Altare della Vittoria
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L'ara della Vittoria della curia Iulia era Valtare al quale
sacrificavano e presso il quale prestavano giuramento i
‘membri del Senato romano.
Indice
1 Storia
2 Lapolemica sulla rimozione dell'altare
3 Note
4 Bibliografia
5 Voci correlate
6 Collegamenti esterni
Interno della Curia Julia, dove erano conservate
Vara e la statua della Vittoria (Ia foto mostra uno
dei cosiddetti plutei di Traiano)
Storia
La muova Curia Iulia venne decisa al tempo di Cesare ¢ fata edificare da Augusto") dopo aver stravolto la
disposizione originaria dei vetusti monumenti del Foro Romano per costtuire il Foro di Cesare, il primo dei
Fori imperiali. L'Altare della Vittoria, insieme alla statua dedicata alla Vittoria, furono poste al centro della
nuova Curia il 28 agosto 29 a.C, per celebrare la vittoria ottenuta nel 31 a.C. ad Azio da Ottaviano Augusto su
Marco Antonio e Cleopatra.) La statua dorata della dea alata, la testa cinta di una corona d'alloro, era stata
sottratta dai Romani ai Tarantini al tempo della vittoria conseguita su Pirro nel 272 a.C.
Nel 218, quando il giovane Eliogabalo, gran sacerdote del dio siriano El-Gabal, divenne imperatore, un suo
ritratto, in vesti sacerdotali e in atto di sacrificare al Bolide-Sole di Emesa, fu appeso sopra l'altare, in modo che
natori si trovassero nella situazione di sacrificare anche all'imperatore ogni volta che offrissero incenso e
vino all'altare della Vittoria)
La polemica sulla rimozione dell'altare
Con avvento del Cristianesimo ¢ il suo contrasto con la tradizionale
religione romana, l'ara ¢ la statua furono al centro di una disputa.
L'imperatore Costanzo II (337-361), fervente ariano, le fece rimuovere
nel 357; V'altare e la statua furono perd rimesse al loro posto,
probabilmente dal suecessore di Costanzo, Giuliano (361-363), che
adott6 una politica di restaurazione dell'antica religione, e mantenute da
Valentiniano I. Nel 382 il figlio e successore di quest'ultimo, Graziano
(875-383), educato come un cristiano intollerante, ordiné nuovamente
di rimuoverle: infatti, con 'Editto di Tessalonica (380), Teodosio I
aveva stabilito il cristianesimo come la nuova religione di Stato.
Graziano, oltre ad abolire la carica di pontefice massimo per
Rs Vimperatore, aveva soppresso i fondi destinati al culto pagano e ai
La Curia Iulia nel Foro romano collegi sacerdotali romani, con il plauso di Ambrogio vescovo di
Milano.
fe ||1 partito dei senatori, favorevoli all'antica religione, fece un tentativo di ripristinare 'ara della Vittoria nel 384:
il praefectus urbi Quinto Aurelio Simmaco si rec’ a Milano ¢ indirizzé ai tre imperatori Valentiniano II,
Teodosio I e Arcadio la Relatio tertia in repetenda ara Victoriae (http:/Avww.intratext.com/IXT/LATO851/_PA.
HTM), in cui perorava la restaurazione del!'altare ¢ del culto della Vittoria.
Simmaco sosteneva la necesita di non abbandonare una tradizione che aveva dimostrato di saper proteggere
cosi a lungo lo Stato,!! come quando un tempo aveva respinto Annibale dalle porte di Roma ¢ i Galli Senoni
dal Campidoglio,® ¢ il cui abbandono avrebbe favorito ora le invasioni dei barbari che premevano ai confini.!5)
Ma il ripristino del culto della Vittoria, secondo Simmaco, non sarebbe stato soltanto utile allo Stato; sarebbe
stato anche una manifestazione di tolleranza ¢ la dimostrazione della possibilita di convivenza di due culture
che, pur diverse, esprimevano tuttayia la comune volonta di ricercare la verita nel grande mistero dell'universo:
«i giusto eredere in un unico essere, quale che sia, Osserviamo gli stessi astri, ci é comune il cielo, ci cireonda
il medesimo universo: cosa importa se ciascuno cerca la verita a suo modo? Non c’é una sola strada per
raggiungere un mistero cosi grande».71
Suo oppositore fu il vescovo di Milano Ambrogio, il quale indirizz a Valentiniano due lettere in cui affermava
che un sovrano cristiano non poteva permettere un altare pagano nel Senato. Valentiniano, anch'egli cristiano,
diede ragione ad Ambrogio e 'altare non venne ripristinato, Non solo: il 24 febbraio 391 un decreto di Teodosio
1! stabili che non si potessero nemmeno guardare™ Je statue che erano ancora nei templi, né entrare in
atteggiamento di devozione
iin
Nel 392 a Roma venne eletto imperatore Eugenio, il quale, cristiano ma tollerante, ebbe il sostegno dei senatori
pagani ¢ fece ricollocare 'altare ¢ la statua nella Curia, Il 6 settembre del 394 Eugenio fu perd sconfitto nella
battaglia del Frigido da Teodosio che fece rimuovere definitivamente 'altare.
