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LA SOLLECITAZIONE PER VIA TELEMATICA

DEL PUBBLICO RISPARMIO

Tesi di Laurea di
Gian Luca Perone
Matr. 452864

1
Indice

Capitolo I
Finalità della Regolamentazione dei Mercati Mobiliari
1.1 Introduzione ............................................................................................... 4
1.1.1 Protezione degli investitori ....................................................................... 5
1.1.2 Certezza di mercati onesti, efficienti e trasparenti .................................. 7
1.1.3 Riduzione del rischio sistemico .................................................................. 9
1.2 Teorie Economiche ................................................................................... 10
1.2.1 Teoria del Mercato Efficiente di Eugene Fama ........................................ 10
1.2.2 Teoria del Mercato Efficiente di R. Gilson e R.H. Kraakman .................. 13
1.2.3 Critica alla Teoria del Mercato Efficiente di Donald C. Langevoort ....... 27
1.2.4 Applicazioni della Teoria del Mercato Efficiente: Carlo Marchetti ......... 32
1.2.5 Applicazioni della Teoria del Mercato Efficiente: Roberta Romano ....... 38
1.2.6 La Teoria del Mercato Efficiente e le riforme in tema di Corporate
Governance. ....................................................................................................... 39
1.3 Conclusioni. ............................................................................................. 40

Capitolo II
L'appello al Pubblico Risparmio in Italia
2.1 Introduzione ............................................................................................. 41
2.1.1 Mercato dei Capitali e Mercato Mobiliare. ............................................ 41
2.1.2 Evoluzione della Regolamentazione del Mercato Mobiliare. .................. 43
2.2.1 Influenza del Diritto Comunitario sulla Regolamentazione del Mercato
Mobiliare in Italia. ............................................................................................. 48
2.2.2 Il modello legislativo Lamfalussy e la più recente produzione
regolamentare comunitaria in materia di mercati mobiliari............................... 50
2.3.1 La sollecitazione al pubblico risparmio: ricognizione delle fonti di
pertinenza per tramite di un esempio ................................................................. 53
2.4 Conclusioni ............................................................................................. 61

2
Capitolo III
La Stipulazione di Contratti per Via Telematica
3.1 Introduzione ......................................................................................... 63
3.2 Recenti evoluzioni nella dottrina e nella giurisprudenza italiane inerenti
la teoria generale del contratto: l‟importanza crescente riconosciuta alla
legge e all‟intervento del giudice. ............................................................... 64
3.3 La teoria del Codice di Lawrence Lessig e la Lex Informatica secondo
Joel Reidenberg: problematiche scaturenti dalla preminenza dell‟autotutela
nello spazio virtuale. .................................................................................. 69
3.4 Conclusioni .......................................................................................... 78

Capitolo IV
La Commercializzazione a Distanza di Servizi Finanziari
4.1 Introduzione .............................................................................................. 80
4.2 La normativa precedente il D.Lgs. n.190/2005 e la Direttiva
2002/65/CE. ...................................................................................................... 81
4.3.1 La vendita a distanza di servizi finanziari: la Direttiva 2002/65/CE. . 84
4.3.2 Il quadro normativo italiano e gli obblighi informativi verso il
consumatore. ..................................................................................................... 91
4.3.3 Modlità di trasmissione dell‟informazione obbligatoria secondo al
normativa vigente. ............................................................................................ 99
4.3.5 Forma dei contratti di investimento a distanza e fattispeci e di
nullità ............................................................................................................... 105
4.4 Conclusioni: elaborazione di uno schema di valutazione della
normativa di riferimento. ............................................................................... 108

Bibliografia ........................................................................................... 111

3
Capitolo I

Finalità della Regolamentazione dei Mercati


Mobiliari
 1.1 Introduzione  1.1.1 Protezione degli investitori  1.1.2 Certezza di mercati onesti,
efficienti e trasparenti  1.1.3 Riduzione del rischio sistemico  1.2 Teorie economiche 1.2.1
Teoria del Mercato Efficiente di E. Fama  1.2.2 Teoria del Mercato Efficiente di R. J. Gilson
e R. H. Kraakman  1.2.3 Critica alla Teoria del Mercato Efficiente di Donald C. Langevoort
1.2.4 Applicazioni della Teoria del Mercato Efficiente: Carlo Marchetti 1.2.4.2 Applicazioni
della Teoria del Mercato Efficiente: Roberta Romano 1.2.4.3 Applicazioni della Teoria del
Mercato Efficiente e le riforme in tema di Corporate Governance 1.3 Conclusioni.

1.1 Introduzione
“Quasi nessun ordinamento moderno abbandona al diritto comune la disciplina
dei soggetti che operano sul mercato mobiliare”. (1)
Scopo delle righe che seguono è rendere esplicite le motivazioni sulla cui base si
prevedono norme speciali per i mercati mobiliari. IOSCO (International
Organization of Securities Commissions) pubblicò, nel settembre 1998, un
documento intitolato “Objectives and Principles of Securities Regulation” (2).
Gli obiettivi della “securities regulation”, così come identificati da Iosco, sono: la
protezione degli investitori; la certezza di mercati onesti, efficienti e trasparenti;
la riduzione del rischio sistemico. Dichiarando i propri fini istituzionali, la stessa
Iosco afferma che: “le Agenzie (di Regolamentazione dei Mercati, N.d.T.) riunite
nella Iosco hanno deciso, tramite le sue strutture permanenti, di cooperare per
promuovere elevati standard di regolamentazione per mantenere mercati giusti,
efficienti e sani” (3).

1
RENZO COSTI, Il Mercato Mobiliare, Torino, 1997, p. 8.
2
IOSCO, Objectives and Principles of Securities Regulation,
http://www.iosco.org/pubdocs/pdf/IOSCOPD154.pdf, maggio 2003.
3
IOSCO, General Information On Iosco, http://www.iosco.org/about/ .

4
La IOSCO riunisce i Controllori dei mercati di ben novantuno Stati ( 4) di tutti i
continenti.
Per il momento, quindi, si discuteranno gli obiettivi di regolamentazione
evidenziati da IOSCO come fossero obiettivi universali di ogni mercato
finanziario contemporaneo.

1.1.1 Protezione degli investitori


Vediamo, dunque, cosa si intende nel dettaglio con la locuzione “protezione degli
investitori”.
La presenza di una normativa posta a tutela dei contraenti rispetto ai rischi di
frode e di insolvenze costituisce elemento fondamentale della regolamentazione
di ogni mercato, non solo finanziario. Il rischio di inadempimento si annida in
ogni transazione commerciale.
L'inadempimento della controparte diventa, sotto il punto di vista della parte
diligente, un costo non remunerato: un danno ingiustificato, un danno ingiusto.
Gli ordinamenti giuridici prevedono svariate ipotesi di inadempimento, dalla
generalissima responsabilità aquiliana alle più specifiche considerazioni del
moderno diritto commerciale.
Il fatto che un ordinamento giuridico disciplini una specifica ipotesi di
inadempimento ha per conseguenza la riduzione dei costi di transazione (la
ponderazione degli interessi contrapposti svolta dall‟ordinamento solleva le parti
dall'onere di fare altrettanto), la compensazione delle esternalità (regolamentando
l'inadempimento si ridistribuisce il costo dell'inadempienza, in modo che la parte
negligente si faccia carico delle esternalità negative conseguenza dell'affidamento
tradito) ed è anche un incentivo ad adempiere (la reazione dell'ordinamento
all'inadempienza può assumere, si pensi all'esecuzione forzata, una valenza in
senso lato sanzionatoria e preventiva rispetto alla condotta negligente) ( 5) .
Se l'ordinamento giuridico non si preoccupasse di regolamentare
l'inadempimento, dunque, la parte diligente dovrebbe farsi completamente carico

4
IOSCO, Objectives and Principles of Securities Regulation, cit., p. 6.
5
JONATHAN R. MACEY e MAUREEN O‟HARA, Regulating Exchanges And Alternative trading
Systems: A Law And Economics Perspective, in CONSOB - Quaderni di Finanza n.27, maggio1998, p.
12.

5
delle conseguenze di un comportamento scorretto non suo: la scorrettezza, quindi,
diverrebbe un comportamento particolarmente appetibile.
Qualora le parti decidessero di ridurre, almeno parzialmente, la rischiosità (da
intendersi come possibilità di non poter ottenere un pronto adempimento degli
obblighi della controparte) del loro impegno contrattuale, si troverebbero nella
necessità di provvedere alla determinazione di una completa regolamentazione
convenzionale delle eventuali patologie del loro accordo, con conseguente
lievitazione dei costi di transazione.
Costi di transazione elevati rendono meno conveniente la conclusione del
contratto: un sistema giuridico imprevidente sarebbe quindi causa del minore
dinamismo della struttura economica della società..
I mercati finanziari sono “istituzioni [...] che esistono al fine di facilitare gli
scambi [...]”. ( 6)
Come le fiere commerciali, che ne sono l'ascendenza, il loro fine è la massima
semplificazione delle modalità di contrattazione tra le parti, in modo che i costi di
transazione siano minimizzati e i volumi di scambio moltiplicati.
Il rischio di inadempimento della controparte è un costo di transazione che pesa
sugli scambi.
Particolarmente interessante a tal proposito è il modello elaborato da tre studiosi
americani (Albrecht, Brofman e Messenheimer) nell‟ambito di uno studio
sull‟efficiente regolazione di un mercato ( 7): la probabilità che le alee di rischio
legate alle transazioni immobiliari si concretizzino in eventi tangibilmente
perniciosi per l‟investitore viene assimilata a una tassa.
Le parti, nel concludere ogni singolo contratto, valutano la probabilità di un
comportamento negligente dell'altro contraente: perfezioneranno l'accordo solo se
la loro convenienza a concludere sopravanzerà anche l'ulteriore costo della
probabilità di inadempimento: che agisce, quindi, come una tassa disincentivante.

6
F. CAVAZZUTI, La Consob e la Regolamentazione dei Mercati Finanziari, in CONSOB - Quaderni di
Finanza n°38, maggio 2000, p. 4; reperibile su
http://www.consob.it/produzione/docum/Quaderni/qdf38int.pdf .
7
ALBRECHT, BRONFMAN, MESSENHEIMER, Regulatory Regimes: Rules and Regulatory Structure, in
The Industrial Organization and Regulation of the Securities Industry, AA.VV. curato da A. W.Lo,
The University of Chicago Press, 1996.

6
L'ordinamento che disciplina il mercato deve, dunque, preoccuparsi di abbattere
questa tassa, rendendo truffe e inadempimenti il più possibile improbabili.
Ora, si noti che diminuendo la probabilità di inadempienza cresce la credibilit à
del mercato.

1.1.2 Certezza di mercati onesti, efficienti e trasparenti


La “credibilità” assume, nel mercato dei valori mobiliari, un rilievo affatto
particolare. Come afferma Renzo Costi, “[...] la vendita o l‟acquisto di valori
mobiliari implica lo scambio tra un bene presente e certo (il denaro) e un bene
futuro il cui valore è in larga misura rimesso al comportamento di soggetti
diversi dall‟acquirente e dal venditore del bene”. (8)
Nel mercato dei valori mobiliari, infatti, l‟offerta è costituita dalle imprese che
cercano capitali di debito (come le obbligazioni ) e di rischio (come azioni e
diritti) al minor costo possibile), mentre sul lato della domanda stanno le famiglie
(9) e i cosiddetti investitori istituzionali (che a loro volta raccolgono i l risparmio
delle famiglie).
Per le famiglie o, volendo utilizzare una terminologia meno sociologicamente
impegnata, i piccoli risparmiatori, l‟investimento in valori mobiliari ha per scopo
la conservazione e il consolidamento del risparmio, cioè delle risorse finanziarie
in surplus rispetto alle necessità ordinarie.
Anche i diritti di partecipazione alla gestione societaria acquistati sul mercato
hanno per il risparmiatore un significato diverso da quello - strettamente legato
alla disciplina di corporate governance scelta dall‟ordinamento - per il quale sono
stati inventati: per il risparmiatore costituisce informazione di fondamentale
importanza la conoscenza del grado di liquidabilità presente e futuro del proprio
investimento.
Un investimento mobiliare che non si rivelasse liquidabile secondo le aspettative
costituirebbe per il risparmiatore una perdita senza contropartita.
Il grado di liquidabilità di un valore mobiliare è dato dal suo prezzo.
Il prezzo, cioè, diviene indice dell‟appetibilità - quindi della liquidabilità - del
valore mobiliare.

8
RENZO COSTI, Op. Cit., p. 51.

7
E‟ nel prezzo assunto con la quotazione al mercato che il valore mobiliare
esprime la sua potenzialità a ritrasformarsi in denaro concreto.
Si è detto che il prezzo è indice della liquidabilità di un valore mobiliare. Poiché
il senso di un valore mobiliare si trova, per il risparmiatore, nella sua
liquidabilità, è possibile affermare che il prezzo sia l‟informazione-somma di
tutte le informazioni disponibili sulla validità dell‟attività di impresa che il valore
mobiliare va a finanziare.
E‟ attraverso il processo della negoziazione che l‟informazione sull‟emittente
viene incorporata nel prezzo ( 10). Ovviamente saranno le decisioni di acquisto o
vendita degli investitori professionali a trasferire nel prezzo la maggiore quantità
di informazioni per essi disponibile ( 11).
Tale informazione deve comunque essere al più presto comunicata al resto del
mercato, in modo tale che anche i piccoli investitori se ne possano appropriare.
Ovviamente il prezzo è il sistema più rapido di circolazione delle informazioni.
Tuttavia il mercato non è perfetto: conflitti di interessi (lo stesso soggetto che assume
posizioni in conflitto tra loro sul mercato), moral hazard (ovvero l‟informazione sul
comportamento non palese degli individui), insider trading (sfruttamento delle
informazioni riservate relative alle società) sono elementi che distorcono il mercato,
quindi inficiano la validità dell‟informazione portata dal prezzo.
Gli organismi di controllo sui mercati (insieme con le norme imperative di diritto
civile e la sanzione penale) tendono a ridurre quegli effetti, distorsivi del mercato,
che conducono all‟inefficienza dell‟economia. (12)
Sulla fiducia riposta dai risparmiatori nel corretto funzionamento del mercato si
radica la concreta possibilità per quest‟ultimo di ottenere cospicui finanziamenti.
Con la tutela degli investitori e della concorrenza sui mercati, si contribuisce anche
alla riduzione del rischio di sistema.

9
ALBRECHT, BRONFMAN, MESSENHEIMER, Op. Cit., p. 10.
10
F. Cavazzuti, Op. Cit., p. 18.
11
Si consideri in proposito E. GREENE, D. BRAVERMAN, S. SPERBER, Hegemony or Deference: Us
Disclosure Requirements in International Capital Markets, in The Business Lawyer, 50, 1195, p. 423.
Vi si afferma che il seguito di mercato da parte di investitori professionali costituisce un discrimine
per concedere l‟utilizzo di una modulistica di informativa semplificata.
12
ALBRECHT, BRONFMAN, MESSENHEIMER, Op. Cit., p. 9.

8
1.1.3 Riduzione del rischio sistemico
La fiducia nella stabilità degli intermediari è alla base dell‟esistenza di un sistema
finanziario. L‟insolvibilità di un operatore di rilevanti dimensioni potrebbe mettere a
rischio la stabilità di un intero mercato. Così, i requisiti di onorabilità dei dirigenti,
solidità economica e limiti all‟indebitamento stabiliti per emittenti e intermediari
dalle varie legislazioni mirano a ottenere un una struttura di mercato basata su
operatori la cui solidità è garanzia di stabilità ed espansione del mercato stesso.
In un mercato in cui intervengono migliaia di operatori, infatti, non è pensabile che il
singolo investitore sia posto in grado di distinguere quale tra questi mente circa le
caratteristiche e le possibilità di futuri sviluppi della propria impresa e quale dice la
verità. Stando così le cose, gli investitori sottostimano il valore di tutti i titoli sul
mercato. Conseguenza di ciò è che gli emittenti onesti sono disincentivati a rivolgersi
al mercato. Ma ciò non scoraggia i disonesti: “titoli che non valgono la carta su cui
sono stampati, dopo tutto, sono abbastanza semplici da produrre”. (13)
Si sviluppa, quindi, un fenomeno di “adverse selection” (14) che espelle dal mercato
gli emittenti più affidabili (posti nella situazione di non riuscire a ottenere un prezzo
corretto per le proprie azioni): il rischio di truffa indurrà l‟investitore a ulteriori
sottovalutazioni del valore dei titoli, spingendo altri investitori onesti fuori dal
mercato, che diviene così ancora più insicuro.
Il subentrare della sfiducia nel mercato può, quindi, “squilibrarne l‟attività” (15) e
rendere così inefficiente l‟allocazione delle risorse economiche da esso realizzata.
La sottostima del valore dei titoli e il conseguente effetto di selezione inversa sugli
investitori equivale - dal punto di vista della funzionalità del mercato finanziario in
generale - all‟aumento dei costi di transazione sotto forma di tassa di rischio di cui si
parlava, più sopra, a proposito della protezione degli investitori (16).
“Protezione degli investitori”, “certezza di mercati onesti, efficienti e trasparenti”,
“riduzione del rischio sistemico” - cioè gli obiettivi della securities regulation

13
BERNARD S. BLACK, Information Asymmetry, the Internet, and Securities Offerings, in J. of Small
and Emerging Bus. Law, 91, p. 2.
14
BERNARD S. BLACK, Op. Cit., p. 2.
15
C. DINOIA e L. PIATTI, Modelli di Regolamentazione del Mercato Finanziario, in CONSOB -
Quaderni di Finanza n*30, settembre 1998, p. 13; vedi anche AKERLOF GEORGE, The Market of
Lemons in Quarterly Journal of Economics ,84, 1970, p. 488-500.
16
ALBRECHT, BRONFMAN, MESSENHEIMER, Op. Cit.

9
identificati da Iosco - sono quindi istanze interdipendenti: non sembra scorretto
definirle, nel loro insieme, requisiti di affidabilità di un mercato. (17)

1.2 Teorie Economiche


Procedendo da assunti generalmente ritenuti affidabili, cioè le statuizioni di IOSCO
sui “principi della regolamentazione”, si è sino ad ora seguito un ragionamento
induttivo volto ad esplicitare alcune rationes della struttura normativa che, nei
diversi ordinamenti, sovrintende il funzionamento dei mercati finanziari.
Si procederà, ora, all'esposizione di una teoria economico-giuridica del Mercato
Efficiente entro la quale le dissertazioni di cui sopra possano trovare un'agevole
collocazione, e si disquisirà poi la validità di due modelli – invero difficilmente
conciliabili – di regolamentazione del mercato.

1.2.1 Teoria del Mercato Efficiente di Eugene Fama


Nel tentativo di chiarire la logica seguita da IOSCO nell'identificazione dei “principi
della regolamentazione”, ci si è serviti di fonti eterogenee, cercando di trovare,
nell'opera di vari autori, diretti riferimenti ai concetti presi in considerazione
dall'organizzazione internazionale delle autorità di regolamentazione dei mercati.
Il quadro che emerge da queste riflessioni pare essere compatibile con la teoria
economica che “ha trovato la più vasta accettazione nell'ambito della cultura legale”
(18), la “Efficient Capital Market Hypothesys”.
Nonostante i primi tentativi di formulare una teoria relativa al formarsi del prezzo di
equilibrio sui mercati mobiliari risalga ai primi anni del secolo scorso (19), la
completa elaborazione della teoria del mercato efficiente nelle forme attualmente
utilizzate è fatta risalire (20) ad un articolo di Eugene Fama. (21)
Non si procederà qui ad una critica della validità dei presupposti empirici su cui E.
Fama basò la sua teoria. Obiettivo di questo paragrafo, infatti, è una rapida

17
Si consideri, a tal proposito, che il Securities Act del 1933 - provvedimento che, tra l‟altro, istituì la
SEC - è noto anche come Truth in securities Law (Vedi Supra ALBRECHT, BRONFMAN,
MESSENHEIMER, Op. Cit., p. 22).
18
R. J. GILSON, H. KRAAKMAN, The mechanism of market efficiency, Va. L. Rev., 70, 1984, p. 549.
19
L. BACHELIER, Théorie de la Speculation, Parigi, 1900.
20
R. J. GILSON, H. KRAAKMAN, Op. Cit., nota 8, p. 551.

10
esposizione dei punti chiave di una teoria economica, la cui validità è generalmente
accettata, al fine di preparare una serie di strumenti logici atti a fondare un giudizio
sulle correnti strategie, che saranno dettagliatamente analizzate nei capitoli
successivi, di regolamentazione della sollecitazione del pubblico risparmio tramite
media telematici.
Fama si propone di formulare in termini matematico-quantitativi (quindi verificabili)
l'assunto proveniente dall'esperienza empirica secondo cui “in un mercato efficiente i
prezzi riflettono completamente l'informazione disponibile. (22)
Nel pensiero di Eugene Fama tale assunto è rilevante solo a patto di essere inserito
all'interno di un modello che specifichi la natura dell'equilibrio di mercato quando i
prezzi riflettono l'informazione disponibile.
Gli studi empirici a disposizione di Fama all'epoca della stesura dell'articolo (1970)
sono basati sull'assunto che le condizioni dell'equilibrio di mercato (23) possono
essere considerate in termini di ritorni attesi (24).
L'informazione disponibile qui ed ora, cioè, consente agli investitori di crearsi delle
aspettative sull'andamento futuro del titolo. La differenza esistente tra il valore
attuale ed il prospettato valore futuro del titolo costituisce il ritorno atteso
dell'investimento.
Poiché sarà conveniente acquistare un titolo sinché il suo valore non sarà uguale o
superiore all'atteso valore futuro, ne consegue la tendenza ad incorporare
immediatamente nel prezzo di mercato ogni oscillazione futura che l'informazione
disponibile al presente lasci presagire.
Stando così le cose, strategie di mercato basate sullo stesso fascio di informazioni – e
sullo stesso schema di interpretazione – non possono avere ritorni attesi o profitti
superiori a quelli previsti nel prezzo di equilibrio di mercato, frutto della proiezione
sul futuro delle conoscenze attuali sul titolo: questa è la definizione di fair game,
gioco equo. (25)

21
EUGENE FAMA, The theory of efficient market, in J. Fin., 25, 1970, p. 383.
22
EUGENE FAMA, Op. Cit., p. 384.
23
EUGENE FAMA, Op. Cit., p. 384.
24
EUGENE FAMA, Op. Cit., p. 414.
25
EUGENE FAMA, Op. Cit., p. 387.

11
Considerato il mercato come essenzialmente compatibile col modello del fair game,
Fama volge la sua attenzione a definire le condizioni di mercato atte a favorire
un'efficiente reazione del prezzo all'informazione.
Condizioni sufficienti (si noti, non necessarie) per l'esistenza di un mercato efficiente
sono: a) sono assenti i costi di transazione nella negoziazione dei titoli; b) tutta
l'informazione è gratuitamente disponibile per tutti i partecipanti del mercato; c) tutti
gli operatori del mercato concordano sull'interpretazione dell'informazione attuale
per quanto riguarda sia il prezzo attuale che le distribuzioni future di prezzo per ogni
titolo.
In un simile mercato, afferma Fama, evidentemente il prezzo riflette tutta
l'informazione disponibile: si ha, cioè, un ovvio mercato efficiente.
E' palese, tuttavia, che tale “mercato ideale” non è rappresentativo di quanto
realmente avviene sui mercati finanziari.
Le condizioni poco sopra esposte, infatti, sono, come si diceva, condizioni
“sufficienti” all'instaurarsi di un mercato efficiente, ma non “necessarie”.
L‟ipotesi del mercato efficiente elaborata da Fama, infatti, prevede che pure in
presenza di costi di transazione elevati, di investitori non perfettamente informati o
comunque dotati di eterogenei schemi di interpretazione dei dati di mercato a loro
conoscenza, si avrà comunque un mercato efficiente: purché un numero sufficiente di
agenti tenga conto dell‟informazione disponibile; oppure abbia immediato accesso
all‟informazione; o sia in grado di operare valutazioni migliori delle informazioni
disponibili rispetto a quelle già implicite nel prezzo di mercato.
Il mancato rispetto delle condizioni sufficienti all'instaurarsi di un mercato efficiente,
cioè, non implica di per sé la formazione di un prezzo di equilibrio inefficiente.
L'inefficienza si configura, piuttosto, come conseguenza possibile – non necessaria –
dell'imperfetta circolazione dell'informazione e delle corrette regole d'interpretazione
ad essa relative.
La ricerca empirica si è dunque dedicata a stabilire quale sia il livello di
imperfezione nella circolazione dell'informazione e nell'omogeneità delle regole
interpretative utilizzate al di là del quale l'ipotesi del mercato efficiente non è più
verificata nella realtà: si vuole cioè comprendere quando l‟asimmetria informativa e
l‟eterogeneità delle regole di interpretazione conducono alla formazione di un prezzo

12
che non rappresenta più l'equilibrio più efficiente nell'allocazione delle risorse tra
domanda e offerta. (26)
La ricerca si è quindi concentrata sulla valutazione della reattività del prezzo di
mercato a particolari “sottoinsiemi di informazione”.
A seconda del particolare sottoinsieme di informazione utilizzato, Fama distingue gli
studi sulla validità della teoria del mercato efficiente in: a) weak form tests, per i
quali l'informazione considerata è la serie storica dei prezzi; b) semi-strong form
tests, per i quali si considera la rapidità con cui il prezzo si adatta ad altre
informazioni di pubblico dominio (relazioni periodiche, nuove emissioni, etc...); c)
strong form tests, attinenti l'eventualità di monopolio da parte di gruppi ristretti
(quali i managers dei fondi pensione) dell'informazione rilevante per la formazione
del prezzo.
Sia gli studi incentrati sulla weak form che quelli basati sulla semi strong form della
teoria dei mercati efficienti ne hanno dimostrato (27) la validità come modello del
reale funzionamento dei mercati.
Gli studi che hanno considerato la strong form della teoria in questione costituiscono,
invece, un banco di prova “negativo” dell'efficienza di un mercato: rilevare
variazioni del prezzo giustificabili con considerazioni basate su questa particolare
forma della teoria, infatti, indica la presenza di meccanismi distorsivi nell'allocazione
dell'informazione di mercato. Anomalie di questo tipo si presentano infatti nei casi di
insider trading e abuso di informazioni riservate da parte del market maker. (28)

1.2.2 Teoria del Mercato Efficiente di R. Gilson e R.H. Kraakman


L'ipotesi del mercato efficiente formulata da Eugene Fama è stata, ovviamente,
oggetto di ulteriori studi e approfondimenti. R. Gilson e R.H. Kraakman, al fine di
meglio spiegare i meccanismi logici alla base dell'efficienza delle transazioni
mobiliari regolamentate, delineano i caratteri di un mercato delle informazioni che si
sviluppa parallelamente al mercato dei titoli (29).

26
EUGENE FAMA, Op. Cit., p. 388.
27
EUGENE FAMA, Op. Cit., p. 416.
28
EUGENE FAMA, Op. Cit., p. 415.
29
RONALD J. GILSON, REINER H. KRAAKMAN, The mechanisms of market efficiency, 70, Va. L. Rev.,
1984, p. 549.

13
Come più sopra si è visto, un mercato è definito efficiente quando i prezzi riflettono
in ogni istante tutta l'informazione disponibile (30).
Quando l'informazione rilevante è immediatamente e gratuitamente disponibile per
tutti gli operatori, affermare che il mercato è efficiente equivale, come notano Gilson
e Kraakman, a un'ovvia tautologia (31).
L'ipotesi di Fama, confermata dal dato empirico, afferma che, sebbene l'informazione
rilevante non sia immediatamente e gratuitamente disponibile per gli operatori, il
mercato comunque si comporterà in modo efficiente o, meglio, tenderà a ridistribuire
l'informazione al proprio interno spingendo i prezzi verso un punto di equilibrio
coincidente con quello di un mercato universalmente e immediatamente informato.
Nell'intervallo di tempo precedente il momento in cui l‟informazione è
effettivamente incorporata nel prezzo, vi è spazio per strategie di mercato
speculative: alcuni operatori, cioè, sfrutteranno l‟asimmetria informativa per ottenere
rendimenti superiori alla media di mercato (31). Il vantaggio generato dalla diseguale
distribuzione di notizie atte ad influenzare la quotazione, tuttavia, diminuisce in
maniera proporzionale all'efficienza del mercato, che può essere quindi misurata in
termini di rapidità del processo di incorporazione nel prezzo dell‟informazione
rilevante: è questa la definizione di efficienza relativa del mercato fornita di Gilson e
Kraakman (32).
Il dato empirico, come si è detto, conferma la validità dell'ipotesi del mercato
efficiente, almeno sino a che la disponibilità dell'informazione rilevante, cioè la sua
diffusione tra gli operatori, non scende al di sotto di una determinata soglia (33).
Si noti che, a parere di Gilson e Kraakman, la “disponibilità dell'informazione” non è
solo mera attingibilità dell‟informazione stessa, ma anche la capacità da parte degli
operatori di essere “consci” della sua rilevanza: è necessario, cioè, che gli operatori
di mercato dispongano di un bagaglio culturale tale da consentirgli di interpretare
correttamente i dati che vengono in loro possesso (1).

30
EUGENE FAMA, Op. Cit., p. 384.
31
RONALD J. GILSON, REINER H. KRAAKMAN, Op. Cit., p. 552.
31
RONALD J. GILSON, REINER H. KRAAKMAN, Op. Cit., p. 556.
32
RONALD J. GILSON, REINER H. KRAAKMAN, Op. Cit., p. 560.
33
EUGENE FAMA, Op. Cit., p. 388.
1
RONALD J. GILSON, REINER H. KRAAKMAN, Op. Cit., p. 558.

14
Il concetto di “informazione rilevante” subisce un similare processo di affinamento
semantico: a detta degli autori, solo quei “dati che possono alterare l'idea di
qualcuno circa il valore di un asset” sono da considerarsi informazione rilevante (2).
Come si è visto, quindi, il presentarsi di nuova informazione, mutando le aspettative
degli operatori circa il futuro andamento del titolo, determina uno squilibrio nel
meccanismo di determinazione del prezzo di mercato. Questo squilibrio tenderà ad
evolvere in un nuovo equilibrio identico a quello di un ipotetico mercato in cui tutti
gli operatori fossero stati completamente e immediatamente informati (3).
Ecco quindi che l'efficienza di un mercato può essere considerata funzione della
velocità con cui, all'interno del mercato, la nuova informazione viene incorporata nel
prezzo: di qui la menzionata nozione di “efficienza relativa” elaborata da Gilson e
Kraakman. Più efficiente sarà il mercato, tanto più rapidamente il prezzo raggiungerà
un equilibrio rappresentativo di tutte le variabili che possono influenzare le attese
degli investitori circa la quotazione del titolo.
Gli autori procedono quindi analizzando i vari aspetti dell‟informazione rilevante.
Tale informazione può essere suddivisa in due categorie: a) hard information, intesa
come l'informazione comunicata da eventi concreti o dalla serie storica delle
quotazioni; b) soft information, consistente in previsioni e stime sulle future
quotazioni (4).
L'utilità dell'informazione sta nel dissipare l‟incertezza sulla futura quotazione, fino a
giungere al punto in cui il prezzo pienamente riflette l'informazione: è questo il
momento in cui vi è identità tra il prezzo di equilibrio esistente e il valore che
attribuirebbe al titolo un operatore pienamente informato. Ogni ulteriore possibilità
di speculazione sull‟asimmetria informativa è quindi esclusa: si ha, come si è visto,
una perfetta condizione di gioco equo (5).
Si possono identificare quattro fattori atti a ridurre l‟incertezza sul futuro: a) il
passare del tempo, b) la ricerca di informazione, c) l'elaborazione ulteriore
dell'informazione storica, d) l'accertamento dell'accuratezza dell'informazione
ottenuta da altri (6).

2
RONALD J. GILSON, REINER H. KRAAKMAN, Op. Cit., p. 561.
3
RONALD J. GILSON, REINER H. KRAAKMAN, Op. Cit., p. 560.
4
RONALD J. GILSON, REINER H. KRAAKMAN, Op. Cit., p. 561.
5
EUGENE FAMA, Op. Cit., p. 387.
6
RONALD J. GILSON, REINER H. KRAAKMAN, Op. Cit., p. 563.

