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Presentazione

Un paese fantasma dimenticato dalle


carte geografiche, circondato da
montagne, abitato da una popolazione
inospitale. E il ritratto di Tiepole,
paese dorigine di Emma, ed l che la
ragazza costretta a tornare in
occasione del funerale di suo nonno. Il
suo soggiorno, per, si trasforma in
incubo quando Emma legge la lettera che
sua nonna aveva scritto per lei prima di
morire e che il nonno non le aveva mai
consegnato. Essa le sveler un mondo di
tenebra colmo di stregoneria e
maledizioni, di faide tra famiglie e di
lotte per il potere. Emma non sa ancora

nulla, ma tutti i Tiepolesi sanno chi lei,


poich la stavano aspettando. Lei
lerede della Strega.
Lei la Discendente.
Lei deve morire.
Uneroina indimenticabile in un romanzo
in cui il bene e il male si confondono e
niente, assolutamente niente, davvero
quello che sembra.

LAUTRICE: Alessandra Paoloni nasce l11


marzo 1983 a Tivoli. Esordisce con la
raccolta poetica Brevi monologhi in una
sala da ballo di fine Ottocento ( Il Filo
2008), cui seguono i due romanzi fantasy
Un solo destino e Heliaca la pietra di luce

(0111 Edizioni). Del 2012 il romanzo La


Stirpe di Agortos (Edizioni Rei). presente
nelle antologie: On the road: diari di viaggio
(Libro Aperto Edizioni). 365 Storie damore
(Writers Magazine) La Stirpe Chimerica del
blog Club Urban fantasy. La discendente di
Tiepole, il suo primo paranormal fantasy,
il suo quinto romanzo.

COLLANA Top Secret

Alessandra Paoloni
La discendente di Tiepole
Romanzo
Butterfly Edizioni
Prima edizione novembre 2012
ISBN 978-88-97810-08-7
Copyright 2012 Butterfly Edizioni
www.butterfly-edizioni.com

http://butterflyedizioni.wordpress.com
butterflyedizioni@yahoo.it
Stampato per conto di
Butterfly Edizioni Correggio da
Digital Team, Fano
Ogni riferimento a luoghi, persone o
fatti puramente casuale.

Alessandra Paoloni
La discendente di Tiepoli
Romanzo

Ancora a voi,
Matteo Daniele Valentina e
Francesco.
Possano queste pagine rendervi
fieri di una zia che in casa ha pi
libri che giocattoli.

PROLOGO
La discendente pens fosse giunto
il momento di rivelarsi.
Aveva atteso troppo. Aveva
mentito troppo.
Un simile segreto avrebbe
rischiato di ucciderla. I suoi piani
erano oramai saltati; non poteva
pi fidarsi di nessuno. Ognuno
faceva il suo gioco, e tutti
aspiravano
alla
conoscenza
dellantica magia di Tiepole.
Si sarebbe procurata dei nemici.
La farsa doveva terminare l, prima
che
la
situazione
potesse
degenerare ulteriormente. Non

serviva pi a nulla fingere quando


sapeva bene che in questo modo
rischiava di perdere tutte le persone
che amava.
Quella sera stessa avrebbe posto
la parola fine a quella storia.

L'arrivo e l'inizio
Quando aprii le imposte della
finestra un vento fresco mi colp in
pieno viso, costringendomi a
socchiudere gli occhi. Eppure a
coprire per intero i quattro angoli
del paese cerano le montagne,
increspate come onde marine,
immobili come mostri pietrificati,
luminescenti sotto la tenue luce del
sole.
Tiepole contava poco pi di mille
anime che abitavano in minuscole
abitazioni attaccate le une alle
altre. I portoni si affacciavano
direttamente sulla strada stretta e

per questo impraticabile per le


autovetture, la quale alternava
asfalto forato a tratti a sampietrini
rialzati o addirittura mancanti.
Malagevole e scomodo, quel
luogo era un paese popolato
soprattutto da persone anziane. Era
piuttosto destate che i giovani
tornavano da Roma per trascorrevi
le vacanze con i propri parenti.
Quindi, come sosteneva mio padre,
dovevo considerarmi fortunata di
essere arrivata lass nella met di
luglio, perch almeno avrei potuto
socializzare con qualcuno della mia
et.
Io non mi trovavo a Tiepole per

una vacanza, n per stabilirmi l


(questo me lo auguravo con tutto il
cuore). Non ero mai stata in quel
posto sebbene mia madre vi avesse
trascorso la sua infanzia e la sua
adolescenza. Tiepole faceva parte
della mia vita in modo indiretto; era
una parte di me, ma ancora non lo
sapevo.
Ero giunta fin l, dopo circa
un'ora di macchina, perch mio
nonno era morto da quattro giorni.
Lui, padre di mia madre, aveva
trascorso gli ultimi anni della sua
vita da solo in una piccola casa tra
quelle
montagne,
abitazione
lasciata molto raramente.

Io non lo avevo mai conosciuto.


Non andavamo mai a trovarlo a
Tiepole, n lui veniva a trovarci a
Roma. E ritrovarmi in casa sua, nel
luogo dove aveva consumato quasi
per intero tutta la sua esistenza, mi
provocava un inguaribile senso di
disagio. Le sue foto ovunque, foto
di lui a cavallo, immagini in bianco
e nero di comitive di uomini e
donne che non potevo riconoscere.
Mancavano (fatto del quale non
mi interessai all'inizio) le foto di lui
assieme a mia nonna (morta
quando io avevo solo qualche mese
di vita).
Tutta la casa odorava di chiuso,

di polvere stantia e muffa. Mio


nonno doveva aver passato gli
ultimi giorni prima di accusare il
malore
chiuso
in
casa,
completamente
in
solitudine,
isolato dal resto del mondo. Questo
pensiero non fece che accrescere il
mio disagio, che capii ben presto
causato dal senso di colpa. Sapevo
che mio nonno abitava tra quelle
montagne, ma mai avevo mostrato
interesse per lui.
Me ne vergognai.
Dopo il suo funerale svoltosi in
citt, (al
quale
non aveva
partecipato nessuno dei Tiepolesi) i
miei genitori furono entrambi

daccordo che si doveva trascorrere


qualche giorno a Tiepole per
risistemare la sua casa e decidere
cosa farne. Se trasformarla in un
luogo di villeggiatura per noi (cosa
che io aborrivo decisamente), o se
cercare di trovare in meno tempo
possibile un affittuario.
Lidea di trascorrere qualche
giorno in quel posto non mi piaceva
affatto, ma non potevo tirarmi
indietro o il senso di colpa mi
avrebbe divorata. Dovevo dedicare
del tempo agli affari di mio nonno,
almeno adesso che non cera pi. Mi
sarei sentita, in un certo senso, pi
sollevata.

Emma!
Mi sentii chiamare dal piano
inferiore, e fui strappata in modo
brusco da tutti i miei pensieri.
Richiusi la finestra in fretta, poich
il vento si era fatto allimprovviso
pi forte.
Sto scendendo! risposi al
richiamo di mia madre, non senza
una nota damarezza nella voce.
La casa di mio nonno contava
due piani, di cui quello superiore
era costituito solo da una piccola
camera il cui mobilio era formato da
un letto a una piazza e mezzo, un
comodino e un armadio.
Lo si raggiungeva salendo una

scala stretta, la pi scomoda che


avessi mai visto. La discesi con
estrema lentezza, con il timore
infondato che potesse crollare da
un momento allaltro sotto i miei
piedi.
Tutto dentro quella casa dava
limpressione che dovesse cadere a
pezzi. Raggiunsi il piccolo salone,
dove vidi mia madre armeggiare
con una delle ante di una madia
tarlata che proprio non si decideva
ad aprirsi. Dirimpetto a me, dal
minuscolo angolo cottura, una
pentola bolliva fumante sul gas.
Alle mie spalle sentii che qualcuno
tirava lo sciacquone del bagno: mio

padre comparve subito dopo


aprendo una porta cigolante.
Questo bagno un buco! si
lament. Trovi difficolt anche nel
prendere la carta igienica!
Pap... lo rimbeccai sarcastica.
Questo posto un buco!
Mio padre sorrise e annu.
Invece di lagnarvi, perch non
venite a darmi una mano? si
lament
mia
madre
mentre
continuava a lottare con la piccola
serratura della madia.
Mio padre, ancora sorridendo,
ubbid e prese il suo posto. Lei si
venne a piazzare accanto a me,
sbuffando e imprecando.

Da qualche giorno a quella parte


era divenuta intrattabile. Non si era
mai sfogata per la perdita di mio
nonno; almeno non davanti ai miei
occhi e, sebbene non lo desse a
vedere, non le piaceva trovarsi
nella sua vecchia casa. Esattamente
come me e mio padre, anche lei
non si sentiva a suo agio in quel
posto.
Nemmeno mio padre fu in grado
di girare la chiave e aprire la
serratura. Lasci perdere prima di
spazientirsi.
Credo sar meglio scardinare lo
sportello. concluse. Tanto se non
lo faremo noi, ci penseranno le

termiti!
Guard mia madre che non apr
bocca. Poi lei incroci le braccia al
petto e alz le spalle; quindi torn
alla pentola fumante. Io e mio
padre ci scambiammo unocchiata
preoccupata. Tuttavia nessuno dei
due prov a chiederle cosa non
andasse; sarebbe di nuovo esplosa
in un monologo sconclusionato.
Forse aveva solo bisogno di tempo
o di lasciare presto quel posto. Le
piaceva meno di quanto piacesse a
me. Doveva rievocarle troppi
ricordi.
Emma, puoi andare a prendere
un pezzo di pane per favore? mi

chiese poi mentre oliava una


padella. Ti ho fatto vedere
stamattina dov l'emporio, ricordi?
lunico in paese, non puoi
sbagliare.
Io la guardai come se non avessi
capito. Aveva per caso detto che
dovevo uscire da sola in quel posto
sconosciuto e semi-deserto, per
raggiungere la parte pi bassa del
paese? E avrei dovuto farlo a piedi
visto che le strettissime strade non
permettevano a nessun tipo di
macchina di risalire fin lass.
Eravamo stati costretti a lasciare il
nostro mezzo ai piedi del paese, nel
parcheggio comunale. Un altro

motivo per cui odiavo quel posto:


era costruito tutto in salita e
mentre casa di mio nonno si
trovava nella parte pi alta, i negozi
erano esattamente allopposto, in
basso.
Sbuffai, ma fui costretta a
ubbidire. Non me la sentivo di
affrontare la frustrazione di mia
madre. Mio padre, senza parlare, mi
diede una banconota da cinque. Io
recuperai la mia giacchetta, e uscii
senza dire una parola. La strada era
deserta. Mi strinsi nella giacca,
infastidita dal vento; sebbene fosse
la met di luglio, io sentivo freddo.
M'incamminai
svelta.

Raggiungere lemporio non sarebbe


stato difficile visto che quella strada
era anche lunica che conduceva
alla parte pi pianeggiante del
paese. Ai miei lati i portoni serrati e
le finestre semichiuse davano come
limpressione che le case fossero
vuote.
Non si avvertiva alcun rumore,
n il volume di una TV accesa, n i
timbri sommessi di voci umane.
Rabbrividii e accelerai il passo. Il
vento mi scompigliava i capelli, e
poich un ciuffo mi fin davanti agli
occhi non vidi uno dei tanti
sampietrini rialzati. Inciampai e per
poco non caddi. Imprecai a voce

bassa, maledicendo quel posto. Mi


fermai per risistemarmi i capelli,
senza accorgermi che mi ero
arrestata di fronte a un arco a volta
che non avevo notato quella
mattina. Sollevai lo sguardo e sulla
sommit riconobbi quello che
doveva
essere
uno
stemma,
consumato dal tempo. Uno scudo
diviso a met, mi sembr. Ma non
mi
soffermai
a
guardare
i
particolari. Avevo troppa fretta di
raggiungere lemporio e tornarmene
a casa. Ma prima di muovermi,
voltai la testa verso la mia sinistra.
Iniziavo a credere che non
potessero esistere altre vie oltre a

quella principale: al contrario una


strettissima traversa partiva da l e
finiva in un punto che non riuscivo a
scorgere. Anche quella era deserta.
Mi domandai, senza molta curiosit
a dire il vero, dove potesse
condurre una via angusta come
quella.
Tu chi sei? La voce alle mie
spalle mi fece sobbalzare. Mi voltai
di scatto e vidi di fronte a me la
faccia arcigna di un vecchio, che si
reggeva a una gruccia di legno.
Indossava un cappello a tesa larga,
scuro come i suoi abiti. Il suo
sguardo non era
per nulla
amichevole, e capii subito che non

era disposto a fare nessun tipo di


presentazione. Senza rispondere
accennai un saluto con una mano e
ricominciai a ridiscendere la salita,
aumentando il passo, stando bene
attenta adesso agli impedimenti
della strada. Avvertii gli occhi del
vecchio addosso e rabbrividii
ancora.
Che razza di posto inospitale!
Come avevano fatto i miei nonni ad
abitarci? E soprattutto: come aveva
fatto mia madre a trascorrere la sua
infanzia e la sua adolescenza l?
Non cera da biasimarla se era
fuggita con mio padre in citt non
appena lo aveva conosciuto ai

tempi dell'universit. Aveva tutta la


mia comprensione; io avrei fatto
senzaltro lo stesso.
Raggiunsi finalmente la parte
bassa del paese dove mi accolsero
la piccola piazza circolare, un bar
con
un
giardinetto
esterno,
unedicola e una serie di negozi che
si susseguivano (una macelleria,
una merceria, un fruttivendolo e
infine l'emporio). La piazza era
deserta
a
quellora, ma
in
compenso i tavolini del bar erano
tutti occupati. E come avevo
previsto, tutti gli occhi si voltarono
a guardarmi. A Tiepole i forestieri
dovevano costituire una novit.

Anche se in fondo non ero poi tanto


estranea, visto che i miei nonni
avevano vissuto tra di loro.
Forse si erano seduti in quei
tavoli un tempo, e avevano fatto la
spesa proprio dove la stavo per fare
io in quel momento.
Quando aprii la porta
dellemporio, il campanello appeso
sulla sua sommit annunci il mio
arrivo. Due donne si voltarono a
vedere chi fosse entrato, e non
appena mi notarono presero a
fissarmi. Io cercai di far finta di
nulla, e mi misi in coda aspettando
il mio turno. La donna che serviva
stava parlando di un argomento al

quale non prestai attenzione.


Catturai frasi come: cattivo tempo,
estate piovosa, pericolo per le
coltivazioni.
Ma per me quel
discorso non aveva senso, e a dirla
tutta neppure mi interessava. Non
mi soffermai neppure a osservare
l'interno dell'emporio, la merce sugli
scaffali o quelli all'interno del
bancone; lunica cosa a cui pensavo
era il giorno in cui saremmo tornati
a casa nostra, a Roma.
Tu sei la nipote di Achille, non
vero? mi domand la donna che
era in fila davanti a me.
Io sorrisi e annuii. La donna che
serviva si zitt di colpo e prese a

fissarmi; come tutti del resto.


Mi dispiace per tuo nonno!
prosegu la donna accigliandosi.
La ringrazio.
Siete arrivati stamattina?
domand poi quella che serviva.
Sul grembiule bianco che
indossava notai una singolare
scritta cucita a mano: Angela
Renzetti,
moglie
e
mamma
affettuosa.
S, stamattina presto. risposi
spostando lo sguardo, stranamente
a disagio.
E resterete qui per molto?
continu sporgendosi un poco oltre
il bancone, mettendo bene in vista

la scritta che aveva sul grembiule.


Tutte mi fissavano aspettando la
mia risposta, come se dalle mie
parole dovesse dipendere una
decisione
importante
che
le
riguardava.
Io, dopo una breve pausa
dindecisione, scrollai le spalle.
Non saprei! dissi. Il tempo di
sistemare alcune faccende!
Quasi come si fossero messe
daccordo, le tre donne che stavano
in fila e quella dietro il bancone
annuirono simultaneamente con la
testa. Ebbi come limpressione che
si aspettassero quella risposta, che
avessero avuto una sorta di

conferma. Forse, da quando ci


avevano notato arrivare quella
mattina, in paese non si era parlato
daltro. Eravamo largomento del
giorno in un posto dove non
accadeva quasi niente di insolito.
Poi, come se non fossi pi presente
l, le altre donne si voltarono e
presero a ignorarmi; la donna al
bancone serv le altre molto
velocemente, e quando arriv il mio
turno fece lo stesso. Le persone
servite prima di me uscirono senza
rivolgere un saluto a nessuno, e
quando tocc a me andarmene e
salutare mormorai un arrivederci e
mi dileguai. Leducazione non

doveva far parte delle abitudini dei


Tiepolesi.
Risalii la strada meno
velocemente di quanto avessi fatto
nel discenderla. Avevo superato la
piazza e il bar tenendo la testa
china, per non incrociare lo sguardo
di nessuno. Il vento aveva un poco
attenuato la sua veemenza, ma
continuava a fare freddo proprio se
fossimo a febbraio anzich in piena
estate. Mi strinsi la busta del pane
al petto, nellingenua speranza che
cos potessi scaldarmi. Disprezzavo
quel posto; non vedevo lora di
andarmene. La salita si fece pi
ripida; scendendo la strada non mi

era sembrata cos difficoltosa. Fui


costretta mio malgrado a rallentare.
Avrei impiegato molto pi tempo a
tornare a casa di mio nonno, e
questo mi irrit i nervi. Stavo per
aumentare di nuovo la camminata,
infischiandomene di arrivare in cima
con il fiato grosso quasi come se
fossi stata in apnea per ore, quando
qualcosa attir la mia attenzione.
Facendo la strada in discesa, non
mi ero soffermata a notare nessun
particolare se non larco con lo
scudo scolpito sulla sommit. In
quel momento invece mi fermai, e
fissai gli occhi su alcuni manifesti
affissi in malo modo su di un muro

scrostato.
Necrologi: il nome di mio nonno
svettava in cima a tutti gli altri.
ACHILLE PAGLIARI
di et 78
Poi seguiva la data e il luogo del
funerale. Andai pi gi con gli occhi;
ce nera un altro che recitava:
ANGELA RENZETTI
di et 73
ne danno il triste annuncio il
marito, la figlia, la sorella e i
Tiepolesi tutti.
Che riposi ora in pace, poich in
terra non ne ha conosciuta.

Quelle parole mi riempirono di


tristezza, e al contempo mi fecero
rabbrividire. Angela Renzetti; mi era
familiare quel nome. Poi ripensai
che fosse lo stesso cucito sul
grembiule della donna dellemporio;
singolare coincidenza. O forse no.
Rabbrividii ancora. Ma non ebbi il
tempo per riflettere su quel fatto
poich un rombo improvviso mi fece
sobbalzare e voltare.
Quella che sembrava una moto
stava risalendo su per la salita.
Ripresi a camminare, timorosa,
mentre quel rumore assordante si
faceva sempre pi vicino. Senza

alcun dubbio una moto si stava


avvicinando,
aumentando
la
velocit. In fondo per le macchine
sarebbe stato impossibile risalire fin
lass a causa della via stretta, ma
per mezzi pi piccoli forse
quell'impresa non era poi tanto
difficile. Il rumore violento del
motore riemp laria, facendomi
quasi esplodere i timpani; mi stavo
abituando a tutto quel silenzio. La
moto mi sfrecci di lato quasi
colpendomi il braccio, e per un
momento ebbi la sensazione che mi
avesse davvero investita. Fui
costretta a gettarmi di lato e a
fermarmi. Lo spostamento daria mi

scompigli di nuovo i capelli,


impedendomi di vedere chi stesse
cavalcando quella bestia rombante.
Imprecai sottovoce, e sarei stata
davvero poco gentile ed educata se
il motociclista si fosse fermato a
scusarsi. Cosa che ovviamente non
fece.
Continu a salire come se nulla
fosse successo, come se non mi
avesse vista. Scomparve e il rombo
assordante si fece sempre pi
lontano.
Cercai
di
calmarmi
dominando lo sdegno; quelle
persone erano davvero maleducate:
non salutavano, si impicciavano
degli affari della mia famiglia e

tentavano
incurantemente
di
investirmi!
Era davvero troppo. Quella sera
sarei tornata a casa mia, in citt.
Che risolvessero gli affari del
nonno mio padre e mia madre! Io
non sarei rimasta un minuto di pi
in quel postaccio.
Sbuffando arrabbiata ma decisa
a rientrare per riprendere la mia
valigia (che non avevo ancora
disfatto) e andarmene, ripresi a
camminare velocemente ignorando
le fitte ai polpacci. Quando
finalmente giunsi a destinazione,
non avevo pi fiato in corpo,
respiravo a fatica e per un

momento
mi
sentii
svenire.
Incespicai in una buca ma mantenni
lequilibrio. Mi ripresi solo quando
notai che davanti al portone
dirimpetto a quello di mio nonno,
cera parcheggiata proprio la moto
che per poco non mi aveva
investito.
Oltre al danno anche la beffa.
Non mintendevo di motociclette
e lunica cosa che riuscii a
memorizzare fu il colore, un rosso
acceso e scintillante con striature
bianche
finissime
che
assomigliavano quasi ai graffi di un
felino. Le ruote, cos enormi,
avrebbero potuto spezzarmi un

braccio senza tanti sforzi se mi


fossero passate sopra. Quellidea mi
mand su tutte le furie. Senza
neanche pensare a cosa stessi
facendo, aggirai la moto e cercai il
citofono dell'abitazione che presunsi
appartenesse al padrone della
motocicletta.
Cerano
due
campanelli. Per non sbagliare li
suonai tutti e due, senza badare a
quali nomi o cognomi ci fossero
scritti. Dovevo essere davvero
impazzita. Per mia fortuna nessuno
mi rispose. Feci per suonare una
seconda volta, ma ci ripensai.
Sforzandomi di tornare in me,
sospirai e tornai a casa del nonno.

Non appena messo piede in salotto


stetti bene attenta a non raccontare
nulla di quanto era accaduto per
non allarmare mio padre, ma
dichiarai ben decisa che me ne
sarei tornata in citt. Io e mia
madre finimmo per litigare quando
glielo
dissi.
Discutemmo
animatamente per una buona
mezz'ora, e alla fine fui costretta a
cedere per non scatenarle un'altra
crisi isterica. Sarei rimasta con loro
in quel posto noioso e inospitale per
un tempo ancora indefinito. Poi,
quando iniziavo a credere che sarei
morta per la monotonia di quel
luogo, mio padre riusc a scardinare

lo sportello della madia. E ci che vi


trovammo
dentro
cambi
radicalmente la mia esistenza.
Era lei! Con quale coraggio ha
osato suonare alla nostra porta?
Sbott una ragazza bionda alta e
longilinea fingendosi pi indignata
di quanto non lo fosse in realt.
Da dietro i vetri della sua
finestra osserv Emma rientrare in
casa di suo nonno.
Lho quasi investita con la mia
moto! le rispose suo fratello con
voce bassa e inespressiva
Davvero? s'intromise una
donna entrando in quel momento
nella camera dei figli. Volevi

inzuppare i sampietrini con il suo


sangue?
Sarebbe
stato
tutto
perfettamente inutile allora!
Il giovane abbozz un sorriso
stanco.
Pensavo che la volessi morta,
mamma!
La ragazza bionda si volt di
scatto a guardare suo fratello che
se ne stava seduto sul suo letto, le
mani giunte in grembo e lo sguardo
chinato a terra. Gli sembr che
fosse invecchiato di qualche anno,
ma non os farglielo notare. Quindi
senza aggiungere altro si mosse per
lasciare la stanza, con fare stizzito.

Prima lanci un'occhiata a sua


madre, una donna che curava il suo
aspetto in maniera quasi maniacale
e cambiava colore di capelli ogni
quindici giorni; adesso stava
attraversando il periodo biondo
platino.
La donna, rimasta sola con il
figlio, fece un passo verso di lui,
mantenendosi comunque a debita
distanza. Chi l'avesse vista in quel
momento avrebbe detto che ne
aveva quasi paura.
Quella la discendente diretta
di Marta Vasselli! sibil incrociando
le braccia al petto. Hai gi
scordato cosa fece a tuo nonno?

Il giovane scosse debolmente il


capo e sospir.
No. rispose.
Tu non capisci molte cose,
Christian. Quella E indic oltre i
vetri della finestra, la casa dove si
trovava Emma in quel momento a
discutere con sua madre.
Quella ci serve! Il sangue di
Emma ci serve! Lo stesso sangue
della strega, sua nonna!
Emma sussurr il giovane
motociclista,
ignorando
volutamente
le
parole
sconclusionate della madre.
Quel nome gli risult subito
familiare.

Sorrise.

La scoperta
Aprii la chiusura lampo della mia
valigia lasciandola scorrere molto
lentamente. Tenevo intanto gli
occhi puntati sul comodino accanto
al letto, dove strati di polvere
sembravano essersi solidificati. I
miei genitori decisero, senza tener
conto della mia opinione, che io
avrei dormito nella camera che era
stata di mia madre quando aveva
vissuto in quella casa; a me non
rest altro che accettare quella loro
scelta.
In fondo pensavo che avrei
trascorso l solo qualche notte.

Ero tornata in quella stanza dal


soffitto basso e scomoda per
sistemare i miei vestiti e le mie
cose, ma mi accorsi con mio totale
disappunto che quella camera
avrebbe avuto bisogno prima di una
bella ripulita. Ci avrei impiegato
delle ore, se non addirittura tutto il
pomeriggio.
Mio nonno prima di morire non
doveva pi essere salito lass.
Sapevo che, a causa della sua
et
avanzata
e
non meno
dell'artrosi di cui soffriva, gli era
stato impossibile arrampicarsi su
per quelle scale strette e ripide; di
nuovo una fitta di compassione e un

acuto senso di vergogna mi


pervase.
Doveva essersi sentito molto
solo in quella piccola casa.
Ero arrivata quasi ad aprire
totalmente la chiusura lampo della
valigia, quando decisi di lasciarla
stare: non riuscivo a smettere di
fissare il comodino. Non riuscivo a
smettere di fissare quello che vi era
adagiato sopra, sugli strati di
polvere. Allinterno della madia che
mio padre era stato costretto a
scardinare,
avevamo
ritrovato
scartoffie varie, documenti pi o
meno importanti e una lettera
indirizzata a me. Tale lettera, che

giaceva ora sul comodino e che


guardavo con sospetto misto a
vorace curiosit, era stata scritta da
mia nonna. Sulla busta ingiallita dal
tempo le parole PER EMMA mi
sembravano
incise
come
un
marchio indelebile.
Forse la mia eredit? Magari mia
nonna mi aveva lasciato le sue
collane di corallo (anche se non
potevo sapere se ne aveva mai
possedute), o la sua biancheria che
di certo doveva odorare di muffa.
Ma non era tanto la lettera in s
che mi incuriosiva, quanto la
reazione di mia madre: dopo il suo
ritrovamento, il suo viso era

sbiancato allimprovviso. Inoltre


dovetti insistere pi di una volta
affinch potessi leggerla in privato.
In fondo, se sulla busta c'era scritto
palesemente il mio nome, questo
voleva dire che era mio specifico
diritto venirne in possesso e farne
quello che pi mi aggradava.
Titubante e sullorlo di unaltra crisi
di nervi, mia madre alla fine mi
aveva ceduto la busta e io ero
scappata in camera prima che
potesse ripensarci.
Venni distolta da quei pensieri
dalle voci concitate dei miei genitori
che al piano di sotto avevano
appena ricominciato a discutere.

Provai a distinguere qualche


parola della conversazione animata,
ma fu impossibile. Non facevano
altro che litigare di continuo
durante quelle ultime ore, da
quando avevamo messo piede in
quella casa. E se provavo a
chiedere quale fosse il problema,
parole dure venivano rivolte anche
nei miei confronti. Ignorando la loro
discussione,
mi
avvicinai
al
comodino e afferrai la lettera. Mi
sedetti sul letto, e non potei fare a
meno di chiedermi ancora una volta
come potessi dormire su quel
materasso tanto duro e scomodo.
Non fu facile aprire la busta

ingiallita, poich con il tempo la


colla si era come calcificata.
Mi rialzai quindi per recuperare
dalla valigia il mio beauty case dal
quale estrassi un paio di forbicine.
Stando bene attenta a non
tagliarne il contenuto, aprii la
busta.
Un brivido inspiegabile mi
percorse la schiena. Sfilai la lettera
lentamente, quasi avessi paura di
strapparla. Anche il foglio all'interno
era ingiallito. Aprii la lettera piegata
in due, e iniziai a leggere con gli
occhi.
Cara Emma,
se stai leggendo queste parole

vuol dire che io sono morta. Tuo


nonno deve avertela appena
consegnata,
come
mi
sono
raccomandata di fare. Sono certa
che tua madre non ti avr
raccontato nulla della nostra
famiglia, delle tue vere origini e
delle accuse che mi sono state
rivolte durante la mia lunga e triste
vita. Quello che ti chiedo, cara
Emma, di imparare qualcosa
riguardo la stregoneria, arte al a
quale
essendo
mia
nipote
scommetto sarai avvezza. Se vorrai
sentirmi vicina durante il tuo
apprendimento, potrai venire a
farmi visita fuori le mura del

cimitero dove sono sicura mi


seppelliranno; ovvero in territorio
eretico.
Guarda
sotto
l'asse
rimovibile dell'armadio della camera
che era stata di tua madre; troverai
l la mia eredit. Non avere paura di
quanto apprenderai. E guardati
sempre le spalle: Tiepole pieno
zeppo di nemici.
Rilessi di nuovo quelle righe
scritte con inchiostro nero, in
stampatello. Mi chiesi se non fosse
tutto uno scherzo. Alla parola
stregoneria
avevo
sorriso,
chiedendomi a cosa mia nonna si
riferisse in realt. Ma quel territorio
eretico mi aveva fatto rabbrividire.

Due
cose
trapelavano
chiaramente dalla lettera: la prima
era che l'avrei gi dovuta ricevere
anni addietro, ma al contrario mio
nonno a quanto pareva si era
dimenticato (o rifiutato) di farlo. La
seconda era che mia madre, da
quanto diceva mia nonna, mi aveva
taciuto molte cose sia su di lei che
sulla mia famiglia. Questo poteva
spiegare la sua crisi di nervi al
momento del ritrovamento della
lettera. Non voleva che la leggessi,
perch forse immaginava quello che
c'era scritto.
Rilessi la lettera per la terza
volta, cercando di darle un senso

differente. Forse avevo frainteso


tutto. In casa non si era mai parlato
di mia nonna e, prima che lei
morisse, non l'avevo mai incontrata.
Non riuscivo neppure a immaginare
come fosse il suo viso. Mi chiesi
perch mio nonno non mi avesse
dato quella lettera a tempo
stabilito.
Mia nonna era morta da molti
anni, e quella busta era rimasta
chiusa a chiave nella madia per
tutto quel tempo invece di essere
spedita
alla
sua
legittima
destinataria.
Quelle
parole
avrebbero cambiato molte cose, e
se le avessi lette prima di certo non

avrei mai seguito i miei genitori in


quel posto. Ero quasi tentata di
chiamare mia madre e sventolarle
la lettera sotto il naso per farmi
dare qualche spiegazione.
Ma non sapevo se quella fosse la
mossa migliore. Di certo avrebbe
eluso le mie domande, mi avrebbe
sottratto la lettera e le sarebbe
scoppiata di nuovo una crisi di
nervi.
Ma c'era un altro modo per
verificare se ci che la nonna diceva
fosse vero. Posai il foglio ingiallito
sul letto e mi alzai. Lanciai una
veloce occhiata alle scale; i miei
genitori al piano di sotto parlavano

ancora, ma a voce pi bassa questa


volta. Sperai che continuassero cos
per almeno altri dieci minuti. Mi
diressi verso l'armadio, piccolo e di
legno, posto tra la parete e il letto.
Mia nonna parlava di un'asse
mobile al suo interno. Se non avessi
trovato nulla significava che lei mi
aveva fatto uno stupido scherzo, e
che non avrei dovuto credere a una
sola parola. Se al contrario l'asse
rimovibile
ci
fosse
stata
nascondendo quella che chiamava
la sua eredit.
Aprii l'armadio che cigol
rumorosamente. Lanciai un'altra
occhiata
veloce
alle
scale,

aspettando che i miei salissero a


vedere cosa stessi combinando
attirati da quel rumore. Ma questo
non accadde.
Allora sospirai, e tastai il fondo
di legno. Nell'armadio c'erano
qualche vecchia stampella, e della
biancheria ingiallita dentro sacchi di
nailon trasparente. La puzza di
chiuso e polvere stantia mi
disgustarono. Pi di una volta mi
chiesi cosa stessi facendo. Non
avrei trovato altro che ciuffi di
polvere grandi quanto fiocchi di
neve, e forse qualche ragnetto
stecchito. Iniziai a dare qualche
piccolo colpetto alle assi. E sotto i

miei colpi leggeri, una risuon


vuota. Sussultai. In fin dei conti me
l'aspettavo. Mi sporsi in avanti,
tanto da entrare nell'armadio con
quasi tutto il corpo. Non senza
fatica, trovai le due estremit
dell'asse mobile e le sollevai. Nel
farlo mi scheggiai un dito.
Ignorando il dolore tolsi l'asse da
una parte, ma a causa della
pochissima luce non riuscii a vedere
cosa
contenesse
il
fondo
dell'armadio.
Mi ci volle molto coraggio per
decidermi a infilarci una mano. Mi
aspettai quasi che ne uscisse la
bocca di un animale e che mi

mangiucchiasse tutte le dita con i


suoi denti aguzzi. Fantasie da
bambina.
Sussultai di nuovo e ritrassi la
mano
quando
i
polpastrelli
sfiorarono qualcosa di consistente e
freddo. La nonna non mi aveva
mentito, c'era davvero qualcosa
nell'armadio. Eccitata, confusa e
impaurita restai a fissare il fondo
dell'armadio, nero come la pece.
Per quanto ne sapevo l
potevano esserci lingotti d'oro, o
vecchi gioielli, o addirittura il
passaggio per un'altra dimensione.
Aspettai che il coraggio mi
tornasse, ma questo non avvenne.

Mi rialzai in piedi e senza rimettere


l'asse al suo posto, richiusi
l'armadio.
Guardai la lettera poggiata sul
letto e rabbrividii.
Mia nonna era pazza? Per questo
mio
nonno
non
mi
aveva
consegnato la sua lettera, e mia
madre faceva la misteriosa e aveva
sempre cambiato argomento in
passato quando per caso le
accennavo di lei?
Questo poteva spiegare alcune
cose, ma non tutto. E rimaneva un
altro fatto da verificare prima di
mettere sotto torchio mia madre.
Nascosi la lettera sotto il cuscino

e scesi le scale con la doverosa


attenzione. Quando giunsi di sotto
mia madre trafficava in cucina,
mentre mio padre cercava di
riaggiustare senza riuscirci l'anta
della madia che aveva scassinato.
Entrambi non si accorsero della mia
presenza, ognuno assorto com'era
nei propri pensieri. Quando parlai la
mia voce li fece sobbalzare
entrambi.
Voglio uscire a fare una
passeggiata! annunciai.
I miei genitori si voltarono a
guardarmi. Mio padre si sollev in
piedi lasciando cadere il cacciavite
con noncuranza, rassegnato.

La madia aveva vinto di nuovo.


Adesso? mi domand in tono
duro.
Ma mi sforzai di credere che
fosse arrabbiato con quel maledetto
mobile, e non con me o con mia
madre.
S, sono stanca di stare chiusa
qui dentro. risposi affondando le
mani nei jeans e cercando si
assumere un'aria annoiata.
Mia madre non s'intromise.
Preparava il pranzo in assoluto
silenzio.
Dopo aver mangiato.
sentenzi mio padre lanciandole
uno
sguardo
veloce.
Ora

apparecchia, per favore.


Quel per favore suonava come
un fa quello che ti dico senza
domande e senza insistere. Non
potei fare altrimenti. In fondo la
tomba di mia nonna aveva atteso
tutti quegli anni, quindi avrebbe
potuto continuare ad aspettare
ancora per un'ora.
Il pranzo trascorse in assoluto
silenzio, e dur pi del dovuto.
Almeno io ebbi quella impressione.
Mia madre e mio padre non si
scambiarono uno sguardo e io mi
chiusi in un mutismo profondo,
poich sapevo che qualsiasi cosa
avessi detto li avrebbe comunque

infastiditi. Mi stup soprattutto il


fatto che nessuno dei due mi
domand se avessi letto la lettera
indirizzata a me e il suo contenuto.
Arrivati finalmente al caff,
rinnovai il mio desiderio di uscire.
Ma questa mia insistenza insinu
loro dei sospetti; era inevitabile.
C' molto da fare qui in casa.
Hai sistemato le tue cose? mi
chiese
mia
madre
mentre
sparecchiava.
Non tutto. Ma non ho portato
molti vestiti, li sistemer pi tardi.
La guardavo con sospetto, come se
in lei ora vedessi un'altra persona.
Una persona che mi aveva tenuto

nascosti dei fatti importanti.


Che mi aveva mentito.
C' una scuola qui a Tiepole?
iniziai
fingendo
un
tono
indifferente.
Una scuola? chiese di rimando
mio padre.
S. Insomma, che cosa c' qui a
Tiepole, una scuola, un campo di
calcio, una chiesa, un cimitero.
Mio padre afferr la tazzina di
caff fumante che mia madre gli
aveva messo davanti, e mi guard
di sbieco.
Emma, arriva al punto per
favore.
Feci un profondo respiro. Mai gli

avrei rivelato il contenuto della


lettera o accennato all'asse mobile
nell'armadio, ma non trovavo scuse
plausibili per ottenere quello che mi
serviva sapere.
Quindi mi feci coraggio e rivelai:
Voglio andare a trovare la nonna.
Non si aspettavano una
rivelazione simile, me ne accorsi da
come reagirono. A mia madre per
poco non si rovesciarono i piatti
dalle mani, e mio padre scost la
sedia dal tavolo trascinandola sul
pavimento.
Scatt
in
piedi
rischiando di versarsi il caff
bollente addosso.
Io lo sapevo. Te l'avevo detto!

inve contro mia madre.


Poi pos la tazzina sul tavolo e
senza aggiungere altro si mosse per
raggiungere il bagno a passi veloci,
dove si chiuse sbattendo la porta.
Mi lasci completamente basita.
Dunque anche lui era complice.
Anche lui era a conoscenza di quelle
cose che per anni tutti mi avevano
nascosto. E a giudicare dal suo
comportamento
erano
segreti
anche piuttosto gravi.
Ora quello che mi preoccupava
era la reazione di mia madre. Si
sarebbe lasciata di nuovo andare a
uno dei suoi sfoghi pietosi?
Guardai la porta del bagno e

pregai perch mio padre uscisse


subito.
Emma, hai letto la lettera della
nonna? mi chiese mia madre a
voce bassa.
Mentire a questo punto non
sarebbe servito a niente. Annuii.
Emma. Mia madre si volt a
guardarmi. Sembrava che il viso le
fosse invecchiato di dieci anni. Gli
occhi velati dalle lacrime erano solo
una delle cose che mi fecero
preoccupare per lei.
Ho sbagliato a portarti qui con
me. disse appoggiandosi al lavello.
Me ne rendo conto.
Perch dici cos, mamma?

Cercai di mantenere un tono


calmo e di non arrabbiarmi per non
procurarle altra tensione. Mia
madre venne a sedersi di fronte a
me.
In un gesto distratto pass la
mano sul tavolo, facendo cadere a
terra qualche mollica che vi era
rimasta sopra.
I Tiepolesi non avevano buona
stima di tua nonna. inizi, gli occhi
fissi sulla superficie del tavolo. Lei
era considerata una sorta di
fattucchiera, leggeva le carte,
parlava con i defunti attraverso
nastri vergini e altre cose di questo
genere. Non era una brava

persona.
Fece una pausa per darmi il
tempo di metabolizzare quelle
informazioni assurde. Ma in fondo
era lo stesso concetto espresso da
mia nonna nella sua lettera. Ora la
parola stregoneria non mi faceva
pi sorridere.
Fece molte cose brutte nella
sua vita. continu. Io appena ho
potuto sono scappata via.
Cose di che genere? chiesi con
un filo di voce.
Non ero certa di volerle sapere.
In quel momento mio padre apr di
scatto la porta del bagno facendoci
sobbalzare entrambe.

Quella donna odiava tutti


quanti, odiava anche me! sbrait
dirigendosi
in
cucina.
Cerc
frettolosamente
qualcosa
sul
lavello, poi nelle buste ancora da
sistemare e infine nel piccolo
mobiletto accanto alla finestra. Ha
rovinato
il
giorno
del
mio
matrimonio, e per poco non
rovinava anche il tuo battesimo!
Poi cercando di mimare la voce
della nonna: nata femmina,
una femmina! Diventer come me e
te! E parlando guardava mia
madre, che fece un enorme sforzo
per non scoppiare a piangere. Io
ero sempre pi confusa. Vidi mio

padre trovare quello che cercava:


una bottiglia di limoncello che
subito si vers in un bicchiere preso
a caso dallo scola stoviglie. Mio
padre non era solito bere dopo
pranzo.
Questo mi allarm.
Pap, ma che dici.
Mio padre bevve il limoncello
d'un sorso. Fece una smorfia, gett
il bicchiere nel lavello (dove
miracolosamente non si ruppe) e
rimise il tappo alla bottiglia.
Dico che tua nonna era una
strega, una megera infida e
bugiarda. sibil voltandosi. Una
delle persone pi cattive che abbia

mai conosciuto!
Mia madre non ce la fece pi a
trattenersi. Scoppi in lacrime e si
alz per scappare in bagno. Ma mio
padre fu pi veloce di lei e,
pentendosi di tutto ci che aveva
detto, scatt in avanti per
accalappiarla per un braccio.
Scusandosi
e
mutando
atteggiamento, la prese tra le
braccia. Io li guardavo abbracciarsi,
e pensavo che fossero impazziti
entrambi. Sentivo che tutto ci in
cui avevo creduto fino ad allora si
era dissolto nell'istante in cui avevo
letto quella lettera. I miei genitori
mi avevano nascosto molte, troppe

cose. E mia nonna... la sua


immagine era sempre pi sfocata
nella mia mente. Non sapevo cosa
pensare di lei.
Mi alzai lentamente. Seguita
dallo sguardo di mio padre andai in
bagno. Non appena chiusi la porta
mi fissai nello specchio dalla forma
ovale. I capelli lunghi e neri
perfettamente sistemati e gli occhi
color nocciola sui quali persisteva
ancora il sottile strato di matita
nera applicata quella mattina,
stonavano decisamente con la mia
espressione indecifrabile. Ero anche
un po' pallida. Mi sciacquai la faccia
con dell'acqua fredda e poi mi lavai

i denti. I gesti che facevo erano


lenti e automatici; mi sentivo
svuotata da ogni pensiero. Quando
mio padre buss alla porta, uscii
subito. Lui mi pass un braccio
attorno alle spalle e mi invit a
sedermi di nuovo. Mia madre era
tornata a sbrigare le faccende in
cucina,
seria
in
viso,
completamente ammutolita.
Scusami Emma. disse lui.
Non volevo risponderti in quel
modo.
Mi sforzai di annuire.
Non voglio che tu te ne vada in
giro per Tiepole da sola, ma non
posso nemmeno obbligarti a restare

qui dentro.
Stamattina mi avete fatta
uscire voi per comprare il pane.
risposi. E non mi accaduto
niente.
Qualunque
cosa
sia
successa alla nonna, passata
oramai. E ripensai al modo in cui
tutti all'interno dell'emporio mi
avevano guardata non appena
scoperto di chi fossi la nipote.
Ovviamente omisi quel particolare
in quel momento.
Se vuoi fare visita a tua nonna
va bene. continu mio padre
trattenendo la rabbia mentre diceva
quelle parole forzate. Ma noi
vogliamo leggere la lettera, prima.

Io giudicai quello uno scambio


equo viste le circostanze. Poi per
dissi: Non prima. Mentre. Mentre
sono fuori leggerete la lettera.
Chi mi dice che poi non
cambierete idea?
Mi aspettai un sonoro diniego,
invece mio padre parve pensarci su
e, alla fine, accett quella mia
condizione. Mia madre aveva
iniziato a lavare i piatti senza
fiatare o degnarci di considerazione,
come se nella stanza non ci fossero
altri che lei.
Io non sono mia nonna, pap,
non l'ho nemmeno conosciuta.
Questo lo sai bene. Qualunque

cosa sia successa qui a Tiepole non


mi riguarda. Ma mi sembra
doveroso farle almeno una visita,
ora che sono qui. Non mi fermer
tanto, il tempo che avrete di
rileggere un paio di volte la lettera
e sar gi di ritorno. State
tranquilli. Dicendo quelle parole
guardai mia madre, che proseguiva
a insaponare ritmicamente i piatti
come se seguisse una melodia
invisibile. Mio padre annu. Ci
scambiammo poi un sorriso forzato.
Mi strinse forte una mano, per un
istante brevissimo. Poi mi alzai e
recuperai
il
giacchetto
dall'appendiabiti vicino alla porta.

Devi raggiungere l'arco. C' una


stradina
stretta
a
sinistra.
Percorrila. Ti troverai davanti a una
salita asfaltata. Sulla cima c' il
cimitero. La sua tomba fuori le
mura, non ti sar difficile trovarla.
Mia madre aveva parlato con
voce atona, senza staccare gli occhi
dal
piatto
che
ora
stava
risciacquando.
Porta con te un ombrello, fuori
nuvoloso. aggiunse.
Annuii. Feci come mi aveva detto
recuperando il piccolo ombrello che
avevo gettato quella mattina vicino
alla porta d'entrata. Mi riaffacciai
sulla soglia della sala, giusto il

tempo per dire loro che avrebbero


trovato la lettera nascosta sotto il
cuscino del mio letto.
Poi lanciai un veloce saluto a
tutti e due e uscii prima che
qualcuno
potesse
richiamarmi
indietro, o prima che fossi io stessa
a ripensare a ci che stavo
facendo.
Quando fu sicuro che Emma se
ne fosse andata, Flavio Onofri
raggiunse sua moglie. Le cinse la
vita con un braccio e le disse, serio
nella voce: Sar prudente lasciarla
andare fuori da sola?
Laura lasci ricadere nel lavello il
bicchiere
che
stava
lavando.

Abbandon le braccia lungo i


fianchi, incurante delle goccioline di
acqua e detersivo che cadevano sul
pavimento dai suoi guanti bagnati.
Scosse debolmente il capo.
Non lo so. Ma dobbiamo
scoprire se reale o no la sua
maledizione.
Flavio a quelle parole represse
un brivido, e contorse la faccia in
una smorfia di dolore e disgusto.
anche per questo che siamo
qui. aggiunse Laura.
Nella casa di fronte a quella dei
nonni di Emma, avveniva un altro
tipo di conversazione. Christian,
assicurandosi che fosse solo in

casa, sollev la cornetta del


telefono. Compose velocemente un
numero.
Dopo un paio di squilli la voce
amica di Lorenzo gli rispose.
L'ho vista uscire di casa. parl
subito Christian a voce bassa e
guardandosi attorno. Aspett che
l'amico gli rispondesse. Poi disse:
S, dobbiamo farlo.
l'occasione giusta, lo sai. Niente pi
ripensamenti.
Lorenzo gli fece una domanda.
La sua voce era bassa allo stesso
modo, le frasi brevi e sibilline quasi
avessero
paura
di
essere
intercettati.

Certo, chiama anche lui.


rispose Christian. Ci vediamo l,
sbrigatevi.
Lorenzo parl ancora, con tono
preoccupato.
Lo so, rispose Christian.
Anche se mia madre lo scopre mi
uccide.
Lorenzo gli fece una domanda e
lui annu.
S, facciamo cos. Ah Lorenzo,
un'ultima cosa. Fece una breve
pausa. Poi disse, sibilando: Lei
mia.
Riagganci senza neppure
salutare l'amico. And in camera
sua e recuper da una cassapanca

vicino il letto un indumento scuro.


Se lo avvolse attorno a un braccio.
Usc di casa a piedi; la moto
avrebbe attirato troppa attenzione.
Segu le orme di Emma.

Il rapimento
Raggiunsi il cimitero senza fatica e
senza incontrare nessuno. La salita
asfaltata era circondata ai lati da
cespugli bassi e radi. Mi accolse
l'abisso di quel luogo; non si
muoveva una foglia, il vento di
quella
mattina
era
cessato
all'improvviso e giudicai quel
cambiamento
davvero
molto
insolito. Il cielo, dal quale il sole
sembrava essere fuggito a gambe
levate, minacciava la pioggia e per
intero era ricoperto da una nuvola
ferrigna che non accennava a
muoversi. L'intero mondo mi

sembrava racchiuso in una sorta di


globo cenerognolo, l'aria era
pesante
e
avevo
come
la
sensazione che qualcosa di l a
momenti sarebbe accaduto.
Mi guardai attorno fermandomi,
con la sensazione che qualcuno mi
spiasse. Ovviamente era tutto frutto
della mia immaginazione che
elaborava
le
informazioni
sconclusionate ricevute fino ad
allora facendolo a modo suo,
mostrandomi immagini spaventose
degne di uno dei peggior film
dell'orrore. E la vista dell'enorme
cancello del cimitero non fece che
accrescere la mia inquietudine. Le

inferriate appuntite erano poco


distanti le une dalle altre, e l'odore
che aleggiava nell'aria mi induceva
a credere che fossero state
riverniciate da poco tempo. Sul
muro di cinta che si dirigeva verso
ovest, racchiuso all'interno di una
grande nicchia, riconobbi subito lo
stemma che avevo gi visto sulla
sommit dell'arco poco lontano da
casa dei miei nonni. Lo scudo diviso
a met. Lo fissai inutilmente anche
quella volta: il tempo ne aveva
consumato le immagini scolpite
come nell'altro caso, ed era
impossibile capire cosa vi fosse
raffigurato. Ma distolsi subito

l'attenzione da quei particolari


perch sapevo bene che non era l
che dovevo dirigermi. La tomba di
mia nonna si trovava in territorio
eretico, fuori dalle mura. Mi bastava
raggiungere il cancello e guardarmi
attorno. Cos feci: giunta di fronte
all'entrata, l'occhio mi cadde subito
sulla fila di lapidi che partivano alla
mia sinistra, proprio addossate al
muro di delimitazione del cimitero.
Sentii un brivido attraversarmi la
schiena a quella vista. Le lapidi
erano tutte affilate, di grandezze e
altezze diverse; ciuffi di erba incolta
vi crescevano attorno, ed erano
completamente spoglie di vasi o

fiori. Le persone sepolte l dovevano


essere
state
completamente
dimenticate dai Tiepolesi.
Passai in rassegna le lapidi una a
una, stringendomi l'ombrello al
petto come se fosse un'arma con la
quale difendermi dalle mie stesse
paure. L'immagine di un arto che
fuoriusciva
dalla
terra
per
arpionarmi per poco mi dissuase da
quanto stavo facendo. Mi ci volle
tutto il coraggio che possedevo per
leggere i nomi riportati sopra quelle
lastre, nomi di donne soprattutto;
impossibile fu per me non notare
che non vi erano riportate n la
data di nascita, n tanto meno

quella di morte. E alla fine la trovai:


il nome Marta Vasselli era inciso
sulla terzultima lapide. Mi fermai a
fissarla. La lapide era screpolata in
pi punti, palesemente sfregiata.
D'improvviso non riuscii pi a
sentire n paura, n angoscia n
tanto meno tristezza; mi sentivo
svuotata di ogni emozione. L
dunque riposavano le ossa di quella
nonna
che non avevo mai
conosciuto, la donna che tutti a
Tiepole forse avevano odiato. La
strega, come l'aveva definita mio
padre. Non riuscii a provare altro se
non confusione; non sapevo se
piangere sulla sua lapide o se

restare indifferente. Era stata una


cattiva persona in vita, cos mi
avevano detto. Ma dovevo crederci
davvero? Cosa aveva fatto di cos
orrendo per farsi odiare tanto dai
miei genitori? Mia madre era
scappata da lei, e mio padre la
disprezzava con tutta l'anima. E io,
come mi dovevo comportare? Mi
era impossibile amare o odiare una
persona che non avevo mai
conosciuto. Voltai la testa di scatto
quando mi parve di aver sentito
fare il mio nome. Qualcuno mi
chiamava, o era forse la mia
immaginazione? Feci qualche passo
indietro tornando a fissare la lapide.

Una fitta mi sconquass il petto


quando mi parve di nuovo di udire il
mio nome. Senza pensarci due
volte, brandendo l'ombrello come
una spada affilata (e sentendomi
per questo ridicola), mi mossi per
fare la strada a ritroso e tornare di
corsa a casa. Quello non era luogo
da visitare in completa solitudine.
Lanciai un'ultima veloce occhiata
alla lapide di mia nonna e accelerai
il passo.
Arrivata davanti al cancello del
cimitero mi sforzai di non voltarmi a
guardare. Ma i muscoli delle gambe
mi si irrigidirono di colpo, e io mi
voltai lentamente. Non seppi mai

cosa mi avesse spinto a farlo.


Mi avvicinai alle inferriate per
guardare all'interno del cimitero.
C'era una piccola via principale
accerchiata da tombe che si
diramava poi in due parti. Da
crocevia faceva una piccola chiesa
di mattoni scuri, il cui portone a
volta era sbarrato, e le cui vetrate
avrebbero forse riflesso la luce in
tanti arcobaleni colorati se solo ci
fosse stato il sole.
Le tombe all'interno, al contrario
delle lapidi e come ci si aspettava,
erano adornate da fiori di ogni
grandezza e colori e da piccoli
lumini ora spenti.

Trattenni a malapena un grido


quando il profilo di una figura scura
fece capolino da una cripta in alto,
quasi in prossimit della chiesa.
Indietreggiai. L'apparizione era
stata troppo fugace per poter
essere sicura di aver realmente
visto la sagoma di qualcuno. Il
cuore inizi a battermi cos
furiosamente nel petto che credetti
di svenire. Avvertii una vertigine, e
ancora con l'ombrello stretto tra le
mani feci per voltarmi e scappare
via. Pessima, pessima idea quella di
risalire fin lass.
Poi tutto intorno a me si fece
buio. Qualcuno mi sopraggiunse alle

spalle e mi copr la faccia con un


cappuccio. Provai a gridare atterrita
per la sorpresa e lo spavento, ma
chi mi aveva assalita mi tapp la
bocca. Feci cadere l'ombrello e
cercai di divincolarmi, ma due
braccia forti strinsero ancora di pi
la presa su di me e mi trascinarono
all'indietro. Mi sentii morire. Pensai
a mia madre e a mio padre, e al
fatto che sicuramente non li avrei
pi rivisti. Provai a gridare, ma le
mie urla venivano soffocate dal
cappuccio che il mio assalitore mi
aveva
calato
sulla
testa,
impedendomi quasi di respirare.
Iniziai a piangere. Le due braccia

forti mi trascinarono con s e io non


potei nulla contro di loro. Mi
avrebbero uccisa; ironica fine
morire in un posto nel quale non
avevo mai vissuto ma dal quale
discendevo.
Tentai di divincolarmi ancora una
volta. Inutile. Piansi pi forte, i
singhiozzi mi squarciavano il petto.
Una voce ovattata, maschile, bassa
e profonda allora mi ordin di fare
silenzio. Allent un poco la presa;
forse si era accorto che mi stava
mancando il fiato. Allora respirai
profondamente e il mio assalitore,
lasciando la presa attorno al mio
collo, mi afferr per le braccia, mi

costrinse a voltarmi e mi sollev di


peso. Gridai di nuovo.
Zitta. Zitta o ci sentiranno!
ripet.
Tremante, non potei fare nulla
quando mi prese tra le braccia e
inizi a correre. Pensai di nuovo ai
miei genitori; li avrei pi rivisti?
Poi sentii un rumore metallico,
come una porta scorrevole che si
spalancava. Il mio assalitore mi
gett di peso su un pavimento
freddo e duro, e io gridai di nuovo
ma per il dolore questa volta; avevo
battuto un fianco.
Vuoi ammazzarla cos? parl
un'altra voce maschile.

Sentii di nuovo il rumore


metallico. Poi un pugno che
bussava contro qualcosa e la voce
ovattata del mio assalitore che
ordinava:
Parti!
Mi irrigidii a tal punto che il mio
sangue si tramut in ghiaccio.
Dove mi stavano portando? Il
cuore sembr aver smesso di
battermi. Forse ero gi morta?
Sentii il rombo di un motore, poi il
mezzo dove mi avevano trascinata
a forza part, scattando in avanti e
facendomi ruzzolare e battere una
spalla questa volta. Cercai di
rialzarmi, ma il mio assalitore fu pi

svelto di me perch mi accalappi


per un braccio e mi costrinse a
mettermi seduta. E finalmente mi
tolse il cappuccio dalla testa; nel
farlo
mi
tir
incurantemente
qualche ciocca di capelli. Avevo gli
occhi stracolmi di lacrime, dunque
mi era impossibile vedere con
nitidezza dove mi trovavo. Non
c'era molta luce allinterno del
mezzo, ma non ci misi molto a
capire che ero stata trascinata su di
uno squallido furgone.
Non capivo per quante persone
ci fossero attorno a me.
Vi prego. piagnucolai con voce
strozzata. Vi prego.

Non riuscivo a spiccicare altre


parole; la lingua mi si era incollata
al palato. Scoppiai di nuovo a
piangere e quando il mio assalitore
mi si accost, mi gettai con tutta la
forza che avevo in un angolo
battendo il sedere e la schiena.
Riuscii a notare che lui aveva sia il
viso che il corpo coperto da un
lunghissimo mantello scuro.
Levati quel coso di dosso! lo
sgrid l'altro ragazzo la cui sagoma
si trovava dirimpetto a me. Non
vedi che la stai facendo morire di
paura?
Il furgone sobbalz un paio di
volte facendomi gridare. Avevo la

nausea. Correvamo come pazzi


verso una sorte che non potevo
lontanamente immaginare. Il mio
assalitore ubbid al suggerimento
dell'altro, e si sfil il mantello che
gett da un lato. Tuttavia non
riuscii a vederlo bene.
Non vogliamo farti del male!
disse poi. Te ne avrebbero fatto
molto di pi quelli al cimitero.
Dunque considerati fortunata.
Fortunata? Io mi consideravo
solo spacciata in quel momento.
Prendi un po' d'acqua.
comand poi all'altro tizio seduto di
fronte a me.
Secondo me sviene. rispose lui

alzandosi e reggendosi in precario


equilibrio. Lo vidi piegarsi poi sulle
ginocchia e armeggiare con una
borsa. Il furgone sobbalz di nuovo
e per poco lui non cadde lungo
disteso ai miei piedi.
Te l'ho detto che era meglio se
guidavo io! si lament.
Quindi recuper una bottiglietta
d'acqua che mi pass subito.
Tieni, bevi un sorso!
Io restai immobile a fissare la
bottiglia. Quindi, in un gesto
involontario che non credetti di
avere il coraggio di fare, alzai una
mano e schiaffeggiai la sua. La
bottiglietta d'acqua cadde lontana

da noi.
Pentendomi subito di quanto
avevo fatto, mi raggomitolai
facendomi piccola da una parte.
Strinsi le ginocchia al petto,
sperando di non aver irritato i miei
rapitori. Il mio assalitore mi si fece
vicino e io gridai cercando di
alzarmi e scappare, anche se
sapevo che non sarei potuta andare
lontano.
Mi dispiace di averti
spaventata, ma era l'unico modo.
disse.
Credimi, ti abbiamo fatto un
favore! Mi si accost ancora un
poco e io provai ad alzarmi sulle

gambe. Lui allora mi afferr un


polso, bloccandomi. Ti ho detto di
stare tranquilla, che non ti faremo
nulla! Non essere cocciuta per
favore!
Alzai la testa per guardarlo in
faccia. Riuscii solo a vedere un viso
squadrato, dei capelli scarmigliati, e
una peluria incolta sotto il mento e
sulle guance. Intimidita, abbassai
subito lo sguardo. Il cuore
ricominci a battermi fortissimo. Lui
prima allent la presa sul mio
polso, poi lo lasci.
E ora che si fa? domand
l'altro ragazzo che si era riseduto al
suo posto. Non possiamo tenerla

nascosta per sempre.


Sentivo gli occhi del mio
assalitore puntati su di me come
due fari incandescenti. Il furgone
rallent. Sobbalz di nuovo, per poi
fermarsi stridendo.
Cavolo, ma possibile che non si
decide ancora a dare una sistemata
a quei freni? si lament il ragazzo
seduto davanti a me mentre si
alzava. Un giorno di questi ci
andremo a suicidare.
Il mio assalitore non rispose.
Continuava a fissarmi. Lo sportello
del
furgone
venne
aperto
dall'esterno con un colpo secco.
Finalmente entr della luce che mi

costrinse all'inizio a socchiudere gli


occhi.
Allora, dov' questa famosa
discendente? chiese una terza
voce.
Il ragazzo che era stato alla
guida sal e pos subito lo sguardo
su di me. Mi fiss in silenzio. Poi
disse con voce disgustata: Ma
troppo gracile! Scommetto che
anche anemica.
Fai proprio schifo! lo rimbecc
l'altro ragazzo dandogli una pacca
amichevole
sulla
spalla
e
scendendo con un balzo dal
furgone.
Smettiamola con le stupidaggini

e pensiamo a un piano! disse il


mio assalitore.
Lui mi prese per un braccio e mi
costrinse ad alzarmi, dicendomi di
fare attenzione a non battere la
testa. Quando tent di trascinarmi
fuori, io opposi resistenza. Il
ragazzo allora mi fiss spazientito e
contro la mia volont mi prese tra
le braccia. Non potei nulla contro la
sua forza. Scendemmo con un balzo
e lui mi pos a terra. Finalmente mi
ritrovai faccia a faccia con i miei
rapitori. Ma non persi tempo a
studiarli. Piuttosto mi guardai
intorno per vedere dove fossi.
Avevamo imboccato una via

accidentata di montagna, e tutto


intorno c'erano solo alberi e sassi.
Forse se fossi riuscita a scappare mi
sarei potuta nascondere. Senza
pensarci due volte, diedi una
leggera spinta al mio assalitore e
mi staccai finalmente da lui. Corsi
verso un punto alla mia sinistra,
senza sapere esattamente cosa
stessi facendo.
Ma il ragazzo, come era
prevedibile, non impieg molto a
riacciuffarmi. Mi afferr per la vita,
mentre i suoi due compagni
scoppiavano in risate di scherno. Il
mio assalitore mi blocc le braccia
con una mano mentre fece scorrere

l'altra poco sotto il mio seno,


all'altezza dello sterno. Mi blocc in
una morsa dalla quale non potevo
sfuggire. Gridai.
Se prometti di non fare altre
cavolate, ti lascio. mi sussurr.
Allora?
Fui costretta ad annuire. Lui si
stacc da me per accalappiarmi un
braccio. Non trovavo ancora il
coraggio di guardarlo in faccia.
Forse dovremmo presentarci a
dovere, magari si calma. azzard il
ragazzo che mi aveva offerto
l'acqua.
Piacere,
io
sono
Lorenzo!
Allung una mano facendomisi

vicino. Era un ragazzo alto,


filiforme, dai capelli biondi e gli
occhi azzurri. Il viso era rasato a
dovere, e lo sguardo sembrava
bonario. Non risposi alla sua stretta
ma lui rest ugualmente con la
mano tesa.
Ti conviene stringergli la mano;
capace di restare in quella
posizione per tutto il giorno! mi
sugger il ragazzo che aveva
guidato mentre si accendeva una
sigaretta.
Quest'ultimo
aveva
invece i capelli lunghi fino alle
spalle, scuri come gli occhi e un
naso e una bocca che parevano
tracciati da un abile disegnatore. Un

tatuaggio gli ricopriva i muscoli


dell'avambraccio destro. Mi chiesi
come potesse non avere freddo con
solo addosso quella maglietta a
manica corta, e quei jeans strappati
alle ginocchia.
Io fui titubante ancora qualche
minuto; poi di fronte all'insistenza
di Lorenzo mi decisi finalmente a
ricambiare la sua stretta di mano.
Iniziavo a pensare che davvero
non volevano farmi del male. Ma
questo non bastava a spiegare il
motivo per il quale mi avevano
rapita e portata lass.
Lui Valerio. disse Lorenzo
accennando al suo amico che

fumava placidamente dopo essersi


seduto su un masso.
Io gli rivolsi un timido gesto della
mano, al quale il ragazzo rispose
con un cenno della testa. Mi
aspettai che il mio assalitore si
presentasse a sua volta, ma questo
non avvenne.
Basta con i convenevoli! disse
parlando al di sopra della mia
spalla. Che si fa adesso?
Credevo che tu lo sapessi! gli
rispose Valerio. Tu ci hai trascinati
in questa situazione, Christian!
Bene, dunque adesso anche il
mio assalitore aveva un nome.
Che cosa volevi fare, lasciarla in

mano loro a morire? disse


Christian aumentando un poco la
presa sul mio braccio.
Le sue parole scatenarono
dentro di me una tempesta di dubbi
e interrogativi. Riacquistai di colpo
l'uso della parola che credevo aver
perso per sempre.
Lasciarmi morire? domandai
con un filo di voce.
Valerio trattenne la sigaretta tra
le labbra e batt le mani; il clap che
produsse echeggi per tutta la
montagna.
Sa parlare! esclam poi. Mi
sembrava strano che una strega
non sapesse parlare!

Non risposi a quello che mi


sembr un insulto. Mi aveva
chiamato strega. Era chiaro che
sapessero anche loro tutto su mia
nonna.
Ti avrebbero uccisa prima al
cimitero.
spieg
Christian
ignorando l'amico. Non puoi
immaginare quanti nemici hai qui a
Tiepole!
Il ragazzo mi lasci il braccio che
presi subito a massaggiarmi.
Ero indolenzita in pi parti del
corpo, e dovevo avere dei grossi
lividi l dove avevo battuto le ossa
quando ero stata scaraventata sul
furgone. Christian mi si par

davanti, e questa volta non potei


sfuggire ai suoi occhi scuri e
profondi. Era molto pi alto di me,
le spalle larghe, le braccia
muscolose, il petto ampio. Il viso
era squadrato, serioso. Non doveva
essere un tipo che sorrideva molto
spesso. In confronto a lui mi sentii
una piccola pulce; se avesse voluto
mi avrebbe schiacciata con un
pugno.
Quali, quali nemici. biascicai,
imbarazzata.
Tua nonna lanci molte
maledizioni prima di morire. disse
incrociando le braccia al petto.
Maledizioni? ripetei confusa.

Io. Io non so nulla su mia nonna,


non l'ho mai conosciuta. la prima
volta che vengo qui e me ne voglio
andare via!
Troppo tardi. rispose Valerio.
Oramai ti perseguiteranno. Sono
tutti convinti, visto che sei la sua
unica discendente, che anche tu sia
una strega. Ti bruceranno viva!
Canticchi quelle ultime parole. Mi
chiesi se non mi stesse prendendo
in giro.
Ti aspettavamo da tempo,
sai? parl Lorenzo.
C' una profezia che ti riguarda,
che riguarda la sua discendente!
Riprese Christian. Tua nonna

disse che tu avresti vendicato la sua


morte. Che i suoi poteri sarebbero
esplosi dieci volte.
Cento volte. lo corresse
Lorenzo.
Che sarebbero esplosi cento
volte in te tornata qui a Tiepole. E
che avresti finito il suo lavoro.
Incrociai le braccia al petto,
stringendomi nelle spalle.
Io non credo a quello che mi
dite.
Sono
tutte
cavolate.
Riportatemi dai miei genitori e vi
prometto che me ne andr subito.
Un grido, o quello che sembr
tale, riecheggi d'improvviso per la
montagna. Sobbalzai spaventata,

con il cuore che ricominciava a


battermi forte nel petto. Valerio
scatt in piedi, mentre Christian mi
riacciuffava per un braccio. Lorenzo
cacci qualcosa dalla tasca dei
jeans.
Che cosa stato? balbettai.
Almeno quella volta non mi
dispiacque che Christian mi tenesse
stretta a s, anche se mi stava
facendo male involontariamente.
Senza volerlo mi aveva coperto di
lividi le braccia sotto la giacchetta.
Qualcosa deve essere andato
storto nel loro rituale, o quello che
diavolo
stavano
facendo
al
cimitero! disse Lorenzo. E lei non

c'entra.
Lo guardai: aveva un oggetto
rotondo stretto in una mano e lo
teneva dritto davanti a s. Ero
troppo spaventata per chiedergli
cosa fosse.
Tua madre ha forse. fece
Valerio rivolto a Christian.
Che sia dannata! sbrait lui
facendomi
sobbalzare.
Forse
l'hanno fatto!
Fatto cosa? domand Lorenzo.
Ma nella sua voce si percepiva che
conoscesse gi la risposta. Fatto
l'incantesimo dei morti? domand
di nuovo lui. E si infil l'oggetto
rotondo dalla testa. Era un

medaglione e dall'apparenza rozza


e rudimentale si capiva che fosse
stato fabbricato in casa da mani
inesperte. Io non seguivo il filo del
loro discorso. Tutto mi sembrava
cos assurdo e forse stavo
semplicemente sognando. Come
potevo
trovarmi
tra
ragazzi
sconosciuti in mezzo a una
montagna a parlare di stregonerie e
di incantesimi dei morti?
Sul furgone. Tutti. Adesso.
comand perentorio Christian.
Mi trascin con lui e mi costrinse
a salire. Lorenzo ci segu subito,
mentre Valerio dopo aver buttato a
terra e spento la sigaretta lo imit.

Ci rinchiudemmo nel furgone, in


silenzio. Non volevo chiedere cosa
stesse accadendo, perch sapevo
che la risposta non mi sarebbe
piaciuta e non l'avrei in ogni modo
capita. Mi ritrovai seduta tra
Christian e Valerio. Lorenzo si sfil il
medaglione e lo pos a terra, vicino
ai miei piedi. Christian mi pass un
braccio attorno alle spalle, e al suo
tocco stavolta non mi ribellai.
cominciato. sussurr
Lorenzo. Credo che potremo dire
addio alla tranquillit di Tiepole! Si
ritorna al passato.
Almeno ci divertiremo! rispose
Valerio.

E notai che si era avvicinato


troppo a me, e che mi stava
annusando i capelli. Trasalii.
Christian se ne accorse e richiam
subito l'amico.
Ma te l'ho detto! si difese
subito lui. Sarebbe troppo gracile
per i miei gusti.
E allora smetti di annusarmi o
giuro che mi metto a strillare, razza
di imbecille! lo sgridai senza
neppure accorgermene.
Sentii Christian trattenere una
risata.
Dovremmo interpellare Simo!
disse
Lorenzo
fissando
il
medaglione. Cavolo, ci mancavano

solo gli spettri adesso.


Chiss chi hanno risvegliato.
gli rispose Valerio. Magari il cugino
di secondo grado di mia madre; cos
gli chiedo dov' che ha nascosto la
cassetta degli attrezzi che gli prest
mio padre!
Lorenzo rise, nervosamente.
Qualcuno mi spiega per favore
che succede? chiesi sull'orlo di una
crisi.
Hanno aperto una tomba.
cominci Christian. Ed evocato uno
spirito. Se ci sono riusciti vuol dire
che ora sei davvero in pericolo,
perch lo spettro te che cercher.
Se non ci sono riusciti, hanno

combinato
un
bel
casino
comunque.
Ma si pu, dico, evocare uno
spirito? chiesi. Qualcuno l'ha mai
fatto?
S.
Una terribile certezza mi cal
addosso come un manto pesante.
Lasciatemi indovinare: mia
nonna?
S.
Rabbrividii. Poi scossi la testa.
Cazzate. dissi. Riportatemi a
casa, per favore. La voce mi
s'incrin mentre pronunciavo quelle
ultime parole.
No. Christian aument la

stretta sulle mie spalle. Mi


dispiace ma non possiamo. Non
sicuro l fuori per te. Prima bisogna
controllare.
Poi
comand
a
Lorenzo
di
mettersi
in
comunicazione con una certa Simo.
Lui ubbid all'istante. Estrasse il
cellulare dalla tasca ma non
compose alcun numero.
Non
so
se
stavolta
funzionerebbe; l'altro giorno mi
andata bene, oggi potrei non
riuscire a parlarle. disse, e subito
dopo imprec.
Non c' campo qui dentro. si
lament senza staccare gli occhi dal
suo telefono.

Ma non risponderebbe lo
stesso? gli chiese Valerio. Com'
che fa a parlarti?
Lorenzo fece spallucce e si alz
con il cellulare stretto nella mano;
fece attenzione a non battere la
testa.
Non l'ho mai saputo, ma
facciamo un tentativo aggiunse.
Ok, ti copro io le spalle. si offr
Valerio. Cos' che devo fare con il
medaglione? Tenerlo alto, poi
agitarlo e poi saltare due volte in
avanti e due indietro? Non che poi
inizia a piovere?
Vidi chiaramente Lorenzo
mostrargli il dito medio. Valerio

rise, afferr il medaglione da terra e


apr di scatto lo sportello del
furgone. Scese con un salto.
Lorenzo lo imit subito.
Che idiota! La trasformazione
gli ha dato alla testa! comment
Christian.
Restammo soli, in silenzio. Fissai
lo sportello del furgone aperto e
pensai per un momento di
precipitarmi fuori e scappare da
tutta quella follia.
Prima che tu possa arrivare l,
io ti avrei gi riacciuffata! parl
Christian. E questa volta mi
costringeresti a legarti i piedi e le
mani!

I tuoi amici non sembrano


prendere la situazione sul serio
come fai tu! lo provocai. Avevo
capito che dei tre lui poteva essere
definito come il capo; e la sua
alterigia iniziava a infastidirmi.
Davvero? rispose lui. Lorenzo
figlio di unacerrima nemica di tua
nonna. Mentre Valerio ha buone
probabilit di diventare quello che
tutti chiamano vampiro o gi di l.
Credi quindi che non prendano la
situazione sul serio?
Mi irrigidii.
Che intendi per vampiro? I
vampiri non esistono.
Sentivo che Christian mi fissava

con occhi imperscrutabili.


Tua nonna lo maledisse il
giorno della sua nascita.
Mi sforzai di annuire. Poi pensai
a quanto mi aveva detto su
Lorenzo.
Se sua madre odia mia nonna,
lui non dovrebbe odiare me?
Anche io dovrei odiarti. mi
disse abbassando il tono di voce.
Tua nonna ha prima torturato e
poi ucciso mio nonno. E ha
maledetto anche me.
Mi voltai a guardarlo. Ora aveva
gli occhi incollati a terra, ma la sua
espressione sembrava tranquilla.
Dall'esterno arriv la voce di

Lorenzo; parlava animatamente al


telefono. A quanto sembrava era
riuscito a mettersi in comunicazione
con Simo, che immaginai essere
una loro coetanea difficilmente
reperibile, la quale magari abitava
molto distante da l. Non feci molta
attenzione
a
quanto
diceva,
ascoltavo la sua voce ma non la
sentivo veramente. La mia mente
inizi a vagare e a riflettere su tutto
ci che mi era stato detto fino ad
allora. E pi rimuginavo, pi il mio
cervello rifiutava tutto. Alla fine mi
ritrovai
con
la
mente
completamente svuotata. Fissai un
punto davanti a me, incollando gli

occhi sul poster di una band rock


che non conoscevo attaccato alla
parete del furgone. Sperai di
risvegliarmi nel mio letto, a Roma.
Pregai affinch Tiepole fosse tutto
un sogno. Quello che mi stava
accadendo era fuori del normale,
impossibile, inimmaginabile. Era
troppo per me.
Lorenzo fece capolino dallo
sportello aperto del furgone.
Ci siamo sbagliati di grosso.
Simo dice che loro non c'entrano e
che l'incantesimo dei morti non
stato praticato.
Christian a quelle parole si
stacc da me e si alz in piedi.

Dobbiamo verificare lo stesso.


Io vengo con voi? domandai
timidamente.
Guardai Lorenzo e ripensai alle
parole di Christian: lui era nemico di
mia nonna. Chiss perch doveva
odiarla cos tanto. Quella donna mai
conosciuta che riposava in territorio
eretico aveva fatto del male a tutti
e tre in un modo o nell'altro; me ne
sentii in colpa, e me ne vergognai.
E avvertivo ora la necessit di fare
qualcosa, come a rimediare alle
sofferenze che mia nonna aveva
inferto, anche se non potevo
neppure immaginare di che natura
fossero.

No, Emma. mi rispose


Christian. Non prudente per te
esporti cos.
Immaginavo una risposta simile.
Io continuo a non capire. dissi
sospirando e scuotendo la testa.
Se non proveniva dal cimitero
disse Valerio lontano dalla mia
visuale, vuol dire che quel suono
giungeva da qui, dalle montagne.
Dalle Colline Brade forse?
chiese Lorenzo.
E sentii nella sua voce un tono di
preoccupazione e paura. Ma alla
sua domanda nessuno rispose.
iniziato. sussurr ancora
Lorenzo. la profezia.

Christian si volt a guardarmi. Di


nuovo il senso di colpa mi pervase.
Profezia o no, io vado a
controllare! esclam Valerio. Poi
sal sul furgone e recuper una
sacca. L'apr e ne estrasse qualcosa
che non riuscii a vedere.
pericoloso. Vengo con te. gli
rispose Christian. Tu Lorenzo
riporta Emma a casa.
Quel piano non mi piaceva per
niente, ma non protestai. In fondo,
tornare a casa dei nonni e mettere
sotto torchio mia madre riguardo
quella dannata profezia, era l'unica
cosa che desideravo. Me ne restai
seduta l in un angolo, come un

pesce fuori dall'acqua, mentre


vedevo Valerio scendere con un
balzo dal furgone. Non mi degn
nemmeno di un saluto; in fondo non
potevo biasimarlo. Christian mi
lanci un'occhiata veloce e senza
aggiungere altro, imit l'amico.
Disse qualcosa all'orecchio di
Lorenzo
che
annu.
Quando
restammo da soli, Lorenzo mi
raggiunse per consegnarmi il suo
medaglione.
Che tu ci creda o no protegge
dalla
magia
oscura,
o
pi
semplicemente
dalle
cattive
intenzioni. mi spieg con un
sorriso. Mettilo al collo e

nascondilo sotto il giacchetto. Ti


porter in prossimit della piazza. L
ti far scendere e proseguirai da
sola; non prudente farci vedere
insieme. Mi raccomando, non dire ai
tuoi genitori quello che successo.
Noi non ci siamo mai visti,
d'accordo? Vedrai che le cose ti
saranno spiegate tutte a tempo
debito.
Annuii. Afferrai il medaglione e
senza degnarlo di uno sguardo, feci
come lui mi aveva detto. Lorenzo
poi
mi
assest
una
pacca
amichevole su una spalla.
Mi dispiace se ti abbiamo
rapita! disse.

Mi dispiace se mia nonna ti ha


fatto del male! risposi.
Lorenzo si rabbui e scroll le
spalle. Poi senza aggiungere altro
scese dal furgone e con uno scatto
richiuse
lo
sportello.
Tornai
nell'oscurit pi totale. E l, da sola
al buio, tutte le paure, i dubbi, le
domande e le fantasie pi terribili si
scatenarono furiose. Volli gridare,
ma mi trattenni. Quando il furgone
part mi abbracciai alle ginocchia e
vi affondai il viso. Sentivo il
medaglione premere contro la pelle
e mi chiesi in quale razza di assurda
situazione mi ero cacciata. Fino ad
allora mi erano state raccontate

solo mezze verit, che allo stesso


tempo potevano essere bugie. Mi
torn la nausea e inizi a mancarmi
l'aria. Avevo come la sensazione
che l, al buio, non fossi sola. Le
crisi di nervi che tanto pi spesso
avevano sorpreso mia madre,
avrebbero colto anche me. Sarei
impazzita. Ora capivo perch lei era
scappata da quel posto. Sospirai e
cercai di farmi coraggio. Ma fu tutto
inutile quando pensai che avevamo
lasciato Christian e Valerio l sulle
montagne, forse in pericolo per
causa mia. All'improvviso il buio
divenne ancora pi profondo. I
sensi mi mancarono e caddi su me

stessa battendo la testa. Non sentii


e non pensai pi a nulla.

La terribile verit
Mi svegli la voce preoccupata di
Lorenzo. Quando riaprii gli occhi il
suo viso era molto vicino al mio. Mi
chiam per nome molte volte, e
solo alla fine risposi con un debole
lamento.
Emma, stai bene? mi
domand mentre mi aiutava a
rimettermi seduta.
Mi sforzai di annuire. Poi il
ricordo del brevissimo sogno che
avevo fatto durante il mio
mancamento, ritorn a me con una
potenza tale da farmi quasi gridare.
Mi aggrappai alle spalle di Lorenzo,

che timidamente mi abbracci.


Dai, Emma, tranquilla, non
successo niente.
Respirai a fondo cercando di
calmarmi. La sensazione di non
essere sola nel furgone si era
avverata quando avevo perso i
sensi: avevo ancora davanti agli
occhi l'immagine di mia nonna che
sedeva davanti a me, una sagoma
indefinita nel buio, gli occhi puntati
nei miei come due lanterne. Non
disse neppure una parola, ma la
sua presenza bastava da sola a
inquietarmi. Quegli occhi vigili su di
me, accusatori e malevoli. E quelle
labbra (nonostante fosse buio riuscii

a vederle bene) piegate in un


sorriso sarcastico e maligno. Perch
doveva avercela con me, sua
nipote?
Perch
voleva
spaventarmi?
Emma, se vuoi ti accompagno
fino a casa. si propose Lorenzo.
Staremo attenti a non farci
vedere.
Io mi scostai un po' da lui e
scossi la testa. Se Lorenzo avesse
passato altri guai per colpa mia,
non lo avrei sopportato.
No, sto bene. farfugliai.
Almeno ho avuto la prova che il
medaglione non vale una cicca!
disse. Devo dire a Simo di

consigliarmene
un
altro
pi
potente! Forse dovevo metterci pi
zampe di gallina.
Guardai Lorenzo chiedendomi se
non stesse dicendo quelle cose per
farmi sorridere. Mi alzai e aiutata
da lui scesi dal furgone. Per un
attimo accusai alcune vertigini che
mi fecero girare la testa, ma
quando tutto torn al suo posto mi
guardai attorno. Riconobbi la strada
principale,
quella
vicina
al
parcheggio
comunale
dove
avevamo parcheggiato la nostra
macchina solo quella mattina.
Anche se mi sembrava trascorsa gi
un'eternit. Mi sorpresi a pensare

quante cose potessero cambiare


nell'arco di una manciata d'ore.
Allora ci vediamo. mi salut
Lorenzo. Mi raccomando, cerca di
non uscire di casa stanotte.
Annuii pensando che quella sera
mia madre avrebbe sostenuto un
lungo interrogatorio, e anche se ne
avessi sentito il bisogno non sarei
comunque uscita neppure per una
breve passeggiata.
Ciao e. grazie. dissi io.
Lorenzo sal sul furgone, chiuse
lo sportello e accese il motore.
Ma prima di lasciarlo partire lo
raggiunsi:
avevo
un'ultima
domanda da fare prima di

separarmi da lui.
Aspetta!
Lorenzo si sporse verso di me
chiedendomi
gentilmente
cosa
volessi.
Ma chi Simo?
Il suo viso si distese in un sorriso
malinconico a quella domanda, e
guard davanti a s piegando la
testa da un lato.
Simo mia sorella. rispose.
Sai, forse a te si mostrer senza
dover ricorrere a cellulari o nastri
vergini.
In che senso?
E aspettai una delle risposte pi
strane che avessi mai sentito, la

quale non tard ad arrivare.


Mia sorella morta molto
tempo fa; diciamo che poco pi di
un fantasma adesso. Non si mai
staccata da questa terra, e riesco a
parlarle se mi concentro abbastanza
da invocarla. Siamo sangue dello
stesso sangue e mi ascolta quando
occorre, anche se non riesco a
vederla. Tua nonna non ha
risparmiato maledizioni neppure a
lei.
Quelle parole mi sconvolsero pi
di tutto quanto avevo appreso fino
ad allora. Aprii la bocca per dire
qualcosa,
ma
Lorenzo
part
lasciandomi completamente basita.

Senza accorgermene scoppiai a


piangere. Tutta la tensione di
quelle ultime ore si allent, per
lasciare il posto a una tristezza
profonda. Non doveva esserci
persona che non aveva subito l'odio
di mia nonna l a Tiepole. E non
potevo
rimproverarli
se
mi
guardavano di sbieco, rimuginando
chiss quali pensieri.
Ma io non ero mia nonna. Non
sarei mai stata come lei, tutti
dovevano
saperlo.
E
per
differenziarmi
da
lei
dovevo
innanzitutto conoscerla, sapere
tutto quello che aveva fatto.
Asciugandomi le lacrime con la

manica
della
giacca,
risalii
marciando verso la piazza. Lanciai
un'occhiata alle montagne tutte
schierate intorno a me come una
cortina di ferro: chiss dove si
trovavano
in
quel
momento
Christian e Valerio, se erano in
difficolt, se avevano bisogno di
aiuto. Sopportai di mala voglia gli
sguardi dei Tiepolesi quando arrivai
in piazza, e sfilai davanti al bar. Mi
sforzai di non far caso a quanto
dicevano a voce bassa mentre mi
fissavano, e accelerai il passo.
Arrivai poi a casa dei miei nonni e
presi a suonare il campanello come
un'ossessa,
pigiandolo
cos

furiosamente
da
rischiare
di
romperlo.
Quando
la
porta
finalmente si apr, i miei genitori mi
corsero incontro; notai subito che
mia madre aveva pianto. Quando
lei prov ad abbracciarmi, io mi
ritrassi. Le puntai contro un indice.
Adesso tu mi dirai che diavolo
questa profezia. E mi dirai tutta la
verit, mamma!
Mia madre impallid e mio padre
pest un piede a terra.
Lo sapevo. sbrait lui
esasperato. Poi fece un sospiro
cercando di dominarsi.
Vieni Emma. mi disse. Tua
madre adesso ti racconter tutto.

