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Il Mulino - Rivisteweb

Giovanni Damele
Aristotele e Perelman: retorica antica e nuova
retorica
(doi: 10.1413/26433)

Rivista di filosofia (ISSN 0035-6239)


Fascicolo 1, aprile 2008

Ente di afferenza:
Universit`
a degli studi di Pisa (Unipi)

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GIOVANNI DAMELE

Aristotele e Perelman:
retorica antica e nuova retorica

I. A partire dagli anni 50 del secolo scorso, un proces-


so di riabilitazione ha cercato di riportare agli antichi fasti la
retorica, screditata dallinesorabile avanzata del razionalismo
moderno e dallaffermazione della logica. Fu proprio un logi-
co, il polacco-belga Cham Perelman, il principale artefice di
questa rinascita. La vicenda abbastanza nota. Cercando una
via duscita dagli esiti relativistici cui laveva condotto uno
studio sulla giustizia da una prospettiva neopositivista (De
la justice, Bruxelles, Office de Publicit, 1945), Perelman, in-
sieme a Lucie Olbrechts-Tyteca, vide nella retorica aristotelica
lo spunto per una moderna teoria dellargomentazione, alla
cui costruzione dedic la sua opera maggiore: quel Trattato
dellargomentazione che recava come sottotitolo, per lappun-
to, La nuova retorica. Ricollegando esplicitamente la sua ricer-
ca alla retorica aristotelica, Perelman non intendeva comun-
que compiere un lavoro di recupero filologico. Talvolta, egli
ha dato per lo pi limpressione di aver cercato nello Stagi-
rita unautorit, un padre nobile che legittimasse la ripresa di
una materia tanto screditata. Qualcosa di buono, nella reto-
rica, doveva pur esserci, se persino Aristotele ci aveva spe-
so del tempo. In particolare, la scelta di riferirsi proprio alla
retorica, piuttosto che alla dialettica, fu determinata in Perel-
man dalla convinzione che nella prima, anzich nella secon-
da, il riferimento alluditorio rivestisse un ruolo centrale1. La

1 Cfr. Ch. Perelman L. Olbrechts-Tyteca, Trait de largumentation.

La nouvelle rhtorique, Paris, Presses Universitaires de France, 1958, trad.


it. di C. Schick con il titolo Trattato dellargomentazione. La nuova retorica,
Torino, Einaudi, 1966, pp. 7-8, in particolare: Il ragionamento dialettico
considerato parallelo a quello analitico, ma tratta del verosimile, e non gi
di proposizioni necessarie. Lidea stessa, tuttavia, che la dialettica soccupa
di opinioni, cio di tesi cui si aderisce con intensit variabile, non messa

RIVISTA DI FILOSOFIA / vol. XCIX, n. 1, aprile 2008


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retorica parve insomma, a Perelman e a Olbrechts-Tyteca, il


miglior punto di riferimento, nel momento in cui intendeva-
no proporre, nel Trattato dellargomentazione, un nuovo ap-
proccio allo studio del discorso pratico che insistesse sul suo
carattere contestualmente situato, in contrapposizione con gli
approcci logico-formali che invece intendevano prescindere
proprio dai contesti sociali.
In ogni caso, date queste premesse era comunque inevi-
tabile che si ponesse alla retorica perelmaniana il problema
della fedelt al modello aristotelico, non fossaltro per giudi-
care a partire da esso le caratteristiche della nuova retori-
ca. Molti critici e interpreti della Teoria dellargomentazione
si sono perci soffermati sul nodo centrale dei rapporti tra la
neoretorica perelmaniana da un lato e la retorica e la dialetti-
ca aristoteliche dallaltro. Il che ha indirettamente riproposto
il doppio problema, non secondario anche alla luce dellinter-
pretazione del pensiero di Perelman, del rapporto tra la re-
torica e la dialettica in Aristotele e dellinterpretazione della
stessa Retorica di Aristotele: testo, com noto, non privo di
punti irrisolti.