15
Si è visto come la logica posta alla base del mercato spinge il prezzo verso
l'equilibrio informato, ma i meccanismi specifici messi in atto per ottenere questo
risultato variano a seconda dell'iniziale diffusione dell'informazione, quindi del
risultato di esami dell'efficienza del mercato basati sulla strong, semi-strong, weak
form della teoria dell'efficiente mercato dei capitali (7).
I quattro principali meccanismi tramite cui il mercato incorpora nel prezzo
l'informazione rilevante, a detta di Gilson e Kraakman, sono: la negoziazione
universalmente informata, la negoziazione professionalmente informata, la
negoziazione informata per via derivata, la negoziazione non informata (8).
Ognuno di questi meccanismi conduce alla creazione di nuova informazione, e l'uno
o l'altro prevale a seconda del livello iniziale di diffusione dell'informazione, ma tutti
agiscono contemporaneamente come parte della complessiva risposta del mercato
agli eventi (9).
La negoziazione universalmente informata si svolge in un mercato in cui, per usare
l'espressione di Kraakman, “tutti sanno tutto”. A titolo esemplificativo si citano le
informazioni già incorporate nel prezzo, o il risultato delle elezioni politiche (noto a
tutti nello stesso tempo): informazione vecchia e nuova si uniscono, ed il prezzo
reagisce immediatamente (10).
La negoziazione professionalmente informata si basa su informazione egualmente
pubblica ma troppo complessa per essere interpretata da operatori non sofisticati,
oppure su informazione rivelata solo a piccoli gruppi di analisti (una terza ipotesi
citata dagli Autori, l‟informazione disponibile solo nei documenti presentati
all‟autorità di controllo, è nei fatti superata dalla diffusione di Internet) (11).
In questa ipotesi di informazione semi-pubblica - come già notato da Fama - perché
il prezzo si riequilibri, è necessaria la presenza di una minoranza di investitori
informati che controlli un volume critico di attività di negoziazione: la rapidità con

7
RONALD J. GILSON, REINER H. KRAAKMAN, Op. Cit., p. 566.
8
RONALD J. GILSON, REINER H. KRAAKMAN, Op. Cit., p. 566.
9
RONALD J. GILSON, REINER H. KRAAKMAN, Op. Cit., p. 566.
10
RONALD J. GILSON, REINER H. KRAAKMAN, Op. Cit., p. 568.
11
RONALD J. GILSON, REINER H. KRAAKMAN, Op. Cit., p. 569.

16
cui il prezzo giunge all‟equilibrio informato (cioè l‟efficienza relativa del mercato)
dipende dal volume di scambi movimentati dagli operatori informati (12).
L‟attività di analisi dell‟informazione richiesta agli investitori sofisticati presenta
costi rilevanti: è in questo costo ulteriore che Gilson e Kraakman identificano la
giustificazione del vantaggio informativo (tradotto, con opportune strategie, in
vantaggio economico) degli operatori professionali (13).
Grazie a questa situazione di vantaggio, essi non operano più in condizioni di “gioco
equo” e ottengono rendimenti superiori alla media di mercato: in ciò la
remunerazione per aver reso palesi a tutti le implicazioni dell‟informazione
complessa.
La situazione di vantaggio tipica della negoziazione professionalmente informata,
tuttavia, tende a scomparire sul lungo periodo, tanto più rapidamente quanto
maggiore è la quota del mercato controllata da operatori professionali (14) (che più
rapidamente, possono comprendere le tendenze in atto).
La negoziazione su informazioni derivate si basa su presupposti ancora diversi.
Gli insiders, gli specialisti di mercato, gli analisti che di dedicano a ricerche
particolarmente approfondite hanno accesso ad informazioni troppo costose perché
altri possano giungervi.
Inoltre i volumi transati sulla base di queste informazioni sono troppo limitati per
influenzare in modo evidente la quotazione (15).
L‟informazione non si trasmette, quindi, direttamente al mercato, ma vi passa
lentamente attraverso particolari meccanismi che Gilson e Kraakman identificano nel
pure leakage, nel trade decoding, nel price decoding, nell‟uninformed trading.
Il pure leakage è la diretta comunicazione a terzi dell‟informazione riservata, per
caso o errore, ed è comunque, affermano gli Autori, irrilevante a fini statistici (16).
Nel trade decoding (17) la nuova informazione emerge dall‟osservazione delle
transazioni effettuate dagli operatori informati che, ovviamente, devono essere
personalmente conosciuti: nelle necessità di questa particolare modalità di esegesi

12
RONALD J. GILSON, REINER H. KRAAKMAN, Op. Cit., p. 570, vedi anche EUGENE FAMA, Op. Cit., p.
387.
13
RONALD J. GILSON, REINER H. KRAAKMAN, Op. Cit., p. 571.
14
RONALD J. GILSON, REINER H. KRAAKMAN, Op. Cit., p. 571.
15
RONALD J. GILSON, REINER H. KRAAKMAN, Op. Cit., p. 572.
16
RONALD J. GILSON, REINER H. KRAAKMAN, Op. Cit., p. 572.

17
dell‟informazione vanno ricercate le ragioni delle regole che impongono di rivelare
l‟identità dell‟investitore che acquisti più di una certa percentuale (considerata
rilevante dall‟autorità di controllo) del flottante di una società (18).
Il price decoding (19) consiste invece nel ricavare informazioni dallo studio delle
variazioni di prezzo considerate altrimenti inspiegabili alla luce dei fatti già noti.
L‟andamento dei prezzi, tuttavia, è soggetto a fluttuazioni casuali non riconducibili a
eventi specifici. Tale disturbo, definito rumore, rende impossibile l‟acquisizione di
una conoscenza esauriente dello informazioni di mercato partendo esclusivamente
dal prezzo. Si pone così la necessità di svolgere ulteriori attività di ricerca al fine di
ridurre i margini di incertezza sulla corretta valutazione dei titoli.
L‟attività di ricerca di informazioni atte ad affinare i risultati del price decoding è
governata da un meccanismo di feedback che ne limita l‟esplicazione. L‟incentivo a
ricercare nuove informazioni, infatti, sussiste solo quando ci si allontana dal prezzo
di equilibrio: in presenza di una quotazione prossima a quella corretta scompare ogni
vantaggio derivante dall‟analisi del prezzo: gli operatori non informati ottengono
informazione rilevante dal prezzo stesso e il vantaggio di una ricerca più specifica
sull‟andamento del prezzo si fa marginale.
Essa viene quindi limitata dal raggiungimento dello scopo che si prefigge.
Il continuo oscillare della conoscenza sul titolo, quindi della quotazione, determina il
perpetuarsi del rumore.
La definizione di negoziazione non informata (20) fa riferimento alla capacità del
mercato di aggregare le previsioni di tutti i singoli operatori, riuscendo a incorporare
nel prezzo un‟informazione maggiore di quella disponibile per ogni singolo
investitore (21).
Man mano che procede la negoziazione, infatti, la tendenze non sistematiche si
elidono vicendevolmente fino a che non resta solo un prezzo legato alla tendenza
ottimale aggregata.
Il permanere di divergenze rispetto a quest‟ultima è da attribuirsi all‟esistenza di
correlazioni tra le stime incongrue rispetto alla quotazione ottimale per gli investitori.

17
RONALD J. GILSON, REINER H. KRAAKMAN, Op. Cit., p. 573.
18
RONALD J. GILSON, REINER H. KRAAKMAN, Op. Cit., p. 574.
19
RONALD J. GILSON, REINER H. KRAAKMAN, Op. Cit., p. 575.
20
RONALD J. GILSON, REINER H. KRAAKMAN, Op. Cit., p. 579.
21
RONALD J. GILSON, REINER H. KRAAKMAN, Op. Cit., p. 581.

18
La teoria della negoziazione non informata così come qui esposta è stata elaborata da
Robert Verrecchia (22). Essa si basa su tre assunti principali: a) ogni investitore
agisce senza farsi influenzare dal comportamento degli altri (gli errori di previsione
dei vari negoziatori non si rafforzano a vicenda); b) le previsioni degli investitori
sono connesse, cioè relative allo stesso ambiente - mercato (le perdite subite dagli
investitori con posizioni più idiosincratiche rispetto all‟andamento del mercato
contribuiranno a selezionare una quotazione tendente all‟ottimale); c) la stima
aggregata non deve essere diversa rispetto alla stima ottimale del prezzo realizzata da
un negoziatore completamente informato (23).
Si noti che al sorgere di nuovi fatti chiave che possano alterare significativamente la
quotazione, le valutazioni dei singoli negoziatori non informati saranno
inevitabilmente – e sistematicamente – divergenti rispetto all‟ottimale e così sarà la
valutazione aggregata espressa nel prezzo che ancora non incorpora i nuovi dati.
Saranno i meccanismi di negoziazione “informata” a trasferire la nuova informazione
nel prezzo (24).
Dal punto di vista del trading non informato i tre meccanismi della negoziazione
informata (completamente informata, professionalmente informata, informata in
modo derivato) non sono che scorciatoie per eliminare rapidamente le divergenze del
prezzo determinato dalla negoziazione non informata rispetto alla quotazione
ottimale.
Quando, invece, il trading non informato è visto dal punto di vista dei meccanismi di
mercato informati, esso “rappresenta il meccanismo interstiziale che opera con le
prime apparenze” della nuova informazione rilevante (25).
Gli autori portano l‟esempio dell‟emissione di nuovi contratti di investimento, il cui
esatto rendimento è ancora sconosciuto agli investitori.
Il livello iniziale di quotazione viene stabilito dal mercato non informato, il quale
sottovaluta i titoli rispetto alle informazioni possedute dall‟emittente di buona fede
(non, ovviamente, rispetto all‟aggregazione delle valutazioni espresse dai negoziatori
non informati): in tal modo, l‟equilibrio espresso dal meccanismo di mercato non

22
RONALD J. GILSON, REINER H. KRAAKMAN, Op. Cit., p. 582.
23
RONALD J. GILSON, REINER H. KRAAKMAN, Op. Cit., p. 583-584.
24
RONALD J. GILSON, REINER H. KRAAKMAN, Op. Cit., p. 584.
25
RONALD J. GILSON, REINER H. KRAAKMAN, Op. Cit., p. 585.

19
informato sarà divergente rispetto alla quotazione ottimale, quindi relativamente
inefficiente. L‟efficienza sarà possibile solo se l‟emittente riuscirà a rendere credibili
le sue affermazioni, oppure se un operatore indipendente acquisirà le informazioni
necessarie a stabilire il grado di affidabilità delle dichiarazioni dell‟emittente.
In tal caso il mercato arriverà rapidamente all‟efficienza tramite i meccanismi della
negoziazione professionalmente informata, oppure tenderà più lentamente
all‟equilibrio ottimale sotto il controllo dei meccanismi della negoziazione informata
tramite informazioni derivate.
Vi è comunque da considerare che gli agenti del mercato sono di per sé acuti
osservatori dell‟andamento del mercato: se i prezzi dimostrano di aggregare tutta
l„informazione disponibile, i singoli operatori modificheranno il proprio
comportamento sia sulla base dei prezzi che delle loro stime individuali (26).
Un simile atteggiamento degli investitori implica l‟aggiunta di una ulteriore attività
di apprendimento ai meccanismi – base dell‟aggregazione: è il weak learnig ricavato
dalla semplice osservazione dell‟andamento del prezzo, contrapposto allo strong
learning basato sul price decoding (27).
Il weak learning fonda una modalità di gestione dell‟informazione a metà strada tra i
meccanismi della negoziazione non informata e quelli della negoziazione basata su
informazioni derivate. A differenza del price learning non si hanno chiari fatti –
chiave su cui fondare un giudizio specifico sul prezzo di mercato: unico riscontro
oggettivo è il consenso generale su di uno specifico livello di prezzo, oscure
rimanendo le ragioni alla base di tale livello di quotazione.
Sostanzialmente, gli autori affermano che la forza delle indicazioni di mercato
definite come weak learning dipende dalla soggettiva fiducia che vi ripone
l‟investitore.
In generale si può affermare che il weak learning limita la dispersione irragionevole,
e senza garanzia, delle valutazioni individuali sul valore dei titoli (28).
La funzionalità del weak learning è limitata dal rumore sul prezzo, che maschera
parte dell‟informazione utile. Tuttavia i casi di previsioni effettivamente verificatesi
e basate su logiche di weak learning non mancano: si pensi ai casi in cui il mercato

26
RONALD J. GILSON, REINER H. KRAAKMAN, Op. Cit., p. 585.
27
RONALD J. GILSON, REINER H. KRAAKMAN, Op. Cit., p. 586.
28
RONALD J. GILSON, REINER H. KRAAKMAN, Op. Cit., p. 586.

20
azionario non mostra cenni di reazione alla variazioni del tasso di sconto da parte di
una banca centrale.
Ciò avviene perché nel mercato si era creata un‟aspettativa circa le prossime
decisioni della banca centrale: tale aspettativa, comune a tutti negoziatori non
informati, era quindi già stata incorporate nel prezzo dei titoli.
“La formulazione di aspettative in risposta alle incertezze nel valutare i titoli
costituisce parte fondamentale del meccanismo di attribuzione del valore.
Il meccanismo della negoziazione non informata porta il peso di gran parte di questa
valutazione” (29).
La negoziazione non informata funziona in modo particolarmente efficiente nei casi
di gestione dell‟incertezza conosciuta, cioè di quegli eventi futuri che probabilmente
saranno diffusamente anticipati prima di essere conosciuti e che, una volta accaduti,
acquisiscono vasta notorietà: si pensi alle dichiarazioni di routine delle banche
centrali, o alla disclosure periodica obbligatoria per le società quotate (30).
Una volta che l‟informazione diviene pubblica sono poi i meccanismi del trading
professionalmente e universalmente informato a integrare quelli del trading non
informato.
I meccanismi di circolazione dell‟informazione, quindi, si integrano
vicendevolmente.
Si è finora visto come lo specifico meccanismo di incorporazione dell‟informazione
nel prezzo di mercato, l‟efficienza del mercato e la riconducibilità del mercato a una
delle tre formulazioni della teoria del mercato efficiente di Eugene Fama tutte
dipendono dalla diffusione iniziale dell‟informazione.
La teoria specifica del mercato dell‟informazione formulata da Gilson e Kraakman si
propone, appunto, di spiegare quali meccanismi determinano la distribuzione iniziale
della conoscenza di dati rilevanti tra gli operatori.
La diffusione dell‟informazione è funzione del suo costo: più basso è il prezzo, più
diffusa è l‟informazione, più rapido ed efficace sarà il meccanismo di incorporazione
dell‟informazione nel prezzo, e più efficiente sarà il mercato (31).

29
RONALD J. GILSON, REINER H. KRAAKMAN, Op. Cit., p. 588.
30
RONALD J. GILSON, REINER H. KRAAKMAN, Op. Cit., p. 592.
31
RONALD J. GILSON, REINER H. KRAAKMAN, Op. Cit., p. 593.

21
Il costo dell‟informazione può essere classificato in tre categorie, corrispondenti alle
tre forme di reazione all‟incertezza sul contenuto dei dati futuri cui sopra si
accennava. Essi, dunque, sono: costi di acquisizione ( equivalente al costo di
produzione per il produttore dell‟informazione, al costo di accesso all‟informazione
per i successivi fruitori); costi di analisi (si pensi al costo di remunerazione e
addestramento di personale esperto); i costi di verifica dell‟affidabilità
dell‟informazione (per il produttore sarà il costo di ulteriori studi sull‟informazione
esistente, per gli altri utilizzatori il costo dello stabilire l‟autenticità della fonte
dell‟informazione e di assicurarsi che non siano stati messi opera comportamenti tesi
a trarre vantaggio da una falsa rappresentazione dei fatti).
Gli agenti che operano sul mercato dell‟informazione hanno quale obiettivo ridurre al
minimo ogni tipologia di costo dell‟informazione (32).
Un esempio, elaborato dagli stessi autori, chiarisce in particolare quest‟ultima
affermazione.
Nell‟elaborare la propria offerta per il committente, l‟appaltatore considera le
informazioni fornitegli dai subappaltatori. Se egli giunge a ritenere che la loro
promessa di consegnare le opere entro la data stabilita abbia il cinquanta per cento di
probabilità di essere veritiera, e l‟eventuale ritardo aggraverà i suoi costi di una
somma X, allora egli chiederà al committente una somma ulteriore pari alla metà di
X. Sarà dunque interesse dell‟appaltatore appurare nel modo più preciso possibile la
validità delle informazioni ottenute dai subappaltatori, onde poter elaborare l‟offerta
più vantaggiosa.
Potrebbe, a tal fine, domandare al subappaltatore di farsi garante della data di
consegna, accollandosi il costo del ritardo (33).
Il grafico in fig.1 (34) schematizza le dinamiche della circolazione dell‟informazione
mettendole in relazione con il relativo livello di efficienza del mercato finanziario.
Alla riduzione del costo dell‟informazione, infatti, consegue una maggiore diffusione
iniziale della medesima, quindi un abbattimento dei costi di transazione.

32
RONALD J. GILSON, REINER H. KRAAKMAN, Op. Cit., p. 595.
33
RONALD J. GILSON, REINER H. KRAAKMAN, Op. Cit., p. 597.
34
RONALD J. GILSON, REINER H. KRAAKMAN, Op. Cit., p. 608.

22
Il mercato, come si è detto, tende a ridurre il più possibile il costo dell‟informazione,
reagendo con diverse strategie alle ipotesi di squilibrio tra la domanda e l‟offerta di
dati.
Qui di seguito alcuni esempi.
Strategie di acquisizione dell‟informazione particolarmente costose, quali
investigazioni, la sorveglianza del comportamento dell‟emittente o addirittura lo
spionaggio industriale, saranno utilizzate qualora il produttore dell‟informazione
scelga di mantenerla segreta, o di renderla disponibile solo a prezzi eccezionalmente
elevati.
Nel caso invece che il produttore dell‟informazione voglia evitare di farsi carico dei
costi di distribuzione della stessa, i costi dell‟informazione saranno ridotti con
procedimenti basati sulla collettivizzazione, sia privata che pubblica, delle
conoscenze. Tali sono gli obblighi di disclosure continuativa imposti dalle autorità di
regolamentazione, o le conferenze organizzate dalle associazioni professionali in cui
gli analisti finanziari incontrano i vertici societari.
La stampa finanziaria, poi contribuisce all‟ulteriore riduzione dei costi anche solo
rilanciando i comunicati stampa dei protagonisti del mercato.
Economie di scala sui costi di verifica dell‟informazione si ottengono organizzando
strutture di esperti dotati del supporto delle più sofisticate tecnologie (35).
Particolarmente interessanti sono poi i comportamenti messi in atto dal mercato per
ridurre il costo di verifica dell‟informazione disponibile. Si pensi al caso
dell‟emittente un nuovo prodotto finanziario. Egli avrebbe tutto l‟interesse a che il
mercato riconosca la congruenza del prezzo richiesto.
L‟incertezza insita nella novità, tuttavia, spingerà il mercato a scontare il valore
dell‟incertezza dal prezzo del titolo: si tratta, sulla base di quanto esposto sino ad ora,
di una dinamica rientrante nell‟ambito del meccanismo di mercato che si è sopra
definito negoziazione non informata. L‟emittente si troverà così nella condizione di
essere disincentivato dal fornire dati al mercato per la certezza di non essere creduto.
Da ciò l‟accrescimento dei costi di verifica per i singoli investitori. Il mercato ha
quindi elaborato tecniche atte a contrastare simili comportamenti, riducendo i costi di
verifica dell‟informazione. Possono così ottenersi economie di scala sui costi di

35
RONALD J. GILSON, REINER H. KRAAKMAN, Op. Cit., p. 603.

23
analisi dell‟informazione tramite l‟utilizzo di esperti da parte degli agenti del
mercato, oppure, e soprattutto, l‟emittente può elaborare comportamenti volti a
dimostrare di non avere interesse a ingenerare false convinzioni. Questi segnali
possono consistere nell‟investimento di capitali specifici quali la reputazione e la
pubblicità, il cui valore sarà ridotto da una falsa rappresentazione dei fatti, oppure
rilasciare obbligazioni che diverranno, per usare le parole degli autori, “ostaggio”
(36) degli investitori nel caso in cui le promesse non venissero mantenute. Ulteriore
possibilità sta nell‟utilizzare i servizi di intermediari specializzati che offrano la loro
reputazione come pegno della veridicità delle dichiarazioni. Infine, l‟imposizione da
parte dell‟ordinamento di sanzioni civili e penali accresce decisamente il costo di
produzione dell‟informazione di scarsa qualità.
Gilson e Kraakman giungono ad affermare che, con l‟applicazione severa di una
legislazione mirata, potrebbe addirittura giungersi a porre in essere un meccanismo
di selezione virtuosa degli emittenti speculare rispetto al circolo vizioso prospettato
da Akerlof nella citata teoria del “mercato dei limoni” (37): gli operatori meno
affidabili sarebbero cioè espulsi dal mercato in virtù dei costi insostenibili che
l‟apparato repressivo li costringerebbe ad affrontare. Gilson e Kraakman riassumono
le loro deduzioni in un grafico (fig.1). E‟ facile notare come l‟efficienza relativa del
mercato del mercato dei capitali si sviluppa parallelamente, ed inversamente, alla
funzione del costo dell‟informazione (38): il mercato dei capitali diviene più
efficiente col diminuire del costo dell‟informazione (39). Il meccanismo di mercato
prevalente nel dirigere l‟attività di incorporazione dell‟informazione rilevante nel
prezzo e il concomitante livello di efficienza del mercato sono funzione della
distribuzione iniziale dell‟informazione tra i negoziatori. Una più vasta diffusione
dell‟informazione innesca meccanismi di mercato più efficaci che si concretizzano in

36
RONALD J. GILSON, REINER H. KRAAKMAN, Op. Cit., p. 604.
37
AKERLOF GEORGE, The Market of Lemons in Quarterly Journal of Economics, 1970, p. 488-500.
38
RONALD J. GILSON, REINER H. KRAAKMAN, Op. Cit., p. 607.
39
RONALD J. GILSON, REINER H. KRAAKMAN, Op. Cit., p. 609.

24
Verifiche da
Segnalazioni Intermediari parte dei
Segnalazioni dell‟emittente Finanziari compratori
Risposta Preesistenti
Collettive

Verifica
investimenti in banchieri
del investimenti
sanzioni penali e capitale specifico d‟affari, Utilizzo di
Mercato in reputazione
civili (pubblicità, agenzie di esperti da
reputazione) rating parte dei
Tipologia dei costi di informa-zione

compratori

Individuale
Economie di Scala e Fine Investimenti
Risposta
Stampa - intermediari dell‟informazione in Capitale
Analisi

del
finanziaria - esperti indipendenti Umano e
Mercato
supporti
tecnologici

Stampa
Spionaggio
finanziaria Collettivizzazione
Risposta
Acquisizione

Distribuzione Pubblica: regolamentazione


del Intermediari Sorveglianza
da parte del legislativa.
Mercato dell‟informazione
creatore Privata: associazioni degli analisti
Analisi
dell‟informa- finanziari
investigativa
zione

Livello dei Costi di Informazione BASSO ALTO

ALTA BASSA
Efficienza Relativa

Categorie di Efficienza Strong


Weak Form Semi-Strong Form
Tradizionali Form
ALTA BASSA
Efficienza Relativa

Distribuzione Iniziale ALTA BASSA


Dell‟Informazione tra i
Negoziatori

Negoziazione Negoziazione Negozia-


Meccanismo del Mercato dei Negoziazione Informata
Universalmente Professionalmente zione Non
Capitali in modo Derivato
Informata Informata Informata

Figura 1 RONALD J. GILSON, REINER H. KRAAKMAN, The mechanisms of market efficiency, 70,
Va. L. Rev., 1984, p. 611.

25
una maggiore efficienza relativa, cioè in un più rapido ricondursi dei prezzi a
livelli di equilibrio ottimale (40). Si è quindi visto come la distribuzione iniziale
dell‟informazione sia funzione del suo costo: se l‟informazione è meno costosa,
allora è anche più diffusamente distribuita e riflessa in modo più efficiente nel
prezzo.
In tale ottica, notano gli autori, i mercati dei capitali e delle informazioni appalesano
le loro reciproche interazioni. Per usare le parole degli autori, “dal punto di vista del
mercato dei capitali, l‟efficienza di mercato è funzione dell‟iniziale distribuzione
dell‟informazione tra i negoziatori; dal punto di vista del mercato dell‟informazione,
l‟efficienza di mercato è funzione dei costi associati con una particolare
informazione. Il fattore comune è il costo dell‟informazione” (41).
Il prezzo dell‟informazione non solo determina l‟ammontare dell‟informazione
disponibile per un determinato titolo, ma pure la diffusione di quell‟informazione tra
i negoziatori, diffusione che a sua volta determina il meccanismi di mercato
(“informato”, “non informato”, “professionale”, “derivato”) prevalente.
L‟esistenza e il ruolo degli investment bankers assumono, alla luce della teoria di
Gilson e Kraakman, una posizione ben definita.
Un emittente che voglia collocare tra il pubblico prodotti finanziari innovativi deve
superare, come si è visto, la barriera dello scetticismo degli investitori circa
l‟affidabilità dello strumento proposto e la buona fede dell‟emittente.
La banca d‟affari, quando interviene nella sottoscrizione e distribuzione dei titoli,
impegna sul mercato la propria reputazione, comunicando fiducia nel nuovo titolo e
nel suo emittente. Così facendo, i costi di acquisizione e verifica dell‟informazione
da parte dei singoli investitori sono abbattuti per mezzo dell‟intermediazione della
banca (42).
Si noti che investire in reputazione nel tempo precedente un‟emissione equivale a
fornire al mercato una garanzia: infatti, qualora le promesse non vengano mantenute,
il valore del capitale - investimento pubblicitario diminuisce.

40
RONALD J. GILSON, REINER H. KRAAKMAN, Op. Cit., p. 610.
41
RONALD J. GILSON, REINER H. KRAAKMAN, Op. Cit., p. 610.
42
RONALD J. GILSON, REINER H. KRAAKMAN, Op. Cit., p. 613.

26
Il banchiere d‟affari opera prestando la propria reputazione alle imprese che ancora
non dispongono di investimenti diretti in capitale pubblicitario sufficiente (43).
La reputazione del banchiere d‟affari assume una peculiare importanza agli occhi del
mercato: il “prestito della credibilità” è un‟attività consustanziale a questa tipologia
di imprese, e, dunque, è di vitale importanza per gli amministratori di una banca
d‟affari crearsi e mantenere una reputazione di estrema affidabilità. Gli investitori, a
conoscenza di queste dinamiche, attribuiscono maggiore fiducia al banchiere
sottoscrittore rispetto all‟emittente originale.

1.2.3 Critica alla Teoria del Mercato Efficiente di Donald C.


Langevoort
La Efficient Capital Market Hypothesys, di cui si è diffusamente trattato sinora, ha
trovato ampia diffusione non solo in ambito accademico, ma anche, come si vedrà,
nella risoluzione di concreti casi giudiziari.
Similmente ad ogni rappresentazione teorica della realtà, tuttavia, anche la teoria del
mercato efficiente si è dimostrata vulnerabile a una serie di critiche (44).
Le migliorate capacità di calcolo degli elaboratori elettronici hanno permesso, a
partire dagli anni Ottanta del Ventesimo Secolo, di mettere in rilievo comportamenti
statistici incompatibili con le predizioni della teoria, e persistenti anomalie sulle
quotazioni. Si è pure dubitato della validità dei test utilizzati per misurare le
opportunità di speculazione sul mercato (45).
Assistiamo così al diffondersi di teorie finalizzate a spiegare proprio i comportamenti
meno coerenti col costrutto della teoria del mercato efficiente.
Si è tentato di valorizzare il ruolo del rumore, cui già si è fatto cenno, quale
componente caratterizzante il comportamento dei mercati, e si è cercato di stabilire
modelli capaci di rendere conto di forti incongruenze tra quotazione di mercato e
valore intrinseco degli emittenti (46).

43
RONALD J. GILSON, REINER H. KRAAKMAN, Op. Cit., p. 621.
44
DONALD C. LANGEVOORT, Theories, Assumption and Securities Regulation: Market Efficiency
Revisited, in U. Pa. L. Rev., 1992, 140, p. 851-920.
45
DONALD C. LANGEVOORT, Op. Cit., p. 853.
46
DONALD C. LANGEVOORT, Op. Cit., p. 854.

27
Langevoort afferma che alcuni fenomeni tradizionalmente associati all‟idea di un
mercato efficiente non necessariamente implicano strategie di mercato legate a
decisioni razionali: un andamento del prezzo di mercato assolutamente casuale, se
sottoposto a test statistici, dimostrerebbe l‟assenza di strategie speculative (cioè una
perfetta situazione i gioco equo), e i prezzi non dimostrerebbero scostamenti
eccessivi rispetto ai valori medi. Allo stesso modo, pure un‟immediata reazione del
prezzo di mercato al diffondersi di una notizia intattesa può essere ricondotta a
riflesso puramente istintivo degli investitori, non sorretto da una logica ponderazione
degli eventi e delle loro più probabili conseguenze (47).
Come si è visto, la teoria del mercato efficiente pone invece fortemente l‟accento
sulla razionalità delle aspettative circa il valore futuro delle quotazioni di un mercato
finanziario.
Nell‟ottica della teoria del mercato efficiente, cioè, l‟informazione incorporata nel
prezzo è l‟informazione razionalmente correlata alle aspettative circa i valori futuri:
perciò i prezzi sono considerati la valutazione più razionale possibile del valore
presente (48).
Langevoort schematizza ulteriormente le premesse della teoria del mercato efficiente
affermando che essa si basa sull‟assunto della “perfetta razionalità delle scelte degli
investitori, che cercano sempre l‟opzione con la maggiore utilità soggettiva, in
riferimento alle probabilità derivate dall‟informazione disponibile” (49).
Le teorie ad essa contrapposte e che pongono l‟accento sul rumore del prezzo rispetto
alle previsioni della teoria del mercato efficiente sono definite noise theory, teoria del
rumore.
All‟origine della teoria del rumore stanno le ricerche dell‟economia
comportamentista, che si propone di spiegare l‟andamento del mercato partendo dalle
motivazioni psicologiche del singolo investitore, assai spesso caratterizzate, afferma
Langevoort, da una preponderante componente irrazionale.
Viene, così, analizzata la tendenza degli individui a prendere decisioni considerando
solo le informazioni salienti o più facili da ricordare, e non sulla base delle
informazioni, in senso lato, più significative. E‟ questa la ragione per cui

47
DONALD C. LANGEVOORT, Op. Cit., p. 856.
48
DONALD C. LANGEVOORT, Op. Cit., p. 857.
49
DONALD C. LANGEVOORT, Op. Cit., p. 858.

28
informazioni più recenti e ancor vive nella memoria provocano reazioni più ampie
rispetto a quanto sarebbe logico attendersi relativamente al loro contenuto.
Il comportamentismo ha poi messo in luce ulteriori dinamiche attinenti la condotta
degli individui sui mercati: la tendenza alla sopravvalutazione delle capacità di
previsione individuali rispetto al ruolo giuocato dal semplice caso; la tendenza a
sottovalutare il livello di rischio insito nell‟investimento; l‟illusione cognitiva
consistente nell‟estrapolare trend dall‟osservazione degli andamenti più recenti,
senza però che esistano elementi logici di congiunzione; la sopravvalutazione delle
proprietà personali, da cui prende origine la tendenza a ricercare prezzi di vendita
superiori a quanto sarebbe ragionevole attendersi (50). Queste strategie di mercato
non ottimali possono essere intese (51) come risposta all‟eccessiva disponibilità di
informazione finanziaria, e alla conseguente difficoltà riscontrata nel gestire in modo
razionale una tale massa di nozioni..
Al di là delle considerazioni riguardanti il singolo investitore, tuttavia, la teoria del
mercato efficiente afferma la razionalità intrinseca delle forze invisibili del mercato:
le divergenze rispetto alla quotazione ottimale tendono ad elidersi vicendevolmente,
mentre il “denaro intelligente”, cioè le transazioni effettuate da professionisti (52)
elimina, per mezzo della speculazione, ogni tendenza di mercato che irrazionalmente
di discosti dai fondamentali macro- e micro-economici.
La menzionata incongruità di alcuni parametri statistici con le previsioni della teoria
del mercato efficiente e l‟eccessiva volatilità dei prezzi sono state spiegate da un
ricercatore della Yale University, Robert Shiller (53), facendo riferimento al fatto che
l‟imprevedibilità della distribuzione dei dividendi e dei guadagni da parte di molte
compagnie ha per conseguenza il ridursi di gran parte della negoziazione a ipotesi e
intuizioni: anche la negoziazione informata, così, smette di essere un indicatore
affidabile della quotazione ottimale.
Schiller rileva come il comportamento di tutti gli investitori, anche dei professionisti,
è profondamente influenzato dall‟emotività e dalle intuizioni: “la gente investe non
semplicemente per guadagnare denaro, ma anche per abitudine ad investire, o per

50
DONALD C. LANGEVOORT, Op. Cit., p. 859.
51
DONALD C. LANGEVOORT, Op. Cit., p. 860.
52
RONALD J. GILSON, REINER H. KRAAKMAN, Op. Cit., p. 569.
53
DONALD C. LANGEVOORT, Op. Cit., p. 867.

