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PROCEDURA PENALE II
LEZIONE V
IL GIUDIZIO
PROF. GIUSEPPE SACCONE
Procedura penale II
Lezione V
Indice
1
Attenzione! Questo materiale didattico per uso personale dello studente ed coperto da copyright. Ne severamente
vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto dautore
(L. 22.04.1941/n. 633)
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Procedura penale II
Lezione V
1 Considerazioni generali.
Quando il procedimento non viene concluso con l'archiviazione, l'esercizio dell'azione
penale pu percorrere sia la via di uno dei possibili schemi di semplificazione processuale
(procedimenti speciali o alternativi) sia quella ordinaria del giudizio 1 .
Quest'ultimo, disciplinato nel libro settimo del codice, comprende il momento centrale e
nevralgico del dibattimento e, rispetto a questo, la fase preparatoria degli atti preliminari, poi il
momento iniziale degli atti introduttivi, quello cruciale della istruzione dibattimentale, in cui si
acquisisce la prova ed infine lo stadio della decisione, che definisce il grado di giudizio.
La centralit del dibattimento, sede naturale della formazione della prova nel contraddittorio
fra le parti, l'esaltazione del rito accusatorio, oltre che per il sistema dialettico in esso operante,
per i principi di oralit ed immediatezza che ivi trovano attuazione. Tuttavia, il costo del
dibattimento, in termini di adempimenti ed impegno di strutture e mezzi, reca in s il limite della
concreta praticabilit: comporterebbe la paralisi della macchina giudiziaria l'eventuale utilizzo
generalizzato del dibattimento.
A limitarne l'inflazione sono preordinati i riti speciali, ad esso alternativi, destinati alla
definizione della maggior parte dei procedimenti mediante procedure semplificate ed abbreviate.
1
E' bene ricordare che al dibattimento si giunge attraverso una delle seguenti modalit, corrispondenti alle
diverse possibilit concesse al P.M. per esercitare l'azione penale:
1.
rinvio a giudizio disposto dal GUP dopo l'udienza preliminare (art. 429);
2.
citazione diretta a giudizio disposta dal PM nel giudizio monocratico (art. 552);
3.
decreto di giudizio immediato disposto dal GIP (art. 456);
4.
decreto di giudizio immediato disposto dal GIP dopo opposizione a decreto penale di condanna (art.
464);
5.
giudizio direttissimo disposto dal P.M.(449).
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eventuale emissione di decreto motivato da parte del presidente del collegio
per spostare la data dell'udienza dibattimentale indicata nel decreto che
dispone il giudizio, anticipandola o differendola (cd. controcitazione); e ci
per giustificati motivi, evidentemente attinenti a profili organizzativi del
lavoro. Del mutamento di data va data informativa alle parti e se trattasi di
anticipazione del dibattimento debbono essere salvaguardati i termini di
comparizione (art. 465);
d)
e)
deposito in cancelleria almeno 7 giorni prima del dibattimento, della lista dei
testi, dei periti e dei consulenti, di cui le parti intendono chiedere l'esame, con
la indicazione delle circostanze su cui deve vertere l'esame medesimo. Va
anche depositata l'eventuale istanza di acquisizione di verbali di prove
raccolte in un altro procedimento. Il codice, invero, impone l'onere di svelare
in anticipo i mezzi di prova dichiarativa che la parte intende assumere in
dibattimento "a prova principale". Se l'onere di previa indicazione dei
nominativi e dei fatti, che saranno oggetto dell'esame, non viene osservato,
scatta la sanzione della inammissibilit del mezzo di prova di cui si chiesta
2
L'assunzione di tali prove richiesta dalle parti al presidente del collegio giudicante previste dall'art. 392,
comma 1.Questi, dispone l'assunzione della prova nella forme previste per il dibattimento, dando avviso almeno
ventriquattro ore prima alla persona offesa e alle parti non richiedenti del giorno, dell'ora e del luogo in cui stato
stabilito che l'atto venga compiuto. L'escussione della prova urgente avviene in una vera e propria udienza
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l'acquisizione3. Il deposito della lista, come dianzi rilevato, abilita la parte a
presentare direttamente all'udienza dibattimentale le persone da esaminare;
tuttavia, per ottenere pi facilmente la comparizione al dibattimento delle
predette persone, la parte pu munirsi dell'autorizzazione del presidente ad
eseguire la formale citazione4. In tal modo, a ciascuna delle parti viene
fornita la possibilit di esaminare le liste presentate in cancelleria dalle altre
parti e conoscere per tempo quella che sar la richiesta di ammissione
probatoria che le altre parti formuleranno nel corso delle richieste introduttive
(art. 493)5. Altra funzione della lista quella di consentire alle parti di
preparare il controesame che intendono svolgere nei confronti dei dichiaranti.
In ossequio al diritto alla prova (art. 190), la presentazione della lista fa
sorgere nella controparte il diritto alla prova contraria correlata, ovviamente,
alle circostanze indicate nella medesima lista. Siccome questo diritto
esercitabile successivamente alla presentazione in dibattimento delle persone
anticipatamente indicate nella lista non vige per esso lo sbarramento della
inammissibilit, n il correlativo obbligo di discovery;
f)
dibattimentale anticipata, celebrantesi con la presenza del pubblico. Il verbale delle prova cos assunta verr inserito nel
fascicolo per il dibattimento.
3
La dottrina tradizionale ritiene che la funzione della lista sia quella di consentire la discovery, e cio di
assicurare una previa conoscenza alle altre parti, in modo da evitare la introduzione diretta in dibattimento di prove a
sorpresa, che comprometterebbero i diritti dell'accusa o della difesa o anche delle altre parti private. Questa la ragione
per cui le prove non indicate nella lista non sono ammesse.
4
Il decreto autorizzatorio del presidente, peraltro, non implica alcun giudizio sulla rilevanza della prova,
spettando una siffatta valutazione direttamente al giudice collegiale dibattimentale. Il presidente, in caso di richiesta di
autorizzazione alla citazione e solo in tal eventualit, pu escludere, a titolo provvisorio, le testimonianze vietate dalla
legge e quelle manifestamente sovrabbondanti.
5
La funzione pi importante delle liste consiste, in sostanza, nel mettere in grado ciascuna delle parti di
esercitare il proprio diritto all'ammissione della prova contraria previsto, nei suoi aspetti "procedimentali", dall'art. 468,
comma 4: in relazione alle circostanze indicate nelle liste, ciascuna parte pu chiedere al presidente del collegio
giudicante la citazione, a prova contraria, di testimoni, periti, consulenti tecnici e imputati connessi o collegati, non
compresi nella propria lista, che si ritiene opportuno, comunque, sentire in dibattimento al fine di screditare, ove
possibile, la posizione contrapposta e di rafforzare la propria strategia processuale.
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essere pronunciata solo dopo aver sentito le parti ed in assenza di opposizione
da parte dei medesimi. Tale sentenza inappellabile, ma ricorribile in
cassazione. L'art. 469 fa salva l'applicazione dell'art. 129, comma 2 c.p.p. che
stabilisce il principio del in dubio pro reo, consistente nel privilegiare la
formula di proscioglimento, nel merito, pi favorevole all'imputato: sicch se
intervenuta un'amnistia, ma emerge dagli atti che l'imputato non ha
commesso il fatto, deve prevalere quest'ultima formula di proscioglimento6.