II. Enrico Berti, prendendo in considerazione Perelman


insieme ad altri neoaristotelici del Novecento, ha conte-
stato lassunto di partenza della nuova retorica, secondo
il quale la dialettica, in Aristotele, differisce dallanalitica
solo perch si occupa del verosimile, senza tener conto degli
interlocutori2. Secondo Aristotele infatti, nota Berti, gli ndo-
xa, cio le premesse delle argomentazioni dialettiche, si di-
stinguono dalle premesse dellargomentazione scientifica, cio
dalle definizioni e dagli assiomi, non perch siano soltanto
verosimili, ma proprio perch devono ricevere ladesione di
tutti gli interlocutori, essendo professati da tutti o dai sophi,

a profitto: come se lo statuto dellopinione fosse impersonale e le opinio-


ni non fossero relative alle menti che vi aderiscono. Per contro questidea
dadesione, questo riferimento ai soggetti cui il discorso si rivolge, essen-
ziale in tutte le teorie antiche della retorica. Il nostro richiamo a questul-
tima mira a sottolineare il fatto che ogni argomentazione si sviluppa in fun-
zione di un uditorio.
2 E. Berti, Aristotele nel Novecento, Roma-Bari, Laterza, 1992, p. 243.
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cio dagli esperti, dai competenti3. Gi nella dialetti-


ca perci, sottolinea Berti, Aristotele si occupa delladesione
degli interlocutori. Si potrebbe dire, in termini perelmaniani,
che Aristotele vi si occupa gi delladesione delluditorio uni-
versale. Daltra parte, la retorica di Aristotele, nota sempre
Berti, non faceva altro che riprendere le strutture argomen-
tative della dialettica, integrandole con la considerazione del
carattere delloratore e delle passioni degli ascoltatori, dal
momento che la retorica non riguardava, come la dialettica,
il dialogo tra due interlocutori, fatto di domande, risposte e
confutazioni, bens il discorso lungo rivolto ad un uditorio
silenzioso, e tuttavia reattivo. Tra la dialettica e la retorica
aristotelica non vi quindi, secondo Berti, nessuna differenza
dal punto di vista delle argomentazioni4 nella prospettiva
da cui si pone Perelman. La concezione perelmaniana dellar-
gomentazione sarebbe invece viziata da un difetto fondamen-
tale, cio dallindebita estensione alla struttura argomentativa
del carattere verosimile delle premesse5. A proposito degli n-
doxa, cio delle opinioni generalmente accettate che sono
le premesse dellargomentazione dialettica e di quella retorica,
Perelman afferma infatti che in taluni casi, ci che gene-
ralmente accettato verosimile, ma non bisogna confondere
tale verosimiglianza con una probabilit calcolabile: al con-
trario, il senso del termine ulogos, che abbiamo tradotto
con generalmente accettato o accettabile, ha un aspetto
qualitativo ed pertanto pi vicino al termine ragionevole
che al termine probabile6. Perelman confonderebbe cos
il piano della struttura dellargomentazione con quello degli
oggetti cui essa si applica. a questi ultimi infatti che, in
accordo secondo Berti con la teoria aristotelica, va attribui-
to un difetto di rigore, e non alla dialettica, alla retorica
e alla logica di cui esse si servono7. Lulogos cui si riferisce
Perelman, quindi, sarebbe per Berti piuttosto una probabilitas
consequentis che una probabilitas consenquentiae, come invece

3 E. Berti, Aristotele nel Novecento, cit., p. 234.


4
Ibidem.
5 Cfr. E. Berti, Aristotele nel Novecento, cit., p. 235.
6 Ch. Perelman, Lempire rhetorique. Rhetorique et argumentation, Pa-

ris, Vrin, 1977, trad. it. di M. Botto e D. Gibelli con il titolo Il dominio
retorico. Retorica e argomentazione, Torino, Einaudi, 1981, p. 14.
7 E. Berti, Aristotele nel Novecento, cit., p. 237.
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sembra apparire nellinterpretazione del filosofo belga. Cos


facendo, Perelman si allontanerebbe da Aristotele proprio
nel momento in cui vi si richiama, indebolendo la dialet-
tica aristotelica e svelando cos il presupposto che continua
a stare alla base del suo pensiero, cio che lunica logica ri-
gorosa sia quella formale, o quella ipotetico-deduttiva delle
scienze fisico-matematiche, che restano il modello a cui inva-
no tentano di avvicinarsi le scienze pratiche8.

