Sei sulla pagina 1di 20
IL FENOMENO DELLA COMMUTAZIONE DI CODICE! Augusto Carli 1, Introduzione al problema La commutazione di codice — d'ora in poi abbreviata in CC — rientra nel fenomeno pitt generale dell'alternanza di codice, ovvero dell'uso alternato di due © pid lingue in un medesimo soggetto o all'interno di una comunita bilingue. Alli fenomeni connessi con l'alternanza di codice — e quindi anche con la CC. — sono la commistione di codice (vedi 3.1), il prestito (vedi 3,2) ¢ interferenza (vedi 3.3), Lo studio dell'alternanza di codice, ed in particolare del fenomeno della commutazione, ha assunto importanza sempre crescente? da quando si sono iniziate a studiare le situazioni bilingui con paradigmi e criteri diversi da quelli delle situazioni monolingui. Il cambiamento di paradigmi ha cessato di conside- rare i risultati del contatto linguistico come frutti di contaminazione ¢ corruzione tra le lingue. Attualmente uso alternato di due o pid lingue (o dialetti) viene considerato come caratteristica propria della parlata quotidiana della popolazio- ne bilingue, mentre in passato era visto come manchevolezza 0 addirittura “corruzione" propria dei soggetti bilingui e quindi anche come il risultato di un'inadeguata competenza linguistica 0 come fenomeno transitorio nella parlata di immigrati destinato a scomparire con Ia loro integrazione nella comunita della lingua dominante. La comunita bilingue & stata a lungo considerata come unfeccezione rispetto alla norma rappresentata dalla comunita monolingue, ed ogni studio ad essa relativo era limitato a considerazioni piuttosio incomplete. Weinreich (1974) descrive ampiamente il fenomeno dell'interferenza e del prestito come risultato 1 Questo @ sostanzialmente il testo di una conferenza tenuta il 2 marzo 1995 alla Scuola Superiore di Lingue Modeme dell'Universita degli Studi di Trieste. I] caratte- Te didattico-divulgativo del testo & forse dovuto alla particolare situazione di discor- 0: esso si rivolge infatti a studenti, nelle fattispecie a futuri traduttori ed interpreti, desiderosi di essere introdotti nel fenomeno della "mescolanza' delle lingue, 2 Lacommutazione di codice 2 stata studiata sistematicamente in varie parti del mon- do: in India (Gumperz 1964, Kachru 1978, Singh 1985), in Australia (Clyne 1967), in Sudamerica (Lavendera 1978), negli Stati Uniti (Pfaff 1979, Poplack 1980, Lipski 1978), in Africa (Myers-Scotton 1976) e, con attenzione crescente, in Europa (Blom © Gumperz 1972, Gardner-Chloros 1985, 1991, Liidi 1986, Treffers-Daller 1992). 128 Augusto Carli del contatto linguistico di queste comunita, ma accenna soltanto brevemente alla commutazione, classificandola del resto come comportamento anomalo. Per lo studioso la tendenza a commutare codice é una caratteristica propria di soggetti esposti fin dalla prima infanzia al contatto quotidiano con la mescolanza di lingue diverse, ed 2 comunque rapportata ad un uso scorretto di tali lingue, con- trapposto all'uso corretto realizzato dal bilingue ideal 11 bilingue ideale passa da una lingua all‘altra a seconda degli appropriati mutamenti nella situazione linguistica (interlocutori, argomenti ece.), ma non in una situazione linguistica immutata e certamente non in una stessa frase.... C’® motivo di credere che notevoli siano le differenze individuali tra coloro che padroneggiano la commutazione, mantenendola assai vici- na al modello ideale, e coloro che hanno difficolta a conservare e a com- mutare i codici a seconda delle esigenze del contesto (Weinreich 1974: 107). In tempi pit recenti, diversi studi focalizzati sul fenomeno della CC hanno mostrato I'inconsistenza del modello del bilingue ideale proposto da Weinreich. L’attenzione si @ spostata sulla commutazione stessa come caratteristica non solo individuale, ma propria di un gruppo dove tale fenomeno entra a far parte del repertorio linguistico (Gardner-Chloros 1991). Si pud allora affermare che il manifestarsi della commutazione @ sempre legato sia a motivazioni interne (individuali, psicologiche) che a componenti sociali, quali la situazione comuni- cativa, la funzione e l'interlocutore, di cui si parler nel prosieguo. 2. Definizioni del concetto di commutazione di codice Haugen (1956) per primo ha cercato di descrivere quelle situazioni linguisti- che in cui un parlante introduce forme appartenenti ad una lingua diversa da quella in cui si svolge la conversazione. Egli stesso ha anzi coniato il termine commutazione di codice (code-switching) per definire una situazione in cui due o pid lingue vengono messe in contatto rimanendo comungue integre, cio’ come sistemi separati. Sono presentate nel seguito alcune definizioni del fenomeno della commuta- zione analizzato da vari punti di osservazione. 2.1 Definizione secondo Shana Poplack Poplack (1980) definisce la CC semplicemente come I'uso alternato di due lingue all'interno dello stesso discorso, senza peraltro considerare gli eventuali influssi di una lingua sull'altra, Grande importanza é attribuita all'aspetto struttu- Al fenomeno della commutazione di codice 129 rale grammaticale dei diversi sistemi linguistici in contatto: vengono stabil infatti due vincoli grammaticali secondo i quali la commutazione pud manife- Starsi all'interno di una frase, il vincolo del morfema libero ¢ il vincolo dell’equi- valenza. Il primo ammette la possibilitd di cambiare codice dopo ogni costi- tuente purché questo non sia un morfema legato, ossia una forma composta di pitt morfemi; non & ad esempio permessa la commutazione all'interno di una forma composta dalla radice di un verbo e dalla sua desinenza (p. es. EATando). Tl secondo invece, ammette la possibilita di commutare codice se la compresen- za di elementi delle due lingue, L13 (lingua dominante) e L2 (lingua seconda- tia), non viola le regole sintattiche di nessuna delle due lingue (p. es. WHEN mangiando). I casi che non rispettano questi vincoli non vengono classificati come com- mutazioni, bensi come prestiti occasionali (nonce loans), che a differenza dei prestiti stabiliti (established loans) sono individuali e ricorrono una tantum secondo la situazione. Per la studiosa esiste del resto una correlazione tra i pre- stiti occasionali e i prestiti stabiliti, definita in base alla frequenza d'uso con cui un prestito si manifesta all'interno di una societd, mentre non viene individuato alcun rapporto tra commutazione ¢ prestito. # da osservare inoltre che la com- mutazione é ritenuta rappresentativa delle norme linguistiche vigenti all'interno delle societa bilingui. 