulla costruzione di un edificio. Sarebbe insensato
modificare invece la patente perché il suo contenuto regolativo è stabilito direttamente dalla legge;
si può invece attuare un procedimento semplificato rispetto al primo atto quando bisogna passare
da un tipo di patente all’altra, in quanto il primo atto attesta già il possesso di determinati requisiti.

SOSPENSIONI, PROROGHE E RINNOVI


La sospensione è un temporaneo distacco dell’efficacia o l’esecutività di un provvedimento,
secondo l’articolo 21 della legge 15 del 2005, essa può avvenire per gravi ragioni e per breve
tempo e dallo stesso organo che ha emanato il provvedimento. E’ difficile, comunque, che vengano
sospesi provvedimenti che abbiano prodotto effetti irreversibili o che siano già in possesso del
destinatario.
La stessa legge stabilisce, inoltre, che il termine di sospensione del provvedimento può essere
prorogato una sola volta. Sono soggetti a proroga i provvedimenti che riguardano attività che
devono essere compiute entro un tempo delimitato; è necessario, per poter effettuare una proroga,
che il limite di tempo non sia rigidamente definito dalla norma.
I provvedimenti di rinnovo invece riguardano attività destinate ad esser svolte in un tempo
indeterminato mentre il provvedimento che le consente è efficace solo per un determinato periodo,
che è rinnovabile. La stessa attività può quindi continuare con l’emanazione di un provvedimento
uguale a quello precedente che sarà efficace per un nuovo periodo. La ragione per cui i
provvedimenti, in questo caso, vengono spesso rinnovati, è per poter effettuare verifiche periodiche
dei requisiti necessari per svolgere un’attività (es. licenza di commercio).

LA REVOCA
La revoca è la privazione dell’efficacia di un provvedimento attualmente in atto. L’amm. è tenuta a
revocare un provvedimento ove nel corso del tempo vengano meno i requisiti legali o le
circostanze necessari a rendere legittimo il provvedimento.
Può essere chiamata anche rimozione o abrogazione quando si tratta di eliminare atti sfavorevoli.
Si parla di revoca sanzionatoria quando vengono colpite trasgressioni, da parte del titolare di una
licenza, delle regole dello svolgimento dell’attività autorizzata.
La revoca per nuova valutazione avviene invece in caso di mutamento della situazione o
dell’interesse pubblico originario; in questo caso l’organo che ha emanato il provvedimento lo
revoca e lo sostituisce eventualmente con un altro adatto alle nuove valutazioni effettuate.
La legge stabilisce che, in caso la revoca possa arrecare danno ai soggetti interessati, l’amm. deve
provvedere a risarcire.

MISURE RELATIVE AD ATTI ILLEGITTIMI. L’ANNULLAMENTO D’UFFICIO


L’annullamento ha in comune con la convalida il fatto di riferirsi necessariamente ad atti
illegittimi, si differenziano invece per l’effetto prodotto: il primo annulla il provvedimento, la
seconda ne elimina il vizio. Annullamento e convalida sono i due rimedi principali in caso di
provvedimento illegittimo. Il terzo rimedio sarebbe quello di lasciare il provvedimento così com’è.
In ogni caso, il giudizio finale verrà espresso dal giudice.
La legalità, come potrebbe apparire, non è il solo elemento importante del provvedimento, vi sono
anche la certezza e la stabilità della situazioni create dal provvedimento e la possibilità di fare
affidamento su di esse; per questo la possibilità di contestare davanti ad un giudice i provvedimenti
annullabili è temporanea. Il giudice dovrà, una volta presa la dovuta decisione, motivarla
appropriatamente. Fino al 2005 non esisteva una norma generale sull’annullamento d’ufficio;
l’articolo 21 della legge 241, introdotto dalla legge 15 del 2005, afferma che il provvedimento
illegittimo può essere annullato, giustificando le ragioni di interesse pubblico, entro un termine
stabilito e tenendo conto degli interessi dei destinatari e dei contro interessati, dall’organo che lo ha
emanato. In sostanza, l’annullamento non si effettua solo per illegittimità, ma anche per tutelare gli
interessi pubblici, che dovranno essere valutati a confronto con gli interessi privati. Per quanto
riguarda il tempo stabilito, al di fuori di quel periodo il provvedimento non diventa legittimo ma
non sarà più soggetto ad annullamento. Il periodo di tempo che viene stabilito, dipenda dal
complesso di fattori, come il carattere del vizio, il tempo della sua scoperta, la rilevanza di interessi
pubblici e privati.

