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Nuove sintesi per l'Europa.

Intervista a Franco Cardini


Scritto da Redazione
Luned 18 Luglio 2011 22:18
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Colloquio con Franco Cardini a cura della Redazione di
Megachip.

Continuiamo con questa intervista allo storico Franco Cardini


una serie di indagini sulle idee per la Transizione, piccole
introduzioni a pensieri che potrebbero accompagnarci a lungo, ora
che non vogliamo attardarci con gli schemi del XX secolo: la solita
destra-sinistra, le isole culturali incomunicanti, gli scontri di
civilt, il mercato delle idee funzionale alle ideologie
dell'accumulazione, sullo sfondo delle possibilit autodistruttive
della nostra specie. Conosceremo invece menti creative, libri davvero originali, pensieri diversi. Forse conosceremo
soluzioni ai problemi generati da un cambiamento difficile.
1) Professor Cardini, lei ha affermato pi volte di non riconoscersi nellarea politica di destra nella
quale era comunque cresciuto ed aveva mosso i primi passi dellimpegno civile. Cosa rimane, oggi, dei
suoi ideali di allora, e come pensa di rigenerarli in assenza di chiare delimitazioni fra destra e sinistra,
entrambe subalterne al mito dello sviluppo capitalistico ad oltranza?
Unadeguata risposta alla vostra domanda dovrebbe cominciare con unanalisi storica sullorigine della parola Destra
nel lessico politico europeo dalla Rivoluzione francese ad oggi. In sintesi, la parola Destra nasce in contrapposizione
alla parola Sinistra allinizio della grande Rivoluzione, per indicare chi resta fedele al Trono e allAltare in
contrapposizione al valore e allideale nuovo, la Nazione; e chi quindi, coerente con tale scelta, difende i valori delle
comunit locali, dei corpi intermedi e delle loro antiche libertates contro il livellamento individualista ed egalitario
imposto dal giacobinismo. In questo senso storico, che ha assunto nel tempo in una linea che da De Maistre a
Donoso Corts fino a Miguel de Unamuno e a Carl Schmitt un valore metastorico e metapolitico, io resto un uomo di
Destra. Ma, sia chiaro, solo in questo senso. Un senso che investe in modo primario una profonda convinzione: che
siano cio lindividualismo, il primato delleconomia e il progressismo materialista che il giacobinismo ha trasmesso
alla borghesia liberal-liberista otto- e novecentesca i principali nemici della giustizia, della libert e del genere umano.
Il fatto che, fra le rivoluzioni del 1830 e del 1848, una parte appunto di quella borghesia individualista e
progressista, creatrice e promotrice del capitalismo liberistico contemporaneo, ha apparentemente accettato in
quanto spaventata dal crescer del Quarto Stato, dal montare della questione sociale una parte delle posizioni della
Destra tradizionalista: la Nazione e la Patria, nati come valori autenticamente di Sinistra, sono divenuti cos valori di
una Destra nuova, caratterizzata dallalleanza tra i cascami ormai morenti dellancien rgime e le borghesie ben
decise a difendere i loro privilegi (che nascevano in gran parte dal tradimento rispetto ai valori dellEuropa
tradizionale e dallo sfruttamento di situazioni come quella, tipica, della privatizzazione dei beni ecclesiastici).
Daltronde, nella seconda met dellOttocento e anche dopo non stato infrequente che esponenti della Destra
tradizionalista abbiano invece simpatizzato con le Sinistre pi autenticamente rivoluzionarie, convinti che la loro fame
e la loro sete di giustizia fossero, nella sostanza, pi profondamente cristiani della difesa del privilegio, della
sperequazione e dello sfruttamento. Valori e sentimenti di questo tipo hanno orientato esponenti della Destra
metastorica nella simpatia nei confronti per esempio di Georges Sorel e del sindacalismo rivoluzionario.
Lo storico israeliano Zeev Sternhell colui che a mio avviso ha meglio inteso e interpretato questa dinamica storica e
politica (rinvio al suo Naissance de ldologie fasciste, Paris, Fayard, 1989). Nella Firenze degli Anni CinquantaSessanta, il luogo e il periodo della mia formazione (sono nato nel 1940), alla scuola di un giovane pensatore
tradizionalista prematuramente scomparso, Attilio Mordini (1923-1966), si form un gruppo di giovanissimi lardua e
in gran parte oscura ambizione dei quali era collegare i valori metastorici e metafisici dellEuropa di de Maistre e di
Donoso Corts alle lotte politiche del presente. Quei ragazzi passarono attraverso leuropeismo proposto da Jean
Thiriart, che negli Anni Sessanta proponeva di lottare per una Nazione Europea che si svincolasse dai due opposti
blocchi liberista statunitense e collettivista sovietico e creasse una realt nuova, solidaristica e socialista, che si
collegasse con le lotte per la liberazione di quello che allora si definiva il Terzo Mondo. Essi provenivano in gran
parte dal MSI, ma al suo interno avevano simpatizzato per il fascismo movimentista (Berto Ricci ecc.), per la
primissima Falange spagnola (De Rivera, Redondo, Hedilla), per la stessa sinistra nazionalsocialista (i fratelli

