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INSEGNAMENTO DI

PROCEDURA PENALE II
LEZIONE V
IL GIUDIZIO
PROF. GIUSEPPE SACCONE

Procedura penale II

Lezione V

Indice
1

Considerazioni generali. -------------------------------------------------------------------------------- 3

Gli atti preliminari al dibattimento. ------------------------------------------------------------------ 4

Le indagini integrative. ---------------------------------------------------------------------------------- 8

Caratteri generali della udienza dibattimentale. La pubblicit. ------------------------------- 10

La contestazione dell'imputazione e la correlazione tra accusa e sentenza. ---------------- 15

Atti introduttivi al dibattimento. Costituzione delle parti e questioni preliminari. ------- 18

L'apertura del dibattimento e le richieste di prova. --------------------------------------------- 22

10 L'istruzione dibattimentale. -------------------------------------------------------------------------- 27


11 L'assunzione della prova. ----------------------------------------------------------------------------- 29
12 Le escussioni. -------------------------------------------------------------------------------------------- 30
13 Le letture. ------------------------------------------------------------------------------------------------ 37
14 Principio dispositivo e poteri di iniziativa probatoria esercitabili dal giudice.------------- 39
15 La discussione finale. ---------------------------------------------------------------------------------- 40
16 Gli atti successivi al dibattimento. La sentenza. -------------------------------------------------- 41

Attenzione! Questo materiale didattico per uso personale dello studente ed coperto da copyright. Ne severamente
vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto dautore
(L. 22.04.1941/n. 633)

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1 Considerazioni generali.
Quando il procedimento non viene concluso con l'archiviazione, l'esercizio dell'azione
penale pu percorrere sia la via di uno dei possibili schemi di semplificazione processuale
(procedimenti speciali o alternativi) sia quella ordinaria del giudizio 1 .
Quest'ultimo, disciplinato nel libro settimo del codice, comprende il momento centrale e
nevralgico del dibattimento e, rispetto a questo, la fase preparatoria degli atti preliminari, poi il
momento iniziale degli atti introduttivi, quello cruciale della istruzione dibattimentale, in cui si
acquisisce la prova ed infine lo stadio della decisione, che definisce il grado di giudizio.
La centralit del dibattimento, sede naturale della formazione della prova nel contraddittorio
fra le parti, l'esaltazione del rito accusatorio, oltre che per il sistema dialettico in esso operante,
per i principi di oralit ed immediatezza che ivi trovano attuazione. Tuttavia, il costo del
dibattimento, in termini di adempimenti ed impegno di strutture e mezzi, reca in s il limite della
concreta praticabilit: comporterebbe la paralisi della macchina giudiziaria l'eventuale utilizzo
generalizzato del dibattimento.
A limitarne l'inflazione sono preordinati i riti speciali, ad esso alternativi, destinati alla
definizione della maggior parte dei procedimenti mediante procedure semplificate ed abbreviate.

1
E' bene ricordare che al dibattimento si giunge attraverso una delle seguenti modalit, corrispondenti alle
diverse possibilit concesse al P.M. per esercitare l'azione penale:
1.
rinvio a giudizio disposto dal GUP dopo l'udienza preliminare (art. 429);
2.
citazione diretta a giudizio disposta dal PM nel giudizio monocratico (art. 552);
3.
decreto di giudizio immediato disposto dal GIP (art. 456);
4.
decreto di giudizio immediato disposto dal GIP dopo opposizione a decreto penale di condanna (art.
464);
5.
giudizio direttissimo disposto dal P.M.(449).

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2 Gli atti preliminari al dibattimento.


La fase degli atti preliminari al dibattimento comprende il compimento di tutte le formalit
prescritte per il giudizio, antecedenti all'udienza.
Essa ha inizio nel momento in cui il giudice dibattimentale investito del processo, per
effetto del decreto che dispone il giudizio, giunto in cancelleria unitamente al fascicolo per il
dibattimento (artt. 432 e 465). La fase termina nel momento in cui ha effettivamente inizio l'udienza
dibattimentale, allorch il presidente dell'organo giudicante dichiari aperto il dibattimento (art.
492).
La funzione che viene necessariamente espletata in tale fase predibattimentale quella di
svelare le identit dei testimoni, consulenti tecnici, periti e imputati connessi dei quali le parti
intendono chiedere l'ammissione in dibattimento, al momento delle richieste di prova (art. 493). A
tale scopo ogni parte ha l'onere di depositare una lista contenente i nomi delle persone menzionate e
indicante le circostanze sulle quali debba vertere l'esame (art. 468, comma 1).
Le altre tre eventuali funzioni perseguibili nel corso della fase degli atti preliminari sono:
a)

ottenere dal presidente del collegio giudicante l'autorizzazione alla citazione


dei testimoni, consulenti tecnici, periti e imputati connessi;

b)

permettere l'assunzione di prove urgenti (art. 467);

c)

permettere la pronuncia di una sentenza anticipata di proscioglimento (art.


469).

Ripercorriamo, ora, la scansione delle attivit contemplate durante la fase preliminare ed


esaminiamole singolarmente ed analiticamente:
a)

ricezione del decreto, emesso dal giudice all'esito dell'udienza preliminare o a


seguito della richiesta di giudizio immediato dal G.I.P. ovvero dal P.M.
nell'ipotesi di citazione diretta. Il decreto non solo dispone il rinvio a giudizio,
ma fissa anche la data dell'udienza dibattimentale, al fine di eliminare i tempi
morti tra queste due evenienze (cfr. art 429 lett. F ed art. 552 lett. d);

b)

deposito, presso la cancelleria del giudice, del fascicolo per il dibattimento,


con diritto del P.M. e dei difensori delle altre parti private e di queste ultime
personalmente, di prenderne visione ed estrarne copia (art. 466); Com' noto,
analogo diritto vige in relazione al fascicolo del P.M., depositato presso la
segreteria dello stesso (art. 433 c.2);

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c)

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eventuale emissione di decreto motivato da parte del presidente del collegio
per spostare la data dell'udienza dibattimentale indicata nel decreto che
dispone il giudizio, anticipandola o differendola (cd. controcitazione); e ci
per giustificati motivi, evidentemente attinenti a profili organizzativi del
lavoro. Del mutamento di data va data informativa alle parti e se trattasi di
anticipazione del dibattimento debbono essere salvaguardati i termini di
comparizione (art. 465);

d)

eventuale assunzione urgente di prova (art. 467), allorch ricorrono quei


presupposti di urgenza contemplati in tema di atti non rinviabili per
l'incidente probatorio. Non , infatti, azionabile nella fase in questione il
predetto meccanismo, che si situa all'interno della fase investigativa delle
indagini preliminari (art. 392). La non rinviabilit dell'acquisizione probatoria
non sempre si presta ad essere risolta anticipando il dibattimento, n d'altra
parte sempre possibile rinvenire spazi utili nei ruoli dei dibattimenti gi
anteriormente fissati. Non rimane, allora, che assumere anticipatamente ed
immediatamente la prova non rinviabile nella fase degli atti preliminari,
riversandone poi il relativo verbale acquisitivo nel fascicolo dibattimentale, a
somiglianza del meccanismo tipicamente adottato nell'incidente probatorio,
che in qualche modo rivive anche in questa fase (art. 467)2;

e)

deposito in cancelleria almeno 7 giorni prima del dibattimento, della lista dei
testi, dei periti e dei consulenti, di cui le parti intendono chiedere l'esame, con
la indicazione delle circostanze su cui deve vertere l'esame medesimo. Va
anche depositata l'eventuale istanza di acquisizione di verbali di prove
raccolte in un altro procedimento. Il codice, invero, impone l'onere di svelare
in anticipo i mezzi di prova dichiarativa che la parte intende assumere in
dibattimento "a prova principale". Se l'onere di previa indicazione dei
nominativi e dei fatti, che saranno oggetto dell'esame, non viene osservato,
scatta la sanzione della inammissibilit del mezzo di prova di cui si chiesta

2
L'assunzione di tali prove richiesta dalle parti al presidente del collegio giudicante previste dall'art. 392,
comma 1.Questi, dispone l'assunzione della prova nella forme previste per il dibattimento, dando avviso almeno
ventriquattro ore prima alla persona offesa e alle parti non richiedenti del giorno, dell'ora e del luogo in cui stato
stabilito che l'atto venga compiuto. L'escussione della prova urgente avviene in una vera e propria udienza

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l'acquisizione3. Il deposito della lista, come dianzi rilevato, abilita la parte a
presentare direttamente all'udienza dibattimentale le persone da esaminare;
tuttavia, per ottenere pi facilmente la comparizione al dibattimento delle
predette persone, la parte pu munirsi dell'autorizzazione del presidente ad
eseguire la formale citazione4. In tal modo, a ciascuna delle parti viene
fornita la possibilit di esaminare le liste presentate in cancelleria dalle altre
parti e conoscere per tempo quella che sar la richiesta di ammissione
probatoria che le altre parti formuleranno nel corso delle richieste introduttive
(art. 493)5. Altra funzione della lista quella di consentire alle parti di
preparare il controesame che intendono svolgere nei confronti dei dichiaranti.
In ossequio al diritto alla prova (art. 190), la presentazione della lista fa
sorgere nella controparte il diritto alla prova contraria correlata, ovviamente,
alle circostanze indicate nella medesima lista. Siccome questo diritto
esercitabile successivamente alla presentazione in dibattimento delle persone
anticipatamente indicate nella lista non vige per esso lo sbarramento della
inammissibilit, n il correlativo obbligo di discovery;

f)

eventuale proscioglimento dibattimentale (469). L'esigenza di economia


processuale e di deflazione dibattimentale comporta l'opportunit di
anticipare, ove possibile, la sentenza di proscioglimento. Ci avviene quando
emerge dagli atti che il procedimento non poteva essere iniziato o proseguito
(es. difetto o remissione di querela), ovvero che il reato estinto (es. per
amnistia o morte del reo). In tal caso la sentenza di non doversi procedere pu

dibattimentale anticipata, celebrantesi con la presenza del pubblico. Il verbale delle prova cos assunta verr inserito nel
fascicolo per il dibattimento.
3
La dottrina tradizionale ritiene che la funzione della lista sia quella di consentire la discovery, e cio di
assicurare una previa conoscenza alle altre parti, in modo da evitare la introduzione diretta in dibattimento di prove a
sorpresa, che comprometterebbero i diritti dell'accusa o della difesa o anche delle altre parti private. Questa la ragione
per cui le prove non indicate nella lista non sono ammesse.
4
Il decreto autorizzatorio del presidente, peraltro, non implica alcun giudizio sulla rilevanza della prova,
spettando una siffatta valutazione direttamente al giudice collegiale dibattimentale. Il presidente, in caso di richiesta di
autorizzazione alla citazione e solo in tal eventualit, pu escludere, a titolo provvisorio, le testimonianze vietate dalla
legge e quelle manifestamente sovrabbondanti.
5
La funzione pi importante delle liste consiste, in sostanza, nel mettere in grado ciascuna delle parti di
esercitare il proprio diritto all'ammissione della prova contraria previsto, nei suoi aspetti "procedimentali", dall'art. 468,
comma 4: in relazione alle circostanze indicate nelle liste, ciascuna parte pu chiedere al presidente del collegio
giudicante la citazione, a prova contraria, di testimoni, periti, consulenti tecnici e imputati connessi o collegati, non
compresi nella propria lista, che si ritiene opportuno, comunque, sentire in dibattimento al fine di screditare, ove
possibile, la posizione contrapposta e di rafforzare la propria strategia processuale.
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essere pronunciata solo dopo aver sentito le parti ed in assenza di opposizione
da parte dei medesimi. Tale sentenza inappellabile, ma ricorribile in
cassazione. L'art. 469 fa salva l'applicazione dell'art. 129, comma 2 c.p.p. che
stabilisce il principio del in dubio pro reo, consistente nel privilegiare la
formula di proscioglimento, nel merito, pi favorevole all'imputato: sicch se
intervenuta un'amnistia, ma emerge dagli atti che l'imputato non ha
commesso il fatto, deve prevalere quest'ultima formula di proscioglimento6.

