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SUL

MtlMiKTTO
DEL

CODICE

PENALE
E DEL

CODICE

DI

POLIZIA

PUNITIVA

PEL REGNO D'ITALIA

RAPPORTO DELLA COMMISSIONE


nnminnta rnn Derretn 3 iettembre 1869
A !"3n;i Ecfrolleiiseo il ministro GiiaWlasijffilli.

FIRENZE
STAMPEHU REALE
1871.

f BIBLIOTECA LUCCHINI
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SUL PROGETTO C

DEL

CODICE

PENALE
E DEL

CODICE

DI POLIZIA PUNITIVA

PEL REGNO D'ITALIA

RAPPORTO DELLA COMMISSIONE


nnminata rnd Decretn 3 lettembre 1869
. Sua Eccellenza il Ministro Griiai-dasl^ill i-

FIRENZE "
STAMPERIA REALE
1874.

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DEC ^ 0 1930

Propriet letteraria.

RAPPORTO

AL.

MINISTRO

GUARDASIGILLI
SOL

DEL

PROGETTO

DEL

CODICE

PENALE

CODICE

DI

POLIZIA

PUNITIVA

PEL PREGNO D'ITALIA

Eccellenza,

Da molti anni i rappresentanti del paese ed i cultori della scienza


domandarono istantemente, e i ministri guardasigilli assunsero l'impegno
di portar rimedio, alla condizione anormale e pericolosa della coesistenza
di pi legislazioni penali in Italia. Nessuna* occasione fu lasciata trascor
rere, senza che la Camera dei deputati proclamasse questo nobile suo
voto; e non era ancora compiuta la politica unit del regno, che gi
essa, preludendo alle sue sorti propizie,- esprimeva il bisogno di dargli
un codice penale unico (ordine del giorno 18 maggio 1860). Mossi dall'ur
gente necessit politica, i vostri predecessori si adoperarono di continuo
per raggiungere questo scopo; ed giusto ricordare il progetto del
9 gennaio 1862 del ministro Miglietti, con cui proponeva di estendere
a tutto lo Stato il codice penale sardo del 20 novembre 1850, e quello
altres di procedura penale. Certamente egli stesso riconosceva nella
sua relazione che ci non poteva bastare, e che quel codice non
doveva essere ancora il giure comune degli Italiani. riserbato, diceva,

i
a tempi pi tranquilli un lavoro legislativo di tanta mole, il quale ri
chiede il concorso di tutte le forze vive della nazione. Ma il desiderio
dell'ottimo, conchiudeva, non pu indugiare l'acquisto del meglio, triassime allorquando l'indugio pu riuscire pericoloso e funesto alla conser
vazione del buono. Succeduto per all'on. Miglietti, nel ministero, il
commend. ^Pisanelli , questi, con circolare 12 febbraio 1863, invit la
magistratura a comunicare osservazioni e proposte suggerite dalla espe
rienza del codice sardo; indi incaric una commissione di compilare un
progetto di' codice penale. La commissione era composia dei signori
Conforti commend. Raffaele, presidente; De Falco commend. Giovanni;
De Filippo commend. Gennaro; Martinelli commend. Sante; Pessina
cav. Enrico e Ratti cav. Cosimo. Avuto il lavoro preparato da questa
commissione , il ministro, dopo averlo jigli stesso esaminato, e fattevi
modificazioni ed aggiunte , affid al commend. De Falco l'incarico di
comporre il progetto definitivo, di cui poi distribu alla magistratura il
libro I, con circolare 10 settembre 1864. Quel libro fu giudicato gene
ralmente come un vero e positivo progresso sui codici precedenti. Ma
gli avvenimenti con cui si chiuse quell'anno, e il decretato trasporto
della capitale a Firenze, imposero la necessit di procedere tosto al
l'unificazione legislativa. Passarono omai alla storia le memorabili di
scussioni del 1865 che diedero allo Stato un solo codice civile, e tutti gli
altri rami della legislazione, da cui (niuno che possa dubitarne) lo
Stato ha tratto non piccola parte di forza e di coesione.
Ma allora il governo aveva dovuto domandare al Parlamento facolt
eccezionali; e poich gli studi per la riforma della legislazione penale
non erano, come si detto, ancora compiuti, prefer di omettere il
codice penale dal novero delle leggi che dovevano estendersi a tutto il
regno, compresa la Toscana, dichiarando che, mentre si sarebbero con
tinuati i lavori, non poteva il potere esecutivo arrogarsi il diritto e im
porsi il peso incomportevole di risolvere la grave questione della pena
di morte. Cosi la relazione del guardasigilli, senatore Vacca, del 24 no
vembre 1864. Ma la commissione della Camera, chiamata a riferire su
quel progetto, in una dotta e robusta relazione, fece conoscere come
quella proposta dilatoria, in materia s grave, non fosse stata accolta con
favore; ed essere anzi surta spontanea in lutti gli uffici della Camera la
domanda se non fosse urgente del pari, od anche pi, di provvedere
alla unificazione delle leggi penali. Gi alcuni mesi prima era stato
presentato dal deputato 'Mancini un formale progetto per la unificazione
del codice penale e l'abolizione della pena di morte, il quale con deli

beruziune del 12 dicembre 1864 era stato rinviato alla commissione per
l'unificazione legislativa generale; laonde questa, ed indi anche la Ca
mera, dovetle'ro occuparsi del grave quesito, che form materia di un
separato progetto, come a tutti notissimo. La necessit di dare al
regno^ina legge penale unica fu riconosciuta sin d'allora per modo da
non parer possibile un dubbio qualunque; sia per l'unit del diritto
pubblico, con cui la legge penale ha tanti rapporti, come per l'unit
della coscienza morale e giuridica del paese, e per la uguaglianza dei
cittadini innanzi alla legge.
La Camera accolse le proposte della commissione, e nel 16 marzo 1865
vot la legge che estendeva alla Toscana il codice penale del 20 no
vembre 1859, ed aboliva, nel tempo medesimo, in tutto il regno la
pena di morte. Ma lo stesso proponente di quella legge, l'on. Man
cini, aveva ben dovuto notare (tornata 24 febbraio 1865) che anche
questo era un provvedimento temporaneo: giacch il codice del 1859,
a cui era mancata la luce delle discussioni parlamentari, non poteva
essere la legge definitiva del regno; e rinnov l'eccitamento al go
verno di riprendere gli interrotti studi e far preparare da' pi sapienti
criminalisti italiani il lavoro di un nuovo codice penale, da potersi di
scutere con maturit e con calma, si che potesse poi essere salutato ed
accolto con plauso da tutta la nazione italiana. Epper, giunta al termine
di quelle discussioni, la Camera, nella tornata del 16 marzo, approvava
altres l'ordine del giorno proposto dall'on. Panattoni, invitando il go
verno del Re a completare gli studj gi iniziati, ed a presentare in una
delle prossime sessioni il progetto del nuovo codice penale.
Nel Senato fu ugualmente esplicito e solenne il voto che l'unificazione
fosse una necessit; ed anzi (cos la relazione del senatore De Foresta) se
questa necessit fu ravvisata inoperabile per le leggi civili ed ammini
strative, lo a mille doppi per le leggi penali le quali sono parte prin
cipale ed integrante del diritto pubblico interno dello Stato. Se non che,
avendo mutato sostanzialmente il progetto della Camera col non accet
tare l'abolizione" della pena di morte, ed essendo intanto venuta meno
la possibilit di riproporre la legge alla Camera, la pubblicazione venne
fatta in conformit del primo progetto, ossia senza il codice penale ;.
epper divenne ancor pi urgente il dare esecuzione all'or riferito ordine
del giorno. Or bene, in quel medesimo anno, bench tra le preoccupazioni
del trasporto della capitale a Firenze, fu data opera all'esecuzione di
quell'invito, che lo stesso ministero aveva espressamente accettato, e

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con regio decreto del 15 novembre 1865, proposto dal ministro Cortese e
dal ministro dell'interno Natoli, fu instituita una commissione incaricata
di studiare e proporre la riforma del sistema delle pene da servire di
base alla formazione del nuovo codice penale ; indi con altro decreto
del 12 gennaio 1866 del ministro De Falco una seconda commissione, di
cui facevano parte alcune delle persone componenti la prima, e che al
pari di quella era presieduta dall'on. Pisanelli, con l'incarico di com
pilare, valendosi anche de'risultati e delle conclusioni a cui quella
sarebbe giunta , il progetto del nuovo codice penale ('). E non da
tacere che nelle commissioni medesime eravi taluno anche dei membri
di quella che era stata instituita con decreto 16 febbraio 1862 dal
ministero dell'interno, per studiare alcuni quesiti relativi alle materie
penitenziarie, e corrispondere cos all'invito che aveva fatto al governo
il Senato del regno, mentre discuteva nel 27 novembre 1861 un progetto
di legge per la costruz;one di un carcere penitenziario presso Cagliari.
Il qual lavoro di quella commissione, riassunto in una dotta relazione
pubblicata anche per le stampe, fu poi tra i pi proficui materiali di
cui si valse la nuova per la riforma del sistema e della scala delle
pene, bench, per ragioni diverse, non ne accogliesse per intero le
conclusioni.
Non era certamente da credere, n da desiderare, che un'opera tanto

(*) La prima commissione fu composta dei signori:


Pisanelli (Gius.), deputato al parlamento, presidente;
Arabia (Fr. Sav.), sost. proc. gen. alla corte d'appello di Napoli;
Bellazzi (Fed.), deputato al parlamento;
Boschi (Gius.), dirett. gen. delle carceri ;
Giuliani (Giac), dirett. della casa di reclusione in Milano;

Lavini (Amed.), sost proc. gen. della corte d'appello di Torino;


Mancini (Pasq. Stan.), deputato e professore;
Morelli (Carlo), deputato al parlamento e professore di medicina;
PAOLI (Bald.), consigl. di cassazione a Firenze;
PERI (Carlo), gi ispett. gen. delle carceri ;
AMBROSOLI (Fil.), proc. del Re a Milano, anche come segretario.
La seconda commissione fu composta dei signori:
Pisanelli, deputato al parlamento, presidente;
Marzucciii (Celso), senatore del regno, primo presidente della corte d'appello
di Firenze, vice-presidente;
Arabia (vedi sopra);
Carrara (Frane), avv., professore di diritto penale all'universit di Pisa, de
putato al parlamento;

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complessa e difficile si compiesse in breve tempo. Ed ora che il codice
condotto a fine, e che dopo ripetute revisioni, ed accuratissime di
scussioni, sentita la magistratura ne' suoi pareri, stalo esaminato di
nuovo, non sarebbe singolare che qualcuno facesse tuttavia rimprovero
al ministero di non aver raccolto nuovi studj e nuovi pareri, sentito da
capo la magislralura, interrogalo i professori della scienza, e lo stato
delle legislazioni straniere. Ma un codice penale dev'essere bens , per
quanto possibile, perfetto, e soddisfare la scienza rispondendo insieme
ai bisogni del paese ; ed anzi ben pu affermarsi che con questi intenti
e con questo desiderio per l'appunto il progetto stato compilato ; ma
un codice penale unico per tutto il regno anche uno strumento di
buona amministrazione, un (attore di uguaglianza e di forza, un bisogno
insomma che lo Stato sente e sopporta a disagio da molti anni. E dal
giorno in cui nuove provincie s'aggiunsero al regno e l'indipendenza
divenne una realt, e l'unit fu compiuta, questo bisogno si venuto
aumentando, perch in quelh provincie sono pur sempre in vigore
legislazioni penali fatte per ordinamenti giudiziarj e politici immensa
mente diversi. Or ben vorrebbe ciascuno che il codice novello fosse,
come lo desiderava l'on. Mancini (tornata 24 febbraio 1865), l'archetipo ed
il modello delle legislazioni penali degli altri paesi civili; ma quando

Conforti (RafT.j, proc. gen. alla corte di cassazione di Firenze, senatore del regno;
De Filippo (Genn.), consigliere di Stato, deputato al parlamento;
Mancini (vedi sopra);
Paoli (vedi sopra);
Pessina (Errico), avv., professore di diritto penale all'universit di Napoli, de
putato al parlamento;
1
SELLITTO (Pietro), avv. a Napoli ;
Tecchio (Sebast.), senatore del regno;
Vacca (Gius.), senatore del regno, proc. gen. alla corte di cassazione di Napoli;
Ambrosoli (vedi sopra);
De Foresta (Ad.), sost. proc. gen. alla corte d'appello I
di Firenze
\ anebe quali segretari;
VaccaRONe (Aless.), dirett. di divisione nel ministero \
di grazia e giustizia
]
A quest'ultimo furono sostituiti i signori Costa (Giaci, poi Tondi (Nic),
direttori di divisione nel ministero medesimo, ed alle funzioni di segre
tario fu poi chiamato l'avv. Gio. Rodellono, segretario nel ministero.
Ed ai membri della commissione furono aggiunti i signori:
Ellero (Pietro), avv., professore di diritto penale nell'universit di Bologna,
deputata al parlamento;
Tolomei (Gio. Paolo), professore di diritto penale nell'universit di Padova.

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verrebbe il giorno in cui noi crederemmo d'aver raggiunto siffatto
ideale? E altrettanto difficile sarebbe il dire che noi siamo in condi
zione di attendere al compimento di quest'opera per un trentennio,
come avvenne nel Belgio, paese omogeneo e compatto, e che non era
sotto l'incubo di pi legislazioni diverse ; dato pure, il che certamente
non , che il nuovo codice belga fosse riescito un archetipo da imitarsi.
Se non che mentre noi, andando in traccia della perfezione, lasciamo
trascorrere gli anni , non solamente gli altri paesi vanno formando i
loro codici penali, contenti di* quella bont relativa, che singoiar
pregio delle leggi, ma permei Mamo che perduri e si renda consueta la
disuguaglianza de' cittadini dinanzi alla legge, e che in una provincia
siano punite azioni che in un'altra sono pertnesse.
Ma v' di pi. Nello scambio amichevole che or suole avvenire tra i
varii Stati, fu di singolare compiacenza il vedere che le commissioni
compilataci de' codici penali stranieri domandarono officialmente, per
mezzo de' loro governi, la comunicazione de' progetti italiani sin qui
usciti , i quali vennero infatti loro trasmessi. Ebbene ; la solerte e
dotta commissione che compil il progetto di codice penale per la Con
federazione germanica del Nord, rendendone di pubblica ragione i mo
tivi, fece larga e nobilissima parte ai lavori della commissione Italiana
di cui si giovata pel suo lavoro ; lavoro importante, che poi in soli tre
mesi di sobria ma assidua discussione quel Parlamento vot, e che gi
fu pubblicalo come legge comune dal 1 gennaio 1871, aholita la
preesistente congerie di diciannove legislazioni diverse. E similmente
il Cantone Ticino parve apprezzar grandemente i nostri studj, poich
form il suo progetto con quasi testuale riproduzione di non pochi ar
ticoli del nostro, e accettando pi d'una delle teoriche generali da noi
seguite. La scienza in continuo progresso, e la codificazione, in cui da
tanti anni s'affaticano gli Stati civili, ha sempre progredito con essa, ed
ha poi a sua volta influito a renderla pi esatta e pi pratica. Ma ap
punto perci, guai a quello Stato oggid che rimandasse la formazione
dei suoi codici al giorno in cui la scienza avr detta la sua ultima
parola, in tutte le innumerevoli quistioni che un codice penale dee
risolvere, nei suoi rapporti con quasi tutte le scienze morali e politiche,
che tutte sono in perpetuo e fatale cammino, insieme con la umanit!
Egli pertanto in esecuzione degli inviti pi volte fatti dal Parlamento
e da ultimo riassunti nell'ordine del giorno del 16 marzo 1865, ac
cettato da tutti i ministri che si sono succeduti , che fu compilato il
progetto del codice penale, e quello che pur ne il necessario compie

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mento, del codice di polizia punitiva. E perch vostra eccellenza possa
\der da vicino con -quanta coscienza e ponderazione siano t-tate stu
diate e decise le gravissime questioni di cui ripiena la legislazione
penale , potr giovare il presente rapporto che la commissione si
determinata di indirizzarle insieme col progetto e coi processi verbali
delle discussioni.
La commissione che doveva studiare il sistema e la scala delle pene,
aveva necessariamente un mandato pi ristretto, dovendo prescindere
dall'applicazione di esse ai singoli reati. Quali sistemi e specie di pene
si possano adottare dalla legislazione nelle condizioni attuati d'Italia;
se sia praticabile quella della deportazione ; se debba esservi una sola
specie di pena restrittiva della libert o pi specie diverse, sicch, pur
consistendo tutte nella privazione della libert, abbiano per un'intensit
diversa; e se, in particolare, queste pene delibano essere eseguite col
sistema <ieH'isolamento cellulare diurno c notturno (pensilvanico>, o col
sistema temperato auburniano; frattanto poi quali provvedimenti interi
nali si possano adottare per riparare ai principali inconvenienti che si
lamentano, massime nella espiazione della pena dei lavori forzati; ecco i
problemi che le vennero proposti. E come complemento poi, se possa
accettarsi l'instituto della libera/ione preparatoria o condizionale, almeno
col sussidio di instituzioni parallele, cio d'elle colonie penitenziarie
agricole ed industriali; e se e come si possano estendere i patronati pei
liberati dal carcere in sussidio dell'opera della legge, come strumento di
riabilitazione e riparo alla recidiva. Problemi vasti, difficili, delicati, alla
cui soluzione non poteva arrivarsi se non dopo lo studio e la conoscenza
delle condizioni attuali di fatto del nostro ordinamento carcerario, al
che prest efficace concorso la direzione generale delle carceri, il capo
della quale, sedendo nella commissione, pose a disposizione de' colleghi
i documenti stessi del suo ufficio. Non necessario agli scopi di
questa relazione di esporre per disteso quanto venne addotto nelle
discussioni e nei documenti, i quali dovettero riferirsi non solamente
agli stabilimenti penali, ma anche alle carceri giudiziarie; e solo
giova soggiungere che fu in conseguenza di questi studj che venne
riconosciuto il bisogno di concentrare la direzione ed amministra
zione de' cosi detti bagni, dove si scontava la pena de' lavori forzati,
nel ministero dell'interno, ossia nella direzione generale delle carceri,
sollevandone il ministero della marina (regio decreto del 29 no
vembre 1866, n. Sii l). L'ulteriore quesito se convenga trasfondere

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tutta la direzione generale delle carceri nel ministero di grazia e giu
stizia , attribuendo poi all'autorit giudiziaria la direzione ed ammi
nistrazione locale, fu discusso del pari; ma dopo molte e gravi con
siderazioni addotte e nell'uno e nell'altro senso , prevalse l'opinione
che per ora, in mezzo alle difficolt che sempre circondano le ammi
nistrazioni e le autorit nuove, non tornerebbe conveniente accrescerne
gli imbarazzi con uno spostamento s rilevante di attribuzioni delicate
e vaste.
Del reslo i lavori di quella prima commissione erano bens di lor
natura preparatorj, ma le conclusioni definitive e pratiche furono volate
col concorso della commissione compilattice del progetto di codice
penale e dopo parecchie sedute in comune.
Cosi la prima parte era compiuta, e venne tosto intrapresa la seconda.
E qui la via era facilitata dall'esservi gi il lavoro pi sopra menzio
nato, che il commend. De Falco aveva compilato per incarico del ministro
Pisanelli, e che questi aveva distribuito alla magistratura per esame e
parere. La commissione (prima) ne tenne il debito conto; e bench in pi
punti se ne scostasse (a taluno dei quali torn indi ad avvicinarsi l'ultima
commissione), giusto riconoscere che parecchi de' caratteri distintivi
del nuovo codice nel suo libro 1 (che comprende le norme generali del
diritto penale positivo) si debbono alla iniziativa dello schema preparato
dal commend. De Falco.
Quanto alle pene specialmente (anche senza tener conto della pena ca
pitale, che in quello schema era soppressa, con surrogazione dell'erga
stolo a vita) basti notare che di l fu tolta l'idea, che or domina tutto il
progetto, di istituire due ordini di pene parallele, uno pei reati comuni,
l'altro pei reati politici, affinch non possano mai essere insieme confusi,
anche a parit di durata, i condannati per furto o per frode o per so
miglianza di reati, e quelli che, sebbene colpevoli verso lo Stato, mira
vano soltanto a realizzare un ordine politico non ammesso dalle leggi.
La quale idea fondamentale venne anzi nel progetto assai pi largamnte
applicata ; ossia a distinguere i reati provocati da passioni non degra
danti dagli altri. Se il progetto abbia sempre superate le difficolt che
presentiva la realizzazione di questo concetto per s commendevole ed
umano, risulter dall'esame' delle singole disposizioni.
Similmente fu sull'esempio del progetto De Falco che s'introdusse la
benefica instituzione che permeile di trasformare le pene, dopo un certo
periodo, durante il quale il condannato abbia dato prove di buona con

II
dotta e di emendamento. Considerazioni importanti, dedotte specialmente
dall'insufficiente ed imperfetto sviluppo in Italia del patronalo pei liberati
dal carcere, impedirono di accogliere anche l'instituto della liberazione
condizionale o preparatoria, che in quel progetto era ammesso; ma
gi un grande fattore di buona riuscita d'un sistema carcerario,
l'alimentar la speranza che, merc la buona condotta, la pena possa
essere trasformata in un assegnamento a colonie agricole. Qualora,
come da sperare, siffatto instituto prenda larghe proporzioni, pu
legittimamente attendersi che ne avr sommo profitto la moralit pub
blica, c non piccolo ristoro l'erario: il quale potr giovarsi assai meglio
di tante forze ora quasi inattive, ad incremento dell'agricoltura in paesi
dove or non giunge od a gran stento; per non parlar poi della condi
zione igienica de'condannati, ai quali sar immensamente proficuo il
lavoro nell'aperta campagna. Finalmente, per tacer d'altro, era gi
introdotta in quel progetto, sull'esempio di legislazioni straniere e del
codice toscano, la disposizione che pone un limite alla recidiva, se
gnando, come ragionevole, un periodo di tempo, trascorso il quale la
condanna precedente non ha pi l'efficacia di aggravar la pena della
nuova.
La guerra d'indipendenza e pi tardi ^invasione del cholera impedi
rono che durante l'anno 1866 le adunanze della commissione procedes
sero continue; ma una sotto-commissione attendeva intanto a redigere
il libro I sulle basi delle discussioni gi l'atte e lo distribuiva ai colleghi;
indi, aggiunti alla commissione i professori Ellero e Tolomei, rappre
sentanti anche pi specialmente la .Venezia, acquistata al regno, ne im
prendeva una minuta discussione e ne votava uno schema ai 19 feb
brio 1867, che esaminava poi da capo c votava con varianti il 18 di
luglio. Preparavasi intanto dalla sotto-commissione medesima il libro li,
che, colla data del 30 luglio , distribuivasi ai membri della commis
sione, perch lo studiassero prima di adunarsi; e frattanto il ministro
(che era il commend. Tecchio), stim conveniente d'inviarlo anche ai
primi presidenti e procuratori generali delle Corti di cassazione' e d'ap
pello, ed alla Presidenza e Procura superiore del tribunale d'appello
veneto, nel fine di procacciare alla commissione anche i voti autorevoli
di si alti ed csperimentati funzionarj. I pareri che essi ne diedero, e
quelli altres di illustri criminalisti nazionali e stranieri, tra i quali ul
timi baster citare Mittermajer e Bonneville, confortavano vivamente
a proseguire nella via intrapresa, giudicata concordemente (salve le
quistioni sui particolari) come progressiva nella scienza e profittevole

1*
nella pratica. Lpper la commissione , prendendone notizia e facen
done studio, pot addentrarsi nelle ampie discussioni, sicura di cono
scere gi, almeno sui punii precipui, i bisogni della pratica; il che poi
la condusse a ritornare anche sul libro primo, di cui vot un nuovo
schema il 31 gennaio 1868. Non dee far meraviglia che il libro labbia
subite tante revisioni ; poich noto come esso contenga le norme
generali che poi devono essere applicate ai casi speciali, di che si
occupa il libro li. Or bens indispensabile , per chi compone un
codice, aver le norme generali che gli debbono valere nello stendere
la parte positiva: ma sempre a guisa di proposte interinali, ed a patto
che corrispondano ai bisogni effettivi ; secondo le esigenze de' quali
pu accadere, e sempre accade, che si trovi necessario di ritoccarle. Ma
finalmente, con instancabile assiduit, la commissione riusc alla vota
zione di tutto il testo , meno la parte delle contravvenzioni, e nel
17 maggio 1868 lo present al ministro, che era il commend. De Filippo,
gi membro egli stesso della commissione.
' In affare di s grande importanza, e bench i primi presidenti e pro
curatori generali avessero gi espresse le loro personali osservazioni sul
progetto della sotto-commissione, egli non cred di dover prescindere
da quanto suggerisce l'art. 189 della legge d'ordinamento giudiziario,
ed invit, con circ. 10 ott. 1868, le Corti di cassazione e di appello
ad esaminare il progetto, a discuterne in assemblea generale, se non
tutti gli articoli, almeno alcuni punti fondamentali da lui designati, ed
a dare i loro motivati pareri. E lo stesso venne fatto pi tardi rispetto
alla materia delle contravvenzioni , . raccolta in un codice a parte, de
nominato di polizia punitiva.
Non necessario di dire che l'alta magistratura del regno corrispose
all'invito in modo degno del grave soggetto e della sua autorit. I
rapporti che mano mano pervennero al ministero nel corso dell'anno
1869 attestano e la coltura e la esperienza dei magistrati italiani ,
inspirati dalle speculazioni scientifiche e dal sentimento dell'equit, noa
compresi ad un tempo delle imperiose e spesso dolorose necessit della
pubblica sicurezza. Di tutti questi preziosi materiali, alcuni de' quali
sono anche stampati, era necessario tener conto, come era necessario
esaminar il progetto nei rapporti delle esigenze della pratica applica
zione. Di ci fu incaricata una commissione composta dei signori
commend. Sante Martinelli, presidente della sezione d'accusa alla
Corte di Napoli , commend. Giuseppe Borsani, gi procuratore gene
rale a Palermo e da breve tempo avvocato generale militare (funzione

