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X1 X 2 Xn
Xo
n
Le differenze fra i risultati delle determinazioni eseguite e il
valore pi conveniente si definiscono errori apparenti
(scarti ):
v1=X1-Xo, v2=X2-Xo, ., vn=Xn-Xo
Le analoghe differenze nel caso si conosca il valore vero si
definiscono errori veri.
Classificazione degli errori
Gli errori che si commettono nelleseguire le misure possono
essere:
Grossolani: sono dovuti a qualche svista nellesecuzione delle
misure. Non sono temibili se si fanno pi misure e saltano subito
allocchio. Conviene per cercare la causa;
Sistematici: si commettono quando si usa uno strumento o un
metodo di misura che fa sempre sbagliare nello stesso senso
(segno costante). Operando con cura sono individuabili, possono
essere corretti oppure si usano gli strumenti con metodi che
consentano di eliminarli (per es. le letture coniugate per gli
angoli);
Accidentali: sono dovuti a cause diverse, possono essere positivi
e negativi e hanno di solito valori molto piccoli. Sono quelli
considerati dalla teoria degli errori.
Quando gli errori commessi nella misura di una
grandezza sono accidentali e loperazione viene ripetuta
pi volte, essi vengono considerati variabili casuali
(aleatorie) e trattati con metodi statistici.
Grossolani
Errori Sistematici
Accidentali
Curva di Gauss
Se si fanno numerose misure di una grandezza nota (per es. la somma
degli angoli interni di un triangolo) e si calcolano gli errori veri si trova
sperimentalmente che tali errori soddisfano a due leggi:
-quelli positivi sono presso a poco tanto numerosi quanto i negativi;
- quelli piccoli sono pi numerosi di quelli grandi (si addensano cio
intorno allo zero).
Se si distribuiscono quindi gli errori su un asse delle ascisse, si divide
lintervallo totale in cui essi cadono in tanti intervalli Dx e si calcola la
frequenza f = ni/n dellerrore in ciascun intervallo, si troveranno numeri
decrescenti man mano che ci si allontana dallorigine.
ni= numero errori in Dx
Riportiamo allora su ogni intervallo x
n = numero totale errori un rettangolo con ordinata y tale che
sia: yi x = ni/n (tale cio che larea del
y
hA hB
le ordinate nellorigine sono: e
flesso
1 flesso
m (1)
h 2
che rappresenta il valore che la funzione di Gauss assume nei due flessi
della curva. Invece della (1) si preferisce utilizzare la seguente:
x12 x22 ....xn2
m (2)
n
Lespressione (2) per funzione degli errori veri che, come si detto, non
si conoscono.
In pratica, se il numero delle determinazioni n abbastanza
grande, possiamo usare unaltra espressione, sostanzialmente
equivalente e funzione degli errori apparenti (scarti vi ):
X0 X0
= m
X0 X0 X0
p=68,3% p=95,5% p=99,7%
Possiamo allora definire come tolleranza (errore temibile) il
valore:
3
t 3m
h 2
La probabilit che uno scarto qualsiasi, ottenuto dallesperien-za,
sia interno allintervallo t pari a 0.997 (99.7%). Praticamente la
probabilit di ottenere errori esterni allinter-vallo t quasi nulla,
si da attribuire a cause probabilmente non accidentali la eventuale
presenza di scarti superiori alla tolleranza.
In tale evenienza buona norma eliminare tale valore e calcolare
di nuovo la media.
X1 x, X2 x, X3 x, ..... Xn x
n
vi2 min
i 1
Consideriamo tale somma (funzione di ):
f( ) = (X1 )2 + (X2 )2 + + (Xn )2
e cerchiamo il valore 0 che la rende minima, uguagliando a zero la
sua derivata prima rispetto a e risolvendo per :
2(X1- ) + 2(X2- ) + .+ 2(Xn- ) = 0;
0 = (X1 + X2+ + Xn)/n
Questo valore, per la funzione f( ) non pu essere un massimo in
quanto una somma di quadrati sempre crescente al crescere (in
valore assoluto) delle basi; quindi 0 il valore che rende minima la
somma dei quadrati degli errori. Tale principio porta a scegliere
(come il postulato della media) come valore pi attendibile di una
grandezza la media aritmetica delle determinazioni eseguite. Il
principio dei minimi quadrati (a fondamento di qualsiasi
procedimento di compensazione) si pu quindi enunciare cos: il
valore pi conveniente della grandezza, e di conseguenza degli
scarti, quello che rende minima la somma dei quadrati degli scarti
stessi.