6
Sotto il profilo dell'applicazione pratica, tuttavia, opportuno osservare che, intervenendo tale eventuale
pronuncia nella fase degli atti preliminari, in cui si dispone del solo fascicolo dibattimentale e non di quello del P.M.,
eventualmente contenente verbali acquisitivi di prove suscettibili di valutazioni nel merito, l'unica formula di merito che
il giudice potrebbe effettivamente valutare in favore dell'imputato quella del fatto non previsto dalla legge come
reato, per effetto di un'eventuale intervenuta depenalizzazione, oppure di un proscioglimento di merito, a condizione
che una siffatta possibilit emergesse dagli atti di un incidente probatorio precedente mente esperito, di cui si possano
esaminare le risultanze dalla lettura del fascicolo dibattimentale.

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3 Le indagini integrative.
Una volta che sia stato emesso il decreto che dispone il giudizio, il pubblico ministero e il
difensore delle parti private e dell'offeso possono compiere un'attivit integrativa di indagine, fatta
eccezione per quegli atti investigativi che esigono la partecipazione dell'imputato o del difensore di
questo (art. 430, comma 1, mod. dalla legge n. 397 del 2000).
In definitiva si possono assumere quegli atti per i quali non occorre dare preavvisi (al
difensore o, rispettivamente, al pubblico ministero ex art. 391-decies comma 3); viceversa, ove
debba essere assunto un atto che preveda il contraddittorio e non sia rinviabile al dibattimento, non
rimane altro strumento se non l'assumerlo come prova urgente .
Il procedimento previsto dall'art. 467 assume un'importanza notevole, perch, secondo
un'attendibile interpretazione Frigo, 1990 l'attivit integrativa delle indagini, compiuta dal
pubblico ministero a norma dell'art. 430, potrebbe non avere piena efficacia probatoria, seppure
trattasi di attivit irripetibile.
Dall'assunzione di prove urgenti, inoltre, pu emergere che il reato per quale sia stato
disposto il giudizio risulti estinto ovvero che l'azione appaia improcedibile, perch non avrebbe
dovuto essere iniziata o proseguita. In tali ipotesi, il giudice pu introdurre il procedimento
camerale di definizione anticipata del giudizio, purch ricorrano due condizioni (art. 469):

che non risulti applicabile l'art. 129 comma 2, secondo cui, quando ricorra

una causa di estinzione del reato ma dagli risulti evidente che il fatto non sussista o che
l'imputato non lo abbia commesso o che il fatto non costituisca reato o non sia previsto dalla
legge come reato, il giudice pronuncia sentenza di assoluzione. Invero, qualora dagli atti
appaia evidente l'innocenza dell'imputato (ad esempio, in seguito alla assunzione di prove
urgenti) il giudice non pu pronunciare sentenza predibattimentale e definire
anticipatamente il procedimento, bens deve procedere a dibattimento.

che non sia necessario procedere a dibattimento per accertare l'applicabilit

della causa di estinzione del reato o di improcedibilit dell'azione.


Compiuto con esito positivo tale preliminare accertamento, il giudice sente in camera di
consiglio il pubblico ministero e l'imputato e, se essi non si oppongono, pronuncia sentenza
inappellabile di non doversi procedere, enunciandone la causa nel dispositivo.
La facolt di opporsi alla dichiarazione di estinzione del reato riconosciuta all'imputato che
miri al conseguimento di un proscioglimento nel merito nella successiva fase dibattimentale. La
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limitata conoscenza dei risultati delle indagini preliminari potrebbe, infatti, impedire al giudice di
giungere nella fase predibattimentale all'applicazione dell'art 129 comma 2. Sicch la facolt di
previa opposizione da parte dell'imputato, per un verso, rende compatibile con gli artt. 3, 101 e 102
Cost. il procedimento disciplinato dall'art. 469 (Corte Cost., 9 marzo 1992, n. 91), per altro verso,
giustifica l'inappellabilit della sentenza che lo conclude.

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4 Caratteri generali della udienza dibattimentale.


La pubblicit.
Il codice distingue tra udienza e dibattimento. L'udienza il tempo di una singola giornata
dedicato allo svolgimento di uno o pi dibattimenti. Il dibattimento la trattazione in udienza di un
determinato processo. Pertanto, un dibattimento complesso pu anche durare per pi udienze e
viceversa in una sola udienza possono essere trattati pi dibattimenti.
Quando l'organo giudiziario collegiale Corte d'assise o Tribunale in composizione
collegiale vi una netta ripartizione tra i poteri del presidente e quelli dell'organo giudiziario (che
il codice definisce sinteticamente giudice).
Di regola i poteri di "direzione" del dibattimento spettano al presidente; viceversa i poteri
"decisori" spettano all'intero collegio. Fra i poteri del presidente, quello di maggiore rilevanza
attiene alla disciplina delle udienze, per la cui attuazione pu avvalersi non solo della polizia
giudiziaria, ma della forza pubblica in genere. Fra i poteri del collegio vi , invece, quello di
decidere in ordine all'ammissione delle prove richieste dalle parti (art. 495, comma 1).
Sul regime dell'udienza influisce il principio della pubblicit e su quello del dibattimento il
criterio della concentrazione; l'uno e l'altro sono caratteri essenziali del rito accusatorio.
La pubblicit dell'udienza comporta che, come regola generale, la giustizia debba essere
amministrata coram populo. Pertanto, l'udienza pubblica a pena di nullit, con due eccezioni; la
prima limitativa e la seconda esclusiva della pubblicit. La limitazione di afflusso del pubblico
nell'aula di udienza consentita per ragioni soggettive, concernenti la qualit della persona che
intende presenziarvi. Sicch i minori degli anni 18, le persone sottoposte a misure di prevenzione,
quelle in stato di ubriachezza, di intossicazione o di squilibrio mentale, le persone armate, esclusi
gli appartamenti alla forza pubblica, non possono accedere in aula.
L'altra limitazione, invece, di indole quantitativa ed attiene alla esigenza di consentire
l'ingresso solo ad un determinato numero di persone per ragioni di ordine e di capienza.
L'ulteriore circostanza che esclude del tutto la pubblicit viene in essere allorquando si
proceda alla celebrazione dibattimentale a porte chiuse.
Tale particolare modalit celebrativa si verifica al ricorrere di ipotesi tassativamente
previste. In alcune di esse, quando sono prevalenti esigenze di segretezza, viene limitata finanche la
pubblicit "mediata", attuata mediante la stampa o altri mezzi di diffusione.

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La decisione di procedere a porte chiuse per l'intero dibattimento (o per alcune parti di esso)
non costituisce per il giudice l'espressione di una facolt, bens di un dovere imposto dalla legge.
Il dibattimento a porte chiuse. In talune ipotesi (previste dall'art. 472, commi 1 e 2) non
solo si deve procedere a porte chiuse ma , altres, vietata la pubblicazione degli atti del
dibattimento (art. 114, comma 4) (4). In altre si procede a porte chiuse, ma consentita la
pubblicazione degli atti del dibattimento.
Vi l'obbligo di procedere a porte chiuse con il divieto di pubblicazione degli atti:
a)

quando la pubblicit nuoccia al buon costume, da intendersi nel senso di buon

costume sessuale;
b)

quando la pubblicit comporti la diffusione di notizie da mantenere segrete

nell'interesse dello Stato 7 ;


c)

quando l'assunzione di determinate prove causi pregiudizio alla riservatezza

dei testimoni ovvero delle parti private in ordine a fatti che non costituiscono oggetto
dell'imputazione.
Vi invece obbligo di procedere a porte chiuse senza divieto di pubblicazione degli atti:
a)

quando la pubblicit nuoccia alla pubblica igiene;

b)

quando possano aver luogo manifestazioni che turbano il regolare

svolgimento delle udienze;


c)

quando sia necessario salvaguardare la sicurezza di testimoni o di imputati.

Tuttavia, a prescindere dal titolo del reato per il quale si procede, se occorre esaminare una
persona minorenne, il giudice ha il potere discrezionale di disporre che il relativo esame avvenga a
porte chiuse (art. 472, comma 4). Occorre poi ricordare che i procedimenti a carico di imputati
minorenni si svolgono, di regola, a porte chiuse (art. 33, d.p.r. 22 settembre 1988, n. 448).
Le riprese televisive del dibattimento sono disciplinate dall'articolo 147 disp. att.
Vi un solo caso in cui le riprese o le trasmissioni del dibattimento sono sempre vietate:
allorch si proceda a porte chiuse per motivi di segretezza o riservatezza (art. 147, comma 4). Al di
fuori di tali particolari ipotesi, il giudice autorizza la ripresa, quando vi sia consenso delle parti o, in
mancanza di accordo, quando sussista un interesse sociale particolarmente rilevante alla conoscenza
del dibattimento.
7
Si precisa che le notizie da mantenere segrete differiscono da quelle coperte dal segreto di Stato, le quali non
sono conoscibile neanche dal giudice (artt. 202 e 256).

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La ripresa non potr essere autorizzata qualora derivi un pregiudizio al sereno e regolare
svolgimento dell'udienza medesima o alla deliberazione della relativa decisione (v. tav. 3.5.3).
La tematica dell'assistenza dell'imputato all'udienza interferisce non tanto con il carattere
pubblico del processo in virt del quale questi ha diritto di essere presente al dibattimento, anche
quando questo debba celebrarsi a porte chiuse ma soprattutto con le esigenze di disciplina
dell'udienza e con il diritto di difesa. Quando il regolare svolgimento dell'udienza venga
compromesso dal persistente comportamento dell'imputato, inutilmente ammonito, questi viene
coattivamente allontanato dall'aula, salva sua successiva riammissione; nei casi pi gravi il
medesimo viene espulso con provvedimento tendenzialmente definitivo.
L'imposizione della misura pi lieve - allontanamento - compete al solo presidente; la
misura pi grave (espulsione) invece spetta all'intero collegio giudicante, secondo una ratio che
gradua la competenza in base alla gravit del provvedimento.
Il diritto di difesa, oltre che nella libert nella persona (assenza di manette per l'imputato
detenuto), si manifesta per l'imputato, allontanato e anche espulso dall'aula, nella facolt di
rientrarvi non solo per avere l'ultima parola, in sede di dichiarazioni finali, ma anche per essere
sottoposto all'esame, da lui richiesto o consentito, nonch per esercitare il diritto di presentare
memorie scritte.
La concentrazione, le questioni incidentali e pregiudiziali. Il principio della concentrazione
si manifesta nella tendenza ad esaurire il dibattimento nella medesima udienza oppure, in caso di
necessit, in udienze cronologicamente ravvicinate s da soddisfare l'esigenza della celere
amministrazione della giustizia.
Inoltre, il principio della concentrazione, cui il dibattimento improntato, esige che non vi
siano intervalli di tempo tra l'assunzione delle prove in udienza, discussione finale e deliberazione
della sentenza. La rigida sequenzialit tra le varie fasi del dibattimento garantisce che la decisione
sia il prodotto fedele delle risultanze del processo e che i lunghi intervalli temporali non rischino di
ingannare la memoria dell'organo giudicante.
Proprio alla scopo di favorire tale celerit contemplato che sulle questioni incidentali il
giudice si pronunci immediatamente.
Sono tali le questioni procedurali attinenti ad eventuali irritualit verificatesi nella fase
dibattimentale. Avendo esse ad oggetto singole attivit, possibile affermare che tali questioni si
pongono quali incidenti (o parentesi) all'interno del dibattimento.