29
giocare, dimostrando le tendenze ( e pure le dipendenze) degli scommettitori in
generale” (54). A ciò si aggiunge la considerazione che molti investitori non hanno la
capacità, o il desiderio, di prendere autonomamente iniziative di investimento, e sono
così soggetti alle pressioni esterne esercitate dall‟opinione sia degli esperti che degli
altri negoziatori (55).
In un mercato in cui gli investitori sono così strettamente interconnessi, i rumors, le
chiacchiere di mercato, avranno la possibilità di diffondersi molto rapidamente,
ingenerando talvolta “epidemie di irrazionalità”, la cui imprevedibilità limita la
possibilità e gli effetti della speculazione e accresce i rischi legati, appunto, ai rumors
(56).
Langevoort sottolinea la presenza di ulteriori anomalie nel comportamento dei prezzi
rispetto alle predizioni dei modelli teorici: le reazioni eccessive (over-reaction)
rispetto alla consistenza cognitiva oggettivamente attribuibile a determinate
informazioni. Le illusioni cognitive estrinsecantesi in barriere psicologiche legate
all‟attività di negoziazione giornaliera (resistenze corrispondenti a specifici numeri
su, ad esempio, gli indici di mercato (57).
In alcuni casi, afferma Langevoort citando ulteriori lavori di ricerca (58), neppure la
speculazione può essere sufficiente per escludere dal mercato strategie di
investimento non ottimali. Anche la speculazione, infatti, subisce sia le limitazioni
derivanti dal rischio di errore e dall‟imprevedibilità delle negoziazioni basate sul
rumore: il fatto che la quotazione sia “errata” oggi, cioè, non significa che “lo sarà di
meno domani” (59). E‟ dunque possibile che la strategia di negoziazione più
vantaggiosa per il negoziatore informato sia poi quella di aggregarsi all‟andamento
generale del mercato.
Langevoort sostiene che questa spiegazione concettuale delle cause del rumore
riscontrato sui mercati è più aderente al dato statistico rispetto ai modelli più
specificamente basati sulla tradizionale teoria del mercato efficiente (60).

54
DONALD C. LANGEVOORT, Op. Cit., p. 867.
55
DONALD C. LANGEVOORT, Op. Cit., p. 868.
56
DONALD C. LANGEVOORT, Op. Cit., p. 868.
57
DONALD C. LANGEVOORT, Op. Cit., p. 869.
58
DONALD C. LANGEVOORT, Op. Cit., p. 870.
59
DONALD C. LANGEVOORT, Op. Cit., p. 870.
60
DONALD C. LANGEVOORT, Op. Cit., p. 871.

30
Si noti, però, che le contestazioni alla Efficient Capital Market Hypothesys esposte
da Donald Langevoort non mirano a porre in dubbio la validità della teoria in quanto
tale: egli intende porre in rilievo la presenza, nelle quotazioni di mercato, di una
componente, il rumore, dovuta all‟esplicitarsi di spinte irrazionali presenti nelle
attività di valutazione messe in opera dagli investitori. L‟identificazione dell‟esatta
entità e della durata di queste perturbazioni, incongrue rispetto all‟analisi razionale
dei fondamentali dell‟impresa, è soggetta ad ampi margini di incertezza.
“Mentre sappiamo che alcune proprietà efficienti caratterizzano il mercato
mobiliare, semplicemente non sappiamo molto più di questo” (61).
E‟ interessante, a questo punto, dedicare un commento alla teoria del rumore come
vista da R. G. Gilson e R. H. Kraakman, autori più legati di Langevoort al
razionalismo dell‟ipotesi del mercato efficiente.
Essi intendono il rumore, le fluttuazioni imprevedibili nell‟andamento dei titoli,
come effetto collaterale del ciclo di apprendimento degli investitori (62): nell‟ambito
della comunità degli investitori, infatti, la ricerca di nuova informazione sarà
giustificata solo dalla prospettiva di trarre guadagni dalla speculazione contro un
prezzo di mercato incongruo rispetto alla previsioni razionali che la nuova
informazione consente. Qualora il prezzo di mercato fosse già perfetto, incorporasse
cioè tutta l‟informazione disponibile, la ricerca di informazione ulteriore (o, meglio,
l‟aggiornamento dell‟informazione disponibile) si rivelerebbe inutilmente
dispendioso: il vantaggio marginale che consegue l‟aggiornamento dell‟informazione
già nota e incorporata nel prezzo non giustifica il costo delle attività di ricerca e
analisi che sarebbero invece necessarie. Conseguenza di ciò sarebbe il rapido
degradarsi dell‟attendibilità informativa del prezzo di mercato.
Gli autori, tuttavia, affermano l‟efficienza del mercato quantomeno a livello di
negoziazione professionalmente informata. Essi infatti identificano un joint effect, un
legame, tra l‟aggiornamento dell‟informazione già precedentemente incorporata nel
prezzo e la ricerca di nuove informazioni da utilizzare al fine di ricavare spazi da
destinare ad operazioni speculative (63): l‟aggiornamento delle conoscenze già
riversatesi nella quotazione di mercato è cioè indispensabile per lo svolgimento di

61
DONALD C. LANGEVOORT, Op. Cit., p. 872.
62
RONALD J. GILSON, REINER H. KRAAKMAN, op. ult. cit., p. 623.
63
RONALD J. GILSON, REINER H. KRAAKMAN, op. ult. cit., p. 624.

31
attività di analisi ulteriori, dalle prospettive assai più remunerative. La spinta verso
nuove conoscenze implica così l‟aggiornamento delle conoscenze presenti.

1.2.4 Applicazioni della Teoria del Mercato Efficiente: Carlo


Marchetti
L‟efficienza del mercato mobiliare viene analizzata da Carlo Marchetti dal punto di
vista della teoria contrattualista.
L‟Autore pone esplicitamente in relazione la teoria giuridico – economica e le
ricadute pragmatiche che essa ha sulla regolamentazione effettiva del mercato.
Marchetti afferma che il contratto tra le parti possiede la “virtù tipica di dare origine
a un‟efficiente allocazione delle risorse scarse” (64): la dinamica di mercato, cioè,
favorisce il trasferimento di un determinato bene al soggetto che, dichiarandosi
disposto a pagare la cifra più elevata, si presume in grado di farlo meglio fruttare.
In questa presunzione sta la giustificazione logico economica delle norme imperative
poste a tutela del rispetto dell‟impegno preso tra le parti contrattuali (65). Corollario
di tale affermazione è che il contratto stipulato in assenza dei presupposti sulla cui
base sarebbe lecito postularne l‟efficienza non sarà più meritevole di tutela giuridica:
il contratto in questione viene così definito un contratto imperfetto. (66)
Marchetti distingue due tipologie di contratti imperfetti: market failures ed
esternalità negative.
Vi è market failure ogniqualvolta disinformazione o minacce impediscono una
corretta valutazione dei termini contrattuali, e conseguentemente un‟efficiente
allocazione delle risorse tra le parti; vi è esternalità negativa quando l‟esecuzione del
contratto produce, in qualità di effetto collaterale, un danno in capo a terzi.
In tali ipotesi, sostiene Marchetti, l‟ordinamento deve necessariamente agire con
norme imperative onde negare protezione giuridica ai contratti imperfetti. (67)
Al di là delle ipotesi estreme finora considerate – ipotesi in cui è la stessa volontà
contrattuale, o addirittura la liceità causale del patto ad essere messa in discussione –

64
CARLO MARCHETTI, La Nexus Of Contracts Theory, Milano, 2000, p. 154.
65
CARLO MARCHETTI, Op. Cit., p. 155.
66
CARLO MARCHETTI, Op. Cit., p. 155.
67
CARLO MARCHETTI, Op. Cit., p. 157.

32
l‟ordinamento dovrebbe, nella visione della teoria contrattualista così come
riproposta da Carlo Marchetti, limitarsi a fornire modelli di clausole statutarie
derogabili dalle parti: in tal modo si raggiungerebbe lo scopo di abbattere i costi di
transazione ( l‟esistenza di un modello normativo limiterebbe la necessità di una
specifica trattativa tra le parti) e allo stesso tempo si favorirebbe il puntuale
adattamento della regolamentazione contrattuale alle necessità contingenti delle parti.
(68)
Nell‟acquistare in borsa una determinata quantità di azioni, cioè, l‟investitore compie
un atto equivalente all‟ ”accettare volontariamente e liberamente una proposta
contrattuale i cui termini sono rappresentati […] dalle clausole statutarie”. (69)
Si deve presumere quindi che ogni singola clausola statutaria rappresenti la
massimizzazione dell‟utilità dei singoli contraenti. (70)
Un esempio, elaborato dallo stesso Marchetti, chiarisce il concetto. Gli
amministratori di una società a capitale diffuso, in virtù della loro attività
dirigenziale, hanno spesso l‟opportunità di trarre profitto da particolari occasioni
d‟affari.
Se lo statuto societario vieta agli amministratori lo sfruttamento di queste
opportunità, si deve presumere che gli azionisti ritengano che il management non
debba perdere alcuna occasione per arricchire la società.
Qualora invece lo statuto non proibisca lo sfruttamento personale delle occasioni
d‟affari da parte degli amministratori, la presunzione sarà che gli azionisti
considerano più importante per la società dedicarsi completamente al proprio piano
di operatività tradizionale, e magari ritengono incentivante per i dirigenti sfruttare
qualche iniziativa che non si ponga in concorrenza diretta con il core business
societario. (71) E‟ dunque l‟incontro della volontà delle parti a stabilire quale sia
l‟optimum nel caso concreto, mentre l‟effetto di una norma imperativa si risolverebbe
nell‟imposizione esterna di un equilibrio aprioristico non perfettamente efficiente.

68
CARLO MARCHETTI, Op. Cit., p. 158.
69
CARLO MARCHETTI, Op. Cit., p. 159.
70
CARLO MARCHETTI, Op. Cit., p. 160.
71
CARLO MARCHETTI, Op. Cit., p. 160.

33
Tali presunzioni dipendono, ovviamente, dalla certezza che la contrattazione si
svolga in un “ambiente giuridico ed economico idoneo a far sì che l‟accordo dia
luogo all‟esito razionale ed efficiente che gli è tipico” (72).
Rischi di inefficienza per i contratti societari sono insiti sia nella loro natura di
accordi duraturi nel tempo (donde la necessità di reiterare la verifica della presenza
delle condizioni di efficienza), sia nella loro natura di standard form contracts, i
quali si caratterizzano per la presenza di una situazione di vantaggio in capo al form
giver, che redige il modulo contrattuale: l‟acquirente di titoli sul mercato azionario,
infatti, si limita ad aderire allo statuto societario che, in questo caso, si presenta come
modulo standard. (73) Inoltre, nel caso di accordi conclusi sui mercati mobiliari, i
tempi di stipulazione sono estremamente rapidi, da cui un ulteriore rischio di
approdare a soluzioni poco efficienti perché poco ponderate. (74)
I rischi di inefficienza nel quadro del diritto societario, quindi, si concretizzano nel
pericolo che gli amministratori sfruttino la loro posizione per creare un assetto di
interessi squilibrato a proprio favore, o che riescano a muoversi tra le pieghe dello
statuto sociale ponendo in essere condotte lesive degli interessi degli azionisti (75).
La necessità di inserire nel diritto societario una normativa imperativa si risolve
quindi, a detta di Marchetti, nella valutazione degli agency costs,i costi di delega,
tipici dell‟organizzazione d‟impresa nella forma della public company, caratterizzata
appunto da una rischiosa delega da parte dei piccoli risparmiatori a favore
dell‟amministrazione societaria per la gestione del proprio denaro attraverso lo
svolgimento di un‟attività d‟impresa. (76)
Tale valutazione consisterà nell‟analisi delle specificità e delle dinamiche proprie dei
mercati finanziari (i mercati in cui si svolge la negoziazione dei titoli emessi dalle
società) per verificare se in essi sussistano le condizioni che favoriscono la
conclusione di contratti efficienti. Qualora all‟analisi consegua un esito negativo, si
dovrà procedere all‟individuazione e alla ponderazione delle regole imperative che
sarebbe opportuno introdurre per compensare gli squilibri. (77)

72
CARLO MARCHETTI, Op. Cit., p. 160.
73
CARLO MARCHETTI, Op. Cit., p. 162.
74
CARLO MARCHETTI, Op. Cit., p. 162.
75
CARLO MARCHETTI, Op. Cit., p. 163.
76
CARLO MARCHETTI, Op. Cit., p. 164.
77
CARLO MARCHETTI, Op. Cit., p. 165.

34
L‟istanza di tutela, nell‟ottica contrattualista adottata da Marchetti, non si pone in
relazione alla pericolosità oggettiva di una clausola rispetto alla debolezza di una
delle parti (l‟investitore), bisognosa di protezione; essa, invece, sorge con la verifica
– o il fondato sospetto – dell‟esistenza di una concreta situazione di inefficienza del
mercato. In assenza di indizi di inefficienza, infatti, “si dovrà presumere che la
clausola pericolosa sia perfettamente rispondente alla razionale scala di preferenze
degli investitori che hanno acquistato le azioni”. (78)
L‟intervento della norma imperativa, cioè, viene considerato in relazione
all‟efficienza del mercato, non sulla base delle debolezze tipiche della posizione del
piccolo investitore.
Ancora una volta Marchetti esemplifica la sua esposizione. Un viaggiatore che
decida di noleggiare un‟automobile presso l‟unica ditta di autonoleggio di un
aeroporto sarà sicuramente meritevole di protezione da parte di norme imperative,
poiché, trovandosi nella necessità di noleggiare un‟automobile, dovrà sottostare
forzosamente alle condizioni imposte dal noleggiatore, che è monopolista assoluto.
Qualora invece vi siano molte imprese di autonoleggio nell‟aeroporto, sarà la
concorrenza tra di esse a garantire il viaggiatore: ogni compagnia, compatibilmente
con le proprie necessità di sopravvivenza economica, elaborerà le offerte migliori,
onde concludere un affare col viaggiatore. In tal caso la presenza di norme
imperative che togliessero la necessaria elasticità ai modelli contrattuali priverebbe il
viaggiatore della possibilità di usufruire appieno delle situazione concorrenziale, e di
fatto impedirebbe l‟instaurarsi dei uno stato di allocazione delle risorse ottimale
rispetto al caso specifico. (79)
L‟opportunità di introdurre norme imperative dipende quindi dalle condizioni del
mercato in cui il regolatore si trova ad agire.
Applicando queste considerazioni alla struttura dei mercati finanziari, Marchetti
conclude per la necessità per la necessità della presenza di una struttura di norme
imperative tese a garantire un elevato gradi di trasparenza, di disclosure, delle
informazioni societarie rilevanti.
Solo la trasparenza sulle informazioni in grado di alterare la valutazione razionale dei
titoli, infatti, può garantire la conclusione di contratti efficienti. E ciò anche tenendo

78
CARLO MARCHETTI, Op. Cit., p. 167.

35
conto sia dei costi eccessivi che incontrerebbe un piccolo risparmiatore a svolgere
individualmente attività di raccolta di informazioni, sia del disincentivo alla
disclosure rappresentato per il management dalle esternalità negative conseguenti la
pubblicazione di informazioni societarie sensibili.
“I mercati finanziari, […] secondo i postulati del modello contrattualista, riescono
grazie alle proprie dinamiche, a condurre le parti al perfezionamento di contratti
efficienti e rendono così tendenzialmente inutile il ricorso a norme imperative” (80).
La teoria del mercato efficiente di cui si è discusso nei precedenti paragrafi, nelle sue
diverse rielaborazioni, è un modello descrittivo del funzionamento del mercato
mobiliare basato sul presupposto che il mercato autonomamente sappia valutare,
tramite diversi suoi meccanismi (che più sopra sono stati presi in considerazione sia
nell‟ambito dell‟elaborazione di Eugene Fama sia in quella di Gilson e Kraakman,
per i quali Marchetti utilizza il termine di market constraints), i rischi e le prospettive
degli investimenti mobiliari offerti: la razionalità del comportamento degli
investitori, e la concorrenza tra emittenti per ottenere finanziamenti automaticamente
innescano, come si è visto nelle pagine precedenti, meccanismi di mercato efficiente.
A fronte di tale automaticità, consegue la ridondanza di una puntuale normazione
imperativa del funzionamento del mercato.
Una società che emettesse titoli più rischiosi per gli investitori vedrebbe questi titoli
deprezzarsi, poiché gli investitori sconterebbero il rischio dal prezzo, e così un
management incapace, deludendo le attese del mercato, provocherebbe un calo del
valore della società, che diverrebbe scalabile.
Marchetti, rifacendosi a Kraakman, sottolinea come il mercato, “sempre più
dominato da investitori professionali” (81), è soggetto, a processi di aggiustamento
del prezzo che termineranno quando il prezzo di mercato viene a coincidere con
quello elaborato dagli investitori professionali.
Lo stesso autore, in accordo con Langevoort, definisce quindi la noise theory come il
tentativo di dimostrare che il prezzo dei titoli scambiati in borsa non riflette le
aspettative razionali degli investitori, ma è soggetto alle conseguenze di una miriade

79
CARLO MARCHETTI, Op. Cit., p. 170.
80
CARLO MARCHETTI, Op. Cit., p. 181.
81
CARLO MARCHETTI, Op. Cit., p. 174.

36
di variabili eterogenee che si esplicitano in fluttuazioni imprevedibili della
quotazione, definite, appunto, rumori.
Gli investitori, cioè, si lascerebbero guidare nelle loro scelte da una serie di impulsi e
pregiudizi irrazionali che rendono il prezzo del titolo non espressione di una
razionale attesa del guadagni futuri, ma conseguenza di una serie di “azzardi e
scommesse” (82).
Se una tale interpretazione dei meccanismi di attribuzione del valore ai titoli fosse
corretta, se cioè il mercato fosse incapace di valutare le conseguenze logiche
dell‟informazione (integrandola, come si è visto, nel prezzo), ne conseguirebbe la
necessità di una strettissima regolamentazione imperativa del mercato mobiliare (83).
Ciò ovviamente non può accadere qualora il mercato non reagisca razionalmente alle
informazioni.
Tuttavia, l‟autore afferma che gran parte delle critiche alla teoria del mercato
efficiente sia da imputarsi alla ”illusione secondo cui tale variazione di prezzo possa
effettivamente e precisamente corrispondere alla variazione che la notizia causa
sulle aspettative razionali in merito al valore della società” (84).
La risposta irrazionale del mercato, afferma Marchetti, è, quasi sempre, una over-
reaction (85): il mercato, cioè, tenderebbe a punire i comportamenti poco virtuosi
addirittura in maniera eccessiva rispetto a un ponderato bilanciamento di interessi,
rendendo i comportamenti dannosi ancora più costosi.
A fronte di queste considerazioni, Carlo Marchetti sostiene la preferibilità di una
disciplina delle società quotate basata sull‟estensione di modelli di regolamentazione
derogabile piuttosto che su norme imperative.
Le deroghe, essendo appunto eccezioni alla disciplina generale, verrebbero
immediatamente notate, e valutate, dagli operatori professionali: un giudizio negativo
su di esse da parte degli operatori professionali si tradurrebbe in una reazione
punitiva del mercato, che potrebbe addirittura concretizzarsi in una over-reaction che
tenderà a punire eccessivamente la deroga rispetto alla pericolosità della stessa. (86)

82
CARLO MARCHETTI, Op. Cit., p. 201-202.
83
CARLO MARCHETTI, Op. Cit., p. 202.
84
CARLO MARCHETTI, Op. Cit., p. 204.
85
CARLO MARCHETTI, Op. Cit., p. 207.
86
CARLO MARCHETTI, Op. Cit., p. 207.

37
1.2.5 Applicazioni della Teoria del Mercato Efficiente: Roberta
Romano
Roberta Romano si serve degli assunti economici e giuridici posti alla base della
teoria del mercato efficiente e li applica esplicitamente allo sviluppo di un modello
alternativo di regolamentazione dei mercati finanziari statunitensi. (87)
Attualmente la gran parte della regolamentazione dei mercati azionari statunitensi si
presenta come composta da norme di natura prevalentemente imperativa ed è
“pressoché l‟unico settore in materia di diritto societario ad essere di competenza
legislativa federale”(88).
L‟autrice contrasta entrambe queste scelte del legislatore americano sostenendo
l‟opportunità non solo di sottrarre il mercato mobiliare alla stretta della
regolamentazione imperativa, ma anche di estendere la logica, e i vantaggi, della
teoria del mercato efficiente, al livello della produzione stessa delle norme
imperative: ad opinione della Romano, cioè, la regolamentazione attinente i mercati
mobiliari non dovrebbe più essere accentrata nelle mani dell‟unica autorità federale,
ma essere suddivisa tra i cinquanta stati dell‟Unione, il Dipartimento della Columbia
ed il Governo Federale, che si troverebbero ad agire come Sovrani indipendenti.
“Questo approccio si fonda sull‟idea che la competizione tra sovrani […] nella
produzione della normativa inerente i valori mobiliari produrrebbe benefici in capo
agli investitori nel capitale delle società ad azionariato diffuso, favorendo l‟adozione
di una regolamentazione allineata con le preferenze degli investitori […]” (89)
Viene in sostanza proposto un menu approach alla regolamentazione, un regime che
consentirebbe agli emittenti di decidere se essere sottoposte alla competenza della
legislazione federale o a quella di un particolare Stato, il quale potrebbe essere lo
stato di incorporazione. (90)
Questo punto di vista sulla regolamentazione del mercato finanziario, come si vedrà
in seguito, è particolarmente interessante rispetto allo studio delle conseguenze di
Internet sul funzionamento dei mercati mobiliari: anche in tale ipotesi, infatti,

87
ROBERTA ROMANO, Empowering Investors: A market Approach to Securities Regulation, 107, Y. L.
J., 1998, p. 2359
88
CARLO MARCHETTI, Op. Cit., p. 172, nota (24).
89
ROBERTA ROMANO, Op. Cit., p.2365.
90
ROBERTA ROMANO, Op. Cit., p.2362.

38
l‟emittente collocato in uno specifico Paese si trova ad attingere investitori residenti,
potenzialmente, su tutto il pianeta, con il carico regolamentare dei relativi, spesso
incongrui, ordinamenti.

1.2.6 La Teoria del Mercato Efficiente e le riforme in tema di


Corporate Governance.
Con l‟inizio del terzo millennio, il sistema finanziario americano – nell‟ambito del
quale la efficient capital market theory è stata sviluppata – viene sconvolto da una
serie “debacles dimensioni storiche”(91). Enormi corporations apparentemente
floride si scoprono essere ormai decotte, mentre bilanci e informazioni societarie
venivano falsificati con la collusione delle società di revisione contabile.
J.C. Coffee identifica la causa prima delle malversazioni nell‟inefficacia dei controlli
sulla veridicità dell‟informazione societaria. La complicità dei revisori contabili nella
falsificazione delle informazioni societarie rivela – a parere di Coffee – la fallacità
dell‟idea (largamente accettata nel mondo giuridico) secondo cui sarebbe stato
irrazionale per un revisore mettere a rischio la propria reputazione (costruita nel
corso di molti anni di lavoro) rendendosi partecipe di una frode (92). Uno dei
meccanismi alla base della teoria del mercato efficiente - cioè la presenza di
intermediari in grado di dare una patente di affidabilità alla comunicazione
societaria, abbassando il costo dell‟informazione e consentendo un rapido passaggio
dell‟informazione rilevante nel prezzo dei titoli (supra §1.2.2) viene quindi smentita
- a parere di Coffee - dall‟esperienza.
L‟Autore, infatti, afferma che “[…] Molte persone ragionevoli potrebbero anche
non essere d‟accordo sulla necessità di interventi esterni [norme imperative in luogo
della auto-regolamentazione del Mercato, N.d.T.]. Ma alcuni problemi non si
autocorreggono del tutto. Non ci si possono spiegare le incomprensibili performance
ottenute da analisti finanziari e revisori nel corso degli anni Novanta senza notare i
conflitti di interesse che sono ora profondamente radicati nel sistema”(93).

91
J.C. COFFEE, Guarding the Gatekeepers, in The New York Times, May 13th 2002.
92
J.C. COFFEE, Op. Cit.
93
J.C. COFFEE, Op. Cit.

39
I conflitti di interesse in questione (revisori contabili compiacenti al fine di ottenere
lucrosi contratti di consulenza dalle società i cui bilanci devono essere revisionati;
analisti delle Investment Banks impegnati più a compiacere le companies oggetto dei
loro studi per divenire collocatori nelle loro Initial Public Offerings) attengono tutti
all‟area della autoregolamentazione del mercato tramite i meccanismi della
diffusione dell‟informazione rilevante.
La necessità di evitare una crisi di sfiducia generalizzata nel Mercato Finanziario
(che, come si è visto, conduce al crollo dei corsi e alla disincentivazione degli
emittenti a ricercare capitale di rischio) ha condotto l‟ordinamento Americano a fare
“[...] i conti con il fallimento della mano invisibile e dell‟etica degli affari”(94). La
conseguneza di ciò è stato un intervento del Legislatore che ha “notevolmente
rafforzato regole inderogabili e sanzioni, anche penali”(95): nel luglio 2002 venne
varato il Sorbanes-Oxeley Act “to protect investors by improving accuracy and
reliability of corporate disclosures […]”, mentre il New York Stock Exchange ha reso
più severi i propri listing standards (96).

1.3 Conclusioni.
Concludendo questa breve rassegna delle principali teorie economico – giuridiche sul
funzionamento del mercato mobiliare, pare di poter affermare che, sebbe la
circolazione dell‟informazione rilevante abbia la tendenza a instaurare un mercato
efficiente, è tuttavia indispensabile che la normazione imperativa protegga i
meccanismi di diffusione dell‟informazione dai rischi rappresentati da interessi
confliggenti negli individui demandati alla gestione di quell‟informazione stessa.
Meglio. La disamina delle principali teorie attinenti il funzionalmento dei mercati
mobiliari rivela la relazione di interdipendenza tra prezzo dei titoli e informazione. Il
mercato mobiliare viene quindi ad essere inteso quale funzione del mercato delle
informazioni.

94
GUIDO ROSSI, ALESSANDRA STABILINI, Virtù del mercato e scetticismo delle regole: appunti a
margine della riforma del diritto societario, Rivista delle Società, 1, 2003, p. 11.
95
GUIDO ROSSI, ALESSANDRA STABILINI, Op. Cit., p. 11.
96
GUIDO ROSSI, ALESSANDRA STABILINI, Op. Cit., p. 13 - 14.

40
Capitolo II

L’Appello al Pubblico Risparmio in Italia


 2.1 Introduzione  2.1.1 Mercato dei Capitali e Mercato Mobiliare. 2.1.2 Evoluzione della
Regolamentazione del Mercato Mobiliare. 2.2.1 Influenza del Diritto Comunitario sulla
Regolamentazione del Mercato Mobiliare in Italia. 2.2.2 Il modello legislativo Lamfalussy e
la più recente produzione regolamentare comunitaria in materia di mercati mobiliari.  2.3.1
La sollecitazione al pubblico risparmio: ricognizione delle fonti di pertinenza per tramite di un
esempio.  2.4 Conclusioni.

2.1 Introduzione
Nel Capitolo precedente si sono considerate in astratto le ragioni economiche
poste alla base della regolamentazione di un mercato mobiliare.
Il discorso torna ora alla concretezza di un‟analisi della normazione positiva
italiana in materia di sollecitazione del risparmio.
In primo luogo si procederà all‟identificazione del corpus normativo di
riferimento. Al fine di meglio contestualizzare l‟argomento, seguirà un rapido
sguardo all‟evoluzione storica della legislazione italiana in materia di mercato
mobiliare. Di qui si passerà allo studio puntuale dell‟appello al pubblico
risparmio.

2.1.1 Mercato dei Capitali e Mercato Mobiliare.


Nel momento in cui ci si appresta all‟analisi del diritto vigente in materia di mercati
mobiliari (e di sollecitazione del risparmio in particolare) assume ovvia importanza
la corretta identificazione del complesso normativo oggetto dell‟indagine.
Cavazzuti, dopo aver definito i mercati finanziari come aggregato composto dal
“mercato del credito e della moneta”, dal “mercato dei prodotti assicurativi”, dal
“mercato dei valori mobiliari”, giunge ad una definizione ristretta di “mercati
finanziari”, che vengono ad essere “esclusivamente i mercati che trattano i valori
mobiliari (azioni, obbligazioni e loro derivati) e che sono vigilati dalla Consob. Non
saranno compresi dunque, ma come d‟abitudine, quello del credito bancario e della
moneta che è soggetto alla vigilanza e alla regolamentazione dettata dalla Banca

41
d‟Italia, e neppure quello delle assicurazioni che è vigilato dall‟Isvap” (97). Lo stesso
Autore, tuttavia, pone immediatamente in dubbio la validità di questa distinzione a
fronte del diffondersi di nuovi strumenti finanziari, le cui caratteristiche sono
incompatibili con la rigidità del confine tracciato.
Anche Filippo Annunziata considera il mercato finanziario come risultato della
somma di tre comparti: quello bancario e creditizio, quello finanziario e assicurativo
e quello dell‟intermediazione finanziaria non bancaria. L‟Annunziata intende quindi
per diritto del mercato finanziario quel complesso normativo inerente il mercato dei
capitali che non appartiene esplicitamente né alla disciplina del settore bancario né
alla disciplina del settore assicurativo (98). La peculiarità dell‟attività bancaria
consiste infatti nella raccolta del risparmio tra il pubblico con obbligo di rimborso
unitamente all‟esercizio del credito. Lo svolgimento contestuale di queste due attività
(riservato dalla legge alle sole banche)(99) pone la banca in una posizione affatto
particolare tra gli agenti del mercato finanziario: essa svolge un‟opera di
“trasformazione” del rischio, rimanendo da un lato debitrice dei fondi raccolti tra il
pubblico e nel contempo utilizzando questi fondi per svolgere attività creditizia
(accollandosi un rischio di insolvenza dei debitori)(100).
Anche le assicurazioni sono regolamentate da una disciplina specifica, vista anche
qui l‟attività di trasformazione dei rischi che esse istituzionalmente svolgono. Da ciò
la possibilità di distinguere all‟interno della disciplina del mercato dei capitali un
settore che si occupa di ciò che non è attività assicurativa né attività bancaria:
Annunziata definisce tale settore “mercato dei valori mobiliari” (101).
Un altro Autore, il Costi, parte dal presupposto che ” [...] un mercato può e deve
essere identificato anzitutto sulla base dei beni che nello stesso vengono prodotti e/o
scambiati [...]” (102). Di qui, notando come nel settore bancario del mercato dei
capitali ”[...] i risparmiatori comprano depositi e gli affidati comprano prestiti”
mentre nel settore assicurativo “[...] gli assicurati comprano diritti alla copertura di

97
F. CAVAZZUTI, La Consob e la Regolamentazione dei Mercati Finanziari, in CONSOB - Quaderni di
Finanza n°38, maggio 2000, p. 3; http://www.consob.it/produzione/docum/Quaderni/qdf38int.pdf
98
FILIPPO ANNUNZIATA, La disciplina del mercato mobiliare, Torino, 2004, p. 7.
99
ARTT.10 E 11 D.LGS. 1 SETTEMBRE 1993 N.385, Testo Unico delle norme in materia bancaria e
creditizia
100
FILIPPO ANNUNZIATA, Op. Cit., p. 8.
101
FILIPPO ANNUNZIATA, Op. Cit., p. 8.
102
RENZO COSTI, Il Mercato Mobiliare, Torino, 2004, p. 1.

