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I due orfani
Fratello, ti do noia ora, se parlo?
Parla; non posso prender sonno. lo sento
rodere appena... Sar forse un tarlo...
Fratello, l'hai sentito ora un lamento
lungo nel buio? Sar forse un cane...
C' gente all'uscio... Sar forse il vento...
. Odo due voci piane piane piane...
Forse la pioggia che vien gi bel bello .
Senti quei tocchi? Sono le campane .
Suonano a morto? Suonano a martello? .
Forse... Ho paura... Credo che tuoni:
come faremo? Non lo so, fratello:
stammi vicino: stiamo in pace: buoni.
lo parlo ancoro, se tu sei contento.
Ricordi, quando per la serratura
veniva lume? Ed ora il lume spento.
Anche a que' tempi noi s'avea paura:
si, ma non tanta. Or nulla ci conforta,
e siamo soli nella notte oscura .
Essa era l, di l di quella porta;
e se n'udiva un mormorio fugace,
di quando in quando. Ed or la mamma morta.
Ricordi? Allora non si stava in pace
tanto, fra noi... Noi siamo ora pi buoni...
Ora che non c' piu chi si compiace
di noi... che non c' pi chi ci perdoni.
La cavalla storna
Nella Torre il silenzio era gi alto.
Sussurravano i pioppi del Rio Salto.
I cavalli normanni alle lor poste
frangean la biada con rumor di croste.
di fiori accolti,
su i ginepri folti
di coccole aulenti,
piove su i nostri volti
silvani,
piove su le nostre mani
ignude,
su i nostri vestimenti
leggeri,
su i freschi pensieri
che l'anima schiude
novella,
su la favola bella
che ieri
t'illuse, che oggi m'illude,
o Ermione.
Odi? La pioggia cade
su la solitaria
verdura
con un crepitio che dura
e varia nell'aria secondo le fronde
pi rade, men rade.
Ascolta. Risponde
al pianto il canto
delle cicale
che il pianto australe
non impaura,
n il ciel cinerino.
E il pino
ha un suono, e il mirto
altro suono, e il ginepro
altro ancora, stromenti
diversi
sotto innumerevoli dita.
E immensi
noi siam nello spirito
silvestre,
d'arborea vita viventi;
e il tuo volto ebro
molle di pioggia
come una foglia,
e le tue chiome
auliscono come
le chiare ginestre,
o creatura terrestre
a galoppo,
labili come i profumi
diffusi,
vergini come i calici
appena schiusi,
notturne come le rugiade
dei cieli,
funebri come gli asfodeli
dell'Ade,
pieghevoli come i salici
dello stagno,
tenui come i teli
che fra due steli
tesse il ragno.
Apriamo i vetri
24 maggio
Giace anemica la Musa
sul giaciglio de vecchi metri.
A noi, giovani, apriamo i vetri,
rinnoviamo laria chiusa!
Lantico spirito? morto.
Entro al sudario della storia
sta nel mausoleo della gloria:
e Lazzaro solo risorto.
Pace alle cose sepolte!
E tu pure sei morto: il vento
dellarte non gonfia due volte
la tua vela, o Rinascimento;
il vento chor le chiome carezza
fumanti delle vaporiere,
le chiome lunghe e nere
della novella giovinezza.
O padri, voi foste voi.
Sia benedetta la vostra memoria!
A noi figli or la nostra
vita: noi vogliamo esser noi!
Sul ritmo del nostro core i canti
modular, se la gioia trabocchi,
vogliamo piangere co nostri occhi,
le amarezze de nostri pianti.
Apriamo, o giovani, lora!
Entri la freschezza pura
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La fontana malata
che forse...
che forse 6
sia morta?
Orrore!
Ah! no 7.
Rieccola,
ancora
tossisce.
Clof, clop, cloch,
cloffete,
cloppete,
clocchete,
chchch.... 8
La tisi
l'uccide.
Dio santo,
quel suo
eterno
tossire
mi fa
morire,
un poco
va bene,
ma tanto...
Che lagno!
Ma Habel!
Vittoria 9!
Andate,
correte,
chiudete
la fonte 10,
mi uccide
quel suo
eterno
tossire!
Andate,
mettete
qualcosa
per farla
finire,
magari...
magari
morire.
Madonna!
Ges!
Non pi!
Non pi!
Mia povera
fontana,
col male
che hai,
finisci
vedrai,
che uccidi
me pure 11.