2.2 Definizione secondo Carol Myers-Scotton Secondo Myers-Scotton (1990, 1992), la commutazione & fenomeno emi- nentemente sociale e va pertanto studiato soprattutto dal punto di vista socio- culturale e psicologico. A differenza del modello di Poplack, che analizza il fenomeno nel suo microlivello, cio’ strutturale ¢ grammaticale, Scotton si schie- 1a a favore di un'analisi macrostrutturale. Secondo la studiosa la CC é definita come il passaggio da una lingua all'altra all'interno di una stessa conversazione, in riferimento alla situazione, alla funzione ¢ all'interlocutore. In altre parole, le forme di una lingua che Scotton chiama embedded language (lingua secondaria) vengono inserite in una conversazione che si svolge nella cosiddetta matrix language (lingua dominante o di base), secondo l'ambito nel quale si svolge il discorso. La commutazione pud manifestarsi tra due proposizioni o frasi (c. interfrastica, vedi 5.1), all'interno della frase (c. intrafrastica, vedi 5,2) 0 anche interessare singole parole o parti di esse (c. singola, vedi 5.3). Bisogna tuttavia tenere presente che gli elementi linguistici inseriti non sono integrati nella struttura della lingua dominante, contrariamente a quanto accade con il prestito. 3 Diora in avanti si indicher& con L1 la lingua prevalentemente impiegata nella conver- sazione ¢ con L2 la lingua che interferisce con essa. 130 Augusto Carli Deve essere messo in rilievo inolire il fatto che, a differenza di Poplack, Scotton presuppone una continuita tra i fenomeni della commutazione e del prestito, basata sulla frequenza d'uso dei relativi fenomeni (ma di questo si parlera oltre, vedi 3.2). 2.3 Definizione secondo Penelope Gardner-Chloros Anche da Gardner-Chloros (1991) viene respinta la rigida categorizzazione avanzata da Poplack e viene invece messa in evidenza la necessita di un approc- cio non solo di tipo grammatical, ma soprattutto di tipo sociale al problema della CC. Risulta infatti alquanto semplicistico escludere dalla categoria della commutazione quei casi che non rispettano i vincoli stabiliti da Poplack. B inve- ce pit appropriato e realistico pensare a pit tipi di commutazione, alcuni pit integrati linguisticamente nella lingua che li ospita e altri meno, distinguendo tra essi le motivazioni psicologiche e/o sociologiche dei parlanti (vedi 4.1 ¢ 4.2). In sostanza, quando un parlante bilingue sente il bisogno di alternare codice o quando la situazione ne @ favorevole (come nel caso dell’interlocutore bilingue), cid avviene anche se i risultati non risultano in linea con le norme grammaticali. Pid la parlata & meno sorvegliata, pid si fara uso della commutazione e meno il parlante badera alla segmentazione ed interruzione del discorso. In breve, la stessa spontaneita che consente generalmente a una conversazione naturale di essere apparentemente "caotica”, favorisce anche I'uso frequente della commu- tazione. Secondo Gardner-Chloros la commutazione é dunque una delle tante possi- bili manifestazioni riscontrabili in situazioni di contatti linguistici, connesse tra di loro sia a livello linguistico che psicologico. Si deve tenere presente, al pro- posito, che un bilingue & un'entita psicologicamente complessa e non semplice- mente la somma di due monolingui (Grosjean 1985); inoltre una “lingua” in astratto (cio& come é descritta nella grammatica, in un dizionario) non corri- sponde esattamente ad una "lingua" parlata usata da un individuo (LePage ¢ Tabouret-Keller 1985). Una persona che usa due "lingue" non alterna percid semplicemente tra due sistemi differenti che esistono al di fuori di lei, ma crea un proprio sistema linguistico. 3. Altri fenomeni riconducibili all'alternanza di codice e alla commutazione 3.1 Commutazione e commistione di codice Il fenomeno della commistione di codice (0 code-mixing) @, al pari della commutazione, una strategia verbale usata da un soggetto bilingue nella conver- sazione con altri parlanti bilingui. Quando la CC avviene a livello intrafrastico Il fenomeno della commutazione di codice 131 essa & comunemente chiamata commistione di codice (Di Sciullo et al. 1986). La differenza tra i due fenomeni sta nel fatto che mentre la commutazione com- porta semplicemente I'abilita di cambiare codice in riferimento alla situazione, alla funzione ¢ all'interlocutore (p. es. "Papi, quel tuffo era prima": "Papi, quel tuffo era bellissimo"), la commistione realizza il trasferimento di elementi lin- guistici da una lingua all'altra senza limitarsi al lessico, ma manifestandosi an- che a livello grammaticale (p. es. "Papi, posso tirare git il fensterino?", "Papi, passami il buttero", Carli 1992). Non & appropriato in tal caso distinguere tra una lingua dominante ed una secondaria, in quanto i due codici sono rappresen- tati allo stesso livello nella situazione socio-linguistica in esame. B dunque pos- sibile assistere alla nascita di un terzo sistema linguistico derivante dalla me- scolanza equilibrata delle due lingue (ad esempio Spanglish, Tex-Mex) che col tempo pud dare origine ad una vera e propria lingua ibrida (ad esempio le lin- gue creole e pidgin). Un esempio di come il fenomeno della commistione di codice pud dare luo- go alla nascita di nuovi vocaboli pud essere reso dal termine fensterino (vedi esempio sopra), composto dal tedesco Fenster (finestra) e dalla forma diminuti- va italiana -ino, rilevato nel discorso di un bambino appartenente ad una situa- zione familiare bilingue (padre italiano e madre tedesca), Un altro esempio di commistione di codice, rilevato nella stessa situazione di cui sopra, & rappre- sentato dal termine Gummiciabatte composto dal tedesco Gummi (gomma) e dall'italiano ciabatte. La commistione @ quindi un fenomeno che si manifesta soprattutto all'interno di comunit& esposte a continui e permanenti contatti lin- guistici (ad esempio le zone di confine), e dovunque le due lingue siano rappre- sentate e note allo stesso livello nei singoli individui (ad esempio in famiglie bilingui). 3.2 Commutazione di codice e prestito Per prestito si intende una parola appartenente ad una certa lingua, che stata trasferita e integrata in un altro sistema linguistico (v. Lewandowski 1976: 415). L'uso dei prestiti linguistici non é ristretto ad un ambito bilingue, ma lo si pud trovare in tutte le comunita. Normalmente si ricorre all'uso di un prestito per riempire una lacuna lessicale o per definire un concetto o un oggetto che nella lingua di partenza non esiste. 