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Trattasi invero, di (presunte) violazioni, non preesistenti al dibattimento, ma verificantesi


dopo la sua apertura. Esse concernono il compimento di qualche attivit processuale in itinere (ad
esempio: questioni relative alla nullit di atti, all'assunzione di prove, alla lettura di atti, alle
contestazioni etc.).
Anche in ordine alle questioni incidentali prevista la forma dialettica della discussione.
Esse debbono essere immediatamente decise dal giudice mediante ordinanza, in quanto concernono
un momento procedurale che si esaurisce e conclude in se stesso.
Analogamente esigono una risoluzione diretta ed immediata le questioni civili o
amministrative di natura pregiudiziale, dalle quali dipenda la decisione sull'esistenza del reato,
oggetto del giudizio in corso; rappresenta un'eccezione la questione pregiudiziale di particolare
complessit ovvero quella riguardante lo stato di famiglia o di cittadinanza. In casi siffatti
consentita la sospensione del processo penale, seppure facoltativa.
Le pregiudiziali sono questioni che il giudice penale deve preliminarmente risolvere onde
giungere alla decisione finale sul merito dell'imputazione: ad esempio, per definire un processo
relativo ad un'imputazione di furto, pu essere necessario risolvere una questione pregiudiziale di
carattere civile, al fine di acclarare il requisito dell'altruit rispetto a colui che venga accusato
della sottrazione materiale.
L'art.2 c.p.p.,, stabilisce che il giudice, al fine di semplificare l'iter del processo penale,
risolva ogni questione da cui dipenda la deliberazione della sentenza.
La risoluzione della questione pregiudiziale, adottata incidentur tantum, ha valore
meramente endoprocessuale, nel senso che tale decisione incidentale ha valore vincolante solo
all'interno del processo ove adottata e in nessun altro 8 .
Alla disposizione normativa contenuta nell'art. 2 fa eccezione il contenuto dell'art. 3,
secondo cui quando la decisione dipenda dalla risoluzione di una controversia sullo stato di famiglia
o di cittadinanza, il giudice deve sospendere il processo fino al passaggio in giudicato della sentenza
che definisce la questione.
Pertanto, ad esempio, se si procede in sede penale per il reato di incesto e sorga questione
circa l'esistenza di un rapporto di filiazione tra l'autore del reato e la persona offesa, il giudice
8
Sicch, ad esempio, se in un processo in cui Tizio accusato di furto in danno di Caio, il giudice penale venga
chiamato a risolvere una questione civile pregiudiziale relativa alla propriet della cosa oggetto del reato di furto
(requisito dell'altruit della cosa, essenziale nel delitto di furto), e decida incidentalmente che la cosa appartenga a Caio,
tale decisione non avrebbe alcun valore esterno al processo penale, potendo altro giudice, investito della medesima
questione in sede civile, decidere differentemente la controversia.

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penale tenuto a sospendere il processo, in attesa che il giudice civile, in separato processo, decida
la questione con sentenza passata in giudicato.
In tal caso, la sospensione del processo ancorata alla sussistenza di tre requisiti (art. 3):
a)

deve trattarsi esclusivamente di una questione relativa allo status familiae od

allo status civitatis;


b)

la questione deve presentare il carattere della seriet, per evitare

sospensioni artatamente finalizzate ad allungare i tempi processuali;


c)

l'azione deve essere gi in corso a norma delle leggi civili.

La sospensione ammissibile solo nella fase processuale (cio dopo la chiusura delle
indagini preliminari) e non nel corso del procedimento (cio nella fase delle indagini preliminari).
Conseguenziale al carattere accusatorio del processo, e quindi all'assenza di una verit
precostituita da ricostruire ed appurare in dibattimento il divieto di arresto del testimone in
udienza per fatti concernenti il contenuto della deposizione, ossia di fatti idonei ad integrare ipotesi
di testimonianza falsa o reticente, favoreggiamento personale, calunnia e simili.
Infatti, la ipotizzabilit di tali reati intimamente collegata alla valutazione delle emergenze
probatorie, che verranno acquisite nella successiva fase dibattimentale e dunque un ordine d'arresto
in aula sarebbe prematuro in quanto implicherebbe acquisizioni probatorie non ancora avvenute.
Inoltre, la minaccia dell'arresto potrebbe risolversi in uno strumento di compressione
psicologica nei confronti del teste, di cui non stata ancora verificata, nel corso della dialettica
processuale, l'attendibilit e la veridicit delle proprie affermazioni. Peraltro, il divieto di arresto
non impedisce affatto l'esercizio dell'azione penale nei confronti del medesimo per presunta falsit o
reticenza, oppure per comportamenti diversi da quelli relativi al contenuto della deposizione (ad
es.: oltraggio al magistrato, minacce a P.U.).

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vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto dautore
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Procedura penale II

Lezione V

5 La contestazione dell'imputazione e la
correlazione tra accusa e sentenza.
Il dibattimento ha per oggetto l'addebito che stato contestato all'imputato con il decreto che
dispone il giudizio.
Nel corso dell'istruzione dibattimentale il pubblico ministero pu modificare l'imputazione
originaria entro determinati limiti e con modalit che garantiscono l'esercizio del diritto di difesa da
parte dell'imputato. L'introduzione di modifiche alla formulata imputazione coerente con il
percorso dibattimentale, teso ad assumere tutte le prove reputate utili alla ricostruzione dei fatti,
quindi anche quelle dagli esiti nuovi e diversi rispetto a quelli originariamente ipotizzati dal
pubblico ministero.
Nel corso dell'istruzione dibattimentale, pertanto, le prove assunte possono indurre il
pubblico ministero a modificare l'imputazione sotto vari profili attinenti al diritto o al fatto.
Le modifiche attinenti al fatto storico: il fatto diverso. Per quel che concerne il fatto storico,
si osserva preliminarmente che esso pu risultare

diverso da quello contestato (art. 516), in

particolar modo nelle modalit commissive.


Ci non significa che il fatto storico debba ritenersi nuovo, cio un fatto ulteriore rispetto a
quello contestato, poich trattasi del medesimo accadimento storico che risulta essersi svolto
diversamente: per esemplificare si pensi al caso in cui il delitto risulti commesso in un data diversa.
In tale evenienza il pubblico ministero provvede direttamente a modificare l'imputazione e a
contestarla all'imputato a condizione che il reato non appartenga alla competenza di un giudice
superiore, quale la corte d'assise). L'imputato ha diritto alla sospensione del dibattimento (per un
tempo non inferiore a venti giorni, se si tratta di giudizio presso il tribunale collegiale o la corte
d'assise) ed ha, altres, facolt di chiedere l'ammissione di nuove prove (art. 519).
La contestazione suppletiva. In secondo luogo, nel corso dell'istruzione dibattimentale pu
risultare l'esistenza di una circostanza aggravante (art. 517); oppure la sussistenza di un reato
connesso, ai sensi dell'art. 12, comma 1, lett. b (concorso formale o reato continuato). Ipotizziamo,
ad esempio, che l'imputato sia stato rinviato a giudizio per truffa (art. 640 c.p.) e, nel corso del
dibattimento, risulti che, in esecuzione del medesimo disegno criminoso, sia stato commesso anche
un reato di spendita di monete falsificate (art. 455 c.p.). In un caso siffatto, il pubblico ministero
dovrebbe contestare all'imputato il reato concorrente, purch la cognizione non appartenga alla
competenza di un giudice superiore (corte d'assise). Naturalmente anche rispetto al reato
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Lezione V

presumibilmente connesso, l'imputato avrebbe diritto ad ottenere la sospensione dibattimentale e


l'ammissione di prove nuove.
Il fatto nuovo. Vi infine una terza possibilit di modifica, che non lasciata alla sola
iniziativa del pubblico ministero, bens richiede il consenso dell'imputato e la valutazione
favorevole del presidente dell'organo collegiale. Nel corso del dibattimento pu risultare a carico
dell'imputato un fatto nuovo non enunciato nel decreto che dispone il giudizio e per il quale si
debba procedere di ufficio.
Si verifica un fatto nuovo quando si in presenza di un "ulteriore" fatto storico che si
affianca all'imputazione precedentemente contestata. Ad esempio, nell'accertare una rapina risultano
elementi di fatto dai quali si ricava che, al di fuori del medesimo disegno criminoso, l'imputato ha
commesso anche un'estorsione.
Il fatto nuovo pu essere contestato soltanto in presenza delle seguenti condizioni:
1. deve trattarsi di un reato procedibile d'ufficio;
2. l'imputato deve essere presente e consentire alla contestazione;
3. il presidente deve accertare che da tale contestazione non derivi un
pregiudizio per la speditezza del procedimento (art. 518, comma 2).
In mancanza delle predette condizioni, il pubblico ministero procede nelle forme ordinarie
(art. 518 comma 1).
L'iniziativa nella modifica del fatto storico. Il codice attribuisce il potere di modificare il
fatto storico di cui all'imputazione esclusivamente al pubblico ministero.
Il giudice, dal suo canto, non ha il potere di controllare in via preventiva la correttezza della
contestazione, potendo operare solo un mero controllo, nella successiva fase di deliberazione della
sentenza.
Quando risulti che la contestazione sia avvenuta fuori dei casi normativamente consentiti, il
giudice dispone con ordinanza la trasmissione degli atti al pubblico ministero perch proceda nelle
forme ordinarie (art. 521, comma 3). Analogamente dispone l'inoltro all'organo accusatorio allorch
accerti che il fatto storico si profili diverso da quello descritto nel decreto che dispone il giudizio o
nella contestazione effettuata dal pubblico ministero in dibattimento. Gli atti vengono trasmessi a
quest'ultimo, il quale proceder nelle forme ordinarie (art. 521, comma 2).
Le modifiche attinenti alla definizione giuridica. Il giudice al momento della deliberazione
della sentenza pu rilevare che, pur risultando il fatto storico giudizialmente accertato identico a
quello contestato, il relativo titolo tuttavia si palesi diverso da quello contenuto nell'imputazione.
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Lezione V

Al verificarsi di tale difformit formale, il giudice provveder a rilevare la diversa


definizione giuridica del fatto criminoso nella sentenza , purch il reato non ecceda la sua
competenza, n risulti attribuito alla cognizione del tribunale in composizione collegiale anzich
monocratica (art. 521, comma 1, mod. dalla legge n. 144 del 2000), n la riqualificazione giuridica
comporti la modifica, nei suoi tratti essenziali, del fatto contestato9 .
L'inosservanza delle disposizioni a tutela della correlazione tra accusa e sentenza causa di
nullit. Invero, ai sensi dell'art. 522 comma 2, la sentenza di condanna pronunciata per un fatto
nuovo, per un reato concorrente o per una circostanza aggravante, senza che siano state osservate le
disposizioni precedentemente esposte, risulta nulla nella parte relativa al fatto nuovo, al reato
concorrente o alla circostanza aggravante.

9
Per esemplificare, se sia stata contestata una circonvenzione di incapace (art. 643 c.p.) e si appuri che si tratti
invece di truffa, il giudice pu rettificare il titolo delicti ed deliberare una condanna per il diverso titolo di reato (art. 640
c.p.); analogamente se venga contestato un reato di falso in scrittura privata (art. 485 c.p.), il giudice pu condannare
per uso di atto falso (art. 489 c.p.). Viceversa, se sia stata contestata corruzione (art. 319 c.p.), il giudice non pu
condannare per il pi grave titolo concussivo, eventualmente constatato, atteso che la modifica richiederebbe la
presenza di elementi diversi ed aggiuntivi (abuso della qualit o dei poteri ed induzione).

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Lezione V

6 Atti introduttivi al dibattimento. Costituzione


delle parti e questioni preliminari.
Mentre la fase degli atti preliminari al dibattimento riguarda gli atti compiuti dal giudice o
dalle parti prima che abbia inizio l'udienza dibattimentale, quella degli atti introduttivi comprende
gli atti posti in essere dall'inizio dell'udienza fino alla prospettazione del programma probatorio,
cio al momento in cui ha inizio l'acquisizione probatoria (art. 484-495).
Il processo quale confronto tra le parti implica, innanzitutto, la verifica in ordine alla
regolare costituzione delle medesime. Il giudice, o presidente del collegio giudicante, quale garante
del contraddittorio, accerta che vi siano le condizioni indispensabili per la costituzione in giudizio
(art. 484).
Invero, per prima cosa deve assicurarsi la difesa tecnica dell'imputato, designandogli un
difensore, ove necessario (art. 484). Garantita la potenziale presenza dell'organo della difesa
tecnica, la problematica da affrontare riguarder la eventuale mancata presenza in udienza del
personaggio-cardine del processo, l'imputato, o del difensore.
Il diritto dell'imputato a partecipare al dibattimento. L'imputato ha diritto, ma non obbligo,
di comparire in dibattimento, salvo quando sia eccezionalmente necessaria la sua presenza per
l'assunzione di una prova diversa dall'esame (ad es.: ricognizione personale), in ordine al quale pu
essere disposto l'accompagnamento coattivo (art. 490).
Si vuole, dunque, garantire in modo rigoroso il diritto dell'imputato a partecipare al
processo, poich la presenza di questi un mezzo per esercitare la propria difesa. A tal fine
s'impone al giudice, ove l'imputato non sia presente, di accertare che la mancata presenza non derivi
da una scelta volontaria o da una mancata conoscenza incolpevole del decreto che dispone il
giudizio 10 .
L'art. 420-ter (applicabile, come le altre norme che citeremo, in forza del rinvio contenuto
nell'art. 484, comma 2-bis) impone al giudice di rinnovare la citazione non soltanto quando esiste la
prova che l'imputato non abbia avuto effettiva conoscenza della stessa senza sua colpa, ma
anche quando la prova della reale conoscenza della vocatio in jus concretamente non risulti e si
profili, dunque, possibile o probabile la mancata conoscenza incolpevole della stessa.
10

Si rinvia, in proposito, a quanto gi esposto nella lezione sull'udienza preliminare.