(3
per altro affatto civile e destinata appunto a portare nell'applicazione
delle leggi militari le tradizioni della giurisprudenza civile) e commend.
Giacomo Costa sostituto procuratore generale a Milano ; segretario
l'avvocato Federico Ciusctolo applicato aV ministero. Alle loro riunioni
intervenne anche il sottoscritto commend. Filippo Ambrosoli , gi
membro e segretario delle commissioni precedenti e direttore capo
della divisione per gli affari penali nello stesso ministero, per sommi
nistrare schiarimenti e materiali secondo il bisogno. Egli si reputa
altamente onorato dello incarico avuto da si egregi uomini di riferire
a vostra eccellenza intorno ai lavori che condussero alla compilazione
di questo importante progetto.
Quest'ultimo studio fu compiuto dall'ottobre 1869 all'aprile 1870 in
circa ottanta sedute, come risulta dai processi verbali, nei quali sono
anche riprodotti i testi votati delle due commissioni per maggior
facilit di comparazione. La struttura fondamentale del progetto
rimasta la medesima; la graduazione ed il carattere distintivo della
penalit (salva la questione della pena di morte, di cui or ora si avr a
parlare) furono mantenuti; le pene, accresciute talvolta, e talvolta di
minuite, furono rese proporzionate a quell'apprezzamento della morale
gravezza del realo che la esperienza dei codici vigenti ha dimostrata
conforme al voto della pubblica coscienza; le locuzioni e le formole
scientifiche, esaminate dal punto di vista della pratica applicazione e
delle questioni pi dibattute nella giurisprudenza , furono coordinate
alle necessit inerenti alla formazione dei quesiti nei gtudizj per giurati,
e dimostrate da pi anni di esperienza; le tradizioni giuridiche diverse,
i diversi costumi, le esigenze stesse della pubblica sicurezza nelle di
verse parti del regno, furono, per quanto era possibile, conciliate, e
sempre nel fine di comporre un codice che a tutte convenisse, e da
tolte potesse essere accolto come la vera espressione dei bisogni attuali
della giustizia penale.
Dopo questa esposizione, la quale pu dirsi di storia esterna di questo
progetto, che la commissione ultima ha l'onore di sottoporre ai sapienti
studj di vostra eccellenza, conveniente farne una breve, ma chiara
rassegna.

li

CODICE PENALE

I.
Della materia del codice penale.
La prima questione che si dovuto risolvere nella compilazione del
progetto fu questa : quale sia la materia die dee contenere. Vi diede
luogo da prima la grave disputa sulla ripartizione dei reati in crimini,
delitti e contravvenzioni, la quale non pareva rispondente alla scienza.
Si raccoglie dai processi verbali e dagli allegati che intorno a ci gli
argomenti in conflitto furono molti e di varia natura, e che le stesse
Corti di cassazione e d'appello si divisero in due campi, e non solamente
votarono in favore della soppressione di quelle categorie le Corti di To
scana (perch il codice toscano denomina i fatti punibili col solo nome
di delitti), ma talune altres delle Corti delle altre provincie, dove vige il
codice sardo del 20 nov. 1859, che li distingue in crimini e delitti. Or
nella disputa riusciva essenziale quest'altro punto: che cosa debbano es
sere le contravvenzioni? Se le contravvenzioni sono meramente i fatti pi
lievi della scala penale, quelli cio pei quali si reputa sufficiente una
pena lievissima (che nel codice sardo non supera cinque giorni d'arresto
e cinquanta lire d'ammenda), uopo che formino parte integrante del
endice penale, poich pu avvenire chc gli stessi fatti costituenti reato
pi grave, per effetto di scuse e attenuanti, o prevedute dalla legge
nd anche meramente ammesse dai giudici, si trasformino in contrav
venzioni. Che se le contravvenzioni (almeno nella loro generalit) sono
fatti d'indole essenzialmente diversa, per guisa che nessun crimine o
delitto, per quanto scemato di gravit in conseguenza di circostanze spe
ciali, possa mai tramutarsi in contravvenzione, allora cessa ogni ragione
per farne una parte integrarne del codice penale, col quale non hanno
i apporto che per il mero esteriore carattere della irrogazione di pene.
Ma come non ogni fattn punibile si trova nel codice penale, e come per
conseguenza le pene pe' trasgressori delle leggi sul bollo, osul registro,
o sulle tasse, o sul contrabbando, o sul lotto, e simili, si dovano fuori
del codice, cosi non v' motivo pei1 collocare nel codice accanto al furto,

15
al! incendio, all'omicidio, allo stupro violento, ecc., il fatto di chi di
mentica d'accendere i fanali nella via.o tiene giuochi d'azzardo, od apre
bettola senza licenza, o va mendicando, od ozioso o vagabondo. un
ordine di fatti assolutamente diverso, quanto diversa la responsabilit
morale di chi ne imputato, e diverso l'oggetto che la legge mira a
tutelare. Nel codice penale si difende, merc la sanzione della pena, la
conservazione dell'ordine giuridico ; si impedisce la lesione del diritto
sociale e individuale, e si reprime la pravit d'animo con cui stata
commessa. Nel punire le contravvenzioni si mira a procacciare al con
sorzio civile, la fiducia, che anche le occasioni de'reati verranno tolte;
ohe il comodo, il decoro, la quiete, la salute dei cittadini non verranno
n offesi, n messi in pericolo; che la societ insomma verr non sola
mente difesa dai malvagi, ma guardata anche dai negligenti e da coloro
che potrebbero quando che sia l'arsi malvagi. Vero che questa distin
zione, per quanto precisa ne' suoi caratteri sostanziali, non altrettanto
precis i nella pratica. Vi hanno fatti, i quali non costituiscono una vera
e gi compiuta lesione di un diritto sociale od individuale, ma rappre
sentano un pericolo cos grave ed imminente alla tranquillit pubblica,
da non poter andare per verun modo confusi con quegli atti o con quelle
omissioni che debbono attribuirsi pi a negligenza che a vera malva
git. Ma se per l'indole sua speciale questa serie di fatti, che trovasi
nel codice penale sotto il titolo di reati contro la pubblica tran
quillit, e che comprende la provocazione a delinquere, l'associazione
per delinquere, e le armi, ha sede pi conveniente in questo che nel
codice di polizia punitiva, non per ci alterata la natura della distin
zione su cui si fonda la separazione della materia dei due codici , solo
apportandovisi una eccezione che dettata da necessit della pratica.
facile comprendere fin d'ora qual sia il carattere essenziale della
nuova legislazione penale. Essa mira a separare, quanto pi esatta
mente sia possibile, i reati dalle contravvenzioni per via di caratteri in
trinseci e non pel segni esteriore della pena, formandone perci non
gi un libro IH del codice penale, ma un codice separato, detto codice
di polizia punitiva. Sono bens raccolti in un solo volume, per maggior
facilit di usarne, valendo in molte parti le disposizioni generali del
codice penale; ma questa circostanza secondaria e direbbesi quasi
tipografica; e le due leggi restano essenzialmente diverse. Per addutpo
un esempio evidentissimo della diversa economia che ne viene al codice,
baster citare le disposizioni sul vagabondaggio, l'oziosit e la mendicanza. Per quando vogliasi ammettere che in queste piaghe della nostra

16
societ si trovi il germe di gran parte de'reati, nessuno per pu affermare
che tin mendicante od un ozioso offenda un diritto altrui, e lo offenda
con animo deliberato e pravo. Eppure il punirlo (date certe condizioni)
indispensabile, dal momento cbe certe nature riottose e contumaci non
si sanno distogliere dal vivere come piante parassite, sfruttando il gua
dagno delle oneste fatiche altrui, e consumando a pura perdita il capitale
sociale della ricchezza e del lavoro. E pu anche avvenire, ed il caso
pi frequente, che le lievissime pene non bastino. Or bene, in un codice,
come il sardo (e francese) dove non contravvenzione se non ci che
punito con arresti non superiori a cinque giorni, o con- ammenda non
superiore a cinquanta lire, si fu costretti levar dal novero delle con
travvenzioni, dove scientificamente dovevano' stare, la mendicanza, l'o
ziosit, il vagabondaggio, e farne un delitto, per potervi applicare le pene
pi severe che vanno congiunte a quest'ordine di fatti. Or questo solo
abolisce ogni razionale partizione i fatti punibili, e confonde i criterj
pi disparati. Nel codke di polizia della commissione ci non ha pi
luogo. Una volta ammesso che il carattere distintivo dei fatti punibili
s'abbia a ricercare nella loro propria essenza , cessa il bisogno di
applicare alle contravvenzioni pene che siano sempre pi lievi di quelle
applicate ai veri reati. Pu essere ragionevole che uno, il quale colla
sua negligenza ha messo a pericolo la vita altrui, subisca una pena re
strittiva o pecuniaria pi grave di quella che merita un ladruncolo di
poche lire, od un giovine vivace, che per passione ha ferito il suo
rivale; ma la caratteristica distinzione dei fatti rimane sempre osservata;
al negligente, bench punito di pi, non pu rimproverarsi nulla che
leda il suo nome, come a chi ha posto la mano sulla cosa d'altri, od
trascorso al sangue.
Questa dunque la fondamentale separazione e la ragione dei due
codici. La Jegislazione di Toscana ha gi dato l'esempio, e dal 1853 qui
vigente questa separazione, della quale i magistrati si tono sempre detti
soddisfatti, perch, mentre non scema la repressione delle contravven
zioni (trasgressioni), mantiene distinti i concetti fondamentali della re
sponsabilit.
Ma dopo ci perdeva gran parte della sua importanza la questione
accennata pi sopra, se i reati dovessero poi distinguersi in crimini
e delitti, o ricevere un nome unico p. e. di delitti, come nel codice
toscano, o di renli come nel precedente progetto. Certo, dal momento
che tutti questi fatti devono essere vere ed effettive lesioni immediate
di un diritto (siano poi consumate o tentate), ed essere commessi pre

17
cisamente con volont e coscienza di offender la legge, la divisione
de' reati in classi e nomi diversi non ha pi una ragione intrinseca che
la giustifichi; ma non d'altra parte fondata neppur l'obbiezione che
il dedurre il nome del reato dalla gravit della pena sia contro la logica
e confonda cose separate. Il reato e la pena son due concetti che si
completano a vicenda; e l'uno la causa dell'altro, e questo il segno
esteriore di quello. 11 legislatore, nello studio dei fatti, considerandone
quella che i trattatisti dicono quantit ne' rapporti morali e politici e
nelle varie configurazioni delle loro circostanze speciali, dee segnar il
posto che vi attribuisce nella scala de' fatti punibili, e questo posto non
pu ricevere altra esterna significazione che quella della pena, poich
il legislatore non compone un'opera dottrinale in cui distingua i fatti
per mero ed astratto ossequio alle distinzioni della logica, ma fa un
precetto generale che vieta certi fatti, e punisce chi non osserva il di
vieto. Determinata l'indole della pena secondo l'indole del reato, diventa
mera quistione di nomenclatura il dir crimini certi reati, e delitti certi
altri, e criminali le pene dei primi e correzionali quelle de'secondi, e
dichiarare poi che sono crimini quei reati che sono puniti dalla legge
con pene criminali, e delitti gli altri, e cosi di seguito. Non pi que
stione essenziale, ma nominale; e tutto si risolve nel vedere se torni
utile o dannosa. Danno non ve n' alcuno a distinguere i reati in crimini
e delitti, bench possa desiderarsi, per amor di linguaggio, che non sia
necessario; e invece son parecchi i vantaggi. Oltre ad esser sempre
vantaggioso nelle scienze e nelle leggi , si per la maggiore brevit ed
evidenza, s per meglio scolpire le idee nelle menti del popolo , il
rappresentarle non per enumerazioni, ma per denominazioni com
plesse e sintetiche , quella distinzione rappresenta in certo modo la in
trinseca gravit dei Tatti e soddisfa ad un sentimento generale a cui ri
pugnerebbe confondere in un unico nome il parricidio e l'ingiuria ;
serve, almeno per la generalit dei casi, a indicare le competenze giu
risdizionali; e corrisponde al linguaggio omai diffuso da circa un secolo
nelle leggi e nella scienza, adottato nella maggior parte dei codici penali
pi recenti e test anche in quello della Confederazione germanica del
Nord, e conseguentemente anche nelle convenzioni d'estradizione sin
qui conchiuse, che quanto dire, omai con tutte le potenze civili. Noi
abbiamo le leggi processuali, che parlano di crimini e di delitti, pa
recchie leggi speciali, e tra le altre la legge elettorale, che parlano di
pene criminali e correzionali, e persino il codice civile che in pi
luoghi, e p. e. negli articoli 62, 151, 269, 2.70, 725, 1081, parla
6

18
di giudizio criminale, di pena criminale o correzionale, e di crimine,
riferendosi manifestamente ai concetti che queste voci rappresentano
nel codice penale. Egli evidente che se il nuovo codice sopprimesse
la distinzione tra. crimine e delitto, o diverrebbe necessario riformare
tutte le leggi accennate ed*altre ancora e tulte le convenzioni d'estradi
zioni, o si dovrebbe pubblicare una disposizione, simile a quella che
era stata proposta a tale effetto nel progetto precedente, che cio in
tutte le altre leggi, in cui parola di crimine e di delitto o di reati
puniti con pena criminale e correzionale, s'intendono quei reati che nel
codice nuovo sono puniti con le tali e tali altre pene. E allora non si
otterrebbe che di trasportare la nomenclatura dal codice nella legge
aggiunta, e di disfare con un breve articolo ci che si sarebbe voluto
fare nel codice, accrescendo la confusione del linguaggio.
Per queste considerazioni il codice riproduce la omai generalizzata
distinzione dei crimini e delitti, non gi per significare di averne tratto
il concetto dalla pena, quasi fosse arbitrariamente applicata , ma per
designarli col nome delle pene per mera brevit e per maggiore evi
denza, dopo avere studiato maturatamenle qual sia la pena che ciascun
fatto si merita.
Beati di stampa Fin qui si detto qual sia la materia del codice,
spiegando che il codice penale contiene quasi esclusivamente i fatti
che ledono immediatamenle il diritto, e il codice di polizia quelli che
turbano o mettono in pericolo la sicurezza del viver civile, senza lesione
di diritto altrui. Or a dirsi che il codice penale e quello di polizia
contengono anche quelle parti della nostra legge sulla stampa che sono
d'indole propriamente penale, escluse quelle meramente regola men tari ,
ossia, che i reati commessi col mzzo della stampa sono stati trasfusi nel
codice penale e in quello di polizia, secondo gli anzidetti criterj di di
stinzione.
Ma intorno a questa importante innovazione necessario spender
qualche parola ; tanto pi che la prima commissione aveva presa la via
opposta, di non far cenno alcuno de' reati di stampa nel codice; e che
la magistratura interrogata in proposito si divise nelle due contrarie
sentenze.
Nella legge sulla stampa convien distinguere l'elemento politico dal
giuridico. Il primo sta nelle disposizioni che servono a realizzare il con
cetto fondamentale dell'art. 28 dello statuto che dice : La stampa sar
libera; il secondo sta in quelle disposizioni con cui si manda ad ef

i9
fetto la seconda parte dell'articolo medesimo, che dice : ma una legge
ne reprime gli abusi. Questi abusi per possono consister o nella vio
lazione di quelle discipline che governano la stessa libert della stampa,
ovvero nell'impiego della stampa per commettere reati preveduti gi o
prevedibili dalle leggi penali generali. Or si comprende come nel 1848,
quando la legge sulla stampa comparve come la esecuzione dello Statuto,
e come uno de' luminosi segnali del risorgimento italiano, dovesse ne
cessariamente regolare cos l'uno come l'altro elemento; applicando
cio le disposizioni nuove anche a quei fatti che formavano oggetto del
codice penale, a cui non potevasi di subito metterla mano. Cosi avvenne
che la legge sulla stampa modificasse talune sanzioni per reati compresi
nel codice, e p. e. per l'ingiuria e la diffamazione, per l'eccitamento a
commetter reati, per le offese alla religione od ai buoni costumi, ecc.,
accompagnandovi per altre sanzioni per fatti di cui il codice taceva,
p. e. per l'adesione pubblica ad altra forma di governo (cio diversa da
quella che ci regge), per l'eccitamento all'odio tra le diverse classi
sociali, od al disprezzo delle leggi , e via dicendo.
Creavasi cos una specie di diritto penale particolare, privilegiato,
per ci solo che i fatti fossero commessi col mezzo della stampa; e
tanto pi eccezionale in quanto che, colle norme relative alla stampa
periodica ed alla fittizia responsabilit dei gerenti, sostituivasi una
giurisprudenza affatto nuova perfino nelle regole dell'imputazione.
Or il quesito era questo : dovevasi nella riforma del codice penale
rinnovare ci che crasi fatto, forse perla speciale urgenza del momento,
allorch nel 1859 fu riveduto il codice del 1839, e lasciar cio che
ancora la legge sulla stampa, invece d'essere, a cos diro, il regolamento
per l'esecuzione dell'art. 28 dello Statuto, fosse un codice speciale pei
reali tutti, anche ordinarj, pur:h commessi col mezzo della stampa;
oppure dovevasi coglier l'occasione per ricondurre le cose al loro poslo
naturale, che avrebbero verosimilmente avuto, se tanto la legge sulla
stampa quanto il codice penale fossero slati fatti nel medesimo giorno?
La commissione prima esit , ma per puro scrupolo nel misurare i
confini del proprio mandato. Ella non si credette autorizzata a toccare
la legge sulla stampa, e pens che ci potesse persino parere pericoloso
e compromettere la sorte del codice ; e che al postutto le regole spe
ciali sulla responsabilit dei gerenti contraddicesser > talmente a quelle
del diritto comune, da non potersi in alcuna guisa conciliare. Epper
il suo progetto non contiene alcuna disposizione sulla stampa; donde
avviene che dovunque si parla di atti, parole, ecictamenti, provoca

20
zioni, ingiurie e simili, s'intende sempre escluso il mezzo della stampa,
sicch p. e. l'insligazione a delinquere repressa dal codice se fu
fatta con manoscritti, e dalla legge sulla stampa se con stampati, e
cosi via.
La magistratura dovette essere interrogata espressamente intorno a
tale importante quistione; e fu anzi una delle domande tassativamente
fatte dall'on. ministro De Filippo. Tre Corti supreme e la sezione di III
istanza di Venezia, e sette Corti d'appello si pronunziarono pel primo
sistema, d'escludere cio dal codice i reati commessi col mezzo della
stampa; una Corte suprema (quella di Torino) e otto Corti d'appello
per il secondo, d'includerli cio nel codice e di rimandare alla legge
speciale le sole contravvenzioni alle norme sull'esercizio della stampa.
Sono riferite negli allegati ai processi verbali le gravi ragioni che furono
addotte dalle due parti ; ma non difficile venire in questa sentenza,
che i propugnatori della esclusione de' reati di stampa (o pi esatta
mente de' reati commessi col mezzo della stampa) dal corpo del codice,
si sono principalmente preoccupati di uno scrupolo d'indole politica,
o di convenienza, nel timore che le discussioni a cui s'andrebbe in
contro pregiudicassero l'esame pacato, ma sollecito del codice; o del
mero concetto di esteriore applicazione che torni comodo avere in una
legge a parte lutto quanto si riferisce alla stampa; o del dubbio che
non si potesse por mano a disposizioni sulla stampa, senza toccare eziandio le regole sulla responsabilit dei gerenti. (
,i( .
Alla commissione seconda parvero prevalenti le ragioni opposte. E le
ragioni furono queste : 1 che i reati commessi col mezzo della stampa
non sono nella loro sostanza diversi da quelli che si commettono con
la parola parlata o scritta, o con altro mezzo qualsiasi acconcio a ma
nifestare il pensiero, mutato solamente uno degli accidenti esterni che
li caratterizzano; che insomma la stampa un mezzo idoneo a com
mettere un reato, ma non ne fa cambiare l'essenza, e tanto meno ne
costituisce uno nuovo ; 2 che sarebbe contrario ad una buona codifi
cazione l'inserire nel codice certi reati, quando sono commessi colla
penna o colla parola, e il rimandarli ad altra legge, quando sono com
messi con mezzi tipografici; 3 che ogni legge speciale, la quale sottragga
certi fatti al diritto comune, dev'essere possibilmente bandita in uno Stato
costituzionale; che anzi il ricondurre le leggi speciali sotto l'impero del
diritto comune, dev'essere la norma regolatrice del legislatore; e che
infine chiunque sollecito della libert della stampa anche convinto
che l'avvenire di questa, come d'ogni altra instituzione politica, assi

21
curato dal giorno in cui rientra nel diritto comune; 4 che se la legge
sulla stampa ha anche un carattere politico, non ne viene per queslo
la necessit di togliere dal codice i reati che con essa si commettono ;
e come il codice protegge il diritto elettorale, la libert personale e la
libert dei culti, pu ben proteggere la libert del pensiero e punirne
gli abusi che offendono altrui ; 5 che le norme speciali relative ai gerenti
non possono avere inlluenza nella quistione, poich non trattasi di sapere
contro chi abbia a farsi un processo, ma se e quali fatti costituiscano
reato, e se debba occuparsene il codice o la legge speciale.
A tutto questo aggiungasi l'osservazione gi premessa sul procedi
mento storico, con cui si formata la nostra legge sulla stampa.
Ed aggiungasi finalmente l'esempio di autorevoli legislazioni, tra cui
quelle della Germania e del Belgio, senza poi parlare della legislazione
austriaca la quale aveva pure, come complemento, una spciale ordinanza
sulla stampa, per la sola materia regolamentare e disciplinare. questo
q*el pari il voto degli scrittori. E solo vuoisi notare che, se a qualcuno
paresse influente, in favore dell'opinione che i reati commessi per mezzo
della stampa debbano essere contemplati da legge speciale, il testo me
desimo dell'art. 28 dello Statuto che dice: una legge ne reprme gli abusi,
facile rispondere come lo Statuto, al pari della Carta francese da cui
tolto, e al pari di quasi tutte le costituzioni, non dica e non debba dir
altro fuorch il principio fondamentale che la stampa libera col regime
repressivo, per contrapposto al preventivo; principio che non potevasi
meglio formulare che colla frase una legge ne reprime gli abusi. E
non solo era inutile, ma sarebbe anche stato fuor di luogo il dire nello
Statuto quale dovesse essere la legge repressiva; poich lo Statuto, legge
fondamentale, non poteva n doveva scendere a disposizioni puramente
esecutive e regolamentari, confondendo ci che di massima con la
effettiva esecuzione. Che poi tutta la forza dell'art. 28 consista nel con
cetto che la stampa libera ma sottoposta al sistema repressivo, e non
c'entri per nulla l'idea, meramente accessoria ed esecutiva, che la re
pressione stia nella legge generale od in una legge speciale, risulta
anche dal periodo successivo che contiene una eccezione, dicendo:
tuttavia le bibbie , i catechismi, ecc., non potranno essere stampati
sema il preventivo permesso del vescovo. Le quali cose si sono credute
necessarie a dirsi, perch uno scrittore non si perit di dichiarare che
la frase una legge speciale ecc. dell'articolo 28, un argomento peren
torio che dimostra volersi una legge separata dal codice.
Affinch per non si veda in tutto ci una questione meramente

22
aslratln, convien vedere in qual modo venne praticamente eseguita nel
progetto la trasfusione della legge sulla stampa, per ci che riguarda i
reati ; donde risulter manifesto come fosse illusorio il sospetto che la
instituzione stossa della stampa ne andasse in pericolo - e come anzi le
disposizioni della legge siano rimaste illese fino allo scrupolo.
Per prima cosa venne dichiarato nell'articolo 2, che quando il codice
parla di reati commessi col mezzo della stampa si intendono quelli com
messi col mezzo di stampati, incisioni, litografie, oggetti di plastica e
simili, o di qualsivoglia artificio atto a riprodurre segni figurativi.
Ed la nozione gi compresa nell'articolo 1 dell'editto sulla stampa
del 18-48, tolta la voce meccanico che andava unita alla voce artificio,
per non limitare un concetto che evidentemente va esteso ai mezzi som
ministrati da qualsiasi scienza od arte, e per esempio dalla chimica
nella fotografia. Con questa nozione si potuto evitare negli articoli sui
reati di tal natura il richiamo che fa costantemente la legge, sulla stampa
ai mezzi contemplati nell'articolo i .
Dopo ci si sono collocati agli opportuni posti nel codice i seguenti ar
ticoli della legge sulla stampa, testualmente riprodotti in quelli, de'quali
qui figura accanto il numero, e cio: art. 23 (117) sulla divulgazione dei
segreti che possono nuocere alla sicurezza dello Stato, o giovare diret
tamente ai suoi nemici ; art. 19 (122 2) sull'oltraggio alla sacra per
sona del Re; art. 21 e 56 (123) sull'oltraggio al Senato ed alla Camera
dei deputati; art. 15 (124) di chi impugna formalmente l'inviolabilit
della persona del Re, l'ordine della successione al trono e l'autorit
costituzionale del Re e delle Camere; art. 20 (125) di chi fa risalire
al Re il biasimo e la responsabilit degli atti del suo governo; art. 14
(126) sulla provocazione a commettere attentato contro il Re od i membri
della reale famiglia ; art. .24. (128) di chi impugna l'inviolabilit del
diritto di propriet, la santit del giuramento, o il rispetto dovuto alle
leggi; o fa l'apologia di fatti qualificati dalle leggi crimini o delitti; o
provoca all'odio tra le varie condizioni sociali, o contro l'ordinamento
della famiglia; fattovi cenno speciale dell'apologia dell'assassinio politico,
preveduta nella legge 20 giugno 1858; art. 25 (130) sulle offese contro
sovrani e capi di Stati stranieri ; art. 18 (134) sugli oltraggi contro
una religione; art. 13 (221 2) sulla provocazione a commettere reati
diversi dagli attentati menzionati di sopra; art. 17 (306 2) sull'offesa
al pudore ; art. 27, 28 e 29 (403 e 404) sul libello famoso e l'ingiuria,
e quindi l'art. 56 (123 e 412) sulla querela relativa. E tutti questi nel
codice penale, con quasi letterale riproduzione di parole, salvi que' lievi

'23
accomodamenti che fu ragionevole introdurre por uniformit di stile; e
qualche leggerissima modificazione alla penalit dove la misura stabilita
nella legge del 1848 non tornava conforme ai gradi delle pene ammessi
nel codice. E inoltre ;i sono collocati nel codice di polizia punitiva
l'art. 10 (27 del cod. di poi.) sul divieto di pubblicare dibattimenti tenuti
a porte chiuse; l'art. 1 1 (ivi) sul divieto di pubblicar dibattimenti od atti
processuali in cause d'ingiuria o diffamazione in cui non sia stata con
cessa la prova della verit; l'art. 9 (31) sul divieto di pubblicare stam
pati pei quali fosse gi intervenuta condanna; ed ancora l'art. 10 (32)
sul divieto di pubblicare i nomi ed i voti individuali dei giudici nelle
cause di stampa, alle quali, per identit di ragione, si aggiunsero anche
le altre: e similmente le discussioni e deliberazioni segrete del Senalp
e della Camera dei deputati.