III. Applicando la propria teoria allargomentazione giuri-


dica, Perelman si posto nellalveo della critica al logicismo
giuridico, sostenendo il carattere sempre discutibile delle con-
clusioni e dunque la natura non deduttiva e non dimostrativa
dellargomentazione giuridica. A tal proposito, occorre notare
incidentalmente, con Alessandro Giuliani9, come il sostanziale
antiformalismo della nuova retorica non coincida con nessuna
delle posizioni, analogamente antiformaliste, che enfatizza-
no la funzione creatrice della giurisprudenza, il ruolo po-
litico del giudice o la sua libera ricerca del diritto. Perel-
man rimane invece fedele a una visione secondo la quale la
ragione, e non la volont, a guidare un giudice alla decisio-
ne. Tuttavia, Gaetano Carcaterra, in analogia con quanto so-
stenuto da Berti, ha criticato la posizione non-deduttivista di
Perelman, evidenziando come unargomentazione possa dar
luogo a conclusioni discutibili e tuttavia essere strutturata in
modo rigorosamente deduttivo, perch la discutibilit pu di-
pendere spessissimo dipende non dalla mancanza di rigo-
re deduttivo ma dalla intrinseca incertezza delle premesse10.
In ragione di ci, la nuova retorica di Perelman non si si-
tuerebbe allinterno della tradizione retorica aristotelica. Lec-
cessiva rilevanza attribuita alluditorio, qualificando lapproc-
cio perelmaniano come pi marcatamente relativistico11, lo
avvicinerebbe piuttosto alla tradizione sofistica. La retorica di

8
E. Berti, Aristotele nel Novecento, cit., p. 238.
9Cfr. A. Giuliani, Presentazione a Ch. Perelman, Logica giuridica. Nuo-
va retorica, Milano, Giuffr, 1979, pp. v-xxx.
10 G. Carcaterra, Largomentazione nellinterpretazione giuridica, in Er-

meneutica e critica. Atti del Convegno Internazionale di Roma, 7-8 ottobre


1996, Roma, Accademia dei Lincei, 1988, p. 117.
11 Cfr. S.C. Sagnotti, Retorica e logica, Torino, Giappichelli, 2002.
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Perelman sarebbe insomma una tecnica dellopinione priva


di logica, laddove il modello aristotelico corrisponderebbe in-
vece a una tecnica dellopinione che include tra i suoi stru-
menti la logica12.
In ultima analisi, questa concezione della retorica come
tecnica o come logica dellopinabile insiste sul fatto che
la retorica abbia soprattutto a che vedere con premesse opina-
bili (ndoxa), allinterno per di un ragionamento fondato su
un modello sillogistico sostanzialmente uguale a quello della
dialettica. Il carattere opinabile delle premesse non si tradur-
rebbe cos in una perdita di razionalit del ragionamento e
la retorica come logica dellopinabile si configurerebbe come
uno sforzo ulteriore di razionalizzazione, che allo studio del-
lefficacia dellargomentazione antepone la sua analisi logica.
Laspetto opinativo (e dialettico) dellargomentazione viene
cos privilegiato, a fronte dellaspetto persuasivo, dellaspetto,
cio, pi propriamente retorico. Questa era del resto anche
la posizione sostenuta in linea di principio dallo stesso Perel-
man, il quale, sia detto per inciso, avrebbe accettato di buon
grado per la propria teoria dellargomentazione una defini-
zione quale quella di tecnica dellopinione che include tra i
suoi strumenti la logica.
Tuttavia, e in questo sta la differenza fondamentale, Perel-
man interpreterebbe la logica come uno strumento tra gli al-
tri della retorica, come dimostra il ricorso ai cosiddetti argo-
menti quasi logici, subordinandola cos (in maniera, questo
s, piuttosto incongrua con le proprie premesse) allesigenza
retorica della persuasione. Per contro, come ha sostenuto Si-
mona C. Sagnotti, la tradizione retorica che si rif ad Aristo-
tele assumerebbe un modello critico al cui interno la re-
torica viene concepita come subordinata al limite posto dalla
verit assoluta e, in particolare, al limite della verit logica.
In tal senso la logica sarebbe parte integrante della reto-
rica13. Alla luce di questa ricostruzione, Sagnotti riconosce
che Perelman ha cercato con la nuova retorica di costrui-
re un modello intermedio tra quello apodittico e quello re-
lativistico, un modello, se ne dovrebbe dedurre, assai vicino
a quello critico. Il fallimento di questo tentativo, e quindi