CONVALIDA E SANATORIA

Lo stesso articolo 21 della legge 241 stabilisce che un provvedimento di secondo grado relativo ad
atti illegittimi può essere anche convalidato, motivandone le ragioni di interesse pubblico, entro un
termine stabilito. La convalida è un provvedimento che rimuove un vizio di legittimità. Prima di
poter convalidare un provvedimento bisogna logicamente giustificare i motivi per cui viene
effettuata tale operazione e valutare accuratamente gli interessi pubblici in gioco. Per quanto
riguarda il termine, al contrario dell’annullamento, la convalida sarebbe opportuno effettuarla dopo
il tempo stabilito. La maggior parte dei provvedimenti non sono suscettibili di convalida; l’unico
caso che non presenta problemi è la convalida del provvedimento viziato di incompetenza relativa,
che si effettua con una richiesta dell’autorità competente. La convalida produce effetto retroattivo
 cioè dopo aver convalidato il provvedimento, esso si considera come mai viziato.
Diversa questione si pone con l’effetto sanante che a volte può essere prodotto dal successivo
intervento di atti che dovrebbero intervenire prima del provvedimento: la sanatoria  disposizione
normativa, una tantum o permanenti, che sanano la posizione irregolare nei confronti della legge di
un gruppo di individui, che scelgono di aderirvi.
Esempio  la successiva acquisizione del nulla osta che invece l’autorità avrebbe dovuto
acquisire prima di provvedere. La mancanza di nulla osta vizia il provvedimento, ledendo il potere
dell’autorità che emette il nulla osta. Ma se questo viene successivamente acquisito, risulta che in
realtà non è stato leso alcun potere, al contrario è stato reso legittimo il risultato dell’attività
prevista dal provvedimento.
LA QUESTIONE DEGLI ATTI CONFERMATIVI
Può capitare che un soggetto interessato chieda all’amm. di riesaminare un provvedimento per lui
sfavorevole, che non è stato impugnato (l’impugnazione è la resistenza della parte interessata
avverso atti e provvedimenti), a cui si allegano elementi o circostanze che ne provocherebbero
l’annullamento. Se l’amm. si convince delle ragioni del richiedente annullerà il provvedimento
secondo le regole già esposte, se non se ne convince comunicherà al richiedente che è inutile
tornare a provvedere secondo la sua richiesta, confermando il precedente provvedimento. Sulla
possibilità che tale decisione possa essere a sua volta un provvedimento e se possa sostituire quello
iniziale, distinguiamo l’atto meramente confermativo e il provvedimento di conferma. Il primo
richiama un precedente provvedimento, il secondo si verifica ove l’amm. compia nuovamente una
valutazione degli elementi già valutati in precedenza, eventualmente annullando il provvedimento
precedente. Nel caso in cui l’amm. confermi il provvedimento precedente, ritenendo che le
allegazioni del richiedente non sono rilevanti affinché avvenga l’annullamento, questa decisione
potrà essere impugnata da chi afferma che le ragioni allegate all’amm. siano viziate.
LE ATTIVITA’ DI SERVIZIO PUBBLICO

I SERVIZI PUBBLICI IN SENSO SOGGETTIVO


I servizi pubblici sono le attività rivolte all’utilità della comunità e sono organizzate dalle
istituzioni di natura pubblica e non dal mercato. In questo senso, il carattere pubblico del servizio
dipende da un elemento soggettivo. A differenza della funzione pubblica, sono erogati in modo non
autoritativo.
Esempio  Servizio sanitario nazionale, servizio postale, trasporti.
I servizi pubblici, a cura dell’istituzione pubblica, sono gestiti da un concessionario, che svolge
l’attività per suo conto. Anche la produzione di norme giuridiche e di provvedimenti risultano
essere una sorta di servizi pubblici, in quanto perseguono il fine dell’interesse pubblico e
producono quindi utilità sociale. Gli atti giuridici legato al loro compimento devono avere carattere
strumentale, utilitaristico.
Dunque il servizio pubblico in sé non può comprendere quelle attività che, derivanti dalla
produzione di atti giuridici legislativi, giurisdizionali e amm., costituiscono l’esercizio di
pubbliche funzioni.
Alcuni servizi pubblici vengono considerati essenziali  l’amm. della giustizia (per garantire
tutela della salute, della vita, libertà, sicurezza, assistenza sanitaria e sociale, istruzione, libera
comunicazione).
I SERVIZI PUBBLICI IN SENSO OGGETTIVO.
NECESSITA’ DI ELEMENTI “SOGGETTIVI” DI QUALIFICAZIONE
Oltre ai servizi pubblici essenziali, costituiscono servizio pubblico anche le attività essenziali 
attività volte a soddisfare i bisogni della comunità, da chiunque siano esercitate o decise. In questo
senso, il carattere pubblico del servizio dipende da un elemento oggettivo. Secondo l’articolo 43
della Costituzione, il legislatore può ritenere che determinati servizi gestiti da imprese siano
essenziali per al comunità e, in caso di bisogno, essi possono essere sottratti al mercato per
diventare servizi pubblici in senso soggettivo. Tuttavia vi sono alcuni bisogni che già il mercato
provvede a soddisfare, privatamente, in termini efficienti e più soddisfacenti di quanto possa fare
un servizio curato da istituzioni pubbliche. Naturalmente tali attività sono regolate da alcune
norme, ma agiscono autonomamente.
Esempio  vendita di generi alimentali, che tuttavia in caso di situazioni particolari come
calamità naturali, diviene compito pubblico.

ATTIVITA’ ECONOMICHE E SERVIZI PUBBLICI NELLA COSTITUZIONE ITALIANA


Attività economica oggettiva e soggettiva vengono svolte entro limiti stabiliti. Secondo l’articolo
41 della Costituzione, l’attività economica privata è libera, tuttavia non può svolgersi in contrasto
con l’utilità sociale o in modo da recar danno alla sicurezza, libertà e dignità umana; inoltre la
legge effettua controlli per coordinare attività economica pubblica e privata. In pratica la legge
lascia spazio e libertà, seppur limitata e sotto vigilanza delle leggi, all’attività economica privata.
Tuttavia, in situazioni stabilite dalla legge, come situazioni di monopolio, tali attività possono
essere portate a servizi pubblici essenziali.