Ma per favore, non metterti a


urlare come feci io quando mi
raccont le stesse cose anni fa.
Non troverai il nome di Tiepole
in nessuna cartina geografica, o in
nessuno degli stradari della zona:
Tiepole per il resto del mondo non
esiste. Mia madre fece una breve
pausa, una delle tante che si
sarebbero susseguite durante il suo
racconto. Sedeva davanti a me, gli
occhi chinati a fissarsi le mani
giunte sul tavolo, la voce bassa e
roca, le spalle ricurve. Mio padre
osservava la scena appoggiato al
lavello dell'angolo cottura, le
braccia incrociate al petto e lo

sguardo contrariato ma rassegnato


allo stesso tempo. In fondo, come
iniziavo a pensare, aspettavano da
anni quel momento. Sapevano in
cuor loro che non potevano
continuare a nascondermi la verit
per sempre.
Tiepole fu fondata nel 1823.
Non possiamo andare subito al
sodo? chiesi interrompendola con
tono alterato nella voce.
Cosa voleva fare mia madre,
rivelarmi la verit come se fosse
una storiella raccontata davanti a
un caminetto acceso durante una
festicciola tra amici e parenti?
Emma, lascia parlare tua madre

e non interromperla per favore!


Il tono stentoreo di mio padre
non ammetteva repliche da parte
mia. Mi sforzai di annuire e mi
massaggiai il braccio che Christian
aveva stretto pi volte; ero ancora
indolenzita, ma stetti bene attenta
a non far trasparire questa mia
sofferenza. Mia madre sospir e
riprese dall'inizio: Tiepole fu
fondata nel 1823 da Tiepolo
Costantini, un uomo che aveva una
particolare curiosit verso tutto ci
che era esoterico e misterioso.
Assieme alla sua famiglia abitava
ad Acriterra, un piccolo paesino
situato
dall'altra
parte
della

montagna. Quando gli abitanti di


Acriterra scoprirono ci che Tiepolo
faceva, lo cacciarono via dal paese
e lui si trasfer qui in queste terre
fondando la comunit di Tiepole. Lo
seguirono altre famiglie tra le quali
una in particolare, appassionata
anch'essa di pratiche occulte. Fece
una brevissima pausa, poi rivel: I
Vasselli.
Quel cognome mi fece rizzare i
peli sulla nuca e sulle braccia piene
di lividi. Un brivido mi percorse la
schiena come una potente scarica
elettrica. Vasselli.
S, Emma. Vasselli ripet mia
madre. Lo stesso cognome di tua

nonna. E non c' bisogno che ti dica


cosa questo significhi. Qui a Tiepole
sono pi o meno tutti discendenti di
quelle due famiglie.
Mia madre fece di nuovo una
breve pausa. Quindi ricominci: I
Costantini e i Vasselli praticarono
magia oscura per anni, infettando il
territorio e lanciando maledizioni
ovunque. Poi, ancora non se ne
conoscono
bene
le
ragioni,
divennero nemiche.
Il potere. Il controllo.
intervenne mio padre. Queste
sono le ragioni.
Spostai lo sguardo su di lui.
Cercava di non darlo a vedere, ma

era spaventato. Questo significava


che la parte pi brutta del racconto
stava per arrivare.
Quelli furono tempi duri per il
paese.
riprese
mia
madre
stringendosi nelle braccia. I
Tiepolesi non ne parlano mai, tutti i
documenti e le testimonianze di
quel tempo sono state distrutte e
dimenticate. Li chiamarono i tempi
delle Persecuzioni, durante i quali le
due famiglie si macchiarono di
crimini orribili.
Un'altra pausa. Il silenzio in quel
momento mi assord.
Quando finalmente le contese
finirono,
Tiepole
oramai
era

diventata una terra maledetta;


molte leggende sorsero attorno a
essa, la gente del posto aveva
paura e quella dei paesi limitrofi
smise di avere rapporti con i
Tiepolesi. Fece ancora una pausa,
pi lunga delle altre questa volta. Si
lanci uno sguardo furtivo alle
spalle, come se avesse paura che
qualcuno potesse sopraggiungere
all'improvviso. Vidi con la coda
dell'occhio che mio padre faceva lo
stesso,
gettando
un'occhiata
preoccupata alla piccola finestra
della cucina che dava sulla strada.
Per anni Tiepole cerc di
dimenticare quegli avvenimenti.

riprese mia madre abbassando di


un tono la voce. Fino a quando un
manipolo di persone non tentarono
di rimettere in pratica l'antica
magia.
Ed qui che entra in scena la
nonna? chiesi con voce debole, il
palato completamente prosciugato.
Mia madre annu debolmente con la
testa.
Lei assieme ad altre persone
riuscirono a ricreare quel clima
inquisitorio.
Quelle persone sono sepolte
assieme alla nonna? Appartengono
a loro quelle lapidi fuori del
cimitero? domandai.

Mia madre annu.


Chi erano? domandai ancora.
Che cosa hanno fatto di preciso?
Non seppi mai dove riuscii a
trovare il coraggio per rivolgerle
quelle domande. Pi andava avanti
con il racconto e pi mia madre non
si accorgeva che la curiosit di
sapere cosa fosse accaduto in
realt in me cresceva. Lo spavento
stava passando del tutto. Sapevo
che sia Lorenzo che Christian erano
stati colpiti dalle maledizioni di mia
nonna in un modo o nell'altro; io
ora volevo sapere cosa gli era
successo veramente. Sentii mio
padre muoversi nervosamente e

sbuffare contrariato. Era questo


forse che temeva: che io, alla fine,
mi interessassi pi del dovuto alla
figura di mia nonna e a tutta quella
assurda storia. Temeva forse che al
contrario di mia madre, io non sarei
fuggita. Non sapevo ancora se
dargli pi o meno ragione.
Emma rispose mia madre
cercando di dominare una nuova
crisi di nervi. Queste sono cose
che faresti meglio a non sapere.
Perch allora hai iniziato a
parlarmene?
Perch devi capire il motivo per
il quale la gente di Tiepole ci odia
cos tanto.

Che cos' la profezia? Riguarda


me, non vero? continuai a
chiedere.
Temevo che mio padre mi
rimproverasse duramente, invece
se ne rest immobile a fissare mia
madre. Lei esit, si pass una mano
tra i capelli scarmigliati, poi si
gratt una tempia. Non l'avevo mai
vista cos trasandata e terrorizzata.
Mi pentii subito di averle fatto
quella domanda.
Tua nonna rivel a tutti una
profezia il giorno della sua morte.
spieg in tono piuttosto vago.
Parl
di
una
sua
diretta
discendente che l'avrebbe vendicata

e che avrebbe continuato il suo


lavoro.
E non potresti essere tu,
mamma? La diretta discendente
della nonna sei tu, sei sua figlia.
Mia madre alz le braccia in tono
rassegnato, come a difendersi da
qualcosa. Gli occhi le si riempirono
di lacrime. Una nuova crisi di nervi
era nell'aria.
No, Emma! No! Io rifiutai tutto
questo moltissimo tempo fa,
quando scappai. La voce le si
incrin e fu costretta a zittirsi.
Sapevo che non avrebbe pi
pronunciato
una
sillaba
sull'argomento.

Dunque mi avevano trascinata l


in quel posto non per sistemare gli
ultimi affari del nonno e cercare di
vendere o affittare la sua casa; ma
esclusivamente per capire se quella
assurda profezia si sarebbe rivelata
o no, e in quale maniera.
Ma perch adesso? chiesi per
nulla soddisfatta delle spiegazioni
che mi erano state date.
Non mi venne in cambio nessuna
risposta. Mia madre inizi a
scuotere ripetutamente la testa,
come
se
le
fosse
venuto
all'improvviso un tic. Mio padre
continuava a restare chiuso nel suo
mutismo improvviso, incapace di

fornire argomentazioni valide e


serie. Poi mi ricordai della lettera.
Chiesi se l'avessero letta.
L'ho bruciata. parl finalmente
mio padre indicando con la testa un
mucchietto di polvere deposto nel
portacenere sulla madia scardinata.
Un improvviso odio mi assal a
quella visione. I miei genitori non
avevano avuto il diritto di bruciare
quella lettera. Il loro gesto era
stato inutile e incredibilmente
provocatorio. Ancora non capivano
che pi mi tenevano all'oscuro di
tutto, e pi io mi sentivo coinvolta.
Cercai di ricordare quello che mia
nonna mi aveva lasciato scritto, e

subito mi venne alla mente il


cofanetto nascosto nell'asse mobile
dell'armadio. La mia eredit.
Mi alzai trascinando la sedia sul
pavimento. Mia madre si port le
mani alle orecchie per ripararsi da
quel fastidiosissimo rumore.
Senza dire una parola mi diressi
verso le scale.
inutile, Emma. parl ancora
mio padre. L'abbiamo preso noi.
Mi bloccai; le sue parole mi
avevano pietrificata. Mi voltai verso
di lui stringendo i pugni. Ora ero
davvero furibonda.
Non ne avevate il diritto!
Si invece. rispose ancora mio

padre staccandosi dal lavello della


cucina e facendo qualche passo
verso mia madre.
Seduta con la schiena diritta e lo
sguardo perso davanti a s, era
preda di un nuovo attacco di
panico. Ma questa volta me ne
infischiai.
Nonna ha lasciato quelle cose a
me! dissi.
Emma credimi, l'abbiamo fatto
per il tuo bene! si giustific mio
padre posando le mani sulle spalle
di mia madre. meglio cos.
Voglio vedere cosa conteneva il
fondo dell'armadio. Che cosa ne
avete fatto della mia eredit? E

non mi accorsi neppure di aver


gridato le ultime parole. Vidi mia
madre sobbalzare, e inevitabile
arriv il rimprovero severo di mio
padre.
Vattene in camera tua e restaci
fino all'ora di cena. Non voglio
sentire altre discussioni e non
alzare pi il tono di voce con noi,
signorina. Tua madre ti ha spiegato
la situazione.
Non mi avete spiegato un bel
niente! gridai ancora. Continuate
a tenermi nascoste le cose, e io non
posso perdonarvelo questo! Salii di
corsa le scale mentre mio padre
continuava a gridarmi rimproveri

alle spalle. Arrivata in cima sbattei


la porta cos forte che i vecchi vetri
della
finestra
della
stanza
oscillarono; pensai per un momento
che si sarebbero frantumati a terra.
Senza capire cosa stessi facendo,
corsi ad aprire l'armadio e rovistai
sul fondo alla ricerca dell'asse
rimovibile. Quando la trovai la tolsi
e tastai all'interno. Vuoto. L dove
solo poche ore prima avevo sentito
la sagoma di un oggetto, ora non
c'era pi niente. Per la rabbia e la
frustrazione richiusi le ante e
scoppiai a piangere accasciandomi
sul letto. Ripensai a tutto quello che
mi era accaduto quel giorno, a tutte

le cose che mi erano state dette, al


finto rapimento, a Christian e ai
suoi amici e alla fine al terribile
incubo che avevo avuto durante il
mio
breve
mancamento
sul
furgone.
Mi ricordai solo allora del
medaglione di Lorenzo, nascosto
sotto la mia maglietta. Lo recuperai
e con un gesto di stizza me lo tolsi,
gettandolo il pi possibile lontano
da me. Che diavolo era successo
alla mia vita? Nell'arco di dodici ore
era cambiato tutto, tutto.
Senza accorgermene mi
addormentai con gli occhi ancora
bagnati dalle lacrime. Mi pentii

subito di essermi lasciata andare al


sonno, poich feci di nuovo un
incubo. Ma questa volta mia nonna
torn a farmi visita non solo per
spaventarmi;
ma
anche
per
indicarmi dove avrei potuto trovare
il cofanetto che mi aveva lasciato
come mia eredit.
molto carina. comment
Valerio appoggiato alla corteccia di
un albero.
Christian gli mostrava le spalle,
disgustato da quanto l'amico stava
facendo.
S, carina. disse sospirando.
Sar meglio tornare in paese
adesso. Mia madre sospetter

qualcosa. Poi abbass gli occhi a


guardare la figura esile di una
ragazza, che distesa sul terriccio
davanti ai suoi piedi sembrava
essere sprofondata in un sonno
profondo ed eterno.
Sciocca, cosa credeva di fare?
disse Christian accucciandosi sulle
ginocchia e osservando il viso della
giovane.
Quello che vogliono fare tutti
quanti qui a Tiepole. La differenza!
gli rispose Valerio. Quest'ultimo poi
lasci cadere ci che ne era rimasto
del pezzo di carne cruda che stava
gustando e raggiunse l'amico.
Si asciug la bocca macchiata di

sangue con il dorso della mano.


Che schifo questi conigli! si
lament. Hanno la pelle troppo
dura e il sangue troppo acido. La
prossima volta mi accompagni
dall'altra parte della montagna.
La prossima volta mangerai
pasta e rag come tutti noi! gli
rispose Christian sollevando da
terra il corpo inerme della ragazza
con estrema facilit.
Che ne facciamo di lei?
domand Valerio.
La riportiamo a casa. Diremo
alla vecchia Gilda che l'abbiamo
trovata gi svenuta. Non vorrei che
passasse dei guai per questa

storia.
Oppure possiamo lasciarla
semplicemente sulla soglia e
scappare.
Non ci vedrebbe nessuno visto
che loro abitano isolate.
Christian lo guard torvo, e torn
a fissare il volto della ragazza.
La pelle chiara stonava
decisamente con i capelli corvini, e
la bocca rosea spuntava come un
germoglio tra la neve. Aveva avuto
una cotta per lei una volta molto
lontana, in un tempo che non
sembrava pi suo, prima di essere
entrambi colpiti dalle rispettive
maledizioni.

Smettila di fissarla. lo
rimprover
Valerio.
O
mi
costringerai a diventare geloso.
La vecchia Gilda non
permetter mai all'imitazione di un
patetico vampiro di uscire con sua
nipote! lo canzon Christian
sorridendo.
Perch la farebbe uscire con un
mostro come te, allora? gli rispose
allo stesso modo Valerio.
Dalla gola di Christian usc un
suono gutturale simile al ringhio di
un cane. Valerio si lasci andare a
una risata.
E va bene, finiamola qua.
disse battendo amichevolmente una

mano sulla spalla dell'amico.


Riportiamola a casa, e poi
pensiamo a come sistemare la
faccenda di Emma.
Dalla gola di Christian usc di
nuovo un ringhio, pi profondo e
duro questa volta.
Ti ho gi detto che lei mia.
lo rimprover a denti stretti, sulla
faccia un'espressione di odio e
rabbia.
Valerio annu e alz le spalle.
Va bene, non ti scaldare. A te
l'onore di fare a pezzi la
discendente!
Adesso
possiamo
andare per favore? Ho una fame da
lupi in questo periodo; la

maledizione. Devo cercare qualcosa


da mettere sotto i denti!
Christian, con la ragazza svenuta
tra le braccia che non dava ancora
cenno di rinvenire, si avvi gi per
la discesa di un sentiero nascosto di
montagna e poco battuto.
Mi fai proprio schifo. disse
scuotendo la testa.
Valerio rise di nuovo, ma la sua
risata mor in quel punto inghiottita
dalla folta vegetazione.

L'eredit
Era mezzanotte inoltrata. Tutto in
casa taceva. I miei genitori
dormivano nella loro stanza al
piano di sotto, nella camera che era
stata dei miei nonni; dalla stanza
non proveniva alcun rumore.
Scesi le scale con estrema
lentezza, scalza, in punta di piedi.
Nessuno era venuto a svegliarmi
per l'ora di cena, e lo stomaco mi
brontol rumorosamente. Ma non
avevo lasciato il mio letto per
andare in cucina e mangiare. Mia
nonna era venuta di nuovo a farmi
visita, in sogno. Questa volta per

indicarmi dove i miei genitori


avevano nascosto il cofanetto che
mi apparteneva in quanto mia
legittima eredit. Mia madre non
era mai stata brava a nascondere le
cose; ero sempre riuscita a ritrovare
da bambina le caramelle o la
cioccolata che mi sottraeva e che
cercava di nascondere inutilmente
nei barattoli vuoti sulle mensole
della cucina. E per il cofanetto
utilizz
la
stessa
sbadata
noncuranza anche se questa volta,
in virt del fatto che non ero pi
una ragazzina, aveva per lo meno
avuto l'accortezza di cambiare
nascondiglio.

Non ricordavo il sogno tutto per


intero; le immagini erano confuse,
indefinite.
Anche
il
viso
e
l'espressione di mia nonna era vaga
e incerta. Ma con chiarezza lei, o il
fantasma di lei, mi mostr davanti
agli occhi che sotto il lavello della
cucina c'erano dei mattoni mancanti
nel pavimento, come una piccola
voragine, un particolare che non
avrei mai sospettato. Quando
arrivai al piano di sotto, mi bloccai.
La luce della mia stanza mi fu
d'aiuto nel vedere dove mettevo i
piedi mentre scendevo le scale, ma
mi abbandon l sull'ultimo scalino
lasciandomi
poi
in
balia

dell'oscurit. Se avessi acceso la


luce forse i miei genitori se ne
sarebbero accorti, ma allo stesso
tempo non potevo procedere al
buio e rischiare di inciampare e
nella caduta svegliarli. Optai quindi
per accendere l'interruttore e
rischiare, soprattutto perch l'idea
di essere circondata dalla completa
oscurit mi spaventava a morte. Se
mi avessero sorpreso potevo
sempre addurre come scusa che ero
scesa in cucina per mangiare
qualcosa. Tastai la parete alla
ricerca dell'interruttore. Lo trovai
quasi subito. Quando accesi la luce
socchiusi gli occhi, ma impiegai

poco ad abituarmi.
Lanciai una veloce occhiata alla
porta della camera dei miei genitori
prestando ascolto. Nessun rumore.
Avanzai quindi lentamente, con
passo felpato, verso il lavello. Mi
trovavo accanto al tavolo quando la
luce si spense all'improvviso.
Sobbalzai e trattenni un grido. O
meglio: persi completamente la
voce per farlo. M'impietrii e il
respiro divenne affannoso. Cercai
una spiegazione logica: forse mia
madre o mio padre si erano alzati
semplicemente per spegnere la
luce. No, soluzione pi che stupida.
Non trovai il coraggio di voltarmi e

guardare. Forse un corto circuito,


quelle erano case vecchie; mi
aggrappai a quella speranza e
serrai gli occhi.
Cercai di muovermi, ma
inutilmente. Le gambe si erano
incollate ai mattoni del pavimento,
e se si fosse aperta una voragine in
quel momento io sarei sprofondata
nella terra senza opporre la minima
resistenza. Il cuore prese a
macellarmi il petto, rovente come
una fornace. Aprii la bocca per
gridare quando qualcosa dietro di
me
provoc
un
leggero
spostamento
d'aria
che
mi
scompigli i capelli dietro la nuca.

Temetti di svenire ancora. Riaprii gli


occhi:
all'improvviso
ebbi
la
certezza di non essere sola.
Immaginai subito mia nonna e il
suo sguardo arcigno, carico d'odio.
Provai di nuovo a gridare, ma era
come se non avessi mai avuto
corde vocali, come se fossi muta
dalla nascita. Quando poi credetti di
aver sentito un sospiro proprio
sopra la mia spalla destra, le
ginocchia mi cedettero e fui
costretta ad aggrapparmi al tavolo
per non cadere. Volevo gridare
aiuto, volevo urlare il nome di mio
padre, e invece quello che feci fu
voltare la testa verso la parete alla

mia sinistra, dove sulla madia


scardinata si trovava ora appeso un
piccolo
specchio
rettangolare.
Distinsi nettamente (sebbene fosse
buio pesto) la mia immagine
riflessa. Un viso distorto dalla
paura, pallido come la luna, due
occhi scuri e sbarrati.
Cercai di recuperare forza nelle
gambe, e staccandomi lentamente
dal tavolo mi avvicinai allo
specchio. Non ero io a comandare i
miei movimenti; sentivo la forza di
volont dissolversi e divenni presto
un automa. Ferma davanti allo
specchio, fissai la mia immagine.
Stentai a riconoscermi. I capelli

scarmigliati che mi coprivano parte


della fronte, gli occhi infossati in un
volto scialbo. Ero lo spettro di me
stessa in quel momento. Mi vidi
come sarei stata una volta morta,
chiusa nella mia bara prima di
decompormi. Una profonda tristezza
mi invase, e una lacrima mi scese
lesta gi dalla guancia. Poi
sobbalzai ancora, ma questa volta
non aprii la bocca per emettere un
grido che comunque non sarei stata
in grado di cacciare. La figura di
una ragazza comparve alle mie
spalle, e io ebbi la certezza assoluta
di sapere chi fosse. La ragazza mi
somigliava pi di quanto io volessi

ammettere, gli stessi capelli scuri,


lo stesso volto smorto. Ma la sua
espressione
era
diversa: era
infelice,
malinconica.
E
suo
malgrado aveva reso triste anche
me.
Restammo a fissarci per qualche
istante, la nipote della strega e il
fantasma che aveva maledetto.
Temetti che fosse l per vendicarsi.
Invece, inaspettatamente, distese
le labbra violacee in quello che
doveva essere un sorriso. Io
ricambiai subito. Quindi mi voltai
lentamente per vedere se lei
esisteva davvero, o se piuttosto non
fosse solo un'immagine riflessa

della mia immaginazione.


Ma Simo era davvero l, davanti
a me. Se non avessi saputo la sua
triste storia, l'avrei scambiata per
una ragazza qualunque. Certo,
singolare e forse afflitta da qualche
strana malattia, ma comunque
viva.
Restammo a fissarci ancora per
qualche istante. Poi lei si volt e
quello che vidi mi fece piegare la
faccia in una smorfia di disgusto. Se
la parte frontale del suo viso era
normale, la parte della nuca e del
collo era quasi completamente
mancante, come se le fosse stata
tranciata via di netto. Doveva

essere quella la causa e la


conseguenza della sua morte? Ne
portava i segni ancora addosso?
Distolsi lo sguardo trattenendo un
conato di vomito. Cosa era
quell'essere? Un fantasma? Uno
zombie? Che cosa le aveva fatto
mia nonna?
Simo cammin verso il lavello.
Sembrava
volteggiare
sul
pavimento, leggiadra come una
farfalla. Anche se mi resi subito
conto che l'accostamento era a dir
poco sconveniente. La sua era una
grazia particolare, macabra sotto
tutti i punti di vista.
La seguii. Sapevo cosa voleva

suggerirmi di fare. Lei, come suo


fratello e i suoi amici, volevano che
io venissi a conoscenza di tutto.
Si pieg poi sulle ginocchia e io
feci
lo
stesso
accucciandomi
accanto a lei, stando bene attenta a
non fissarle la nuca mancante. Non
ero per niente curiosa di sapere se
le fosse rimasto o no un cervello.
Stesi le braccia sotto il mobile
della cucina sotto il suo sguardo
insistente. Solo in seguito, a mente
fredda, riflettei su quanto fosse
stata assurda quella situazione.
Mia madre non si era neppure
preoccupata di ricoprire quel piccolo
nascondiglio. Tastai sul fondo alla

ricerca del cofanetto, che non


impiegai molto a trovare. Esultai
quando lo tirai fuori, e forse la
sensazione che percepii fu la stessa
che Re Art prov quando estrasse
la spada dalla roccia. La mia
eredit.
Preda dell'eccitazione pensai a
quante altre cose dovevano esserci
nascoste l sotto, e non trattenni la
mano quando torn a rovistare
all'interno della piccola insenatura.
Ma la mia delusione fu enorme; non
trovai nient'altro. Semmai ci fosse
stato qualcosa nascosto, mia madre
doveva aver fatto piazza pulita
prima che io potessi arrivarci.

Poco male: avevo finalmente tra


le mani il cofanetto di mia nonna. E
nessuno ora mi avrebbe impedito di
scoprire cosa c'era all'interno.
Mi voltai verso Simo, ma la sua
figura era svanita. Mi alzai in piedi,
e quello che vidi tutto attorno a me
fu solo oscurit. La tenue luce che
aveva illuminato i miei passi fino al
lavello era scomparsa con la figura
di Simo.
Confidando sulla scarsa memoria
del luogo raggiunsi le scale
(inciampai in una sedia ma senza
farla cadere e senza far troppo
rumore). Salii in camera e mi chiusi
all'interno. Quando ripensai che un

fantasma mi aveva aiutata a


recuperare il cofanetto, soffocai una
risata. Poi mi accasciai sul letto e
continuai a ridere affondando la
faccia nel cuscino. Risi come un
folle per almeno un buon quarto
d'ora. L'isteria di mia madre mi
aveva contagiata. Stavo diventando
pazza come lei. Non si sfugge alla
discendenza, e quel pensiero bast
a
farmi
calmare
e
tornare
completamente seria. Fissai il
cofanetto scuro che avevo stretto
tra le mani. Non c'era alcun intarsio
o figura che lo caratterizzava.
Trassi un lungo respiro: stavo
per scoprire se davvero lo stesso

sangue di mia nonna scorreva nelle


mie vene. Se ero davvero io la sua
discendente che come diceva la
profezia: avrebbe completato il suo
lavoro.
Mi svegli il motore tonante di
una moto. Sobbalzai a sedere e la
camera mi gir attorno per qualche
istante,
come
una
giostra
impazzita. Le tempie mi pulsavano
e avevo gli occhi indolenziti per la
stanchezza. Per un lungo istante
non riuscii a capire dove mi
trovassi, e feci uno sforzo enorme
per ricordare tutto quello che era
successo il giorno prima. Quando
poi ogni cosa torn alla mente in

maniera
nitida,
cercai
di
convincermi di aver sognato. O di
aver immaginato per lo meno i
particolari pi assurdi, come quello
di essere stata rapita o di aver visto
un fantasma. Ma quando abbassai
gli occhi sul libro aperto vicino a me
(che avevo ancora stretto in una
mano), mi resi conto che tutto era
accaduto davvero. Fissai a lungo il
libro aperto, che mi portai
lentamente sotto il naso: STORIA
DI TIEPOLE era inciso a caratteri
d'oro su una copertina rilegata in
cuoio rosso. Le pagine all'interno
erano ricche di figure bizzarre, di
descrizioni,
di
leggende
e

incantesimi. Incantesimi d'amore,


ma per lo pi malefici e malocchi.
Non c'era traccia del nome
dell'autore del libro.
Ero stata quasi tutta la notte a
girare e rigirare quelle pagine
anche se la mia era stata una
lettura superficiale, veloce. Potevo
dire di aver sfogliato un paio di
volte tutto il libro, ma senza mai
leggerlo veramente. Chiusi il libro e
mi guardai attorno: sul comodino
accanto a me c'era il cofanetto
aperto e vuoto, e sparsi in maniera
disordinata c'erano un diario, un
medaglione e un elenco di nomi
scritti con inchiostro nero su un

foglio ingiallito.
Prima ancora di aprirlo
immaginai che il diario fosse
appartenuto a mia nonna. Io, per
timore di leggere cose che forse
non dovevo ancora sapere, non lo
lessi. Mi limitai a sfogliare le prime
pagine distrattamente. Snobbai
completamente l'elenco di nomi;
anche se li avessi letti tutti, non
avrei comunque saputo dar loro una
spiegazione plausibile. Quello che
pi mi piacque tra le cose trovate
nel cofanetto, fu il medaglione. Era
diverso da quello che Lorenzo
aveva usato il giorno prima e che
giaceva ancora nell'angolo accanto

alla porta. Mi alzai per recuperarlo


prima che uno dei miei genitori lo
vedesse, e lo chiusi nel cassetto del
comodino;
semmai
avessi
incontrato di nuovo Lorenzo glielo
avrei reso.
Tornando a sedermi sul letto
recuperai
il
medaglione
appartenuto a mia nonna: una
collana
formata
da
una
semplicissima catenina dorata e da
una medaglia a forma ovale, di
pietra, ricamata con motivi floreali
che si apriva a met. Quando lo feci
(stando molto attenta nel timore di
romperlo) fuoriuscirono le prime
note di una melodia che riconobbi

all'istante: Greenslevees. Sorrisi:


era un carillon ambulante da
appendere al collo, un suono
melodioso
e
malinconico
da
ascoltare ovunque. Pensai di aver
fatto bene a non aprirlo quella
notte poich, nel silenzio assoluto
della casa, mia madre avrebbe
potuto sentirlo e riconoscerlo. Ma
non era di certo quello che i miei
genitori temevano: ci che non
volevano che io vedessi era
certamente il diario di mia nonna.
Quello che pi premeva loro era di
tenermi lontana dai suoi pensieri,
per scongiurare il timore che
potessero influenzarmi.

Il rombo della moto tuon


ancora e fracass il silenzio
dell'alba ricoprendo le note del
medaglione;
fui
costretta
a
tapparmi le orecchie per il fastidio
e, quando quell'attrezzo rumoroso e
chi lo cavalcava si allontan,
sospirai di sollievo. Quindi potei
sentire la voce di mio padre al
piano di sotto imprecare contro il
motociclista. Lo stesso che solo la
mattina prima per poco non mi
investiva.
Quel ricordo sembrava gi cos
lontano.
Richiusi di scatto il medaglione e
la musica cess. Mi affrettai a

rimettere all'interno del cofanetto il


diario e le altre cose; mi alzai in
piedi
quindi
cercando
un
nascondiglio. Non lo trovai; ero
troppo stanca e assonnata per
riflettere con calma. E poi avevo
pochissimo tempo: avvertii i passi
di mio padre salire le scale.
Quindi mi tuffai sotto il lenzuolo
e nascosi il cofanetto sotto il
cuscino sul quale non solo poggiai
la testa, ma anche parte del busto.
Chiusi gli occhi e finsi di riposare.
Mio padre entr in camera facendo
cigolare la porta. Rest sulla soglia
qualche istante, poi richiuse la
porta e si avvicin al mio letto. Io

feci ancora finta di dormire,


timorosa che potesse scoprire cosa
nascondessi sotto di me.
Emma! mi chiam.
Io non risposi. Forse se ne
sarebbe andato.
Emma! chiam pi forte.
A quel punto non potevo pi
fingere. Avrei solo aggravato ancora
di pi la mia situazione. Risposi con
un mugolio di disapprovazione.
Mio padre si sedette sulla
sponda del letto, e il cuore mi
manc di un battito. Era cos vicino
al cofanetto.
Emma, svegliati. Devo dirti un
paio di cose.

Aprii lentamente gli occhi; le sue


parole bastarono a incuriosirmi.
Quindi, con estrema flemma e
facendo bene attenzione, mi alzai a
sedere dando le spalle al cuscino e
poggiandoci le natiche sopra.
Che cosa c'? chiesi simulando
uno sbadiglio.
Mio padre aveva l'aria stanca, e
lo stampo del cuscino ancora
disegnato su una guancia. Provai
per un momento compassione per
lui.
Emma, non devi dire a tua
madre quello che ora sto per riferire
a te.
Lo guardai sospettosa e

incuriosita assieme.
Prometto che non lo far. dissi
facendomi un segno sul cuore.
Un gesto sciocco che facevo
quando ero molto piccola; strano
che mi fosse tornato in mente
proprio in quel momento.
Prima per voglio che tu
risponda a una semplice domanda.
Io annuii, titubante.
Vuoi tornare in citt, o restare
qui? mi chiese. Rispondi con sin.
Voglio restare qui! dissi prima
ancora che potesse finire la frase.
La spontaneit di quelle parole
stup anche me. Aspettai un
rimprovero che per non arriv. Mio

padre si morse nervosamente il


labbro inferiore e prese a fissarmi
come se mi vedesse per la prima
volta.
Lo immaginavo. concluse
sospirando. Ma sappi che io non
lascer te come non lasciai anni fa
tua madre. Accetter qualsiasi cosa
tu diventerai.
Aggrottai la fronte, perplessa.
Che cosa voleva dire con quelle
parole? Ma lui non mi diede il
tempo di fare domande. Continu:
Non giudicare tua madre per
questo: lei scapp da qui non per
sottrarsi a tua nonna. Ma per
sottrarsi a se stessa, a quello che

stava diventando.
Diciamo che io influenzai molto
la sua decisione convincendola a
venire con me in citt, ecco perch
tua nonna mi odiava cos tanto.
Ma non possiamo ignorare quello
che siete, le vostre origini. Fece
una breve pausa per darmi il tempo
di metabolizzare il tutto. Quindi
riprese quando io gli feci un cenno
con la testa. Tua madre per anni
ha avuto incubi di ogni genere. Non
te lo ha mai dato a vedere, ma
soffriva per il suo passato. Non
potevamo pi scappare, certe cose
ti restano addosso come una
seconda pelle. E tu, era impossibile

continuare a tenerti segreto tutto


questo. Tiepole prima o poi ti
avrebbe
chiamata.

la
maledizione.
Pap, quale maledizione. Mi
strinsi le ginocchia al petto e
catturata da quelle rivelazioni quasi
scordai del cofanetto che avevo
nascosto sotto il sedere. Fortuna
che rest l dov'era senza muoversi
di un millimetro.
Tua madre ti ha parlato della
profezia che riguarda la presunta
discendente di tua nonna, la quale
sarebbe tornata a vent'anni dalla
sua morte per continuare il suo
lavoro.

Ma quale lavoro?
Non so, maledire, fare
malocchi, non si mai saputo con
certezza cosa facesse Marta. Mio
padre si guard attorno e lo vidi
reprimere un brivido. Poi ci sono le
maledizioni che riguardano tutti i
neonati che vennero alla luce
nell'anno
della
sua
morte.
aggiunse mio padre tornando a
fissarmi. In questo modo avrebbe
lasciato un chiaro segno della sua
collera, e avrebbe rovinato per
sempre la vita di molte persone.
Ripensai a Christian, Lorenzo e
Valerio. Provai una profonda
tristezza per loro. Quindi il pensiero

mi corse anche a Simo e al suo


fantasma. Rabbrividii. Mio padre se
ne accorse e mi poggi una mano
su una spalla.
E alle persone morte? La
maledizione colp anche loro,
vero?
Mio padre alz le spalle, ma io in
cuor mio sapevo di avere ragione.
Riflettei su quanto avevo appena
saputo. Presi a guardare fuori dalla
finestra; il sole faticava a farsi largo
tra le nuvole grigie.
Perch mi avete portata qui?
chiesi. In questa casa? Nella sua
casa?
anche casa di tua madre,

Emma. E poi tua nonna, quando tua


madre scapp con me in citt,
lasci queste mura e si trasfer
altrove.
Dove? chiesi spostando gli
occhi su di lui.
Mio padre alz di nuovo le
spalle.
L'ultima volta che la vedemmo
fu al tuo battesimo, ma io la cacciai
in malo modo e da quel giorno non
prov pi a farsi n vedere e n
sentire. Venimmo a sapere della
sua morte da tuo nonno, che ci
telefon ben tre giorni dopo
l'accaduto. Ma non venimmo qui a
farle visita al cimitero. Oramai

anche per tua madre era divenuta


un'estranea, anche se non smetteva
di avere spaventosi incubi. Credimi,
Emma: stato meglio per te non
averla mai conosciuta.
Io non sono la sua
discendente. sussurrai.
Mio padre fece cadere la mano
che ancora teneva sulla mia spalla.
Non so che cosa dirti a questo
proposito.
All'improvviso tutto mi fu pi
chiaro. Tutti a Tiepole, compresi i
miei genitori, erano fermamente
convinti che io fossi arrivata l per
completare il lavoro di mia nonna.
Mi stavano gi accusando sebbene

io non avessi fatto nulla. Li


immaginavo gi tutti quanti l fuori,
con il dito puntato contro di me a
giudicarmi
colpevole
e
a
etichettarmi come eretica. Una
lunga processione di codardi, pronti
a infangarmi senza neppure provare
ad ascoltarmi. Non lo avrei mai
permesso.
Io non sono come la nonna!
dissi a denti stretti. Non la
conoscevo neppure, non ho la
capacit di fare stregonerie varie.
E allora perch nascondi sotto il
cuscino il suo cofanetto?
Quelle parole mi raggelarono.
Mio padre mi fiss, lo sguardo

severo e la mascella contratta.


Temetti per un istante che avrebbe
alzato una delle sue mani per
schiaffeggiarmi. Mi feci piccola
stringendomi ancora di pi le
ginocchia al petto.
Ti ho vista stanotte.
aggiunse.
Aveva dunque visto anche Simo
con me? Non potevo di certo
chiederglielo.
Ti ho lasciata fare, Emma.
Quello che volevo sapere era se
avevi interesse per queste cose. E
ora lo so.
Senza rendermene conto iniziai a
piangere. Pensai subito di essere

una sciocca; non piangevo davanti


a mio padre da quanto all'et di
dodici anni il mio cane mor dopo
una lunga malattia. Lui mi si fece
ancora pi vicino.
Non voglio fartene una colpa.
disse addolcendo il tono di voce.
Conoscevo i rischi quando
accettai di tornare qui con tua
madre.
Sapevamo entrambi a cosa
andavamo incontro. Ti avremmo
esposta; ma la morte di tuo nonno,
avvenuta proprio nello stesso anno
nel quale dovrebbe avverarsi la
profezia, non ci sembrata una
semplice coincidenza.

Smisi di singhiozzare come se


avessi esaurito di colpo tutte le
lacrime. Possibile che dopo tutti
quei discorsi e tutto quello che mi
era accaduto, non avevo prestato
attenzione
a
quel
piccolo
particolare? Mi asciugai le guance
con le dita.
E questo cosa pu voler dire?
domandai con voce roca.
Mio padre mi afferr gentilmente
per le braccia.
Emma, tua madre non se ne
andr di qui finch non scoprir che
nesso c' tra la morte di tuo nonno
e la profezia di tua nonna. E per
scoprirlo dovrai offrile il tuo aiuto,

anche se lei non te lo chieder.


Tirai su con il naso e annuii con
la testa. Mio padre mi lasci e mi
sorrise, cercando di rassicurarmi. Mi
diede un buffetto sulla guancia.
Tua madre non vuole mettersi
in testa che tu sei una tipa in
gamba! L'avevo detto io che
nasconderti
il
cofanetto
non
sarebbe servito a niente!
Sorrisi e annuii.
Ma come hai fatto a trovarlo?
Tra confessargli di aver sognato
la nonna e l'aver visto un fantasma,
scelsi la prima opzione. Quando
glielo dissi si oscur in volto e
strinse i pugni. Ma riusc a non

imprecare contro di lei questa


volta.
Quindi voleva che trovassi la
sua eredit. concluse. Devi stare
attenta, Emma. Adesso che
entrata nella tua testa, faticher a
uscirne.
La mia testa appartiene a me,
pap. Nessuno pu entrarci.
L'ha gi fatto. Lei lo ha fatto.
Si alz e, cambiando
decisamente tono di voce, mi
chiese se per colazione volevo
cereali o brioche con il latte. La mia
risposta non si fece attendere.
E se prendessimo un
cappuccino e un cornetto caldo gi

al bar?
Mio padre mi fiss per un lungo
momento.
Avevo
avuto
una
pessima idea, me ne resi subito
conto. Stavo per rimangiarmi quello
che avevo detto, quando mio padre
in modo del tutto inaspettato
accolse con piacere la mia proposta
e mi invit subito a lavarmi e
vestirmi.
Balzai gi dal letto, lasciando
che il cofanetto ruzzolasse via dal
cuscino. Quando si blocc tra le
pieghe del lenzuolo entrambi lo
fissammo, come se fosse una mina
pronta a esplodere da un momento
all'altro.

Non vuoi sapere cosa c'


dentro? gli chiesi.
Lo so gi, Emma. mi rispose
tagliando corto. Prov a rifilarti
quel dannato cofanetto anche il
giorno del tuo battesimo.
Mi attendeva da tempo allora.
commentai.
Poi aggiunsi a voce bassa,
mentre mio padre senza rispondere
si avviava gi per le scale: O forse
ero io che attendevo lui.

Un clima ostile
In sostanza mio padre mi aveva
detto di far luce su quella strana
coincidenza (morte del nonno anno della profezia), senza far
sospettare qualcosa a mia madre.
Era seriamente preoccupato per la
sua salute mentale; mia madre era
profondamente mutata dal giorno
del funerale di mio nonno, in
seguito al quale era divenuta
malinconica
e
pensierosa.
Iniziavamo a credere che il tempo
non avrebbe guarito quella ferita,
anzi. La morte di mio nonno ne
aveva riaperte delle altre, e Tiepole

gettava al loro interno del veleno.


E la storia di mia nonna non
aveva fatto altro che far collassare
le cose. Il passato non muore, e
forse
era
proprio
questa
consapevolezza a rendere isterica
mia madre. Lei era scappata da
quella realt molto tempo prima
rifiutandola; ma io? Se al contrario
io ne fossi rimasta affascinata?
Quella piccola percentuale non
poteva essere ignorata. Pensavo a
queste cose e ad altro ancora
mentre discendevo la stradina
deserta verso la piazza. Mio padre
mi teneva sottobraccio, quasi
avesse paura di perdermi. Mia

madre aveva brontolato un poco


vedendoci uscire, ma rassicurata
dalle parole di mio padre ci aveva
lasciati andare. Io e lei quella
mattina ci scambiammo solo un
timido buongiorno e qualche
occhiata di sfuggita. Forse nel corso
della giornata ci saremmo chiarite,
o avremmo per lo meno provato a
sostenere una civile conversazione
nella speranza che questa non
sfociasse in un nuovo attacco
isterico da parte sua.
Se qualcuno ti guarda fisso, tu
ignoralo. si raccomand mio
padre.
Certo! Sono una potente

strega! scimmiottai sorridendo.


Mio
padre
mi
lanci
un'occhiataccia
di
rimprovero.
Chiesi scusa per la mia pessima
battuta, e proseguimmo in silenzio.
Quando arrivammo nella piccola
piazza, ci accorgemmo che la vita di
Tiepole era iniziata gi da un bel
pezzo: i piccoli negozi erano aperti
e pieni di avventori, gli anziani
avevano gi trovato posto sulle
panchine della piazza osservando i
minuti scorrere in totale inerzia, e
seduti ai tavoli del piccolo
giardinetto del bar c'era chi leggeva
il giornale, chi faceva colazione e
chi schiamazzava ridendo.

Tutto mut quando io e mio


padre arrivammo. L'aria si congel
all'istante, e non mi sarei sorpresa
se al posto del respiro mi fossero
uscite dalla bocca nuvolette di
fumo. Desiderai scavare una fossa e
infilarmici dentro fin sopra la testa.
Mai in vita mia avevo provato un
tale senso di disagio e vergogna. I
Tiepolesi, quando lo volevano,
sapevano
come
farti
sentire
malvoluto.
Impossibile poi fu non notare la
moto rossa striata di bianco
parcheggiata in un angolo della
piazza. Mi lanciai attorno delle
veloci occhiate, con lo sciocca

convinzione che avrei visto il suo


proprietario sbucare da qualche
parte. Mi fermai e mio padre mi
chiese con tono preoccupato che
cosa avessi.
Nulla, credevo di, Scossi la
testa; mi sentivo una sciocca, e in
pi avvertivo le occhiate insistenti
dei Tiepolesi i quali di certo si
stavano chiedendo che cosa stessi
facendo l impalata ad annusare
l'aria.
Magari pensavano che stessi per
compiere qualche magia. Scossi di
nuovo la testa e rassicurai mio
padre al quale bastava davvero
poco per andare nel panico. Mi

strinse ancor di pi al suo braccio


ed entr nel bar a testa alta,
fingendo di non accorgersi di quello
che avveniva attorno a noi. Io
provai a fare lo stesso, ma con tutti
quegli occhi puntati addosso mi era
quasi impossibile. Tutti l dentro
mormoravano qualcosa sottovoce,
che solo la musica di sottofondo del
bar mi imped di sentire.
Mio padre augur il buongiorno,
ma
solo
alcuni
risposero
timidamente a quella sua cortesia.
Mi trascin al bancone dove mi
costrinse a sedermi su uno degli alti
sgabelli foderati di blu. Lui si piazz
alle mie spalle, come a proteggermi

da quelle occhiate che se avessero


potuto colpire mi avrebbero uccisa.
Per loro era appena entrata nel bar
la discendente di Marta Vasselli, o
per dirla pi correttamente: la
strega.
Sul libro Storia di Tiepole mi
sembrava di aver letto che in
sostanza il piccolo paese si fondava
sull' antica magia, culti pagani che
le due famiglie (i Costantini e i
Vasselli) avevano praticato per
difendere il loro territorio dalle
comunit contadine vicine. In quel
momento mi ritrovai a pensare chi
fosse l'erede di chi. Se in quel bar,
proprio accanto a me, ci fossero i

veri discendenti delle due famiglie.


La ragazza che si trovava dietro il
bancone a servire (magrissima,
capelli castani legati sulla testa con
un mollettone, vestita con jeans e
felpa grigia) sembr non degnarci di
attenzione. Stava accuratamente
asciugando un bicchiere, fissandolo
con attenzione, come fosse un
cimelio raro e costoso. Era cos
concentrata che quando mio padre
la richiam tossicchiando, lei non
accenn a smettere quella sua
occupazione che con il passare dei
minuti stava sfiorando il ridicolo.
Nel bar intanto era sceso un
silenzio innaturale per un posto del

genere, silenzio che ero convinta


non ci fosse prima del nostro arrivo.
Stavo quasi per dire a mio padre di
andarcene, visto che da come si
stavano mettendo le cose non
avremmo comunque ricevuto la
nostra colazione, quando spostai gli
occhi su uno dei tavoli in fondo
allangolo alla mia sinistra. I miei
occhi si incrociarono con quelli di
Christian che tuttavia, quando io lo
guardai accorgendomi che forse era
da un po' di tempo che mi fissava,
abbass subito lo sguardo. Se ne
stava da solo seduto a quel tavolo
quadrato, con una tazzina di caff
fumante sotto il naso. Accanto a lui

giaceva, come una testa mozzata,


un casco rosso dalle striature
bianche.
Sussultai: non impiegai molto a
collegare quel casco con la moto
che il giorno prima mi aveva quasi
investita, il cui rumore mi aveva di
certo svegliata quella mattina e che
si trovava ora parcheggiata nella
piazza.
Provai
una
rabbia
improvvisa, anche se non seppi
spiegarmene la ragione.
Ma insomma, ci vuole servire o
no questo cappuccino? disse mio
padre con voce esasperata. Aveva
esaurito la sua pazienza.
La ragazza smise all'improvviso

di asciugare il bicchiere gi asciutto


da un pezzo, e sollev pigramente
lo sguardo su di noi. Quando io
allontanai gli occhi da Christian e la
guardai, sussultai di nuovo. La sua
espressione,
terribilmente
malevola, mi ricord quella delle
figure sui libri di favole con
antagoniste le streghe che leggevo
da piccola.
Non pensavo che occhi simili
potessero esistere nella realt.
Mio padre aument la presa
delle sue mani sulle mie spalle, e
da quel gesto capii che anche lui
era rimasto turbato. Pessima,
pessima idea quella di scendere al

bar.
Io non lavoro qui. parl la
ragazza con voce bassa e sibilante
che mi fece rizzare i peli sulle
braccia.
Mio padre prov a scusarsi,
intimorito. Ma quelle che gli
uscirono dalla bocca furono solo
sillabe senza senso.
Candce, falla finita e servi i
signori! Un uomo era apparso
dietro di noi come dal nulla. La sua
figura corpulenta, altissima, dal
collo taurino e la mascella
squadrata ci si par davanti
oscurando completamente la vista
dello scaffale delle bibite che

avevamo di fronte.
Scusatela!
disse
appoggiandosi al bancone che
credetti di sentir crepitare sotto il
suo peso. Pensa di essere stata
colpita da una maledizione, ma in
realt solo tremendamente
sciocca.
Alla parola maledizione, sembr
che a tutti gli avventori del bar
fosse stato mozzato il respiro
simultaneamente. Tutto il locale
sprofond in una sorta di apnea
momentanea. Mi parve che anche
la musica dello stereo di sottofondo
si zitt. Ma l'uomo corpulento parve
non badarci.

Allora, volevate qualcosa da


mangiare assieme ai cappuccini?
domand.
Mio padre apr la bocca per
rispondere, ma io fui pi veloce:
S, un cornetto semplice per me e
uno con la crema per mio padre.
Giusto, pap? Mi voltai verso di lui
e gli sorrisi. Se quell'uomo poteva
pronunciare ad alta voce la parola
maledizione (tab per i Tiepolesi),
allora io potevo fare la mia
ordinazione senza aver paura di
provocare un attacco d'isteria
collettivo.
L'uomo annu e ordin a
Candce, con tono meno gentile di

quello con il quale si era rivolto a


noi, di preparare ci da noi
richiesto. Lui ci serv subito i
cornetti.
Con l'onore della casa! mi
disse strizzandomi l'occhio.
Io fui enormemente sorpresa da
quella strana confidenza, anche se
dopo tutte quelle occhiatacce ne fui
contenta. Dunque Tiepole non era
poi abitato solo da gente scortese e
timorosa di me. Quell'uomo, per
una ragione che ancora ignoravo,
sembrava non prestare attenzione
al fatto che io potessi essere la
discendente della fattucchiera che
tanto aveva seminato terrore in

paese. Mi balen in mente che


potesse essere un suo seguace, uno
che aveva conosciuto meglio degli
altri
mia
nonna.
Dovevo
assolutamente parlarci, capire chi
fosse in realt.
Mio padre addent il suo
cornetto invitandomi a fare lo
stesso.
Voleva uscire di l il pi presto
possibile. Io annuii, ma quando
Christian venne a sedersi accanto al
mio sgabello rimasi con il cornetto a
mezz'aria. Lui non mi degn di uno
sguardo, n mi salut. Mi chiesi se
avessi dovuto rivolgergli io la
parola, ma non lo feci. Non voleva

che qualcuno sospettasse che ci


conoscevamo gi. Forse la mia
conoscenza gli avrebbe provocato
non pochi guai. E ripensai al giorno
prima, a quando dopo avermi rapita
disse che in realt mi aveva
salvata; e poi ricordai che Lorenzo
mi aveva lasciata ai piedi del paese
poich non voleva che nessuno ci
vedesse assieme.
Ciao, Christian! salut
Candce cessando finalmente la
sua
ridicola
occupazione
e
sporgendosi verso di lui. Oggi chi
sei dei due?
Christian la squadr torvo e
poggi sul tavolo una moneta da un

euro. Chi vuoi che io sia? rispose


lui.
Io osservavo la bizzarra scena
con la coda dell'occhio. Che razza di
frasi si stavano scambiando?
Candce sorrise, maliziosa.
Allung una mano come a cercare
quella di Christian, che subito per
lui ritrasse. E mi stupii quando
provai una fitta di gelosia. Dur un
secondo, appena il tempo di
accorgermene. Ma la provai.
Christian si alz in piedi di scatto
e venne a sbattere addosso a me e
a mio padre. Quest'ultimo fu
costretto a levarsi da una parte,
mentre il resto del suo cornetto

finiva rovinosamente a terra. Io


invece fui spinta in avanti, sul
bancone, con il peso del corpo di
Christian che mi opprimeva quasi
soffocandomi. Prima che io o mio
padre potessimo dire o fare
qualcosa, lui si lev chiedendo
scusa. Si allontan con il casco
sotto il braccio, a passi lunghi e
pesanti. Apr la porta del bar e usc
sbattendola.
Che razza di modi! si lament
mio padre che si accucci per
raccogliere quello che ne era
rimasto della sua colazione.
Feci per aiutarlo, quando mi
sentii afferrare un braccio. Mi voltai,

e mi ritrovai il viso di Candce cos


vicino che riuscii chiaramente a
vedergli i denti inferiori ricoperti di
un pesante
strato di
carie
giallognola. Il suo alito poi, quando
parl, mi fece rivoltare lo stomaco.
Vattene via, figlia di una strega,
se non vuoi morire come tua
nonna! Quindi mi lasci e torn ad
asciugare il suo bicchiere, come se
nulla fosse accaduto. Io restai
impietrita, a fissare il vuoto davanti
a me. Mio padre, che si rialz solo
in quel momento, si andava
lamentando ancora per l'accaduto.
Stava dicendo qualcosa sulla
maleducazione dei giovani. Mi

guardai attorno ma vidi tutti assorti


nelle proprie occupazioni, chi a
sorseggiare caff, chi a leggere il
giornale.
L'uomo dal collo taurino stava
servendo a uno dei tavoli pi
lontani.
Nessuno si era accorto che
quella strana ragazza, dallo sguardo
terrificante e l'alito pestilenziale, mi
aveva sussurrato parole minacciose
all'orecchio?
Quando mio padre mi tocc il
braccio, io sobbalzai. Lui si accorse
del
mio
improvviso
stato
d'agitazione,
e
senza
tanti
complimenti ordin che i cappuccini

ci fossero serviti alla svelta.


L'uomo corpulento torn al
bancone; sent le parole di mio
padre e inve contro Candce che si
rifiutava di svolgere il suo lavoro. La
ragazza si era isolata di nuovo, nel
suo mondo di diavolerie e pazzia.
Fu l'uomo robusto (a quanto
sembrava il padrone del bar) a
servirci due tazze fumanti di
caffellatte che bevemmo alla svelta.
Io neanche finii il mio cornetto, che
lasciai sul bancone avvolto da un
piccolo tovagliolo bianco. Fuori
intanto la quiete veniva interrotta
dal rombo di una moto.
Quando mi sfilai il giacchetto, un

piccolo foglio ripiegato in quattro


parti cadde dalla tasca sinistra sul
pavimento dell'ingresso. Mi affrettai
a raccoglierlo prima che i miei
genitori se ne accorgessero.
Allora, era buona la colazione?
mi chiese mia madre.
La sua comparsa improvvisa mi
fece sobbalzare e, con un gesto
automatico, affondai il foglietto
nella tasca dei jeans. Sperai che lei
non se ne fosse accorta.
S,
abbastanza.
farfugliai
muovendomi verso la cucina.
Avevo il palato completamente
asciutto, colpa forse del cornetto
non finito e del cappuccino poco

zuccherato (ne avevo mandati gi


di migliori); o forse colpa di quello
che era accaduto al bar un istante
prima. Le parole sussurratemi da
Candce, in tono cos ostile e con
voce
cos
innaturale,
mi
risuonavano ancora nella testa
come un eco lontano.
I Tiepolesi ci disprezzano.
disse mio padre prendendo posto su
una sedia e aprendo il quotidiano
che avevamo comprato nella
piccola e unica edicola mentre
tornavamo a casa. Se non ce ne
andiamo di nostra spontanea
volont, credo che ci cacceranno
loro!

Mia madre mi raggiunse in


cucina e si affaccend attorno al
lavello; la sera prima non si era
curata di ripulire i piatti e le pentole
della cena. Guardandola con la coda
dell'occhio vidi che quella mattina
aveva prestato molta pi cura al
suo aspetto; i capelli erano ordinati
in una coda alta, e si era velato il
viso con un sottile strato di
fondotinta. Indossava jeans e
maglietta a manica lunga e, quando
si muoveva, il suo profumo preferito
mi inondava le narici. Sembrava
lontana chilometri dalla donna
trasandata
e
dallo
sguardo
allucinato del giorno prima. Una

lunga notte di riposo le aveva fatto


davvero bene.
Faranno meglio ad abituarsi
alla nostra presenza. rispose lei
mentre si ripiegava accuratamente
le maniche fino al gomito. Noi non
ce ne andiamo.
Le sue parole per poco non mi
fecero versare l'acqua fuori del
bicchiere mentre la versavo. E solo
in quel preciso istante ricordai che i
piedi di mia madre era vicinissimi al
luogo dove lei aveva nascosto il
cofanetto della nonna, e che io
avevo trafugato quella notte.
Bevvi un lungo sorso d'acqua
fresca. Riposai il bicchiere e mi

voltai a guardare mio padre che era


intento (o magari fingeva solo) a
leggere il giornale. Chiss se aveva
detto a mia madre la verit, cio
che il cofanetto era tornato nelle
mie mani. Presi coraggio, feci un
profondo respiro e dissi: Mamma,
ho preso il cofanetto della nonna.
L'ho aperto, dentro ci sono alcuni
libri, fogli e un medaglione.
Quando finii di parlare, fissai mia
madre con il fiato sospeso. Si
sarebbe lasciata andare a una
nuova crisi isterica? Avevo forse
guastato
il
suo
inspiegabile
buonumore mattutino? E invece la
sua risposta fu: Lo so, Emma. Hai

domande da farmi?
Si volt a guardarmi. Non
riuscivo a interpretare la sua
espressione, e fui costretta a
distogliere lo sguardo. Mio padre
leggeva la pagina sportiva del
giornale fingendo di non averci
ascoltate.
Continuare a raccontarti bugie
non pi opportuno. aggiunse mia
madre costringendomi a guardarla.
Devi sapere perch questa gente
ci odia, ma soprattutto devi saperti
difendere da loro.
Mio padre si schiar la gola come
ad attirare l'attenzione. Ma quando
ci voltammo a guardarlo, non alz

gli occhi dal giornale.


Allora, hai domande da farmi?
chiese di nuovo mia madre.
Per un momento la mente mi si
affoll di quesiti senza risposta, di
mille dubbi, di pensieri inquietanti.
Avrei voluto raccontarle di Christian
e dei suoi amici e del loro
rapimento; avrei voluto dirle del
fantasma di Simo rischiando di
essere presa per pazza, delle parole
minacciose di Candce, e (me ne
ricordai solo in quel preciso istante)
della figura ammantata di nero che
avevo visto al cimitero. Ma come
avviene sempre in casi simili, me ne
restai in silenzio. Scossi la testa.

Per adesso no, mamma. dissi.


Devo rifletterci sopra.
Vuoi prima leggere il diario di
tua nonna, non vero?
Io annuii. Forse, ora che ne
avevo il permesso ufficiale, avrei
trovato il coraggio di affrontare
quelle pagine.
Avete aperto il cofanetto prima
di me per vedere se c'era qualcosa
che potesse nuocermi? domandai
lo stesso.
No, Emma. Sapevo gi cosa
avresti trovato l dentro, perch
tutte quelle cose ce le ho messe io.
Erano mie. Le lasciai cos come
sono quando me ne andai, e tua

nonna ha pensato bene di fartele


avere. In realt la sua eredit la
mia. Lei ha aggiunto solo il suo
diario.
Nonna era una strega? chiesi
senza nemmeno accorgermene.
E quelle parole risuonarono
ridicole, sciocche; ma non risi.
Nessuno lo fece.
Emma, non dire stupidaggini.
rispose lei iniziando finalmente a
lavare i piatti nel lavello. In fondo
cosa vuol dire strega? un termine
abusato, utilizzato in modo non
corretto da libri e film. Mi viene
quasi da sorridere quando penso
che il termine strega venga

associato a cappelli a punta, lunghi


mantelli e bacchette magiche. O a
for mule latine impronunciabili,
candele
profumate
e
spezie
maleodoranti. Qui a Tiepole la
stregoneria equivale a dire fatture e
maledizioni,
odio
e
rancore
secolare. E tua nonna non era una
strega. Fece una breve pausa.
Tua nonna era qualcosa di
peggiore. Mia madre si zitt e
continu a lavare i piatti senza pi
parlare,
insaponandoli
molto
lentamente; mi ricord Candce
alle prese con il suo bicchiere gi al
bar e non potei fare a meno di
rabbrividire. Poich non avevo nulla

di specifico da chiedere al momento


(ogni informazione in pi che mi
veniva data su Tiepole e su mia
nonna non faceva altro che
confondermi e disorientarmi), me
ne andai in camera mia al piano di
sopra.
N mio padre n mia madre
obiettarono. Forse capivano che
avevo bisogno di riflettere da sola e
in pace. E poi il fatto che mia madre
si fosse finalmente decisa a
parlarmi di mia nonna e del suo
paese (aveva pronunciato pi di
una volta la parola strega),
contribu
a
sciogliere
completamente la tensione che si

era creata il giorno prima tra di noi.


Ma ero assolutamente cosciente
che non saremmo mai tornati a
essere la famiglia che eravamo in
citt.
La morte del nonno aveva
cambiato tutto. E non sapevo se
fosse pi o meno giusto che la
morte di un uomo che non avevo
conosciuto, sebbene fosse mio
stretto
parente,
dovesse
condizionarmi fino a quel punto.
Fino al punto di dover riconsiderare
da capo la mia vita, e scoprire
verit inimmaginabili.
Che fosse giusto o no, tutto
quello che mi sarebbe accaduto di l

a qualche giorno sarebbe stato


inevitabile.

Vite maledette
Fa' in modo di trovarti al cimitero
alle tre in punto.
Mi raccomando non dire nulla ai
tuoi o dovrai spiegargli come ci
siamo conosciuti. Risponder ad
alcune tue domande se vorrai.
Scusa ancora per ieri se sono
stato cos brusco con te.
Prometto che non ti rapir
ancora.
Christian
Avrei dovuto immaginarlo che
dietro alla messinscena della
caduta ci fosse in realt ben altro.
Christian, quando aveva finto di

cadermi addosso, mi aveva infilato


abilmente il foglietto nella tasca del
giacchetto senza che io me ne
accorgessi. Astuto e magistrale.
Mi chiesi se non avessi dovuto
temere una persona simile.
E cos si era offerto di rispondere
alle mie domande. Tutta quella
generosit m'insospett. Prima mia
madre, adesso lui. Qualcosa stava
finalmente cambiando. E io mi
andavo affezionando a quel posto;
pensavo alla citt sempre pi
raramente e mi stavo abituando
alla pace e al silenzio di Tiepole.
Quando accesi il mio cellulare (che
giaceva completamente spento

nella mia borsa abbandonata


accanto alla valigia ancora piena)
non c'era campo. Fui costretta a
posarlo sul davanzale della mia
finestra per vedere apparire sul
display almeno due tacche. E uno
dopo l'altro mi arrivarono ben dodici
messaggi, e sette chiamate senza
risposta. Lessi alcuni dei messaggi,
quasi tutti identici: gli amici che
avevo
lasciato
a
Roma
si
chiedevano che fine avessi fatto e
quando sarei tornata. Tra questi
quello di Stefano, il ragazzo che mi
faceva il filo da un paio di mesi ma
verso il quale provavo solo una
sincera
amicizia.
Feci
per

rispondergli, ma cancellai subito le


poche parole scritte. Spensi di
nuovo l'apparecchio che posai sul
comodino; non avevo voglia di
scambiare messaggi con nessuno in
quel momento.
Guardai la strada sottostante che
dava su una campagna incolta.
Solo allora pensai che Christian,
essendo il proprietario della moto
rossa, abitava di fronte a me
esattamente al lato opposto della
mia camera. Sorrisi a quel pensiero.
Fissai un punto indefinito nella
campagna, uno spiazzo che si
trovava tra due alberi e un
cespuglio aggrovigliato. Se non

fossi stata attenta e avessi lasciato


la finestra aperta, la stanza si
sarebbe riempita di insetti.
Ero assorta nei miei pensieri,
intricati come la campagna che
avevo di fronte, quando mi accorsi
di una figura che fuoriusciva da uno
dei cespugli pi alti. Sobbalzai, ma
mi tranquillizzai quando riconobbi
Valerio. Lui, forse pi sorpreso di
quanto lo fossi io, sobbalz a sua
volta quando mi vide, come un
bambino colto a rubare caramelle.
Lo sorpresi a pulirsi la bocca con la
manica della maglietta. Poi mi
salut con un gesto della mano. Io
gli feci segno di aspettare, quindi

corsi a chiudere la porta per paura


che i miei genitori potessero
sentirmi dal piano di sotto mentre
parlavo. Tornai alla finestra: Valerio
si era appoggiato al tronco di un
albero che delimitava la campagna,
e si teneva premuta una mano sullo
stomaco.
Che c', ti senti male? gli
chiesi quasi gridando, allarmata.
Lui scosse la testa e fece
qualche passo avanti, con fatica.
Sto bene. Forse fumo troppo.
rispose con voce stanca e forzando
un sorriso.
Che ci facevi l? domandai
indicando l'aperta campagna.

Un giro. disse lui facendo


spallucce. Qui non ci sono locali
come in citt. Noi ragazzi ci
arrangiamo come possiamo.
Annuii sebbene la sua risposta
non mi avesse convinta affatto.
Quando venne sotto la mia
finestra riuscii a vederlo meglio: era
molto pallido, con gli occhi cerchiati
da due profonde occhiaie.
Temevo che sarebbe svenuto di
l a poco.
Sicuro di stare bene? chiesi di
nuovo.
S, non preoccuparti. Mi fece
l'occhiolino e io gli sorrisi. Mi venne
in mente di chiedergli come fosse

andato il giorno prima sulle


montagne, se lui e Christian
avevano scoperto che cos'era stato
(o chi) a provocare quella specie di
grido; ma mi resi conto che non era
il momento adatto. Mi voltai verso
la porta per accertarmi che i miei
genitori non fossero saliti, attirati
dalla mia voce; quando tornai a
voltarmi verso Valerio, lui si stava
allontanando a grandi passi.
Valerio! lo richiamai io.
Anche tu sarai al cimitero oggi alle
tre?
Lui si ferm e si volt. Oggi alle
tre?
S, Christian mi ha detto di

farmi trovare l a quell'ora. Ci sarai


anche tu?
Valerio mi fiss per qualche
istante senza parlare. La sua
espressione
sofferente
all'improvviso
era
mutata
in
qualcosa che non seppi decifrare.
Forse. E senza aggiungere altro
riprese a camminare.
Provai un inspiegabile senso di
timore, e qualcosa mi sugger che
sarebbe stato meglio se fossi
rimasta a casa quel pomeriggio. Mi
chiesi se non fosse stato pi o
meno opportuno raccontare ai miei
genitori di quello che mi era
successo il giorno prima. Forse mia

madre conosceva a quali famiglie


appartenevano Christian e i suoi
amici. Sarebbe stata in grado di
consigliarmi se fidarmi o no. Ma
come avrebbe reagito mio padre
quando gli avrei raccontato che tre
ragazzi sconosciuti mi avevano
incappucciata, trascinata su un
furgone e portata nel bel mezzo di
una montagna senza via di fuga?
Non potevo raccontare l'accaduto e
sapere informazioni omettendo quei
piccoli particolari.
Avrei dovuto disprezzare quei tre
ragazzi per come mi avevano
trattata; ma non era questo che
provavo.

Rientrai in camera dopo aver


lanciato un'ultima occhiata alla
campagna apparentemente deserta
e al cielo, un manto grigio
inossidabile dal quale era svanito
completamente il sole.
Alle tre mancavano ancora sei
ore. Dovevo inventare una scusa
per uscire di casa da sola, ma
questa volta qualunque cosa avessi
detto ero sicura che mia madre non
avrebbe avuto nulla da obiettare.
Posai gli occhi sul cofanetto,
ancora seminascosto tra le lenzuola
del letto disfatto. Mi sedetti sulla
sua
sponda.
Recuperai
il
medaglione che vi era dentro e lo

aprii: subito il silenzio della stanza


fu interrotto dal carillon, che
intonava
melodicamente
Greensleeves. Ricordai di averla
suonata pi di una volta ai tempi
delle scuole medie, con il mio flauto
di plastica acquistato con pochi
soldi. Mi lasciai cullare da quel
suono socchiudendo appena gli
occhi. Sospirai; poi sorrisi e arrossii
quando pensai che quel pomeriggio
avrei rivisto Christian.
Quando risollevai lentamente le
palpebre, fui costretta a lanciare un
grido cos forte che per poco le
corde vocali non mi si spezzarono.
Balzai gi dal letto, ma incrociai

un piede davanti l'altro e ruzzolai


sul
pavimento
trascinando
il
medaglione con me. Schiacciai il
viso contro le mattonelle fredde,
continuando a urlare. Non avevo
nessuna intenzione di risollevare lo
sguardo. Appeso per il collo al
lampadario pendente della mia
camera, c'era il cadavere di un
uomo. La testa piegata da un lato,
gli occhi sbarrati, la bocca
ghignante, i capelli impastati di
sporco, un rivolo di sangue che
usciva dal labbro inferiore.
L'avevo visto solo per una
manciata di secondi, ma la sua
figura si era impressa nella mia

mente. I suoi occhi avevano fissato


i miei come se fossero ancora dotati
di vita.
I miei genitori si catapultarono
nella stanza, e per poco mio padre
non scardin la porta. Lui che mi
vide accucciata a terra, nascosta
quasi sotto il letto tutta tremante e
piangente, si precipit su di me
afferrandomi per le spalle e
alzandomi sulle gambe. Io ero
completamente priva di forze.
Che cosa successo? mi
chiese scuotendomi dolcemente.
Quelle parole bastarono a farmi
capire che non aveva ancora visto il
cadavere dell'uomo. Spostai allora

gli occhi sul lampadario, e urlai di


nuovo: il cadavere non c'era pi,
era svanito. Mi resi subito conto di
aver avuto una sorta di visione, e
questo mi gett ancora di pi nello
sconforto. Avrei preferito un uomo
morto in camera mia ma visibile
agli
occhi
di
tutti,
che
un'apparizione momentanea alla
quale nessuno avrebbe creduto.
Spostai poi gli occhi velati dalle
lacrime su mia madre: stava
raccogliendo il medaglione che
nella caduta si era richiuso da solo.
Lo prese tra le mani e lo osserv
senza battere ciglio. Mio padre
intanto mi chiese di nuovo cosa

fosse accaduto, ma non avevo


ancora ritrovato la capacit di
parlare e balbettai solo qualche
sillaba indicando con lo sguardo il
lampadario.
Ha aperto il medaglione. disse
mia madre alla fine. Mi dispiace
Emma, avrei dovuto avvisarti.
Di cosa? rispose mio padre per
me mentre mi stringeva al petto.
Questo medaglione fu di tua
nonna prima di diventare mio.
spieg lei senza curarsi dell'effetto
che le sue parole avrebbero potuto
avere su di me. Lo utilizzava per
contattare le anime dei defunti.
La sua musica ha una sorta di

effetto ipnotico, e ha agito sul tuo


cervello facendoti
avere
una
visione. Dico bene?
Io annuii con la testa;
continuavo a tremare come una
bambina tra le braccia di mio
padre.
Un paio di volte l'ho utilizzato
anche io, ma senza esito. continu
mia madre. Tua nonna stava
insegnandomi a parlare con i
defunti. Vedi, non sempre le anime
dei morti si mettono in contatto con
noi, e quando lo fanno per uno
scopo ben preciso. Se hai visto
qualcuno, se qualcuno si messo in
contatto con te, deve esserci una

ragione. Mia madre, che aveva


pronunciato quelle parole in tono
naturale e piatto, si mosse per
riporre il medaglione nel cofanetto.
Io e mio padre la guardammo come
se la vedessimo per prima volta.
Che n'era stato della donna
nevrotica, di quella che piangeva
senza motivo apparente e che
voleva a tutti i costi tenermi
lontana dalla storia della nonna e
dalla sua storia? Aveva detto che la
nonna le stava insegnando; quindi,
prima di conoscere mio padre e
scappare con lui in citt, aveva
praticato anche lei quelle assurde
arti oscure. Pi la verit mi veniva

svelata, e pi altri quesiti si


ponevano; ma di una cosa ero
certa: non avrei pi guardato mia
madre con gli stessi occhi.
Emma, chi hai visto? mi chiese
richiudendo con uno schiocco secco
il cofanetto.
Mi guard, e dal suo sguardo
capii che avrei dovuto dire la verit
o nel caso contrario mi avrebbe
comunque scoperta che mentivo. Mi
feci coraggio e con voce sottile,
stridula, che non sembrava la mia
risposi: Non so chi fosse; era un
uomo sulla cinquantina forse, era
appeso l al lampadario.
Mio padre trattenne il respiro.

Chiss quante volte in passato


aveva sentito storie simili da mia
madre; doveva essere stato difficile
per lui credere a tutto ci e ora che
anche sua figlia era ormai stata
coinvolta, doveva esserlo ancora di
pi.
Mia madre parve riflettere sulle
mie parole.
Impiccato? domand poi.
Appeso nel senso di impiccato?
Fui sconcertata di fronte a quella
che mi sembrava curiosit morbosa.
E poi il fatto che quella domanda
uscisse dalla bocca di mia madre
rendeva tutto ancora pi assurdo.
Assentii.

Di sicuro qualcuno morto qui a


Tiepole ti ha contattata in quel
modo per dirti qualcosa. Non gli hai
dato il tempo di parlare?
Laura, ma che razza di
domande fai? la sgrid mio padre,
adirato.
No, non mi ha detto niente. mi
affrettai a dire prima che mia
madre gli rispondesse per le rime.
Non gli ho dato modo di parlare,
non. Mi scostai da mio padre con
uno spintone.
Basta, dovevo finirla l. Era tutto
troppo assurdo.
Che discorso stavamo tenendo io
e mia madre? Fino a una settimana

prima parlavamo di shopping, di


mete estive per le vacanze, di
scelta universitaria. E ora di morti
impiccati! Ne avevo abbastanza.
Di tutto e di tutti. Non poteva
rivelarmi le cose goccia dopo
goccia, o aspettare che accadessero
per darmi spiegazioni.
Avevo appena visto uno spirito
(anche se non era il primo che
vedevo in realt), possibile che non
si chiedeva come io stessi, se
avessi avuto paura; possibile che
non si preoccupasse della mia
salute mentale?
Mamma, io voglio la verit. Le
urlai contro con voce ritrovata.

Tutta la verit. Che mi sta


succedendo? Cosa volete tu e la
nonna da me? Piangevo mentre
urlavo, e non me ne accorsi
neppure. Mio padre si avvicin per
abbracciarmi ancora, ma io lo
respinsi.
Non
volevo
essere
coccolata e protetta, non volevo pi
restare all'oscuro di tutto. Non
capivano che in questo modo sarei
stata pi vulnerabile, che la gente
di Tiepole avrebbe potuto farmi del
male se lo avesse voluto?
Mia madre rest dov'era senza
muovere un muscolo.
Emma, difficile quello che mi
chiedi. disse. Fino ad ora ti ho

nascosto tutto perch pensavo che


ti avrei protetta e sottratta alla.
Fece una pausa durante la quale
si scambi una veloce occhiata con
mio padre. Lui fece di s con la
testa, invitando mia madre a
completare la frase: Volevamo
sottrarti alla tua maledizione,
Emma. rivel.
Fece una seconda pausa per
vedere come io avrei reagito.
Strano, eppure mi aspettavo una
rivelazione simile. Del resto mia
nonna aveva maledetto persone a
destra e a manca; quindi perch
avrebbe dovuto fare un'eccezione
per la sua unica nipote?

Quando ricevetti la telefonata


che mi informava della morte
improvvisa di tuo nonno continu
io ripensai subito alla profezia di
Marta. E sai di che parlo.
Feci un cenno d'assenso con la
testa. Al ventesimo anno dal a sua
morte la sua discendente sarebbe
tornata a completare il suo lavoro.
Conoscevo questo ritornello a
memoria oramai.
Non una coincidenza.
riprese. Che tuo nonno sia morto
proprio adesso. Lui c'entra qualcosa
nel suo disegno, lei doveva aver
previsto anche la sua morte. E io
questo non lo avevo calcolato,

Emma.
Pensavo che con tuo nonno qui a
vigilare, nulla sarebbe accaduto.
Nonno la ostacolava? chiesi
atona nella voce e deglutendo a
fatica.
Avevo
la
bocca
completamente secca e la gola
ancora dolorante per le urla.
All'inizio no; ma quando si
accorse di quello che lei stava
facendo la lasci, e tua nonna and
ad abitare in un'altra casa. E io
scappai. Sapevo che lui vigilava,
che cercava in tutti i modi di
ostacolarla.
E proteggeva me e te, ecco
perch non ti consegn la lettera

come volle tua nonna. Ma Emma,


adesso le cose sono cambiate; tuo
nonno morto e non so se c'
ancora qualcuno come lui che vigila
sulla magia oscura di tua nonna.
Un terribile sospetto mi sfior la
mente.
Mi
tremolarono
le
ginocchia.
Mamma, c' la probabilit che,
la piccola probabilit che nonno
Sia stato assassinato? fin lei
per me. S, Emma. quello che
credo anch'io. Ed ecco perch ho
voluto che la sua salma rimanesse
in citt. Cos nessuno potr
nuocergli pi.
Vidi i suoi occhi velarsi di

lacrime. Ma la sua espressione


impassibile non mut.
Che cosa ricominciai io in
cosa consiste la mia maledizione?
La mia voce era bassa roca,
stridula, insopportabile persino alle
mie orecchie.
Mia madre mi si avvicin, e
questa volta le permisi di afferrarmi
per le spalle.
Non lo so, Emma. Ma vedrai
che riusciremo ad annullarla prima
che ti accada qualcosa, va bene?
Feci di s con la testa e tirai su
con il naso. Mi sentivo gi diversa, e
avevo come l'impressione che la
mia faccia si fosse trasformata in

un'orribile maschera piena di


pustole e rughe.
Ti maled il giorno del tuo
battesimo. spieg mio padre.
Ecco perch io la cacciai a
pedate.
Oh, s. aggiunse mia madre
sforzando un sorriso. Gioc con il
suo sedere come se fosse un
pallone da calcio! Cerc con quelle
parole di farmi ridere, ma non ci
riusc. Nulla avrebbe potuto riuscirci
in quel momento.
Emma, so cosa stai provando.
riprese seriamente mia madre.
Per me stato diverso perch
io sono cresciuta in mezzo a tutte

queste stranezze. Ma quando tua


nonna mi avvi alle sue pratiche ne
rimasi sconvolta anch'io all'inizio. E
poi quando mi chiese di fare alcune
cose, mi ribellai e me ne andai. Ma
lei continu a...
Se la nonna era cos cattiva
come tutti quanti dite dissi
interrompendola non credete che
io possa aver ereditato la sua
stessa malvagit? Non potrei
diventare cattiva come lei? Forse
questa
la
mia
maledizione:
diventare crudele con voi e con gli
altri.
Mia madre scosse energicamente
la testa; non voleva neppure

prendere in considerazione una


teoria simile.
Si pu istigare la violenza, ma
solo le menti deboli cedono. E tu
non sei debole, Emma. Sei nipote
della terribile Marta Vasselli, vero;
ma sei anche figlia mia.
E mia soprattutto. s'intromise
mio padre. E hai preso le mie
migliori qualit: la gentilezza, la
pazienza e ovviamente la bellezza.
No, quella l'ho ereditata dalla
mamma. mi ritrovai a rispondere.
Io e mia madre ci guardammo.
Trovai la forza per distendere le
labbra in un debole sorriso. Se non
altro questa volta era stata sincera

e non mi aveva nascosto nulla,


nemmeno le verit pi orribili.
Ma sapevo che c'erano ancora
moltissime cose da sapere. Cose
che non mi sarebbero piaciute e che
mi avrebbero privato del sonno.
Che si fa adesso? domandai.
Cosa facciamo per scoprire se il
nonno stato. Non riuscii a
pronunciare quella parola.
Mia madre sospir.
Per prima cosa, oggi uscir a
fare un giro. disse. molto che
non scambio quattro chiacchiere
con i Tiepolesi. Io sono una di loro,
e che anche se mi odiano per il
fatto che sono scappata voltando a

tutti le spalle, spero non vorranno


negarmi
almeno
qualche
informazione.
Prova a parlare con
l'energumeno del bar. le suggerii.
stato l'unico cortese con me fino
ad adesso.
Vidi il viso di mia madre
oscurarsi,
ma
quel
suo
cambiamento dur pochi secondi e
cos io non ci badai. Riscuotendosi
forse da un vecchio ricordo, disse
che sarebbe scesa a preparare il
pranzo.
Mi chiese se potevo darle una
mano. Accettai volentieri: mai e poi
mai sarei rimasta da sola in quella

camera.
E comunque disse mentre
scendevamo le scale non devi aver
timore degli spiriti. Sono solo delle
visioni e non possono nuocerti.
Tutto sta nel controllare le tue
paure. E qui a Tiepole, ti
garantisco, imparerai presto come
si fa.
A pranzo, nonostante gli
incoraggiamenti di mio padre,
mangiai solo met della pasta che
avevo nel piatto e due pezzi
minuscoli di carne. Lo stomaco mi si
era chiuso, e qualsiasi cosa vi
avessi messo dentro mi sarebbe
tornato fastidiosamente su per

l'esofago. Avere davanti agli occhi


un cadavere appeso per una corda
a un lampadario, anche se
incorporeo e intangibile, provocava
quell'effetto. E non solo: a ogni
piccolo
rumore
trasalivo
e
continuavo a guardarmi attorno
timorosa, con il terrore di vedere
altri spiriti. Prestavo orecchio alla
strada in attesa di sentire il rombo
assordante di una moto. Ma erano
da poco passate le due e Christian
non era rincasato. Che mi stesse
gi aspettando al cimitero?
Durante il pranzo consumato in
silenzio, annunciai che avrei fatto
una passeggiata subito dopo. Mia

madre aveva proposto di tutti


insieme, ma rifiutai mettendo come
scusa che avevo bisogno di
riflettere da sola. Per non turbarmi
ulteriormente i miei genitori dissero
che potevo andare, ma che non mi
sarei dovuta allontanare troppo, e
soprattutto dovetti promettere che
non avrei rivolto la parola a
nessuno. Quando poi reclamai
affermando che l'et per non
accettare
caramelle
dagli
sconosciuti era passata da un bel
pezzo, il pranzo si concluse con una
risata liberatoria che alliet un poco
la tensione.
Mancavano un quarto alle tre

quando uscii di casa. Mio padre mi


diede una copia delle chiavi e mi
raccomand di non fare tardi.
Mi avviai verso la strada che
stava divenendo familiare oramai:
girare a sinistra all'arco di pietra
con lo strano simbolo sulla sommit
e andare diritti per la traversa
stretta. Poi la salita asfaltata, e
infine sulla cima il cimitero. Gi di
lontano riuscii a scorgere la moto
rossa
striata
di
bianco,
parcheggiata sotto uno degli alberi
che costeggiavano la salita. Il mio
cuore manc di un battito a quella
visione, e la paura che mi stava
accompagnando si trasform in

qualcosa di ancora pi terribile.


Puntuale come un orologio
svizzero!
La voce di Christian alle mie
spalle mi fece sobbalzare.
Ti prego, non comparire pi
cos all'improvviso! lo sgridai con
una mano sul cuore.
Quel giorno avevo gi preso
troppi spaventi.
Scusa. Lui mi guard e mi
sorrise. Finalmente potevo vederlo
bene in faccia: gli occhi scuri
spuntavano da sotto la sua
capigliatura castana e disordinata,
e la sua pelle era candida come
quella di un bambino. Si era rasato

e i lineamenti duri e marcati ora


erano pi evidenti. Il corpo era
quello che ricordavo: le spalle
larghe e le braccia muscolose,
messe in risalto ora da una
maglietta verde scuro a maniche
corte con la scollatura a V. Uno dei
pi bei ragazzi che avessi mai visto
in vita mia. Mi sentii avvampare
sulle guance e sperai che lui non se
ne accorgesse. Distolsi lo sguardo.
Allora, di cosa volevi parlarmi?
chiesi, ritrovandomi all'improvviso
priva di frasi che avessero senso.
Parlare? mi rispose lui. Ti ho
scritto che volevo parlarti?
Tornai a guardarlo annuendo.

Devo essermi sbagliato, allora.


La sua espressione mut di
colpo. Si fece serio, e un'ombra
sinistra gli sorse sotto gli occhi che
divennero duri e inespressivi.
Prima ancora che potessi
accorgermene, il mio istinto mi
sugger di scappare. Feci un passo
indietro.
Poi accadde tutto molto
velocemente. Mi ritrovai a terra,
riversa sulla schiena con la colonna
vertebrale dolorante. Battei la nuca,
e nella testa mi scoppi un bagliore
accecante come un lampo.
Ti prego di non svenire, o non
proverei pi gusto. La voce di

Christian, trasformata in un ringhio


acuto, sembrava giungermi da
molto lontano. Cercai di rialzarmi,
confusa, sbalordita e terrorizzata.
Ma Christian mi afferr per un
braccio e mi costrinse a rimettermi
in piedi. Sentii l'osso della spalla
produrre
uno
scrocchio
preoccupante; urlai. Lui per mi
tapp subito la bocca con una
mano, rischiando di togliermi il
respiro.
Non gridare. inutile. Nessuno
verr in tuo aiuto. mi sussurr in
un orecchio.
Mi trascin con la forza. Iniziai a
piangere, chiedendomi perch mi

stesse trattando in quel modo. Si


ferm davanti al cancello e devi a
sinistra, l dove sapevo ci fossero le
tombe eretiche. E quella di mia
nonna. Quando vi giungemmo
davanti lui mi lasci andare e io
caddi con la faccia di fronte alla
lapide con su scritto Marta Vasselli.
Ecco, ti ho portato la tua
discendente!
disse
Christian.
Morir
sulla
tua
tomba,
maledetta!
Prima che io potessi reagire, mi
agguant per i capelli. Urlai di
nuovo.
Per colpa tua mi disse con
voce spaventosamente cavernosa

la mia vita rovinata per sempre.


Tu non ti rendi conto di quello che
mi avete fatto!
Mi sollev in piedi per poi
lasciarmi cadere di nuovo. Mi feci
male a un gomito questa volta,
poich mi portai il braccio davanti al
volto con l'intento di proteggermi la
testa dai sassi sui quali potevo
batterla.
Mi avete rovinato l'esistenza!
Sar un mostro per sempre!
continuava a blaterare mentre si
chinava di nuovo su di me.
Urlai, ma lui mi tapp di nuovo la
bocca. Con la mossa di una sola
mano mi costrinse a girarmi sul

dorso, e avvicin il suo viso al mio.