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Lezione V

Accertata la nullit della citazione o della relativa notificazione, il giudice ne ordina la


rinnovazione (art. 420, comma 2). Ugualmente questi provvede quando l'imputato, pur avendo
avuto conoscenza della citazione in giudizio, non sia comparso, e altres risulti o appaia probabile
che la mancata comparizione sia dovuta a caso fortuito, forza maggiore o altro legittimo
impedimento; la stessa previsione vale in relazione alle successive udienze.
La mancata comparizione comporta anch'essa, di norma, la sospensione o il rinvio del
dibattimento.
Il dibattimento, invece, prosegue regolarmente il suo corso nei casi di contumacia, assenza e
allontanamento volontario, sempre riferiti al solo imputato.
La contumacia. La mancata comparizione all'udienza dell'imputato, libero o detenuto, in
caso di regolarit della vocatio in jus, rappresenta il frutto di una sua libera scelta, che non pu
intralciare l'iter del processo.
Si procede, allora, in contumacia dell'imputato, il quale rappresentato dal suo difensore e
conserva, altres, la facolt di comparire in udienza per rendere dichiarazioni spontanee o anche
assoggettarsi ad esame, se lo stato del dibattimento consentir ancora tali atti. Comparendo, tuttavia,
verrebbe meno la contumacia a beneficio della regolarit dell'attivit di notifica della decisione e
della motivazione. Infatti, la sopravvenuta comparsa dell'imputato lo render presente a tali atti e
questi non necessiteranno di una apposita notifica.
Le disposizioni sulla contumacia (obbligo di notifica di atti) non si applicano, oltre che
nell'anzidetta ipotesi di sanatoria mediante successiva comparsa, anche nel caso in cui l'imputato sia
da considerarsi assente, anzich contumace.
L'assenza. Sussiste nei seguenti casi:
1.

allorch l'imputato, bench impedito a comparire, acconsenta a che il

dibattimento si svolga senza la sua presenza;


2.

quando l'imputato sia detenuto e dichiari di rinunciare a comparire oppure

3.

quando l'imputato, dopo essere comparso in udienza, si allontani.

evada;

L'imputato assente considerato presente e rappresentato dal difensore.


Le esigenze del contraddittorio, sia nell'eventualit di contumacia che di assenza, sono
assicurate dal difensore dell'imputato che in tali casi assume la rappresentanza del proprio assistito.
L'assenza del difensore. Stante l'essenzialit del ruolo del difensore nella deduzione e
formazione della prova, l'assoluta impossibilit a comparire addotta dal medesimo per legittimo
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Lezione V

impedimento ad es. partecipazione ad un concorso universitario per il quale sia prevista la


decadenza comporta anch'essa, di norma, la sospensione o il rinvio del dibattimento.
Di recente la giurisprudenza ha regolato l'ordine degli adempimenti da svolgere in caso di
contemporanea assenza dell'imputato e del suo difensore:
1.

il giudice deve prima valutare se sussista un'irregolarit di notifica o un

legittimo impedimento dell'imputato; in caso positivo rinvia l'udienza disponendo una nuova
citazione; in caso negativo, dichiara la contumacia dell'imputato e prosegue oltre;
2.

successivamente analizza la posizione del difensore e rinvia l'udienza solo in

presenza di un suo legittimo impedimento; in ogni caso il difensore non ha diritto all'avviso
della data di rinvio, se la stessa stata comunicata al difensore nominato in sostituzione, il
quale esercita i diritti ed assume i doveri del sostituto (art. 102, comma 2).
Le questioni preliminari. Nel corso degli atti introduttivi devono essere affrontate e risolte
le questioni preliminari, determinanti contrasto tra le parti.
L'interessato deve dedurle, a pena di decadenza, a dibattimento non ancora aperto, appena il
presidente abbia compiuti gli accertamenti in ordine alla regolare costituzione delle parti. Esse
devono essere decise immediatamente dal giudice, in quanto dalla loro decisione pu dipendere il
prosieguo o meno dell'intero dibattimento (es. questioni di incompetenza territoriale), ovvero la
presenza o meno di talune parti (es. questione sull'ammissibilit della costituzione di parte civile).
La natura processuale di siffatte questioni rende la loro risoluzione logicamente e
giuridicamente preliminare a quella sul merito della pretesa punitiva azionata.
Esigenze di speditezza processuale determinano la sussistenza di uno sbarramento temporale
(collegato alla dichiarazione di apertura del dibattimento) che preclude la possibilit di sollevare
successivamente le questioni preliminari. Secondo l'art. 491 sono tali le questioni concernenti:
a)

la competenza per territorio e connessione;

b)

le nullit di carattere relativo, attinenti alle indagini preliminari, all'incidente

probatorio, all'udienza preliminare ed alla citazione in giudizio (art. 181, c.2 e 3);
c)

la costituzione di parte civile, la citazione o l'intervento del responsabile

civile o del civilmente obbligato per la pena pecuniaria ovvero degli enti esponenziali di
interessi lesi dal reato (art. 91);
d)

il contenuto del fascicolo del dibattimento, nel senso che le parti potranno

ottenere l'inclusione di atti pretermessi o l'esclusione di atti illegittimamente inclusi nel


fascicolo, da restituire al pubblico ministero.
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Procedura penale II
e)

Lezione V
la riunione o la separazione dei giudizi.

E' da notare che non soffrono la preclusione di cui all'art. 491 le violazioni procedurali pi
gravi, come ad esempio quelle concernenti le nullit assolute (art. 179) o l'incompetenza per materia
(art. 21, c.1), le quali esse sono eccepibili e rilevabili anche in momenti successivi alla
dichiarazione di apertura del dibattimento.
Le questioni preliminari sono discusse in modo sintetico dal P.M. e da un difensore per
ognuna delle parti, senza possibilit di replica. Il giudice decide immediatamente tramite ordinanza.

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Procedura penale II

Lezione V

7 L'apertura del dibattimento e le richieste di


prova.
Il controllo della costituzione delle parti e la eventuale deduzione e decisione delle questioni
preliminari sono le ultime attivit della fase predibattimentale. Superate le questioni preliminari il
presidente dichiara il dibattimento aperto.
Il primo atto la lettura dell'imputazione, che fissa l'oggetto del giudizio. Indi entra in gioco
il ruolo delle parti le quali devono indicare i fatti che si propongono di provare e chiedere
l'ammissione delle prove (art. 493) Sin da quel momento, l'imputato pu esercitare la sua
autodifesa, avendo sempre facolt di rendere dichiarazioni spontanee (art. 494). Queste sono ben
diverse dal formale esame, nel quale l'imputato destinatario di domande e non gi spontaneo
autore di dichiarazioni.
Orbene, la deduzione delle prove attivit delle parti, ma l'ammissione delle stesse effetto
di ordinanza del giudice collegiale o monocratico, avendo costui la funzione di regolatore ed arbitro
di siffatta materia. Tuttavia, il diritto alla prova in favore delle parti vive in tutta la sua ampiezza
allorch trattasi di controprova opposta alla prova ammessa a favore dell'altra parte (art. 495), non
potendosi soffocare la dialettica tesi-antitesi.
L'art. 477 prevede come regola generale che il dibattimento si esaurisca in un'unica udienza.
Tale previsione normalmente disattesa nella pratica, in quanto molteplici circostanze possono
indurre al rinvio ad altra udienza. Tale previsione normalmente disattesa nella pratica, in quanto
molteplici circostanze possono indurre al rinvio ad altra udienza: ad es. un'omessa notifica della
citazione; una giustificata assenza dell'imputato o del difensore; la mancanza dei testi; la delicatezza
del processo che impone tempi pi lunghi. E' frequente, pertanto, che nel suo ordinario sviluppo il
dibattimento si articoli in una pluralit di udienze.
La giurisprudenza a tal proposito distingue tra:
8

rinvio del dibattimento, vero e proprio, che si verifica quando esso disposto

prima del compimento degli atti introduttivi (artt. 484 e ss.); a cui consegue l'obbligo di
nuova notifica della citazione, con l'indicazione della nuova data dell'udienza, per le parti
non presenti;
9

rinvio in prosieguo del dibattimento, disposto dopo il compimento degli atti

introduttivi (con l'eventuale dichiarazione di contumacia dell'imputato) che non determina


la necessit di ripetere la notifica delle citazioni.
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Procedura penale II

Lezione V

Va inoltre ricordato che se il rinvio determinato da un impedimento dell'imputato o del suo


difensore, ai sensi degli artt. 304 c.p.p. e 159 c.p., sono sospesi i termini di prescrizione e, se
l'imputato detenuto, anche i termini della custodia cautelare, salvo che il rinvio non sia
determinato da esigenze di acquisizione della prova. La sospensione dei termini dura per tutto il
periodo intercorrente tra le due udienze.
Le richieste di prova. Esordisce il pubblico ministero seguito dai difensori nell'ordine
consueto: parte civile, responsabile civile, civilmente obbligato alla pena pecuniaria, imputato.
Nelle richieste di prova ogni singola parte indica i fatti che intende provare e chiede l'ammissione
delle relative prove (art. 493, mod. dalla legge n. 479 del 1999). Secondo quanto prevede l'art. 187
comma 1, oggetto principale della prova sono i fatti che si riferiscono all'imputazione, alla
punibilit e alla determinazione della pena o della misura di sicurezza.
Ne consegue che sono le parti ad individuare i fatti riferentesi all'imputazione ed oggetto di
prova, mentre il giudice svolge una funzione residuale di controllo escludendo le prove
manifestamente superflue o irrilevanti ed eventualmente di integrazione rispetto al potere
dispositivo delle parti in ordine alla prova.
L'illustrazione dei fatti da provare funzionale alla decisione giudiziale in ordine
all'ammissione delle prove. L'esposizione dei fatti, invero, consente al giudice, che conosce solo gli
atti contenuti nel fascicolo dibattimentale, di valutare la pertinenza e la rilevanza delle prove
richieste, spettandogli la funzione di esclusione delle prove vietate dalla legge e di quelle superflue
o irrilevanti (art. 495).
L'ordine delle richieste. L'ordine in cui le parti formulano le proprie richieste rispecchia il
principio dell'onere della prova 11 . Per primi parlano il pubblico ministero e la parte civile. La difesa
ha il diritto di sapere quali sono le prove che l'accusa intende presentare, prima di chiedere
l'ammissione delle proprie.
Ed in conseguenza di questa esposizione predibattimentale del tema d'accusa che sorge, in
capo all'imputato e delle altre parti, l'onere di depositare in cancelleria almeno sette giorni prima
dell'udienza fissata, la richiesta di ammissione della prova orale, con la lista delle persone che
devono essere sentite e l'indicazione delle circostanze su cui deve vertere l'esame, in modo che
risulti manifesta la versione dei fatti sostenuta dalla parte deducente.
11
All'accusa impersonata dal P.M., spetta l'onere della prova di reit, non incombendo all'imputato l'onere di
provare l'innocenza. Invero, l'imputato deve essere assolto quando manchi o risulti insufficiente la prova della sua
colpevolezza, e quindi allorquando il P.M. abbia fallito nell'assolvere il proprio onere probatorio in ordine alla
colpevolezza dell'imputato.
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Procedura penale II