I PUBBLICI SERVIZI NELL’ORIZZONTE COMUNITARIO


Anche tra i principali scopi della Comunità Europea c’è sempre stata la costituzione di un ampio
mercato unico europeo per lo sviluppo e il benessere della società, assicurati dalla Costituzione e
dal funzionamento di un buon regolato mercato. La Comunità stabilisce che l’attività libera del
mercato deve comunque essere disciplinata da norme stabilite e fa affidamento anche sul servizio
pubblico. In ambito europeo, i servizi pubblici sono chiamati servizi di interesse economico
generale, per conto del quale vengono imposte limitazioni al mercato, in base ad un criterio di
proporzionalità.
Esempio  alla creazione del servizio telefonico non era possibile avere più operatori per la stessa
zona, cosicché molti Stati assunsero questo compito di gestione come servizio pubblico. Con la
coesistenza di più operatori gli Stati hanno assunto il ruolo di regolatori ritirandosi dalle gestione e
lasciando spazio ai privati.
Situazione diversa per il servizio postale: diversi operatori possono competere liberamente, ma può
capitare che per la concorrenza si concentrino nelle zone con densità più alta, lasciando isolate le
aree meno abitate. In questo caso, il solo modo di garantire universalità del servizio è assicurare ad
un operatore del servizio pubblico un’area di monopolio.

MODALITA’ DI GESTIONE DEI SERVIZI PUBBLICI


Tra la gestione dei servizi pubblica e privata, esistono modalità intermedie. La gestione pubblica
per i servizi basilari è affidata all’ordinario organo amm., ed è detta in economia. La gestione dei
servizi imprenditoriali è stata affidata in passato all’azienda speciale  struttura specializzata
dipendente dalla pubblica amm. e con rapporto di lavoro di tipo privato. Oggi è stata in granb parte
sostituita dalle SpA a partecipazione pubblica. Altri servizi sono gestiti da specifiche istituzioni
(es. pubblica istruzione, aziende sanitarie) i cui operatori privati svolgono attività con contenuto
uguale a quelle pubbliche.
Spesso accade che la legge che disciplina il servizio pubblico non ne preveda però la gestione, o
che l’amm. incaricata non intenda gestirlo, ricorrendo alla concessione di pubblico servizio 
provvedimento con cui l’amm. affida ad un privato lo svolgimento di un servizio pubblico
temporaneamente; viene affidato mediante gara pubblica. Talvolta vengono stipulati con i gestori
dei servizi appositi contratti, i contratti di servizio pubblico, per determinare obblighi che vengono
imposti a chi eroga determinati servizi che non sono considerati pubblici ma il cui svolgimento è
soggetto ad autorizzazione.

LE DISCIPLINE GENERALI DEI PUBBLICI SERVIZI.


I LIMITI AL DIRITTO DI SCIOPERO NEI SERVIZI PUBBLICI ESSENZIALI
In materia di servizi pubblici, la competenza legislativa spetta allo Stato o alle Regioni. Pur non
essendoci la materia specifica di “servizi pubblici” , alcuni servizi sono compresi nella rispettiva
materia per cui sono posti in essere. Ogni servizio pubblico ha la propria disciplina, poche sono le
normative generali applicabili all’insieme dei servizi. Una di queste riguarda i servizi pubblici
ritenuti essenziali, a cui vengono stabiliti limitazioni al diritto di sciopero. Le limitazioni
sostanziali consistono dell’obbligo di fornire le prestazioni essenziali, quelle procedurali
consistono dell’obbligo di comunicare con preavviso di 10 giorni modalità e motivazioni dello
sciopero. Per garantire il rispetto dei cittadini, l’articolo 8 della Costituzione stabilisce che in caso
di lesione dei diritti del cittadino per un determinato sciopero, il Presidente del Consiglio dei
ministri cercherà di porvi rimedio con un tentativo di conciliazione per salvaguardare i diritti del
cittadino.

LA QUALITA’ E I PRINCIPI DI EROGAZIONE DEI SERVIZI


Per migliorare la gestione dei servizi pubblici sono stati istituiti, nel 1994, dalla Presidenza del
Consiglio dei Ministri, i Princìpi sull’erogazione dei servizi pubblici, dedicati a:
- princìpi fondamentali  l’eguaglianza, l’imparzialità e la continuità. Ad essi si
affiancano il diritto di scelta e di partecipazione;
- strumenti  determinazione di standard di qualità e quantità, semplificazione delle
procedure, informazione degli utenti, previsione di rimborsi in caso di inferiorità del
servizio rispetto agli standard;
- tutela  chi eroga deve prevedere procedure di reclamo dell’utente in caso di violazione dei
princìpi,
che possano essere utilizzate facilmente, svolgersi rapidamente ed assicurare un’indagine
completa.
L’attuazione dei princìpi da parte delle amm. e dei soggetti erogatori è controllata da un Comitato
permanente per l’attuazione della Carta dei servizi (documento con cui l’erogatore descrive le
prestazioni che si impegna a fornire) pubblici.