IL
Dei sistema delle pene.
Gi si fatto per incidenza un breve cenno del carattere delle pene
di 'cui si fa uso in questo progetto. Il novero delle pene apparentemente
soverchio; ma non poteva essere altrimenti, dacch si era ammesso
come una conquista importante (gi adombrata del resto dallo slesso
codice del 1859) di distinguer le pene in due grandi classi, una pei reati
promossi da passioni e da tendenze bensi repressigli, perch dannose
allo Stato e non compatibili in genere con uh savio ordinamento sociale,
ma pur non improntate di pravit bassa e spregevole ; l'altra per gli
altri reati, l'autor dei quali dee vergognarsi sempre d'averli commessi.
Cosi, mentre il ladro " punibile con la prigionia, il detenuto che scassi
nando la porta fugge dal carcere , punibile con la detenzione. Or
questi due ordini paralleli di pene sono la relegazione e la detenzione,
da una parte, la reclusione e la prigionia dall'altra, e cio la relegazione
e la reclusione, pei. crimini; la prigionia e la detenzione, poi delitti,
osservati quei caratteri distintivi che ora ho indicati. Indi, come pene
minori, la decadenza dai pubblici uffcj, pei crimini; il confino, l'esilio,
l'interdizione dai pubblici uffcj e la multa, pei delitti ; e nel codice di
polizia poi l'arresto, l'ammenda e la sospensione dall'esercizio d'arti e
professioni. del resto un concetto inesatto ed anzi inopportuno quel

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di ridurre le pene al minor numero possibile. Certamente l'elenco delle
pene, di cui pot farsi in altri tempi una s copiosa raccolta da riem
pierne cinque volumi (*), stato ridotto ai minimi termini, dopo che, per
Io spirito del secolo, la pena ha cessato di essere un male corporeo nelle
infinite sue forme, e divent una mera restrizione di libert, o di diritti,
o di patrimonio, in un intento pi nobile e pi umano, c pi special
mente in quello della emendazione. Tuttavia se in questo campo, ben
ch ristretto, fosse possibile di creare tante differenze di pene, quante
sono le variet delle cause e degli effetti dei reati, la pena s'accosterebbe
vieppi al suo carattere di opportunit e convenienza relativa. Or bene,
tra la reclusione e la relegazione, tra la prigionia, la detenzione e l'ar
resto, non fu difficile trovare caratteri differenziali abbastanza sensibili,
perch, tracciati nella legge e nel relativo regolamento fondamentale
con norme non mutabili dall'arbitrio del potere esecutivo, possano
costituire vere e distinte penalit, adoperabili come slromenti dPdistinta
e speciale repressione.
In nessuna di queste pene fu adottato il sistema filadcltano puro,
dell'isolamento cellulare diurno e notturno. Questo sistema non omai
dominante in via principale in nessun luogo; e l'Italia tanlo meno
consigliata a farne l'esperimento, perch deve avere ragionevole timore
che gli abitanti delle provincie meridionali, ne' quali son pi ardenti
le passioni e l'immaginazione, ne soffrano un patimento fisico ed un
decadimento morale, da cui rifugge l'odierno sistema punitivo. Bens
la commissione primitiva aveva manifestato il voto che in ogni pena
restrittiva della libert avesse ad esservi un periodo iniziale d'isolamento
assoluto del condannato; ma, oltrech pu dispularsi se appunto quel
profondo abisso che separerebbe d'un tratto l'agitata vita del colpevole
dalla solitudine silenziosa della cella, non possa essere (e massime
nei casi di reato commesso per ardor di passioni) estremamente fatale,
lo stato degli edifcj carcerari non si presta per ora a siffatto esperi
mento. D'altra parte, quando fosse eseguibile e gli studj relativi lo
consigliassero, non tornerebbe difficile mandarlo ad effetto con appo
site istruzioni alle autorit esecutive.
Cos il progetto non ne ha pi potuto tener conto, e vi ha surro
gato il sistema auburniano dell'isolamento notturno e del lavoro in co
mune durante il giorno. Tale la pena della reclusione (art. 15), nella
quale il favoro obbligatorio e i reclusi debbono osservare il silenzio.
f) Saint-Edme, Dictionnaire de la pnalitc, Paris 1824, voi. 6.

E tale anche la prigionia, tranne che non obbligatorio il silenzio, e


che la prigionia dev'essere provinciale, affinch il condannato, salvo le
necessit di sicurezza e di igiene, non sia mandato fuori della provincia,
in cui -fu condannato.
Nella relegazione il condannato del pari astretto alla segregazione
cellulare nella notte, ma durante il giorno non obbligato al lavoro
e neppure alla comunione cogli altri; e sconta la pena in case di
relegazione- situate in castelli od altri luoghi forti a ci destinati. Nella
detenzione non v' segregazione cellulare neppur notturna, come non
v' lavoro obbligatorio, n silenzio.
Cosi le discipline particolari possono rendere pi o meno intense
anche le pene che sostanzialmente hanno il medesimo carattere. Ma
pur troppo resta ancor molto da fare, "perch i nostri edificj carcerari
si prestino a rendere reale ed effettiva la esecuzione di quanto la legge
prescrive per le differenze da pena a pena; ma dobbiam confidare che
questo periodo, che ci disgiunge dal tipo proposto, a realizzar il quale,
per tacer d'altro, son necessarj ingenti capitali ed assiduo lavoro, sar
superato con gli opportuni temperamenti dalla solerte direzione gene
rale delle carceri. Sarebbe perci improvvido consiglio il voler sospen
dere qualsiasi deliberazione intorno al codice nuovo, fino a che fossero
in pronto le carceri: sia perch dovrebbero correre lunghi anni, e
l'unificazione resterebbe indefinitamente protratta, sia perch le dispo
sizioni stesse per la riforma carceraria debbon essere una conseguenza
dell'approvazione data al codice, senza del quale non si farebbe neppure.
Ma il sistema assoluto di isolamento diurno' e notturno, e per tutta
la vita, era stato adottato e nel progetto del commend. De Falco e in
quello della prima commissione, come pena estrema surrogata alla pena
di morte, che cosi nell'uno come nell'altro progetto era soppressa.
Anche la Camera, allorch vot nel 1865 l'abolizione della pena di
morte, vi surrog l'isolamento cellulare perpetuo; e ognuno ricorda
come non mancassero le censure, che furono poi mosse anche contro
il progetto della commissione, di aver creata una pena immane ed
enorme, peggiore della pena capitale, poich, dicevasi, un uomo rin
chiuso in una cella col decreto fatale di non doverne pi uscire n
di giorno, n di notte, e di dovervi rimaner solo, sempre solo, in
preda alle sue memorie, al suo rimorso, alla sua disperazione, un uomo
sepolto vivo e assoggettato a continuo tormento. Ma il .Senato non ac
cett la proposta e vol un progetto in cui era mantenuta la pena
capitale, ristretta a piccol numero di casi.


26
II progeMo attuale h formato secondo questo medesimo concetto, del
quale giusto dir le ragioni. Qui non il caso per ili ripetere quanto
la scienza ha gi esuberantemente accumulato pr e contro la pena
capitale. Tutto stato delto nella discussione del 1865, cosi nella
Camera come nel Senato, e parrebbe superfluo risollevare l'esame di
argomenti che ciascuno ha innanzi alla memoria. Or so si eccettuano
i pochissimi, i quali votnno contro la pena di morte, perche la credono
intrinsecamente illegittima, e non esitano n dire che tutti i popoli e nel
lungo corso de'secoli in cui l'hanno applicata e l'applicano, hanno com
messo e commettono un assassinio premeditato, gli altri, si limitano,
od a temerne il carattere d'irreparabilit , od a crederla n necessaria
n opportuna in Italia, massime che, per mantenerla nel codice co
mune, forra introdurla in Toscana, dove stata abolita nel 1859.
Quanto alla irreparabilit della pena capitale, l'argomento avrebbe
serio valore se l'esecuzione seguisse cosi da presso e cos ciecamente
dopo il verdetto, che l'innocente non avesse alcun tempo e modo di far
gidngere le sue proteste, a chi dee pronunziare* la formula si eseguisca.
Ma nessuno ignora che, anche indipendentemente dai rimedj legali che
si debbono proporre dal difensore sotto sua personale responsabilit
(art. 650 cod. di proe. pen.), ed i quali hanno, se non altro, l'effetto di
ritardare l'esecuzione della sentenza per modo che se vi fossero nuove
prove od anche mere ragioni di dubbio contro il verdetto dei giurati,
non mancherebbero di palesarsi, gli atti del processo debbono in ogni
caso di condanna capitale esspre trasmessi al Ministro di grazia e giustizia
colla domanda di grazia ; che il Ministro sente il parere del procuratore
generale, e qualora un dubbio qualsiasi venga messo innanzi sul valor
delle prove in base alle quali fu proferito il verdetto, sente anche il pre
sidente della Corte d'assise che ha giudicato; che indi richiede sempre
il parere del Consiglio di Stato : e che finalmente con speciale relazione
scritta ne riferisce al Re. Le esecuzioni capitali furono quattro nel 1 869,
sopra sedici condanne definitive; due nel 1868 sopra diciatto condanne;
tre nel 1867 sopra trentuno condanne; nessuna nel 1866 sopra venti
quattro condanne ; e questo scarsissimo numero attesta gi di per s
quanto scrupolo, quale peritanza fu adoperata nell'esame dei ricorsi di
grazia ; con quanta sollecitudine siansi accolte anche le pi lievi ombre
diffuse sul valor delle prove; e quanta sicurezza della reit deve essersi
impadronita dell'animo di coloro che hanno espresso il parere di lascinr
libero corso alla legge. Cosi il fantasma dell'errar giudiziale e della irre
parabilit della pena, che uolsi invocare con apparato di eloquenza a

27
spauracchio delle coscienze timolate, svanisce di fronte alla realt delle
cose, ed anzi pel solo effetto di un ordinamento processuale in cui
domina saviamente il timor dell'errore. Vero che qualche legislazione,
e tra l'altre l'austriaca, per mettersene ancor pi al coperto, vieta di
proferire condanna capitale nei casi di prova meramente indiziaria;
ma, oltrech questo dubbio, proclamato dalla legge sul valore di questa
prova, getta inopportunamente un carattere di diffidenza sulla pi parte
dei giudizj penali, non chi non sappia come la prova indiziaria sia
talora assai pi eloquenti', e pi sicura delle stesse testimonianze ; e
che Lesurqucs fu condannato perch la sua presenza sul luogo del mi
sfatto risultava da prova testimoniale, che poi fu riconosciuta, ma troppo
lardi, erronea. A difendere gli accusati dagli errori giudiziali non v'ha
ch<! un mezzo: procedura circospetta, quasi direbbesi diffidente, con
giudici sagaci e umani. Noi abbiam tutto questo; e 1 noto altres 'che
in Italia ben possiamo talora esser sorpresi che un colpevole abbia
sfuggito il gastigo, ma non temere che un innocente perisca.
Quanto alla necessit della pena, ognun sa che concetto meramente
relativo, il quale si misura dalla efficacia che essa pu avere in certi
tempi e circostanze. In tutti gli Stati del inondo la" pena di morte ha
subito sempre le pi grandi modificazioni, quanto al soggetto su cui
fu applicata; ma sempre domin il concetto che per quei reati, pei quali
era mantenuta, fosse necessaria ; e solam nte ne fu resa orrenda la
memoria dall' imperversare di certi errori e pregiudizj della mente
umana, dalla tirannia di certi uomini e di certe istituzioni, e dal predo
minio nel diritto penale del principio dell'intimidazione. Si niellano
insieme questi elementi ed spiegata la pena di morie intlitta al reo di
bestemmia, di magia, di incesto, di sodomia, di falsa moneta, di furto
con recidiva, e via dicendo; e leggonsi senza maraviglia alcune vecchie
leggi prussiane (per altro di poco pi che un secolo addietro) che puni
vano di morte chi presentava un memoriale al Re sopra cause gi
decise 0. Fino al principiare del secolo XVIII la base del sistema punitivo
fu la pena di morte; e perch la ragione non sapeva trovarvi che nel
terrore, l'ingegno, acuito nella ferocia, e irritato nel vederla ancora
insufficiente contro la rinnovazione dei reati, si gitt a inventare i modi
pi orrendi e spaventosi per toglier di vita il colpevole. Il capestro e la
scure rimasero riservati ai casi minori, come i modi pi miti! Allo

0 Editto 15 nov. 1739.

28
scoppio della rivoluzione francese erano ancora centoquindici i casi
puniti di morte nelle sanguinarie ordinanze; in Inghilterra eran forse il
doppio (Branger, Rossi}.
Furono queste aberrazioni che, per una reazione affatlo naturale,
suscitarono in sull'aprirsi dell'era moderna la questione sulla legit
timit istessa della pena di morte ; trattata appassionatamente nel
campo della filosofia, djve i contendenti si combatterono con argomenti
di ogni genere. Ma la prova certa della pretesa illegittimit non parve
raggiunta; e mentre, allorch fu dimostrata illegittima la tortura come
strumento processuale, non vi fu pi uno Stato civile che la potesse
conservare, la pena di morte rimase e rimane, ed anche negli Stati pi
colti e progressivi, quelli dove gli studj filosofici e morali sono pi in
flore, dove i principj di libert sono pi onorali; il che quanto dire
che il consenso generale ha continuato a credere legittima questa pena.
La lotta non fu per infeconda ; e sebbene l'abolizione della pena di
morte, decretata in Austria e in Russia fosse poi revocata, e quella de
cretata il A brumaio anno IV dalla Convenzione francese, rimanesse lettera
morta, perch la esecuzione ne fu rimandata al giorno in cui fosse con
clusa la pace generale (giorno ancor forse lontano); nondimeno la legis
lazione criminale dovette dopo d'allora subir l'impulso del progresso.
Ristretta la cerchia dei casi puniti con la morte, soppressa quasi do
vunque la crudelt di esecuzioni tormentose, aperto pi largo campo ai
rimedj di legge contro le sentenze, reso pi accessibile il beneficio della
grazia, la questione si trov ridotta entro i pi angusti confini, e si re
strinse a ricercar solamente se in un dato tempo e luogo, per le condi
zioni sociali la pena sia necessaria per certi reati.
Su questo terreno evidente che la pena di morte va compiendo,
lentamente si, ma inevitabilmente, la sua parabola, e sta omai per ade
guarsi al suolo. Se noi ci portiamo a quegli anni, ancor vicinissimi,
in cui la questione sulle restrizioni da imporsi all'applicazione di questa
pena fu sollevata per la prima( volta in Italia (1857), e ricordiamo le
dotte ed umane discussioni che allor si fecero nella Camera subalpina,
noi vediamo cogli occhi nostri quel movimento discendente, e misuriamo
ornai dove andr ad estinguersi. Erano allora nel codice penale del 1839
circa quaranta i reati puniti colla morte, tra cui quello punibile per s
stesso coi lavori forzati a vita, che fosse commesso da uno gi in istato
di espiazione di questa pena per precedente condanna (art. 124); il con
culcare le ostie consacrate (art. 161); la falsa moneta commessa da un
impiegato delle zecche (art. 337); lo stupro violento in una monaca

29
(art. 534); il furto di vasi sacri contenenti ostie consacrate (art. 660).
Certamente non veniva applicata questa estrema sanzione; e ricaviamo
anzi dalle statistiche, che, anche durante il dominio di quel codice, la
pena di morte non venne realmente inflitta che agli autori di omicidio
premeditato e di grassazione; per guisa che notava saviamente la com
missione statistica O, ogni riforma del codice penale, la quale non ri
guardasse queste due specie di crimini..., non potrebbe esercitare veruna
pratica influenza per rendere pi rara l'applicazione della pena capitale.
Mai stava pure fermo questo triste retaggio delle legislazioni precedenti,
di credere necessaria per certi reati una pena, che invece dai giudici
era ritenuta eccessiva, Appunto per ci possono giovare gl'insegnamenti
della statistica; e quando vediamo che nei soli antichi Stati sardi, e nel
solo anno 1853 furono proferite e divennero esecutive quarantaquattro
condanne a morte, per omicidio e per grassazione, delle quali furono
eseguite trentuna, laddove oggi, con una popolazione cinque volte mag
giore, siam discesi a meno di venti, e persino a sedici condanne dive
nute esecutive (1869) e che quattro sole od anche due, od anche nes
suna stata eseguita in un anno, ben possiamo rallegrarci d'aver per
corso un cammino , che i nostri padri non avrebbero neppur potuto
immaginare con la pi ardita fantasia.
Or nello stato attuale delle cose forse tal pena divenuta inutile?
Quel rimedio di cui si fatta pi rara l'applicazione, esso ritenuto
inopportuno, od ha raggiunto, per ci stesso, il suo scopo, od almeno
esso vicino a raggiungerlo? Dire, come fanno alcuni, che il verificarsi
de'reati di sangue anche l dove il codice minaccia la pena di morte,
la prova che questa pena non ha forza repulsiva dal reato, uno
strano abuso del concetto della pena. Qual reato scomparso il giorno
in cui usci la legge che lo punisce? Qual lo Stato che abbia potuto
riformare i costumi e le tendenze ed i vizj del popolo, sol coll'ajuto del
codice penale? necessario il concorso di tutti i mezzi morali ed
economici; e se il codice penale interviene come ultima ratio contro i
renitenti, non men vero che la riforma morale di un popolo dipende
da forze pi riunite. Or noi apprendiamo bens dalle statistiche che
queste forze vanno operando il loro benefico effetto; che il corso degli
anni palesa un miglioramento nella cosi detta criminalit; ma che ancor
non abbiamo raggiunto le condizioni normali e rassicuranti, che, sole,

(") Stat. giud. peti, degli Stati sardi. - Torino 1857, pag. clxx della relazione.

possono giustificar la rinunzia ad uno de' mezzi pi efficaci, quasi


avesse ottennio il suo scopo. L'opinione degli uomini pratici adunque
che la pena di morte sia ancor necessaria in Italia; e che nel momento
in cui si commettono' misfatti atrocissimi di sangue; in cui un figlio ha
potuto, per lieve questione d'interesse, uccidere a pugnalate il padre e
la madre in un medesimo istante ; e in cui vi sono sette di pugnalatoli
che osano condannare a morte (poich ostentano le forme legali di
sentenze) ed uccidere realmente chi non ha le loro opinioni, o chi
adempie lealmente al proprio ufficio, pel hene del paese, o fa testimo
nianza del vero in giudizio; in questo momento in cui si osa accumulare
nelle industri e tranquille citt e fra inconscia popolazione i mezzi delle
pi spaventose distruzioni, degli eccidj pi ciechi, 1 Italia non possa e
non debha, per la propria salvezza, per la necessit imperiosa della pro
pria difesa, abbandonarsi disarmata a mani scellerate e parricide.
Rende testimonio di questi sentimenti, che in Italia sono predomi
nanti e popolari, checch voglia dirsi in teoria, la giurisprudenza delle
corti d'assise; ch nei casi pi gravi e precisamente in quelli della na
tura test indicata, la coscienza de' giurati suole escludere il- beneficio
delle circostanze attenuanti, merc cui potrebbe, senza temer sindacato,
alleviar la sorte del colpevole. Tuttavia la commissione e il ministero
non vollero accontentarsi di questo tacito voto, bench autorevole; e
desiderarono di conoscere il parere de' magistrati e del Consiglio di
Stato; avutolo per, non potevano prescindere dal farne conto e se
guirlo. Or risulta dal volume de' processi verbali ch quattro Corti
supreme e dodici Corti d'appello, ossia la maggioranza delle Corti, ed
inoltre il Consiglio di Stalo, si pronunziarono per la conservazione della
pena capitale, ridotta nondimeno ai pi stretti e necessarj casi.
Resta pertanto da esaminare il solo argomento che pu sorgere e che
fu addotto sino dal 1865 dagli oppositori, per il fatto che se la pena di
morte fossu ammessa nel nuovo codice d'Italia, verrebbe di necessit ad
essere ripristinata in Toscana. Or necessario sottrarsi alle suggestioni
del puro sentimento ; e considerando, come si accennato fin da prin
cipio, il codice penale unico, come uno degli strumenti e de' fattori
della pubblica amministrazione, forza convincersi che le condizioni
di una sola provincia, quand'anche fossero eccezionalmente favorevoli,
non possono in verun modo costituire il fondamento di leggi che devono
essere comuni a tutte. Non v' forse legge , anche ottima , che in
qualche angolo del paese non trovi qualche forte obbiezione, per le con
dizioni particolari del luogo. Ma nella questione della pena capitale

31
l'argomento ancor pi valido, poich non trattasi d'imporre una
legge perniciosa, sibbene di pubblicare una legge reputata non neces
saria. Questa appunto la vicenda che ha sempre corso e correr
questa pena, infino a che non sar cessata del tutto. Essa cominci col
parere necessaria per moltissimi reati, e a poco a poco and ritraendosi
fino al punto a cui oggid ridotta; ed ugualmente accadr, noi lo spe
riamo, quanto all'estensione del territorio; poich gi vediamo il Piemonte "
? la Lombardia accostarsi alla Toscana; essendovi da lunghi anni
scarsissime le condanne e le esecuzioni. Il prospetto statistico che si
unisce al presente rapporto, dimostra in qual ordine si trovino, per
rapporto alla pi alta criminalit, le provincie del regno; e gii pu
notarsi con soddisfazione che le condizioni della Toscana non sono
gran fatto diverse da quelle di provincie ugualmente degne di conside
razione. Voglia il cielo che il campo su cui scende pi feconda la luce
del progresso morale , s'allarghi, e sollecitamente, a tutto il regno;
poich allora sar sorto il giorno fortunato in cui la pena capitale
sar soppressa. Ma frattanto t l'unit del diritto, come disse la com
missione, che tanto reclamata, non pu volersi rinunziando alla
tutela stimata necessaria nel regno, per questo solo che in una sola e
la minore non sembrasse altrettanto necessaria.
Un recente ed autorevole esempio ci offerse la Confederazione ger
manica del Nord. Diciannove legislazioni erano dominanti ne' vai j Stati;
alcune delle quali improntate di quel carattere politico-religioso che
rendeva feroci le pene de' secoli passati; ed altre, e precisamente le
quattro di Sassonia, Oldenburgo, Anhalt e Brema, non solo pi miti,
ma persi.no senza la pena capitale. E si noti che non trattavasi di pro
vincie del medesimo Stalo, ma di Stati indipendenti e confederati. Eppure
il concetto dell'unit del diritto, fecondato da quello dell'unit delle
forze, prevalse ad ogni contraria considerazione; e la pena di morte, da
prima esclusa, riusci in definitivo ammessa nel codice unico di quella
Confederazione.
(hc se, per una opposizione appassionata, si vuol fare appello ad
argomenti oratorj, e rappresentare con lugubri colori il corteggio del
carnefice che si trae provincia per provincia ad insanguinare il suolo,
bene da deplorare che in questioni serie e positive si ricorra alle arti
dell'immaginazione ; e deesi piuttosto vedere in tali esagerazioni un
grande motivo di dubitare della forza istessa delle obbiezioni. E lo
stesso si dica dell'ultimo argomento a cui ricorrono, che cio la unit
del diritto penale non sia necessaria all'unit politica; poich comune