La media aritmetica gode quindi delle seguenti propriet:
- la somma degli scostamenti da essa delle singole
osservazioni (scarti) nulla:
vi 0
(n 2)
i
In questi casi, lerrore da cui sar affetta la grandezza
dipender dagli errori commessi nel determinare i valori delle
grandezze direttamente misurabili.
Legge di propagazione della varianza
Nel caso (pi frequente) di misure indirette, non condizionate ed
omogenee (con lo stesso operatore e strumento, nelle stesse
condizioni ambientali, con la stessa accuratezza e quasi nello stesso
tempo) vale la legge di propagazione della varianza.
Se una grandezza X combinazione lineare di pi altre grandezza X1,
X2, ., Xn che seguono la legge di Gauss, cio se:
1 p1 2 p2 n pn
p1 p2 pn
in cui si sono indicate con xi le varie osservazioni e con pi i corrispondenti
pesi. Per quanto riguarda i pesi da attribuire alle osservazioni si dimostra
che essi sono inversamente proporzionali alle varianze delle osservazioni
stesse e quindi agli errori medi della media. Si ha cio:
k k k
p1 2
; p2 2
; pn con k = costante arbitraria
m1 m2 mn2
La media ponderata, in analogia a quanto visto per la media aritmetica,
gode delle seguenti propriet:
- la somma degli scostamenti da essa delle singole osservazioni (scarti)
moltiplicati per il corrispondente peso nulla
pi vi 0
- la somma dei quadrati di detti scarti moltiplicati per i corrispondenti pesi
un minimo
pi vi2 min
Sempre in analogia a quanto gi visto, lerrore medio della media
ponderata si ottiene con la formula:
m
m0 pi vi2 varianza pi vi2
con m0 = dellunit m
pi n 1 di peso n 1 pi
mentre il peso della media ponderata la somma dei pesi delle singole
determinazioni:
px0 = p1 + p2 + . + pn
Si supponga di avere misurato 5 volte un angolo in 3 giorni diversi e di
avere ottenuto 3 valori medi con errori medi della media diversi (mi).
= 20g,1520 + 2cc; = 20g,1530 + 4cc ; = 20g,1520 + 8cc
Per definire il valore pi attendibile dobbiamo prima calcolare i pesi
delle singole misure. cos t
Ricordando che: pi poniamo cos t m32 82
mi2
Si avr pertanto: p1 = 82/22 = 16; p2 = 82/42 = 4; p3 = 82/82 = 1
La media ponderata delle nostre misure sar:
X1 X2 Xn
Valore pi attendibile X0
n
vi2
Varianza m2
n 1
vi2
Scarto quadratico medio m
n 1
m
S.q.m. della media m0
n
Risoluzione di uno strumento
Y (m)
1160203.980
1160203.960
1160203.940
1160203.920
1160203.900
54000 54500 55000 55500 56000 56500
Epoch (MJD)
E possibile distinguere tra serie temporali correlate o non correlate a seconda che il
valore assunto da una grandezza y(t) al tempo generico t risulti dipendente in qualche
misura o no dal valore y(t-k) assunto dalla stessa grandezza al tempo (t-k). In una
serie, inoltre possibile determinare landamento o tendenza e escludere dallo studio
statistico eventuali valori che non rientrano nel range di campionamento (come nel
caso del grafico a destra), che prendono il nome di outliers.
La tendenza di una serie viene in genere determinata attraverso modelli di
regressione, di diversa natura (lineare, polinomiale, logaritmica) oppure pu
essere determinata attraverso la determinazione di una media mobile. Nella
figura di destra, ad esempio, la tendenza della serie risulta essere lineare.
LE SERIE TEMPORALI