Un ultimo tentativo di ottenere la restituzione dellara e della statua della Vittoria nella Curia Tulia fu effettuato
dal Senato, evidentemente ancora a maggioranza pagana che, nei primi del 402, a questo scopo invid a Milano
una legazione, capeggiata ancora da Simmaco, ad Arcadio e Onorio. La richiesta fu sprezzantemente respinta ¢
Tltare installato da Augusto distrutto, Da allora non vi furono pit ulteriori richieste, dal momento che, come
scrive lo stesso storico pagano Zosimo,!"! con l'accentuarsi delle conversioni, anche i senatori divennero col
tempo in maggioranza di fede cristiana.
Alla fine l'altare verra spostato, e a differenza di molti reperti del mondo antico reimpiegati con altre funzioni
andra irrimediabilmente perduto.
Note
1. * Filippo Coarelli, Guida archeologica di Roma, Arnoldo Mondadori Editore, Verona 1984
2. 6 Sulla collocazione dell'ara ¢ della statua al centro della Curia, eft. S. Mazzarino, Antico, tardoantico ed éra
costantiniana, pp. 343-349, nelle quali si discutono i passi di Erodiano, V, 5, 6-7 e VII, 11, 3-4
3. * Erodiano V, 5, 6-7
4. * Relatio II, 3: «Repetimus igitur religionum statum, qui reipublicae diu profuiy
5. * Relatio III, 9: «Hic cultus in leges meas orbem redegit: hace sacra Annibalem a mocnibus, a Capitolio Senonas
repulerunt>
6. * Relatio III, 4: «Quis ita familiaris est barbaris, ut aram victoriae non requirat? [...] Multa victoriae debet aeternitas
vestry
7. * Relatio III, 10: «Eadem spectamus astra, commune coclum est, idem nos mundus involvit, Quid interest qua
quisque prudentia verum requirat? Uno itinere non potest perveniri ad tam grande secretum»
8. * Nemo se hostiis polluat, Codice teodosiano, xvi.10.10
9, § Durante il sacrificio, Vofficiante indirizzava lo sguardo all'immagine della divinita
* Historia nova V, 41, 3
Bibliografia
Fonti primarie= Quinto Aurelio Simmaco, Relazione sull'altare della Vittoria.
= Ambrogio, Lettere, xvii e xviii.
Fonti secondarie
P. Brown, Potere e cristianesimo nella tarda antichita, Roma-Bari 1995.
I. Dionigi, A. Traina, M. Cacciari, La maschera della tolleranza, BUR, Milano, 2006, ISBN 88-17-
00961-X
S. Mazzarino, Antico, tardoantico ed éra costantiniana, Bari 1974.
S. Mazzarino, Ambrogio nella societa del suo tempo, Milano 1977.
F, Parodi Scotti, Simmaco e Ambrogio: dalla doxa al dogma, in «Retorica della comunicazione nelle
letterature classiche», a cura di A. Pennacini, Bologna 1990.
Quinto Aurelio Simmaco, sant'Ambrogio, L'altare della Vittoria, testo latino a fronte, a cura di Fabrizio
Canfora, Sellerio, Palermo, 1991, ISBN 88-389-0678-5
D. Vera, Commento storico alle Relationes di Quinto Aurelio Simmaco, Pisa 1981
Voci correlate
= Persecuzioni dei pagani
Collegamenti esterni
= (LA) La relazione di Simmaco, intratext.com.
= (ha) La lettera XVI di Ambrogio, intratext.com.
= (LA) La lettera XVIII di Ambrogio, intratext.com.
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