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«Mi piacerebbe portare in Arena un mio


recital»
GIGI PROIETTI

15/07/2010 A

Settant'anni il 2 novembre, una carriera all'insegna


dell'eclettismo - per la quale giusto ieri gli è stato conferito
il "Premio Renato Simoni" - una galleria di personaggi -
uno per tutti, il maresciallo Rocca - che hanno conquistato
il pubblico. Gigi Proietti è passato dalla prosa al cinema,
dalla televisione al doppiaggio, dalla regia alla direzione di
teatri, con la convinzione che un artista possa essere tutto
questo. Tra tante sfaccettature, forse, quella del
palcoscenico rimane la prediletta, non fosse altro perché
di lì è iniziato tutto. Per caso.

Perché uno studente di Giurisprudenza decide di


diventare attore?
Frequentavo il Cut (Centro universitario teatrale) dove
Giancarlo Cobelli insegnava mimo in modo mirabile e, nel
Un primo piano di Gigi Proietti. L'attore è nato a
contempo, cantavo nei night club. L'attività artistica mi Roma il 2 novembre 1940
assorbiva molto e così a un certo punto, ho dovuto
scegliere: lo studio, il canto o la recitazione. Ho deciso.

Lei ha spesso dichiarato che il teatro è una festa...


È festa, allegria, euforia ma anche gioco, gioco della rappresentazione, teatralità. In Italia, quando
si parla di teatro, si intende solo quello di prosa ma io preferisco non mettere limiti. La teatralità,
comunque, è anche rischio, sfida con sé stessi. Guardando indietro, mi accorgo che questa sfida
l'ho accettata parecchie volte perché ho fatto tante cose. Eppure, mi resta ancora molta curiosità, e
ne sono contento.

A proposito di esperienze diverse, ultimamente lei si è cimentato anche con la lirica.


Anzi, sta preparando Carmen...
Andrà in scena verso la terza decade di novembre a Salerno dove l'anno scorso ho proposto un
Nabucco che è andato piuttosto bene. Devo tornare subito a Roma altrimenti avrei assistito
volentieri a Carmen di Zeffirelli in Arena, anche perché è un'opera che ho solo ascoltato e mai visto.

Farebbe una regia d'opera in Arena?


Certo. Regie liriche ne ho realizzate 8 e con buon esito, direi. Più gli anni passano, però, minore è il
tempo a disposizione per lavorare sugli attori, i cantanti. Certo, trattandosi di belcanto, si deve
sentire come gli artisti cantano, ma l'opera è pur sempre una forma di teatro, altrimenti la regia è
soltanto un arredo.

Lei non ama le "categorie", il fatto cioè che un attore venga catalogato come
drammatico o comico. E infatti, per quanto il suo repertorio sia soprattutto
brillante, non si può scordare che ha interpretato, per esempio, Socrate nel testo che
Vincenzo Cerami ha tratto dai Dialoghi di Platone.
Penso che, per un artista, le etichette siano una condanna. Anni fa (1989) feci uno spettacolo su
Edmund Kean, tratto da una biografia che Raymond Fitz Simmons aveva scritto sull'attore inglese.
L'avevo visto realizzato a Londra da Ben Kingsley, reduce dall'Oscar per il film Gandhi. Tremavo di
paura pensando che magari il pubblico si sarebbe messo a ridere vedendomi in scena e sarebbe
stato un massacro. Andò tutto bene, invece, anche se qualche critico storse il naso: ma come
Proietti si è permesso di fare questo spettacolo!

Lei torna al Teatro Romano a nove anni di distanza dal precedente Falstaff di cui era
regista e che era interpetato da Albertazzi. Com'è nato il progetto de La Tempesta?

1 di 1 16/07/2010 8.10
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Lei torna al Teatro Romano a nove anni di distanza dal precedente Falstaff di cui era
regista e che era interpetato da Albertazzi. Com'è nato il progetto de La Tempesta?
Avremmo dovuto farlo già lo scorso anno, sempre con la regia di Daniele Salvo, un giovane che
apprezzo. Abbiamo proposto la parte di Prospero ad Albertazzi. E lui, che è un generoso, ha
accettato: il nostro Silvano Toti Globe Theatre non è un ricco.