42
rischi dalle imprese di assicurazione”(103), egli giunge a definire il mercato
mobiliare come “[...] il segmento del mercato finanziario sul quale vengono prodotti
e/o scambiati valori mobiliari e svolte attività relative a valori mobiliari. E per
valori mobiliari si intendono, in un‟accezione ancora pregiuridica del termine, i
prodotti finanziari naturalmente destinati alla circolazione” (104). Anche il Costi,
tuttavia, ammette i limiti e la difficoltà insite nella definizione in questione,
dovendosi distinguere “[...] ciò che nei fatti non è facilmente distinguibile”(105).
Un tentativo di definizione del mercato mobiliare partendo dalla normativa vigente e
con il fine specifico di tracciare i confini della normativa stessa si scontrerebbe
probabilmente con un evidente dato di fatto: il Legislatore, nel corso degli anni, non
è mai partito da uno stesso coerente concetto teoretico di mercato mobiliare
bisognoso di tutela, ma si è piuttosto dedicato, di volta in volta, al riconoscimento e
regolazione di svariate istanze economiche (considerate nel Capitolo precedente). Di
qui la necessità e il vantaggio dell‟approccio “negativo” seguito dagli Autori citati:
posto che, infatti, la regolamentazione in tema di mercato mobiliare debba comunque
avere attinenza con il mercato dei capitali (106), essa emergerà una volta che si sia
sgombrato il campo dalla restante normativa dedicata al mercato dei capitali: quella
bancaria e assicurativa.
Tenendo a mente questa, sia pure grossolana, distinzione, sarà quindi possibile
ripercorrere la storia della disciplina del mercato mobiliare, giungendo infine ad
esplicitare quelli che sono i riferimenti basilari della legislazione attuale.

2.1.2 Evoluzione della Regolamentazione del Mercato Mobiliare.


Il mercato mobiliare Italiano rimase privo di una disciplina organica sino alla fine del
Ventesimo secolo. Solo le Borse, una particolare struttura organizzativa dei servizi di
mercato, erano destinatarie di una normazione specifica. Tali norme, tuttavia,
consideravano soltanto la borsa in quanto mercato di titoli quotati e gli intermediari
che in essa agivano: non esistevano regolamentazioni specifiche attinenti la raccolta

103
RENZO COSTI, Op. Cit., p. 2.
104
RENZO COSTI, Op. Cit., p. 1.
105
RENZO COSTI, Op. Cit., p. 15.
106
RENZO COSTI, Op. Cit., p. 13.

43
del risparmio al di fuori del sistema bancario né esisteva una disciplina in materia di
trasparenza e informazione degli emittenti quotati (107).
Il Codice di Commercio del 1865 prevedeva che il mercato di borsa dovesse essere
organizzato secondo un criterio pubblicistico: le borse venivano istituite con regio
decreto e la stipulazione dei contratti di compravendita (sia di merci che di titoli) era
riservata agli agenti di cambio.
Proprio l‟agente di cambio sarà la figura centrale del panorama borsistico italiano per
gran parte del XX secolo. Gli agenti di cambio venivano nominati con decreto reale,
non potevano operare in proprio né era loro consentito di riunirsi in società. Inoltre,
l‟agente di cambio non era considerato commerciante ed il prezzo del suo compenso
(così come la vigilanza sulla sua attività) era affidata alle Camere di Commercio
(108).
Il R.D. 27 dicembre 1882, n.1139 veniva a modificare profondamente la struttura
pubblicistica prevista del mercato borsistico prevista dalla legislazione del 1865. Gli
agenti di cambio cessarono di essere pubblici funzionari, per diventare commercianti.
La loro attività è sottoposta all‟autorizzazione della Camera di Commercio (sulla
base di requisiti di moralità e onorabilità). Gli agenti di cambio possono ora operare
anche pre proprio conto e svolgere consulenze per la propria clientela. Le
Deputazioni di Borsa, nominata dalla Camera di Commercio, e il Sindacato di Borsa,
sono gli organi funzionalmente destinati al controllo sull‟operato degli agenti di
cambio e sulla regolarità delle transazioni sul mercato operate sul mercato borsistico.
In questa fase la gran parte delle regolamentazione è demandata ai regolamenti di
borsa, emessi delle Camere di Commercio nella cui circoscrizione la Borsa era
ubicata e sottoposti a ratifica governativa.
Le nuove regole, consentirono una forte espansione del mercato borsistico, con la
nascita di una serie di banche e società finanziarie specializzate nello svolgimento di
transazioni sul mercato borsistico.
Il Telegrafo, connettendo le diverse borse locali, segnava la nascita di una nuova,
grande borsa nazionale. Tra il 1903 e il 1906 la gran parte del capitale azionario
italiano era quotato in borsa (109). La fase espansiva del mercato borsistico, tuttavia,

107
FILIPPO ANNUNZIATA, Op. Cit., p. 10.
108
RENZO COSTI, Op. Cit., p. 19
109
RENZO COSTI, Op. Cit., p. 20

44
si concluse con il crollo del 1907: l‟inflazione di agenti di mercato non
economicamente – e moralmente – affidabili pose un brusco termine al periodo di
crescita.
L‟Ordinamento reagì una serie di scelte legislative tese a garantire la stabilità del
mercato.
La legge 20 marzo 1913 n.272 stabilì per gli agenti di cambio sia un divieto ad agire
in proprio che un divieto ad assumere cariche rappresentative nelle banche, mentre la
responsabilità ultima di controllo sulla Borsa passava al Governo. Le banche,
tuttavia, potevano transitoriamente continuare l‟attività di negoziazione (110).
Con il R.D.L. n.222 del 7 marzo 1925 viene ristabilità la posizione di pubblici
ufficiali per gli agenti di cambio. La negoziazione alle grida è quindi riservata agli
agenti di cambio e alle banche (cui la norma del 1913 aveva concesso la possibilità di
continuare le attività di negoziazione solo in via transitoria, per un decennio). Con il
R.D.L. 29 luglio 1925, n.1261 il potere di controllo sulle Borse valori viene attribuito
al Ministero delle Finanze, mentre le Borse Merci (ora separate dalle Borse Valori)
sono sottoposte alla supervisione del Ministero dell‟Economia. Nel corso degli anni
Trenta la politica economica del regime fascista emana provvedimenti (quali il R.D.
5 settembre 1935, n. 1613, controllo pubblico sull‟emissione di azioni) tesi rendere
meno agevole e conveniente l‟emissione e l‟acquisto di azioni: compare infatti nella
politica legislativa un interesse a dirottare il risparmio verso la sottoscrizione di titoli
del debito pubblico, al fine di finanziare la macchina statale (111).
La disciplina dei mercati mobiliari italiani conoscerà un ulteriore momento di
sviluppo negli anni Settanta: con la Legge n. 216 del 7 giugno 1974 viene infatti
creata la Commissione Nazionale per le Società e la Borsa (CoNSoB), cui vengono
attribuiti compiti di sorverglianza sulla Borsa e sulle negoziazioni. Le società con
azioni quotate in Borsa venivano poi sottoposte a una speciale disciplina, cui
venivano imposti obblighi di trasparenza sia nei confronti di CONSOB che del
mercato. Viene così messo in evidenza come le società quotate in Borsa vadano a
coinvolgere il risparmio pubblico (112). Proprio nel pubblico risparmio Guido Rossi

110
RENZO COSTI, Op. Cit., p. 22
111
RENZO COSTI, Op. Cit., p. 23
112
RENZO COSTI, Op. Cit., p. 25

45
identifica quell‟interesse generale che è [...] “la ratio della disciplina dei mercati
dell‟investimento” (113).
Sarà tuttavia solo con la Legge 23 marzo 1983 n. 77 che si introdurrà una disciplina
per i controlli sulla raccolta del risparmio al di fuori del circuito bancario,
introducendo la definizione di “sollecitazione del pubblico risparmio”. Con la Legge
77/1983, inoltre, compaiono i fondi comuni di investimento, che divengono dunque
il primo investitore istituzionale ad agire in Italia (114). Pare opportuno qui
sottolineare l‟importanza dell‟investitore istituzionale, il cui fondamentale interesse è
una remunerativa allocazione degli investimenti in un ottica di bassa rischiosità, nel
determinare la formazione di quell‟importante meccanismo di incorporazione
dell‟informazione rilevante le prezzo di mercato definita negoziazione informata
(115).
Con Legge 6 giugno 1985 n. 281 CONSOB viene resa più indipendente dal potere
esecutivo e nel contempo viene creato l‟obbligo di segnalazioni delle partecipazioni
rilevanti nel capitale della società quotate.
La legge 2 gennaio 1991 n.1 (nota come “Legge Sim”) istituisce in Italia le società di
intermediazione mobiliare e sottopone i mercati ad una riforma disciplinare tesa al
rafforzamento della tutela degli investitotori. La “Legge Sim” viene identificata
come primo basilare passo nel recepimento delle Direttive n.93/22/CEE e n.
93/5/CEE in materia di servizi di investimento (116).
Con il D.Lgs. 25 gennaio 1992 n. 84 (disciplina delle società di investimento a
capitale variabile, SICAV), la Legge 14 agosto 1993 n. 344 (istituzione dei fondi
comuni di investimento chiusi), la Legge 25 gennaio 1994 n. 86 (fondi immobiliari) e
il D.Lgs 21 aprile 1993 n.124 (fondi pensione e previdenza complementare) il
panorama degli investitori istituzionali presenti suil mercato italiano si arricchisce
ulteriormente.
Nel frattempo, la Legge 17 febbraio 1991 n. 157 introduce una disciplina dell‟insider
trading e ridefinisce gli obbligi di informazione al pubblico da parte degli emittenti,

113
GUIDO ROSSI, I mercati dell‟investimento tra diritto ed economia, in Informazione e Pubblicità, p.
146.
114
FILIPPO ANNUNZIATA, Op. Cit., p. 11
115
RONALD J. GILSON, REINER H. KRAAKMAN, Op. Cit., p. 566.
116
FILIPPO ANNUNZIATA, Op. Cit., p. 12

46
mentre con la legge 18 febbraio 1992 n. 149 viene istituita la regolamentazione delle
offerte pubbliche di acquisto e dell‟OPA obbligatoria (117).
Un ulteriore spinta innovativa venne dal compiuto recepimento delle Direttive
Comunitarie 93/06/CEE (inerente l‟adeguatezza patrimoniale delle imprese di
investimento e degli enti creditizi) e 93/22/CEE ( inerente dai servizi di investimento
nel settore dei valori mobiliari).
I due provvedimenti comunitari in questione introducevano il principio di mutuo
riconoscimento degli intermediari e dei mercati regolamentati a livello comunitario,
con la conseguenza di porre in diretta concorrenza tra loro non solo gli intermediari,
ma gli stessi mercati borsistici.
Inoltre, si consentiva in questo modo ad intermediari di diversi Paesi interconnettersi
tramite strutture di comunicazione informatica, creando sistemi di negoziazione
remota (118).
Il primo passo verso il recepimento delle Direttive menzionate avvenne con il varo
della Legge Delega 52/1996. Questa, tuttavia, prevedeva non solo l‟adattamento
dell‟Ordinamento alle nuove previsioni Comunitarie, ma anche un più ampio
progetto di riordino della disciplina inerenti il mercato mobiliare.
Da ciò, l‟approvazione del D.Lgs. n.415/1996 (che recepì il contenuto delle Direttive
sui servizi di investimento) e l‟emanazione del D.Lgs 24 febbraio 1998 n.58, noto
anche come Testo Unico della Finanza (T.U.F.). Il D.Lgs 58/1998 abrogò il D.Lgs.
n.415/1996, ereditandone il contenuto normativo (119). Il Testo Unico della Finanza
si caratterizza poi per l‟ampio spazio lasciato alla normazione secondaria, delegando
così all‟Autorità di Controllo (CONSOB) il compito di specificare il dettaglio
disciplinare nell‟ambito del quadro più ampio definito dal Legislatore (120).
Di qui l‟emanazione da parte di CONSOB di tre regolamenti (n.11522/1998, n.
11768/1998, n. 1971/1998) che vanno a coprire i tre nuclei normativi in cui il Testo
Unico della Finanza è suddiviso: intermediari, mercati, emittenti.
Si noti che a CONSOB sono delegati poteri di controllo sulla correttezza e
trasparenza del comportamento degli intermediari ed emittenti di valori mobiliari,

117
FILIPPO ANNUNZIATA, Op. Cit., p. 11
118
FILIPPO ANNUNZIATA, Op. Cit., p. 14
119
FILIPPO ANNUNZIATA, Op. Cit., p. 15
120
RENZO COSTI, Op. Cit., p. 12

47
mentre a Banca d‟Italia sono delegati i controlli di vigilanza prudenziale
sull‟adeguatezza economica e strutturale degli intermediari. Banca d‟Italia esercita
tuttavia la propria autorità sugli emittenti che siano banche (121).

2.2.1 Influenza del Diritto Comunitario sulla Regolamentazione


del Mercato Mobiliare in Italia.
L‟art.2 del T.U.F. stabilisce che: “Il Ministero dell‟economia e delle finanze, la
Banca d'Italia e la Consob esercitano i poteri loro attribuiti in armonia con le
disposizioni comunitarie, applicano i regolamenti e le decisioni dell'Unione europea
e provvedono in merito alle raccomandazioni concernenti le materie disciplinate dal
presente decreto”.
La normazione comunitaria, come accennato nel paragrafo precedente, svolge un
ruolo assai rilevante sia come impulso al processo di rinnovamento della legislazione
italiana sia come autonoma fonte di diritto. Pare quindi appropriato analizzare con
maggiore attenzione quelle che sono le fonti e le motivazioni dell‟intervento
comunitario.
L‟art. 49 del Trattato CE stabilisce che: “Nel quadro delle disposizioni seguenti, le
restrizioni alla libera prestazioni dei servizi all‟interno della Comunità sono vietate
[...]”. Mentre per l‟art. 50 comma 3: “[...] il prestatore può, per l‟esecuzione della
sua prestazione, esercitare, a titolo temporaneo, la sua attività nel paese ove la
prestazione è fornita, alle stesse condizioni imposte dal paese stesso ai propri
cittadini”.
La libera prestazione dei servizi (quindi anche dei servizi di investimento) è parte di
uno dei compiti fondamentali attribuiti alla Comunità dall‟art.2 del Trattato di Roma:
la realizzazione di un mercato comune tra gli stati membri.
Uno dei meccanismi giuridici utilizzati per ottenere questo risultato è quello
dell‟armonizzazione minima, in cui la norma comunitaria si finalizza alla definizione
dei requisiti essenziali di un‟attività, assumendo una generale compatibilità tra le
condizioni previste dai singoli Stati membri. Le normative statali sono così oggetto
di un “mutuo riconoscimento” da parte degli Ordinamenti dei paesi dell‟Unione.

121
FILIPPO ANNUNZIATA, Op. Cit., p. 15

48
(122). Tale “nuovo approccio” (recepito nell‟Atto Unico del 1986) affonda le proprie
radici nella giusrisprudenza della Corte di Giustizia (senza 120/78, Cassis de Dijon)
e inizia ad essere sistematicamente applicato alle imprese di investimento a partire
dalla direttiva 89/646, nota come “seconda direttiva banche” (123). Essa prevedeva le
condizioni minime affinché l‟autorizzazione ottenuta dallo Stato d‟origine fosse
sufficiente a consentire all‟ente creditizio (o ad una sua filiazione) di esercitare il
credito in tutti gli stati della comunità, senza necessità di ottenere ulteriori
autorizzazioni e rimanendo sottoposto alla sola vigilanza prudenziale dello Stato
d‟origine (principio del controllo dello Stato d‟origine)(124). Con la direttiva 93/22
/CEE sui servizi di investimento il meccanismo del mutuo riconoscimento e il
principio del controllo dello Stato d‟origine vengono estesi alle “imprese di
investimento” non bancarie. Anche in questo caso, tuttavia, principio del controllo
dello stato d‟origine si limita alla vigilanza prudenziale sull‟autorizzazione ad
esercitare l‟attività e sull‟esercizio stesso dell‟attività di intermediazione. Per quanto
attiene il settore regolamentare posto a tutela degli investitori, esso viene demandato
dalla direttiva allo Stato membro in cui il servizio è fornito (125).
Come si è visto, furono proprio i principi enunciati dalla direttiva 93/22/CEE che,
imponendo agli Stati membri l‟apertura verso gli intermediari finanziari comunitari,
indussero nell‟Ordinamento italiano una profonda innovazione nel panorama
legislativo culminata nell‟estensione del Testo Unico della Finanza. Tuttavia, la
direttiva 93/22/CEE ha fallito, come vedremo, nel compito di realizzare un mercato
integrato dei servizi finanziari: in particolare, essa si è rivelata insufficiente ad
inquadrare i rilevanti mutamenti (in primis, Internet) che hanno coinvolto la
securities industry dalla fine degli anni Novanta. (126).
Conseguentemente, il diritto comunitario è stato interessato, a partire dall‟anno 2000,
da un ulteriore processo di riforma. In particolare, sono state varate alcune importanti
direttive: la direttiva 2000/31/CE sul commercio elettronico, finalizzata alla
regolamentazione di tutti i servizi prestati on line, compresi i servizi di investimento;
la direttiva 2002/65/CE inerente l‟offerta a distanza di servizi finanziari ai

122
MATTEO ORTINO, Il mercato comunitario dei servizi di investimento, Milano, 2005, p. 140-141.
123
MATTEO ORTINO, Op. Cit., p. 142
124
MATTEO ORTINO, Op. Cit., p. 143
125
MATTEO ORTINO, Op. Cit., p. 147
126
MATTEO ORTINO, Op. Cit., p. 151

49
consumatori(127); la direttiva 2003/6/CE sugli abusi di mercato (128); la direttiva
2004/39/CE relativa ai mercati degli strumenti finanziari, che dal 1° gennaio 2006
sostituirà la direttiva 93/22/CE (129).
Le riforme poste in essere dalle Istituzioni Comunitarie, tuttavia, non si sono limitate
alla normazione positiva, ma hanno interessato la stessa tecnica di produzione
legislativa e l‟approccio adottato per giungere al fine dell‟armonizzazione degli
ordinamenti. Proprio i cambiamenti avvenuti sotto quest‟ultimo aspetto rendono
opportuno dedicare alcune righe alla cosiddetta procedura Lamfalussy(130), ai cui
schemi le ultime due direttive sopra citate si rifanno.

2.2.2 Il modello legislativo Lamfalussy e la più recente produzione


regolamentare comunitaria in materia di mercati mobiliari.
Il cosiddetto “nuovo approccio” utilizzato dal legislatore comunitario, basato sul
principio dell‟armonizzazione minima (ottenuta, come si è visto, tramite il
recepimento delle direttive comunitarie negli ordinamenti statali) e sul mutuo
riconoscimento delle strutture regolamentari poste in essere dagli Stati Membri,
venne sottoposto a revisione a partire dal 1999, a seguito del varo da parte della
Commissione del Financial Services Action Act (FSAP).
Con la redazione del FSAP la Commissione intendeva proporre un programma
indicativo di quello che dovrebbe essere un rapido cammino verso la creazione di un
solo mercato finanziario a livello comunitario (131).
Nel luglio 2000 il Consiglio d‟Europa costituì un comitato di saggi incaricato di
studiare quale fosse lo stato del processo di integrazione dei mercati finanziari
comunitari. Il comitato era presieduto dal Alexandre Lamfalussy.
La relazione prodotta dal Comitato Lamfalussy pose in evidenza l‟inadeguatezza
della struttura regolamentare armonizzata e la sua incapacità di supportare ulteriori
sviluppi e integrazioni tra i mercati. In particolare venne additata l‟incapacità del
sistema sistema legislativo comunitario a produrre rapidamente una

127
MATTEO ORTINO, Op. Cit., p. 155
128
MATTEO ORTINO, Op. Cit., p. 177
129
MATTEO ORTINO, Op. Cit., p. 164
130
MATTEO ORTINO, Op. Cit., p. 165)
131
NIAMH MOLONEY, The Lamfalussy legislative model: a new era for the EC securities and
investment services regime, 52, Int. and Comp. Law Q. 2003, p. 510. b

50
regolamentazione effettiva: il tempo medio necessario all‟approvazione di un
provvedimento applicando la procedura di cod-decisione stabilita dall‟articolo 251
del Trattato è infatti di due anni; le norme prodotte (tentando di conformarsi a quelle
vigenti in tutti gli ordinamenti statali) sono spesso troppo complesse; non si distingue
tra normazione generale e provvedimenti applicativi (132).
La soluzione elaborata dalla commissione di Lamfalussy si focalizzò sulle procedure,
più che sui fini, della produzione legislativa comunitaria.
Il modello legislativo proposto proposto nel Rapporto Lamfalussy si articola su
quattro livelli. Il primo riguarda la regolamentazione di massima, atta ad esplicitare a
grandi linee l‟insieme delle decisioni politiche di base attinenti il settore. Il secondo
livello, di conseguenza, è costituito dalla legislazione di dettaglio finalizzata a porre
concretamente in essere gli obiettivi individuati nella legislazione di primo livello.
L‟applicazione della normativa così prodotta richiederà poi un più stretto
coordinamento tra le Autorità di regolamentazione dell‟Unione (terzo livello). Il
quarto livello viene identificato nella disciplina dell‟enforcement.
La prima fase della regolamentazione è quindi emanata tramite strumenti normativi
(direttive e regolamenti) previsti dal Trattato ed adottati con la procedura di co-
decisione da Consiglio e Parlamento (133). Le misure di specificazione dei principi
guida espressi nella prima fase invece, vengono poste in essere direttamente dalla
Commissione, sulla base della procedura legislativa delegata stabilita dall‟art. 202
Trattato CE. Le misure regolamentari di secondo livello sono approvate la
collaborazione di due nuovi comitati istituzionali (da cui il termine comitology,
procedura di comitato) (134): uno con funzioni di supervisione politica, l‟altro con
funzioni di consulenza tecnica sia per la Commissione che per il comitato
supervisore.
Il Consiglio Europeo approvò le proposte del Rapporto Lamfalussy con la
Risoluzione di Stoccolma per una più effettiva regolamentazione dei mercati
finanziari (2001). Conseguentemente, la Commissione istituì (Decisione “ESC”,
2001/528) lo European Securities Committee (ESC) – il comitato politico con
funzione di supervisione sulla produzione della normazione di dettaglio – e

132
NIAMH MOLONEY, Op. Cit., p. 510-511.
133
MATTEO ORTINO, Op. Cit., p. 176.
134
MATTEO ORTINO, Op. Cit., p. 176

51
(Decisione “CESR”, 2001/527) il Commitee of European Securities Regulators
(CESR) – comitato di consulenza tecnica (135).
ESC è costituito da alti rappresentanti degli Stati Membri, ed è presieduto da un
membro della Commissione. Questo comitato, come accennato sopra, ha funzione sia
di consulenza che di supervisione: nel caso che i provvedimenti di “secondo livello”
della Commissione siano in contrasto con il parere di ESC, la Commissione dovrà
sottoporli al Consiglio, il quale avrà facoltà di approvarli o rigettarli in toto entro tre
mesi (vale la regola del silenzio assenso) (136).
CESR è un organo di consulenza tecnica. Esso (articolo 3 Decisione CESR) è
costituito da alti rappresentanti delle Autorità nazionali di regolamentazione dei
mercati. L‟articolo 5 della Decisione 527/2001 stabilisce che tutte le proposte
presentate da CESR alla Commissione debbano essere precedute da consultazioni
aperte e trasparenti con gli agenti di mercato, i consumatori e gli utenti. Inoltre, la
Decisione 527/2001 suggerisce l‟utilizzo di concept releases, consultative paper,
public hearing e Internet consultations (137). La tecnica della consultazione
preventiva del pubblico sul contenuto di proposte normative poste in consultazione
su Internet (pratica ormai risalente negli USA) costituisce, a mio parere, una concreta
esemplificazione delle possibilità offerte dal mezzo informatico al settore della
regolamentazione dei mercati mobiliari: al di là del valore tecnico dei suggerimenti
raccolti dagli operatori, l‟autorità regolamentare ha comunque la possibilità di
ottenere rapidamente informazioni su quelli che sono gli interessi toccati dalle
proposte di riforma e sulle loro più probabili (perché valutate dagli stessi destinatari)
conseguenze.
Nella terza fase (applicazione della normativa all‟interno degli Stati Membri) si
prevede una stretta collaborazione tra le autorità competenti. In particolare, è prevista
una cooperazione istituzionalizzata tra le autorità di supervisione tramite CESR allo
scopo di assicurare un‟applicazione uniforme della normativa (di primo e secondo
livello). Proprio al fine di ottenere la massima uniformità, CESR elabora (in modo
non vincolante) un‟interpretazione uniforme delle norme (138).

135
NIAMH MOLONEY, Op. Cit., p. 512.
136
NIAMH MOLONEY, Op. Cit., p. 512.
137
NIAMH MOLONEY, Op. Cit., p. 513.
138
MATTEO ORTINO, Op. Cit., p. 177.

52
Al quarto livello (l‟enforcement) il Rapporto Lamfalussy prevede un più incisivo
controllo della Commissione sull‟applicazione della legislazione comunitaria a
livello statuale, unito ad una maggiore collaborazione tra autorità statali e privati
(139).
Sulla base della procedura Lamfalussy è stata appunto adottata la direttiva
2004/39/CE sui mercati degli strumenti finanziari. Essa prevede che la normazione di
dettaglio sarà oggetto di specificazione da parte della Commissione “Per assicurare
che le misure volte a proteggere l'integrità del mercato siano modificate per tener
conto dell'evoluzione dei mercati finanziari sotto il profilo tecnico e per garantire
l'applicazione uniforme [...]”(140).
Appare quindi l‟importanza che la produzione legislativa comunitaria assume
nell‟ambito della regolamentazione del mercato mobiliare. si è visto, in particolare,
come il legislatore comunitario non si limita a predisporre un‟armonizzazione
essenziale delle normative statali, ma giunge a definire (secondo livello) gli aspetti di
dettaglio della materia, arrivando (terzo livello) a coordinare direttamente le autorità
di controllo fornendo interpretazioni uniformi delle norme utili nella fase di
attuazione.
Tuttavia, l‟attività di enforcement resta totalmente nazionale, limitandosi il CESR a
fornire un supporto informativo e di coordinamento (141).

2.3.1 La sollecitazione al pubblico risparmio: ricognizione delle


fonti di pertinenza per tramite di un esempio
Nei precedenti paragrafi si è gettato un rapido sguardo sul quadro regolamentare
inerente il funzionamento dei mercati mobiliari in Italia. Si è visto come le fonti di
diritto coinvolte (primarie e secondarie, nazionali e Comunitarie) si intreccino a
formare un tessuto normativo di notevole spessore e complessità. Pare ora opportuno
scendere al dettaglio di quella che è la normazione inerente il particolare settore
dell‟appello a pubblico risparmio. Da qui si proseguirà poi nella disamina delle
specificità inerenti una sollecitazione del risparmio che avvenga per via telematica.

139
MATTEO ORTINO, Op. Cit., p. 178.
140
MATTEO ORTINO, Op. Cit., p. 178.
141
ART 25 CO. 7, Dir. 2004/39/CE in GU dell‟Unione Europea L 146, 30/04/2004, p.22.

53
Il caso concreto affrontato dal Tribunale di Trani nel 2004 (142) sembra costituire un
interessante orientamento alla discussione. La causa verteva sulla richiesta di
risarcimento del danno presentata da un acquirente di obbligazioni Cirio (società
rivelatasi insolvente) verso l‟istituto di credito collocatore. L‟attore elenca una serie
di violazioni dal cui esame – si vedrà in seguito - è possibile ricavare un‟immagine
della normativa vigente.
La disamina della sentenza partirà dal primo punto della motivazione, in cui la Corte
discute la sussistenza della fattispecie: “[...] Preliminarmente, occorre anzitutto
accertare se, nel caso di specie, si sia trattato di una sollecitazione al pubblico
risparmio o di una negoziazione su base individuale; tale chiarificazione non è
oziosa, posto che, dalla riconducibilità della negoziazione dei titoli in questione
all‟ipotesi della sollecitazione al pubblico risparmio ovvero a quella della
trattativa su base individuale, ne deriva l‟applicabilità della disciplina prevista dagli
artt. 94 e ss. del Testo Unico della Finanza. Va premesso che la sollecitazione
all‟investimento è stata individuata dall‟art. 94 e ss. del testo unico della finanza
come << ogni offerta, invito ad offrire, o messaggio promozionale, in qualsiasi
forma rivolti al pubblico, finalizzati alla vendita o alla sottoscrizione di prodotti
finanziari >>. Rientrano, dunque, nella nozione di sollecitazione all‟investimento, le
attività volte a promuovere l‟investimento in prodotti finanziari (compresi i titoli
obbligazionari pubblici e privati, e qualsiasi altro strumento finanziario), ad
incoraggiare cioè l‟acquisto o la sottoscrizione di tali prodotti da parte del pubblico.
[...]“.
Il Tribunale, quindi, si appresta ad esaminare i fatti alla luce delle norme sulle
sollecitazione del risparmio, al fine di verificarne l‟applicabilità. Vedremo come le
conclusioni del Tribunale su questo punto contribuiranno a un esito ferale per
l‟attore.
Il D.Lgs 24 febbraio 1998 n.58 (Testo Unico della Finanza, T.U.F.), opera una
distinzione tra sollecitazione all‟investimento e offerta pubblica di acquisto o
scambio. La disciplina della sollecitazione all‟investimento (artt. 94 – 101 T.U.F.) si
conforma a criteri di maggiore severità e attenzione alle esigenze di protezione del
risparmiatore. L‟investimento, infatti, implica uno scambio tra la certezza del valore

142
TRIBUNALE DI TRANI, CAUSA N. 2194/04

54
corrente del denaro e l‟incertezza insita nello strumento finanziario, mentre il
contrario vale per le offerte di acquisto e scambio (143): il caso discusso dal Tribunale
di Trani costituisce sicuramente una possibile sollecitazione all‟investimento
(acquisto di obbligazione Cirio). La sollecitazione all‟investimento è individuata
dall‟art. 1t del T.U.F. come “ogni offerta, invito a offrire o messaggio promozionale,
in qualsiasi forma rivolti al pubblico, finalizzati alla vendita o alla sottoscrizione di
prodotti finanziari [...]”. Lo stesso art. 1t stabilisce che “[...] non costituisce
sollecitazione all'investimento la raccolta di depositi bancari o postali realizzata
senza emissione di strumenti finanziari “ (in quanto pertinenti alla normazione
sull‟attività bancaria).
Filippo Annunziata identifica la finalità della disciplina nella protezione del
risparmiatore “disinformato” e “inconsapevole”. Le fattispecie negoziali considerate
dall‟art.1t (offerta al pubblico, invito ad offrire, messaggio promozionale) devono
essere quindi interpretate nel modo più estensivo. La normativa verrà applicata anche
al di là dei limiti stabiliti per l‟offerta al pubblico dall‟ art. 1336 c.c., includendo
“[...] le offerte in Borsa, le offerte indirette, le offerte a domicilio, gli inviti ad offrire,
e i messaggi promozionali [...]” (144).
L‟esplicita inclusione dell‟invito ad offrire (che si distingue dall‟offerta per l‟assenza
di alcuni requisiti essenziali al perfezionamento del negozio giuridico cui è
finalizzato) viene visto anche quale clausola di salvaguardia in funzione antielusiva
(145).
Con riferimento all‟inclusione nella fenomenologia normativa del messaggio
promozionale, l‟Annunziata ritiene che pure la pubblicità finanziaria dia “[...]
inequivocabilemente origine ad attività sollecitatoria” (146). Altra dottrina (147)
ritiene invece che il concetto di messaggio promozionale (sebbene finalizzato a
raccogliere tutte le tipologie di sollecitazione non riconducibile all‟offerta o all‟invito
ad offrire) debba comunque essere considerato altro rispetto alla pubblicità
finanziaria: l‟art. 101 T.U.F. prescrive infatti che “Prima della pubblicazione del

143
MARILENA RISPOLI FARINA, GENNARO ROTONDO, Il mercato finanziario, Milano, 2005, p. 235-
236.
144
FILIPPO ANNUNZIATA, Op. Cit., p. 295
145
MARILENA RISPOLI FARINA, GENNARO ROTONDO, Op. Cit. p. 240.
146
FILIPPO ANNUNZIATA, Op. Cit., p. 295
147
MARILENA RISPOLI FARINA, GENNARO ROTONDO, Op. Cit. p. 240.