Strasser), per il giustizialismo argentino e per il guevarismo; ed erano stanchi dellanticomunismo unilaterale e
dellaccademia socializzante che in quel partito regnava, e che si traduceva in una costante retorica elettoralista
mentre i dirigenti di quel partito, in parlamento, conducevano regolarmente scelte conservatrici e filoccidentalistiche.
Il movimento di Valle Giulia, quando nel 68 i ragazzi di destra che si erano uniti a quelli di sinistra per
protestare contro lestablishment capitalistico-borghese furono trattati da traditori e fatti pestare dalle bande di
Almirante e di Caradonna, fu il segnale che ormai nessun ulteriore malinteso dialogo tra loro e quel tipo di destra
(che riempiva il suo vuoto culturale con le maiuscole, autodefinendosi la Destra) era possibile.
La critica al concetto stesso di Occidente fu uno degli elementi che consentirono al gruppo, numericamente
ristretto, cui appartenevo, di simpatizzare un decennio pi tardi, tra Anni Settanta e Anni Ottanta, per la Nuova
Destra di Alain de Benoist e per le posizioni che in quella direzione venivano portate avanti da altri allora
giovanissimi, guidati da Marco Tarchi. Si deve ad Alain de Benoist di avere rotto con la massima chiarezza con
qualunque equivoco di destra, proponendo di non parlare pi di Nuova Destra bens di Nuove Sintesi.
Si pu dire che almeno dallinizio degli Anni Ottanta gli amici, giovani e meno giovani, che naturalmente con molte
articolazioni e variabili si riconoscevano e che storicamente continuano a riconoscersi in questo main stream politico
e culturale, abbiano cessato definitivamente di dirsi di destra: per quanto possano aver mantenuto a titolo
personale qualche legame di amicizia con persone rimaste per vari motivi allinterno della formazione autodefinitasi
Destra che ha finito per passare in Alleanza Nazionale a infine confluire nella sua quasi-totalit nel partito-azienda
di Berlusconi, una ben triste fine, che qualcuno di loro non meritava ma alla quale avrebbe dovuto sottrarsi.
Attualmente, la mia posizione consiste nellimpegnarmi nei limiti delle mie possibilit per il raggiungimento di
unUnione Europea che sia unautentica compagine politica (non lEurolandia finanziario-bancario-burocratica che
esiste oggi), che si opponga sia al pensiero unico ispirato al conformismo internazionale che oggi trionfa nei mass
media, sia allimpero anonimo (ma non troppo) delle lobbies multinazionali e al suo braccio armato, costituito fino
allesperienza Bush anzitutto dalla superpotenza statunitense, e oggi vivo e attivo anche allinterno di gran parte
dellONU. Credo che la grande battaglia da combattere nel XXI secolo sia quella contro le forze che, con lobiettivo del
profitto e dello sfruttamento del pianeta, lavorano alla sua distruzione.
Le mie posizioni di oggi si identificano largamente in quelle di pensatori come Serge Latouche, Noam Chomsky e
Vandana Shiva.
Come cattolico, ritengo che la grande battaglia cattolica di oggi consista nello stare accanto ai 5/6 del pianeta, a chi
soffre, a chi povero e simpoverisce sempre di pi a causa del criminale assalto del turbocapitalismo internazionale
contro il pianeta, a chi lotta affinch non gli siano rubate almeno laria e lacqua.
Come europeo, il 16 luglio scorso ho fatto parte, da anonimo, alla massa di
centinaia di migliaia di cittadini europei anonimi che sono accorsi a Vienna per
prestare lestremo omaggio alle spoglie di Otto dAsburgo, lultimo erede al
trono imperiale dAustria: nel nome della vecchia Europa che fu distrutta nel
1918 dalliniqua pace di Versailles, la quale scaten nel mondo la follia
dellisterismo nazionalista e la ferocia dellegoismo capitalista progressivamente
sciolto da qualunque forma di controllo.
Esser definito di destra o di sinistra non minteressa: ma le posizioni che
oggi difendo e con le quali solidarizzo sono comunque, in massima parte, ormai
sostenute da formazioni che si dicono di sinistra: questo un fatto. Dal canto mio, mi definisco cattolico, europeista
e socialista. Se qualcun altro mi appiccica altre etichette, affar suo: non mio.