Io serrai gli occhi per non guardarlo.
Sentivo il suo respiro dappertutto.
Ieri ti ho salvata perch volevo
avere il piacere di averti tutta per
me e farti a pezzi pian piano. La
discendente, non fai poi cos
paura.
Christian prese a passarmi una
mano grande e forte su tutto il
corpo, dal collo fino alle natiche,
come una carezza che poco per
aveva di affettuoso. Io gemetti,
gridai e piansi. Tentai di afferrare
qualcosa, un sasso o un bastone,
ma non trovai nulla. E comunque
non avrei avuto la forza necessaria

per difendermi. Lui era troppo forte


per me.
Tu non farai pi del male a
nessuno! continu. Gli altri
saranno contenti quando gi al bar
gli porter la tua testa. Il resto lo
dar in pasto agli animali, strega
maledetta!
Lev la mano dalla mia bocca
per bloccarmi le braccia.
Ti prego, per favore. trovai la
forza per piagnucolare.
io non so nulla, non conosco
nulla. Christian.
Lui si mise a cavalcioni su di me
e avvicin il viso al mio collo. Io
continuavo a supplicarlo di lasciarmi

andare. Stando in quella posizione


riuscii a spostare gli occhi sulla
lapide di mia nonna. Per un
momento sperai che lei ne uscisse
fuori e mi salvasse. Ma nulla di
tutto ci accadde.
Christian pos due labbra
marmoree e ghignanti sul mio collo.
Io urlai di nuovo, ma quello che mi
usc dalle labbra questa volta fu
solo un rantolo soffocato. Non
avevo neppure pi voce per gridare.
Oramai ero spacciata. Pensai ai
miei genitori. Sarebbero impazziti
se fossi morta l in quel momento,
in quella maniera, davanti alla
tomba di mia nonna.

I Tiepolesi invece avrebbero


istituito quello come giorno di festa
nazionale. La discendente morta
prima che potesse riprendere il
lavoro della terribile fattucchiera;
avrebbero consegnato a Christian
una medaglia d'oro.
Christian poi strapp sia la
giacchetta che la maglietta che
indossavo in modo tale da scoprirmi
la spalla sinistra. Appoggi la bocca
sulla pelle, digrignando i denti:
sentii una serie di zanne affilate che
presto si sarebbero conficcate nella
mia carne. Rest in quella
posizione, immobile.
Christian, per favore. sibilai

con un filo di voce, il viso bagnato


di lacrime e il cuore che temevo
avesse smesso gi di battermi.
Restammo in quella posizione, io
sotto di lui, lui seduto a cavalcioni
su di me con le sue zanne premute
contro la mia pelle, per un
momento che non seppi calcolare.
Poi si rialz con un balzo, e si
allontan da me. Fece qualche
passo e quindi cadde sulle
ginocchia. Lo vidi mentre si
prendeva la testa tra le mani e
iniziava a singhiozzare. Cos'era, un
nuovo trucco per sorprendermi di
nuovo e assalirmi ancora? Con
molta calma, senza dare troppo

nell'occhio cercai di rialzarmi in


piedi. Avvertivo dolore in pi parti
del corpo, ma non era quello il
momento per lamentarsi. Senza
staccare gli occhi dalla sua figura,
cercai una via per fuggire. Lui
ostruiva quella dalla quale eravamo
venuti, quindi mi sarei dovuta
allontanare dalla parte opposta,
scappare
per
la
campagna
circostante
e
nascondermi.
Indietreggiai lentamente.
Christian
continuava
a
singhiozzare come un bambino. Feci
ancora qualche passo indietro, ma il
piede mi fin su un ramoscello secco
che scricchiol sotto la suola della

mia scarpa. Lasciai fuggire un


lamento quando lui rialz la testa.
Mi voltai per scappare, ma subito
mi ritrovai stretta tra la morsa delle
sue braccia. Provai a divincolarmi,
ma senza successo. Era davvero la
fine questa volta. Non potevo
guardarlo in faccia, ma immaginavo
ancora le sue zanne che di l a poco
mi avrebbero lacerata.
Emma. parl con voce
normale, da essere umano.
Io trattenni il respiro e spalancai
gli occhi.
Emma, non volevo, non ce la
faccio. continu Se davvero sei la
discendente, allora uccidimi. Se non

vuoi togliermi la maledizione,


uccidimi. Il suo tono disperato mi
riemp di compassione.
Io non ce la faccio a uccidere
te.
Lentamente mi lasci andare.
Ricominciai
a
respirare
normalmente, ora che le sue
braccia non mi comprimevano pi i
polmoni. Prima che potessi girarmi
e guardalo, lui si era gi voltato.
Non voleva farsi vedere in quello
stato.
Avanti. mi incit. Io ti ho
fatto del male, per favore.
Restai immobile a fissare la sua
schiena
e
la
sua
nuca

perfettamente normali. Se qualcosa


si era trasformato in lui, doveva
riguardare solo la sua faccia. Pass
qualche
minuto.
Il
silenzio
riecheggiava. Lentamente, molto
lentamente, alzai
un braccio
indolenzito. Lo posai sulla sua
spalla, con molta delicatezza per
non turbarlo e provocargli una
nuova reazione violenta.
Christian. dissi con voce bassa
io non so se sono la discendente.
Ma anche se lo fossi, non ti farei
mai del male, n a te n a nessun
altro. E spostai lo sguardo sulla
lapide di mia nonna.
Rivolsi quelle parole soprattutto

a lei.
Non sar mai come mia
nonna. aggiunsi alzando un poco il
tono di voce. Mai.
Pass ancora qualche istante.
Restammo in quella posizione per
una manciata di minuti. Poi
lentamente abbassai il braccio; il
gomito che avevo battuto sul sasso
mi lanciava fitte di dolore. Me lo
portai al petto e lo massaggiai con
l'altra mano. Dovevo avere il corpo
pieno di lividi; e sotto la mia
giacchetta, sporca di terriccio e
polvere, sulla spalla sinistra i segni
della violenza di Christian (o in
qualunque
cosa
si
fosse

trasformato) dovevano essere ben


visibili.
Christian. lo chiamai. Avevo la
voce roca e la gola esausta per
tutte le urla che avevo lanciato quel
giorno. Lui si mosse in maniera
quasi
impercettibile,
e
io
indietreggiai senza volerlo. Non
potevo essere sicura che fosse
tornato normale. Lo vidi fare un
profondo respiro. Segno che si
stava finalmente dominando?
Emma, non immagini da quanto
tempo volevo trovarmi faccia a
faccia con la discendente di Marta
Vasselli per ucciderla. parl senza
voltarsi. Speravo che il mostro che

in me l'avrebbe sbranata, cos


sarebbe stata uccisa dalla stessa
maledizione alla quale sua nonna
mi aveva condannato. Una fine
giusta per lei.
Non risposi. Piuttosto mi tenni
pronta a scappare.
Ma ora che ti ho vicino, non ce
la faccio. aggiunse. Il mostro che
in me ancora non riesce a
dominarmi completamente, e la
mia coscienza non mi permette di
agire come un animale. Ma un
giorno il mostro mi comander a
bacchetta, e sar meglio non farti
trovare pi qui a Tiepole.
Tu non mi farai mai del male.

gli dissi. Non lo hai fatto ora e non


lo farai mai.
Christian sghignazz. Non ne
sarei tanto sicuro se fossi in te.
Sospir ancora e si volt. Io
distolsi per un momento lo sguardo,
ma quando mi accorsi che lui aveva
incollato gli occhi a terra ne
approfittai per guardarlo in viso: era
lo stesso giovane che mi aveva
rapita il giorno prima, quello che
avevo incontrato al bar quella
mattina. Qualunque cosa fosse
successa alla sua faccia, ora era
scomparsa come se non fosse
accaduto nulla. Lasci che alcune
ciocche di capelli gli coprissero la

fronte e gli occhi; non voleva


guardarmi.
Non dire a nessuno quello che ti
ho fatto. disse. Poi aggiunse con
voce quasi impercettibile: Mi
dispiace.
In quel momento Lorenzo
comparve risalendo a grandi passi
la stradina delle lapidi eretiche. Il
volto paonazzo, il fiatone grosso e
l'aria stravolta mi suggerirono
subito che qualcosa di grave fosse
accaduto.
Christian! chiam urlando
Christian!
Lui si volt verso l'amico e gli
and incontro.

Che successo?
Lorenzo si ferm a riprendere
fiato appoggiandosi con noncuranza
a una delle lapidi. Valerio. si
sentito male.
Sentii Christian borbottare
qualcosa, e lo vidi passarsi
nervosamente una mano tra i
capelli. Quando poi Lorenzo si
accorse anche della mia presenza,
si stacc dalla lapide e fece qualche
passo verso di me. Quindi si blocc
come se un terribile pensiero gli
fosse sopraggiunto, e si volt a
guardare Christian. Mi lanci
un'altra occhiata e poi guard di
nuovo l'amico.

Che cosa le hai fatto?


domand.
Christian non rispose. Anche io
restai zitta, incapace di rivelare la
verit e di inventare sul momento
una bugia. Lorenzo e Christian si
scambiarono una lunga occhiata.
Poi Lorenzo sbott: Ma sei
diventato tutto scemo? Volevi, qui
al cimitero, in pieno giorno, proprio
adesso?
A quelle parole io trasalii e feci
qualche passo indietro, spaventata.
Se uccidermi era un piano di tutti
e due, ora me la sarei dovuta
vedere anche con Lorenzo. Ma lui si
gir verso di me e addolcendo il

tono di voce disse: No, Emma. Stai


tranquilla, nessuno ti far pi del
male.
Mi osserv per un istante e io
cercai di farmi piccola stringendomi
tra le mie stesse braccia. Lorenzo
poi si mosse verso di me e io
indietreggiai
ancora.
Mi
ero
allontana molto dalla lapide di mia
nonna, e mi stavo avvicinando
sempre di pi al limite della
campagna circostante.
Ma guarda che cosa le hai
fatto! Quando mi fu vicino mi
sfior con le dita la fronte. Io,
contrariamente a quanto avevo
pensato di fare, non riuscii a trovare

la forza per difendermi e scappare.


Forse perch Lorenzo mi aveva
ispirato fin da principio fiducia; con
me era sempre stato gentile.
Quando ritir la mano, vidi che i
suoi polpastrelli erano sporchi di
sangue. Non ricordavo come fosse
successo, ma mi ero procurata un
piccolo taglio vicino alla tempia
destra.
Non niente. mi affrettai a
dire non sento neppure dolore.
Era vero. Se non me l'avesse fatto
notare lui, io sarei tornata a casa
con la fronte sanguinante.
Non avresti dovuto farlo,
Christian. Potevi ammazzarla sul

serio. disse ancora, in tono


adirato.
Ma non niente! solo un
taglietto. continuavo a farfugliare
io. Il timore che avevo era quello di
vedere anche Lorenzo trasformato
in una specie di mostro. In fondo
era stato maledetto anche lui, ma
non ero per nulla curiosa di sapere
in che modo.
Christian se ne stava con gli
occhi incollati al terreno, senza
rispondere.
Sembrava
profondamente dispiaciuto. Lorenzo
scosse la testa ripetutamente;
stava dominando la rabbia e ci
stava riuscendo per mia fortuna.

Andiamo da Valerio prima che


sia troppo tardi. Lascia la tua moto
qui, nessuna oser toccarla. disse.
Lei viene con noi, non possiamo
lasciarla da sola in queste
condizioni.
Mi afferr delicatamente per un
gomito, quello che non mi faceva
male. Io lo seguii, incapace di
ribellarmi.
Ma stalle lontano! si
raccomand.
Christian, ancora con la faccia
rivolta a terra, si fece da una parte
per farci passare. Poi ci segu,
mantenendosi a debita distanza. Gli
eventi mi avevano completamente

travolta, e quello che provavo


andava al di l di ogni umana
sensazione:
paura
angoscia,
frustrazione, desiderio di fuggire,
voglia di restare, era tutto cos
mescolato alla rinfusa che la mia
mente smise di pensare, ed entrai
in una sorta di stato catatonico.
Nemmeno mi accorsi di essere
salita sul sedile posteriore di un
BMW scuro. Lorenzo sal al posto di
guida e Christian a quello del
passeggero. Accese il motore e fece
una pericolosissima retromarcia;
per poco non centrammo in pieno
un albero.
Dov' Valerio? chiese

Christian.
Alla Macchia. Simo mi ha detto
che era l. Sono corso a vedere, ma
sono scappato via; da solo non ce
l'avrei fatta.
Si concentr sulla guida cercando
di evitare le buche e i sassi pi
grandi della strada. Quindi gir a
destra, e imbocc una via asfaltata
della quale non sospettavo neppure
l'esistenza.
Questa volta brutta,
Christian. aggiunse. Stavolta o
facciamo qualcosa o lo perdiamo.
Avrei voluto fare qualche
domanda, ma ero troppo impegnata
a tenermi il gomito ancora

dolorante; e poi cosa avrei dovuto


chiedere? Lorenzo acceler; ai
nostri lati solo aperta campagna, e
qualche casolare sporadico che
sembrava abbandonato. Lorenzo mi
lanci un'occhiata dallo specchietto
retrovisore.
Tutto a posto, Emma? mi
domand.
Io annuii. Vidi che Christian
stava voltando la testa verso di me,
ma ci ripens subito. Si guard le
mani, poi poggi il gomito sul
finestrino e prese a fissare fuori.
Come facciamo a calmarlo?
chiese poi Lorenzo.
Con la forza, credo. rispose

Christian.
L'unico modo che conosci
daltronde, pensai tra me. Il BMW
devi ancora verso destra, su per
una strada sterrata ma abbastanza
larga dove anche un camion della
spazzatura sarebbe entrato senza
difficolt. Il paesaggio mut: non si
vedeva un albero all'orizzonte, solo
erba incolta e cespugli bassi.
Qualche fiore colorato qua e l
spezzava la monotonia cromatica.
Lorenzo accost a sinistra e
inchiod di botto. Se non mi fossi
retta con il braccio sano, sarei finita
spiaccicata sul cruscotto. Una
macchina del genere non era adatta

per un posto e per un trattamento


simile.
Lorenzo e Christian scesero, e io
fui costretta a fare altrettanto.
Lorenzo mi apr la portiera, ma
prima che potessi ringraziarlo si era
gi avviato gi per la campagna.
Christian, senza degnarmi di uno
sguardo, lo segu. Io chiusi lo
sportello e feci lo stesso. Calpestai
erba secca e piccoli ramoscelli; la
terra mi s'infil sotto le scarpe da
ginnastica.
Era qui! disse Lorenzo
fermandosi poi in un punto. Era
qui, dove sar andato?
Indic una parte del terreno

dove l'erba era stata schiacciata.


Forse Valerio l si era sdraiato
perch preda di forti dolori. E
finalmente
io
mi
decisi
a
confessare: Erano appena le dieci
di questa mattina quando ho visto
Valerio uscire dalla campagna
dietro casa mia. E quel casa mia
mi suon alquanto strano da
pronunciare.
Si vedeva che non stava bene.
aggiunsi poi rivolta a Christian.
Io te l'avrei detto se non.
Lui non os guardarmi neppure
quella
volta.
Fissava
l'erba
schiacciata stringendo i pugni.
Dobbiamo trovarlo! disse a

denti stretti. Cerchiamolo, non pu


essere andato troppo lontano!
Si invece. lo corresse Lorenzo
guardandosi attorno. La sua
velocit aumentata parecchio
nell'ultimo periodo. Pu batterti, se
si mette d'impegno!
Christian non lo ascolt e si
accucci
sul
terreno.
Cerc
qualcosa; capii poi che in realt
stava annusando alla ricerca di
qualche indizio che lo aiutasse a
capire dove si fosse diretto Valerio.
Lorenzo intanto si era allontanato
chiamando a gran voce il nome
dell'amico. Io restai immobile l
dov'ero; non sapevo come essere

d'aiuto. Una lieve brezza mi


scompigli i capelli. Scrutai il cielo:
era ricoperto dalla coltre plumbea
oramai familiare. Mi chiesi quando
avrei rivisto il sole, o per lo meno
un suo debole raggio.
Eppure la campagna ombrata
aveva il suo fascino; il cielo che
minacciava pioggia (che poi alla
fine non cadeva mai) s'infrangeva
nel verde dei prati smorzandone i
colori, e per questo si confondeva
con la linea dell'orizzonte creando
una sorta di continuit con la terra.
Se c'era un posto preciso che
produceva il silenzio, allora doveva
essere quello.

Christian si rialz e punt lo


sguardo lontano, dandomi le
spalle.
La figura di Lorenzo intanto si
stava facendo sempre pi piccola.
Provai un senso di disagio
quando mi accorsi di essere di
nuovo rimasta da sola con
Christian. E prima che potessi
accorgermene, mi
mossi
per
raggiungere Lorenzo. Ma qualcosa
mi fece arrestare, un rumore che
credevo provenisse dal BMW.
Quando mi voltai, la faccia
contorta e pallida di Valerio mi
comparve davanti. Provai a gridare,
ma avevo completamente esaurito

la mia voce. Non era il ragazzo


sicuro di s (e anche attraente) che
avevo conosciuto solo il giorno
prima. Aveva la bocca distorta e le
labbra, ritirate verso l'interno, erano
come scomparse. Mostrava i denti,
una serie di piccoli spuntoni aguzzi
storti e ingialliti. Gli occhi poi erano
privi di pupilla e la pelle della faccia
era smorta, tirata, come se fosse
pronta a dilaniarsi. Pi che orrore
mi fece ribrezzo, e provai un
singolare senso di compassione. Di
pena. Valerio (ma era davvero lui?)
tese una mano verso di me e io
indietreggiai. Ma non fece in tempo
neppure
a
sfiorarmi,
perch

Christian gli assest un pugno sulla


faccia che lo fece cadere a terra.
Avevo sentito chiaramente la
mandibola scricchiolare sotto quel
potente gancio. Christian mi lev da
una parte, mettendosi davanti a
me. Sentivo alle mie spalle Lorenzo
gridare e correre verso di noi. Poi
Christian emise un verso strano,
simile a un rantolo, come se stesse
per abbaiare da un momento
all'altro. Capii che stava per
accadere di nuovo: il mostro che
era in lui stava per riprendere il
controllo. Ricordai allora le sue
parole: Quando un giorno il mostro
prender il controllo della mia

coscienza, sar meglio per te non


farti trovare a Tiepole.
E se non si fosse dominato
quella volta? Se dopo aver sfidato
Valerio mi avesse attaccata di
nuovo? Feci per scappare; ma restai
dovero. Pazza, che cosa stai
facendo.
Allungai una mano per afferrare
l'avambraccio di Christian. Sentii i
suoi muscoli tesi come funi pronte a
rompersi. Quindi lanciai un'occhiata
al corpo di Valerio, ancora steso a
terra. Doveva avergli dato un pugno
cos forte da averlo stordito. Pensai
per un momento che Christian
avrebbe usato la stessa forza bruta

su di me uccidendomi di sicuro.
Christian, no. sussurrai con la
gola che mi faceva male.
Lo sentii emettere un nuovo
ringhio che mi fece sobbalzare.
Ma restai ferma sul posto.
Christian calmati, ti prego.
Lui emise un suono gutturale e
poi
lo
sentii
sospirare
profondamente. Lorenzo arriv di
gran corsa chinandosi sul corpo
inerme di Valerio.
Cavolo, l'hai proprio steso!
comment tastandogli il polso. Mi
sorprende che sia ancora vivo!
Io lasciai cadere la mano, e
Christian rest immobile a fissare i

due amici.
Rimango sempre io il pi
forte! disse con voce atona.
Lorenzo si alz; gli rivolse un
sorriso sornione.
Certo, aspetta che anche io mi
trasformi in quello che mi devo
trasformare; poi ne riparleremo.
Che ne facciamo adesso di lui?
chiese Christian.
Non lo so, chi potrebbe. Poi gli
balen in mente qualcosa.
Schiocc le dita: Portiamolo
dalla
vecchia
Gilda!
disse
entusiasta.
Potr darci una mano, tu che
dici?

Christian annu con la testa


senza starci a pensare su.
Dico che va bene.
Quindi si chin sul corpo di
Valerio. Gli diede uno scossone per
accertarsi che non fingesse di
essere svenuto. Poi lo prese tra le
braccia e lo sollev cos come si fa
con un neonato.
Inutile chiedere se ti serve una
mano. lo canzon Lorenzo.
Christian si avvi verso il BMW
senza aggiungere una parola.
Se vuoi ti riportiamo a casa.
mi disse Lorenzo.
Io guardai Christian camminare
verso l'auto con il suo fardello tra le

braccia; il suo migliore amico


trasformato in un mostro dalla
maledizione di mia nonna.
No. Vengo con voi. risposi.
Oramai c'entro dentro fino al collo.
Pensai per un momento ai miei
genitori; dovevano gi essere in
pena non vedendomi tornare. Ma
non m'importava; avrei poi spiegato
loro il motivo del mio enorme
ritardo, ed ero certa che non
avrebbero avuto nulla da ridire. Se
davvero avevo a che fare con quelle
trasformazioni, volevo accertarmi
bene degli effetti.
Forse, come discendente di
Marta Vasselli, potevo annullarle.

Lorenzo mi fece cenno di


seguirlo. Questa volta mi sedetti io
sul sedile del passeggero, mentre
Christian si sistemava su quello
posteriore con Valerio steso sulle
gambe proprio come se fosse un
bambino. Prima di salire in
macchina lui mi lanci una fugace
occhiata, ma distolse lo sguardo
prima che potessi ricambiare.
Lorenzo mise in moto, cos il
rumore copr in parte la mia voce
gi roca e Christian dal sedile
posteriore non pot sentirmi.
Sai, Lorenzo, gli dissi solo tu
oggi non hai cercato di uccidermi!
Non mai troppo tardi, ricorda

sempre. rispose lui strizzandomi


l'occhio. Sapevo che scherzava.
Ho visto Simo ieri sera.
rivelai.
Non ne avevo dubbi.
Lei morta lo stesso anno in
cui mia nonna mor?
Lorenzo assent con la testa.
Gemelli. spieg lui. Io sono
rimasto in vita.
Era una neonata dunque
quando mor. riflettei. Allora
perch si mostra come un'adulta?
Prende le sembianze di altre
persone, in genere di altri defunti.
Ma anche di animali alle volte.
E se mi lecito: qual la sua

maledizione? domandai. Vagare


sulla terra in eterno?
Lorenzo si fece d'un tratto triste
e io mi pentii di avergli fatto quella
domanda.
Vedere i suoi cari e non poterli
mai toccare o mai aiutare, non
sufficiente? Se tu sapessi i tuoi
genitori in pericolo, ma allo stesso
tempo sei conscia del fatto che non
potrai mai aiutarli o salvarli, non
sarebbe questa una punizione
adatta?
Immaginai mio padre o mia
madre in pericolo, attaccati da un
mostro
e
io
in
disparte,
completamente inerme a vederli

soffrire o peggio a vederli perire. S,


mia
nonna
era
stata
sufficientemente malvagia anche in
quel caso.
Mi dispiace. bisbigliai.
Presa da quel discorso non
prestai attenzione alla strada, e non
mi accorsi nemmeno quando
arrivammo di fronte a una piccola
villetta circondata da un ingente
muro. Sentii un cane abbaiare al di
l di un cancello automatico.
Questo si apr lentamente. Ne usc,
facendolo bloccare, una donna
avvolta da una mantella pesante.
Uno
chignon
le
raccoglieva
elegantemente i capelli grigi sulla

nuca. Doveva avere non pi di


settant'anni, ma la sua tempra
sembrava forte e il suo portamento
spigliato e giovanile. Si avvicin al
mio finestrino che Lorenzo si
affrett
a
tirare
gi
automaticamente. La donna si
ferm e si pieg per guardare
meglio all'interno della vettura.
Lanci
un'occhiata
al
sedile
posteriore e annu con la testa.
Quindi pos i suoi occhi chiari
circondati da rughe su di me.
Bene. disse con voce
squillante. Ecco finalmente la
nipote di Marta Vasselli.
Mi scrut curiosa e io fui

costretta ad abbassare lo sguardo,


intimidita.
S, le somigli parecchio.
concluse dopo un breve ma attento
esame. Ma tu sei pi carina. E non
puzzi di zolfo.
Si ritrasse e fece cenno a
Lorenzo di entrare con la macchina
in giardino, ora che il cancello si era
definitivamente aperto.
Ha ragione. parl Christian
quando Lorenzo parcheggi la
macchina sotto un albero di olivo,
davanti a una panchina di legno
sulla quale dormiva un gatto
bianco. Tu hai un buon odore.
Non seppi se prendere quelle

parole come un complimento. O


come una minaccia.

La vecchia Gilda
La villetta non era altro che un
delizioso rustico di campagna, con il
cotto come pavimento e delle travi
di legno sul soffitto. Una lunga
vetrata con una porta finestra
scorrevole si affacciava sulla parte
posteriore della casa, a sinistra
della porta d'ingresso. Delle scale a
chiocciola con la balaustra in ferro
battuto salivano al piano superiore.
Dall'angolo cottura, alla mia destra,
proveniva un buonissimo odore che
non riuscii subito a identificare.
Ma non ebbi il tempo materiale
per dare un'occhiata approfondita:

mi levai da una parte quando


Christian, con Valerio ancora
svenuto tra le braccia, varc il
portone e chiese dove potesse
adagiare l'amico; la vecchia Gilda
gli sugger di trasportarlo al piano
superiore.
Lui ubbid dirigendosi verso le
scale che sal a due a due
abilmente e senza mai perdere
l'equilibrio nonostante il peso morto
che trasportava. Lorenzo gli corse
dietro e io cos restai da sola con la
donna.
Prima che lei potesse chiudere il
portone, il cane che avevo sentito
abbaiare pochi istanti prima (un

grosso pastore tedesco), s'infil


dentro e si and ad accoccolare ai
piedi di un camino spento nel
salone.
Allora, Emma. inizi la donna
con voce squillante e gentile.
Come ti sembra Tiepole?
Avrei voluto risponderle che era
senza dubbio il posto pi assurdo,
misterioso e inquietante in cui fossi
mai stata; ma preferii tacere.
Non per maleducazione,
piuttosto perch quando provai a
pronunciare la prima sillaba la voce
mi si strozz in gola, e mi lanci
una fitta dolorante. Provai a
schiarirla, ma inutilmente.

Povera ragazza. disse Gilda


guardandomi dal basso verso l'alto.
Ti avranno stordita con tutte le
storie su questo posto. E non hai
nemmeno un bell'aspetto! Mi
prese per mano e mi fece sedere su
un divano foderato di pelle nera,
davanti al camino e di conseguenza
molto vicino al grosso pastore
tedesco. Quest'ultimo alz appena
poco il muso per fissarmi qualche
istante; quindi si rimise a dormire,
noncurante della mia presenza.
Ti offro uno sciroppo di menta;
per la gola. Dopotutto ti andata
bene; due giorni a Tiepole e hai
perso solo la voce. C' chi, restando

un giorno soltanto qui, ha perso


addirittura la vita.
La guardai aggrottando la fronte.
Lei mi sorrise per tranquillizzarmi.
Ho chiamato tua madre e le ho
detto che sei qui da me; cos non
passerai dei guai. aggiunse.
Io mi schiarii la voce e riuscii a
chiedere
gracchiando
fastidiosamente: Avete chiamato
mia madre?
Certamente. Quando mia
nipote vi ha visti arrivare, la
prima cosa che ho fatto. Tua madre
mi conosce bene e sa che con me
sei al sicuro. Ma purtroppo ho
dovuto raccontarle del motivo per

cui eri qui. Quindi ora ti toccher


dirle la verit, cio che te ne vai in
giro da sola con tre maschiacci
maledetti!
Perfetto: una sonora sgridata,
seguita forse da una bella
punizione, non me l'avrebbe tolta
nessuno questa volta.
Ti fa ancora molto male il
braccio? mi chiese poi indicando il
gomito sinistro.
Scossi la testa; anche se lo
tenevo ancora stretto al petto, il
dolore
stava
passando
e
riacquistavo
sensibilit
velocemente.
Per il taglietto sulla fronte

baster
un
piccolo
cerotto!
aggiunse.
E poi sar come se nulla fosse
accaduto!
Mi sorrise di nuovo. Dico
bene?
Io attesi prima di rispondere. Poi
scossi il capo. La vecchia Gilda mi
pos delicatamente una mano su
una spalla.
Perdonalo, Emma. uno dei
pochissimi amici che avrai qui a
Tiepole. Ed era come se la donna
sapesse tutto quello che mi era
accaduto fino a quell'istante. Si
allontan, richiamata da una
pentola fumante che sbuffava su

uno dei fornelli dell'angolo cottura.


In quell'istante la porta finestra
scorrevole si apr, ed entr una
ragazza minuta. Ci che mi colp fu
il suo pallore, ma non impiegai
molto a capire che in realt quello
era il tono naturale della sua
carnagione. Era magrissima, e gli
abiti che indossava (una gonna
lunga e nera, maglietta scollata
dello stesso colore) non facevano
che sminuirla ancora di pi. I capelli
corvini cadevano lunghi sulla
schiena e sulle spalle, lisci come
tanti piccoli spaghi. Il viso era
delicato, con gli zigomi alti, le
labbra disegnate e il naso piccolo. E

in tutto quel pallore e in


quell'abbigliamento funebre, ci che
risaltava erano i suoi occhi: verdi
ma irrequieti come le acque di un
mare caraibico. Come accessori
aveva anelli in quasi tutte le dita
delle mani, e bracciali su entrambe
le braccia. Nel complesso era una
bella visione, e mi sentii subito in
soggezione.
Quando Gilda si accorse della
sua presenza, si affrett a fare le
presentazioni: Emma, ti presento
mia nipote: vieni Empira, lei
La nipote di Marta Vasselli! fin
la ragazza con voce bassa, ma
gentile. La prima cosa che pensai

fu: ma che razza di nome era


Empira? E poi: io non ero
semplicemente la nipote di Marta
Vasselli, io ero Emma Onofri!
Mi alzai in piedi e la raggiunsi.
Lei mi venne incontro ma quando
tesi la mano, non ricambi la
stretta. Mi fiss negli occhi, e io
ebbi come l'impressione che mi
stesse leggendo nella testa.
Empira, vai di sopra. Ci sono
Christian e gli altri. Valerio si
sentito male di nuovo.
Devo dargli la solita medicina?
domand senza staccare gli occhi
da me.
S, ma aumenta la dose di

qualche grammo. Questa volta


una crisi davvero brutta.
Empira annu, e senza
aggiungere una parola sal al piano
di sopra. Per le scale si scontr con
Lorenzo che le discendeva. I due
ragazzi si salutarono scambiandosi
una veloce ma intensa occhiata. Mi
sembr che si fossero scambiati
anche un sorriso. Quando Lorenzo
arriv da me mi chiese come stavo.
Io (con voce cos bassa che lui fu
costretto quasi ad avvicinare
l'orecchio alla mia bocca) gli risposi
a mia volta chiedendogli se Valerio
si fosse svegliato.
Dorme ancora. Christian ci

andato gi duro.
Non credo che sia tutta colpa
sua! lo corresse Gilda facendomi
segno di sedermi su una delle sedie
del tavolo della cucina. Questa
volta c'entra la maledizione.
Io ubbidii al suo comando e non
appena mi sedetti, lei mi mise sotto
il naso una tazza fumante che
conteneva un liquido verdognolo: lo
sciroppo di menta che mi aveva
promesso.
Bevi a piccoli sorsi. si
raccomand.
Ma
non
farlo
raffreddare!
Ringraziai. Vidi Lorenzo
avvicinarsi al pastore tedesco, e

quando il cane lo sent arrivare si


alz sulle zampe scodinzolando. Li
osservai giocare per qualche
minuto, mentre bevevo i primi sorsi
dello sciroppo corroborante; mi
sentii subito meglio. Poi la voce di
Gilda, che si era seduta al mio
fianco, attir completamente la mia
attenzione: Io e tua nonna
eravamo amiche inseparabili, un
tempo. disse.
Davvero? chiesi con voce pi
chiara questa volta.
Mi voltai verso di lei e notai che
teneva stretto tra le dita un piccolo
cerotto; senza chiedermi neppure il
permesso me lo applic sulla ferita

che avevo sulla tempia.


Poi un giorno disse che le era
venuto in sogno il demonio
continu mentre mi aggiustava una
ciocca di capelli, e che le aveva
ordinato di fare tutte quelle cose
orribili che fece, che doveva
riparare agli errori dei Tiepolesi. La
nostra amicizia s'incrin e divenne
ben presto odio. Il giorno della sua
morte maled tutti i neonati per
punire principalmente mia nipote.
Lei cresciuta con questa colpa e
ancora non se ne fa una ragione.
Empira non c'entra! sbott
Lorenzo mentre accarezzava il
pastore tedesco.

No. C'entra mia nonna. risposi.


E forse la colpa solamente mia.
Christian ed Empira scesero le
scale proprio in quel momento.
Lei prese posto accanto a sua
nonna, mantenendo per tutto il
tempo lo sguardo su di me;
Christian invece si diresse verso la
vetrata, e
lanci
un'occhiata
guardinga fuori. Rest poi l vicino,
appoggiandosi con la schiena al
muro. Non mi guard; ebbi come
l'impressione
che
mi
stesse
evitando.
Cosa dici, Emma! Che colpa
avresti
tu?
mi
rimprover
dolcemente Gilda poggiandomi sul

braccio una mano rugosa.


Infilato al dito indice aveva un
anello di corallo rosso. Nel mezzo
c'era incastonata una piccola pietra
blu luccicante. La vecchia Gilda si
accorse che fissavo il monile, e si
affrett a spiegare: Anche tua
nonna possedeva un anello simile.
Tutte noi lo avevamo.
Bevvi un altro sorso di sciroppo
alla menta. Poi, visto che nessuno
parlava, chiesi: Tutte voi chi? La
voce mi stava tornando. Ora
riuscivo a parlare e a farmi sentire
senza problemi, o senza sforzare
ulteriormente le corde vocali. La
vecchia Gilda alla mia domanda

scatt in piedi, e si diresse alla


pentola fumante sul fornello.
Tutti gli stregoni di Tiepole!
sbott spazientita recuperando un
mestolo. Possibile che nessuno ti
abbia spiegato niente?
I miei genitori credevano di
tenermi al sicuro. Provai a
giustificarli, ma ero perfettamente
d'accordo con l'anziana donna. La
rabbia e la frustrazione tornarono a
impadronirsi di me.
Certo, tenerti al sicuro! rispose
la
vecchia
Gilda.
Vivere
costantemente nell'illusione che
certe cose non esistano! Ecco cosa
hanno fatto i Tiepolesi fino ad ora.

Fingere. Dio solo sa quanto siamo


tutti bravi in questo!
Mescol il contenuto della
pentola; un odore di verdure si
diffuse nell'aria e mi fece venire
l'acquolina in bocca.
Tiepole stato tagliato fuori
dal mondo, nessuno osa venire pi
qui; e se proviamo a scendere in
citt e incontriamo qualcuno che
conosce la nostra storia, allora ci
evita come la peste. Siamo un
morbo, portiamo le sciagure con
noi. Quando la vera sciagura la
paura, e la paura diretta figlia
dell'ignoranza! Sospir. Nessuno di
noi os commentare quel suo sfogo.

La guardammo mentre riponeva il


mestolo e tornava lentamente a
sedersi.
Io amo questo posto.
aggiunse poi guardandomi, con
voce pi tranquilla. Sono nata qui,
sono cresciuta qui, e sicuramente
morir qui. E mi batter perch
diventi un luogo migliore.
Segu un breve silenzio. Si
sentivano solo i guaiti del pastore
tedesco che cercava di richiamare
l'attenzione di Lorenzo. Io mandai
gi un altro sorso di sciroppo.
Bene, Emma. riprese poi la
vecchia Gilda. Credo che tu debba
prendere
una
decisione;
se

tornartene in citt o restare qui.


Mia madre vuole restare e
scoprire chi ha ucciso mio nonno!
rivelai. Le parole mi uscirono di
bocca senza che potessi fermarle,
me ne pentii subito, perch mi
accorsi di aver gettato tutti nel
panico e nello sgomento con quella
mia rivelazione. Tutti tranne la
vecchia Gilda.
Lo immaginavo. disse lei.
Tuo nonno morto proprio
nell'anno in cui la discendente
sarebbe tornata a completare il
lavoro di Marta.
E questa non pu essere
considerata solo una semplice

coincidenza.
Poi, addolcendo il tono di voce:
Mi dispiace moltissimo per Achille.
Era una brava persona.
Io feci spallucce, fingendo che
non me ne importasse granch.
Non l'ho neanche conosciuto.
risposi bevendo tutto d'un sorso
quello che n'era rimasto dello
sciroppo.
Lui cerc di ostacolare tua
nonna, e incoraggi la fuga di tua
madre. raccont la vecchia. Fu
proprio lui a insistere affinch tua
madre scendesse in citt per
frequentare l'universit. Sperava
che incontrasse qualcuno che

l'avrebbe portata via da Tiepole. E


cos avvenuto. Quando nascesti tu
era cos felice che pag da bere a
tutto il paese. Sperava che non
avresti mai messo piede qui, ma al
destino non si sfugge. Alla propria
discendenza non si sfugge. Questo
tuo nonno non l'aveva mai capito.
Mi si inumidirono gli occhi. Era la
prima volta che qualcuno mi
raccontava qualcosa di Achille
Pagliari, un uomo che avevo visto
solo e unicamente in foto in bianco
e nero. Lo sentii molto vicino in
quel momento, quasi complice; e
desiderai di avergli parlato almeno
una volta. L'idea che la mia nascita

gli aveva procurato cos tanta


felicit, rese contenta e orgogliosa
anche me.
Ma detto questo prosegu
Gilda non ancora sicuro che sia
tu la discendente che tutti
temono. Quelle ultime parole
bastarono a farmi dimenticare tutto
quello che mi era stato detto fino
ad allora.
M'irrigidii, e chiesi alla vecchia
Gilda di ripetere ci che aveva
detto.
Credo che la parola discendente
non si riferisca solo a un fattore di
sangue. spieg lei. C' la remota
possibilit che Marta intendesse

dire che una sua seguace, e ce ne


sono ancora molte qui a Tiepole,
avrebbe ripreso il suo lavoro. La
parola
discendente
potrebbe
significare questo. Chi come me
conosceva bene Marta, sapeva che
lei parlava per enigmi; era una
sorta di linguaggio segreto. I suoi
libri infatti sono cifrati e nessuno, a
parte forse la sua discendente,
mai riuscito a leggerli. Lei sapeva
della tua nascita; e forse ha usato
quel termine proprio per depistarci
e per fare in modo che noi
concentrassimo i sospetti su di te.
Poi credo che la vera discendente
abbia ucciso tuo nonno per far

tornare tua madre qui, e tu con lei.


I Tiepolesi cos hanno visto
avverarsi le parole della strega. Ma
poich conoscono tua madre e
sanno che lei si ribellata, sono
convinti che sarai tu a ricreare
scompiglio qui in paese. E credimi,
Emma: faranno a gara per
ucciderti.
Posai gli occhi su Christian,
senza volerlo. Lui fissava il
pavimento con le braccia incrociate
al petto e la testa bassa. Mi
affrettai ad allontanare subito lo
sguardo.
Quindi farfugliai sarebbe
meglio per me se me ne tornassi in

citt, giusto?
Forse. rispose Gilda. Ma non
tarderesti a tornare qui su. Gli
incubi ti perseguiteranno ora che
sei venuta a conoscenza della
verit,
esattamente
come

successo a tua madre; e ti


chiederesti di continuo semmai
avresti potuto fare qualcosa per
aiutare i Tiepolesi.
Ma questa non casa mia.
sussurrai mordendomi il labbro
inferiore. Il tono poco convincente
della mia voce fece sorride l'anziana
donna. Lei si alz di nuovo per
tornare alla pentola fumante.
O magari mi sbaglio, e in realt

la discendete sei tu e quindi saremo


costretti a tagliarti quella tua bella
testa. aggiunse in tono ironico. Ma
nessuno di noi rise. Poi decisi di
rivolgerle quella che era la
domanda pi rilevante per me, la
cui risposta forse non avrei mai
voluto scoprire: Che cosa sapete
della mia maledizione? Di quella
che mi scagli contro mia nonna il
giorno del mio battesimo?
A quelle parole Lorenzo, ancora
accucciato
vicino
al
pastore
tedesco, balz in piedi. Vidi Empira
(che non mi aveva staccato gli occhi
di dosso un attimo fino ad allora)
voltare di scatto la testa verso sua

nonna, e Christian risollevare lo


sguardo e posarlo su di me.
No, aspettate, e questo che
vuol
dire?
chiese
Lorenzo
completamente allibito. Anche tu
sei, insomma. Cavolo Emma: sei
una di noi. Io lo sapevo, lo
sentivo!
Non lo so, Emma. rispose la
vecchia Gilda. Mi dispiace ma io e
tua nonna all'epoca gi eravamo
nemiche; e poi, come per tutti gli
altri, dovrai aspettare che i primi
sintomi si manifestino per scoprire
chi o cosa diventerai.
Un brivido mi attravers la
schiena facendomi drizzare tutti i

peli del corpo. Sintomi? Di che


sintomi
parlava?
Io
stavo
benissimo.
No,
non
potevo
trasformarmi in qualche orrendo
mostro dalla forza bruta o dalle
zanne affilate al posto dei denti;
quel pensiero mi terrorizz a tal
punto che iniziai a tremolare
vistosamente. Ero impallidita, e
credevo addirittura che di l a
qualche minuto sarei svenuta.
Emma, non farti prendere dal
panico. cerc di tranquillizzarmi la
vecchia Gilda vedendomi in quello
stato.
Prima che potessi esternare tutta
la mia frustrazione a quella

rivelazione, sentimmo un tonfo


provenire dal piano di sopra.
Sobbalzai, cacciando indietro un
urlo. Christian e la vecchia Gilda si
scambiarono un'occhiata. Poi lui,
senza parlare, si affrett a salire le
scale.
Lorenzo, tu resta con le
ragazze! comand l'anziana donna
prima di seguire Christian al piano
di sopra. E aggiunse quando si
trovava a met scalinata: Vlad,
con me!
Il pastore tedesco scatt sulle
zampe e segu la sua padrona.
Empira si alz in piedi, e io la
imitai. Lorenzo venne a mettersi

vicino a noi rivolgendomi un sorriso


rassicurante.
Tranquilla Emma; ci farai
l'abitudine prima o poi. mi disse
strizzando l'occhio.
Impossibile abituarsi a certe
cose. lo contraddisse Empira con
voce bassa, fissando le scale.
Io guardai prima l'uno poi l'altra;
quindi spostai l'attenzione anchio
sulle scale a chiocciola. Dal piano
superiore non proveniva alcun
rumore, n una voce familiare.
Tutto taceva, anche il mondo
allesterno. Ebbi un fremito di
terrore, ma cercai di dominarmi.
Lorenzo aveva ragione: per quanto

assurdo
fosse
avrei
dovuto
aspettarmi qualsiasi cosa, mostri,
vampiri, persone che cercavano di
uccidermi.
In quella nuova realt tutto era
possibile e per gli abitanti del posto
tutto era lecito. Dovevo abituarmici
se volevo restare a vivere a
Tiepole. Ma la domanda era proprio
questa: ero davvero decisa a
restare in quel posto?
Si sent di nuovo un tonfo; no, mi
sbagliavo, erano rumori di passi.
Felpati, trascinati, come di una
persona stanca che arranca sul
pavimento.
Immaginai
Valerio
scendere quelle scale con gli occhi

assetati di sangue e i canini


sporgenti. Da come avevo capito la
sua maledizione era quella di
trasformarsi in un essere che si
avvicinasse al tradizionale modo di
intendere un vampiro. Ma poteva
anche essere qualcosa di peggiore.
Trascorsero
dei
minuti
interminabili.
Silenzio
e
solo
silenzio. Mi voltai a guardare
Lorenzo: come avrei voluto che
almeno lui dicesse qualcosa! Una
delle sue frasi rassicuranti, che
erano servite fino a quel momento
a trattenermi dall'urlare come
un'ossessa. Guardai la porta: per un
attimo pensai di scappare. Potevo

chiamare i miei genitori. No che non


potevo; non avevo il cellulare con
me. In citt si poteva dire che fosse
incollato sempre alle mie dita.
Ora non ricordavo neppure di
averne uno.
La vecchia Gilda ridiscese le
scale molto lentamente, con gli
occhi incollati a guardare gli scalini,
aggrappandosi alla ferrata come se
avesse paura di mettere un piede in
fallo e cadere. Quando arriv
sull'ultimo scalino, si ferm e
sollev la testa per guardarci.
Abbozz un sorriso.
Credo sia prudente che Valerio
resti qui a dormire da noi. disse.

Lorenzo, riaccompagna a casa


Emma per favore; tra poco far
buio.
Empira, avremo bisogno del tuo
aiuto.
Empira annu e dopo avermi
lanciato un'occhiata veloce, si avvi
su per le scale senza degnarmi di
un saluto. La vecchia Gilda si fece
da parte per lasciarla passare; poi
riprese a camminare e si avvi ai
fornelli della cucina. Spense il fuoco
sotto la pentola fumante.
Peccato che tu non possa
assaggiare il mio passato di
verdure! mi disse rammaricata.
Io lanciai un'occhiata alle scale

dalle quali era appena scomparsa


Empira; quindi
mi
avvicinai
all'anziana donna.
So che non mi risponder, ma
io glielo chieder lo stesso: che
cosa successo a Valerio?
La vecchia Gilda fece un sospiro
e si volt a guardarmi. Aveva l'aria
stanca e sembrava poco disposta
ora a conversare.
Emma, mi dispiace molto.
Per cosa? domandai allarmata
e disorientata.
Mi dispiace per il fardello che ti
porti sulle spalle. Mi dispiace per il
fatto che tutti qui a Tiepole ti
odiano. E mi dispiace per quello che

ti sta accadendo. Non dev'essere


facile per te accettare tutto
questo.
Incrociai le braccia al petto,
infastidita; non era quello che
volevo sentirmi dire. Era come se la
vecchia
Gilda
mi
stesse
compatendo, e in quel momento
non avevo proprio bisogno della sua
commiserazione.
Emma, adesso Lorenzo ti
riporter a casa. riprese la donna.
Tu per favore, non uscire per
nessuna ragione.
Il suo tono di comando non
ammise da parte mia alcuna
replica.

Ed era quella la seconda volta


che qualcuno mi raccomandava di
non mettere il naso fuori dalla porta
di notte.
Vieni, Emma. Lorenzo mi
afferr per il gomito che ora non
faceva pi tanto male. Io non
protestai e mi lasciai condurre verso
la porta d'uscita. Avrei voluto
chiedere molte cose; volevo sapere
cosa stava succedendo a Valerio,
dove fosse Christian in quel
momento, perch Empira era
salita al piano di sopra. Invece mi
ritrovai sul sedile anteriore del BMW
di Lorenzo prima che potessi aprire
bocca.

Lui mise in moto e aspett che il


cancello automatico si aprisse.
Quindi accese la radio, e
scommisi con me stessa che lo fece
per impedirmi di parlare e fargli
domande alle quali non avrebbe
potuto rispondermi. Sul display
della radio scorreva il titolo di una
canzone e il nome di una band che
non conoscevo. E mentre partivamo
la vettura fu invasa dalle prime
note di Strong dei Velvet Chain, un
band che non rientrava nei miei
gusti musicali . Lorenzo imbocc la
via di campagna a ritroso, verso il
centro abitato. Il sole, sepolto
dietro le nubi, doveva essere

tramontato da poco. Incredibile


come si era fatto velocemente buio.
Il paesaggio ora aveva un aspetto
pi inquietante, e la campagna
aveva perso tutto il suo fascino. Il
volume piuttosto alto della musica
m'impediva anche di pensare. E
forse questo era un bene, poich
temevo che altrimenti la testa mi
sarebbe scoppiata. La canzone
inizi a piacermi al contrario di
quello che avevo pensato all'inizio;
il suo ritmo incalzante era allo
stesso tempo ballabile, tant' che
mi ritrovai a battere ritmicamente il
piede sul tappetino lucidato a
nuovo. Aveva un ritmo sensuale, e

la voce della cantante era bassa e


suadente. Tutto questo bast a
distrarmi, e per un momento finsi
che ogni cosa fosse tornata alla
normalit; per un breve istante ero
una ventenne comune su un BMW
nero, in viaggio accanto a un amico.
Per un breve istante. Poi Lorenzo
fece una frenata cos brusca che, se
non avessi allacciata la cintura di
sicurezza, sarei andata a sbattere
contro il vetro fracassandomi la
testa.
Davanti a noi era apparsa una
figura incappucciata; la stessa che
avevo creduto di vedere il giorno
prima al cimitero.

Cavolo Emma! disse Lorenzo


spegnendo di colpo la radio. Ci
siamo attardati troppo. Si volt a
guardarmi; quindi torn a fissare la
figura che avevamo davanti, dalla
quale io non riuscivo a staccare gli
occhi di dosso. Lorenzo fece un
profondo respiro e ingran la
retromarcia. Ma fu costretto di
nuovo a fermarsi poich una
seconda
figura
ammantata
comparve dietro di noi.
Ma chi sono. chiesi con voce
smorzata.
Poi qualcosa colp il mio
finestrino: quando mi voltai, due
occhi scuri nascosti dietro una

maschera che raffigurava un


Teschio, mi stavano fissando. Urlai,
graffiandomi di nuovo la gola.
Lorenzo, senza badare molto a ci
che
faceva,
spinto
dall'unico
desiderio di metterci in salvo,
ingran di nuovo la retromarcia e
per poco non invest la figura
ammantata piazzatasi dietro di noi,
la quale fece appena in tempo a
levarsi da una parte e non essere
uccisa.
Dunque, riuscii a pensare, quegli
esseri erano umani.
Prosegu come un folle in quel
modo,
alla
cieca
a
causa
dell'oscurit, rischiando di perdere il

controllo dell'auto e di finire fuori


della strada sterrata. Poi, dopo
avermi urlato di reggermi forte, fu
costretto a frenare di nuovo. La
macchina sband e Lorenzo sterz
a destra, facendo disegnare al BMW
un mezzo cerchio sul terreno e
sollevando nubi di polvere. Arrest
di nuovo la sua macchina.
I fari di una seconda vettura
puntavano i nostri, illuminando il
paesaggio come se fosse giorno.
Socchiusi gli occhi e mi aggrappai al
sedile, atterrita e incapace di fare o
dire qualcosa. Non riuscivo a
pensare a nulla, se non al fatto che
sarei morta tra qualche breve

istante. Quando Lorenzo suon il


clacson, sobbalzai. Riaprii gli occhi,
giusto in tempo per vedere i fari
dell'altra macchina spegnersi, e la
figura di un uomo che scendeva di
corsa. La prima cosa che mi sugger
l'istinto fu quella di slacciarmi la
cintura di sicurezza, aprire la
portiera
precipitarmi
fuori
e
scappare. Ma quando stavo per
farlo,
Lorenzo
mi
ferm
accalappiandomi per un polso.
Stai calma. mi intim.
Stavo per replicare, per dirgli
come poteva pretendere questo da
me in quel preciso istante, quando
lo vidi abbassare il finestrino.

L'uomo sceso dalla macchina,


che indossava un impermeabile
scuro e aveva calato sulla testa un
berretto che gli copriva parte del
viso, gli si avvicin. Si chin verso
Lorenzo, guardandosi attorno con
aria nervosa.
Che ci fate qui, non eravate
dalla
vecchia
Gilda?
chiese
l'uomo.
Loro sono dappertutto! Non
prudente stare qua fuori!
Mi bast una frazione di secondo
per capire chi si nascondesse sotto
quel
berretto.
Impossibile
dimenticare l'unica persona che fino
ad allora era stata gentile con me l

a Tiepole. Impossibile dimenticare


l'uomo del bar, con quella sua
stazza da pugile e la voce profonda,
cavernosa.
Vi scorto fino in paese.
continu l'uomo che non smetteva
di guardarsi attorno. Vedendomi
arrivare saranno scappati di corsa,
ma non si arrenderanno facilmente.
la seconda volta che lei gli
sfugge. L'uomo allora mi indic
con un cenno della testa e mi fiss
per un breve istante.
Come facevi a sapere che
eravamo qui? domand Lorenzo,
con tono sospettoso.
Laura, sua madre! Mi ha chiesto

se andavo a prendere Emma.


Quelle parole mi fecero
sussultare. Mentre io rischiavo di
essere ammazzata da Christian e
facevo amicizia con la vecchia
Gilda, mia madre aveva davvero
fatto un giro per il paese e parlato
con i suoi vecchi compaesani. Mi
sarei fatta raccontare tutto per filo
e per segno una volta tornata a
casa illesa.
Basta
chiacchiere
e
andiamocene da qui. Diede un
colpetto con un pugno alla
macchina prima di riavviarsi alla
sua a grandi passi e comandare
ancora con un gesto del braccio di

seguirlo.
Lorenzo mi lasci il polso e tir
su il finestrino.
Tua madre senza saperlo ti ha
appena salvato la vita! comment
riavviando il motore. E ha salvato
anche la mia! Ricordami di
ringraziarla!
Annuii con la testa. Ero ancora
troppo sconvolta per riuscire a
parlare. Guardai fuori dal finestrino,
ma poi abbassai lo sguardo a
fissarmi le mani. Avevo paura di
quello che avrei visto; l'immagine
della maschera raffigurante il
Teschio era ancora troppo vivida
nella mia mente. Quando il BMW

part, io mi aggrappai di nuovo al


sedile per paura di cadere. Avevo le
vertigini, e temevo sarei svenuta.
Emma! La voce di Lorenzo mi
fece sobbalzare.
Emma, che cosa ti ha detto
Simo quando l'hai vista?
Io lo guardai con occhi carichi di
rimprovero. Come poteva farmi una
domanda simile in un momento cos
delicato per il mio sistema
nervoso?
Che cosa. balbettai.
Emma, ti prego. Non svenire
ancora. Mi agito quando qualcuno
sviene. Capii allora che cercava
solo di distrarmi. Fissai davanti a

me la macchina dell'uomo del bar,


una vecchia Punto senza targa. Se
mi fossi concentrata abbastanza su
quel particolare, forse l'attacco di
panico che mi minacciava se ne
sarebbe andato.
Mi ha detto cominciai nulla,
mi ha aiutata a trovare l'eredit di
mia nonna.
Lorenzo perse per un istante il
controllo dell'auto che sband a
sinistra, ma si riprese subito.
Cavolo Emma, ma non lo
capisci? Ora chiaro.
Cosa? Cosa chiaro? Fissai
Lorenzo
che
guardava
attentamente la strada.

come dice la vecchia Gilda.


Non sei tu la discendente. Se Simo
ti ha aiutata a trovare quella roba
un motivo dev'esserci, e di certo
non perch tu devi completare il
lavoro di tua nonna.
Ma quale razza di lavoro?
sbottai con voce incrinata dal
pianto.
Io me ne voglio tornare a
casa! piagnucolai stringendomi
nelle braccia. E non mi vergognai
neppure un po' di quel mio
comportamento infantile; nessuno
avrebbe avuto il coraggio di
biasimarmi.
Con la coda dell'occhio vidi che

Lorenzo stava per allungare una


mano verso il mio ginocchio, mano
che ritrasse subito.
Emma, non fare la bambina.
mi sgrid dolcemente. Casa tua
questa oramai. Tiepole sempre
stata casa tua, anche se ancora non
lo sapevi. Era inevitabile per te
affrontare tutto questo.
La Punto davanti a noi rallent;
poi si ferm. Lorenzo fece lo stesso.
Asciugandomi le lacrime, chiesi
cosa stesse succedendo.
Siamo arrivati! rispose
semplicemente Lorenzo.
Guardai fuori dal finestrino e in
alto, non troppo distanti da noi, vidi

le luci del paese. I lampioni della


piazza, e le luci deboli delle case.
Eppure Tiepole appariva deserta,
immobile, un dipinto senza vita.
L'uomo del bar scese dalla sua
vettura, ma questa volta invece di
dirigersi verso il finestrino di
Lorenzo, venne verso di me. Io
restai immobile, guardandolo come
un felino pronto a scattare.
Lui buss al finestrino e visto che
io non mi decidevo ad abbassarlo,
lo fece Lorenzo per me.
I suoi genitori l'aspettano al
bar. disse. Tu puoi anche.
Io vengo con voi. tagli corto
Lorenzo. Quindi parcheggi il BMW.

Scendemmo e io, spinta dall'istinto,


mi affrettai a prendere Lorenzo per
mano. Lui mi guard con aria
imbarazzata, ma ricambi la mia
stretta. Con lui ogni volta mi
sentivo al sicuro ma in quell'istante
sebbene fossi stata io a cercare
quel
contatto,
desiderai
inconsciamente che al suo posto ci
fosse Christian. Lo stesso Christian
che mi aveva rapita, e che mi aveva
quasi uccisa. Ma non mi soffermai
su quel pensiero, troppo spaventata
dall'oscurit che mi avvolgeva, e
soprattutto dagli eventi che si erano
succeduti troppo velocemente da
ubriacarmi. Mi sentivo sbronza,

frustrata e avevo l'umore a terra.


Io, Lorenzo e l'uomo del bar, che
ci seguiva con aria vigile, ci
avviammo al piccolo locale della
piazza. Tutto taceva; i rumori,
indistinguibili, venivano da lontano
e si perdevano nella notte. Persino i
nostri passi veloci erano inghiottiti
dal silenzio. Mi era stato detto pi
volte di non uscire di sera;
evidentemente anche agli altri era
stato
rivolto
lo
stesso
ammonimento.

Tutto cambia
Lorenzo apr la porta del bar ed
entrai per prima. Ma non ebbi il
tempo nemmeno di voltarmi a
ringraziarlo che l'abbraccio di mio
padre m'imped di farlo. Mi
accoccolai tra le sue braccia,
sospirando.
Ora ero davvero al sicuro, e
potevo iniziare a metabolizzare
tutte le cose accadute dal giorno
del mio arrivo in quel paese
dimenticato dagli uomini e da Dio.
Lui mi rivolse una serie infinita di
domande, non smise mai di
chiedermi come stavo o che cosa mi

era successo, e senza darmi


nemmeno il tempo di rispondere si
stacc da me per offrirmi da bere.
Quando finalmente la mia visuale fu
libera dal suo abbraccio, mi accorsi
che nel bar vi erano presenti altre
persone. Prima di tutto notai mia
madre, che si decise finalmente a
venirmi incontro con passo lento, i
capelli scomposti e un'espressione
indecifrabile sul viso. Era cambiata
e non solo rispetto alla donna che
era stata in citt, ma anche in
confronto alla donna che avevo
lasciato ore prima per andare
all'appuntamento con Christian.
Emma. disse sospirando. E mi

accarezz una guancia. Aprii la


bocca per rivolgerle qualche parola,
una delle tante domande che mi
torturavano la mente, ma lei mi
pos un dito sulle labbra.
Dopo, Emma.
Mio padre torn con un bicchiere
d'acqua e mi ordin di bere.
Ubbidii sebbene non avessi sete.
La testa mi ronzava, e dopo il primo
piccolo sorso allontanai subito il
bicchiere dalla bocca; mi veniva da
rimettere. Lui mi si avvicin di
nuovo quel tanto che bastava per
notare il piccolo cerotto applicato
sulla mia tempia. Mi chiese
allarmato
cosa
avessi
fatto

sfilandomi il bicchiere dalle mani, e


io mi affrettai a tranquillizzarlo.
solamente un graffio, pap.
dissi scambiando una veloce
occhiata con Lorenzo. Sono caduta
prima a casa di Gilda. Ho messo un
piede in fallo. Quella era una delle
bugie pi eclatanti che avessi mai
raccontato in vita mia. Incollai gli
occhi al pavimento sperando che
mio padre avesse creduto a quella
storia poco convincente. E prima
che potesse controbattere, una
terza persona s'intromise nel nostro
discorso.
Eccola qui! disse la voce
gracchiante di un'anziana donna.

Ecco qui la nipote di Marta


Vasselli!
Avanz verso di me una donna
bassina
e
minuta,
vestita
completamente di nero, con il viso
solcato dalle rughe, gli occhi piccoli
e scuri e i capelli grigi e corti.
Giocherellava con le dita mentre
camminava, e mi accorsi di come le
sue unghie fossero sporche e poco
curate. Cercai con gli occhi Lorenzo
che si era seduto a uno dei tavoli
del bar, in disparte. Ma lui non mi
stava guardando. Allora cercai mio
padre, ma affianco mi si piazz
l'uomo corpulento che, con la sua
voce cavernosa, disse alla donna:

Ines, lasciala stare! Per questa


sera ne ha viste abbastanza!
Finiscila, Carmine! gli rispose
la donna arrestandosi sulle sue
gambette ossute. Non proteggere
una cosa che non tua!
Vidi mia madre guardare con
aria preoccupata prima Carmine e
poi mio padre. Ma solo io mi accorsi
di quegli sguardi; e nonostante la
cosa mi avesse turbata preferii
tacere.
Emma, giusto? riprese Ines
puntandomi un indice contro. Ti
chiami cos?
Annuii, facendo un passo
indietro. Poi mio padre venne a

mettermi un braccio intorno alle


spalle. Lo ringraziai con lo sguardo.
Sai, cara Emma continu la
donna con voce isterica che mio
marito mor quando tua nonna
mor, e che adesso tutte le notti
ritorna e bussa alla mia porta tre
volte e se non vado ad aprire bussa
e bussa e bussa finch i muri della
casa non tremano e le sue urla mi
fanno impazzire? Lo sai che lui non
sa di essere morto?
La sua voce era stata un
crescendo di tono continuo, fino alle
grida finali che mi riecheggiarono
nella testa. Era troppo. Davvero
troppo. Esplosi come un tappo di

bottiglia: Allora, lei signora, lasci


la porta aperta prima di andare a
dormire!
La donna spalanc la bocca cos
tanto da sembrare che la mascella
le sfiorasse il pavimento. Sgran gli
occhi e mi fiss come se fossi io la
pazza. Nel bar scese il silenzio. Poi
Carmine scoppi in una risata
profonda, dura e contagiosa. A
ridere con lui mi unii anche io, poi
Lorenzo, mio padre e un uomo
seduto al bancone in giacca e
pantaloni eleganti che era stato in
silenzio fino ad allora.
L'umorismo deve averlo
ereditato da te, Flavio! comment

quest'ultimo mentre rideva.


Mio padre assent, orgoglioso.
Poi l'uomo si plac e si drizz in
piedi sistemandosi per bene la
giacca. Si avvicin e allung una
mano verso di me: Sono Vincenzo
De Paolis, sindaco di Tiepole. Mio
padre fu testimone dei gravosi fatti
che accaddero al paese quando tua
nonna decise di far risorgere l
'antica magia del luogo. E credo che
anchio subir la sua stessa sorte,
ma non per causa tua, signorina.
Credo che altre forze stiano
complottando per portare a termine
quello che Marta inizi. Ne stavamo
discutendo oggi alla riunione

comunale.
Riunione comunale? Voi
discutevate di me. Fui sorpresa di
come a Tiepole fossi tanto
importante da essere materia di
discussione
addirittura
in
un'assemblea comunale.
Se crediamo che Emma sia
innocente s'intromise Carmine
allora perch stasera i Teschi
hanno cercato di ucciderla?
Che cosa? Mio padre sbott in
imprecazioni e minacce. Si scagli
verso la porta come se dovesse
andare a cercare quei pazzi
travestiti, ma Carmine lo afferr
senza difficolt con una delle sue

manone.
inutile. Sono furbi, per anni li
abbiamo
cercati
ma
sanno
nascondersi bene.
Sappiamo chi sono per! parl
Lorenzo battendo un pugno sul
tavolo.
S, ma non abbiamo prove
sufficienti per incastrarli! rispose il
sindaco
in
tono
avvilito
e
affondando le mani nelle tasche dei
pantaloni.
Uno di loro anche colpito
dalla
maledizione!
continu
Lorenzo. Colsi quelle parole al volo
per rivolgere una delle domande
che tanto mi premevano: Chi sono

i maledetti? Quanti sono quelli nati


quando mia nonna mor?
Lorenzo stava per aprire bocca,
ma il sindaco lo precedette. Inizi a
camminare su e gi per il locale
contando sulle dita: Dunque:
Lorenzo qui presente. Poi Christian
Costantini, Valerio Piovani, Empira
Stefanelli, Giulio Basile e. Si
ferm. Affond di nuovo le mani nei
pantaloni. E Federico Marino.
fin.
Nel bar tutti i presenti si
scambiarono sguardi fugaci e
nervosi.
Vidi Lorenzo abbassare gli occhi
e fissare un punto indefinito del

tavolo sgombro. Io li guardai uno a


uno, ma tutti evitavano i miei
occhi.
Allora? sbottai. Che
succede?
Ines, che era tornata a sedersi
accanto a uno dei tavoli vicino alla
porta, disse con voce gracchiante:
morto, povero figliolo! Il mese
scorso! Quella megera di tua nonna
l'ha trasformato in un mostro e lui
s'
ammazzato!
Esattamente
com'era accaduto prima, la voce
della donna era stata un crescendo
di toni e aveva gridato l'ultima
parola.
Federico Marino morto a

seguito di una lunga malattia. la


corresse subito il sindaco in tono
poco convincente. Le sue parole
non convinsero neppure me, ancora
all'oscuro di molte cose che
succedevano l in paese. Ma la
notizia della morte di quel ragazzo,
anche se non lo conoscevo e non lo
avevo mai visto in vita mia, mi
gett nello sconforto. A Tiepole si
giocava col fuoco, e finch non
avessi visto realmente le sue
fiamme non avrei mai compreso a
fondo la gravit di quell'assurda
situazione.
Lorenzo si alz di scatto e and
al frigo per prendersi una birra.

Cerc sul bancone uno


stappatappi, e dopo averlo trovato
apr la bottiglia dalla quale bevve
un lunghissimo sorso. Io lo osservai
per tutto il tempo, ma lui non mi
degn di uno sguardo. Era chiaro
che simili discorsi lo innervosivano,
perch
in
un
senso
lato
comprendevano anche lui. E me.
Noi, i maledetti.
Lunga malattia? grid poi la
vecchia animandosi ancora di pi.
Avete tutti gli occhi bendati
dico io! Nessuno vuole vedere le
cose come stanno in realt!
Non questo il punto! sbott
mia madre zittendo l'anziana

donna. Nel bar torn a farsi silenzio.


Mio padre aument la presa sulle
mie spalle; e fece per dire qualcosa,
ma ci rinunci.
Il punto che qualcuno ha
ucciso Achille, mio padre! riprese
lei con voce ferma. E io voglio
sapere chi stato.
Quelle parole, pronunciate dalla
bocca di mia madre, mi turbarono.
Stentavo
a
riconoscerla:
era
profondamente mutata nell'arco di
sole ventiquattro ore. I lunghissimi
anni di silenzio esplosero tutti
assieme, creando un vero e proprio
cataclisma. Ci avrebbe comportato
dei seri problemi in famiglia, lo

sentivo. E se mia madre non avesse


saputo presto chi aveva ucciso mio
nonno,
la
sua
si
sarebbe
trasformata in una vera e propria
ossessione.
Forse sono stati i Teschi.
azzard il sindaco tornando a
sedersi sul suo sgabello.
Impossibile. disse Carmine
scuotendo decisamente la testa.
Non si esporrebbero cos; sanno
comunque che li andremmo a
cercare. E poi ora hanno un
obiettivo: catturare Emma.
Allora devo portare mia figlia
via di qui! concluse mio padre. E a
riprova della seriet di quanto

aveva detto, frug nella tasca dei


jeans per cercare le chiavi della
macchina.
Non servirebbe, Flavio. lo
ferm mia madre. Andrebbero a
cercarla. Sa troppe cose.
Mio padre le lanci uno sguardo
truce: se si fossero messi a litigare
di nuovo a causa mia non lo avrei
sopportato. Mia madre si avvicin,
fissando mio padre negli occhi. Io
sono stata lontana da qui per anni
disse ma lo sai quanto ho sofferto.
Non posso fingere pi. Ed Emma
aveva il diritto di sapere la verit.
Non l'avremmo protetta comunque
a Roma.

Pos una mano sulla spalla di


mio padre che rest impassibile.
Quindi, dopo un breve istante, lui
fece cadere il braccio che aveva
tenuto fino ad allora sulle mie
spalle e si allontan da noi. Prese
posto su una delle prime sedie che
gli capit a tiro e, appoggiandosi
con i gomiti sulle ginocchia, si
chiuse nei propri ragionamenti. Io
mi mossi per raggiungerlo, ma mia
madre mi blocc. Io la guardai negli
occhi: non sapevo se provare rabbia
o compassione nei suoi confronti.
Aveva l'aria stanca, lo sguardo
accigliato. Soffriva. Si era tenuta
dentro un segreto troppo grande

per
lei,
e
solo
per
non
coinvolgermi.
Ma aveva fallito perch io ero a
Tiepole, a combattere contro i suoi
stessi incubi e le sue stesse paure.
Faremo il possibile per scoprire
chi ha ucciso Achille. parl il
sindaco. Il colpevole verr fuori.
Il colpevole verr fuori? gli
fece eco Carmine con la sua voce
cavernosa. E tutti gli altri assassini
impuniti allora? La vedova Gigli sta
ancora aspettando di sapere chi ha
ucciso suo marito!
stata Marta Vasselli! gracid
Ines. L'ha scuoiato vivo come si fa
con gli animali!

Rabbrividii a quelle orribili


parole, che suscitarono in me
immagini davvero macabre.
E chiss se il suo spirito non
abbia fatto prendere un infarto al
povero Achille! aggiunse con tono
sicuro. andata cos, ve lo dico
io. Sghignazz. Iniziavo ad odiare
quella vecchia.
Carmine cerc di mantenere il
controllo e and diritto dietro il
bancone scuotendo ripetutamente
la testa. Lorenzo, che si era scolato
la sua birra in silenzio e solitudine,
gett la bottiglia vuota nel cestino e
torn a sedersi al suo posto.
Emma, prenditi qualcosa da

mangiare!
disse
Carmine
mostrandomi panini e tramezzini
confezionati.
Io scossi la testa. Avevo lo
stomaco completamente chiuso.
Mangia qualcosa. Per favore. A
parlare fu mio padre, ma senza
staccare gli occhi dalle punte delle
sue scarpe. Le sue parole mi
convinsero a fare almeno uno
sforzo. Scelsi un tramezzino al
formaggio, e feci per sedermi a un
tavolo vuoto. Poi ci ripensai, e mi
andai a sistemare accanto a
Lorenzo. Mia madre mi fiss per
qualche minuto, e avrei pagato
chiss cosa per conoscere i suoi

pensieri.
Bene, Laura. disse il sindaco
costringendo
mia
madre
a
guardarlo. Domani va' a parlare
con Giusi. Lei ha trovato il corpo di
tuo padre, quindi ti sapr dare
informazioni utili per scoprire
l'assassino.
Si alz e augur a tutti la
buonanotte. Poi si rivolse a me:
Emma, se vuoi puoi dare
un'occhiata agli archivi di Tiepole.
Cos ti renderai conto in quale
realt
sei
venuta
a
stare.
Ovviamente spero che tu abbia
stomaco forte. Se te la senti ti
aspetto domani al municipio!

Annuii con la testa, per nulla


allettata da quella proposta.
Non sar poco prudente uscire
da solo, signor sindaco? chiese
mia madre. Il sindaco sorrise e
scosse il capo. Quindi sollev un
poco il pantalone della gamba
destra, e quello che vidi mi fece
andare di traverso il boccone che
avevo in bocca. La gamba
dell'uomo era ricoperta da una fitta
coltre di peli scuri e lunghi che la
facevano assomigliare a una sorta
di zampa pelosa, molto fine e
ossuta che immaginai dovesse
terminare in un piede dalle unghie
corte e forse affilate. Se non avessi

visto quelle cose coi miei occhi non


vi avrei mai e poi mai creduto.
Caddi in una delle buche delle
Colline Brade. mi spieg. Brutto
posto, non ci andate mai; vecchie
stregonerie e malocchi. Per l'altra
gamba a posto! E fiero di quanto
aveva appena detto si sollev l'altro
pantalone. S, la gamba sinistra era
decisamente umana. Il confronto
tra i due arti poteva sembrare buffo
se non si consideravano tutte le
maledizioni e l'aria di morte e odio
che aleggiava nel paese. Il sindaco
si rimise a posto i pantaloni, come
se nulla fosse accaduto.
Per quelle persone, ci che io

reputavo inverosimile e bizzarro,


rappresentava invece la normalit.
E l a Tiepole il termine normalit
assumeva tutto un altro significato.
L'uomo fece un ultimo saluto e
usc fuori in strada fischiettando.
Un altro folle tra i folli.
Pensa se anch'io mi riempissi di
peli.
mi
sussurr
Lorenzo
sforzandosi di essere divertente.
Pensa se io mi ritrovassi piena
di peli. dissi allo stesso modo.
Un uomo dalla peluria
accentuata e incolta pu anche
starci, ma una donna. non farei un
po' schifo?
Lorenzo pieg la testa da un lato

e mi fiss.
Invece saresti carina coi baffi!
La sua affermazione mi fece
esplodere in una risata alla quale
lui si un subito. Le nostre risa, fuori
luogo in un momento simile,
attirarono l'attenzione di tutti.
Emma, credo sia ora di andare
a casa! disse mia madre.
E non assumeva un tono cos
perentorio con me da molto tempo.
Tornai seria di colpo, diedi un altro
morso al tramezzino e mi alzai
lentamente. Mio padre fece lo
stesso.
Vi scorto fino a casa! si offr
Carmine.

Mio padre scosse subito la testa,


contrariato.
No, sono in grado di occuparmi
della mia famiglia da solo. Grazie
mille!
Carmine non insistette.
Scortarli? borbott Ines ancora
seduta al tavolo. Scorta una
vecchia come me, piuttosto! Laura
era una strega come Marta; sapr
difendersi da sola.
Mia madre non rispose. La vidi
mordersi il labbro inferiore per non
farlo.
Mio
padre
la
prese
sottobraccio quasi volesse portarla
via da l di corsa, e mi fece cenno di
sbrigarmi a raggiungerli.

Povero marito mio. si andava


lamentando la vecchia.
Non trova pace! Non capisco,
non capisco perch si impiccato
proprio qualche giorno dopo la
morte di quella megera!
Quella nuova rivelazione mi gel
il sangue. Mi cadde il tramezzino
dalle mani, il quale si sparpagli in
tanti pezzi sul pavimento. Mi
affrettai a raccoglierli, scusandomi
con Carmine che fece per aiutarmi;
ma mio padre fu pi svelto di lui.
Raccolse le ultime molliche e pass
a terra un tovagliolo preso dal
bancone per dare una veloce
ripulita.
L'immagine
dell'uomo

appeso al lampadario della mia


camera mi torn alla mente cos
vivido, come se lo avessi davanti
agli occhi proprio in quel momento.
Vacillai per un istante e mia madre
mi afferr per la vita. Ci
scambiammo una veloce occhiata, e
lei intu subito quello che mi stava
succedendo.
Accost la bocca al mio orecchio
e mi bisbigli: Allora ascolta cosa
ha da dirti, almeno la smetter di
voler entrare a casa tutte le notti e
Ines si far finalmente otto ore di
lungo sonno!
Annuii. Spostai lo sguardo su
Lorenzo che si era alzato in piedi,

preoccupato; gli feci cenno di stare


tranquillo e torn lentamente a
sedersi. Poi guardai l'anziana
donna: Ines mi fissava come se si
aspettasse
qualcosa
da
me.
Credeva, e a ragione, che la nipote
della megera potesse risolvere
l'irrequietezza dello spirito del
marito.
Uscimmo dal bar senza tanti altri
preamboli. Avvolta dall'oscurit e
dal silenzio desiderai che ci fosse
qualcuno dei Tiepolesi l con noi,
qualcuno
che
sapesse
come
affrontare la notte che era certo
diversa da qualsiasi altra in altre
parti del mondo. Camminammo

stretti l'uno all'altro, macinando la


strada, e per darci ancora una
motivazione in pi per correre mio
padre disse che l'ultimo arrivato in
cima avrebbe lavato i piatti per una
settimana. Arrivammo a casa col
fiato corto, e io fui la prima a
toccare il portone.
Mio
padre, rallentando
volutamente, arriv per ultimo.
Estrasse la chiave e la gir nella
serratura. Prima di sgattaiolare
dentro lanciai un'occhiata alla casa
di fronte: non c'era nessuna moto
rossa striata di bianco parcheggiata
l fuori. Christian non era ancora
rientrato.

Possibile che fosse ancora dalla


vecchia Gilda? Che cosa era
accaduto a Valerio?
Rimuginando
su
quell'interrogativi, feci per salire al
piano di sopra e mettermi a letto,
ma mi bloccai. Sebbene fossi stanca
perch la giornata era stata molto
lunga e faticosa, non avevo voglia
di andare a dormire. Per lo meno
non in quel letto, in quel a camera.
Mi fermai ai piedi delle scale, le dita
strette attorno alla balaustra,
immaginando che il marito di Ines
fosse ancora l appeso a una corda.
Non ce la faccio. sussurrai.
Mio padre mi afferr per le

spalle, e a quel tocco sobbalzai.


Dormo io di sopra stanotte se
vuoi. Tu puoi stare con la mamma
nel letto grande. Quella era una
soluzione che mi aggradava molto,
e anche a costo di essere presa per
una bambina fifona accettai. Mi
voltai
e
lo
abbracciai
per
ringraziarlo. Era davvero il padre
pi in gamba e coraggioso del
mondo; sopportava tutte quelle
stranezze per amore della sua
famiglia, e avrebbe combattuto
eserciti di spiriti e mostri per
proteggere me o mia madre.
Fu sempre lui ad accompagnarmi
a prendere il mio pigiama. Irruppi

nella stanza senza badare a nulla,


afferrando solo ci che mi serviva
per poi augurare una veloce
buonanotte a mio padre e scappare
via. Quando entrai nella camera che
era stata dei miei nonni (una stanza
spoglia se si faceva eccezione per
un grande armadio scuro e tarlato,
e il letto in ferro battuto), una
sensazione che non seppi definire
mi invase e capii di aver commesso
un
errore
ad
accettare
di
trascorrere la notte l. Ma ormai era
troppo tardi, e comunque se non
altro non sarei stata sola. Mia
madre si era gi infilata la camicia
da notte, e stava per mettersi sotto

le
lenzuola.
Quando
si
fu
accomodata
sul
materasso,
recuper un libro da sopra il
comodino e lo apr al capitolo dove
aveva interrotto riprendendo a
leggere. Io restai immobile a
guardarla,
chiedendomi
come
potesse starsene cos tranquilla con
tutto quello che ci accadeva. Se non
altro non era pi preda di quei
fastidiosissimi e irritanti attacchi
isterici; cosa della quale le fui
immensamente grata.
Mamma.
Mia madre mi rispose con un
cenno della testa, senza staccare gli
occhi dalla pagina che stava

leggendo.
Mamma, non credi che
dovremmo parlare?
Mia madre alz gli occhi dal libro
e mi guard.
Sarebbero moltissime le cose
da dire, Emma. Impiegheremmo
tutta la notte e forse met del
giorno seguente. Non forse
meglio dormire e lasciare che le
cose si spieghino da sole?
Restai immobile e in silenzio,
incapace di risponderle. Poi annuii.
Non mi sembrava il caso di
forzare la mano. In fondo era stata
una giornata stressante per tutti,
forse era meglio riposare e

affrontare le cose a mente fresca.


Mi spogliai e misi il pigiama. Stavo
per andare in bagno a lavarmi i
denti, quando mia madre domand:
Quello al bar con te era Lorenzo
Della Valle, giusto?
Io mi fermai sulla porta e annuii
con la testa.
La vecchia Gilda per telefono mi
ha detto che oggi eri con lui, con
Valerio Piovani e con Christian
Costantini. Come li hai conosciuti?
Aggrottai la fronte e attesi prima
di rispondere: io non potevo fare
domande, ma lei aveva il diritto di
chiedere quello che voleva.
Non lo trovai affatto corretto da

parte sua. Ma decisi di stare al suo


gioco, perch forse potevo trovare il
modo di rigirarlo a mio favore.
Alzai le spalle, ostentando
indifferenza.
Li ho conosciuti cos, per caso.
Ieri mentre tornavo dal cimitero.
inventai. Uno di loro mi ha
chiesto di accendere, e poi visto che
sono nuova di qui hanno iniziato a
farmi domande. Poi abbiamo
parlato del pi e del meno. Ci siamo
conosciuti cos.
E non ti hanno rinfacciato il
fatto che sei la nipote di Marta
Vasselli? mi chiese.
Certamente. Sono una celebrit

da queste parti. continuai con


noncuranza. Ma, come hai potuto
vedere tu stessa stasera, non
sembra che me ne facciano una
colpa per le loro maledizioni.
Quella era la bugia pi grande che
avessi mai raccontato in vita mia.
Mi sfiorai la tempia destra dove
sotto i capelli era ben visibile il
piccolo cerotto, ripensando a
Christian e al fatto che aveva
tentato
di
uccidermi
perch
fermamente convinto che fossi io la
discendente. Ma cercai di non dare
a vedere la mia preoccupazione.
Loro sono dei mostri, Emma.
Non voglio che tu li frequenti.

Quelle parole mi gelarono in


sangue, e presi a fissare mia madre
come
se
avesse
appena
bestemmiato di fronte all'icona di
un santo.
Credevo che l'et per farmi dare
ordini su chi frequentare e chi no
fosse passata da un bel pezzo. Era
forse impazzita? Si era sempre
intromessa poco nelle mie relazioni
personali;
ora
addirittura
pretendeva di gestirle. Risposi a
quelle parole assurde con una
provocazione:
Anch'io potrei diventare un
mostro. Allora perch non mi
rinneghi come figlia?

Mia madre chiuse il libro con un


tonfo.
Non dire queste parole! Non ti
accadr niente, lo impediremo!
Ma se frequenti certa gente.
Certa gente si ritrova ad avere
certi problemi per causa della
nonna! Io me ne sento in parte
responsabile.
Io e mia madre ci fissammo a
lungo; l'una sfidava l'altra con lo
sguardo. Era cambiato tutto, il
nostro rapporto non sarebbe stato
pi lo stesso. Tra tutte quella era
l'unica cosa di cui ero certa.
Non sei stata molto attenta
quando ho cercato di spiegarti la

storia di Tiepole. riprese lei. Il


cognome di Christian Costantini
una delle due famiglie che assieme
a quella dei Vasselli fond questo
paese, e che poi si odiarono fino
alla distruzione. Quell'odio ancora
cova nel sangue dei discendenti dei
Costantini, e non si placher mai.
Odiavano
tua
nonna
indipendentemente
dalla
maledizione, e odieranno me e te.
Non puoi frequentare quel ragazzo.
N i suoi amici.
Le parole di mia madre
trovavano un fondamento, ma non
riuscivo lo stesso ad accettarle.
M'infilai
sotto
il
lenzuolo,

sistemandomi in modo da darle le


spalle. Ricacciai indietro le lacrime
e tentai di dominare la rabbia. Non
le avrei dato ascolto. Mi aveva
mentito per anni; non poteva
pretendere adesso che io le dessi
retta e ubbidissi. Forse, ripensai,
sarebbe stato meglio dormire di
sopra in compagnia di uno spirito
appeso per il collo al lampadario
che nel letto con mia madre.
Mia madre ripos il libro sul
comodino e spense la luce. Si
sistem per bene il cuscino sotto la
testa,
quindi
rest
immobile
aspettando che il sonno la
cogliesse. La mia mente vag per

qualche istante, tuttavia senza


presentarmi alcun pensiero logico.
D'un tratto mi sentii cos esausta
che non trovai le forze per rialzarmi
e andare in bagno a lavarmi i denti
e struccarmi la faccia. Mi torn poi
alla mente un particolare che
credevo di aver dimenticato.
Mamma! chiamai.
Lei mi rispose con un mugolio.
Ieri all'emporio c'era una donna
che portava sul suo grembiule da
lavoro una targhetta con un nome,
lo stesso che poi ho letto su un
necrologio. Che cosa vuol dire?
Sentii mia madre muoversi sotto
il lenzuolo.

abitudine cucirsi i nomi dei


propri defunti addosso, non solo in
segno di lutto. Si pensa cos che le
anime smarrite possano ritrovare i
propri cari che sono ancora in vita.
spieg lei senza tanto entusiasmo.
Angela Renzetti un'anima
smarrita? chiesi pensando a
quanto fosse macabra e allo stesso
tempo ridicola quella superstizione.
Angela Renzetti era una delle
amiche di tua nonna. Credo che non
ci sia anima pi in pena di lei.
Tornammo a stare in silenzio.
M'immaginai mentre gironzolavo
per le vie di Roma con il nome di
mio nonno (o di mia nonna)

stampato sulla maglietta. Un


necrologio ambulante. Rabbrividii.
Non chiusi occhio quella notte.
Restai perennemente in uno stato
di dormiveglia; mi appisolavo il
tempo di una mezz'ora sognando di
spiriti, mostri, teschi, annunci di
morte, poi restavo vigile per il
tempo
successivo,
aspettando
inconsciamente il rumore del rombo
di una moto che non arriv mai.
Amici o nemici?
Quando mia madre la mattina
seguente lasci il letto io ero gi
sveglia, ma finsi di dormire perch
non volevo affrontare con lei di

nuovo uninevitabile discussione. Se


ne and di l in cucina e la sentii
augurare il buongiorno a mio padre,
che doveva essere gi in piedi da
un pezzo. Li sentii scambiarsi
qualche battuta che non capii. Ero
troppo
stanca
per
prestare
attenzione alle loro parole. Mi
faceva male la testa e avevo
moltissima fame, e solo l'odore
buono del caff che s'insinu nella
stanza mi convinse ad alzarmi.
Emma, verrai con noi da Elisa?
mi chiese mia madre non appena
mi vide.
Da chi? Sbadigliai e mi
accasciai su una sedia.

