Sei sulla pagina 1di 7

Giorgio Milani: Immagini nonostante tutto

Marco Senaldi

Lassenza scritta di bianco


Isidora Tesic

I. Retro-immagini

E un fatto poco sottolineato, ma nondimeno sorprendente, che la prima e completa


teoria dei colori, che anche una teoria delle immagini, non sia stata composta da un
pittore o da uno scienziato, ma da uno dei pi grandi scrittori occidentali. La
Farbenleher Teoria dei colori che Goethe scrive, dopo molti sforzi e innumerevoli
esperimenti, tra il 1790 e il 1810, lascia stupiti non tanto per il suo valore scientifico
ma soprattutto per lacume veramente poetico che il suo geniale autore vi ha
riversato.1 Infatti, Goethe il primo a prendere in considerazione non tanto le
immagini che locchio percepisce nel mondo reale, ma le cosiddette immagini
secondarie o doppie che si creano nellocchio quando distogliamo lo sguardo da un
oggetto illuminato. Queste immagini dimostrano che latto di vedere non affatto
una registrazione passiva dei dati sensibili, ma (come a distanza di oltre due secoli le
neuroscienze hanno ampiamente dimostrato2), una riorganizzazione del tutto
soggettiva e creativa delle immagini, ed proprio questa energia creativa ci che
rende possibile la pittura, capace di creare sulla tela un mondo visibile assai pi
compiuto di quanto possa essere quello reale.3
In altre parole, guardare non una percezione fisica, ma un atto poetico.

1
J. W. Goethe, Farbenlehre (1808), hrsg. J. Pawlik, Dumont, Kln 1974; ed. it. La teoria dei colori
[Parte didattica], a c. di R. Troncon, il Saggiatore, Milano 1981.
2
S. Zeki, Inner Vision. An Exploration of Art and the Brain, Oxford U.P., 1999, p. 6: Vision,
therefore, is an active process.
3
Goethe, La teoria dei colori. Introduzione, cit., p. 14.
Il gesto di osservare noi stessi e le cose fuori di noi che, per chi vede, tanto
quotidiano quanto normale, dovrebbe essere vissuto invece ogni volta come un dono
immeritato e meraviglioso. Ma solo gli artisti e i poeti hanno saputo cogliere questo
incredibile privilegio: primi, in quanto produttori di immagini, ma anche i secondi
come dimostra limpegno in questo campo di Goethe poich anche il mondo della
scrittura fa parte indubbiamente delluniverso delle immagini. Anzi: ne fa parte a
maggior diritto delle immagini figurative stesse, dato che le lettere hanno anche il
magico potere di generare immagini ideali di enti che materialmente non ci sono.
Credo che lamore per la scrittura che emana dalle opere di Giorgio Milani si unisca
allamore per la letteratura, espresso nelle serie dei Poetari, dei Libri e dei Q-Save,
proprio sul limite che separa e unisce il visivo e il leggibile, e cio limmagine.
Ma che cos unimmagine? Tradizionalmente, saremmo portati a pensare che
unimmagine una cosa semplice da definire: si tratta della raffigurazione concreta di
un oggetto che si differenzia tanto dalle cose materiali quanto dalla loro
rappresentazione in quanto concetti. Ma questa definizione oggettiva manca
proprio la dimensione soggettiva scoperta da Goethe: essa cio non in grado di
spiegare tutte quelle immagini nate dentro di noi, dal retro degli occhi al centro del
nostro cuore. Limmagine dunque non solo qualcosa di indefinibile, ma qualcosa di
radicalmente ambiguo, qualcosa che sta contemporaneamente da due parti, e resta
sempre in qualche modo inafferrabile.
Questa duplicit, che spesso ci sfugge quando guardiamo unimmagine, implicita
nella scrittura e nel medium stesso della sua riproduzione meccanica, la stampa.
Leggendo una pagina stampata ci dimentichiamo che un calco, un'orma,
unimpronta il rovescio in negativo di un corpo in positivo.
Cos, il lungo itinerario percorso da Giorgio Milani in mezzo ai caratteri tipografici
lignei, suoi compagni di una vita, di cui si abilmente servito per creare quadri,
sculture, e persino imponenti strutture, stato un po come un viaggio dallaltra parte
delle immagini, verso la loro sorgente segreta, un passaggio al di l delle apparenze,
verso un mondo di essenze ideali. Le sue torri di Babele, i suoi quadri di caratteri
tipografici, i poetari in forma di libro, in un certo senso sono come le immagini
secondarie di Goethe, quelle immagini-calco o retro-immagini che, dopo aver visto
unimmagine con gli occhi, si sono stampate nella nostra mente per non andarsene
pi.