32
il consenso nell'opinione diametralmente opposta; ed poi evidente
che basterebbe dimostrare che quest'unit sar vantaggiosa, seppure
per dimostrarlo fosse necessario spender parole.
Gli abitanti di Toscana, ne' quali il senno civile e l'idea della solidariet
nazionale non hanno mai fatto difetto, accoglieranno questo codice,
quando sia convertito in legge, con la convinzione che sia conveniente
al regno; fiduciosi e lieti che, quanto alla pena capitale, torni inutile e
superfluo pe' costumi del paese; ma compresi d'altra parte di questa
verit, che non sarebbe assennato il fare di cotesta questione un argo
mento per respingere tutta la riforma penale in Italia, e rinunziare ai
progressi che il nuovo codice rappresenta in confronto ai codici vigenti,
costringendo poi le altre provincie a mantenere il codice del 1859, che
(per parlar sempre di quella questione) minaccia la pena capitale in
un numero maggiore di casi.
Ed appunto per scendere ora all'applicazione che ne fatta dal pro
getto, e per dimostrare entro quali angusti confini la pena ridotta, giova
premettere che nel codice del 1859 i casi sono ventei, come li ha an
noverati lo stesso ufficio centrale del Senato nella sua relazione del
1865; e sono compresi negli articoli 153, 154, 222, 232, 366, 367, 368,
376, 531, 533, 596 e 600, cio:
1 Attentato contro la sacra persona del Re ;
2 Attentato contro le reali persone che compongono la famiglia
regnante ;
3 Corruzione del giudice che produsse condanna ingiusta di morte,
se questa fu eseguita ;
i Abuso d'autorit che produsse la consumazfone di un reato
punito con la morte ;
5 Falsa testimonianza che produsse la condanna di un innocente
a morte, se questa fu eseguita ;
6 Falsa perizia, nel medesimo caso
7 Subornazione, instigazione o cooperazione a falsa testimonianza
o falsa perizia, che produssero condanna a morte eseguita;
8" Calunnia, nel medesimo caso;
9 Parricidio;
10? Veneficio;
11 Infanticidio;
12 Omicidio volontario premeditato;

33
13 Omicidio volontario con prodizione;
14 Omicidio volontario con agguato-;
15 Qualunque crimine, commesso con uso di tormenti o altri atti
di gravi sevizie ;
16 Omicidio volonlario commesso per altrui mandato;
17 Omicidio volontario commesso senz'altra causa che per impulso
di brutale malvagit;
18 Omicidio volontario commesso allo scopo, sia di preparare, fa
cilitare o commettere un altro crimine od anche il delitto di furto; sia
di favorire la fuga od assicurare l'impunit di s medesimo o degli
autori o dei complici dei reati stessi, bench non se ne sia ottenuto
l'effetto;
19 Omicidio volontario, che stato mezzo o conseguenza immediata
del delitto di ribellione ;
20 Omicidio volontario, che stato mezzo o conseguenza delle
violenze usate verso le persone in caso di arresto, detenzione o se
questro indebito di persone con violenze o gravi tormenti corporali;
21 Omicidio volontario, che stato mezzo o conseguenza delle
violenze usate ad un pubblico ufficiale dell'ordine giudiziario od amminibtrativo o ad un giurato, o a qualunque agente della forza pubblica
od altra persona legittimamente incaricata di un pubblico servizio, nel
l'esercizio delle loro funzioni od a causa di esse;
22 Grassazione accompagnata da omicidio ;
23" Incendio, in seguito al quale sia morta una persona senza con
corso di circostanze fortuite non potute prevedere dal colpevole ;
24 Rottura o guasto di strade ferrale, nel caso stesso;
25 Sommersione di navi e simili, nel caso stesso;
26 Inondazione, nel caso stesso.
Or bene, il progetto attuale, raccogliendo ci chc fu proposto fino
dal 1857 con un progetto di legge dottamente elaborato (ma che con la
formula i reati che siano causa immediata della morie di alcuna persona
lasciava aperta la via a molteplici e non ben definibili questioni) e fa
cendo tesoro delle discussioni che ebbero luogo nel Senato nel 1865, e
lnalmente dei codici e progetti usciti in Europa in questi ultimi tempi,
ha ridotto i casi punibili con pena capitale ai seguenti:
1 Attentato contro la sacra persona del Re ;
2 Attentalo contro -la persona del principe ereditario o del reg
gente durante la reggenza, quando per costituisca reato mancato o
consumato (art. 100);
c

34
3 Omicidio volontario nei seguenti casi :
a) quando costituisce parricidio ;
b) quando commesso con premeditazione;
c) quando commesso in persona di un pubblico ufficiale od
agente della forza pubblica per causa delle sue funzioni attuali o ces
sate (art. 332);
d) quando accompagna il furto violento (art. 430) ;
e) quando accompagna l'estorsione (art. 432) ;
f) quando accompagna il ricatto (art. 434);
g) quando commesso per mezzo d'incendio (art. 456);
/<) quando commesso per mezzo d'inondazione (art. 460);
i) quando commesso per mezzo di sommersione (art. 461);
j) quando commesso per mezzo di danneggiamento doloso a
strade ferrate, macelline, veicoli, stromenti, oggetti od apparecchi
servienti all'esercizio di esse (art. 463).
Tranne adunque il caso dell'attentato al Re od al principe ereditario
od al reggente, la pena di morte non applicata che a casi di omicidio
consumato e volontario; e tra questi casi ve ne sono quattro che rigo
rosamente sarebbero gi racchiusi nella formula generale dell'omicidio
con premeditazione, e sono quelli nei quali il colpevole ha suscitato un
incendio o procurato una inondazione o sommersione od ha danneg
giata una strada ferrata nel fine di uccidere una persona,^ questa od
altra sia realmente morta ; cosicch i soli casi in cui punito di morte
l'omicidio volontario, sono realmente sei, vale a dire:
Quando costituisce parricidio;
Quando commesso con premeditazione;
Quando commesso in persona di un pubblico ufficiale od agente
della forza pubblica, per causa delle sue funzioni attuali o cessate ;
Quando accompagna il furto violento ;
Quando accompagna l'estorsione ;
Quando accompagna il ricatto.
E sar egli bisogno di dire che (a prescindere dal parricidio, pel
quale la pena estrema imposta da orrore naturale), negli altri casi
venne precisamente posto il dito sulle nostre piaghe pi dolorose?
Fin qui si trattato dei tre maggiori quesiti, che concernono, a dir
cosi, i caratteri fondamentali del codice. Ora. pu esaminarsi pi fa
cilmente la materia che vi si contiene.

35

ni.
Breve esposizione delle materie
contenute nel progetto di codice penale.
Il codice penale occupa 472 articoli, quello di polizia punitiva 121; in
lutto 593 articoli, ossia 99 meno del codice sardo, bench comprenda
buona parte della legge di pubblica sicurezza, e non pochi articoli della
legge sulla stampa. Questa maggior brevit dovuta in parte ad una pi
accurata redazione e ad un linguaggio pi sobrio; in parte all'avere adot
tata la pratica gi in uso in molte legislazioni e nel codice toscano, di
suddividere gli articoli , in paragrafi numerati. Questa pratica che gi
troviamo seguita dai compilatori del digesto stata riconosciuta di gran
dissima utilit; poich permette di raggruppare in un medesimo articolo
le varie parti e gradazioni di un medesimo concetto, secondo che esigono
le varie sue configurazioni e le penalit corrispondenti, senza pericolo di
quelle confusioni e di quei dubbi a cui danno luogo i comma, alinea o
capoversi, de' quali persino mal sicura la citazione, stante i diversi
modi usati a contarli. Le citazioni ed i richiami, si nella legge mede
sima, che nelle sentenze e nei ricorsi per nullit, sono di uso continuo
e indispensabile; e perci un metodo pratico, col quale riescono e pi
chiare e pi brevi, dev'essere accolto come un utile ausiliario.
Il codice penale diviso in due libri: il primo tratta dei reati e delle
pene in generale ; il secondo dei reati e della loro punizione in par
ticolare. Lo stesso del codice di polizia punitiva per le. contrav
venzioni.
Il libro I del codice penale diviso in otto titoli. Premesse alcune
disposizioni generali sulla definizione e distinzione dei reati, sull'efficacia
delle leggi precedenti pi miti, sul diritto penale internazionale, e sull'ap
plicabilit delle norme generali del codice anche alle leggi speciali, in
quanto non dispongano diversamente (art. 1-12), enumera e descrive le
pene, ne fissa i gradi a tutela degli imputati e della legge contro l'arbitrio
giudiziale, e d le norme pel computo del carcere preventivo (art. 13-39);
poi quelle sul modo di misurare ed applicare le pene (40-48; sulla impu
tabilit (49-55); sul reato mancato e tentalo (56-59); sugli autori e sui
complici (60-64); sulla recidiva (65-70); sul concorso di pi reati e di
pi pene (71-77), e finalmente sui modi di estinzione dell'azione penale

36
e delle pene; aggiuntovi un capo nuovo sulla riabilitazione, che ap
punto un modo speciale d'estinguere la pena speciale della decadenza dai
pubblici ufficj (78-99).
11 libro II diviso in quattordici titoli; il I (100-133) si occupa dei
reati contro la sicurezza dello Stato, compresi quelli preveduti dalla
legge sulla stampa; il II (134-138) dei reati contro il libero esercizio
dei culti; il III (139-144) dei reati contro l'esercizio dei diritti politici;
il IV dei reati contro la pubblica amministrazione commessi dai pub
blici ufficiali e dagli agenti della forza pubblica nell'esercizio delle loro
funzioni; i quali sono: il peculalo (145-148), la concussione (149, 150),
la corruzione (151-155), l'abuso d'autorit (156-I63),e la violazione dei
doveri di un pubblico ^ufficio (164-167); aggiuntevi poi talune norme
generali e comuni (168-171) tra cui la nazione del pubblico ufficiale.
A questo titolo fa naturalmente riscontro quello (il V) dei reati contro
la pubblica amministrazione commessi dai privati; e sono: l'usurpazione
di pubbliche funzioni (172), l'esercizio arbitrario delle proprie ragioni
(173), la violazione dei sigilli (174), la pubblica resistenza (175-177),
la pubblica violenza (178-180), l'oltraggio ed altri reati contro pubblici
ufficiali od agenti della pubblica forza nell'esercizio delle loro funzioni
o per causa delle medesime (181-184), il millantato credito presso pub
blici ufficiali (185), gli abusi dei ministri del culto nell'esercizio delle
loro funzioni (186-190), il rifiuto di ufficj legalmente dovuti (191, 192),
la prevaricazione di avvocati, procuratori e difensori (193-196), la ca
lunnia (197-200), la falsa testimonianza, falsa perizia, relazione falsa
d'interprete e lo spergiuro (201-207), la simulazione di reato (.208), il
favoreggiamento di reati e di delinquenti e l'omesso referlo di reati
(209-211), l'evasione degli arrestati e l'inosservanza delle pene (212-219).
Il titolo' VI che tratta dei reali contro la pubblica tranquillit si oc
cupa dell'insligazione a delinquere (220, 221), dell'associazione per de
linquere (222-225), delle armi e delle esplosioni per pubblico disordine
(226-236).
I reati contro la pubblica fede (titolo VII) sono : la falsit di monete
e di carte di pubblico credito (237-247), la falsificazione di sigilli e
bolli pubblici e delle loro impronte (248-257), il falso in documenti
(258-2611) e le falsit in passaporti, licenze e certificati (270-277).
Alla fede pubblica tien dietro il commercio e l'industria nel titolo VIII,
epper le sanzioni sulla bancarotta e sui reati commessi, nei fallimenti
(278-284), sull'impedita libert del lavoro e del commercio e su certe
frodi speciali nei commerci e nelle industrie (285-291), sull'impedita

37
libert degli incanii (292) e sui reati dei fornitori di pubblici approvigionamenti (293, 294).
Seguono indi i reati cntro la sanit pubblica nel titolo IX (295,296);
poi quelli contro il pudore e l'ordine delle famiglie, nel titolo X e cio
lo stupro violento ed il violento oltraggio al pudore (297-306), il leno
cinlo (307-309), il ratto (310-315), la bigamia (316-318), l'adulterio
(319-323), il procurato aborto (324-327) ed i reati contro lo stalo civile
delle famiglie (328-330).
Il titolo XI si occupa dei reati contro la vita e conlro l'integrit
personale, dividendo la materia come segue: .dell'omicidio volontario
(331-338); della lesione personale volontaria (339-345); indi delle
cagioni scusanti, s per l'omicidio volontario, che per la lesione perso
nale volontaria (346-362); dell'omicidio oltre l'intenzione (363, 364);
dei complici corrospcttivi negli omicidj e nelle lesioni personali, e
della rissa (3C5-369), con una disposjzione comune (370); poi gli omicidj
colposi e le lesioni personali colpose (371-373), l'abuso dei mezzi di
correzione e di disciplina, ed i maltrattamenti in famiglia (374-376),
l'abbandono d'infanle o di persona incapace di provvedere a s stessa
(377-379), e finalmente il duello (380-390)'.
Dopo la tutela della vita e dell'integrit personale .segue nel titolo XII
quella della libert, tranquillit e buona fama con le disposizioni sulla
restrizione dell'altrui libert personale (391-396), sulla violazione del
l'altrui domicilio (397), sull'arbitraria apertura o soppressione di lettere
altrui e di telegrammi (398,399), sull'illecita rivelazione di segreti (400),
e sulla diffamazione, il libello famoso e l'ingiuria (401-413).
Si chiude il codice con la materia dei reati contro la propriet
(titolo XIII) suddivisa nei due consueti capi, o de' reati commessi per
fine- di lucro, o de' reati commessi senza fine di lucro. E sono nella
prima classe: il furto (414-428), il furto violento (429,430), la estor
sione e il ricatto (431-435), l'usurpazione (436-438), l'abuso di con
fidenza (439-443), la frode (444-448), l'appropriazione indebita (449,
450) e la ricettazione (451-455). Sono nella seconda classe: l'incendio
(453-459), l'inondazione e la sommersione (460-463) ed il danneggia
mento (464-472).
Questa la tessitura del codice penale, di cui sarebbe troppo lungo
esporre le ragioni, e massime per ci che riguarda le differenze (non
gravi per) dagli altri codici. Ci che importa di notare che, tranne
qualche lieve eccezione, richiesta o dalla importanza dei fatti e della
pena, o da convessit di materia, p. e. nelle armi, nella istigazione

a delinquere e nell'associazione per delinquere, dove al concetto della


repressione si associa anche quello della prevenzione, le disposizioni
son tutte d'indole repressiva, ed hanno per oggetto una vera ed iramediata lesione di un diritto, dolosamente o colposamente commessa.
Essenzialmente diverse sono perci le contravvenzioni, tra le quali
non si trovano n il furto tenue, n la lesione lievissima , come nel
codice sardo ed austriaco, ma sempre e unicamente fatti che si puni
scono per ragioni diverse, come gi fu detto a suo luogo.

Ma per non entrare minutamente nell'esame di s vasta materia,


baster a dare un concetto del codice, l'esposizione di taluni de' punti
precipui, che in parte possono anche dirsi innovazioni.

I. Retroattivit della legge Nei principj generali era stato inserito


da prima anche quello che la legge nuova, in quanio fosse pi mite,
si dovesse applicare, con certe norme di ragguaglio, anche alle sentenze
gi passate in giudicato ed in corso di esecuzione. Coi soli precetti della
logica siffatta disposizione scaturiva dallo stesso principio che la legge
pi mite s'applica anche ai casi avvenuti prima della sua attivazione e
non ancora giudicati ; ma considerazioni d'ordine diverso impedirono
di accogliere quella massima nel senso propriamente retroattivo ora
accennato. La difficolt di fare esatto raffronto tra le pene nuove e le
antiche nella loro intrinseca gravit, e quella di valutare l'influenza che
avrebbero avuto sulla pena le circostanze ammesse dalla nuova legge e
non dalla precedente in favore del condannato; l'impossibilit di prov
vedere a cotali giudizj di rettificazione secondo le norme generali di
procedura, mancando in ispecie (di solito) il giudice che aveva deciso
gi il processo, e massime se trattasi di causa criminale avanti ai giu
rati; il pericolo, viceversa, che" vi sarebbe nell' abbandonare siffatto
giudizio al potere esecutivo, ossia alle direzioni delle carceri ; l'enormit
finalmente del peso che in un giorno solo si riverserebbe sul potere
giudiziario incaricato di esaminare le cause delle molte e molte migliaia
di gi condannati; queste furono le cagioni per le quali l'innovazione
non pot essere accettata.
Non era cauto avventurarsi a cosi ardila riforma, e d'altra parte v'era
la certezza che il principio umano da cui era dettata, servirebbe pi
facilmente e pi giustamente di base, come gi serve fin d'ora, ai re
scritti di grazia sovrana.

39
H. Diritto penale internazionale Le regole del diritto intemazio
nale (art. 6-1 1) sono state ridotte a grande semplicit: o si tratta di
reati commessi all'estero contro le istituzioni politiche o monetarie del
regno, e si procede d'ufficio ed anche in contumacia dell'accusato. Noi
infatti dobbiamo difenderci, ed abbiamo diritto e interesse a proclamare,
anche per norma degli stranieri, che quei fatti sono lesivi della nostra
vita politica, che quelle monete e carte fabbricate all'estero sono false.
Se per il colpevole, per un concorso non sempre n facilmente prestato
dal governo straniero, fosse stato condannato nel paese straniero, la
pena subita dev'essere computata nella nuova. il solo temperamento
che giustizia imponga all'applicazione della legge nostra. 0 si tratta di
reati di specie diversa, e allora all'esercizio della giustizia nazionale per
falli commessi fuori del territorio devono mettersi speciali limitazioni pel
rispetto dovuto alla giustizia territoriale straniera. Se il colpevole un
cittadino italiano, noi dobbiamo punirlo qualora l'offeso o danneggiato
ci faccia querela, o il governo del luogo del reato o quello del paese a
cui l'offeso o danneggiato appartiene ne faccia domanda. Nello stato
attuale delle societ civili non pu supporsi che, se il reato grave,
rimanga impunito; laonde se nessuno fa querela o domanda, cessa una
ragione per la quale l'autorit giudiziaria nostra s'abbia a muovere;
mentre poi se l'offeso o danneggiato un nostro cittadino, il governo
nostro, che quanto dire il potere esecutivo, e per esso il pubblico
ministero, non mancherebbe di valersi di quella disposizione per pro
muovere l'azione penale.
Se poi il colpevole uno straniero, e dopo aver commesso il reato
all'estero si rifugia nel nostro regno, allora giusto distinguere: o il
reafo de' pi gravi, e cio punibile con la morte, con la reclusione o
con la relegazione, e allora egli dev'essere offerto in estradizione al go
verno del luogo del reato , e qualora quel governo non lo accetti, deve
essere punito nel regno; o il reato lieve, e allora non pu essere
punito qui se non v' la querela dell'offeso o la domanda del govern,
come si detto di sopra.
In tutti i casi poi, se vi gi stato giudizio di assoluzione all'estero,
non pu pi farsi n procedimento, n condanna; e se vi stata con
danna, si computa la pena gi effettivamente scontata, applicate poi
sempre le disposizioni pi favorevoli all'imputato Ira quelle delle due
leggi, ed anche sulla qualit della pena. Se pertanto la legge estera non
punisce quel fatto, non pu aver luogo procedimento.
Confrontando queste brevi disposizioni con quelle del codice vigente,


si dee convenire che la materia del diritto internazionale fu portata a
grande semplicit e sicurezza di principj, conciliando lo statuto per
sonale col rispetto dovuto alla giustizia territoriale.
Solo resta da aggiungere essersi proclamato nella legge il principio
che il cittadino non pu mai esfere consegnato a governo straniero ;, e
che lo straniero non pu mai essere consegnato per reato politico, n
per alcunfatto che abbia servito di mezzo all'esecuzione di un reato
politico. Senza imitare alcune legislazioni straniere che hanno sover
chiamente legata la mano al potere esecutivo nella stipulazione dei trat
tati, quanto agli oggetti ed alle condizioni de'medesimi, parve necessario
formulare quei due principj, perch non possano mai essere violati.
III. Arresto preventivo. Fra le disposizioni per l'applicazione delle
pene saranno certamente accolte con favore quelle degli articoli 35 e 36.
Secondo la prima in tutte le pene restrittive della libert il carcere
sofferto prima della sentenza divenuta irrevocabile pu essere computato
nella durata, ma con diversa proporzione, voluta dalla necessit di non
equiparare cose essenzialmente diverse ; epper nella detenzione (anche
surrogata alla multa), nel confino e nell'esilio, per intero ; nella pri
gionia per una met; nella relegazione per un terzo; nella reclusione
per un quarto. Ma in questa computazione non va compreso il tempo
trascorso durante la pendenza dell'appello prodotto dal condannato, se
stato rigettato o dichiarato inammissibile. Per la identica ragione di
porre un limite'allo sterminato abuso che si fa del diritto di appellare
e ricorrere contro le sentenze al solo effetto di consumare intanto parte
della pena nelle pi miti discipline del carcere giudiziario, l'art. 36
dispone che se il condannato ha prodotto ricorso per cassazione, e il
ricorso stato rigettato, la pena comincia a decorrere, non gi dalla data
della prima sentenza di condanna (come fu interpretato l'art. 71 del
codice sardo), ma dal giorno in cui divenuta irrevocabile , ossia dal
giorno in cui fu rigettato il ricorso.
Gli uomini pratici possono misurare la efficacia di siffatta innovazione
(che per fu desunta da uno de' precedenti progetti) sul pi rapido an
damento dell'amministrazione della giustizia, perch sanno che le nostre
Corti di cassazione sono oppresse da un lavoro sempre crescente , che
produce una lentezza incomportabile nella risoluzione de' ricorsi, e tale
da rendere persino illusorio il beneficio dei varj gradi di giurisdizione ;
lentezza che -sarebbe ancor maggiore quando fosse compiuta la unifica
zione della suprema magistratura.

u
IV. Sulle cause che escludono l'imputabilit Fu oggetto di lunghi
$tudj la formula delle cause che escludono o diminuiscono l'imputabilit.
L'esperienza e la dottrina sono unanimi nel disapprovare le formule
tassative, come quella dell'art. 94 del 'codice sardo, che dice non esservi
reato se l'imputato trovavasi in istato di assoluta imbecillit, di pazzia
o di morboso furore, quando commise l'azione, ovvero se vi fu tratto da
una forza alla quale non pot resistere. Prescindendo di parlar della
forza, ossia della coazione, quelle tre denominazioni non rappresentano
che tre classi di malattie mentali, e nessuno pu affermare che non ve
ne siano altre. Anzi le scuole sono tutte discordi nella classificazione
degli stati dell'animo, oltrech poi nelle definizioni e nei nomi di ogni
singola classe ; sicch quando si tenta di raccoglierle in una e con un
solo nome, p. e. di demenza, si apre l'adito a questioni insolubili, perch
la scienza medico-legale non vi si vuole acconciare. La demenza, in
ispecie, pu essere intesa nel significato soverchiamente ristretto , di
privazione di mente, che una condizione non corrispondente al vero.
Bisognava sottrarre i giudici e specialmente i giurati dai pericoli, nei
quali li possono avvolgere le discussioni sottili e tenaci relative alla na
tura ed al nome della perturbazione dello spirito; bisognava ricondurre
l'indagine ad un campo pi positivo o sicuro, quello di fatto, se, cio,
l'imputato, mentre commetteva il reato, sapeva quel che faceva, ed era
libero nell'uso della sua volont; ma nello stesso tempo allontanare il
pericolo che si abusasse di una formula di tal natura per estenderne il
beneficio alle passioni medesime per le quali il reato si com-mette. Cer
tamente se i giurati fossero tutti qtiali dovrebbero essere, e potessero
tutti sicuramente comprendere il valore della frase legale , nulla po
trebbe desiderarsi di meglio della formula toscana, che dice non impu
tabile il falto se chi lo commise non aveva coscienza de'suoi atti e libert
di elezione; ma uomini competenti hanno affermato che una formula
cotanto improntata di linguaggio scientifico avrebbe condotto, special
mente in certe provincie, alle pi aberranti decisioni ; laonde fu necessario
definirne il senso in modo che, data una base di fatto, la quale non
pu essere che uno stato di malattia mentale, questo debba avere pro
dotto, nel momento del reato, la conseguenza che l'autore non avesse
conoscenza delle sue azioni, o non avesse il libero uso della sua volont.
E per precisione di concetto e per chiarezza di forma, illustri medici
alienisti, e giureconsulti, riconobbero soddisfatte in quella formula tutte
le esigenze della scienza e della giustizia. Le passioni, in quanto possono
aver trascinato un uomo a commettere un reato, son gi considerate