Elisa lavorava qui come donna


delle pulizie. spieg lei mentre mi
metteva sotto il naso un cappuccino
bollente. Trov il corpo morto di
tuo nonno. Adesso mangia, ieri sera
non hai toccato cibo.
Il tramezzino fatto a pezzi non
conta? domandai sarcastica.
Mia madre mi trafisse con
un'occhiata, e solo l'intervento di
mio padre plac gli animi.
Allora: le mie donne hanno
dormito bene? chiese.
Baci mia madre sulle labbra e
poi baci me sulla fronte. Io lo
guardai divertita; l'ultima volta che
mi aveva baciata in viso avevo otto

o nove anni, e dopo avermi


rimboccate per bene le coperte. Si
sedette accanto a me e mi guard
mangiare. Io, affamata, afferrai una
delle
brioche
disposte
ordinatamente sul tavolo (cortesia
di mio padre immaginai) e la
trangugiai velocemente.
Elisa me la ricordo. disse lui.
Una
ragazza
bionda
alta,
longilinea, dico bene?
Mia madre annu. Ha pochi anni
meno di me. aggiunse lei.
Non credo si sia mai sposata.
Pi che moglie molto brava come
amante. Quando abitavo qui non si
faceva altro che parlare dei suoi

scandali.
Mio padre sorrise.
L'unica cosa che mi piace di
questo posto che tutti sanno tutto
di tutti. E ovviamente fraintendono
tutto.
Ti sbagli, Flavio. Ci sono segreti
qui a Tiepole che non sono mai
stati svelati. Mia madre si sedette
di fronte a me a bere il suo caff.
Mio padre torn serio alle sue
parole e scroll le spalle.
Sar anche cos ma le notizie
pi interessanti sono quelle di
dominio pubblico, no?
Mia madre non rispose. La
disprezzai in quel preciso istante:

non capiva che mio padre faceva di


tutto per non farci pesare la
situazione,
e
lei
invece
di
assecondarlo rendeva vani tutti i
suoi tentativi. Il rombo di una moto
spezz il silenzio. Io sobbalzai, ma
non per lo spavento. Feci per
alzarmi, ma poi ci ripensai. Mia
madre mi fissava da sopra la
tazzina del suo caff fumante.
Decisi di non dargliela vinta.
Afferrai un'altra brioche.
Io non voglio venire da questa
Elisa. dissi. Non voglio sentire di
come lei ha ritrovato il corpo del
nonno.
Mia madre al contrario di quanto

mi aspettassi rest impassibile di


fronte a quella mia decisione. Mio
padre mi appoggi, e disse che
potevo restare a casa se era quello
che mi sentivo di fare.
Resta pure qui, Emma.
aggiunse poi mia madre. Ma non
uscire e non aprire a nessuno. Hai
capito che per te pericoloso stare
l fuori da sola; non farci stare in
pensiero.
Annuii. Mangiai la seconda
brioche e bevvi il mio cappuccino.
Poi salii in camera, per evitare che
mi venissero fatte altre stupide
raccomandazioni. Avevo vent'anni,
non tredici.

Prima di entrare in camera feci


un profondo respiro per infondere
coraggio a me stessa; quindi, dopo
aver varcato lentamente la soglia,
chiusi la porta. Notai subito il letto
rifatto: mio padre era stato tanto
gentile da togliermi quell'incomodo.
Poi fissai il lampadario: con la luce
del mattino, che filtrava debole dai
vetri della finestra, la stanza non
faceva cos paura. Cercai con gli
occhi il cofanetto scuro e lo trovai
posato
sul
comodino.
Senza
pensarci due volte lo aprii e cacciai
fuori la Storia di Tiepole. Corsi
all'indice, in fondo alle ultime
pagine. Trovai il titolo del capitolo

Costantini e Vasselli, storia di


fratellanza e di odio e andai alla
pagina indicata. Mi sedetti sul bordo
del letto e iniziai a leggere con gli
occhi. Sentivo al piano di sotto i
miei genitori parlare, una porta che
si chiudeva, poi i tacchi di mia
madre che camminavano sul
pavimento, dell'acqua che scorreva
dal rubinetto, lo scarico del bagno,
ancora una porta che si apriva e
chiudeva; tutto ci faceva da
sottofondo alla mia lettura. Quando
ebbi finito il capitolo, lungo due
pagine e mezzo, richiusi il libro.
Fissai fuori dalla finestra; anche
quel giorno le nubi avevano vinto il

sole.
I Costantini e i Vasselli assieme
ad altre famiglie amiche e parenti si
erano staccate da Acriterra, il paese
che si trovava dall'altra parte della
montagna, per fondare una nuova
comunit. Questo perch cacciate
dagli
Acriterrani,
un
popolo
profondamente cristiano, in quanto
accusati di praticare culti pagani.
Tiepolo Costantini diede il nome al
piccolo paese e l le due famiglie e i
loro seguaci vissero in pace fino a
che, in seguito a una disputa legata
a questioni magiche e a un
misterioso delitto (cos c'era scritto
nel libro) non entrarono in conflitto.

Divennero nemiche gettando il


paese in tempi bui dove anche
uscire di casa costava la vita
infettando il territorio di stregonerie
varie, malocchi e maledizioni. Sullo
sfondo (del resto come poteva
mancare) la triste vicenda amorosa
di una Costantini e un Vasselli che
morirono nello scontro. Il libro
continuava dicendo che i Vasselli
vinsero, e soggiogarono la famiglia
rivale diventando i padroni di
Tiepole e dichiarandosi autentici e
indiscussi
padroni
delle
arti
magiche. I discendenti delle due
famiglie
vivono
a
Tiepole
tramandandosi le arti divinatorie e

tutto il territorio saturo di magia.


Il capitolo si concludeva con
quelle parole.
Se avessi letto quella storia in un
romanzo, in mezzo a molta gente
seduta su una panchina in un parco
o su una comoda sdraia sulla
spiaggia, mi avrebbe di certo
affascinata
e
avrei
voluto
conoscerne la conclusione. Ma far
parte di quella stessa storia,
esserne una delle protagoniste e
starci dentro fino al collo, era tutta
un'altra cosa.
Mio padre diede un colpetto alla
porta prima di entrare. Mi chiese
cosa stessi facendo, ma quando mi

vide riporre il libro nel cofanetto


non indag oltre.
Noi stiamo per uscire. mi
disse. Speriamo di trovare Elisa a
casa sua.
Annuii.
Hai dormito bene qui? gli
chiesi.
Come un sasso. Ero troppo
stanco; volevo restare sveglio a
controllare la situazione, ma non ce
l'ho fatta.
Non ce n' bisogno, pap.
Mi alzai per andargli incontro.
L'abbracciai, perch avevo sentito
l'improvviso bisogno del suo affetto.
Lui si stup di quel mio attacco di

tenerezza, che molto raramente


avveniva, e mi strinse a sua volta.
Mi dispiace che tu debba
sopportare tutto questo, pap.
Sopporto tutto questo da anni.
Ci sono abituato.
Mi staccai da lui per guardarlo
negli occhi.
Quando la mamma ti raccont
di questo posto, non hai mai
pensato di lasciarla e voltarle le
spalle? Non hai mai avuto paura?
Mio padre mi sorrise.
Se ho mai avuto paura? Tutti
hanno paura, Emma. Ma io, pi che
dei mostri e dei fantasmi, ho paura
per voi; ho paura che vi possa

accadere qualcosa. E se ho mai


pensato di lasciare tua madre?
Questo mai. Perch la amo
troppo.
Sorrisi anch'io a quelle parole.
Poi finsi una smorfia di disgusto.
Ma come sei sdolcinato, pap.
Diabetico e smielato.
Mia madre ci raggiunse e si
blocc sulla porta.
Io sono pronta, possiamo
andare. disse.
Spostai lo sguardo su di lei: si
era truccata, sistemato i capelli in
una coda e aveva indossato un
completo nero. Mio padre se ne usc
con un fischio di approvazione. Io

invece restai a fissarla, incapace di


farle un complimento o di chiederle
se stesse andando fuori a cena in
un ristorante di lusso. Lei mi fiss a
sua volta, e con lo sguardo sembr
che volesse dirmi qualcosa, forse
rinnovarmi l'invito a non uscire di
casa e mettermi di nuovo nei guai
con persone che non dovevo
frequentare. Senza
aggiungere
altro, si volt per ridiscendere le
scale.
arrabbiata con me. dissi.
No, che dici? Perch
dovrebbe?
Alzai le spalle. Mio padre mi
stamp un bacio sulla fronte e mi

salut,
rassicurandomi
che
sarebbero tornati presto. Se ne
and e dopo qualche istante sentii
aprire e richiudersi la porta
d'ingresso.
Mi avevano lasciato sola in
quella casa. Fui colta subito da un
attacco di claustrofobia, e spalancai
la finestra per far entrare i rumori
della campagna. Leggeri fruscii,
versi di uccelli; c'era troppo silenzio
anche l fuori. Respirai cercando di
ritrovare il controllo delle mie
facolt mentali e motorie. Quindi
reputai opportuno per prima cosa
scendere di sotto, farmi una doccia
e darmi una sistemata. Mentre ero

sotto la doccia e poi mentre mi


vestivo, canticchiai ad alta voce
ritornelli di canzoni pi o meno
famose per fare compagnia a me
stessa. Quando me ne tornai in
camera, la prima cosa che feci fu
posare gli occhi sulla mia valigia
ancora da disfare. Felice di aver
trovato quella nuova occupazione,
mi misi subito a lavoro. Recuperai
per prima cosa lo stereo portatile,
lo collegai alla spina e lo accesi. La
stanza fu subito invasa dal suono di
una canzone commerciabile che non
conoscevo.
Questo
bast
a
tranquillizzarmi un poco. Disposi
tutti gli abiti e la biancheria

nell'armadio e nei cassetti del


comodino, dopo averli spolverati
con dei semplici fazzoletti. Quando
inizi una canzone di cui conoscevo
le parole, ricominciai a canticchiare
sotto voce. Funzion per un po'; ma
dopo aver finito di sistemare le mie
cose (impiegai poco pi di
mezz'ora) l'ansia ritorn. Quindi
decisi di fare una telefonata, solo
per sentire la voce di qualcuno.
Spensi la radio e presi il cellulare
(abbandonato fino ad allora ma con
la batteria ancora carica per met),
e trovai un angolino della finestra
dove c'era abbastanza campo.
Cercai nella rubrica il numero di

Ilaria, una delle amiche della mia


comitiva che avevo lasciato a
Roma. Pigiai il tasto verde e il suo
telefono inizi a squillare. Mi
guardai le spalle e, notando la
porta ancora aperta, corsia a
chiuderla.
Avevo
come
la
sensazione che qualcuno potesse
sopraggiungere alle mie spalle.
Emma, ma che fine hai fatto?
La voce familiare di Ilaria mi riport
con la mente in citt; mi si chiuse la
bocca dello stomaco.
Ciao Ilaria. Scusami ma qui su
c' pochissima ricezione! risposi.
Cercavo di mantenere un tono di
voce fermo, ma non ci riuscii.

Fortuna che lei non se ne accorse.


Allora, quando torni? Stefano
non fa che chiedere di te!
Io aspettai qualche secondo
prima di rispondere. Mi guardai
nuovamente le spalle, e presi a
mangiarmi un'unghia; cosa che non
avevo mai fatto prima in vita mia.
Emma, ci sei? Pronto?
S, sono qui. Scusami, ma ti
sento lontanissima.
Allora quand' che torni? Ci
sono un sacco di novit: Manuela e
Carlo si sono lasciati proprio ieri.
Davvero?
domandai,
fingendomi interessata.
Claudia partita stamattina per

Barcellona, e io credo di aver


finalmente scelto che facolt vorr
frequentare.
Ah, s? E quale? chiesi. Mi
s'incrin la voce ma ancora una
volta Ilaria, forse a causa della
cattiva ricezione, non se ne
accorse.
Ti ricordi? Ero indecisa tra
Giurisprudenza e Medicina; ma
credo
che
far
il
test
d'orientamento per Giurisprudenza.
pi probabile che mi prendano. La
selezione per Medicina durissima.
E tu?
Stai pensando a cosa vorrai fare
l tutta sola tra i monti? Piccola

Heidi qui ti chiamano.


Una lacrima mi corse lesta gi
per la guancia. Un nodo mi strinse
la gola. Chiusi il telefono prima
ancora di accorgermene. Lo spensi
e lo gettai sul letto. Scoppiai a
piangere come una sciocca. Il
desiderio di sentire una voce amica
aveva aggravato ancora di pi la
mia solitudine; non avevo fatto
altro che peggiorare la situazione.
Ilaria non avrebbe mai potuto
capire quello che mi stava
accadendo. Se avessi iniziato a
parlarle di mostri e maledizioni mi
avrebbe presa per pazza, e avrebbe
di sicuro raccontato tutto agli altri.

Si sarebbero fatti una grossa risata


alle mie spalle. La piccola Heidi; gi
ridevano di me.
E poi come potevo pensare
all'universit quando la mia stessa
vita era in pericolo? Come potevo
pensare di tornare a Roma quando
c'era la possibilit che mi sarei
trasformata in un mostro? Come
avrei
giustificato
la
mia
maledizione?
Ero in trappola. Non potevo
tornare a Roma, n potevo restare
l a Tiepole perch se non fossi
stata attenta mi avrebbero uccisa.
Sentii un rumore provenire dal
piano di sotto. Gli occhi mi si

asciugarono di colpo. Sobbalzai e


mi voltai verso la porta chiusa.
Temevo che si sarebbe spalancata
da un momento all'altro. Restai in
ascolto; potevo essermi sbagliata.
Cercai attorno a me un'arma con la
quale difendermi nell'eventualit
che un intruso si fosse intrufolato in
casa. Ma trovai solo il cellulare. Lo
riaccesi e cercai subito il numero di
mio padre, con le mani che mi
tremavano vistosamente. Ma sul
display mi comparvero le parole:
nessuna ricezione.
Tornai alla finestra, ma quelle
parole non volevano mutare.
Quindi, con i nervi che avevano

preso il sopravvento sulle mie


azioni,
scaraventai
l'inutile
aggeggio sul pavimento. Il panico
mi dominava.
Forse avevo solo immaginato
quel rumore, ma oramai ero in
preda al terrore. Quando poi ebbi
l'impressione che qualcosa mi
avesse sfiorato una spalla, gridai e
mi lanciai fuori dalla stanza aprendo
di scatto la porta. Scesi le scale
come un bolide e inevitabilmente
ruzzolai gi, battendo un fianco.
Emma, smettila di fare la
codarda! Parl una voce alle mie
spalle. Mi appiattii addosso alla
parete, massaggiandomi la natica

destra dolorante. Mi voltai appena


per vedere la figura di Simo ritta
sulle scale. Era uguale a come
l'avevo vista qualche sera prima,
capelli corvini, pelle livida; e ancora
una volta mi sorprese e inquiet
come
mi
somigliava
incredibilmente.
Emma, esci di qui! Stanno
venendo a prenderti! Continu.
Eppure le sue labbra non si
muovevano. La sua voce era solo
nella mia testa.
Chi? Chi sta venendo a
prendermi? domandai con voce
roca.
Mi rimisi in piedi a fatica,

aggrappandomi al muro.
Emma tu sei molto pericolosa.
Io?
Suon il campanello. Tutto il mio
corpo s'irrigid come se fossi
diventata
di
ghiaccio. Restai
immobile, senza respirare. Sentivo
il mio cuore battere all'impazzata
nella vena del collo. Le ginocchia
presero a tremarmi. Il campanello
suon ancora una volta, pi
insistentemente.
Emma, non andare ad aprire!
mi comand la figura di Simo prima
di svanire.
Scossi la testa. Ero incapace di
muovermi. Anche se avessi voluto,

il mio corpo non rispondeva ai miei


comandi. Un pugno forte buss
anzich suonare.
Emma, ci sei?
Riconobbi subito quella voce,
oltre il portone; e senza pensarci
due volte, senza badare alla voce
del fantasma e pensare alle
conseguenze, corsi ad aprire. Con le
gambe ancora tremolanti e gli occhi
gonfi di lacrime, mi gettai tra le
braccia di Christian. Lui mi spinse
dentro e richiuse la porta. Prima
cerc di allontanarmi, poi lasci che
fossi io a scostarmi da lui.
Emma, la vecchia Gilda mi ha
chiamato dicendomi che eri in

pericolo. Empira ha visto qualcosa.


Che cosa succede?
Io mi asciugai le lacrime e alzai
le spalle.
Non lo so, Simo mi ha detto che
stavano venendo a prendermi.
Simo?
Christian entr nel salotto e
chiam a gran voce il fantasma che
non si materializz. Io lo seguii
trascinando i piedi e poi mi
accasciai sul divano. La testa
iniziava a girarmi.
Che altro ti ha detto? mi
domand lui.
Io non risposi e lui insistette,
adirato.

Non lo so! sbottai.


La sua totale mancanza di tatto
mi innervosiva ancora di pi. Io
stavo per svenire, e l'unica cosa alla
quale lui pensava era di parlare con
un fantasma. Lui mi guard, e
vedendomi in quello stato cambi il
tono di voce. Scusa. disse.
Io, che avevo gli occhi fissi sul
pavimento, feci spallucce. Ero
abituata ai suoi scatti d'ira; li avevo
provati
sulla
mia
pelle,
letteralmente.
Non capisco davvero perch
Simo
dovesse
rivolgerti
un
avvertimento
simile!
parl
pensieroso.

Non chiederlo a me. risposi io


disorientata.
Degli spiriti non mi fido molto.
continu. Sono anime in pena
disposte a tutto per conquistarsi la
pace eterna. E seguono le istruzioni
di chi le invoca. Nel caso di Simo,
anima maledetta, la situazione
peggiore. Ma sono certo che lei non
ti farebbe mai del male.
E allora che cosa voleva da
me?
Christian scosse la testa. Non lo
so.
Si sedette su una delle sedie del
tavolo. Provai a immaginare la
faccia di mia madre se fosse

rientrata proprio in quel momento e


avesse trovato il giovane che mi
aveva vietato di vedere l proprio in
casa sua, seduto comodamente.
E cos Simo ti ha detto che
stavano vendendo a prenderti!
riprese lui. Non ti ha detto chi?
No. Mi ha detto di andarmene
da qui.
E dove voleva che andassi?
Non me lo ha detto questo.
Restammo in silenzio per
qualche istante. Io mi accomodai
meglio sul divano, perch la natica
che avevo battuto cadendo mi
doleva ancora. Non passava giorno
l a Tiepole che non mi procurassi

qualche livido.
Perch mi hai aperto?
domand lui rompendo il silenzio.
Come?
Ci scambiammo un'occhiata
veloce, ma nessuno riusc a
sostenere lo sguardo dell'altro;
tornammo entrambi a fissare il
pavimento. Lui forse era ancora
dispiaciuto per quello che mi aveva
fatto il giorno prima, mentre io ero
semplicemente imbarazzata.
Non hai pensato che Simo
poteva metterti in guardia da me?
Mi hai fatto entrare, quando lei ti ha
detto che stavano venendo a
prenderti. Perch?

Non risposi subito. Poi balbettai


qualche parola senza senso; quindi
mi schiarii la voce, consapevole di
fare la figura della perfetta idiota e
dissi solamente: Mi fido di te.
Christian trattenne una risata.
Sul suo volto, guardandolo di
sfuggita ancora una volta, lessi
stupore.
Davvero ti fidi di me dopo che
ho cercato di dopo quello che ti
ho fatto? mi chiese.
Restai in silenzio. Poi lui prese a
fissarmi. Fece per alzarsi, forse per
venire a sedersi accanto a me sul
divano; ma ci ripens subito.
Ti fa male quella? mi chiese

abbassando il tono di voce.


Io, che non capivo a cosa si
stesse riferendo, fui costretta a
guardarlo; con un dito mi indicava il
cerotto che avevo sulla fronte,
cambiato dopo che avevo fatto la
doccia.
Io
scossi
la
testa,
timidamente.
Mi stup il fatto che si fosse
ricordato di quel particolare e che
sembrava seriamente preoccupato
per me. Ma questo era forse da
ricondursi al suo senso di colpa. Mi
sentii
una
sciocca
in
quel
momento.
Rifiutai tutto ci che la mia
mente mi sugger, ipotesi assurde

che mi fecero avvampare le guance.


Tentai di dominarmi e quindi
cambiai decisamente discorso.
Come sta Valerio? domandai.
Abbastanza bene. fu la
risposta.
Ma io non volevo cedere.
Cosa gli successo? insistei.
La maledizione.
Christian mi blocc prima che
potessi continuare.
Vuoi sapere se si trasformato
in un mostro? S, successo.
Nel suo tono di voce non c'era n
rabbia n rimprovero nei miei
confronti, e questo mi stup.
Pronunci quelle parole come se mi

stesse
raccontando
un
fatto
comune, accaduto in un giorno
comune a una persona comune. Io
mi strinsi nelle spalle, a disagio di
fronte a quella che mi sembrava
assoluta noncuranza. Feci per aprire
bocca, ma Christian mi precedette:
Vuoi
sapere
che
cosa

diventato?
Io annuii con la testa prima di
accorgermene.
Diciamo che tutti i sintomi
erano giusti, e che la sua sete di
sangue ha trovato fondamento.
Signori e signori, abbiamo qui a
Tiepole il primo esempio di vampiro
maledetto!

Rise. Le ultime parole erano


state accompagnate da gesti
teatrali con le braccia. Se non fossi
a conoscenza di tutta (o quasi) la
storia, l'avrei di certo reputato
pazzo.
Non scherzare. lo rimproverai
a mezza voce.
Io non scherzo. Ma non devi
temere. nel pieno delle sue
facolt mentali. Quindi, in senso
lato, stato fortunato.
E dov' ora? domandai.
Christian mi fiss e io sostenni il
suo sguardo. I suoi occhi, cos scuri
e profondi, esprimevano dolore e
tristezza che riusciva per a celare

bene sotto quel suo fare spavaldo e


superficiale.
Ha passato la notte dalla
vecchia Gilda. disse con voce
atona.
Io gli ho tenuto compagnia fino
all'alba. Poi sono tornato a casa, e
dopo nemmeno un'ora me lo sono
ritrovato in camera. Quando mi ha
telefonato Gilda, lui era con me.
Fece una
breve pausa.
incredibile come sia diventato agile
e silenzioso in cos poco tempo.
Anche se tu prima non ti fossi
gettata tra le mie braccia, e lo vidi
mentre sorrideva compiaciuto, non
lo
avresti
comunque
visto

sgattaiolare dentro, e salire in


camera tua.
Scattai in piedi a quelle parole.
Christian mi imit. Di nuovo una
sensazione di gelo mi pervase. La
paura
stava
tornando
a
impossessarsi di me. Simo aveva
ragione, non avrei dovuto aprirgli la
porta.
Emma, tranquilla. si affrett a
dire Christian. Non pericoloso.
Non vogliamo farti del male; io te
ne ho gi fatto abbastanza.
Lanciai una veloce occhiata alle
scale; la porta della mia camera era
chiusa. Quindi puntai la porta
d'ingresso. Christian lesse negli

occhi le mie intenzioni, pi che


evidenti.
No, Emma. Se adesso esci fuori,
sar peggio per te. disse facendo
un passo verso di me. I Teschi ti
stanno aspettando, nascosti in ogni
parte del paese. Qui in casa sei al
sicuro.
Mentre una voce nella mia testa
mi gridava di scappare via, tornai a
sedere lentamente sul divano.
Tremavo come una foglia. Lanciai
un'altra veloce occhiata alle scale,
alla porta chiusa della mia camera;
strano, non mi sembrava di aver
avuto il tempo di richiuderla mentre
ruzzolavo gi per gli scalini.

Questo un colpo basso. lo


rimproverai con un filo di voce.
Avresti dovuto dirmelo subito.
Sarebbe cambiato qualcosa?
Scattai di nuovo in piedi poich
la voce che mi gridava nella testa,
ora lo stava facendo davvero troppo
forte. Mi sarebbe esploso il cervello
da un momento all'altro.
Cavolo, Christian! sbottai
iniziando a camminare su e gi con
le braccia conserte. Ma come
pretendi
che
io
reagisca
diversamente?
Prima un fantasma mi fa cadere
dalle scale e mi dice di scappare via
perch
stanno
venendo
a

prendermi, poi arrivi tu e mi dici che


Valerio - il vampiro si intrufolato
in casa mia. Senza tener conto di
tutto quello che mi accaduto in
questi giorni: morti impiccati,
tentati omicidi, Teschi, maledizioni,
incubi, lividi, lividi e ancora lividi!
Sono stufa di cadere, diamine!
Feci un profondo respiro e mi
fermai. La mia voce era stata un
crescendo di toni, fino a gridare
l'ultima frase. Christian mi guardava
con occhi inespressivi. Mi pentii
subito di aver dato di matto in quel
modo.
Ma se non mi fossi sfogata con
qualcuno, sarei impazzita.

Per non parlare poi di mia


madre!
ripresi
cercando
di
mantenere la calma questa volta.
Se prima mi nascondeva le cose,
adesso non mi parla per nulla, se
non per dirmi: non puoi frequentare
quei ragazzi, sono maledetti!
Christian si agit a quelle parole,
ma io finsi di non accorgermene per
continuare con il mio assurdo
monologo.
E io vorrei tanto dirle: cara
mamma, non ricordi che anche io
sono maledetta? E poi le direi che
inutile che finga il contrario,
inutile dire che trover una
soluzione quando sa benissimo che

non andr mai all'universit, che


non torner mai in citt perch
anch'io mi trasformer io un Stavo
per dire mostro ma mi trattenni. In
qualcosa. finii. Sospirai ancora;
probabilmente
dovevo
essere
paonazza in volto. Mi sentivo
ridicola, ma allo stesso tempo
sollevata.
Gridare
la
mia
frustrazione mi aveva fatto bene.
Hai finito? mi chiese Christian
guardandomi con un mezzo sorriso
stampato
sulla
faccia.
Probabilmente non sapeva se ridere
di fronte al mio comportamento, o
se prendersela per il discorso
relativo alle maledizioni. Io annuii e

chinai lo sguardo.
Allora possiamo salire di
sopra? mi chiese.
Guardai con ansia le scale. E se il
fantasma di Simo avesse avuto
ragione? Se mi stessi fidando delle
persone sbagliate? Forse quella era
una trappola. Stare dalla parte di
uno spettro o da quella di un paio di
ragazzi maledetti uno dei quali si
era appena trasformato in un
vampiro? La scelta era davvero
ardua e assurda. Ma oramai era
troppo tardi. E Christian aveva
avuto tempo per farmi del male se
davvero lo avesse voluto.
Sicuro che sia innocuo?

domandai.
Christian annu con la testa.
Nel caso ti salti al collo ci sono
io. disse.
Gli mostrai la lingua. Non sei
per nulla spiritoso.
Lui si mosse per raggiungere le
scale e io lo seguii, ancora
titubante. Chiam l'amico a voce
alta prima di salire. Facemmo un
gradino alla volta, procedendo in
silenzio. La vocetta nella mia testa
mi gridava ancora che ero una
stupida a farmi incastrare cos.
Una volta in camera mia non
avrei avuto pi scampo.
Eppure era cos rasserenante

pensare che se mi fosse davvero


successo qualcosa non avrei pi
dovuto pensare a maledizioni e
stregonerie varie, e che non avrei
mai scoperto in che razza di
creatura mi sarei trasformata. Non
ebbi il tempo necessario per
rimproverarmi di quanto fossi
ridicola ed egoista a fare pensieri
simili; arrivammo di fronte alla
porta della mia camera, e Christian
la spalanc di colpo facendomi
sobbalzare. Aspettai che fosse lui a
entrare per primo.
Valerio! chiam forte.
Io mi feci coraggio ed entrai
nella mia stanza, pensando di

trovare qualcosa fuori posto. Tutto


era in ordine invece, esattamente
come lo avevo lasciato. Tranne
Valerio che, seduto sulla sponda del
letto con i gomiti poggiati sulle
ginocchia, fissava a terra. I capelli
scuri gli coprivano il viso. Christian
si avvicin all'amico. Io restai
dov'ero, sulla soglia, pronta a
scappare.
Valerio, siamo qui.
La figura di Valerio, vestito come
lo avevo visto il giorno prima (jeans
e maglietta nera), non si mosse.
Valerio.
Christian allung una mano
verso di lui, ma l'amico scatt in

piedi voltandosi verso la finestra e


dandoci le spalle. Io sobbalzai e
indietreggiai.
stato un errore Chris. parl
con voce roca ma chiara. Non
posso nascondermi qui.
Ascoltami, troveremo un'altra
soluzione.
Mandala via! disse poi facendo
un cenno con una mano nella mia
direzione. Non voglio che mi
veda.
Valerio inizi a tremare
vistosamente. E a piangere. In cuor
mio, sentivo di capirlo. Senza
badare a ci che facevo mi mossi
per recuperare il copriletto. Lo tirai

via e poi allungai le braccia verso di


lui, mantenendomi comunque a
debita distanza.
Tieni. Hai freddo. dissi. Le
spalle di Valerio smisero di
tremare.
Per lo stupore, mi augurai. Il
cuore mi batteva fortissimo mentre
aspettavo una sua reazione. Se
anche io fossi cambiata, avrei
desiderato la stessa cortesia nei
miei confronti. O la stessa piet.
Sentivo gli occhi di Christian su di
me. Avrei dato qualsiasi cosa per
sapere cosa stava pensando in quel
momento.
Emma. La voce di Valerio era

bassa, ma tranquilla. Si volt


lentamente. Avevo
il
respiro
mozzato. Quando poi finalmente lo
guardai in faccia, mi accorsi che non
c'era nulla da temere. La sua pelle
bianca non mi faceva impressione,
come non mi spaventavano i suoi
occhi privi di pupilla e circondati da
occhiaie profonde. Non metteva
paura come quella volta che mi
aveva sorpreso in campagna, con i
canini sporgenti come due piccole
zanne e lo sguardo da ossesso.
Tutto qua? riuscii a dire con
voce strozzata.
Non mi provocare. rispose lui.
E distese le labbra in una sorta di

sorriso. Le punte affilate delle due


zanne, quelle pi pronunciate
rispetto alle altre, si scorsero
appena e io fui costretta ad
abbassare
lo
sguardo
involontariamente.
Non hai qualcosa di pi
pesante? chiese storcendo il naso
di fronte al copriletto leggero. Poi
aggiunse ridendo: Usi l'acqua di
colonia dopo aver fatto la barba?
Questo lenzuolo impregnato di
questa puzza!
Che cosa. Poi risi quando
trovai la soluzione all'odore che i
suoi
sensi
avvertivano,
evidentemente
acuiti
dalla

trasformazione.
Mio padre ha dormito nel mio
letto
stanotte.
dissi
ancora
ridendo.
Mi mossi per dirigermi verso
l'armadio. Avevo riposto l sul fondo
(proprio sull'asse rimovibile) un
paio di plaid che avevo portato con
me in valigia. Ma prima che potessi
arrivarci, Valerio mi afferr per la
vita. Mi attir a s e prima che
potessi gridare, mi strinse cos forte
da togliermi il respiro e affond il
suo viso tra i miei capelli. Christian
neppure si mosse. Provai a
divincolarmi e ci riuscii. Non certo
perch avessi vinto contro la sua

forza, ma perch fu lui a lasciarmi


andare. Quando mi voltai non riuscii
a tenere ferma la mano, e lo
schiaffeggiai su una guancia cos
fredda e dura che fui io a farmi
male. Lui rispose con un suono
gutturale.
Amico, calmati. Non niente.
lo rassicur Christian piazzandosi
vicino a me.
Lui mi accalappi per un polso,
impedendomi di scappare via.
Valerio fece un profondo respiro e
scroll la testa come a togliersi
qualcosa dai capelli. Mi guard e mi
sorrise, gli occhi senza pupilla erano
come due fari oscuri.

Scusami. disse. Ma avevo


bisogno di sapere bene che odore
hai. Cos mi sar pi semplice
ritrovarti. Mi hanno detto che
funziona cos. Dall'odore si possono
sapere molte cose delle persone.
Che deodorante usano?
domandai sarcastica e ancora
arrabbiata.
Anche. Posso capire quali
persone ti sono state accanto nelle
ultime ore. O se sei stata attaccata
da qualcuno, oppure se hai fatto un
incubo; o addirittura posso capire di
che umore sei. E posso anche
sapere se hai fatto sesso, con chi e
per quanto tempo.

Mi divincolai dalla presa di


Christian. Aprii le ante dell'armadio
e recuperai dal fondo uno dei plaid
preso a caso. Lo lanciai nella
direzione di Valerio che lo prese al
volo.
Sei ridicolo. dissi richiudendo
di scatto le ante, stizzita.
Tranquilla, sapr mantenere i
tuoi pi reconditi segreti.
Valerio strizz l'occhio, e apr il
plaid ripiegato in quattro parti per
buttarselo sulle spalle. Fece una
smorfia di disgusto quando vide il
disegno stampato sopra.
No, Titti il canarino no. Per
favore.

Christian scoppi a ridere. Era la


prima volta che lo sentivo ridere
cos di gusto, spensieratamente. E
mi sembr tanto assurdo starmene
in camera assieme a quei due
ragazzi ancora sconosciuti, che
avevo
sempre
incrociato
in
situazioni altrettanto bizzarre, che
iniziai a ridere anche io. Mi
sembrava tutto cos strano, ma allo
stesso tempo tutto cos logico. Era
come se per tutta la vita avessi
aspettato quel momento. Poi, la
situazione precipit di colpo e le
nostre risate vennero interrotte
bruscamente. Sentii la voce di mio
padre al piano di sotto brontolare e

dire: Quella Elisa non c' stata di


nessun aiuto!
Impallidii. Una paura diversa
questa volta, altrettanto forte e
altrettanto pericolosa per la mia
salute mentale, si impadron di me.
Io
Valerio
e
Christian
ci
guardammo, e lessi sui loro volti la
mia stessa preoccupazione. Senza
badare a ci che stavo facendo,
corsi a serrare la porta che si chiuse
con un tonfo. Mi accorsi subito di
aver commesso uno stupido errore.
Emma! Tutto bene lass?
domand subito la voce di mio
padre.
Mi sentii sprofondare la terra

sotto i piedi. Se i miei genitori mi


avessero trovata da sola in camera
in compagnia di due ragazzi, mi
avrebbero segregata in casa per il
resto della mia esistenza. E se poi i
ragazzi in questione erano i
maledetti, la faccenda sarebbe
stata ancor pi complicata. Mia
madre mi avrebbe uccisa con le sue
stesse mani.
Devo uscire di qui! parl
Christian a voce bassa, muovendosi
verso la finestra. Emma, tu cerca
di guadagnare tempo; crea un
diversivo!
Creare un diversivo? Io in quel
momento a mala pena riuscivo a

ricordare il mio nome. Pretendere


che pensassi a un piano era
davvero troppo. Ma al contrario la
soluzione si rivel pi semplice del
previsto. Gli occhi mi caddero sul
cofanetto scuro, attratti da una
forza magnetica. Mi staccai dalla
porta con una forte spinta e mi
ritrovai
subito
ai
piedi
del
comodino,
accanto
al
letto.
Recuperai dall'interno del cofanetto
il medaglione. Mi rialzai e senza
dire una parola uscii dalla stanza,
giusto in tempo per ritrovarmi
faccia a faccia con mio padre.
Richiusi svelta la porta prima che lui
potesse lanciare una sola occhiata

all'interno.
Che ti succede? mi chiese in
tono allarmato.
Allora aprii il medaglione: le note
di Greensleeves subito riempirono
l'aria, arrivarono alle mie orecchie
che trasmisero le onde sonore al
cervello. L andarono a colpire la
parte pi sensibile di me, che mia
madre aveva detto provocasse
allucinazioni e visioni. Il mondo mi
gir attorno come una giostra per
qualche brevissimo istante.
Che ti succede? insistette mio
padre.
Mia madre ci raggiunse ai piedi
delle scale, richiamata dal suono

del medaglione.
Chiudi quel maledetto affare!
Che ti salta in mente? grid.
Io ignorai la sua richiesta, e
scostando da una parte mio padre
(che mi guardava sempre pi
allibito e preoccupato) scesi le scale
velocemente. Mia madre, quando
arrivai al primo scalino, mi afferr
per un braccio.
Dammi quel dannato ciondolo!
strill
ancora,
cercando
di
strapparmelo dalla mano. Io mi
opposi, e ingaggiai una sorta di
lotta con lei. Mio padre fu costretto
a intervenire per separarci. Spinse
mia madre contro il muro, e

costrinse me a risalire qualche


gradino.
Ma siete impazzite tutte e
due? ci sgrid, guardandoci come
se non ci riconoscesse.
Io e mia madre ci fissammo. Che
cosa ne era stato della donna che
mi aveva fatto da madre per tutti
quegli anni in citt? Nemmeno
quando avevo combinato i guai pi
grossi da bambina aveva osato
alzare un dito su di me. In un gesto
d'ira le lanciai contro il medaglione
che, cadendo a terra dopo averle
sfiorato i piedi, si richiuse su se
stesso. La musica cess di colpo.
Scoppiai in un pianto isterico.

Tieniti pure quel maledetto


aggeggio! gridai sputando saliva.
Io nemmeno volevo venirci qui! E
me tornai di corsa in camera,
richiudendo la porta a chiave. La
stanza era deserta, ma io non badai
a quel particolare. Mi sedetti sul
letto continuando a piangere.
Sentivo mio padre e mia madre nel
frattempo discutere a voce alta. Mi
tappai le orecchie perch non
volevo sentirli; sapevo che il motivo
della loro lite ero io, e mi sentii in
colpa per aver reagito cos da
sciocca.
Valerio sbuc come dal nulla e
venne a sedermisi accanto. Io allora

mi asciugai in fretta le lacrime e


cercai di riprendere il controllo di
me stessa. Lui non disse nulla; lo
sentivo respirare affannosamente,
ed emettere una sorta di grugnito
soffocato. Mi girai a guardarlo e
notai che i suoi occhi scuri erano
diventati all'improvviso di un
profondo rosso porpora. Le punte
affilate di due piccole zanne
spuntavano dalle labbra violacee.
Non fare cos. sussurrai.
Tu smettila di frignare allora,
bimba viziata! rispose lui.
Ma non era la sua voce quella;
sembrava che appartenesse a un
uomo pi vecchio, ed era cupa

lenta, atona. Mi chiesi cosa avesse


potuto provocargli un cambiamento
cos repentino, ma senza trovare
una risposta esauriente. Ebbi paura
e mi guardai attorno alla ricerca di
Christian ma di lui non c'era
neppure l'ombra. Al contrario la
sagoma di una ragazza bionda
vestita di rosa se ne stava stagliata
davanti alla finestra, rivolgendomi
un grosso sorriso.
Ciao Marta! Sei tornata a
prendermi! mi disse.
Doveva avere pi o meno sedici
anni.
Che cosa.
Fa freddo quaggi, Marta.

continu la ragazza mettendo il


broncio. Avevi detto che saresti
tornata a prendermi subito.
Non impiegai molto a capire che
quella era una delle visioni
provocatemi
dal
medaglione.
Incredibile l'effetto che quella
musica aveva su di me. O forse non
era la musica, ma il mio cervello
che non funzionava pi tanto bene.
Preda di quella nuova allucinazione,
mi alzai lentamente.
Chi sei tu? Come ti chiami?
domandai.
Mia madre mi aveva consigliato
di parlare con quegli spiriti quando
mi
si
presentavano.
Senza

accorgermene stavo seguendo il


suo consiglio. La ragazza bionda mi
guard confusa.
Come, non mi riconosci?
Io scossi la testa, cercando di
assumere un aspetto mortificato.
Valerio si alz imitandomi e fiss
il punto che stavo guardando, l
dove vedevo la ragazza.
Ma con chi diavolo stai
parlando? mi domand.
La sua voce ora era normale e i
suoi occhi, anche se non mi ero
voltata a guardarlo, sospettavo
fossero
tornati
a
essere
completamente scuri.
Marta, sono Concetta. La tua

compagna di giochi. riprese lo


spirito. Siamo andate insieme alle
Colline Brade e io sono caduta e tu
mi hai detto di aspettarti, perch
saresti tornata a prendermi.
Poi lo spirito mut decisamente
atteggiamento e aspetto. Gli occhi
le si ingrandirono come se stessero
per scoppiare, e la sua statura
parve
crescere
di
qualche
centimetro. Una cupa ombra si
manifest sotto il suo sguardo, che
divenne malefico e terrorizzante.
Grid stringendo i pugni, facendo
qualche passo in avanti e con voce
inumana: E io ti sto ancora
aspettando, strega! Mi hai lasciata

l a marcire! Che tu sia dannata!


Incapace di sopportare oltre, mi
voltai tuffandomi tra le braccia di
Valerio. Lui odor la mia paura e se
ne inebri. Mi strinse forte e
affond di nuovo la sua faccia tra i
miei capelli. Io tremai intuendo ci
che stava per accadere. Gli piaceva
l'odore della paura, l'odore della
follia. Io chiusi gli occhi e trattenni il
respiro, aspettando la morte. E
quella era la seconda volta in un
solo giorno che me ne restavo
inerme di fronte al pensiero della
Fine.
Valerio invece si scost da me,
dandomi uno spintone e facendomi

cadere sul letto. Con la coda


dell'occhio vidi che la sagoma della
ragazza era scomparsa. Lui torn a
nascondersi nell'ombra, con la
faccia rivolta al pavimento.
Mio padre in quel momento
buss alla porta ordinandomi di
aprire. Con le ginocchia tremanti
arrivai a girare la chiave, senza pi
pensare se fosse pi o meno
prudente far entrare qualcuno in
camera mia con Valerio l pronto in
agguato. Ero troppo spaventata per
pensare.
Le
cose
stavano
accadendo troppo velocemente, e il
mio
sistema
nervoso
stava
crollando.

Scendi immediatamente di
sotto. Questa storia deve finire.
Oggi stesso. Parl senza staccarmi
gli occhi dal viso, con aria seria,
sguardo duro e tono perentorio.
Forse non si accorse neppure del
mio pallore, tanto era arrabbiato.
Annuii con la testa, e senza
prestare attenzione a ci che facevo
lo seguii al piano di sotto. Ero poco
pi di un robot che prendeva ordini
da una mente sempre pi stravolta
dalla situazione. Se in quel
momento mi avessero ordinato di
saltare su un piede solo e fare
capriole all'indietro, lo avrei fatto
senza obiettare con il rischio di

rompermi il collo; e allo stesso


tempo se mi avessero chiesto di
confessare qualche mio segreto o
se mi avessero domandato se c'era
qualcuno in camera mia, non avrei
esitato a dire la verit. Non ero pi
io, e questa volta la maledizione
non c'entrava niente.

Il primo folle piano


Trovai mia madre seduta sul
divano, braccia conserte, una
gamba accavallata sull'altra, lo
sguardo puntato a fissare il lavello
della cucina (o cos mi sembrava),
gli occhi e le guance arrossate. Ero
ancora molto furiosa con lei; ma
non riuscii a non provare pena nei
suoi confronti in quel momento.
Spost appena lo sguardo su di me,
ma lo distolse subito. Si asciug
velocemente una lacrima prima che
le scendesse gi dall'occhio.
Non voglio mai pi rivedere una
scena simile a quella di prima!

inizi mio padre, cercando di


mantenere il controllo della voce.
Ma che vi ha preso? Avete per
caso tutte e due le vostre cose?
Lo guardai e sperai che
quell'ultima domanda fosse in
realt un modo per gettare acqua
sul fuoco e provocare una risata
generale che avrebbe chiuso l la
faccenda; invece mio padre non
sorrideva.
Capisco che un momento
molto difficile per voi. Ma lo anche
per me. E scene di quel tipo non
fanno che peggiorare la situazione!
Ma siete impazzite?
Inizi a camminare avanti e

indietro, misurando il pavimento a


grandi passi; scosse la testa
aggrappandosi con una mano ai
capelli come se quelli fossero l'unico
appiglio per non cadere anche lui
preda all'isterismo. Vederlo cos mi
faceva stringere il cuore.
Mamma, mi dispiace. sussurrai
guardandola.
Credetti di aver parlato troppo
piano e di non essere stata
ascoltata; invece mia madre
rispose: No; tutta colpa mia.
Tutta. Avrei dovuto raccontarti ogni
cosa tempo fa; dovevo prepararti a
questo prima di venire qui. Ti ho
incastrata senza accorgermene, e ti

ho rovinata l'esistenza. Ma la cosa


peggiore. E spost due occhi lucidi
e tristi su di me. La cosa peggiore
che patirai quello che ho sofferto
io alla tua et. Con l'aggravante che
tu non puoi scappare, perch sei
stata condannata. E io non posso
fare niente per impedirlo, niente.
Laura, io sono colpevole quanto
te.
intervenne
mio
padre
sedendosi accanto a lei. Era
inevitabile che scoprisse tutto da un
giorno all'altro.
Quello che non capite. mi
intromisi io che non ho bisogno
della vostra protezione. Fingere che
le cose vadano bene non mi di

alcun aiuto. Sono la nipote di una


megera, di una strega odiata da
tutti; sono stata maledetta e forse
mi trasformer in un mostro, e
magari morir subito dopo.
questo che voglio sentirmi dire da
voi. Basta con le menzogne.
I miei genitori mi fissarono senza
parlare. Quel breve ma conciso
discorso, mi aiut a tornare in me.
Ascoltarmi mentre pronunciavo
quelle parole mi provoc un leggero
senso di disagio, perch sapevo di
aver ragione come non ne avevo
mai avuta in vita mia. Le cose
stavano cos come le avevo dette;
punto e a capo. La realt era

mutata, e io ne dovevo prendere


coscienza. Tutti dovevamo farlo.
Oramai la vita che avevo condotto
fino a quel momento non esisteva
pi, n tutto ci in cui avevo
creduto. Fingere il contrario non
sarebbe servito a niente; dovevo
accettare il fatto che oramai
Tiepole
avrebbe
fatto
parte
integrante della mia vita.
Mamma, ripresi stringendomi
nelle spalle, conosci una certa
Concetta, amica della nonna?
Mia madre pass dalle guance
color porpora al bianco cadaverico.
Non
disse
nulla,
ma
dall'espressione che assunse capii

che sapeva di cosa stavo parlando.


Ho visto il suo spirito. Prima, in
camera. continuai sforzandomi di
parlare in tono naturale. Mi ha
detto che lei e la nonna stavano
giocando sulle Colline Brade, e che
lei caduta. La nonna aveva
promesso di tornare a prenderla,
ma a quanto pare non l'ha fatto. Mi
ha scambiato per lei, credo.
Infatti tu le assomigli molto!
parl mio padre in tono seccato,
come se fosse dispiaciuto di quel
particolare.
Quelle parole mi insinuarono un
dubbio, che al momento per
preferii tenere per me.

Certo che ricordo. disse alla


fine mia madre con lo sguardo
perso. Concetta Brambilla. Sorella
maggiore di Ines, la donna anziana
che era con noi ieri sera al bar di
Carmine. Scomparve che loro erano
poco pi che adolescenti. Tua
nonna mi raccont la sua storia; qui
la
chiamavano
la
ragazza
scomparsa mentre a quanto pare
lei sapeva esattamente dove si
trovava!
Fino ad allora tutti mi avevano
detto che mia nonna era stata
cattiva, malvagia, che aveva
lanciato maledizioni a destra e a
manca. Ma quella storia inumana

mi colp pi di tutte le altre. Non le


bastava molto per farsi odiare a
Marta Vasselli. E chiss quante altre
atrocit
e
ingiustizie
aveva
commesso in vita sua che ancora
non sapevo e che non avrei mai
voluto sapere.
Mia madre si alz in piedi. Mi
raggiunse
lentamente.
Ci
guardammo negli occhi, e parve che
il bruttissimo litigio avuto qualche
tempo prima non fosse mai
avvenuto.
Emma non capisci perch lo
spirito
di
Concetta
ti
ha
contattato?
Io lo capivo perfettamente, ma

preferivo che fosse lei a spiegarlo.


Per anni il suo corpo non
stato
mai
ritrovato.
disse
posandomi le mani sulle spalle.
Ora potremmo darle una degna
sepoltura.
Sforz un sorriso che mi affrettai
a ricambiare. Mio padre ci
raggiunse, sollevato di vederci
riconciliate in quel modo; quanto
doveva soffrire per causa nostra!
Ma non voglio che nessuno
sappia come stato scoperto il
corpo di Concetta! si affrett ad
aggiungere mia madre. I Tiepolesi
o ti metteranno al rogo o faranno la
fila alla porta per chiederti di dar

loro un aiuto; saresti in entrambi i


casi perseguitata!
Mio padre si trov subito
d'accordo con lei. Poi disse: Per
piacere, possiamo fare finta di
essere una famiglia normale
almeno per qualche ora? Laura
prepara il pranzo ti prego; sto
morendo di fame.
Mia madre annu. Mi rivolse
unultima occhiata, strinse un poco
di pi la sua presa sulle mie spalle
e poi mi lasci per raggiungere i
fornelli. Mio padre mi chiese se mi
andava di darle una mano; io negai
il mio aiuto il pi gentilmente
possibile dicendo che volevo salire

in camera e starmene un poco da


sola, se a loro non dispiaceva.
Nessuno dei due obiett; forse mi
accontentarono
per
non
far
scoppiare un nuovo putiferio.
Ritrovai Valerio dove lo avevo
lasciato, nell'angolo tra l'armadio e
il muro. Dopo aver chiuso a chiave
la porta, mi affrettai ad accendere
la radio per coprire le voci nel caso
uno dei due avesse iniziato a
parlare. Un motivetto pop a volume
moderato era adeguato al mio
scopo. Valerio se ne stava
immobile, con le braccia conserte e
il viso rivolto al pavimento. Quando
lo chiamai lui mi rispose con un

cenno del capo ed era evidente che


non avesse voglia di conversare. Io
allora mi sedetti sul letto (stando
bene attenta a non dargli mai le
spalle) e aspettai che il tempo
passasse. La mente vag facendomi
balzare da un pensiero a un altro,
senza una logica precisa. Ero triste,
stanca e frustrata. Non avevo voglia
di cercare una soluzione ai miei
problemi; gli eventi mi avrebbero
travolta comunque.
Bel discorso il tuo, quello sulla
verit e la finzione.
Valerio ora mi era vicino, eppure
non lo avevo sentito muoversi.
Patetico, vorresti dire. dissi

voltando la testa per guardarlo.


Era incredibile come fosse
cambiato da un giorno all'altro.
Anche lui aveva l'aria stanca, come
se non dormisse da notti intere. Mi
sorse un dubbio, legato a una
superstizione che forse l a Tiepole
sarebbe stata comunque ignorata:
Ma giorno, tu non dovresti
dormire? I vampiri dormono nelle
ore diurne!
Valerio sghignazz. Ti piace
fare la simpatica, eh?
Poi facendosi serio di colpo: Io
non sono un vampiro, anche se a
tutti piace definirmi cos. Io sono
malato. E morir come accaduto a

Federico. Il mio corpo non


sopporter la trasformazione, e io
mi uccider; se qualcun altro non lo
far prima.
Non dire stronzate! lo sgridai
duramente. Troveremo un modo
per guarirti. Sono o non sono la
nipote di una potente strega? E
recuperai il cofanetto scuro.
Tra tutte le scartoffie che mia
nonna mi ha lasciato, qualcosa di
utile per la nostra causa ci sar!
Sfogliai distrattamente Storia di
Tiepole, pur consapevole che l non
avrei trovato nulla di quello che
cercavo. Quindi mi soffermai
sull'altro libro che giaceva sul fondo

del cofanetto; il diario di mia


nonna, che non avevo avuto ancora
il coraggio nemmeno di aprire. Un
fremito mi percorse la schiena.
Emani un dolce profumo
quando inizi ad avere paura. disse
Valerio. Ma il tuo odore cambia e
risulta sgradevole quando invece
sei completamente terrorizzata.
Allora mi fai ubriacare, e perdo
quasi il controllo di me. Quando sei
triste o ti agiti ancora peggio: in
quel caso vorrei mangiarti. Sorrise,
e una delle zanne sbuc fuori dal
labbro superiore. Io non riuscivo a
capire se stesse parlando sul serio o
se mi stesse prendendo in giro.

Preferii far cadere il discorso e


tornare a puntare l'attenzione sul
diario di mia nonna. Mi decisi a
recuperarlo. Era foderato di pelle
marrone, e al tatto risultava ruvido.
Valerio fece una smorfia perch
l'odore di pelle e polvere lo
nauseava. Io lo sentivo a mala
pena.
E va bene. Sfogliamolo. dissi
sospirando.
Aprii il diario che iniziava subito
con una data (12 aprile 1947) e con
una frase che mi fece subito
ricredere su quanto stavo facendo.
Mia nonna scriveva: Questi
Tiepolesi, popolo di lavativi e

fatalisti, impareranno a rispettarmi.


Non meritano nulla. Adesso so
come far risorgere l'antica magia. Li
maledir fino al 'ultimo.
Chiusi subito il diario senza
pensarci due volte. Non ce la
facevo.
Non ero ancora pronta per
affrontare le parole di mia nonna.
Non ero ancora pronta ad affrontare
lei, Marta Vasselli. Ne ero troppo
terrorizzata; il solo pensiero mi
faceva attorcigliare le viscere.
Di questo passo non
risolveremo
un
bel
niente!
concluse Valerio, ma non con tono
di rimprovero.

Scusa.
Riposi i libri nel cofanetto e lo
richiusi. Sospirai e mi strinsi nelle
spalle. Valerio si alz per cambiare
stazione radiofonica.
E tu senti questa robaccia?
scherz cercando una canzone di
suo gradimento. Ritornelli pop che
parlano
d'amore
in
modo
sdolcinato?
Alzai le spalle in tono
indifferente. In realt non stavo
proprio prestando attenzione alla
musica in quel preciso istante.
Perch non sei andato via con
Christian?
Valerio mi guard con i suoi

occhi scuri, profondi come pozzi,


continuando a girare la piccola
manopola per trovare una canzone
che gli piacesse. Dalla radio ora
usciva solo caos, voci confuse e
parole spezzate.
Perch non saprei dove andare.
Non posso starmene tutto il tempo
dalla vecchia Gilda, e a casa non
voglio tornarci.
Per quale motivo?
Alla fine, stanco di cercare una
musica che non trov, spense la
radio. La voce di una cantante
straniera fu zittita di colpo.
Perch non voglio che i miei
genitori mi vedano cos. Non voglio

che vedano il mostro che sono


diventato.
Torn a sedermisi accanto. Io lo
fissavo cercando di non far
trapelare troppo la piet che
provavo per lui. E per me stessa.
Sono il loro unico figlio. E sono
anche uno dei maledetti. Mio padre
tent di sbarazzarsi di me quando
ero molto piccolo. Voleva farmi
crescere dalla vecchia Gilda. Ma lei
aveva gi i suoi problemi. E ora
cosa credi che far quando mi vedr
tornare a casa in queste condizioni?
Guardami, Emma: faccio pena!
Scattai in piedi, a disagio. Non
sapevo cosa fare per consolarlo o

aiutarlo, e cos me ne restai zitta e


andai alla finestra. Fissai le
montagne e il cielo, che minacciava
una pioggia che non voleva cadere
gi e bagnare quella terra
maledetta. Quelle persone e quelle
case maledette. Un'idea allora
m'illumin. Mi voltai e mi ritrovai
faccia a faccia con Valerio, che si
era di nuovo spostato. Sobbalzai
per lo stupore e feci un passo
indietro. I suoi occhi scuri erano
fissi nei miei.
Valerio forse potremmo.
Lui mi afferr per le spalle e mi
scost da una parte, lontana dalla
finestra.

C' qualcuno che ci sta


spiando. bisbigli.
Guard gi, poi lontano nella
campagna circostante. Io mi
appiattii alla parete, incapace di
parlare o sbirciare oltre la sua
spalla. Sentivo mio padre e mia
madre parlare in tono sommesso al
piano inferiore. Poi le loro voci
furono coperte dalla TV, accesa
proprio in quell'istante. Quindi
avvertii un fruscio provenire da
fuori. Valerio emise un suono
gutturale. Vidi i muscoli delle spalle
e del collo tendersi.
Che cosa stavi dicendo?
domand con voce fattasi dura e

profonda.
Cosa. S, ecco. Che potremmo
andare a casa di mia nonna. L
forse troveremo qualcosa. Lo so,
un'idea folle, io non troverei
nemmeno il coraggio.
Valerio si volt a guardarmi.
Entrambe le zanne ora
gli
sporgevano dalle labbra, appuntite
e dure come il marmo. La mascella
si era fatta pi squadrata, e gli
zigomi si erano sollevati in alto
raggiungendo quasi le orecchie.
Sembrava che indossasse una
maschera, una terribile e mostruosa
maschera.
Invece davvero un'ottima

idea. Aspetta il mio ritorno.


E dopo aver pronunciate quelle
parole, con voce ancor pi roca e
cavernosa, balz gi dalla finestra.
Io trattenni il fiato spaventata, e mi
affacciai con il terrore di vedere il
suo corpo spiaccicato al suolo.
Invece quello che vidi fu una
sagoma scura scomparire nella
campagna. In quell'istante mio
padre buss alla porta facendomi
sobbalzare. Mi disse che il pranzo
era quasi pronto e di scendere ad
apparecchiare.
Arrivo subito!
Lanciai un'ultima occhiata fuori;
quindi mi ritirai lasciando la finestra

aperta perch era da l che Valerio


sarebbe passato al suo rientro.
Scesi al piano di sotto, fingendo
che nulla fosse accaduto.
A pranzo commentammo le
notizie del telegiornale, parlammo
del tempo e del fatto che, se ce ne
fosse stato bisogno, mio padre
avrebbe dovuto chiamare il suo
capo d'ufficio per chiedergli giorni in
pi di ferie.
Non appena sistemata questa
faccenda ce ne torniamo in citt, a
casa nostra. concluse.
Mia madre non rispose, e dalla
sua espressione capii che il
chiarimento di prima non fosse

servito a niente. Sbuffai e riposi la


forchetta nel piatto, infilzando
senza alcuna piet il coscio di pollo
che non avevo ancora toccato.
Pap, ti prego. Non torneremo
pi a Roma lo capisci? Io almeno
non ci torner.
Mio padre mi fiss senza battere
ciglio. Ma non rispose, e la mia
provocazione cadde nel vuoto.
Finimmo di mangiare, io sparecchiai
ma prima di tornarmene in camera
chiesi, ricordandomene solo in quel
preciso istante, come fosse andato
l'incontro con Elisa.
Dice che ha trovato tuo nonno
agonizzante l, riverso sul divano

con la bava alla bocca e gli occhi


spalancati. convinta che abbia
rivisto tua nonna.
Fissai prima mia madre, poi il
divano (sul quale giurai non mi
sarei pi seduta) e ancora mia
madre. Mi aveva rivolto quelle
parole con assoluta naturalezza, in
tono pacato e normale.
Cosa che sospettavamo anche
noi del resto. aggiunse allo stesso
modo. C' stata di poco aiuto
purtroppo. Volevi o no che fossi
sincera con te? Fece quella
domanda di fronte alla mia faccia
allibita.
Annuii con la testa.

Adesso dovremo trovare un


modo per far sapere al sindaco del
corpo della povera Concetta. disse
ancora.
Mio padre faceva zapping
fingendo di non stare a sentire. Ma
le rughe sulla sua fronte aggrottata
dicevano chiaramente che era
contrario a tutto ci che usciva dalla
bocca di mia madre, la quale inizi
a insaponare i piatti nel lavello.
Chi potrebbe.
La sentii sussurrare poi il nome
di Carmine. S, forse lui era la
persona giusta. Poteva inventare
qualche scusa plausibile per non
implicare me o mia madre in quella

storia. Si era dimostrato disponibile


fino
ad
allora;
ma
poteva
continuare a esserlo di fronte a una
simile
faccenda? Mi
avrebbe
protetta? D'altronde non vedevamo
altre
soluzioni.
Coinvolgere
Christian o gli altri era fuori luogo.
Carmine pu darci una mano.
Scendiamo al bar dopo che ho finito
con la cucina? chiese mia madre.
Flavio Onofri annu con un suono
gutturale. Spense il televisore e se
ne and in bagno. Io afferrai la
scopa per ripulire il pavimento dalle
briciole. Passai accanto a mia
madre e la vidi sorridere tra s.
Non chiesi nulla; volevo solo

risalire in camera e accertarmi che


Valerio fosse tornato. Raccolsi la
spazzatura, e stavo per avviarmi
verso le scale quando mia madre mi
ferm.
Con me il medaglione non ha
mai funzionato. rivel lanciando
un'occhiata alla porta del bagno.
Tua nonna me ne faceva una
colpa.
Io non sono mai stata brava
come lei. Credo sapesse che tu hai
qualcosa dentro di te, che ti fa
assomigliare a lei pi di quanto non
vogliamo. Forse questa la tua
maledizione.
Mi fiss come se volesse trovare

una conferma alle sue parole sul


mio viso. Io la guardai confusa e
irritata. Sembrava che tutti l a
Tiepole volessero necessariamente
trovare una somiglianza tra me e la
nonna, un nesso segreto. Possibile
che nessuno capiva che al contrario
io avevo una mia identit, una mia
personalit sviluppata lontana da
tutto quel putiferio? Io ero Emma
Onofri, dovevano smetterla di
identificarmi solo e unicamente
come la nipote della strega, o
peggio
ancora
come
la
discendente.
Me ne andai in camera senza
rispondere, e mia madre non

aggiunse altro. Entrai aprendo la


porta lentamente, con cautela,
quasi avessi paura che Valerio (o
qualcun altro) sbucasse fuori
all'improvviso per farmi sobbalzare.
Invece la mia stanza era deserta,
fatta eccezione per una fastidiosa
mosca che svolazzava da un angolo
all'altro.
La finestra era ancora spalancata
sulla campagna. Ci che attir
subito la mia attenzione fu un
foglietto di carta, poggiato sul
cuscino del letto. Lo recuperai e lo
lessi con gli occhi: Incontriamoci
sotto l'arco tra dieci minuti. Meglio
far visita a casa di tua nonna di

giorno. Ci saranno anche gli altri. La


spia scappata; sono certo fosse
uno dei Teschi.
Esci dal a porta mi raccomando;
solo quando diventerai un mostro
come me forse sarai in grado di
saltare dal a finestra!
Valerio
Sorrisi quando lessi le ultime
parole. Se non altro aveva preso a
scherzare sulla sua situazione.
Strappai il messaggio per paura che
qualcun altro potesse leggerlo.
Quindi aprii l'armadio; avevo
portato con me un piccolo zaino
rosa. Per la buona riuscita di quella
missione dovevo organizzarmi per

bene. Vi misi all'interno il diario di


mia nonna, un pacchetto di
fazzoletti, un taccuino e una penna,
la mia macchinetta digitale (tutti
oggetti che non sapevo a cosa mi
sarebbero serviti, ma che in quel
momento reputavo utili) e il
cellulare nel caso avessi avuto
bisogno di chiamare i miei. E questo
solo in caso di estrema urgenza e
importanza,
visto
che
loro
ignoravano completamente quello
che stavo per fare.
Mi infilai lo zainetto sulle spalle e
scesi da basso. Mio padre era uscito
dal bagno, e io mi ci infilai prima
che potessero notare il mio

zainetto. In bagno mi lavai i denti,


e mi diedi una sistemata ai capelli.
Mi truccai anche; se Valerio mi
aveva scritto che c'erano tutti,
allora questo voleva dire che
sarebbe venuto con noi anche
Christian. E non volevo farmi
trovare impreparata; ovvero in
condizioni inguardabili. Fissai la mia
immagine riflessa nello specchio.
Avevo gli occhi cerchiati di nero e
un poco arrossati per la stanchezza.
Mi guardai attentamente con lo
sciocco sospetto che qualche orrida
zanna o mucchi di peli mi fossero
nati sulla testa o sul corpo.
Apparentemente ero io, ma sapevo

che qualcosa dentro di me era


cambiato. Tutto, era cambiato.
Sospirai e lasciai il bagno per
affrontare i miei genitori. Lasciai
cadere prima lo zaino a terra e
senza farmi notare lo spinsi con un
piede lontano, facendolo scivolare
lungo il pavimento del piccolo
ingresso.
Avete qualcosa in contrario se
ora esco a fare una passeggiata?
domandai cercando di assumere un
aspetto indifferente.
Adesso? mi chiese di rimando
mio padre.
S, adesso. Non potete tenermi
rinchiusa in questa casa per

sempre.
Esci con quei ragazzi?
Mia madre stava asciugando il
lavello con lo strofinaccio e mi dava
le spalle. Ma potevo immaginare la
sua espressione contrariata e
severa. Ecco che di nuovo
s'intrometteva nella mia vita privata
decidendo al mio posto chi potevo
frequentare e chi no.
Forse. fu la mia risposta.
Con quel Lorenzo? domand
mio padre.
Faceva di nuovo zapping alla TV
con il telecomando a mezz'aria; non
capivo se davvero stava cercando
un programma di suo gradimento, o

se quello era un modo per


reprimere la sua frustrazione.
E non ci sono gli altri? chiese
mia madre voltandosi a guardarmi.
Sapevo che con altri lei
intendesse dire in realt il nome di
Christian Costantini. Io alzai le
spalle e scossi la testa.
Non lo so. Allora, io faccio un
giro e torno prima di cena.
Mio padre spense il televisore e
gett il telecomando sul divano, in
un gesto quasi di stizza. Provai a
immaginare l sopra mio nonno,
agonizzante e in fin di vita.
Rabbrividii.
Prima di cena? rispose

assumendo l'aria autoritaria. Prima


di fare merenda vorresti dire!
Pap, io non faccio pi merenda
da quando ho quattordici anni!
provai a contraddirlo mantenendo
un tono di voce normale.
Vorr dire che riprenderai
questa vecchia abitudine! Tra un
paio di ore ti rivoglio a casa, o
metto a soqquadro tutta Tiepole!
Non scherzava. Me lo dicevano i
suoi occhi, duri e fissi nei miei.
Fui costretta a ubbidire. Prima
che uno dei due potesse aggiungere
qualcosa, girai sui tacchi per
andarmene. Recuperai in fretta lo
zaino da terra, presi al volo la

giacchetta e uscii fuori in strada.


Mia madre, come avevo sperato,
non mi trattenne pi del dovuto con
una delle sue solite ramanzine
isteriche.
Camminai
veloce,
temendo che alla fine ci ripensasse
e mi richiamasse indietro. Lanciai
un'occhiata fugace alla moto di
Christian, parcheggiata davanti al
suo portone. Forse lui non sarebbe
venuto con noi, e questo pensiero
mi rese irrequieta.
Distolsi lo sguardo e arrivai
all'arco di pietra in pochi minuti;
alzai gli occhi sullo stemma
consumato dal tempo. Mi soffermai
questa volta a coglierne i particolari

ancora visibili; una linea retta


spaccava lo scudo in due parti
uguali. Aguzzando bene la vista
notai che sulla parte sinistra c'era
raffigurato quello che sembrava un
rapace con le ali spiegate, anche se
non seppi distinguere quale uccello
fosse, se un'aquila o un falco; l'altra
met
invece
era
tutta
monocromatica,
color
ocra
sembrava, sebbene il tempo avesse
alterato la tonalit. C'era nel mezzo
solo un piccolo cerchio e all'interno
di quello un simbolo, o una lettera
forse, che non seppi decifrare. Non
era difficile immaginare a chi fosse
appartenuto lo stemma; pi arduo

era indovinare quale delle due


parti, se quella con il rapace o
quella
con
il
simbolo,
rappresentasse i Costantini e i
Vasselli. Sobbalzai quando una
mano mi accalappi per un
avambraccio. Mi tir di lato
strattonandomi cos forte che l'osso
della spalla mi scrocchi. Gemetti
per il dolore.
Scusa. Dimentico che sei fatta
di cartapesta!
Mi divincolai dalla presa di
Valerio. Mi rivolsi a lui furiosa,
massaggiandomi
la
spalla
dolorante.
No, sei tu che ti dimentichi di

essere un mostro di gentilezza!


Rise.
Andiamo, gli altri ci aspettano.
Sei in ritardo e ti soffermi lo stesso
a guardare quel o come fossi una
turista qualunque!
Lanci una veloce occhiata allo
stemma. Io aprii la bocca per fargli
qualche domanda, ma lui mi zitt
subito con un gesto della mano.
Non so nulla, mi spiace. La
storia di Tiepole non mi mai
piaciuta molto. Maledizioni, fatture,
assassini. Come se poi fosse
cambiato qualcosa! Sghignazz.
Quindi mi invit a seguirlo;
imboccammo la traversa stretta che

portava al cimitero. Iniziavo a


odiare quel luogo; possibile che ci
dovessimo dare appuntamento
sempre l? Facevo fatica a tenere il
passo di Valerio; diventava sempre
pi veloce e agile. Mi chiesi come il
suo corpo stesse reagendo a una
simile repentina trasformazione.
Scacciai subito dalla mente il
pensiero che potesse ammalarsi e
morire per questo.
Invece di risalire la strada
asfaltata che portava al cimitero
girammo a sinistra, percorrendo
una strada sterrata e ritrovandoci
davanti a un piccolo monumento di
pietra che faceva da crocevia, sul

quale come unico ornamento c'era


una targa. Pi che la dimensione
(era alto poco pi di un metro) fu la
forma a ricordarmi quella di un
Dolmen. Lessi sulla targa inciso a
chiare lettere il nome di Tiepolo
Costantini. Mi fermai. Voltai la testa
verso Valerio e lo fissai. Lui mi
guard a sua volta e sospir,
leggendo negli occhi la mia
richiesta.
Era la tomba del fondatore del
paese. spieg senza tanta voglia.
Ma il suo corpo fu trasferito nel
cimitero nei primi anni del '900. Se
desideri altre spiegazioni puoi
acquistare un depliant turistico gi

in edicola.
Perch ne avete?
Di edicole? Certo che s, una.
Ma di depliant no in effetti. Non
che ci sia molto turismo da queste
parti.
Gli assestai una pacca su un
braccio. Lui rise e una delle zanne
spunt fuori dal labbro. Quando lui
se ne accorse si affrett a tornare
serio e a voltarsi. Stavo per dirgli
che non doveva sentirsi in
imbarazzo con me se la sua parte
maledetta
emergeva
quando
eravamo insieme; ma un fischio
lungo e sonoro richiam la mia
attenzione.

Guardando dalla parte opposta


della strada, dalla quale partiva un
sentiero che dal crocevia sembrava
arrampicarsi su per la parte pi alta
del paese, vidi sotto un albero di
quercia parcheggiato il BMW scuro
di Lorenzo. Lui e Christian (che
aveva emesso il lungo fischio come
segnale) se ne stavano appoggiati
al cofano, a fumare placidamente
una sigaretta. All'interno della
vettura, attraverso il vetro del
finestrino
abbassato,
riconobbi
seduta
sul
sedile
posteriore
Empira.
Mi stava fissando, ma quando
posai gli occhi su di lei si affrett ad

abbassare lo sguardo.
Eravamo davvero tutti. I
Maledetti. Mancava solo quel tizio
del quale non ricordavo il nome, il
ragazzo che faceva parte dei Teschi
e che mi dava la caccia assieme
agli altri.
Quando ci videro arrivare,
Christian e Lorenzo gettarono la
sigaretta a terra spegnendola
simultaneamente con il piede.
Sembrava che stessero eseguendo
una bizzarra danza. Christian pos
gli occhi su di me, ma non mi
rivolse la parola. Io lo salutai
sforzando un sorriso, ma lui chin
un poco la testa ignorandomi.

Quella sua freddezza ogni volta mi


turbava. Ma ci che mi sconcertava
maggiormente
era
l'assoluta
consapevolezza del fatto che lui
aveva una sorta di potere su di me;
riusciva a controllare come un abile
burattinaio le mie emozioni. E
questo mi sconquassava.
Allora, siamo sicuri di quello
che stiamo per fare? cominci
Lorenzo avvicinandosi a me e
salutandomi con un'amichevole
pacca su una spalla. Entriamo in
casa della strega, ve ne rendete
conto?
Strega o no, comunque casa
di mia nonna. risposi io. Sarei in

ogni caso la benvenuta.


Valerio scoppi a ridere a quella
che credeva fosse una battuta.
Vidi Christian rivolgergli
un'occhiataccia, e lui ridivenne
subito serio.
Quindi Christian si gir a
guardarmi per un brevissimo
istante, per poi distogliere subito lo
sguardo. Incroci le braccia al petto
e non riuscii a fare a meno di
notare i muscoli degli avambracci
che si gonfiavano sotto la maglietta
aderente. Chiss
che
effetto
avrebbero avuto quelle mani su di
me.
Chinai la testa, poich sentivo di

essere arrossita in viso. Ma nessuno


se ne accorse. Cercai di dominarmi.
Che razza di stupida ero: non
potevo dimenticare che quel
ragazzo
aveva
cercato
di
uccidermi.
Ma che mi prendeva, stavo forse
impazzendo?
L forse potremmo trovare
qualcosa di utile. riprese Lorenzo.
Un antidoto, che ne so, una
contromaledizione.
Una
cura.
Magari Marta Vasselli ha lasciato
una formula segreta per annullare i
suoi malefici. Bisogna tentare!
Valerio batt le mani in segno di
approvazione, e di fronte a

quell'amichevole scherno Lorenzo


gli mostr il dito medio.
S, va bene. Facciamolo.
Entriamo in casa della strega.
Fu Christian a parlare. Serio,
atono, con uno strano luccichio
negli occhi. Lorenzo sal al posto di
guida e noi salimmo subito dopo di
lui. Christian si sedette al posto del
passeggero e io e Valerio ci
dividemmo per metterci accanto a
Empira, che aveva preferito
restare seduta nel mezzo sul sedile
posteriore. Quando mi sedetti
accanto a lei mi salut con un
timido ciao, al quale risposi subito
con maggior enfasi di quanto non

ne avesse messa lei nella voce.


Partimmo. Christian accese la
radio e subito il veicolo fu inondato
da
una
canzone
dal
ritmo
sostenuto,
incalzante
ed
elettronico.
Non
era
male
dopotutto, ma il volume sostenuto
sommato al caos che avevo gi
nella mente rischiava di farmi
scoppiare la testa. Mi sporsi per
leggere il display: Hauntend di un
certo Gary Numan.
Sfiorai
accidentalmente
la
spalla
di
Empira quando tornai a sedere
composta; lei si volt un poco a
guardarmi. Io le sorrisi e lei
ricambi. Era incredibile quanto i

suoi denti e la sua bocca fossero


perfetti e in armonia con il resto del
viso. Se fossi stata un ragazzo, di
certo
avrei
desiderato
avere
accanto una fidanzata come lei. La
sua pelle cos candida, vista da
vicino, non aveva neppure uno degli
odiatissimi punti neri che al
contrario io mi dovevo affrettare a
coprire con strati di trucco ogni
giorno. Non doveva mai aver
sofferto di acne in vita sua. E pensai
che quella ragazza o sarebbe
diventata la mia migliore amica o,
nel caso contrario, la mia peggior
nemica.
Ma non avete una musica pi

soft? chiesi cercando di sovrastare


con la voce quella del cantante.
Christian abbass il volume della
radio.
Che cosa? chiese senza
voltarsi.
Musica pi leggera. Che non mi
faccia venire il mal di testa. Per
esempio Enya.
Valerio fece una smorfia
disgustata. Si sporse per guardarmi.
Vidi
Empira
farsi
piccola
spiaccicandosi contro il sedile.
Fissava davanti a s senza mai
sbattere le ciglia.
Enya? ripet Valerio come se
non avesse capito bene - Dico io:

ma che razza di musica ascolti?


Lorenzo, fermati e falla scendere
per favore!
Lorenzo e Christian risero.
Empira invece rest seria e
composta.
Che hai da ridire sui miei generi
musicali? risposi io in falso tono di
sfida.
Bisogna che tu ti faccia una
buona cultura di musica, ragazza!
rispose Valerio additandomi come
se avessi commesso il peggiore dei
peccati. Inizieremo da Gary
Numan, poi proseguiremo con i
Dashboard Prophets, passando per i
Muse e i Linkin Park aggiungendo

un pizzico dei The Rasmus per


arrivare ai Within Temptation.
Chiaro?
Io annuii pi per compiacerlo che
per altro.
Nella macchina torn il silenzio.
La musica continuava a volume
moderato. Mi sembrava tutto
talmente assurdo: parlare di gruppi
musicali quando tutti eravamo
perfettamente consapevoli di dove
stavamo andando. Forse quello non
era altro che un modo per
esorcizzare le nostre paure; fingere
e non pensare a quello che sarebbe
potuto succedere una volta arrivati
in casa della strega.

Non mi dispiaceva chiamarla


cosi: in fondo era la verit. Mia
nonna aveva lasciato mio nonno per
abitare in una casa di campagna
isolata da tutti gli altri esseri umani.
Chiss
quali
misfatti
aveva
compiuto l; se davvero aveva
abitato da sola o se invece quelli
che venivano definiti i suoi seguaci
le avevano fatto visita per qualche
giorno, o magari di pi. Se mia
madre avesse saputo cosa stavo
facendo mi avrebbe rispedita subito
in citt.
La campagna sembrava tutta
uguale,
tant'
che
ebbi
l'impressione che fossimo passati

nello stesso posto per pi di una


volta. La strada asfaltata sembrava
continuare all'infinito, su fino alle
cime delle montagne. Lorenzo
rallent, e poi accost fermandosi.
Spense il motore e si spense con
esso anche la radio.
Da qui si prosegue a piedi!
annunci. Non pretendete mica
che io risalga fin lass con questa
macchina, vero?
Scendemmo senza rispondergli.
Io non sapevo nemmeno dove si
trovasse quel lass, il silenzio
ancora una volta mi stord.
D'accordo ragazzi, si prosegue
tutti insieme. disse Christian

assumendo il comando. Non


separiamoci mai, e tenete gli occhi
ben aperti. Empira, tu sai cosa
fare.
Lei annu. Si strinse nelle spalle
e si avvi verso uno dei campi.
Il terreno si fece subito
accidentato quando lasciammo
l'asfalto grigio e costellato di
sterpaglie ed erbacce incolte e
secche. Ogni tanto un albero ci
sbarrava il terreno, con il tronco
forellato da grossi buchi e radici che
fuoriuscivano
dalla
terra;
sembravano piccole e mostruose
gambe pronte a sollevarsi e correre.
Il paesaggio continuava in questo

modo, fino a una collinetta sulla


quale svettava una piccola casa dal
tetto spiovente. Non c'era bisogno
che qualcuno mi dicesse che quella
era casa di mia nonna. Eppure
avevo bisogno che uno di loro mi
ricordasse che non stessi sognando,
o che non stavo prendendo parte a
un film dell'orrore di serie B.
Rabbrividii. Guardai il cielo,
completamente plumbeo nel quale
non si vedeva nemmeno il pi
piccolo dei volatili e forse anche gli
insetti volavano al largo. L'aria
aveva un non so cosa di malsano,
odorava come di acquitrino e muffa
stantia. Avevo avuto a che fare con

spiriti, mostri, Teschi; eppure solo


da quel momento in poi avrei
conosciuto il vero e autentico
terrore.
Entravo in casa della strega;
entravo in casa di mia nonna.

A casa della strega


Sotto i nostri passi le erbacce
venivano schiacciate senza alcuna
piet,
mentre
risalivamo
la
collinetta. La casa di legno ci
guardava con le sue finestre,
attraverso i vetri scuri e sporchi. Sul
piccolo portico, un dondolo se ne
stava immobile consumato dalle
intemperie del tempo. La casa era
silenziosa come ci aspettavamo;
eppure allo stesso tempo sembrava
che le assi di legno della facciata
respirassero, e che attraverso di
loro essa vivesse. Cespugli secchi
ed erba incolta crescevano tutto

intorno, fuoriuscendo dalla terra


come tanti artigli pericolosi. Poco
discosto dalla casa, c'era un albero
di quercia; le foglie dispiegate sui
rami mi parvero che si fossero
mosse sebbene non tirasse un alito
di vento.
Empira, che camminava davanti
a noi, si blocc di colpo. Noi la
imitammo. Si volt lentamente, e
con voce tremante bisbigli: Qui
c' troppa energia. Qualcosa di
terribile accaduto su questa
terra.
Un brivido mi attravers tutto il
corpo come una scossa ad alto
voltaggio. Forse non era stata una

buona idea risalire fin lass.


Riesci a capire di che si tratta?
le domand Christian piazzandosi
vicino a me.
Lo guardai con la coda
dell'occhio; non sembravo affatto
spaventato. Scrutava la casa con
sguardo truce e sicuro, deciso ad
andare fino in fondo. Empira
scosse debolmente la testa. Quindi
si mosse per afferrargli un braccio.
Lo guard con le lacrime agli occhi,
supplicante.
Non voglio entrare l! disse.
Non riesco a dominarmi quando
accade, lo sai, e questo posto
orrendo.

Io la guardavo avvinghiata cos a


Christian, e un senso di rabbia mi
pervase. Riusc quasi a superare il
terrore. Vidi poi Valerio che si
allontanava passandosi pi volte un
dito sotto il naso. Quando incroci i
miei occhi capii che il mio odore,
forse cos confuso come lo erano i
miei sentimenti, in quel preciso
istante
non doveva
piacergli
affatto.
Io devo entrare l dentro!
risposi
senza
nemmeno
accorgermene. Devo scoprire chi
ha ucciso mio nonno, capire se sono
davvero io la discendete e sapere in
cosa consiste la mia maledizione. E

poi devo aiutare voi con le vostre.


Lorenzo riprese a camminare,
passandomi vicino e sfiorandomi il
braccio.
Non ti mando l dentro da sola.
E sono abituato ad aprire le porte
alle signore, prima di farle entrare!
Mi fece l'occhiolino e in
pochissimi secondi (che in realt
parvero un'eternit) raggiunse il
portico. Sal lo scalino di legno, che
scricchiol;
con
uno
scatto
rapidissimo che il mio occhio non
riusc a seguire, Valerio gli era a
fianco. Io lanciai un'ultima occhiata
a Christian e a Empira; quindi
raggiunsi i due amici. In piedi, tra

Valerio e Lorenzo, di fronte alla


porta serrata di quella che un
tempo era stata casa di mia nonna,
la mente mi si chiuse e m'imped di
pensare. Sapevo che una volta
entrata l dentro, non sarei pi
potuta tornare indietro. Ogni cosa
sarebbe cambiata in modo drastico
e finalmente, dopo tantissimo
tempo, avrei avuto un contatto
diretto con la donna che non avevo
mai conosciuto.
Sospirai, rabbrividendo. Sentii
una mano posarmisi sulle spalle; mi
voltai trasalendo e la figura di
Christian mi si par vicino, molto
vicino. Empira dietro di lui si

mangiucchiava le unghie con fare


nervoso, guardandosi attorno con
occhi carichi di lacrime e tensione.
La prendiamo a calci o
bussiamo? domand Valerio.
aperta! la voce di Empira
risult debole e stridula alle mie
orecchie. Ci aveva raggiunto anche
lei l sul portico. Valerio le cinse le
spalle con un braccio e mi parve
che lei trasal a quel contatto.
Lorenzo allung una mano verso la
maniglia. La gir verso destra;
questa scatt e la porta si apr
silenziosamente. Trattenemmo tutti
il fiato. La mano di Christian
premeva sulla mia spalla tenendomi

forte, come se avesse paura che un


vortice
potesse
risucchiarmi
all'interno.
Entrai per prima. Era mio dovere.
Non so dove trovai il coraggio di
farlo; me lo sarei chiesta per tutta
la vita. L'ingresso dava su un
piccolo salotto. In un angolo c'era
una cucina in muratura, che un
tempo
doveva
essere
stata
graziosa. A sinistra c'era una porta,
chiusa.
Non fui per nulla curiosa di
sapere
in
quale
ambiente
conducesse, quasi sicuramente nel
bagno o nella camera da letto.
Nell'angolo in fondo la bocca di un

camino ci accolse con il suo enorme


sbadiglio, oscuro passaggio per
altre realt. Alle pareti della carta
da parati scura a motivi floreali,
completamente intatta. Al centro
della stanza un tavolo di legno
esibiva, come in un mercatino di
provincia, oggetti di ogni sorta e
dimensione. Bottiglie ampolle, libri.
Diedi una veloce occhiata, ed
ebbi l'impressione che la casa
stesse aspettando qualcuno. Tutto
era in perfetto ordine; nessun
oggetto era fuori posto e, se non
fosse stato per gli strati di polvere e
la sporcizia sul pavimento, si
sarebbe detto che quel luogo fosse

ancora abitato.
Ragazzi, qui c' una puzza
incredibile! si lament Valerio e
con la mano and a coprirsi naso e
bocca.
Io non sento assolutamente
niente. gli rispose Lorenzo. Solo
odore di chiuso e polvere.
No! lo corresse Valerio. Puzza
di cadavere e sangue!
Si tolse la mano dal viso e
mostr
le
due
zanne
che
sembravano aver preso il posto
delle labbra, le quali si erano come
ripiegate su se stesse. Una cupa
ombra gli nascose gli occhi, e la
pelle della faccia parve tirarsi tutta

verso la fronte, contraendosi e


perdendo colore.
Tranquilli! si affrett a dire
quando tutti ci scostammo da lui,
con quella sua voce cavernosa e
profonda che non sopportavo. Non
voi che voglio.
Annus l'aria con le narici
dilatate. Quindi si volt verso la
porta, e con uno scatto felino corse
fuori e scomparve alla vista. Io
rimasi impietrita da un simile
spettacolo. Empira, vicino a me,
allung le dita per incrociare le mie.
Quel
contatto
mi
stup
e
tranquillizz assieme. Anche la sua
mano era fredda e tremante.

Valerio andato a caccia!


parl Christian. Solo che questa
volta non saranno conigli, temo.
E la vecchia Gilda dice che
peggiorer! gli fece eco Lorenzo.
Se diventiamo tutti come lui, finir
che ci ammazzeremo a vicenda!
Stavo per recuperare l'uso della
parola e dire di iniziare a cercare,
quando avvertimmo un rumore. Un
fruscio per l'esattezza. Come se
qualcosa fosse trascinato a terra o
sui muri, o fuori all'aperto. Non
riuscii a individuarne la fonte.
Cos' stato? domand Lorenzo
con voce strozzata. Empira, cosa
avverti?