6
Sotto il profilo dell'applicazione pratica, tuttavia, opportuno osservare che, intervenendo tale eventuale
pronuncia nella fase degli atti preliminari, in cui si dispone del solo fascicolo dibattimentale e non di quello del P.M.,
eventualmente contenente verbali acquisitivi di prove suscettibili di valutazioni nel merito, l'unica formula di merito che
il giudice potrebbe effettivamente valutare in favore dell'imputato quella del fatto non previsto dalla legge come
reato, per effetto di un'eventuale intervenuta depenalizzazione, oppure di un proscioglimento di merito, a condizione
che una siffatta possibilit emergesse dagli atti di un incidente probatorio precedente mente esperito, di cui si possano
esaminare le risultanze dalla lettura del fascicolo dibattimentale.
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3 Le indagini integrative.
Una volta che sia stato emesso il decreto che dispone il giudizio, il pubblico ministero e il
difensore delle parti private e dell'offeso possono compiere un'attivit integrativa di indagine, fatta
eccezione per quegli atti investigativi che esigono la partecipazione dell'imputato o del difensore di
questo (art. 430, comma 1, mod. dalla legge n. 397 del 2000).
In definitiva si possono assumere quegli atti per i quali non occorre dare preavvisi (al
difensore o, rispettivamente, al pubblico ministero ex art. 391-decies comma 3); viceversa, ove
debba essere assunto un atto che preveda il contraddittorio e non sia rinviabile al dibattimento, non
rimane altro strumento se non l'assumerlo come prova urgente .
Il procedimento previsto dall'art. 467 assume un'importanza notevole, perch, secondo
un'attendibile interpretazione Frigo, 1990 l'attivit integrativa delle indagini, compiuta dal
pubblico ministero a norma dell'art. 430, potrebbe non avere piena efficacia probatoria, seppure
trattasi di attivit irripetibile.
Dall'assunzione di prove urgenti, inoltre, pu emergere che il reato per quale sia stato
disposto il giudizio risulti estinto ovvero che l'azione appaia improcedibile, perch non avrebbe
dovuto essere iniziata o proseguita. In tali ipotesi, il giudice pu introdurre il procedimento
camerale di definizione anticipata del giudizio, purch ricorrano due condizioni (art. 469):
che non risulti applicabile l'art. 129 comma 2, secondo cui, quando ricorra
una causa di estinzione del reato ma dagli risulti evidente che il fatto non sussista o che
l'imputato non lo abbia commesso o che il fatto non costituisca reato o non sia previsto dalla
legge come reato, il giudice pronuncia sentenza di assoluzione. Invero, qualora dagli atti
appaia evidente l'innocenza dell'imputato (ad esempio, in seguito alla assunzione di prove
urgenti) il giudice non pu pronunciare sentenza predibattimentale e definire
anticipatamente il procedimento, bens deve procedere a dibattimento.
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limitata conoscenza dei risultati delle indagini preliminari potrebbe, infatti, impedire al giudice di
giungere nella fase predibattimentale all'applicazione dell'art 129 comma 2. Sicch la facolt di
previa opposizione da parte dell'imputato, per un verso, rende compatibile con gli artt. 3, 101 e 102
Cost. il procedimento disciplinato dall'art. 469 (Corte Cost., 9 marzo 1992, n. 91), per altro verso,
giustifica l'inappellabilit della sentenza che lo conclude.
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La decisione di procedere a porte chiuse per l'intero dibattimento (o per alcune parti di esso)
non costituisce per il giudice l'espressione di una facolt, bens di un dovere imposto dalla legge.
Il dibattimento a porte chiuse. In talune ipotesi (previste dall'art. 472, commi 1 e 2) non
solo si deve procedere a porte chiuse ma , altres, vietata la pubblicazione degli atti del
dibattimento (art. 114, comma 4) (4). In altre si procede a porte chiuse, ma consentita la
pubblicazione degli atti del dibattimento.
Vi l'obbligo di procedere a porte chiuse con il divieto di pubblicazione degli atti:
a)
costume sessuale;
b)
dei testimoni ovvero delle parti private in ordine a fatti che non costituiscono oggetto
dell'imputazione.
Vi invece obbligo di procedere a porte chiuse senza divieto di pubblicazione degli atti:
a)
b)
Tuttavia, a prescindere dal titolo del reato per il quale si procede, se occorre esaminare una
persona minorenne, il giudice ha il potere discrezionale di disporre che il relativo esame avvenga a
porte chiuse (art. 472, comma 4). Occorre poi ricordare che i procedimenti a carico di imputati
minorenni si svolgono, di regola, a porte chiuse (art. 33, d.p.r. 22 settembre 1988, n. 448).
Le riprese televisive del dibattimento sono disciplinate dall'articolo 147 disp. att.
Vi un solo caso in cui le riprese o le trasmissioni del dibattimento sono sempre vietate:
allorch si proceda a porte chiuse per motivi di segretezza o riservatezza (art. 147, comma 4). Al di
fuori di tali particolari ipotesi, il giudice autorizza la ripresa, quando vi sia consenso delle parti o, in
mancanza di accordo, quando sussista un interesse sociale particolarmente rilevante alla conoscenza
del dibattimento.
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Si precisa che le notizie da mantenere segrete differiscono da quelle coperte dal segreto di Stato, le quali non
sono conoscibile neanche dal giudice (artt. 202 e 256).
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La ripresa non potr essere autorizzata qualora derivi un pregiudizio al sereno e regolare
svolgimento dell'udienza medesima o alla deliberazione della relativa decisione (v. tav. 3.5.3).
La tematica dell'assistenza dell'imputato all'udienza interferisce non tanto con il carattere
pubblico del processo in virt del quale questi ha diritto di essere presente al dibattimento, anche
quando questo debba celebrarsi a porte chiuse ma soprattutto con le esigenze di disciplina
dell'udienza e con il diritto di difesa. Quando il regolare svolgimento dell'udienza venga
compromesso dal persistente comportamento dell'imputato, inutilmente ammonito, questi viene
coattivamente allontanato dall'aula, salva sua successiva riammissione; nei casi pi gravi il
medesimo viene espulso con provvedimento tendenzialmente definitivo.
L'imposizione della misura pi lieve - allontanamento - compete al solo presidente; la
misura pi grave (espulsione) invece spetta all'intero collegio giudicante, secondo una ratio che
gradua la competenza in base alla gravit del provvedimento.
Il diritto di difesa, oltre che nella libert nella persona (assenza di manette per l'imputato
detenuto), si manifesta per l'imputato, allontanato e anche espulso dall'aula, nella facolt di
rientrarvi non solo per avere l'ultima parola, in sede di dichiarazioni finali, ma anche per essere
sottoposto all'esame, da lui richiesto o consentito, nonch per esercitare il diritto di presentare
memorie scritte.
La concentrazione, le questioni incidentali e pregiudiziali. Il principio della concentrazione
si manifesta nella tendenza ad esaurire il dibattimento nella medesima udienza oppure, in caso di
necessit, in udienze cronologicamente ravvicinate s da soddisfare l'esigenza della celere
amministrazione della giustizia.
Inoltre, il principio della concentrazione, cui il dibattimento improntato, esige che non vi
siano intervalli di tempo tra l'assunzione delle prove in udienza, discussione finale e deliberazione
della sentenza. La rigida sequenzialit tra le varie fasi del dibattimento garantisce che la decisione
sia il prodotto fedele delle risultanze del processo e che i lunghi intervalli temporali non rischino di
ingannare la memoria dell'organo giudicante.