4 Questo esempio e i successivi, tratti da indagini svolte nella Provincia Autonoma di Bolzano, si riferiscono alla parlata di un bambino di madre tedesca e padre italiano. Il quotidiano contatto tra l'italiano ed il tedesco danno origine alf'alternanza di codice come naturale modo di comunicazione (vedi articolo su "Code-Switching", febbraio 1993), 132 Augusto Carli Poplack (1980) distingue, come gia ricordato, tra prestiti occasionali (nonce loans) e prestiti acquisiti (established loans) sulla base della frequenza d'uso e del grado di integrazione (dal punto di vista fonologico, morfologico e sintatti- co) che un lessema mostra all'interno di una comunita: un prestito stabilito & integrato a tutti i livelli e diffuso in tutta la comunita, mentre un prestito occa- sionale non & completamente integrato nella struttura linguistica e viene impie- gato solamente a livello individuale. La distinzione tra prestito occasionale commutazione viene poi realizzata in base a criteri strutturali (vincolo del mor- fema libero e vincolo dell'equivalenza, vedi 2.1) e non viene comunque indivi- duato alcun rapporto tra i due fenomeni. Poplack ¢ Wheeler (1990) rilevano che la preferenza verso il prestito o la commutazione é in gran parte determinata dalla somiglianza strutturale delle due lingue. Pit le lingue sono tipologicamente simili, pid frequente @ l'uso della commutazione. Infatti, questa viene usata preferibilmente quando il passaggio da una all'altra lingua @ agevole, fluente, onde evitare di violare i modelli strut- turali di entrambe le lingue. Se, invece, le lingue presentano una tipologia diver- sa si manifesta pid spesso il fenomeno del prestito’. In studi pid recenti Myers-Scotton (1992) respinge questa teoria, individuan- do una stretta connessione fra la commutazione ed il prestito occasionale, tanto che in alcuni casi pud essere difficile, se non impossibile, distinguere tra i due fenomeni. A livello di struttura si pud comunque ritenere il prestito come ele- mento convenzionalizzato facente parte della lingua matrice, mentre la commu- tazione resta un'innovazione, che non entra a far parte delle norme linguistiche della lingua dominante. In base a cid la studiosa propone la frequenza d’uso come miglior criterio per una distinzione fra commutazione e prestito. La fre- quenza di un prestito sara maggiore di quella di una commutazione, perché il primo, per vari motivi (ad esempio per esprimere un concetto che nella lingua del parlante non esiste), @ entrato a far parte della competenza della lingua ma- trice, mentre la seconda, essendo soggettiva e non convenzionalizzata, non sempre nota e comprensibile ad un'intera comunita. Scotton distingue inoltre tra prestiti culturali (cultural borrowings) ¢ prestiti essenziali (core borrowings): i primi riempiono lacune lessicali ed entrano a far parte del lessico di L1, mentre i secondi sono forme che vengono usate per varie ragioni in certe situazioni di contatto (ad esempio per il prestigio di cui gode una lingua rispetto all'altra) ¢ si manifestano inizialmente sotto forma di commutazioni. 5 La commutazione di codice 2 stata studiata in varie combinazioni di lingue tipologi- camente simili p. es. Spagnolo-Inglese (Poplack, 1980) e strutturalmente diverse p. es, Tamil-Inglese (Sankoff/ Poplack/ Vanniarajen, 1986), Finnico-Inglese (Poplack/ Wheeler! Westwood, 1989). Nel primo caso si 2 verificato pitt frequentemente I'uso della commutazione, mentre negli ultimi due @ pit frequente il fenomeno del prestito. Hl fenomeno della commutazione di codice 133 Anche secondo Gardner-Chloros (1990) non & possibile fare una distinzione assoluta tra il prestito e la commutazione. Un'innovazione introdotta dal parlante ® classificabile come commutazione; se questo stesso termine viene usato pit frequentemente in una comunita, allora pud in futuro diventare un prestito. In breve, la studiosa definisce il prestito come una commutazione a tempo pieno. 3.3 Commutazione di codice ¢ interferenza Si definisce come interferenza quel fenomeno secondo il quale le strutture di una lingua gia appresa si manifestano come elemento di disturbo per le lingue che si apprendono successivamente. In altre parole queste ultime vengono in- fluenzate (nella maggior parte dei casi negativamente) dalle strutture della lin- gua gid nota (di solito @ la prima lingua appresa), Weinreich (1974: 3) definisce Vinterferenza nel seguente modo: Indicheremo con il nome di fenomeni di interferenza quegli esempi di deviazione dalle norme dell'una e dell'altra lingua che compaiono nel di- scorso dei bilingui come risultato della loro familiarita con pid di una lin- gua, cio’ come risultato di un contatto linguistico. Linserimento di elementi stranieri comporia tuttavia una deviazione dalle norme delle due lingue, rilevabile ad ogni livello linguistico: nella pronuncia (ad esempio il cosiddetto acento straniero), nel lessico, nello stile, nella grammati- ca (ad esempio se Tordine delle parole & diverso nelle lingue in questione; “Ia bianca casa” sul modelo del corrispondente tedesco "das weiBe Hau: in tede- sco l'ordine AGG+N corrisponde all'italiano N+AGG¥. Weinreich osserva che Ja maggior parte di esempi di interferenza si trovano nel sistema fonemico, in gran parte nella morfologia e nella sintassi. Inoltre afferma che quanto maggiore ® la differenza tra i due sistemi linguistici, tanto pid crescono i problemi legati al loro apprendimento e l'ambito potenziale di interferenza. La realizzazione dell'interferenza non &, tuttavia, legata solamente alla struttura delle lingue messe in contatto, ma varia in base a fattori extralinguistici che sono riferibili sia ai singoli individui (ad esempio li grado di conoscenza di ciascuna lingua) che a interi gruppi sociali (a esempio la tolleranza o ['intolle- ranza verso la mescolanza di lingue). Haugen (1956) cerca di fare una distinzione tra CC e interferenza definendo la prima come I'introduzione di una parola non assimilata da una lingua in un'altra, mentre la seconda comporta la sovrapposizione di due lingue, un livel- 6 Leesempio @ stato tratto da Carli 1994. AGG sta per aggettivo, N sia per nome. 134 Augusto Carli Jamento delle differenze con la conseguente deviazione dalle norme di entrambi i sistemi linguistici. 