Lezione V

Pertanto, i testimoni, periti, consulenti ed imputati in procedimenti connessi devono figurare,


in qualit di persone da sottoporre all'esame, nell'apposita lista, depositata almeno 7 giorni prima
della data fissata per il dibattimento.
Qualora il nome della persona da esaminare non sia stato inserito nella lista, la richiesta di
sentirlo in dibattimento inammissibile. Tuttavia, il successivo art. 493, comma 2 attenua il rigore
della sanzione di inammissibilit, in quanto ammette che il giudice possa acquisire le prove non
indicate nella lista quando sia la parte a richiederlo, dimostrando di non averle potute indicare
tempestivamente, cio al momento di presentazione della lista. A chi non avesse potuto farlo allora,
dunque consentito procedervi al momento della formulazione delle richieste probatorie.
La relativa richiesta viene subordinata al potere discrezionale del giudice, il quale pu
ammettere le nuove prove quando siano assolutamente necessarie all'accertamento del fatto storico.
Esposte le prove, il presidente informa l'imputato che ha facolt di rendere, in ogni stato del
dibattimento, le dichiarazioni che ritiene opportune, purch si riferiscano all'oggetto
dell'imputazione e non intralcino l'istruzione dibattimentale. Queste dichiarazioni, denominate
spontanee, rappresentano un atto diverso dall'esame. L'elemento discretivo consiste nel fatto che
l'imputato, nel rendere tali spontanee dichiarazioni, non si offre al controesame della parte e
pertanto non rischia di essere messo in difficolt da domande formulabili da parte chi abbia un
interesse contrapposto.
Le dichiarazioni reputate utili, debbono risultare pertinenti e compatibili con l'ordinata
sequela istruttoria; all'imputato non sarebbe concesso, ad esempio, interloquire su ogni punto
toccato dai singoli testimoni, improvvisandovi delle arringhe, n mettere becco nella discussione
finale, salvo il diritto all'ultima parola.
Per quel che concerne le prove documentali, invece, prevista una specifica procedura di
ammissione. In base all'art. 495, comma 3 prima che il giudice provveda sulla domanda, le parti
hanno facolt di esaminare i documenti di cui chiesta l'ammissione. Il documento, una volta
ammesso, inserito nel fascicolo per il dibattimento (art. 515).Com' noto, la formazione di questo
fascicolo ha lo scopo di consentire una selezione degli atti e dei documenti che saranno conoscibili
preventivamente dal giudice del dibattimento.
Oltre alle fonti di prova precostituite rispetto all'inizio del procedimento, come i documenti,
nel fascicolo vanno inseriti sia atti aventi una funzione probatoria sia atti che, come quelli relativi
alla procedibilit dell'azione penale o all'esercizio dell'azione civile, hanno solo una funzione di
impulso processuale.
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Lezione V

Quando si tratta di atti o di documenti aventi una funzione probatoria, perci, l'inserimento
nel fascicolo implica, certamente, una delibazione di ammissibilit della prova, anche sotto il
profilo della rilevanza. E, per, solo una delibazione incidentale, priva di efficacia preclusiva o
vincolante, perch la formazione del fascicolo non si inserisce nel procedimento di ammissione
della prova, ma, come rilevato, attiene piuttosto all'individuazione degli atti preventivamente
conoscibili dal giudice del dibattimento.
Nel momento delle richieste di prova, ciascuna parte chiede l'ammissione di tutte le prove,
sia orali che reali, delle quali intende servirsi e precisi anche le fonti che intenda assumere "a prova
contraria", e cio per contrastare prove richieste da altra parte processuale.
In definitiva, le richieste di prova tendono a delineare, nei limiti del prevedibile, l'oggetto
dell'istruzione dibattimentale.
I criteri di ammissione delle prove. Il giudice decide l'ammissione dei mezzi di prova in
base ai criteri resi espliciti nell'art. 190, verificando che essi siano pertinenti, non sovrabbondanti e
non vietati dalla legge.
Atteso che a ciascuna parte spetta un vero e proprio diritto alla prova, il giudice dovr
motivare l'eventuale ordinanza che rigetti la richiesta di ammissione. L'impugnazione contro
l'ordinanza potr essere proposta soltanto unitamente alla sentenza.
L'ammissione della prova contraria. Nella terminologia codicistica, mentre la prova
destinata a dimostrare un fatto favorevole alla parte che la richiede, la prova contraria preordinata
a negare, anche indirettamente, il fatto oggetto della prova articolata dalla parte avversa . L'imputato
ha diritto all'ammissione delle prove intese a negare i fatti oggetto della prova indicata dal pubblico
ministero; il pubblico ministero ha diritto all'ammissione delle prove intese a negare i fatti oggetto
della prova indicata dall'imputato (art 495, comma 2).
La prova contraria non deve necessariamente essere anticipata al momento del deposito
delle liste testimoniali, potendosene chiedere l'ammissione, in ultima istanza, anche nella fase di
richiesta delle prove. 12
La decisione sulla richiesta di ammissione. Il giudice decide sulle richieste di ammissione
delle prove, senza ritardo, mediante ordinanza (art. 190). Le parti hanno il diritto ad una tempestiva
12
La prova pu essere definita contraria quando tende a negare l'esistenza del fatto affermato dalla prova
principale. La prova contraria, se tende a negare l'esistenza del medesimo fatto (es. Caio afferma che non ha visto
Sempronio in quella piazza per tutta la mattina), per legge pertinente. Occorre accertare soltanto se essa sia rilevante,
e cio se sia idonea a formare un elemento di prova (es. Caio quel giorno era notoriamente affetto da una malattia
visiva?).

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vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto dautore
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pronuncia giudiziale, poich per loro indispensabile sapere subito quali saranno i mezzi di prova
di cui poter disporre al momento dell'istruzione dibattimentale.
L'acquisizione concordata di atti di indagine. consentita l'acquisizione concordata al
fascicolo del dibattimento di atti contenuti nel fascicolo del pubblico ministero, nonch della
documentazione relativa all'attivit di investigazione difensiva (art. 493, comma 3).
Si tratta di una previsione identica a quella che opera al momento della formazione del
fascicolo per il dibattimento, al termine dell'udienza preliminare (art. 431, comma 2). Non ben
chiaro se siffatta acquisizione concordata sia consentita solo nel corso delle richieste di prova o
anche nella successiva fase

dibattimentale. Parrebbe preferibile la seconda soluzione, poich

l'istituto non ha carattere eccezionale, piuttosto rappresenta una forma dialettica alternativa al
contraddittorio, ed ugualmente espressione del diritto alla prova.

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10 L'istruzione dibattimentale.
Il procedimento di ammissione della prova si articola in tre momenti:
a)

esposizione introduttiva del tema dell'accusa e delle richieste istruttorie del

pubblico ministero (art. 493);


b)

indicazione dei fatti che intendono a provare e richiesta di ammissione delle

prove delle altre parti, secondo un ordine che inizia dalla parte civile, seguita dal
responsabile civile e dalla persona civilmente obbligata per la pena pecuniaria, e termina
con l'imputato;
c)

provvedimento finale del giudice, adottato in applicazione dei criteri di

ammissione della prova nella fase accusatoria.


L'illustrazione preliminare dei temi del giudizio fondamentale perch all'apertura del
dibattimento il giudice conosce solo una parte degli atti, quelli contenuti nel fascicolo del
dibattimento, che non potranno offrirgli

tutti gli elementi necessari alla comprensione delle

controversia.
D'altro canto, appunto l'ignoranza degli atti delle indagini preliminari a rendere effettiva
quella presunzione di ammissibilit della prova richiesta dalle parti, che destina il processo alla
verifica delle ipotesi di ricostruzione del fatto da esse formulate. L'esposizione introduttiva serve,
quindi, ad informare il giudice sull'ipotesi di ricostruzione del fatto che ciascuna delle parti
prospetta ed intende verificare, dimodoch egli possa con riferimento a quell'illustrazione accertare
se le prove richieste non siano manifestamente superflue o irrilevanti.
Un maggior spessore argomentativo previsto per l'esposizione del pubblico ministero,
poich questi deve prospettare, sinteticamente, anche le ragioni che sostengono la sua ipotesi
d'accusa, mentre le altre parti possono limitarsi a indicare i fatti che intendono provare, non
incombendo loro di giustificare l'instaurazione di un procedimento.
L'ordine dei "casi". L'ordine nel quale si svolge l'istruzione dibattimentale rispetta i
princpi generali dell'onere della prova (art. 27, comma 2 Cost.) e della disponibilit della stessa
(art. 190 c.p.p.). Invero, spetta a colui che accusa provare la reit dell'imputato. L'ultima assunzione
probatoria, invece, proviene dall'imputato, poich questi ha il diritto di conoscere l'esito delle prove
a carico. La successione dei casi, prevista dal codice, pu essere modificata ove tutte le parti
concordino un ordine diverso (art. 496, comma 2); ci costituisce espressione del principio della
disponibilit della prova.
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11 L'assunzione della prova.


L'assunzione della prova in dibattimento pu avvenire in tre modi:

mediante l'acquisizione di cose, ivi compresi i documenti, che potrebbe

richiedere anche un provvedimento di sequestro ovvero un'ispezione o una perquisizione;

mediante lettura di atti gi assunti nelle precedenti fasi del procedimento;

mediante escussione dei testimoni, dei periti, dei consulenti e delle parti che

accettino di sottoporsi all'esame.

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12 Le escussioni.
I testimoni sono esaminati uno dopo l'altro, secondo l'ordine prescelto dalle parti indicanti. Il
testimone ha l'obbligo, penalmente sanzionato, di rispondere secondo verit, impegnandosi
solennemente e pubblicamente mediante una dichiarazione formale. Tale adempimento previsto a
pena di nullit dell'esame. Il testimone viene altres avvisato delle responsabilit previste dalla legge
nei confronti dei testimoni falsi o reticenti.
Le domande sono rivolte direttamente dalle parti (p.m. e difensori) attraverso il sistema della
cross-examination (art. 498).
Lo svolgimento dell'esame incrociato. L'esame incrociato si articola nei tre momenti
fondamentali dell'esame diretto, del controesame e del riesame (art. 498). I soggetti che pongono le
domande sono il pubblico ministero ed i difensori delle parti private.
L' esame diretto condotto dalla parte che ha chiesto di interrogare il testimone (o altro
soggetto che rende dichiarazioni). Il controesame eventuale, nel senso che le parti, che non hanno
chiesto l'ammissione di quel teste, possono, se lo ritengono, porre a loro volta domande, nell'ordine
prestabilito. Il riesame doppiamente eventuale perch si svolge soltanto se vi stato il
controesame; nel riesame la parte che ha condotto l'esame diretto pu proporre nuove domande.
Passiamo adesso ad approfondire nel dettaglio i tre momenti fondamentali appena
menzionati.
L'esame diretto tende ad ottenere la esposizione orale dei fatti conosciuti dal testimone,
ritenuti utili a dimostrare la tesi dell'interrogante.
Si presuppone che questi conosca previamente le informazioni che il testimone dovr
fornire; il suo scopo quello di dimostrare che il teste attendibile e credibile. Per tale motivo sono
vietate le "domande-suggerimento" (art. 499, comma 3).
Il controesame condotto dalla parte che ha un interesse contrario a quella che ha chiesto
l'esame del testimone (o altro dichiarante) ed eventuale, nel senso che la controparte ha "facolt"
di porre domande alla persona gi sentita nell'esame diretto 13 .
Il controesame pu avvenire sui fatti ovvero sulla credibilit del testimone, o su entrambi gli
oggetti.
13
Lart. 111 Cost. prevede la facolt dellimputato di interrogare o far interrogare le persone che rendono
dichiarazioni a suo carico. Se ne dedurrebbe la facolt per limputato di porre direttamente domande alle persone
esaminate. In realt il codice di rito prevede che le domande siano poste dai difensori (art. 498 comma 1 e 503 comma
2), non dallimputato, privilegiando cos la difesa tecnica rispetto allautodifesa (Cass. Sez. VI, 27.01.2005, n. 2595).
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Il controesame sulla credibilit tende a far dichiarare al testimone fatti che dimostrano la non
credibilit di quest'ultimo (art. 194, comma 2) ovvero a far dichiarare al testimone un fatto diverso o
contrario a quello esposto nell'esame diretto; o ad ottenere dal dichiarante una spiegazione
alternativa del fatto stesso; o, infine, a far ammettere fatti che contraddicono le conclusioni alle
quali pervenuta la controparte.
Nel controesame sono ammesse le domande-suggerimento, volte non solo a saggiare la
reazione del testimone, ma anche a fare in modo che il medesimo cada in contraddizione (art. 499,
comma 3). Con ci si d attuazione al principio secondo cui la prova capace di resistere alle
suggestioni quella che pi si accredita.
Il riesame condotto dalla persona che ha chiesto l'assunzione della testimonianza. Esso
doppiamente eventuale, atteso che avviene soltanto se si svolto il controesame e soltanto se la
parte, che ha chiamato a deporre il testimone, intende procedere al riesame stesso.
La funzione del riesame quella di consentire, a chi ha introdotto la prova, il "recupero"
della sequenza dei fatti, dopo che il controesame ha cercato di mettere in dubbio la loro esistenza;
oppure consente di esporre la ragione di contraddizioni nelle quali il testimone caduto; pertanto
tende a corroborare la validit delle dichiarazioni inizialmente rese.
Il potere di rivolgere domande. Da quanto esposto finora, si ricava che l'esame incrociato
non consiste nella semplice attribuzione alle parti del diritto di porre domande ai testimoni.
Viceversa, si tratta di un congegno articolato e complesso che ha regole precise, il cui scopo
quello di sottoporre il dichiarante alla immediata verifica ad opera delle parti contrapposte.
L'esame incrociato non pu essere sottoposto ad interruzioni. Nel corso del suo svolgimento
le parti hanno unicamente la possibilit di formulare opposizioni sulle quali il presidente decide
immediatamente senza formalit (art. 504) 14 .
Soltanto al termine della sequenza esame diretto controesame riesame il presidente pu
porre d'ufficio domande al testimone (o altro dichiarante). In tal caso, le parti hanno diritto a
concludere l'esame secondo l'ordine prescritto (art. 506, comma 2); e cio si pu rinnovare in tutto
od in parte la sequenza "esame diretto controesame riesame".
Le regole che presiedono all'esame incrociato. Il codice pone regole che riguardano sia il
modo di rivolgere le domande, sia il modo di rispondere alle stesse da parte del testimone (o altro
14
Ad esempio, pu accadere che la domanda stessa sia inammissibile (perch vietata dalla legge) o non
pertinente; ovvero si tratti di una "domanda-suggerimento", formulata, durante l'esame, proprio dalla parte che ha
chiesto la citazione del testimone (art. 499, comma 3).