12
S.C. Sagnotti, Retorica e logica, cit., p. 2.
13 S.C. Sagnotti, Retorica e logica, cit., p. 5.
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il carattere accentuatamente relativistico della retorica perel-


maniana, sarebbe per rivelato proprio dalla sua concezione
delluditorio universale, che si presenta come unillusio-
ne, una costruzione delloratore, un ideale evanescente
a tal punto che la retorica perelmaniana risulterebbe di fatto
priva di ogni regola e di ogni limite, salvo il fine di catturare
lassenso delluditorio. Per contro, accanto alla logica delle
verit necessarie esiste altres una logica delle verit solo opi-
nabili, e potremmo chiamarla dialettica, cui Aristotele dedica
le Confutazioni sofistiche e i Topici14.
Il sillogismo dialettico, infatti, differisce dal sillogismo apo-
dittico solo per la natura delle premesse, che sono appunto
proposizioni non necessarie ma opinabili, ma non per la na-
tura del nesso tra le premesse e la conclusione, che rimane
deduttiva: si tratta, in altre parole, di un sillogismo dedutti-
vo con premesse (e quindi conclusione) opinabili. La retori-
ca, per parte sua, assimila gli strumenti, sia deduttivi che in-
duttivi, della dialettica, adattandoli alle esigenze delluditorio.
Al sillogismo dialettico e allinduzione corrispondono infatti
secondo Aristotele, com noto, i due strumenti fondamen-
tali della retorica: lentimema e lesempio. quindi passan-
do attraverso, per cos dire, il filtro delluditorio che gli
strumenti della dialettica si trasformano negli strumenti della
retorica. E tuttavia, la considerazione delluditorio non pare
rappresentare un aspetto secondario di una retorica esclusiva-
mente argomentativa, che si limita tuttal pi a giustappor-
re al sillogismo dialettico considerazioni sul carattere dellora-
tore e sulle passioni degli ascoltatori. Si direbbe invece che
essa giochi un ruolo fondamentale gi in Aristotele. Per lo
meno in quanto fondamentale, e non potrebbe essere diver-
samente in ambito retorico, la capacit persuasiva (pithann)15
dellargomentazione.

14 S.C. Sagnotti, Retorica e logica, cit., p. 13. Cfr. Aristotele, Topici, I,

12, 105a: Dialettico daltro lato il sillogismo che conclude da elementi


fondati sullopinione.
15 Aristotele, Retorica, A, 2, 1355b, 26-27: La retorica pu essere

definita la facolt di scoprire il possibile mezzo di persuasione riguardo a


ciascun oggetto. Per quanto segue si veda in particolare C.A. Viano, La
logica di Aristotele, Torino, Taylor, 1955, pp. 280-86.
Aristotele e Perelman 111

infatti la capacit persuasiva a rappresentare loggetto


dindagine della retorica16, e a essa va subordinata anche la
verit degli argomenti utilizzati. In ci risiede la stessa diffe-
renza tra lentimema e il sillogismo dialettico. Secondo Ari-
stotele, infatti, gli entimemi [...] si ricavano dalle probabi-
lit (ex eiknta) e dai segni17, ove leiks ci che avvie-
ne per lo pi, il verosimile, da non confondere, come
avverte lo stesso Perelman, con la probabilit calcolabile:
il supposto vero o il vero considerato come mezzo di
persuasione18. Sotto questo aspetto, come ha notato Myles
Fredric Burnyeat, la connotazione aristotelica dellentimema
come una specie di sillogismo (sulligisms tis), va interpre-
tata non nel senso di un tipo particolare appartenente al
genere sillogismo (a kind of sullogismos), quanto piutto-
sto nel senso di una sorta di sillogismo (a sullogismos of a
kind), dal quale per lappunto non ci si deve aspettare lo
stesso rigore deduttivo dei sillogismi scientifici o dialettici19.
Perci la possibilit del discorso di essere vero, che per la
dialettica lelemento fondamentale, dalla retorica viene pre-
sa in considerazione soltanto nella misura in cui in grado
di produrre persuasione.