4. Cause e spiegazioni della commutazione di codice In generale si pud dire che la commutazione viene usata in un contesto bilin- gue ¢ mira a stabilire una comunicazione orale in cui vengono privilegiate l'in- formativita, la fluenza ¢ la correnza rispetto alla correttezza formale. Le cause del manifestarsi della commutazione sono molteplici e non possono essere sem- pre identificate con netta precisione, dipendendo da fattori di tipo sia sociale che Psicologico (¢ quindi legato in gran parte al singolo individuo). Non & dunque Possibile prevedere con esattezza quando, dove e da chi viene mostrato un parti- colare comportamento nei riguardi del codice impiegato. Secondo Gardner- Chloros (1991) non & opportuno allora fissare dei vincoli prestabiliti come in Poplack, prescindendo dalla complessita dell'ambiente linguistico in esame, B perd possibile individuare alcune motivazioni, di carattere generale, che favori- Scono comunque I'uso della commutazione e di cui sara dato brevemente conto: 4.1 Motivazioni sociali Gardner-Chloros (1991) individua tre fattori principali per spiegare 'uso della commutazione in una comunitd esposta a diversi contatti linguistici: 1) Ia commutazione come compromesso: la commutazione viene cio& usata come adattamento all'ambiente linguistico in cui il parlante viene a trovarsi (ad esempio nell'ambiente di lavoro); 2) la presenza di pressioni dall'esterno che impongono di usare una lingua piuttosto che un’altra: queste pressioni possono essere dovute al prestigio di cui una lingua gode in una comunita, a determinate norme situazionali (ad esempio I'argomento della conversazione), ad aspettative sociali o a ragioni politiche (si veda ad esempio I'analisi condotta da Poplack e Wheeler, 1990, relativa alla situazione conflittuale esistente a Ottawa-Hull); 3) l'interlocutore: questo fattore & da ritenersi il meno obiettivo, dal momento che le relazioni tra i parlanti sono molto complesse e soggettive, nel senso che comunque sono riferibili in gran parte alle impressioni dei singoli indi- vidui. 4.2 Motivazioni psicologiche Le relazioni tra I'uso di una lingua ed i fattori esterni, come appunto I'inter- locutore ¢ I'ambiente, possono essere considerati come dati di fatto abbastanza Il fenomeno della commutazione di codice 135 obiettivi. Pit difficoltoso é fissare le motivazioni psicologiche che inducono un parlante a mutare codice all'interno di una conversazione. Queste sono, infatti, individualmente diverse e dipendono in gran parte dal tipo di rapporto che il bilingue ha con le lingue che egli mete in contatto. Tra le principali ragioni psicologiche che inducono all'uso della CC si possono contare: a) la padronanza di ciascuna lingua (un equilinguismo, cio? una pari conoscen- za delle lingue messe in contatto favorisce, in generale, l'uso della commuta- zione); b) gli atteggiamenti verso ciascuna lingua (ad esempio nella comunita portori- cana di New York la mescolanza linguistica fa parte dell'identita sociale ed & quindi vista favorevolmente, Poplack e Wheeler 1990); c) la distanza che il parlante vuole porre tra sé ed il suo interlocutore (ad esem- pio se il parlante vuole esprimere autorita, una migliore educazione oppure Ja sua appartenenza ad un pit elevato livello sociale). 4,3 Zone esposte a contatti linguistici Spesso una situazione di contatto linguistico dipende in gran parte da carat- teristiche territoriali. I confini geografici, per esempio, costituiscono uno dei luoghi pitt favorevoli all'instaurarsi di contatti tra gruppi di madrelingua diversa, Queste zone sono state del resto molto spesso oggetto di studio da parte di vari linguisti ¢ sociolinguisti?. Pid la divisione geografica & netta (ad esempio in zone rurali), pid il contatto linguistico é limitato. La mescolanza linguistica aumenta, tuttavia, col crescere dell'opportunita di comunicazione tra i diversi gruppi linguistici: fra i principali stimoli per questi scambi culturali (e di conseguenza per i contatti linguistici) si possono certamente contare il commercio ed il turismo. Un altro centro di contatti linguistici @ costituito dalle citta, dove persone provenienti da diversi contesti linguistici e culturali vengono quotidianamente messe in contatto tra di loro. Si pensi ai centri urbani multilingui di Strasburgo, Bruxelles, Ottawa-Hull. Eastman (1992) dichiara che l'alternanza di codice & un tipico fenomeno dei contatti linguistici urbani come segno di tolleranza e di atteggiamento positivo nei confronti delle diversita linguistiche e culturali, mentre l'assenza della commutazione in tali ambienti & indicativa di segregazio- ne e di una tacita accettazione delle differenze politiche, sociali ed economiche. 7 Tra gli esempi pid precoci e innovativi si possono citare ad esempio lo studio con- dotto in Svizzera da Weinreich (1953) e lo studio relativo alla parlata ladina di Moe- na svolto da Heilmann (1959). 136 Augusto Carli 4.4 Spiegazioni psicolinguistiche dell'alternanza di codice Sono stati costruiti, da parte di vari psicolinguisti, alcuni modelli sul mecca- nismo che consente ai bilingui di passare da una lingua all'altra®. Uno di questi & il modello di Green (Green ¢ Green 1986), che si propone di spiegare il mecca- nismo che sta alla base dello sviluppo dell'alternanza di codice nella mente del parlante. Secondo Io studioso il bilingue dispone di due meczanismi per usare in modo appropriato le lingue conosciute: il primo, chiamato selettore, opera au- mentando l'attivazione delle componenti che & necessario usare in una data situazione e diminuendo I'attivazione delle componenti che in tale situazione non intervengono (ad esempio se egli volesse parlare in L1 dovrebbero essere attivati i meccanismi di riconoscimento e di produzione di L1 e disattivati i meccanismi relativi a L2). Il secondo meccanismo, chiamato generatore di risorse, mette a disposizione l'energia necessaria per il funzionamento del si- stema: se questa viene a mancare, si determinano situazioni in cui il controllo sull'alternanza risulta imperfetto, Tl modello prevede inoltre due modi di soppressione dell'attivazione delle componenti non necessarie: la soppressione interna e la soppressione esterna, La Prima, che si trova allinterno del sistema linguistico, inibisce il recupero dei suoni che compongono una parola, cio’ la sua forma fonologica (si trata di un meccanismo simile a quello che impedisce di ripetere automaticamente tutto cid che si ascolta); la seconda, che non fa parte del sistema linguistico da inibire, dovrebbe sopprimere I'attivazione di parole appartenenti a tale sistema, Un esempio di soppressione interna pud essere illustrato attraverso i mecca- nismi che stanno alla base di una traduzione da L2 a L1. Le componenti coin- volte in questo proceso comprendono il meccanismo di riconoscimento di L2 ¢ il meccanismo di produzione di L1. E dunque necessario attivare queste compo- nenti e contemporaneamente inibire il meccanismo di produzione di L2. In tal caso linibizione di tale sistema avviene per soppressione interna a L2, ovvero con un meccanismo che impedisce la produzione automatica di L2. Un esempio di soppressione esterna si ha invece allorché un soggetto bilin- gue si esprime in una delle lingue a lui note (L1). In questo caso, le componenti che devono essere attivate sono il meccanismo di riconoscimento di L1 e il meccanismo di produzione di L1; i corrispondenti meccanismi di L2 devono invece essere inibiti. Nel modello si propone che questa inibizione di L2 avven- ga per soppressione esterna, portando quindi ad una totale inibizione di L2. 