45
con disposizioni tassative nel codice o per modificare la nozione del
reato, o per scemare o persino escludere l'applicazione della pena;,
epper, si nella detta formula, si nell'aggiungere all'elemento della
forza che ha costretto l'autore del reato, il carattere di esterna, non si
mirato ad altro che ad impedire assoluzioni arbitrarie ed ingiuste.
N per questo da temere l'eccesso opposto; poich, prescindendo che
il linguaggio legislativo e scientifico gi sufficiente a impedire accuse
infondate contro persone inconsapevoli di s stesse, pur d'uopo con
siderare che ove anche, per stranissima supposizione, non mai verifi
catasi in fatto, venisse portata accusa di reato contro un sonnambulo,
od un naufrago od un idrofobo che nel sonno, nella disperazione della
fame, nel terror della morte, nell'impeto del male, avessero ferito od
ucciso, pel motivo che non fossero dominati da malattia mentale, n
costretti da forza esterna, chi pu dubitare che l'accusa non sarebbe
respinta? E data la condanna, quanti e quali rimedj non sarebbero
aperti ?
L'ipotesi opposta, per contrario, racchiude un vero e grave pericolo
sociale; perch nessun riparo possibile contro giurati che, interpFetando erroneamente la formula della coscienza de' proprj aiti o della
libert di elezione, e scambiando l'elemento morale colla capacit in
tellettuale, e confondendo l'impulso di passioni con la forza costrin
gente, mandassero assoluti i pi pericolosi colpevoli.
V. Tentativo; recidiva. Sarebbe lungo l'esporre le ragioni che
giustificano le innovazioni concernenti il reato mancato e tentato, gli
autori ed i complici , ed il concorso di pi reati. Solo a dirsi ,
quanto al reato tentato, essersi eliminata la disposizione dell'articolo 99
del cod. sardo, pel quale reo di tentativo anche il mandante, allorch
il mandatario non ha neppure incominciata l'esecuzione del reato ;
trasformato e rifuso invece in un capo apposito sulla instigazione a
delinquere (art. 202, 212) e salvata cosi la sicurezza pubblica senza
offendere i principj scientifici. Quanto poi al reato mancato, si creduta
'poco opportuna, per il pericolo di interpretazioni od applicazioni
lontane dal pensiero legislativo, la clausola del precedente progetto
che diceva mancato il reato allorch il successo non avvenuto per
cause accidentali e indipendenti dalla volont e dal modo di operare
dell'autore. Si potrebbe temere infatti che in un'accusa d'omicidio
mancato, per avere il colpevole sparato un colpo di fucile che non
colse la vittima designata , si assolvesse l'accusato interamente pel mo
tivo che nell'agitazione dell'animo gli trem il polso o gli si offusc la

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vista, sicch fu appunto pel suo modo di operare che il reato non av
venne.
Dopo ci son notevoli le modificazioni apportate alle disposizioni
sulla recidiva, poich questa fu limitata ai reati della medesima specie,
esattamente definiti nella legge a questo effetto (art. 65), e per un
periodo di tompo (dieci anni), oltre il quale non pu pi ammettersi che
la precedente sentenza di condanna influisca ad aggravare il nuovo reato.
VI. Riabilitazione. Un nuovo capo fu aggiunto alla materia
della estinzione delle pene; e riguarda la riabilitazione de' condannati
(art. 95-997). Fra le pene infatti v' la decadenza dai pubblici ufficj,
la quale talora anche mera conseguenza legale di altre pene. L'estin
zione di questa pena , 0 conseguenza di pena , non altro che la ria
bilitazione, di cui nell'attuale legislazione si orano rimandate la nozione
e le norme al codice di procedura penale, confondendo (e similmente
per l'amnistia) la disposizione di diritto con quelle sul modo di attuarlo.
Le condizioni di cui fu circondato questo beneficio ne rivelano il carat
tere moralizzatone, e per ci stesso non pu essere abbandonato al mero
favore di un atto sovrano, ma demandato al previo parere conforme
della magistratura.
VII. Reati contro la sicurezza dello Stato. Venendo a parlare del
libro II, meritano particolare attenzione parecchie disposizioni di
grande importanza nel titolo de' reati contro la sicurezza dello Stato. '
Non solamente reato il formar bande armate, 0 il prendervi parte,
quando queste bande, come dispone il codice sardo, son dirette a com
mettere un attentato contro il Re 0 contro l'integrit dello Stato; ma
anche quando hanno scopi diversi. E invero il pericolo per lo Stato sta
nel fatto in s stesso, che un uomo ardito e intraprendente, senza esservi
autorizzato dalla legge 0 dal governo, raduni soldatesche 0 bande, e si
preponga di raggiungere con queste uno scopo qualunque, per impedire
il quale sia poi necessario impiegare la forza pubblica. La bandiera di
questi avventurosi condottieri pu essere, 0 sembrare, non contraria al
diritto nazionale; ma chi, tranne il Potere regolarmente costituito, pu
arrogarsi il diritto di raccogliere armati, e dar loro un mandato che
pu condurli ad uccidere chi vi si oppone, e che in ogni caso usurpa le
attribuzioni del governo? Qualunque sia l'intento che si propone chi,
senza legittima autorizzazione, raduna bande armate, e chi vi si as
socia , con 0 senza comando, esse rappresentano un grave ed urgente

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pericolo per lo Stato, e costituiscono perci un reato contro la sicurezza
sociale.
Similmente reato l'arruolamento od ingaggio , non foltanto se
fatto allo scopo di dare armati ad uno Stato diverso , ma anche se
tende a qualsiasi altro scopo non autorizzato dal governo del Re (art. 120);
ed anche le disposizioni sugli atti ostili contro potenza straniera, non
chiarissime nel codice sardo , difettose nel codice toscano, e confuse
con l'alto tradimento nel codice austriaco, sono state corrette e chiarite
per modo (art. 121) che torni pi facile reprimere siffatte pericolose
usurpazioni de' poteri sovrani , e si abbia maggior sicurezza che lo
Stato non venga trascinato, suo malgrado, negli orrori e nei pericoli di
una guerra. Fu stabilito perci che commette un reato qualunque cit
tadino od abitante del regno, che (anche fuori de' casi di intelligenza
con altro Stato) con arruolamenti od altri atti ostili non approvati dal
governo del Re, intrapresi nel regno o fuori, espone lo Stato al pericolo
di una guerra, od anche soltanto al pericolo di rappresaglie; e le pene
sono diverse a seconda dei casi. Merc quesla disposizione il governo
si trover sufficientemente armato contro le pretensioni di coloro che
vorrebbero disporre per le loro speciali vedute delle forze e delle sorti
dello Stato.
Vili. Reati contro la pubblica amministrazione. Ridotte le dispo
sizioni circa la religione a tutelare la libert di coscienza e l'esercizio
del culto (art. 1 34-1 38) ; tenuto conto di speciali condizioni verificate
dall'esperienza in materia di reati contro l'esercizio del diritto elettorale,
allo scopo di renderlo superiore ad ogni maneggio e ad ogni pressione
(art. 489-144), il progetto s' applicato con gran cura a tutelare la
pubblica amministrazione nel suo concetto pi vasto. Furono pertanto
severamente scrutate le azioni con cui i pubblici ufficiali possono delin
quere, cosi contro la cosa pubblica come contro i privati, ed aggiunta
altres una importante disposizione generale (art. 171), che in qualunque
reato, se per commetterlo il colpevole s' valso delie facolt o dei mezzi
a lui spettanti come pubblico ufficiale od agente della forza pubblica
(tranne i casi, s'intende, in cui questo ntra gi come carattere del reato),
la pena s'aumenta d'un grado e porta seco la decadenza o l'interdizione
(temporanea) dai pubblici ufficj. Accanto a queste disposizioni doveva
porsi una esatta nozione del pubblico ufficiale, per evitare ogni arbitrio
od equivoco; e infatti l'art. 168 dichiara che sono pubblici ufficiali, per
gli effetti della legge penale, coloro che sono investiti della rappresen

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tanta o dell' esercizio della pubblica autorit o di una parte di essa,
sia nel governo o nell'amministrazione dello Stato, sia nell'ammini
strazione della provincia, del comune o degli istituti sottoposti per legge
alla tutela dello Stalo, della provincia, o del comune; e coloro che sono
investili di un ufficio, a cui, per prescrizione di legge, attribuita
pubblica fede.
11 complesso di queste disposizioni tende a dare al pubblico ufficiale
un concetto pi serio ed efficace della propria personale responsabilit;
a. compenso della quale poi il progetto tutela il pubblico ufficiale mi
nacciando sanzioni adequate a coloro che, sulle orme di insegnamenti
alti a sovvertire qualunque civile societ, attaccano per ogni guisa e con
ogni mezzo la pubblica aYnminislrazione, sia usurpandone gli atti
(art. 172), sia esercitando arbitrariamente le proprie ragioni (art. 173),
infrangendo e violando i sigilli pubblici (art. 174), e sopratutto facendo
resistenza o violenza contro gli ufficiali pubblici e le autorit, (art. 175180), od oltraggiandoli od attaccandoli nell'esercizio delle loro funzioni
(art. 181-184). Sarebbe troppo lungo scendere per minuto all'esame
di queste disposizioni; e solo da notare che in generale, tranne i casi
espressamente indicati, i reati commessi contro un pubblico ufficiale od
agente della forza pubblica, nell'esercizio delle sue funzioni o per causa
delle medesime, attuali o cessate, sono puniti con la pena ordinaria
,'iumentata di un grado, e per azione esercitata d'ufficio.
Cosi, avendo da un lato resa pi seria, per maggiore responsabilit,
la condizione del pubblico ufficiale, dall'altro pi dignitosa e rispet
tala, sperabile che la nuova legge produrr l'effetto di rialzare e
tutelare il principio d'autorit, senza del quale nessuna pubblica ammi
nistrazione possibile. Il rispetto di tutti verso tutti, dall'alto al basso
e dal basso all'alto, proporzionale alla coscienza della propria re
sponsabilit e della tutela accordata dalla legge. A questo patto si
possono trovare pubblici ufficiali che operino con devota abnegazione,
con dignit, fedelt e intelligenza.
IX. Abusi dei ministri del culto. necessario tener parola di
quella speciale offesa che recano alla cosa pubblica gli abusi de' ministri
(lei culto (art. 186-100). Pur troppo il diritto pubblico della Chiesa
non s' ancor fatta ragione de' tempi e delle condizioni d'Europa; ed
anzi, accumulando i mezzi per osteggiare it principio nazionale, la
Chiesa s' continuamente tenuta in opposizione col regno. Di qui le
disposizioni ben note degli articoli 268, 269 e 270 del codice del 1859.

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Il progetto ha creduto necessario di rendere pi esatto il concetto, pi
precisa la forma, e di aggiungervi e raggrupparvi intorno tutto ci che
concerne gli abusi de' ministri del culto.
E per primo, gli ammaestramenti dell'esperienza, e le discussioni
sottili che si son fatte in pi occasioni nei tribunali, consigliarono a ben
precisare il concetto del rifiuto indebito del ministero del culto. Secondo
il progetto il ministro del culto (e si noti che dovunque se ne parla
dicesi di un culto, per comprendervi tutti i culti ammessi nello Stato)
pu rifiutare indebitamente il suo ministero sotto due diversi aspetti.
Pu rifiutarlo per causa dell' obbedienza che taluno abbia prestato alle
leggi od alle autorit dello Stato, o dell'esercizio di facolt, diritti od
ufficj che le leggi dello Stato hanno attribuito o riconosciuto; ed evi
dente allora che egli mira a sostituire le vedute e gli interessi del suo
ministero al diritto eminente dello Stato, ed a subordinare le leggi
e gli ufficj pubblici alla Chiesa, creando una animadversione ed un
conflitto di sentimenti, che a poco a poco debba alienare gli animi
e suscitare nemici al governo. N questa mera supposizione; perch
ognuno che abbia avuto notizia de'varj casi e procedimenti che si sono
fatti per indebito rifiuto, ha potuto conoscere che questa e non altra
fu la linea di condotta di alcuni ministri del culto. Ci ammesso,
diveniva del lutto superfluo esigere quel secondo requisito di che parla
l'art. 268 del codice sardo, che cio l'indebito rifiuto avesse turbala
la coscienza pubblica o la pace delle famiglie. Lo Stato attaccato
nelle sue stesse istituzioni, nello svolgimento delle sue proprie forze; ed
altro non dee domandarsi perch vi sia un reato.
Ma, fuori di questi casi, e quando cio il ministro di un culto rifiuta
il suo ministero per causa diversa, p. e. per sordide pretese di tasse,
per un preteso credito e simili, allora necessario, perch intervenga
10 Stato, che vi si accompagnino altri elementi: e sono appunto il tur
bamento della pace delle famiglie e dell'ordine pubblico; senza diche
11 fatto sta necessariamente racchiuso nelle pareti private, n v' ragione
che lo Stato ne pigli interesse. Cosi chiarito ne' suoi veri caratteri
il reato d'indebito rifiulo del ministero sacerdotale; perch o serve di
arma contro lo .Stato e le sue istituzioni , e dev'essere represso per
principio di difesa e di libert; o serve di strumento a destare una
pubblica apprensione, od un disordine pericoloso, e lo Stato, che dal
concorso della religione dee trarre elementi di pace, d'ordine e di con
cordia, ha diritto e dovere di impedire che si rivolga invece a inten
dimenti opposti. Questi principj sono anche i pi rispondenti al nostro

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diritto interno, e svolgono il concetto, gi ammesso anche da altre
legislazioni, d'impedire che il ministro di un culto si valga de' mezzi,
degli insegnamenti, dell'autorit e delle armi spirituali, per andar contro
all'ordine civile.
Perci poi sono raggruppati a questo posto e l'esercizio d'atti di culto
esterno contro il divieto del governo (art. 187), e l'inosservanza delle
regole suWexequatur (188) e i discorsi pubblici pronunziati nell'esercizio
del ministero sacerdotale contro le istituzioni dello Stato, gli atti del
governo, le leggi e gli ordini della pubblica aulorit (t89 comb. col 122
e 127), e l'influenza indebitamente esercitata per vincolare i suffragj nelle
elezioni (190 comb. col 221).
Ben pu affermarsi che merc tutte queste disposizioni data allo
Stato una forza assai maggiore, in una materia sempre circondata di
gravi difficolt. Aggiungasi una importantissima disposizione circa il
matrimonio, che fu inserita nel codice di polizia punitiva, e di cui si
terr parola ; e si vedr con quanto studio s' cercato di porre rimedio
a de'mali assai serii, che da tempo affliggono le nostre istituzioni.
X. Dello spergiuro. Proseguendo nell'indicazione delle precipue
innovazioni c questioni, necessario tener parola del reato di spergiuro
in causa civile, perch, sebbene sia gi punito nella legislazione della
maggior parte del regno, nessuno ignora che nelle provincie meridio
nali, allorch vi fu introdotto il codice sardo, la commissione che pro
pose le innovazioni, sancite poi nel decreto luogotenenziale del 17 feb
braio 1861, credette utile di sopprimere l'art. 374 che punisce il falso
giuramento in materia civile, deferito o riferito. Essa s'indusse a ci
per due motivi: 1 perch, incriminando lo spergiuro, si eleva a reato
un puro peccato innanzi la religione e la morale; 2 perch incriminando
lo spergiuro si distrugge radicalmente il sistema della decisione della
lite per via di giuramento deferito o riferito, aprendo una via per
cui la giustizia penale diverrebbe norma per eludere la giustizia civile
(Relaz. della commiss. 17 febb. 1861).
A queste ragioni rispondeva gi la relazione colla quale il ministro
Miglienti presentava al Senato il 9 gennaio 1862 il progetto di esten
dere a tutto il regno il codice del 1859. Dopo aver dimostrato come
lo spergiuro non solamente un atto immorale, od un peccato, ma
una vera e propria lesione dolosa del diritto altrui, osservava che la
sentenza criminale di condanna del reo di spergiuro d bens luogo a
indennit a favore di colui che patjattura dal commesso reato, ma non

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pu giammai e in nessun caso avere, per effetto o di sciogliere la con
venzione affermala, o di far rivivere quella che siasi negata col prestato
giuramento, c non tocca per nulla alle obbligazioni civili che dal me
desimo conseguirono.
L'ufficio centrale del Senato, che nel 1865 riferiva sul progetto votato
dalla camera, d'estendere il codice del 1859 a tutto il regno, diceva a
proposito dello spergiuro che la pubblica moralit si ribella all'idea
che colui che per un sordido interesse si reso spergiuro ed ha danneg
giato talvolta fino alla rovina il suo avversario, vada immune da qua
lunque pena (Relaz. De Foresta 15 aprile 1865); ma poi, per impedire
che al soccombente in causa civile fosse lecito adoperare nella causa
penale, onde provare il fatto, prove che in sede civile o non gli era per
messo di addurre (p. e. testimoni per un credito superiore a cinquecento
lire), o aveva appositamente tenute nascosto per poi esercitare l'azione
penale, venne nel temperamento di aggiungere alla sanzione sullo sper
giuro la dichiarazione che la prova della falsit non possa essere som
ministrata che nel modo autorizzato dalle leggi civili, e che anzi la
sentenza di condanna non dia diritto a indennit, tranne il caso che
colui che lo aveva deferito o riferito dimostri di non aver avuto prima in
suo potere, o di non aver saputo se o dove esistesse, il titolo o documento
per provare Vobbligo, la liberazione od il fallo dedotto a giuramento.
Anche nelle sotto-commissioni e commissioni incaricate della compi
lazione dell'attuale progetto, la questione fu discussa e con varia sorte;
ma prevalse infine il concetto di punir lo spergiuro, per una conside
razione di alta importanza.
In tutte le forme che assume la pubblica amministrazione (cosi
leggesi nei processi verbali), noi troviamo che la base ne la fede
dell'uomo , la quale poi non da altro attinge la sua forza che dal
giuramento. Il giuramento il principio d'autorit di tutti gli atti
pubblici; ogni ordine di funzionarj civili e giudiziarj, le milizie e gli
alti poteri dello Stato, ripetono il titolo alla pubblica fiducia dal giu
ramento; e l'autenticit degli atti e la virt loro e delle testimonianze
risalgono allo stesso principio. Il giuramento insomma la guarentigia
universale della pubblica amministrazione. Pu dirsi anzi (per usare le
parole degli autori del progetto di codice penale per la Confederazione
germanica del Nord) che tutta la sicurezza del diritto nella societ civile
riposa sulla verit presunta di un giuramento. Questo tanto vero che
la nostra legge sulla stampa (art. 24) punisce come colpevole di reato
colui che impugna la santit del giuramento, disposizione che anche

49
rifusa nel progetto (art. 128 l). Se tutto ci certo, ben dee con
chiudersi che inaino a quando il giuramento continua ad essere ado
perato come un pegno di rettitudine della pubblica amministrazione,
giusto e necessario che la legge tenga alta e nobiliti la stima di
quell'atto solenne e lo circondi delle guarentigie di una sanzione pe
nale. Qual maggior contraddizione infatti che quella di punire chi va
stampando essere il giuramento un atto di nessun valore c ridevole,
ed indi lasciarlo impunito allorch giura il falso in giudizio?
A queste ragioni aggiungasi l'esempio aulorevole di quasi tutte le le
gislazioni e il nessun danno che pu derivare alle provincie in cui ora
10 spergiuro non punito, al confronto col danno grave e colla funesta
impressione che, proclamandone la impunit, ne sentirebbero quelle in
cui lo spergiuro stato sempre un reato.
Per ci poi che concerne gli effetti del giudicato penale sul civile,
sembrato conveniente tacerne nel codice penale, spettando od alla pro
cedura od alle leggi civili.
La pesa dillo spergiuro fu distinta secondo che il giuramento sia
stato deferito d'ufficio dal giudice, o deferito o riferito dalla parte. In
quel caso parve adequata la pena della prigionia da un anno e sei mesi
a tre anni, e della decadenza dai pubblici uffcj ; nell'altro questa se
conda pena soltanto, dacch la parte erasi pure volontariamente abban
donata alla coscienza dell'avversario. Fu per aggiunto per ogni caso
che il colpevole immune da pena se ha ritrattato il falso giuramento
prima della definizione della controversia; principio conforme a quello
che regola la punizione della fals i testimonianza e della calunnia.
XI. Della imtgaiione a delinquere; dell'associazione per delinquere
e delle armi degno di attenzione il capo sulla instigazione a
delinquere (articoli 220 e 221), che riconduce sotto i principj pi sicuri
11 fatto che il codice del 1 859 erroneamente puniva come reato tentalo,
di colui, cio, che d mandato ad altri eli commettere un reato, se il
mandatario non ne ha tampoco incominciata l'esecuzione. L'instigazione
non accolta quindi un reato a s, punito a norma della gravit
dell'altro reato a cui l'instigazione tendeva, ma in modo che non possa
raggiunger mai la pena della complicit.
Indi piacer di vedere che nel reato di associazione per delinquere
(cos modificata la denominazione di associazione di malfattori, che
diede luogo a dubbj e malintesi), fu provveduto (con speciale aggrava
ti

<

50
mento di pena) al caso di associazione armata che scorre le cam
pagne o le pubbliche vie; ed al concorso di coloro i quali, anche fuori
dei casi di complicit, somministrano ricovero, armi, munizioni, viveri,
notizie ed ajuti; e finalmente ai reati commessi bens da singoli asso
ciati, m nel tempo e per occasione dell'associazione, o profittando del
timore che essa incute (articoli 222 e 225). .
In queste disposizioni si raccolsero quelle della legge 15 agosto 1863,
n. 1409 , e gli insegnamenti dell'esperienza dolorosa sul brigan
taggio.
In questa parte che si riferisce alla tutela dell'ordine pubblico, stanno
anche le disposizioni delle armi. generale la lagnanza che per le so
verchie facilitazioni della attuale legislazione sulle armi , il porto di
queste siasi fatto cos comune da costituire un permanente e grave peri
colo sociale ed una occasione di reati gravissimi, che forse si potrebbero
evitare. E in pari tempo generale la lagnanza chn appunto per la
tenuit delle pene resti inapplicabile ai colpevoli la misura preventiva
dell'arresto, che il pi delle volte il solo mezzo efficace per impedire
violenze e reati. A queste giuste lagnanze provvede il progetto innalzando
sensibilmente le pene per il porto e per la ritenzione di armi proprie
vietate, cio atte ad uso insidioso, data di queste una nozione pi gene
rale, e compresevi in modo espresso le bombe ed ogni macchina esplo
dente, scemata poi d'alcun poco (da 171 a 160 millimetri), la misura
legale dell'arma da fuoco, affinch sia tolto ogni pretesto di preferir
l'arma corta e pericolosa. E fu aggiunto il divieto di tener in casa un
ammasso di armi e di munizione, che fu definito consistere in quindici
armi, e in dieci chilogrammi di munizione, od anche in un solo pezzo
d'artiglieria bench non di metallo. Con ci sar dato di reprimere
energicamente il fatto di coloro che vanno raccogliendo, per future im
prese, i mezzi d'offesa e di distruzione, a pericolo gravissimo della
societ.
E poich srto da qualche tempo il vezzo di provocare disordine
e spavento nelle moltitudini gettandovi tramezzo bombe od altri ap
parecchi esplodenti, e questo ha prodotto in fatto le pi deplorabili
conseguenze per la morte o le ferite di persone, rimaste vittime non
gi della esplosione, ma del disordine, della ressa e dello spavento ge
nerale che ne era derivato, cosi si aggiunse un articolo (236) che
punisce questo fatto con la prigionia da un anno e tre mesi a tre anni,
e da tre anni a sei mesi e cinque anni, quando lo scoppio avvenuto
in luogo e tempo di pubblico concorso.