Passiamo al cinema: quale dei film che ha girato, da Febbre da cavallo di Steno a Un
matrimonio di Altman a La mandrakata di Vanzina, le è più caro?
In realtà non ho fatto molto per il cinema, perlopiù pellicole di intrattenimento. Quando uscì
(1976), Febbre da cavallo incassò bene, ma con il tempo è diventato un cult movie. Ho saputo che a
Napoli ci sono addirittura gruppi di "Febbristi", grandi fans del film. Adesso però lavorare per
cinema non è più così affascinante come un tempo.

Lei era stato scritturato da Fellini come protagonista di Casanova, poi la parte andò a
Donald Sutherland che però lei doppiò: un'altra esperienza interessante...
Federico, che mi chiamava Gigiaccio, mi disse, poi, che aveva bisogno di un nome più
internazionale del mio. Certo, lo capii ma fui ugualmente molto dispiaciuto, al punto che in un
primo momento non volevo neppure fare il doppiaggio. Poi accettai e fu una delle esperienze più
divertenti della mia carriera.

Teatro, cinema, tivù: in quest'ultimo ambito, dire Gigi Proietti è dire il maresciallo
Rocca...
Sul piano dei numeri, questa produzione ha raggiunto risultati incredibili, nessuno se lo sarebbe
immaginato. Nelle prime due stagioni, la serie veniva trasmessa da Raidue poi, visto il consenso del
pubblico, se ne è appropriata la rete ammiraglia. Credo che buona parte del successo, comunque,
sia dovuto all'intuizione della sceneggiatrice, Laura Toscano. Rocca viene raccontato non solo come
uomo d'ordine, che indaga, ma anche nel contesto familiare. Ritengo che continui a piacere perché
è un italiano medio, che fatica ad arrivare alla fine del mese. Per farlo, mi sono ispirato a mio padre
e al suo tratto da burbero benefico.

Nel suo ricco curriculum c'è anche la direzione di alcuni teatri, prima il Brancaccio
(passato, non senza polemiche, a Maurizio Costanzo), il Gran Teatro di Roma e
adesso il Silvano Toti Globe Theatre. Che ricordi ha del Brancaccio?
Non ne parlo tanto volentieri: la ritenevo un'ipotesi interessante per la mia città, era uno spazio
abbandonato da sempre, che noi avevamo rilanciato. Non nutro animosità nei confronti di
nessuno, ma è stato un peccato lasciarlo perdere.

Qual è lo spettacolo che, in oltre quarant'anni di carriera, le ha dato di più?


A me gli occhi, please. Nel 1976 non erano tante le persone che andavano a teatro eppure, nel
tendone da circo dove recitavamo avevamo 2000 persone a sera. È stata una bella "botta"
psicologica!

In passato lei ha detto che "l'esercizio della politica e le doti da palcoscenico sono
sempre andate d'accordo", sottintendendo che i politici sono ottimi attori
A ben pensarci, è vero sino a un certo punto e poi bisogna distinguere tra finzione e falsità. Tra i
potenti, c'è chi sostiene delle cose, ma è il primo a non crederci. L'attore invece entra in scena e
finge di essere Amleto. In questo sta la differenza. Dal punto di vista istrionesco, però, molti politici
sono divenuti abili e si muovono con disinvoltura davanti alla telecamera.

Chiudiamo con una domanda di prassi: progetti futuri?


A settembre-ottobre Raiuno dovrebbe trasmettere la fiction su San Filippo Neri. Non mi era mai
capitato di interpretare un santo, un'esperienza che, credo, tutti gli attori vogliano fare. Toscano
d'origine, ma trasferitosi da giovane a Roma dove veniva chiamato "Pippo er bono", egli ha
rappresentato una bella figura di sacerdote, con la vocazione del missionario: è stato lui l'inventore
dell'oratorio. Mi è piaciuta soprattutto la dicotomia tra il suo ascetismo di solitudine e quel suo
carattere che lo portava ad essere estroverso. Sempre in Rai, poi, usciranno due puntate di una
nuova fiction, il cui titolo provvisorio è Il signore delle truffe, che poi sarei io.

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nuova fiction, il cui titolo provvisorio è Il signore delle truffe, che poi sarei io.

A Verona tornerà?
Mi piacerebbe andare in Arena con uno dei miei recital. Chissà se i veronesi verrebbero a vedermi...

Betty Zanotelli

2 di 2 16/07/2010 8.12

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