Empira aument la stretta,


tanto da farmi male. Le sue mani
ossute stringevano con una forza
tale che non immaginavo potesse
avere una ragazza gracile come lei.
Ve l'ho detto. balbett.
Questo posto saturo di energia
negativa. C' qualcosa, come una
forza oscura che attende.
Inevitabilmente tutti e tre mi
guardarono. Io, che avevo il respiro
affannato e le ginocchia tremanti,
non riuscii a spiccicare una parola.
Era impossibile con la lingua
incollata al palato secco. Poi,
sobbalzai e ricacciai indietro un
grido quando sentii bisbigliare il mio

nome.
Impallidii. Dovevo aver assunto
un aspetto davvero preoccupante
perch Christian mi corse subito
accanto.
Che hai?
Io lo guardai con gli occhi
sgranati, ma anche stavolta non
riuscii a farmi uscire una sillaba
dalla bocca. Empira mi lasci la
mano.
Chin la testa e si avvi verso i
fornelli della cucina. Io la seguii con
lo sguardo, incapace di chiederle
dove stesse andando.
Ecco. Ci siamo. disse
Christian.

Empira si ferm a qualche


passo dal lavello. Vidi le sue spalle
alzarsi e abbassarsi, ritmicamente.
Per un attimo ci fu il silenzio, uno
dei pi angoscianti che potessi
ricordare. Poi Empira si volt verso
di noi e io spostai subito lo sguardo.
Non potevo guardare quello che era
diventata: i suoi occhi erano tondi e
vitrei, venati da piccole strisce
rosse. La faccia si era come
allungata in modo innaturale e il
mento era divenuto a punta; la
bocca e il naso erano quasi
scomparsi. Si era trasfigurata
nell'arco di qualche secondo e la
sua bellezza era svanita, sfiorita di

colpo. Era un mostro. Non potevo


sopportare di vederla in quello
stato. Chiusi gli occhi e mi
aggrappai a Christian che mi
sostenne prontamente. Lui e
Lorenzo dovevano essere abituati a
un simile mutamento perch non si
scomposero.
Questo posto pieno di
presenze. parl Empira con la sua
voce
normale
che
stonava
decisamente con il suo aspetto. Le
sento tutte avvinghiate attorno a
me. Donne, uomini, bambini di
Tiepole. Gente maledetta, antiche
fatture. Assassini
e
traditori.
Ambasciatori di fede entrati da

quella porta. Araldi di falsa


giustizia. Fuggiamo via, prima che
s'impossessino tutti di me!
Sentivo la sua voce molto vicina
alle mie orecchie. Mi era accanto, e
quando torn a incrociare le dita
alle mie d'impulso riaprii gli occhi e
sobbalzai. Quel suo viso orrendo
era proprio di fronte al mio, e gli
occhi vitrei venati di rosso sangue
mi fissavano.
Emma ti prego. Lo so che sono
un mostro ma non avere paura di
me per favore! Delle lacrime
sgorgarono
da
quegli
occhi
terrificanti. E l'immagine di Empira
assunse ora un aspetto davvero

grottesco. M'impietosii. E se anch'io


un giorno fossi diventata come lei?
Il terrore e l'ansia mi assalirono.
Stai tranquilla, siamo amiche
adesso. aggiunse.
E il terribile viso si pieg in una
smorfia che voleva forse essere un
sorriso. Io ricambiai, con gli occhi
lucidi per la pena e la compassione
che provavo verso di lei in quel
momento. Ma avevo voglia di
piangere e gridare. Di scappare via
di l, via da Tiepole, svegliarmi in
citt e rendermi conto che era stato
tutto un terrificante incubo. Poi
qualcosa si catapult dentro la casa
dalla porta lasciata aperta. Sentii

come il rumore di uno schianto, una


sorta di ruggito e subito un urlo
soffocato. Venni spinta di lato;
Empira mi lasci la mano e io non
avendo pi alcun tipo di appiglio,
caddi a terra urlando. Serrai gli
occhi per qualche istante, quindi li
riaprii giusto in tempo per vedere
quello che mi sembr un enorme
animale avvicinarmisi di corsa.
Gridai ancora e cercai di
rimettermi in piedi, ma le forze mi
mancarono. Guardai quella bestia
che mi accorsi in realt avere
fisionomia umana. La Bestia lanci
un ruggito e si avvent su di me;
urlai e mi gettai da un lato, finendo

addosso alla parete. Mi coprii la


testa con le mani, pronta a ricevere
un colpo che probabilmente mi
sarebbe stato fatale. Ma questo non
avvenne. Sentii un altro ruggito,
uno che conoscevo bene.
Sollevai un poco la testa:
Christian mi si era parato davanti,
sfidando la Bestia con le zanne ben
in vista. Lunghi artigli gli erano
cresciuti al posto delle unghie.
Ringhiava come un animale da
combattimento, pronto a essere
sguinzagliato
contro
il
suo
avversario. Io mi sollevai a fatica
sulle ginocchia, lo zaino rosa che mi
pesava sulle spalle. Tremavo come

una foglia e piangevo. Mi appiattii


contro la parete, fissando i due
maledetti senza battere ciglio. Poi
l'uno si avvent sull'altro, e non
riuscii a capire bene chi avesse
attaccato
per
primo.
Si
avvinghiarono
e
iniziarono
a
volteggiare in mezzo alla stanza,
come se ballassero abbracciati.
Ululati, rantoli, ringhi riempirono
l'aria. Uno di loro poi perse
l'equilibrio ed entrambi caddero
addosso ad una piccola vetrina che
si rovesci a terra frantumandosi
sotto i loro pesi.
Lorenzo mi corse vicino.
Emma, andiamo alzati. Devi

andare via di qui! Sono loro, i


Teschi.
Mi aiut a rimettermi in piedi.
Fissavo Christian e la Bestia
dimenarsi sul pavimento; quando
l'animale affond i denti nella spalla
dell'avversario, gridai. Christian url
a sua volta per il dolore, ma riusc a
scrollarsi la Bestia di dosso con una
poderosa spinta delle gambe.
Emma, sbrigati! mi incit
Lorenzo trascinandomi via.
Ma uno dei Teschi, entrato in
quel momento senza essere visto,
lo colp sul viso. Lorenzo cadde
lasciandomi andare. Gridai ancora.
Vidi sulla soglia un altro essere

con la faccia mascherata da teschio


umano. Quello che mi si era parato
davanti prese ad agitarmi un
coltello sotto il naso.
A me l'onore di prendere il
sangue della nipote della strega per
aggiungerlo
a
quello
della
discendente! esclam tutto d'un
fiato. La sua voce, dietro quella
maschera
risultava
ovattata,
impossibile da identificare. Ma
senza ombra di dubbio, era umana.
Gridai ancora, ma con un coraggio
e un'agilit che non credevo di
avere, mi sfilai lo zaino rosa dalle
spalle e colpii il Teschio proprio
sulla mano che brandiva il

coltellino. Questo gli vol via, e


and a finire dall'altra parte della
stanza,
dove
Empira
stava
affrontando l'altro Teschio. La
guardai mentre si avventava sul suo
nemico, ma era evidente che i suoi
poteri
si
limitavano
alla
possessione, alla preveggenza e ad
assumere un aspetto terrificante. Il
Teschio non impieg molto a
scrollarsela di dosso, colpendola pi
volte sul volto trasfigurato. Mi mossi
verso di lei, ma il Teschio che mi
era davanti mi afferr per il collo
togliendomi il respiro all'istante.
Cercai di divincolarmi, ma fu tutto
inutile.

Pensai che sarei morta, l in casa


di mia nonna. Una bizzarra fine
sarebbe stata la mia: la nipote della
strega uccisa in casa della strega
stessa. Socchiusi gli occhi, giusto in
tempo per non vedere Christian che
infilzava i suoi lunghi artigli nel
braccio del mio assalitore. Questi
grid e io spalancai gli occhi quando
mi lasci andare. Tossii portandomi
una mano alla gola, cercando di
regolare il respiro.
Il Teschio si allontan
reggendosi
il
braccio
che
sanguinava vistosamente. Scapp
via, rinunciando a uccidermi. Io
allora guardai Christian, o quello

che era diventato. Il suo corpo si


era gonfiato ancora di pi tanto che
sembrava stesse per esplodere da
un momento all'altro, lacerando i
vestiti. Le zanne gli superavano il
mento, e le unghie avrebbero
sfiorato i polpacci se avesse tenuto
le mani allungate sui fianchi. Era
curvo sotto il peso della sua massa
corporea aumentata all'improvviso;
ma l'espressione degli occhi era
sempre la stessa.
Era la stessa persona che aveva
fatto il viaggio in macchina fin lass
assieme a noi, quello che aveva riso
spensieratamente in camera mia di
fronte alla faccia disgustata di

Valerio che osservava il plaid di Titti


il canarino. Sotto quell'aspetto
inumano, era sempre lo stesso.
Ma quando lui si accorse che lo
stavo fissando, si affrett a voltarsi.
E lo fece giusto in tempo per
difendersi da un nuovo attacco della
Bestia. Urlai, ma non perch fossi
spaventata per me stessa; avevo il
terrore che quell'orrido animale gli
potesse
infliggere
un
colpo
mortale.
Lorenzo nel frattempo, svenuto
per qualche brevissimo istante, si
era rialzato lentamente a fatica. Un
rivolo di sangue gli colava dalla
tempia fino allo zigomo. Corsi

subito da lui, e lo sostenni per un


braccio temendo che potesse
perdere l'equilibrio e cadere di
nuovo.
Ci appoggiammo alla parete. Gli
girava un poco la testa e riusciva a
fatica a parlare. Mi chiese cosa
fosse successo, e si appoggi a me.
In
quel
momento
Valerio
ricomparve sulla soglia scagliandosi
contro il Teschio che minacciava di
prendere a pedate sullo stomaco la
povera Empira, riversa piangente
sul pavimento.
Lo afferr per una spalla e gli
diede uno spintone cos potente che
lo scaravent addosso alla porta

laterale ancora chiusa, che cedette


sotto il suo peso. Aiut poi Empira
a rimettersi in piedi.
Restavano solo Christian e la
Bestia ora a combattere. Si
graffiavano,
mordevano,
ringhiavano, gridavano come due
animali mostruosi. Christian aveva
la pelle lacerata in pi punti del
corpo;
perdeva
sangue.
Il
pavimento se ne macchi. In pena
guardai Valerio, supplicandolo con
gli occhi di intervenire e aiutare
l'amico.
Lui invece prese tra le braccia
Empira, e la port fuori. Vidi che il
viso della ragazza era tornato

normale, coperto di ematomi, graffi


e sangue.
Dobbiamo andarcene da qui.
biascic Lorenzo a fatica.
Ma Christian.
Lorenzo, che sembrava aver
recuperato un poco le forze, mi
afferr per un braccio e mi trascin
verso la porta. Vidi la Bestia
infliggere un pugno feroce alla testa
di Christian, che fin rovinosamente
a terra e non diede segno di volersi
rialzare. Gridai il suo nome con
quanto fiato avevo in corpo. Scattai
in avanti, ma Lorenzo mi trattenne.
Poi qualcosa vol in aria e and a
colpire un braccio della Bestia

conficcandovisi: un coltello. L'orrido


mostro lasci andare un urlo
disumano e si accasci a terra,
cercando di estrarre il pugnale.
Guardai sulla soglia della porta:
Carmine si stagliava con tutta la
sua stazza enorme, armato di un
coltellaccio.
Lo ripose nella tasca di un lungo
impermeabile verde che indossava,
e si mosse per raggiungere
Christian. Quindi lo afferr e se lo
iss sulle spalle come se fosse un
bambino.
Usciamo di qui! ci ordin.
Mi lasciai guidare da Lorenzo
fuori da quella casa. Voltandomi

un'ultima volta mi sembr di vedere


in un angolo la sagoma di una
vecchietta che osservava la scena.
Ma non potevo esserne sicura.
Corremmo verso il BMW di
Lorenzo, gi per la collinetta.
Carmine era alle nostre spalle con
Christian (nel frattempo tornato
normale) che gli rimbalzava sulla
schiena come un sacco senza vita.
Andate dalla vecchia Gilda! ci
disse. Ci vediamo l!
Si separ da noi e tagli i campi
dalla parte opposta. Quando
raggiungemmo
la
macchina,
Lorenzo mi ordin di salire. Non
riuscivo a respirare per la gran

corsa.
Posso. Posso. Guidare io.
riuscii a dire.
No!
Lorenzo sal al posto di guida e
io non insistetti. Tremavo dalla
testa ai piedi; non ce l'avrei
comunque fatta a tenere saldo il
volante tra le mani.
Almeno lasciami guidare, visto
che per il resto sono perfettamente
inutile!
si
lament
mentre
partivamo.
Io ero troppo terrorizzata
spaventata
e
confusa
per
rispondergli.
Ed ero terribilmente preoccupata

per Christian. Se gli fosse accaduto


qualcosa non me lo sarei mai
perdonato; era stata tutta colpa
mia. Era stata mia l'idea di andare
in quella maledetta casa.
E scoppiai a piangere.
Altre scomode verit
Arrivammo dalla vecchia Gilda
che il cancello era gi spalancato.
Carmine ci aveva preceduto di
pochi minuti e lo vidi portare il
corpo
di
Christian,
ancora
apparentemente senza vita, dentro
casa.
Parcheggiammo, e prima ancora
che Lorenzo spegnesse il motore

della macchina io ero gi scesa. Mi


misi a correre e Vlad, il grosso
pastore tedesco, mi rincorse. Non
appena entrai in casa mi tolsi lo
zainetto
rosa
dalle
spalle
gettandolo a terra (non ricordavo
nemmeno come e quando lo avevo
rinfilato) e feci per salire le scale;
Carmine era gi arrivato su uno
degli ultimi scalini. Ma Valerio mi
blocc.
Emma, aspettiamo qui. mi
disse in tono fermo e basso.
Lo guardai: nulla adesso di lui
faceva immaginare quello che era
stato solo qualche istante prima.
Feci per ribellarmi, ma alla fine

cedetti al suo ordine. Esausta, mi


accasciai su una sedia. Posai i
gomiti sul tavolo e afferrai la testa
tra le mani. Il cuore mi batteva
ancora allimpazzata, e il respiro
faticava a tornarmi regolare.
Vlad venne a posarmi il muso su
un ginocchio. Poi simultaneamente
Lorenzo entr, ed Empira scese le
scale.
Posso avere dell'acqua? chiese
lui sedendosi accanto a me.
Empira, senza parlare, si
diresse verso il frigo e prese una
bottiglia.
La
sentii
mentre
recuperava un bicchiere dallo scola
stoviglie e vi versava l'acqua

all'interno. Alzai gli occhi per vedere


come stava, e notai che a parte un
paio di segni rossi sul viso non
recava pi su di s i segni dello
scontro al quale aveva partecipato.
Ti serve un disinfettante e un
cerotto per quella! disse a Lorenzo
indicandogli la ferita alla tempia.
Lorenzo fece una smorfia e
bevve d'un sorso l'acqua.
No, solo un graffio.
Batt il fondo del bicchiere sul
tavolo facendomi sobbalzare. Aveva
l'aria abbattuta e arrabbiata.
Io mi facevo un sonnellino a
terra mentre voi rischiavate di
morire! pronunci a voce bassa e

carica di rimprovero.
Nessuno stato ammazzato.
gli rispose Valerio. Questo conta.
Lorenzo colp di nuovo il tavolo
con il bicchiere.
No! Sono perfettamente inutile!
Non sono in grado di aiutarvi!
E allora la prossima volta stai a
casa e non venire con noi!
Valerio non aveva ancora finito
di pronunciare quella frase che
Lorenzo era gi scattato in piedi e
gli si era avvicinato con aria
minacciosa. Vlad si stacc da me e
abbai.
Scusami se non sono ancora un
mostro come te! sussurr a denti

stretti. Anche se ne ho un
immenso terrore, ci sono momenti
in cui vorrei esserlo!
Valerio si oscur in viso.
Non immagini invece quanto io
non vorrei mai esserlo diventato!
Empira si affrett a mettersi tra
i due.
Smettetela! Non questo il
momento
per
litigare!
li
rimprover.
Io guardavo la scena senza
muovere
un
muscolo,
completamente disarmata. I due
restarono a fissarsi per un lungo
istante. Quindi Lorenzo torn a
mettersi seduto. Valerio invece

prefer accomodarsi sul divano dove


vi sprofond incrociando le braccia
al petto, con aria contrariata.
Trascorse un momento di lungo
silenzio. La vecchia Gilda doveva
essere al piano di sopra con
Christian e Carmine, che non era
ancora sceso. Perch ci metteva
cos tanto? Christian era forse.
Non osavo nemmeno pensarlo.
Sapevo che Carmine stava
arrivando ad aiutarvi! parl
Valerio.
Gilda sapeva della nostra gita
in casa di tua nonna, e temendo per
la nostra vita ha chiamato Carmine.
Ecco perch me ne sono andato e

non vi ho aiutato. Empira stava


male.
Nessuno gli rispose. Empira, in
piedi vicino al lavello, chin un poco
la testa.
tutta colpa mia. sussurrai.
Lorenzo pos gli occhi su di me.
tutta colpa mia. ripetei a
voce pi alta.
Anche Empira e Valerio mi
guardarono.
No. mi corresse Valerio.
Ricordi la spia fuori dalla finestra
della tua camera che non sono
riuscito a inseguire e catturare? Ci
aveva sentiti, i Teschi sapevano che
saremmo andati a casa di tua

nonna oggi.
Giulio Basile. intervenne
Lorenzo. Deve essere stato lui. Ed
era lui quell'orribile Bestia, ne sono
sicuro.
Come diavolo ha fatto a
trasformarsi cos velocemente?
domand Valerio con aria sbalordita
e per un verso affascinata.
stato maledetto lo stesso
anno in cui siamo nati noi, eppure
sembra che sia cambiato molto
prima. gli fece eco Lorenzo.
Valerio annu. Si guardarono e
sembr che la lite avuta poco prima
fosse stata gi dimenticata.
Qualcuno avr utilizzato su di

lui una sorta di magia. spieg


Empira. Forse la discendete di
Marta Vasselli.
E quella parola, tanto sentita e
abusata da qualche giorno a quella
parte, mi fece scattare qualcosa nel
cervello. Mi ricordai esattamente le
parole che il Teschio mi aveva
rivolto mentre cercava di farmi a
fettine con il suo coltello. Ricordavo
la loro irruzione e le lotte tra mostri
in maniera confusa, come tanti
flash impazziti; ma quella frase mi
era rimasta incisa nella mente
come un marchio.
Ha detto che voleva prendere il
mio sangue per aggiungerlo a

quello della discendente! dissi a


voce alta.
Gli altri mi guardarono con aria
interrogativa.
Mi
affrettai
a
spiegare: Il Teschio che stava per
uccidermi prima che Christian.
lanciai un'occhiata preoccupata alle
scale. Insomma, mi ha detto che
gli serviva il mio sangue per
aggiungerlo
a
quello
della
discendente. Alla vera discendete!
Ma non capite? Non sono io! Non
sono io! E quella constatazione mi
fece sorridere di gioia. Lorenzo e
Valerio si scambiarono un'occhiata.
Questo spiegherebbe perch i
Teschi
ti
braccano
cos

ferocemente. azzard Lorenzo.


Vogliono il tuo sangue.
Questo
spiegherebbe
moltissime
cose.
s'intromise
Carmine scendendo le scale a due a
due. Ma significa anche che sei in
serio pericolo, Emma.
Io scattai in piedi e gli andai
incontro. Ma prima che potessi
rivolgergli qualsiasi domanda, lui mi
rassicur dicendo che Christian
stava bene e che Gilda si stava
occupando di lui.
Si rimetter. aggiunse. Mi
sorrise posandomi una delle sue
grosse mani sulla spalla. ormai
certo che tuo nonno stato

assassinato per attirare qui te e tua


madre; e a questo punto sospetto
che anche lei sia in pericolo visto
che il tuo sangue anche il suo.
continu. Tua madre per nessun
altro motivo sarebbe tornata a
Tiepole, e un omicidio in citt
avrebbe suscitato troppo clamore.
Qui invece la vostra scomparsa
passerebbe
inosservata.
Avete
troppi nemici, e i pochi amici non
rischierebbero la vita per voi.
Quindi si guard attorno. Esclusi i
presenti, s'intende.
Il pensiero che avessi delle
persone pronte ad aiutare me e la
mia famiglia non bastava in ogni

caso a tranquillizzarmi. Ero ancora


troppo
sconvolta
per quanto
accaduto a casa di mia nonna.
Sentivo il bisogno di staccare per
qualche ora la spina, di starmene
chiusa
in
camera
mia
(preferibilmente quella che avevo
lasciato a Roma) sdraiata sul letto a
fissare con mente vuota il soffitto.
Far finta che tutto andasse bene,
che nulla fosse accaduto. Carmine
mi scosse leggermente. Emma,
tutto bene? mi chiese.
Io lo guardai, e per farlo dovetti
piegare la testa all'indietro tanto
l'uomo era alto. Mi chiesi se la sua
stazza mastodontica non fosse il

frutto di una maledizione. Annuii,


ma la mia espressione non lo
convinse.
So che sei spaventata a morte,
ma
non
devi
preoccuparti.
aggiunse. Vedrai che andr tutto
bene.
Non prenderla in giro!
s'intromise Gilda con voce dura,
scendendo lentamente le scale.
Non cos sciocca! E non quello
che vuole sentirsi dire. Non vero,
Emma?
La vecchia Gilda avanz
tenendosi un fianco e zoppicando su
un piede. Ma prima che qualcuno
potesse chiederle che cosa avesse,

si lament a voce alta lagnandosi


della vecchiaia e di tutti gli
acciacchi che portava con s. Disse
che non aveva pi l'et per far
fronte a certe emergenze, e che era
giunta l'ora che qualcuno prendesse
il suo posto.
Adesso ci sono io a soccorrere
voi che vi cacciate nei guai e che
tiene sotto d'occhio la situazione!
si lament. Ma quando morir, chi
prender il mio posto? Forse voi, i
maledetti?
Si sedette sul divano, accanto a
Valerio. Gli pose affettuosamente
una mano su un ginocchio. Guard
lui, ma in realt si stava rivolgendo

a tutti.
Sappiamo bene che voi
maledetti avete vita breve.
pronunci con tono triste nella
voce.
Suvvia, Gilda! le rispose
Carmine allontanandosi da me e
guardando l'anziana donna con
occhi rimproveranti. Non diciamo
sciocchezze! Piuttosto: Christian
come sta? Si rimetter presto?
La vecchia Gilda fece uno strano
cenno con la testa, che in sostanza
non equivaleva n a un no n a un
s. Aggiunse poi che bisognava
chiamare la famiglia di Christian per
avvertirla dell'accaduto.

Carmine fu contrario a quella


decisione.
Non se ne parla! Far venire
quella qui? Sai meglio di me che
non ha mai nascosto il suo
interesse per l'antica magia di
Tiepole.
Il ragazzo deve essere accudito,
e io non posso offrirgli molta
assistenza! obiett subito la
vecchia Gilda. E poi non mi prendo
la responsabilit di spostarlo da qui.
Deve essere una decisione della
sua famiglia.
Carmine e la vecchia Gilda
proseguirono a battibeccare. Io
seguivo con lo sguardo prima l'uno

poi l'altra. Ogni tanto lanciavo


qualche occhiata veloce alle scale.
Valerio, Lorenzo ed Empira se ne
stavano in silenzio, ognuno chiuso
nei propri pensieri e dilemmi. Forse
stavano pensando tutti alle parole
della vecchia Gilda, al fatto che i
maledetti hanno vita breve.
Il corpo umano non doveva
reggere alla trasformazione, non ne
era in grado. E forse lentamente,
molto lentamente, tutti gli organi e
i tessuti morivano. Come se un
corpo estraneo, una sorta di virus
letale, infettasse l'organismo per
mutarlo,
trasformarlo
e
poi
ucciderlo.

Era terribile pensare che quella


sorte sarebbe toccata anche a me
un giorno.
Guardai di nuovo le scale, e
senza dire una parola mi avviai
verso di esse. Nessuno mi richiam
indietro. Lasciai alle spalle le voci di
Carmine e Gilda, che si fecero
sempre pi fievoli. Arrivata al piano
superiore mi accolse un buio
corridoio stretto. Indugiai poich
non sapevo dove andare, e la
mancanza di luce mi metteva
ancora di pi in difficolt. Tastai la
parete
alla
ricerca
di
un
interruttore, ma senza successo.
Dovevo andare per tentativi:

m'infilai dentro la prima porta che


trovai alla mia sinistra, ma mi
accorsi subito di essermi intrufolata
nel bagno. Uscii subito, e provai con
la seconda porta semiaperta.
Trovai subito l'interruttore
questa volta: una camera da letto,
ma vuota. Dai peluche sulle
mensole e qualche vestito gettato
qua e l conclusi che fosse la stanza
di
Empira.
Andai
avanti,
cambiando lato del corridoio. La
mano corse alla ricerca di una
maniglia, che trov quasi subito. La
girai e vidi la tenue luce di una
candela posata su un com di legno
disegnare bizzarre ombre ondulanti

l dove c'era un letto a baldacchino.


E sotto un lenzuolo, con la testa
appoggiata a un paio di cuscini,
c'era Christian che sembrava
dormire un sonno profondo. Lo
fissai per qualche istante; riposava
beatamente, con un'espressione
rilassata sul viso bellissimo. Non me
la sentii di disturbarlo. Feci per
richiudere la porta e andarmene,
ma lui mi disse:
No, resta.
Senza farmelo ripetere, ubbidii.
Timidamente entrai nella stanza
richiudendomi la porta alle spalle, e
con passo felpato e lento mi
avvicinai al letto. Christian aveva

aperto
i
suoi
occhi
scuri.
Un'espressione stanca gli lessi sul
viso. Mi fermai a pochi passi da lui.
Il cuore mi batteva forte, come se
avesse paura di qualcosa.
Incrociai le braccia sul petto.
Come stai? gli chiesi a voce
bassa senza guardarlo, fissando i
ghirigori di legno che adornavano la
spalliera del letto al di sopra della
sua testa. Lui si mosse in maniera
impercettibile sotto le lenzuola.
Mi avrai di certo preso per
pazzo: prima ti rapisco poi cerco di
ucciderti, e poi ancora ti salvo la
vita. Credo che dovrei finalmente
decidermi cosa fare con te. Parl

con voce bassa, lenta, ma allo


stesso tempo sicura. Abbassai lo
sguardo su di lui. Mi fissava con un
mezzo sorriso stampato sul volto.
Non riuscii a replicare alle sue
parole. Restammo a fissarci per
qualche secondo interminabile. Ero
nervosa, e il cuore non la smetteva
di martellarmi il petto.
Bum bum bum. Come se volesse
dirmi qualcosa.
Guarir in fretta. Tu stai bene?
mi chiese poi cercando di mettersi a
sedere.
Intenzione che abbandon
subito, poich il bel viso gli si
contrasse in una smorfia di dolore

quando tent di muoversi.


Io, credo di s. risposi
timidamente,
reprimendo
il
desiderio di correre ad aiutarlo. Mi
dispiace, colpa mia.
Un nodo mi strinse la gola, ma
non cedetti alle lacrime. Non volevo
mostrarmi debole di fronte a lui,
non in quel preciso momento
almeno.
Posso fare qualcosa?
domandai Vuoi dell'acqua? O.
Siediti vicino a me. fu la sua
risposta.
La sua richiesta mi lasci
completamente spiazzata e inerme.
I
muscoli
delle
gambe
mi

s'irrigidirono e il pavimento s'incoll


alle mie scarpe. Lo guardai come se
non avessi compreso bene le sue
parole.
Emma, giuro che non ti far del
male. Fidati.
Avrei voluto dirgli che non
dubitavo pi di lui, che non era
quello il motivo della mia titubanza.
Mi sentivo una perfetta sciocca, e
per tentare di mascherare quel mio
palpabile nervosismo (ma oramai
era certa fosse troppo tardi) mi
sedetti lentamente sulla sponda del
letto, lontana da lui, rischiando di
cadere a terra se mi fossi
sbilanciata. Lui mi fiss, facendosi

serio.
Mi dispiace che tu sia qui a
Tiepole. disse. Non sai quanto ti
vorrei lontana!
Immaginavo perch mi stesse
dicendo quelle parole, ma mi
offesero e rattristarono lo stesso.
Non fraintendermi! si affrett
ad aggiungere. Sono solo in ansia
per te. Sollev una mano e per un
momento credetti che stesse per
afferrare la mia. Poi ci ripens e la
ripose sul lenzuolo.
Non avrei mai permesso a loro
di farti del male! aggiunse.
Perch? mi ritrovai a chiedere.
Perch
sono
completamente

indifesa? Perch ti faccio pena?


Christian allontan lo sguardo da
me. Non potevo vederlo bene a
causa della scarsa luminosit della
stanza, ma mi parve che le mie
parole lo ferirono. Mi pentii subito di
averle pronunciate. Ero proprio una
sciocca.
Scusami. Non intendevo. dissi
abbassando gli occhi. Tutti voi, a
cominciare dai miei genitori, mi
trattate come una bambina. Mi
tenete all'oscuro di tutto. So che lo
fate perch volete proteggermi, ma
come posso imparare a difendermi
se non mi raccontate tutta la
verit? In quell'istante non stavo

realmente parlando con Christian,


ma con mia madre. Altre volte
avevo rivolto a lei questa domanda,
e mai avevo ottenuto la risposta
che desideravo.
Tua nonna ha ucciso mio
nonno. parl Christian tornando a
guardarmi. Lo ha torturato perch
voleva che le rivelasse alcune
informazioni sull'antica magia di
Tiepole. Lui non ha resistito alle sue
torture ed morto poco dopo.
questa la verit che vuoi sentirti
dire?
Lo guardai con un'espressione
inorridita e dispiaciuta assieme.
Mio padre invece mi ha

abbandonato. fuggito con un'altra


donna perch non ce la faceva pi a
sopportare tutte queste orribili
storie. Ha lasciato me, mia sorella e
mia madre quando io avevo poco
pi di tre anni. Sono queste le cose
che vuoi sapere?
Mi si velarono gli occhi di
lacrime, ma
lui
non parve
accorgersene.
La pelle di tutto il corpo mi si
arricci.
Io non intendevo. balbettai
cercando di giustificarmi.
Christian fece un lungo sospiro.
Per anni ti ho odiata. rivel
ancora. Ho sperato che tu venissi

qui per vendicarmi, ancora prima di


conoscerti. E adesso invece ti vorrei
lontana, cos che non ti possa pi
accadere nulla.
Prov di nuovo a mettersi
seduto. Questa volta, dopo non
pochi sforzi e gemiti di dolore (di
fronte ai quali io restai inerme e
immobile) ci riusc. Ora eravamo pi
vicini. Il mio cuore si plac
finalmente, come se non avesse
desiderato altro fino a quel
momento.
Eppure. disse in un sussurro
una parte di me non vorrebbe
lasciarti andare. Non riesco a
odiarti, Emma. pi forte di me.

Lo guardai negli occhi, cercando


di trovare una risposta adatta a
quelle parole, ma non trovai nulla
nella mia testa. Solo confusione. E
ancora confusione.
Devi startene al sicuro. riprese
scostandosi un poco. I Teschi
torneranno a cercarti!
Tent di far risalire il cuscino
sulla
spalliera
per
poggiarsi
comodamente. Questa volta mi
alzai per aiutarlo, notando che
trovava difficolt. I miei capelli,
quando mi chinai, mi scivolarono
dalla spalla e gli caddero davanti al
viso, accarezzandogli la fronte. Io
non me ne accorsi impegnata

com'ero a fare in fretta per


allontanarmi subito; lui rest
immobile senza parlare. Quando
tornai a sedere sulla sponda del
letto, lui cerc di nascondere il
disagio che aveva provato.
Vogliono il mio sangue da unire
a quello della discendente! dissi
io.
Non lo avranno! rispose lui con
voce dura.
Hai ragione. Sarebbe un vero
guaio per i Tiepolesi se la
discendente tornasse davvero e
finisse il lavoro di mia nonna!
Christian mi fiss. Il cuore
riprese a battermi forte.

Sarebbe un guaio se ti
accadesse qualcosa! disse. Cosa
m'importa dei Tiepolesi e di quello
che farebbe la discendete!
Gli sorrisi. Lui ricambi.
Sappi comunque che ti
mangerei volentieri! aggiunse poi
in tono scherzoso. La tua pelle
molto morbida. Non sarebbe difficile
affondare le mie zanne in te.
Io gli diedi un buffetto su un
braccio, fingendomi spaventata.
Poi gli chiesi in tono ingenuo e
spontaneo, per pentirmene subito:
E da dove cominceresti?
Lui trattenne una risata, mentre
io diventavo paonazza sul viso.

Parve pensarci un po' su, poi


disse che preferiva non rispondere.
Quindi si rifece serio.
Sono davvero orribile quando la
maledizione mi fa trasformare?
chiese.
Io feci spallucce.
Non molto a dire il vero. Quella
Bestia invece.
E rabbrividii.
Giulio Basile cos brutto anche
quando non si trasforma! disse
Christian. Poi scoppi a ridere e io
lo imitai. Ma non erano risate
spensierate le nostre. Ci calmammo
quasi subito e io posai gli occhi
sulle sue mani, cos grandi e

perfette. Repressi a stento la voglia


di afferrarne una. Pensai di nuovo a
come sarebbe stato bello sentirsele
addosso.
Quella specie di artigli che ti
crescono. chiesi schiarendomi la
voce e sperando che Christian non
sapesse leggere nel pensiero oltre
avvertire il gusto della mia pelle.
La crescita repentina degli
artigli stato il mio primo
sintomo. mi spieg. Avevo
all'incirca dieci o undici anni.
Litigavo con mia madre, come al
solito. Ma quel giorno ho sentito
una rabbia tale che qualcosa mi
esplose dentro e mi sono spuntati

questi cosi, cos da un istante


all'altro. Non immagini che caos
scoppi in casa mia. Mia madre
mand di corsa mia sorella a
chiamare Don Luigi perch mi
esorcizzasse. Ma lui le spieg che
non c'era nulla da fare, che la mia
maledizione stava iniziando. Era gi
accaduto per Empira solo qualche
mese prima. Non sai quanto sia
stato difficile per me. Mi sentivo un
mostro. Sono un mostro.
Non riuscii pi a trattenermi e gli
afferrai una mano. La guardai
rigirandola pi volte. Poi la strinsi
per qualche istante. La sua pelle
era calda e liscia. Repressi un

brivido.
Queste non mi sembrano le
mani di un mostro. dissi.
Feci per ritirare la mano, ma lui
non
mi
lasci
andare.
Ci
guardammo senza pronunciare una
parola. La luce della candela
ondul, e fece danzare le ombre
nella stanza e sul suo viso.
Anch'io diventer un mostro se
pu consolarti! aggiunsi in un
sussurro quasi impercettibile.
La candela tremol di nuovo, pi
violentemente, sospinta da uno
spiffero di aria che quasi ne spense
la fiamma e che mi solletic la
schiena. Avvertimmo alcune voci

provenire dal corridoio e io mi


affrettai a lasciare la mano di
Christian. Mi alzai in piedi, proprio
quando la porta della camera si
spalanc e la luce del lampadario si
accese. Socchiusi gli occhi poich si
erano abituati all'oscurit; Christian
fece lo stesso, ma lament dolore.
Spegnete quella dannata luce!
disse coprendosi il viso con le mani.
Prima che la stanza tornasse a
essere
illuminata
solo
dalla
candela,
riuscii
a
vedere
distintamente la vecchia Gilda (che
mi guardava con una strana
espressione che capii solo in
seguito) in compagnia di una donna

e di una ragazza bionda. L'oscurit


ci avvolse per un secondo perch la
fiamma della candela si abbass
come se volesse spegnersi. Invece
si ravviv, restando immobile su se
stessa.
Christian! esord la voce della
donna avvicinandosi di corsa verso
il letto.
Io feci appena in tempo a
scansarmi di lato per non essere
travolta.
Christian! Cosa ti successo?
Come stai? Dove sei ferito?
Christian non rispose a nessuna
di quelle domande.
Sto bene, mamma! disse in

tono seccato. Non successo


niente!
Scivol sui cuscini, fino a
rimettersi sdraiato sotto il lenzuolo.
La donna gli rispose con stizza e
trattenendo la rabbia: Allora puoi
lasciare questa casa! Andiamocene
via!
Io mi mossi per uscire e tornare
al piano di sotto; la mia presenza
era di troppo. Ma non feci in tempo
a voltarmi, che la donna si rivolse a
me con voce sprezzante: E cos tu
sei la nipote di Marta Vasselli!
Ero stanca di venire apostrofata
in quel modo da tutti. Feci un
sospiro e mi girai a guardare la

donna negli occhi. Capii subito che


mi odiava, e che se avesse cercato
di uccidermi non si sarebbe fermata
come aveva fatto suo figlio. Un
altro dei miei nemici, pensai. Stavo
per rispondere, ma Christian mi
precedette.
Si lei. Non vedi come le
somiglia?
La donna si volt verso il figlio e
lo fulmin con lo sguardo.
Quindi torn a guardare me. La
sua occhiata mi trafisse da parte a
parte. L'hai stregato? chiese a
voce alta facendomi sobbalzare.
Indietreggiai, incapace di
rispondere a una simile illazione. La

vecchia Gilda si affrett a mettersi


tra di noi.
Emma, per favore, aspettaci di
sotto. mi comand.
Lanciai un'occhiata a Christian
che fissava davanti a s facendo
lunghi e profondi respiri, lottando
forse contro il mostro che stava
riemergendo provocato dalla rabbia
che doveva provare in un simile
momento. Io ubbidii. Con passi
veloci lasciai la stanza, passando
accanto alla ragazza bionda che
non mi degn di uno sguardo. In
corridoio mi fermai e, invece di
scendere le scale, mi diressi verso
una finestra dalle ante semichiuse,

che salendo non avevo notata. L mi


fermai cercando di dominare la
frustrazione. Essere scacciata come
un insetto da una stanza per i
crimini commessi da mia nonna era
una vera ingiustizia. Quella gente
non mi conosceva, non sapeva
quello che stavo passando. Come
osavano trattarmi in quel modo?
Con la rabbia che mi ribolliva
nelle vene mi voltai decisa a
tornare
in quella
stanza
e
difendermi come avrei dovuto fare
altre volte, quando la ragazza
bionda
mi
si
par
davanti
facendomi spaventare per la
sorpresa. Non riuscivo a vederla

bene in faccia. Lei allora, pensando


forse la stessa cosa, apr prima i
vetri e poi le persiane della finestra
lasciando libera la luce di entrare.
Io, dopo essermi levata da una
parte, la fissavo guardinga. Lei si
tolse dalla tasca un pacchetto di
sigarette e un accendino. Ne
estrasse una e l'accese senza
rivolgermi nemmeno uno sguardo.
Si appoggi con la schiena al
davanzale
della
finestra
e
finalmente si degn di guardarmi. Il
colore e il taglio degli occhi mi
ricordarono quelli di Christian; mi
accorsi solo allora che avevo di
fronte
a
me
sua
sorella.

Differentemente da suo fratello, i


suoi capelli erano biondo cenere e
le cadevano lungo le spalle; il suo
viso era truccato con cura e
precisione. L'azzurro dell'ombretto
riprendeva il maglioncino scollato
dello stesso colore, e i jeans stretti
le mettevano in risalto le belle
forme e le gambe affusolate. Mi
porse il pacchetto di sigarette.
No, grazie. Io non fumo. dissi
rifiutando.
Lei allora lo ripose nella tasca
assieme all'accendino.
Hanno cacciato anche me.
parl con voce seria. Mio fratello
ha un altro dei suo attacchi da

mostro!
Sentire Christian definito in quel
modo mi infastid.
Non dovresti chiamarlo in
questo modo! la rimproverai.
La ragazza si port la sigaretta
alla bocca e tir. Poi tese la mano
verso di me. Mi chiamo Silvia. si
present. Io conosco il tuo nome,
giusto che anche tu sappia il
mio!
Io fui restia a stringerle la mano.
Di fronte alla mia esitazione, Silvia
fece ricadere il braccio. Mi chiesi se
non fosse tutto un trucco, se lei mi
stesse trattenendo per un motivo
specifico.

Com' la citt? domand.


A quanto sembrava era decisa a
fare conversazione.
Come, scusa?
La vita in citt! Com' vivere a
Roma?
Bello. risposi lanciando uno
sguardo preoccupato alla porta
della stanza dove sapevo ci fosse
Christian.
Da l non proveniva alcun
rumore. Mi chiesi cosa stesse
succedendo.
Un giorno vorrei trasferirmi l.
continu
Silvia
spostando
lo
sguardo
fuori
dalla
finestra.
Andarmene da questo posto

orribile!
Come ha fatto tua madre! Io ti
invidio sai; ti odio e ti invidio.
Pensai che non poteva essere
pi sincera di cos.
So cosa mia nonna ha fatto a
tuo nonno. mi affrettai a dire
prima che fosse lei a tirare in ballo
l'argomento. E mi dispiace, ma io
non c'entro nulla. Non sono io la
discendente.
Questo lo so.
Mi guard, e io guardai lei.
Quelle sue parole mi spiazzarono.
Ti odio perch tu hai quello che
io non ho avuto mai. aggiunse, ma
senza disprezzo nella voce. Una

vita normale, un padre che ti ama


nonostante conosca la verit. Sono
costretta a odiarti. Ti odio, ti
invidio. Non so ancora decidermi.
Ma non forse meglio l'odio che
l'invidia?
Meglio nessuna delle due
cose. risposi.
Questo impossibile, mi
dispiace. Almeno fino a quando
rester qui in questo dannato
posto! Odio Tiepole, lo odio con
tutta l'anima.
Odio mio fratello per quello che
diventer, odio mio padre, quel vile.
E disprezzo mia madre perch non
fa che trascinarmi nella sua follia.

Lanci
un'occhiata
fugace
al
corridoio, temendo che potesse
arrivare qualcuno. Inspir altro
fumo che cacci fuori dalla finestra.
Mi tiene segregata in casa.
Controlla le mie uscite e mi
costringe a frequentare le persone
che vuole lei. Christian non
controllabile; credo che addirittura
lo tema. sorrise in maniera
perversa. Poi torn seria. Ho
pensato molte volte che possa
essere lei la discendente.
Non ho mai avuto sospetti su di
te; sei troppo ingenua e inesperta.
Lei e la madre di Giulio Basile
invece mi danno da pensare.

Angela Basile una sgualdrina con


problemi mentali e suo marito
l'uomo pi temibile che conosca,
ma mia madre si ostina a difenderli
e a frequentarli. Complottano
qualcosa. Ma a Christian non l'ho
mai detto.
Anche perch dovrei dirgli come
sono venuta a conoscenza di certe
cose, ma mi troverei a disagio a
parlare con mio fratello della mia
vita sessuale; non lo pensi anche
tu? Mi guard come se fosse in
attesa di una risposta. Io invece
restai muta a fissarla. Aveva parlato
senza mai fare una pausa, con tono
piatto e atteggiamento noncurante.

La sua totale mancanza di


emozione mi turb pi delle
informazioni che mi aveva dato. Era
una ragazza sveglia, si capiva.
Quindi non si era lasciata sfuggire
quelle parole a caso, o perch
voleva semplicemente sfogarsi. A
modo suo, in maniera indiretta,
capii che mi stava aiutando.
Sebbene mi odiasse, aveva deciso
di darmi una mano.
Non ti manca la citt? chiese
gettando dalla finestra l'ultimo
mozzicone di sigaretta.
Mi manca la mia vita com'era
prima. risposi. Credo che non si
tratti del luogo dove si sta. Ma di

come ci si vive.
Silvia mi fiss abbozzando un
sorriso.
Sei saggia. Sciocca, ma
saggia.
Chiuse i vetri della finestra
rabbrividendo.
Piover stanotte. disse
scrutando il cielo. Sar l'estate pi
piovosa e fresca degli ultimi anni
qui a Tiepole. Sai quand' stata
l'ultima estate cos?
Alzai le spalle.
Quando hanno ammazzato tua
nonna. Quella sera so che piovve
moltissimo.
Mi percorse una scarica che

pass da orecchio a orecchio. E solo


in quel momento mi accorsi di
quanto fossi stata stupida a farmi
sfuggire quel particolare.
Non
facevo altro che distanziarmi da lei,
stufa di essere definita la nipote di
una strega, di una megera, sempre
pronta a difendermi se qualcuno
avesse detto che ero io la sua
discendente. Ero cos impegnata a
odiarla per tutti i crimini che aveva
commesso, per tutte le maledizioni
lanciate durante la sua morte da
non pormi la domanda pi
elementare: ma come diavolo era
morta Marta Vasselli?

L'Assemblea
Mi parve di sentire la voce di mia
madre, al piano di sotto. Mi voltai
per vedere se qualcuno stesse
salendo le scale, forse mi ero
sbagliata.
Prestai attenzione al vociare del
piano inferiore: s, quella era
esattamente la voce di mia madre,
preda di un nuovo attacco
d'isterismo.
La vecchia Gilda, oltre ad aver
chiamato i genitori di Christian,
doveva aver contattato anche i
miei. Reprimendo un'imprecazione,
mi voltai verso Silvia per salutarla.

Lei mi afferr il braccio e mi disse,


avvicinandomisi cos tanto che il
suo profumo, un misto di essenze
floreali mescolato all'odore di
sigaretta, avvolse anche me: Non
dire a nessuno che sono stata io a
dirti queste cose. Capito? O ti
sguinzaglio dietro i Teschi.
Mi divincolai, mostrandole due
occhi carichi di disappunto e rabbia.
La lasciai senza dirle nulla. Mi avviai
per
il
corridoio,
lanciando
un'occhiata alla stanza dove sapevo
che Christian stava affrontando di
nuovo il mostro che era in lui, e
scesi velocemente le scale. Mia
madre
stava
discutendo
con

Carmine e mio padre cercava come


ogni
volta
di
tranquillizzarla.
Quando mi vide cess di colpo di
parlare come se le fosse stata
mozzata di netto la lingua.
M'incener con lo sguardo. Nella
stanza regn il silenzio per qualche
brevissimo istante.
Poi lei, senza aggiungere una
sillaba, usc fuori dalla porta
lasciata spalancata. Mio padre mi
fece cenno con il capo di seguirla,
cupo in volto ed evidentemente
seccato da quella situazione. Segu
mia madre affondando le mani nei
pantaloni e curvando le spalle.
Vai, Emma. parl Carmine una

volta che si fu assicurato che i miei


genitori non potessero sentirlo. Ti
teniamo
noi
informata
della
situazione.
Valerio, che era rimasto seduto
sul divano fino ad allora, si alz e
mi venne vicino. Accost le labbra
al mio orecchio: Ci vediamo dopo.
Se tua madre non dovesse farmi
entrare dalla porta, tu lascia aperta
la finestra. Vengo a tenervi
d'occhio.
Lo guardai senza chiedere
spiegazioni. Capivo ora perch mia
madre
e
Carmine
stavano
discutendo: a lei, e probabilmente
anche a mio padre, non andava a

genio che Valerio passasse del


tempo
a
casa
nostra
per
proteggerci. Annuii e lo salutai con
un'occhiata. Mi avviai verso l'uscita,
con lo sguardo fisso su Carmine che
si era appena allontanato uscendo
dalla porta a vetri che dava su un
giardino interno.
Empira mi aspettava sulla
porta. Aveva tra le mani il mio
zainetto rosa. Me lo porse
sorridendomi.
Tieni. disse.
Poi apr la bocca per aggiungere
qualcos'altro, ma la richiuse subito.
Abbass lo sguardo, ma io ero
troppo ansiosa di incontrare i miei

genitori per farle qualche domanda.


Afferrai lo zainetto, la salutai
ringraziandola e uscii fuori. Seduto
su una sedia di vimini, proprio
accanto alla porta, Lorenzo fissava
davanti a s assorto nei suoi
pensieri. Mi fermai con lui, anche se
i miei genitori mi stavano gi
aspettando in macchina che ruggiva
come se anche lei fosse arrabbiata
con me.
Guai in vista! mi disse Lorenzo
spostando gli occhi su di me.
Ci sto facendo l'abitudine.
risposi.
No, non mi riferisco ai tuoi
genitori.

Sollev la mano sinistra. Io


sgranai gli occhi, inorridendo. Le
sue dita si erano colorate di un
verde scuro, ripiegandosi su se
stesse come se le sue ossa fossero
invecchiate d'un colpo. Le vene
della mano (la cui pelle era invece
rimasta
di un rosa
chiaro)
sembravano che stessero per
esplodere.
Far un salto da Don Luigi.
disse lui fingendo un tono normale
nella voce. Ho bisogno di
confessarmi prima di perdere
l'anima e la ragione.
Vidi i suoi occhi velarsi di lacrime
mentre
nascondeva
le
dita

trasformate e tremanti in tasca. Gli


posai una mano su una spalla.
Vedrai che non accadr nulla.
Io lo impedir.
Lui abbozz un sorriso. Mio
padre suon il clacson, pi e pi
volte.
Devo
andare.
dissi
lanciando un'occhiata di rimprovero
ai miei genitori. Chiamer la
vecchia Gilda per sapere come stai,
va bene?
Feci qualche passo, poi mi fermai
e mi voltai di nuovo verso di lui.
Almeno non ti sono cresciuti i
peli! gli dissi sorridendo.
Lui si lasci scappare una risata
nervosa. Il clacson suon di nuovo,

pi insistentemente.
Aprii lo sportello della macchina
gettando all'interno lo zainetto.
Salii e sbattei forte lo sportello
quando lo richiusi. Mio padre, senza
indugiare oltre, si affrett a lasciare
la piccola villetta della vecchia Gilda
come se scappasse dal demonio in
persona. Contrariamente a quanto
mi aspettavo, nessuno dei due
parl. Nessuno mi sgrid, n
affront l'argomento. Io, che ero
pronta a difendermi, restai delusa e
infastidita dal loro comportamento.
Lo stavano facendo di nuovo:
fingere che nulla fosse accaduto,
nascondere la rabbia che di certo

dovevano
provare
nei
miei
confronti.
Feci per dire qualcosa, ma in
realt erano talmente tanti gli
argomenti che volevo affrontare da
non sapere dove iniziare. La prima
domanda riguardava la morte di
mia nonna; quelle informazioni di
sicuro avrebbero gettato nuova luce
sull'intera faccenda. E poi volevo
parlare di quello che mi era
accaduto, chiedere a mia madre se
anche lei fosse d'accordo sulla
teoria da noi altri elaborata, cio
che i Teschi volevano il mio sangue
e forse anche il suo.
Erano tante le cose che volevo

sapere, che non mi erano chiare,


che mi stavano facendo esplodere
la testa.
Perch invece tutti e due
fingevano che io non fossi l in quel
momento? Perch nessuno mi
rivolgeva la parola? Possibile che
non capivano come mi sentivo? La
paura che provavo? Pensai a
Christian e l'improvviso desiderio
che fosse l accanto a me a
stringermi la mano mi pervase. Mi
si inumidirono gli occhi quando poi
pensai a Lorenzo, e al fatto che
iniziava a mutare anche lui; se non
altro avrebbe smesso di discutere
con Valerio. E poi non riuscii a

frenare
le
lacrime
che
mi
inondarono il viso quando alla fine
immaginai il momento in cui io mi
sarei trasformata, a quando sarei
diventata un mostro. Anche a me
sarebbero spuntate le zanne? Avrei
mutato il colore della pelle? Quanto
tempo sarebbe trascorso prima che
la trasformazione si completasse e
mi uccidesse?
Mi assal l'ansia e l'aria mi
manc. Tirai gi il finestrino e
respirai una lunga boccata d'aria.
Ma non bast. Sentivo il mondo
stringermisi attorno in una morsa
letale. Volevo scendere da quella
macchina.

Pap. sussurrai mentre la


testa mi girava.
Lui non mi sent e io lo chiami a
voce pi alta. Mi lanci un'occhiata
dallo specchietto retrovisore, ma
non mi rispose. Il cuore mi batteva
all'impazzata.
Pap. Per favore, fermati!
Fammi scendere! Voglio scendere!
gridai sputando saliva e lacrime che
mi erano colate come lava
incandescente dagli occhi alle
labbra.
Alla fine lui fu costretto a
ubbidirmi perch involontariamente
aprii lo sportello che la macchina
era ancora in movimento. Scesi,

finendo con i piedi dentro un


cespuglio.
Lui
mi
imit,
avvicinandosi e prendendomi tra le
braccia.
Emma non m'importa se scappi
per andare in Transilvania a visitare
il castello di Dracula in persona. Ma
d'ora
in
poi
voglio
sapere
esattamente dove vai e con chi ti
trovi. Mi hai capito?
C'era autorit e allo stesso
tempo dolcezza nella sua voce. Io
annuii con la testa e dominai le
lacrime. Mia madre scese dalla
macchina
in
quel
momento,
lentamente. Aggir il mezzo per
raggiungerci.

Ancora tra le braccia di mio


padre le lanciai uno sguardo di
sfida, che subito lei raccolse. Mi
scostai un poco da lui.
La nonna stata ammazzata?
domandai senza mezzi termini.
Tirai su con il naso aspettando
una risposta. Mia madre, dopo
qualche istante, fece un cenno con
il capo: aveva annuito.
Alla fine i Tiepolesi si
stancarono della sua malignit.
disse con voce atona. In gruppo
durante una notte di pioggia,
armati di torce, risalirono la
collinetta e la trascinarono fuori di
casa. Lei lanci le sue maledizioni,

le
ultime.
Poi
la
uccisero.
L'impiccarono all'albero di quercia,
poi le fracassarono la testa e le
tagliarono via i piedi, perch cos
che l'antica magia vuole nel caso si
debba uccidere una strega.
cos che tua nonna morta.
Mi rivenne alla mente la quercia
poco distante dalla piccola casa che
era stata di mia nonna; mi ero
ritrovata cos vicina al luogo dove
venne uccisa senza nemmeno
saperlo. Immaginavo una storia
simile.
Solo non mi aspettavo che mia
madre la raccontasse nei minimi
dettagli.

Questo posto orribile.


sussurrai, chinando lo sguardo.
Questo posto casa nostra.
rispose lei.
Quindi risal in macchina senza
aggiungere altro. Mio padre mi
afferr il viso tra le mani e mi
asciug con le dita le lacrime. Mi
baci sulla fronte e mi consigli di
risalire e tornare a casa. Disse che
avevo bisogno di molto riposo.
Ubbidii, e restammo in silenzio per
tutto il tempo. Mi sforzai di non
pensare a nulla. Ero troppo stanca.
Quando arrivammo a casa, salii
nella mia camera e lasciai cadere
sul pavimento lo zainetto rosa che

si apr: il diario di mia nonna


fuoriusc,
scivolando
sulle
mattonelle
scure.
Lo
ignorai
volutamente e mi gettai sul letto.
Valerio era l, che gi aspettava
nell'ombra.
Ho preferito non rischiare ed
evitare di suonare alla porta.
disse.
La finestra era aperta. L'ha
lasciata cos tuo padre prima di
uscire, ma tranquilla: nessuno
entrato in casa. Non ci sono altri
odori a parte i vostri.
Annuii. Volevo chiedergli se
Christian e Lorenzo stavano bene,
ma inaspettatamente e senza

rendermene nemmeno conto chiusi


gli occhi e mi addormentai. Mi
svegliai che era buio. Doveva
essersi fatta notte da molto poich
dai vetri della finestra entrava solo
oscurit.
Avvertivo un ticchettio continuo,
tenue e ritmico. Pioveva. Mi sollevai
a sedere tastando alla ricerca della
mia abatjour. Quando trovai il
piccolo interruttore lo accesi, e la
camera fu in parte illuminata. Mi
sentivo stordita, come se fossi
svenuta perch qualcuno mi aveva
colpita alla testa. Avevo la nausea.
Poi mi voltai di scatto a guardare
nell'angolo tra l'armadio e la

parete, dove sapevo che gli occhi


vigili di Valerio mi stavano
osservando.
Sono qui! mi assicur lui
facendosi avanti.
Quanto tempo ho dormito?
chiesi sbadigliando.
Tutto il pomeriggio. Sono da
poco passate le nove. Dovevi
essere molto stanca.
Valerio si sedette sul bordo del
letto.
Nonostante
la
scarsa
luminosit, vidi che il suo volto era
cinereo, smorto. Provai una fitta di
compassione per lui.
Perch non riposi un po'? Non
hai una bella cera! Ora sto meglio e

potrei cavarmela bene anche da


sola.
Valerio scosse la testa. I capelli
scuri non si mossero come se
fossero incollati al viso.
No, non ho sonno. Non mi sento
stanco, anzi. Credo che dovrai
abituarti alla mia nuova cera.
Gli sorrisi.
In giro potremmo dire che hai
cambiato look. Per somigliare
magari a uno di quei componenti
delle band strane che ascolti!
Lui ricambi il sorriso e fece
l'occhiolino. Mi tiene un buffetto
sulla guancia. Repressi un brivido:
le sue dita era gelide.

Ottima idea. rispose.


Poi tornai seria. Come sta
Christian?
Vidi Valerio storcere il naso,
come se avesse avvertito un odore
davvero fastidioso.
Emma non puoi immaginare
che fetore emani quando stai vicino
a lui!
Io scoppiai a ridere imbarazzata,
e lo colpii su un braccio. Non gli si
poteva nascondere proprio niente.
Ma che cosa dici? lo
rimproverai, avvampando
sulle
guance.
Quindi decisa a cambiare
argomento gli chiesi ancora: E

Lorenzo come sta?


Valerio sospir e attese qualche
istante prima di rispondere. Quindi
annus l'aria. Si alz di scatto e
senza alcun preavviso torn a
nascondersi nell'ombra. In quel
momento la porta della camera si
apr, e mio padre accese la luce
prima di entrare.
Sei sveglia! esord.
Quindi guard Valerio, immobile
come una statua di marmo tra
l'armadio e la parete.
Puoi lasciarci soli per qualche
istante? chiese cercando di essere
il pi gentile possibile. Immaginai
che doveva essere difficile per lui

sapere che un ragazzo, maledetto o


no, si trovasse in camera da letto di
sua figlia. Tuttavia sembrava aver
capito che la sua presenza era
indispensabile alla mia incolumit.
Valerio, senza rispondere, incroci
le braccia al petto e lasci
lentamente la stanza.
Mi lanci un'occhiata veloce e si
richiuse la porta alle spalle.
Un tuono cadde poco lontano da
noi, e mi fece sobbalzare. Mi strinsi
nelle spalle rabbrividendo. Guardai
sui vetri della finestra la pioggia
colare gi come tante piccole
lacrime.
Che tempaccio. esclamai.

Mio padre rest in piedi; non mi


rispose.
Ti ha costretta qualcuno ad
andare l? domand.
Mi voltai a guardarlo. Sapevo
bene a cosa si riferiva. Non riusciva
a pronunciare quelle che potevano
sembrare
all'apparenza
delle
semplici parole: casa di tua nonna.
No, pap. stata una mia
decisione. E mi sento responsabile
per quello che accaduto a
Christian.
Mio padre annu. Non riuscivo a
capire
se
fosse
arrabbiato,
preoccupato o dispiaciuto. Forse
una mescolanza di tutte e tre le

cose.
Non m'interessano queste
stupide storie, Emma. disse.
Delle maledizioni, di tua nonna, di
streghe e quant'altro. A me
interessa di te. Se ti fosse accaduto
qualcosa non me lo sarei mai
perdonato. Si pass nervosamente
una mano sul viso. Sospir e
incroci le mani dietro la schiena.
Mi dispiaceva vederlo cos in ansia
per me.
Pap, mi dispiace. dissi
sapendo che non sarebbe servito a
niente.
Mio padre si sedette accanto a
me. Mi guard a lungo, e io provai a

indovinare i suoi pensieri senza


riuscirci.
Sono molto arrabbiato con te,
Emma. pronunci poi tuttavia
senza rimprovero nella voce.
Avresti dovuto dirmelo.
La mamma non mi avrebbe mai
lasciata andare.
Non ho detto che dovevi dirlo a
lei! Ho detto che dovevi dirlo a me!
A me soltanto.
Aveva ragione. Ma chi mi
assicurava che una volta rivelatogli
le mie intenzioni, poi non sarebbe
andato a spifferarle a mia madre?
Non voglio che ci siano pi
segreti tra di noi, Emma. disse

afferrandomi una mano. Se c'


davvero un destino che ti aspetta,
se il tuo compito sar quello di
diventare come tua nonna o di
prendere le distanze da lei, io vorr
esserci.
Guardai mio padre con aria
diffidente e sospettosa. Ma la sua
espressione seria e sincera mi
fecero capire che non stava
scherzando, e che non era stata
mia madre a convincerlo a
rivolgermi quelle parole e magari
farmi rivelare cos'era accaduto in
casa di mia nonna.
La nostra conversazione fu
interrotta dalla voce di mia madre

che al piano di sotto sembrava


discutere con qualcuno. Pensai
subito che avesse attaccato Valerio,
e balzai gi dal letto decisa a
scendere le scale e a difenderlo.
Invece quando io e mio padre la
raggiungemmo in salotto, lei stava
parlando al telefono in modo
animato, misurando a grandi passi
il pavimento. Valerio era seduto sul
divano, l dove era stato ritrovato
mio nonno. Scossi la testa: dovevo
smettere di farmi suggestionare da
quel pensiero, o sarei stata
costretta a chiedere a mio padre di
portare via quello che in realt era
un bellissimo e comodo sof.

Non se ne parla, no. stava


dicendo mia madre al suo
interlocutore.
Infondendomi coraggio, mi andai
a sedere accanto a Valerio. Gli
chiesi con gli occhi chi fosse al
telefono, ma lui si limit a fare
spallucce. Mia madre accorgendosi
della nostra presenza, si ferm, ma
evit di guardarci. Si volt verso il
lavello della cucina e fiss le gocce
di acqua che stillavano dal
rubinetto. Quindi si affrett a
interrompere la
conversazione,
salut e spense il telefono.
Chi era? chiese subito mio
padre.

Mia madre era restia a parlare.


Apr il frigo e recuper una bottiglia
di th fresco.
La vecchia Gilda. rispose
laconica.
Ti ha detto come sta
Christian?
mi
affrettai
a
domandare.
Lei bevve d'un sorso il suo th
attaccandosi
direttamente
alla
bottiglia, cosa che faceva assai
raramente e che rimproverava a me
e a mio padre quando lo facevamo.
Chi se ne frega di quel ragazzo,
con tutto il rispetto parlando!
Mio padre alz gli occhi al cielo e
mi guard: sapeva che avrei

raccolto quella provocazione e che


sarebbe scoppiata di l a poco una
nuova lite. Ma pensai fosse proprio
quello che mia madre voleva,
spostare l'argomento su di lui e
allontanare l'attenzione da qualcosa
di pi importante. E io questa volta
non l'assecondai.
Che cosa voleva Gilda? chiesi.
Non parler con quel mostro
seduto comodo sul mio divano!
grid sprezzante.
Valerio fece per balzare in piedi,
ma io lo trattenni per un braccio.
Mamma, ora di smetterla.
dissi. Che cosa voleva la vecchia
Gilda?

Mia madre si volt. La faccia


paonazza e le labbra tremanti non
mi fecero presagire nulla di buono.
Che fosse accaduto qualcosa a
qualcuno? No, la sua reazione
sarebbe
stata
di
totale
indifferenza.
Fece un profondo sospiro. Mio
padre le si avvicin pronto a
sostenerla poich temeva che
potesse svenire da un momento
all'altro.
Gilda mi ha chiamato per dirmi
che Carmine ha in mente un piano,
una cosa assurda.
E quale sarebbe? domand
mio padre.

Mia madre si appoggi al lavello


e m'indic.
Fare di lei un'esca! rivel con
voce stridula, inclinata. Lei! Perch
non me, allora? Perch mettere in
pericolo la vita di mia figlia?
Per quello che vale, un buon
piano!
s'intromise
Valerio
pensieroso e serio.
Lo guardammo come se avesse
appena parlato in una lingua
sconosciuta. Lui si accorse dei nostri
sguardi e si affrett a schiarirsi la
voce e a spiegare: Voglio dire: se
prima a casa di Marta Vasselli non
fossimo stati colti di sorpresa ma ci
fossimo preparati allo scontro,

avremmo
vinto
di
sicuro,
ammazzato tutti i Teschi e
catturato quell'orrenda Bestia e
scoperto inoltre chi sia questa
dannata discendente! Emma che
cercano, signora, oramai chiaro.
lei che volevano oggi.
Mio padre si agit a quelle
parole. Stava per contraddirlo,
quando sentimmo bussare alla
porta. Ci voltammo tutti in direzione
dell'ingresso,
come
se
ci
aspettassimo che qualcuno entrasse
da l da un momento all'altro. Il
pugno batt di nuovo, e poi ancora
una volta.
Io mi feci piccola accanto a

Valerio, che s'irrigid pronto a


scattare e colpire. Mio padre fece
per muoversi e andare a vedere chi
fosse, ma mia madre lo blocc.
Non sentivo questo avviso da
anni. sussurr con voce tremante.
Ci aspettano in Chiesa. il
segnale dell'Assemblea. Quando ero
bambina mi terrorizzava.
Io pensavo fosse solo una
leggenda Tiepolese quella dei tre
colpi alla porta e dell'Assemblea.
fece Valerio con voce dura e
controllando il respiro.
Se si fosse trasformato l davanti
agli occhi dei miei genitori, avrei
potuto dire addio alla mia personale

guardia del corpo.


Inaspettatamente mia madre
inizi a canticchiare con voce
melodica: Oh, voi, bambini tutti a
nanna, passa l'uomo col batacchio a
bussar a tutte le porte, bum bum
bum per tre volte, siam chiamati all
'Assemblea
dove
le
streghe
ucciderem. Oh, voi, bambini tutti a
nanna.
Fece un sospiro e rabbrivid.
Credevo di averla dimenticata.
disse.
Cal il silenzio per qualche
minuto. Tesi l'orecchio in attesa di
un nuovo colpo alla porta che non
arriv. Dovetti fare uno sforzo

enorme per convincermi che non lo


avessi solo sognato. La pioggia
sferzava le tegole e picchiettava i
vetri delle finestre, senza sosta.
L'idea di uscire con quel tempo non
mi
piaceva
affatto.
Volevo
tornarmene a letto e dormire
profondamente come avevo fatto
quel pomeriggio.
Un lungo sonno privo di sogni,
ristoratore e corroborante. Poi il
risveglio in tutto quel mare di
follia.
Dobbiamo andare! disse mia
madre. Tutti quanti!
Andare dove? domand mio
padre come se non avesse

ascoltato quello che era stato detto


fino ad allora, cantilena compresa.
In Chiesa. Ci stanno
chiamando. C' una situazione
urgente da risolvere. rispose lei
muovendosi verso l'appendiabiti
nell'ingresso.
Per la prima volta dopo tanti
giorni, ero d'accordo con lei. Mi
alzai e Valerio mi imit.
Stasera ci sar da divertirsi.
mi bisbigli sfregandosi le mani,
eccitato come un bambino davanti
alle giostre.
Io gli lanciai un'occhiataccia
chiedendomi cosa ci trovasse di cos
divertente. Forse per gli abitanti di

Tiepole quella era una novit, un


evento che non avveniva da anni,
che spezzava la monotonia e
allentava la tensione. Anche se io in
quel momento ero pi nervosa che
mai.
Se
era
stata
indetta
un'Assemblea (ignoravo ancora
completamente come si svolgesse e
chi
potesse
essere
stato),
immaginavo quale poteva essere
l'argomento.
Laura, riflettiamoci un attimo.
parl mio padre. E se fosse un
trucco? Una scusa per farvi uscire
allo scoperto?
Mia madre lo fulmin con lo
sguardo. Non aveva nemmeno

preso in considerazione quella


ipotesi, ed era chiaro che non
l'avrebbe mai fatto.
L'Assemblea un rituale antico
quasi quanto Tiepole. Nessuno
oserebbe scherzare mai sulle
antiche credenze; il trasgressore
verrebbe
punito
severamente.
Credevo di averti detto che qui ci
sono regole molto rigide!
S'infil la giacca e allacci i
bottoni frettolosamente, lasciando
stare gli ultimi due. Il richiamo
all'Assemblea
aveva
scatenato
qualcosa in lei; nessuno l'avrebbe
fermata dall'uscire in strada sotto la
pioggia e andare in Chiesa. Stava

tornando, senza accorgersene, alle


vecchie abitudini. Ci guard con
sguardo severo, intimandoci di
seguirla. Io e mio padre ci
scambiammo un'occhiata fugace e
preoccupata. Ubbidimmo solo per
compiacerla.
Nell'arco di cinque minuti
eravamo tutti e quattro fuori di casa
sotto la pioggia. Mia madre e mio
padre
dividevano
un
grosso
ombrello verde, io e Valerio uno
blu. La strada era scivolosa, e
fummo costretti a procedere
lentamente. Inciampai
in un
sampietrino,
ma
Valerio
mi
riacciuff al volo impedendomi di

cadere.
Cavolo Emma! Spero che
quando ti trasformerai i tuoi riflessi
saranno pi pronti! mi rimprover
scherzosamente.
Quando mi trasformer, ti
riempir di lividi! lo minacciai allo
stesso modo. Lo fissai, le profonde
occhiaie sotto gli occhi gli velavano
il viso di un'ombra cupa e funesta,
cancellandogli l'espressione bonaria
che sapevo avesse. Un dubbio mi
colse. Lo strattonai per un braccio.
Valerio, ma noi stiamo andando
in Chiesa! Ai vampiri non piacciono
quei posti l!
Valerio scoppi a ridere. I miei

genitori si fermarono e si voltarono


a guardarci. Io gli feci cenno che
era tutto a posto, e tornarono a
camminare.
Ti prego Emma! mi sgrid lui
fingendo di essere arrabbiato.
Smetti di guardare troppa TV e
torna nel mondo reale!
Io mi aggrappai al suo braccio e
lo fissai negli occhi.
questo il guaio. Non so pi
cosa sia reale e cosa no.
Valerio mi cinse la schiena con
un braccio, e con una mano mi
palp prima il fianco e poi le
natiche. Io lanciai un gridolino e mi
scostai un poco da lui rischiando di

scivolare e bagnarmi. Lo colpii su


un braccio, fingendomi indignata.
Lui rise ancora.
Questo era reale, no?
Fin troppo! risposi io
colpendolo ancora.
Eppure sono un mostro. Non
dovrei essere reale. Ma sono qui
accanto a te e posso toccarti come
e quando voglio.
Su questo ultimo punto io avrei
qualcosa da ridire! lo rimproverai
agitandogli un dito sotto il naso.
Lui sghignazz e torn a
guardare di fronte a s. Non mi ero
accorta che avevamo superato
l'arco con lo stemma delle due

famiglie fondatrici di Tiepole.


Stavamo percorrendo la strada per
ridiscendere al bar e alla piazza, ma
svoltammo a destra.
Un piccolissimo arco a volta,
stretto e buio, conduceva in una
piazzola circolare. L si ergeva una
modesta costruzione in mattoni
grigi; al suo fianco un campanile
svettava
al
cielo
dando
l'impressione di sfiorarlo. La Chiesa,
sebbene fosse un luogo sacro e
forse per questo sicuro, non era
comunque uno spettacolo bello da
vedersi in quella notte piovosa. Il
portone era gi spalancato e il
tremolio
di
una
luce
fioca

s'intravedeva al suo interno. Ne usc


una figura mentre ci avvicinavamo,
che scomparve subito. Io mi strinsi
a Valerio, iniziando a pensare che
forse mio padre poteva aver
ragione. Ma oramai era troppo tardi
per tornare indietro. Salimmo i due
gradini dei quali non mi ero accorta
(e sui quali inciampai di nuovo
provocando un'altra risatina di
Valerio), chiudemmo gli ombrelli
abbandonandoli accanto agli altri e
varcammo il
portone, l'unico
ingresso della Chiesa. Erano gi
tutti l: Lorenzo, Empira, la vecchia
Gilda, Carmine.
Anche il sindaco, Ines Brambilla

e altre persone che non conoscevo.


E c'era anche Christian, seduto
su una delle prime panche di fronte
all'altare. Quando lo vidi il mio
cuore manc di un battito, e a
fatica repressi il desiderio di correre
da lui e chiedergli come stava.
Attir poi la mia attenzione la figura
di Silvia che, seduta dietro il
fratello, mi lanci un'occhiata che
non seppi per decifrare. Ci si fece
incontro un uomo sulla cinquantina,
brizzolato, con il viso perfettamente
rasato e lo sguardo bonario.
Indossava uno scuro abito talare.
Allung le mani verso di me.
Emma Onofri! esord. Io sono

Don Luigi!
Mi afferr una mano e senza
aggiungere altro mi trascin con
s.
Mio padre cerc di fermarlo, ma
fu subito bloccato da mia madre.
Lanciai un'occhiata spaventata a
Valerio, che invece mi rivolse un
cenno con il capo come a dire che
era tutto a posto. Davanti agli
sguardi apparentemente indifferenti
di tutti i presenti, il prete mi port
con s verso la cabina del
confessionale. Prima che potessimo
entrarci, Christian ci sbarr la
strada.
Devo farlo, Christian. si

giustific Don Luigi. Lo sai anche


tu questo.
Proprio adesso? gli domand
lui senza guardarmi.
Io al contrario lo fissai per
assicurarmi che stesse bene; e fu
enorme per me la sorpresa di
scoprire
che
sembrava
aver
recuperate del tutto le forze, tanto
che la lotta con l'orrenda Bestia
poteva considerarsi un episodio
accaduto tanto tempo addietro
invece di qualche ora prima.
S, adesso. Nel frattempo
chiudete la porta! Grid quelle
ultime parole, in modo che tutti lo
udissero. Si avvert un istante dopo

un tonfo sordo: il portone che


veniva serrato. Pensai di essere in
trappola.
Guardai
Christian
implorandolo con gli occhi di
aiutarmi, di non lasciarmi sola con
quel prete sconosciuto, ma lui chin
il viso e si allontan senza
nemmeno sfiorarmi con lo sguardo.
Quel suo comportamento mi
rattrist. Avevo forse fatto qualcosa
di male? Che sua sorella gli avesse
raccontato mille bugie su di me?
Don Luigi mi invit (anche se
obbligare sarebbe la parola giusta)
a entrare nel confessionale. Una
volta dentro fui costretta a
inginocchiarmi poich l'abitacolo era

cos stretto e piccolo che non


potevo fare altrimenti. Il prete,
dall'altra parte, scost la tendina
che ci divideva. Ci ritrovammo
faccia a faccia.
Tutto bene? mi chiese.
Io scossi la testa. Che razza di
domanda era quella?
Purtroppo Dio per te ha scelto
un
sentiero
molto
impervio,
Emma. Senza darmi il tempo di
rispondere cacci fuori una piccola
ampolla, la stapp e mi gett
dell'acqua sul viso. Socchiusi gli
occhi, sobbalzando. Mi asciugai in
fretta con le maniche della
giacchetta.

Ma scemo per caso? sbottai,


furibonda.
Poi mi ricordai con chi stavo
parlando e dove mi trovavo e mi
scusai, mortificata per il mio
comportamento.
Il
prete
mi
osservava scrupoloso.
Nessun effetto collaterale.
comment tra s. Lo sapevo.
Quelle che vanno in giro sono solo
chiacchiere.
Chiacchiere? Ma che sta
dicendo.
Mio padre era il parroco di
Tiepole quando accaddero i casi
riguardanti tua nonna. inizi a
spiegare. E mi costrinse a vestire

quest'abito perch continuassi come


lui ad aiutare ed esorcizzare le
anime di questo paese. So cosa
vuol dire essere i discendenti di
qualcuno.
Io non sono la discendente di
nessuno! cercai di correggerlo in
tono
pi
educato
possibile,
continuando a strofinarmi la pelle
del viso come se mi avesse gettato
addosso del fango.
Sebbene quella fosse solo acqua,
sembrava pesare in maniera
alquanto strana sulla mia faccia,
come
se
volesse
entrare
prepotentemente dentro di me
attraverso i pori della mia pelle.

S e no. Forse s, forse no.


replic lui.
Lo
guardai
con
aria
interrogativa.
Sei maledetta anche tu,
Emma. aggiunse dopo una breve
pausa.
Guarda le tue mani.
Le staccai finalmente dal viso e
abbassai gli occhi lentamente a
guardarle, convinta che le mie dita
si fossero trasformate come era
accaduto a Lorenzo. Invece non vidi
nulla di strano.
Non capisco.
Sollevai la testa e sobbalzai. Il
cuore mi arriv alla gola e solo

quello mi trattenne dal cacciare un


grido. Davanti a me, al posto di
Don Luigi, era comparsa la sagoma
di una vecchina. Non impiegai
molto a capire chi fosse.
Ciao Emma. parl con voce
roca, bassa e lenta. Sei diversa da
come ti ho vista l'ultima volta. Eri
cosi piccina.
Cercai
di
uscire
dal
confessionale, ma avevo perso l'uso
degli arti inferiori che non
rispondevano a nessun comando.
Chinai la faccia; non ce la facevo a
guadare mia nonna. La mente mi
ripeteva che fosse tutto un sogno.
Un incubo. Tremavo come una

foglia, e aspettavo il momento in


cui sarei svenuta battendo la testa.
Mi manc il respiro. Le orecchie mi
fischiarono.
Emma! Mi chiam la voce del
prete. Ma io serrai gli occhi, per non
vedere.
Emma! Era lei? Hai visto tua
nonna? mi domand ancora la
voce maschile. Don Luigi allung
una mano verso di me e mi sfior
un braccio. Questa volta lasciai
andare un grido. Non pass qualche
secondo che mio padre corse da
me.
Che cosa successo?
domand irato.

Mi prese tra le braccia e mi


trascin fuori dal confessionale.
Adesso io e mia figlia ce ne
torniamo in citt, e guai a chi prova
a fermarci! Sono stufo, stufo di
questo posto! Mi prese in braccio
come se fossi una bambina di pochi
anni. Si avvi verso il portone, sotto
gli sguardi dei presenti che non
mossero un muscolo. Nemmeno
mia madre si cur di quello che suo
marito stava facendo. Io all'inizio
restai immobile e ancorata alle sue
braccia. Poi tentai di divincolarmi,
chiedendogli di farmi scendere.
Avevo capito cos'era successo.
Don Luigi doveva aver praticato su

di me una sorta di rito; gettandomi


addosso dell'acqua santa aveva
volutamente
cercato
di
far
emergere le mie paure pi nascoste
tentando in quel modo di far luce su
di me, su quella che ero e che
potevo diventare. Aveva parlato a
proposito della mia maledizione.
Forse voleva solo scoprire cosa
riguardava.
Pap, mettimi gi! Mi
divincolai a tal punto che mio padre
fu costretto a lasciarmi andare se
non voleva rischiare di farmi
cadere.
Senza dire nulla e senza
permettergli di parlare, tornai al

confessionale dal quale il prete era


appena uscito.
S, l'ho vista. Era lei. parlai
nervosamente,
incrociando
le
braccia al petto e battendo
ritmicamente
un
piede
sul
pavimento.
Don Luigi annu con la testa.
Quindi mi invit a prendere posto
su una delle panche. Lui sal
sull'altare e si piazz accanto al
sindaco; sembrava che volessero
dire messa assieme. Io mi voltai a
guardare mio padre: si era seduto
su una delle ultime panche in
fondo, da solo.
Aveva un'espressione corrucciata

sul volto. Provai pena nei suoi


confronti, ma non potevo farci nulla.
Forse quella notte avrei scoperto
qualcosa sulla mia maledizione, su
come sarei cambiata e quando.
Non potevo andarmene. Oramai
era troppo tardi per tornare in
citt.
Lorenzo mi chiam con un cenno
della mano destra; era seduto
accanto a Christian e a Valerio.
Lanciando un'ultima occhiata a mio
padre, che continuava a guardare il
pavimento musivo della chiesa,
andai a sedermi tra di loro.
Christian mi lanci questa volta una
rapidissima occhiata. Silvia sedeva

dietro di noi, assieme a due uomini


che non conoscevo. Lei non mi
degn di considerazione, e io
rinunciai all'idea di salutarla.
Tornai a guardare Christian;
stavo per dirgli qualcosa, quando il
sindaco parl. La sua voce
riecheggi per l'unica navata dal
soffitto a volta. Pendevano da l due
lampadari scuri, adornati di strani
simboli delle pi svariate forme e
dimensioni. Li osservai cercando di
capirne il significato, ma senza
riuscirci. Quindi lasciai perdere, e
tornai a guardare il sindaco. Al suo
fianco, Don Luigi mi fissava senza
battere ciglio. Quando me ne

accorsi abbassai lo sguardo, a


disagio.
Aspettavamo tutti con ansia
questo
momento.
cominci
Vincenzo De Paolis guardando uno
ad uno i volti delle persone
presenti.
Sono passati vent'anni dalla
morte della strega, e conosciamo
tutti la profezia che lanci sul
nostro paese. La discendente
torner a finire il suo lavoro.
Senza rendermene conto la mia
mano scatt in aria mostrando
l'indice, come se fossi a scuola e il
sindaco avesse fatto una domanda
della quale conoscevo la risposta.

L'uomo s'interruppe e mi chiese


cosa avessi. Abbassai lentamente il
braccio e voltai un poco la testa per
cercare mio padre, ma i capelli folti
e biondo cenere di Silvia mi
ostacolavano la visuale. Mia madre
invece, dalla parte opposta alla
quale ero seduta io, mi guard con
aria seria e impassibile.
Io. balbettai pentendomi
subito di aver attirato l'attenzione
su di me. Io mi chiedevo. Mi
schiarii la gola e mi alzai in piedi.
Ho sentito molto parlare in questi
giorni del lavoro di mia nonna e
volevo sapere cosa.
Che cosa far la discendente?

fin per me Don Luigi.


Io annuii e tornai a sedere.
Cara Emma. riprese il sindaco.
quello che vorremmo sapere
anche noi!
Scoprii mio malgrado che i
Tiepolesi erano all'oscuro delle cose
esattamente come lo ero io. Questo
se non altro mi poneva al loro
livello, e non mi faceva apparire pi
stupida e impotente di quanto non
mi sentissi gi.
Il punto : abbiamo scoperto
chi sia la discendente? domand
Ines con voce roca. Mi voltai a
guardarla e mi torn in mente il
fantasma di Concetta, la sorella che

aveva perduto da anni e della quale


non erano state mai ritrovate le
ossa.
Repressi
l'impulso
di
raccontarle la verit proprio in quel
preciso momento. I miei genitori
aveva detto che si sarebbero
occupati loro del caso; ma era
evidente che non l'avevano ancora
fatto. La donna si accorse che la
stavo fissando, e io mi affrettai ad
allontanare lo sguardo che si pos
su una delle statue presenti nella
chiesa, una Maria Addolorata. Il
dolore che l'artista le aveva dipinto
sul volto era cos reale che
m'impietosii.
I Teschi la proteggono. rispose

Don Luigi. impossibile trovarla.


Impossibile! sbott Carmine in
piedi in fondo alla Chiesa. Nessuno
l'ha mai cercata! Abbiamo atteso
troppo, avremmo dovuto scovarla
molto prima e non aspettare che la
situazione degenerasse.
Io ho la situazione sotto
controllo! rispose il sindaco che
intese quelle parole come un
affronto personale.
I nostri giovani si stanno
trasformando!
s'intromise
la
vecchia Gilda seduta poche file
dietro alla mia. Questa la chiami
situazione sotto control o?
Lorenzo si agit sulla panca

facendola tremare tutta. Notai che


nascondeva la mano sinistra nella
tasca dei pantaloni. Nessuno os
rispondere alla provocazione di
Gilda. Sapevamo tutti che aveva
ragione. Osservai con la coda
dell'occhio Christian: fissava davanti
a s con aria pensierosa; avrei dato
qualsiasi cosa pur di sapere quello
che stava pensando.
Questa una realt di fatto,
purtroppo. E credo che fosse
inevitabile. concluse alla fine il
sindaco, senza tuttavia essere
sicuro di ci che diceva. La mia
mano scatt di nuovo in aria. Il
sindaco e Don Luigi mi fissarono, il

primo con aria seccata, il secondo


con espressione curiosa.
Che cosa c', Emma? mi
chiese il sindaco con voce pi
educata possibile.
Che cosa sono i Teschi?
chiesi.
Ma che razza di domanda.
La voce di Carmine copr quella
irritata del sindaco: I Teschi
esistono dall'epoca di Tiepolo
Costantini. Erano un piccolo ordine
di stregoni che operavano la magia
nera. Poi con il tempo si sono
evoluti e ridotti a essere una
congrega di ragazzacci travestiti.
Ma credo che la discendente li

utilizzi come il suo esercito


personale.
Sappiamo tutti chi sono! grid
la vecchia Gilda, irata. Ma nessuno
fa niente per prenderli!
Non ne abbiamo le prove
sufficienti! ribatt il sindaco,
adirato questa volta. Non posso
entrare in casa di uno dei miei
cittadini e frugargli nei cassetti per
trovare delle prove inesistenti! Non
legale!
Legale o no, io ho l'impressione
che qui non si voglia far nulla.
continu la vecchia Gilda. I
Tiepolesi sono sempre stati un
popolo di lavativi e fatalisti!

