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EDITORIALE. PEPPE SINI: IL NOSTRO 4 NOVEMBRE. IL VOLTO DI ABELE.

LE TRE VERITA' DI HIROSHIMA


Dopo l'immane catastrofe della prima guerra mondiale nel nostro paese fu
istituita nella data del 4 novembre la "Festa delle Forze Armate", ovvero la
festa delle macchine assassine che quell'immane massacro avevano eseguito.
Alcuni decenni fa i movimenti nonviolenti hanno iniziato a porre pubblicamente
in discussione la "festa" del 4 novembre, con il motto "Non festa, ma lutto",
ricordando le vittime delle guerre e denunciando il militarismo e la macchina
bellica di quelle vittime responsabile.
All'inizio degli anni 2000 e' maturata l'idea di passare dalla subalterna
contestazione delle cerimonie militariste all'autonoma realizzazione di
commemorazioni nonviolente di tutte le vittime di tutte le guerre: questa e'
l'iniziativa "Ogni vittima ha il volto di Abele".
"Affinche' - come e' scritto nell'appello di convocazione - il 4 novembre,
anniversario della fine dell''inutile strage' della prima guerra mondiale, cessi
di essere il giorno in cui i poteri assassini irridono gli assassinati, e
diventi invece il giorno in cui nel ricordo degli esseri umani defunti vittime
delle guerre gli esseri umani viventi esprimono, rinnovano, inverano l'impegno
affinche' non ci siano mai piu' guerre, mai piu' uccisioni, mai piu'
persecuzioni".
Il senso dell'iniziativa e' infatti uscire dalla subalternita' alle cerimonie
militariste e scioviniste, e realizzare invece una degna commemorazione delle
vittime delle guerre: esplicitando che solo se ci si oppone alla guerra si puo'
onestamente e onorevolmente fare memoria e rendere omaggio alle sue vittime.
Ovvero che ponendosi all'ascolto della voce estinta per sempre ed insieme per
sempre insopprimibile delle innumerevoli persone dalla guerra uccise un appello
si sente profondo, fermo e alto, nitido e accorato: che occorre cessare di fare
le guerre, occorre cessare di uccidere, occorre cessare di organizzare armigeri
e di produrre armi; occorre piuttosto adoperarsi a salvare le vite anziche'
sopprimerle; occorre soccorrere, accogliere, assistere ogni persona bisognosa di
aiuto; nella ineludibile consapevolezza che siamo una sola umanita', e la regola
aurea che deve presiedere alle nostre relazioni a tutti i livelli deve essere
"agisci nei confronti degli altri cosi' come vorresti che gli altri agissero nei
tuoi confronti".
Le vittime della guerra ci convocano unanimi ad abolire la guerra, ci chiedono
questo atto di verita', di giustizia, di umanita'.
*
Nell'epocale disastro provocato dal dominio della violenza, se vogliamo salvare
l'umanita' occorre che la nonviolenza diventi finalmente la norma e la prassi di
ogni sociale rapporto.
Meditiamo ancora una volta le tre verita' di Hiroshima di cui parlava Ernesto
Balducci in un indimenticabile suo ragionamento: "La prima verita' contenuta in
quel messaggio e' che il genere umano ha un destino unico di vita o di morte.
Sul momento fu una verita' intuitiva, di natura etica, ma poi, crollata
l'immagine eurocentrica della storia, essa si e' dispiegata in evidenze di tipo
induttivo la cui esposizione piu' recente e piu' organica e' quella del Rapporto
Brandt. L'unita' del genere umano e' ormai una verita' economica. Le
interdipendenze che stringono il Nord e il Sud del pianeta, attentamente
esaminate, svelano che non e' il Sud a dipendere dal Nord ma e' il Nord che
dipende dal Sud. Innanzitutto per il fatto che la sua economia dello spreco e'
resa possibile dalla metodica rapina a cui il Sud e' sottoposto e poi, piu'
specificamente, perche' esiste un nesso causale tra la politica degli armamenti
e il persistere, anzi l'aggravarsi, della spaventosa piaga della fame. Pesano
ancora nella nostra memoria i 50 milioni di morti dell'ultima guerra, ma
cominciano anche a pesarci i morti che la fame sta facendo: 50 milioni, per
l'appunto, nel solo anno 1979. E piu' comincia a pesare il fatto, sempre meglio
conosciuto, che la morte per fame non e' un prodotto fatale dell'avarizia della
natura o dell'ignavia degli uomini, ma il prodotto della struttura economica
internazionale che riversa un'immensa quota dei profitti nell'industria delle
armi: 450 miliardi di dollari nel suddetto anno 1979 e cioe' 10 volte di piu'
del necessario per eliminare la fame nel mondo. Questo ora si sa. Adamo ed Eva