LA NOZIONE PENALISTICA DI PERSONA INCARICATA DI PUBBLICO SERVIZIO


Secondo la legge del codice penale, sono incaricati di un pubblico servizio coloro che prestano
pubblico servizio, che viene disciplinato nelle stesse forme della pubblica funzione ma senza i
poteri tipici di quest’ultima, i poteri amm. l’attività di servizio pubblico, agli effetti penali, è
caratterizzata positivamente dall’essere disciplinata da norme di diritto pubblico o atti autoritativi e
positivamente dal non manifestare la volontà amm. la legge attribuisce inoltre a singole persone, ai
fini penali, la qualifica di pubblico ufficiale o di incaricato di pubblico servizio, e infine di persona
esercente un servizio di pubblica necessità  i privati che esercitano professioni forensi, sanitarie
o altre per cui vi sia bisogno di un’abilitazione dallo Stato quando la comunità ne necessita. Tali
qualificazioni sono agli “effetti penali”  sono collegati a norme punitive in caso di reati da parte
di chi investe una qualifica (concussione, corruzione, abuso d’ufficio) o reati commessi da terzi
verso chi investe una qualifica (violenza, minaccia, resistenza al p.u.).
LE PROCEDURE CONTRATTUALI

LE PUBBLICHE AMMINISTRAZIONI E IL CONTRATTO


Anche se le pubbliche amm. non hanno autonomia privata, avendo cura di interessi pubblici,
concludono quotidianamente numerosi contratti. Le pubbliche amm. possono infatti concludere
ogni tipo di contratto che qualunque altro soggetto possa concludere, aggiungendo i contratti
mediante i quali le pubbliche amm. acquistano beni diversi dalle energie lavorative dei dipendenti:
contratti di fornitura, di acquisto dei servizi, di appalto. Fanno eccezione solo i contratti che
presuppongono che il soggetto sia una persona fisica. I contratti delle pubbliche amm. si dividono
in:
- Attivi  contratti da cui deriva un’entrata (es. vendita di un immobile)
- Passivi  contratti da cui deriva una spesa (es. acquisto di un immobile)

CONTRATTI DI DIRITTO PRIVATO E PROCEDURE PUBBLICISTICHE


Anche i contratti delle pubbliche amm. sono di diritto privato, ma per i soggetti privati tutto ciò che
precede il contratto è irrilevante (scelta del contraente, dell’oggetto). E l’attività di diritto privato,
per le pubbliche amm., è pur sempre attività amm., cioè svolta solo per mezzo di risorse pubbliche
e rivolta agli interessi pubblici. Inoltre, per la conclusione di gran parte dei contratti valgono
procedure specifiche che vogliono, da una parte, assicurare che le pubbliche amm. utilizzino le
risorse prodotte dalla comunità nel migliore dei modi; dall’altra bisogna considerare i contratti
pubblici come un’opportunità che deve essere assegnata secondo regole precise per proteggere
l’interesse dei soggetti partecipanti al contratto. La differenza sostanziale dei contratti pubblici, sta
nel fatto che, per assicurare migliore qualità, essi vengono assegnati mediante gare pubbliche,
portando quindi alla conclusione del contratto a seguito di una procedura complessa, estranea ai
contratti privati.

LE PROCEDURE SELETTIVE PER L’ACCESSO AI CONTRATTI NEGLI IMPIEGHI


PUBBLICI
Fatta eccezione per magistrati, avvocati dello Stato, professori, militari, poliziotti e pochi altri, per
le altre categorie il rapporto di lavoro è stato privatizzato progressivamente, a partire dal decreto
lgs. 29 del 1993. Il che vuol dire che i rapporti di lavoro dei dipendenti delle amm. pubbliche sono
disciplinati regolati contrattualmente. Le amm. non possono però stipulare un contratto scegliendo
liberamente il soggetto, secondo l’articolo 97, comma 3, della Costituzione infatti, i contratti
possono essere stipulati solo con i vincitori di un concorso pubblico prettamente istituito, che
costituisce una gara alla quale si iscrivono diversi candidati per esser valutati e definire chi
possiede le qualità richieste. Il concorso si apre con la deliberazione e la pubblicazione di un atto, il
bando, che stabilisce: requisiti richiesti, termine e modalità di presentazione delle domande, le
prove da sostenere. Al concorso partecipano tutti i candidati che non siano stati esclusi per difetto
dei requisiti. Il concorso è svolto da un’apposita commissione, formata esclusivamente da esperti
in materia di concorso, che non ricoprano cariche politiche e che non siano rappresentanti
sindacali. La commissione si occupa dello svolgimento e degli esiti delle prove. Il concorso si
chiude con l’approvazione della graduatoria da parte dell’amm., individuando le persone con cui
stipulare il contratto, quindi l’aggiudicazione.

LE PROCEDURE DI EVIDENZA PUBBLICA PER GLI ALTRI CONTRATTI DELL’AMM.


I contratti che stipulano le pubbliche amm. per procurare ciò di cui hanno bisogno per le opere
pubbliche, una volta stipulati, sono di diritto privato. Anche questi contratti sono comunque
stipulati sulla base si apposte procedure per dare evidenza pubblica all’intera vicenda e per
individuare il contraente privato. L’evidenza pubblica comincia con la deliberazione di contrattare
 provvedimento gestionale che stabilisce l’oggetto del contratto e le clausole essenziali, il fine e
le modalità di scelta del contraente. L’intera fase che precede il contratto è regolata da norme che
prevedono una sequenza procedimentale attraverso cui si svolge la gara pubblica. A volte il
contratto stipulato dopo l’aggiudicazione non diventa efficace senza un atto di approvazione.