55
prospetto è vietato qualsiasi annuncio pubblicitario riguardante sollecitazioni
all'investimento. [...]”, con ciò sottintendendo un distinguo tra messaggio
promozionale sollecitatorio e pubblicità finanziaria. La distinzione, in assenza di
indicazioni regolamentari, andrebbe effettuata badando solo al contenuto del
messaggio (148). Pare tuttavia di poter affermare che il distinguo tra il messaggio
promozionale inteso quale fattispecie costitutiva della sollecitazione all‟investimento
e l‟annuncio pubblicitario reclamizzante il messaggio promozionale possa essere
risolto nel legame logico tra i due fatti: l‟annuncio pubblicitario rileverà solamente
quando si riferisca ad una fattispecie costituita di sollecitazione. Nel caso invece non
esista una sollecitazione prima dell‟annuncio pubblicitario, sarà presumibilmente
questo a costituire la fattispecie in questione. Mi sembrerebbe non insensato
desumerne che la pubblicità finanziaria non sia altro che un messaggio promozionale
riferentesi ad una sollecitazione all‟investimento già completamente in essere.
Si è visto come la sollecitazione debba quindi essere rivolta al pubblico. Si noti che il
Legislatiore non fornisce una nozione di “pubblico”: essa viene dunque ricavata in
via interpretativa. In particolare si ritiene che la sollecitazione sia pubblica quando
essa si rivolge a un insieme di individui che sia impossibile identificare ex ante (149).
La regolamentazione indica pure specifiche ipotesi di disapplicazione che sembra
opportuno analizzare in dettaglio.
L‟art. 100 T.U.F. prevede la non applicabilità della disciplina qualora le
sollecitazioni all'investimento siano: “[...] a) rivolte ai soli investitori professionali
come definiti ai sensi dell'articolo 30, comma 2; b) rivolte a un numero di soggetti
non superiore a quello indicato dalla Consob con regolamento; c) di ammontare
complessivo non superiore a quello indicato dalla Consob con regolamento; d)
aventi a oggetto strumenti finanziari emessi o garantiti dallo Stato italiano, da uno
Stato membro dell'Unione Europea o emessi da organismi internazionali a carattere
pubblico di cui facciano parte uno o più Stati membri dell'Unione Europea; e) aventi
a oggetto strumenti finanziari emessi dalla Banca Centrale Europea o dalle banche
centrali nazionali degli Stati membri dell'Unione Europea; f) aventi a oggetto
prodotti finanziari emessi da banche, diversi dalle azioni o dagli strumenti finanziari

148
MARILENA RISPOLI FARINA, GENNARO ROTONDO, Op. Cit. p. 240.
149
FILIPPO ANNUNZIATA, Op. Cit., p. 295

56
che permettono di acquisire o sottoscrivere azioni, ovvero prodotti assicurativi
emessi da imprese di assicurazione.
2. La Consob può individuare con regolamento altri tipi di sollecitazione
all'investimento ai quali le disposizioni del presente capo non si applicano in tutto o
in parte [...]”.
Ciascuna delle diverse tipologie di esclusione dall‟applicazione della normativa sulla
sullecitazione all‟investimento indicate dall‟art. 100 T.U.F. è motivata da una
specifica ratio. Innanzitutto, sono esclusi dalla tutela della normativa tutti i casi in
cui la sollecitazione si rivolga a controparti che non siano “bisognose di
protezione”(150): qualora ci si rivolga “ai soli investitori professionali come definiti
ai sensi dell'articolo 30, comma 2 “(151), vengono a cadere le istanze di
compensazione delle asimmetrie informative di fatto alla base della normazione di
tutela in questione. L‟art. 30 co. 2 del T.U.F. rimanda infatti all‟art. 31 co. 2 del
Regolamento Consob 11522 dell‟1/7/1998 (Regolamento Intermediari), il quale
stabilisce: “2. Per operatori qualificati si intendono gli intermediari autorizzati, le
società di gestione del risparmio, le SICAV, i fondi pensione, le compagnie di
assicurazione, i soggetti esteri che svolgono in forza della normativa in vigore nel
proprio Stato d'origine le attività svolte dai soggetti di cui sopra, le società e gli enti
emittenti strumenti finanziari negoziati in mercati regolamentati, le società iscritte
negli elenchi di cui agli articoli 106, 107 e 113 del decreto legislativo 1° settembre
1993, n. 385, i promotori finanziari, le persone fisiche che documentino il possesso
dei requisiti di professionalità stabiliti dal Testo Unico per i soggetti che svolgono
funzioni di amministrazione, direzione e controllo presso società di intermediazione
mobiliare, le fondazioni bancarie, nonché ogni società o persona giuridica in
possesso di una specifica competenza ed esperienza in materia di operazioni in
strumenti finanziari espressamente dichiarata per iscritto dal legale
rappresentante”. Le qualifiche professionali delle specifiche controparti così
individuate provocano quindi un ribaltamento della presunzione di indigenza
conoscitiva, cosicché la controparte oggetto della sollecitazione viene vista sullo
stesso piano dell‟emittente.

150
FILIPPO ANNUNZIATA, Op. Cit., p. 314
151
Art. 100 lett. a D.Lgs 58/1998

57
Ulteriori casi di esclusione (art.100 comma 1 lett. d, e, f D.Lgs 58/98) sono da
riferirsi alla specifica natura degli strumenti finanziari considerati (titoli di emissione
pubblica e alcuni prodotti emessi da banche e compagnie assicurative) ( 152). Con
specifico riferimento all‟esclusione operata dalla lettera f (prodotti finanziari emessi
da banche diversi dalle azioni e prodotti assicurativi emessi da assicurazioni),
l‟Annunziata rileva come essa vada a porsi in contrasto sia con l‟impostazione del
T.U.F. tesa ad identificare in modo ampio l‟ambito di applicazione della disciplina
della sollecitazione all‟investimento, sia con le più profonde ragioni poste a base
della regolamentazione della sollecitazione all‟investimento. Strumenti finanziari
diffusi quali le obbligazioni bancarie e i certificati di deposito sono infatti così
sottoposti alla sola disciplina bancaria, più attenta alle necessità del controllo di
stabilità e vigilanza prudenziale e di conseguenza “scarsamente efficace per quanto
attiene al raggiungimento degli obiettivi che la disciplina della sollecitazione mira
[...] a soddisfare”(153).
L‟art.100 comma 1 lett. b, c D.Lgs 58/98 rimanda al regolamento CONSOB sia per
la definizione di esatti limiti “quantitativi” (numero di soggetti cui l‟offerta è rivolta,
importo complessivo dei prodotti finanziari coinvolti) per l‟applicazione della
disciplina, sia per la definizione di ulteriori tipologie di offerta cui la disciplina della
sollecitazione non deve essere applicata. CONSOB provvide con l‟art. 33 della
delibera n. 11522 dell‟1.7.1998 (Regolamento Emittenti): “1. Le disposizioni
contenute nel Capo I del Titolo II della Parte IV del Testo Unico e quelle del
presente Titolo non si applicano alle sollecitazioni: a) rivolte ad un numero di
soggetti non superiore a duecento; b) aventi ad oggetto prodotti finanziari di
ammontare complessivo non superiore a 40.000 euro; c) in cui è richiesto un
investimento unitario minimo non inferiore a 250.000 euro; d) finalizzate al
reperimento di mezzi per lo svolgimento di attività non lucrative di utilità sociale; e)
effettuate nell'ambito di vendite coattive connesse a procedimenti previsti dalla
legge; f) aventi ad oggetto strumenti finanziari rappresentativi dell'intero capitale o
della partecipazione di controllo quando debbano essere accettate da un solo
soggetto o da più soggetti di concerto; g) rivolte ai componenti gli organi sociali o
ai dirigenti dell'emittente, delle società che lo controllano, ne sono controllate o

152
FILIPPO ANNUNZIATA, Op. Cit., p. 316

58
sono controllate dal medesimo soggetto che controlla l'emittente; h) aventi ad
oggetto strumenti finanziari offerti in opzione ai soci di emittenti non aventi azioni o
obbligazioni convertibili quotate o diffuse [...]”.
Le ragioni sottostanti la disapplicazione della disciplina sono quindi molteplici: il
limitato numero di soggetti o l‟individuazione preventiva dei soggetti sollecitati (che
esclude il carattere pubblico dell‟offerta); la natura non speculativa di un‟operazione
destinata a finanziare attività non lucrative o effettuata nell‟ambito di vendite
coattive; il carattere intrinsecamente privato della vendita a persone integrate nella
struttura dell‟entità emittente o del suo gruppo (154).
Ultima condizione posta dall‟art. 1 lett. t) del T.U.F. è che la sollecitazione oltre che
rivolta al pubblico sia finalizzata “[...] alla vendita o alla sottoscrizione di prodotti
finanziari”(155).
E‟ quindi necessario esaminare il significato della locuzione “prodotto finanziario”.
L‟art. 1 lett. u) del T.U.F definisce prodotti finanziari “ [...] gli strumenti finanziari e
ogni altra forma di investimento di natura finanziaria”.
I prodotti finanziari sono quindi un categoria più vasta rispetto agli strumenti
finanziari, elencati dall‟art.1 co.2 del T.U.F.: “[...]: a) le azioni e gli altri titoli
rappresentativi di capitale di rischio negoziabili sul mercato dei capitali; b) le
obbligazioni, i titoli di Stato e gli altri titoli di debito negoziabili sul mercato dei
capitali; b-bis) gli strumenti finanziari, negoziabili sul mercato dei capitali, previsti
dal codice civile10; c) le quote di fondi comuni di investimento; d) i titoli
normalmente negoziati sul mercato monetario; e) qualsiasi altro titolo normalmente
negoziato che permetta di acquisire gli strumenti indicati nelle precedenti lettere e i
relativi indici; f) i contratti "futures" su strumenti finanziari, su tassi di interesse, su
valute, su merci e sui relativi indici, anche quando l'esecuzione avvenga attraverso il
pagamento di differenziali in contanti; g) i contratti di scambio a pronti e a termine
(swaps) su tassi di interesse, su valute, su merci nonché su indici azionari (equity
swaps), anche quando l'esecuzione avvenga attraverso il pagamento di differenziali
in contanti; h) i contratti a termine collegati a strumenti finanziari, a tassi
d'interesse, a valute, a merci e ai relativi indici, anche quando l'esecuzione avvenga

153
FILIPPO ANNUNZIATA, Op. Cit., p. 316
154
FILIPPO ANNUNZIATA, Op. Cit., p. 316
155
Art. 1 lett. t) D.Lgs 58/1998

59
attraverso il pagamento di differenziali in contanti; i) i contratti di opzione per
acquistare o vendere gli strumenti indicati nelle precedenti lettere e i relativi indici,
nonché i contratti di opzione su valute, su tassi d'interesse, su merci e sui relativi
indici, anche quando l'esecuzione avvenga attraverso il pagamento di differenziali in
contanti; j) le combinazioni di contratti o di titoli indicati nelle precedenti lettere. 3.
Per "strumenti finanziari derivati" si intendono gli strumenti finanziari previsti dal
comma 2, lettere f), g), h), i) e j).
4. I mezzi di pagamento non sono strumenti finanziari”.
La definizione di strumento finanziario prodotta dal T.U.F. viene dunque a tradurre
in un elenco testuale quella nozione di valore mobiliare che la dottrina, nel vigore
della legislazione precedente, aveva utilizzato per identificare “[...] gli strumenti che,
in senso lato, possono essere utilizzati per la raccolta del risparmio diffuso,
indipendentemente dalla forma assunta” (156). Il prodotto finanziario è dunque una
nuova categoria aperta, che appare essere stata elaborata dal Legislatore per
consentire alla giurisprudenza di chiudere eventuali falle nell‟elencazione di cui
all‟art.1 co.2 menzionato: in esso infatti lo strumento finanziario subisce l‟innesto di
ogni possible investimento di natura finanziaria. Secondo la teoria economica, la
qualifica di investimento di natura finanziaria sarà attribuibile a qualsiasi transazione
che comporti l‟impiego di capitale finalizzato all‟ottenimento di un rendimento
correlato al rischio finanziario sottostante, cioè al rischio inerente la remunerazione
del capitale investito (157).
Tornando al caso inerente le obbligazioni Cirio discusse presso il Tribunale di Trani
(158), l‟applicazione della normativa di tutela prevista dal T.U.F. veniva esclusa.
L‟art.100 del T.U.F. esonera dall‟obbligo di prospetto informativo le offerte
indirizzate esclusivamente ad operatori qualificati. Nella fattispecie, le obbligazioni
vennero acquistate in prima istanza da un Istituto di Credito (operatore qualificato)
che solo in seconda battuta vendette il pacchetto all‟attore. La vendita, tuttavia, non
avvenne a seguito di una sollecitazione al pubblico indistinto, bensì a seguito di
trattativa individuale. A tale proposito, il Tribunale di Trani cita il Boll. Ec. Banca
d‟Italia nel quale si stabilisce che “l‟assenza del prospetto informativo previsto per le

156
FILIPPO ANNUNZIATA, Op. Cit., p. 296
157
FILIPPO ANNUNZIATA, Op. Cit., p. 297
158
TRIBUNALE DI TRANI, Cit.

60
offerte pubbliche impedisce alle Banche, sia a quelle che sottoscrivono inizialmente i
titoli sia a quelle che li acquistano dalle banche collocatrici di sollecitare il pubblico
a comprare i valori mobiliari. Le banche possono tuttavia vendere i titoli del proprio
portafoglio ai clienti che ne
facciano richiesta, nell‟ambito di un‟ attività di negoziazione per conto proprio” (159)
Nel caso considerato, l‟acquirente si era personalmente recato presso la sede
dell‟Istituto Bancario con il fine specifico di acquistare le obbligazioni. In tal modo,
il comportamento attivo dell‟acquirente, decisosi spontanemente ad acquistare lo
strumento finanziario di cui aveva sentito parlare, lo ha posto al di fuori della
speciale normativa posta a tutela di chi è parte del pubblico oggetto di specifica
sollecitazione.

2.4 Conclusioni
In questo capitolo si è visto come la regolamentazione dei mercati mobiliari italiani
si sia evoluta, nel corso degli ultimi decenni del secolo scorso, nel senso di fare
proprie quelle finalità espresse da IOSCO (160) quali obiettivi propri della
regolamentazione del mercato mobiliare. L‟art.5 co. l del T.U.F., intitolato “Finalità
e destinatari della Vigilanza”, stabilisce infatti che: “La vigilanza sulle attività
disciplinate dalla presente parte ha per scopo la trasparenza e la correttezza dei
comportamenti e la sana e prudente gestione dei soggetti abilitati, avendo riguardo
alla tutela degli investitori e alla stabilità, alla competitività e al buon
funzionamento del sistema finanziario”.
Si è visto inoltre come tali finalità normative emergano con speciale evidenza nel
settore dell‟appello al pubblico risparmio. In tale ipotesi, infatti, l‟asimmetria
informativa tra l‟intermediario o collocatore professionale e l‟investore non
professionale, consumatore di prodotti finanziari, viene colmata prevedendo
particolari obblighi informativi a carico della parte professionale. Utilizzando il
modello schematico sviluppato da Gilson e Kraakman (161) mi pare di poter
affermare che la normazione si ponga quindi come scopo la creazione di un mercato
uniformemente informato imponendo agli emittenti e intermediari professionalmente

159
BOLL. EC. BANCA D‟ITALIA n. 41/03.
160
Supra CAP.1 nota 3.
161
RONALD J. GILSON, REINER H. KRAAKMAN, Op. Cit., p. 611

61
informati di trasmettere al pubblico l‟informazione rilevante in proprio possesso. In
tal modo il costo dell‟informazione si mantiene basso e l‟efficienza relativa del
mercato dell‟informazione di mantiene su livelli elevati. Di conseguenza,
l‟investitore non professionale viene posto nella condizione di esprimere scelte di
investimento ragionate.
Pare quindi di poter affermare che il Legislatore abbia scelto di adottare un modello
regolamentare che fa propri gli assunti, analizzati nel capitolo precedente, della
Efficient Capital Market Hypothesys. Nel Capitolo Terzo si vedrà come lo sviluppo
di Internet e della telematica influenzi le modalità di regolamentazione dei rapporti
giuridici.

62
Capitolo III

La Stipulazione di Contratti per Via Telematica


 3.1 Introduzione  3.2 Recenti evoluzioni nella dottrina e nella giurisprudenza italiane
inerenti la teoria generale del contratto: l’importanza crescente riconosciuta alla legge e
all’intervento del giudice.  3.3 La teoria del Codice di Lawrence Lessig e la Lex Informatica
secondo Joel Reidenberg: problematiche scaturenti dalla preminenza dell’autotutela nello
spazio virtuale.  4.1 Conclusioni

3.1 Introduzione
La regolamentazione della sollecitazione del risparmio in Italia, come si è visto, si
pone quale obiettivo il superamento dell'asimmetria informativa tra le controparti,
così da consentire anche all‟investitore non professionale di prendere decisioni
informate senza dover sostenere elevati costi, sia temporali che monetari, necessari
per entrare in possesso di informazioni rilevanti.
Le strutture informatiche, le reti di computer ed i sistemi computerizzati di
comunicazione hanno appunto il fine di consentire una rapida circolazione
dell‟informazione, qualsiasi tipo di informazione: anche quei “pacchetti di
informazione” in cui è simbilicamente rappresentata, nella forma di variazioni delle
funzioni d‟onda di una corrente elettrica, la volontà di sottoscrivere un contratto.
L‟incremento, sia in termini di numero di transazioni che di valore, avvenuto sui
mercati finanziari americani nel corso degli anni Novanta si deve forse anche alla
forza con cui la disponibilità delle nuove tecnologie di gestione dell‟informazione
modificò l‟industria finanziaria. Nel 1992 il volume medio delle transazioni passate
quotidianamente sul New York Stock Exchange (NYSE) si aggirava intorno ai 178,9
milioni azioni. Nel 1997 il volume giornaliero di era attestato intorno ai 501,9
milioni di azioni. Un simile tasso di crescita interessò anche il NASDAQ, che passò
dai 190,8 milioni di azioni transate al giorno nel 1992 ai 607,9 milioni del 1997. Tale
rescita sembra possa essere attribuita al contributo dato dalle tecnologie informatiche
ai sistemi di gestione degli organismi borsistici (162).

162
SEC, Report to the Congress: The Impact of Recent Technological Advances on the Securities
Markets, http://www.sec.gov, 1997.

63
Nel corso degli anni Novanta del Ventesimo secolo, tuttavia, la diffusione di Internet
tra milioni di consumatori aprì le porte a tipologie di transazioni commerciali sino ad
allora inedite. Grazie a Internet, singoli consumatori/risparmiatori si sono ritrovati
nella condizione di poter accedere tramite il proprio computer ad una massa di
informazioni prima disponibile soltanto agli investitori professionali e anche di poter
concludere, sulla base di quelle informazioni, validi contratti. Di qui la necessità di
una regolamentazione appropriata. Per usare le parole di Fabio Bravo: “Internet,
infatti, non ospita solo tecniche di comunicazione a distanza [...] ma consente forti
possibilità sia di interazione [...] sia di esecuzione, le quali, ove applicate al
fenomeno contrattuale, inseriscono possibili <<elementi>> nella struttura e nella
funzione del contratto, tanto da richiedere ulteriori riflessioni anche in tema di
teoria generale del contratto”(163).

3.2 Recenti evoluzioni nella dottrina e nella giurisprudenza


italiane inerenti la teoria generale del contratto: l’importanza
crescente riconosciuta alla legge e all’intervento del giudice.
Nelle prossime righe si evidenziaranno le tendenze all‟oggettivazione della volontà
contrattuale e all‟affermazione della funzione integrativa e correttiva
dell‟Ordinamento sull‟organizzazione degli interessi regolati dal contratto che pare
caratterizzare la dottrina, la legislazione e la giurisprudenza più recenti. Vedremo in
seguito come l‟utilizzo di sistemi informatici per la conclusione dei contratti possa
contrastare l‟applicazione di alcune delle istanze, quali la protezione della
controparte più debole, poste alla base dell‟intervento giurisidzionale sull‟assetto del
regolamento contrattuale.
L‟analisi di Fabio Bravo sui più recenti sviluppi dottrinali relativi alla teoria del
contratto parte da alcune considerazioni legate al dibattito che a metà degli anni
Settanta del XX Secolo vide i giuristi di entrambe le sponde dell‟Oceano Atlantico
discutere l‟opera di Grant Gilmore The Death of Contract (Ohio, 1974): la riflessione
del giurista statunitense scaturisce dalla consapevolezza del peso crescente che fonti

163
FABIO BRAVO, Contrattazione telematica e contrattazione cibernetica, Milano, 2007, p. 126.

64
diverse e ulteriori rispetto alla law of contract hanno assunto nel determinare
l‟assetto degli interessi regolati dall‟accordo contrattuale (164).
La dottrina italiana pressoché contemporanea evidenziava, con Stefano Rodotà, come
il contratto, nato dall‟incontro della volontà dalle parti, è sottoposto ai fattori di
integrazione e modifica rinvenibili nell‟articolo 1374 c.c.: la legge e l‟intervento del
giudice. L‟intervento del giudice, improntato a criteri di equità e informato
all‟applicazione dei principi generali di correttezza e buona fede, in linea anche con i
principi di solidarietà statuiti dall‟art. 2 della Costituzione, “viene a rideterminare i
contenuti della regola originariamente formatasi dalla volontà delle parti” (165).
Usando ancora le parole di Fabio Bravo, quindi, nella moderna dottrina giuridica
“[...] il contratto, pur << fatto>> dalle parti, è un atto esposto a tutti gli interventi
esterni consentiti dall‟ordinamento” (166).
L‟apertura della struttura contrattuale a influenze diverse rispetto alla volontà delle
parti è evidente sia nella normativa italiana che in quella comunitaria. A titolo
esemplificativo, si pensi ai contratti dei consumatori, in cui la qualità soggettiva di
una delle parti contraenti è elemento indispensabile alla qualificazione dello schema
regolamentare (167). Sul piano contenutistico, la vessatorietà di una clausola viene
valutata, secondo l‟art. 1469-ter c.c., anche “facendo riferimento alle circostanze
esistenti al momento della sua conclusione ed alle altre clausole del contratto
medesimo o di un altro collegato da cui dipende”.
Oppure, facendo riferimento ai contratti di subfornitura, si noti come l‟art. 9 L.
192/1998 stabilisce la nullità del patto che realizzi un abuso di dipendenza
economica (168) considerando l‟assetto complessivo del rapporto economico tra le
parti quale elemento fondamentale di determinazione dell‟esistenza di un‟esigenza di
protezione della controparte debole.
Il vincolo contrattuale, posto in essere dalla volontà delle parti, viene quindi ad
integrare contenuti ulteriori rispetto all‟originale voluto dei contraenti: contenuti

164
FABIO BRAVO, Op. Cit., p. 2
165
FABIO BRAVO, Op. Cit., p. 20.
166
FABIO BRAVO, Op. Cit., p. 5.
167
ENRICO GABRIELLI, Il contratto e l‟operazione economica, in Riv. dir. civ., 2003; anche
http://www.judicium.it/news/ins_04_06_03/gabrielli.HTM
168
ENRICO GABRIELLI, Op. Cit..

65
nuovi, provenienti sia da statuizioni legali sia, se del caso, da decisioni correttive del
giudice.
Si vedrà tra poco come il potere di intervento del giudice si possa talvolta spingere
sino al controllo dell‟equilibrio dello scambio sinallagmatico.
Pare logico trovare nella stessa possibilità di integrazione e modifica dell‟assetto
degli interessi regolati per mezzo del contratto una dimostrazione della
considerazione oggettiva che l‟ordinamento riserva a questi stessi interessi: da qui, il
fatto che la regolamentazione degli interessi espressi dal contratto può assumere nel
concreto una forma diversa rispetto al voluto originariamente disegnato dalle parti
nello schema contrattuale. Accade cioè che il voluto delle parti dia origine ad una
regola contrattuale che, subendo l‟influenza di fonti eteronome legislative o
giurisprudenziali, acquisisce una propria specificità. Pur distaccandosi dal voluto
delle parti ed anzi, in qualche caso, assumendo connotazioni difformi rispetto al
voluto stesso, la regola contrattuale continua a non perdere di efficacia. In tal modo il
regolamento posto a governo del contratto si contraddistingue per la propria
oggettività e permanenza (169).
Un‟autorevole conferma giusrisprudenziale di questa tendenza è la sentenza della
Corte di Cassazione n. 11240 del 18 luglio 2003 in tema di contratti collegati (170). In
essa, infatti si afferma che “Il collegamento negoziale non dà luogo ad un nuovo ed
autonomo contratto, ma è un meccanismo attraverso il quale le parti perseguono un
risultato economico unitario e complesso, che viene realizzato non per mezzo di un
singolo contratto, ma attraverso una pluralità coordinata di contratti, i quali
conservano una loro causa autonoma, anche se ciascuno è finalizzato ad un unico
regolamento dei reciproci interessi. Pertanto il criterio distintivo tra contratto unico
e contratto collegato non è dato da elementi formali, quali l‟unità o pluralità dei
documenti contrattuali, o dalla contestualità delle stipulazioni, bensì dall‟elemento
sostanziale dell‟unità o pluralità degli interessi perseguiti. Accertare se vi è un solo
contratto o una pluralità di contratti rientra nei compiti esclusivi del giudice di
merito, il cui apprezzamento non è sindacabile in sede di legittimità, se sorretto da
motivazione congrua ed immune da vizi logici e giuridici” (171).

169
FABIO BRAVO, Op. Cit., p.22
170
FABIO BRAVO, Op. Cit., p.22
171
C.CASS., sent. n. 11240 / 2003

66
La Suprema Corte, riconosce cioè all‟attività del giudice il potere di identificare,
sulla base di criteri oggettivi, la presenza di un coordinamento tra contratti
formalmente autonomi finalizzato alla creazione di un unitario regolamento di
interessi tra le parti.
Notevole è il fatto che tale coordinamento non debba essere formalmente dichiarato,
ma sia evinto dal giudice nel corso dell‟analisi della fattispecie sottoposta alla sua
attenzione. La riduzione all‟unità regolamentare dei contratti consente la
comunicazione tra i diversi contratti degli effetti scaturenti dalla nullità o risoluzione
in cui ogni singolo contratto sia incorso (172). Il voluto delle parti viene quindi
arricchito dall‟Ordinamento, che vi aggiunge gli effetti logicamente scaturenti dallo
stretto collegamento funzionale tra fattispecie contrattuali formalmente autonome.
L‟estendersi dell‟intervento dell‟ordinamento ad integrazione e modifica della
volontà delle parti è stata oggetto di ulteriori conferme legislative e giurisprudenziali.
Di particolare interesse, in questo ambito, la sentenza pronunciata a Sezioni Unite
dalla Corte di Cassazione sull‟ammissibilità dell‟intervento d‟ufficio del giudice per
la riduzione della penale manifestamente eccessiva ai sensi dell‟art. 1384 c.c.(173).
La Suprema Corte conferma la posizione, favorevole all‟intervento d‟ufficio del
giudice, già espressa dalla precedente sentenza C. Cass. n. 10511/99. Tra le
motivazioni addotte a sostegno della decisione vi è l‟osservazione“[...]che l‟esegesi
tradizionale non appariva più adeguata alla luce di una rilettura degli istituti
codicistici in senso conformativo ai precetti superiori della Costituzione, individuati
nel dovere di solidarietà nei rapporti intersoggettivi (art. 2 Cost.), nell‟esistenza di
un principio di inesigibilità come limite alle pretese creditorie (C. Cost. n. 19/94), da
valutare insieme ai canoni generali di buona fede oggettiva e di correttezza (artt.
1175,1337,1359,1366,1375 cod. Civ.)”(174). Infatti “[...] non può che condividersi la
necessità di una lettura della norma di cui all‟art. 1384 cod. civ. che meglio
rispecchi l‟esigenza di tutela di un interesse oggettivo dell‟ordinamento alla luce dei
principi costituzionali richiamati” (175). La Corte sembra quindi riprendere la

172
FABIO BRAVO, Op. Cit., p.53
173
C.CASS., SS.UU., sent. n. 18128 /2005
174
C.CASS., SS.UU., sent. n. 18128 /2005, par. 6.4
175
C.CASS., SS.UU., sent. n. 18128 /2005, par. 6.6

67
teorizzazione di Stefano Rodotà, confermando una lettura dell‟art. 1384 c.c.
nell‟ambito dei principi solidaristici espressi dalla Costituzione.
Per usare le parole di Fabio Bravo, “[...] con il controllo giudiziale che deriva dalla
riduzione d‟ufficio della clausola penale, ancorché di importo manifestamente
eccessivo, sottrae alle parti la decisione sull‟equilibrio degli assetti economici del
controtto [...] con incidenza sul valore economico di una delle prestazioni dovute”
(176).
Se questo intervento d‟ufficio del giudice può essere visto come una eccezione nel
panorama normativo contemporaneo (177) nei Principles of Europea Contract Law
(PECL), elaborati in sede comunitaria con lo scopo di porre le basi per una futura
integrazione del diritto privato europeo, “l‟intervento di equità correttiva affidato al
giudice è stringente e quasi generalizzato (178).
Anche l‟art.7 del D.Lgs. n.231/2002, con il quale si recepice in Italia la Direttiva
2000/35/CE, stabilisce che “L‟accordo sulla data del pagamento, o sulle
conseguenze del ritardato pagamento, è nullo se, avuto riguardo alla corretta prassi
commerciale, alla natura della merce o dei servizi oggetto del contratto, alla
condizione dei contraenti ed ai rapporti commerciali tra i medesimi, nonché ad ogni
altra circostanza, risulti gravemente iniquo in danno al creditore”.
Per quanto riguarda il settore dei contratti conclusi dai consumatori, l‟art. 33 co. 2
lettera f) del D.Lgs n.206 del 2000, il Codice del Consumo, crea una presunzione di
vessatorietà iuris tantum con riguardo alle clausole “[...] che hanno per oggetto, o
per effetto, di: [...] f) imporre al consumatore, in caso di inadempimento o di ritardo
nell‟adempimento, il pagamento di una somma di denaro a titolo di risarcimento,
clausola penale o altro titolo equivalente d‟importo manifestamente eccessivo”.
In questo paragrafo si è cercato di evidenziare il crescente favore con cui il
Legislatore, la Dottrina e la Giurisprudenza vedono l‟intervento di fonti esterne
correttive rispetto alla volontà delle parti nella determinazione del contenuto del
contratto. In particolare si sono evidenziate diversi casi in cui l‟Ordinamento limita
fortemente la possibilità di porre in essere accordi squilibrati a scapito della
controparte più debole. Nel prossimo paragrafo vedremo come la struttura stessa di

176
FABIO BRAVO, Op. Cit., p. 97
177
FABIO BRAVO, Op. Cit., p. 108
178
FABIO BRAVO, Op. Cit., p. 113

68
Internet potenzialmente consenta, in sede di conclusione del contratto, nuove
minacce alla libertà di scelta della parte più debole.