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dichiarante). Le regole valgono in generale per i tre momenti dell'esame diretto, del controesame e
del riesame; hanno lo scopo di tutelare sia la genuinit della prova, sia il rispetto della dignit della
persona sottoposta ad esame.
Le regole per le domande sono le seguenti.
1.

sono ammesse domande su fatti specifici (art. 499, comma 1). La regola

non vieta tuttavia che una parte chieda al dichiarante di narrare ci che ha percepito. Si vuole
soltanto evitare che il testimone venga a riferire una "lezione imparata a memoria". Inoltre, la
domanda deve avere ad oggetto un fatto "determinato" e non un apprezzamento del
dichiarante (art. 194, comma 3). Il deponente pu fare apprezzamenti soltanto quando
impossibile scinderli dalla deposizione sui fatti.
2.

sono vietate le domande nocive, idonee a minare la sincerit delle risposte e

quelle suggestive, volte invece a suggerire una determinata risposta (es. era molto buio?,
quando non si sia ancora accertato se il fatto sia avvenuto di mattina o di sera). Domande
suggestive sono ammesse, invece, nel corso del controesame, al fine di saggiare l'attendibilit
del teste;
3.

sono vietate le domande che violano il rispetto della persona umana (art. 499,

comma 4), e cio che ledono l'onore o la reputazione del deponente. Tuttavia nel
controesame, quando occorre saggiare la credibilit del dichiarante, il diritto alla prova
prevale sul rispetto della persona: il codice non prevede "materie non indagabili".
Le regole per le risposte. Fra le regole che riguardano le risposte, si possono citare tutti i
casi nei quali il testimone pu astenersi dal rendere dichiarazioni.
Pertanto il testimone ha facolt di non deporre:
a) su fatti dai quali potrebbe emergere una sua responsabilit penale (art. 198,
comma 2);
b) su fatti coperti da segreto professionale (art. 200);
c) su fatti coperti da segreto d'ufficio o di Stato (artt. 201 e 202).
Ancora, il testimone assistito pu non deporre sui fatti di cui all'art. 197, comma 4. Infine, il
testimone ha facolt di astenersi dal deporre nei casi previsti dall'art. 199, qualora sia prossimo
congiunto dell'imputato.
Vi anche una specifica regola che impone al presidente di preservare la genuinit delle
risposte, evitando che il testimone possa carpire suggerimenti mentre depone.

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Questa notazione fornisce l'occasione di evidenziare come il potere di escludere le domande


vietate, sia su eccezione di parte sia d'ufficio, spetti al presidente dell'organo giudicante.
Pi in generale, a lui spetta di vigilare che il contraddittorio si svolga correttamente. Invero,
il presidente interviene per assicurare la pertinenza delle domande (artt. 187 e 194) e la lealt
dell'esame (art. 499, comma 6); controlla la correttezza delle contestazioni, ordinando, se occorre,
l'esibizione del verbale nella parte in cui le dichiarazioni siano state utilizzate per le contestazioni
(art. 499, comma 6); decide, immediatamente e senza formalit, sulle opposizioni formulate dalle
parti nel corso dell'esame (art. 504). Le stesse regole dettate per i testimoni valgono per l'esame dei
periti e dei consulenti tecnici15 .
Le dichiarazioni rese prima del dibattimento e la loro utilizzabilit. Nel corso della
deposizione dibattimentale pu accadere che un teste riferisca cose diverse da quelle dichiarate alla
polizia giudiziaria o al pubblico ministero nella fase investigativa oppure al giudice nel corso
dell'udienza preliminare.
In tal caso, le parti, nel corso dell'esame dibattimentale, al fine di contestare in tutto o in
parte le deposizioni dibattimentali, potranno servirsi delle precedenti dichiarazioni rese
dall'interrogando durante le indagini preliminari o l'udienza preliminare, oppure nel corso delle
investigazioni difensive e contenute nel fascicolo del pubblico ministero (art. 500). Esse restano
ignote al giudice dibattimentale, il quale, pertanto, non avrebbe la possibilit di avvedersi di
eventuali difformit, atteso che il fascicolo dibattimentale non comprende gli atti acquisiti nelle fasi
anteriori.
A seguito della contestazione probatoria pu accadere che il teste elimini la difformit,
rettificando la deposizione dibattimentale in moda da farla coincidere con quella precedentemente
resa. In tal caso, le dichiarazioni dibattimentali sono pienamente utilizzabili. Ma pu anche darsi
che il teste ribadisca la versione fornita durante l'escussione dibattimentale, seppure difforme da
quella precedentemente resa, fornendo giustificazioni, plausibili o meno 16 .
15

15 La testimonianza protetta. Quando deve essere esaminato un testimone minorenne il codice prevede forme
particolari, che escludono l'esame incrociato e forniscono maggiore protezione al dichiarante (art. 498, comma 4).
L'esame del minorenne (e analogamente del maggiorenne infermo di mente; C.cost. n. 283 del 1997) condotto dal
presidente dell'organo collegiale, al quale le parti possono chiedere di porre domande o di fare contestazioni da
rivolgere poi al minorenne. Nel condurre l'interrogatorio il presidente pu avvalersi dell'ausilio di un esperto di
psicologia infantile.
16
Si pensi al teste che nel corso delle indagini abbia dichiarato al pubblico ministero di aver riconosciuto
l'assassino indicandone finanche le generalit e in dibattimento, poi, dichiari di non aver riconosciuto l'autore del
delitto.

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Lezione V

Ebbene, qualora persista una difformit di versioni e l'interrogato riaffermi una delle due o
non risponda, si pone il problema se quanto sia stato in precedenza narrato possa essere letto in
dibattimento nel corso delle contestazioni ed utilizzato ai fini della decisione o se debbano, invece,
prevalere le dichiarazioni formulate in dibattimento.
Il nostro codice di rito, con la riforma introdotta dalla legge 63/2001 sul giusto processo,
modificando l'art. 500, ha scelto la seconda via, nel rispetto dei principi accusatori. Sono previste
solo alcune eccezioni, nel rispetto del principio della non dispersione dei mezzi di prova, pi volte
affermato dalla Corte Costituzionale.
Alla luce delle suesposte considerazioni, l'art. 500 comma 2 stabilisce che le dichiarazioni
utilizzate per le contestazioni, essendo atti assunti senza la garanzia del contraddittorio, non
possono costituire prova del fatto narrato, ma servono solo per valutare la credibilit della persona
che ha fornito una differente versione o che ha omesso di rispondere sulle circostanze oggetto di
contestazione.
Ci vuol dire che, fatta eccezione per le tassative ipotesi di utilizzabilit piena delle
dichiarazioni predibattimentali, se l'esaminato smentisce in dibattimento un'affermazione fatta nel
corso delle indagini preliminari, la dichiarazione precedente potr essere utilizzata solo per
considerare come inattendibile il dichiarante, ma non per ritenere provato il fatto originariamente
affermato 17 .
Sicch tornando all'esempio dianzi formulato, a fronte di contraddizioni palesi in ordine al
riconoscimento dell'imputato, consentito che il giudice evinca la non attendibilit del teste, ma
non potr utilizzare le dichiarazioni da questi rese nelle indagini, identificanti l'imputato quale
assassino, per motivare la condanna del medesimo 18 .
Tale regola, di natura squisitamente accusatoria (perch non consente agli atti delle indagini
di divenire prova nel dibattimento), soffre per talune eccezioni, nel senso che divengono
utilizzabili come prova del fatto narrato:
17
La Corte Costituzionale, con lordinanza n. 36/2002, ha dichiarato costituzionalmente legittima la nuova
formulazione dellart. 500.
18
Volendo fornire un ulteriore esempio, il testimone pu aver affermato davanti alla polizia giudiziaria che l'auto
dei sequestratori era blu, mentre in dibattimento riferisce che l'auto era rossa. Se, nonostante la contestazione e la lettura
della precedente dichiarazione, il medesimo continui ad affermare che il veicolo era rosso, tale versione ben potr essere
considerata poco attendibile, ma la dichiarazione precedente secondo cui l'auto avvistata fosse blu non potr essere
utilizzata come prova. In definitiva, la contestazione vale, tuttalpi, a scardinare la solidit delle dichiarazioni
dibattimentali, ma non certo a fornire valenza probatoria alla narrazione del fatto resa in precedenza. Occorre tuttavia
chiarire che allorch emergano discrasie nelle dichiarazioni rese dal medesimo soggetto, non vuol dire che il giudice
riterr necessariamente inattendibile ci che il teste abbia affermato in udienza, perch egli decide in base al libero
convincimento.
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1.