Proprio alla scopo di favorire tale celerit contemplato che sulle questioni incidentali il
giudice si pronunci immediatamente.
Sono tali le questioni procedurali attinenti ad eventuali irritualit verificatesi nella fase
dibattimentale. Avendo esse ad oggetto singole attivit, possibile affermare che tali questioni si
pongono quali incidenti (o parentesi) all'interno del dibattimento.
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penale tenuto a sospendere il processo, in attesa che il giudice civile, in separato processo, decida
la questione con sentenza passata in giudicato.
In tal caso, la sospensione del processo ancorata alla sussistenza di tre requisiti (art. 3):
a)
La sospensione ammissibile solo nella fase processuale (cio dopo la chiusura delle
indagini preliminari) e non nel corso del procedimento (cio nella fase delle indagini preliminari).
Conseguenziale al carattere accusatorio del processo, e quindi all'assenza di una verit
precostituita da ricostruire ed appurare in dibattimento il divieto di arresto del testimone in
udienza per fatti concernenti il contenuto della deposizione, ossia di fatti idonei ad integrare ipotesi
di testimonianza falsa o reticente, favoreggiamento personale, calunnia e simili.
Infatti, la ipotizzabilit di tali reati intimamente collegata alla valutazione delle emergenze
probatorie, che verranno acquisite nella successiva fase dibattimentale e dunque un ordine d'arresto
in aula sarebbe prematuro in quanto implicherebbe acquisizioni probatorie non ancora avvenute.
Inoltre, la minaccia dell'arresto potrebbe risolversi in uno strumento di compressione
psicologica nei confronti del teste, di cui non stata ancora verificata, nel corso della dialettica
processuale, l'attendibilit e la veridicit delle proprie affermazioni. Peraltro, il divieto di arresto
non impedisce affatto l'esercizio dell'azione penale nei confronti del medesimo per presunta falsit o
reticenza, oppure per comportamenti diversi da quelli relativi al contenuto della deposizione (ad
es.: oltraggio al magistrato, minacce a P.U.).
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5 La contestazione dell'imputazione e la
correlazione tra accusa e sentenza.
Il dibattimento ha per oggetto l'addebito che stato contestato all'imputato con il decreto che
dispone il giudizio.
Nel corso dell'istruzione dibattimentale il pubblico ministero pu modificare l'imputazione
originaria entro determinati limiti e con modalit che garantiscono l'esercizio del diritto di difesa da
parte dell'imputato. L'introduzione di modifiche alla formulata imputazione coerente con il
percorso dibattimentale, teso ad assumere tutte le prove reputate utili alla ricostruzione dei fatti,
quindi anche quelle dagli esiti nuovi e diversi rispetto a quelli originariamente ipotizzati dal
pubblico ministero.
Nel corso dell'istruzione dibattimentale, pertanto, le prove assunte possono indurre il
pubblico ministero a modificare l'imputazione sotto vari profili attinenti al diritto o al fatto.
Le modifiche attinenti al fatto storico: il fatto diverso. Per quel che concerne il fatto storico,
si osserva preliminarmente che esso pu risultare
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Per esemplificare, se sia stata contestata una circonvenzione di incapace (art. 643 c.p.) e si appuri che si tratti
invece di truffa, il giudice pu rettificare il titolo delicti ed deliberare una condanna per il diverso titolo di reato (art. 640
c.p.); analogamente se venga contestato un reato di falso in scrittura privata (art. 485 c.p.), il giudice pu condannare
per uso di atto falso (art. 489 c.p.). Viceversa, se sia stata contestata corruzione (art. 319 c.p.), il giudice non pu
condannare per il pi grave titolo concussivo, eventualmente constatato, atteso che la modifica richiederebbe la
presenza di elementi diversi ed aggiuntivi (abuso della qualit o dei poteri ed induzione).
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3.
evada;
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legittimo impedimento dell'imputato; in caso positivo rinvia l'udienza disponendo una nuova
citazione; in caso negativo, dichiara la contumacia dell'imputato e prosegue oltre;
2.
presenza di un suo legittimo impedimento; in ogni caso il difensore non ha diritto all'avviso
della data di rinvio, se la stessa stata comunicata al difensore nominato in sostituzione, il
quale esercita i diritti ed assume i doveri del sostituto (art. 102, comma 2).
Le questioni preliminari. Nel corso degli atti introduttivi devono essere affrontate e risolte
le questioni preliminari, determinanti contrasto tra le parti.
L'interessato deve dedurle, a pena di decadenza, a dibattimento non ancora aperto, appena il
presidente abbia compiuti gli accertamenti in ordine alla regolare costituzione delle parti. Esse
devono essere decise immediatamente dal giudice, in quanto dalla loro decisione pu dipendere il
prosieguo o meno dell'intero dibattimento (es. questioni di incompetenza territoriale), ovvero la
presenza o meno di talune parti (es. questione sull'ammissibilit della costituzione di parte civile).
La natura processuale di siffatte questioni rende la loro risoluzione logicamente e
giuridicamente preliminare a quella sul merito della pretesa punitiva azionata.
Esigenze di speditezza processuale determinano la sussistenza di uno sbarramento temporale
(collegato alla dichiarazione di apertura del dibattimento) che preclude la possibilit di sollevare
successivamente le questioni preliminari. Secondo l'art. 491 sono tali le questioni concernenti:
a)
b)
probatorio, all'udienza preliminare ed alla citazione in giudizio (art. 181, c.2 e 3);
c)
civile o del civilmente obbligato per la pena pecuniaria ovvero degli enti esponenziali di
interessi lesi dal reato (art. 91);
d)
il contenuto del fascicolo del dibattimento, nel senso che le parti potranno
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e)
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la riunione o la separazione dei giudizi.
E' da notare che non soffrono la preclusione di cui all'art. 491 le violazioni procedurali pi
gravi, come ad esempio quelle concernenti le nullit assolute (art. 179) o l'incompetenza per materia
(art. 21, c.1), le quali esse sono eccepibili e rilevabili anche in momenti successivi alla
dichiarazione di apertura del dibattimento.
Le questioni preliminari sono discusse in modo sintetico dal P.M. e da un difensore per
ognuna delle parti, senza possibilit di replica. Il giudice decide immediatamente tramite ordinanza.
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rinvio del dibattimento, vero e proprio, che si verifica quando esso disposto
prima del compimento degli atti introduttivi (artt. 484 e ss.); a cui consegue l'obbligo di
nuova notifica della citazione, con l'indicazione della nuova data dell'udienza, per le parti
non presenti;
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Quando si tratta di atti o di documenti aventi una funzione probatoria, perci, l'inserimento
nel fascicolo implica, certamente, una delibazione di ammissibilit della prova, anche sotto il
profilo della rilevanza. E, per, solo una delibazione incidentale, priva di efficacia preclusiva o
vincolante, perch la formazione del fascicolo non si inserisce nel procedimento di ammissione
della prova, ma, come rilevato, attiene piuttosto all'individuazione degli atti preventivamente
conoscibili dal giudice del dibattimento.
Nel momento delle richieste di prova, ciascuna parte chiede l'ammissione di tutte le prove,
sia orali che reali, delle quali intende servirsi e precisi anche le fonti che intenda assumere "a prova
contraria", e cio per contrastare prove richieste da altra parte processuale.
In definitiva, le richieste di prova tendono a delineare, nei limiti del prevedibile, l'oggetto
dell'istruzione dibattimentale.