51
XN. Falsit di monete e di carte di pubblico credito. Nella materia
della falsita di monete e di carte di pubblico credito furono risolute
questioni importantissime. La prima commissione, con ardita inno
vazione, aveva soppressa la distinzione dedotta dalla natura del metallo
delle monete, ossia dal danno potenziale, e vi aveva surrogato come
elemento di graduazione delle pene il valore della falsificazione com
messa, ossia il danno reale. Dai processi verbali risultano le gravi ragioni,
specialmente di pratica difficolta, per le quali quel sistema non venne
accettato dalla commissione ultima; o piuttosto venne cambiato in un
sistema misto. Importa frattanto di richiamare la pi seria attenzione
su questo titolo, che pur troppo ha dato e d di continuo materia a
procedimenti penali. Dopo la diffusione che ha preso il credito pubblico,
il quale divenne, a cos dire, l'elemento precipuo della ricchezza nazio
nale e lo strumento delle transazioni comuni, era necessario provvedere
efficacemente per sottrarlo all'abuso ed alla frode che il credito stesso
rende facili con la pericolosa lusinga di subiti guadagni. Per ci fu
equiparato al corso legale il corso commerciale (art. 237), poich e pel
dolo di chi commette il reato e pel danno che subisce il credito non
vi pu essere differenza veruna tra la contrattazione di moneta avente
corso legale e quella di moneta avente corso commerciale nel regno o
fuori. La pena poi della falsa moneta fu mantenuta presso a poco nei
limiti gi segnati dal codice del 1859; ma per quell'elemento, che al
certo non era da trascurarsi, dell'ammontare del danno, ossia del valore
della falsificazione, fu aggiunto (art. 238) che se il valore legale o com
merciare rappresentato dalla falsa moneta supera lire cinquemila, le pene
sono aumentate di un grado, che quanto dire che possono giungere a
venti anni di re clusione, se si sono contraffatte monete d'oro o d'argento,
ed a quindici anni se d'altro metallo. E viceversa fu grandemente dimi
nuita quando, trattandosi di spaccio di monete o carte, il danno in
feriore a lire cento, applicandosi in tal caso soltanto una pena corre
zionale. La stessa teorica fu seguita per la falsit di carte di pubblico
credito (art. 241), delle piali poi si cercato di dare una nozione esat
tissima, per evitare controversie e incertezze nella giurisprudenza. Si
comprendono sotto il nome di carte di pubblico credito (dice l'art. 240)
le carie si nominative che al portatore, emesse con qualunque denomina
zione dai tjoverni, e che costituiscono titoli negoziabili di credito verso
lo Slato; e le carte equivalenti a moneta, aventi corso legale o fiduciario
nel regno o fuori, emesse da stabilimenti che ne hanno la legittima
facolt. Questi sono infalti i tiloli di credito pubblico pei quali neees

52
saria una speciale tutela nell'interesse della fede pubblica, ma non vi
si comprendono molti altri titoli generalmente denominati effetti pubblici,
che formano oggetto di transazioni commerciali e Hi contratti di borsa.
Sarebbe per stato impossibile e sconveniente il non provvedere intorno
a questi mezzi cosi diffusi della ricchezza pubblica; perch anzi lo
sviluppo industriale e commerciale del paese, creando siffatti titoli,
ha anche fatto sorgere la necessit di difenderli dalla frode , con
efficace sanzione penale. Or siccome, siano essi nominativi o al portatore,
trasmissibili con la consegna o per girata, rimangono sempre documenti
provanti un credito di natura commerciale , parve pi conforme ai
principj di buona classificazione.il collocarne le sanzioni nel titolo del
falso in documenti, e cio nell'art. 262, che punisce come colpevole di
falso in titoli od effetti di commercio, con la reclusione da otto a quindici
anni, chiunque in altrui pregiudizio, anche meramente possibile, forma
in tutto od in parte falsi titoli od effetti di commercio, negoziabili, non
equivalenti a moneta, emessi a norma di legge da stabilimenti o da
privati, e trasmissibili per girata od al portatore; ovvero altera in tutto
od in parte i detti titoli od effetti di commercio veri.
I pratici di queste materie, e gli uomini d'aflari, non hanno chc a raf
frontare queste disposizioni con quelle corrispondenti dei codici vigenti,
per dedurne come e quanto siasi provveduto alla miglior tutela del cre
dilo e della fede pubblica.
E similmente furono pi accuratamente regolate le disposizioni che
concernono lo spaccio delle monele o delle carte di credito contraffatte,
e specialmente col dichiarare reato consumato di falsificazione il fatto
di coloro che d'intelligenza con gli autori inlroducono nello Stato, o
procurano o consegnano ad altri, o s'interpongono per procurare o
consegnare ad altri, le monete o carte contraffatte o alterate, nello
scopo di metterle in circolazione. Le leggi attuali e quelle pi cono
sciute provvedono invece al solo caso gi ovvio di chi di concerto mette
in circolazione o spende egli stesso come legittime le monete contraf
fatte; eppure quelle disposizioni erano necessarie, perch pur troppo la
falsit di monete e di carte di pubblico credito ha assunto spaventose
proporzioni e si elev a vera industria con mezzi vasti e distribuzione
di lavoro e agenzie, che avviluppano lo Stato, ed insidiano in modi
molteplici la fede e 'il commercio.
XIII. Del falso in documenti. Non meno imporlanti e proficue
novit son comprese nel titolo del falso in documenti: provveduto pi

53
esattamente al falso intellettuale, ossia alla introduzione di falsit in
documento pubblico, vero per s medesimo nella forma (art. 259); al
falso probatorio di fatti veri (art. 265); alla ritrattazione di chi ha pro
dotto il falso documento , in seguito a interpellanza del giudice
(art. 267); e alla dolosa soppressione o distruzione di un documento
originale o di una copia che ne tenga luogo (art. 268). A voler qui
presentar la questione relativa all'azione penale per falso in documento
privato si dovrebbero spendere troppe parole; basti accennare che o
l'autore o complice della falsit non interessato a servirsi del docu
mento (p. e. se lo ha fabbricato per conto altrui) e non si pu procedere
se non quando lo abbia rilasciato a chi ha interesse di farne uso, nulla
importando poi se l'uso sia avvenuto; o gli autori o complici sono
essi medesimi interessati a servirsene, oppure si tratta di coloro che
ne hanno fatto uso, e allora necessario per promuovere l'azione penale
che preceda l' interpellanza del giudice se persistono nel volersi servin
del documento. Non potevano mancare obbiezioni contro siffatta clausola,
del resto gi adottata anche dalla prima commissione, parendo a taluni
che siffatta larghezza offenda i principj di rigorosa giustizia. Ma prima
di tutto .dovevasi coordinare il codice penale con quello di procedura
-civile, dove agli articoli 298-301 gi stabilito il medesimo principio,
quando trattasi di querela di falso. Poi da considerare che l'uso del
titolo falsificato veramente quello che compie la frode; laonde pru
dente e benefica la cautela della legge che tende ad accertare se l'uso
sia un atto ponderato, invitando ad un tempo il colpevole al pentimento
prima d'aver consumato il suo reo disegno. S'aggiunga che la falsit in
titoli e scritture private, per la formazione delle quali non necessaria
veruna formalit, reato facilissimo a consumarsi, difficilissimo a pro
varsi; sicch il falsificatore ha molta probabilit di riuscire. dunque
prudente ed utile quella intimazione che lo pone nella stringente alter
nativa o di rinunziare a far uso del documenlo, o di cimentarsi contro
il rigore dell'azione penale. Le eccezioni annesse alla disposizione
conciliano le ragioni di giustizia e di moralit con quelle di convenienza,
e soddisfanno insieme a ragioni di interesse commerciale, poich la sola
formazione del documento falso, presentato per per trarne profitto,
reca gi grave offesa al credito. Quindi l'interpellanza non ha luogo se
si traita di falsit in titoli od effetti di commercio, se l'imputato ha gi
tratto proftto dalla falsit o dall'uso del documento falso, o se l'inter
pellanza gi stata fatla nella causa civile e l'imputato ha risposlo di
volersi servire del documento o non ha dato risposta nel tempo pre
fisso, nel qual caso il reato gi consumato.

5i
XIV. Reati contro il pudore; querela di yurte Sorpassando le inno
vazioni, non per trascurabili, recate nella materia degli scioperi e
degli altri reati contro il commercio e le industrie, come gli inganni e
le frodi che si commettono a danno del pubblico (sotto il quale aspetto
gli articoli 288-291 vanno combinati con l'art. 445 2 leti, d),
meritevole di molta attenzione il titolo de' reati contro il pudore e dei
reati contro lordine delle famiglie, dove e l'ordine delle materie e le
nozioni rispettive hanno subito importanti modificazioni. Solo da
aggiungere che se nel reato d'adulterio paresse grave a qualcuno l'essersi
ammesso, come gi aveva proposto una sotto-commissione in un primo
progetto, che il marito ne colpevole quando tenga la concubina nella
casa coniugale, o notoriamente altrove, giova notare che l'ordine della
famiglia violato ed offeso specialmente dalla notoriet, e che appunto
per questo il codice civile nell'art. 150 dichiara ammessa l'azione della
moglie onde ottenere la separazione dal marito per causa d'adulterio
quando egli mantenga la concubina in casa o notoriamente in altro
luogo. Il principio adunque gi riconosciuto dalla nostra legislazione
positiva, le cui disposizioni non devono essere in antinomia fra loro.
Maggiori spiegazioni sono necessarie sulla materia dell'azione penale
nei reati di cui si tratta; se cio debba essere o no vincolata alla con
dizione della querela privata.
noto lo sialo attuale della legislazione in Italia su questo proposito.
I reati contro il pudore sono tulti d'azione pubblica in tutto ri regno,
tranne le provincie meridionali, dove, allorch fu introdotto il codice
del 1859, il decreto luogotenenziale del 17 febbraio 1861 aggiunse non
potersi procedere pei reati medesimi (compresi dall'art. 489 all'art. 500)
se non per istanza privata. Dopo coscienzioso esame, tanto la Camera
dei deputati quanto il Senato, nella discussione del 1865, avevano so
stanzialmente accettata la stessa teoria; la commissione prima per il
codice penale la segui nel suo progetto, e la seconda la conferm
nell'art. 303. Omai il principio ammesso. La giustizia assoluta di
certo superiore alle vedute di privato interesse, ma non pu aggiungere
un danno maggiore l dove il privato interesse ha ragioni prevalenti
per temerlo e per rifuggirne. Se dunque la persona offesa, o chi la
rappresenta, vuol che giustizia si faccia, la legge pronta ed ha
sanzioni severe; ma se dal processo pu temere un danno all'onore
s grave che non valga a ripararlo neppure la soddisfazione ottenuta
con la condanna, la giustizia non ha pi ragioni per mettersi in moto
ed anzi ne ha molte per astenersi. Dal momento che la giustizia umana

55
si esercita non gi per punire il peccato, ossia l'atto immorale, ma per
riparare con la pena alla lesione dell'altrui diritto ed al turbamento
pubblico che ne derivato, forza che'la legge si arresti allorquando
ha ragione di lemere che il processo raggiungerebbe un esito contrario.
Dire, come fu detto da qualche oppositore, che con ci si proclami la
impunit della turpitudine, non obbiezione seria; perch, se questo
sentimento di riprovazione generale, sar anche generale il desiderio
di veder punito il colpevole. L'impunit non pu dunque derivar dalla
legge, ma dal volere delle parti; e poich nessuno pu negare esservi
realmente de' casi in cui la parte, movendo la querela, non farebbe che
divulgare la sofferta vergogna, a cui non pu dar sufficiente ripara
zione, per l'influenza de' pregiudizi volgari, la condanna del colpevole,
cosi una logica necessit, per vedute di prudenza politica, abbando
nare l'azione penale al dolere della parte. Del resto le eccezioni che
furono apposte alla regola ne dimostrano l'indole non contraria al
principio morale, e salvano dal pericolo dell'impunit i casi in cui que
sta sarebbe un'offesa alla coscienza pubblica. E le eccezioni sono queste
(art. 303): 1 se la persona stuprata o oltraggiata si trovi nella impos
sibilit legale o si presuma moralmente impedita di portare querela
essa stessa; 2 se il falto di stupro violento o di violento oltraggio non
possa egualmente essere sottratto alla cognizione dell'autorit giudiziaria;
quando , cio , sia accompagnalo da altri reati , pei quali si debba
agire d'ufficio. Qual maggiore anomalia infatti che il procedere per
le ferite riportate dalla stuprata, e per le quali fu appunto messa fuori
della possibilit di resistere, e non procedere per lo stupro che ne
derivato, e che nel giudizio sul fatto delle ferite dovrebbe pur divul
garsi? 3n per la stessa ragione, quando il fatto avvenne in luogo pubblico
od esposto al pubblico, locuzione surrogata a quella troppo elastica ed
arbitraria del pubblico scandalo. evidente che in questo caso non pu
pi conservarsi segreto il patilo disonore; ed anzi alla pubblica offesa
giusto che segua la pubblica riparazione, salve, ben inteso, le cautele
del dibattimcnto a porte chiuse, per ragioni di moralit. 4 finalmente
se dal fatto derivata la morte della persona stuprata od oltraggiata.
Oltre a questi ragionevoli temperamenti, pe' quali il principio dell'a
zione privata in tali reati ridotto ai confini segnati dal solo motivo
che lo ha dettalo, doveva pur provvedersi a metter un freno agli abusi
ohe potrebbero derivare dal lasciare in piena balia della parte que
relante di sospendere il corso del procedimento. E infatti sarebbe a
temersi che molte querele venissero leggermente fatte e leggermente

56
ritirate, o che la querela diventasse un mezzo di coazione, di mercato,
o di diffamazione. Oltre a ci, quando la querela fatta non v' pi
motivo di arrestarla, poich il reato gi noto e l'azione pubblica gi
in esercizio , epper fu dichiarato che, prodotta la querela, non pi
ammessa la remissione. Si cosi portato alla sua ultima conseguenza,
per ragioni di pubblico interesse, quel principio che gi fu intro
dotto nel libro I (art. 80) che la remissione della parte offesa (e que
relante) non produce effetto, se l'imputato ricusa di accettarla.
E finalmente, poich giova sempre in quelte materie trovar una via
che ripari al male e ne eviti de' maggiori, venne ammesso che il matri
monio anteriore al dibattimento, fra l'esecutore immediato dello stupro
0 dell'oltraggio e la sua vittima (si noti la parola esecutore immediato
per escludere i complici) fa cessare il procedimento.
XV. Incesto. Tra i reati non figurano pi l'incesto e la seduzione
sotto promessa non adempita di matrimonio. Su questo secondo nessuna
contestazione era sorta, poich nello stato della nostra legislazione civile
non si sarebbe potuto dare alla promessa, come condizione di punibilit,
il vero carattere e la forma di sponsali per documento scritto; mentre
poi da una promessa non circondata neppure delle formalit degli
sponsali si sarebbero fatte derivare conseguenze penali pi gravi di
quelle che derivano dalla inosservanza degli sponsali medesimi. E
questo dicasi come argomento precipuo, ch molti altri ne concorrono
per dimostrare che, fuor de' casi di violenza, la legge non dee farsi pala
dina delle debolezze talor problematiche di fanciulle sedotte.
Pi grave era l'altra quistione relativa all'inceslo; e vuoisi intendere
incesto consensuale e non violento, ch in tal caso ricorrerebbero i ca
ratteri dello stupro violento o del violento oltraggio al pudore.
noto che il decreto luogotenenziale del 1861 per le provincie me
ridionali, ha cancellato l'incesto dal novero de' reati, sempre pel motivo
che dove non violenza e tutto risolvesi in turpitudine e peccato, la
legge non ha ragioni d'intervenire, e parecchie per astenersene ; e che
1 processi d'incesto non han mai ad altro servito che a svelare, senza
frutto ed anzi con danno, i misteri di una immoralit rinchiusa nelle
pareti domestiche, ed a gettare nella pi completa rovina il nome e
l'onore delle famiglie.
Nello stesso Senato del regno nel 1865 queste ragioni furono rico
nosciute di gran peso ; ma poi, per via di transazione, e per la ragione
dei contrarj, parve giusto ammettere che l'incesto sia punibile allorch
accompagnato da pubblico scandalo, o v' querela di parte.

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Nel seno della commissione le ragioni favorevoli e contrarie vennero
discusse. La prima commissione aveva gi ammesso non darsi azione
penale per l'incesto non violento, poich dichiarava soltanto non essere
necessaria la querela di parto se tra ascendente c discendente, o fratello
e sorella fosse avvenuto stupro violento. Alcune Corti proposero di
punire l'incesto almeno quando sia accompagnato da scandalo o da
notoriel, e su questo punto in ispecie fu* addotto anche nella com
missione che merc l'impunit potrebbe esser lecito mantenere noto
riamente incestuose relazioni ed ostentarle perfino, a dileggio del
pubblico costume.
Prevalsero tuttavia le ragioni contrarie. Fu detto che non ogni fatto,
per quanto immorale, punibile, bench la legge non possa contener
nulla contro la morale. La pena non pu infliggersi che per fatti con
tenenti la violazione di un diritto; e nell'incesto non violento qual
diritto violato? Nessuno, tranne il caso che il fatto avvenisse in pubblico,
come accadrebbe di ogni atto pubblico contrario al pudore; nel qual
caso per non l'atto in s stesso che forma il reato, ma l'offesa al
pubblico pudore, che per esso avviene. Questo concetto spiega anche
perch non basii la formula dello scandalo pubblico adoperata gi dal
Senato nel 1865, poich se il fatto avviene tra le mura domestiche, ed
riferito dalla pubblica voce, l'autore (fello scandalo piuttosto chi lo
diffonde che chi lo ha commesso, sebbene questi v'abbia dato la causa.
XVI. Omicidio. Nel titolo de' reati contro la vita e l'integrita per
sonale sono notevoli parecchie innovazioni dettate dalla scienza dai
progressi della medicina legale, e dalla giurisprudenza pratica, special
mente nel giudizio per giurati. L'aver poi ammessa la pena di morto
condusse a talune distinzioni che il precedente progetto non aveva fatte,
e p. e. tra l'omicidio contro il pubblico ufficiale, commesso a causa
delle sue funzioni (punito di morte, art. 332) o nell'esercizio bens, ma
non a causa delle funzioni medesime (punito colla reclusione a vita,
art. 334), 'e tra l'omicidio premeditato e il veneficio, di cui il primo
progetto non parlava ritenendo che ove non rientrasse nella classe
degli omicidj premeditati potessero bastare le sanzioni generali sull'o
micidio volontario, mentre il secondo progetlo ravvis nel veneficio
anche non premeditato un reato di gravit sempre maggiore che negli
omicidj commessi con altri mezzi.
Non qui il caso di esporre per minuto le disposizioni sull'omicidio,
delle quali, per quanto concerne la pena di morte, gi si dato un enno.

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Sol giova notare, quanto all'infanticidio, che la nozione fu dedotta dal dop
pio elemento che consiglia di aumentarne la pena, cio dall'impotenza
della vittima a difendersi e dalla facilit di occultare il reatojepper si
detto infanticidio l'omicidio di un infante non ancora inscritto sui re
gistri dello stalo civile, commesso entro i primi cinque giorni dalla
nascita (art. 336). Ben diverso dalla nozione il computo delle cause
scusanti (art. 347 e 384-), che nella maggior parte dei codici si vollero
inopportunamente innestare nella definizione stessa dell'infanticidio,
riferendolo alla sola madre e al solo tempo del parto o immediata
mente successivo. 11 progetto, distinguendo accuratamente le due cose,
ha rimandato le disposizioni speciali di attenuazione al capo che ne
tratta in generale per tulte le specie di scuse, scemando poi la pena
quando l'infanticidio commesso per salvare l'onore.
Le scuse dovranno formare oggetto di seria attenzione, e per primo
il quesito se anche la legittima difesa debba essere annoverata tra le
scuse, o tra le cause di non imputabilit. Il progetto, per ragioni indicale
ne' processi verbali, tenne la prima opinione; ma in ogni caso questione
di forma pi che di essenza, dacch il risultato il medesimo (art. 352
1); e il vantaggio del prescelto sistema sta anche nell'aver potuto
riunire le diverse figure che pu presentare l'esercizio della legittima
difesa, e quindi il limite ove cessa l'impunit e comincia la pena, e le
varie gradazioni di questa.
Ma in questa materia de' reati contro la persona, le innovazioni mag
giori si trovano nelle disposizioni sulla complicit correspetliva e sul
duello.
XVII. Complicit correspetliva. La complicit correspettiva una
locuzione tecnica. adottala dalla giurisprudenza pratica delle provincie
meridionali per esprimere un concetto complesso, per cui la legge, fuori
dei casi di rissa, onde evitare pericolose assoluzioni o condanne esorbi
tanti, transige sulla responsabilit dell'ignoto autore del reato, in cui
concorrono pi colpevoli, tra i quali dee pur trovarsi anch'esso, e li
ritiene tutti complici l'uno dell'altro. Cos allorch pi persone pren
dono parte in un reato contro la vita o l'integrit personale, pu avve
nire che non si riesca a distinguere l'autore dal complice della morte
o delle lesioni che ne sono derivate. Di tre armati di fucile pu accadere
che uno solo abbia sparato o ferito, senza che si sappia quale. Sarebbe
ingiusta in tal caso tanto l'assoluzione quanto la condanna di tutti e

59
tre, come autori. La teorica dell; complicit corresptttiva transige, e
non potendo raggiungere il vero assoluto, s'accontenta di un vero rela
tivo, che questo, che intervenendo tutti nel fallo criminoso, e volendo
tulli il medesimo male, sono stati per lo meno complici ciascuno del
l'altro; e di quei tre, bench si ignori qual sia stato l'autore del colpo,
certo che fu un di loro, e che gli altri gli furono complici. Cosi,
senza lesione delle regole di giustizia, la societ tutelata; e chiunque
ha pratica delle cose criminali non ignora quanto sieno frequenti i casi
di questa natura, nei quali, per difetto di esplicite disposizioni, la
giustizia ha dovuto spesso rimaner disarmata. L'art. 365 provvede ora
alla bisogna.
XVIII. Duello. 11 duello, come ognun sa, fu sempre uno degli
scogli pi ardui della legislazione penale, poich, guardandolo dal punto
divista del diritto, non v' chi non possa scorgervi un reato che offende
la sicurezza generale e individuale; ma dal punto di vista delle con-
venienze e delle consuetudini e delle cause impellenti, non diffcile
trovare chi lo giustifica od almeno lo scusa e lo tollera. Tacerne nel
codice (come taluno ha proposto) era impossibile, dopo le conseguenze
che produsse in Francia il silenzio della legge ; poich da prima fu
creduto che il" silenzio significasse impunit; poi, per reazione, fu
seguita la teorica opposta e si disse che non facendosi degli omicidj e
delle lesioni in duello un reato speciale, era manifesto che si dovessero
applicare le disposizioni generali, e si cerc anzi di applicarle con ogni
rigore.
Ma fu dimostrato dagli scrittori, e pi ancora dalla coscienza ge
nerale e dalla giurisprudenza pratica, che questa via mal sicura, ed
anzi essenzialmente ingiusta, perch si vorrebbe prescindere dallo spe
ciale impulso che conduce ai duelli, che un sentimento (esagerato, se
vuoisi, sino al pregiudizio, ma appunto perci pi imperioso), pel quale
chi si crede offeso nell'onore si vuol riabilitare incontrando persino il
pericolo della morte, per infliggere all'offensore quello ch'egli reputa il
meritato castigo; e si vorrebbe prescindere inoltre dalle circostanze di
fatto d'indole specialissima che danno al duello un carattere ben diverso
da quello d'ogni omicidio o lesione, e sono i palti di una precederne
convenziono per cui le due parti s'accordano di battersi, in certi modi
e tempi, con certe armi, e fino ad un detcrminato effetto. Dica-i pure
che son patti contro ragione e riprovevoli, coi quali si usurpa il diritlo
della societ e l'ufficio delle leggi, e si offende la morale, e la reli

eo
gione; ma ad onta di tutto ci la situazione di fatto di colui che uccide
in duello essenzialmente diversa da quella di chi . uccide per vendetta,
per lucro, per impeto d'ira, per spirito di parte e via dicendo. Nessuna
meraviglia adunque, se al tentativo di assimilare il duellante all'assassino,
fu risposto per lo pi con l'assoluzione s dai giurati che dai giudici; e
se anzi ne deriv una estrema difficolt nella istruzione stessa de' pro
cedimenti, ne' quali di solito ogni prova sottratta dalla pertinace reti
cenza, e dalle pi impudenti denegazioni persino del ferito e dei suoi
aderenti. Si videro persone onorevoli deporre manifestamente il falso
per occultare un duello ; medici e chirurghi degnissimi mentir sulla
causa della ferita e della morte 1
La sola opinione pubblica, non il codice penale, pu adunque estir
pare il duello dalla societ odierna; e }o prova l'Inghilterra, dove, caduto
in dispregio, scomparso. Quanto a noi, non possiamo prescindere dall'accetiare le condizioni del paese. Il duello esiste ancora in Italia; pur
troppo anzi il pregiudizio non tende ancora a dissiparsi ; e bench non
sia mai uscito da certe classi sociali e non abbia mai invaso il popolo
propriamente detlo, esiste ed impera, e rapisce ogni anno non poche
vittime.
Non trattasi adunque di punirlo di pi o di meno. Come il rigore,
cosi la rilassatezza hanno fatto la lor prova infelice. Trattasi di correg
gere, di rettificare le opinioni, di sceverare la vera essenza del reato
dalle influenze che ne offuscano il giudizio e vi danno un erroneo indi
rizzo; e, se possibile, prepararne l'abolizione.
Ecco il tentativo che, con buone intenzioni al certo, si fatto nel pro
getto. Non v' duello, se non osservate quelle regole che, col nome, per
verit troppo fastoso, di scienza cavalleresca , son passate per consuetu
dine imperiosa tra gli eredi di que' nostri padri che (riparando forse al
difetto di legislazioni insufficienti) ponevano ogni questione sulla punta
della spada. La legge non fa sue queste regole, n le approva; ma non
pu disconoscere la condizione di fatto che ne deriva, e deve anzi
procacciar di giovarsene. questo l'officio delle leggi prudenti; tra le
difficolt suscitate dalle circostanze di falto, trarre in salvo l'osservanza
del diritto. Or fra le regole v' questa, che non ogni controversia pu
.essere risoluta per via delle armi, ma soltanto certune, e accompagnate
da certe condizioni. E come l'imputato di furto non pu al certo preten
dere di sfidare il derubato, cosi neppur certe ingiurie o provocazioni
danno luogo al duello. Questo giudizio preliminare eia un tempo attri
buito a una cosi detta corte d'onore, in cui persone autorevoli e