ora sanno di essere nudi. Gli uomini e le donne che, fosse pure soltanto come
elettori, tengono in piedi questa struttura di violenza, non hanno piu' la
coscienza tranquilla.
"La seconda verita' di Hiroshima e' che ormai l'imperativo morale della pace,
ritenuta da sempre come un ideale necessario anche se irrealizzabile, e'
arrivato a coincidere con l'istinto di conservazione, il medesimo istinto che
veniva indicato come radice inestirpabile dell'aggressivita' distruttiva. Fino
ad oggi e' stato un punto fermo che la sfera della morale e quella dell'istinto
erano tra loro separate, conciliabili solo mediante un'ardua disciplina e solo
entro certi limiti: fuori di quei limiti accadeva la guerra, che la coscienza
morale si limitava a deprecare come un malum necessarium. Ma le prospettive
attuali della guerra tecnologica sono tali che la voce dell'istinto di
conservazione (di cui la paura e' un sintomo non ignobile) e la voce della
coscienza sono diventate una sola voce. Non era mai capitato. Anche per questi
nuovi rapporti fra etica e biologia, la storia sta cambiando di qualita'.
"La terza verita' di Hiroshima e' che la guerra e' uscita per sempre dalla sfera
della razionalita'. Non che la guerra sia mai stata considerata, salvo in rari
casi di sadismo culturale, un fatto secondo ragione, ma sempre le culture
dominanti l'hanno ritenuta quanto meno come una extrema ratio, e cioe' come uno
strumento limite della ragione. E difatti, nelle nostre ricostruzioni
storiografiche, il progresso dei popoli si avvera attraverso le guerre. Per una
specie di eterogenesi dei fini - per usare il linguaggio di Benedetto Croce l''accadimento' funesto generava l''avvenimento' fausto. Ma ora, nell'ipotesi
atomica, l'accadimento non genererebbe nessun avvenimento. O meglio,
l'avvenimento morirebbe per olocausto nel grembo materno dell'accadimento".
Questo diceva padre Balducci nel 1981, e le sue parole ci illuminano ancora.
La nonviolenza puo' e deve divenire la politica dell'umanita', e quindi essere
anche una adeguata politica della sicurezza e della cooperazione, ovvero di
difesa dei beni comuni, della biosfera e della civilta' umana; ed e' per questo
che essa si pone anche come alternativa concreta e immediata alla difesa armata
(che poi difesa non e', ma preparazione ad uccidere ed effettuale commissione di
stragi; e si e' visto a quale tremenda distretta ha condotto l'umanita'). La
nonviolenza propone di passare alla difesa civile non armata e nonviolenta, ai
corpi civili di pace, a una politica internazionale dei diritti umani e dei
popoli. La nonviolenza invera la promessa del costituzionalismo moderno. La
nonviolenza realizza la civilta' umana che ogni essere umano riconosce e
comprende.
*
E quest'anno l'iniziativa delle commemorazioni nonviolente del 4 novembre
promossa col motto "Ogni vittima ha il volto di Abele" coinvolgera' ancora una
volta diverse citta' ma in particolare avra' il suo luogo centrale a Trento,
citta' in cui si svolgeranno gli "Stati generali della difesa civile non armata
e nonviolenta" promossi dalla campagna "Un'altra difesa e' possibile": e questo
incontro costituira' un ulteriore passo nella direzione della concreta e via via
piu' estesa realizzazione e verifica di un programma costruttivo che dovrebbe
divenire al piu' presto programma di governo di ogni paese civile: appunto la
difesa popolare nonviolenta, la creazione dei corpi civili di pace, la gestione
e risoluzione nonviolenta delle crisi e dei conflitti nella prospettiva della
sicurezza comune e del condiviso benessere, attraverso la coerente operosa
solidarieta' esercitata nei confronti di tutti gli esseri umani, comprese le
generazioni future.
*
Ogni vittima ha il volto di Abele.
Abolire la guerra, gli eserciti, le armi.
Il primo dovere e' salvare le vite.
Solo la nonviolenza puo' salvare l'umanita' dalla catastrofe.

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