I criteri di ammissione delle prove. Il giudice decide l'ammissione dei mezzi di prova in
base ai criteri resi espliciti nell'art. 190, verificando che essi siano pertinenti, non sovrabbondanti e
non vietati dalla legge.
Atteso che a ciascuna parte spetta un vero e proprio diritto alla prova, il giudice dovr
motivare l'eventuale ordinanza che rigetti la richiesta di ammissione. L'impugnazione contro
l'ordinanza potr essere proposta soltanto unitamente alla sentenza.
L'ammissione della prova contraria. Nella terminologia codicistica, mentre la prova
destinata a dimostrare un fatto favorevole alla parte che la richiede, la prova contraria preordinata
a negare, anche indirettamente, il fatto oggetto della prova articolata dalla parte avversa . L'imputato
ha diritto all'ammissione delle prove intese a negare i fatti oggetto della prova indicata dal pubblico
ministero; il pubblico ministero ha diritto all'ammissione delle prove intese a negare i fatti oggetto
della prova indicata dall'imputato (art 495, comma 2).
La prova contraria non deve necessariamente essere anticipata al momento del deposito
delle liste testimoniali, potendosene chiedere l'ammissione, in ultima istanza, anche nella fase di
richiesta delle prove. 12
La decisione sulla richiesta di ammissione. Il giudice decide sulle richieste di ammissione
delle prove, senza ritardo, mediante ordinanza (art. 190). Le parti hanno il diritto ad una tempestiva
12
La prova pu essere definita contraria quando tende a negare l'esistenza del fatto affermato dalla prova
principale. La prova contraria, se tende a negare l'esistenza del medesimo fatto (es. Caio afferma che non ha visto
Sempronio in quella piazza per tutta la mattina), per legge pertinente. Occorre accertare soltanto se essa sia rilevante,
e cio se sia idonea a formare un elemento di prova (es. Caio quel giorno era notoriamente affetto da una malattia
visiva?).
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pronuncia giudiziale, poich per loro indispensabile sapere subito quali saranno i mezzi di prova
di cui poter disporre al momento dell'istruzione dibattimentale.
L'acquisizione concordata di atti di indagine. consentita l'acquisizione concordata al
fascicolo del dibattimento di atti contenuti nel fascicolo del pubblico ministero, nonch della
documentazione relativa all'attivit di investigazione difensiva (art. 493, comma 3).
Si tratta di una previsione identica a quella che opera al momento della formazione del
fascicolo per il dibattimento, al termine dell'udienza preliminare (art. 431, comma 2). Non ben
chiaro se siffatta acquisizione concordata sia consentita solo nel corso delle richieste di prova o
anche nella successiva fase
l'istituto non ha carattere eccezionale, piuttosto rappresenta una forma dialettica alternativa al
contraddittorio, ed ugualmente espressione del diritto alla prova.
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vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto dautore
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Lezione V
10 L'istruzione dibattimentale.
Il procedimento di ammissione della prova si articola in tre momenti:
a)
prove delle altre parti, secondo un ordine che inizia dalla parte civile, seguita dal
responsabile civile e dalla persona civilmente obbligata per la pena pecuniaria, e termina
con l'imputato;
c)
controversia.
D'altro canto, appunto l'ignoranza degli atti delle indagini preliminari a rendere effettiva
quella presunzione di ammissibilit della prova richiesta dalle parti, che destina il processo alla
verifica delle ipotesi di ricostruzione del fatto da esse formulate. L'esposizione introduttiva serve,
quindi, ad informare il giudice sull'ipotesi di ricostruzione del fatto che ciascuna delle parti
prospetta ed intende verificare, dimodoch egli possa con riferimento a quell'illustrazione accertare
se le prove richieste non siano manifestamente superflue o irrilevanti.
Un maggior spessore argomentativo previsto per l'esposizione del pubblico ministero,
poich questi deve prospettare, sinteticamente, anche le ragioni che sostengono la sua ipotesi
d'accusa, mentre le altre parti possono limitarsi a indicare i fatti che intendono provare, non
incombendo loro di giustificare l'instaurazione di un procedimento.
L'ordine dei "casi". L'ordine nel quale si svolge l'istruzione dibattimentale rispetta i
princpi generali dell'onere della prova (art. 27, comma 2 Cost.) e della disponibilit della stessa
(art. 190 c.p.p.). Invero, spetta a colui che accusa provare la reit dell'imputato. L'ultima assunzione
probatoria, invece, proviene dall'imputato, poich questi ha il diritto di conoscere l'esito delle prove
a carico. La successione dei casi, prevista dal codice, pu essere modificata ove tutte le parti
concordino un ordine diverso (art. 496, comma 2); ci costituisce espressione del principio della
disponibilit della prova.
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Lezione V
mediante escussione dei testimoni, dei periti, dei consulenti e delle parti che
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Lezione V
12 Le escussioni.
I testimoni sono esaminati uno dopo l'altro, secondo l'ordine prescelto dalle parti indicanti. Il
testimone ha l'obbligo, penalmente sanzionato, di rispondere secondo verit, impegnandosi
solennemente e pubblicamente mediante una dichiarazione formale. Tale adempimento previsto a
pena di nullit dell'esame. Il testimone viene altres avvisato delle responsabilit previste dalla legge
nei confronti dei testimoni falsi o reticenti.
Le domande sono rivolte direttamente dalle parti (p.m. e difensori) attraverso il sistema della
cross-examination (art. 498).
Lo svolgimento dell'esame incrociato. L'esame incrociato si articola nei tre momenti
fondamentali dell'esame diretto, del controesame e del riesame (art. 498). I soggetti che pongono le
domande sono il pubblico ministero ed i difensori delle parti private.
L' esame diretto condotto dalla parte che ha chiesto di interrogare il testimone (o altro
soggetto che rende dichiarazioni). Il controesame eventuale, nel senso che le parti, che non hanno
chiesto l'ammissione di quel teste, possono, se lo ritengono, porre a loro volta domande, nell'ordine
prestabilito. Il riesame doppiamente eventuale perch si svolge soltanto se vi stato il
controesame; nel riesame la parte che ha condotto l'esame diretto pu proporre nuove domande.
Passiamo adesso ad approfondire nel dettaglio i tre momenti fondamentali appena
menzionati.
L'esame diretto tende ad ottenere la esposizione orale dei fatti conosciuti dal testimone,
ritenuti utili a dimostrare la tesi dell'interrogante.
Si presuppone che questi conosca previamente le informazioni che il testimone dovr
fornire; il suo scopo quello di dimostrare che il teste attendibile e credibile. Per tale motivo sono
vietate le "domande-suggerimento" (art. 499, comma 3).
Il controesame condotto dalla parte che ha un interesse contrario a quella che ha chiesto
l'esame del testimone (o altro dichiarante) ed eventuale, nel senso che la controparte ha "facolt"
di porre domande alla persona gi sentita nell'esame diretto 13 .
Il controesame pu avvenire sui fatti ovvero sulla credibilit del testimone, o su entrambi gli
oggetti.
13
Lart. 111 Cost. prevede la facolt dellimputato di interrogare o far interrogare le persone che rendono
dichiarazioni a suo carico. Se ne dedurrebbe la facolt per limputato di porre direttamente domande alle persone
esaminate. In realt il codice di rito prevede che le domande siano poste dai difensori (art. 498 comma 1 e 503 comma
2), non dallimputato, privilegiando cos la difesa tecnica rispetto allautodifesa (Cass. Sez. VI, 27.01.2005, n. 2595).