II. Sublimazioni e Sindoni

La legge che governa questo bizzarro universo tipografico obbedisce alla regola di
una duplicazione costante. Nel mondo dei caratteri niente una volta sola. Loro
stessi, sono tanti, e spesso doppi. E ognuno stato inchiostrato tante volte, composto
in tante di quelle parole diverse da essere diventato se stesso pi tutte le impronte che
ha lasciato. Del resto, come alla pagina stampata corrisponde la sua matrice
tipografica, al bianco della carta corrisponde il nero dellinchiostro, al liscio del
foglio lo spessore delle lettere, al verso dritto della lettura il rovescio delle righe di
stampa.
E in tanti anni di lavoro Milani ha provato a far giocare queste regole dello
sdoppiamento: ha invertito il dentro delle lettere col fuori della tela, ha sollevato alla
superficie la profondit, ha scambiato laggiungere col togliere, ha messo un vuoto
dovera il pieno, un carattere invece di una parola, un nonsenso dovera un senso e
viceversa.
Lultima serie delle Sublimazioni, pertanto, dove inizia a dominare un bianco quasi
monocromo, stupisce, ma segue la stessa logica: un altro rovesciamento, che lo ha
portato dalla policromia dei tanti inchiostri che si sono sovrapposti in strati invisibili
sui caratteri tipografici, fino allattuale pulizia estrema di un bianco disarmato e
disarmante.
E stavolta un tornare indietro, un tornare al bianco prima della scrittura, al vuoto
prima della parola e dellimmagine, al classico foglio intatto e candido, da cui
inattesa reazione chimica i segni si sono sublimati evaporando.
Se le Torri di Babele (a cominciare dal 1996) e le Torri di Gutenberg (1997) erano
rumorose e affollate di voci, predominavano esibendo i loro caratteri cubitali come i
merli di un castello o come i blocchi di una roccaforte, le ultime opere, che giocano
col simbolo del cerchio e della sfera, hanno abbandonato ogni arroganza, hanno
smesso di stare sulla difensiva, hanno cessato di strepitare. Si direbbe che al tumulto
di Babele seguito un silenzio glaciale, dove le lettere bianche, ridotte a puro
bassorilievo, non aspirano ad aggiungere pi nulla, neanche una riga, a quello che
stato gi detto, scritto o visto.
Anche perch aggiungere qualcosa forse non pi possibile. Il titolo stesso di queste
opere, battezzate non a caso Sublimazioni, stabilisce un parallelo del tutto
contemporaneo tra la fisicit della stampa e lo stato gassoso, nebuloso,
smaterializzato della Rete, luniverso digitale dove la solida corporeit dei caratteri
tipografici stata sostituita dallevanescente intangibilit dei pixel.
Eppure le parole, anche se silenziose e quasi invisibili, si ostinano ancora a stare l.
Non pi appariscenti, ma quasi spettrali, sono il simbolo di questa nostra nuova
dimensione. Ci siamo allontanati, e tanto ormai, dalla Galassia Gutenberg per non
ci saremmo aspettati che essa si sarebbe trasformata in questa nana bianca. Prima di
sparire del tutto la stampa, simbolo di un intero mondo culturale fatto di carta, libri,
figure, personaggi, poesie, sembra voler persistere perlomeno nella nostra memoria.
Cos, la scelta di Milani nelle serie delle Sindoni mi pare molto significativa in questo
senso, e prima di tutto come metodo: se nei lavori degli anni scorsi lartista ha
giocato sulla dialettica tra calco e impronta con la serie dei Frottage, qui invece
lavora piuttosto sulla dialettica tra eccesso e mancanza. Bench sembrino simili, si
tratta di procedimenti molto diversi, e persino inversi: nel frottage, la tela, stesa sui
caratteri di legno, intercetta il colore nei punti in cui gli spigoli delle lettere lo
trattengono; ma qui, tutta la tela invasa da una colata bianca e la spatola toglie il
bianco in eccesso lasciando affiorare la trama neutra della tela proprio l dove
poggiava sui caratteri. Bianca su bianco, incisione a rovescio, ottenuta per via di
levare, questultima serie rinuncia allultimo residuo di scrittura o di stampa: se un
senso c viene fuori come mancanza, affiora alla superficie leggibile solo come
perdita.
Anche le Sindoni non portano a caso il loro titolo: la tela qui come il sudario che
salva le tracce della nostra cultura, e su cu affiorano i caratteri che sono serviti a
stampare tutto il nostro sapere.