2) Da cattolico quale idea si fatto del ruolo giocato negli ultimi trentanni dalla Chiesa nel processo di
giustificazione dellesistente, ovvero dellattuale sistema dei consumi? sensato aspettarci proprio da un
certo cristianesimo di base la spinta ad un rinnovamento delle categorie etiche e politiche della
post-modernit?
Anche qui, ho molto sperato, e a lungo, nella rinascita di un cattolicesimo tradizionalista che riscoprisse la sacralit
e che si opponesse a un cattolicesimo che negli Anni Cinquanta-Sessanta, specie poi col Vaticano II, sembrava
muoversi a gran passi nel senso della secolarizzazione e dellappiattimento dei valori religiosi, della riduzione
insomma della religione a umanitarismo e a sociologia. Anche il pacifismo cristiano mi sembrava parte di quella resa
della Chiesa dinanzi ai valori della Modernit, insomma di tutto quel che aveva indotto Jacques Maritain a
stigmatizzare quella chiesa che singinocchiava davanti al mondo.
Ma la svolta in gran parte provocata da Giovanni Paolo II ha prodotto e non per colpa di

quel grande pontefice un esito singolarmente negativo: lemergere di una sorta di pseudoneotradizionalismo che identifica la Chiesa cattolica con i valori occidentali moderni,
proclama la Modernit figlia unica e legittima del cristianesimo (dimenticando lo strappo
della rivoluzione moderna, che tra XVI e XVIII secolo avvi e legittim la vittoria
dellindividualismo e dello strapotere delleconomia e della tecnologia consentendo che
lOccidentale, per sostenere, asservisse e sfruttasse tutto il mondo) e bandisce crociate per la
difesa della Cristianit (magari strumentalizzando la tragedia dei cristiani che oggi vengono
uccisi nel mondo, spesso perch chi li sopprime li ritiene - a torto - complici dei crimini
dellOccidente). Questo pseudo-neotradizionalismo sedicente cattolico unautentica lebbra: i cattolici che lo fanno
proprio in buona fede dimenticano che alla Fine dei Tempi Dio non ci giudicher sulla base dellortodossia teologica o
della pratica ecclesiale o della correttezza liturgica, ma sulla sola base dellamore e della carit. Questa la verit
cristiana, che corrisponde alla profezia di Ges nel Vangelo di Matteo, 25, 31-46: e non ci sono sofismi alla von
Hayek, non ci sono chiacchiere alla Novak che tengano.
Giovanni Paolo II, che appena eletto aveva visitato lAmerica Latina inferendo un colpo durissimo alla teologia della
liberazione, nel suo secondo viaggio in quel continente, nel 1979, sinform puntualmente sui crimini delle dittature
dei gorilas spesso, come in Guatemala, sostenute dai servizi statunitensi pi o meno coperti da missioni religiose
protestanti e sul tacito o esplicito appoggio che in alcuni casi gli alti gradi della Chiesa cattolica avevano loro
accordato. Del resto, tra i coraggiosi oppositori di quel blocco criminal conservatore cerano stati anche personaggi
come larcivescovo di El Salvador Oscar Romero, uomo di assoluta fiducia della Santa Sede e oppositore della
teologia della liberazione che per, una volta insediato, si rese conto dellottusit e della spregiudicatezza di chi,
anche fra i prelati cattolici, favoriva una repressione che si presentava come anticomunista mentre puntava solo al