3.3 La teoria del Codice di Lawrence Lessig e la Lex Informatica


secondo Joel Reidenberg: problematiche scaturenti dalla
preminenza dell’autotutela nello spazio virtuale.
“Every age has its potential regulator, its threat to liberty. Our founders feared a
newly empowered federal government; the Constitution is written against that fear.
John Stuart Mill worried about the regulation by social norms in nineteenth-century
England; his book On Liberty is written against that regulation. Many of the
progressives in the twentieth century worried about the injustices of the market. The
reforms of the market, and the safety nets that surround it, were erected in response.
Ours is the age of cyberspace. It, too, has a regulator. This regulator, too, threatens
liberty. But so obsessed are we with the idea that liberty means „freedom from
government‟ that we don't even see the regulation in this new space. We therefore
don't see the threat to liberty that this regulation presents”.
This regulator is code--the software and hardware that make cyberspace as it is”
(179).
Con queste parole Lawrence Lessig, Berkman professor for entrepreneurial legal
studies presso la Harvard Law School, inquadra il problema posto da quello che egli
definisce come il Codice, l‟architettura di Internet, alla libertà individuale e, come
vedremo, contrattuale.
Gli elaboratori elettronici, come dimostra l‟esperienza quotidiana, possono svolgere
una serie pressoché infinita di attività. L‟attività specificamente svolta da un
elaboratore elettronico è determinata dal software che, in un determinato momento,
viene eseguito dall‟elaboratore.
Il software, o programma, è l‟insieme delle istruzioni che l‟elaboratore deve seguire
per ottenere un determinato risultato. Questo insieme di istruzioni viene scritto
dall‟analista/programmatore utilizzando un linguaggio di programmazione. Il fine del
programmatore è ottenere una sequenza di istruzioni che determini l‟elaboratore a

179
LAWRENCE LESSIG, Code is Law, in Harvard Magazine,
http://www.harvardmagazine.com/online/0100121.html

69
porre in essere i comportamenti richiesti dal committente del software. Le istruzioni
scritte dal programmatore utilizzando i costrutti sintattici del linguaggio di
programmazione vengono a costituire il cosiddetto codice sorgente. Il codice
sorgente viene poi convertito tramite il procedimento di compilazione in codice
oggetto, o codice macchina. Il codice oggetto è il vero e proprio software eseguito
dall‟elaboratore (180). Mentre il codice sorgente, essendo costituito da una serie di
istruzioni e costrutti sintattici derivanti sia dalle lingue parlate che dalla logica
matematica, è intellegibile all‟operatore umano, il codice oggetto o codice
macchina, costituito da una sequenza di operatori logici binari, può essere compreso
ed eseguito automaticamente dall‟elaboratore.
Il software viene realizzato per soddisfare la richiesta di soggetto che intende per
tramite di esso realizzare specifici scopi. Colui che utilizzerà il software si trova
quindi ad essere a sua volta destinatario delle istruzioni impartite dal programmatore
nel codice sorgente. Si può quindi affermare che, in ambito informatico, le istruzioni
predisposte nel linguaggio di programmazione divengono self executive nel contesto
di una relazione interpersonale: il soggetto utilizzatore, infatti, non viene richiesto di
porre in essere le istruzioni del programmatore, ma deve relazionarsi con esse,
mediante l‟elaboratore, nei modi e con i limiti predisposti dal programmatore stesso
(181). “Il codice, in questo modo, finisce per costituire una sorta di infrastruttura che
media le relazioni intersoggettive, consentendo l‟interazione dell‟utente secondo
margini la cui ampiezza è (pre)determinata dall‟analista/programmatore,
solitamente non di propria iniziativa, ma a seguito dell‟incarico ricevuto da un
soggetto committente (182).
Il software può essere utilizzato dal committente o da un soggetto titolare di licenze
di utilizzo per relazionarsi con parti terze. Lo sviluppo tecnologico ha infatti
consentito la creazione di programmi finalizzati allo svolgimento un‟attività
relazionale. Tale attività relazionale può avvenire nell‟ambito di una relazione pre-
contrattuale o contrattuale. Accade quindi che i soggetti contraenti vengano ad

180
FABIO BRAVO, Op. Cit., p. 144 -145
181
FABIO BRAVO, Op. Cit., p. 145
182
FABIO BRAVO, Op. Cit., p. 145

70
interagire sulla base di relazioni logiche e istruzioni self executive predisposte in
precedenza con il linguaggio di programmazione (183).
Nell‟analisi del Professor Lessig il comportamento umano è regolato da quattro
tipologie di vincoli che esistono sia nello spazio reale che nello spazio cibernetico: la
legge, che stabilisce determinate punizione qualora gli individui non si conformino ai
suoi precetti; le norme sociali, che prescrivono determinati comportamenti e
prevedono in caso di inadempimento che la sanzione sia comminata non da parte
dello Stato ma da una specifica comunità; il mercato, che determina il
comportamento individuale tramite il prezzo: il costo della benzina, ad esempio,
limiterà l‟utilizzo delle automobili; e, infine, l‟architettura: la quarta caratteristica
dello spazio reale tramite cui il comportamento umano viene regolato. Per
architettura Lawrence Lessig intende “ [...] the physical world as we find it, even if
'as we find it is simply how it has already been made” (184). Possono essere prodotti
svariati esempi di come l'architettura regola il comportamento umano. Il fatto che
un'autostrada divida due quartieri confinanti limiterà le possibilità di integrazione tra
i due quartieri. Il fatto che in una città esista una piazza facilmente accessibile in cui
sono presenti diverse tipologie di esercizi commerciali faciliterà l'integrazione tra gli
abitanti della città. Il fatto che Parigi abbia larghi boulevards limiterà l'effettività
delle proteste rivoluzionarie. Il fatto che in Germania la Corte Costituzionale abbia
sede a Karlsruhe mentre la capitale è Berlino limita l'influenza reciproca tra gli
organismi governativi. In sostanza, questa tipologia di limitazioni determina il
comportamento e, un questo modo, regolamenta il comportamento umano. Secondo
Lessig, tutte le modalità di regolamentazione descritte, vale a dire legge, norme
sociali, mercato e architettura, operano contemporaneamente: qualsiasi politica
regolamentare dovrà farne uso, selezionando di volta in volta quella o quelle che più
sembrano adatte al raggiungimento dello scopo. Questo modello è anche utile per
descrivere la regolamentazione nello spazio cibernetico (185). La Legge prevede pene
concrete e reali per sanzionare comportamenti illeciti tenuti nello spazio cibernetico:
si pensi, per l'Italia, ai cosiddetti reati informatici, introdotti nel nostro Ordinamento

183
FABIO BRAVO, Op. Cit., p. 146
184
LAWRENCE LESSIG, The Law of the Horse: What Cyberlaw Might Teach, 113, Harvard L.
Rev.,1999, p. 501, anche http://cyber.law.harvard.edu/works/lessig/LNC_Q_D2.PDF, p. 507
185
LAWRENCE LESSIG, Op. Cit., p. 507

71
con già con Legge 547/93. Le norme sociali regolano i comportamenti anche nello
spazio cibernetico: attività considerate offensive da una comunità virtuale vengono
stigmatizzate e sanzionate ex post in modo decentralizzato dalle singole
organizzazioni sociali virtuali, così come avviene nella realtà. Il mercato, il prezzo,
regola l'accesso e l'utilizzo di Internet: le connessioni veloci, ad ampia larghezza di
banda, sono più costose; la remunerazione pubblicitaria ottenuta da un sito è legata
alla sua popolarità. Infine, anche l'architettura dello spazio cibernetico, cioè il suo
Codice, regola il comportamento degli utilizzatori di Internet: “The code, or the
software and hardware that make cyberspace the way it is, constitutes a set of constraints on
how one can behave” (186). Come nello spazio reale, l'architettura è percepita nello
spazio cibernetico come una serie di restrizioni create per regolare l‟accesso ad una
determinata area. Le quattro modalità di regolamentazione citate, vale a dire la legge,
le regole sociali, il mercato e l‟architettura, operano contemporaneamente, e la loro
interazione può essere sia cooperativa che competitiva (187).
La disamina di come le queste modalità di regolamentazione interagiscono tra loro
nel caso specifico può quindi consentire una migliore comprensione delle possibilità
di successo di una normativa.
Ad esempio, la segregazione dei contenuti dello spazio cibernetico in modo che
determinate aree siano accessibile sono ad utenti adulti si presenta particolarmente
problematica: mentre nello spazio fisico la maggiore età di un soggetto è una
caratteristica facilmente valutabile, nello spazio di Internet l‟età dell‟utente è
invisibile. L‟architettura di internet, cioè, rende la norma legislativa priva di
coercibilità. Per usare le parole del Professor Lessig: “[...] Law and norms are
disabled by this different architecture” (188).
Come menzionato più sopra, tutte e quattro le modalità di regolamentazione si
influenzano vicendevolmente. Il Professor Lessig si concentra sugli delle legge su
mercato, norme sociali e architettura e sugli effetti dell‟architettura su legge, norme
sociali e mercato. La ragione di questa scelta risiede nel fatto che l‟architettura è
identificate come l‟agente di regolamentazione più pervasivo dello spazio
cibernetico, mentre la legge costituisce per definizione la modalità di

186
LAWRENCE LESSIG, Op. Cit., p. 508
187
LAWRENCE LESSIG, Op. Cit., p. 509-510
188
LAWRENCE LESSIG, Op. Cit., p. 510

72
regolamentazione in cui più chiaramente si esprime l‟intento normativo. Si possono
quidi distinguere due tipologie di effetti riconducibili ad ogni specifica modalità di
regolamentazione: l‟effetto diretto, cioè l‟effetto prodotto sul comportamento del
singolo individuo oggetto dell‟attività normativa, e l‟effetto indiretto, ossia l‟effetto
prodotto dall‟interazione con le altre modalità di regolamentazione.
L‟attività regolamentare si serve sia degli effetti diretti che degli effetti indiretti per
ottenere lo scopo prefissato. Ad esempio, una legislazione potrebbe imporre
modifiche ad una determinata architettura la solo fine di raggiungere il risultato
prefissato. Si immagini, a puro titolo esemplificativo, che una normativa il cui fine
sia ridurre la gravità degli incidenti stradali stabilisca che i costruttori di automobili
possono produrre solo vetture la cui massima velocità non supera i novanta
chilomentri orari: “Architecture becomes the tool of law when the law alone would
not be as effective”(189).
La legge potrebbe anche tassare maggiormente i veicoli più veloci, regolando così
l‟offerta di mezzi veloci sul mercato, o, alternativa, potrebbe promuovere campagne
educative. Ognuna si queste scelte regolamentari ha un costo e la scelta delle miscela
ottimale è nelle mani del legislatore. La scelta della miscela ottimale dipende
ovviamente dallo specifico contesto che è oggetto di regolamentazione. Per quanto
attiene Internet, ossia lo spazio cibernetico, la modalità regolamentare più effettiva è
la regolamentazione, sia diretta che indiretta, del Codice, cioè dell‟Architettura che
determina lo spazio cibernetico. La regolamentazione diretta implica una normativa
che vada a disporre requisiti inerenti il codice stesso, mentre la regolamentazione
indiretta normerà il comportamento delle entità , gli scrittori del codice, i
programmatori, che producono il codice.
Tornando all‟esempio sulla difficoltà di impedire ai minori l‟accesso a contenuti
riervati agli adulti su Internet, il professor Lessig suggerisce l‟istituzione di una
legislazione che imponga di rendere disponibile e attivabile sui programmi di
navigazione un kids mode che segnalarà ai siti remoti la presenza di un minore,
consentendo così la segregazione del materiale riservato (190). La legge, quindi,
otterrebbe il risultato prefissato con un minimo cambiamento di architettura. La
coercibilità della norma, inoltre, potrebbe essere garanita in maniera automatizzata

189
LAWRENCE LESSIG, Op. Cit., p. 512

73
con programmi che segnalerebbero all‟autorità di controllo infrazioni consisenti
nell‟accesso ad aree riservate di browsers in cui la modalità kids fosse abilitata (191).
Sotto un altro punto di vista, complementare rispetto a quello appena esaminato, il
Codice, l‟archittettura di Internet, può interferire con l‟efficacia della legge ( 192). Il
codice, cioè, può modificare l‟effettività e le finalità di una legislazione nata per il
mondo fisico. Un semplice esempio può essere estratto dalla legislazione inerente il
diritto d‟autore. La legislazione sul diritto d‟autore prevede la riserva, limitata nel
tempo, di diritti economici in favore dell‟autore di un‟opera o dei suoi aventi causa.
La limitazione temporale del diritto ha lo scopo equilibrare l‟incentivo alla creazione
dell‟opera con la necessità di far cadere l‟opera nel patrimonio comune della società,
favorendone di conseguenza l‟ulteriore creatività. Apparentemente, la l‟illimitata
riproducibilità delle opere trasferibili su supporto informatico rende assai
problematica la tutela del diritto ecomico dell‟autore nel periodo in cui questo diritto
gli è riconosciuto. Tale difficoltà è attribuibile all‟architettura del supporto
informatico. Esiste tuttavia la possibilità di limitare la fruizione dell‟opera tramite
l‟utilizzo di specifiche tecnologie. Le limitazioni imposte da queste tecnologie non
sono soggette a termini temporali e si caratterizzano per essere auto-coercitive, cioè
non necessitare della pronuncia giusdizionale per porre in essere comportamenti di
autotutela (193). Lo stesso principio comportamentale si pone in sede trattativa
contrattuale qualora essa si svolga tramite supporti informatici. La controparte che
controlla il Codice, vale a dire la controparte che determina l‟architettura entro cui si
svolgeranno la contrattazione ed il perfezionamento del contratto potrà molto spesso
anche imporre l‟esecuzione degli obblighi contrattuali senza necessità di ottenere un
provvedimento dall‟Autorità Giudiziaria. In tal modo, l‟esecuzione dell‟obbligo
contrattuale viene sottratto a quel processo di bilanciamento delle previsioni
contrattuali con il sistema di interessi tutelati dal quadro normativo in vigore che,
come si è visto, viene svolto in sede giurisdizionale. A titolo esemplificativo, il
Professor Lessig cita la prassi imposta dal service provider statunitense AOL che
costringe ad immettere il proprio nome per accedere al sistema. Qualora l‟utente

190
LAWRENCE LESSIG, Op. Cit., p. 516
191
LAWRENCE LESSIG, Op. Cit., p. 519-521
192
LAWRENCE LESSIG, Op. Cit., p. 522
193
LAWRENCE LESSIG, Op. Cit., p. 526

74
decida di non identificarsi, la connessione non avviene. Tale comportamento da
parte del service provider è apparentemente assimilabile al risoluzione per
inadempimento della controparte del contratto sottoscritto al momento dell‟adesione
al servizio. Accade tuttavia che l‟obbligazione viene imposta e attuata con maggiore
efficienza di quanto accadrebbe in presenza di un tradizionale contratto: non vi è
infatti alcuna pronuncia da parte dell‟Autorità Giudiziaria, nessuna ponderazione
degli opposti interessi delle controparti e nessuna valutazione delle obbligazioni
contrattuali alla luce dei valori sottesi generalmente dall‟Ordinamento (194).
Nello spazio virtuale, quindi, il codice consente strategie di autotutela della
controparte forte, che determina il codice stesso, difficilmente riscontrabili nel
mondo fisico. D‟altronde, l‟intervento legislativo può imporre a coloro che scrivono
il codice di delineare un‟architettura, nell‟accezione si qui utilizzata di struttura dello
spazio virtuale, funzionale alla realizzazione degli obiettivi del legislatore. Da ciò, e
per quanto più specificamente attiene l‟argomento di questa dissertazione, la
necessità di considerare, al momento dell‟analisi di una normativa mirata alla
sollecitazione del risparmio per via telematica, anche le particolari caratteristiche
dell‟interazione tra legge e Codice per la regolamentazione delle transazioni nello
spazio virtuale.
Con un‟ottica simile a quella di Lawrence Lessig, Joel Reidenberg idenitifica nella
Lex Informatica una fonte di regolamentazione della Società dell‟Informazione
ulteriore rispetto alla legge. Per usare le parole dell‟Autore: “the set of rules for
information flows imposed by technology and communication networks form a Lex
Informatica that policymakers must understand, consciously recognize, and
encourage” (195)”. In sostanza, le capacità tecnologiche e le scelte progettuali creano
e impongono di fatto regole agli utilizzatori di un sistema informatico. La creazione e
l‟implementazione di regolamenti inerenti la gestione dei flussi di informazione sono
integrate nella struttura delle reti informatiche e addirittura le preferenze e le scelte
tecniche del singolo utente creano localmente una serie di regole base. Con Lex
Informatica l‟Autore identifica l‟insieme delle regole imposte dalla tecnologia e

194
LAWRENCE LESSIG, Op. Cit., p. 526 e FABIO BRAVO, Op. Cit., p. 167
195
REIDENBERG JOEL R., Lex Informatica: The Formulation of Information Policy Rules Through
Technology , 76, Texas L. Rev., 1998, p. 553, anche
http://reidenberg.home.sprynet.com/lex_informatica.pdf

75
dalle reti di comunicazione al flusso di informazioni nello spazio virtuale (196).
Poiché ogni attività nello spazio virtuale si traduce in flusso di informazioni, se ne
deduce che la Lex Informatica è un concetto estremamente prossimo al Codice, o
architettura, discussi da Lawrence Lessig. Gli elementi chiave della Lex Informatica
e di un regime di regolamentazione legale sono analoghi e paragonabili. Joel
Reidenberg identifica sette caratteristiche tipiche di un sistema regolamentare e
paragona le modalità con cui queste caratteristiche si esprimono nell‟ambito della
Lex Informatica con il tradizionale modus operandi di un ordinamento basato sulla
legge. Gli elementi chiave di un sistema regolamentare identificati da Reidenberg
sono: il quadro regolamentare di base, l‟ambito di applicazione delle regole, il
contenuto, l‟autore, la personalizzazione delle regole, il processo di
personalizzazione, le modalità di esecuzione. Mentre nella Lex Informatica il quadro
regolamentare di base è dato dall‟architettura del sistema informatico e si applica alla
rete cui il sistema si connette, le fondamenta della regolamentazione tradizionale
risiedono nella legge, il cui ambito di applicazione è limitato al territorio fisico sul
quale l‟entità creatrice della legge, lo Stato, esercita la propria sovranità.
L‟architettura, a differenza della legge, non è di origine statuale, ma viene creata dai
tecnologi. La personalizzazione delle regole applicate nello spazio fisico è
determinata dal contratto, mentre nello spazio virtuale la personalizzazione può
essere definita come configurazione del sistema. Così come nel processo di
personalizzazione della regola nel mondo fisico i costi crescono con il livello di
personalizzazione, così nello spazio virtuale i costi crescono con il dettaglio della
configurazione. Infine, mentre l‟esecuzione nello spazio reale passa attraverso
l‟intervento ex post dell‟Autorità Giudiziaria, nello spazio virtuale l‟esecuzione è
garantita da sistemi automatici di autotutela (197).

Regolamentazione Legale Lex Informatica


Quadro Legge Standard dell‟Architettura
regolamentare di
Base
Ambito di Territorio Fisico Rete

196
REIDENBERG JOEL R., Op. Cit., p. 554
197
REIDENBERG JOEL R., Op. Cit., p. 566-569

76
Applicazione
Contenuto Statuizioni Regolametari / Possibilità Tecniche /
Decisioni Giurisprudenziali Pratiche Usuali
Autore Stato I Tecnologi
Regole Personalizzate Contratto Configurazione
Processo di Basso Costo Configurazione Base non
Personalizzazione personalizzata

Costo Moderato: Configurazione


modulo standard Installabile

Alto Costo
Negoziazione Scelta dell‟Utente
Esecuzione Autorità Giudiziaria Automatica, Autotutela
Figura 2. REIDENBERG JOEL R., Lex Informatica: The Formulation of Information Policy
Rules Through Technology , 76, Texas L. Rev., 1998, p. 569

Dalla disamina delle caratteristiche appena descritte, Joel Reidenberg deduce, con un
approccio differente rispetto a quello di Lawrence Lessig, che la Lex Informatica
presenta diversi vantaggi rispetto ad un sistema tradizionale di regolamentazione.
Innanzitutto la Lex Informatica è indipendente dai confini nazionali: la natura
transnazionale della Rete pone evidenti problemi alla regolamentazione dei flussi di
informazione da parte dell‟Autorità Statale. La limitazione dei flussi informatici
tramite modifiche al Codice dei sistemi, tuttavia, non pongono le stesse difficoltà,
essendo l‟ambito di applicazione della Lex Informatica sovrapponibile alla rete stessa
(198). Ad esempio, volendo evitare che un‟offerta al pubblico sottoscrivibile per via
telematica sia perfezionata con individui provenienti da Stati le cui autorità non
hanno concesso le dovute autorizzazione, sarà possibile filtrare l‟accesso al sito
presso cui l‟offerta è disponibile in modo tale che chi vi acceda non possa connettersi
a partire da determinate aree geografiche. In secondo luogo, la Lex Informatica
presenta dei vantaggi per quanto attiene la personalizzazione della regola applicata
rispetto al contratto. Il processo di negoziazione per realizzare un contratto
internazionale corretto, che non sia in contrasto con norme imperative di nessuno
degli ordinamenti coinvolti, può essere lungo e costoso. La Lex Informatica può
risolvere problemi complessi adottando strategie differenziate a seconda degli
ordinamenti giuridici coinvolti: ad esempio, i dati raccolti possono essere

198
REIDENBERG JOEL R., Op. Cit., p. 574-575

77
differenziati in modo da essere automaticamente in armonia con le legislazioni sulla
privacy in vigore in diversi stati.
Infine, la Lex informatica presenta netti vantaggi in sede esecutiva: anziché attendere
l‟intervento di una corte di giustizia per ottenere tutela del proprio diritto, esso può
venire tutelato ex ante per mezzo di sistemi automatici di controllo sull‟utilizzo del
flusso informatico (199). In ciò Reidenberg si distingue nettamente da Lessig, non
cogliendo il contrasto tra la diffusa autotutela e la difesa di principi ulteriori presenti
nell‟ordinamento. Egli pone invece l‟accento sull‟efficienza della regolamentazione
espressa dalla Lex Informatica e sulla necessità per il legislatore di tener presente e
sfruttare le peculiarità del mezzo informatico al fine di meglio raggiungere i propri
fini (200).

3.4 Conclusioni
Si è visto sin qui come l‟Architettura dello spazio virtuale tende a favorire
meccanismi di autotutela dell‟accordo contrattuale in contrasto con la tendenza
dell‟Ordinamento giuridico a valorizzare l‟intervento di fonti esterne rispetto alla
volontà delle parti nella determinazione del contenuto del contratto. In particolare si
sono evidenziati diversi casi in cui la legge e la giurisprudenza italiane limitano
fortemente la possibilità di porre in essere accordi squilibrati a scapito della
controparte più debole. Nel contempo si è sottolineato come l‟utilizzo del mezzo
informatico per la conclusione di un contratto porti con sé il richio che l‟accordo
medesimo sia sottoposto a logiche di autotutela non necessariamente armoniche
rispetto agli scopi del legislatore. Infine, si è visto come i meccanismi di autotutela
messi a disposizione dalla tecnologia informatica possono altresì essere efficienti nel
raggiungimento di determinati obiettivi regolamentari.
Ogni azione iniziativa e che avesse per obiettivo una regolamentazione tesa a
indirizzare attività che si svolgono nello spazio virtuale, quindi, dovrebbe
considerare come le peculiarità di questo specifico universo interagiscono con
l‟azione normativa, limitandone o accentuandone l‟efficacia. Più specificamente,
sembra di poter affermare, sulla scorta delle affermazioni di Joel Reidenberg e di

199
REIDENBERG JOEL R., Op. Cit., p. 572-575
200
REIDENBERG JOEL R., Op. Cit., p. 581-584

78
Lawrence Lessig, che l‟attività regolamentare dovrebbe considerare attentamente gli
effetti prodotti sul Codice al fine di meglio raggiungere i propri scopi.
Le finalità della regolamentazione dei mercati mobiliari e la disciplina dell‟appello al
pubblico risparmio esaminati nei precedenti capitoli primo e secondo dovrebbero
quindi tradursi, per ciò che attiene la normativa della sollecitazione del pubblico
risparmio per via telematica, anche in prescrizioni relative al codice che determina lo
spazio virtuale di interazione tra le controparti. Sarà questo argomento di
discettazione nel prossimo capitolo.

79
Capitolo IV

La Commercializzazione a Distanza di Servizi


Finanziari
 4.1 Introduzione  4.2 La normativa precedente il D.Lgs. n.190/2005 e la Direttiva
2002/65/CE  4.3.1 La vendita a distanza di servizi finanziari: la Direttiva 2002/65/CE 
4.3.2 Il quadro normativo italiano e gli obblighi informativi verso il consumatore  4.3.3
Modlità di trasmissione dell’informazione obbligatoria secondo al normativa vigente  4.3.4 Il
diritto di recesso  4.3.5 Forma dei contratti di investimento a distanza e fattispecie di nullità
4.4 Conclusioni: elaborazione di uno schema di valutazione della normativa di riferimento 

4.1 Introduzione
Nel capitolo primo si sono esaminati i criteri e le finalità della regolamentazione dei
mercati mobiliari, identificando le motivazioni giuridico economiche che dovrebbero
essere poste alla base della normativa. Nel capitolo secondo si è passata in rassegna
la normativa italiana ed europea relativa all‟appello al pubblico risparmio,
riscontrando come la norma positiva si confermi in linea con motivazioni
precedentemene poste in luce. Nel capitolo terzo si sono esaminate le peculiarità
dello spazio virtuale, sottolineando l‟importanza di considerare gli effetti
dell‟interazione tra la norma giuridica e l‟architettura dello spazio cibernetico per
raggiungere gli obiettivi regolamentari. Qui di seguito si analizzerà la normativa
specificamente dedicata alla sollecitazione del pubblico risparmio per via telematica,
cercando di identificare in quale misura e sotto quali aspetti il Codice viene preso in
considerazione. In particolare, si tenterà di porre in luce il modo in cui la normativa
sfrutta le possibilità di autotutela e personalizzazione, o configurazione, offerte dallo
spazio virtuale. Si cercherà inoltre di identificare in che misura le caratteristiche dello
spazio virtuale sono sfruttare al fine di ottenere una elevata diffusione
dell‟informazione tra gli agenti del mercato, quindi un‟elevata efficienza relativa,
così come definita da J. Gilson, Reiner H. Kraakman (201) del mercato stesso.

201
Supra Cap.1

80
4.2 La normativa precedente il D.Lgs. n.190/2005 e la Direttiva
2002/65/CE.
L‟offerta fuori sede, intesa come di offerta che si compie, per usare le parole del
Legislatore, “luogo diverso dalla sede legale o dalle dipendenze dell'emittente, del
proponente l'investimento o del soggetto incaricato della promozione o del
collocamento” (202) è oggetto, in Italia, di norme specifiche tese alla protezione
dell‟investitore sin dagli anni Ottanta dello scorso secolo. La fragilità della posizione
dell‟investitore/risparmiatore che si trova sorpreso al proprio domicilio da un invito
all‟investimento con il rischio di prendere decisioni anche gravi per la propria
stabilità economica futura non sufficientemente meditate è infatti evidente.
Una prima regolamentazione della materia si ebbe con la Legge n. 77/1983 cui si
affiancarono gli interventi di Consob. Regole più strette verranno poi stabilite Legge
n. 1/1991, che regolava le attività di intermediazione mobiliare porta a porta. Con il
decreto legislativo n 415/1996 e, successivamente, il D. Lgs. N. 58/1998, Testo unico
delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria, TUF, l'offerta fuori
sede è stata regolata come una specifica modalità di sollecitazione del pubblico
risparmio (203).
L' offerta a distanza veniva disciplinata dall'art. 32 del TUF: “1. Per tecniche di
comunicazione a distanza si intendono le tecniche di contatto con la clientela,
diverse dalla pubblicità, che non comportano la presenza fisica e simultanea del
cliente e del soggetto offerente o di un suo incaricato. 2. La Consob, sentita la Banca
d'Italia, può disciplinare con regolamento, in conformità dei principi stabiliti
nell'articolo 30, la promozione e il collocamento mediante tecniche di
comunicazione a distanza di servizi di investimento e di prodotti finanziari, diversi
da quelli indicati nell'articolo 100, comma 1, lettera f), individuando anche i casi in
cui i soggetti abilitati devono avvalersi di promotori finanziari”. Le tecniche di
comunicazione a distanza sono quindi tutte le tecniche di contatto con la clientela
rese operative senza la presenza fisica e simultanea del cliente e del soggetto
offerente. L'art. 32 co.2, tuttavia, esclude dal proprio ambito l'offerta dei prodotti

202
D.LGS. N.58/1998, ART 30 CO. A)
203
MARIO BESSONE, Sollecitazione del pubblico risparmio, servizi di investimento e contratti "a
distanza", http://www.jei.it/approfondimentigiuridici/notizia.php?ID_articoli=7, 2004

81
emessi da banche o da imprese assicurative, secondo quanto stabilito dalla lettera f)
dell'art. 100 co.1. Al tempo stesso si escludono le iniziative di pubblicità
commerciale, non finalizzate alla conclusione di un contratto, ma tese unicamente a
far conoscere una possibilità di investimento (204). Il messaggio pubblicitario, che
dovrebbe quindi semplicemente orientare possibili propensioni all'investimento, è
sottoposto al regime stabilito dalle disposizioni che anche in materia di pubblicità
prescrivono la predisposizione di un prospetto informativ, diversamente da quanto
previsto dall'art. 32 del TUF.
La speciale disciplina dell'offerta a distanza si applica quindi soltanto quando la
iniziativa assunta dall'operatore professionale ha un oggetto, contenuti e caratteri di
proposta già precisati nel modo necessario per ricevere accettazioni che perfezionano
la conclusione di un contratto di investimento o di prestazione di servizi di
intermediazione finanziaria. Il suo secondo comma dell‟art. 32 del TUF rimanda alla
Consob la deliberazione delle disposizioni regolamentari di disciplina della
fattispecie. Da ciò l‟emanazione da parte di Consob delle disposizioni degli articoli
da 71 a 77 del regolamento 11522 del luglio 1998.
Nello stabilire il proprio ambito di applicazione, l‟art. 72 del Regolamento
15522/1998 stabilice che oggetto della disciplina sono “[...] la promozione e il
collocamento di servizi di investimento, di strumenti finanziari e di altri prodotti
finanziari da parte di soggetti abilitati, realizzati mediante tecniche di
comunicazione a distanza che consentano di stabilire un contatto con i singoli
investitori: a) con possibilità di dialogo o altre forme di interazione rapida; b) anche
senza possibilità di interazione rapida, qualora i documenti o i messaggi inviati
presentino contenuto negoziale”.
Anche in assenza di dialogo diretto ed interazione rapida, la disciplina si applica
quindi a tutti i casi in cui i documenti inviati valgono da proposta contrattuale, perché
soltanto in tal caso “il contatto con l'investitore è indiscutibilmente cosa diversa da
una pura e semplice comunicazione pubblicitaria” (205).
A riprova del fatto che la ratio della norma sta nella tutela del risparmiatore, l‟art. 72
co. 4 del Regolamento 11522/1998 stabilice che “Non costituisce promozione e
collocamento a distanza quella effettuata nei confronti degli operatori qualificati”.

204
MARIO BESSONE, Op. Cit.

82
Si è quindi stabilito che per tutte le ipotesi di offerta a distanza sono dovute
particolari e precise regole di regime dell' informazione motivate da finalità di tutela
dell'investitore escluso dall'accesso agli strumenti di conoscenza e di analisi
comunemente a disposizione soltanto di quanti professionalmente operano su mercati
finanziari. L‟art. 75 co. 2 prevede infatti che le “[...] informazioni e i chiarimenti
dovuti agli investitori devono essere forniti, in modo chiaro e comprensibile, con
modalità adeguate alle caratteristiche della tecnica di comunicazione a distanza
impiegata”. La norma vuole evitare che, sfruttando le peculiarità del mezzo
utilizzato, possano essere trasmesse informazioni equivoche al mercato. Le
informazioni devono quindi espresse in modo chiaro e comprensibile. Tali
informazioni possono essere trasmesse anche mediante tecniche di comunicazione a
distanza ma, secondo l‟art. 75 co. 3 “purché le caratteristiche di queste ultime siano
con ciò compatibili e consentano al destinatario dei documenti di acquisirne la
disponibilità su supporto duraturo”. La norma regolamentare dell'art 74. avverte che
iniziative di offerta a distanza non sono consentite se l'investitore si dichiara
contrario all'avvio o alla prosecuzione di offerte che non ha richiesto e non desidera
ricevere (206).
Alle disposizioni regolatrici dell'iniziativa e delle modalità dell'offerta si aggiungono
le disposizioni che il regolamento della Consob stabilisce come regime dei soggetti
impresa di intermediazione abilitati ad operare mediante offerte a distanza. E al
tempo stesso la normativa regolamentare ha provveduto ad indicarne il possibile
oggetto. La speciale disciplina delle offerte a distanza si applica sia alla proposta di
servizi di investimento che all'offerta di strumenti finanziari e altri prodotti
finanziari, ma non si applica ai prodotti indicati dalla lettera f) del primo comma
dell'art. 100 del Tuf. Per ciò che interessa l'operare delle imprese di investimento va
precisato che le disposizioni in esame valgono anche per le attività di prestazione di
servizi accessori e per l'offerta di prodotti e servizi bancari, assicurativi e finanziari.
In ogni caso la speciale disciplina non riguarda le offerte a distanza che fossero
rivolte ad investitori professionali.
Soggetti abilitati ad operare sono le imprese di intermediazione che in linea con la
disposizione generale dell'art. 30 del Tuf la disciplina regolamentare della Consob

205
MARIO BESSONE, Op. Cit.

83
enumera all'art. 72 con l‟indicazione che l'offerta a distanza di strumenti e prodotti
finanziari è attività consentita agli intermediari autorizzati al loro collocamento.
Perciò a banche, imprese di investimento, imprese dell'elenco speciale dell'art. 107
del Tub ma anche alle società di gestione del risparmio (quanto alle quote dei fondi
comuni di investimento da esse istituiti o gestiti) e alle Sicav quanto alle azioni di
propria emissione. Con riguardo invece all'offerta a distanza di servizi di
investimento si deve distinguere tra fattispecie diversamente disciplinate. Se sono
soggetti autorizzati a svolgere le relative attività di collocamento, le banche così
come le Sim e altre imprese finanziarie possono operare 'a distanza' anche con
riguardo a servizi di investimento offerti da altri intermediari. In caso contrario sarà
invece permesso attivare soltanto iniziative di promozione e di collocamento a
distanza dei loro servizi di investimento.
La Consob, ex art. 32 co. 2 del Tuf, provvede a individuare “i casi in cui i soggetti
abilitati devono avvalersi di promotori finanziari”.
Esiste quindi obbligo di avvalersi di promotori finanziari se l'offerta fuori sede e a
distanza è strutturata in modo tale da avviare una comunicazione individualizzata con
l'investitore e una interazione immediata con il destinatario della proposta
contrattuale. Anche in tali ipotesi l‟obbligo di operare per il tramite di promotori
finanziari infatti si configurava soltanto se la iniziativa viene assunta dall'operatore
professionale. L‟utilizzo del promotore finanziario non è invece un obbligo quando
la iniziativa è assunta dall'investitore, posto che la tale iniziativa non sia stata
sollecitata con messaggi personalmente indirizzatigli (207).