Mi voltai di scatto a guardare la


vecchia Gilda: avevo letto le stesse
identiche parole nel diario di mia
nonna. Lavativi e fatalisti.
Marta Vasselli aveva definito i
suoi compaesani allo stesso modo.
Mi colse un sospetto che la mia
mente
si
affrett
subito
a
sopprimere.
Proprio tu Gilda accusi noi! la
rimbecc il sindaco. Tu che avevi il
compito di vigilare sull'antica
magia, e hai fallito!
Le loro voci risuonavano per la
navata rimbombando come tuoni.
Fui tentata di tapparmi le
orecchie per il fastidio. La vecchia

Gilda balz in piedi a seguito di


quella
provocazione.
Empira
afferr la nonna per il braccio
tentando di calmarla, ma senza
riuscirci. Fu Carmine a mettersi in
mezzo e a cercare di mitigare gli
animi.
Stiamo calmi! disse avanzando
e raggiungendo l'anziana donna che
invit con un gesto della mano a
rimettersi seduta.
Lei ubbid, contrariata. Borbott
qualcosa sottovoce, e poi tacque.
Questa sera siamo stati
chiamati
per
risolvere
una
questione importante: trovare la
discendente e decidere che cosa

farne. disse Carmine rivolgendosi


a tutti. Per favore, atteniamoci al
programma.
E se fosse gi qui in mezzo a
noi? parl la voce di uomo
sconosciuto che si alz in piedi. Era
seduto dietro mia madre; le
profonde
rughe
sulla
faccia
indicavano che aveva oramai
superato i sessant'anni. Indossava
una camicia chiara e i pantaloni
dello stesso colore. Il colore del viso
era rossiccio. Mi fissava con due
occhi scuri, attraverso uno sguardo
furbo e falso.
Non lei. si affrett a dire
Don Luigi. Non ha avuto reazioni.

Mi sorse sul viso un sorriso


spontaneo. Non ero io. La
discendente non ero io. Adesso tutti
lo sapevano, nessuno avrebbe pi
avuto il diritto di accusarmi
ingiustamente.
Magari protetta da un
incantesimo. azzard lo stesso
l'uomo.
Barcoll, come se fosse ubriaco.
E forse lo era davvero. Le sue
parole mi fecero trattenere una
risata.
S, forse Antonio ha ragione!
l'appoggi una ragazza bionda
seduta in fondo con voce melliflua.
Chiss se non stata lei a

uccidere Achille Pagliari! Rabbrivid


e si strinse nelle spalle. Che scena
terribile! aggiunse piagnucolando.
Non ci misi molto a capire che
quella poteva essere Elisa, la
ragazza che aveva ritrovato il corpo
di mio nonno. Mi rifiutai a priori di
rispondere a una simile illazione. Fu
mia madre a farlo per me: facile
puntare il dito contro gli altri!
disse con voce ferma e sicura.
Si alz in piedi. Lanci
un'occhiataccia a Elisa, quindi si
rivolse al sindaco e a Don Luigi.
Adesso che avete scoperto che
mia figlia non la discendente,
spero che la lascerete stare!

maledetta dal giorno del suo


battesimo. Non addossatele altre
responsabilit, per favore.
Sapevo che mia madre stava
solo cercando di difendermi, eppure
le sue parole mi ferirono. E
inevitabilmente furono causa di
sguardi meravigliati e spaventati;
sentivo addosso gli occhi di tutti,
come se fossi un animale dentro la
gabbia di un circo. Sentivo crescere
sempre di pi il desiderio di uscire
fuori, e molto probabilmente sarei
scappata se Christian non avesse
posato una mano sulla mia.
Sussultai
sotto
quel
tocco
inaspettato e mi voltai a guardarlo.

Lui fissava davanti a s come se


nulla stesse accadendo.
La mascella quadrata e dura mi
fece smuovere qualcosa nelle
viscere. Mi ritrovai a fare pensieri
davvero poco ortodossi, e me ne
vergognai
rimproverandomi
e
ricordando a me stessa dove mi
trovassi. Arrossii violentemente e
chinai la testa cercando di
dominarmi. Quando il portone della
chiesa si apr di colpo sbattendo,
sobbalzai e lui aument la stretta
sulla mia mano. La pioggia entr
bagnando il pavimento, e il rumore
di un tuono rimbomb per la navata
cos forte che la terra parve tremare

sotto i miei piedi.


Ci voltammo tutti a guardare.
Delle figure erano appena apparse
sulla soglia.

La tomba trafugata
Entrarono due donne, un uomo e
due giovani. Uno di questi ultimi
richiuse con violenza il portone;
sgrull il suo ombrello per liberarlo
un poco dalla pioggia formando cos
una piccola pozzanghera sull'antico
pavimento musivo.
Perdonate l'irruenza. parl una
delle
donne
che
riconobbi
all'istante.
Era
impossibile
dimenticarsi
della
madre
di
Christian, che non appena la vide
mi lasci la mano e si affrett ad
alzarsi in piedi.
Silvia, al contrario, scivol con la

schiena lungo la panca e cerc di


farsi un tutt'uno con il legno,
sperando di non essere notata. Il
suo
comportamento
faceva
chiaramente intendere che era l
presente senza il permesso della
madre.
Abbiamo bussato, ma non ci
avete sentito. continu mentre si
sfilava dalla mano destra un guanto
bianco. Nessuno ci ha informati
dell'Assemblea!
Forse perch non siete stati
invitati! rispose la vecchia Gilda
senza mezzi termini.
La donna la ignor volutamente.
La Chiesa precipit in un silenzio di

tomba. Ne approfittai per scrutare


bene i nuovi arrivati: accanto alla
signora Costantini vidi una donna
bassina, con i capelli scuri e corti,
avvolta in un pesante cappotto blu.
La sua espressione sembrava
spaesata, e c'era la remota
possibilit che si stesse chiedendo
che cosa ci faceva l in quel luogo e
in quel momento. Un uomo la
teneva sottobraccio, esattamente il
suo opposto: alto, caschetto
biondo, vestito completamente di
nero, aveva negli occhi chiari una
luce sinistra che manifestava
un'aria furba e infida. Rabbrividii.
Dei due ragazzi che erano con loro

mi colp in modo particolare uno,


alto castano e piacente: aveva un
braccio fasciato. Trattenni il fiato;
quel particolare la diceva lunga.
Che fosse il Teschio ferito dagli
artigli di Christian?
Posai una mano sul braccio di
Christian, che fissava i due giovani
senza muovere un membro.
Laura! riprese la signora
Costantini.
Dal modo in cui l'aveva
apostrofata, capii che le due si
conoscevano.
Eva! Quanto tempo! rispose
mia madre in tono indifferente.
Non sei cambiata affatto!

Tu invece hai tinto i capelli! Sei


molto pi bionda di quanto
ricordassi! fece mia madre.
Eva Costantini sorrise. Ma il suo
sorriso non aveva
nulla
di
amichevole. Come trovi Tiepole?
Diverso da come lo ricordavi?
Questa volta fu l'uomo alto e
biondo a parlare. Mia madre spost
gli occhi su di lui; si fissarono per un
breve momento.
rimasto tutto come lo avevo
lasciato. rispose.
Trascorse qualche istante di
silenzio. Quelli che erano stati
dentro la chiesa fino a quel
momento studiavano quelli che

venivano da fuori, e viceversa.


Tornai a guardare i due ragazzi:
stessi pantaloni di jeans scuri,
stessa giacca di pelle marrone.
Sembrava che indossassero una
divisa. La mente mi sugger ancora
la parola Teschi. Attir ora la mia
attenzione quello senza fasciatura
al braccio, che dei due era il pi
alto. Occhi scuri, capelli a spazzola.
La sua espressione mi fece ritornare
alla mente qualcosa che mi fece
rabbrividire.
Giulio Basile. sussurrai.
Lorenzo annu.
S. E l'uomo biondo Raffaele
Basile, suo padre. spieg. Quella

accanto a lui sua moglie. Si dice


che soffra di un'incurabile malattia
mentale.
Ma non mi curai dei signori
Basile.
La Bestia. L'orrida bestia che
voleva uccidermi, era appena
entrata in chiesa. L'animale che
aveva
per
poco
ammazzato
Christian. Mi alzai in piedi,
stringendo i pugni. Come osava
guardarci ancora con quell'aria di
sfida? La rabbia mi riboll nelle vene
e in pochi istanti la sentii divampare
per tutto il corpo. Lorenzo mi
agguant per un polso.
Emma, non fare sciocchezze.

disse a voce bassa.


Christian lo ud e si volt un poco
verso di me. Quindi allung una
mano per afferrarmi il braccio
libero. Lorenzo non appena not
quel gesto, lasci il polso che
teneva stretto. Non lessi la sua
espressione dispiaciuta, troppo
impegnata com'ero a lanciare
occhiate piene di rancore a quel
ragazzo dall'apparenza tranquilla.
Di cosa si discuteva? domand
Raffaele Basile.
Di nulla. Pregavamo. Siamo in
una Chiesa. Carmine pronunci
quelle parole mentre avanzava
lento verso i nuovi arrivati. Raffaele

si stacc dalla moglie, che rest


impassibile come un automa, e fece
qualche passo avanti. Entrambi
fremevano
dalla
voglia
di
affrontarsi; la tensione era cos
palpabile che Don Luigi si affrett a
scendere
dall'altare
e
a
raggiungerli.
Temo che dovr chiedervi di far
ritorno nelle vostre case. Devo
chiudere la Chiesa; si fatta l'ora.
disse congiungendo le mani come
se pregasse in silenzio.
Giulio Basile non lo ascolt, e
super tutte le panche fino ad
arrivare a quella dove eravamo
stati seduti io e Christian. Si ferm

poco distante da noi, proprio sotto


la statua dell'Addolorata. Fiss
Christian negli occhi, e lui lo
squadr di rimando. L'aria divenne
all'improvviso pesante, come se si
fosse trasformata per alchimia in
piombo. L'immagine
dei
due
maledetti che si azzuffavano
cercando di ammazzarsi a vicenda
era ancora troppo viva in me.
Nemmeno Giulio portava su di s i
segni di quello scontro, come se
non fosse mai avvenuto, come se lo
avessi sognato nel peggiore dei
miei incubi. Il braccio trafitto dal
pugnale di Carmine sembrava sano
sotto la giacca di pelle. Restarono a

fissarsi per un altro lungo istante.


Quindi Giulio allontan lo sguardo
ghignando, e pos gli occhi su
Silvia.
Mi dica il suo nome, dolce
donzella, perch io non la
conosco! esclam fingendo un
tono amichevole e scherzoso.
Poi facendosi serio: Ti ho
chiamata tante volte al cellulare!
La faccia di Silvia sbianc. Non si
mosse da dove era. Mi sembr un
piccolo animale stanato da un
predatore.
Che ci fai qui? domand Eva
Costantini falciando la navata a
passi pesanti. La sua espressione

totalmente allibita e sconcertata


confermava appieno la mia teoria,
secondo la quale la donna non
sospettava neppure che sua figlia
potesse trovarsi l. Il ticchettio dei
suoi tacchi risuon nelle mie
orecchie ferendomi come tanti
aghi.
Le ho chiesto io di
accompagnarmi! parl Christian
aumentando la presa sul mio polso.
Tu non eri in casa e non volevo
lasciarla da sola!
Eva prima guard la figlia, poi il
figlio, e infine pos gli occhi su di
me. Si arrest di colpo, come se le
avessero staccato la spina. Mi

guard come se fossi un insetto da


scacciare, una minaccia per la sua
stessa persona. La bocca le si pieg
da un lato in una smorfia di
disgusto. Io mi nascosi dietro la
spalla di Christian, fortemente a
disagio. Mia madre si mosse per
venire in mio aiuto, pronta a
difendermi contro qualsiasi cosa
quell'insopportabile
donna
mi
avesse detto. Ma quali battute le
due donne si sarebbero scambiate
non l'avremmo mai saputo: il
portone
si
apr
di
nuovo,
lentamente questa volta, e fece
capolino la testa di un vecchio che
riconobbi subito. Era il primo

Tiepolese incontrato, quello che mi


aveva apostrofato senza alcuna
cortesia chiedendomi chi fossi il
primo giorno che ero uscita in
strada, quando la mia vita era
ancora normale. Entr, con il fiato
corto
e
tutto
tremante,
appoggiandosi alla sua gruccia di
legno bagnata.
Mio padre si alz per soccorrerlo
nel caso gli servisse una mano.
L'anziano uomo, fradicio dalla
testa ai piedi, biascic con voce
roca: La tomba della strega.
Tossicchi.
Io e mia madre ci guardammo.
La tomba della strega. stata

violata. Le sue ossa non ci sono


pi.
Tutte le persone rimaste sedute
scattarono
in
piedi,
simultaneamente. In un breve
attimo la Chiesa si trasform in un
luogo chiassoso, tutti parlavano
schiamazzando, senza controllo.
Don Luigi torn quasi correndo
sull'altare. Accese il microfono che
era sul pulpito e ordin di fare
silenzio.
Tutti
tacquero
all'improvviso.
Ricordatevi dove siamo!
Tornate tutti nelle vostre case!
ordin poi.
Io e il sindaco ci occuperemo

della faccenda.
Ma non capisci, Don Luigi!
rispose la vecchia Gilda con la
faccia paonazza e gli occhi umidi di
lacrime. Era cos terrorizzata che
Empira fu costretta a sostenerla
per un braccio.
Qualcuno vuole risvegliare lo
spirito di Marta Vasselli! disse con
voce spaventata. Quelle parole
provocarono di nuovo il caos. Mia
madre si era allontanata da me e
aveva raggiunto mio padre; li vidi
discutere animatamente. Volevo
raggiungerli, ma Christian me lo
imped. Mi attir a s, e mi
costrinse a guardarlo negli occhi.

Emma, credo di sapere adesso


perch alla discendente serva il tuo
sangue. mi disse. Ma io ti
prometto che non lo avr!
Mi stamp un bacio sulla fronte e
mi lasci andare. Quel brevissimo
contatto bast a farmi girare la
testa, e catapultarmi in un vortice
di emozioni contrastanti. Non
sapevo se essere pi emozionata, o
terrorizzata. Lo vidi scambiare
qualche
parola
con
Valerio;
quest'ultimo mi guard e annu.
Quindi se ne and senza voltarsi
indietro. Valerio mi si avvicin.
Ho l'ordine di non lasciarti mai
sola.
mi
disse
sorridendo.

Altrimenti ha detto che mi sbrana.


E sono propenso a credergli.
Ma lui dov' andato?
domandai, cercando di scorgerlo tra
la folla che si era accalcata tutta
assieme e parlava all'unisono
creando una babele di parole delle
quali non si capiva il senso.
Cercai poi Giulio Basile, ma non
vidi neppure lui. Un terribile
sospetto mi colse. Lorenzo si
avvicin a noi.
Io cosa posso fare? chiese.
Per prima cosa fammi uscire di
qui senza che mia madre mi veda!
s'intromise Silvia che si era
materializzata vicino a me.

Poi si and a nascondere dietro


Lorenzo, che la guard di bieco.
Non hai super poteri. continu
il ragazza non sei anche tu un. Si
arrest dal pronunciare la parola
che tutti aborrivamo o sulla quale
scherzavamo
a
seconda
dell'occasione.
Certo che lo ! disse Valerio
prima
che
l'amico
potesse
rispondere. Avanti, accompagna la
biondina a casa sua!
Lorenzo gli mostr due occhi
carichi di rimprovero, ma non riuscii
a sentire cosa gli rispose perch i
miei genitori mi raggiunsero.
Mio padre mi accalappi per un

braccio trascinandomi via. Valerio fu


costretto a seguirci. Lasciammo la
Chiesa come se ci inseguissero,
senza recuperare i nostri ombrelli.
Correvamo a tal punto da non
vedere gli sguardi insistenti di
Raffaele Basile e di Eva Costantini, i
quali ci seguirono fino a che non
scomparimmo dalla loro visuale.
Camminammo sotto la pioggia
(che si era fatta pi fitta nel
frattempo), lanciando sguardi furtivi
dietro di noi finch non arrivammo
sotto
l'arco
di
pietra.
L
rallentammo
la
corsa,
ma
smettemmo di guardarci le spalle
solo una volta chiusi in casa.

Mio padre serr la porta a


chiave. Mia madre accese la luce.
Valerio annus l'aria, come un
abile segugio.
Qualcuno stato qui! disse.
Annus di nuovo.
Simo. stata qui per la prima
volta.
Impossibile! lo corressi io
sotto gli sguardi interrogativi dei
miei genitori. gi stata qui, l'ho
vista altre due volte.
E finalmente lo capii. La strana
somiglianza tra me e quello spettro,
il fatto che mi avesse aiutata a
trovare il cofanetto nascosto da mia
madre, e che voleva a tutti i costi

farmi uscire di casa e magari darmi


in pasto alla Bestia.
Mamma, potrei vedere qualche
foto della nonna di quando era
giovane?
Mia madre annu, senza fare
domande. Ma gi sapevo cosa avrei
visto in quell'immagine: lo spettro.
Mia nonna, la strega, che non avevo
mai conosciuto in vita mia e della
quale tutti parlavano avendone
timore, io in realt l'avevo gi
incontrata.

L'aggressione
Pigiai il pulsante play e mi
accoccolai sul letto. Passarono
pochi secondi e la musica inizi. Le
prime note di I will be, cantata da
Leona Lewis, riempirono la stanza.
Mi cinsi le ginocchia con le braccia.
Ero stanca, esausta. Mi faceva male
la testa e il panino mandato gi di
corsa perch mio padre aveva
insistito mi andava su e gi per
l'esofago. Mi guardai intorno,
timorosa
che
qualche
altro
fantasma si fosse introdotto in
camera mia. In realt, nell'angolo
tra l'armadio e il letto, c'era solo

Valerio che mi guardava senza


fiatare. Ebbi come l'impressione che
fosse cresciuto in altezza e che le
ossa delle spalle gli si fossero
ingrossate. Lo vidi fare una
smorfia.
Questa musica terribile! si
lament.
Io non risposi, sebbene volessi
difendere una delle mie canzoni
preferite. Un nodo mi stringeva la
gola, dolorosamente. Evitai di
guardare Valerio, cos che non
potesse accorgersi che i miei occhi
si riempivano di lacrime. Desiderai
che non fosse l in quel momento;
volevo restare da sola con me

stessa, anche se sapevo fosse


pericoloso. Chi si era spinto fino al
punto di rivangare e trafugare le
ossa di mia nonna, non si sarebbe
fermato solo a quello.
Tutti erano d'accordo sul fatto
che qualcuno stava praticando un
incantesimo per risvegliare l'anima
della donna; e l'ingrediente che
mancava era il mio sangue. O
quello di mia madre, ma secondo la
vecchia Gilda (con la quale
avevamo parlato pochi istanti prima
per telefono) il tradimento di mia
madre, ovvero la sua fuga e il suo
rifiuto verso tutto ci che faceva
Marta Vasselli, aveva reso il suo

sangue impuro; lastio che di certo


mia nonna doveva aver provato
verso mia madre avrebbe vanificato
il tutto. Marta Vasselli desiderava
sangue giovane e puro; in sostanza
il mio.
Nulla ha senso. sussurrai.
Cosa? Valerio rest dov'era e
indic con un cenno della mano lo
stereo. Se abbassassi o spegnessi,
ti sentirei meglio.
Gli lanciai un'occhiataccia. Come
faceva a stare cos tranquillo, a
scherzare, in un momento simile?
Mi alzi controvoglia e fermai il cd.
Grazie
mille.
disse
strizzandomi l'occhio.

Ho detto che niente ha senso!


sbottai. Perch gli serve il mio
sangue? Il suo fantasma, o quello
che era, perch non l'ha preso
quando
poteva?
Perch
ha
permesso che io trovassi il suo
diario e tutto il resto, se di me gli
serve solo il sangue? Qualcosa non
quadra.
Valerio non rispose. In fondo
cosa avrebbe potuto dire? I miei
erano vaniloqui senza senso. Si
stacc lentamente da quella che
era divenuta la sua postazione. Si
sedette sul letto.
Dunque: tuo nonno stato
assassinato affinch tu e tua madre

tornaste qui a Tiepole. cominci.


Non sei tu la discendente, perch
la profezia stata sempre
interpretata
erroneamente:
la
discendente in pratica colei che
ha seguito di nascosto le orme di
tua nonna, e quindi pu essere
chiunque. Potrebbe essere anche un
uomo per quanto ne sappiamo.
Annuii e mi sedetti accanto a
lui.
Ma tutti all'inizio pensavate che
fossi io perch sono tornata ora,
l'anno della profezia. continuai.
Anche Christian lo pensava e
sicuramente anche tu. Adesso
capisco perch volevi assaggiarmi.

Valerio rise, ma vista la mia


espressione torn subito serio.
Tossicchi.
Poi i Teschi hanno cercato di
rapirti. riprese lui. Pi di una
volta. E le ossa di tua nonna
vengono trafugate.
Cosa c'entra la venuta della
discendente con la.
Mi zittii di colpo e trattenni il
respiro. Balzai in piedi.
Ma certo! esclamai a voce
alta. La discendente di mia nonna
in realt mia nonna! Questo s
che avrebbe senso. La profezia dice
che a vent'anni dalla sua morte
qualcuno sarebbe tornato per finire

il suo lavoro, ma non ha specificato


chi. E se fosse ancora lei? Se i suoi
seguaci avessero aspettato fino ad
adesso per riportarla in vita?
Valerio mi guard piegando la
testa da una parte. Mi fiss
socchiudendo gli occhi. Una delle
zanne gli fuoriusc dal labbro
superiore.
Stupefacente. Se davvero
cos, Emma. Siamo nella merda!
comment.
Dev'essere cos! insistetti io.
Voi mi avete detto che lei sapeva
come far tornare in vita le persone,
quindi chi ci dice che non lo abbia
insegnato a qualcuno?

No frena, frena. mi corresse


lui. Nessuno sa far tornare in vita
le persone, risvegliare gli spiriti
forse, ma mai le persone!
Non come le intendiamo noi,
perlomeno.
Suon il campanello. Sobbalzai.
Feci per scendere, poi lasciai che
fossero i miei genitori a rispondere.
Fissai la porta con apprensione,
come se dovesse entrare di l a
poco la Bestia. Valerio si alz e mi
afferr per un braccio. Io sobbalzai
di nuovo.
Calmati, Emma. Sei un fascio di
nervi. Stai tranquilla!
Io mi divincolai dalla sua presa.

Mi strinsi le braccia al petto,


indispettita.
Vietami di gridare o di
scappare, ma non di avere paura!
risposi.
Lui mi sorrise. Quando poi
bussarono alla porta della mia
stanza corsi a nascondermi dietro le
sue spalle. La voce amica di
Lorenzo chiese se potesse entrare,
e io tirai un sospiro di sollievo. Con
voce appena percettibile gli risposi
e lui apr la porta. Entr che teneva
la mano sinistra ancora affondata
nella tasca dei jeans.
I miei genitori ti hanno
permesso di salire? gli chiesi

andandogli incontro.
Viste le circostanze, pi guardie
del corpo hai meglio ! rispose
Valerio.
Dovresti
essere
minacciata di morte pi spesso per
aver maggiore libert!
Gli rivolsi un'occhiataccia
mostrandogli la lingua, pensando
per che in fin dei conti aveva
ragione.
Non mi andava di tornare a
casa dopo quello che successo.
si giustific Lorenzo.
Valerio gli batt una mano su
una spalla.
Ma certo amico mio! Stavamo
per iniziare un pigiama party!

Poi domand, ammiccando: Hai


riaccompagnato la biondina?
Lorenzo lo guard torvo. Quella
ragazza pazza! si lament.
rimasta muta per tutto il tempo, poi
quando l'ho lasciata sulla porta ha
iniziato a blaterare cose senza
senso, tipo che odia questo posto,
che vuole andare via, che ha paura,
che non ha amici e infine
scoppiata in lacrime sbattendomi la
porta in faccia!
Riflettei sulle parole di Lorenzo e
pensai a Silvia; a quanto sembrava
avere l'abitudine di sfogarsi con
chiunque gli capitava a tiro quando
le occorreva. Provai pena nei suoi

confronti. Dietro quella sua aria


ostile e scontrosa, doveva esserci
una ragazza molto sensibile e
fragile. E ora che aveva disubbidito
a sua madre, quella sera avrebbe
avuto anche una punizione con i
fiocchi. E il mio pensiero corse
inevitabilmente a suo fratello.
Dov' Christian? gli domandai
preoccupata.
E io che ne so? rispose
Lorenzo sgarbatamente. Dovrebbe
finirla di fare le cose senza dircelo!
Come quando cerc di ucciderti:
poteva almeno avvisarci, e stai
sicura che io glielo avrei impedito!
Aveva quasi gridato quelle

parole tanto che ebbi il timore che i


miei genitori l'avessero sentito.
Lanciai un'occhiata preoccupata alla
porta.
Quindi lo rimproverai invitandolo
a parlare a voce pi bassa. Si scus,
biascicando qualche parola. Lo
fissai,
leggendo
nella
sua
espressione la stessa ansia che
potevo avvertire dentro di me. Poi
spostai gli occhi sulla mano che
teneva nascosta nella tasca dei
pantaloni.
Fammi vedere! dissi in tono
gentile.
Lui
scatt
all'indietro.
Assolutamente no!

Lorenzo, non fare il bambino!


lo rimproverai cercando di non
essere troppo dura. Ne ho viste di
cose strane finora, non mi lascer
impressionare proprio adesso!
Lorenzo mi mostr due occhi
carichi di paura e tristezza. Sfil
lentamente la mano dalla tasca,
prima il dorso, poi un dito alla
volta.
Erano esattamente come le
avevo viste poche ore prima a casa
della vecchia Gilda, verdi e ricurve;
trasformate.
permanente. disse con voce
inclinata. La mia maledizione
permanente.

Mi avvicinai con il cuore stretto


per la pena. Lorenzo indietreggi
ancora, ma io fui pi lesta di lui e
gli afferrai le dita deformi.
Lui fece per ritrarle, ma alla fine
lasci che le osservassi con
attenzione. Quindi le strinsi nella
mia mano; erano ruvide come se
fossero ricoperte da scaglie e molto
fredde. Lo guardai e abbozzai un
sorriso. Lui, imbarazzato per quel
suo handicap, fiss gli occhi a
terra.
Ora fai ufficialmente parte del
club dei mostri, amico! parl
Valerio, senza ironia nella voce
questa volta.

Lo guardammo senza rispondere.


Mi domandai quando sarei cambiata
anche io, se avessero usato verso di
me la stessa compassione che io
provavo nei loro confronti. Mi chiesi
se piuttosto non fossi impazzita. Se
non avessi sbranato le persone a
me care.
E rimuginando quei pensieri mi
sorse un dubbio.
Non ha senso maledirmi e poi
farmi ricercare dai Teschi per
prendere il mio sangue. dissi. O
magari proprio il mio sangue
maledetto che gli occorre; tuttavia
anche voi siete maledetti. No,
qualcosa non quadra in questa

storia.
Valerio alz le spalle e Lorenzo
scosse debolmente la testa alle mie
parole. Chi avrebbe mai potuto
spiegarmi come stavano veramente
le cose? Stavo per riaprire bocca e
avanzare un'altra delle mie assurde
congetture, quando avvertii una
musica
provenire
dal
piano
inferiore, ben chiara e distinta
sebbene la porta fosse chiusa. Delle
note che avrei riconosciuto tra
milioni: Greenslevees. Conscia che
di l a poco sarei stata di nuovo
preda di una delle mie allucinazioni,
e che avrei visto qualche spettro
terrificante volteggiare per la mia

stanza (magari un altro parente di


Ines Brambilla, visto che oramai
conoscevo quasi per intero tutti i
suoi defunti), corsi a premermi le
dita sulle orecchie.
No, per favore, fatelo smettere!
Vedr di nuovo i morti. Non voglio.
strillai.
Lorenzo apr la porta per
precipitarsi al piano di sotto,
mentre Valerio corse alla radio
riaccendendola e permettendo a
Leona Lewis di riprendere a
cantare. Ma non bast: oramai le
note del medaglione avevano
raggiunto il mio cervello. Gridai
ancora e chiusi gli occhi, timorosa di

vedere davanti a me un altro spirito


penzoloni dal lampadario. Valerio
mi afferr per le braccia.
Che cos'hai? Chi vedi? Tua
nonna? Ma la sua voce mi
giungeva da molto lontano. Mi
prese tra le braccia e mi distese sul
letto, prima che io potessi
accasciarmi su me stessa e svenire.
Tenevo gli occhi serrati, decisa a
non aprirli per nessuna ragione.
Greensleeves era cessato, e dal
piano inferiore provenivano ora solo
le voci concitate dei miei genitori.
Non capivo nessuna delle loro
parole, e non volevo neppure
prestarci
attenzione.
Ero

concentrata a tenere le palpebre


ben chiuse sugli occhi.
Li sentii poi salire su per le
scale.
Che diavolo sta succedendo
qui? andava gridando mio padre.
Emma perch stai gridando.
La sua voce rasentava l'isteria.
Entr nella mia camera. Quando poi
vide Valerio chino su di me e io
sotto di lui stesa sul lenzuolo del
letto, gli esplose qualcosa nel
cervello.
Allontanati subito da mia
figlia! grid.
Valerio fece uno scatto
all'indietro. E allora io fui costretta

per necessit ad aprire gli occhi. Ma


ci che vidi fu solo mio padre che si
avventava
sul
mio
amico,
prendendolo per il collo della
maglietta.
Che le stavi facendo, mostro?
grid ancora.
Balzai in piedi, e il mondo mi
gir attorno. Fui costretta a
rimettermi seduta. Valerio fece un
enorme sforzo per controllare la
maledizione che era in lui. Lo sentii
respirare faticosamente. Mia madre
cerc di calmare mio padre, mentre
Lorenzo se ne stava ritto sulla
porta, indeciso su cosa fare per
risolvere la situazione.

Pap. sussurrai io.


Basta. Basta! Io la porto via!
Lasci andare Valerio e fece per
afferrarmi, ma quest'ultimo mi si
par di fronte mostrando le sue
zanne e producendo un sibilo molto
simile a quello di un serpente. Vidi
chiaramente
i
miei
genitori
indietreggiare, atterriti.
No, Valerio. provai a calmarlo
io.
Scatt in avanti, costringendo i
miei genitori a fare altri passi
indietro. Lorenzo allora si piazz
davanti a loro.
Valerio, controllati! Sta' calmo!

tutto
passato.
disse

schermandosi con le mani.


Ma per farlo fu costretto a
cacciare fuori quella trasformata
dalla tasca, e non appena i miei
genitori la videro cacciarono un
grido di sorpresa. Lorenzo se ne
risent e si affrett a rimettersi la
mano in tasca. Io trovai la forza per
alzarmi finalmente, e afferrai
Valerio per un braccio. Ma lui mi
scost sgarbatamente. Si volt
verso di me e mi mostr la sua
dentatura affilata. Stava perdendo il
controllo e se fino a pochi istanti
prima mi sarei sentita al sicuro con
lui, ora ne avevo paura. Feci un
passo indietro, ma caddi sul letto.

Lui fece per saltarmi addosso,


ma Lorenzo lo blocc in tempo
afferrandolo per le spalle. Lo
trattenne quel tanto che bastava
per farmi sgusciare via. Li vidi poi
azzuffarsi, ma la forza di Lorenzo
non era nulla in confronto a quella
dell'amico oramai preda della sua
trasformazione. Valerio con una
semplice spinta, fece letteralmente
volare Lorenzo addosso alla parete,
sotto alla finestra dove si accasci a
terra. Mia madre grid e mio padre
mi ordin di correre gi per le scale.
Ubbidii senza pensarci due volte.
Ero arrivata al piano di sotto
quando i miei genitori urlarono

all'unisono. Mi voltai e vidi che


mentre
scendevano
per
raggiungermi, Valerio li super
dando loro delle pericolose spinte.
Per fortuna nessuno dei due cadde
poich entrambi fecero appena in
tempo
ad
appoggiarsi
alla
balaustra. Era chiaro che il vampiro
volesse me. Il mostro che era in lui
si era impadronito completamente
della coscienza e della mente di
Valerio. Con un balzo salt quattro
scalini insieme e ricadde sui piedi
esattamente alla fine delle scale,
reggendosi in perfetto equilibrio.
Sollev su di me due occhi vermigli,
carichi di odio. Non poteva essere

Valerio quello, l'amico dal quale mi


ero rifugiata tante volte in quelle
ultime ore.
Sentii mio padre gridare di
scappare, mentre si rimetteva in
piedi
e
scendeva
le
scale
lentamente. Io non me lo feci
ripetere. Sapevo che non era
prudente uscire fuori di casa, ma
era pi pericoloso in quel caso
restarci. Prima di aprire la porta e di
riversarmi
in
strada,
lanciai
un'occhiata al medaglione che
giaceva chiuso sul tavolo. Che fosse
stata la sua musica a far uscire fuori
di senno Valerio e scatenare il
vampiro che era in lui?

Valerio emise una sorta di


ruggito, e io gridai. Spalancai di
colpo la porta mentre sentivo mio
padre che urlava di nuovo di
mettermi in salvo, e cercava poi di
attirare l'attenzione del vampiro.
La strada era buia e deserta.
Aveva smesso di piovere, ma la via
era bagnata e fu inevitabile non
cadere sui sampietrini scivolosi.
Mi rimisi subito in piedi quando
vidi che Valerio era fermo sulla
soglia di casa mia, e mi fissava. Gli
occhi vermigli risaltavano come due
fari in quelle tenebre. Urlai di nuovo
sperando che qualcuno corresse in
mio aiuto. Lanciai delle frettolose

occhiate alle finestre delle altre


case che davano sulla strada: erano
serrate e come morte; non avrei
ricevuto alcun ausilio dai Tiepolesi.
Emma! grid poi una voce alle
mie spalle.
Voltai la testa: Silvia aveva
aperto il portone di casa sua e mi
faceva cenno con una mano di
correre verso di lei. Senza pensare
se quella fosse pi o meno una
buona idea, le ubbidii. Sentivo
Valerio che correva dietro di me,
sbraitando. Feci appena in tempo a
entrare, che Silvia barric la porta.
Il vampiro vi and a sbattere contro
e la porta si pieg pericolosamente

verso
l'interno. Non avrebbe
impiegato molto a sfondarla.
Vieni, presto!
Seguii Silvia su per una scalinata
e arrivammo davanti a un'altra
porta aperta. Una volta dentro,
barric anche quella con un
catenaccio. Mi ritrovai nel salotto di
casa di Christian senza nemmeno
accorgermene. Ma non ebbi n il
tempo n l'intenzione di darmi
un'occhiata attorno. Silvia acciuff
la cornetta del telefono posata su
un mobiletto accanto a una
credenza di legno, e compose
velocemente un numero. Sai dov'
mio fratello? mi chiese.

Io scossi la testa. Avevo il


respiro affannato e il cuore in
tumulto.
Si sentivano i colpi alla porta,
ripetitivi e forti; dei tonfi assordanti.
Se fosse riuscito a buttar gi la
prima porta, all'apparenza pesante
e robusta, per lui scardinare la
seconda
sarebbe
stato
semplicissimo.
Sentivo
Silvia
imprecare contro suo fratello e il
fatto che non ci fosse mai quando
serviva il suo aiuto. Poi d'improvviso
i colpi cessarono.
L'aria torn a farsi silenziosa. Mi
chiesi cosa fosse successo e tesi
l'orecchio. Avevo il terrore di sentire

la voce di mio padre o di mia madre


l fuori, esposti al pericolo. Valerio
era
incontrollabile,
avrebbe
affrontato nemici e amici senza
distinguerli. Silvia riagganci la
cornetta
furiosamente.
Io
sobbalzai.
Che cosa succede? mi
domand.
Non lo so Valerio. balbettai
io.
Si ud un nuovo colpo, pi
violento questa volta.
Se quell' essere butta gi il
portone, mia madre mi ammazza!
si lament Silvia. La guardai come
se fosse pazza. Si stava forse

preoccupando dell'incolumit del


suo uscio di casa?
Se Valerio riesce a entrare ci
ammazza! le risposi io.
Ci scambiammo un'occhiata
preoccupata. Di nuovo un colpo.
Restammo in attesa.
Magari si stanca e se ne va!
azzard Silvia.
Ci credo poco.
Passarono alcuni istanti
interminabili. L'ansia cresceva, il
cuore martellava nel petto e pi di
una volta fui costretta a fare dei
lunghissimi respiri per non svenire.
Di colpi non se ne sentirono pi.
Dovevamo quindi ritenerci fuori

pericolo? Pensai ai miei genitori:


che fosse tornato indietro per loro?
Guardai il telefono e chiesi a Silvia
se potessi comporre il numero di
cellulare di mio padre. Volevo
sincerarmi che lui e mia madre
stessero bene. Lei annu e io alzai
la cornetta, ma la riabbassai
all'istante. Sentimmo un nuovo
colpo, meno forte questa volta; ma
pi vicino. Solo allora mi accorsi che
ci fossero delle scale che portavano
a un piano superiore.
entrato. sussurrai. E afferrai
Silvia per una mano, pronta a
scappare. Guardammo le scale con
aria terrorizzata e con ansia, come

farebbe un condannato davanti al


patibolo. Avvertimmo dei passi
leggeri, e poi Valerio si materializz
davanti ai nostri occhi come il
peggiore degli incubi. Non seppi
mai chi avesse gridato per prima e
pi forte tra le due; le nostre urla
alla fine si unirono e ci svuotarono i
polmoni sconquassandoci la gola.
Non ci muovemmo; la paura ci
aveva intrappolate nella sua morsa.
Ci facemmo pi vicine, mentre
Valerio scendeva lentamente le
scale come un felino che se ne sta
quatto tra l'erba, pronto a balzare.
Vidi ancora la fine davanti a me.
Poi accadde tutto molto

velocemente: Valerio fece un salto


cos alto che sembr lambire il
soffitto. E proprio quando sembr
che ci atterrasse addosso, la porta
si spalanc e vedemmo Christian
afferrarlo per la cintola e abbatterlo
a terra. In pochissimi secondi sia
Lorenzo che i miei genitori ci erano
accanto.
Venite via! ci comand mio
padre afferrandomi per un braccio.
Ma io non mi mossi. Fissavo
preoccupata Valerio e Christian
lottare sul pavimento. Speravo che
nessuno dei due si facesse male,
ma sapevo che questo sarebbe
stato inevitabile. Sentii la mano di

Silvia che lasciava la mia; ma anche


lei rest l dove si trovava,
terrorizzata forse all'idea che suo
fratello si ferisse.
I due mostri, il vampiro e quello
che sembrava un grosso animale
peloso, ruzzolavano a terra e una
volta era Christian a ritrovarsi sopra
il suo nemico, bloccandolo per le
braccia; l'istante dopo la situazione
si ribaltava e procedettero con
quella bizzarra danza finch Valerio,
ancora
completamente
fuori
controllo, non ebbe la meglio e
riusc ad azzannare il suo amico.
Affond i sui enormi canini
nell'avambraccio di Christian che

emise un lungo lamento gutturale.


Io e Silvia gridammo all'unisono.
Valerio riusc a liberarsi dalla morsa
dell'amico e balz in piedi, pronto a
scagliarsi contro di noi. Lorenzo si
mise davanti a me facendomi scudo
con il suo corpo. Mio padre mi
stratton, cercando di trascinarmi
verso la porta. Mia madre invece
rest ferma l dov'era, e mi parve
che lei e Valerio si fossero guardati
per una manciata di secondi. Lui si
immobilizz per un istante appena;
quindi torn a puntare i suoi occhi
assatanati e rossi verso di me.
Christian si era rimesso in piedi,
reggendosi il braccio ferito; ma non

fece in tempo questa volta a


frenare l'amico che si scagli contro
di noi. Lorenzo fece un balzo in
avanti, e in maniera istintiva e folle
acciuff il vampiro per un braccio
con la mano sinistra, quella
trasformata. Allora si scaten una
sorta di lieve bagliore, come se si
fosse materializzato un lampo
lucente l proprio dentro casa, e
Valerio
fu
costretto
a
indietreggiare.
Lorenzo, stordito e meravigliato
per l'accaduto, abbass un istante
la guardia per posare due occhi
sorpresi sulle sue dita deformate. E
quella piccola distrazione bast a

Valerio per rigettarsi in avanti, e


con un colpo del braccio scagliarlo
dall'altra
parte
della
stanza.
Lorenzo fin addosso a una
credenza di legno. Il vaso che vi era
poggiato
sopra
cadde
rovinosamente facendosi a pezzi.
Valerio ora puntava me e mio
padre. Lui mi strinse il braccio cos
forte che mi blocc la circolazione.
La pelle bianca del suo viso stonava
con i suoi capelli scuri e le occhiaie
sotto
gli
occhi.
Occhi
che
esprimevano
rabbia
odio
e
malvagit. Che n'era stato del mio
amico?
Possibile che la sua umanit

fosse svanita cos di colpo?


Christian lo afferr per la vita
con il braccio sano. Lo sollev da
terra e cerc di scaraventarlo
all'indietro. Ma non ci riusc. Valerio
si divincol facilmente dalla sua
presa, ma prima che potesse
puntarci di nuovo mio padre mi
trascin verso la porta con uno
strattone cos forte che per poco
non mi slog la spalla. Sentii il
mostro inseguirci; e poi la voce di
Silvia url di stupore e dolore. Mi
fermai e voltai la testa quel tanto
che bastava per vedere le zanne di
Valerio affondate nella spalla destra
di lei. Gridai a mia volta. Mia madre

mi afferr per il braccio libero e


assieme a mio padre mi costrinsero
a uscire da quella casa. Tentai di
divincolarmi, ma non riuscii a
liberarmi dalle loro morse.
L'ultima cosa che vidi fu Christian
che si avventava su Valerio con una
forza tale da ucciderlo. Se fino a
quel momento aveva tentato di non
far del male all'amico perch
sapeva fosse fuori controllo, adesso
l'unico obiettivo che aveva era di
stordirlo con le maniere forti e
ucciderlo.
No, lasciatemi andare.
continuavo a gridare oramai fuori in
strada.

Non potevo lasciare i miei amici


in quel modo. Sentimmo i colpi
della colluttazione ancora per
qualche istante. Poi si fece silenzio.
Finalmente mi divincolai dalla
stretta di mia madre, e mi voltai a
guardare il portone della casa che
avevamo appena lasciato. Feci per
rientrare, ma mio padre mi
trattenne. Che fosse accaduto
qualcosa a Christian?
Che Valerio fosse stato ucciso?
Quelle domande mi trapanavano il
cervello. Poi Christian usc con Silvia
svenuta tra le braccia. Io mi voltai
verso mio padre e gli gridai di
lasciarmi andare. Lui, forse pi

spaventato di me per l'accaduto,


ubbid questa volta senza fare
storie.
Corsi da Christian, che si era
avviato gi per la discesa. Lo
seguii.
Dove vai? chiesi. Sta bene?
Cosa successo?
Non rispose. Teneva Silvia tra le
braccia, come se fosse morta.
Legate Valerio e portatelo da
Gilda. Ci vediamo l. mi disse
accelerando il passo che ben presto
si trasform in una corsa.
Annuii e mi fermai. Lo vidi
scomparire nella notte. Tornai in
casa Costantini, seguita dai miei

genitori che non fecero domande.


Mio padre perch evidentemente
sotto shock; mia madre chiusa in un
mutismo assoluto, senza alcuna
espressione sul volto. Quando
entrammo, Lorenzo era chino sul
corpo di Valerio. Fu impossibile non
notare subito il taglio profondo che
aveva quest'ultimo sulla fronte, dal
quale non fuoriusciva per una
goccia di sangue.
Con cosa lo leghiamo?
domand mio padre che aveva
sentito il suggerimento di Christian.
Lorenzo si sollev in piedi,
stordito e disorientato come se
qualcuno gli avesse dato una botta

in testa. Immaginavo che si


sentisse cos non tanto per la sua
caduta, ma per il fenomeno
provocato
dalla
sua
mano
nell'istante in cui aveva toccato
Valerio.
Cerco delle corde gi nello
scantinato. rispose e usc.
La calma che c'era ora nella
stanza
sembrava
irreale.
A
testimoniare
quello
che
era
accaduto restava solo il vaso
frantumato a terra vicino alla
credenza. Fissai
Valerio, che
sebbene fosse svenuto (o morto)
non aveva mutato viso e i
lineamenti duri del suo volto

trasformato con le zanne bene in


vista, incuteva pi timore di quando
fosse sveglio. Sembrava un'orribile
maschera carnevalesca.
Mio Dio. sussurr mio padre,
disgustato.
Mia madre non disse nulla.
Continuava a starsene in silenzio,
livida in volto. Le chiesi se stesse
bene. Lei annu. Chiss che effetto
le faceva stare cos a contatto con
una delle maledizioni lanciate da
sua madre. Lorenzo rientr nella
stanza con un fascio di corde
robuste, recuperate nel sottoscala
accanto al portone d'ingresso.
Chiese a mio padre se potesse

aiutarlo a legare i piedi e le mani


del suo amico. Del suo amico.
Disse precisamente cos, come se il
fatto che per poco non lo avesse
ucciso e che volesse uccidere anche
noi non contasse. Mio padre lo
guard titubante.
Poi ubbid, anche se l'idea di
toccare quello che invece lui
definiva solo un mostro non gli
piaceva affatto.
Gli legarono saldamente mani e
piedi. Poi lo sollevarono e
trascinarono fuori. Io e mia madre
gli andavamo dietro come se ci
fossimo messe in coda a un corteo
funebre. Anche se nessuno osava

dirlo, avevamo tutti paura che


potesse svegliarsi da un momento
all'altro. Io mi preoccupai di
richiudere il portone e quando
fummo in strada una persiana si
apr, quel tanto che bastava per
spiare da dietro le fessure quello
che stava accadendo. Ma nessuno
scese a vedere.
Immaginavo le persone che
abitavano l nei dintorni sbirciare,
da dietro le finestre, la strana
comitiva che passava davanti alle
loro case.
Chiss da quanto tempo non
assistevano a uno spettacolo
simile.

Arrivammo in quel modo fino alla


piazza deserta e poi al parcheggio
comunale, dove Lorenzo aveva
lasciato il suo BMW. Caricarono il
corpo apparentemente senza vita di
Valerio nel portabagagli, spazioso
quanto bastava e soprattutto sicuro
per la nostra incolumit. Prima di
chiudere lo sportello, Lorenzo disse
a voce bassa: Scusa, amico mio!
Salimmo in macchina e
partimmo.

Scelte difficili
Avete scambiato la mia casa per
un
ospedale?
andava
lamentandosi la vecchia Gilda
mentre faceva bollire una strana
poltiglia inodore sul fornello della
cucina. Poi cambiando decisamente
tono
di
voce: Che
brutti,
bruttissimi tempi ci aspettano;
speravo non arrivassero mai.
Sorvegliare e vigilare l'antica
magia. Avrei dovuto saperlo fin da
subito
che
sarebbe
stato
impossibile per me come per
chiunque altro.
Io, seduta sul divano tra mio

padre e mia madre, non ascoltavo il


soliloquio della donna; fissavo il
buio oltre la portafinestra che
conduceva sul giardino esterno. Mi
chiesi come potessero vivere
tranquille la vecchia Gilda ed
Empira con quella enorme vetrata,
dalla quale chiunque poteva entrare
fracassando
semplicemente
il
vetro.
Poi spostai lo sguardo alle scale,
come tante volte aveva fatto fin ad
allora. Valerio giaceva ancora
svenuto in camera di Gilda, con
mani e piedi legati al baldacchino
del letto. Silvia invece era stata
sistemata in camera di Empira; si

era svegliata una volta sola, ma


solo per rivolgere al fratello
vaneggiamenti senza senso.
Anche se nessuno osava ancora
ammetterlo
tutti
ci
stavamo
ponendo lo stesso quesito: era
possibile che Valerio con il suo
morso l'avesse contagiata?
Christian era seduto su una delle
sedie del tavolo accanto a Lorenzo,
che nascondeva la mano sinistra
nella tasca dei pantaloni.
Entrambi non parlavano e
tenevano lo sguardo rivolto a terra.
La signora Eva Costantini era
stata chiamata da pi di mezz'ora,
ma ancora non ci degnava della sua

presenza. All'inizio non fu facile


rintracciarla perch il suo cellulare
era stato sempre irraggiungibile.
Quando poi Christian finalmente
era riuscito a parlarle e le aveva
riferito che Silvia aveva avuto un
incidente, lei gli aveva risposto in
malo modo per riagganciare subito.
L'avevo vista solo un paio di volte in
vita mia, ma sentivo gi di odiare
deliberatamente quella donna.
Applicando questo impasto
sulla ferita, dovremmo arginare
l'infezione! disse Gilda spegnendo
il gas.
Empira, che le faceva da
assistente, le pass una ciotola di

porcellana. Quelle
parole
mi
risvegliarono dal torpore nella quale
ero caduta.
C' pericolo che Silvia sia stata.
Ecco.
Che
possa
divenire.
balbettai, decidendo che fosse
giunto il momento di affrontare
l'argomento. In fin dei conti non
riguardava solo lei, ma tutti noi.
possibile. Ma non affrettiamo
le conclusioni. rispose la donna.
Guardai Christian. Non accenn
n un movimento n disse una
parola. Avrei voluto stargli vicino,
ma la presenza incombente e
silenziosa dei miei genitori mi
impediva di farlo. Gilda riemp la

ciotola del miscuglio verdognolo che


aveva creato, e per un lungo
momento si sent solo il mestolo
travasare il liquido dalla pentola
alla ciotola.
Quando ebbe finito, lei ed
Empira si avviarono al piano
superiore portando con loro la
poltiglia fumante. Christian fece per
alzarsi, ma la vecchia Gilda lo
ferm: Saresti solo d'intralcio,
caro. Stattene qui tranquillo, per
favore!
Christian apr la bocca per dire
qualcosa ma poi ubbid. Quando la
donna e sua nipote scomparvero su
per le scale, nella stanza si fece

silenzio. Lanciai un'occhiata con la


coda dell'occhio a mio padre; aveva
un'aria completamente spaesata e
stanca. Provai compassione per lui.
Non si meritava tutte quelle
preoccupazioni, lui non c'entrava
nulla con quel posto. Mia madre ci
era cresciuta, e io vi appartenevo
poich coinvolta nei fatti; ma lui era
completamente fuori posto in tutta
quella faccenda, non aveva un ruolo
ben definito. Solo l'amore che
provava nei confronti miei e di mia
madre lo tratteneva l. Quindi
guardai mia madre: anche lei era
apparentemente
stanca
e
preoccupata. Se solo mi avesse

raccontato tutta la verit fin


dall'inizio non ci saremmo ritrovati a
quel punto. Mio padre. Mia madre.
Il medaglione. Quel pensiero mi
schiaffeggi facendomi rinvenire
come una doccia fredda. Balzai in
piedi.
Chi di voi ha aperto il
medaglione? chiesi guardando i
miei genitori. Loro mi fissarono
senza capire dove volessi arrivare.
Qualcuno ha aperto il medaglione
spiegai io e la sua musica ha fatto
impazzire Valerio. Non c' altra
spiegazione. Prima che sentissimo
quell'orribile melodia lui era calmo
e stava bene.

Hai ragione! mi appoggi


subito Lorenzo annuendo con la
testa.
Prima
di
sentire
il
medaglione suonare, Valerio era
normale.
Mio padre continuava a
guardarmi come se fossi pazza.
E ora che ci penso continuai
anche il giorno in cui vidi lo spirito
di Concetta Brambilla lui cambi
atteggiamento con me da un
istante all'altro. E ancora una volta
dopo aver sentito le prime note di
Greenslevees.
Emma, che cosa dici. Abbiamo
buttato via il medaglione! mi
rispose mia madre. Era troppo

rischioso per te tenerlo in casa. E


poi noi non abbiamo sentito nulla,
solo tu che urlavi apparentemente
senza motivo.
Adesso ero io a guardarla come
se fosse uscita fuori di senno.
Incrociai le braccia al petto
reprimendo un brivido.
No, vi sbagliate! provai a
correggerla. Ho visto il medaglione
sul tavolo prima di scappare. Era
l! Iniziai a passeggiare avanti e
indietro, cercando di ricordare se
davvero avessi visto il medaglione o
se me lo fossi solo immaginato. Ma
sapevo di non essermi sbagliata. La
musica era stata udita anche da

Lorenzo e Valerio; dunque non ero


completamente pazza. Poi pensai al
fatto che almeno questa volta il suo
suono non mi aveva provocato
nessuna visione di defunti e
fantasmi. E trovai anche quel
particolare
molto strano. Ma
d'altronde cosa c'era di logico in
tutto quello?
Il suono del citofono mi fece
sobbalzare.
Sentimmo
Vlad
abbaiare, fuori in giardino. Fu
Lorenzo ad alzarsi per andare a
rispondere.
Quando riagganci la cornetta
del citofono, spinse un bottone e
sentimmo il cancello automatico

aprirsi.
Carmine. annunci. Chiss
che notizie ci porta; come se non
avessimo gi abbastanza guai.
And ad aprire il portone prima
che l'uomo potesse suonare il
campanello. Carmine si precipit
dentro; indossava il suo solito
impermeabile verde. Da una delle
tasche fuoriusciva il manico scuro di
quello che potevo giurare fosse un
coltello, forse lo stesso che aveva
ferito la Bestia.
Il paese in subbuglio; si dice
che uno dei Maledetti impazzito e
che ha sbranato una donna. disse
senza neppure darci il tempo di

chiedergli cosa lo avesse portato fin


l. vero?
Tutti guardammo Christian, che
si era voltato verso Carmine con
un'espressione indecifrabile dipinta
sul volto. Si guardarono per un
lungo istante; quindi Carmine
annu, come se quello sguardo
fosse bastato a capire l'intera
faccenda.
In molti mi hanno tirato gi dal
letto e chiesto di aprire il mio bar,
visto che Don Luigi non ha ritenuto
opportuno
indire
una
nuova
Assemblea. c'inform. Si sono
riuniti l a discutere se. Bandire i
ragazzi maledetti, oppure no. La

gente ora ha paura di voi.


Le ossa di mia nonna sono
state trafugate, e l'unico pensiero
che hanno i Tiepolesi quello di dar
la caccia ai loro concittadini?
sbottai
io
senza
nemmeno
accorgermene.
Carmine apr la bocca per
rispondere, ma la richiuse. Sapeva
che avevo ragione.
E bandire i Teschi allora?
chiese Lorenzo con enfasi. Perch
non cacciamo via anche loro?
Non sappiamo dove si
nascondono!
si
affrett
a
controbattere Carmine.
Christian si alz a sua volta,

trascinando la sedia sul pavimento.


Io credo di saperlo invece.
rivel.
Carmine lo fiss senza fiatare.
Annu di nuovo.
Procediamo con ordine. disse.
Dovete venire a difendervi, o la
gente del paese vi giudicher
colpevoli. I tuoi genitori Lorenzo
stanno facendo del loro meglio, ma
non basta. Occorre che veniate
per.
Vengo io! si offr mio padre.
Vengo io a difendere questi
ragazzi. Sono dei. S'interruppe
guardando prima Lorenzo e poi
Christian. Sono stati maledetti

riprese ma hanno salvato la vita di


mia figlia pi di una volta.
Io e mio padre ci guardammo.
Gli sorrisi. Lui non era nulla in
confronto a Carmine e agli altri, non
possedeva alcuna forza fisica
soprannaturale, n sapeva di
intrugli e stregonerie varie, non
apparteneva a quella realt; ma mi
ritrovai di nuovo a pensare che tra
tutti noi fosse il migliore. Mia madre
fu pienamente d'accordo con lui e
disse che lo avrebbe seguito. Mi
chiese se volessi andare anche io,
ma rifiutai. Desideravo restare
accanto ai miei amici, essere
presente al risveglio di Valerio e

Silvia; almeno quello glielo dovevo.


E poi fremevo dalla voglia di
scambiare
due
parole
con
quest'ultima: venendo in mio
soccorso e facendomi rifugiare in
casa sua, Silvia aveva messo in
pericolo la sua stessa vita. Io
dovevo essere morsa, io dovevo
giacere in quel letto; non lei.
Vi chiamiamo se ci sono
novit. disse mio padre prima di
uscire. Nessuno vi mander via,
ragazzi. State tranquilli.
Se ne andarono richiudendosi la
porta alle spalle. Mi colse un
inspiegabile senso di ansia e
disagio; ma non vi diedi peso. Era

assolutamente
normale
essere
preoccupati in fondo, e mi stavo
abituando a quella sensazione che
mi faceva stare sempre all'erta.
Volevano ammazzarci. parl
Lorenzo a voce bassa. Quando tua
nonna ci maled. Me lo ha
raccontato mia madre. I Tiepolesi
volevano ucciderci fin da bambini
perch
temevano quello che
saremmo diventati. Hanno sempre
avuto paura di noi.
Cacci fuori la mano trasformata
dalla tasca e se la rimir come per
constatare che la mutazione non
fosse degenerata.
Cos'era quel lampo di luce?

chiesi io avvicinandomi a lui.


Quella sorta di bagliore che hai
provocato quando hai toccato
Valerio?
Lorenzo alz le spalle senza
staccare gli occhi dalle sue dita.
Non lo so. Ma non ti avvicinare,
perch non sono cos ansioso di
scoprirlo su di te! Con una mossa
lesta che il mio occhio stanco riusc
a cogliere troppo tardi, Christian
afferr la mano sinistra dell'amico e
la strinse nella sua, come se
volesse iniziare con lui una partita a
braccio di ferro. Io balzai all'indietro
per la sorpresa, timorosa che
potesse accadere qualcosa di

irreparabile. Invece non successe


nulla.
Quindi Christian, soddisfatto,
moll la presa.
Qualunque cosa ti accada
dipende dal tuo stato d'animo.
cerc di spiegare. Ti sei sentito
attaccato e hai avvertito il bisogno
di difenderti. All'inizio anche a me
accadeva cos.
Lorenzo riprese a fissare la mano
trasformata.
Annu
per
poi
ricacciarsela
nei
pantaloni.
Rimugin sulle parole di Christian,
senza controbattere. Poi lanci
un'occhiata al piano di sopra e disse
che sarebbe andato in bagno. Si

alz e sal le scale senza


aggiungere altro, pensoso. Io e
Christian restammo soli. In altre
circostanze non avrei desiderato
altro, ma in quel momento mi
ritrovai incredibilmente a disagio.
Mi sentivo in colpa per quello che
era accaduto a sua sorella, e
temevo che lui fosse arrabbiato con
me. Torn a sedersi, e prefer
questa volta accomodarsi sul
divano; io restai in piedi, indecisa
su cosa fare. Pensando poi che l
ritta in mezzo alla stanza e rigida
come un tronco potevo fare la
figura della perfetta idiota, mi feci
coraggio e lo imitai. Mi sedetti a

poca distanza da lui. Per un minuto


restammo in silenzio; ne approfittai
per lanciare un'occhiata all'orologio:
era da poco passata l'una di notte
eppure non mi sentivo per nulla
assonnata. D'altronde come si
poteva dormire dopo tutto quello
che era accaduto? Christian non
accennava a parlare, dunque alla
fine fui io a decidermi a farlo;
restare vicino a lui in silenzio mi
avrebbe resa ancora pi nervosa.
Hai detto che pensi di sapere
dove si nascondono i Teschi!
cominciai senza guardarlo negli
occhi.
Lui annu con la testa.

Ho seguito Giulio Basile dopo


l'Assemblea. Si arrampicato su
per la montagna, curvando poco pi
in basso, verso le Colline Brade.
Lo hai inseguito da solo?
chiesi rimproverandolo in tono
preoccupato.
Lui mi guard. Mi sentii
avvampare le guance e rimpiansi di
avergli rivolto quelle parole.
Da solo avrei dato meno
nell'occhio. E ho avuto ragione.
E se quella Bestia.
Non osavo immaginare Christian
mentre
lottava
ancora
con
quell'orribile mostro, e questa volta
senza che nessuno andasse in suo

aiuto. Lui lesse sul mio viso tutta la


mia preoccupazione, e si affrett ad
aggiungere: Comunque non lo
avrei affrontato. L'ho seguito solo
per vedere dove si andava a
nascondere. A met strada ha
incontrato altri ragazzi del posto
che si fanno vedere poco in giro, e
ha proseguito con loro. Ma non mi
hanno notato, ne sono pi che
sicuro.
Speravo di poter scoprire
finalmente chi fosse la discendente,
ma ho capito che non era prudente
continuare da solo. Cos sono
tornato indietro e ho ricevuto la
chiamata di Lorenzo; mi ha

avvertito che eri in pericolo. Non


avevo capito che anche mia sorella
fosse coinvolta.
Fece una breve pausa. Ero
preoccupato solo per te.
Il cuore mi manc di un battito a
quelle parole. Non riuscii a
rispondergli nulla. Lui allora si
schiar la voce.
Valerio non mai impazzito
come stasera! aggiunse in tono
vago, come se non avesse
pronunciato quelle parole.
davvero forte. Questa volta
riuscito ad azzannarmi addirittura.
Preoccupata e arrabbiata con me
stessa per aver gi dimenticato

quel piccolo episodio, osservai


senza fiatare Christian mentre si
arrotolava la manica della sua
maglietta. Il suo braccio non
riportava
alcun
segno
di
colluttazione e alcuna ferita che
ricordasse quella provocata da un
morso.
Tranquilla. disse sorridendomi.
Te l'ho detto che guarisco in
fretta!
Distesi le labbra in un timido
sorriso, tentando di mascherare
tutto il mio imbarazzo.
Quindi tu dici che sia stato il
medaglione a scatenare Valerio?
domand lui tornado serio e

risistemandosi la manica.
Io l'ho sentito, Christian! dissi,
felice di sapergli rispondere questa
volta. I miei genitori dicono di
averlo buttato, ma io l'ho visto sul
tavolo prima di uscire! Era l!
Qualcuno l'ha aperto per provocare
Valerio!
Per quale scopo?
Non lo so. Poi aggiunsi in tono
dispiaciuto e basso: colpa mia se
tua sorella ora si trova in queste
condizioni. Non dovevo darle retta,
cos non sarei entrata in casa tua e
non le sarebbe accaduto nulla!
Non dire cos. Allung una
mano verso la mia. Io la fissai

avvicinarsi quasi con timore, con il


respiro che mi si era fatto corto
d'improvviso. Ma le sue dita non
arrivarono mai a sfiorare le mie,
perch Empira ci chiam dalle
scale informandoci che Silvia si era
appena svegliata. Ci precipitammo
entrambi al piano superiore. Quel
corridoio angusto e buio mi faceva
sempre un certo timore, e mi chiesi
perch la vecchia Gilda non aprisse
la piccola finestra che sapevo ci
fosse nel fondo; anche se la
presenza e la vicinanza di Christian
questa volta bastarono a scacciare
tutte le mie fantasie pi orribili.
Quando entrammo in camera

trovammo Silvia seduta sul letto


con la maglietta del pigiama (che le
aveva prestato Empira, anche se
controvoglia) tirata fin sopra le
spalle a scoprire la schiena. La
vecchia Gilda le stava medicando il
morso con la poltiglia che aveva
preparato. E se mi sporgevo un
poco lo potevo quasi vedere: poco
pi in l della spalla destra, sotto il
collo e molto vicino alla spina
dorsale, si intraveda come un livido
esteso su quasi tutta la pelle. Mi
affrettai a distogliere subito gli
occhi, fortemente a disagio. Silvia
era chinata in avanti e non ci aveva
ancora visto entrare; poi quando si

accorse della nostra presenza, le


prime parole che rivolse a suo
fratello furono: La mamma questa
volta mi ammazza sul serio!
Piagnucol e la vecchia Gilda la
sgrid tentando di mantenere un
tono dolce nella voce, dicendole che
doveva star ferma se voleva che la
sua ferita fosse ben disinfettata.
Guarda cosa mi ha fatto quel
mostro del tuo amico! si lament
ancora.
Sentii Empira irrigidirsi accanto
a me. Credetti che stesse per
ribattere duramente, e invece non
lo fece.
La colpa solo mia. dissi io.

Silvia sollev la testa e mi rivolse


due occhi carichi di rammarico e
astio.
Hai
ragione! rispose
duramente. Se non fossi arrivata
tu, questo non mi sarebbe mai
accaduto!
Stavo per controbattere che era
stata lei a invitarmi a entrare in
casa sua affinch mi rifugiassi l, ma
serrai la bocca. Silvia era sconvolta
pi di tutti noi, e forse era la sua
rabbia a farla parlare in quel modo.
Continu a fissarmi, e io capii che
sarebbe stato meglio uscire. La mia
presenza non faceva altro che
peggiorare la sua situazione.

Lasciai la camera senza dire una


parola;
Christian
non
prov
nemmeno a fermarmi, ma era
evidentemente dispiaciuto.
Empira mi segu lanciando
un'occhiataccia alla ragazza che
giaceva ora nel suo letto.
Non darle retta! mi disse una
volta fuori in corridoio. Io sono
contenta che tu sia qui a Tiepole.
La ringraziai. Quindi, nonostante
la penombra, riuscii a intravedere la
porta semiaperta dove sapevo si
trovasse Valerio. Io ed Empira ci
scambiammo un'occhiata veloce e
vi entrammo. La stanza era
illuminata dalla luce di unesile

candela, come lo era stata quando


Christian giaceva in quel letto.
Provai una sorta di dejav. Lorenzo
era seduto al capezzale dell'amico
con la testa china e le mani giunte
posate sulle ginocchia. Quando ci
sent entrare sollev un poco il
capo.
Non mi andava di lasciarlo
solo! si giustific tirando su con il
naso.
Guardai Valerio: la sua pelle era
pallidissima e il suo respiro rapido e
breve, come se stesse sognando di
correre. Le due zanne uscivano
dalla bocca prendendo il posto delle
labbra,
quasi
completamente

scomparse.
Della
ferita
che
Christian gli aveva provocato sulla
fronte non ce n'era pi traccia.
Rabbrividii.
Mi chiedo quando anch'io
impazzir! riprese a parlare
Lorenzo con gli occhi fissi sul volto
dell'amico. Non ho paura per me,
ma per voi. Se dovessi farvi del
male io non me lo perdonerei mai.
Io mi mossi per raggiungerlo e
gli posai una mano su una spalla.
Lorenzo, lui stato provocato!
Non l'ha fatto intenzionalmente.
Valerio non farebbe del male a una
mosca, come non ne faresti tu.
stata la discendente!
Ne sono

convinta.
Dobbiamo trovarla, Emma.
Prima che faccia del male ad altre
persone. disse lui in tono pi
sicuro. Agisce davanti ai nostri
occhi, ma non la vediamo.
Quelle parole mi diedero da
pensare. Davanti ai nostri occhi, ma
noi non la vediamo. Mi sorse un
terribile dubbio, scatenato dal
ricordo di un particolare che avevo
dato per scontato. Valerio mi aveva
detto chiaramente, a
ritorno
dell'Assemblea e poco prima che
impazzisse, che Simo era stata in
casa mia.
Lorenzo, ti prego di perdonarmi

se ora ti faccio questa domanda.


Lui si volt a guardarmi e mi
fece cenno con la testa di
proseguire. Tua sorella, Simo, sai
dirmi dov' in questo momento?
Lui aggrott la fronte
guardandomi con aria interrogativa.
Non si aspettava certo da me una
simile richiesta. Alz le spalle.
Non saprei, il pi delle volte
lei che sceglie quando e come farsi
vedere. rispose.
stata a casa mia. Valerio ha
fiutato il suo odore. stata a casa
mia poco prima che il medaglione
suonasse.
Lorenzo scatt in piedi.

Immaginavo che avrebbe reagito in


quella maniera.
Che vorresti insinuare? chiese,
alzando il tono di voce.
Niente. mi affrettai a dire.
solo che trovo strana questa
coincidenza; visto che non abbiamo
una pista giusta bene tenere in
considerazione tutte le ipotesi!
Simo mia sorella! Non ci
farebbe mai del male!
Mi sentii in dovere di
correggerlo; per poi pentirmene
subito.
Simo non tua sorella. Simo
un fantasma.
Mi fiss come non mi aveva mai

guardata prima di allora; era


arrabbiato
con
me,
involontariamente l'avevo ferito.
Provai a scusarmi e a chiarirmi
meglio, ma lui non me diede il
tempo. A grandi passi si diresse
verso la porta. Poi si blocc, perch
Empira fece notare a entrambi che
Valerio aveva appena spalancato gli
occhi.
Li teneva sbarrati, due fessure
scure e apparentemente prive di
vita. Restammo immobili, senza
aprire bocca, cercando di camuffarci
con la penombra. Il ricordo dei suoi
assalti era ancora troppo vivo in
me; iniziai a tremare mio malgrado.

Poi lui, quasi avvertendo la mia


presenza, gir lo sguardo verso di
me. Sussultai, ma non mi mossi.
Emma. sussurr.
Io restai ferma e muta.
Emma sono un mostro,
perdonami.
La voce sembrava quella del
ragazzo scherzoso e amichevole che
avevo conosciuto, anche se il tono
era incrinato e basso. Feci un passo
in avanti.
Non ci provare! parl lui. No,
vattene! Ti prego. Non voglio farti
del male! Vattene via!
Le sue parole mi stordirono.
Continu a ripetermi di andarmene,

che non dovevo avvicinarmi a lui,


che non voleva farmi pi del male,
che si vergognava. Christian entr
nella stanza attirato dalla voce
dell'amico. Quando Valerio lo vide,
emise un lamento simile a un
pianto
e
scatt
a
sedere.
Indietreggiammo simultaneamente,
spaventati. Valerio, senza alcuno
sforzo, ruppe con uno schiocco le
corde che gli tenevano legate le
mani alla spalliera del baldacchino.
Sbraitando come un ossesso riusc a
liberarsi anche di quelle che lo
tenevano saldo ai piedi del legno.
Io mi feci piccola, addossandomi
alla parete.

Empira scapp via dalla stanza


chiamando a gran voce il nome
della nonna, mentre Lorenzo mi si
accost afferrandomi per una
mano.
Christian si tenne pronto ad
affrontare ancora l'amico. Quando
Valerio si fu liberato, salt gi dal
letto e si ritrov faccia a faccia con
Christian. I due si guardarono a
lungo. Una lacrima mi corse lesta
gi per una guancia al pensiero che
potessero
combattere
ancora.
Restarono uno di fronte all'altro, per
una manciata di secondi che non
sembrarono avere mai fine. Poi
Christian si lev da una parte,

permettendo all'amico di uscire


dalla stanza. Io lasciai la mano di
Lorenzo e gli corsi dietro. Valerio!
gridai.
Silvia strill quando vide il
vampiro passare davanti alla porta
della sua camera. Valerio attravers
correndo il corridoio, per poco non
fin addosso alla vecchia Gilda che
si spiaccic alla parete, e oltrepass
la balaustra delle scale con un
semplice
e
agile
balzo. Io
continuavo a chiamarlo mentre al
contrario ero costretta a scenderle
una ad una. Lui poi apr di scatto la
porta, e senza voltarsi indietro la
richiuse. Mi fermai sull'ultimo

gradino;
era
oramai
inutile
continuare a rincorrerlo.
Non ce la faceva a restare con
noi.
mi
disse
Christian
sopraggiungendomi alle spalle. Gli
ho letto negli occhi tutto il
dispiacere e la vergogna che prova
per quello che ha fatto a mia
sorella, e per quello che avrebbe
potuto fare a te. Ma ritorner,
Emma. Vedrai.
Io mi voltai verso di lui e gli
gettai le braccia al collo. Scoppiai a
piangere.
Quante
persone
dovevano soffrire ancora per causa
mia?
Dovevo fare qualcosa, qualcosa

di concreto. Dovevo trovare quella


dannata, maledetta discendente.

Maledetti e maledizioni
Come potevo io, cresciuta in citt
e tenuta all'oscuro della mia vera
origine e di tutti i problemi causati
dalla mia famiglia, risolvere una
situazione
simile?
Solo
una
settimana prima uscivo con i miei
amici girando per bar e pub,
all'ombra del Colosseo. Tutto ci a
cui pensavo era cosa ne avrei fatto
della mia vita una volta terminati
gli anni del liceo, alla scelta
universitaria,
a
trovarmi
un
lavoretto part-time per l'estate.
Rientravo tra le persone definite
normali e la mia vita era semplice,

forse monotona; ma non per questo


meno bella.
Tiepole aveva cambiato tutto. La
mia famiglia non era pi la stessa, il
rapporto con mia madre si era
trasformato senza che ce ne
rendessimo conto, e le mie priorit
ora erano altre.
Prima tra tutte: restare in vita. Il
pensiero della morte, cos frequente
in quei giorni poich non poche
volte la mia incolumit era stata
minacciata, aveva gettato una luce
diversa sul mio modo di intendere
la vita e il mio ruolo in essa. Non mi
vedevo pi dietro un banco
universitario a prendere appunti,

ma affiancata da mostri a cercare


una
discendente
che
stava
provocando tanto dolore alle
persone alle quali stavo imparando
a voler bene. E che mi sarebbero
mancate semmai un giorno avessi
lasciato quel posto. E, riflettendoci
bene, di quel posto ne avrei sentito
la mancanza. Follia.
Christian mi si sedette accanto,
distogliendomi da quei pensieri.
Io mi ero accomodata sul divano,
sfilandomi
le
scarpe
e
raggomitolandomi su me stessa
cercando di riposare. Mio padre mi
aveva da poco chiamata dicendomi
che la discussione al bar era

degenerata quando anche il sindaco


e Don Luigi ritennero opportuno
parteciparvi.
Mancavano
dieci
minuti alle tre e la stanchezza
iniziava a farsi sentire. Empira si
trovava al piano di sopra; la vecchia
Gilda si era andata a coricare nella
sua stanza e lei si era offerta di
assistere Silvia nel caso si fosse
svegliata. Ma c'era da scommettere
che sonnecchiava, affondata nella
sua poltrona. Lorenzo era rimasto
con lei; non ci eravamo pi rivolti la
parola dalla nostra discussione su
Simo. Sapevo che qualunque cosa
gli avessi detto mi avrebbe risposto
in malo modo, cos aspettavo che

fosse lui a fare il primo passo.


Tutto bene? mi domand
Christian.
Io annuii. La sua presenza bast
a ridestarmi del tutto.
Stavi cercando di dormire?
continu.
No, non ci riuscirei!
Lui mi fiss senza parlare; non
riuscii a sostenere il suo sguardo e
abbassai gli occhi, intimidita.
Io mi sono trasformato prima di
Valerio, riprese lui, eppure la sua
maledizione stata pi veloce della
mia. cambiato in pochissimo
tempo. E la sua forza continua ad
aumentare.

Il suo corpo regger? chiesi


guardandolo.
Lo spero.
Dobbiamo trovare un modo per
annullare le vostre maledizioni!
dissi io con enfasi, guardandomi
attorno come a cercare qualcosa.
Christian fece spallucce. Sorrise.
Non so. Essere speciale mi
piace.
confess.
Quella
sensazione di potere assoluto, la
certezza di fare la differenza. Forse
non saprei vivere da persona
normale.
Io ho sempre vissuto da
persona normale! obiettai. E ti
assicuro che non ho mai avuto

motivo per lamentarmi!


Lui mi diede una lieve gomitata
e mi fece l'occhiolino.
Bugiarda. A tutti piace essere
speciali! I Tiepolesi ci temono, ma
allo stesso tempo ci invidiano
perch noi siamo stati scelti. E
anche tu sei stata scelta.
Io non sono un bel niente. La
nipote di una strega malvagia, ecco
cosa sono.
Per lo meno qui sei qualcosa.
mi riprese lui. In citt che cos'eri?
Ci fissammo in silenzio. Dovevo
riconoscere che in fondo aveva
ragione. A Tiepole mio malgrado
ero una sorta di celebrit, tutti mi

conoscevano e in un certo senso


temevano. A Roma ero una ragazza
tra tante, che non avrebbe mai
fatto (per dirla con le parole di
Christian) la differenza.
Credo che dovremmo tornare a
casa di tua nonna! disse poi lui
cambiando decisamente argomento
e tono di voce. Non abbiamo avuto
il tempo di cercare nulla la scorsa
volta!
L'idea di far ritorno in quel posto
non mi piaceva; ma forse con le
dovute precauzioni e magari con un
maggior numero di persone, le cose
sarebbero andate diversamente e a
nostro
favore.
Ero
ancora

fermamente convinta che Marta


Vasselli avesse nascosto l da
qualche parte i suoi segreti, prima
di venir trascinata fuori con la forza
e uccisa dai suoi concittadini.
Repressi un brivido a quel
pensiero.
Va bene. risposi. Potremmo
chiedere a Carmine di venire con
noi.
Christian annu.
E potremmo coinvolgere anche
Don Luigi. continu lui. E il
sindaco.
E naturalmente Valerio!
Aspetteremo che lui faccia ritorno,
no? chiesi io.

Christian annu di nuovo, e non


riusc a nascondere la sua
espressione
irritata
quando
pronunciai quelle parole. Che fosse
per
caso
geloso?
No,
era
decisamente da escludere.
Sai che le nostre famiglie erano
nemiche un tempo? disse lui.
Tu sei una Vasselli, io uno dei
Costantini.
S, ma so anche che prima di
diventare nemiche erano amiche.
lo corressi io.
Conosci la storia di Virginia
Costantini e Guido Vasselli? I due
amanti che durante la guerra tra le
loro due famiglie si uccisero a

vicenda?
Scossi debolmente la testa.
Avevo letto qualcosa di simile su
Storia di Tiepole, ma non avevo
approfondito l'argomento. Mi chiesi
perch mi stesse raccontando
quella triste storia.
A vicenda? domandai
credendo di aver capito male. Che
vuol dire?
S, a vicenda. Stanchi delle
continue lotte decisero di morire, e
dimostrare in quel modo che la
guerra tra le due famiglie non
portava altro che morte. Lei
prepar una pozione velenosa che
lui bevve prima di spaccarle il cuore

con il suo pugnale.


Rabbrividii. Peggio ancora di
Romeo e Giulietta, che erano stati
beffati dalla sorte. Qui invece i due
amanti erano andati decisi verso la
morte
provocandosela
vicendevolmente. Fui pervasa da
una profonda tristezza.
Emma. riprese lui abbassando
il tono di voce. da una vita che ti
aspetto.
Lo guardai come se avesse
appena parlato in un'altra lingua.
Rabbrividii ancora.
Volevo che tu arrivassi per
ucciderti. continu. Mi avevano
detto che saresti stata tu la

discendente, e che la tua morte mi


avrebbe
liberato
dalla
mia
maledizione. Vivevo nell'attesa che
tu arrivassi qui. Io e te abbiamo
sempre avuto un legame, un filo
che ci univa, anche se tu ancora
non lo sapevi. Solo che non era
odio. Ma l'esatto contrario. Mentre
lui parlava il cuore aveva iniziato a
battermi furiosamente, tant' che
ebbi il timore che tutti lo sentissero.
Non volevo mostrami agitata, e
cercai di mantenere il controllo di
me stessa, ma mi accorsi subito che
sarebbe stato impossibile.
E qual chiesi deglutendo a
fatica come se avessi un enorme

intralcio alla gola quale l'esatto


contrario?
Christian sorrise. Poi avvicin il
viso al mio; io restai immobile come
una statua di cera pronta a
sciogliersi. Il cuore e il respiro mi si
fermarono, mentre il cervello si
svuot di ogni pensiero. Pos le
labbra sulle mie, e d'improvviso non
ero pi a Tiepole, tutti i nostri
problemi erano scomparsi e la
paura di quello che poteva ancora
succedermi svan del tutto. Lui
premette le labbra con maggior
foga e lasci andare un suono,
come un lamento gutturale. Io
allora mi ritrassi spaventata e

timorosa che potesse accadergli


qualcosa, ma lui mi afferr per la
nuca infilando una mano tra i
capelli. Mi baci con tenerezza e
passione, come se stessimo per
morire e quella fosse l'ultima cosa
che avrebbe fatto su quella terra. E
ci che pi temevo, cio che lui si
trasformasse,
non
accadde.
Sentimmo dei passi discendere le
scale, e lui si stacc velocemente
da me. Repressi a stento il
desiderio di impedirglielo, incurante
di quello che ci avrebbero detto
vedendoci avvinghiati in quel modo.
Christian balz in piedi, e io mi
riassettai i capelli.

Empira, quando fu sull'ultimo


scalino, sbadigli e si stiracchi.
Faccio del caff. disse. Ne
volete?
Si diresse verso l'angolo cottura;
non sembrava essersi accorta di
nulla per mia fortuna. Christian
rifiut e disse che sarebbe andato a
controllare sua sorella. Sal al piano
di sopra senza voltarsi. Io mi sbrigai
a infilarmi le scarpe, ma le dita mi
tremavano ancora per l'emozione e
impiegai pi del dovuto ad
allacciarmele. Ero stordita per
quanto accaduto; avevo ancora il
sapore di Christian sulle mie
labbra.

Allora tu lo vuoi il caff? mi


chiese Empira recuperando i pezzi
della macchinetta dallo scola
stoviglie per montarla.
Annuii e la raggiunsi. Speravo di
non essere pi paonazza in viso.
Mi strinsi nelle spalle e incrociai
le braccia al petto, nella speranza
che lei non si accorgesse del
tremore delle mie mani.
Sono cos triste per Valerio.
disse lei, malinconica.
Gi,
anch'io. risposi,
schiarendomi la voce.
Ma se devo essere sincera,
quello che accaduto a Silvia non
mi dispiace affatto! Lei ha sempre

disprezzato Christian e disprezzava


anche me e gli altri maledetti!
Adesso capir sulla sua pelle quello
che significa essere diversi!
Non conoscevo abbastanza Silvia
per giudicarla, ma non mi sembrava
neppure corretto che Empira le
rivolgesse parole simili. Nessuno in
fondo meritava quella sorte; la
nostra sorte.
Non mi sembra che odiasse i
maledetti! replicai io pensierosa.
Se frequentava Giulio Basile
vuol dire che poi non gli erano cos
antipatici.
Empira mi fiss basita. Mi
accorsi subito di averle dato una

notizia assolutamente nuova e


insolita, e che forse doveva restare
segreta.
Chi te lo ha detto? mi
domand. Poi ignorando la risposta
che stavo per dare continu:
Questo spiegherebbe tante cose.
Spiegherebbe perch i Teschi hanno
sempre conosciuto anticipatamente
le nostre mosse.
Entrambe guardammo le scale e
il piano superiore. Un'idea terribile
mi sfior la mente: E se fosse
stata una trappola? dissi. Far
impazzire Valerio, costringermi a
uscire di casa ed essere soccorsa da
lei? Se i Teschi mi stessero

aspettando l? Forse non si


aspettavano che Valerio sarebbe
entrato
ugualmente,
e
non
immaginavano
di
certo
che
l'avrebbe morsa.
Io ed Empira ci guardammo,
convinte che stessimo ospitando e
curando una spia. Uno dei nemici.
S, quel ragionamento almeno
filava.
L'Assemblea stata interrotta
dai Basile, dalla madre di Christian
e da altre persone tutte accusate di
far parte dei Teschi. continuai.
E proprio mentre loro ci
interrompevano, veniva data la
notizia del furto delle ossa di mia

nonna. Si sono procurati un alibi,


perch se qualcuno osasse accusarli
loro risponderebbero che erano in
chiesa con noi mentre si scopriva il
fatto. E ancora: forse Giulio sapeva
che Christian lo avrebbe seguito
una volta aver dato l'impressione di
essere uscito allo scoperto, e in
questo modo lo avrebbe allontanato
da me. Mi fermai perch la testa
iniziava a farmi male. Quel
rompicapo era senza fine. Mi andai
a sedere su una delle sedie del
tavolo. Poggiai il mento su un
gomito, continuando a pensare in
silenzio. Se davvero le cose stavano
come ipotizzavo, erano davvero

poche le persone di cui potevo


fidarmi. E ripiombata di nuovo nel
caos pi assoluto, il bacio avvenuto
solo pochi istanti prima divenne gi
un ricordo. Empira riemp la
macchinetta di caff, l'avvit e la
mise su uno dei fornelli. Quindi
prese due tazzine e le poggi
battendole con violenza sul ripiano
in marmo della cucina. Quel tonfo
sordo mi fece sobbalzare, e le chiesi
se per caso le avesse rotte. Quando
si volt gridai, e mi alzai cos
velocemente che la sedia cadde
all'indietro. Si era trasformata senza
alcun preavviso, il suo bel viso era
di nuovo stato trasfigurato da

quell'orrida maschera mostruosa


che ricordava vagamente l'Urlo di
Munch. Parl con voce gracile e
sonora: Cacciatemi pure! disse.
Ma io maledico vostra figlia, mia
nipote. La maledico per il resto
della sua vita e la maledizione le si
manifester quando finalmente far
i conti con la sua vera discendenza!
Ritorner a Tiepole, e tu lo sai
bene, Laura!
Guider le streghe e torneranno,
se vorr, i tempi bui! Lei migliore
di te, codarda! La riconosco dal suo
pianto:
anche
i
morti
la
temeranno!
La voce cess proprio quando

Christian e Lorenzo mi furono


accanto. Il volto trasfigurato di
Empira si lasci andare a un
ghigno orribile che mi fece
accapponare la pelle. Poi, gir gli
occhi all'indietro e svenne. La
vecchia Gilda, scesa in quel preciso
istante, url vedendo la nipote in
quello stato. Corse da lei e la
scosse per una spalla, chiedendole
in lacrime di svegliarsi. Christian si
chin su di lei e la prese tra le
braccia portandola sul divano. Gilda
le picchiettava le guance, e dopo
qualche istante Empira riprese i
sensi. Il volto le torn lentamente
alla normalit, pallido e spaventato.

Quando chiese cosa fosse accaduto,


tutti allora si voltarono a guardarmi.
Io, ancora terrorizzata, non risposi.
Christian mi si fece accanto e mi
prese delicatamente per le spalle.
Che cosa successo? chiese
guardandomi negli occhi.
Mia
nonna.
risposi
balbettando. Era mia nonna. Mi ha
detto. la mia maledizione. Ora so
cosa diventer.
E non ci sarebbe stato bisogno di
quell'orribile scenata per sapere
cosa la nipote di una strega
sarebbe divenuta a sua volta.
Una strega, esattamente come
lei.