mantenimento dellingiustizia e dello sfruttamento, in linea con gli interessi di lobbies criminali quali la United Fruits
Company. Ma di autentici martiri, quali monsignor Romero, poco si curano gli attuali estensori dei nuovi martirologi
cattolici, per i quali contano solo i martiri uccisi dai fondamentalisti musulmani.
Oggi, non mi aspetto nulla dalle destre cattoliche guadagnate al conservatorismo occidentalista. Confido invece in
alcuni movimenti di base e in alcuni gruppi che svolgono unintensa attivit di tipo ecologistico e solidaristico, che
simpegnano nellaiuto agli immigrati e nella lotta contro il pregiudizio e la discriminazione, che danno vita a un
volontariato capace di divenire nel tempo e che sta gi divenendo un nuovo grande ideale, quello della lotta
capillare per lavvento di un mondo diverso nel quale il malvagio cerchio magico produzione-profitto-sfruttamentoconsumo sia battuto in breccia.
Ancor oggi, troppi cattolici sono teledipendenti acritici e la domenica magari dopo la messa accompagnano la
famigliola nel rito delle infauste gite festive ai centri commerciali. questo conformismo, questo inginocchiarsi
dinanzi al materialismo del profitto e del consumo, che bisogna sconfiggere. Non tutti gli ambienti della Chiesa
cattolica si sono ancora resi conto che questa la grande, sacrosanta battaglia dei nostri giorni. Il governo italiano,
ad esempio, inadempiente dei confronti della lotta mondiale contro lAIDS, rispetto alla quale continua a non
versare i contributi ai quali si era impegnato. Nonostante la crisi economica, o magari proprio per quella, la Chiesa
cattolica dovrebbe stigmatizzare duramente queste inadempienze. Ma pu darsi che essa preferisca accettare dal
governo italiano altri favori, fiscali o di altro tipo, anzich ricordargli i suoi doveri umanitari. da queste vilt che la
chiesa deve guarire.

3) Come legge, professor Cardini, i tentativi di Obama e degli Stati Uniti dAmerica di indirizzare le rivolte
arabe verso esiti U.S.A-compatibili? Crede che esista davvero, nel mondo musulmano, unattrazione
crescente per la democrazia liberale occidentale?
Quando si trattato di battere linfausto Bush, siamo stati tutti obamisti: non cera scelta. Si trattava di essere contro
Bush, che andava battuto con qualunque mezzo e mandato a casa (come in Italia, oggi, bisogna mandare a casa
Berlusconi). Ma la santificazione di Obama stata, negli Stati Uniti come da noi, in una certa misura opera di
ex-bushisti pi o meno pentiti desiderosi di riciclarsi: certe
conversioni, tra i giornalisti e i politici, sono state tra il grottesco e
il patetico. Ci voleva poco, invece, a capire che il presidente Obama
sarebbe stato un bluff, magari al di l delle sue personali
intenzioni. In particolare, Obama ha subaffittato la politica estera
allinfausta signora Clinton, che lavora in una linea si sostanziale
continuit soft rispetto alla gestione dei criminali Cheney, Rumsfeld
e Rice, nonostante levidente fallimento delle loro scelte.
I culs-de-sac afghano e irakeno ne sono la prova. Quanto al mondo
musulmano, non bisogna mai dimenticare che si tratta di un
miliardo e mezzo di persone, maggioritarie in una fascia
intercontinentale che va dal Maghreb al nordovest del subcontinente indiano e che giunge fino al sudest asiatico:

allinterno di quella grande massa di uomini e donne e di quella variet di popoli e di paesi, esiste uninfinita variet di
istanze e di posizioni.
Che nella primavera araba vi fossero anche istanze tese a raccogliere alcuni elementi dalla democrazia
rappresentativa alloccidentale, vero. Ma laffermarlo, se cosa necessaria, non tuttavia sufficiente. Allinterno
dellIslam vi sono anche altre componenti. E in esso nel suo complesso forte la volont di cercare strade nuove, che
siano coerenti rispetto alle molte versioni della cultura musulmana elaborata allinterno di varie realt etniche,
nazionali, sociali eccetera. Daltronde, non va dimenticato che anche lIslam una religione che, a differenza da
quella cristiana, non dispone di centri istituzionali organizzati paragonabili alle Chiese soffre di una forte crisi
derivante dallimpatto con la Modernit e con la Postmodernit: non si possono valutare solo le componenti
fondamentaliste, superficialmente giudicandole oscurantiste e reazionarie nel loro complesso, n quelle
progressiste e occidentalizzanti, giudicandole invece progressiste e compatibili con il nostro mondo e i nostri
trend di sviluppo. La realt pi complessa.

4) Qual , secondo lei, la strada pi realistica e solidale per affrontare lemergenza immigrazione
nellUnione Europea, tenendo conto degli sconvolgimenti sociali che ci aspettano a seguito delle politiche
di austerit imposte, proprio in questi giorni, dal potere dei grandi centri finanziari?
necessario valutare con molto rigore, ma anche con serenit, le possibilit di assorbimento di forza-lavoro
extraeuropea che i vari paesi dellUnione possono sostenere nel loro complesso e presi uno del uno; dotarsi di
strumenti di accoglienza e di solidariet di base in modo da far fronte alle ondate immigratorie senza venir meno ai
doveri umanitari ma al tempo stesso prevenendo per quanto possibile i fenomeni di sovrappopolamento dei profughi
e coinvolgendo in modo serio i paesi mediterranei non-europei in modo da indurli a una seria collaborazione nella
sorveglianza e nel contenimento del fenomeno; favorire dei rimpatri ordinati e provvisti delle necessarie garanzie
(non si pu riconsegnare nessuno a governi in grado di rispondere alle istanze del tempo presente con i soli
strumenti della repressione, della detenzione concentrazionaria e della violenza); mettere a punto strumenti che ci
consentano di porre da canto le soluzioni desuete fondate sia sullassimilazionismo alla francese (che umilia le
persone e le culture), sia sul multiculturalismo allinglese o allolandese (che crea isole di diversi allinterno di
societ che li tollerano e li sfruttano ma che non li comprendono).
Si deve puntare verso nuove sintesi che permettano ai futuri cittadini europei, nati in Europa da genitori
extracomunitari, di vivere nella loro patria europea senza per questo venir meno alle tradizioni dei loro padri o essere
obbligati a dimenticarle e a tradirle.
Quanto alle politiche di austerit, evidente che non si pu
accettare il principio secondo il quale profitti e proventi degli
speculatori (quelli spesso eufemisticamente definiti imprenditori e
azionisti) debbano essere salvaguardati nel nome della ripresa
e dello sviluppo, a spese unilaterali delle categorie a reddito fisso
e dei ceti meno abbienti. Bisogna lottare contro concentrazione
della ricchezza e rendite parassitarie, compresi i profitti finanziari,
che non possono essere salvati attraverso i tagli a quel che resta
dello stato sociale. Gli extracomunitari non vanno considerati
estranei a questa lotta: il lavoro nero, ad esempio, si traduce in
una forma di enorme evasione fiscale che va a danno nostro come
loro. Il punto che oggi ormai purtroppo, in Italia, non esiste pi
una coscienza sociale come parte della coscienza civica.
La grande battaglia sta tutta nella sua ricostruzione e nel coinvolgimento in essa degli stessi extracomunitari. E
bisogna ricominciare tutto da capo, dai giovani, dai ragazzi. Le vecchie generazioni sono perdute: se cos non fosse,
gli operai che oggi sono cinquanta-sessantenni non si sarebbero mai convertiti alla xenofobia leghista. Prendersela
con gli extracomunitari che rubano il lavoro lo stesso errore del cane che, percosso dal padrone, morde il suo
bastone. Bisogna ricominciare da capo: insegnare ad azzannare i padroni. Meglio se alla gola.