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Lezione V
Il controesame sulla credibilit tende a far dichiarare al testimone fatti che dimostrano la non
credibilit di quest'ultimo (art. 194, comma 2) ovvero a far dichiarare al testimone un fatto diverso o
contrario a quello esposto nell'esame diretto; o ad ottenere dal dichiarante una spiegazione
alternativa del fatto stesso; o, infine, a far ammettere fatti che contraddicono le conclusioni alle
quali pervenuta la controparte.
Nel controesame sono ammesse le domande-suggerimento, volte non solo a saggiare la
reazione del testimone, ma anche a fare in modo che il medesimo cada in contraddizione (art. 499,
comma 3). Con ci si d attuazione al principio secondo cui la prova capace di resistere alle
suggestioni quella che pi si accredita.
Il riesame condotto dalla persona che ha chiesto l'assunzione della testimonianza. Esso
doppiamente eventuale, atteso che avviene soltanto se si svolto il controesame e soltanto se la
parte, che ha chiamato a deporre il testimone, intende procedere al riesame stesso.
La funzione del riesame quella di consentire, a chi ha introdotto la prova, il "recupero"
della sequenza dei fatti, dopo che il controesame ha cercato di mettere in dubbio la loro esistenza;
oppure consente di esporre la ragione di contraddizioni nelle quali il testimone caduto; pertanto
tende a corroborare la validit delle dichiarazioni inizialmente rese.
Il potere di rivolgere domande. Da quanto esposto finora, si ricava che l'esame incrociato
non consiste nella semplice attribuzione alle parti del diritto di porre domande ai testimoni.
Viceversa, si tratta di un congegno articolato e complesso che ha regole precise, il cui scopo
quello di sottoporre il dichiarante alla immediata verifica ad opera delle parti contrapposte.
L'esame incrociato non pu essere sottoposto ad interruzioni. Nel corso del suo svolgimento
le parti hanno unicamente la possibilit di formulare opposizioni sulle quali il presidente decide
immediatamente senza formalit (art. 504) 14 .
Soltanto al termine della sequenza esame diretto controesame riesame il presidente pu
porre d'ufficio domande al testimone (o altro dichiarante). In tal caso, le parti hanno diritto a
concludere l'esame secondo l'ordine prescritto (art. 506, comma 2); e cio si pu rinnovare in tutto
od in parte la sequenza "esame diretto controesame riesame".
Le regole che presiedono all'esame incrociato. Il codice pone regole che riguardano sia il
modo di rivolgere le domande, sia il modo di rispondere alle stesse da parte del testimone (o altro
14
Ad esempio, pu accadere che la domanda stessa sia inammissibile (perch vietata dalla legge) o non
pertinente; ovvero si tratti di una "domanda-suggerimento", formulata, durante l'esame, proprio dalla parte che ha
chiesto la citazione del testimone (art. 499, comma 3).
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Lezione V
dichiarante). Le regole valgono in generale per i tre momenti dell'esame diretto, del controesame e
del riesame; hanno lo scopo di tutelare sia la genuinit della prova, sia il rispetto della dignit della
persona sottoposta ad esame.
Le regole per le domande sono le seguenti.
1.
sono ammesse domande su fatti specifici (art. 499, comma 1). La regola
non vieta tuttavia che una parte chieda al dichiarante di narrare ci che ha percepito. Si vuole
soltanto evitare che il testimone venga a riferire una "lezione imparata a memoria". Inoltre, la
domanda deve avere ad oggetto un fatto "determinato" e non un apprezzamento del
dichiarante (art. 194, comma 3). Il deponente pu fare apprezzamenti soltanto quando
impossibile scinderli dalla deposizione sui fatti.
2.
quelle suggestive, volte invece a suggerire una determinata risposta (es. era molto buio?,
quando non si sia ancora accertato se il fatto sia avvenuto di mattina o di sera). Domande
suggestive sono ammesse, invece, nel corso del controesame, al fine di saggiare l'attendibilit
del teste;
3.
sono vietate le domande che violano il rispetto della persona umana (art. 499,
comma 4), e cio che ledono l'onore o la reputazione del deponente. Tuttavia nel
controesame, quando occorre saggiare la credibilit del dichiarante, il diritto alla prova
prevale sul rispetto della persona: il codice non prevede "materie non indagabili".
Le regole per le risposte. Fra le regole che riguardano le risposte, si possono citare tutti i
casi nei quali il testimone pu astenersi dal rendere dichiarazioni.
Pertanto il testimone ha facolt di non deporre:
a) su fatti dai quali potrebbe emergere una sua responsabilit penale (art. 198,
comma 2);
b) su fatti coperti da segreto professionale (art. 200);
c) su fatti coperti da segreto d'ufficio o di Stato (artt. 201 e 202).
Ancora, il testimone assistito pu non deporre sui fatti di cui all'art. 197, comma 4. Infine, il
testimone ha facolt di astenersi dal deporre nei casi previsti dall'art. 199, qualora sia prossimo
congiunto dell'imputato.
Vi anche una specifica regola che impone al presidente di preservare la genuinit delle
risposte, evitando che il testimone possa carpire suggerimenti mentre depone.
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Lezione V
15 La testimonianza protetta. Quando deve essere esaminato un testimone minorenne il codice prevede forme
particolari, che escludono l'esame incrociato e forniscono maggiore protezione al dichiarante (art. 498, comma 4).
L'esame del minorenne (e analogamente del maggiorenne infermo di mente; C.cost. n. 283 del 1997) condotto dal
presidente dell'organo collegiale, al quale le parti possono chiedere di porre domande o di fare contestazioni da
rivolgere poi al minorenne. Nel condurre l'interrogatorio il presidente pu avvalersi dell'ausilio di un esperto di
psicologia infantile.
16
Si pensi al teste che nel corso delle indagini abbia dichiarato al pubblico ministero di aver riconosciuto
l'assassino indicandone finanche le generalit e in dibattimento, poi, dichiari di non aver riconosciuto l'autore del
delitto.
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Procedura penale II
Lezione V
Ebbene, qualora persista una difformit di versioni e l'interrogato riaffermi una delle due o
non risponda, si pone il problema se quanto sia stato in precedenza narrato possa essere letto in
dibattimento nel corso delle contestazioni ed utilizzato ai fini della decisione o se debbano, invece,
prevalere le dichiarazioni formulate in dibattimento.
Il nostro codice di rito, con la riforma introdotta dalla legge 63/2001 sul giusto processo,
modificando l'art. 500, ha scelto la seconda via, nel rispetto dei principi accusatori. Sono previste
solo alcune eccezioni, nel rispetto del principio della non dispersione dei mezzi di prova, pi volte
affermato dalla Corte Costituzionale.
Alla luce delle suesposte considerazioni, l'art. 500 comma 2 stabilisce che le dichiarazioni
utilizzate per le contestazioni, essendo atti assunti senza la garanzia del contraddittorio, non
possono costituire prova del fatto narrato, ma servono solo per valutare la credibilit della persona
che ha fornito una differente versione o che ha omesso di rispondere sulle circostanze oggetto di
contestazione.
Ci vuol dire che, fatta eccezione per le tassative ipotesi di utilizzabilit piena delle
dichiarazioni predibattimentali, se l'esaminato smentisce in dibattimento un'affermazione fatta nel
corso delle indagini preliminari, la dichiarazione precedente potr essere utilizzata solo per
considerare come inattendibile il dichiarante, ma non per ritenere provato il fatto originariamente
affermato 17 .