Lezione V
le dichiarazioni rese dalla persona informata sui fatti nel corso delle indagini

preliminari, quando risulti, in base ad elementi concreti, che l'esaminando sia stato
sottoposto a violenza, minaccia, offerta o promessa di danaro, al fine di non deporre o di
deporre il falso (art. 500, comma 4) 19 ;
2.

le dichiarazioni rese all'udienza preliminare (422 c.p.p.)

e lette per le

contestazioni dibattimentali sono utilizzabili come prova del fatto soltanto nei confronti
degli imputati che abbiano partecipato alla loro assunzione (art. 500, comma 6). Contro le
altre parti sono utilizzabili come prova della credibilit, o, in caso di accertata
intimidazione o offerta di danaro, come prova del fatto narrato;
3.

le dichiarazioni rese nel corso delle indagini preliminari sono utilizzabili a

fini probatori, se vi sia consenso delle parti (art. 500, comma 7). In tal caso si parla di
acquisizione concordata al fascicolo per il dibattimento di atti contenuti nel fascicolo del
pubblico ministero.
La contestazione non probatoria. La contestazione probatoria non l'unico strumento
per verificare la credibilit di quanto il testimone (o altro dichiarante) afferma in dibattimento. Altre
possibilit possono essere ricavate dall'analisi di talaltre disposizioni codicistiche nonch dalla
complessa dinamica dell'esame incrociato.
Talune prove, acquisite sia nel corso dell'istruzione dibattimentale che nelle fasi anteriori,
possono costituire oggetto di un tipo di contestazione definibile non probatoria.
Questa si riferisce ad atti e documenti contenuti nel fascicolo per le indagini preliminari ed
preordinata a demolire la credibilit del soggetto dichiarante. Cos, ad un teste possono essere
contestate le precedenti contraddittorie dichiarazioni di altro teste.
E', inoltre, possibile contestare al testimone (od altro dichiarante) un documento. Ad
esempio, se il testimone in dibattimento nega di aver mai conosciuto una determinata persona,
l'interrogante pu contestare la circostanza, mostrando al testimone una fotografia (o altro
documento) che lo ritrae col presunto sconosciuto, mentre si stringono la mano.
Questa ulteriore forma di contestazione non probatoria adempie alla funzione di
contraddire una dichiarazione, sempre allo scopo di far emergere una imprecisione o un falsit. Non
19
Un testimone rifiuta di rispondere affermando di essersi avveduto che alcuni membri in una associazione a
delinquere sono presenti in aula al fine di intimorirlo. In una successiva udienza viene prodotta la relazione di servizio
di un agente di polizia penitenziaria il quale nel corso della precedente udienza dibattimentale aveva notato la presenza
tra il pubblico di tre ex detenuti che, con una sorta di dialogo fatto di sorrisi, gesti ed occhiate, avevano intimorito il

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Lezione V

necessario che il documento sia stato ammesso all'inizio del dibattimento, dal momento che, in
quella fase, non se ne prevedeva la rilevanza in rapporto alle risposte effettivamente rese dal
testimone (o altro dichiarante).
Anche siffatta prova pu essere contestata al dichiarante perch, in base all'art. 194, comma
2, l'esame pu estendersi alle circostanze il cui accertamento sia necessario per valutarne la
credibilit.

dichiarante. In base a tali elementi il giudice pu ritenere l'esistenza di una intimidazione sul dichiarante ed acquisire al
fascicolo per il dibattimento le dichiarazioni rese nel corso delle indagini.

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Lezione V

13 Le letture.
Sebbene il sistema accusatorio esiga, di norma, che le prove vengano formate innanzi al
giudice dibattimentale, acquisendo forma e vita alla sua presenza, esistono circostanze nelle quali
necessario precostituirli gli atti aventi valenza probatoria.
Le soluzioni adottate si proiettano in due direzioni.
Da un lato, anticipare la formazione della prova a partire gi dalle indagini preliminari o
nella fase dell'udienza preliminare mediante l'istituto dell'incidente probatorio, ovvero nel corso
degli atti preliminari al dibattimento (atti urgenti). Dall'altro, si prevista la possibilit di procedere
alla lettura di atti formati fuori dal dibattimento acciocch gli stessi, acquisiti al relativo fascicolo,
acquistino idoneit probatoria.
Tale soluzione consente la trasmigrazione di atti dal fascicolo del pubblico ministero a
quello dibattimentale e mira, altres, a valorizzare, ai fini della formazione della prova, le risultanze
delle indagini preliminari, nel rispetto del principio di non dispersione dei mezzi di prova,
frequentemente ribadito dalla Corte Costituzionale.
Gli atti compiuti in momenti anteriori al dibattimento che possono essere oggetto di lettura
sono contenuti in parte nel fascicolo per il dibattimento ed in parte nel fascicolo del pubblico
ministero.
I verbali degli atti contenuti nel fascicolo per il dibattimento possono essere letti solo dopo
l'esame della persona (art. 511, comma 2). Se l'esame del dichiarante non ha luogo, si procede alla
lettura integrale dell'atto.
La lettura differisce dalla contestazione perch, mentre questa viene mossa nel corso
dell'esame del dichiarante la lettura, viceversa, viene disposta quando l'esame si sia concluso o
quando non abbia avuto luogo.
Per effetto della lettura l'atto viene posto a fondamento della motivazione della sentenza.
Per quel che concerne gli atti contenuti nel fascicolo del pubblico ministero essi possono
essere letti solo se divenuti non ripetibili in dibattimento. La lettura ammessa solo se la non
ripetibilit sia dovuta ad una impossibilit di natura oggettiva; pertanto la lettura vietata se la non
ripetibilit derivi da una scelta soggettiva del dichiarante, come pu avvenire, ad esempio, quando il
prossimo congiunto dell'imputato, dopo aver reso dichiarazioni alla polizia giudiziaria o al pubblico
ministero, in dibattimento si astenga dal deporre ai sensi dell'art. 199.

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Lezione V

In luogo della lettura il giudice pu, in alternativa, indicare gli atti utilizzabili per la
decisione (art. 511, e. 5). Tale indicazione equivale a lettura. La norma mira ad evitare inutili
lungaggini di letture di atti che le parti gi conoscono. In ogni caso, se una parte lo richiede, deve
darsi lettura agli atti contenenti dichiarazioni.
L'indicazione delle letture ammesse, , comunque, tassativa, essendo vietata, a norma
dell'art. 514, la lettura non espressamente consentita.
Altri atti di cui pu essere data lettura, sono: i verbali di prova di altri procedimenti (art. 51,
comma1bis), se sono acquisibili ai sensi dell'art. 238; gli atti acquisiti dalla P.G., dal P.M., dai
difensori o dal GUP, quando per fatti o circostanze imprevedibili sia sopravvenuta l'impossibilit di
ripetizione (art. 512: es. persona informata che abbia reso dichiarazioni ai sensi dell'art. 351 e che
successivamente sia deceduta); le dichiarazioni rese da persona residente all'estero, a condizione
che sia assolutamente impossibile l'esame dibattimentale e che sussistano altri elementi di prova gi
acquisiti che giustificano l'utilizzabilit delle dichiarazioni (art. 512bis); dichiarazioni rese
all'udienza preliminare da testi e parti ed imputati in procedimento connesso o collegato raccolte
mediante cross-examination (art. 514, e. 1, seconda parte); dichiarazioni rese dall'imputato nelle
indagini preliminari o nell'udienza preliminare, qualora il medesimo successivamente nel
dibattimento rimanga contumace, assente ovvero rifiuti di rispondere all'esame. In tal caso, su
richiesta di parte, pu darsi lettura delle precedenti dichiarazioni.
Come dianzi rilevato, le letture hanno, comunque, una funzione di mera integrazione della
prova orale, potendo essere disposte solo dopo l'esame della persona che le ha rese, a meno che
l'esame non abbia luogo.
E' da ritenere, per che, potendo essere disposta anche la lettura delle dichiarazioni acquisite
nell'incidente probatorio costituisca un'autonoma modalit di acquisizione della prova e sia
ammissibile anche se non sia stato richiesto e ammesso il pur possibile esame del dichiarante.
Sicch sarebbe consentito dare lettura, ad esempio, delle dichiarazioni rese in incidente
probatorio da un teste di cui non si sia chiesto il pur possibile esame dibattimentale.
La disposizione dell'art. 511 comma 2 viene, quindi, a svolgere una funzione regolatrice
dell'escussione pi che delle letture, in quanto tende ad impedire che la lettura pregiudichi la
genuinit dell'escussione; ma non impedisce che la lettura svolga una funzione sostitutiva di una pur
possibile escussione.

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Procedura penale II

Lezione V

14 Principio dispositivo e poteri di iniziativa


probatoria esercitabili dal giudice.
Una volta terminata l'acquisizione delle prove il giudice pu disporre l'assunzione di nuovi
mezzi di prova, se risulti assolutamente necessario 20 .
Per esemplificare valga l'esempio di seguito esposto. Ipotizziamo che il pubblico ministero
non presenti le liste testimoniali, ma in dibattimento chieda ugualmente l'ammissione dei testimoni.
La difesa si oppone, sostenendo che la richiesta del p.m. inammissibile (ex art. 468, comma 1).
Orbene, in tal caso ci si chiede se il giudice possa esercitare il proprio potere di ammissione
d'ufficio.
Secondo la Cassazione l'inciso terminata l'acquisizione delle prove indica solo il punto
dell'istruzione dibattimentale in cui pu avvenire l'ammissione di nuove prove e non costituisce il
presupposto per l'esercizio del potere del giudice. Semmai, l'inciso sottolinea che l'iniziativa delle
parti, e cio il loro diritto alla prova, ha un carattere primario rispetto ai poteri officiosi del
giudice, ma non un presupposto di questi ultimi. Pertanto, anche nell'ipotesi di inerzia delle parti,
il giudice pu ammettere prove d'ufficio. In definitiva, ci che diventa inammissibile ai sensi
dell'art. 468 non la prova, bens la richiesta come atto di parte.
Viceversa, nessuna inammissibilit prevista per il potere di iniziativa

probatoria,

esercitabile d'ufficio dal giudice.

20
Le sezioni unite della Cassazione hanno affermato che, ove il giudice ammetta d'ufficio una prova, resta
comunque salvo il diritto delle parti all'ammissione della prova contraria, valevole anche nei confronti del potere di
iniziativa esercitabile dal giudice (Cass SS UU Pen. 18.12.2006, n. 41281).

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Lezione V

15 La discussione finale.
La discussione finale, che ha inizio quando terminata l'istruzione probatoria, consente al
pubblico ministero e ai difensori delle parti private di formulare le proprie conclusioni.
L'ordine degli interventi disciplinato in modo che l'accusa pubblica e privata parte civile
precedano la difesa dell'imputato, attuando cos il principio dell'onere della prova.
Inoltre, le conclusioni del pubblico ministero sono formulate prima di quelle della parte
civile, quasi a sottolineare la posizione di accessoriet di questa, che tendenzialmente interviene in
ordine alle questioni connesse al risarcimento del danno derivante dal reato.
Le conclusioni del difensore del responsabile civile e della persona civilmente obbligata per
la pena pecuniaria precedono quelle del difensore dell'imputato.
Il pubblico ministero e i difensori delle parti private possono replicare; ma la replica
ammessa una volta sola e deve essere contenuta nei limiti strettamente necessari per la confutazione
degli argomenti contrapposti.
La discussione finale diretta dal presidente dell'organo giudicante, che ha il potere di
impedire ogni divagazione, ripetizione e interruzione.
L'imputato ed il suo difensore devono avere, a pena di nullit, la parola per ultimi, se la
chiedono (art. 523, comma 5).
Di regola la discussione non pu essere interrotta per l'assunzione di nuove prove, se non in
caso di assoluta necessit (art. 523, comma 6).
Tuttavia, se questa si verifica, il giudice provvede, a norma dell'art. 507, sia su richiesta di
parte, che d'ufficio. Se la prova richiesta da una parte decisiva, il giudice obbligato ad
ammetterla; un eventuale diniego, tuttavia, non pu essere sottoposto a controllo mediante
l'impugnazione della sentenza.
Terminata la discussione, il presidente dichiara chiuso il dibattimento (art. 524).

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Lezione V

16 Gli atti successivi al dibattimento. La sentenza.


Tale fase inizia nel momento in cui l'organo giudicante si ritira per deliberare in segreto in
camera di consiglio e termina nel momento in cui la sentenza viene depositata in cancelleria.
Alla deliberazione concorrono, a pena di nullit assoluta, gli stessi giudici che hanno
partecipato al dibattimento. Alla base di tale disposizione sotteso il principio di immediatezza,
secondo cui deve esservi identit tra il giudice che ha assistito all'assunzione probatoria e quello che
decide.
Sotto il profilo dei tempi, il codice pone la regola della concentrazione: la sentenza
deliberata subito dopo la chiusura del dibattimento per consentire che l'organo giudicante decida in
base a sensazioni recenti e non a lontani ricordi.
La deliberazione si svolge in segreto in camera di consiglio e cio senza la presenza di altre
persone che non siano i giudici. Costoro sono obbligati a mantenere il segreto sulla deliberazione.
Colui che lo viola compie il delitto di rivelazione di segreto d'ufficio.
Conclusa la deliberazione, il presidente dell'organo giudicante redige il dispositivo e lo
sottoscrive.
Le stesse

ragioni che esigono l'immediata redazione e sottoscrizione del dispositivo

impongono, altres, una sollecita redazione della motivazione della sentenza. Di regola, la
motivazione della sentenza viene redatta in un secondo momento e depositata in cancelleria nel
termine ordinario di quindici giorni ovvero, qualora la motivazione si presenti particolarmente
complessa, in un termine pi lungo non eccedente comunque il novantesimo giorno da quello della
pronuncia.
Nei casi pi semplici, pu darsi contestualmente lettura del dispositivo e delle ragioni della
decisione adottata, sempre che non ostino rilevanti difficolt alla estensione contestuale della
motivazione stessa. La contestualit di pubblicazione sia della parte motiva che di quella dispositiva
della sentenza consente l'accelerazione dei tempi procedurali, grazie anche alla soppressione della
formalit dell'avviso di deposito della decisione per le parti presenti o da considerarsi tali.
Invero, solo quando sia stata redatta contestuale motivazione, e se ne dia lettura o se ne
faccia un'esposizione riassuntiva, la pubblicazione equivale a notificazione della sentenza per le
parti che sono o devono considerarsi presenti all'udienza. Dalla notificazione scatta la immediata
decorrenza dei termini per l'impugnazione (art. 585).