IV. Senza addentrarsi oltre in una questione di filologia


aristotelica, ci che preme qui sottolineare come gli argo-
menti dialettici, nel momento in cui vengono mutuati dalla
retorica, subiscano un cambiamento di prospettiva che non
secondario, dal momento che la nuova unit di misura
la loro efficacia persuasiva. Rimangono bens le strutture ne-
cessarie del discorso sul vero, ma il vero preso in consi-

16 La funzione della retorica, per Aristotele non persuadere ma indi-

viduare in ogni caso i mezzi appropriati di persuasione (Retorica, 1355b).


17 Aristotele, Retorica, A, 2, 1357a, 32-33; cfr. anche Aristotele, Ana-

litici Primi B, 27, 70a, 10: Lentimema un sillogismo che argomenta da


premesse verisimili o da segni.
18 C.A. Viano, La logica di Aristotele, cit., p. 283.
19 M.F. Burnyeat, Enthymeme: Aristotle on Rationality of Rhetoric, in

Essays on Aristotles Rhetoric, a cura di A.O. Rorty, Berkeley-Los Ange-


les-London, University of California Press, 1996, p. 96; cfr. anche Id., En-
thymeme: Aristotle on the Logic of Persuasion, in Aristotles Rhetoric, Philo-
sophical Essays, a cura di D.J. Furley e A. Nehamas, Princeton (NJ), Prin-
ceton University Press, 1994, pp. 3-56.
112 Giovanni Damele

derazione principalmente in quanto ingrediente della persua-


sione. Ci che conta dellentimema, infatti, soprattutto che
sia creduto vero20, poich ci cui mira la retorica, non ln-
doxon, sul cui piano si pone la dialettica, ma il pithann, la
persuasione. La struttura del discorso retorico, mutuata dalla
dialettica, serve allora a garantire solo la verosimiglianza del
discorso: lentimema pu anche essere solo apparentemente
vero, purch sia convincente. La persuasione, in altri termini,
lunico criterio intrinseco per giudicare della bont di unar-
gomentazione retorica21.
Con ci, non si vuol dare per risolto il problema del rap-
porto tra la dialettica e la retorica in Aristotele, poich appa-
re incontestabile lesistenza di una tensione tra le due22. Da
un lato, Aristotele, interessato soprattutto a mettere in luce
la persistenza di forme costanti allinterno di differenti ambi-
ti di discorso, lega intimamente la retorica alla dialettica dal
punto di vista delle strutture dellargomentazione. Daltro lato
non pu disconoscere che la retorica e la dialettica hanno
scopi differenti, e tale differenza non priva di conseguen-
ze su quelle stesse strutture. In qualche misura, perci, quel
contrasto tra un aspetto, potremmo dire, logico o dialet-
tico della retorica e un aspetto sofistico o eristico, che
Sagnotti giustamente ravvisa nella retorica di Perelman, non
assente in Aristotele. Anzi, esso deriva proprio dalla volont
di Perelman di rimanere coerente al modello aristotelico e in
qualche modo perci indeciso tra retorica e teoria dellargo-
mentazione, tra la valenza descrittiva della prima e le ambi-
zioni normative della seconda.

20 Aristotele, Retorica, A, 2, 1356a, 19-20: La persuasione si ottiene

tramite i discorsi quando mostriamo il vero o ci che appare tale attraver-


so i mezzi di persuasione appropriati in ogni caso.
21 Si pu sicuramente ammettere che vi siano criteri estrinseci, e si

possono assegnare criteri estrinseci, di carattere morale, ad esempio, per


giudicare unargomentazione retorica. Del resto ci che lo stesso Aristo-
tele, e dopo di lui Cicerone e Quintiliano e molti altri, hanno fatto. Tutta-
via, se si rimane allinterno delle strutture della retorica, occorre riconosce-
re che lunico criterio valido il fatto della persuasione. Altrimenti non si
vede in cosa starebbe la specificit della retorica, se non nello studio della
persuasione e dei mezzi per ottenerla con i discorsi.
22 Mi pare un sintomo di questa tensione in qualche modo irrisolta il

fatto che Aristotele non abbia mai messo in luce la differenza tra entimema
e sillogismo dialettico (cfr. C.A. Viano, La logica di Aristotele, cit., p. 283).
Aristotele e Perelman 113