Sicch tornando all'esempio dianzi formulato, a fronte di contraddizioni palesi in ordine al
riconoscimento dell'imputato, consentito che il giudice evinca la non attendibilit del teste, ma
non potr utilizzare le dichiarazioni da questi rese nelle indagini, identificanti l'imputato quale
assassino, per motivare la condanna del medesimo 18 .
Tale regola, di natura squisitamente accusatoria (perch non consente agli atti delle indagini
di divenire prova nel dibattimento), soffre per talune eccezioni, nel senso che divengono
utilizzabili come prova del fatto narrato:
17
La Corte Costituzionale, con lordinanza n. 36/2002, ha dichiarato costituzionalmente legittima la nuova
formulazione dellart. 500.
18
Volendo fornire un ulteriore esempio, il testimone pu aver affermato davanti alla polizia giudiziaria che l'auto
dei sequestratori era blu, mentre in dibattimento riferisce che l'auto era rossa. Se, nonostante la contestazione e la lettura
della precedente dichiarazione, il medesimo continui ad affermare che il veicolo era rosso, tale versione ben potr essere
considerata poco attendibile, ma la dichiarazione precedente secondo cui l'auto avvistata fosse blu non potr essere
utilizzata come prova. In definitiva, la contestazione vale, tuttalpi, a scardinare la solidit delle dichiarazioni
dibattimentali, ma non certo a fornire valenza probatoria alla narrazione del fatto resa in precedenza. Occorre tuttavia
chiarire che allorch emergano discrasie nelle dichiarazioni rese dal medesimo soggetto, non vuol dire che il giudice
riterr necessariamente inattendibile ci che il teste abbia affermato in udienza, perch egli decide in base al libero
convincimento.
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1.
Lezione V
le dichiarazioni rese dalla persona informata sui fatti nel corso delle indagini
preliminari, quando risulti, in base ad elementi concreti, che l'esaminando sia stato
sottoposto a violenza, minaccia, offerta o promessa di danaro, al fine di non deporre o di
deporre il falso (art. 500, comma 4) 19 ;
2.
e lette per le
contestazioni dibattimentali sono utilizzabili come prova del fatto soltanto nei confronti
degli imputati che abbiano partecipato alla loro assunzione (art. 500, comma 6). Contro le
altre parti sono utilizzabili come prova della credibilit, o, in caso di accertata
intimidazione o offerta di danaro, come prova del fatto narrato;
3.
fini probatori, se vi sia consenso delle parti (art. 500, comma 7). In tal caso si parla di
acquisizione concordata al fascicolo per il dibattimento di atti contenuti nel fascicolo del
pubblico ministero.
La contestazione non probatoria. La contestazione probatoria non l'unico strumento
per verificare la credibilit di quanto il testimone (o altro dichiarante) afferma in dibattimento. Altre
possibilit possono essere ricavate dall'analisi di talaltre disposizioni codicistiche nonch dalla
complessa dinamica dell'esame incrociato.
Talune prove, acquisite sia nel corso dell'istruzione dibattimentale che nelle fasi anteriori,
possono costituire oggetto di un tipo di contestazione definibile non probatoria.
Questa si riferisce ad atti e documenti contenuti nel fascicolo per le indagini preliminari ed
preordinata a demolire la credibilit del soggetto dichiarante. Cos, ad un teste possono essere
contestate le precedenti contraddittorie dichiarazioni di altro teste.
E', inoltre, possibile contestare al testimone (od altro dichiarante) un documento. Ad
esempio, se il testimone in dibattimento nega di aver mai conosciuto una determinata persona,
l'interrogante pu contestare la circostanza, mostrando al testimone una fotografia (o altro
documento) che lo ritrae col presunto sconosciuto, mentre si stringono la mano.
Questa ulteriore forma di contestazione non probatoria adempie alla funzione di
contraddire una dichiarazione, sempre allo scopo di far emergere una imprecisione o un falsit. Non
19
Un testimone rifiuta di rispondere affermando di essersi avveduto che alcuni membri in una associazione a
delinquere sono presenti in aula al fine di intimorirlo. In una successiva udienza viene prodotta la relazione di servizio
di un agente di polizia penitenziaria il quale nel corso della precedente udienza dibattimentale aveva notato la presenza
tra il pubblico di tre ex detenuti che, con una sorta di dialogo fatto di sorrisi, gesti ed occhiate, avevano intimorito il
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Procedura penale II
Lezione V
necessario che il documento sia stato ammesso all'inizio del dibattimento, dal momento che, in
quella fase, non se ne prevedeva la rilevanza in rapporto alle risposte effettivamente rese dal
testimone (o altro dichiarante).
Anche siffatta prova pu essere contestata al dichiarante perch, in base all'art. 194, comma
2, l'esame pu estendersi alle circostanze il cui accertamento sia necessario per valutarne la
credibilit.
dichiarante. In base a tali elementi il giudice pu ritenere l'esistenza di una intimidazione sul dichiarante ed acquisire al
fascicolo per il dibattimento le dichiarazioni rese nel corso delle indagini.
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Procedura penale II
Lezione V
13 Le letture.
Sebbene il sistema accusatorio esiga, di norma, che le prove vengano formate innanzi al
giudice dibattimentale, acquisendo forma e vita alla sua presenza, esistono circostanze nelle quali
necessario precostituirli gli atti aventi valenza probatoria.
Le soluzioni adottate si proiettano in due direzioni.
Da un lato, anticipare la formazione della prova a partire gi dalle indagini preliminari o
nella fase dell'udienza preliminare mediante l'istituto dell'incidente probatorio, ovvero nel corso
degli atti preliminari al dibattimento (atti urgenti). Dall'altro, si prevista la possibilit di procedere
alla lettura di atti formati fuori dal dibattimento acciocch gli stessi, acquisiti al relativo fascicolo,
acquistino idoneit probatoria.
Tale soluzione consente la trasmigrazione di atti dal fascicolo del pubblico ministero a
quello dibattimentale e mira, altres, a valorizzare, ai fini della formazione della prova, le risultanze
delle indagini preliminari, nel rispetto del principio di non dispersione dei mezzi di prova,
frequentemente ribadito dalla Corte Costituzionale.
Gli atti compiuti in momenti anteriori al dibattimento che possono essere oggetto di lettura
sono contenuti in parte nel fascicolo per il dibattimento ed in parte nel fascicolo del pubblico
ministero.
I verbali degli atti contenuti nel fascicolo per il dibattimento possono essere letti solo dopo
l'esame della persona (art. 511, comma 2). Se l'esame del dichiarante non ha luogo, si procede alla
lettura integrale dell'atto.
La lettura differisce dalla contestazione perch, mentre questa viene mossa nel corso
dell'esame del dichiarante la lettura, viceversa, viene disposta quando l'esame si sia concluso o
quando non abbia avuto luogo.
Per effetto della lettura l'atto viene posto a fondamento della motivazione della sentenza.
Per quel che concerne gli atti contenuti nel fascicolo del pubblico ministero essi possono
essere letti solo se divenuti non ripetibili in dibattimento. La lettura ammessa solo se la non
ripetibilit sia dovuta ad una impossibilit di natura oggettiva; pertanto la lettura vietata se la non
ripetibilit derivi da una scelta soggettiva del dichiarante, come pu avvenire, ad esempio, quando il
prossimo congiunto dell'imputato, dopo aver reso dichiarazioni alla polizia giudiziaria o al pubblico
ministero, in dibattimento si astenga dal deporre ai sensi dell'art. 199.