5) Nel libro che lei ha scritto assieme a Sergio Valzania, Le radici perdute dell'Europa. Da Carlo V ai
conflitti mondiali, raccorda molti indizi che dimostrano un possibile diverso destino dellEuropa, non
quello poi modellato dagli stati nazionali. Oggi che sono in crisi verticale sia gli Stati nazionali sia il
modello di Europa degli ultimi sessanta anni, e senza un Carlo V allorizzonte, possiamo immaginare un
ulteriore diverso destino storico, un altro cammino culturale e politico per il continente?
Per questo, e non per un sussulto di reazionarismo estetizzante, ero il 16 luglio 2011 a Vienna per render omaggio

alle spoglie dellultimo erede degli Asburgo. LEuropa deve ritrovare se stessa in un cammino che la Modernit ha
interrotto imponendo la vittoria degli assolutismi prima, degli stati nazionali poi. Una scelta
che ci ha regalato due guerre fratricide. Il cammino da riprendere quello interrotto
progressivamente tra Cinque e Settecento: il cammino del solidarismo, della restaurazione
dei corpi intermedi costituiti dalle comunit locali con le loro prerogative e i loro diritti,
del riconoscimento generale di una comune patria europea che fin dal medioevo ha
costruito una cultura fondata sul pluralismo delle lingue e delle tradizioni e sullunicit della
tradizione giuridica ed etica proveniente dallincontro della romanit con il cristianesimo e
con il contributo delle etnie che nelleredit di quelle tradizioni si sono riconosciute.
LUnione Europea nata nel 1951 ha cominciato, come si usa dire, col piede sbagliato: dal
denaro, dalla moneta unica, e dalla istituzioni burocratiche sostenute da unimpalcatura
democratica formale. Ma i popoli sono rimasti fuori da quella impalcatura che hanno pur
subto. Non sono nati difatti n una scuola europea comune per tutti i cittadini futuri, n un
esercito comune (la difesa del nostro continente stata affidata alla NATO), n un vero apparato giurisdizionale.
Secondo i principi della politica internazionale, per costituire una corretta compagine politica occorrono quattro cose:
la Bandiera, vale a dire le istituzioni (noi disponiamo solo di un ipertrofico e costosissimo parlamento Europeo,
dotato di pochi poteri reali); la Moneta (ce labbiamo, leuro: ma da sola non basta); la Toga, cio le istituzioni
giudiziarie (a loro volta confuse); la Spada, cio la difesa (ma lesercito europeo non esiste: rimpiazzato dalla
NATO, vale a dire da una Spada in mano altrui). Bisogna ricominciare da zero, con un obiettivo: la creazione di un
autentico patriottismo europeo, che porti alla fondazione di unEuropa che non sia pi quella dei governi e degli stati,
ma quella dei popoli.
Il primo obiettivo realistico, oggi, il ribadire la volont europeistica di stare insieme contro le tentazioni
micronazionalistiche, le quali servono a dividerci di nuovo per mantenerci al servizio della NATO e delle lobbies
multinazionali, che ovviamente tendono a dividerci per meglio controllarci. Negli Anni Cinquanta, gente come Altiero
Spinelli credeva che lunit europea fosse dietro langolo e silludeva che le superpotenze lo avrebbero permesso.
Mezzo secolo dopo, sappiamo che tutto molto lontano e che i poteri forti mondiali non permetteranno mai il nascere
di unEuropa effettivamente libera, indipendente e unita. Oggi, per sperarvi, ci vuole un sogno coraggioso, al limite
della follia. Bisogna essere al contrario realistici: e chiedere limpossibile.