Perelman, del resto, dedica larga parte del proprio lavoro


allanalisi del carattere entimematico dellargomentazione, sug-
gerendo tra laltro, anche in questo caso coerentemente con
la retorica aristotelica, lidea che si possano dare entimemi
che non consentano una ricostruzione sillogistica. Egli rico-
nosce infatti la necessit che chi argomenta debba assicurarsi
ladesione delluditorio tanto alle premesse quanto a ciascuna
fase dellargomentazione, dal momento che essa di solito
non si sviluppa secondo una rigida conseguenza logica. Per-
ci, si sofferma anzitutto sullargomentazione come tecnica
del condizionamento delluditorio mediante il discorso. Si
tratta della parte descrittiva, psicologica o socio-psicologica
della teoria perelmaniana dellargomentazione, nella quale,
come ha sottolineato Robert Alexy23, la pretesa di procedere
in maniera logico-analitica risulta ridimensionata, e che pro-
prio per questo lo stesso Perelman non ha sviluppato com-
piutamente.
Daltro canto, egli fa del concetto di uditorio universale la
chiave di volta di una teoria normativa dellargomentazione,
legando il valore di un argomento al valore del tipo di udi-
torio che esso pu convincere. In una graduatoria ideale, la
posizione pi elevata occupata dalluditorio che pu essere
convinto solo da argomenti razionali, cio dalluditorio uni-
versale, appunto. Cos, se ladesione delluditorio particolare
costituisce un criterio di verifica dellefficacia di unargomen-
tazione reale, ladesione delluditorio universale diviene il cri-
terio per la razionalit e loggettivit dellargomentazione. E
tuttavia, luditorio universale finisce per essere anchesso nien-
te pi che la costruzione di un oratore particolare e quindi,
in ultima analisi, un uditorio reale idealizzato e universaliz-
zato e perci assunto a paradigma.
Perelman, in altre parole, ha trasferito sulla coppia udi-
torio particolare / uditorio universale quellambiguit di fon-
do, ereditata dalla retorica aristotelica, tra la componente pi
genuinamente retorica e quella dialettica della propria
teoria dellargomentazione. Proprio questa ambiguit, che si

23 R. Alexy, Theorie der juristischen Argumentation: die Theorie des

rationalen Diskurses als Theorie der juristischen Begrundung, Frankfurt,


Suhrkamp, 1978, trad. it. di M. La Torre con il titolo Teoria dellargomen-
tazione giuridica: la teoria del discorso razionale come teoria della motivazio-
ne giuridica, Milano, Giuffr, 1998 p. 127.
114 Giovanni Damele

configura infine come una tensione irrisolta, ha consentito da


un lato di qualificare la neoretorica perelmaniana come una
nuova sofistica24, dallaltro di insistere quasi esclusivamen-
te sugli aspetti maggiormente legati a una teoria dellargo-
mentazione razionale, reinterpretandola piuttosto come una
nuova dialettica25. In altri termini, Perelman, indeciso fra
efficacia persuasiva e razionalit dellargomentazione, ha ri-
nunciato a trarre pienamente le conseguenze del suo recupero
della retorica. In tal modo, egli ha lasciato la propria teoria
dellargomentazione esposta alle critiche di chi vi ha ravvisa-
to un approccio eccessivamente relativistico, senza riusci-
re peraltro a fornire una conseguente e soddisfacente teoria
dellargomentazione retorica come argomentazione strategica
e persuasiva.

Summary: Aristotle and Perelman. Ancient Rhetoric and New Rhetoric

The paper focuses on Cham Perelmans theory of argumentation


and on his notion of persuasion, providing a comparison with Ar-
istotles Rhetoric. Some critics argue that Perelmans approach to
rhetoric is more sophistic than Aristotles, because of the centrality
of the audiences role and the emphasis on non-deductive argumen-
tation schemes. Many of these critics adopt a dialectical version of
argumentation theory and a dialectical interpretation of Aristotleas
Rhetoric. The paper argues that Perelman does not choose between
a genuine rhetorical and a dialectical approach to argumentation
theory, and that this ambiguity can also be found in the Aristote-
lian tradition.

Keywords: Argumentation, Dialectic, Rhetoric.

24
Cos G. Carcaterra e S.C. Sagnotti.
25
Cfr. R. Alexy, Teoria dellargomentazione giuridica, cit., in particolare
pp. 133-36.

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