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Lezione V
In luogo della lettura il giudice pu, in alternativa, indicare gli atti utilizzabili per la
decisione (art. 511, e. 5). Tale indicazione equivale a lettura. La norma mira ad evitare inutili
lungaggini di letture di atti che le parti gi conoscono. In ogni caso, se una parte lo richiede, deve
darsi lettura agli atti contenenti dichiarazioni.
L'indicazione delle letture ammesse, , comunque, tassativa, essendo vietata, a norma
dell'art. 514, la lettura non espressamente consentita.
Altri atti di cui pu essere data lettura, sono: i verbali di prova di altri procedimenti (art. 51,
comma1bis), se sono acquisibili ai sensi dell'art. 238; gli atti acquisiti dalla P.G., dal P.M., dai
difensori o dal GUP, quando per fatti o circostanze imprevedibili sia sopravvenuta l'impossibilit di
ripetizione (art. 512: es. persona informata che abbia reso dichiarazioni ai sensi dell'art. 351 e che
successivamente sia deceduta); le dichiarazioni rese da persona residente all'estero, a condizione
che sia assolutamente impossibile l'esame dibattimentale e che sussistano altri elementi di prova gi
acquisiti che giustificano l'utilizzabilit delle dichiarazioni (art. 512bis); dichiarazioni rese
all'udienza preliminare da testi e parti ed imputati in procedimento connesso o collegato raccolte
mediante cross-examination (art. 514, e. 1, seconda parte); dichiarazioni rese dall'imputato nelle
indagini preliminari o nell'udienza preliminare, qualora il medesimo successivamente nel
dibattimento rimanga contumace, assente ovvero rifiuti di rispondere all'esame. In tal caso, su
richiesta di parte, pu darsi lettura delle precedenti dichiarazioni.
Come dianzi rilevato, le letture hanno, comunque, una funzione di mera integrazione della
prova orale, potendo essere disposte solo dopo l'esame della persona che le ha rese, a meno che
l'esame non abbia luogo.
E' da ritenere, per che, potendo essere disposta anche la lettura delle dichiarazioni acquisite
nell'incidente probatorio costituisca un'autonoma modalit di acquisizione della prova e sia
ammissibile anche se non sia stato richiesto e ammesso il pur possibile esame del dichiarante.
Sicch sarebbe consentito dare lettura, ad esempio, delle dichiarazioni rese in incidente
probatorio da un teste di cui non si sia chiesto il pur possibile esame dibattimentale.
La disposizione dell'art. 511 comma 2 viene, quindi, a svolgere una funzione regolatrice
dell'escussione pi che delle letture, in quanto tende ad impedire che la lettura pregiudichi la
genuinit dell'escussione; ma non impedisce che la lettura svolga una funzione sostitutiva di una pur
possibile escussione.
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20
Le sezioni unite della Cassazione hanno affermato che, ove il giudice ammetta d'ufficio una prova, resta
comunque salvo il diritto delle parti all'ammissione della prova contraria, valevole anche nei confronti del potere di
iniziativa esercitabile dal giudice (Cass SS UU Pen. 18.12.2006, n. 41281).
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15 La discussione finale.
La discussione finale, che ha inizio quando terminata l'istruzione probatoria, consente al
pubblico ministero e ai difensori delle parti private di formulare le proprie conclusioni.
L'ordine degli interventi disciplinato in modo che l'accusa pubblica e privata parte civile
precedano la difesa dell'imputato, attuando cos il principio dell'onere della prova.
Inoltre, le conclusioni del pubblico ministero sono formulate prima di quelle della parte
civile, quasi a sottolineare la posizione di accessoriet di questa, che tendenzialmente interviene in
ordine alle questioni connesse al risarcimento del danno derivante dal reato.
Le conclusioni del difensore del responsabile civile e della persona civilmente obbligata per
la pena pecuniaria precedono quelle del difensore dell'imputato.
Il pubblico ministero e i difensori delle parti private possono replicare; ma la replica
ammessa una volta sola e deve essere contenuta nei limiti strettamente necessari per la confutazione
degli argomenti contrapposti.
La discussione finale diretta dal presidente dell'organo giudicante, che ha il potere di
impedire ogni divagazione, ripetizione e interruzione.
L'imputato ed il suo difensore devono avere, a pena di nullit, la parola per ultimi, se la
chiedono (art. 523, comma 5).
Di regola la discussione non pu essere interrotta per l'assunzione di nuove prove, se non in
caso di assoluta necessit (art. 523, comma 6).
Tuttavia, se questa si verifica, il giudice provvede, a norma dell'art. 507, sia su richiesta di
parte, che d'ufficio. Se la prova richiesta da una parte decisiva, il giudice obbligato ad
ammetterla; un eventuale diniego, tuttavia, non pu essere sottoposto a controllo mediante
l'impugnazione della sentenza.
Terminata la discussione, il presidente dichiara chiuso il dibattimento (art. 524).
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Lezione V
impongono, altres, una sollecita redazione della motivazione della sentenza. Di regola, la
motivazione della sentenza viene redatta in un secondo momento e depositata in cancelleria nel
termine ordinario di quindici giorni ovvero, qualora la motivazione si presenti particolarmente
complessa, in un termine pi lungo non eccedente comunque il novantesimo giorno da quello della
pronuncia.
Nei casi pi semplici, pu darsi contestualmente lettura del dispositivo e delle ragioni della
decisione adottata, sempre che non ostino rilevanti difficolt alla estensione contestuale della
motivazione stessa. La contestualit di pubblicazione sia della parte motiva che di quella dispositiva
della sentenza consente l'accelerazione dei tempi procedurali, grazie anche alla soppressione della
formalit dell'avviso di deposito della decisione per le parti presenti o da considerarsi tali.
Invero, solo quando sia stata redatta contestuale motivazione, e se ne dia lettura o se ne
faccia un'esposizione riassuntiva, la pubblicazione equivale a notificazione della sentenza per le
parti che sono o devono considerarsi presenti all'udienza. Dalla notificazione scatta la immediata
decorrenza dei termini per l'impugnazione (art. 585).
Attenzione! Questo materiale didattico per uso personale dello studente ed coperto da copyright. Ne severamente
vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto dautore
(L. 22.04.1941/n. 633)
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Lezione V
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del reato (art. 157 c.p.), oblazione nelle contravvenzioni (artt. 162 e 162-bis c.p.) e perdono
giudiziale per i minorenni (art. 169 c.p.).
Se nel corso del procedimento emerga una causa estintiva, il giudice deve dichiararla
immediatamente, enunciandone la causa nel dispositivo. Il giudice adotta tale pronuncia sia quando
vi sia la prova della esistenza della causa estintiva, sia quando sussista dubbio circa l'esistenza della
medesima: si applica il principio in dubio pro reo (art. 531, comma 2).
La sentenza di assoluzione. A differenza della sentenza di non doversi procedere che non
contiene un accertamento del fatto storico ma si limita a statuire su aspetti processuali impeditivi di
tale accertamento, la sentenza di assoluzione contiene un vero e proprio accertamento compiuto
mediante l'analisi del materiale probatorio.
Nell'enunciare le formule terminative il codice segue una vera e propria gerarchia, perch
inizia con quelle pi favorevoli all'imputato per poi terminare con le meno favorevoli.