8 Ades. I] modello di una commutazione singola (single switch model) di Penfield ¢ Roberts (1959), il modello di due commutazioni (two switch model) descritto da Ko- lets (1966) ed il modello di Albert e Obler (1978); si veda Gardner-Chloros 1991: 52- 54. A fenomeno della commutazione di codice 137 Questa soppressione tuttavia non @ sempre efficace, e cid spiega i fenomeni di interferenza rilevabili quando un elemento di L2 é attivato pid del corrispon- dente elemento di L1 (fenomeno della commutazione). Questo pud accadere se, ad esempio, un dato termine non é presente nel repertorio linguistico del par- ante, oppure se la parola in questione di L2 manca di un corrispondente in L1. 4,5 Persone esposte al fenomeno della commutazione In base a vari studi condotti sull'argomento (Garcia, 1980; Poplack, 1983), si & notato che le commutazioni composte di lessemi singoli sono pid frequenti nei bambini che negli adulti. Si & inoltre osservato che la maggioranza delle com- mutazioni in bambini & legata alla disponibilitA di vocaboli. Gli adulti possiedo- no, invece, da una parte la capacita di mascherare lacune linguistiche tramite T'uso di parafrasi, dall’altra la possibilita di fare uso di forme di commutazione pia’ complesse (ad esempio la commutazione intrafrastica, vedi 5.2). Questa capacita & da riportare allo sviluppo di abilit& linguistiche che il bambino ancora non possiede. Treffers-Daller (1992) ha osservato, in base a studi condotti a Strasburgo, che I'uso della commutazione nelle varie fasce di et’ dipende prevalentemente da fattori sociali. Gli abitanti della citta oltre i sessant'anni, per esempio, sono pid inclini a commutare codice rispetto a quelli pid giovani, per la semplice ragione che i primi si identificano ancora sia con gli alsaziani che con i francesi, mentre nei secondi prevale I'una o I'altra identita, Ultimamente, del resto, nelle scuole fiamminghe di Bruxelles si @ cercato di privilegiare l'insegnamento del ‘Nederlandese Standard’, considerandolo come unica seria alternativa al France- se. Questa crescente importanza attribuita al fiammingo sembra avere delle conseguenze negative sul manifestarsi della commutazione. La studiosa osserva infatti che I'uso sempre meno frequente della commutazione tra le generazioni pid giovani @ soprattutto da attribuire alle recenti tendenze puristiche del 'Ne- derlandese Standard’, che a loro volta derivano dalle tensioni sociali esistenti tra i vari gruppi linguistici in Belgio. 5. Tipi di commutazione I tipi di commutazione sono numerosi come le motivazioni che ne stanno alla base, ¢ si manifestano attraverso l'inserimento di lessemi singoli o di intere proposizioni e frasi espresse in un codice diverso da quello in cui si svolge la conversazione. Una semplice classificazione delle commutazioni, proposta da Gardner (1991), distingue tra commutazioni multiple (multiple switches) e commutazioni singole (single-word switches). 138 Augusto Carli Le commutazioni multiple coinvolgono pitt di una parola e vengono a loro volta suddivise in due categorie: a) commutazioni interfrastiche: si manifestano tra due proposizioni o frasi indipendenti separate da una pausa (virgola, punto ecc.); b) commutazioni intrafrastiche: si manifestano tra due proposizioni o frasi dipendenti (ad esempio tra una proposizione principale ed una secondaria) 0 allinterno di una proposizione o frase (se, in quest'ultimo caso, la commuta- zione coincide con un'esitazione o un'interruzione della conversazione si parla anche di c. staccata). Le commutazioni singole riguardano invece singoli lessemi oppure brevi espressioni idiomatiche formulate in una lingua diversa da quella impiegata per il resto della frase; nella maggior parte dei casi si tratta di esclamazioni, saluti, titoli e forme di cortesia, oppure pit in generale di sostantivi, verbi, aggettivi, avverbi e congiunzioni E opportuno ricordare che Poplack (1980) evidenzia il rapporto esistente tra il manifestarsi della commutazione interfrastica e intrafrastica e le caratteristiche dell'ambiente in cui vive il parlante, giungendo alla conclusione che la compe- tenza linguistica risulta essere uno dei migliori criteri secondo i quali @ possibile distinguere tra l'uno e I'altro tipo di commutazione; generalmente si osserva che la commutazione intrafrastica @ preferita alla interfrastica qualora si abbia una maggiore padronanza della lingua interferente. Sulla base di studi condotti a Bruxelles riguardo al fenomeno della commu- tazione multipla, Treffers-Daller (1992) ha notato un generale regresso della commutazione intrafrastica, soprattutto tra le generazioni pitt giovani, mentre la commutazione interfrastica viene usata costantemente da soggetti di tutte le etd. Come in Poplack, la studiosa individua come fattore determinante per I'uso della commutazione la competenza linguistica bilingue, la quale dipende a sua volta da fattori extralinguistici (nel caso di Bruxelles i conflitti sociolinguistici esi- stenti tra i due gruppi linguistici, i parlanti francesi ed i parlanti fiamminghi). Ne segue che la scissione sociale comporta anche una separazione linguistica e una conseguente scomparsa del fenomeno della commutazione (in particolare della commutazione intrafrastica). In sintesi si pud affermare che la frequenza della commutazione intrafrastica @ pid elevata in parianti che esprimono un atteggiamento positivo nei confronti della mescolanza linguistica, mentre la commutazione interfrastica si manifesta sia in contesti bilingui che presentano una pacifica convivenza tra i due gruppi linguistici, sia in ambienti dove il bilinguismo non viene considerato rappresen- tativo dell'identita locale. Il fenomeno della commutazione di codice 139 5.1 La commutazione interfrastica La commutazione interfrastica riguarda il passaggio da una lingua all'altra tra due proposizioni o frasi separate da una pausa, ovvero una virgola, un punto od una congiunzione. Non esistono in questo caso problemi di compatibilita delle due lingue dal punto di vista strutturale e grammaticale, dal momento che le parti interessate dalla commutazione non sono correlate sintatticamente, ma soltanto semantica- mente tra di loro. Gardner (1991) ha rilevato che questo tipo di commutazione si manifesta spesso sotto forma di ripetizioni di frasi gia espresse nell'altra lingua, al fine di enfatizzare cid che @ appena stato detto (p. es. "Denn er het schunn g’saat g'hett: ‘Joo on le pique!": "Perché lui ha gid detto: 'OK gli daremo un lavoro!) 