LA NORMATIVA DI CONTABILITA’ DI STATO


Secondo la disposizione sulla contabilità dello Stato del 1923, furono previsti 4 modi di
contrattazione.
- Il preferito era inizialmente l’asta pubblica (detta anche incanto)  pubblicazione
di un bando a cui partecipa chi ha i requisiti, è un processo di compravendita mediante
offerte e si conclude vendendo l'oggetto al migliore offerente.
- Licitazione privata  gara pubblica con cui l’amm. non si rivolgeva
genericamente al pubblico, ma rivolgeva una lettera di invito a coloro che riteneva
qualificati. Era ammessa solo in casi particolari.
Sia asta che licitazione erano adatte per contratti dove fosse già chiaramente definito l’oggetto.
- Appalto – concorso  vi si ricorre nei casi in cui spetta al contraente definire
l’oggetto del contratto, che aveva in comune con la licitazione il numero ristretto di
invitati a partecipare ma se ne differenziava per la discrezionalità di aggiudicazione.
- Trattativa privata  trattare direttamente con un potenziale contraente, senza gare
pubbliche e concessa in casi speciali (es. acquisto di macchine che una sola ditta può
fornire con i requisiti specifici richiesti).
Un importante cambiamento fu introdotto nel 1972, quando furono distinti i contratti attivi e
passivi e fu stabilito che solo i primi dovevano seguire obbligatoriamente aste pubbliche, i secondi
a discrezione tra aste pubbliche o licitazioni private. Con una seconda legge nel 1973 fu modificato
anche il numero ristretto di partecipanti alle licitazioni: mediante un avviso di gara, i soggetti
potevano chiedere di parteciparvi.

LA DISCIPLINA EUROPEA DEI CONTENUTI DI APPALTO DI LAVORI, FORNITURE E


SERVIZI.
AMBITO DI APPLICAZIONE. PROCEDURE APERTE E PROCEDURE RISTRETTE.
Nel corso degli anni si è sviluppata una normativa europea, quella attualmente in vigore è quella
del 2004 del Parlamento Europeo relativa al coordinamento delle procedure di aggiudicazione
degli appalti pubblici di lavori, forniture e servizi. Le norme delle direttive europee sono
suscettibili di diretta applicazione. Le regole comunitarie riguardano gli appalti il cui valore superi
determinate soglie (per quelli inferiori gli Stati dettano la disciplina che credono) e si riferiscono ai
contratti appaltati dalle amm. aggiudicatrici  Stato, Enti pubblici territoriali, associazioni
costituite da enti pubblici, organismi di diritto pubblico  qualsiasi organismo che: soddisfi
esigenze di interesse generale, abbia personalità giuridica, svolga attività finanziate da un’altra
amm. aggiudicatrice.
In merito alle procedure, nel diritto comunitario distinguiamo:
- Procedure aperte (asta pubblica)  ogni soggetto economico interessato può
presentare la sua offerta
- Procedure ristrette (licitazione privata)  ogni soggetto economico può chiedere
di partecipare, ma solo quelli scelti dalle amm. aggiudicatrici
- Procedure negoziate (trattativa privata)  le amm. aggiudicatrici consultano i
soggetti economici da loro scelti per negoziare le condizione dell’appalto.
Le amm. aggiudicano gli appalti mediante una delle prime due procedure, la differenza tra le due
sta nella partecipazione alla gara, le valutazioni vengono effettuate in egual modo: in entrambi i
casi la gara può essere aggiudicata secondo il criterio del prezzo più basso o dell’offerta
economicamente più vantaggiosa.
Il primo funziona in modo matematico per assicurare l’imparzialità e per garantire la qualità
dell’esecuzione, evitando le offerte anomale  offerte anormalmente basse, per le quali l’amm.
chiederà la giustificazione e la escluderà ove non ottenga risultati soddisfacenti. Per il
funzionamento meccanico di tale criterio, esso non consente di tener conto di altri fattori rilevanti,
per questo ad esso viene preferito il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, il cui
valore viene calcolato tenendo conto anche di caratteristiche diverse dal prezzo (es. qualità, pregio
tecnico, caratteristiche estetiche e ambientali).

DIALOGO COMPETITIVO E PROCEDURE NEGOZIATE


Insieme alle tre precedenti procedure è stato introdotto il dialogo competitivo  procedura in cui
qualsiasi soggetto economico può chiedere di parteciparvi e in cui l’amm. aggiudicatrice avvia un
dialogo con i candidati ammessi. Esso appartiene alle procedure ristrette ma se ne differenzia
perché si riferisce a situazioni complesse dove l’amm. non può definire caratteristiche specifiche di
un progetto.
Il dialogo competitivo di differenzia dall’appalto per la procedura, strumento mediante il quale, in
questo caso, l’amm. arriva a definire il progetto. Il dialogo competitivo è una gara pubblica.
Per quanto concerne le procedure negoziate, esse corrispondono alla trattativa privata, tuttavia
oggi quest’ultima si è evoluta acquisendo forme di carattere pubblico ed è stata scomposta in due
specie:
- con pubblicazione di bando di gara  agiscono come una normale gara pubblica
- senza pubblicazione di bando di gara  permette all’amm. di scegliere in modo
più discrezionale se non arbitrario ed è prevista solo in casi di necessità e deve essere
comunicata alla Commissione.