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A rendere possibile l'immediata redazione della decisione concorre anche la sua


stringatezza, essendo sufficiente la concisa esposizione dei motivi di fatto e di diritto su cui la
pronuncia fondata, con l'indicazione delle prove poste a base della decisione stessa e
l'enunciazione delle ragioni per le quali il giudice ritiene non attendibili le prove contrarie (art. 546).
La motivazione. La valutazione degli elementi probatori costituisce per le parti quell'onere
sostanziale che si esplica nel loro potere di argomentare.
Il giudice valuta, infatti, la prova dando conto nella motivazione dei risultati acquisiti e dei
criteri adottati. Espone, inoltre, i motivi del suo convincimento, non solo indicando le prove poste a
base della decisione, ma altres enunciando le ragioni per le quali ritiene non attendibili le eventuali
prove contrarie.
In definitiva, nella motivazione il giudice deve spiegare perch le prove d'accusa sono tali da
eliminare ogni dubbio ragionevole circa la non colpevolezza dell'imputato, o viceversa, perch
mancano o risultano insufficienti o contraddittorie, e cio inidonee a convincere che l'imputato sia
colpevole del reato contestatogli al di l di ogni ragionevole dubbio.
Per accelerare i tempi del processo per gravi reati, nei confronti di imputati detenuti in
custodia preventiva e per i quali vi sia rischio della decorrenza dei termini, il D.L. 24.11.2000, n.
341 (conv. in L. 4/2001), modificando gli artt. 533 e 544, ha previsto che il giudice possa disporre
mediante sentenza di condanna la separazione del procedimento a carico degli imputati detenuti, s
da sdoppiare il processo originario ed imprimere un corso pi celere ai procedimenti a carico degli
imputati in vinculis 21 .
La sentenza di proscioglimento. Il genus della sentenza di proscioglimento racchiude le
species delle sentenze di non doversi procedere e di assoluzione. Il criterio differenziale fra le due
forme di proscioglimento va ravvisato nel tipo di cause che vi danno luogo.
Il giudice adotta la formula dichiarativa di non doversi procedere quando difetti una
delle condizioni di punibilit propriamente dette querela, istanza, autorizzazione a procedere
ovvero si verifichi altra situazione atipica errore di persona, art. 68 risolventesi in una causa di
improcedibilit, nonch quando sussista una causa estintiva del reato: morte del reo prima della
condanna (art. 150 c.p.), amnistia (art. 151 c.p.), remissione di querela (art. 152 c.p.), prescrizione
21
Ad es. nel condannare 70 imputati, di cui 30 detenuti, il giudice, nel pronunciare la sentenza, pu disporre la
separazione del processo a carico dei detenuti, in modo da depositare prima la motivazione riguardante la posizione dei
detenuti e poi quella concernente gli imputati liberi (es. motivazione frazionata: art. 544, comma 3bis). A questo punto,
il processo sdoppiato anche per l'eventuale prosieguo in sede di impugnazione. Inoltre, nulla vieta che la separazione

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del reato (art. 157 c.p.), oblazione nelle contravvenzioni (artt. 162 e 162-bis c.p.) e perdono
giudiziale per i minorenni (art. 169 c.p.).
Se nel corso del procedimento emerga una causa estintiva, il giudice deve dichiararla
immediatamente, enunciandone la causa nel dispositivo. Il giudice adotta tale pronuncia sia quando
vi sia la prova della esistenza della causa estintiva, sia quando sussista dubbio circa l'esistenza della
medesima: si applica il principio in dubio pro reo (art. 531, comma 2).
La sentenza di assoluzione. A differenza della sentenza di non doversi procedere che non
contiene un accertamento del fatto storico ma si limita a statuire su aspetti processuali impeditivi di
tale accertamento, la sentenza di assoluzione contiene un vero e proprio accertamento compiuto
mediante l'analisi del materiale probatorio.
Nell'enunciare le formule terminative il codice segue una vera e propria gerarchia, perch
inizia con quelle pi favorevoli all'imputato per poi terminare con le meno favorevoli.
Assoluzione perch il fatto non sussiste. Tale formula viene adottata quando il fatto storico
non rientra nella fattispecie incriminatrice, poich non risultano presenti gli elementi di fatto
integrativi della condotta, dell'evento o del rapporto di causalit.
Assoluzione perch l'imputato non ha commesso il fatto. La formula utilizzata quando
il fatto sia integrabile sotto il profilo oggettivo, ma risulta non essere stato commesso dall'imputato
bens da un'altra persona.
Assoluzione perch il fatto non costituisce reato. In questo caso il fatto, pur sussistendo
nei suoi elementi oggettivi e risultando commesso dall'imputato, non integra un illecito penale.
Questo perch manchi l'elemento soggettivo richiesto dalla norma incriminatrice (dolo, colpa,
preterintenzione) o uno degli elementi oggettivi costituenti il presupposto della condotta o
dell'evento, come avviene quando carente la qualifica di pubblico ufficiale o di incaricato di
pubblico servizio nei reati cui richiesta, o la situazione di imprenditore fallito nel delitto di
bancarotta.
Viene utilizzata la formula il fatto non costituisce reato anche quando, pur integrati
l'elemento oggettivo e quello soggettivo, il fatto risulti commesso in presenza di una causa di
giustificazione. Questa, infatti, elimina l'antigiuridicit , rendendo lecito il fatto : si pensi ad
esempio all'imputato che abbia volontariamente ucciso, ma lo abbia fatto in situazione di legittima
difesa.
venga disposta per singoli imputati o gruppi di essi e che, quindi, il processo originario diventi non semplicemente
duplicato, ma moltiplicato.
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Assoluzione perch il fatto non previsto dalla legge come reato. In questo caso il fatto
storico, non solo non integra alcuna fattispecie incriminatrice, sia sotto il profilo oggettivo che
soggettivo, ma risulta addirittura non sussumibile in alcuna norma incriminatrice.
Ci accade quando un fatto criminoso venga attribuito all'imputato a causa di un errore di
valutazione giuridica commesso dal pubblico ministero.
La medesima formula viene utilizzata anche quando il fatto, pur previsto originariamente
come reato, perda successivamente carattere di illecito penale 22 .
Assoluzione perch il reato stato commesso da una persona non imputabile o non
punibile per un'altra ragione. La formula utilizzata quando, sebbene il fatto sia stato commesso
ed integri un'ipotesi criminosa, l'imputato, in concreto, risulti non punibile. Questi, infatti, pu
essere non imputabile perch minore di quattordici anni o totalmente infermo di mente, oppure
essere coperto da una causa di non punibilit (si pensi ad un rapporto di parentela nell'ipotesi di
delitti contro il patrimonio commessi senza violenza alle persone). Infine l'imputato pu essere
penalmente immune (ad es. gli agenti diplomatici accreditati presso lo Stato italiano).
La mancanza, insufficienza o contraddittoriet della prova di reit. Le formule
assolutorie sopra illustrate devono essere adottate sia quando manchi la prova della reit
dell'imputato, sia quando la reit appaia dubbia per effetto della contraddittoriet o insufficienza
delle prove di accusa.
Invero, ai fini del proscioglimento, alla prova positiva di innocenza o di inesistenza della
condizione di procedibilit parificata la mancata prova di innocenza o procedibilit.
La ragione per cui la prova contraddittoria o insufficiente, originante il dubbio sulla
responsabilit penale dell'imputato, legittima il proscioglimento con la formula pi ampia, risiede
non tanto nel principio del favor rei, quanto in quello della presunzione di innocenza, da reputarsi
sussistente fintantoch non venga fornita la prova contraria. Questa deve essere piena e non gi
insufficiente o contraddittoria (Cost. art. 27 c. 2).
Conseguentemente, se all'esito dell'escussione delle prove il dubbio ragionevole persiste,
l'imputato dovr essere assolto.
Le disposizioni eventuali della sentenza di proscioglimento. Con la sentenza di
proscioglimento sia di non doversi procedere, sia di assoluzione il giudice ordina la liberazione
dell'imputato in stato di custodia cautelare, essendo venuto a mancare il necessario presupposto dei
Si pensi ad una disposizione normativa che preveda un fatto criminoso che venga dichiarata illegittima dalla
22
Corte costituzionale o ad un reato successivamente depenalizzato e trasformato in illecito amministrativo.
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Lezione V

gravi indizi di colpevolezza e dichiara la cessazione delle altre misure cautelari personali
eventualmente disposte (art. 532, comma 1).
Con la sentenza che assolve l'imputato per causa diversa dal difetto di imputabilit il
giudice, se ne fatta richiesta, condanna la parte civile alla rifusione delle spese processuali
sostenute dall'imputato e dal responsabile civile per effetto dell'azione civile. Inoltre, l'organo
giudicante pu condannare il danneggiato che abbia esercitato azione civile nel processo penale
per colpa grave, al risarcimento dei danni nei confronti dell'imputato assolto
La sentenza di condanna. La sentenza di condanna esige la sussistenza di una prova piena
di reit, atteso che la mancante o insufficiente prova positiva di reit si risolve in proscioglimento.
In conclusione, la responsabilit dell'imputato va positivamente provata e con prova piena. La
sentenza di colpevolezza viene pronunciata quando l'imputato risulti colpevole del reato
contestatogli al di l di ogni ragionevole dubbio.
Tale regola di giudizio costituisce un'applicazione della presunzione di innocenza
dell'imputato e dell'onere della prova in capo al pubblico ministero.
E' utile delineare la scansione logica della deliberazione della sentenza penale di condanna.
Il giudice accerta la sussistenza di un fatto di reato, ne afferma l'illiceit e la commissione da parte
dell'imputato. Quindi, determina la quantit della pena entro i limiti massimo e minimo previsti
nella fattispecie incriminatrice (cosiddetta pena base); valuta se siano presenti aggravanti o
attenuanti e, nel caso di contemporanea presenza, se prevalgano le prime o le seconde ovvero se
esse si equivalgano.
Una volta operato l'aggravamento o l'attenuazione entro i limiti di legge, risulta determinata
la pena da applicare.
A questo punto il giudice valuta se sia possibile tramutare la pena in una sanzione sostitutiva
(concedibile se la pena detentiva non sia superiore a due anni) e se possa essere applicata la
sospensione condizionale (concedibile, in estrema sintesi, se la pena detentiva non sia superiore a
due anni), la non menzione della condanna nel certificato del casellario giudiziale (art. 175 c.p.) e
la dichiarazione di falsit di documenti o atti (art. 537).
Le valutazioni concernenti la sanzione sostitutiva e la sospensione condizionale possono
anche concorrere, ed allora il giudice applica una sanzione sostitutiva condizionalmente sospesa.
Se nessuna delle due possibilit sia praticabile, il giudice irroga la pena. Soltanto in fase esecutiva si
potr esaminare se la pena detentiva possa essere sostituita con una misura alternativa.

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Lezione V

Le (eventuali) statuizioni civilistiche. Fra gli aspetti civili assume importanza la pronuncia
in ordine alla domanda di risarcimento del danno, formulata dalla parte civile nelle conclusioni.
L'entit dei danni da risarcire pu essere oggetto di una statuizione generica (condanna generica)
con rimessione al giudice civile della determinazione dell'ammontare dei danni (decisione sull'an e
non sul quantum). Peraltro, ove ne ricorrano le condizioni, il giudice penale pu direttamente
procedere alla liquidazione del danno, ovvero concedere una provvisionale in conto della
effettuanda liquidazione che diviene immediatamente esecutiva.

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