III. Intagli

Il lavorio per via di levare delle Sublimazioni e delle Sindoni, rivela lo stato
danimo dellartista, e anche il nostro, verso queste lettere, questa scrittura e questa
stampa, che tanto ci hanno perseguitato e a cui pure dobbiamo tanto. Nella recente
serie degli Intagli su metallo la lettera letteralmente ci che viene ritagliato sulla
superficie e che rimane in bilico tra presenza e assenza, equilibrio instabile su cui le
lettere sembrano oscillare. Il senso nasce non attraverso limpronta, ma a rovescio,
per trasparenza, e leggere vuol dire seguire i bordi, ma anche guardare attraverso e
vedere al di l.
Lumanista Juan Luis Vives un giorno immagin che un critico permaloso,
osservando un ritratto di Drer, gli dicesse che gli sarebbe piaciuto poter vedere la
parte posteriore del volto dipinto. La risposta fu allaltezza dellartista dato che Drer
prontamente replic: Allora, signore, voltate il quadro.4
Di fronte agli Intagli potremmo avere lo stesso desiderio, e allora non ci resterebbe
che voltare la pagina: le lettere ci diranno ancora qualcosa. Finito il tempo dei
caratteri mobili, Milani cambia tecnica, ma stavolta si affida alla poesia. Dopo tanti
quadri e sculture dove le lettere si affollavano senza saper dire pi niente, nasce
questa rinnovata alleanza tra dire e fare, tra scrivere e disegnare, tra tagliare e
comporre.

4
Da: Ernst H. Gombrich, The Heritage of Apelles, Oxford Univ. Press, 1976; tr. it.: Leredit di
Apelle, Einaudi, 1986, p. 181.
Sotto la colata di bianco latteo che sembra voler cancellare tutto, e che ricorda un po
il bianco del film Blindness-Cecit5 (controcanto al buio con cui immaginiamo lo
stato mentale dei non vedenti), la lastra di metallo si anima di parole, si direbbe che
vuole parlare, aprire bocca. Non a caso le poesie di Isidora Tesic sembrano quasi
dei koan occidentali, una specie di versione quintessenziale e minimalista
dellermetismo novecentesco. La loro tessitura si adatta perfettamente al medium a
intaglio scelto dallartista, quanto questultimo rende perfettamente una certa poetica
sottrattiva di quelle: lassenza, che scritta di bianco dichiara Isadora
vige sul cupo rimbombo; altrove invece direttamente il nulla [che] racconta,
oppure sono le stesse assenze che si tacitano a vicenda. Pi che vere e proprie
poesie, questi componimenti richiamano alla mente i famosi truismi di Jenny
Holzer, quegli slogan paradossali che sembravano tratti da pubblicit impossibili.
Solo che questi invece sono dei negazionismi: non sono verit auto-evidenti, ma
anzi sono dei segreti che scelgono il linguaggio, pi che per dire qualcosa, per
nasconderla.
Bucano bene il foglio-schermo su cui Milani le intaglia e fa bene a inciderle, perch
pi che essere state scritte per venire lette, sono state composte per essere guardate, e
per guardare oltre, per permettere di vedere al di l di se stesse.
Goethe aveva colto il senso delle immagini secondarie, quelle che rimangono nella
nostra memoria retinica quando distogliamo lo sguardo da un oggetto illuminato. Gli
Intagli di Milani sono un po come delle poesia secondarie o retro-poesie le
parole che ci persistono nella memoria cerebrale quando abbiamo smesso di leggere.
Non facile dire di primo acchito se si tratti di un messaggio di speranza o di
perplessit, di fede nella forza delle parole (della poesia, dellarte, della cultura) o
di sfiducia in unepoca che ha smarrito le sue tradizioni, il gusto della studiosa
tranquillit, della contemplazione e della lettura.
Ma forse il senso proprio questo: se anche viviamo in un mondo in passivo di
significato, in deficit di senso, in debito di valore, ci che potremo salvare sar
proprio questa immagine in negativo dello stupendo istante in cui un passato
5
Blindness, di Fernando Meirelles, 2008, dal romanzo Cecit, di Jos Saramago, 1995.
riaffiora per lultima volta in tutta la sua lussureggiante sovrabbondanza, prima di
inabissarsi definitivamente.

Potrebbero piacerti anche