ACCORDI QUADRO, SISTEMI DINAMICI, ASTE ELETTRONICHE


La più recenti direttiva del 2004 disciplina l’uso di alcune modalità d’acquisto per semplificare
l’appalto di forniture o prestazioni continue o per consentire l’usufrutto di modalità informatiche.
A tale proposito si possono stipulare:
- Accordi quadro  nasce dall’esigenza di accorpare gli acquisti di beni omogenei
aventi un carattere ripetitivo e costante nel tempo (es. arredi). Si attua un’unica gara
complessiva, evitando di dover fare un appalto per ogni episodio. Tale accordo può
essere stipulato con una sola o con più imprese.
- Sistema dinamico di acquisizione  anche questo si riferisce ad acquisti di uso
corrente; deve essere limitato nel tempo ed aperto per tutta la durata, in genere 4 anni, ad
ogni soggetto economico che abbia i requisiti richiesti. È un sistema a gestione
elettronica. Mette in competizione chiunque partecipi allo stesso bando.
- Asta elettronica  è una modalità di svolgimento di confronto tra le varie offerte.
Può essere utilizzata in ogni procedura e riguarda la classifica dei prezzi secondo il
criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, mediante dispositivo elettronico.
LA REGOLAMENTAZIONE INTERNAZIONALE DEGLI APPALTI PUBBLICI
Le stesse regole disciplinate dalla Comunità Europea valgono anche in un contesto più ampio, in
virtù del Trattato sugli appalti pubblici stipulato tra circa 40 stati aderenti all’Organizzazione
mondiale del commercio (WTO)  anch’esso richiede che gli appalti sopra determinate soglie
seguano regole delle procedure aperte o ristrette e solo in casi eccezionali quelle negoziate. Inoltre
gli Stati aderenti al WTO, ove ritengano che uno Stato abbia aggiudicato un appalto
scorrettamente, possono dar luogo a controversie verso tali Stati.

LE REGOLE SULLE PROCEDURE CONTRATTUALI E LA TUTELA DELLE IMPRESE


INTERESSATE
Eventuali illegittimità delle gare pubbliche potranno esser fatte valere dinanzi al giudice amm.
attraverso la contestazione dell’atto di aggiudicazione, classico strumento di tutela. In altri paesi
europei invece, in passato l’amm. aggiudicatrice stipulava direttamente il contratto con il vincitore
senza atto di aggiudicazione, quindi togliendo agli altri partecipanti la possibilità di contestare. Nel
1999 la Corte di Giustizia ha emesso una sentenza mediante il quale la normativa europea
imponeva che l’atto finale della gara dovesse avere rilievo giuridico per poter essere eventualmente
contestato.
Se invece accadesse che l’impresa arrivata seconda riesca a far annullare l’atto di aggiudicazione,
occorrerebbe avanzare due ipotesi: la prima, avanzata dal Consiglio di Stato, sostiene che
l’annullamento dell’atto di aggiudicazione annullerebbe di conseguenza il contratto già stipulato; la
seconda, avanzata dalla Corte di cassazione, sostiene che l’annullamento dell’atto di
aggiudicazione priverebbe il contratto di un elemento di legittimazione rendendolo annullabile.
Infine, la Corte di Giustizia, con una sentenza emessa nel 2005, ha fissato un principio su una
violazione dell’amm.  l’omissione di una procedura di gara e scelta arbitraria del contraente. In
tal caso bisogna far ricorso contro l’atto che esprime la decisione di non dar luogo alla gara.
LA RESPONSABILITA’ CIVILE DELLA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE

LE AMMINISTRAZIONI E LA RESPONSABILITA’ CIVILE


Le responsabilità civili delle pubbliche amm. sono fissate dagli articoli 1218 e 2043 del codice
civile.
Il primo riguarda la responsabilità contrattuale  relativa all’adempimento di una preesistente
obbligazione, stabilisce che il debitore che non esegue la prestazione dovuta deve risarcire i danni
se non dimostra che tale inadempimento non è stato dipeso dalla sua volontà.
Il secondo riguarda la responsabilità extracontrattuale  relativa ai rapporti tra i soggetti non
vincolati da obbligazioni, stabilisce che ogni fatto doloso o colposo a danno di terzi, obbliga chi ha
commesso il danno a risarcirlo. Entrambe le disposizioni si riferiscono a qualunque soggetto.
Le regole delle responsabilità civili applicate alle pubbliche amm. sono ribadite dall’articolo 8
della Costituzione, secondo cui Stato ed enti pubblici sono direttamente responsabili delle loro
eventuali violazioni. Le pubbliche amm. sono civilmente responsabili come chiunque altro; tuttavia
esse svolgono una missione affidatagli dalla Costituzione e non decidono arbitrariamente quale
attività intraprendere, dunque neanche quali rischi assumere. Questo non esonera le pubbliche
amm. da ogni responsabilità, ma per quanto riguarda i rischi sarà tenuto conto della specifica
missione delle pubbliche amm.

LA RESPONSABILITA’ E I BENI DELL’AMMINISTRAZIONE


Secondo l’articolo 2740 c.c. il debitore risponde all’adempimento delle obbligazioni con tutti i suoi
beni presenti e futuri ed è esonerato dalle limitazioni solo nei casi stabiliti dalla legge. Quindi, in
teoria tutti i beni del debitore sarebbero a disposizione dei creditori, ma in realtà alcuni di questi
beni non sono disponibili per essi: i beni demaniali  beni dello Stato, Regioni ed Enti locali (es.
strade) che sono inalienabili e non possono assolutamente essere sottratti alla loro destinazione;
sono oggetto di esecuzione forzata. I beni patrimoniali indisponibili  beni che sono patrimonio
dello Stato destinati a fini di pubblico interesse, non possono essere sottratti alla loro destinazione
se non nei modi stabiliti dalla legge. Non sono dunque oggetto di esecuzione forzata.