61
prudenti , vagliate le particolarit del caso, decidevamo se il provocato
dovesse o no accettare o domandare il duello. Se il giudizio era che non
si potesse ricorrere al duello, il combattimento, the non pertanto avesse
avulo luogo, era considerato disonorevole; che quanto dire che i com
battenti ricadevano sotto l'impero della legge comune; ammesso, ben
inteso, che questa s'applicasse.
La proposta di creare de' giur o corti d'onore, a cui sottoporre ogni
controversia di tal genere prima di passare al duello, stata diffusa, ed
accolta; e dove funzionarono e funzionano (specialmente in Germania),
i duelli sono scemati e le amichevoli composizioni s'accrebbero. Chi
si batte in duello, prima di ricorrere al giuri d'onore, o contro il suo
giudizio, surroga il proprio risentimento allo spassionato esame della
controversia; epper, non dee poter invocare que' riguardi e quelle at
tenuanti, che il duello lealmente fatto ha pur sempre meritato, al para
gone dell'omicidio o del ferimento vol-are. Kgli vuole insomma pi il
sangue del suo avversario che la riparazione del suo onore, e ben merita
allora che la legge non gli sia benigna. Fu oppostole parrebbe quasi
naturale) che la legge non possa parlare d'un giur d'onore, il quale
decide che il caso ammette riparazione con l'armi, senza tener poi
responsabili cotali giudici dpi duello che si combatte, o senza assolvere
. i duellanti. Ma non vero ; i due avversarj hanno intenzione di risolvere
con l'armi la questione che li agita; il giuri non li spinge, non li eccita,
ed esamina anzi se per avventura la controversia non possa comporsi
altrimenti. Venuti meno questi tentativi, riconosce che il duello pu
aver luogo. La legge accetta questo giudizio come un l'atto, quel fatto
medesimo che gi in tutte le legista, ioni stato ammesso, trattarsi
cio di una controversia che spinge i contendenti l'uno contro l'altro;
se non che, per temperarne la foga, non vuole che tal giudizio lo faccian essi , offuscati dalla passione, ma uomini estranei ed imparziali.
Nessuna delle forme di complicit o di provocazione s'adatterebbe a
questo caso; e il rinunziare ad un beneficio per un rigore di logica,
sarebbe contrario ad ogni prudenza legislativa.
%
Oltre a questa primn regola, che esclude i duellanti dalle minora
zioni stabilite per gli omicidj, e le lesioni in duello, se la controversia
non fu prima deferita ad un giur d'onore, o se questo ha deciso che
poteva essera allrnenti composta, altre ne furono aggiunte, tutte ten
denti a impedire che il duello si traduca in una rissa atroce e mici
diale, invece di essere un mezzo, per quanto punibile, di riparazione
d'onore. E sono queste: se le condizioni del combattimento non siano

>

6.2
stale precedentemente regolate da padrini o secondi. Senza di essi infatti
troppo naturale doversi attendere dal risentimento e dallo spirito di
vendetta de' contendenti che l'uno imponga all'altro le condizioni pi
terribili. E similmente se il combattimento non segua alla presenza dei
padrini o secondi che appunto sono i custodi de' patti stabiliti; se le
armi adoperate non siano uguali; ed anzi tra le armi alcune solamente
sono ammesse. Chi riconoscerebbe un duello tra due che combattessero
colle scuri o colle forche? Epper debbono essere spade, sciabole o
pistole (ugualmente cariche), esclude tra queste quelle di precisione.
E por lo stesso motivo ed anzi a maggior ragione, se nella scelta delle
armi o nel combattimento vi sia stata frode o violazione delle condi
zioni pattuite e regolale; la qual disposizione s naturale, che gi si
legge in molti codici, e si potrebbe persino supplirvi pei principj gene
rali; e se nel duello a pistola i duellanti non siano stati trattenuti
dalla barriera a sedici metri almeno di distanza, e in ogni caso, ad
una disianza maggiore di quella in cui il colpo quasi sicuramente
micidiale, e che dicesi punto in bianco dell'arma. Ma olire a ci venne
accolta, sull'esempio del codice recente della Confederazione germanica
del Nord, una disposizione molto radicale, quella cio d'esci uderer il
beneficio delle attenuazioni concedute ai duellanti qualora sia stalo
espresso il patto, o risulti dalla specie di duello, che uno de' duellatiti
debba rimanere ucciso . Il duello all'ultimo. sangue un omicidio feroce,
perch preveduto, premeditato, voluto fino al punto che il ferito
costretto a battersi ancora fin che riceve la morte, o compie, con la
morte dell'altro, la sua vendetta. Messa cos a patti, e stabilita formal
mente la morte di uno dei due duellanti, la legge non pu pi vedervi
un mezzo di riparazione d'onore, ma un vero e proprio assassinio; c
come esclude le attenuami pel duello, allorch per le armi o la vici
nanza l'omicidio probabile, per logica necessit e con altrettanta
giustzia, la deve escludere quando l'omicidio cos certo che persino
pattuito.
Finalmente, e sempre per servire al medesimo ordine di idee, le
disposizioni sul duello non furono ammesse per coloro che, essendo
estranei alla con'rovrsia, si battono in luogo di una delle parti, facendo
professione di spadaccini, o per prezzo o per soddisfare al funesto vanto
di saper uccidere altrui. A costoro giusto applicare le regole ordi
narie, perch essi non sono duellanti, ma imprenditori di omicidj e
di ferimenti (art. .'190).
Quanto al duello in s stesso poi, il progetto, pur ammettendo, come

63
si detto, un sistema d'attenuazione, si tenne per lontano dalla
inconsulta benignit, o piuttosto rilassatezza del codice sardo. In queslo
l'omicidio in duello punito col carcere da uno a cinque' anni; le
ferite cos'ituenti crimine col carcere da sei mesi a due anni, e le altre
da sei giorni a sei mesi; nei casi poi in cui non vi fu ferita, il carcere
da sei giorni ad un mese; pene tutte commutabili nel confino (art. 589
e 590).
Quali conseguenze abbia prodotto questa debolezza della legge, ognuno
lo sa ; e se ne convincer ancor pi considerando che nel Veneto, dove
vige il codice austriaco che punisce il due'lo assai severamente e per
sino (in caso d'omicidio) col carcere duro da dieci a venti anni, il
duello un caso estremamente raro ed eccezionale, mentre nel reslo
del regno pur troppo assai frequente.
Quanto alla scelta delle pene fu creduto che tornassero convenienti le
pene pecuniarie e restrittive, esclusa l'interdizione dai pubblici ufficj.
La pena pecuniaria opportuna, perch il duello avviene sempre tra
persone appartenenti a classi facoltose od almeno in condizione di
soddisfare una multa, e con ci poi permesso di punire anche i
primi passi del reato, quali sono la sfida in chi la manda e in chi la
porta, e l'accettazione quando non s' ancor fallo uso delle armi (arti
coli ,"J80, 381 e 385). Tra le pene restrittive, secondo i principj generali
adottati , furono scelte la relegazione e la detenzione. E fu finalmente
esclusa l'interdizione dai pubblici ufficj, di cui invece il precedente
progetto aveva falla larga e severa applicazione, perch non par giusto
applicar una pena che tocca l'onore e la riputazione a coloro, che
appunto per un esagerato concetto dell'onore e della loro dignit,, si
inducono al duello.
Oltre i duellanti poi parve giusto punire anche i padrini o secondi,
perch sono parti essenzialmente necessarie a costituire il duello; e
senza essi non pu avvenire. Che se si teme che i duellanti non trovino
pi padrini o secondi, giov;i convertire il timore in speranza, poich
i duellanti debbono anche sapere che senza padrini essi cessano di essere
considerati come duellanti e vanno incontro alle pene ordinarie del
l'omicidio e della legione; sicch stretti da ogni parte potranno piuttosto
indursi a comporre la loro controversia in modo pi civile, che con
la spada o con la pistola. Per la stessa ragione poi la pena de'pndrini
scemata di un grado, se hanno contribuito a rendere meno gravi le
conseguenze del duello; e ne vanno esenti del tutto se riescono ad
impedirlo. Finalmente si aggiunta una pena (art. 387) per coloro che

6*
fanno pubblici ingiuria a taluno, o lo fan segno al pubblico disprezzo,
per avere ricusato di battersi in duello; che una sorla di coazione
a cui pochi sanno resistere e che diventa pi pericolosa e punibile.
ragionevole il temere che, per sottrarsi a queste disposizioni , i
duellanti si risolvano a portarsi all'estero per mandar ivi ad effetto
la loro convenzione conchiusa nel regno. In tale ipotesi non si po
trebbero applicare le pene anzidette, poich per i reati commessi
all'estero, e non interessanti l'ordine politico o il sistema monetario
del regno, non si procede che a querela di parie, come fu detto par
lando degli articoli 7 ed S del progetto. Fu pertanto espressamente
derogato a tali articoli, nel caso suindicato, come gi aveva provveduto
anche il codice sardo nell'art. 595.
Queste sono le norme sul duello. Esse segnano un progresso che non
sfuggir all'attenzione generale; poich senza prender di fronte un
comune errore, tendono a precludergli la via ed a stringerlo in terreno si
angusto, che debba tornar conto a' suoi fautori di rinunziare del tutto.
XIX. Molte altre pi particolari innovazioni contiene il progetto nelle
materie che succedono; giova ricordare soltanto quelle sull'arbitraria
rivelazione o soppressione di telegrammi da parte dell'impiegato dei
telegrafi (art. 399); le regole stilla prova della verit in caso di diffa
mazione, libello famoso ed ingiuria (art. 406-409), e sulla querela di
parie per muovere il relativo procedimento, e quindi anche per il caso
di offesa alla memoria di un defunto (art. 412); il riordinamento della
materia dei furti, dove, per rendere pi lieve il carico, ora eccessiva
mente grave, delle corti d'assise, venne resa correzionale la pena del
furto accompagna' o da una sola qualifica; ed anzi anche in quelli
doppiamente qualificati, se il danno inferiore a lire venti (art. 425).
Per ragioni pur troppo evidenti si trov necessario di aggiungere una
espressa disposizione concernente il ricatto (ari. 433-435). colpevole di
ricatto, dice l'art. 433, chiunque sequestra una persona per ottenere da
lei o da altri, come prezzo della liberazione, danaro, roba od obbliga
zioni, a favore proprio o di terzi da lui designati, ancorch non raggiunga
l'intento. A s grave reato corrisponde la gravit delle pene, che sono:
la reclusione a vita, se per effetto del sequestro, o delle lesioni, delle
sevizie o dei mali trattamenti usati, derivata la morte della persona
sequestrata ; la reclusione da ventuno a ventisei anni , se per effetto
dei mezzi suindicati son derivate alla persona sequestrata lesioni perso
nali d>lla specie che la legge punisce con la reclusione da cinque a dieci

65
anni; e la reclusione da undici a venti anni in tutti gli altri casi. Ma
qualora nell'occasione del ricatto sia intervenuto omicidio volontario
della persona sequestrata, per vendetta di non avere ottenuto o potuto
ottenere l'intento, il colpevole punito con la morte. Alle pene poi
aggiunta la speciale vigilanza della polizia (art. 434, 435).
Con queste disposizioni si mir a soddisfare un grave ed urgente
bisogno di talune in ispecie delle provincie del regno.
XX. Prima di chiudere questa rassegna si deve accennare come nel
capo della sommersione siasi provveduto anche a quel reato che direbbesi proprio di popoli barbari, se la cupidigia del guadagno non spin
gesse uomini scellerati per le vie pi malvagie, e che si denomina di
falsi fari. Questo reato consiste (art. 462) ncll'accendere dolosamente
de'fuochi sopra scogli, secche od altri siti che dominano il mare;
oppure dolosamente distruggere, rimuovere o far mancare in qualsiasi
modo le lanterne od altri segnali; e in generale nell'adoperare artifizj
idonei per far sorgere il pericolo di naufragi. Una disposizione conforme
leggesi soltanto nel codice delle Isole Jonie, e vuoisi notare che la sua
caratteristica non ist nell'aver procacciato il danno, ma nell'aver fatto
sorgere il pericolo ; epper la pena la reclusione da cinque a dieci
anni, ma fino a quindici se il naufragio avvenuto, ed a vita, se ne
derivata la morte di taluno.
E con lo stesso criterio, nelle disposizioni sui danneggiamenti, pre
veduto il caso, che si sarebbe dovuto credere impossibile, di chi lancia
od esplode contro convogli in corso sopra strade ferrate corpi contun
denti o proiettili (art. 470) ; il qual reato desta in ognuno il terrore e
l'indignazione, poich qualunque pi innocua ed onesta persona, bench
sconosciuta nel paese per cui passa, pu all'impensata trovarsi esposta
ai colpi di un nascosto ragazzaccio, che soddisfa ad un selvaggio diletto,
senza neppure la pi lontana probabilit di raggiungere uno scopo
determinato. E la pena per costui la prigionia da tre anni e sei mesi
a cinque anni ; ma qualora ne siano derivate o la morte o il ferimento
di qualcuno, o danni alla strada, alle macchine od ai veicoli, la pena
s'accresce, secondo distinzioni accuratamente stabilite (art. 469).
Questo per sommi capi il codice penale, nel quale, per quanto
si lin qui dimostrato , fu provveduto con scrupolosa diligenza a
rendere l'amministrazione pubblica pi efficace, e a tutelare pi ener
gicamente, ma sempre in conformit delle leggi di giustizia , l'ordine
e

fis
pubblico, le persone e le propriet. L'efficacia d'una legge non ist
nell'essere irta di pene da infliggere ad ogni pi sospinto; nel punire
comeJent'itivo di reato il mandato non accettato dal mandatario (cod.
sardo 1850, art. 99); come reo di Stato l'uomo, forse benemerito, che
accetta una pensione estera in tempo di pace (ivi art. 178); o come
colpevole d'omicidio chi per commetterlo usa mezzi non idonei, bench
prima avesse preparato gli idonei (ivi art. 536); o come colpevole
d'omicidio chi voleva solamente ferire (ivi art. 541, 542); non ist
nel proclamar co:Teo d'alto tradimento chi omette d'impedirlo mentre
lo poteva, o di denunziarlo all'autorit (cod. austr., 60, 61); o nel
punire di morte chi suscita una sollevazione per distruggere o alterare
la religione dello Stato (cod. toscano, art. 134), o col carcere fino a
cinque anni chi proferisce bestemmia con animo deliberato, e sino a
sei mesi chi la proferisce per abitudine o per impeto di collera (e con
quanto frutto ognuno che viva in Toscana lo sa) (ivi, art. 136); e nel
punir poi di pene gravissime chi cerca d'indurre altri a separarsi dalla
chiesa cattolica (ivi, art. 137); non ist finalmente nel punire colla galera
da dieci a quindici anni i socii di una societ segi eia (regolam. pontif.,
art. P6) ; nel dir reato il vendere il pegno di propria autorit (ivi,
art. HO); nel punire colla galera perpetua l'incesto e la sodomia (ivi,
art. 177 e 178) e via dicendo, ha legge allora buona quando con
veniente alle condizioni dello Stato, e, profittando de' progressi della
scienza, e funzionando pene che la coscienza pubblica ritiene propor
zionate alla gravezza della violazione dell'ordine 'sociale, fa convergere
tulle le forze al ben pubblico ed alla difesa del diritto pubblico e
privato.

CODICE DI POLIZIA PUNITIVA.

Intorno al carattere generale di questo codice, si gi discorso


nel principio di questo rapporto. In esso fu raccolto tutto quanlo
l'esperienza ha dimostrato pi giovevole al viver sicuro, quieto e civile,
s dal codice penale sardo, come dall'austriaco, dal regolamento di
polizia toscano e dalla legge di pubblica sicurezza, fattevi quelle cor
rezioni e mutazioni che la scienza e l'esperienza suggerirono , ed
aggiuntevi talune disposizioni nuove, della cui importanza sar ora
a parlarsi.

67
E per sgombrare un primo dubbio che potrebbe affacciarsi dal confronlo del primo articolo col primo articolo del codice penale, dicendosi
in questo die sono reati i fitti punibili, ecc. ed in, quello e' e sono con
travvenzioni i fatti e le omissioni punibili, ecc. giova considerare che
nel codice penale non si puniscono le omissioni, se non quando sono
dolosamente deliberate, o quando, per le conseguenze che ne sono
derivate, hanno il carattere di colpa grave; laddove nel codice di
polizia si puniscono anche le involontarie. Le omissioni insomma, di
cui tratta il codice penale, si po Irebbe io dire attive; quelle comprese
imi codice di polizia (e eh'.' costitui-cono una parte notevolis ima delle
i ontravvenzionii consistono in una vera e propria inazione. Ivi dunque
potevano e^sere comprese nella voce fatti; qui dovevano essere espres
samente nominate.
Gi In accennato a suo luogo che il carattere essenziale che distingue
la contravvenzione non la tenuit della pena. Certamente le pene sono
meno intense, e consistono nell'arresto, che la semplice privazione della
libert, nell'ammenda e nella sospensione dall'esercizio d'un'arte, di
una professione o di un ufficio (art. 5) ; ina l'arresto pu giungere a sei
mesi, l'ammenda a lire 500, la sospensione a tre mesi, opper sar ne
cessario coordinarvi nella pubblicazione Ih regole ?ulla competenza.
Ma una \olta ammesso che le differenze de'fatti punibili si abbiano a
dedurre dalla es.-enza loro, la questione di competenza dee seguire lo
-tesso cammino; e c>me nulla osta che certi delitti siano di competenza
de' pretori, cosi nulla si opporrebbe a far di competenza dei tribunali
talune contravvenzioni, per l'indole loro propria.
La distribuzione delle materie in questo codi> e la seguente:
Un libro 1, bench di pochi articoli, contiene le normf generali,
in quanto solamente differiscono da quelle del codice penale, che nel
rimanente s'intendono richiamate (art. 1-16); il libro 11 si occupa delle
cuntravvenzioni e della loro punizione in particolare, ed diviso in
sette titoli.
Il tit. I tratta delle contravvenzioni contro l'ordine pubblico, cio il
rifiuto d'obbedienza all'autorit e l'inosservanza delle pene di polizia
(17-21), il matrimonio celebralo dal ministro di un culto prima del
matrimonio civile (22), le omesse notificazioni (23), l'usurpazione
di titoli e onori (24), il guasto, d'avvisi (?5), le pubblicazioni illecite
\2G-32), la violazione delle norme sulle professioni, licenze, passaporti
<:d alloggi (83-43), sulle monete e carie equivalenti *a moneta (44, 45)
e sui pubblici spettacoli e divertimenti (46-50).

68

Dopo l'ordine pubblico , cosi largamente inteso, viene la sicurezza


generale (titolo II); epper tratta dell'oziosit e del vagabondaggio
(51-54), dell'illecita mendicanza e delle collette (55-58), dei giuochi
d'azzardo (59-63) e delle associazioni e pubbliche adunanze (64, 65).
Largamente trattata la materia della sanit pubblica (titolo III) colle
norme sull'esercizio illecito e sul rifiuto di arti salutari (66, 67), sui
provvedimenti per impedire la diffusione delle malattie contagiose (68),
sui medicinali guasti e le vettovaglie (69-73), sui veleni (74-78), sulla
inumazione de' cadaveri (79-83) e sulle esalazioni nocive (84-88), ag
giuntavi una disposizione generale destinata a riempiere le lacune
lasciale da varie leggi in materia di sanit (89). Siccome per ornai
compilata una nuova legge sanitria generale , questo ttolo potrebbe
anche essere eliminato o posto fuori di vigore.
Alla salute segue la morale pubblica (titolo IV, 90-93), la pubblica
quiete (i itolo V, 94-96), la sicurezza della vita e dell'integrit personale
(titolo VI, 97-102) e finalmente la propriet pubblica e privata (titolo VII)
considerata nelle deturpazioni, nei guasti ed ingmbri (103-106\ nei
provvedimenti per prevenire i furti e scoprirli (107-118) e nei danneg
giamenti e pericoli all'altrui propriet (119-121).
Cos tutto il campo vastissimo della tutela sociale, in quanto rap
presentata dalla repressione e dalla prevenzione, percorso e regolato.
Senza esaminare le singole disposizioni baster soggiungere alcune
considerazioni intorno a quelle contravvenzioni di cui non parlano, od
imperfettamente le leggi vigenti, e sono: 1 0 il matrimonio celebrato dal
ministro di un culto prima del matrimonio civile (art. 22); 2" talune
pubblicazioni illecite (art. 26, 32, 35 e 36); 3" le collette (art. 58) ;
4 le associazioni e le pubbliche adunanze (art. 64 e 65).
I. Del matrimonio. La proposta di assicurare maggiormente l'osser
vanza del matrimonio civile, vietando al ministro del culto di celebrare
prima di questo il matrimonio ecclesiastico, era stata fatta e discussa fino
da quando si compil il codice civile; ma mentre i compilatori dei codici
francesi, quasi presaghi della reluttanza del clero contro i nuovi principj,
non esitarono a proibire di subito al sacerdote di procedere alle cerimonie
religiose di un matrimonio senza essersi prima assicurato che fosse gi
conchiuso il matrimonio civile, l'Italia volle fare a fidanza e sperare che il
matrimonio civile sarebbe tosto e dappertutto rettamente compreso, e
obbedientemente, anzi spontaneamente, accettato. Nei motivi del eodce
penale francese dicevasi: I ministri che procedono alte cerimonie

69
religiose di un matrimonio senza che questo sia stato loro giustificato
dall'atto di matrimonio ricevuto dagli ufficiali dello stato civile, com promettono evidentemente lo stato civile delle persone idiote, tanto
pi disposte a confondere la benedizione nuziale coll'atto costitutivo
del matrimonio, in quanto che pur dianzi il diritto d'imprimere al
matrimonio il suggello della legge stava nelle mani di questi ministri.
Importa che s funesto errore non si perpetui. Ebbene; questa
previsione cosi naturale, e molto pi per l'Italia, che per tante ragioni
doveva temere che il clero si mettesse a combattere 1' ^istituzione del
matrimonio civile, fu considerata con quello spirito di eccessiva benevo
lenza e fiducia che ha presieduto a tutta la nostra riforma civile e
politica. L'ufficio centrale del Senato infatti, riferendo intorno al codice
civile, riguard come meramente ipotetica la resistenza contro il matri
monio civile, e opin che per un male ipotetico non fosse il caso di
stabilire preventivamente un rimedio merc la sanzione penale. Tuttavia,
quando l'esperimento venisse a dimostrare (cos la relazione dell'ufficio
centrale, del senatore Vigliani) che si abusasse dell'ignoranza o sem
plicit de' cittadini per indurli a non curare l'osservanza delle forme
civili del matrimonio, e ne risultasse grave perturbazione nello stato
delle famiglie, sarebbe facile allora recarvi riparo con severe coercizioni.
Conchiudeva per, che queste dovevano essere non gi nel codice civile,
ma nel penale. E gli stessi pensieri esprimeva poi in altra occasione il
senatore De Foresta, relatore dell'ufficio centrale sulla legge d'unificazione
legislativa; sicch, questi principj rimasero, a cos dire, in riserva, per
essere applicati al verificarsi della condizione. E pur troppo qui , come
nel Belgio, dove ersi fatto il medesimo esperimento, non tard a pa
lesarsi il male. Dai rapporti pervenuti cosi al ministero di giustizia,
come alla direzione generale di statistica, risulta che grandissimo,
massime in certe provincie, il numero de'matrimonj religiosi non ac
compagnati dal matrimonio civile. Difficile sarebbe precisar questo
numero, poich il clero* non tenuto a manifestare quanti matrimonj
religiosi vengono celebrati, sicch il raffronto diviene difficile, per nondire impossibile- Ma dalle verificazioni che alcuni uflicj del pubblico
ministero hanno instituite, risult quanto basta per poter affermare che
in Italia esistono ora parecchie migliaia di matrimonj religiosi non ac
compagnati dal matrimonio civile; che quanto dire, vi sono migliaja
di concubinati e di figli illegittimi autorizzati dalla Chiesa. facile im
maginare le conseguenze morali e civili di siffatto disordine sociale.
Un solo scrupolo potrebbe consigliare di non tenerne conto; quello

70
cio die il legislatore, occupandosene, verrebbe quasi a riconoscere
nel matrimonio religioso una esislenza giuridica, laddove (utto lo spirito
della legislazione civile di prescindere, nei rapporti civili, da lutti gli
atti che hanno un carattere meramente morale e religioso. K in quel
modo, dicono alcuni, die il concubinato non un delitto (se non in
clude adulterio), cos nulla vi aggiunge il fatto d'aver obbedito alle leggi
ecclesiastiche, celebrando il matrimonio religioso. Vi sar, dicesi, un
concubinato; ma non vietalo dalla legge civile; e meno illecito al certo
che se mancasse eziandio della benedizione del sacerdote. Ma a lutto
questo pu rispondersi che il legislatore non aggiunge nulla ad un fatlo,
allorch lo prevede come punto di partenza per le sue disposizioni. Il
matrimonio religioso csisle, bench il legislatore non se ne occupi; ma
poich quando precede al matrimonio < i vile pu nuocere a questo, che
l'insiituzione dello Siato, e la base della famiglia rivii <. ; e poicl' o
per ignoranza, o per suggestioni, o per ostilit, o per pregiudizj pu
avvenire che rechi nocumento all'ordinamento della famiglia ed ai diritti
e doveri che vi sono inerenti: cos lo Stato, nel comandare che il ma
trimonio civile preceda, non fa che impedire che la sua propria instituzione rimanga offesn. dunque nel suo pieno diritto; e senza spingersi
fino a punire gli sposi (ch sarebbe una contraddizione il punire in essi
un atto, con cui, per le loro convinzioni religiose, acquietano la coscienz;*,
mentre non si punisce il mero concubinato) lo Stato pu legittimamene
proibire al minislro del culto di celebrare il matrimonio prima del
matrimonio civile. Co>i la Francia ed il Belgio, e cosi recentemente
anclse la Confederazione germanica del Nord, non hanno esitato a sta
bilire nei loro codici. E per sembrato che possa bastare la pena
pecuniaria; sicch l'ari. 22 dispone: // minislro di un culto che
celebra il matrimonio ecclesiastico fra due persone non ancora unite
in matrimonio enn le forme stabilite dal codice civile, punito con
l'ammenda dn centoventi a cinquecento lire. E giova sperare che il
male cessi senza bisogno di rigore; poich * tanfo vero che nessun
danno viene alla Chiesa dal comando del legislatore, che molti sacerdoti
di onesto sentire insistono gi fin d'ora essi medesimi nel consigliare
agli sposi di premetlere il matrimonio civile al religioso.
II. Di talune pubblicazioni illecite Fra le disposizioni che con
cernono le pubblicazioni, sar, senza dubbio, riconosciuta come utilis
sima quella dall'art. 27 che punisce chi smercia o diffonde atti di
procedura o relazioni di dibattimenti o di parti di essi, prima che la