5.2 La commutazione intrafrastica La commutazione intrafrastica riguarda il passaggio da un codice all'altro al- Tinterno di una frase. In questa categoria rientrano: a) le commutazioni tra una proposizione principale ed una secondaria o tra due proposizioni secondarie dipendenti da una principale; b) le commutazioni all'interno di una proposizione, nel caso siano composte di pid parole (p. es. "Sie mache faillite, quoi": “Sono andati in rovina, sai"); Je commutazioni staccate (disjointed switches) ovvero marcate da una pausa, esitazione o interruzione che coincide con una rottura grammaticale nel- Tespressione (p. es. "Ich bin zwei Mol driisse g'sinn, ob's...Vous pensez que c'est nécessaire?": "Ci sono gia stato due volte, se...Pensa che sia necessa- rio?"). A differenza della commutazione interfrastica, I'uso di due lingue all'interno i una frase comporta svariati problemi di incompatibilita sia a livello strutturale (ad esempio le differenze nell'ordine delle parole) che morfologico (ad esempio la flessione dei casi in alcune lingue). Oltre a cid bisogna tenere conto delle differenze semantiche e delle costruzioni idiomatiche, che non sempre corri- spondono nelle due lingue messe in contatto (Poplack ¢ Wheeler 1990). Ne risulta che questo tipo di commutazione si riscontra tendenzialmente in lingue tipologicamente simili, per le quali I'uso della commutazione risulta meno pro- blematico. Poplack (1980) ha osservato, sulla base di studi relativi alla comunit& porto- ricana di New York (commutazione tra Spagnolo ¢ Inglese), che la commuta- °) 9 Questo e gli esempi seguenti (commutazione tra francese ¢ alsaziano) sono tratti da uno studio relativo alla comunita bilingue di Bruxelles (Gardner 1991). 140 Augusto Carli zione intrafrastica é molto frequente e si manifesta in modo estremamente scor- revole. Né il parlante né I'interlocutore sembrano accorgersi del fatto che avvie- ne un cambiamento di lingua: la commutazione fa semplicemente parte del repertorio linguistico dell'intera comunitd. Questo atteggiamento nei confronti della mescolanza linguistica all'interno di una frase & dovuto sia alla somiglian- za tipologica delle due lingue (Inglese e Spagnolo), sia a fattori sociali: il bilin- guismo @ infatti considerato come rappresentativo dell'identita locale (a diffe- renza delle comunita linguistiche di Bruxelles). Poplack riporta anche un'analisi del tipo di commutazione impiegato ad Ot- tawa-Hull (commutazione tra Francese e Inglese), che presenta differenze enormi rispetto a quello proprio della comunit portoricana di New York, anche se teoricamente i due tipi di commutazione dovrebbero essere simili, visto che lo Spagnolo ¢ il Francese sono di fatto lingue tipologicamente simili. Nella comunita linguistica di Ottawa-Hull la commutazione intrafrastica é infatti pre- sente solamente in minima parte. Qui la commutazione é strutturata in modo tale da non passare inosservata tra i parlanti: si nota un'interruzione del flusso di- scorsivo nel passaggio da una all'altra lingua, e la commutazione viene comun- que usata per ripetere o tradurre una determinata frase 0 discorso; ogni commu- tazione, quindi, persegue uno scopo retorico. Abbiamo qui a che fare con un tipo di commutazione, che Poplack chiama flagged switch, cio commutazione emblematica, diversa da quella che Gardner (1991) definisce come staccata, in quanto la prima @ sempre accompagnata da commenti metalinguistici, mentre la seconda si manifesta soprattutto in contesti dove la mescolanza linguistica & intensa e naturale e dove non esistono delle inibizioni riguardo al codice da impiegare (ad esempio negli uffici). 5.3 La commutazione singola La commutazione singola si manifesta tramite l'introduzione di singoli les- semi o di brevi espressioni idiomatiche di una determinata lingua inserite in una frase espressa in un'altra, In passato i lessemi singoli in L2, inseriti in un conte- sto di LI, venivano classificati come prestiti (Reyes 1976 cit. in Eastman 1992: 28), mentre solo per il trasferimento di costituenti interi (proposizioni o frasi) si parlava di commutazioni vere e proprie. Attualmente I'attribuzione di un lesse- ma singolo alla categoria del prestito o della commutazione si basa non solo su un'analisi puramente strutturale, ma soprattutto sui fattori individuali e sociali che governano la scelta di una lingua all'interno di un discorso (Eliasson 1989). Ne risulta che & spesso impossibile distinguere una commutazione da un presti- to: I'uso di frequenza di un certo termine pud in questi casi essere preso come criterio distintivo (cfr. anche il 3.2). I fenomeno della commutazione di codice 141 Gardner (1991) ha osservato che l'occorrenza di commutazioni singole é pid frequente in ambito lavorativo che in ambito familiare. Questo non @ solo do- vuto al fatto che I'ambiente di lavoro richiede generalmente un numero pit ele- vato di termini specifici, ma anche al maggior numero degli interlocutori. Inol- tre, la minore conoscenza dei colleghi di lavoro rispetto ai membri del nucleo familiare comporta per varie ragioni (ad esempio perché si intende dare una certa immagine di se stessi o perché si vuole esprimere solidarieta nei confronti di qualcuno), un pid frequente uso della commutazione. Del resto in ambito familiare o informale si privilegia solitamente 1a continuita del flusso discorsivo, mentre gli ambiti di lavoro sono in genere pit esposti ad interruzioni discorsive. La studiosa rileva che le pid frequenti commutazioni singole sono composte da sostantivi; queste si trovano soprattutto in contesti favorevoli ai contatti lin- guistici (ad esempio scuola, ufficio, ambienti commerciali). Nel caso in cui il sostantivo espresso nella