LA RESPONSABILITA’ CONTRATTUALE
E’ disciplinata dall’articolo 1218 c.c. Essa riguarda l’adempimento di una preesistente
obbligazione, che non deriva necessariamente da un contratto: si chiama così perché si riferisce
all’adempimento di un’obbligazione già contratta. In particolare, a fronte di un adempimento,
dipendente da cause non imputabili al debitore, per esempio negligenza, all’obbligazione originaria
si sostituisce quella di risarcire il conseguente danno patito dal creditore.

LA RESPONSABILITA’ PRECONTRATTUALE
E’ disciplinata dagli articoli 1337 e 1338 c.c. Si riferisce al comportamento specifico delle parti
durante lo svolgimento di trattative nella formazione di un contratto. In tale occasione le parti
devono comportarsi in modo corretto e, se una parte conosce le cause di invalidità del contratto e
non ne dà notizia all’altra, essa deve risarcire il danno. Mentre per i privati l’intera fase della
contrattazione è libera, le pubbliche amm. sono invece vincolate alle leggi.

LA RESPONSABILITA’ EXTRACONTRATTUALE
E’ disciplinata dall’articolo 2043 c.c. E’ anche detta “aquiliana” (dal nome della prima legge che
disciplinò la responsabilità ex delicto, ovvero del principio in virtù del quale la lesione di un diritto
soggettivo assoluto o di una posizione giuridica soggettiva tutelata dall’ordinamento, obbliga
l’autore della lesione a risarcire i danni patrimoniali e non patrimoniali), è quella che consegue
allorché un soggetto viola non già un dovere specifico, derivante da una preesistente obbligazione,
bensì un dovere generico. Il problema da considerare è quando il danno subito dal comportamento
delle pubbliche amm. debba ritenersi ingiusto.
Esempio  un conducente guida su una strada ghiacciata a 70km/h e subisce un incidente, il
conducente guidava ad alta velocità per una strada ghiacciata, ma questa non era cosparsa di sale,
quindi bisogna valutare se la colpa è dell’amm.
Il tipo di problema che da maggior difficoltà è quindi l’omissione di un’attività che l’amm. avrebbe
o meno dovuto compiere. Quando invece le responsabilità deriva da un’azione commessa, il
problema sta nel verificare se l’azione sia collegabile all’amm. Per poter rendere imputabile un
determinato comportamento di una pubblica amm. si analizza il rapporto di occasionalità
necessaria con il servizio prestato dall’amm.

LA RESPONSABILITA’ DEL PROVVEDIMENTO. DALLA NEGAZIONE


ALL’AFFERMAZIONE
A volte l’attività dannosa dell’amm. non deriva da un suo comportamento o una sua omissione, ma
dall’emanazione di un provvedimento.
Esempio  la dichiarazione per pubblica utilità è dannosa per il proprietario del terreno dove sarà
costruita una determinata opera, preannunciandone l’espropriazione.
Risultano quindi dannosi tutti i provvedimenti che producono effetti giuridici restrittivi (es. ordini
o sanzioni amm.). Fin quando tali provvedimenti sono conformi alla legge non saranno ingiusti, in
caso di espropriazione ad esempio, basterà un indennizzo per l’interessato. Quando il
provvedimento è illegittimo, naturalmente i soggetti lesi possono richiederne l’annullamento e
bisogna stabilire se a questo si possa unire una responsabilità civile all’amm. per il danno causato.
In passato le norme violate dagli atti illegittimi tutelavano esclusivamente gli interessi pubblici,
l’interesse dei privati era tutelato mediante l’annullamento. Non poteva esservi dunque
responsabilità civile né risarcimento per lesione di interessi legittimi. La responsabilità civile
veniva dunque negata. Il solo modo per ottenere un risarcimento era, in caso di provvedimenti
sfavorevoli, una volta effettuato il ricorso e ottenuto l’annullamento, il carattere retroattivo
dell’annullamento che avrebbe tolto qualsiasi legalità al provvedimento, risultato ingiusto e
dannoso, in quanto lesivo dei diritti dell’interessato. Alla fine del secolo scorso si è arrivati alla
conclusione che i poteri amm. sono istituiti dalla legge per la tutela dell’interesse pubblico ma le
norme che disciplinano l’esercizio di questi poteri tutelano anche l’interesse dei privati e quindi, il
danno derivato dalla violazione da parte dell’amm., nell’esercizio di un potere, di una norma
rivolta a tutelare l’interesse privato, è considerato come ingiusto e dar luogo alla responsabilità
civile dell’amm.