La maledizione di una Strige


Chiss forse mi verr il naso a
punta. dissi cercando di assumere
un'aria
indifferente.
E
mi
cresceranno delle orribili pustole sul
mento! Provai a ricordare come
erano raffigurate le streghe nelle
figure sui libri che leggevo da
bambina. Se la mia trasformazione
fosse stata fisica e mi fossi davvero
trasfigurata in una di quelle
vecchine con la gobba svolazzanti
sopra una scopa, mi sarei gettata
dall'alto della montagna.
Forse no. mi rispose Empira.
Magari diventerai una strega

bellissima,
e
chiss
forse
immortale!
Le sorrisi e mi voltai a guardare
il suo volto ancora pallido. Empira
era sdraiata sul divano coperta da
un plaid che la teneva al caldo; io
ero seduta ai suoi piedi e le tenevo
compagnia, aspettando che si
addormentasse. Poi magari avrei
finalmente sonnecchiato anch'io.
Gli altri erano tutti di sopra;
Silvia si era svegliata all'improvviso
urlando, e c'era stato addirittura
bisogno che Christian utilizzasse la
sua forza per calmarla. Vlad, che
aveva ottenuto il permesso di
entrare in casa dopo aver riempito

di graffi il portone, fingeva di


dormire accoccolato ai piedi del
divano come a fare da guardia alla
sua padrona.
Maledizione o no, mia nonna
voleva che mi avvicinassi alla
stregoneria.
dissi.
Sarebbe
comunque andata a finire nello
stesso modo.
Mia nonna e Marta Vasselli
erano
molto
amiche
quando
avevano la nostra et.
Stavo per dirle che non avevo
voglia di sentir parlare di mia nonna
e di quello che aveva combinato da
giovane, quando capii che il
discorso
di
Empira
stava

prendendo un'altra piega.


Io non ho mai avuto delle
amiche.
mi
confess
senza
guardarmi. Sono cresciuta solo con
mia nonna; dopo le scuole medie,
come molti qui in paese, non me la
sono sentita di scendere in citt e la
mia ragione era perch mi stavo
trasformando. Le uniche persone
che ho mai frequentato sono state
Christian e i suoi amici. Ma questo
solo perch siamo accomunati dalla
stessa sorte.
Non dire cos. Loro ti vogliono
bene! la corressi io.
Empira abbozz un sorriso e
pos due occhi tristi e assonnati su

di me.
Vogliono pi bene a te che a
me! Tu sei una di quelle persone in
grado di farsi amare da chiunque.
Posai timidamente una mano sul
plaid, su quella che doveva essere
una delle sue caviglie.
Ma se la maggior parte dei
Tiepolesi mi odia! risposi cercando
di farla sorridere.
I miei genitori sono morti
quando avevo undici anni. riprese
lei ignorando la mia battuta.
Dicono che sia stata l'antica
magia, che si sono avventurati in
territorio pericoloso. Loro amavano
il mistero e l'occulto, ma erano

delle brave persone. Quando fui


posseduta per la prima volta da uno
spirito, mia madre tent di
insegnarmi a controllare quel
potere e mi sugger di fare della
mia maledizione un dono.
Lei era una donna molto forte,
nulla l'abbatteva. Sarebbe stata
pronta
a
combattere
la
discendente. Fece una breve
pausa. Io non trovai parole per
risponderle o per consolarla.
Mi sentivo completamente
impotente.
Una volta tanto non c'entra tua
nonna in questa storia! aggiunse,
sorridendomi.

Io ricambiai, ma in realt mi
sentivo turbata. Empira e la sua
storia mi avevano scombussolata, e
il fatto che mia nonna fosse
estranea a quella brutta faccenda
non bastava a consolarmi. Provai
pena nei suoi confronti e tentai di
immaginare quanto fosse stata dura
per lei la vita fino ad allora, sola in
quella
casa
a
combattere
continuamente contro gli spiriti che
volevano impossessarsi del suo
corpo e della sua mente.
Qualche giorno fa ho cercato di
mettermi in contato con lei, con mia
madre. riprese abbassando la voce
e lanciando una veloce occhiata alle

scale. Sono andata in montagna,


ho portato con me alcune cose che
potevano aiutarmi a invocarla.
Volevo che mi possedesse, che per
una volta fossi io a scegliere chi
dovesse infestarmi. Ma non ci sono
riuscita. Christian e Valerio mi
hanno soccorsa e riportata qui. Che
sciocca sono stata.
Le sue parole mi fecero tornare
alla mente il mio rapimento e la
maniera in cui si era concluso:
Lorenzo mi riportava in paese
mentre Christian e Valerio si
avventuravano per la montagna alla
ricerca della fonte di quell'orribile
grido che avevamo sentito.

Dunque era stata Empira a


emettere quell'urlo soprannaturale.
Ma non le dissi di averla udita; la
sconfitta dell'insuccesso le gravava
ancora, e non volevo metterla in
imbarazzo.
Empira si sollev a sedere. Io
scostai la mano che tenevo
sbadatamente ancora posata sulla
sua caviglia. Lei mi si avvicin e mi
sussurr all'orecchio: Non ho mai
confessato a nessuno quello che sto
per dirti.
Le sue parole m'incuriosirono.
Chiss che non volesse rivelarmi
segreti di Tiepole, o sull'antica
magia o sulla sua maledizione. O

magari un'altra verit scioccante su


mia
nonna.
Invece,
inaspettatamente, lei rivel: Credo
di essere innamorata di Valerio.
Quella confessione mi sorprese e
tranquillizz assieme.
Solo che io. si ritrasse
timidamente e abbass lo sguardo
io non sono mai stata con un
ragazzo.
Ripensai e a quello che era
accaduto con Christian proprio su
quel divano. Arrossii violentemente.
Balbettai una risposta senza senso,
ma la venuta di Gilda c'interruppe e
spezz
quella
confortevole
atmosfera di confidenza che si era

creata tra di noi. Chiss, forse le


avrei raccontato di me e Christian
una volta conclusa quella faccenda.
Ragazze, siete ancora sveglie!
esclam.
Chiese poi alla nipote come si
sentisse ed Empira, ancora rossa
in viso, le rispose che stava
decisamente meglio.
Emma, continu guardandomi
e divenendo d'un tratto seria, vuoi
seguirmi per favore?
Io annuii con la testa, titubante.
Quando poi Christian scese le scale
e mi si affianc, mi decisi a
ubbidirle. Empira torn a sdraiarsi,
affondando la faccia nel cuscino del

divano. Christian mi lanci una


veloce occhiata; mi parve che mi
avesse fatto un lieve cenno con la
testa. Gilda, stretta nell'abbraccio
del suo scialle color porpora, mi
fece cenno di andarle dietro e
quando apr la porta finestra
uscimmo fuori. Ci ritrovammo in
una sorta di piccolo giardino
interno, la cui debole luce di un alto
lampione ne illuminava una piccola
parte. Riuscii comunque a notare
una panchina in legno in un angolo,
e svariate piante che crescevano
ovunque. Un muro alto di mattoni
scuri
separava
quell'ambiente
dall'esterno
della
campagna.

Contrariamente a quanto potessi


pensare, quel luogo mi piacque e
mi sentii al sicuro l, anche se il
fresco della notte inoltrata mi
costrinse a stringermi nelle braccia.
I denti iniziarono a battermi. Sentii
il braccio di Christian cingermi le
spalle. Trasalii a quel contatto, e mi
voltai verso di lui per ringraziarlo
con un sorriso. La vecchia Gilda,
nonostante il suo scialle non fosse
molto pesante, al contrario non
sembrava soffrire il freddo.
Richiuse la porta finestra e inizi:
Emma, io ti ho mentito. disse
sistemandosi dietro l'orecchia una
ciocca che era sfuggita al suo

chignon. La guardai aggrottando la


fronte e rabbrividii ancora.
Christian mi strinse di pi a s.
Che cosa vuol dire? chiesi con
i denti che battevano violentemente
l'uno sull'altro.
Emma, io sapevo della tua
maledizione. Il giorno che ti maled,
tua nonna venne a raccontarmelo.
Non ci parlavamo pi da tempo, ma
lei venne qui lo stesso a vantarsi di
ci che aveva fatto. Mi disse che tu
saresti diventata come lei, che ti
saresti trasformata in una Strige,
ovvero una strega dalle capacit
inimmaginabili. Lo disse in modo
tale da esserne orgogliosa; tu

saresti stato il suo vanto poich tua


madre l'aveva enormemente delusa
scappando in citt. Riponeva molta
speranza in te; in un modo perverso
ti voleva bene.
Ascoltai quella nuova rivelazione
senza battere ciglio, con gli occhi
fissi sull'anziana donna, smettendo
addirittura di tremare sebbene mi
fossi
irrigidita.
Due
cose
trapelavano da quelle parole: la
vecchia Gilda ne sapeva pi di
quanto avesse fatto intendere fino
ad allora, ma soprattutto mi era
stata data la risposta a una delle
domande che pi rischiavano di
farmi impazzire.

Una Strige. Ecco finalmente


svelata la mia maledizione. Mi sarei
trasformata in una Strige. La parola
mi richiam alla mente l'immagine
di un animale notturno, di un
volatile per l'esattezza. Dunque mi
sarei trasformata in un uccello? Mi
sarebbero spuntate le piume e le
ali? Magari anche il becco e gli
artigli forse. Inorridii al solo
pensiero.
La vecchia Gilda sembr leggere
le mie terribili supposizioni sul
volto,
perch
riprese:
Propriamente il nome strega
deriva da quello di strix, un rapace
notturno. Non so dirti se la

maledizione riguarda anche il lato


fisico, ma dubito che tua nonna
volesse che tu ti trasformassi in un
essere piumato!
Quelle parole non bastarono a
tranquillizzarmi. Mi lanciai una
veloce occhiata alle mani, convinta
che stessi iniziando a mutare.
Christian mi accarezzo una spalla e
mi
rivolse
un
sorriso
d'incoraggiamento, il quale non
riuscii a ricambiare. Rabbrividii di
nuovo per il freddo e lanciai una
veloce occhiata al giardino; la
fantasia mi trad mostrandomi
figure ammantate con la faccia
coperta da una maschera con le

fattezze
di
un teschio
che
sbucavano fuori, cercando di
rapirmi.
Quando torni a casa leggi sulla
Storia di Tiepole il capitolo relativo
alle Strigi. Solo tre donne prima di
te lo divennero; e una in maniera
permanente. Su di lei l'antica magia
ag cos fortemente da tramutarla
per sempre in un volatile. La
vecchia Gilda continu ancora a
parlare di streghe e uccelli notturni,
ma io non la stetti pi a sentire. Il
mio cervello rifiut qualsiasi altra
informazione.
Mi
tratteneva
dall'urlare solo la vicinanza di
Christian, il quale mi teneva stretta

a s impedendomi cos di svenire.


Sarebbe stato meglio non sapere
nulla.
Emma, perdonami se ti dico
tutto questo solo adesso! andava
dicendo la vecchia Gilda Ma dovevi
conoscere la realt di Tiepole
prima, per essere certa che non mi
avresti presa per pazza.
Annuii con la testa, ma in realt
avrei voluto gridare e piangere.
Quanto desideravo in quel
preciso momento tornare alla mia
vita, tornare in citt dai miei amici
a scorrazzare in giro per locali e a
non pensare ad altro che a godermi
i miei vent'anni. La mia totale

libert.
La scelta della facolt
universitaria
a
confronto
mi
sembrava un gioco innocente.
Empira colp la vetrata con un
colpo delle nocche attirando la
nostra attenzione. Ci fece segno di
rientrare e indic il piano di sopra.
Silvia doveva essersi svegliata di
nuovo. Christian mi afferr per una
mano e rientrammo; la vecchia
Gilda invece rest l fuori. Notai,
prima di richiudere la porta finestra,
che si era accucciata a terra per
osservare qualcosa che cresceva in
un cespuglio.
Lorenzo ci aspettava sulle scale.

Christian, tua sorella chiede di


te. disse. Lui sal i primi gradini e
io lo seguii. Ma Lorenzo mi ferm
dicendomi che Silvia voleva parlare
solo con suo fratello. Io e Christian
ci lanciammo un'occhiata veloce;
poi io annuii, e lui mi lasci la
mano. Sal al piano di sopra
scomparendo in corridoio. Io me ne
tornai in sala, a sedermi accanto ad
Empira. Lorenzo mi segu e fece
per prendere posto accanto a me,
ma Vlad lo ferm andandogli
incontro e invitandolo con un vivace
scodinzolio a giocare. Lorenzo lo
assecond,
apparentemente
contrariato. La vecchia Gilda rientr

in quel momento con un mazzolino


d'erba stretto in una mano. Io la
guardai, e la mia mente mi sugger
le spiegazioni pi disparate e
assurde. La donna si accorse che la
stavo fissando e mi sorrise.
Non come pensi, Emma.
disse. Questo solo un po' di
basilico per la cucina.
Annuii con la testa. Gi, che
sciocca ero stata a pensare che in
quel giardino la vecchia Gilda
coltivasse erbe magiche.
Christian entr nella camera con
passo lento. Sua sorella era seduta
con la schiena appoggiata alla
spalliera del letto, e il corpo coperto

fino alla cintola dal lenzuolo.


Fissava un punto indefinito, con la
testa piegata da una parte come se
fosse
assorta
nel
ricordare
qualcosa.
Quando si accorse della presenza
del fratello, pos due occhi stanchi
su di lui. I due si fissarono a lungo.
Che cosa si prova a essere un
mostro? esord in tono severo
Christian, piazzandosi davanti al
letto con le mani affondate nei
pantaloni. Silvia gli rivolse uno
sguardo accigliato.
Per lo meno adesso sar
considerata tua pari. gli rispose.
Che cosa racconterai a nostra

madre? Non venuta nemmeno a


vedere come stavi! la provoc
Christian.
Sarai soddisfatto! sbott lei,
irata. Nostra madre mi odier e mi
rinnegher, come odia e rinnega te!
Adesso sono una reietta.
Adesso sei esattamente come
me:
condannata.
specific
Christian. Dovrai dire addio al tuo
progetto di raggiungere nostro
padre a Milano, o dove diamine si
trova in questo momento!
Poi cambi tono di voce, che si
fece pi comprensivo.
Sapevi che non ti saresti mai
lasciata Tiepole alle spalle! disse.

E adesso che sei costretta a


rimanere, dovrai decidere da quale
parte stare.
Mi chiedi di scegliere tra te e
nostra
madre!
rispose
lei
piagnucolando. L'aria spavalda e
cupa era completamente svanita
dal suo volto.
Non sar una novit per te
decidere, visto che fino ad oggi hai
sempre preferito lei! la rimbecc
Christian in tono sarcastico. E poi
credo che sia stata nostra madre a
scegliere per te questa volta,
abbandonandoti qui. Christian si
mosse per sedersi sulla sponda del
letto. Sua sorella cerc di evitare il

suo sguardo, e si scost un poco.


Adesso mi dirai tutto quello che
sai, Silvia. le intim. Cos non
sar stato inutile per te andare a
letto con Giulio Basile! Credi che
non abbia riconosciuto il suo odore
quando tornavi a casa la sera tardi,
e mamma non ti diceva nulla
perch tanto sapeva che era lui la
Bestia? Ha lasciato che lui si
divertisse con te, solo per tenerlo
buono dalla sua parte.
Il volto di Silvia si contrasse in
una smorfia di sofferenza. Gli occhi
le si inumidirono. Si strinse le
ginocchia al petto e spost due
occhi carichi di lacrime sul fratello.

Lo sa la tua nuova amichetta


quanto sai essere crudele alle
volte? domand. Christian ripens
a qualche giorno prima, a quando
aveva cercato di uccidere Emma
fuori le mura del cimitero, davanti
alla tomba di sua nonna. Annui. S.
Purtroppo lo sa. rispose.

Attacco nella notte


Era quasi l'alba quando i miei
genitori tornarono a prendermi. Non
portavano con loro buone notizie; in
sostanza avevano trascorso la
nottata al bar assieme ad alcuni dei
cittadini di Tiepole senza trovare
una soluzione e decidere cosa si
dovesse fare. La proposta di
bandire i maledetti era stata subito
messa nel dimenticatoio, e l'accesa
discussione degener in altre
argomentazioni. Mio padre ci rifer
che qualcuno aveva suggerito l'idea
di
evacuare
il
paese,
altri
addirittura di dar fuoco alle

campagne per stanare i Teschi dal


loro rifugio. Ines Brambilla aveva
sostenuto per tutta la notte che
bisognava irrompere in casa Basile,
e cercare le prove che la famiglia
complottasse
assieme
alla
discendente. Di quest'ultima poi
non vi era alcuna traccia, e in paese
poteva essere chiunque tant' che
tutti avevano iniziato a sospettare
di tutti. Gli uomini guardavano le
donne, anche le loro donne, in
maniera sospettosa.
Sta degenerando il caos!
concluse mio padre passandosi una
mano sugli occhi stanchi.
Avevamo tutti bisogno di

dormire. Quella faccenda ci stava


logorando i nervi. Christian ridiscese
proprio quando mia madre propose
di tornarcene a casa e cercare di
riposare per qualche ora. Lui subito
richiam la nostra attenzione
dicendo che aveva cose urgenti da
riferirci.
Mia sorella ha negato pi di una
volta di sapere chi sia la
discendente. ci inform. Ma mi ha
svelato il piano dei Teschi.
Mi guard. Io, in piedi accanto ai
miei genitori, gli feci cenno con la
testa di continuare a parlare.
In parte lo sospettavamo: i
Teschi hanno dissotterrato le ossa

di Marta Vasselli per iniziare il culto


dei morti e farne tornare in vita lo
spirito. Per farlo hanno bisogno del
sangue di Emma, perch puro e
perch pi efficiente di quello di sua
madre.
Le lanciai un'occhiata e ripensai
a quando mi aveva confessato che
non aveva mai avuto i poteri e le
capacit di Marta Vasselli; se non
altro almeno in quella faccenda non
mi aveva mentito.
La discendente, che dovr
compiere il macabro rito, avr poi il
potere adeguato per soggiogare il
paese di Acriterra.
Acriterra? chiese la vecchia

Gilda completamente sorpresa. E


cosa c'entra adesso?
Vendicarsi degli Acriterrani, del
fatto che scacciarono da l i
Costantini e i Vasselli anni e anni
fa. Le contese tra i due paesi non si
sono mai sanate! concluse mia
madre. Ecco qual il lavoro della
terribile megera, quello che dovr
fare per lei la discendente.
Esattamente. conferm
Christian. E per farlo Marta Vasselli
e la sua discendente hanno bisogno
di un piccolo esercito che si
andrebbe a unire ai Teschi, i suoi
adulatori; un esercito di mostri e
spiriti.

Ecco spiegate le sue


maledizioni.
Restammo in silenzio per
qualche minuto. Quella nuova verit
sconvolse tutti, e non fece che
complicare di pi la situazione
gettando
nuova
luce
sulla
faccenda.
Acriterra. parl la vecchia
Gilda
pensosa,
fissando
una
piccolissima macchia di sporco sul
pavimento. Acriterra e la vecchia
contesa tra i due paesi. Marta lo
sapeva, sapeva
che
sarebbe
scoppiata ancora! Nessuno di noi lo
immaginava; siamo pi in pericolo
di quanto pensassi. I Teschi e la

discendente non saranno nulla a


confronto.
Aveva parlato pi a se stessa
che a tutti noi. Nessuno seppe
come controbattere a quel breve e
sconclusionato
monologo.
Seguirono ancora alcuni attimi di
silenzio.
Verranno a prenderti tra due
giorni, Emma. parl poi Christian.
Il venti luglio saranno passati
esattamente vent'anni dalla morte
di tua nonna.
Lorenzo sghignazz. Tua madre
proprio strana! disse in tono
beffardo. Si allea con i mostri, ma
non accetta di averne in casa!

Christian lo trapass con lo


sguardo. Lo vidi irrigidirsi, e non mi
sarei sorpresa se si fosse lasciato
andare alla sua maledizione. Poi
guardai Lorenzo: aveva una strana
espressione dipinta sul volto, come
se si divertisse a punzecchiare
l'amico e a farlo scatenare. Era
arrabbiato con me, non capivo
perch dovesse prendersela con
uno dei suoi migliori amici.
Dunque abbiamo due giorni per
organizzarci! aggiunse la vecchia
Gilda annuendo con la testa, come
se tutto ora le fosse chiaro.
Io dico che mia figlia deve
lasciare il paese! propose mio

padre.
pi sicura la citt per lei. E
mi accorsi di quanto fosse divenuta
monotona quella sua battuta, come
se il suo cervello gliela suggerisse
quando non trovava di meglio da
dire. Un lampo poi entr dalla porta
finestra, seguito subito da un tuono
che squass l'aria. Sobbalzai,
spaventata. Tutti ci lanciammo
attorno delle occhiate nervose. La
pioggia inizi a picchiettare i vetri
delle finestre, e il suo scroscio per
un lungo istante fu l'unico rumore di
sottofondo.
Si
cre
immediatamente un'aria singolare,
inquietante. Sentimmo dei passi su

per il corridoio al piano di sopra, e


la figura esile di Silvia comparve
sulle scale. Nessuno disse nulla
mentre
lei
le
discendeva
lentamente. Chiss se si era
trasformata.
Si piazz accanto al fratello
senza dire una parola. Io mi
soffermai a guardarle il volto per
notare se avesse qualcosa di
diverso, ma la luce del lampadario
si abbass per poi rialzarsi subito.
Quindi si abbass ancora e si rialz
di nuovo, come se qualcuno stesse
giocando con l'interruttore. Trasalii;
mio padre mi afferr una mano. La
luce si abbass di nuovo per non

riaccendersi pi. Un lampo illumin


brevemente la stanza. La vecchia
Gilda soffoc un grido e si mosse
forse per cercare una torcia. Poi la
voce di Empira disse: Vi hanno
seguiti. Sapevano che li avreste
condotti da lei!
Non c'era bisogno che qualcuno
mi spiegasse a chi si stesse
riferendo. Nell'oscurit incombente
ci fu un istante di panico: mio padre
mi strinse a s, mentre mia madre
faceva ad alta voce il mio nome.
Sentii un tonfo e poi Lorenzo che
malediva qualcosa in cui forse era
inciampato. Vlad gua e abbai;
Empira fu costretta a chiamarlo a

s per farlo tacere. Gli unici che non


sentivo erano Christian e Silvia.
Poi un braccio mi afferr per la
vita, allontanandomi da mio padre
che grid. Io urlai a mia volta, ma
Christian mi tapp la bocca con una
mano.
Sono io. mi sussurr a un
orecchio. Fa' silenzio. Sono di
sopra; ti porto via. Riconobbi la
sua sagoma nel buio e riconoscendo
le sue braccia, mi aggrappai a lui.
Sentivo i miei genitori gridare il mio
nome disperatamente, ma non
potevo rispondere poich Christian
m'impediva di farlo. E sapevo
inoltre che se avessi risposto i

Teschi mi avrebbero facilmente


individuata. Mi feci trascinare da lui
nell'oscurit; non vedevo dove
mettevo i piedi, n dove stessimo
andando.
Ma affidandomi alla memoria del
luogo capii che stavamo dirigendoci
verso il divano. Un lampo illumin
di nuova la sala, mostrandomi
figure che conoscevo, immobili nel
buio. Ma tra di esse, silenziosi e
lenti come serpenti, si muovevano i
Teschi. Atterrita pensai ai miei
genitori; quegli assassini stavano
passando cos vicino a loro, e io non
potevo avvisarli. Ripensai allora a
Simo e alla sua maledizione di

spettro, che osserva inerme le


persone a lei care senza poter mai
intervenire.
Christian
poi
mi
costrinse ad appiattirmi a terra, e
mi ritrovai con la schiena poggiata
contro
qualcosa:
mi
trovavo
nascosta dietro il divano. Quando
lui mi lasci io annaspai nel buio
per ritrovarlo; senza di lui mi
sentivo come un naufrago senza
salvagente. Poi si sentirono delle
urla, e poi ancora il rumore di vetri
infranti. Cercai di balzare in piedi,
troppo spaventata all'idea che i
Teschi avessero attaccato i miei
genitori. Ma una mano mi blocc,
costringendomi a restare a terra.

Non attirarli da questa parte,


per favore! mi sussurr la voce di
Silvia, forse pi preoccupata per se
stessa che per la mia incolumit.
Avvenne
tutto
molto
velocemente. La luce si riaccese,
altre urla, un tonfo, i guaiti di Vlad,
ancora urla, e indistinguibile si ud
un ruggito. Christian si era
trasformato. Sentii mia madre
cacciare un urlo, la voce disperata
di mio padre che mi chiamava, poi
ancora tonfi e rumori di oggetti che
cadevano. Un tuono fece tremolare
i vetri della porta finestra, mentre il
portone d'ingresso si apr di colpo.
Empira mi si materializz accanto.

Vieni, seguimi! mi disse


afferrandomi per una mano.
Io, completamente terrorizzata,
ubbidii. Non guardai cosa stesse
accadendo in casa; ero troppo
spaventata. Riuscii solo a gridare il
nome dei miei genitori. Empira e
Silvia
mi
condussero
fuori.
Immediatamente la pioggia ci
bagn. Il temporale sferzava come
se dotato di mille fruste, e la vista
mi si appann per qualche istante.
Quindi corremmo fino al cancello
aperto; Vlad ci venne dietro e ci
super.
Oltrepass il cancello e l si
ritrov davanti alla figura orripilante

e spaventosa della Bestia. Io,


Empira e Silvia ci bloccammo,
finendo con i piedi in una
pozzanghera fangosa. Vlad abbai
al mostro e indietreggi. La Bestia
fiss il pastore tedesco, e sembr
scoppiare in quella che sembrava
una risata di scherno. Quindi sollev
un braccio peloso e muscoloso;
prima che Empira potesse gridare
al suo cane di scappare, la Bestia lo
aveva
gi
colpito
facendogli
compiere una giravolta in aria e
scaraventandolo da un lato del
giardino. Vlad lanci un guaito
debole, per poi rimanere inerme sul
terreno. La Bestia, con quella

semplice mossa, l'aveva ucciso.


Empira url e scoppi in lacrime.
Poi la Bestia punt noi. Avanz
con il pelo del corpo appiccicato alla
pelle dalla pioggia, e mi sembr pi
alta e robusta da quella volta che
l'avevo vista a casa di mia nonna.
Le zanne ingiallite e appuntite e
quel naso adunco non incutevano
paura quanto gli occhi iniettati di
sangue, che sprizzavano puro odio.
L'umanit di Giulio Basile era stata
annientata dalla maledizione. Non
avrebbe usato piet verso di noi.
Verso di me.
Christian ci si par davanti.
Ordin a sua sorella e a Empira di

tornare in casa e afferr me per una


mano. Silvia ubbid senza voltarsi
indietro. Empira invece rest
ferma dov'era a fissare la sagoma
senza
vita
di
Vlad.
Vidi
chiaramente, sebbene fosse buio, il
suo volto che si trasformava. Non
possedeva la forza di Christian, n
l'agilit di Valerio. Eppure avanz
verso la Bestia per affrontarla.
Scappate, lo trattengo io!
disse.
Christian tentenn. Sapeva che
l'amica non avrebbe potuto nulla
contro quel mostro, ma allo stesso
tempo era consapevole che in quel
modo avrebbe avuto pi tempo per

portarmi in salvo. Decise in fretta:


mi afferr per la vita e mi sollev.
Io provai a ribellarmi chiamando
Empira a voce alta, gridandole di
non fare sciocchezze.
Christian, che aveva mantenuto
ancora le fattezze da mostro e per
questo aveva la pelle pi dura di
quanto mi aspettassi, mi caric
sulle sue spalle. La sua folta peluria
mi solletic e mi imped di vedere
Empira che si scagliava contro la
Bestia. Soffocai un grido quando lui
inizi a correre. Il contatto con la
sua pelle era fastidioso e scomodo;
sembrava che delle piccolissime
squame
costituissero
l'intera

epidermide. Stette molto attento a


non infilzarmi con i suoi artigli, e
quando
comp
il
salto
per
oltrepassare il muro che cingeva la
villetta di Gilda serrai gli occhi
trattenendo il
respiro. Giunti
dall'altra parte, riprese a correre
finch
non
ci
andammo
a
nascondere nel mezzo di un
cespuglio, dietro la corteccia di un
albero. Mi pos sull'erba e una
pianta pruriginosa mi irrit la pelle
di una mano. Mi avvolse in una
sorta di abbraccio. Sentivo da
lontano quelle che mi sembravano
delle urla e sussurrai il nome di
Empira.

Non le accadr nulla. rispose


lui con voce inumana, profonda
bassa e alterata.
Singhiozzai. Poi mi ritrovai gli
occhi giallognoli di Christian, le
pupille ridotte a due minuscole
fessure, puntati nei miei. Quando si
trasformava la sua faccia si
riempiva di una peluria incolta e
rada, la fronte gli si distendeva e le
narici del naso gli si ingrossavano.
La bocca poi scompariva dietro le
sue numerose zanne. Pi di una
volta l'avevo visto trasformato; ma
mai da cos vicino.
Adesso dobbiamo scappare e
nasconderci!
Continueranno
a

cercarci! aggiunse.
Ma i miei genitori. Empira.
dissi
logorata
dalla
preoccupazione.
Staranno meglio senza te
accanto! rispose lui.
Restammo in quella posizione
per qualche altro lungo istante.
Non si avvertiva pi alcun
rumore lontano. Solo la pioggia che
batteva contro le foglie e sul
terreno. Noi, coperti dalla chioma
dell'albero sotto il quale ci eravamo
rifugiati, ascoltavamo quel rumore
ipnotico senza fiatare. Sentivo la
terra entrarmi nei pantaloni, e
l'erba del cespuglio mi solleticava

uno zigomo; ma sarei rimasta sotto


quell'albero, stretta tra le braccia di
quel mostro, per tutta la vita.
Christian sollev una delle sue
mani.
Gli
artigli
erano
momentaneamente scomparsi, ma
le dita erano distorte e pelose.
Lev da una parte il cespuglio
che m'infastidiva.
Per ora ci nasconderemo tra le
montagne.
disse
con
voce
cavernosa alla quale per mi ero
abituata. Devi svanire, Emma.
Almeno per i prossimi due giorni
nessuno dovr sapere dove ti
trovi.
Annuii e pensai a mio padre.

Quella separazione sarebbe costata


molta sofferenza da parte di
entrambi; ma pi gli stavo vicino e
pi lo mettevo in pericolo. E poi mia
madre. Qualcosa mi diceva che
sarebbe stata d'accordo, suo
malgrado, con Christian.

Sconcertanti rivelazioni
La pioggia ci avrebbe impedito
anche quella mattina di veder
sorgere l'alba. Cadeva gi pi lenta
e meno fitta, la terra ne beveva
quasi
dissetandosi.
Anche
il
paesaggio attorno a noi sembrava
vittima di una maledizione, statico
e inerte, senza vita. Christian,
risvegliandomi dallo stato di torpore
nel quale ero sprofondata, disse che
era
impossibile
affrontare
le
montagne con quel tempo.
Torniamo a casa di Empira?
chiesi conoscendo tuttavia la
risposta.

Non possiamo, sarebbe troppo


pericoloso.
Christian era tornato normale. La
sua maledizione si scatenava e lo
faceva mutare solo in caso di
pericolo e di minaccia incombente.
Poteva essere la paura e l'istinto di
sopravvivenza a farlo trasformare,
quindi il lato psicologico influenzava
molto sul cambiamento. Mi chiesi se
anche io al primo campanello
d'allarme non mi sarei tramutata in
un rapace notturno.
A cosa pensi? mi chiese lui.
Alzai le spalle. Eravamo rimasti
nascosti sotto quell'albero per poco
pi di un'ora. Sollevai pigramente

gli occhi al cielo: sembrava che


dovesse tornare la notte, come se il
mondo avesse mutato il suo ciclo e
il moto di rotazione si fosse
arrestato. Il giorno era scomparso.
Non ricordavo quasi pi cosa
volesse dire essere scaldati dai
raggi del sole.
Vorresti tornare di corsa in
citt? mi domand ancora.
Nella sua voce riconobbi un tono
di tristezza.
No. Vorrei solo non dover
morire di paura e rischiare l'infarto
ogni giorno!
Christian sorrise a quelle parole.
Mi voltai a guardarlo. Sebbene

avesse l'aria stanca e gli occhi


arrossati, non aveva perso il suo
fascino. Ma non potevo tergiversare
su quei pensieri e la gravit della
situazione mi ricadde addosso e mi
avvolse come un mantello pesante.
Ho paura per i miei genitori.
dissi chinando lo sguardo.
Andr tutto bene, Emma. Te lo
prometto.
mi
rispose
lui
sfiorandomi i capelli con le labbra.
Ho paura per te e per me. Non
riuscii a completare la frase.
Non trovai le parole giuste.
Come spiegargli che avevo preso ad
amarlo cos all'improvviso e cos
violentemente da avere il timore

che la mia maledizione poi mi


portasse lontana da lui? L'amore
era di per s gi cosa complicata; e
la nostra natura da maledetti non
avrebbe che peggiorato le cose.
Tornai a fissarlo negli occhi.
Desideravo baciarlo di nuovo,
perch sulle sue labbra avrei
trovato la pace per qualche breve
istante. Ma un rumore mi fece
irrigidire. Christian mi strinse a s, e
(forse) senza volerlo mi poggi una
mano su uno dei seni. Restammo in
ascolto. Passi. Non c'era alcun
dubbio. Qualcuno si muoveva sul
terreno, lentamente, dirigendosi
proprio nella nostra direzione.

Trattenni il respiro quasi avessi


paura che si potesse udire anche a
distanze maggiori. Christian mi
lasci andare e si accovacci
appoggiandosi sulla pianta dei
piedi, pronto a balzare fuori e a
attaccare. L'immagine della Bestia
era troppo vivida nella mia mente,
tutta la forza e la cattiveria che
aveva usato per uccidere Vlad
ancora mi torturava i nervi.
Vlad che aveva solo cercato di
difendere la sua padrona e me.
I passi si fecero pi vicini;
sembrarono fermarsi un istante e
poi proseguire. Il terreno fangoso li
attutiva, e per questo non si

riusciva a capire bene a chi


potessero appartenere, dove si
stessero dirigendo esattamente e in
quanti fossero. Forse i Teschi ci
stavano cercando.
Avevano catturato gli altri e ora
stavano venendo a prendere me.
Immaginai
i
miei
genitori
intrappolati in qualche stanza buia
e gemetti per la rabbia e la
preoccupazione. Christian si volt
verso di me e mi rimprover con lo
sguardo. I passi si arrestarono di
nuovo; chiunque ci fosse l fuori, mi
aveva sentita. Quindi li sentimmo
divenire pi lesti sul terreno, e
quando una sagoma si materializz

accanto
al
tronco
dell'albero
facendo timidamente capolino oltre
il cespuglio, Christian scatt in piedi
avventandovisi contro. Sentii la
voce di una ragazza gridare per lo
stupore e lo spavento. Feci per
alzarmi ma mi ritrovai seduti
accanto, nel breve arco di un
istante, Christian e sua sorella. Lui
teneva Silvia per la vita e le
tappava la bocca con la mano,
come tante volte aveva fatto con
me.
Che ci fai qui? le chiese
sottovoce, con tono irato.
Silvia tent di divincolarsi dalla
morsa del fratello. I nostri sguardi

s'incrociarono, e vidi subito che un


grosso livido blu scuro le ricopriva la
pelle attorno all'occhio sinistro.
Indossava ancora il pigiama di
Empira, sporco e lacero. I piedi
invece calzavano le sue scarpe da
ginnastica, macchiate di fango
anch'esse.
Non ti sei fatta seguire vero?
continu Christian Oppure ti hanno
mandata loro a trovarci?
Da quanto avevo capito fino ad
allora, Silvia era stata in combutta
con i Teschi (forse perch costretta
da sua madre), ma aveva deciso di
passare dalla nostra parte. Tutto
stava nel capire se facesse sul serio

o se magari quella non fosse solo


una mossa astuta per imbrogliarci e
catturarmi.
Adesso io tolgo la mia mano
dalla
tua
bocca!
aggiunse
Christian. Se ti azzardi solo a
gridare, ti infilzo con i miei artigli!
Guardai Christian chiedendomi
se stesse parlando seriamente.
Non poteva usare violenza
contro
sua
sorella;
la
sua
maledizione non lo avrebbe portato
fino a quel punto. Fece come aveva
detto, e quando Silvia si ritrov
libera non pronunci una sillaba.
Alz il viso per mostrarci il livido
che avevo gi intravisto, e un taglio

poco profondo sulla guancia dal


quale aveva smesso di scorrere
sangue. Christian quando la vide
mut
atteggiamento
che
da
sospettoso divenne preoccupato. Le
chiese cosa fosse accaduto, ma
tutto ci che fece Silvia fu scoppiare
in lacrime e accasciarsi su di lui. Il
pensiero che anche i miei genitori
fossero stati feriti mi attanagli a
tal punto che mi sentii morire. Feci
per alzarmi: volevo tornare a casa
della vecchia Gilda e controllare con
i miei occhi cosa fosse successo agli
altri.
Prontamente Christian mi afferr
per un braccio e me lo imped.

Per favore! gli dissi


implorandolo. Devo tornare da mio
padre e mia madre!
Loro stanno bene. sussurr
Silvia tra i singhiozzi.
Ma quelle parole non bastavano
a farmi stare tranquilla.
Che cosa successo agli altri?
le domandai scuotendola per una
spalla. Dimmelo!
Christian fu costretto a tapparmi
la bocca; avevo gridato quell'ultima
parola.
Vuoi farci scoprire? mi
rimprover
bisbigliando.
Potrebbero essere l fuori!
Silvia si stacc un poco dal

fratello e lo guard con occhi


sgranati, supplichevoli e arrossati
per il pianto. Scosse ripetutamente
la testa.
No, no. Ti prego. Non
permettergli di farmi ancora del
male. balbett.
Non l'avevo mai vista cos
disarmata. Le rare volte in cui ci
eravamo incontrate la sua alterigia,
e quella che mi sembrava assoluta
indifferenza verso tutto quello che
la circondava, mi aveva indotto a
pensare che fosse una ragazza poco
socievole e priva di sensibilit.
Al contrario ora mi faceva
compassione, sembrava un piccolo

animale spaurito. Christian sembr


pensarla esattamente come me
perch fiss la sorella come se non
la riconoscesse. Quindi avvicin il
viso al suo collo e l'annus. Silvia
rest impassibile, tremolando tra le
braccia del fratello. Poi le annus la
ferita e i lividi che aveva sul viso. Lo
vidi fare una smorfia di disgusto, e
poi l'espressione gli mut: era
furibondo.
Giulio Basile ti ha provocato
questo taglio. disse atono nella
voce. E uno dei Teschi ti ha
picchiata causandoti questo livido.
Se la sono presa con te non tanto
perch li hai traditi; quanto perch

ti sei fatta mordere da Valerio.


Silvia scoppi di nuovo in
lacrime. Inorridita da quella nuova
verit capii che quelle persone non
scherzavano e se avevano picchiato
una persona che era stata dalla loro
parte, non potevo lontanamente
immaginare che cosa avrebbero
potuto
fare
a
me, l'ultimo
ingrediente del loro macabro rito.
E nostra madre restava a
guardare. sussurr a denti stretti
Christian mentre teneva la sorella
tra le braccia.
Rabbrividii. Che razza di madre
era una che osservava i suoi figli
mentre venivano torturati? Una

megera di certo, forse anche peggio


di mia nonna. Ma soprattutto era
per me una pericolosa nemica.
Dobbiamo allontanarci da qui.
Ci stiamo attardando troppo.
concluse
Christian.
Ordin
dolcemente
alla
sorella
di
dominarsi.
Quindi si stacc da lei e si
sollev quel tanto che bastava per
controllare se si vedesse qualcuno.
Disse che la campagna era deserta.
Si vedeva il muro che circondava la
casa di Gilda da l; sembrava
un'abitazione abbandonata.
Gli altri dove sono? domand
Christian lanciandomi un'occhiata.

Silvia tir su con il naso e si


asciug le lacrime.
Sono riusciti a scappare in
paese. rispose con voce roca.
accaduto un fatto strano. C' stato
un lampo luminoso che ha messo in
fuga i Teschi e la Bestia che si sono
quindi sfogati su di me. Ma hanno
lasciato uno dei Teschi a guardia
della casa nel caso voi foste
tornati.
Lampo luminoso? le feci eco
io.
Silvia mi guard annuendo.
Sapevo esattamente a cosa si
riferisse.
Pensai a Lorenzo. Se riusciva a

difendersi in quella maniera solo


con una mano mutata, mi chiesi che
cosa sarebbe stato in grado di fare
una
volta
completata
la
maledizione.
Andiamo ragazze, basta
parlare, allontaniamoci da qui!
ribad Christian.
E dove possiamo nasconderci?
chiese Silvia passandosi le dita sul
taglio che aveva sulla guancia e
facendo una smorfia di dolore.
Le montagne sono troppo
lontane. disse lui guardando a
est.
Casa di mia nonna. proposi io
senza nemmeno accorgermene.

Christian e Silvia mi fissarono.


Quest'ultima
scosse
la
testa
stringendosi nelle spalle.
No, fuori discussione. In casa
della strega non ci vengo! si
lament.
I Teschi sono soliti andare l?
le domand Christian che al
contrario
stava
seriamente
valutando quella mia proposta.
Silvia lo guard come se avesse
imprecato. Scosse di nuovo la
testa.
Assolutamente no! Non si sono
mai introdotti in quella casa se non
per cogliere voi di sorpresa l'altro
giorno. Non lo vogliono ammettere,

ma ne hanno paura. Io ne ho
paura!
Io e Christian ci lanciammo una
veloce occhiata. Era una follia
rifugiarsi in casa della megera, ma
non avevamo altra scelta. Non
potevamo tornare in paese o la
notizia del nostro ritorno si sarebbe
divulgata di bocca in bocca e i
Teschi ci avrebbero stanato subito.
Anche tornare dalla vecchia Gilda
era fuori discussione perch da
come ci aveva riferito Silvia, uno dei
Teschi era rimasto l a fare da
guardia. Christian allung il collo
oltre la corteccia dell'albero per
lanciare un'altra occhiata alle mura

della villetta di Gilda.


Poi torn a sedersi tra me e
Silvia. Rest un poco pensieroso e
poi esplor con gli occhi la
campagna circostante.
Dunque: la casa della strega si
trova esattamente dall'altra parte.
disse. Ma camminare in aperta
campagna
sarebbe
comunque
pericoloso e anche strisciare a terra
non servirebbe a molto.
Si gratt la testa nervosamente.
No, saremmo troppo esposti!
concluse, escludendo quell'assurdo
piano.
Sentii Silvia sospirare di sollievo.
S, sarebbe stata una mossa troppo

azzardata uscire cos allo scoperto.


Quindi la soluzione rest solo una,
folle e rischiosa. Mi sporsi in avanti
per chiedere a Silvia se fosse sicura
che a guardia di casa di Gilda ci
fosse solo uno dei Teschi.
Cos mi sembra di aver visto.
rispose lei. Ero troppo occupata a
prendere botte per accertarmene.
Non badai alle sue parole
pronunciate pi con rammarico che
con sarcasmo. Guardai Christian; gli
lessi negli occhi che aveva gi
capito dove volessi arrivare a
parare.
Casa di Gilda la meta pi
vicina. spiegai. Da l potremmo

chiamare qualcuno, o trovare delle


armi nel caso dovessimo proseguire
da soli. Forse gli altri Teschi
pensano che non torneremo l cos
presto, e che siamo scappati
lontani. Magari ci staranno cercando
tra le montagne o gi al paese. E il
Teschio che fa da guardia.
Io vado a vedere!
m'interruppe Christian. Voi restate
qui!
Lo afferrai per un braccio,
indignata.
Assolutamente no! Noi veniamo
con te! gli risposi.
Emma, te che cercano.
Ci fissammo senza parlare. In

nessun luogo sarei stata al sicuro;


avrei dovuto scavarmi una buca
sotto quel cespuglio e rintanarmici
dentro come un animale se volevo
scampare al pericolo di essere
catturata. Ma allo stesso tempo non
potevo starmene con le mani in
mano mentre le persone a me care
rischiavano la vita per causa mia.
Se fosse accaduto ancora, mi
sarei consegnata spontaneamente
al nemico. Non mi sarei nascosta.
Christian fu costretto ad annuire di
fronte alla mia irremovibilit.
D'accordo. disse. Muoviamoci
uno alla volta, strisciate a terra fino
a quell'albero. Una volta raggiunto

il muro scavalcher per primo e far


un giro di ricognizione. Poi torner a
prendervi una alla volta. Non
parlate e al minimo cenno di
pericolo scappate a gambe levate,
intesi? E non cercate di fare le
eroine!
Rivolse quell'ammonimento a me
soprattutto. Senza aggiungere altro,
ci
muovemmo.
Strisciammo
sull'erba ancora bagnata uno dopo
l'altro e fu inevitabile inzupparci fino
alle ossa. All'inizio rabbrividii per il
freddo,
poi
mi
abituai
a
quell'andatura e quando arrivammo
sotto le radici dell'albero pi vicino
al muro, ci guardammo a vicenda e

sorridemmo. I nostri abiti erano


lerci e bagnati, per non parlare poi
della faccia e delle mani; sembrava
che avessimo sostenuto una lotta
nel fango.
Per nostra fortuna almeno aveva
appena smesso di piovere.
Aspettatemi qui! disse
Christian.
Con uno scatto corse fino al
muro che scavalc con un balzo.
Scomparve dall'altra parte e il
cuore mi manc di un battito.
Sapevo che l'attesa sarebbe stata
snervante. Suggerii a Silvia che
sarebbe stato meglio appiattirci al
suolo; correvamo il rischio, l ferme

in piedi, di attirare troppa


attenzione. Lei annui e scivolammo
lungo la corteccia dell'albero
sedendoci a terra.
tutto cos orribile! si lament
Silvia al mio fianco.
Annuii con la testa, fissando gli
occhi a terra.
Ero ancora una ragazzina
quando mio padre mi lasci.
continu
lei.
Litigava
in
continuazione con mia madre
perch lui non ne voleva sapere
dell'antica magia. Guardava mio
fratello con astio perch sapeva che
cosa stava diventando. E ignorava
completamente me; diceva che

sarei diventata come mia madre.


Sono
cresciuta
con
questo
interrogativo.
Mi voltai a guardarla. Del fango
le ricopriva una ciocca di capelli, e
la sua bellezza sembrava essere
svanita di colpo.
Pi che voler essere come lei,
per tutta la vita ho avuto paura di
lei. Ha cercato sempre di mettere
zizzania tra me e Christian, cosicch
non ci coalizzassimo contro di lei. E
ci raccontava ripetutamente la
storia della discendente, dicendoci
che se l'avessimo uccisa saremmo
stati liberi.
Ricambi il mio guardo. Giurai a

me stessa di non aver mai visto


occhi tanto tristi e spaventati in vita
mia.
Si dice sempre molto riguardo
la malvagit di tua nonna.
aggiunse. Ma ti assicuro che mia
madre non tanto diversa. Solo
non ha i suoi stessi poteri. Poteri
che invece tu hai senza saperlo. Ti
teme, Emma. Mia madre ti teme. E
non immagini quanto io ti invidi per
questo.
Sentimmo dei rumori provenire
da oltre il muro. Balzammo in piedi,
appoggiandoci
l'una
all'altra.
Aspettammo con gli occhi fissi su
quei mattoni grigi perfettamente

posti l'uno sopra l'altro per un


tempo incalcolabile. I nostri cuori
batterono
all'unisono.
Ci
prendemmo per mano, pronte a
scappare. Poi Christian balz sul
muro dove vi rest in perfetto
equilibrio sulle ginocchia. Tirammo
un sospiro di sollievo. Lui fece
prima cenno a Silvia di avvicinarsi.
Ci scambiammo uno sguardo
veloce, e le lasciai la mano. Lei
corse fino al muro, allung le
braccia verso Christian che la
sollev senza alcuno sforzo.
L'aiuto a scendere dall'altra
parte e poi fece cenno a me di
raggiungerlo. Feci un profondo

respiro e lanciai una veloce occhiata


alla campagna attorno. Poi mi diedi
un potente slancio e partii di corsa
per raggiungere il muro; ma ero
ancora a met strada quando
Christian con un balzo si stacc dai
mattoni grigi, sembr volteggiare in
aria per ricadere di fronte a me in
perfetto equilibrio sulle gambe. Mi
arrestai di colpo sorpresa, e prima
che potessi accorgermene mi
acciuff per la vita. Quindi si diede
una spinta con i piedi e come se
avesse installate sotto le scarpe
delle molle, salt la recinzione della
casa tenendomi in braccio. Quando
atterrammo dall'altra parte, stordita

e tremante, gli diedi un colpetto su


un braccio. Ma sei matto? lo
sgridai.
Lui mi sorrise.
Non dirmi che non ti sei
divertita! Hai visto come riesco a
saltare e prendere gli oggetti al
volo?
Gli diedi un altro buffetto su una
spalla.
Lui mi afferr una mano e poi
entrammo dalla porta finestra. Sua
sorella ci segu senza staccarmi gli
occhi di dosso. All'interno della casa
c'erano visibili i segni di lotta: vetri
infranti mobili rovesciati e un corpo
a terra. A quella visione sobbalzai e

mi bloccai. Silvia fece lo stesso.


Solo Christian rest impassibile. Mi
lasci la mano e si avvicin al
Teschio che giaceva sul pavimento
apparentemente senza vita.
Ho aspettato voi per toglierli la
maschera! disse.
Ma feci con voce
tremante.
No, non l'ho ucciso. E mi parve
che pronunciasse quelle parole con
una nota di rammarico nella voce,
come se ne fosse dispiaciuto.
Allung una mano per sfilargli la
maschera che gli celava il volto.
Con una mossa sola gliela lev,
e sentii Silvia trattenere il respiro.

Io indietreggiai, completamente
basita. Christian si risollev in piedi
e fiss il viso pallido di Candce, la
ragazza che solo qualche mattina
prima al bar mi aveva trattata tanto
scortesemente rivolgendomi parole
minacciose. Non potevo credere che
anche lei facesse parte dei Teschi;
ma
in
fondo
avrei
dovuto
aspettarmelo.
Sgualdrina! la insult Christian
in malo modo. Gett con disprezzo
la maschera da teschio accanto al
suo corpo inerme. Si gir verso sua
sorella. Tu lo sapevi, vero? le
domand.
Silvia annu con la testa.

Nostra madre desiderava


vedervi assieme. disse.
A quelle parole Christian scoppi
a ridere. Silvia lo imit, sebbene la
sua fosse una risata nervosa. Io me
ne restai seria a fissare Candce,
che sotto quei pantaloni e quella
maglietta larga e scura non lasciava
per nulla intravedere che il suo
fosse un corpo femminile. Poi
Christian, ancora ridendo, mi ordin
di chiamare i miei genitori. Ma
ancora prima di arrivare al
mobiletto dove mi attendeva il
telefono, proprio accanto alla porta
d'ingresso, notai subito che il filo
era stato tagliato. Non appena lo

feci notare a Christian, lui ridivenne


serio di colpo. Lo vidi mentre
tornava a posare due occhi carichi
di odio sul corpo di Candce, e non
mi sarei stupita se avesse iniziato a
prenderla a calci. Gli andai vicino
cercando di calmarlo.
Sapevano che saremmo
tornati. disse lui. Dobbiamo
andarcene subito di qui.
Poi sentimmo indistintamente il
rumore di una macchina entrare e
parcheggiare
nel
giardino.
Fissammo con terrore la porta
d'entrata semichiusa. Christian mi
afferr e mi costrinse ad andarmi a
nascondere dietro il divano. Silvia si

acquatt affianco a me, mentre


Christian recuper il primo oggetto
che gli venne per le mani e si
piazz accanto alla porta, pronto a
colpire. E ci avvenne solo dopo
pochissimi minuti; io istintivamente
serrai
gli
occhi:
non
avrei
sopportato ancora la visione orribile
della Bestia. La porta si apr molto
lentamente, troppo lentamente.
Christian si tenne pronto a
combattere e tutto accade in
maniera
veloce:
sentii
un'esclamazione di stupore e poi un
grido di dolore. Riconobbi subito a
chi appartenesse quella voce; riaprii
gli occhi balzando in piedi e

uscendo dal mio nascondiglio,


imitata subito da Silvia. Mi ritrovai
davanti agli occhi una scena
davvero buffa: Christian con il
candelabro sollevato sopra la testa
a cavalcioni sulla schiena di
Carmine, disteso a terra.
Ma che vi saltato in testa? si
lament mentre Christian gli si
toglieva di dosso. Quest'ultimo fece
un enorme sforzo per non scoppiare
a ridere.
Perdonami Carmine! disse.
Ma sei stato tu a insegnarmi a non
abbassare mai la guardia, no?
Carmine si rialz a fatica, poich
era impacciato sotto la pesante

mole del suo corpo. Io gli andai


vicino.
Carmine, sai dove sono i miei
genitori? chiesi, in ansia.
S, Emma. mi rispose
sorridendomi. Sono al sicuro da
Don Luigi assieme a tutti gli altri!
La vecchia Gilda ha fatto una delle
sue cose strane e ha visto che
eravate tornati qui, e io mi sono
precipitato.
Prima che potessi chiedergli che
cosa Gilda avesse fatto con
esattezza, lui inaspettatamente mi
afferr per le spalle e mi attir a s
stringendomi. Christian fece per
muoversi e venire in mio aiuto, ma

considerato il fatto che l'uomo mi


stava solo abbracciando perch
felice di vedermi, lo lasci fare.
Affondata nel suo petto mi manc
per un istante l'aria. Eppure era
confortevole quel rifugio, e mi
dispiacque
quando
mi
lasci
andare.
Eravamo tutti preoccupati per
te! disse giustificando imbarazzato
quel suo gesto.
Gli sorrisi.
Dunque anche Empira sta
bene! chiesi poi.
Carmine annu, ma poi si fece
serio. Non riusc a celare un'aria
evidentemente preoccupata.

Che cosa c'?


Lorenzo. fece lui a voce bassa.
Non sta molto bene.
La maledizione. sussurr
Christian.
Carmine assent con la testa. Poi
disse che sarebbe stato meglio per
noi seguirlo e raggiungere gli altri in
chiesa. L sarei stata al sicuro. Ma la
nostra attenzione fu attirata da
Candce, che emise un debole
lamento; stava per svegliarsi.
Carmine non appena la vide sgran
gli occhi per la sorpresa. Non si
aspettava forse che la ragazza
presa a lavorare nel suo bar per
una
modesta
paga,
e
che

considerava solo incredibilmente


sciocca, potesse far parte dei
Teschi. Christian si mosse per
avvicinarsi al suo corpo. Lasci
cadere il candelabro che aveva
ancora in mano, e a quel tonfo
Candce si dest di colpo. Non
appena vide Christian fece per
alzarsi e scappare, ma lui la
trattenne per le spalle senza alcuna
difficolt.
Carmine li raggiunse.
E pensare che avrei voluto
aumentarti la paga! disse in tono
disgustato.
Candce si lasci uscire una
risata di scherno. Poi guard Silvia,

che indietreggi di qualche passo.


Quindi non appena spost lo
sguardo su di me, la sua faccia si
trasform in un ghigno malvagio.
Emma Onofri! parl con voce
roca e lenta. Non sai quanto la
discendente ti sia vicina.
Tu sai chi ? domandai
scattando in avanti.
Candce rise ancora. Poi spost
gli occhi su Carmine.
Ma le hai raccontato di quando
te la facevi con sua madre? Le hai
detto che avresti potuto essere tu
suo padre?
Carmine non riusc a frenare la
sua mano, che si chiuse a pugno e

si scagli contro la faccia della


ragazza. Si sent come uno
scrocchio secco, e la testa di
Candce ricadde all'indietro; era
svenuta di nuovo mentre dal naso
un rivolo di sangue prendeva a
scenderle lentamente. Carmine non
os voltarsi e guardarmi. Io restai
immobile e muta a rimuginare sulle
parole del Teschio, ma non mi
lasciai influenzare da esse. Sapevo
che l'obiettivo di Candce era di
confondermi e separarmi dai miei
amici; io non lo avrei permesso.
Christian lasci che il corpo della
ragazza ricadesse a terra, con
totale noncuranza.

Andiamo in chiesa! disse


avviandosi verso la porta.
Mi prese per mano e fece cenno
con la testa a Silvia di seguirci.
Eravamo gi fuori in giardino
quando Carmine si decise a
imitarci.
Ci super a grandi passi e sal
sulla sua Punto senza aggiungere
una sillaba. Io lanciai velocemente
un'occhiata nel punto dove la Bestia
aveva
scaraventato
Vlad
uccidendolo. La carcassa del
pastore tedesco non c'era pi, ma
non ebbi il tempo di chiedere chi
l'avesse spostato.
Salimmo in macchina e a folle

velocit raggiungemmo il paese.


Notai subito che le saracinesche dei
negozi erano chiuse sebbene fosse
un giorno feriale e fossero le otto
passate. Per strada non c'era
nessuno.
A un occhio estraneo, Tiepole
sarebbe apparso come un paese
completamente
abbandonato.
Risalimmo velocemente la salita e
raggiungemmo la chiesa. Carmine
per tutto il tragitto, non fece che
evitare il mio sguardo.

Restare, nonostante tutto


In chiesa non trovammo nessuno.
Delle voci concitate provenivano
dalla porta della sacrestia, gi in
fondo a destra. Riconobbi subito
quella di mio padre e accelerai il
passo che si trasform poi in una
corsa. Passai davanti alla statua
dell'Addolorata,
poi
accanto
all'altare senza guardare n l'una
n l'altro. Spalancai la porta
socchiusa
e
i
miei
occhi
s'incrociarono subito con quelli di
mio padre. Restammo un istante a
fissarci. Poi corremmo l'una nelle
braccia dell'altro. Fu allora che

scoppiai in un pianto liberatorio.


Erano esattamente dove la
vecchia Gilda aveva detto li avrei
trovati! C'era un Teschio a fare da
guardia alla casa, ma Christian
l'aveva gi sistemato! parl
Carmine con voce atona entrando
subito dopo di me. And a sedersi
da una parte, in un angolo. Don
Luigi, della cui presenza non mi ero
nemmeno accorta, gli si avvicin
dandogli un'amichevole pacca su
una spalla. Quando mi staccai da
mio padre cercai con gli occhi mia
madre, senza vederla. Un terribile
sospetto mi raggel. Ma senza che
lo
chiedessi
mio
padre
mi

tranquillizz subito dicendomi che


lei si trovava al piano di sopra, nelle
stanze di Don Luigi. Era l che
avevano portato Lorenzo.
Voglio vederlo! disse Christian
avviandosi
verso
una
porta
socchiusa. Senza staccarmi da mio
padre, che fu costretto a seguirmi,
gli andai dietro. Silvia fece per
imitarci, ma poi ci ripens e rest l
dovera.
La
vidi
avvicinarsi
timidamente a Don Luigi, ma non
restai a sentire quali battute si
scambiarono.
Lasciammo
la
sacrestia per entrare in un piccolo
pianerottolo. Da quello partiva una
scala di marmo bianco, sulla cui

sommit c'era una porta di legno


serrata. Salimmo velocemente.
Christian quando arrivammo in cima
buss, e la voce della vecchia Gilda
chiese chi fossimo. Quando io le
diedi la parola, si affrett a farci
entrare. Mi abbracci esattamente
come avevano fatto mio padre e
Carmine.
Temevamo di averti perduta!
disse singhiozzando.
Impacciata ma allo stesso tempo
commossa, la tranquillizzai. Mi
lasci andare dandomi l'opportunit
di guardarmi attorno. Eravamo in
un piccolo salottino dove il mobilio
era costituito solo da un divano e

una poltrona, una libreria di legno


che lambiva il soffitto, e un mobile
con l'apposita TV piazzata sopra.
Della carta da parati azzurra
ricopriva le pareti sulle quali erano
stati appesi un Crocefisso, e un
bellissimo quadro raffigurante il
volto
di
un
giovane
Ges.
Quell'atmosfera
sacra
stonava
decisamente con l'aria malsana e
maledetta che si respirava fuori in
paese. Vicino alla libreria un varco
privo di porta conduceva in un'altra
stanza; da l sbuc mia madre, che
non appena mi vide mi rivolse un
sorriso. Una lacrima le scese gi per
la guancia, ma al contrario degli

altri non si catapult a stringermi


tra le braccia. Io ricambiai il suo
sorriso, e lei mi fece cenno di
seguirla.
Ubbidii senza esitare e mi
ritrovai
in
una
camera
completamente spoglia se si faceva
eccezione per il letto a mezza
piazza, un inginocchiatoio in un
angolo e una sedia. Empira era
appoggiata con la schiena alla
parete ma non mi rivolse neppure
uno sguardo. Spostai gli occhi allora
su una donna che non avevo mai
visto prima seduta con la testa
inclinata da un alto, che fissava
accigliata il letto, l dove giaceva

come morto Lorenzo. Quando i miei


occhi si posarono sul suo volto,
sussultai. Non ce la feci a
trattenermi e distolsi lo sguardo per
qualche istante. Poi mi feci coraggio
e tornai a guardarlo: la maledizione
aveva agito anche l e il mio amico
aveva la pelle di met faccia
raggrinzita e verdognola, simile a
quella della mano sinistra che
teneva ben esposta sul lenzuolo.
Delle
striature
violacee
gli
attraversavano la guancia fin sulla
fronte. L'occhio poi sembrava
essersi incavato all'interno del
cranio. Il sopracciglio e le ciglia
erano completamente scomparse.

Mi si strinse lo stomaco a quella


visione. Vidi Christian avvicinarsi
all'amico e inginocchiarsi su di lui
chiamandolo con voce bassa. Gli
occhi mi si riempirono di lacrime. E
cos vidi come sott'acqua la figura di
una
ragazza
abbigliata
completamente di rosa, proprio
accanto a Christian. Inginocchiata
come lui, teneva le mani giunte. I
lunghi capelli biondi le scendevano
sulle
spalle
scoperte,
accarezzandole la pelle candida. La
somiglianza con Lorenzo era
impressionante.
Simo. sussurrai.
La ragazza si volt e mi accenn

un triste sorriso.
Simo? Dov'? chiese la voce di
un uomo alle mie spalle.
Sobbalzai e mi voltai: non
impiegai molto a capire che quello
era il padre di Lorenzo. Dunque la
donna sconosciuta seduta accanto
al letto doveva essere sua madre.
L'uomo mi afferr per un braccio, gli
occhi sbarrati per il dolore e la
faccia esausta.
La vedi tu? mi domand.
Io annuii e indicai il letto,
puntando l'indice su Christian. Ma
Simo non c'era pi.
Allora? Dov' mia figlia? Che
cosa ti sta dicendo? continu

l'uomo con voce che rasentava la


disperazione.
Non. Non. C pi. biascicai.
L'uomo allora mi lasci andare
facendo ricadere lentamente la
mano. Mi guard con occhi
sconsolati, dalle quali anche la pi
esile speranza di sentir vicina sua
figlia era appena svanita. Incapace
di sostenere il suo sguardo, spostai
gli occhi sulla donna seduta accanto
al
letto.
Sembrava
come
addormentata, isolata nel suo
dolore privato.
Mi si strinse il cuore. Tutta colpa
di
mia
nonna,
delle
sue
maledizioni.

Essere trascinata fuori casa,


impiccata e martoriata era stata per
lei una degna punizione. O forse no.
Poteva un essere umano pagare
con la morte tutte le sue atrocit? A
Tiepole vigeva per cos dire la pena
di morte. L'Inquisizione. Ma non
capivo chi avesse pi torto, se la
strega o i cacciatori di streghe. E
forse il Bene e il Male non
esistevano come entit distinte; ma
si fondevano. Quello che restava
era solo fare la cosa giusta al
momento giusto; e la cosa giusta in
quel preciso istante era trovare la
discendente e porre fine a tutta
quella storia.

Candce aveva detto che era


vicina a me, pi di quanto io
pensassi.
Vicina a me.
Guardai Empira, che teneva
ancora il volto chinato a terra. E se
lei mi avesse ingannato? Voleva
chiaramente diventare mia amica,
ma se lo stava facendo solo per
accattivarsi la mia simpatia e poi
attaccarmi quando meno me lo
aspettavo? La vecchia Gilda. In
fondo era una sorta di fattucchiera
anche lei, ed era stata amica di mia
nonna. Silvia che aveva tradito i
Teschi e che ora era passata dalla
nostra parte. E se la sua fosse stata

tutta una messinscena?


Come avrei voluto palarne con
Lorenzo, o magari con Valerio.
E invece entrambi stavano male
per colpa mia, perch se avessi
risolto tutto pi alla svelta, non si
sarebbero
ritrovati
in
quelle
condizioni. Mia madre mi sfior un
braccio e io sobbalzai. M'invit a
seguirla nella stanza accanto.
Annuii e lanciai un'ultima occhiata a
Lorenzo. Christian si risollev in
piedi e ci segu. Quando fummo nel
piccolo salotto, mia madre mi fece
sedere sul divano. Christian rest
appoggiato allo stipite della porta a
met tra il salone e la camera da

letto, cos poteva tenere d'occhio


me
e
il
suo
amico
contemporaneamente. Mi guardai
attorno alla ricerca di mio padre e
della vecchia Gilda, senza notare la
presenza n dell'uno n dell'altra.
Quando chiesi dove fossero, mia
madre rispose che erano tornati in
sacrestia.
Emma, stai bene? mi chiese
poi parlando sottovoce.
Io annuii distrattamente.
Non hai un bell'aspetto.
continu
cercando
di
farmi
sorridere.
Feci spallucce. Il fango incrostato
tra i miei capelli e quello che

chiazzava di sporco i miei vestiti era


l'ultima cosa di cui mi preoccupavo
in quel momento.
Lorenzo ci ha salvato la vita.
riprese. Mi rendo conto di essermi
sbagliata su di lui. Devi essere
orgogliosa del tuo amico.
Morir? chiesi con un filo di
voce.
Mia madre non rispose. Io feci
uno sforzo enorme per non
scoppiare a piangere. Lei mi
accarezz i capelli sporchi.
Andr tutto bene, Emma. mi
sussurr.
Quelle parole risuonarono alle
mie orecchie come un s.

Se ti avessi raccontato tutto


anni fa. riprese incollando gli occhi
al pavimento. Ma non mi avresti
mai creduta.
Non risposi. Lanciai una veloce
occhiata a Christian, che fissava ora
Lorenzo nell'altra stanza. Quindi mi
voltai a guardare mia madre.
Ma eri cos felice. riprese
dominando il pianto. Sei sempre
stata una ragazza felice. A Roma
non c'era cosa che ti veniva negata;
avevi amici, ottimi voti a scuola, un
futuro sereno. Non avrei dovuto
lasciarti crescere nell'illusione di
una vita normale. Ma se l'ho fatto,
stato solo per il tuo bene.

Il suo pentimento. Mia madre


stava finalmente aprendosi con
me.
Dopo tante menzogne, per una
volta parlava con sincerit, con il
cuore in mano. Parlava come una
madre avrebbe sempre dovuto fare
con una figlia. Ma nonostante
questo entrambe sapevamo che era
troppo tardi. Avevo scoperto da sola
la verit; lei non mi era stata di
alcun aiuto, e forse era proprio
questo a bruciarle dentro e a farle
confessare quelle parole.
Mamma. Sospirai e serrai la
bocca. No, non avevo le parole
giuste per risponderle senza ferirla.

Mi alzai di scatto, incapace di


restarmene seduta. Avevo bisogno
di respirare e l non c'era aria
sufficiente. Mi diressi verso la porta
a passo veloce, e l'aprii di scatto
precipitandomi gi per le scale. Mia
madre non tent neppure di
fermarmi. Christian al contrario mi
rincorse, e quando arrivammo
sull'ultimo scalino mi acciuff per la
vita e mi tir a s. Mi abbracci
sussurrandomi di stare calma, e poi
cerc le mie labbra. Il suo bacio fu
breve, ma bast a tranquillizzarmi.
Tirai su con il naso e mi accoccolai
tra
le
sue
braccia. Lanciai
un'occhiata alla porta del piccolo

appartamento, e vidi mia madre


ritta sulla soglia che ci fissava.
Senza proferire una parola, richiuse
la porta scomparendo alla mia
vista.
Nessuno morir. mi bisbigli
Christian
all'orecchio.
La
maledizione non uccide cos in
fretta. Lorenzo sta solo mutando.
Pi che la sua morte, mi preoccupa
la sua trasformazione.
Ma se potessimo tornare a casa
di mia nonna, forse scopriremmo
qualcosa in pi riguardo le
maledizioni! feci
io,
ancora
convinta che potessimo trovare l un
antidoto e una soluzione per tutto.

Non lo so, Emma. Ma se tu ci


tieni cos tanto ti accompagner.
Solo dobbiamo risolvere prima la
questione
della
discendente,
dopodich sarai al sicuro.
Lo guardai negli occhi scuri.
Volevo riferirgli tutti i sospetti che
avevo su Empira e le altre, ma non
lo feci. Quindi mi chiese se volessi
tornare di sopra o andare in
sacrestia. Io, che pi di ogni cosa
volevo rivedere mio padre, scelsi la
seconda opzione. Ma quando
scendemmo non trovammo pi
nessuno. La piccola porta che
conduceva alla chiesa era aperta, e
quando vi entrammo notai subito

mio padre seduto su una delle


panche
in
totale
solitudine.
Camminammo per raggiungerlo, e
passando
di
fianco
all'altare
vedemmo la vecchia Gilda chinata
sull'acquasantiera, un contenitore
concavo di pietra che si trovava in
un angolo l sopra. Christian si
stacc da me per aiutare la donna,
alla quale occorreva un po' di
quell'acqua
benedetta;
forse
doveva ancora ricorrere a una delle
sue cose strane. Io mi andai a
sedere accanto a mio padre.
Restammo in silenzio a guardare
Christian che prendeva il posto di
Gilda, e riempiva per lei una caraffa

di vetro.
Il sogno di tua madre sarebbe
stato quello di sposarsi qui!
cominci mio padre a voce bassa.
Carino come posto, non credi
anche tu?
S, molto carino qui.
familiare e accogliente!
Tua nonna era molto religiosa,
sai. riprese mio padre. Prima di
dedicarsi completamente alla magia
o roba simile, era praticante. Si dice
che abbia lasciato tracce del suo
passaggio anche qui. tutto
talmente assurdo, non lo credi
anche tu?
Gi. Eppure.

Eppure? m'incit lui, ma dal


tono della sua voce capii che
sapeva ci che stavo per dire.
So che qui ogni giorno rischio di
venire ammazzata, che ci sono
maledizioni ovunque. Eppure sto
bene; le persone sono affettuose e
ho trovato molti amici e
E ti sei innamorata di quel
ragazzo?
Guardammo Christian mentre
riponeva
l'enorme
coperchio
dell'acquasantiera
sulla
stessa,
afferrandolo come se fosse un
frisbee leggero. Arrossii e sorrisi.
Ma non era quello che volevo dire.
Mi affrettai dunque ad aggiungere:

Pap, chiaro oramai che anch'io


mi trasformer. dissi. Diverr
quella che viene definita una Strige,
un uccello notturno o una strega
potente. In citt nessuno capirebbe
la mia mutazione. A Roma non sarei
pi me stessa.
Stai cercando di dirmi che una
volta conclusa questa faccenda vuoi
restare ad abitare qui?
Io e mio padre ci guardammo a
lungo. Non risposi e lui non indag
oltre. Chin la testa, pensieroso.
Giurai a me stessa che se si fosse
rifiutato di restare a Tiepole, avrei
cambiato idea all'istante e lo avrei
seguito in citt. Non lo avrei mai

lasciato, lui che aveva messo in


discussione la sua vita per restare
con mia madre e con me.
Sentii un tramestio alle mie
spalle e mi voltai: Silvia e Don Luigi
avevano lasciato il confessionale
proprio in quel momento. Lei
portava ancora i segni delle
violenze subite da parte della
Bestia e dei Teschi. Chiss se quel
taglio sulla guancia le avrebbe
lasciato un segno indelebile sul suo
bel viso. Poi il sospetto che potesse
essere lei la discendente, fece
subito svanire la compassione che
stavo provando nei suoi confronti.
Che Silvia e Don Luigi avessero

complottato contro di me rinchiusi


nel confessionale? Mi accorsi di
essere diventata troppo sospettosa;
dovevo controllarmi se non volevo
farmi esplodere la testa. Don Luigi
mi si avvicin sorridendomi. Silvia
gli stava alle spalle, ma non mi
guardava; fissava a terra con le
braccia
incrociate
al
petto,
pensierosa.
Dopo che lo avr fatto Silvia,
puoi salire nel mio bagno e darti
una sistemata! mi propose Don
Luigi.
Io annuii e ringraziai. Prima per
gli chiesi, spinta da un bisogno
sorto in quel preciso istante, se

potesse dedicarmi qualche minuto.


Lui mi invit allora a seguirlo.
Lanciai un'occhiata a mio padre,
comunicandogli con gli occhi di non
preoccuparsi. Silvia si fece da una
parte e mi fece passare; quindi
raggiunse Christian che si era
offerto di portare la caraffa d'acqua
santa in sacrestia al posto della
vecchia Gilda. Non sembrava molto
preoccupato
per
me;
aveva
abbassato il livello di guardia e
smesso di seguirmi ovunque anche
solo con lo sguardo. Evidentemente
pensava che l in chiesa, in territorio
sacro, non mi potesse accadere
nulla.

Don Luigi stava per dirigersi


all'interno
del
confessionale,
quando mi torn alla mente il
piccolo rito applicato su di me e
l'orribile incontro che avevo avuto
con mia nonna l dentro. Mi arrestai
di colpo.
Non l, per favore. sussurrai.
Don Luigi si ferm e si volt a
guardarmi. Assent con la testa e si
sedette sulla panca pi vicina. Io mi
accomodai accanto a lui. Vidi mio
padre seduto sei o sette file pi
avanti; impossibile capire cosa
stava pensando. Mi pentii subito di
averlo lasciato solo.
Allora, Emma! Di cosa volevi

parlarmi? inizi Don Luigi.


Io lo guardai senza rispondere.
Per una manciata di minuti me ne
restai in silenzio, e il prete aspett
che io mi sentissi pronta a parlare.
La chiesa era cos silenziosa che
potevo sentire chiaramente la voce
di Christian e della vecchia Gilda in
sacrestia, anche se non riuscivo a
distinguere bene le loro parole.
Sospirai e alla fine iniziai, senza
guardarlo negli occhi: Devo
confessarle che non sono mai stata
molto religiosa. La mia fede va e
viene.
Come la corrente durante un
temporale. parl Don Luigi.

Io posai gli occhi su di lui.


Giudicai quella metafora corretta;
mi fece sorridere.
Esattamente. E se mi dovesse
chiedere se credo in Dio.
La domanda non questa. mi
interruppe di nuovo lui in tono che
non
era
n
magistrale
n
autorevole. La domanda piuttosto
: cos' che ci spinge a chiederci se
Dio esiste?
Pensai alla risposta, ma Don
Luigi mi precedette.
La sofferenza, Emma.
Mi sentii in dovere di
correggerlo.
No. Nel mio caso la mia

maledizione.
Don Luigi abbozz un sorriso.
Tutti quanti ne hanno una; e
non solo a Tiepole. Le malattie, le
guerre, le carestie non sono
anch'esse maledizioni?
S, ma perch Dio rimane
impotente di fronte a esse?
Don Luigi sorrise ancora, il volto
gi rigato da rughe profonde; forse
si aspettava una domanda simile.
Prima che tu arrivassi, credevo
che Dio avesse definitivamente
abbandonato
questo
posto!
rispose.
Quando
accadeva
qualcosa di strano la gente si
chiudeva nelle proprie case e

fingeva che nulla fosse avvenuto. I


Tiepolesi hanno trascorso la loro
vita mentendo a loro stessi,
rifiutando ci che sono in realt.
Cio un popolo di dannati.
Ma, cara Emma, il mondo stesso
malato; non lo credi anche tu?
Lo fissai senza rispondere.
Quindi Don Luigi riprese: Il Male
tangibile qui in paese, certamente
pi che in qualsiasi altro posto.
Qui non c' pace n per i vivi n
per i morti. Ma Dio non poi cos
impotente se alla fine ha mandato
te. Tu sei un simbolo, Emma.
Discendi dalla causa dei mali di
Tiepole, ma non ne fai parte.

Seppure vero che una mela non


cade mai lontana dall'albero, pu
comunque rotolare abbastanza
lontano da poter fare la differenza.
Sorrise. Poi continu: Mio padre
stato per molto tempo considerato
l'esorcista del paese. Lui s che
sapeva come guarire le anime.
Volle che io mi facessi prete per
seguire le sue orme, e lo
accontentai. Ma non sono mai stato
bravo quanto lui a sgominare il
Male.
Non
lo
so
neppure
distinguere. I Tiepolesi non hanno
stima di me, non mi giudicano alla
sua altezza. Hanno perso quasi
completamente fiducia nella Fede.

Soccombono al male senza neppure


ribellarsi. Non c' pi speranza.
Io lo fissai chiedendomi chi dei
due in realt si stesse confessando
all'altro. Quell'uomo brizzolato dagli
occhi chiari, vestito in abito talare,
costretto a seguire un percorso
troppo arduo e sconosciuto per lui,
m'intener. Io e Don Luigi eravamo
molto simili: discendevamo da
persone che avevano segnato il
destino di Tiepole, sebbene per
motivi diversi e opposti, e
sentivamo il peso di quell'eredit
pesare sulla nostra testa come una
spada di Damocle.
Ma Dio non sta a guardare.

concluse. Altrimenti non avrebbe


mandato persone come te, come la
vecchia Gilda o Carmine qui a
Tiepole. A volte l'esempio di una
sola persona buona pu bastare a
eguagliare e superare i misfatti di
dieci persone cattive.
Non credo di essere una
persona buona. lo corressi io.
Non sta a te deciderlo, non
credi?
Scrollai le spalle. Restammo in
silenzio per qualche secondo. Presi
a fissare il dipinto dell'Ultima Cena
al di sopra dell'altare. La mia mente
era completamente vuota.
Quando mi trasformer

cambier tutto. presi a dire senza


accorgermene. E allora capir
forse la differenza tra il Bene e il
Male.
Scoprir chi sono veramente.
Tornai a fissare Don Luigi negli
occhi.
E di certo non sar pi una
creatura di Dio. conclusi.
Nessuno ti abbandoner Emma,
se questo che credi. fu la sua
risposta.
Quindi mi rinnov l'invito a darmi
una sistemata nel bagno del suo
appartamento, se lo desideravo.
Capii dunque che con quelle parole
aveva posto fine alla mia (o alla

sua) confessione. Don Luigi si alz


dicendo che doveva raggiungere la
vecchia
Gilda.
Mi
spieg
brevemente
che
lei
stava
preparando una sorta di mistura da
applicare sul corpo di Lorenzo
poich voleva tentare di arginare la
sua maledizione, e che lui l'avrebbe
aiutata con preghiere e un po' di
acqua santa. Avrei desiderato
indagare oltre su quell'argomento,
ma il prete mi lasci senza darmi il
tempo di domandare. Scambi con
mio padre qualche parola e and in
sacrestia. Rimuginando su quanto ci
eravamo detti, pensai che c'era
ancora una persona con la quale

volevo parlare prima di chiudermi in


bagno e cercare di togliermi il fango
di dosso. Un tuono improvviso
scosse le vetrate della chiesa e
delle piccole finestre rotonde
disposte cos in alto che era
impossibile raggiungerle, e che per
questo non avevo notato se non in
quel preciso istante. Non pass
molto che si ud lo scroscio
impetuoso della pioggia. Raggiunsi
mio padre e insieme raggiungemmo
gli altri in sacrestia; la navata della
chiesa, ancor pi scarsamente
illuminata ora che le nubi si erano
addensate divenendo quasi cineree,
incuteva una sorta di mistico

timore. Nella piccola sacrestia c'era


una sola persona, proprio quella
con la quale volevo parlare in
privato: Carmine. Notai subito che
l'uomo aveva i capelli in ordine e la
faccia ripulita dalle macchie di
sporco e sudore. Aveva poi tolto
finalmente l'impermeabile verde
scuro, che notai gettato in un
angolo su una piccola poltrona in
legno. Aveva dato una pulita anche
ai suoi scarponi. Dunque dovevo
presupporre che era stato in bagno
tutto quel tempo per darsi una
sistemata; anche se c'era da
scommettere che si era rinchiuso l
dentro
soprattutto
per
non

incontrare me. Lo testimoni il suo


comportamento, perch quando mi
vide si affrett ad allontanare lo
sguardo e nervosamente chiese a
mio padre: Stanno facendo
qualcosa a Lorenzo di sopra.
Andiamo anche noi?
Mio padre assent, ma io espressi
il desiderio di poter prima parlare
con Carmine da sola. Mio padre mi
guard con aria interrogativa,
Carmine con occhi timorosi.
Ci vorr solo un attimo! dissi
tranquillizzando mio padre.
Lui guard prima me, poi l'uomo
gigantesco del bar, quindi ancora
me. Assent con la testa sebbene

fosse un poco contrariato, e usc per


raggiungere le scale. Non appena
restammo soli, Carmine si mostr
subito a disagio; ed era buffo
vedere come un uomo corpulento e
forzuto come lui, avesse timore di
quello che stava per dirgli una
ragazza minuta come me. Mi venne
da sorridere. Poi tornai seria,
pensando
all'importanza
del
discorso che stavo per affrontare.
Cercai le parole giuste per iniziare
ma Carmine, forse logorato da
quella situazione, mi precedette:
vero quello che ha detto Candce!
disse.
Io e tua madre abbiamo avuto

una storia moltissimo tempo fa.


Eravamo molto giovani, e veniva a
rifugiarsi sempre nel mio bar
quando litigava con tua nonna.
Discutevano continuamente sulla
magia e sulla stregoneria, e trovava
in me un amico con il quale
confidarsi e consolarsi. Poi per
andata a studiare in citt e ha
conosciuto tuo padre. Quando mi
disse che aveva intenzione di
sposarlo io mi opposi, ma capii che
forse era meglio per lei lasciare il
paese. E mi sono messo da parte. E
da qui in poi la storia la conosci.
Carmine mi guard timoroso, come
se aspettasse da me una spiacevole

sentenza.
In realt non rimasi bench
minimo
turbata
da
quella
rivelazione.
Tiepole era stato il paese di mia
madre, era normale che l avesse
vecchie amicizie ed ex amori.
Ma tu non ti sei mai sposato?
domandai senza preoccuparmi di
essere discreta.
Lui arross un poco e alz le
spalle larghe quanto un armadio.
Con tua madre se ne and
anche l'ultima bella e brava ragazza
che ci fosse qui a Tiepole. Ho avuto
una storiella con Elisa, ma chi non
l'ha avuta qui in paese? Rise per

poi rifarsi subito serio. Si pent delle


ultime parole, e il suo imbarazzo
crebbe vistosamente. Era incredibile
quanto un uomo della sua stazza
fosse piegato inesorabilmente da
un discorso all'apparenza semplice
come quello dei sentimenti. Sorrisi;
Carmine mi fece cos tenerezza che
non controllai l'istinto di andargli
vicino e di abbracciare il suo petto
ampio. Lui all'inizio rest immobile,
impacciato. Poi ricambi la mia
stretta, delicatamente, per non
soffocarmi. Si sent di nuovo un
tuono e io tremai tra le sue
braccia.
Andiamo di sopra dagli altri,

Emma. disse accarezzandomi la


testa.
Nel farlo le dita gli si
impigliarono in un nodo che mi si
era formato tra i capelli a causa
della sporcizia che avevo in testa.
Capii che era davvero giunto il
momento di darmi una sistemata. E
ancora aggrappata al suo petto,
raggiungemmo gli altri nel piccolo
appartamento al piano superiore.

Molti, troppi cambiamenti


Tutti si erano riuniti attorno al
letto di Lorenzo. Don Luigi stava
leggendo ad alta voce, cadenzando
bene le parole, un brano tratto dal
Vangelo; la vecchia Gilda invece
disegnava, con le dita bagnate, da
quella che supposi fosse l'acqua
santa, sulla pelle raggrinzita del
volto di Lorenzo degli strani simboli
muovendo appena percettibilmente
le labbra. Mi soffermai a fissare il
volto trasfigurato del mio amico;
d'un tratto ricordai le sue parole,
ovvero che la sua trasformazione
era permanente.

Permanente. Sarebbe rimasto un


mostro per sempre. Trasalii a quel
pensiero e le lacrime mi risalirono
agli occhi. Trattenni il respiro per
non scoppiare a piangere. Empira
mi si fece accanto quando si volt e
mi vide. Spostai lo sguardo
appannato dalle lacrime su di lei e
cercai sul suo viso i segni della lotta
avvenuta in casa sua. Nonostante
avesse affrontato la Bestia per
vendicare la morte di Vlad, la sua
pelle risultava liscia come seta e
candida come sempre; se non altro
noi maledetti avevamo il dono di
guarire in fretta. Le chiesi
sussurrando se stesse bene. Lei

fece un cenno con la testa e


m'invit a seguirla in sala. Le
ubbidii; l in quel momento
entrambe eravamo inutili.
Nessuno ha notizie di Valerio!
inizi lei tristemente quando fummo
sole. Ho paura per lui!
Le afferrai una mano e le sorrisi
per tranquillizzarla. In realt
temevo anch'io per il mio amico, e
avevo timore che gli fosse accaduto
qualcosa di brutto; ma non lo diedi
a vedere.
Lo cercheremo quando questo
incubo sar finito! le promisi.
Fummo interrotte dal brontolio
del mio stomaco e solo allora mi

resi conto che era quasi un giorno


intero che non mangiavo.
Empira abbozz un sorriso.
Caspita Emma! Fa pi rumore
la tua pancia che il temporale l
fuori!
Trattenni una risata stanca. Lei,
tenendomi ancora per mano, mi
condusse in una minuscola stanza
che fungeva da cucina il cui
ingresso si trovava oltre la sala,
dalla parte opposta della camera.
Un frigorifero, un lavandino e i
fornelli del gas erano tutto il suo
mobilio. Empira, come se si
trovasse in casa propria, mi lasci
per aprire il frigo dal quale cacci

fuori qualcosa: un vassoio di


tramezzini. Ricordai solo in quel
momento dei sospetti che avevo su
di lei, ma la vista del cibo mi
appann ogni forma di giudizio e
senza aspettare che fosse lei a
chiedermelo, mi avventai sul
vassoio
mangiando
non
un
tramezzino ma ben tre tutti di
seguito. E pi mangiavo pi la fame
mi divorava. Ero davvero esausta.
Iniziavo anche ad accusare il sonno,
come se la stanchezza del mondo si
fosse concentrata tutta su di me in
quel preciso istante.
Vorrei poter dormire un giorno
intero! dissi a bocca piena.