71
sentenza relativa sa stata Ielta in pubblica udienza. Certamente la
pubblicit dei dibattimenti un istituto politico a cui non si vorrebbe,
rinunziare; ma non chi non deplori l'abuso che si fatto e si fa ogni
giorno della diffusione mediante la stampa dei cos detti resoconti, senza
guarentigia ufficiale e piuttosto a solletico e soddisfazione di una curiosit
aturale ne'casi circondati di interesse quasi drammatico e forse anche
di orrore, che per concorrere ad alcuno dei fini pei quali la pubblicit
stabilita. Ed anzi, per questo appunto l'abuso si deplora dalle persone
pi autorevoli e serie, che cotali pubblicazioni, spargendo, spesso ine
sattamente e sempre poi in modo incompleto ed involontariamente
parziale, le cose dette giorno per giorno ne'dibattimenti, e massime in
quelli di lunga durata, riescono a fuorviare e talora persino a sopraffare
la coscienza dei testimoni, dei giurati e dei giudici, per guisa da para
lizzare le cautele istesse ordinate dal codice di procedura penale per
far si che nei giudizj si svolga puramente la verit, senza pressioni e
senza idee preconcette.
Ugualmente conforme al rispetto verso l'autorit giudiziaria la di
sposizione degli articoli 30 e 31 che puniscono con 1 ammenda da ses
santa a cento lire chi smercia o diffonde stampati o disegni, dopo che
Vautoril competente ne ha ordinalo il sequestro; e con l'arresto da otto
giorni ad un mese chi riproduce col mezzo della stampa scritti, stam
pati o disegni pei quali fosse gi stata" pronunziata condanna divenuta
irrevocabile.
E circa il modo di smerciare o diffondere stampati osservabile
la disposizione dell'art. 35, per la quale vietato gridar per le vie il
contenuto vero o supposto di giornali o stampati. Pu esserne annun
ziato solamente il litolo; ed gi una tolleranza di cui molti si lagnano
dal momento che non mancano mezzi e luoghi di spaccio de'giornali
e stampati, senza bisogno di aggiungervi la molestia -dell'annunzio. Ma
la ragione della legge naturalmente pi alta ; poich nessuno ignora
come, specialmente in tempi di avvenimenti assai gravi che eccitano la
pubblica ansiet, il diffondere per le vie con grida notizie pi o meno
l'ondale e talora del tutto erronee, bench in buona lede, possa essere
cagione di apprensione e di disordine.
E similmente, in materia di stampati, parve utile, per gli ammae
stramenti dell'esperienza, ripristinare la disposizione che gi trovavasi
nella legge di pubblica sicurezza del 1859 e che ne fu levata poco
cautamente nella revisione fattane nel 1865, per la quale cio, la ven
dita in luogo pubblico di stampati e disegni non pu farsi se non

72
dopo decorse due ore dal deposito fattone all'autorit competente in
conformit della legge sulla stampa (art. 36). 11 deposito, dice quella
legge, dee farsi al momento della pubblicazione; anzi, rispetto agli
stampati non periodici, non si esprime neppure cosi (art. 8); per guisa
che la consegna potrebbe anche avvenire pi tardi. Or la pubblicazione
segue allorch lo stampato esce dalla stamperia per essere distribuito",
inviato alla posta, messo nei magazzini, ecc. ; ma questi atti non hanno
ancora quel carattere di pericolo, contro cui dee vegliare la legge; ed
uno stampato, bench contrario alla legge penale, potrebbe mandarsi al
domicilio degli acquirenti o porsi negli scaffali de'libraj, senza che ne
sorgesse pericolo per l'ordine pubblico a cui non fosse sufficiente ri
paro 1' azione penale, bench esercitata pi tardi. Ma non cos della
vendita in pubblico; v pericolo nel ritardo; l'azione penale dee poter
esercitare l'officio suo, che d'impedire il male che si pu temere
dalla diffusione, e di punire chi ne responsabile. Ove non vogliasi
pertanto che il pubblico ministero proceda o con dannosa precipitazione,
o troppo tardi, e togliere cosi alla legge la sua efficacia, mestieri
che egli abbia un termine nel quale possa almeno almeno porsi in
grado di esaminar lo stampato, e dare le disposizioni necessarie. Dal
1859 al 1865 questo termine era stabilito, e non mancarono per questo
gli stampatori di esercitare e con frutto la loro industria. La sola diffe
renza stava in ci che l'azione del ministero pubblico non era, come
spesso divent di poi, infruttuosa.
111. Collette. L'art. 58 punisce chi raccoglie per qualsiasi fine, senza
permesso dell'autorit di pubblica sicurezza, sottoscrizioni od obblazioni,
sia di danaro sia di oggetti aventi un valore pecuniario. La pena una
ammenda da 60 a 300 lire, oltre la confisca del prodotto delle obbla
zioni a favore di opere pie. A chi volesse scoprire in questa disposizioni'
uno spirito contrario alla libert sarebbe facile rispondere prima di tulio
che non trattasi d'altro che di notificare all'autorit il progetto di rac
cogliere cotali sottoscrizioni od obblazioni, laonde sarebbe assurdo il
credere che se avessero una destinazione lodevole, p. e. di soccorrere
taluno in casi di calamit, o concorrere ad un'opera pubblica importante,
e simili, l'autorit volesse negare il permesso; e in. secondo luogo che
di codesta libert di raccogliere offerte ed oboli fu spesso fatto uso
contro le nostre istesse istituzioni. L'esperienza poi ha suggerito- di
aggiungere al precedente progetto una disposizione che tende ad impe
dire che tali offerte siano adoperate ad eludere i giudicati dei tribunali

73
e ad offendere la dignit e l'imparzialit della giustizia. Vieta pertanto
il 2 di quel medesimo art. 36 d'accordare il permesso , allorch le
sottoscrizioni od obblazioni abbiano per iscopo di risarcire la perdila
di una cauzione o di pagare una malia, ammenda od indennizzazione
dipendenti da condanna per reati o contravvenzioni. Il contravventore,
cio colui che raccoglie le sottoscrizioni od obblazioni a tale scopo,
punito con l'arresto sino ad un mese e con l'ammenda da 120 a
300 lire.
IV. Associazioni ed adunanze. La disposizione degli articoli 64
e 66 sulle associazioni e pubbliche adunanze merita una speciale atten
zione. Si tratta di porre in atto completamente l'art. 32 dello Statuto,
come si posto in atto l'art. 28. Si l'uno che l'altro proclamano un
principio astratto: La stampa libera (art. 28); riconosciuto il di
ritto di adunarsi pacificamente e senz'armi (art. 32); ma s l'uno che
l'altro aggiungono tosto entro quali limiti il principio ammesso. L
stampa libera; ma una legge ne reprime gli abusi. riconosciuto il
diritto di adunarsi pacificamente e senz'armi; ma uniformandosi alle
leggi che possano regolarne l'esercizio nell'interesse della cosa pubblica.
Anzi si aggiunge : Questa disposizione non applicabile alle adunanze in
luoghi pubblici od aperti al pubblico, i quali rimangono interamente
soggetti alle leggi di polizia.
Non la prima volta che si cercato di dare esecuzione a codesto
articolo 32 dello Statuto, e non mestieri ricordare in quali circostanze
dolorose se ne sia fatto sentire maggiormente il bisogno. L'art. 32
parla del diritto di adunarsi, quello che suolsi comunemente dire di
ritto di riunione, e distingue : o la riunione avviene in luoghi pubblici
od aperti al pubblico, ed interamente soggetta, come i luoghi stessi,
alle leggi di polizia ; o avviene in luoghi privati, ed bens riconosciuto
il diritto; ma gli adunati debbono uniformarsi alle leggi che ne possano
regolar l'esercizio. La riunione poi manifestamente di natura tempo
ranea, transitoria; non un fatto durevole. Che se gli adunati stipulano
de' vicendevoli legami, riconoscono una organizzazione, ed hanno uno
scopo di natura sua permanente, od almeno di una certa durata, l'adu
nanza si trasforma in associazione. Ammettasi pure che nel diritto"di
riunione sta racchiuso il diritto di associazione, perch infine l'associa
zione una forma, un modo, della riunione; ma rimane pur sempre
che l'art. 32 dello Statuto, il quale esige che per esercitare il diritto
di riunione si osservino le leggi che ne possono regolare l'esercizio,
e*

74
vale anche, ed anzf pi, pel diritto di associazione; ossia che se per
adunarsi debbonsi obbedir delle leggi, molto pi per associarsi. Che se
taluno, schermendosi a parole, volesse sostenere che cotali leggi re
strittive sono unicamente riferite dall'ari. 32 al diritto di riunione,
sarebbe facile rispondere prima di tutto che contraddirebbe cori s
medesima la legge, qualora non applicasse al pi ci che ritiene appli
cabile al meno ; poi, con uguale arme di parole, che se l'art. 32 ri
conosce il diritto di riunione, vuol dire che non ammette quello
d'associazione.
A voler essere logici, e corrispondere alle intenzioni che dettarono
l'art. 32 dello Statuto, senza violare lo spirito di tutte le libert civili,
forza convenire che il meno che si possa concedere allo Stato, in ma
teria di adunanze e di associazione, si che egli ne sia informato. la
medesima cosa che per l'esercizio della libera stampa. Sia pur libera;
ma poich una legge ne dee reprimere gli abusi, ben necessario chc
chi incaricato di applicarla, venga informato delle pubblicazioni che
si fanno, con la presentazione del primo esemplare. L'adunanza, e pi
ancora l'associazione occulta, sarebbero evidentemente in contraddi
zione col principio stesso proclamato dallo Statuto, dal momento che
lo Statuto istesso d allo Stato il diritto (che quanto dire il dovere,
poich lo Stato non esercita diritti se non per l'interesse della cosa pub
blica, ch'egli deve tutelare) di regolare l'esercizio del diritto di riunione,
ed anzi lo abbandona persino in sua balia quando la riunione si tenga
in luoghi pubblici od aperti al pubblico.
Questo il concetto espresso negli articoli 64 e 65. Chi rappresenta
un'associazione qualunque la dee notificare all'autorit di pubblica sicu
rezza del luogo in cui risiede, indicando lo scopo di essa e il luogo e
tempo delle adunanze. E chi intende promovere adunanze di pi persone
da tenersi in luoghi pubblici od aperti al pubblico, dee darne notizia
all'autorit di pubblica sicurezza dei luoghi medesimi almeno ventiquatlr'ore prima, indicando il luogo e l'ora in cui si terr l'adunanza.
Naturalmente poi, come gi prescrive la seconda parie dell'art. 32 dello
Statuto, l'autorit di pubblica sicurezza pu mettervi delle prescrizioni;
ma unicamente nel senso di render possibile la sorveglianza che ha di
ritto di esercitare; e, p. e., che si parli lingua del paese; che l'adu
nanza abbia luogo di giorno e simili. Oltre a ci all'adunanza nessuno
pu intervenire armato bench autorizzato a portar armi. E queste di
sposizioni sono assicurate da pene, lievi in s stesse, ma sufficienti se
si consideri che le adunanze non notificate o tenule in contravvenzione

75
alle prescrizioni dell'autorit di pubblica sicurezza possono essere sciolte
con le forme stabilite a tal uopo.
Non difficile comprendere come queste discipline sul diritto di
riunione e di associazione rappresentino veramente il minimo pos
sibile che lo Stato ha facolt di chiedere. Che anzi vi si rinunzia a
quel diritto, che pur risulta dal citato art. 32 dello Statuto, di regolare
anche le mere riunioni in luoghi privati; sicch tutto si risolve nel
regolare quelle tenute in luoghi pubblici od aperti al pubblico, e quanto
alle private nel regolare sol quelle che hanno il carattere di associazioni.
E tutto poi si limita ad una mera notizia, non gi alla domanda di
un permesso, il qsale gi dato dallo Statuto che riconosce il diritto;
notizia che non ha altro scopo che di porre lo Stato nella condizione
di adempiere alla sua grande missione di vigilare e prevenire.
E tal missione, non vi pu essere dubbio, potr viemeglio adempiersi
con la osservanza di questo codice di polizia, dove non altro si cercato
che di porre la libert in armonia con la tutela dell'ordine pubblico, in
tutto ci che, per abuso, potrebbe nuocere alla comune sicurezza, anche
senza offendere il diritto altrui.
Non perci necessario un pi minuto esame delle molte e partico
lareggiate discipline relative alla sanit, alla morale , alla quiete ,
alla integril personale ed alla propriet. Di talune materie si potr
ancora tener conto nell'opera di coordinamento che sar indispensabile
a farsi con la legge di pubblica sicurezza, anche per determinare fino .1
qual punto questa continuer a sussistere; e con la legge provinciale e
comunale, da cui pure scaturisce la facolt de' municipj di stabilir
pene di polizia e di igiene. E del pari si potr allora considerare se ed
in quanto il provvedimento dell'ammonizione di certe categorie di per
sone sospette possa rimanere nella legge di pubblica sicurezza, come
un efficace ausiliario del sistema punitivo, proprio del codice di polizia,
nel quale l'elemento, del sospetto, giustificato da precedenti condanne
od ammonizioni, stato utilizzato unicamente (come doveva) per accre
scere la pena di certe contravvenzioni (art. 41, 115).
Intanto il progetto segna al certo un passo notevole nell'esercizio della
pi nobile attribuzione del potere, che di prevenire , ed impedire il
male. Fu detto per gran tempo che una legge di sicurezza pubblica
impossibile, perch la prudenza dell' autorit politica non deve n
pu ricevere discipline e regolamenti. Questo progetto per dimostra
come siffatte teoriche, inventate in tempi di ben altre istituzioni

76
politiche, non sono per noi, e non ad altro tendevano che a nascon
dere l'arbitrio. A noi spetta di dimostrare invece che sappiamo difendere
l'ordine pubblico con la legge e per la legge.
Del resto, nel chiudere questo rapporto, giova ripetere un concetto
gi espresso fin dal principio. Un codice di certo un'opera di scienza,
come un'opera di morale, perch non pu contraddire n all'una n
all'altra ; ma esso rivolto ad intenti pratici nell' interesse del corpo
sociale e dell'amministrazione dello Stato; Sotto questi aspetti esso
uno strumento destinato a concorrere al miglioramento generale della
cosa pubblica e della societ.
Perci chi volesse assolutamente riescire a far di un codice un libro
di scienza, non altrimenti di chi volesse farne un libro di morale, otter
rebbe un risultato d'importanza meramente dottrinale e teoretica, e
difficilmente darebbe soddisfazione a tutte le ragioni per le quali il
codice fatto. Combinare, per via di reciproche transazioni, la scienza
e la pubblica utilit, dev'essere l'intento del Governo; e quando sembri
che questo progetto lo abbia raggiunto, non potr mancargli l'appro
vazione di Vostra Eccellenza e del Parlamento. Allora soltanto sar
chiusa e compiuta l'unificazione legislativa, e resa una verit la ugua
glianza de' cittadini dinanzi alla legge.
Con profondo rispetto
Firenze, dicembre 1 870.

Per la Commissione
Filippo Ambrosoli, Relatore.

PROSPETTO STATISTICO dei reati punibili colla pena di


morte o colla pena de* lavori forzati a vita, commessi
in Italia 0 nel ventennio dal 1850 al 1869.

(V. pag. SI del Rapporto).

0 Non compreso il territorio di Roma provincia.

7*

AV VERTIMENTO.

Tutte le volte che sorge il quesito intomo alla pena di morte, ragionevole che si
vada investigando quali siano i dati statistici relativi a quei fatti che, secondo la
legge , ne sono o ne dovrebbero essere colpiti , e che perci vanno designati col
nome di reati capitali.
Le notizie statistiche per non hanno , n possono avere importanza reale , se non
quando abbracciano un periodo di tempo sufficientemente lungo; perch nella vicenda
delle varie cause che producono i particolari fenomeni de' singoli anni , si possa co
gliere quell'andamento normale e medio, di cui soltanto pu tener conto il legislatore.
Egli deve infatti, con le sue leggi , provvedere a lunghi periodi di' tempo , ne' quali
logicamente presumibile che lo stesso medio e normale andamento durer costante.
Ma nel raccogliere le notizie statistiche si sono incontrate speciali difficolt; e ba
ster accennare le seguenti, enumerate gi anche nel voi. II dei processi verbali:
1 La diversit delle legislazioni penali che avevano vigore in Italia. Erano sette:
sarda, austriaca, parmense, estense, pontificia, toscana, napoletana; ed ognuna aveva
scritta tra le pene quella di morte (abolita poi nel 1859 in Toscana), ma per casi
diversi di natura e di numero. Il codice sardo 20 novembre 1859 entr in vigore in
buona parte d'Italia nel 1860; e fu poi esteso anche alle Provincie meridionali eoa
decreto luogotenenziale 17 febbraio 1861. Rimasero per in vigore in Toscana il
codice 20 giugno 1853, e nel Veneto il codice austriaco 27 maggio 1852;
2 La diversit dei sistemi vigenti nei singoli Stati d'Italia per raccogliere ed
ordinare le statistiche giudiziali;
3 Le vicende politiche che portarono la creazione di tribunali e commissioni
eccezionali militari o miste, non solamente per reati politici, ma anche per altri reati
aventi carattere di comune pericolo , come le rapine e grassazioni con omicidio, le
ribellioni, sollevazioni, pubblica violenza e bande armate, specialmente nella Lombardia,
nel Veneto, nelle Romagna, in Toscana, durante il dominio o l'occupazione austriaca,
e nelle Provincie meridionali, dove s'istituirono tribunali militari per il brigantaggio ;
4 Lo stato di guerra in cui si trovarono nel 1 859 il Piemonte e la Lombardia,
col conseguente contracolpo nel Veneto , che rimase a lungo in istato di assedio ,
d'onde passarono ai giudizj militari molte categorie di reati; lo stato di rivoluzione
nel 1 859 in Toscana, Romagne, Stati parmensi ed estensi ; la spedizione del generale
Garibaldi nel 1 860 , ed indi quella delle truppe regie nelle provincie pontificie, e da
ultimo la guerra del 1866, che uni il Veneto al Regno. Durante i quali grandiosi
avvenimenti, si per la deviazione delle menti e delle passioni, preoccupate delle imprese
nazionali, s per la sospensione degli ordinamenti regolari delle autorit e delle leggi,
anche l'azione della giustizia rest incerta, oscillante, e persino mal nota.
La conseguenza di queste osservazioni che i dati offerti dai prospetti qui uniti, rap
presentano per 'sola approssimazione la verit; ma in meno, anzich in pi; o in
altre parole, sono un minimum approssimativo.

70
j
'

DISTRETTI
DELLE
Corti d'appello

ESTENSIONE
in kilometfi quad.

POPOLAZIONE

1,934,711

1,396,092

1.268,580

866,828

999,764

1,040,591

998,766

1,173,259

2,425,018

S88.064

781,642

944,225

510,219

450,460

1,725,733

1,140,396

1,739,524

1,210,334

708,433

912,206

487,539

616,000

437,889

395,139

1,153,770

1,633,004

3,322,778

3,464,796

1,955,916

1,546,823

1,052,970

965,243

1,394,911

2,118,656

2,211,958

1,315,269

2,490,304

2,496,442

28,630,425

24,273,827

NB. Le cifre sono quelle del censimento generale del 1861, meno che per il
Veneto, per il quale si sono rilevate dalla statistica delle elezioni politiche
e amministrative per gli anni 1865 e 1866.

90
CRIMINALIT
Numero dei reati punibili colla .pena di n
DESIGNAZIONE
Nel primo decennio
dei
Distretti
1850 1851 1852 1853 1854 1855 1856 1857 1858 1859 1860 1861 186

44

35

53

44

65

55

49

82

81

55

63

81

6S

39

33

29

33

30

23

24

19

20

19

89

62

61

30

32

27

27

34

29

26

24

40 .

25

26

18

20

17

15

11

11

12

65

63

53

45 ' 36

29

29

28

26

32

23

20

20

17

11

14

11

13

15

14

15

18

17

10

11

20

13

18

16

21

13

19

25

17

10

12

51

48

Catanzaro .... 200

84

65

141

135

130

234

181

152

177

116

50

60

11

10

13

11

10

13

10

10

16

14

22

10

14

12

13

19

14

20

11

11

12

166

123

122

195

169

157

119

121

120

158

213

272

217

26

' 25

19

22

18

13

23

1.6

13

22

100

178

163

30

28

27

23

16

35

58

34

30

26

12

27

24

23

24

18

14

19

20

18

18

12

28

24

20

18

40

37

45

27

35

12

15

20

17

28

55

85

57

16

20

16

16

14

16

13

14

18

10

22

14

Totale . . . 786

586

568

659

659

582

682

632

611

643

793

955

845

fENIMIO

1850-1869.
Quantit
dell'aumento
n delli
diminuzione
nel
2 decennio
rispetto al 1

Uell'ingenere
TOTAI.K

decennio
tei
priai
feo 1866 1867 1868 1869 derennia

del
iernnda
derennin

dimitjri.trile attmrnln nttiinne

Proporzione colla popolazione


Oli
irhn
derennin

ieeldn

iri
'UH

lunule

Un reato per abitanti

78

65

67

66

563

639

1202

76

2479

2184

1 161

23220

57

57

38

26

269

508

777

239

3222

1706

1115

22300

23

24

24

25

294

200

494

94

3539

5202

2123

42460

10

12

12

75

116

191

41

23

27

32

25

406

225

631

181

1470

2673

933

1-8660

15

15

16

13

145

126

271

19

6744

7493

3497

69940

50

35

24

23

172

358

530

186

2618

1258

849

16980

94

86

94

81

1499

844

2343

655

7650

1351

4867

97340

IO

81

67

148

12

17

21

82 . 118

200

36

40

50

90

10

13

14

> 14

101

231

29

fc

13

10

11

16

106

130

118

224

12

16330 13839

7422 148440

18

154

149

148

148

1450

1873

3323

423

2389

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1043

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197

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952

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17

15

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37780

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20

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14 14942 18064
11124

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15400 12320
3951

4765

3039

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8177 163540
4561

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6844 136880
1718

34360

1.6530 14948 7850 157000


Medie ner tatti 1 distretti
3788

3094

1720

34400

82
CRIMINALIT/
Numero dei reati punibili colla pena
DESIGNAZIONE
Nel primo decennio
del
i
Di-ttrettI
1850 1851 1852 1853 1854 1855 1856 1857 1858 1859 1860 1861

Cagliari

Catanzaro
Firenze

29

19

29

26

44

33

29

51

50

29

31

61

26

24

23

26

19

15

13

11

16

77

38

15

18

23

15

37

16

10

11

14

14

11

16

28

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ni

101

83

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26

47

11

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6

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Milano

Totale. . .

14

88

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17

10

11

10

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11

14

29

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10

16

33

15

11

24

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11

19

15

15

31

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19

17

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12

16

11

12

12

11

35

37

59

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67

57

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474

445

381

312

333

437

327

337

385

434

6-

380

83
ENNIO

1850-1869.

ebbe luogo giudizio

Quantit
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0 delll
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nel
2 decennio
rispetto al 1

*
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46

52

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339

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125

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1781

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189

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16

26

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14

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14

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72

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88

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18

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85

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5377 107540

81

3932

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Ile per tatti 1 diiti etti

385

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86

9670

6061

6801

3234

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et
CRIMINALIT
... . .

:
Numero dei reati punibili coi lavori forzati

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dei
Distretti

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1850 1851 1852 1853 1854 1855 1856 1857 1858 1859 1860 1861

16

140

135

124

118

153

146

176

175

133

148

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166

10

17

14

10

28

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115

178

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114

82

295

183

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193

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73

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24

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Totale . . .

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85
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1850-1869.
Quantit
Proporzione colla popolazione
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26

21

24

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44040

31

33

27

18

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67

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1818

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31

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-

Un reato per abitanti

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646

1237

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31

372

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19

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78

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16861

3416

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62

62

65

847

699

1546

9765 16010 25775

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148

2947 3571 1629 32580


Medio per tutti i distrata
2485

1516

1000

20000

86
CRIMINALIT
Numero dei reati punibili coi lavori forzati :
DESIGNAZIONE
-

Sei primo decennio


dei
Distretti

1850 1851 1852 1853 1854 1855 1856 1857 1858 1859 1860 1861

Brescia

Catanzaro

Totale . . .

18

55

57

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50

50

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62

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12

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ENNIO

1850-1869.
,
Quantit
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nel
2 decennio
rispetto al 1

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