Clof, clop, cloch,
cloffete,
cloppete,
clocchete,
chchch
Rio Bo
Tre casettine
dai tetti aguzzi,
un verde praticello,
un esiguo ruscello: Rio Bo,
un vigile cipresso.
Microscopico paese, non vero?
Paese da nulla; ma per,
c' sempre di sopra una stella,
una grande magnifica stella,
che a un di presso
occhieggia con la punta del cipresso
di Rio Bo.
Una stella innamorata! Chi sa
se nemmeno ce l'ha
una grande citt.
E lasciatemi divertire
Tri, tri tri
Fru fru fru,
uhi uhi uhi,
ihu ihu, ihu.
Il poeta si diverte,
pazzamente,
smisuratamente.
Non lo state a insolentire,
lasciatelo divertire
poveretto,
queste piccole corbellerie
sono il suo diletto.
Cuc rur,
rur cuc,
cuccuccuruc!
Cosa sono queste indecenze?
Queste strofe bisbetiche?
Licenze, licenze,
licenze poetiche,
Sono la mia passione.
Farafarafarafa,
Tarataratarata,
Paraparaparapa,
Laralaralarala!
Sapete cosa sono?
Sono robe avanzate,
non sono grullerie,
sono la... spazzatura
delle altre poesie,
Bubububu,
fufufufu,
Fri!
Fri!
Se dun qualunque nesso
son prive,
perch le scrive
quel fesso?
Bilobilobiobilobilo
blum!
Filofilofilofilofilo
flum!
volta al plenilunio
con la congestione
delle sue mani
penetrata
nel mio silenzio
ho scritto
lettere piene damore
Non sono mai stato
tanto
attaccato alla vita
Sono una creatura
Come questa pietra
del S. Michele
cos fredda
cos dura
cos prosciugata
cos refrattaria
cos' totalmente
disanimata
Come questa pietra
il mio pianto
che non si vede
La morte
si sconta
vivendo
San Martino del Carso
Di queste case
Non rimasto
Che qualche
Brandello di muro
Di tanti
Che mi corrispondevano
Non rimasto
Neppure tanto
Ma nel cuore
Nessuna croce manca
E il mio cuore
Il paese pi straziato
La Madre
E il cuore quando d'un ultimo battito
avr fatto cadere il muro d'ombra
per condurmi, Madre, sino al Signore,
come una volta mi darai la mano.
In ginocchio, decisa,
Sarai una statua davanti all'eterno,
come gi ti vedeva
quando eri ancora in vita.
Alzerai tremante le vecchie braccia,
come quando spirasti
dicendo: Mio Dio, eccomi.
E solo quando m'avr perdonato,
ti verr desiderio di guardarmi.
Ricorderai d'avermi atteso tanto,
e avrai negli occhi un rapido sospiro.
IN MEMORIA
Si chiamava
Moammed Sceab
Discendente
Di emiri di nomadi
Suicida
Perch non aveva pi
Patria
Am la Francia
E mut nome
Fu Marcel
Ma non era Francese
E non sapeva pi
Vivere
Nella tenda dei suoi
Dove si ascoltava la cantilena
Del Corano
Gustando un caff
E non sapeva
Sciogliere
Il canto
Del suo abbandono
Lho accompagnato
Insieme alla padrona dellalbergo
Dove abitavamo
A Parigi
Dal numero 5 della rue des Carmes
Appassito vicolo in discesa
Riposa
Nel camposanto dIvry
Sobborgo che pare
Sempre
In una giornata
Di una
Decomposta fiera
E forse io solo
So ancora
Che visse
Lisola
A una proda ove sera era perenne
Di anziane selve assorte, scese,
E s'inoltr
E lo richiam rumore di penne
Ch'erasi sciolto dallo stridulo
Batticuore dell'acqua torrida,
E una larva (languiva E rifioriva) vide;
Ritornato a salire vide
Ch'era una ninfa e dormiva
Ritta abbracciata a un olmo.
In s da simulacro a fiamma vera
Errando, giunse a un prato ove
L'ombra negli occhi s'addensava
Delle vergini come
Sera appi degli ulivi;
Distillavano i rami
Una pioggia pigra di dardi,
Qua pecore s'erano appisolate
Sotto il liscio tepore,
Altre brucavano
La coltre luminosa;
Le mani del pastore erano un vetro
Levigato da fioca febbre.
Commiato
Gentile
Ettore Serra
poesia
il mondo l'umanit
la propria vita
fioriti dalla parola
la limpida meraviglia
di un delirante fermento
Quando trovo
in questo mio silenzio
una parola
scavata nella mia vita
come un abisso