I NUOVI PROBLEMI
Ogni danno provocato dalla pubblica amm. per colpa o dolo violando una norma che protegge un
interesse privato, provoca un risarcimento; a tale contesto si collega una serie di problemi. La
tutela degli interessi legittimi e l’ingiustizia del danno prodotto restano separati.
Esempio  un soggetto chiede un’autorizzazione che gli viene negata con un provvedimento
viziato da incompetenza relativa. Il soggetto, in possesso di interesse legittimo può chiedere al
giudice l’annullamento del provvedimento, dopo di che l’autorità competente tornerà a provvedere.
Per quanto riguarda il risarcimento, esso non può essere quantificato senza sapere se spettava o
meno il permesso al richiedente, né potrà essere stabilita la gravità del danno. L’ingiustizia del
provvedimento, dunque, non dipende dalla violazione di ogni regola che lo rende illegittimo, ma
dalla violazione che assicuri un beneficio all’amministrato. Tradizionalmente la tutela degli
interessi legittimi compete ai giudici amm. mentre la tutela del risarcimento compete al giudice
ordinario, ma con un modifica di legge sono state attribuite tutte le competenze al giudice amm.
per quanto riguarda le modalità di risarcimento, ci sono stati dei divari che hanno separato dottrina
e giurisprudenza del Consiglio di Stato e della Corte di Cassazione. Il primo sostiene che la tutela
risarcitoria sia secondaria alla tutela ordinaria contro i provvedimenti illegittimi e che quindi vada
attuata solo dopo che i rimedi principali non abbiano avuto buon esito; la seconda invece sostiene
che la tutela risarcitoria possa avvenire indipendentemente da quella ordinaria. In ogni caso,
secondo l’articolo 1227 il risarcimento non è dovuto per i danni che il creditore avrebbe potuto
evitare essendo più diligente.

LA COLPA. I MODI DI DETERMINAZIONE DEL DANNO


La semplice illiceità non può fondare la responsabilità civile, accanto al danno deve esser
necessario anche il dolo (volontà di commettere il fatto illecito) o la colpa (commissione con
negligenza, imprudenza, inosservanza delle leggi). Anche se l’emanazione di un provvedimento
illegittimo potrebbe sembrare colposa, in realtà non lo è quando la norma è oggettivamente incerta
e l’interpretazione dell’amm. è sostenuta da pareri giuridici di indubbia autorevolezza. La
determinazione del danno viene effettuata del giudice che si limiterà a stabilire i criteri in base ai
quali l’amm. pubblica deve agire per il risarcimento all’interessato entro un termine prestabilito.
Qualora le parti non giungano ad un accordo, darà il giudice stesso stabilire il termine e la somma
da risarcire.

LE RESPONSABILITA’ PER VIOLAZIONE DEL DIRITTO DELL’UNIONE EUROPEA


Altra responsabilità civile delle pubbliche autorità è quella derivante dalle violazioni di atti
dell’UE. Essa non riguarda solo le amm. ma anche i legislatori degli stati membri. La Corte di
Giustizia ha stabilito che lo Stato inadempiente dovrà risarcire il soggetto danneggiato alle seguenti
condizioni: che la norma violata conferisca diritti singoli, che sia una violazione grave e manifesta
e che esista un nesso tra violazione dello Stato e il danno subito dai soggetti lesi.

LA RESPONSABILITA’ DELLE PUBBLICHE AMM. E LA RESPONSABILITA’ DEI


FUNZIONARI
L’articolo 28 della Costituzione afferma che i funzionari e dipendenti dello Stato ed enti pubblici
sono direttamente responsabili degli atti compiuti in violazione di diritti. Invero, la responsabilità
fondamentale non è delle amm. ma dagli enti che le formano: Stato, Regioni, Comuni. Sia la
responsabilità dei funzionari, limitata alle ipotesi di dolo e colpa grave, che delle amm. è diretta, in
quanto l’illecito si considera in base al rapporto tra i due.

LA RESPONSABILITA’ AMMINISTRATIVA DEI FUNZIONARI


Generalmente, a far fronte ad un danno creato dall’illecito è l’amm. anziché il funzionario, che può
subire essa stessa un danno nel risarcimento di cui potrebbe esser responsabile invece un
funzionario. Inoltre, lo stesso funzionario può recar danno alla propria amm.
Esempio  una giunta comunale organizza a spese del Comune un viaggio degli assessori in una
qualche città con pretesto di verificarne l’efficienza dei servizi pubblici.
In questi casi la responsabilità dei funzionari è sancita da regole particolari ed è definita
amministrativa, è limitata solo ai fatti o omissioni con dolo o per colpa grave ed è inoltre
personale  il debito non si trasmette, a meno che non abbia arricchito l’eventuale funzionario.
La giurisdizione sulla responsabilità amm. è affidata alla Corte dei Conti, che può esercitare il
potere riduttivo  ridurre la somma da risarcire; i responsabili dell’amm. danneggiata possono
invece denunciare il danno subito chiedendo il risarcimento che otterranno entro 5 anni dal danno.

LA RESPONSABILITA’ DI ATTI ILLECITI


Generalmente l’azione risarcitoria viene attuata al seguito del danno subito. La legge prevede
invece che in alcuni casi l’esercizio di poteri amm., sfavorevole per il destinatario, sia
accompagnato dal pagamento di una somma, detta indennizzo, previsto dal principio di
uguaglianza, in quanto portano nel destinatario un sacrificio particolare che agli altri componenti
della comunità non viene richiesto.
Esempio  in caso di espropriazione per pubblica utilità, il proprietario, ai sensi dell’articolo 42,
comma 3, della Costituzione, riceverà un indennizzo.
La legislazione prevede anche altri casi di indennizzo:
Esempio  la revoca di un provvedimento per ragioni di interesse pubblico obbliga l’amm. a
risarcire eventuali pregiudizi a danno di soggetti interessati; oppure nei casi di mancato rispetto del
termine del procedimento, di ritardata adozione del provvedimento o di inadempimento agli
obblighi da parte delle pubbliche amm.
L’obbligo di risarcire fa sempre capo alle amm. e mai ai funzionari.

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