Assoluzione perch il fatto non sussiste. Tale formula viene adottata quando il fatto storico
non rientra nella fattispecie incriminatrice, poich non risultano presenti gli elementi di fatto
integrativi della condotta, dell'evento o del rapporto di causalit.
Assoluzione perch l'imputato non ha commesso il fatto. La formula utilizzata quando
il fatto sia integrabile sotto il profilo oggettivo, ma risulta non essere stato commesso dall'imputato
bens da un'altra persona.
Assoluzione perch il fatto non costituisce reato. In questo caso il fatto, pur sussistendo
nei suoi elementi oggettivi e risultando commesso dall'imputato, non integra un illecito penale.
Questo perch manchi l'elemento soggettivo richiesto dalla norma incriminatrice (dolo, colpa,
preterintenzione) o uno degli elementi oggettivi costituenti il presupposto della condotta o
dell'evento, come avviene quando carente la qualifica di pubblico ufficiale o di incaricato di
pubblico servizio nei reati cui richiesta, o la situazione di imprenditore fallito nel delitto di
bancarotta.
Viene utilizzata la formula il fatto non costituisce reato anche quando, pur integrati
l'elemento oggettivo e quello soggettivo, il fatto risulti commesso in presenza di una causa di
giustificazione. Questa, infatti, elimina l'antigiuridicit , rendendo lecito il fatto : si pensi ad
esempio all'imputato che abbia volontariamente ucciso, ma lo abbia fatto in situazione di legittima
difesa.
venga disposta per singoli imputati o gruppi di essi e che, quindi, il processo originario diventi non semplicemente
duplicato, ma moltiplicato.
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Assoluzione perch il fatto non previsto dalla legge come reato. In questo caso il fatto
storico, non solo non integra alcuna fattispecie incriminatrice, sia sotto il profilo oggettivo che
soggettivo, ma risulta addirittura non sussumibile in alcuna norma incriminatrice.
Ci accade quando un fatto criminoso venga attribuito all'imputato a causa di un errore di
valutazione giuridica commesso dal pubblico ministero.
La medesima formula viene utilizzata anche quando il fatto, pur previsto originariamente
come reato, perda successivamente carattere di illecito penale 22 .
Assoluzione perch il reato stato commesso da una persona non imputabile o non
punibile per un'altra ragione. La formula utilizzata quando, sebbene il fatto sia stato commesso
ed integri un'ipotesi criminosa, l'imputato, in concreto, risulti non punibile. Questi, infatti, pu
essere non imputabile perch minore di quattordici anni o totalmente infermo di mente, oppure
essere coperto da una causa di non punibilit (si pensi ad un rapporto di parentela nell'ipotesi di
delitti contro il patrimonio commessi senza violenza alle persone). Infine l'imputato pu essere
penalmente immune (ad es. gli agenti diplomatici accreditati presso lo Stato italiano).
La mancanza, insufficienza o contraddittoriet della prova di reit. Le formule
assolutorie sopra illustrate devono essere adottate sia quando manchi la prova della reit
dell'imputato, sia quando la reit appaia dubbia per effetto della contraddittoriet o insufficienza
delle prove di accusa.
Invero, ai fini del proscioglimento, alla prova positiva di innocenza o di inesistenza della
condizione di procedibilit parificata la mancata prova di innocenza o procedibilit.
La ragione per cui la prova contraddittoria o insufficiente, originante il dubbio sulla
responsabilit penale dell'imputato, legittima il proscioglimento con la formula pi ampia, risiede
non tanto nel principio del favor rei, quanto in quello della presunzione di innocenza, da reputarsi
sussistente fintantoch non venga fornita la prova contraria. Questa deve essere piena e non gi
insufficiente o contraddittoria (Cost. art. 27 c. 2).
Conseguentemente, se all'esito dell'escussione delle prove il dubbio ragionevole persiste,
l'imputato dovr essere assolto.
Le disposizioni eventuali della sentenza di proscioglimento. Con la sentenza di
proscioglimento sia di non doversi procedere, sia di assoluzione il giudice ordina la liberazione
dell'imputato in stato di custodia cautelare, essendo venuto a mancare il necessario presupposto dei
Si pensi ad una disposizione normativa che preveda un fatto criminoso che venga dichiarata illegittima dalla
22
Corte costituzionale o ad un reato successivamente depenalizzato e trasformato in illecito amministrativo.
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gravi indizi di colpevolezza e dichiara la cessazione delle altre misure cautelari personali
eventualmente disposte (art. 532, comma 1).
Con la sentenza che assolve l'imputato per causa diversa dal difetto di imputabilit il
giudice, se ne fatta richiesta, condanna la parte civile alla rifusione delle spese processuali
sostenute dall'imputato e dal responsabile civile per effetto dell'azione civile. Inoltre, l'organo
giudicante pu condannare il danneggiato che abbia esercitato azione civile nel processo penale
per colpa grave, al risarcimento dei danni nei confronti dell'imputato assolto
La sentenza di condanna. La sentenza di condanna esige la sussistenza di una prova piena
di reit, atteso che la mancante o insufficiente prova positiva di reit si risolve in proscioglimento.
In conclusione, la responsabilit dell'imputato va positivamente provata e con prova piena. La
sentenza di colpevolezza viene pronunciata quando l'imputato risulti colpevole del reato
contestatogli al di l di ogni ragionevole dubbio.
Tale regola di giudizio costituisce un'applicazione della presunzione di innocenza
dell'imputato e dell'onere della prova in capo al pubblico ministero.
E' utile delineare la scansione logica della deliberazione della sentenza penale di condanna.
Il giudice accerta la sussistenza di un fatto di reato, ne afferma l'illiceit e la commissione da parte
dell'imputato. Quindi, determina la quantit della pena entro i limiti massimo e minimo previsti
nella fattispecie incriminatrice (cosiddetta pena base); valuta se siano presenti aggravanti o
attenuanti e, nel caso di contemporanea presenza, se prevalgano le prime o le seconde ovvero se
esse si equivalgano.
Una volta operato l'aggravamento o l'attenuazione entro i limiti di legge, risulta determinata
la pena da applicare.
A questo punto il giudice valuta se sia possibile tramutare la pena in una sanzione sostitutiva
(concedibile se la pena detentiva non sia superiore a due anni) e se possa essere applicata la
sospensione condizionale (concedibile, in estrema sintesi, se la pena detentiva non sia superiore a
due anni), la non menzione della condanna nel certificato del casellario giudiziale (art. 175 c.p.) e
la dichiarazione di falsit di documenti o atti (art. 537).
Le valutazioni concernenti la sanzione sostitutiva e la sospensione condizionale possono
anche concorrere, ed allora il giudice applica una sanzione sostitutiva condizionalmente sospesa.
Se nessuna delle due possibilit sia praticabile, il giudice irroga la pena. Soltanto in fase esecutiva si
potr esaminare se la pena detentiva possa essere sostituita con una misura alternativa.
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Le (eventuali) statuizioni civilistiche. Fra gli aspetti civili assume importanza la pronuncia
in ordine alla domanda di risarcimento del danno, formulata dalla parte civile nelle conclusioni.
L'entit dei danni da risarcire pu essere oggetto di una statuizione generica (condanna generica)
con rimessione al giudice civile della determinazione dell'ammontare dei danni (decisione sull'an e
non sul quantum). Peraltro, ove ne ricorrano le condizioni, il giudice penale pu direttamente
procedere alla liquidazione del danno, ovvero concedere una provvisionale in conto della
effettuanda liquidazione che diviene immediatamente esecutiva.
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