Franco Cardini si laureato all'Universit di Firenze dove stato allievo del professor Ernesto Sestan, professore ordinario di Storia Medievale prima
all'Universit di Firenze e dal 2006 presso l'Istituto Italiano di Scienze Umane.
Fellow della Harvard University ed ha svolto lavoro di ricerca presso la Fondazione Berenson (Villa "I Tatti") di Firenze.

Ha insegnato Storia medievale nell'Universit di Paris VIII - Vincennes e nell'Universit di Alcal de Henares; "Italian History and Culture" presso il Middlebury
College, Vermont, USA.

Directeur de Recherches presso l'cole des Hautes tudes di Parigi ed stato Gastprofessor nella Freie Universitt di Berlino.

Si occupa principalmente di rapporti fra l'Europa e il mondo musulmano, con particolare riguardo ai pellegrinaggi, alle crociate e agli scambi culturali, ma
partecipa attivamente a numerose iniziative culturali e politiche in tutto il suo vastissimo ambito dinteressi.
membro del Consiglio Scientifico di Alternativa, il laboratorio politico e culturale fondato da Giulietto Chiesa

Alcuni titoli della estesa bibliografia di Franco Cardini

Alle radici della cavalleria m ediev ale, Firenze, La Nuova Italia, 1981, pp. 386, I ed. anast. ivi 1987; nuova edizione, Presentazione di J. Flori, SansoniRizzoli, Milano, 2004, pp.LXIV-608
Quell'antica festa crudele. Guerra e cultura della guerra dall'et feudale alla grande rivoluzione, Firenze, Sansoni, 1982, pp. 386, Il Saggiatore, Milano,
1987, pp. 436, II ed., ivi, 1988
Nel nom e di Dio facemm o vela. Viaggio in Oriente di un pellegrino mediev ale, (con G. Bertolini), Laterza, Roma-Bari, 1991, pp. 202
Guerre di prim avera. Studi sulla cav alleria e la tradizione cavalleresca, Le Lettere, Firenze, 1992, pp. VI+287
Studi sulla storia e sull'idea di crociata, Jouvence, Roma, 1993, pp. 508
Le mura di Firenze inargentate, Sellerio, Palermo, 1993, pp. 324
In Terrasanta. Pellegrini italiani tra Medioev o e prim a et m oderna, Il Mulino, Bologna, 2002, pp. 527
Astrea e i Titani. Le lobbies americane alla conquista del mondo, Laterza, Roma-Bari, 2003, pp. XII-204
Le radici perdute dell'Europa. Da Carlo V ai conflitti mondiali, con Sergio Valzania, Postfazione di Luciano Canfora, Mondadori, Milano, 2006, pp.180
("Saggi")
L'invenzione del nem ico, Sellerio, Palermo, 2006 ("Nuovo Prisma", 67)

Tam erlano. Il Principe delle Steppe, Milano, De Agostini, 2007, pp. 126.
Il Signore della Paura, Milano, Mondadori, 2007, pp.351.
Il caso Ariel Toaff. Una riconsiderazione, Milano, Medusa, 2007, pp. 93.
La tradizione templare. Miti, segreti, m isteri, Firenze, Vallecchi, 2007, pp. 174. 139.
Testim one del tem po. Ritorno a Coblenza, Rimini, Il Cerchio, 2009, pp. 288.
Cristiani perseguitati e persecutori, Roma, Salerno Editrice, 2011, pp. 186.

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