4.3.1 La vendita a distanza di servizi finanziari: la Direttiva


2002/65/CE.
Le ragioni dell‟intervento Comunitario nella creazione di una esplicita disciplina
della commercializzazione di servizi finanziari per via telematica è bene spiegato nei
primi tre „considerando‟ della Direttiva 2002/65: “(1) Nell'ambito della realizzazione
degli obiettivi del mercato interno è necessario adottare le misure intese a
consolidare progressivamente tale mercato, misure che devono d'altro canto

206
MARIO BESSONE, Op. Cit.
207
MARIO BESSONE, Op. Cit.

84
contribuire al conseguimento di un livello elevato di protezione dei consumatori
conformemente agli articoli 95 e 153 del trattato. (2) Sia per i consumatori che per i
fornitori di servizi finanziari, la commercializzazione a distanza di servizi finanziari
costituirà uno dei principali risultati tangibili della realizzazione del mercato
interno. (3) Nell'ambito del mercato interno, è interesse dei consumatori poter
accedere senza discriminazione alla gamma quanto più ampia possibile di servizi
finanziari disponibili nella Comunità, onde poter scegliere quelli meglio rispondenti
ai loro bisogni. Per assicurare la libertà di scelta dei consumatori, loro diritto
essenziale, occorre un livello elevato di protezione del consumatore per aumentare
la fiducia del consumatore nel commercio a distanza” . Obiettivo del Legislatore
Comunitario è quindi la creazione di un panorama regolamentare uniforme in cui sia
data enfasi alla tutela del consumatore di servizi finanziari offerti tramite internet al
fine di incentivare la fiducia nel mezzo telematico di conclusione del contratto: la
possibilità di usufuire in sicurezza della possibilità di acquistare servizi finanziari
tramite Internet è vista come tangibile conseguenza della realizzazione del mercato
comune. La regolamentazione comunitaria sembra in ogni caso cosciente dei propri
limiti e della necessità di ulteriori interventi futuri volti ad uniformare ulteriormente
la disciplina. Si pensi al nono „considerando‟: “Il conseguimento degli obiettivi del
piano d'azione per i servizi finanziari necessita di un livello ancora più elevato di
protezione dei consumatori in alcuni settori. Ciò implica una maggiore convergenza
[...] In attesa di realizzare detta convergenza dovrebbe essere mantenuto un livello
elevato di protezione dei consumatori” (208). Come si è visto nel corso dell‟analisi
condotta in precedenza (209), tra le finalità di una regolamentazione dei mercati
mobiliari vi è l‟eliminazione delle asimmetrie informative tra gli agenti del mercato.
Partcolare attenzione deve quindi essere posta affinché il risparmiatore/cosumatore
riceva informazioni sufficienti a valutare la congruità economica dell‟operazione. In
coerenza con tali istanze, il ventunesimo considerando della diretiva statuisce che:
“L'impiego di tecniche di comunicazione a distanza non dovrebbe portare a una
diminuzione indebita dell'informazione fornita al consumatore. Per assicurare la
trasparenza la presente direttiva fissa requisiti volti a garantire un livello adeguato
di informazione del consumatore sia prima che dopo la conclusione del contratto. Il

208
PIETRO LONGHINO, Servizi Finanziari Telematici, Milano, 2006, p. 172-173

85
consumatore dovrebbe ricevere, prima della conclusione di un contratto, le
informazioni preliminari necessarie al fine di poter valutare opportunamente il
servizio finanziario propostogli e quindi scegliere con cognizione di causa. Il
fornitore dovrebbe espressamente indicare per quanto tempo la sua offerta eventuale
rimane immutata”. La norma si applica non si applica a contratti a distanza conclusi
in via occasionale, quindi in assenza di un‟organizzazione finalizzata alla
commercializzazione di strumenti finanziari (210). Inoltre, il quindicesimo
considerando stabilisce che “I contratti negoziati a distanza implicano l'utilizzazione
di tecniche di comunicazione a distanza, che sono utilizzate nel quadro di un sistema
di vendita o di prestazione di servizi a distanza senza che si dia la presenza
simultanea del fornitore e del consumatore”. Pietro Longhino scorgeva in ciò il
richio che un‟interpretazione restrittiva conducesse all‟inapplicabilità delle disciplina
qualora, in uno stadio qualsiasi della negoziazione, il fornitore del servizio facesse in
modo di essere fisicamente presente per tramite di un proprio rappresentante ( 211).
L‟articolo 2 lettera e) della Direttiva definisce la tecnica di comunicazione a distanza
come “[...] qualunque mezzo che, senza la presenza fisica e simultanea del fornitore
e del consumatore, possa impiegarsi per la commercializzazione a distanza di un
servizio tra le parti”. In tal senso la Direttiva si distingue dall‟art. 32 co.1 del TUF,
dove invece per “[...] tecniche di comunicazione a distanza si intendono le tecniche
di contatto con la clientela, diverse dalla pubblicità, che non comportano la
presenza fisica e simultanea del cliente e del soggetto offerente o di un suo
incaricato”. Il TUF assume quindi la pubblicità quale elemento di demarcazione,
mentre la direttiva non ne fa menzione creando, nell‟analisi di Pietro Longhino,
un‟area di incertezza applicativa (212).
Materia della direttiva è la conclusione da parte del consumatore di contratti il cui
oggetto sono prodotti finanziari quando il perfezionamento dell‟accordo viene
raggiunto on line. “[...] Qualunque contratto avente per oggetto servizi finanziari,
concluso tra un fornitore e un consumatore nell'ambito di un sistema di vendita o di
prestazione di servizi a distanza organizzato dal fornitore che, per tale contratto,

209
Supra, Cap.1
210
PIETRO LONGHINO, Op. Cit., p. 173.
211
PIETRO LONGHINO, Op. Cit., p. 174
212
PIETRO LONGHINO, Op. Cit., p. 175

86
impieghi esclusivamente una o più tecniche di comunicazione a distanza fino alla
conclusione del contratto, compresa la conclusione del contratto stesso”(213). La
disciplina non si applicherà quindi qualora entrambe le parti siano investitori
professionali, né si applicherà in caso la conclusione del contratto avvenga senza
sfruttare un mezzo di comunicazione e distanza. Inoltre, altro requisito di
applicazione, è che il contratto abbia per oggetto servizi finanziari. Questi vengono
definiti come “qualsiasi servizio di natura bancaria, creditizia, assicurativa, servizi
pensionistici individuali, di investimento o di pagamento” (214). Si è quindi scelta una
definizione oggettiva della materia di regolamentazione, prescindendo da riferimenti
ai soggetti regolamentati. In ciò si è visto un‟adeguamento del dettato normativo alla
struttura dei mercati, che, con lo svilupparsi di offerte multicanale, rendono
particolarmente onerosa l‟individuazione di un servizio sulla base dell‟attività
funzionale del soggetto prestatore (215).
Le disposizione della normativa non si applicano ad accordi successivi all‟accordo
iniziale, così da evitare di caricare eccessivamente di oneri informativi il oggetto
fornitore: “Per i contratti riguardanti servizi finanziari costituiti da un accordo
iniziale di servizio seguito da operazioni successive o da una serie di operazioni
distinte della stessa natura scaglionate nel tempo, le disposizioni della presente
direttiva si applicano esclusivamente all'accordo iniziale” (216). Le operazioni
successive all‟accordo iniziale restano qundi sottoposte alla legislazione statale. Vi
sarà un accordo ulteriore, quindi governato dalle disposizione della direttiva, qualora
vi siano specifici elementi di novità nelle operazioni successive. Per accordo iniziale
può intendersi il contratto con cui il consumatore acquisisce una carta di credito o il
contratto con cui sottoscrive un contratto di gestione di portafoglio. Accordi
successivi, quindi non sottoposti agli obbligi definiti dalla direttiva, saranno le
singole operazioni di pagamento effettuate con carta di credito o le singole
transazioni realizzate nell‟ambito della gestione di portafoglio. L‟aggiunta di nuovi
elementi negoziali ad un accordo preesistente, tuttavia, si configurerebbe come un
vero e proprio contratto, facendo così ricorrere la fattispecie tutelata dalla direttiva

213
DIRETTIVA 2002/65/CE, art. 2 lettera a)
214
DIRETTIVA 2002/65/CE, art. 2 lettera b)
215
PIETRO LONGHINO, Op. Cit., p. 175
216
DIRETTIVA 2002/65/CE, art. 1 co. 2.

87
(217). L‟art. 1 co. 2 della direttiva stabilisce inoltre che: “[...] Qualora non vi sia un
accordo iniziale di servizio ma le operazioni successive o distinte della stessa natura
scaglionate nel tempo siano eseguite tra le stesse parti contrattuali, gli articoli 3 e 4
si applicano solo quando è eseguita la prima operazione. Tuttavia, ove nessuna
operazione della stessa natura sia eseguita entro un periodo di un anno, l'operazione
successiva è considerata come la prima di una nuova serie di operazioni e, di
conseguenza, si applicano le disposizioni degli articoli 3 e 4”. Qualora l‟interazione
tra le parti si svolga in una serie di operazioni simili non governate da uno specifico
accordo, la direttiva prevede la propria applicazione al momento dello svolgimento
della prima operazione e poi, successivamente, qualora trascorra più di un anno tra
un‟operazione e l‟altra: si assume infatti che una tal intervallo tramporale faccia
decadere il nesso logico economico tra le operazioni che giustificava l‟assenza di
ulteriore attivitò informativa. Un‟interpretazione letterale dello stesso art. 1. co. 2
potrebbe condurre alla conclusione che, in assenza di un accordo contrattuale
iniziale, la direttiva viene applicata solo per quanto riguarda gli obblighi informativi
nei confronti del consumatore, sanciti dagli articoli 4 e 5, ma non per quanto attiene
le rimanenti disposizioni, quali il diritto di recesso (218). Il problema è stato risolto
dal Legislatore italiano, il quale, nel recepire la direttiva, all‟art.67bis co.2 del D.Lgs.
206/2005 richiama tutta la normativa di riferimento, non solo gli articoli
corrisponenti agli art. 4 e 5 della direttiva. Il fornitore del servizio finanziario deve
comunicare le condizioni contrattuali al consumatore su supporto durevole. L‟art. 5
della direttiva stabilisce infatti che: “Il fornitore comunica al consumatore tutte le
condizioni contrattuali nonché le informazioni di cui all'articolo 3, paragrafo 1, e
all'articolo 4 su supporto cartaceo o su un altro supporto durevole, disponibile ed
accessibile per il consumatore in tempo utile, prima che il consumatore sia vincolato
da un contratto a distanza o da un'offerta”. La stessa direttiva fornisce una
definizione di supporto durevole all‟art.2 lettera f), dove si stabilisce che è supporto
durevole “[..] qualsiasi strumento che permetta al consumatore di memorizzare
informazioni a lui personalmente dirette in modo che possano essere agevolmente
recuperate durante un periodo di tempo adeguato ai fini cui sono destinate le
informazioni stesse, e che consenta la riproduzione immutata delle informazioni

217
PIETRO LONGHINO, Op. Cit., p. 175

88
memorizzate”. La direttiva non si limita comunque alla definizione generale del
supporto durevole ma, al ventesimo „considerando‟, fornisce esempi concreti, atti a
identificare il mezzo con cui l‟informazione deve essere fornita nell‟ambito
dell‟attuale panorama tecnologico: “I «supporti durevoli» comprendono in
particolare i dischetti informatici, i CD-ROM, i DVD e il disco fisso del computer
del consumatore che tiene in memoria messaggi di posta elettronica, ma non
comprendono i siti Internet tranne quelli che soddisfino i criteri di cui
alla definizione di supporto durevole”(219). I siti Internet, quindi, non sono
considerati supporti durevoli, a meno che l‟architettura del sito non soddisfi ai
requisiti stabiliti all‟art. 2 lettera f). Un sito internet in cui fossero predisposte pagine
web riservate, a cui fosse cioè possibile accedere solo tramite una specifica user id e
password, ed in cui fosse disponibile una funzione di download delle informazioni
potrebbe essere considerato confacente alle disposizioni della direttiva (220).
Il fornitore di servizi finanziari ed il consumatore sono le due controparti dei
contratti, conclusi per via telematica, analizzati dalla direttiva. Il fornitore è “[..]
qualunque persona fisica o giuridica, pubblica o privata, che, nell'ambito delle
proprie attività commerciali o professionali, è il fornitore contrattuale dei servizi
oggetto di contratti a distanza”(221). La definizione in questione è affinata dai
„considerando‟ n. 18 e n.19: in essi si stabilisce che non sono oggetto della direttiva
prestazioni di servizi effettuate occasionalmente e in assenza di una struttura
finalizzata alla conclusione di contratti a distanza, ma la direttiva si applica anche
agli intermediari che partecipino a una qualche fase del processo di
commercializzazione (222). Il fornitore assumerà quindi ogni responsabilità nei
confronti del consumatore anche per le situazioni che siano imputabili
all‟intermediario cui egli si è rivolto nel corso della commercializzazione a distanza.
Tuttavia, la formulazione al condizionale del „considerando‟ 19 e la subordinazione
della sottoposizione degli intermediari alla disciplina al grado di partecipazione alla
transazione lasciano dubbi sull‟applicabilità della regola agli intermediari nel vari

218
PIETRO LONGHINO, Op. Cit., p. 176
219
DIRETTIVA 2002/65/CE, considerando (20)
220
PIETRO LONGHINO, Op. Cit., p. 176
221
DIRETTIVA 2002/65/CE, art. 2 lettera c)
222
PIETRO LONGHINO, Op. Cit., p. 177

89
casi concreti possibili (223). Il considerando n.4 prevede che per “[...] il buon
funzionamento del mercato interno è essenziale che i consumatori possano negoziare
e concludere contratti con un fornitore insediato in altri Stati membri,
indipendentemente dal fatto che il fornitore sia o meno legalmente stabilito nello
Stato membro di residenza del consumatore”. La direttiva 2000/31/CE sul
commercio elettronico determina, al considerando n.19, la definizione di
stabilimento del prestatore: “Il luogo di stabilimento del prestatore va determinato in
base alla giurisprudenza della Corte di giustizia delle Comunità europee, secondo la
quale la nozione di stabilimento implica l'esercizio effettivo di un'attività economica
per una durata di tempo indeterminata mediante l'insediamento in pianta stabile.
Tale condizione è soddisfatta anche nel caso in cui una società sia costituita a tempo
determinato [...]”. Il dettato della direttiva prosegue identificando il lugo di
stabilimento nell‟ambito di servizi prestati più specificamente tramite Internet:”[...]
Il luogo di stabilimento, per le società che forniscono servizi tramite siti Internet,
non è là dove si trova la tecnologia di supporto del sito né là dove esso è accessibile,
bensì il luogo in cui tali società esercitano la loro attività economica. Se uno stesso
prestatore ha più luoghi di stabilimento, è importante determinare da quale luogo di
stabilimento è prestato il servizio in questione. Nel caso in cui sia difficile
determinare da quale dei vari luoghi di stabilimento un determinato servizio è
prestato, tale luogo è quello in cui il prestatore ha il centro delle sue attività per
quanto concerne tale servizio specifico”. La presenza di mezzi tecnici e tecnologie di
supporto al sito Internet non è quindi sufficiente a determinare lo stabilimento, che è
invece identificato dal luogo in cui l‟attività economica viene prestata (224).
La regolamentazione della legge applicabile all‟attività dei fornitori è realizzata dai
commi 1 e 2 dell‟art. 3 della direttiva 2000/31/CE. In essa si stabilisce che “1. Ogni
Stato membro provvede affinché i servizi della società dell'informazione, forniti da
un prestatore stabilito nel suo territorio, rispettino le disposizioni nazionali vigenti
in detto Stato membro nell'ambito regolamentato. 2. Gli Stati membri non possono,
per motivi che rientrano nell'ambito regolamentato, limitare la libera circolazione
dei servizi società dell'informazione provenienti da un altro Stato membro”. In tal
modo si potranno prestare servizi nei territori di tutta l‟Unione, essendo sottoposti nel

223
PIETRO LONGHINO, Op. Cit., p. 177

90
contempo alla legislazione di uno solo degli Stati, vale a dire alla legge dello stato
entro cui il fornitore a la sua sede principale (225). La parte contraente la quale
dermina la necessità dell‟applicazione della disciplina in questione è il consumatore,
definito all‟art.2 lettera d) come “[...] qualunque persona fisica che, nei contratti a
distanza, agisca per fini che non rientrano nel quadro della propria attività
commerciale o professionale”. Ciò che viene a contare, quindi, non è il tipo di
contratto o la figura del contraente, bensì lo scopo.

4.3.2 Il quadro normativo italiano e gli obblighi informativi verso


il consumatore.
La direttiva 2002/65/CE ora discussa venne recepita in Italia con il D.Lgs. n.
190/2005, che riprodusse in modo pressoché testuale la normativa comunitaria (226).Il
D.Lgs. n. 190/2005 è stato successivamente abrogato con D.Lgs n.221/2007 che ha
provveduto ad inserirne la disciplina nel D.Lgs. n. 206/2005, il Codice del Consumo,
nella sezione IVbis. I principi fondamentali posti alla base della regolamentazione
relativa alla commercializzazione dei servizi finanziari a distanza sono gli obblighi
informativi nei confronti del consumatore prima della conclusione del contratto ed il
riconoscimento del diritto di recesso (227).
Mentre il diritto di recesso è disciplinato in via esclusiva dal Codice del Consumo, la
regolamentazione degli obblighi informativi spettanti agli intermediari nelle offerte a
distanza è contenuta anche nel TUF e nel regolamento attuativo emanato dalla
Consob così come modificati a seguito del recepimento della Direttiva MIFID (228).
L‟art. 32 del TUF stabilisce che “1. Per tecniche di comunicazione a distanza si
intendono le tecniche di contatto con la clientela, diverse dalla pubblicità, che non
comportano la presenza fisica e simultanea del cliente e del soggetto offerente o di
un suo incaricato. 2. La Consob, sentita la Banca d'Italia, può disciplinare con

224
PIETRO LONGHINO, Op. Cit., p. 178
225
PIETRO LONGHINO, Op. Cit., p. 178
226
PAOLO FIORIO, Offerte a distanza e fuori sede tra testo unico della finanza, nuovo regolamento
intermediari e codice del consumo, in http://www.ilcaso.it/opinioni/90-fiorio-14-01-08.pdf, 2007, p.13
227
PAOLO FIORIO, Op. Cit., p. 14.
228
PAOLO FIORIO, Op. Cit., p. 14.

91
regolamento, in conformità dei principi stabiliti nell'articolo 30 e nel decreto
legislativo 19 agosto 2005, n. 190, la promozione e il collocamento mediante
tecniche di comunicazione a distanza di servizi e attività di investimento e di prodotti
finanziari”. Il Regolamento attuativo venne approvato da Consob con delibera n.
16190 del 29 ottobre 2007. L‟art. 3 lettera a) del Codice di Consumo definisce
consumatore come “la persona fisica che agisce per scopi estranei all'attività
imprenditoriale, commerciale, artigianale o professionale eventualmente svolta”.
Tale definizione risulta coerente con la definizione di consumatore resa dalla
direttiva 2002/65/CE sopra esaminata. Accade tuttavia che il soggetto bisognoso di
tutela tradizionalmente individuato dalla normativa relativa ai servizi di investimento
sia quella dell‟investitore non qualificato, o investitore al dettaglio. Le definizioni di
consumatore e di investitore non qualificato sono diverse e si basano su presupposti
distinti. Nello stabilire l‟ambito di applicazione della normativ sulla promozione e
collocamento a distanza, l‟art. 79 co.6 del Reg. Consob 16190/07 stabilisce che “[...]
Non costituiscono promozione e collocamento mediante tecniche di comunicazione a
distanza le attività svolte nei confronti dei clienti professionali di cui all‟articolo 26,
comma 1, lettera d)” . La definizione di cliente professionale e cliente al dettaglio
viene data dall‟art. 26 co.1 lettere c), d), e) del del Reg. 16190/07: “[...] c) «cliente»:
persona fisica o giuridica alla quale vengono prestati servizi di investimento o
accessori; d) «cliente professionale»: il cliente professionale privato che soddisfa i
requisiti di cui all‟Allegato n. 3 al presente regolamento e il cliente professionale
pubblico che soddisfa i requisiti di cui al regolamento emanato dal Ministro
dell‟Economia e delle Finanze ai sensi dell‟articolo 6, comma 2-sexies del Testo
Unico; e) «cliente al dettaglio»: il cliente che non sia cliente professionale o
controparte qualificata”. Il cliente al dettaglio viene quindi identificato in negativo
come il cliente che non è cliente professionale e non è controparte qualificata ( 229).
L‟Allegato n. 3 del Reg. 16190 identifica due categorie di clienti professionali, vale a
dire i clienti professionali di diritto e quelli a richiesta. I clienti professionali di diritto
sono “[...] (1) i soggetti che sono tenuti ad essere autorizzati o regolamentati per
operare nei mercati finanziari, siano essi italiani o esteri [...] (2) le imprese di
grandi dimensioni[...](3) gli investitori istituzionali la cui attività principale è

229
PAOLO FIORIO, Op. Cit., p. 15

92
investire in strumenti finanziari”(230). Gli altri investitori possono essere considerati
professionali solo dopo una valutazione, compiuta dall‟impresa di investimento,
dell‟esperienza, competenza e conoscenze del cliente da cui emerga che il cliente,
con riferimento ai servizi ricevuti, è in grado di compredere i rischi delle proprie
decisioni di investimento. Al fine di fornire parametri oggettivi alla valutazione
dell‟intermediario, Consob stabilisce altresì, al par. II.1 dell‟allegato III , che “[...] -
il cliente ha effettuato operazioni di dimensioni significative sul mercato in questione
una frequenza media di 10 operazioni al trimestre nei quattro trimestri precedenti; -
il valore del portafoglio di strumenti finanziari del cliente, inclusi i depositi in deve
superare 500.000 EUR; - il cliente lavora o ha lavorato nel settore finanziario per
almeno un anno in una posizione professionale che presupponga la conoscenza delle
operazioni o dei servizi previsti. (231). Emerge quindi che l‟ambito soggettivo di
applicazione degli artt. 67 bis e ss del Codice del Cosumo e del Regolamento
16190/2007 si sovrappongo in maniera illogica: le imprese non possono mai essere
consumatori, ma possono essere clienti al dettaglio ed essere soggette alla sola
disciplina Consob di cui al Reg. 16190/2007, gli investitori sofisticati possono al
tempo stesso essere clienti professionali e consumatori, con la conseguenza che
troverebbero applicazione gli articoli 67 e seguenti del Codice di Consumo, ma non
la disciplina generale sugli obblighi informativi degli intermediari ( 232). Mentre
infatti consumatore è colui che agisce per finalità non professionali, l‟investitore
sofisticato viene definito cliente professionale sulla base di elementi legati alla sua
specifica capacità di comprendere i rischi dell‟investimento. L‟interfernza della
disciplina prevista dal Codice del Consumo con la regolamentazione Consob origina
quindi situazione incongrue, nelle quali per esempio il cliente che non sia
consumatore né operatore qualificato viene sottoposto alla disciplina dei consumatori
se contrae il a distanza e venga invece sottoposto alla sola tutela del Regolamento
Consob quando contragga presso la sede del collocatore.
Riprendendo il dettato della Direttiva 2065/2002, l‟ambito oggettivo di applicazione
degli artt. 67bis e seguenti del Codice del Consumo comprende, come specificato

230
CONSOB, Reg. 16190/07, Allegato n.3,
231
PAOLO FIORIO, Op. Cit., p. 16
232
PAOLO FIORIO, Op. Cit., p. 16

93
dall‟art 67ter, co. 1 lett. b) “qualsiasi servizio di natura bancaria, creditizia, di
pagamento, di investimento, di assicurazione o di previdenza individuale”.
L‟art. 67ter, co. 1 lett. a) rimanda, per la definizione di contratto a distanza, all‟art.
50 co. 1 lett. a) : “contratto a distanza” è quindi il contratto avente per oggetto
servizi finanziari, concluso tra un fornitore e un consumatore ”nell'ambito di un
sistema di vendita o di prestazione di servizi a distanza organizzato dal
professionista che, per tale contratto, impiega esclusivamente una o più tecniche di
comunicazione a distanza fino alla conclusione del contratto, compresa la
conclusione del contratto stesso”.
Paolo Florio, condividendo quindi quanto paventato da Pietro Longhini analizzando
la direttiva 2065/2000, ritiene che la normativa recepita nel Codice del Consumo
abbia applicazione solo qualora siano esclusivamente utilizzate tecniche di
comunicazione a distanza fino alla conclusione del contratto, ritenendo che non
siano soggette alle stesse regole le attività promozionali che sfocino in un contratto
concluso tra presenti. L‟ambito di applicazione del t.u.f. e del Regolamento
Intermediari appare invece più ampio in quanto l‟art. 32 demanda alla Consob la
disciplina della promozione e del collocamento tramite tecniche di comunicazione a
distanza di servizi, attività di investimento e prodotti finanziari ( 233). L‟espressione
promozione e collocamento va intesa in senso alternativo: per l‟applicazione della
normativa è infatti sufficiente che la sola promozione avvenga con tecniche di
comunicazione a distanza (234). Sia l‟art. 67 ter co 1 lett. 3) del Codice di Consumo
che l‟art. 32 TUF identificano il tratto distintivo della comunicazione a distanza nella
mancanza della presenza fisica delle controparti, fornitore e consumatore. Tecniche
di comunicazione a distanza possono quindi essere siti internet, email, fax, telefono
quando le tecniche in questione consentono la coclusione del contratto e non si
limitino alla comunicazione pubblicitaria (235). L‟art.67 bis co. 2 del Codice del
Consumo stabilisce, riprendento con esattezza l‟art. 1 co. 2 della direttiva, che “Per i
contratti riguardanti servizi finanziari costituiti da un accordo iniziale di servizio
seguito da operazioni successive o da una serie di operazioni distinte della stessa
natura scaglionate nel tempo, le disposizioni della presente sezione si applicano

233
PAOLO FIORIO, Op. Cit., p. 18.
234
PAOLO FIORIO, Op. Cit., p. 19.
235
PAOLO FIORIO, Op. Cit., p. 19.

94
esclusivamente all'accordo iniziale. Se non vi e' accordo iniziale di servizio, ma le
operazioni successive o distinte della stessa natura scaglionate nel tempo sono
eseguite tra le stesse parti contrattuali, gli articoli 67-quater, 67- quinquies, 67-
sexies, 67-septies, 67-octies, 67-novies e 67-decies si applicano solo quando e'
eseguita la prima operazione. Tuttavia, se nessuna operazione della stessa natura e'
eseguita entro un periodo di un anno, l'operazione successiva e' considerata come la
prima di una nuova serie di operazioni e, di conseguenza, si applicano le
disposizioni degli articoli 67-quater, 67-quinquies, 67-sexies, 67-septies, 67-octies,
67- novies e 67-decies ". A differenza Pietro Longhino (236), Paolo Florio ritiene che
non solo i contratti cui seguono operazioni esecutive come la gestione di portafogli
ma anche i contratti normativi, cioè gli accordi che, pur non incidendo sulla sfera
patrimoniale, regolano i rapporti tra le controparti, come il rapporto di conto
corrente, non implichino la necessità di una nuova comunicazione ex art. 67 bis co.2.
Si pone un problema di coordinamento tra il TUF e il Regolamento Intermediari di
Consob da un lato e gli articoli di cui alla sezione IV bis del Codice di Consumo.
Infatti, l‟art. 67 bis mantiene in essere, ove non espressamente derogate, le
disposizioni in materia bancaria, finanziaria ed assicurativa e le competenze delle
autorità indipendenti di settore. L‟ art. 67decies precisa invatti che “[...] Sono fatte
salve, ove non espressamente derogate, le disposizioni in materia bancaria,
finanziaria, assicurativa e dei sistemi di pagamento, ivi comprese le attribuzioni
delle rispettive autorità di vigilanza di settore.”.
Il coordinamento può essere risolto applicando il t.u.f. e la disciplina di attuazione
della Consob per gli aspetti non contemplati nel Codice del Consumo o soggetti ad
una disciplina meno rigorosa, ed applicando gli artt. 67bis e seguenti quando la
disciplina del t.u.f. e le norme di attuazione contengono lacune o disposizioni di
minor tutela per l‟investitore al dettaglio (237).
L‟art. 67quater del Codice di Consumo elenca gli obblighi informativi che il
fornitore del servizio deve rispettare prima che il consumatore sia vincolato da un
contratto a distanza o da un‟offerta: “1. Nella fase delle trattative e comunque prima
che il consumatore sia vincolato da un contratto a distanza o da un'offerta, gli sono
fornite le informazioni riguardanti: a) il fornitore; b) il servizio finanziario; c) il

236
PIETRO LONGHINO, Op. Cit., p. 175

95
contratto a distanza; d) il ricorso. 2. Le informazioni di cui al comma 1, il cui fine
commerciale deve risultare in maniera inequivocabile, sono fornite in modo chiaro e
comprensibile con qualunque mezzo adeguato alla tecnica di comunicazione a
distanza utilizzata, tenendo debitamente conto in particolare dei doveri di
correttezza e buona fede nella fase precontrattuale e dei principi che disciplinano la
protezione degli incapaci di agire e dei minori. 3. Le informazioni relative agli
obblighi contrattuali, da comunicare al consumatore nella fase precontrattuale,
devono essere conformi agli obblighi contrattuali imposti dalla legge applicabile al
contratto a distanza anche qualora la tecnica di comunicazione impiegata sia quella
elettronica. 4. Se il fornitore ha sede in uno Stato non appartenente all'Unione
Europea, le informazioni di cui al comma 3 devono essere conformi agli obblighi
contrattuali imposti dalla legge italiana qualora il contratto sia concluso”.
L‟adempimento dei doveri informativi da parte del fornitore deve quindi avvenire
secondo correttezza e buona fede, facendo in modo che il fine commerciale
dell‟iniziativa traspaia in modo inequivocabile e le informazioni stesse devono essere
comunicate con mezzi adeguati alla tecnica comunicazione utilizzata. Il Legislatore
quindi pone l‟accento sulla conformità tra metodologia di trasmissione delle
informazioni e modalità con cui l‟attività di sollecitazione è avvenuta. In caso di
sollecitazione che avenga mediante l‟utilizzo di appositi siti Internet, sarà quindi
necessario che l‟architettura del sito supporti questa attività di comunicazione. La
normativa inerente la comunicazione trova integrazione negli artt. 27 e 28 del
Regolamento Consob 16190/2007 (238). L‟art. 27 stabilisce infatti che: “[...] Tutte le
informazioni, comprese le comunicazioni pubblicitarie e promozionali, indirizzate
dagli intermediari a clienti o potenziali clienti devono essere corrette, chiare e non
fuorvianti. Le comunicazioni pubblicitarie e promozionali sono chiaramente
identificabili come tali”. Notevole il fatto che la disciplina di cui all‟art. 67 bis e
seguenti del Codice di Consumo non pare applicabile alle comunicazioni meramente
promozionali, poiché requisito di applicazione della norma è la conclusione di un
contratto mediante tecniche di comunicazione a distanza: conseguentemente la
disciplina normativa dei messaggi promozionali sarà fornita unicamente dal