lingua interferente sia accompagnato dal corrispon- dente articolo, siamo molto probabilmente in presenza di una commutazione e non di un prestito: tali esempi costituiscono del resto il punto di passaggio dalla commutazione singola alla commutazione multipla. In ordine di frequenza, Gardner rileva dopo i sostantivi un gruppo di espres- sioni invariabili, quali saluti, titoli e forme di cortesia. Questo tipo di commuta- zione pud essere considerato di natura simbolica, al fine di mantenere la presen- za di tutt'e due le lingue nella conversazione. La presenza di aggettivi formulati in un codice diverso da quello in cui si svolge la conversazione sembra il pid delle volte dovuta alla dominanza cultu- rale di quel codice (ad esempio la contaminazione del fiammingo con aggettivi in francese in corrispondenza di termini medici); spesso l'occorrenza di tali termini é sottolineata da una pausa. La maggioranza delle commutazioni avverbiali viene rilevata, nelle conver- sazioni analizzate, all'inizio o alla fine di proposizioni; in alcuni casi sono sepa- rate da una breve pausa (p. es. "Nochin Sainte-Anne, fufzig Meter d peu prés": "Dopo Sainte-Anne, a circa cinquanta metri"). Per quanto riguarda le commutazioni di congiunzioni, Gardner-Chloros rile- va (sulla base di analisi svoite da Clyne (1967)) come queste si manifestino in forma di anticipazione alla lingua che segue oppure nella lingua a cui esse se- guono, se si trovano tra due sostantivi (ad esempio Gardner ha osservato che le congiunzioni francesi pitt frequenti usate in espressioni alsaziane sono parce que, perché, e ou, oppure). Le analisi effettuate hanno infine messo in rilievo la scarsa occorrenza di forme verbali interessate dalla commutazione. Gli esempi relativamente rari di commutazione allinterno di una parola riguardano esclusivamente forme verba- ad esempio, si pud avere il participio passato in un codice e il verbo vero e 142 Augusto Carli proprio nell'altro (p. es. "Tee het er als zamme mélangé"; "Il the V'ha tutto me- scolato assieme"). 6. Conclusione Molti studiosi (tra gli altri Gumperz 1982, Romaine 1986 e Myers-Scotton 1988) sono ormai d'accordo sul fatto che il fenomeno della commutazione non & da considerarsi solamente materia di studio di linguisti, ma deve soprattutto essere analizzato nel suo contesto sociolinguistico. La teoria sui vincoli gram- maticali stabilita da Poplack (1980, vedi 2.1) si é rivelata tutto sommato incom- pleta. Difatti Romaine (1986), sulla base di uno studio condotto in India, ha concluso che il vincolo di equivalenza proposto da Poplack non & applicabile a tutte le lingue, in quanto presuppone delle congruenze strutturali tra le lingue messe in contatto. Questa teoria fallisce quindi, ogni qual volta abbiamo a che fare con due 0 pit lingue tipologicamente diverse. Dal numero sempre crescente di studi condotti in varie comunita bilingui (Gumperz 1982, Myers-Scotton 1988) risulta evidente che il fenomeno della commutazione é soprattutto il riflesso di realta etniche, politiche, economiche ed individuali che ovviamente variano da comunita a comunita, da individuo a individuo. Un'analisi del problema dal punto di vista prettamente strutturale grammaticale deve quindi essere accompagnata da un'analisi sociolinguistica e pragmatica. Bibliografia Albert, M.L. e Obler, L.K. (1978): The Bilingual Brain, New York, Academic Press. Belazi, H.M.; Rubin, E.J. ¢ Toribio, A.J. (1991): Code-switching and X-bar theory: the functional head costraint. Linguistic Inquiry. Blom, J.P. e Gumperz, J.J. (1972): "Social Meaning in Linguistic Structures: Code-Switching in Norway", in J.J. Gumperz e D. Hymes (eds.), Directions in Sociolinguistics, New York, Holt/Ri- nehart/Winston, pp. 407-434. Berruto, G, (1985): "«'l pulman 1-8 nen ch-a cammina tanto forte». Su commu- tazione di codice e mescolanza dialetto-italiano", in Vox Ro- manica, 44, pp. 59-75. Carli, A. (1992): Lingue linguaggio e societa, Trento, Univ. degli Studi di Trento. Carli, A. (1993): "Ipotesi per un’educazione plurilingue in Alto Adige", in Qua- derni di Lingue, Facolta di Lingue, Verona. Il fenomeno della commutazione di codice 143 Carli, A. (1994): Fra scelta linguistica e commutazione di codice. Il comporta- mento comunicativo di ladinofoni plurilingui, in Quaderni di Lingue e Letterature, Verona. Clyne, M. (1967): Transference and Triggering: Observations on the Language Assimilation of Postwar German-Speaking Migrants in Au- stralia, The Hague, Nijhoff. Clyne, M. (1987): "Constraints on Code Switching: how universal are they?", in Linguistics, 25 (4), pp. 739-764. Di Sciullo, A.; Muysken, P. Singh, R. (1986): "Government and code-mixing", in Journal of Linguistic, 22, pp. 1-24. Eastman, CM. (ed.)(1992): Journal of Multilingual and Multicultural Deve- lopment: Special Issue Codeswitching, Vol. 13: 1&2, Univer- sity of Washington. Eliasson, S. (1989): "English-Maori Language Contact: Code-switching and the three Morpheme Constraint", Report from Uppsala University, Departement of Linguistics, 18. Garcia, E.E. (1980); "The Function of Language-Switching during Bilingual Mother-Child Interactions", in Journal of Multilingual and Multicultural Development, 1/3, pp. 243-252. Gardner-Chloros, P. (1985); "Language Selection and Switching among Stra- sbourg Shoppers", in International Journal of the Sociology of Language, 54, pp. 117-135. Gardner-Chloros, P. (1990): "Code-switching and child language: A compari- son", in R. Jacobson e P. Lang (eds.), Codeswitching as a Worldwide Phenomenon, New York, pp. 169-178. Gardner-Chloros, P. (1991): Language Selection and Switching in Strasbourg, Clarendon Press-Oxford. Green, A.M. e Green, E.E. (1986): Biofeedback and States of Cousciousness, New York, Van Nostrand Reinhold. Grosjean, F. (1985): "The Bilingual as a Competent but Specific Speaker- Hearer", in Journal of Multilingual and Multicultural Deve- lopment, 616, pp. 467-477. Gumperz, J. (1964): "Hindi - Punjabi Code-Switching in Delhi", in Proceedings of the Ninth International Congress of Linguistics, pp. 115- 124, Gumperz, J. (1982): "Conversational Code Switching", in J. Gumperz (ed.), Discourse Strategies, Studies in Interactional Sociolinguistics 1, Cambridge, CUP, pp. 59-99. Halmari, H. (1993): Code-switching or borrowing? Explaining Finnish-English bilingualism, relazione presentata al XIII Second Language Research Forum, Pittsburgh. 144 Augusto Carli Haugen, E. (1956): Bilingualism in the Americas: A Bibliography and Research Guide, Alabame, University of Alabama Press. Heilmann, L. (1959): "Per una dialettologia strutturale", in Quaderni dell’Istituto di Glottologia dell’ Universita di Bologna, vol. 4, , pp. 45-54, Joshi, A.K. (1985): "Processing of sentences with intrasentential code swit- ching", in D.R. Dowty, L. Karttunen e A.M. Zwicky (eds.), Natural Language Parsing: Psychological, Computational, and Theoretical Perspectives, Cambridge, CUP, pp. 190-205. Kachru, B.B. (1978): "Code Mixing as a Communicative Strategy", in J. Alatis (ed.), International Dimensions of Bilingual Education, Was- hington D.C., Georgetown Univ. Press. Klavans, J.L. (1985): "The syntax of code-switching: Spanish and English", in L.D. King e C.A. Maley (eds.), Selected Papers from the XIMth Linguistic Symposium on Romance Languages, vol. 36, Amsterdam, Benjamins. Kolers, P.A. (1966): "Reading an Talking Bilingually", in American Journal of Psychology, 79, pp. 357-376. Lavandera, B.R. (1978): "The Variable Component in Bilingual Performance", in International Dimensions of Bilingual Education Was- hington D.C., Georgetown Univ. Press, pp. 391-409. LePage, R.B. e Tabouret-Keller, A. (1985): Acts of Identity, Cambridge, CUP. Lewandowski, Th. (1976): Linguistische Wérterbuch, 2, Heidelberg, Quelle & Meyer. Lipski, J.M. (1978): "Code Switching and the Problem of Bilingual Competen- ce", in M. Paradis (ed.), Aspects of Bilingualism, Columbia, SC, Hornbeam Press. Liidi, G. (1986): "Forms and Functions of Bilingual Speech in Pluricultural Migrant Communities in Switzerland", in J.A. Fishman, A. Tabouret-Keller, M. Clyne, B. Krishnamurti e M. Abdulaziz (eds.), The Fergusonian Impact 2 vol., Berlin, Mouton/De Gruyter, pp. 217-237. Myers-Scotton, C. (1976): "Strategies of Neutrality: Language Choice in Un- certain Situations", in Language, 52/4, pp. 919-941. Myers-Scotton, C. (1988): "Code Switching as Indexical of Social Negotia- tions", in M. Heller (ed.), Codeswitching: Anthropological and Linguistic Aspects, Berli, Mouton de Gruyter, pp. 151- 186. Myers-Scotton, C. (1990): Codeswitching and borrowing: Interpersonal and macrolevel meaning, in R. Jacobson e P. Lang, (eds.), Co- I fenomeno della commutazione di codice 145 deswitching as a Worldwide Phenomenon, New York, pp. 85 105. Myers-Scotton, C. (1992): “Comparing Codeswitsching and Borrowing”, in CM. Eastman (ed.), Journal of Multilingual and Multicultural Development: Special Issue Codeswitching, Vol. 13: 182, University of Washington, , pp. 19-39. Myers-Scotton, C. (1992): "Constructing the Frame in Intrasentential Codeswit- ching", in Multilingua, 11 (1), pp. 101-127. Myers-Scotton, C. (1993): Dueling Languages: Grammatical Structure in Co- deswitching, Oxford, Oxford University Press. Olshtain, E. e Blum-Kulka, S. (1989): "Happy Hebrish: Mixing and Switching an American-Israeli Family Interactions", in S. Gass et al. (eds.), Variation in Second Language Acquisition, vol. 1, Cle- vedon, Multilingual Matters, pp. 59-83. Pandit, I. (1990): "Grammaticality in Code Switching", in R. Jacobson e P. Lang (eds.), Codeswitching as a Worldwide Phenomenon, New York, pp. 33-69. Penfield, W. e Roberts, L. (1959): Speech and Brains Mechanisms, Princeton NJ, Princeton University Press. Pfaff, C.W. (1976): "Functional and Structural Constraints on Syntactic Varia- tion in Code-Switching", in Papers from the Parasession on Diachronic Syntax, Chicago, CLS, pp. 248-259. Pfaff, C.W. (1979): "Constraints on language mixing: intrasentential code- switching and borrowing in Spanish-English", in Language, 55 (2), pp. 291-318. Poplack, S. (1980): "«Sometimes I'll Start a Sentence in Spanish y termino en espaiiol»: Toward a Typology of Code-Switching", in Lingui- stics, 18 (7-8), pp. 581-618. Poplack, S. (1983): "Intergenerational Variation in Language Use and Structure in a Bilingual Context", in Multilingual Matters, 8, pp. 42-70. Poplack, S. (1988): "Contrasting Patterns of Code-Switching in Two Comuniti- es", in M, Heller (ed.), Codeswitching Anthropological and Sociolinguistic Perspectives, Berlin, Mouton de Gruyter, pp. 215-244, Poplack, S.; Wheeler, S. e Westwood, A. (1989): "Distinguishing Language Contact Phenomena: Evidence from Finnish-English Bilin gualism", in World Englishes, 8 (3), pp. 389-406. Poplack, S. e Wheeler, S. (1990): "Distinguishing Language Contact Phenome- na: Evidence from Finnisch-English Bilingualism", in R. Ja- cobson e P. Lang (eds.), Codeswitching as a Worldwide Phe- nomenon, New York, pp. 185-212. 146 Augusto Carli ‘Reyes, R, (1976): "Language Mixing in Chicano Bilingual Speech", in J.D. Bowen e J. Omstein (eds.), Studies in Southwest Spanish, Rowley, Newbury House, pp. 182-188. Romaine, S. (1986): "The Syntax ans Semantics of the Code-Mixed Compund Verb in Punjabi/English Bilingual Discourse", in D. Tannen J. Alatis (eds.), Language and Linguistics: The Interdepen- dence of Theory, Data and Application, Washington D.C., Georgetown Univ. Press, pp. 35-49. Romaine, S. (1989): Bilingualism, Oxford, Blackwell. Sankoff, D. e Poplack, S. (1981): A Formal Grammar for Code-Switching, in Papers in Liguistics: International Journal of Human,Com- munication, 14 (1), pp. 3-46.- Sankoff, D.; Poplack, S. e Vanniarajen, S: (1986): The case of the Nonce Loan in Tamil, Technical Report 1348, Centre de recherches ma- thématiques, Univ. of Montreal. Singh, R. (1985): "Grammatical Constraints on Code-Mixing: Evidence from Hindi-English", in Canadian Journal of Linguistics, 30 (1), pp. 33-45, Sridhar, S.N. ¢ Sridhar, K.K, (1980): “The Syntax and Psycholinguistics of Bilingual Code. Mixing", in Canadian Journal of Psychology, 34 (4), pp. 407-416. Stenson, N. (1990): "Phrase Structure Congruence, Government, and Irish- English Code-Switching", in R. Hendrick (ed.), Syntax and Semantics, vol. 23, San Diego, Academic Press, pp. 167-197. Timm, L.A. (1975): "Spanish-English Code-Switching: el porqué y how-not-to", in Romance Philology, 28 (4), pp. 473-482. Treffers-Dalller, J. (1992): "French-Dutch Codeswitching in Brussels: Social Factors Explaining its Disappearance”, in C.M. Eastman (ed.), Journal of Multilingual and Multicultural Development: Spe- cial Issue Codeswitchin, Vol. 13, 1&2, University of Was- hington, pp. 143-156. Weinreich, U. (1974): Lingue in contatto. Con saggi di Francescato, Grassi, Heilmann, Torino, Boringhieri, (1* ed. Languages in Contact, New York, 1953). Wooltord, E. (1983): "Bilingual Code-Switching And Syntactic Theory", in Linguistic Inquiry, 14 (3), pp. 520; 536.

Potrebbero piacerti anche