237
PAOLO FIORIO, Op. Cit., p. 21
238
PAOLO FIORIO, Op. Cit., p. 22.

96
Regolamento n. 16190 (239). Il secondo comma del‟art. 27 Reg. 16190/2007 prosegue
imponendo agli intermediari di fornire, in una forma comprensibile, informazioni
appropriate affinché i loro clienti, o potenziali clienti, “[...] possano ragionevolmente
comprendere la natura del servizio di investimento [...] e i rischi ad essi connessi
e[...] possano prendere le decisioni [...] in modo consapevole”: l‟enfasi della norma
è ancora posta sull‟eliminazione dell‟asimmetira informativa, trasferendo
sull‟intermediario professionale il costo dell‟analisi del rischio e trasferendo
all‟investitore un livello di conoscienza tale da consentire una negoziazione
informata. In tal modo i principi della Teoria del Mercato Efficiente, viste nel primo
capitoo, vengono ancora una volta trasposte nel dettato della norma positiva.
L‟articolo 27 Reg n.16190, poi, scende nel dettaglio delle informazioni che devono
essere fornite, statuendo che esse devono riferirsi “
a) all'impresa di investimento e ai relativi servizi; b) agli strumenti finanziari e alle
strategie di investimento proposte, inclusi opportuni orientamenti e avvertenze sui
rischi associati agli investimenti relativi a tali strumenti o a determinate strategie di
investimento; c) alle sedi di esecuzione, e d) ai costi e oneri connessi” . L‟art. 28
Reg. n. 16190 stabilisce precise diposizioni cira le informazioni di raffronto tra i
diversi servizi o strumenti finanziari, la possibilità di raffronto con i risultati passati,
di utilizzo di dati storici e di previsione sugli andamenti futuri. Mentre le
informazioni richieste dal Regolamento Consob sono più orientate alla
comunicazione dei dati rilevnati per identificare correttamente i profili di rischio e
opportunità dell‟investimento, gli obblighi informativi posti dall‟art. 67 sexies
Codice del Consumo, “anche perché diretti a disciplinare tutti i possibili servizi
finanziari, rappresentano una versione embrionale dei doveri di condotta degli
intermediari imposti dal t.u.f. e dagli artt. 26-59 del Reg. 16190/2007” (240). La
normativa del t.u.f. e del Reg. 16190/2007 è poi resa applicabile anche ai servizi a
distanza e ai servizi assicurativi finanziari dagli artt. 81 e 87 co. 1 del Reg. 16190: ne
consegue, a parere di Paolo Fiorio, che le disposizioni in tema di obblighi informativi
contenuto nel Codice di Consumo sono “sostanzialmente assorbite da quelle più

239
PAOLO FIORIO, Op. Cit., p. 22.
240
PAOLO FIORIO, Op. Cit., p. 23.

97
specifiche e dettagliate che disciplinano la prestazione dei servizi di investimento”
(241).
Si nota infatti come le informazioni relative al fornitore previste dall‟art. 67
quinquies Codice di Consumo sono comprese nell‟art. 29 Reg. 16190/2007 che
aggiunge alla lett. i) “una descrizione, anche in forma sintetica, della politica seguita
dall‟intermediario in tema di conflitti di interesse” che potrà essere ulteriormente
integrata su richiesta dell‟investitore (242). Similmente, le informazioni sui costi del
servizio richieste dall‟art. 67 sexies lett. b) e g) del Codice di Consumo sono
coincidenti con le previsioni dell‟art. 32 co. 1 del Reg. 16190/2007 (243). Anche per
quanto concerne le caratteristiche ed i rischi connessi al servizio finanziario, l‟art. 67
sexies del Codice del Consumo pare sostanzialmente conforme agli obblighi
informativi richiesti dagli artt. 37 e 38 del Reg. 16190, che prevedono la
sottoscrizione del contratto in cui sono dettagliate tutte le caratteristiche del servizio,
e dall‟art. 31, che impone informazioni sugli strumenti finanziari oggetto del servizio
prestato (244). Il Codice di Consumo contiene obblighi ulteriori rispetto al Reg. 16190
per quanto riguarda il complesso informativo inerente il diritto di recesso (245). L‟art
67septies del Codice di Consumo stabilisce infatti l‟obbligo di fornire le
informazioni riguardanti “[...]l'esistenza o la mancanza del diritto di recesso
conformemente all'articolo 67-duodecies e, se tale diritto esiste, la durata e le
modalità d'esercizio, comprese le informazioni relative all'importo che il
consumatore può essere tenuto a versare ai sensi dell'articolo 67- terdecies, comma
1, nonché alle conseguenze derivanti dal mancato esercizio di detto diritto; b) la
durata minima del contratto a distanza, in caso di prestazione permanente o
periodica di servizi finanziari; c) le informazioni relative agli eventuali diritti delle
parti, secondo i termini del contratto a distanza, di mettere fine allo stesso prima
della scadenza o unilateralmente, comprese le penali eventualmente stabilite dal
contratto in tali casi; d) le istruzioni pratiche per l'esercizio del diritto di recesso,
comprendenti tra l'altro il mezzo, inclusa in ogni caso la lettera raccomandata con

241
PAOLO FIORIO, Op. Cit., p. 23.
242
PAOLO FIORIO, Op. Cit., p. 23.
243
PAOLO FIORIO, Op. Cit., p. 24.
244
PAOLO FIORIO, Op. Cit., p. 25.
245
PAOLO FIORIO, Op. Cit., p. 25.

98
avviso di ricevimento, e l'indirizzo a cui deve essere inviata la comunicazione di
recesso” .

4.3.3 Modlità di trasmissione dell’informazione obbligatoria


secondo al normativa vigente.
L‟art. 67decies del Codice del Consume e l‟art. 36 Reg. 16190/2007 stabiliscono che
le informazioni siano fornite su supporto cartaceo o duraturo. L‟art. 67decies,
prevede che il consumatore ha la facoltà di domandare l‟utilizzo del supporto
cartaceo, mentre l‟art. 36, co. 1 lett. b) del Reg. 16190/2007 consente l‟utilizzo del
supporto duraturo non cartaceo purché il cliente abbia optato per tale modalità di
comunicazione e che la stessa risulti appropriata per la modalità di comunicazione in
essere tra intermediario e cliente. Tale appropriatezza “pare generalmente sussistere
qualora i cliente operi abitualmente tramite internet o via e-mail” 246.
Sia il Reg. 16190/2007 che il Codice del Consumo definiscono in maniera pressoché
identica il supporto durevole, all‟art. 67ter, lett. f) Codice di Consumo, e quello
duraturo, descritto nell‟art. 2 lett. f) Reg. 16190/2007. Tale supporto è identificato
con qualsiasi strumento che permetta al cliente di conservare le informazioni
direttegli in modo che le stesse possano essere agevolmente recuperate e riprodotte
senza mutarne il contenuto, cioè come specificato al 20° considerando della
Direttiva 2002/65/CE, i dischetti informativi, i CD-ROM, i DVD, il disco fisso del
computer. Tuttavia, mentre l‟art. 67undecies Codice del Consumo prevede che tutte
le informazioni, e anche quelle specifiche relative ai servizi di investimento debbano
essere “fornite su supporto cartaceo o su un altro supporto durevole”, l‟art. 34 co. 3
e co. 5 del Reg. 16190/2007 limita tale dovere solo ad alcuni degli obblighi di
informazione imposti agli intermediari, vale a dire quelli relativi all‟intermediario ed
ai servizi prestati ex art. 29; quelle concernenti la salvaguardia degli strumenti
finanziari e delle somme di denaro della clientela ex art. 30; agli strumenti finanziari
ex art. 31; ai costi ed agli oneri; alla classificazione dei clienti come clienti al
dettaglio, professionali o controparti qualificate ex art. 35; alla strategia di

246
PAOLO FIORIO, Op. Cit., p. 25.

99
esecuzione degli ordini ex art. 46 (247). Non è invece espressamente previsto che
debbano essere fornite su supporto duraturo le informazioni relative alle
caratteristiche del cliente, necessarie per la prestazione dei servizi di consulenza e di
gestione di portafogli di cui all‟art. 39, l‟avvertimento di non appropriatezza delle
operazioni ex art. 42, co.3, nonché l‟informazione, che può essere fornita in formato
standardizzato, che in caso di prestazione del servizio di execution only
l‟intermediario non è tenuto a valutare l‟appropriatezza delle operazioni di
investimento. Nessun riferimento all‟obbligo di utilizzare un supporto duraturo è
inoltre presente all‟art. 37 che disciplina il contenuto del contratto quadro per la
prestazione dei servizi di investimento e all‟art. 38 relativo al contratto di gestione di
portafogli di investimento (248). Partendo dall‟osservazione che l‟art. 87, co. 2 Reg.
16190/2007, il quale disciplina la distribuzione di prodotti finanziari assicurativi
mediante tecniche di comunicazione a distanza, derogando all‟art. 34 co. 3 e co. 5,
prevede che l‟adempimento di tutti gli obblighi informativi debba avvenire mediante
la consegna di un supporto cartaceo o di altro supporto duraturo disponibile ed
accessibile per il contraente, anche se l‟informazione può essere anticipata
verbalmente, Paolo Fiorio sostiene che “[...] pur in assenza di una specifica
disposizione regolamentare che preveda l‟obbligo di utilizzare un supporto cartaceo
o duraturo per tutte le informazioni imposte nella promozione e nel collocamento a
distanza, l‟art. 67undecies cod. cons, da un alto, e l‟art. 87, 2° co. del Reg.
16190/2007, dall‟altro, possono far fondatamente ritenere che per tutte le operazioni
a distanza tutti i doveri di informazione debbano essere adempiuti utilizzando un
supporto cartaceo o duraturo. Sarebbe infatti irragionevole ritenere che l‟utilizzo di
tale strumento informativo sia obbligatorio solo per la commercializzazione a
distanza di prodotti finanziari assicurativi, e non invece per la prestazione di servizi
di investimento relativi ad altri prodotti o strumenti finanziari” (249). Le medesime
esigenze di tutela del cliente il quale deve poter disporre di uno strumento di agevole
consultazione per verificare il contenuto delle clausole contrattuali e le altre
informazioni fornite dall‟intermediario paiono infatti sussistere in entrambi i casi

247
PAOLO FIORIO, Op. Cit., p. 26.
248
PAOLO FIORIO, Op. Cit., p. 26.
249
PAOLO FIORIO, Op. Cit., p. 26.

100
(250). Mentre la Direttiva 2002/25/CE non consente, al ventesimo considerando, che i
doveri di informazione possano essere adempiuti utilizzando siti internet, tranne i
casi in cui i criteri della definizione di supporto durevole sono applicabili al sito
stesso, l‟art. 36 Reg. 16190/2007 prevede che alcune delle informazioni possano
essere fornite tramite un sito internet anche qualora non indirizzate personalmente al
cliente (251). L‟utilizzo del sito per adempiere i doveri di informazione imposti
all‟intermediario è tuttavia “consentito solo in alcuni specifici casi ed al ricorrere di
specifiche condizioni dirette ad assicurare l‟idoneità di tale mezzo di comunicazione
che, rispetto all‟invio del supporto cartaceo o durevole, presuppone un
comportamento attivo dell‟investitore il quale deve reperire in maniera autonoma le
informazioni” (252). Il sito internet è utilizzabile per fornire le informazioni; relative
all‟intermediario ed ai servizi indicate all‟art. 29; concernenti la salvaguardia degli
strumenti finanziari e delle somme della clientela di cui all‟art 30; inerenti gli
strumenti finanziari di cui all‟art 31; relative ai costi e gli oneri di cui all‟art 32;
concernenti i termini contrattuali di cui all‟art. 34; e relative alla strategia di
esecuzione degli ordini di cui all‟art. 46. Tale elenco, a di di Paolo Fiorio, è da
ritenersi tassativo. Le informazioni possano essere fornite tramite il sito internet solo
se il cliente vi acconsente esplicitamente, se “ricevere elettronicamente l‟indirizzo ed
il punto specifico del sito dove siano reperibili le informazioni che devono essere
sempre aggiornate ed accessibili per tutto il periodo di tempo in cui il cliente può
avere la necessità di acquisirle” (253). L‟art. 36 co.3 Reg. Consob 16190/2007
stabilisce inoltre che “Ai fini del presente articolo, la fornitura di informazioni
tramite comunicazioni elettroniche viene considerata come appropriata per il
contesto in cui il rapporto tra l‟intermediario e il cliente si svolge o si svolgerà se vi
è la prova che il cliente può avere accesso regolare a Internet. La fornitura da parte
del cliente di un indirizzo e-mail ai fini di tale rapporto può essere considerata come
un elemento di prova”. E‟ quindi l‟intermediario a dover valutare, sulla base delle
caratteristiche del cliente, ivi compresa età e propensione all‟utilizzo del mezzo

250
PAOLO FIORIO, Op. Cit., p. 27.
251
PAOLO FIORIO, Op. Cit., p. 27.
252
PAOLO FIORIO, Op. Cit., p. 27.
253
PAOLO FIORIO, Op. Cit., p. 27.

101
informatico, se la comunicazione per via elettronica delle informazioni sia da
considerarsi appropriata (254).
L‟art. 67novies fornisce poi una disciplina, non presente nel Reg. 16190/2007,
dedicata alla comunicazioni telefoniche, stabilendo le caratteristiche della telefonata
e le specifiche infomarzioni che devono essere comunicate (255).

4.3.4 Il diritto di recesso.


Il D.Lgs 164/2007 ha eliminato l‟estensione dell‟art. 30, sesto comma del t.u.f. ai
contratti ed alle proposte a distanza, ponendo così temine a un problema di
coordinamento tra il D.Lgs 190/2005 e l‟art. 30, co 6, che “poteva continuare a
trovare applicazione per gli operatori non qualificati diversi dai consumatori,
determinando così una scomposizione degli strumenti di tutela degli investitori che
appariva disarmonica ed irrazionale” (256).
Il diritto di recesso per i servizi finanziari a distanza è quindi disciplinato
unicamente dal Codice del Consumo. Per ovviare a inconvenienti della precedente
regolamentazione che la dottrina ha identificato nel danno in cui poteva incorrere il
consumatore a causa sospensione dell‟efficacia del contratto per sette giorni in
mercati finanziari spesso volatili e nell‟utilizzo pretestuoso del diritto di recesso per
evitare transazioni rivelatesi sconvenienti, l‟art. 67 duodecies, co.5 del Codice di
Consumo, esclude l‟applicabilità del diritto di recesso e, conseguentemente, della
sospensione dell‟efficacia del contratto, “per i servizi finanziari, diversi dal servizio
di gestione su base individuale di portafogli di investimento se gli investimenti non
sono stati già avviati, il cui prezzo dipende da fluttuazioni del mercato finanziario
che il fornitore non e' in grado di controllare e che possono aver luogo durante il
periodo di recesso” (257). La norma poi elenca, a titolo esemplificativo, i servizi
finanziari riguardanti operazioni di cambio, strumenti del mercato monetario, valori
mobiliari, quote di OICR, i contratti a termine su tassi di interesse, gli swaps, le
opzioni per acquistare o vendere qualsiasi strumento finanziario. Per usare le parole
di Paolo Fiorio, “l‟ambito di applicabilità dello ius ponitendi nella prestazione dei

254
PAOLO FIORIO, Op. Cit., p. 27.
255
PAOLO FIORIO, Op. Cit., p. 28.
256
PAOLO FIORIO, Op. Cit., p. 29
257
D.LGS 206/2005, art. 67 duodecies, co.5

102
servizi di investimento a distanza risulta pertanto limitato ai soli contratti di gestione
di portafogli di investimento, ai contratti normativi per la prestazione del servizio
relativamente ai quali non siano stati impartiti ordini di investimento, ai piani
pensionistici individuali, e, parrebbe, alla sottoscrizione di prodotti finanziari
assicurativi emessi da imprese di assicurazione” (258). Inoltre, l‟art. 67 duodecies, co
5 lett. c) ricomprende tra i contratti cui non è applicabile il diritto di recesso quelli
“interamente eseguiti da entrambe le parti su richiesta scritta del consumatore
prima che quest‟ultimo eserciti il suo diritto di recesso”. Al dubbio se la norma
preveda che servizi investimento a cui si applica il diritto di recesso, o le gestioni
patrimoniali, o contratti normativi, o aventi ad oggetto piani pensionistici individuali
o prodotti finanziari assicurativi, possano essere esclusi dal diritto di recesso sulla
base di una richiesta del consumatore, Paolo Fiorio ritiene di poter dare una risposta
negativa: il co. 5 lett. c), infatti, fa menzione di contratti completamente eseguiti da
entrambe le parti, “situazione questa che mal si attaglia ai rapporti continuativi,
quali il servizio di gestione, i prodotti finanziari assicurativi ed i piani pensionistici
individuali che presuppongono una continua attività gestoria da parte
dell‟intermediario” (259). Il consumatore ha la possibilità di recedere dal contratto nel
termine di quattordici giorni. Il termine è prolungato a trenta giorni per le polizze vita
ed i piani pensionistici individuali, Il termine decorre in via alternativa “a) dalla data
della conclusione del contratto, tranne nel caso delle assicurazioni sulla vita, per le
quali il termine comincia a decorrere dal momento in cui al consumatore e'
comunicato che il contratto e' stato concluso; b) dalla data in cui il consumatore
riceve le condizioni contrattuali e le informazioni di cui all'articolo 67 undecies, se
tale data e' successiva a quella di cui alla lettera a)”(260). Nella pendenza del
termine di recesso, l‟efficacia dei contratti relativi ai servizi di investimento, a
differenza di quelli relativi ad altri servizi finanziari) è sospesa, tranne che il
consumatore ne richieda l‟esecuzione immediata , come previsto all‟art. 67terdecies.
Il recesso non deve essere motivato ed è comunicato, prima della scadenza del

258
PAOLO FIORIO, Op. Cit., p. 29
259
PAOLO FIORIO, Op. Cit. p. 30
260
D.LGS 206/2005, art. 67 duodecies, co.3

103
termine mediante lettera raccomandata, o con gli altri mezzi indicati dal fornitore del
servizio (261).
L‟art. 67 duodecies del Codice del Consumo, a differenza dell‟art. 30 t.u.f., prevede
che quando siano utilizzate tecniche di comunicazione a distanza lo ius poenitendi
opera solo in presenza di contratti conclusi. L‟art. 67 duodecies co 3 fa decorrere il
termine per il recesso e la sospensione dell‟efficacia del contratto dalla data di
conclusione del contratto o, se successiva, dalla comunicazione delle informazioni su
supporto duraturo (262). Il fatto che l‟art. 67 duodecies, co.3 lett. a) specifichi, per le
assicurazioni sulla vita, che il termine per il recesso inizia a decorrere dalla
comunicazione al consumatore della conclusione del contratto, induce Paolo Florio a
leggere questa prevision come un‟indicazione che solo per le polizze vita l‟inizio
dell‟esecuzione non puoò essere considerata, ai sensi dell‟art. 1327 c.c., momento di
conclusione del contratto. Per tutti gli altri servizi finanziari diversi dalle polizze
vita, in presenza di una proposta contrattuale sottoscritta dal consumatore e di una
sua richiesta di esecuzione immediata il contratto potrà considerarsi concluso con
l‟inizio di esecuzione da parte del fornitore del servizio (263). Tale regola pare
applicabile solo qualora non sia richiesta la forma scritta, come nel caso dei contratti
inerenti i servizi di investimento ex art. 23 t.u.f e le gestioni patrimoniali ex art. 24
t.u.f., a parere dell‟Autore desterebbe perplessità in quanto il consumatore potrebbe
non conoscere con precisione il momento in cui ha avuto inizio l‟esecuzione, quindi
il dies a quo dal quale decorre il termine per recedere. Si potrebbe ovviare a tale
inconveniente, anche in considerazione dei principi generali di correttezza e buona
fede, ritenendo che il fornitore del servizio debba comunicare su supporto duraturo
l‟inizio dell‟esecuzione del contratto ex art. 1327 co. 2 c.c. in tempo utile per
consentire l‟esercizio del diritto di recesso (264).
Gli effetti del recesso del consumatore di servizi finanziari a distanza sono
disciplinati diversamente rispetto alle offerte fuori sede. L‟art. 30, co. 6 t.u.f.
stabilisce che il recesso non deve comportare spese o corrispettivi, gli artt. 67
duodecies e 67 terdecies prevedono che il consumatore “è esentato dal pagamento di

261
PAOLO FIORIO, Op. Cit., p. 30
262
PAOLO FIORIO, Op. Cit., p. 31
263
PAOLO FIORIO, Op. Cit., p. 31
264
PAOLO FIORIO, Op. Cit., p. 32

104
penali, ma non dal versamento del corrispettivo dovuto per il servizio finanziario
effettivamenteprestato” (265). Si noti che la richiesta di un corrispettivo da parte del
fornitore deve essere proporzionale al servizio eseguito, non deve essere di entità tale
da rappresentare una penale ed è consentita solo se il fornitore del servizio ha
informato il consumatore di tale richiesta e se il contratto è stato eseguito prima del
decorso del termine per l‟esercizio del recesso su richiesta esplicita del consumatore
(266).

4.3.5 Forma dei contratti di investimento a distanza e fattispecie


di nullità
I contratti relativi ai servizi di investimento diversi dalla consulenzadevono rivestire
la forma scritta che “funge principalmente da veicolo del contenuto contrattuale e
risponde alla funzione di assicurare la trasparenza e la conoscibilità delle
pattuizioni contrattuali non predisposte dal cliente”(267). La forma scritta è prevista
dall‟art. 36 Reg. 16190/2007. In presenza di offerte e contratti telefonici è comunque
necessaria la sottoscrizione di un documento cartaceo, mentre per i contratti
telematici è richiesto l‟utilizzo della firma digitale, considerata equivalente alla
forma scritta (268). L‟art. 20, co. 2 D.Lgs 7 n. 82/2005 stbilisce infatti che “[...] Il
documento informatico sottoscritto con firma elettronica qualificata o con firma
digitale, formato nel rispetto delle regole tecniche stabilite ai sensi dell' articolo 71 ,
che garantiscano l‟identificabilità dell'autore, l'integrità e l'immodificabilità del
documento, si presume riconducibile al titolare del dispositivo di firma ai sensi dell'
articolo 21 , comma 2, e soddisfa comunque il requisito della forma scritta, anche
nei casi previsti, sotto pena di nullità, dall' articolo 1350, primo comma, numeri da 1
a 12 del codice civile”.
L‟art. 57 Reg. 16190/2007, tuttavia, prevede che gli “[...] intermediari registrano su
nastro magnetico o su altro supporto equivalente gli ordini impartiti telefonicamente
dai clienti, e mantengono evidenza degli ordini inoltrati elettronicamente dai clienti.

265
PAOLO FIORIO, Op. Cit., p. 32
266
PAOLO FIORIO, Op. Cit., p. 32
267
PAOLO FIORIO, Op. Cit., p. 32
268
PAOLO FIORIO, Op. Cit., p. 32

105
Ciò lascia intendere che la forma scritta sia necessaria solo per la sottoscrizione di
contratti di investimento (269). La norma ripresenta quanto in passato già previsto per
gli ordini telefonici dall‟art. 60, co. 2 Reg. 11522/98 e parzialmente innova con
riferimento agli ordini elettronici, precedentemente oggetto di sola comunicazione
dell‟autorità di vigilanza. L‟obbligatorietà della registrazione degli ordini telefonici
ed il dovere di mantenere un registro degli ordini elettronici per un verso valorizza
l‟esigenza di rapidità e di celerità delle operazioni di investimento e, sotto un diverso
punto di vista, assicurare la massima certezza circa le azioni degli intermediari,
tutelando la trasparenza nei rapporti con gli investitori (270). L‟art. 23 t.u.f. prevede
l‟obbligo della forma scritta per “i contratti relativi alla prestazione dei servizi di
investimento”, ma non determina chiaramente se essa riguardi solo i contratti quadro
o normativi, o anche agli atti esecutivi, quali sono i singoli ordini di borsa. La
dottrina che ha ritenuto che la forma scritta sia prevista solo per il contratto quadro
ha sottolineato che il Regolamento Consob prevede che il contratto per la prestazione
dei servizi di investimento debba indicare le modalità con le quali possono essere
impartiti gli ordini. Altra dottrina ha, correttamente a parere di Paolo Florio,
sottolineato che l‟art. 23 t.u.f. consente alla sola Consob e non invece all‟autonomia
contrattuale di determinare forme alternative a quella scritta per i contratti relativi
alla
prestazione dei servizi di investimento(271). Considerato l‟art. 23 t.u.f. che commina
la sanzione della nullità in caso di violazione della forma prescritta, ovvero non solo
di quella scritta, ma anche delle altre individuate dalla regolamentazione secondaria,
si potrebbe pensare che la forma prescritta ha valore sostanziale. Tuttavia, una parte
della giurisprudenza che ha rilevato come “sia la registrazione su nastro magnetico,
sia l‟evidenza degli ordini elettronici sono inseriti tra gli obblighi di attestazione,
rendicontazione e registrazione e non attengono quindi ai requisiti di validità ed
efficacia dell‟ordine, ma ai doveri funzionali alla corretta trasmissione dell‟ordine,
con la conseguenza che tali formalità possono rilevare per mere finalità probatorie”
(272). Mentre l‟unica sanzione specifica prevista dall‟art. 30 t.u.f. è la nullità relativa

269
PAOLO FIORIO, Op. Cit., p. 33
270
PAOLO FIORIO, Op. Cit., p. 34
271
PAOLO FIORIO, Op. Cit., p. 34
272
PAOLO FIORIO, Op. Cit., p. 35.

106
del contratto qualora sui moduli o formulari utilizzati non sia indicata la facoltà di
recesso, l‟art. 67 septiesdecies co. 4. cod. cons. commina la sanzione della nullità,
rilevabile solo dal cliente, in tre casi: “[...] il contratto è nullo, nel caso in cui il
fornitore ostacola l'esercizio del diritto di recesso da parte del contraente ovvero
non rimborsa le somme da questi eventualmente pagate, ovvero viola gli obblighi di
informativa precontrattuale in modo da alterare in modo significativo la
rappresentazione delle sue caratteristiche”.
L‟intento del legislatore è certamente di riequilibrare la situazione di debolezza del
consumatore e l‟asimmetria informativa che caratterizza i servizi finanziari (273). La
previsione della nullità del contratto si somma al diritto di recesso, coprendo le
situazioni in cui il diritto di recesso è escluso dall‟art. 67 duodecies o non è più
esercitatile per il decorso del relativo termine. Delle tre ipotesi previste solo la prima
si rifà all‟art. 30 t.u.f. allargando l‟ambito di applicazione della nullità, operante
anche in tutte le situazioni in cui il fornitore ostacola il diritto di recesso. Pare quindi
che la nullità del contratto sia invocabile qualora il fornitore ponga in essere
comportamenti tali da escludere lo jus poenitendi accordato al consumatore, in
particolare quando non vengano rispettati gli obblighi informativi circa la possibilità
di esercitare il recesso (274). La terza ipotesi di nullità, quella in cui il contratto a
distanza è nullo in caso di violazione dei doveri di informazione precontrattuale
qualora possa “alterare in modo significativo la rappresentazione delle sue
caratteristiche” pare recepire un orientamento della giurisprudenza di merito che,
proprio in relazione alla prestazione dei servizi di investimento, ha fatto ampio
ricorso alla nullità del contratto in caso di violazione dei doveri di informazione
imposti agli intermediari. La sanzione della nullità assume però connotati particolari
in quanto la fattispecie alla quale essa è applicabile è ricostruita ricorrendo ad
elementi propri di altri rimedi sanzionatori (275). Usando le parole di Paolo Florio,
“[...] mentre l‟alterazione della rappresentazione delle caratteristiche del contratto
può essere accostata all‟annullamento per errore, la significatività di tale
alterazione può richiamare il requisito dell‟importanza dell‟inadempimento
necessario per la risoluzione del contratto ex art. 1455 c.c., rappresentando allo

273
PAOLO FIORIO, Op. Cit., p. 36
274
PAOLO FIORIO, Op. Cit., p. 36
275
PAOLO FIORIO, Op. Cit., p. 37

107
stesso tempo un requisito necessario per l‟accertamento del nesso causale” (276).
Non sembra possibile stabilire con certezza se la normativa intenda la nullità in
concreto o se invece sia sufficiente una valutazione in astratto che consegua dalla
violazione di norme imperative secondo quanto stabilito dall‟art. 1418. co. 1 cc., o se
invece si debba distinguere tra violazione di doveri di informazione che non alterano
l‟equilibrio contrattuale e altri che invece ne implicano l‟annullamento. Paolo Florio
sostiene che “ci si può limitare ad affermare che la nullità può essere dichiarata in
tutte quelle situazioni in cui un inadempimento informativo dell‟intermediario non
consenta all‟investitore di effettuare una scelta consapevole di investimento e di
valutare le caratteristiche del contratto o l‟effettivo livello di rischio delle singole
operazioni” (277). Resta il dubbio se i profili di nullità evidenziati dall‟art. 67 septies
decies debbano essere considerati in tutto eccezionali, legati alle caratteristiche della
mancata compresenza delle parti, o possa invece estendersi anche ad operazioni
concluse tra presenti.

4.4 Conclusioni: elaborazione di uno schema di valutazione


della normativa di riferimento.
Come si è visto, il vigente diritto positivo inerente la sollecitazione del pubblico
risparmio per via telematica, quindi, ha le proprie radici nella Direttiva 2002/65/CE,
ora recepita, nella sezione IVbis del D.Lgs. n. 206/2005, il Codice del Consumo. La
commercializzazione dei servizi finanziari a distanza trova poi disciplina secondaria
nel regolamento Consob approvato con delibera n. 16190 del 29 ottobre 2007,(278)
che va a sostituire il predente Regolamento Intermediari n. 11522/1998. Lo schema
di seguito riportato vuole riassumere la posizione delle varie fonti normative citate
sia rispetto agli assunti della Efficient Capital Market Theory vista nel Capitolo I che
rispetto all‟utilizzazione degli strumenti offerti della Lex Informatica analizzata nel
precedente Capitolo III. Dopo l‟analisi della normativa effettuata nelle pagine
precedenti, pare di poter affermare che l‟ordinamento italiano ha recepito le istanze
di giuridico economiche poste alla base della regolamentazione dei mercati mobiliari
così come evidenziate nel capitolo primo. Di converso, il legislatore non sembra

276
PAOLO FIORIO, Op. Cit., p. 37
277
PAOLO FIORIO, Op. Cit., p. 38
278
PAOLO FIORIO, Op. Cit, p. 14.

108
avere mai utilizzato con determinazione le potenzialità offerte dalla
regolamentazione dell‟architettura di Internet per ottenere i propri scopi normativi.
Internet e la struttura dello spazio virtuale vengono infatti menzionati ma non mai
sono posti obblighi specifici e puntuali in capo agli scrittori del Codice. Questa
potrebbe in effetti rivelarsi una strada percorribile in caso il Legislatore voglia porre
in essere controlli più stringenti sull‟attività degli intermediari.

109
Posizione nel Utilizzo strumentale
modello della della Lex Informatica
Norma Fonte Articolo
Efficient Capital per raggiungere gli
Market Theory obiettivi.
Obblighi informativi
Direttiva Unione Ventunesimo conformi ai requisiti
2002/65/CE Europea Considerando di alta efficienza del
mercato
Ventesimo Requisiti del Codice per
“ “
Considerando trasmiss. Informazione
Diciannovesi
mo
Unione Luogo di stabilimento
2000/31/CE Considerando
Europea in Internet
e art. 3
direttiva
Norma tesa
Conformità della
all‟eliminazione
D.Lgs. n. Stato comunicazione di
Art. 67 quater dell‟asimmetria
206/2005 Italiano informazioni al canale
informativa: Alta
di interazione
efficienza
Norma tesa
all‟eliminazione
Reg.
Consob Artt. 27 e 28 dell‟asimmetria
16190/2007
informativa: Alta
efficienza
Idoneità del mezzo
informatico a
Reg. comunicare
Consob Art. 36
16190/2007 informazioni in
relazione caratteristiche
del cliente

Figura 3 La regolamentazione di diritto positivo in relazione alla teoria giuridico economica

110
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112

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