Empira mi vers dell'acqua.


E vorrei tanto poter fare una
doccia! aggiunsi mentre bevevo,
incurante del fatto che avessi
ancora il boccone in bocca.
Questo puoi farlo! mi assicur
lei.
Annuii. Non appena avessi finito
di mangiare, mi sarei chiusa in
bagno. Lanciai un'occhiata alla sala.
Sentivo ancora la voce di Don Luigi
leggere alcuni versetti del Vangelo,
ai
quali
per
non
prestai
attenzione.
Cosa stanno facendo? chiesi
mentre
afferravo
un
quarto
tramezzino dal vassoio.

Lo benedicono con la speranza


di
poter
arginare
la
sua
maledizione, rispose Empira,
ovvero si augurano che cos
facendo
Lorenzo
sia
domato
dall'acqua santa, e non inizi a
sbraitare e uccidere una volta che si
sar ripreso.
Deglutii a fatica l'ultimo boccone
che per poco non mi and di
traverso.
C. C la possibilit che la
maledizione lo faccia diventare
malvagio come la Bestia? chiesi.
Empira fece spallucce,
visibilmente a disagio.
Ci che ci fa tramutare un

istinto incontrollabile e disumano.


spieg. Non si pu mai sapere in
che modo il nostro corpo e il nostro
spirito reagir alla maledizione.
Anche Valerio, la scorsa notte che
ha passato da me, stato
benedetto allo stesso modo. Anche
se esorcizzato sarebbe la parola
corretta.
Dunque anche io. sussurrai.
Ma non completai la frase. Mi
imposi di affrontare un problema
alla volta per non impazzire. Mi
sarei preoccupata solo quando i
primi sintomi della maledizione si
fossero presentati. Mancavo solo io;
poi il club dei maledetti sarebbe

stato al completo.
Christian comparve sulla porta
della cucina, distogliendomi da quei
pensieri. Esattamente come me
aveva l'aria stanca e preoccupata.
Solo la presenza di Empira mi
trattenne dal gettargli le braccia al
collo e stringerlo a me.
Che cosa c'? gli chiesi.
Lorenzo. La maledizione
permanente, mi rispose lui in tono
rassegnato. Come reagir quando
si sveglier e si guarder allo
specchio? Si vergognava per la sua
mano,
ma
almeno
poteva
nasconderla.
Come potr farlo invece col suo

viso? Ne morir.
E di nuovo non potei fare a meno
di pensare a quando io mi sarei
trasformata. Se mi fossero spuntate
le ali da rapace notturno, che cosa
avrei fatto? Mi sarei nascosta in
casa per tutta la vita? E se mi fosse
spuntato all'improvviso un becco
orribile al posto della bocca?
E se.
Non potevo pensarci o mi
sarebbe venuta la nausea. Sentii il
bisogno urgente di chiudermi in
bagno e restare da sola. Quando
espressi
quel
mio
desiderio,
Empira
mi
disse
che
per
raggiungerlo
dovevo
prima

oltrepassare la camera da letto.


L'idea non mi piaceva: dover vedere
Lorenzo in quelle condizioni mi
addolorava facendo accrescere in
me una rabbia incontrollabile. Mi
accompagnarono
entrambi,
Christian tenendomi per mano. Lo
lasciai sulla soglia della camera,
che oltrepassai incurante degli
sguardi degli altri e senza guardare
nessuno. Prima di chiudermi in
bagno non potei fare a meno di
notare mio padre che fissava il
corpo di Lorenzo con occhi
preoccupati e increduli; chiss,
forse immaginava me al posto del
mio amico. Girai la chiave della

porta facendo il meno rumore


possibile per non disturbare lo
strano rito che avveniva nell'altra
stanza. Senza rimuginare ancora su
tutto ci che stava avvenendo
attorno a me, cercai nel mobiletto
del lavandino un asciugamano; ne
trovai solo uno per il viso. Mi sarei
arrangiata con quello. Mi spogliai
velocemente degli abiti sporchi e
m'infilai sotto la doccia. Quando mi
colp un getto di acqua ghiacciata
per poco riuscii a trattenere un
grido. Cercai di regolare la
temperatura, ma mi accorsi ben
presto che fosse inutile. Mi lavai
velocemente con del bagnoschiuma

che odorava di muschio bianco. Mi


asciugai e mi rivestii degli abiti
sporchi avvolgendomi lo stesso
asciugamano sui capelli bagnati.
Non mi sentivo affatto pulita, ma
almeno un poco dello sporco che
avevo sulla pelle era andato via.
Sognai un bagno tiepido e
ripensai alla vasca idromassaggio
che avevo in casa, gi in citt.
Guardai poi la doccia di quel piccolo
bagno dalle tubature di sicuro
vecchissime e piansi in silenzio.
Fissai allo specchio la mia
immagine
riflessa.
Ero
irriconoscibile; senza un filo di
trucco si potevano benissimo

vedere le irregolarit della mia


pelle, e gli occhi erano cerchiati da
due profondi solchi neri che mi
arrivavano quasi agli zigomi. Mi
stavo
gi
trasformando?
Mi
vergognai del mio aspetto e diedi le
spalle allo specchio, che con poco
tatto e molta verit mostra sempre
e in ogni caso ci che siamo. Sentii
nell'altra stanza la voce di Don Luigi
arrestarsi. Ne segu un chiacchierio
sommesso; troppe voci parlavano
insieme, tanto che io non riuscii a
distinguerle. Feci un profondo
respiro e mi asciugai gli occhi.
Incurante del mio aspetto aprii di
scatto la porta facendo girare

rumorosamente la chiave, e quando


mi videro ferma l sulla soglia tutti
si
voltarono
a
guardarmi
azzittendosi.
Potrei avere un phon, per
favore? chiesi con voce roca.
Mi sentii ridicola nel chiedere un
asciugacapelli durante una sorta di
esorcismo. Posai gli occhi su
Lorenzo, ripensando alle ultime
parole che ci eravamo scambiati e
alla piccola lite avuta. Quando
sentii una lacrima rigarmi una
guancia, mi affrettai a voltarmi e
richiudermi in bagno.
Ci chiedevamo tutti quando la
vera
discendente
si
sarebbe

manifestata rivelando finalmente la


sua identit. Sospettavamo che si
nascondesse da qualche parte e che
aspettasse di sorprenderci quando
avremmo abbassato la guardia. Mi
chiesi se prima di uccidermi e
bagnare le ossa di mia nonna con il
mio sangue, lei si sarebbe mostrata
a me. Sentivo che eravamo vicini
alla soluzione. Non mancava molto
alla data designata per il suo
avvento.
Ero tornata in sacrestia da sola,
soprattutto perch mi vergognavo
del
mio
aspetto
malandato.
Christian mi segu subito dopo, e
non pass nemmeno un minuto da

quando ero scesa che lo ritrovai al


mio fianco.
Non devi per forza pedinarmi!
gli dissi. Non mi succeder niente
almeno per altri due giorni!
Non sei per nulla spiritosa! mi
rimprover lui.
Mi sedetti sulla poltrona di legno,
levando
da
una
parte
l'impermeabile verde scuro di
Carmine. Christian mi venne vicino,
inginocchiandosi davanti a me. Mi
afferr una mano e quel contatto mi
fece sussultare, ma lui non se ne
accorse; o forse fece solo finta.
Quando tutto sar risolto,
tornerai in citt? mi chiese senza

guardarmi. Prese a giocherellare


con le mie dita; sfior i polpastrelli
con le labbra uno ad uno, poi mi
baci il palmo fino al polso. Mi
chiesi come fosse possibile che un
ragazzo bello come lui fosse
innamorato di una come me. Non
avevo n la bellezza di Empira, n
il fascino misterioso di Silvia. E poi
la doccia di poco prima non aveva
migliorato per nulla il mio aspetto.
Avevo raccolto i capelli in una coda
di cavallo cos da non dover perdere
troppo tempo a pettinarli, ma non
avevo ottenuto un buon risultato.
Allora? Non mi vuoi
rispondere? mi domand poi

sollevando il suo sguardo ipnotico


su di me.
Lo sguardo serioso lo rendeva
ancora pi affascinante e quella
peluria sulle guance e sul mento gli
conferivano un'aria cos matura da
togliermi il fiato.
Sono maledetta. risposi. In
citt nessuno capirebbe la mia
trasformazione.
Quindi solo a causa della tua
maledizione che rimarresti qui?
chiese
senza
nascondere
la
delusione che gli provocarono le
mie parole.
Certo che no. mi affrettai a
rispondere. Qui a Tiepole dopo

tutto mi trovo bene. un bel posto,


c' molto verde. A Roma non
abbiamo
tutti
questi
spazi
incontaminati. Mi resi conto che
stavo delirando. In realt non
sapevo cosa dire e il mio cervello
mi dettava frasi senza senso.
Christian sollev un sopracciglio.
Sorrise.
S, certo. Ti sei innamorata
della campagna quindi.
Certo che s. risposi
continuando a blaterare. Ho
scoperto che il silenzio mi piace
moltissimo. Il traffico di Roma
invece.
Christian scoppi a ridere,

scuotendo la testa. Poi ricominci a


giocherellare con le mie dita. Chin
lo sguardo su di esse.
Volevo venire a cercarti qualche
anno fa, sai? disse tornando serio.
Volevo convincere Lorenzo e
Valerio a scendere in citt. Cos ti
avrei trovata; e uccisa.
Torn a guardarmi. Ci fissammo
per qualche istante in silenzio.
Perch non lo hai fatto? chiesi
con un filo di voce.
Christian fece spallucce e rispose
con aria indifferente:
Non ero abbastanza forte
allora!
Ma adesso s. bisbigliai.

Christian mi fissava attraverso i


suoi occhi scuri, impenetrabili.
Adesso sono cos forte che ho
paura anche solo di baciarti e
rischiare di farti male. Avvicin
lentamente le labbra alle mie. Le
pos con delicatezza e si ferm. Poi
mi accalappi per le braccia, e, con
una mossa cos lesta che non riuscii
neppure a gridare per la sorpresa,
mi sollev e pos a terra. Restai
immobile sotto di lui.
Avvicin la bocca al mio
orecchio: Esattamente come al
cimitero. disse. Solo che questa
volta non voglio mangiarti.
Guardai la porta con la coda

dell'occhio e immaginai cosa


avrebbero fatto i miei genitori se
fossero entrati in quel momento e
mi avessero visto in quel modo.
Christian al contrario non sembrava
preoccuparsi di nulla. Non te ne
andare da Tiepole. mi sussurr. E
lo fece in tono cos supplichevole
che se avessi mai avuto dubbi, si
sarebbero dissipati in quell'istante.
Non risposi. Non ce la facevo.
Ero troppo emozionata, e le
parole faticarono a uscirmi dalla
bocca.
Lui allora rest immobile per
un'altra manciata di secondi; quindi
si sollev in piedi e mi aiut a

rialzarmi. Fraintendendo quel mio


silenzio ostinato, fece per staccarsi
da me; io allora gli presi il viso tra
le mani e lo baciai con quanta pi
intensit potevo. Lo baciai sulle
guance, sulla punta del naso e
infine sulla fronte. Tornai alle
labbra e poi mi staccai, perch mi
sembrava di aver udito un rantolo
provenire dalla sua gola. Non era
certo mia intenzione provocarlo.
Sentii i muscoli delle sue braccia
irrigidirsi e poi gonfiarsi. Timorosa
trattenni il respiro.
Sar meglio fermarci qui.
sussurrai con il cuore che mi
tempestava le costole di colpi.

Ricordiamoci che siamo in una


chiesa. In realt l'idea di affondare
la faccia nel suo petto mi attirava
pi di qualsiasi altra cosa. Christian
indietreggi lentamente. Chin la
testa a terra e fece dei profondi
sospiri. Vidi le sue spalle alzarsi e
abbassarsi, gonfiarsi e sgonfiarsi.
Capii di aver provocato (anche se la
parola pi corretta era eccitato), il
mostro che era in lui. Attesi con
timore misto a desiderio che lui mi
afferrasse di nuovo, invece sollev
una mano come a schermirsi da
me, e senza aggiungere una parola
lasci la sacrestia per raggiungere
le scale. Feci per seguirlo, ma lui mi

ordin con voce bassa e roca che


quella non sarebbe stata davvero
una buona idea. Mi lasci interdetta
e confusa. Cosa significava quello,
che ogni volta che provavo a
baciarlo
con
pi
ardore
lo
costringevo alla fuga? Quando si
richiuse la porta alle spalle
sobbalzai.
Restai
a
fissarla
sperando che Christian ne riuscisse
subito dopo rassicurandomi che non
era accaduto nulla, e che magari il
suo era stato solo un ridicolo
scherzo. Invece non accadde nulla.
La pioggia cadeva, imperterrita.
Sentii un tuono in lontananza. Posai
gli occhi sulla porta che conduceva

alla chiesa. Quello era un luogo


sacro e per questo (forse) protetto.
Avrei dovuto sentirmi al sicuro l, e
invece un brivido mi attravers la
schiena. Senza badare a ci che
facevo entrai in chiesa, sedendomi
su una delle panche. Qualcosa mi
indusse a scegliere proprio quella
posta
sotto
la
statua
dell'Addolorata.
Non riusc a calcolare per quanto
tempo aveva camminato. Quel
paesaggio cos familiare, gli sembr
quel giorno diverso, mai visto
prima. E quando la pioggia inizi a
calare lesta dal cielo, Valerio decise
finalmente di fermarsi e cercare un

riparo fortuito. Si nascose sotto un


cespuglio e alz il capo, lasciando
che la pioggia gli picchiettasse il
viso. Fissando quella coltre grigia e
minacciosa si domand se non
fosse arrivata l'ora di tornare a
casa. Casa. Lui non aveva pi una
casa. La maledizione l'aveva
strappato agli affetti familiari e alla
possibilit di redenzione. Chiss se
Emma lo detestava. Chiss se
Christian lo avrebbe pi guardato
allo stesso modo. No, non poteva
tornare; non ancora. Abbass gli
occhi
per
fissarsi
le
mani.
Tremavano.
Le voci confuse nella sua testa

gli intimarono di risalire sulla parte


pi alta e impervia della montagna
e togliersi la vita, cos da lasciare il
suo corpo in balia dei corvi e delle
bestie selvatiche. La trasformazione
era completa, lo sentiva. Poteva
avvertire sia le voci nella sua testa
che i rumori, gli umori e gli odori di
quello ci che lo circondava.
Animali, persone anche distanti,
tutto faceva parte di un insieme che
lui riusciva a captare senza difficolt
alcuna. E fu cos che riusc a capire
che qualcosa non andava, che
qualcosa di orribile stava per
accadere, che il fato avrebbe ben
presto compiuto la sua mossa.

Emma.
Era in pericolo. I suoi amici
erano in pericolo. Le dita smisero di
tremargli e Valerio mise a tacere
con ostinazione le voci che aveva
nella testa. Si alz in piedi e riprese
a
camminare,
affrontando
il
temporale e affondando gli anfibi
nel fango.
Non era ancora finita.

La discendente
Caddi in una sorta di torpore: ero
stanca, infreddolita, spaventata e
assonnata. Avevo atteso invano che
Christian mi venisse a cercare.
Ero completamente sola
nell'unica navata della piccola
chiesa. Gli altri dovevano essere
ancora
tutti
nel
piccolo
appartamento di Don Luigi, al
capezzale di Lorenzo. Anch'io
dovevo trovarmi l come tutti gli
altri, anche se ripensandoci io non
ero come tutti gli altri.
Io ero la nipote della terribile
Marta Vasselli.

Mi ritrovai a chiedermi cosa


avesse
provato
mia
nonna
sentendosi cos temuta. Ne era
stata forse orgogliosa? E poi:
perch voleva che mi tramutassi in
una
Strige,
in
una
strega
potentissima? Voleva forse per me
un destino simile al suo, desiderava
che anch'io venissi rispettata e
temuta da tutti? Dovevo per questo
esserle grata? Mi venne in mente il
quesito
machiavellico:
meglio
essere temuti o essere amati?
Mia nonna di certo aveva scelto
la prima opzione. Io invece cosa
avrei scelto una volta trasformata?
Christian mi aveva palesemente

dimostrato che anche la passione


poteva scatenare la maledizione
che era in lui, e mutarlo. Se non era
l'amore dunque ci che poteva
placare noi mostri, che cos'altro
poteva essere? Avremmo dovuto
fare i conti con noi stessi, con le
nostre maledizioni, per tutta la
durata della nostra esistenza; fino
alla morte.
Se non altro era questo che mi
avrebbe insegnato Tiepole. Sollevai
lo sguardo sulla statua di Maria
Addolorata. I suoi occhi tristi mi
ricordarono quelli del padre di
Lorenzo, che mi aveva chiesto di
sua figlia.

Del fantasma di sua figlia. Il


dolore doveva averlo logorato per
tutto quel tempo. Chiss se i miei
genitori, una volta trasformata, mi
avrebbero guardato con gli stessi
occhi o se piuttosto mi avrebbero
fissata con piet, o peggio, con
orrore. Sarei stata ancora la loro
unica figlia? C'era la remota
possibilit
che
potessero
rinnegarmi, come aveva fatto il
padre di Valerio con lui che voleva
sbarazzarsene quando era ancora
piccolo?
O peggio ancora avrebbero forse
imparato a disprezzarmi, come
faceva Eva Costantini con suo figlio

Christian?
Mi assal l'ansia e decisi di
chiudere la mente a ogni pensiero.
Mi
strinsi
nelle
braccia,
concentrandomi solo sul rumore
ritmico e ripetitivo della pioggia.
Fissai la statua cercando di
distrarmi. Poi, involontariamente,
come guidata da una voce interiore
seguii lo sguardo triste della
Madonna che si andava a posare
sull'altare, precisamente sul pulpito.
Senza sapere cosa stessi facendo,
seguii quella indicazione. Salii
l'unico scalino dell'altare, e mi
piazzai accanto al pulpito: s, ora
l'Addolorata
sembrava
fissare

proprio me.
Abbassai gli occhi su una Bibbia
aperta.
C'erano
dei
versi
sottolineati a matita. Lessi prima
con gli occhi e poi ad alta voce:
Dopo questi fatti, Iddio volle
mettere al a prova Abramo e lo
chiam: Abramo!. Egli gli rispose:
Eccomi!. E Dio gli disse: Ors,
prendi tuo figlio, lunico che hai e
che tanto ami, Isacco, e va nel
territorio di Moria, e l offrilo in
olocausto sopra un monte che io ti
mostrer.
Sollevai lo sguardo dalla pagina
per guardare di nuovo la statua. Poi
tornai a leggere ancora una volta il

versetto, la storia di Abramo e del


sacrificio di Isacco, suo figlio. Mi
colse un terribile sospetto, che
subito il mio cervello represse nella
parte pi recondita di se stesso.
Quindi sentii dei passi alle mie
spalle. Mi voltai lentamente.
Rabbrividii. Prima un lampo illumin
la chiesa attraversando con forza le
vetrate delle piccole finestre poste
in alto, poi un tuono scosse l'aria e
sembr entrare prepotente in quel
luogo.
Mamma. sussurrai.
Mia madre cacci qualcosa dalla
tasca dei pantaloni. Un mazzo di
chiavi tintinnarono rumorosamente.

Mi guard con occhi indecifrabili.


Emma, prendi le chiavi della
macchina e tornatene in citt! mi
comand. Anche se il tono della sua
voce rasentava la supplica.
Per favore, fa' come ti dico!
Vattene,
vattene
da
qui!
insistette.
Lanciai uno sguardo alla porta
della sacrestia sperando che
qualcuno ci raggiungesse. Mia
madre mi incuteva paura. Era forse
impazzita di nuovo? Era di nuovo
preda di una delle sue crisi
isteriche?
Mamma, ma che stai dicendo.
Devi lasciare subito il paese!

Fece un passo avanti e io


istintivamente indietreggiai. La sua
espressione folle non mi piaceva.
Vidi i suoi occhi riempirsi di
lacrime.
Emma. disse piagnucolando
Ma possibile che non capisci?
Capire che. Trattenni il
respiro, come se stessi per tuffarmi
da un trampolino altissimo in una
piscina vuota.
Ma era cos semplice! continu
mia madre con voce isterica,
piangendo. Possibile che nessuno
abbia capito? Emma: sono io la
discendente! Sono sua figlia! Come
avete potuto non capirlo prima?

Perch non avete fermato tutta


questa follia?
Impiegai molto tempo prima di
capire quelle parole. Il mio cervello
si ostin a rifiutarle. Mia madre mi
fissava come un'ossessa e io non
sapevo risponderle, non ne ero in
grado, come se avessi perso
all'improvviso l'uso della parola. Poi
la terra mi vacill sotto i piedi; forse
un cataclisma stava per colpire il
paese. Ma mi resi subito conto che
la catastrofe avveniva dentro di me,
e non fuori.
Iniziai a tremare.
Emma, tutti mi avete discolpata
perch mi consideravate indegna di

tale ruolo. La figlia che ha


disonorato
Marta
Vasselli
scappando in citt, cos mi
considerano tutti. I Tiepolesi mi
disprezzano, ma lo fanno per il
motivo sbagliato. Credono che li
abbia traditi rifiutando l'antica
magia, e per questo non sospettano
di me. Non mi considerano pi una
di loro. Eppure fa tutto parte di un
piano preciso. Tua nonna mi scelse
anni fa e la morte di tuo nonno. Lei
lo ha ucciso in nome del piano che
aveva in mente! E io non posso
nulla contro il mio destino, come tu
non puoi nulla contro la tua
maledizione. Fece una breve

pausa per riprendere fiato. Aveva


smesso di singhiozzare, ma le
lacrime continuavano a scenderle
gi leste per le guance.
Per posso tentare di cambiare
le cose. riprese. Forse posso
ancora salvarti. Prendi le chiavi e
tornatene in citt! Prima che se ne
accorgano, va', scappa! Come
potrei mai privarti anche solo di una
goccia del tuo, del mio, sangue?
Brand le chiavi come se fossero
un'arma. Io le guardavo, anche se
in realt non le vedevo. La vista mi
si appann per qualche istante.
Sentivo brividi correre lungo la
schiena, imperterriti. Poi qualcosa

mi esplose nel cervello, una scintilla


luminosa, come il lampo che era in
grado di scatenare Lorenzo quando
veniva attaccato. Crac.
Qualcosa mi scoppi nella testa
e me la spacc in due. Non riuscii a
gridare.
Indietreggiai
ancora
finendo addosso al pulpito. Con una
gomitata feci cadere la Bibbia, che
fin a terra con un tonfo e si
richiuse. Mia madre mi rinnov
l'invito ad afferrare le chiavi. Ma le
mie gambe si mossero pi veloci di
me, e prima che il mio cervello
potesse inviare loro un comando mi
ritrovai a correre gi dall'altare
attraverso la navata, senza voltarmi

indietro. Mia madre mi chiam a


voce alta, e fece per rincorrermi.
Arrivai al portone della chiesa e lo
spalancai di colpo, con una forza
che non sospettavo di avere. Uscii
fuori sotto la pioggia. Non mi
fermai: corsi senza sapere dove
stessi andando. L'unica cosa che mi
importava era di scappare quanto
pi lontano possibile dalla donna
che per tutta una vita avevo
chiamato
madre.
Superai
la
traversa che portava in chiesa; la
strada era deserta e bagnata. La
pioggia mi sferzava il viso,
costringendomi a socchiudere gli
occhi. Scivolai inevitabilmente e

caddi a terra. Mi sollevai a sedere in


ginocchio; una fitta lancinante mi
costrinse a guardarmi la mano
sinistra: me l'ero sbucciata e del
sangue usciva dalla ferita.
Il sangue. Ci che si tramanda
da genitore in figlio. Ci che
rappresenta la nostra discendenza e
la certifica. Il sangue che avrebbe
dovuto bagnare le ossa di mia
nonna. Urlai. Gridai con quanto pi
fiato avevo in gola tutta la mia
frustrazione. Era tutto un incubo.
Non poteva essere vero. No.
Cercai di convincermi di aver
capito male, di aver frainteso tutto.
Come aveva potuto mia madre

tenermi nascosta una cosa simile?


Sapeva che cercavano di uccidermi,
come aveva potuto restare inerme
di fronte all'idea che io venissi
ammazzata? Il destino: tirare in
ballo destini e profezie era troppo
accomodante, un modo per sottrarsi
alle proprie responsabilit e alle
proprie scelte.
La discendente. Pi vicina di
quanto pensassi, aveva detto
Candce. La pioggia continuava a
cadere, impetuosa. Mi aveva
completamente inzuppata, senza
alcuna piet. Smisi di gridare, ma
solo perch alcune gocce mi
finirono in bocca rischiando di

soffocarmi. Tentai di dominarmi.


Singhiozzavo come un neonato. Ero
completamente
fuori
controllo,
stavo per uscire di senno. Mi rialzai
in piedi a fatica, come se il mio
corpo fosse di piombo. Il sangue
che usciva dalla ferita della mano
venne lavato via. I capelli zuppi mi
s'incollarono alla faccia, e i vestiti
sporchi al corpo. Ripresi a
camminare, stringendomi nelle
spalle. Mi lasciai guidare dai piedi,
continuando a piangere e a tremare
per il freddo. Il cervello mi si era
inceppato e mi ripeteva in
continuazione le parole rivoltemi da
mia madre, le ripeteva tali e quali

come se le avesse registrate su un


nastro. Indelebili, mi avrebbero
perseguitato per tutta la vita. Senza
accorgermene arrivai sotto l'arco di
pietra, l dove c'erano scolpiti gli
stemmi delle due famiglie. Mi
fermai e alzai un poco gli occhi per
guardarli. Restai a fissarli per
qualche istante finch la pioggia
che mi cadeva negli occhi non mi
costrinse ad abbassare lo sguardo.
Che si pos sulla Bestia.
Si trovava a pochi metri da me,
l dove partiva la stretta traversa
che conduceva al cimitero. Gridai
ancora. Indietreggiai. Ma questa
volta non trovai le forze necessarie

per
fuggire.
Mi
avevano
abbandonato. La Bestia mi si
avvicin, il corpo completamente
ricoperto di peli, il muso da
animale, gli occhi iniettati di
sangue; e solo quando fu a
pochissimi passi da me trovai il
coraggio di voltarmi e fuggire.
Ma era troppo tardi. La Bestia mi
afferr per una spalla e mi gett a
terra. Urlai.
Poi mi colp in viso, e attorno a
me si fece il buio.

Marta Vasselli
Mi risvegliai in una stanza buia e
umida. Ero sdraiata a terra su un
pavimento freddo di pietra dura.
Prima di alzarmi a sedere provai a
chiedere se ci fosse qualcuno l con
me, ma la voce mi manc. Quindi
mi sollevai lentamente in piedi.
Respiravo a fatica e mi sentivo la
parte destra del volto intorpidita, l
dove la Bestia mi aveva colpito con
quasi tutta la sua forza. Mi sentivo
le ossa della faccia indolenzite e fui
costretta a tastarmi il viso per
controllare che fosse tutto a posto,
oppure se ne mancasse una parte.

Il buio assoluto mi impediva di


vedere dove fossi. Brividi di freddo
mi sconquassavano. Provai di nuovo
a parlare, ma non ci riuscii. Mi
schiarii la gola e feci ancora un
tentativo, ma quello che ne venne
fuori fu solo uno stridulo lamento
gutturale.
Pensai a Christian, sperando che
corresse ancora una volta in mio
aiuto. Ma sembrava che alla fine la
Bestia avesse vinto; i Teschi ce
l'avevano fatta, erano riusciti nel
loro
folle
intento
di
farmi
prigioniera.
Non volli pensare a mia madre;
quando la sua figura mi si affacci

alla mente la scacciai in modo


violento e brusco. L'unica cosa alla
quale dovevo pensare in quel
momento era uscire da quel posto
prima che qualcuno dei Teschi
potesse accorgersene. E mi sforzai
di mantenere il controllo perch se
fossi
impazzita
l
al
buio,
completamente sola, sarei di sicuro
morta.
Con il palmo della mano sinistra
ancora dolorante per la sbucciatura,
cercai a tentoni la parete. Quando
la trovai ritrassi subito la mano
perch infilai le dita in quella che di
certo doveva essere una grossa
ragnatela. Mi tolsi i filamenti dai

polpastrelli,
disgustata.
Quindi
allungai di nuovo il braccio. Se
avessi seguito la parete, questa mi
avrebbe portata ad una porta e da
questa avrei potuto tentare la fuga;
o almeno era quello che speravo.
Eppure una parte di me mi
sussurrava che i Teschi non mi
avrebbero mai lasciata fuggire, non
ora che ero in mano loro. La parete
era di pietra anch'essa; dovevo
trovarmi dunque in un sotterraneo,
o in una grotta. Che mi avessero
portata
su
in
montagna,
nascondendomi in una delle sue
insenature rocciose?
Continuai ad avanzare al buio,

con il solo ausilio di quel muro. Poi


inciampai e battei le gambe su un
ripiano duro. Un mobile forse, o una
mensola bassa. Staccai la mano
dalla parete per toccare l'ostacolo
in cui mi ero imbattuta. Mi sembr
un tavolo, o una madia simile a
quella che mio padre aveva
scardinato e nella quale avevamo
trovato la lettera di mia nonna che
mi aveva cambiato la vita. Poi le
mie mani incontrarono un oggetto
strano, duro, che si allungava in
orizzontale su quel ripiano. Mi
ritrassi subito, spaventata. Era di
sicuro un tavolo quello in cui mi ero
imbattuta, un tavolo sul quale era

stato poggiato sopra qualcosa che


avrebbe alimentato i miei incubi;
me lo sentivo.
Indietreggiai e tornai ad
appoggiarmi alla parete. Mi fermai
un istante a riflettere, ma la mia
mente mi sugger solo soluzioni
irrazionali.
Poi sentii la serratura di una
porta aprirsi. Mi parve che il rumore
provenisse dalla parte opposta alla
quale mi trovavo io. Quando la
porta si apr non ne entr della luce
ma solo le fiammelle di un paio di
candele rette da due sagome che
non riuscii a riconoscere.
Ti sei svegliata finalmente!

parl una voce femminile. Quanto


altro tempo volevi dormire e farci
perdere?
Avrei riconosciuto quella voce tra
mille: Eva Costantini. Avanz verso
di me scrutandomi con la candela e
scacciando via un poco dell'oscurit,
come se volesse esaminarmi. Io le
rivolsi due occhi carichi di odio,
pronta a scattare in avanti e
scappare. Si ferm a un paio di
metri da me. L'altra figura rest
vicina alla soglia.
Di lei distinguevo solo la fiamma
della candela.
Finalmente ti abbiamo presa,
Emma Onofri! riprese. Cosa hai

provato quando tua madre ti ha


rivelato la verit?
Rise sguaiatamente. Scattai in
avanti, ma la donna mi afferr per
la gola con un movimento cos lesto
che non feci in tempo a
impedirglielo. Torn seria e avvicin
il viso al mio. Era bella sebbene
avesse perennemente un ghigno
feroce disegnato sulla faccia. Aveva
lo stesso colore degli occhi di
Christian, ma la sua espressione era
ben diversa, lontana da quella
bonaria e affettuosa del figlio. Non
provarci nemmeno per sogno!
sillab con voce sprezzante. Di te
ci serve solo qualche goccia del tuo

sangue; ma non provocarmi o me


ne prender pi del necessario.
Poi cambiando tono di voce che si
fece ancora pi odioso se possibile:
Sgualdrina: hai incantato mio figlio
e ti sei portata dietro anche quella
sciocca di Silvia! Mi sarei dovuta
sbarazzare di loro moltissimo tempo
fa. Ma non mai troppo tardi.
Le sue dita fredde premevano
sulla mia trachea mozzandomi il
respiro. Prima di lasciarmi strinse
un poco pi forte, solo per il gusto
di vedere la mia faccia tingersi di
rosso. Pensai di morire soffocata.
Invece Eva mi lasci, e rise di
nuovo. Io tossicchiai, portandomi le

dita alla gola. Feci dei profondi


respiri, e quasi non controllai il mio
braccio che si alz in aria per
colpire la donna; se si aspettava di
avermi sconfitta si sbagliava di
grosso. Ma Eva di nuovo anticip le
mie mosse e mi schiaffeggi la
faccia con il dorso della mano,
lasciando cos che gli anelli che
portava alle dita mi ferissero la
pelle.
Lanciai un grido di sorpresa e
dolore. La figura ritta sulla soglia
lasci andare una risatina di
scherno.
Invece di ridere, Candce,
perch non vieni qui e le lasci la tua

candela? comand sprezzante


ridivenendo seria.
Candce ubbid, quasi avesse
timore della donna. Si avvicin a
me e lasci la sua candela a terra.
Riuscii a notare che la ragazza
indossava l'abito scuro da Teschio,
ma non la maschera. Mi rivolse due
occhi malevoli e furbi. E non potei
fare a meno di notare il grosso
livido violaceo che le ricopriva tutto
il mento e parte della guancia
sinistra, segno ancora visibile del
pugno che le aveva assestato
Carmine.
Quella ragazza mi faceva
ribrezzo.

Posso incatenarla? chiese in


tono del tutto naturale.
No. rispose Eva senza staccare
gli occhi dal mio viso. bene che
familiarizzi con la sua compagna di
cella!
Mi lanciai attorno delle occhiate
preoccupate quando sentii quelle
parole. La mia compagna di cella?
Avrei giurato di essere sola nella
stanza. Che i Teschi avessero
catturato anche Empira o Silvia,
oppure la vecchia Gilda? O peggio:
che volessero punire mia madre per
avermi
rivelato
ogni
cosa
rinchiudendola l con me? La sua
presenza non avrebbe fatto che

peggiorare le cose tra di noi; non


avrei mai sopportato ora le sue
scuse
o
le
sue
patetiche
giustificazioni per quello che mi
aveva fatto.
davvero un peccato. si
lament Candce. Avrei voluto
divertirmi un po' con lei.
Quella ragazza era davvero folle.
Mi schiarii la gola e chiesi:
Dove mi trovo? Parlai con voce
stridula, bassa, quasi inudibile. La
gola mi lanci una fitta dolorosa.
Immaginai che nessuno l mi
avrebbe servito della menta calda
come aveva fatto la vecchia Gilda la
prima volta che avevo perso la

voce.
Nella tua tomba. rispose
Candce cantilenando.
Eva le lanci uno sguardo con il
quale la rimprover.
Hai fame? mi chiese poi.
Dormi da moltissime ore e non hai
cenato. Ci servi in forze.
No. risposi in un bisbiglio.
Non voglio niente da voi!
Per vuoi Christian, non
vero? strill Candce. Io lo
desideravo e tu me lo hai portato
via! Fece per scagliarsi contro di
me, ma Eva Costantini, con quella
sua stupefacente velocit, la colp
al viso.

Candce strill pi per la


sorpresa che per il dolore. Quindi si
allontan lentamente e scoppi in
un pianto silenzioso.
S, quella ragazza doveva essere
assolutamente pazza.
Ti far portare del cibo e l'abito
che indosserai per la cerimonia, una
graziosa tunica bianca rubata dalla
sacrestia di Don Luigi! riprese Eva
come se nulla fosse accaduto.
Stanotte compiremo il rito.
Candce
continuava
a
singhiozzare come un neonato. Il
suo pianto stava per rendermi
isterica, ma smisi di udire i suoi
singhiozzi quando sentii quelle

parole. Una scossa mi attravers il


corpo, da parte a parte.
Stanotte? ripetei con voce
improvvisamente ritrovata. Ma non
ancora il momento.
Non possiamo pi aspettare.
spieg la donna. Tua madre avr
raccontato a tutti la verit oramai,
e in questo modo ha vanificato il
nostro piano. Tua nonna non credo
che user clemenza con lei quando
finalmente torner in vita. Si
affidata alla persona sbagliata, di
nuovo; se mi concesso dirlo,
l'unico difetto che aveva Marta
Vasselli era quello di riporre la sua
fiducia nelle persone sbagliate. Non

mai stata brava a capire la gente,


soprattutto i Tiepolesi. Si illudeva
che tua madre ritornasse qui e
riprendesse da dove lei aveva
lasciato. La sua discendente.
Quanto avrei voluto essere io!
La guardai con rabbia mista a
commiserazione. Il ventre di quella
donna non poteva aver dato alla
luce un ragazzo premuroso e
gentile come sapeva esserlo solo
Christian. Anche lui aveva avuto i
suoi attacchi di brutalit (sebbene
mi
sforzassi,
non
potevo
dimenticare che aveva tentato di
uccidermi), ma questo accadeva
quando la maledizione lo possedeva

completamente o in parte.
Eva Costantini al contrario era in
s quando mi rivolgeva quelle
minacce. Desiderava essere come
mia nonna, forse essere addirittura
mia nonna, quello che era stata. La
strega di Tiepole, potente e
temuta, il cui solo nome o ricordo
destava paura. Quello fu un ottimo
argomento per controbattere: Lei
non sar mai come mia nonna! la
provocai. E se anche stanotte
riuscirete a farla risorgere, non la
vorr mai al suo fianco. Marta
Vasselli me che ha maledetto;
me che ha scelto di far diventare
una Strige!

Quelle parole ebbero l'effetto


desiderato perch Eva Costantini si
oscur in volto e pest un piede a
terra. Poi (e anche questo avrei
dovuto aspettarmelo) mi colp di
nuovo
sul
viso,
facendomi
sbilanciare e cadere di lato. Ma non
m'importava: le avevo appena
ricordato che nonostante tutto lei
non era nulla, e che tutta la sua
alterigia era ingiustificata. Non
sarebbe mai stata potente come
desiderava, tutto ci che sarebbe
stata in grado di fare era picchiare
una ragazza indifesa in una stanza
buia.
Stai attenta a come parli!

sibil. E mi parve di notare nel suo


tono di voce quella che mi sembr
una nota di preoccupazione; o forse
l'avevo solo immaginata. Quindi mi
diede le spalle, e ordin a una
Candce ancora singhiozzante di
lasciare la stanza.
Avr molto a cui pensare una
volta che sar sola! concluse
prima di avviarsi verso l'uscita e
richiudere la porta alle sue spalle.
Se solo mi fossi messa a correre
nella loro direzione quando erano
ancora sulla soglia forse, con la
forza della disperazione, le avrei
costrette a farsi da parte e sarei
riuscita a scappare. Ma non sarebbe

passato neppure un attimo che i


Teschi mi sarebbero stati addosso.
Restai dunque inerme a sentire
la serratura richiudersi, seguita
dallo scatto di un lucchetto. Ero di
nuovo in trappola. Mi avviai solo
allora lentamente verso la porta e
iniziai a batterla con i pugni. Era un
vecchio uscio di legno, e per questo
mi illusi di poterlo abbattere.
Ordinai gridando di farmi uscire, ma
l'unica cosa che ottenni fu di
perdere di nuovo la voce. Picchiai la
porta
ancora
e
ancora,
ripetutamente.
Ma alla fine, esausta, mi
rassegnai. Da l non sarei mai

uscita. Feci dei profondi respiri,


impedendo a me stessa di
piangere. Non sarebbe servito a
nulla
abbandonarsi
alla
disperazione. Mi staccai dalla porta
e recuperai la candela che mi
avevano lasciata. Ripensai alla mia
compagna di cella e mi chiesi
quando sarebbe arrivata. Non
potevo lontanamente immaginare a
chi si stessero riferendo. Che
parlassero davvero di mia madre?
Non tolleravo neppure l'idea di
vederla, figuriamoci di passarci del
tempo in una cella di pietra
semibuia. Cercai di non pensare
troppo a lei, a quello che mi aveva

rivelato. Era lei la famigerata


discendente, quella che tutti
temevano e che tutti cercavano.
Non potevo credere che fosse
riuscita a fingere cos bene e a
ingannarci.
Ingannare
me;
ingannare mio padre. Come aveva
potuto farci una cosa simile, tenerci
nascosto
un
segreto
tanto
devastante? Aveva lasciato che i
Tiepolesi mi accusassero, che i
Teschi tentassero di rapirmi pi di
una volta. Si era dichiarata vittima
di
una
profezia,
vittima
perseguitata dal fantasma di mia
nonna che le tornava in sogno
sussurrandole chiss quali verit su

di me che dovevo ancora scoprire.


Eva Costantini aveva detto che del
mio sangue serviva solo qualche
goccia.
Dunque mia madre sapeva che
in fin dei conti la mia vita non
sarebbe stata in pericolo, e forse
nella sua mente oramai confusa
qualcosa l'aveva convinta che io
avrei
provato
a
capirla
e
perdonarla. Qualche stilla del mio
sangue e mia nonna sarebbe
tornata in vita. Io sarei diventata
una Strige, mentre mia madre
guidata dallo spirito di Marta
Vasselli avrebbe intrapreso una
sorta di contesa contro Acriterra.

Essendo io una dei maledetti, avrei


fatto parte del loro personale
esercito.
S, adesso tornava tutto. La
soluzione era pi semplice di
quanto mi aspettavo. Ma era allo
stesso tempo terrificante.
Mia madre mi aveva mentito su
troppe, troppe cose. Mi sfior poi il
terribile dubbio che mi avesse
rivelato la verit per costringermi a
uscire fuori dalla chiesa, e farmi
sorprendere
completamente
confusa e inerme dalla Bestia.
Scossi la testa rifiutando quel nuovo
tradimento. Dovevo smetterla di
pensare, o sarei impazzita. Con la

candela, il cui moccolo era stato


infisso all'interno di un bicchiere di
vetro, iniziai a esplorare la mia
cella. In quel modo mi sarei per lo
meno tenuta occupata. Notai che la
porta
aveva
uno
spioncino
rettangolare, ma non trovai il
coraggio di guardare fuori. Le pareti
della stanza quadrata erano di
pietra levigata, ma troppo liscia e
rifinita; non mi trovavo in una
insenatura di montagna, come
avevo pensato all'inizio.
Delle lunghe fitte e articolate
ragnatele scendevano dal soffitto.
La stanza era completamente
spoglia di ogni mobilio, ma quando

voltai la fiamma della candela verso


la parete dirimpetto alla porta,
notai il ripiano di un tavolo. Era
contro quello che qualche attimo
prima
avevo
inciampato.
Mi
avvicinai per scoprire cosa vi fosse
sopra; sapevo che non era
sgombro, solo poco prima avevo
sfiorato con le dita un oggetto. Ero
certa che i Teschi l avevano
lasciato qualcosa per me. Sollevai
in alto la candela, e feci qualche
passo in avanti. Un altro e poi un
altro ancora. Quando misi a fuoco
ci che avevo davanti agli occhi mi
arrestai di colpo, raggelandomi.
Non trattenni un grido che

riecheggi
nella
stanza,
rimbalzando da una parete all'altra
come fosse una pallina da ping
pong. La voce sembrava che avesse
aspettato proprio quel momento
per tornarmi.
Davanti a me, sul quel tavolo di
legno, giaceva la sagoma di uno
scheletro. Le ossa rilucevano alla
luce della fiamma della candela.
Non mossi un muscolo, n mi
soffermai a osservare ogni singolo
particolare. L'unica cosa che notai
fu l'assenza delle ossa dei piedi ed
erano quelle ossa mutilate che
dovevo aver toccato prima quando
avevo allungato la mano al buio.

Ossa dei piedi mutilate. Inorridii al


solo pensiero e mi venne la nausea.
La mano che reggeva il bicchiere di
vetro e la candela inizi a tremarmi,
e la luce tremol a sua volta
disegnando bizzarre forme sullo
scheletro e sulla parete. Non c'era
bisogno che qualcuno mi dicesse a
chi fossero appartenute quelle ossa.
Ora i conti tornavano tutti. La mia
compagna di cella: Marta Vasselli,
mia nonna. Mi avevano rinchiuso l
dentro con mia nonna. Feci cadere
la candela che si spense, mentre il
bicchiere si spacc in due pezzi.
Corsi di nuovo alla porta confidando
nella scarsa memoria del posto e la

tempestai di colpi e pugni,


implorando chiunque fosse l fuori
di farmi uscire. Non volevo restare
un istante di pi l dentro.
Scoppiai a piangere, e gridai
tutta la mia disperazione. Poi,
esaurite tutte le lacrime e di nuovo
la voce, mi lasciai cadere a terra.
Serrai gli occhi e mi raggomitolai
accanto alla parete. Affondai il viso
tra le ginocchia che strinsi con
forza. Sentivo le orbite vuote della
strega puntate addosso, che mi
fissavano imperiose. E dunque io e
mia nonna ci ritrovavamo di nuovo
faccia a faccia, non per mezzo del
suo spirito questa volta ma

attraverso le ossa trafugate dalla


sua tomba.

Le parole giuste di una strega


Emma! Una voce mi chiam, e
io urlai di nuovo. Sollevai di scatto
la testa ma la sola cosa che vidi fu
l'oscurit. La voce fece ancora il mio
nome, e senza accorgermene
sussurrai il nome di Simo. Lei, la
stessa ragazza dai lunghi capelli
biondi e il vestito rosa che le
lasciava scoperte le spalle, si
materializz davanti a me. Un
fascio di luce l'avvolgeva, proprio
come
l'icona
di
un'immagine
celestiale.
Emma,
tranquilla.
Ti
troveranno! mi
disse
senza

muovere le labbra che si aprirono in


un sorriso.
Capii che la sua voce era nella
mia testa, e che lei poteva
comunicare con me attraverso una
sorta di telepatia.
Simo, ho paura. balbettai
singhiozzando.
Lei continuava a sorridermi. Poi
la vidi voltarsi verso lo scheletro di
mia nonna, la donna che l'aveva
maledetta condannandola a quell'
esistenza. Torn a guardare me.
Le hanno messo accanto il suo
diario! parl. Prendilo! E ricordati
di distruggere il medaglione!
Io la fissai con aria interrogativa

e spaesata. Non mi mossi da dove


ero. Simo mi incoraggi a seguire i
suoi consigli con un cenno della
mano. Dubitavo ancora di lei;
l'esperienza mi metteva in guardia
consigliandomi di non fidarmi di
nessuno. Il fantasma dovette
percepire la mia inquietudine. Mi
fiss, ma senza smettere di
sorridermi. Non sembrava delusa o
adirata. Quindi schiocc le dita in
aria e dopo appena un istante il
diario
di
mia
nonna
vol
letteralmente
al
mio
fianco.
Sobbalzai, basita.
Leggilo! sugger. Hai
aspettato abbastanza!

Fissai quella copertina senza


muovermi. Simo aveva ragione:
avevo
tergiversato
troppo,
rimandando pi volte la lettura di
un testo che forse sarebbe stato
d'aiuto per me. Poteva esserci
scritto addirittura il nome della
discendente,
la
profezia
che
riguardava mia madre.
Mi accorsi solo allora di aver
lasciato alla paura il diritto di
guidarmi, che fino a quel momento
ero stata impegnata a pormi troppe
domande, a voler conoscere a tutti i
costi la verit quando avevo le
parole e le testimonianze di mia
nonna tra le mani; ero stata tanto

sciocca quanto incauta. Illuminata


dal bagliore che emanava il
fantasma, afferrai ancora titubante
il diario e lo aprii nel mezzo,
scegliendo una pagina a caso.
Iniziai a leggere la descrizione di
una sorta di incantesimo che si
intitolava: Come ritrovare le cose
perdute. Ma prima che potessi
arrivare alla seconda frase, le
pagine del diario si sfogliarono da
sole, per fermarsi quasi alla fine. In
alto, a lettere cubitali, c'erano
scritte le seguenti parole: Se sia
possibile far resuscitare i morti.
Capii subito dove Simo voleva
farmi arrivare. Mi decisi a leggere a

voce alta e roca: In molti si


chiedono se sia possibile far tornare
indietro
le
persone
defunte.
Basandomi
sul
concetto
che
descrive la ciclicit della vita, posso
assicurare che ci possibile.
Altrimenti
non
avremmo
spiegazione d'esistere. Il solo mio
ricordo non mi basta; la mia
discendente (e a quella parola feci
una brevissima pausa e mi morsi il
labbro
inferiore)
provveder
affinch io ritorni a vivere. I
Tiepolesi mi uccideranno. L'ho letto
in un sogno. Ma loro di certo non
sanno che avranno bisogno di me,
ancora.
Lascio
delle
precise

istruzioni su come farmi ritornare


dal a morte e affrontare quella che
sar ricordata come la pi terribile
battaglia di Tiepole. Gli abitanti di
Acriterra,
attraverso
la
loro
personale crociata, verranno per
perseguitarci. C' rimasta della
magia nella loro terra, Tiepolo
Costantini difatti inizi da l. La
useranno contro di noi per piegarci.
Far in modo che la mia
discendente possa resuscitarmi
affinch io torni a lottare al vostro
fianco. E le vittime delle mie
maledizioni si accorgeranno in
realt di essere state benedette da
me. E tutti i peccati da me

commessi in vita verranno riscattati


dopo la mia morte, quando
risorger.
Le pagine si girarono ancora da
sole, come se Simo le stesse
sfogliando con la forza del pensiero.
Arriv all'ultimo foglio datato 10
luglio 1988, esattamente una
settimana prima che mia nonna
venisse assassinata dai Tiepolesi.
Quando lessi le prime due parole
sobbalzai e sollevai gli occhi nella
direzione dove sapevo ci fosse lo
scheletro di mia nonna. Quindi mi
feci forza e tornai a leggere: Cara
Emma, di certo tuo nonno non ti
avr consegnato la lettera che gli

avevo chiesto di darti.


Lui mi odia come tutti gli altri,
ma per un motivo che neppure
conosce. Voglio che tu sappia che
ho sempre agito nell'interesse
collettivo pensando prima di ogni
cosa al a mia terra, a Tiepole,
esattamente come fece il suo
fondatore. Se ho maledetto, se ho
spergiurato
e
diffuso
tanta
malvagit era per proteggere il mio
paese da chi voleva che l'antica
magia fosse dimenticata e sepolta.
So di aver seguito delle strade
pericolose e oscure, di aver sfiorato
il Male Assoluto. Ma sappi che l'ho
fatto per il bene di tutti. Perdona la

mia maledizione, ma era l'unico


modo per proteggerti. Ora almeno
saprai difenderti e difendere la tua
terra. La discendente avr il
compito di riportarmi in vita;
baster solo poco del suo e del tuo
sangue maledetto. Torneranno
tempi bui a Tiepole. Vorrei esserti
vicina quando questo accadr. Tra
qualche
giorno
verranno
a
prendermi. Non avercela con loro: i
Tiepolesi purtroppo sono un popolo
di lavativi e fatalisti. Con quelle
parole, le stesse che ricordavo aver
sentite pronunciare dalla vecchia
Gilda, si concludeva il diario di mia
nonna. Lo richiusi con un tonfo. In

sostanza cercava di convincermi che


non era stata la strega cattiva che
tutti dipingevano, e giustificava il
male fatto opponendogli una giusta
causa: salvaguardare Tiepole e
l'antica magia del luogo. Ero
disorientata, totalmente. Avevo
provato sulla mia stessa pelle che i
Tiepolesi, fatte alcune pochissime
eccezioni, erano una popolazione
scostante fredda ed egoista.
Quando ero uscita urlando dalla
chiesa, o ancora prima quando
scappavo da un Valerio fuori
controllo, nessuno si era mai
affacciato anche solo alla finestra
per vedere cosa mi stesse

accadendo. E c'era da scommettere


che non si aiutavano nemmeno tra
di loro, troppo impegnati come
erano a fare i conti con le loro
paure e superstizioni. Possibile
dunque che le intenzioni di mia
nonna fossero state fraintese da
tutti? Cercava di salvare il suo
paese, ma da cosa? Dagli abitanti
di Acriterra, o anche e soprattutto
dai Tiepolesi stessi? Guardai Simo
implorandola di fare luce sull'intera
faccenda, o la confusione che avevo
in testa mi avrebbe fatta uscir fuori
di senno.
Emma. cominci sorridendo.
Ma si fece all'improvviso seria.

Scostati da l. Stanno
arrivando!
Scomparve e torn ad
avvolgermi il buio. Sentii il diario
abbandonare le mani. Lo immaginai
mentre volteggiava in aria e si
andava a riporre accanto al corpo di
mia nonna. Mi alzai di corsa, giusto
in tempo per non essere travolta
dalla porta che si spalanc di colpo,
dopo
che
qualcuno
aveva
armeggiato chiassosamente con la
serratura. Entrarono due figure
armate di torce questa volta. La
luce di una delle due mi colp in viso
e fui costretta a socchiudere gli
occhi, abbassando la testa. Mi

accec per qualche istante. Non


riuscii per questo a evitare di essere
afferrata da uno dei due visitatori,
che mi spinse contro la parete e mi
inchiod l. Gemetti per la sorpresa
e il dolore. Riaprii lentamente gli
occhi ma fui costretta a richiuderli
perch di nuovo il fascio di luce
della torcia mi fu puntato in faccia.
Il tuo ragazzo ci sta mettendo
troppo a trovarti! Inizio a perdere la
pazienza! sibil una voce maschile
e giovanile.
L'altra persona che era entrata
disse: Giulio, lasciala stare!
Trattenni il fiato e non sapevo se
essere pi spaventata per il fatto

che la Bestia si trovava proprio di


fronte a me, a pochi centimetri dal
mio viso o piuttosto perch avevo
riconosciuto perfettamente la voce
che aveva pronunciato quelle ultime
parole.
Sindaco. lei? domandai,
certa comunque della risposta.
Il sindaco Vincenzo De Paolis
non mi rispose ma comand di
nuovo a Giulio di lasciarmi andare.
Il ragazzo, ringhiando come un cane
rabbioso, ubbid. Io mi appiattii alla
parete. A quel punto pensai che
tutti l a Tiepole mi avessero
ingannata fin da principio. Senza
volerlo iniziai a dubitare anche di

Carmine, della vecchia Gilda; e


peggio ancora, di Christian.
Perch sussurrai.
Suvvia, Emma! mi riprese il
sindaco. Non metterti a frignare
proprio adesso! Se tu avessi
accettato il mio invito a venire in
archivio, ora non ci ritroveremmo a
questo
punto!
Ti
avremmo
catturata gi da diversi giorni, e
questa dannata storia sarebbe
finita! Ma tu non hai accolto la mia
gentile richiesta, e adesso se ti
ritrovi in questa situazione la colpa
solamente tua!
Non potevo credere a ci che
sentivo: mi accusavano di quello

che accadeva, come se avessi


chiesto io di essere rapita e
rinchiusa in un sotterraneo. L'invito
ad andare in archivio? L'avevo
completamente
rimosso
dalla
memoria.
Ti abbiamo portato da
mangiare! riprese poi il sindaco
abbassandosi sulle ginocchia per
posare a terra una bustina di
nylon.
Mangia per favore, devi tenerti
in forze!
S, mangia se non vuoi essere
mangiata! aggiunse Giulio Basile
in tono sarcastico che tuttavia non
fece sorridere nessuno.

Emise di nuovo un lamento


gutturale, che mi fece rizzare i peli
sulla nuca. Era incredibile, eppure
incuteva timore anche quando non
si trasformava. Il sindaco lo sgrid
di nuovo. Il ragazzo lasci andare
una risata, e inizi a giocherellare
con la luce della torcia che mi
puntava ora sul viso, ora a terra,
oppure le faceva compiere giravolte
in aria per poi accecarmi di nuovo
gli occhi. E per la prima volta da
quando ero a Tiepole, desiderai che
la maledizione che avevo sopita
dentro di me da qualche parte mi
facesse esplodere. Se mi fossi
trasformata
anch'io,
avremmo

giocato (quasi) ad armi pari e sarei


stata in grado di difendermi.
Ripensai allora alle parole di mia
donna.
E da quel pensiero, ne nacque
una domanda: Perch volete far
resuscitare Marta Vasselli quando
sapete benissimo che lei vi
distrugger?
Non sopportava l'inerzia di voi
Tiepolesi, lo sapevate questo?
Il sindaco lasci trascorrere
qualche
istante
prima
di
rispondere.
Nonostante il buio, riuscivo a
immaginare la sua espressione
sorpresa. Giulio proseguiva con il

suo
stupidissimo
passatempo,
disegnando sulla parete alle mie
spalle bizzarri ghirigori con la luce
della torcia.
Noi siamo i suoi seguaci! disse
alla fine il sindaco. Lei ci
ringrazier!
Eravate tutti cos impegnati a
temerla, che non avete capito il
vero motivo per cui ha fatto tutte
quelle cose quando era in vita!
sbottai io cercando volutamente di
provocarlo.
Ma che stai dicendo?
Il sindaco fece un passo verso di
me. Abbass un poco la luce a
terra.

Sto dicendo che mia nonna vi


distrugger quando scoprir quello
che volete fare! ripetei senza
sapere dove volessi andare a
parare.
Forse non era stata una buona
idea quella di insinuare loro dei
dubbi.
Qual lo scopo dei Teschi?
Impossessarsi dell'antica magia?
domandai con voce tremante ma
incapace allo stesso tempo di stare
zitta, cercando di farmi un tutt'uno
con la parete. Lei aveva obiettivi
diversi. E fece bene a punire voi
Tiepolesi, popolo di lavativi e
fatalisti!

Giulio tent di accecarmi ancora


con la sua torcia per poi proseguire
nel suo bizzarro gioco di luce. Il
sindaco anzich rispondermi gli
url: La vuoi smettere, figlio di un
cane, con quella stupida torcia?
Giulio gli rispose con un ruggito,
e spense il lume. Riuscii a captare
un movimento per poi sentire la
voce del sindaco gridare di nuovo,
ma per il dolore questa volta. Giulio
doveva averlo colpito. Sobbalzai e
ricacciai indietro un urlo per non
attirare l'attenzione della Bestia.
Iniziai a tremare, convinta che si
sarebbe avventato anche su di me.
Brava, continua a tremare

cos! parl Giulio con voce che


poco aveva di umano. Il fetore
della paura attirer qui il tuo
ragazzo, e finalmente potr farlo a
pezzi!
Il pensiero di Christian che
lottava di nuovo con quell'essere mi
allarm pi di qualsiasi altra cosa.
Non riuscii a fare meno di
chiedergli: Perch ce l'hai tanto
con lui?
Giulio riaccese la torcia,
puntandomela di nuovo negli occhi
che mi affrettai a socchiudere. Lo
sentii avvicinarsi. Trattenni il
respiro, pronta a incassare colpi.
Non c' motivo. rispose. Lo

odio e basta. Se ci dovesse essere


una spiegazione logica per ogni
cosa che facciamo, non ci sarebbe
pi divertimento. Non credi?
Non risposi. Lui mi pos una
mano sulla spalla sinistra. M'irrigidii
e trasalii sotto il suo tocco. Sentii
poi qualcosa di appuntito che
premeva contro la mia pelle: una
delle sue unghie da mostro. Urlai di
dolore quando mi lacer la
maglietta e sotto di questa la pelle,
procurandomi un taglio che speravo
non fosse tanto profondo. Piansi in
silenzio, mordendomi il labbro
inferiore; non volevo mostrarmi pi
terrorizzata di quanto non apparissi

gi. Quindi la Bestia si allontan da


me.
Vedi? Non c' motivo per quello
che ti ho fatto adesso. spieg.
E per questo stato pi
divertente! Scoppi a ridere. Il
sindaco, con voce roca che
rasentava quasi la gentilezza, invit
Giulio a lasciare la prigione e a
raggiungere gli altri. Lui giocherell
ancora un po' con la luce della
torcia che spegneva e accendeva
sulla mia faccia. Poi ubbid, e fu il
primo a lasciare la stanza buia
voltandosi senza aggiungere o fare
altro. Il sindaco mi rinnov l'invito a
mangiare ci che mi aveva portato,

e lo segu. Sulla porta lasci a terra


la sua torcia, accorgendosi che io
fossi totalmente al buio. Quindi usc
e sentii lo scatto della serratura.
Alla scarsa luce della torcia
lasciatami, individuai la busta di
nylon che conteneva il panino e
l'afferrai. Con tutte le forze che
avevo la scagliai contro la porta,
gridando con quel poco di voce che
mi restava che non avrei accettato
neppure una misera mollica da loro.
Mi aspettai che Giulio tornasse
dentro a procurarmi qualche altra
ferita, forse pi profonda questa
volta; invece nessuno rispose alla
mia
provocazione.
Cercai
di

dominarmi. Feci dei profondi respiri


e recuperai la torcia. Senza pensare
a ci che facevo mi diressi verso lo
scheletro di mia nonna. Esaminai le
sue ossa: attorno al suo collo era
stato appeso il medaglione, che si
era impigliato tra le costole. Con un
gesto che richiese molti sforzi, lo
afferrai. Lo fissai illuminandolo con
la luce della torcia; poi lo aprii. Da
subito la
dolce
melodia
di
Greensleeves invase la cella,
moltiplicata dall'acustica del luogo.
Sentii un fruscio alle mie spalle, al
quale questa volta non trasalii. Ero
pronta ad affrontare qualsiasi
spirito. Mi voltai e anzich trovarmi

davanti la figura di mia nonna,


come mi auguravo inconsciamente,
mi ritrovai la faccia di una
giovinetta a pochi centimetri dal
naso. La riconobbi subito: era
Concetta, la ragazza che mia nonna
aveva abbandonato nelle Colline
Brade.
Marta! Sei tornata a
prendermi? mi chiese fissandomi
negli occhi. La sua pelle era livida e
lo sguardo come perso nel vuoto.
Perch siamo andate in quelle
colline? domandai.
Lo spirito, il fantasma, o
qualsiasi cosa fosse mi guard con
aria interrogativa. Pieg la testa da

una parte.
Ma come non ti ricordi?
Stavamo inseguendo Flavia Buzzi,
quella stupida che mi aveva
derubata della borsa! La volevo
uccidere. Il viso di Concetta si
trasform come era accaduto in
camera mia: gli occhi le si
ingrossarono, la bocca le si allarg
in un sorriso diabolico e gli zigomi si
sollevarono cos in alto da sfiorare
le tempie. Trasalii, ma mi sforzai di
non abbassare lo sguardo.
La volevo ammazzare! Tutti i
miei risparmi c'erano in quella
borsa! grid a voce alta, irata.
L'ho spinta fino alle Colline e

l'avrei lasciata l a morire in un


dirupo! Tu mi seguisti quando ti
rivelai le mie intenzioni!
Deglutii a fatica di fronte a
quella nuova verit.
Dunque mia nonna voleva
fermarti. Sapeva che tu saresti
stata un pericolo per Tiepole.
sussurrai parlando pi a me stessa
che allorrenda visione. E cos
stato per gli altri membri della tua
famiglia. E forse avrebbe spinto alla
morte anche tua sorella Ines.
Lo spirito, privato di ogni
sentimento e guidato solo dalla sua
vendetta e furia, non afferr il
senso delle mie parole. Era

probabile che non ricordasse


neppure di avere una sorella
maggiore di nome Ines Brambilla.
Che anche lei c'entrasse qualcosa
con i Teschi?
Immagino che a lei debba
pensarci io. dissi ancora.
Quindi mi voltai quel poco che
bastava
per
richiudere
il
medaglione. La musica cess e la
visione svan. Guardai il teschio di
mia nonna. Ora la storia di Concetta
mi era pi chiara: mia nonna aveva
scelto di abbandonare la sua amica
alla morte (il fatto che fossero
davvero amiche a questo punto era
del tutto da verificarsi) perch la

riteneva pericolosa per Tiepole? Da


come aveva scritto nel diario non le
importava altro se non difendere il
suo paese e l'antica magia che
possedeva. E se fino ad allora mi
fosse stata raccontata una versione
sbagliata della storia? Se mia nonna
fosse stata il Bene, e i Tiepolesi il
Male? In fondo l'avevano trascinata
fuori di casa e uccisa barbaramente.
Chi aveva torto e chi ragione in
tutto questo? I Teschi volevano
riportare in vita mia nonna affinch
insegnasse loro gli antichi misteri di
quella
terra,
misteri
che
evidentemente solo lei aveva
scoperto e che a quanto pareva si

era portata nella tomba. E se


avessero resuscitato una persona
che si fosse rifiutata di ubbidire
loro, che cosa sarebbe successo?
Tutti conoscevano Marta Vasselli
come una strega, una fattucchiera
che lanciava maledizioni e parlava
con i defunti. Ma poi? Che cos'altro
si sapeva di lei? Come era arrivata
a fare tutto quello che aveva fatto?
Da chi aveva appreso l'antica
magia? Perch doveva difenderla a
tutti i costi? Mi aveva maledetto per
proteggermi, cos aveva scritto sul
suo diario. Ma proteggermi da
cosa?
Un rumore mi strapp da tutti

quei
rompicapi,
facendomi
sobbalzare. Lasciai ricadere il
medaglione che si impigli tra due
costole.
Guardai la porta, temendo che la
Bestia fosse tornata a torturarmi.
Sentii ancora un rumore, come
un tonfo sordo. Poi qualcosa o
qualcuno inizi a battere la porta,
colpendola duramente, con il chiaro
intento di scardinarla. Urlai e mi
appiattii contro la parete opposta. I
colpi durarono ancora qualche
istante, poi la porta cedette sotto
quella violenza e cadde a terra, in
un tonfo che mi perfor i timpani.
E questa volta forse era davvero

giunta la fine.

Libera di accettare il destino


La Fine. L'avevo aspettata tanto,
l'avevo quasi augurata a me stessa
nei giorni addietro. Ora invece che
le cose apparivano pi chiaramente,
non volevo andarmene. Volevo
continuare a vivere e scoprire la
conclusione di quella storia assurda.
Feci cadere la torcia e chiusi gli
occhi trattenendo il fiato. Sentii dei
passi farmisi vicini, veloci e pesanti.
Due mani mi afferrarono per le
braccia e mi scossero.
Emma, non immagini che puzza
orribile emana la tua paura!
L'ho fiutata da chilometri! Presto,

andiamocene da qui!
Avrei riconosciuto quella voce tra
milioni. Riaprii gli occhi: il viso di
Valerio, pallido e scarno, era
proprio di fronte al mio. Gli gettai le
braccia al collo, scoppiando in un
pianto liberatorio.
S, anche io sono felice di
rivederti, ma adesso usciamo di
qui! mi disse lui. Credo che la
mia entrata in scena non passer
inosservata!
Annuii e mi staccai da lui. La sua
presenza bast a far svanire tutte le
mie paure. Mi prese per mano e
corremmo verso l'uscita. Lanciai
un'ultima occhiata alle ossa di mia

nonna e chiesi a Valerio di fermarci


un istante. Lui ubbid, seppure
contrariato. Si ferm sulla soglia a
controllare che nessuno ancora
fosse corso a vedere cos'era
successo. Io recuperai sia il diario
che il medaglione, togliendolo dalla
catenina che non osai staccare per
paura di spezzare le vertebre del
collo di mia nonna. Me lo infilai in
tasca. Era la mia eredit, e per
questo mi apparteneva di diritto.
Dopo aver lanciato un'ultima breve
occhiata al teschio di Marta Vasselli
tornai da Valerio, con il diario
stretto sotto il braccio. Corremmo
fuori dalla cella, ritrovandoci in un

corridoio buio. Mi lasciai trascinare


da Valerio i cui occhi lo guidavano
attraverso l'oscurit. Mi disse di
stare attenta a un paio di scalini. Mi
appoggiai a lui per non cadere e ci
ritrovammo di fronte a un cancello
semiaperto.
Lo
varcammo
e
finalmente tornai a respirare aria
nuova, l'aria della notte. Mi guardai
attorno e capii subito di essermi
sbagliata: i Teschi non mi avevano
portato in qualche insenatura di
montagna come avevo pensato
all'inizio. Eravamo nel cimitero di
Tiepole, circondati da tombe e
lapidi. Trasalii.
Vieni! mi comand Valerio.

Corremmo gi per una discesa. I


lumini
accesi
delle
tombe
sembravano fissarmi come tanti
occhi. Eravamo giunti a una cripta
bassa e chiusa da un cancello scuro,
quando fummo accerchiati da un
manipolo di figure informi e
biancastre. Tutto inutile: la mia
fuga era stata gi scoperta. Valerio
si arrest e io trattenni un grido.
Avevo di fronte a me degli spiriti,
ma differenti da quelli incontrati
fino a quel momento. Non avevano
sembianze umane, e apparivano ai
miei occhi come un ammasso di
nubi informi, come campi di nebbia.
Non impiegai molto a capire che

quelle potevano essere le anime dei


morti maledette da mia nonna.
Strinsi la mano di Valerio e mi
accostai di pi a lui. Lo sentii
irrigidirsi; un rantolo gli sal su per
la gola, mentre mi parve che le
ossa del suo corpo si stessero
gonfiando. Sfiorai il medaglione:
era ben chiuso nella mia tasca
dunque questa volta se si stava
trasformando non era certo per
causa del suo suono. Lui mi lasci
andare la mano. Stavo per
chiedergli
scioccamente
come
stava, quando la nube formata dagli
spiriti si spalanc in due parti
aprendosi come il tendone di un

teatro: tre Teschi si fecero avanti,


armati di spranghe di ferro. Valerio
lasci andare un suono, una sorta di
ringhio soffocato. Si piazz davanti
a me impedendomi di vedere ci
che accadeva.
Scappa! mi disse con voce
profonda e cavernosa.
Non me lo feci ripetere e mentre
lui si scagliava contro i tre Teschi,
io mi voltai e corsi dalla parte
opposta ma fui costretta ad
arrestarmi subito: da quella parte la
cortina di Spiriti non si era
diradata.
Si mossero con piedi invisibili,
stringendosi attorno a me. Chiamai

Valerio a voce bassa, convinta che


tra poco sarei rimasta senza fiato.
Mi parve di essere risucchiata da
un
vortice
di
nebbia.
Poi,
all'improvviso, gli Spiriti vennero
subito respinti da una luce
splendente
poich
Simo
era
apparsa al mio fianco. La cortina di
anime dannate indietreggi e si
dirad.
Li trattengo io! la voce di Simo
mi riecheggi nella testa.
Sentivo urla alle mie spalle;
Valerio stava ancora combattendo
contro i tre Teschi. Ma non mi voltai
a
vedere
che
cosa
stesse
succedendo: corsi pi veloce che

potevo, senza sapere in realt dove


stessi andando, lasciandomi le
battaglie alle spalle. Strinsi il diario
a me per non perderlo. Zigzagai tra
le tombe, perch in quel punto la
discesa si restringeva; e non
impiegai molto a capire che
proseguendo in quella direzione mi
sarei ritrovata in un vicolo cieco. Mi
arrestai di fronte a una cripta
enorme che ricopr per intero tutta
la mia visuale: il capolinea. Dovevo
tornare indietro. Ripresi fiato ed
ebbi cos il tempo sufficiente per
leggere i nomi incisi sulla lastra
marmorea della cripta: Virginia
Vasselli e Guido Costantini. I due

amanti di Tiepole, quelli che si


erano uccisi per porre fine alla
guerra tra le due famiglie. Mi
soffermai troppo a lungo a rimirare
la loro tomba, che era custodita ai
lati dalle statue di due cherubini le
cui ali erano state spezzate. Non vi
era alcun fiore ad adornarla
all'interno, solo un vaso vuoto posto
dinanzi alla porta della cripta ben
chiusa.
Emma Onofri! mi chiam una
voce alle mie spalle.
Mi voltai e vidi Eva Costantini di
fronte a me con tutta la sua
alterigia e l'aria di superiorit.
Credevi di poter fuggire?

Si avvicin lentamente. Brandiva


anche lei una spranga di ferro. Il
mio cuore manc di un battito ma il
mio cervello reag in un secondo;
senza rendermi conto di quello che
stavo per fare, mi voltai verso la
tomba degli amanti di Tiepole,
afferrai il vaso vuoto e con una
mossa lesta lo lanciai contro la
donna che grid per la sorpresa. Il
vaso la colp in pieno petto e la fece
sbilanciare e cadere a terra.
Esultante per quanto avevo
appena fatto, ma senza perdere
altro tempo, ripresi a correre pi
veloce che potevo saltando con un
agile balzo il corpo della donna

ancora steso a terra.


Volevo tornare l dove avevo
lasciato Valerio e Simo, ma non
seppi orientarmi nel buio della
notte. Mi ero persa tra le tombe.
Con il terrore di essere raggiunta da
Eva Costantini, imboccai una
stradina a caso e svoltai a destra.
Mi ritrovai a scendere una strada
mai percorsa, asfaltata. Potevo
vedere da lontano, ancora piccolo
come il mio mignolo, il cancello
d'uscita. Corsi a perdifiato, fino a
che non inciampai e caddi
rotolando.
Lasciai
andare
scioccamente il diario e continuai a
girare su me stessa, fino a che non

andai a sbattere contro il tronco di


un cipresso che delimitava la
strada. Sentii un dolore lanciante al
fianco, ma mi rialzai quasi subito
per tornare a recuperare il diario.
Quando mi rialzai in piedi la figura
della Bestia mi sovrastava. Gridai.
L'animale mi colp il viso e mi fece
ricadere a terra.
Gridai di nuovo e feci per
strisciare a terra e sgattaiolare via,
ma la Bestia mi afferr per il collo e
come se fossi una comune bambola
di pezza mi sollev in alto e mi
gett da un lato. Caddi addosso a
una tomba, con il diario ancora
stretto tra le braccia. Per il dolore

provocatomi
da
quel
brusco
atterraggio, sentii a mala pena il
rombo di una moto che si
avvicinava. Il centauro che la
guidava tent di investire la Bestia
che si lev da una parte con un
agile balzo. Christian salt a sua
volta, lasciando che la sua moto
andasse a sbattere contro il tronco
di un altro albero. Quando riatterr,
lo vidi trasformarsi: gli artigli gli
spuntarono al posto delle unghie, i
peli gli ricoprirono ben presto parte
del viso e del corpo, i muscoli gli si
ingrossarono fino quasi a scoppiare,
i vestiti vennero ridotti a brandelli.
Rugg, e prima che avesse il tempo

di voltarsi a guardarmi per vedere


come stessi, la Bestia lo attacc.
Iniziarono a mordersi, a volteggiare
su se stessi a sbraitare e a
graffiarsi.
Io
mi
risollevai
faticosamente in piedi, piangendo.
Christian ebbe la meglio all'inizio,
ma la Bestia gli assest un colpo
alla testa che lo fece cadere riverso
a terra. Gridai. Christian sembr che
mi avesse lanciato un'occhiata per
tranquillizzarmi prima di risollevarsi
in piedi e afferrare la Bestia per un
braccio. La stratton e lo fece
cadere a terra. Quindi gli ficc un
piede sotto il mento, tentando di
soffocarlo o peggio di staccargli la

testa. Io mi feci in avanti per


gridare di stare attento perch mi
accorsi che la Bestia stava per
colpirlo con un ginocchio, quando
uno dei Teschi mi si par davanti.
Urlai per la sorpresa. Il Teschio si
tolse la maschera dal viso:
Candce. Brandiva nella mano un
coltello.
Sar un onore per me
ucciderti! sbrait sputando saliva.
Cercai attorno a me qualcosa
con cui difendermi, ma non trovai
nulla. Indietreggiai. Candce si
lanci contro di me e io mi levai da
un lato, colpendola sulla testa con il
diario di mia nonna. Lei rise per

quel mio sciocco gesto e torn alla


carica, e questa volta la lama pass
a pochissimi centimetri dal mio
viso. Mi ritrovai con la schiena
contro la parete di una cripta
aperta. Candce mi spinse a
entrarvi, brandendo di nuovo il
pugnale contro di me. Sarei morta l
dentro?
Nella tomba di un perfetto
sconosciuto? Christian non poteva
venire in mio aiuto, la Bestia lo
teneva occupato.
Cercai con gli occhi un vaso o un
bastone, o qualsiasi
oggetto
potesse
tornarmi
utile
per
difendermi.

Oramai sei spacciata! Ti


uccider! mi minacciava Candce
con occhi venati di odio.
Non puoi! Il mio sangue vi
serve. obiettai con voce e gambe
tremanti.
Al diavolo il rituale, io ti voglio
morta e basta! mi rispose lei.
Alz il pugnale contro di me.
Gridai e chiusi gli occhi, certa
oramai della fine. Poi udii come un
sibilo. Candce lasci andare un
lamento e udii un tonfo. Quando
riaprii gli occhi la vidi svenuta a
terra, accanto a me.
Emma. La dolce voce di
Lorenzo riecheggi nella mia testa.

Lo guardai: era di fronte a me,


con la parte sinistra del viso
sfigurato che subito si affrett a
chinare per non farsi vedere. La
mano sinistra sollevata ancora in
aria, quella mano che doveva aver
prodotto di nuovo lo scudo luminoso
e annientato in maniera ancora
sconosciuta Candce. Mi avvicinai a
lui e cercai di guardarlo negli occhi.
Ti prego. Aiutalo. sussurrai,
implorante.
Lorenzo cap immediatamente a
chi mi stessi riferendo. Usc dalla
tomba e io lo seguii, ma Christian e
la Bestia erano scomparsi.
Dove sono? chiesi sconcertata

guardandomi intorno.
Lorenzo mi ordin di seguirlo e io
mi lasciai guidare da lui. Tutto
intorno a me era silenzio, e non
sapevo se esserne felice o se
piuttosto allarmarmi. Se fosse
accaduto qualcosa a Christian. Non
volevo neppure pensaci.
Camminammo tra le tombe,
risalendo verso il punto dal quale
era iniziato tutto, dove avevo
lasciato Valerio a combattere contro
i tre Teschi. Potevo distinguere da
lontano gli angeli dalle ali spezzate,
l dove c'erano le tombe dei due
amanti del paese. Lorenzo si ferm,
io gli andai a sbattere contro.

Trattenemmo entrambi il respiro,


ma non accadde nulla, non ci fu
alcun lampo ad accecarmi o ferirmi.
Lorenzo non mi avrebbe mai fatto
del male, ne ero pi che certa.
Cosa c'? chiesi guardandomi
attorno, timorosa che avesse visto
o udito qualcosa.
Emma io. cominci senza
voltarsi.
Cosa? avevo i nervi esausti
per tutto quello che mi era
accaduto e continuavo a guardarmi
attorno temendo che qualche
nemico sbucasse fuori da una delle
tombe.
Lorenzo si volt lentamente,

senza chinare il viso questa volta.


Nonostante l'oscurit fu
impossibile non notare la deformit
del suo viso; mi si attorcigli lo
stomaco, ma quando lui mi fiss io
ricambiai
fermamente
il
suo
sguardo. Senza aggiungere una
sillaba, Lorenzo sollev la sua mano
trasformata e molto lentamente
l'avvicin al mio viso. Non mi
ribellai quando poggi le dita
deformi sulla pelle della mia
guancia, in quella che mi parve una
dolce carezza. E finalmente capii
tutto; mentre temevo che il lampo
luminoso potesse annientarmi, capii
i sentimenti del mio amico. Avevo

sempre sospettavo in cuor mio che


Lorenzo provasse qualcosa per me,
alcuni suoi atteggiamenti me lo
avevano fatto intuire. Ma non vi
avevo mai dato peso, presa com'ero
stata da fatti e problemi pi
importanti e gravi in quei giorni. E
poi i sentimenti esplosi cos
all'improvviso per Christian erano
stati cos travolgenti da eclissare
ogni altra cosa. Appartenevo a lui e
a lui solo; c'era una sorta di legame
che ci aveva unito fin da principio,
qualcosa che andava al di l
dell'amore. Il mio sentimento per
Christian era qualcosa di vitale.
Mentre a Lorenzo volevo bene, ma

non nella misura in cui me ne


voleva lui. Non feci in tempo a dirgli
nulla perch sbucarono da una
tomba vicino a noi, balzando fuori
come pupazzi giganti da una
scatola a molla, sia la Bestia che
Christian.
Urlai e Lorenzo mi lev da una
parte
sollevando
la
mano
trasformata in aria. La prima cosa
che notai era che i due maledetti
che si azzuffavano senza sosta
erano diventati incredibilmente
simili. Ora erano tutti e due
completamente spogli e ricoperti di
peli, con il petto e le spalle larghe,
le zampe enormi e il muso da

animale inferocito.
Distinguevo Christian dalle sue
lunghe unghie affilate, di cui la
Bestia ne era priva. Continuavano a
combattere come cani rabbiosi,
guaendo e sbraitando. Vedevo la
pelliccia di entrambi sporca di
sangue. La
zampa-gamba
di
Christian ne era ricoperta. Gridai il
suo nome, in pena per lui. Ma me
ne pentii subito perch lo distrassi e
tanto bast alla Bestia per
conficcargli le sue zanne in un
braccio.
No! strillai scattando in
avanti.
Lorenzo mi ferm e mi respinse

indietro. Si stacc da me per


avvicinarsi ai due. La Bestia lasci
cadere Christian a terra e si
avvent sul suo nuovo nemico.
Balz su di lui come un felino
affamato, ma appena lo sfior fu
investito da un lampo lucente,
come una scossa elettrica ad alto
voltaggio,
che
lo
respinse
all'indietro facendolo capitombolare
contro il muro di cinta del cimitero.
Gua e prov a rialzarsi. Christian
nel frattempo era tornato in piedi,
poggiando il peso del corpo sulla
zampa sana. Volli correre da lui, ma
la Bestia riemerse dal punto in cui
era caduta e gli balz addosso.

Christian per fu pi veloce di lei, e


si abbass quel tanto che bastava
per evitare di essere colpito. La
Bestia ricadde sui piedi come un
gatto, perfettamente in equilibrio.
Lorenzo lev di nuovo una mano in
alto, ma grid per il dolore quando
una lama la trafisse. Mi voltai a
guadare gli occhi allucinati di
Candce.
La Bestia ulul, come a
ringraziarla del suo intervento. Poi
vidi chiaramente spuntare dietro di
lei, come dal nulla, la stazza
gigante di Carmine. L'uomo afferr
la ragazza per i capelli e la
stratton all'indietro. Ma non persi

tempo a guadare come andasse


avanti il loro combattimento:
raggiunsi Lorenzo che si stava
estraendo dalla mano il pugnale.
Guardai la scena disgustata; poi mi
avvicinai a lui chiedendogli come
stava. La Bestia ne approfitt e si
avvent su di noi. Lorenzo mi fece
scudo col suo corpo, ma Christian ci
salv acciuffando l'essere per i peli
della schiena. Ripresero cos a
combattere.
Devi scappare via! mi sugger
Lorenzo
gettando
il
pugnale
estratto a terra. Si teneva la mano
trasformata e sanguinante stretta al
petto. Sul volto trasfigurato dalla

maledizione
aveva
dipinta
un'espressione di sofferenza. Io mi
rifiutai di lasciarlo in quelle
condizioni.
Devi
andare!
insistette lui.
Lanciai un'occhiata a Christian:
lui e la Bestia avevano smesso
momentaneamente di combattere.
Si fissavano in cagnesco, l'uno di
fronte all'altro, aspettando che il
proprio nemico attaccasse per
primo. Avrebbero combattuto fino a
che uno dei due non fosse rimasto a
terra, esanime.
Lo aiuter io, se ci tieni cos
tanto! mi disse Lorenzo. Adesso
va', scappa via! Devi raggiungere la

parte pi alta del cimitero, continua


a salire e nasconditi! Verremo a
prenderti! Va', Emma!
Mi guard negli occhi. La parte
sinistra della sua faccia era
profondamente mutata, la pelle
scura e raggrinzita, l'occhio incavato
nel cranio aveva perso la sua
pupilla celeste, l'osso dello zigomo
sporgente. Anzich disgustarmi,
provai una profonda tristezza per lui
e repressi a stento il desiderio di
abbracciarlo. Annuii con la testa e
feci come mi aveva ordinato. Prima
di andarmene lanciai un'ultima
occhiata a Carmine e Candce, che
combattevano dandosi pugni e

calci; quella ragazza non voleva


proprio arrendersi. Poi guardai
Christian. Il combattimento ancora
non ricominciava. Lorenzo si
avvicin all'amico, schierandosi
dalla sua parte. Sentii la Bestia
ridere; li avrebbe uccisi tutti e due.
Con il cuore in gola e lo stomaco
straziato per quelle visioni, ripresi a
correre verso la parte pi alta del
cimitero.
Tenevo ancora il diario stretto
sotto il braccio. Corsi tra le tombe,
con l'orecchio rivolto a captare ogni
minimo rumore. Avvertii un ruggito
e sobbalzai arrestandomi. Mi voltai
indietro; no, non dovevo tornare o

la mia presenza li avrebbe distratti.


Dovevo nascondermi e stare
lontana da ogni battaglia, o
l'intervento dei miei amici sarebbe
stato vano.
Emma! mi chiam una voce
alle mie spalle.
Mi voltai lentamente.
Mamma.
Io e mia madre ci fissammo
qualche istante senza parlare. I
numerosi lumini delle tombe
bastarono per mostrarmi la sua
faccia straziata da un dolore che
non potevo capire. Fece un passo
verso di me; io indietreggiai.
Per fortuna siamo arrivati in

tempo! disse. Nessuno ti far pi


del male!
Me ne stato gi fatto
abbastanza! risposi io.
Mia madre cap che sarebbe
stato meglio non forzare le cose e
starmi sufficientemente lontana. Si
arrest.
Spero che tu possa capire!
riprese.
Come
legittima
discendente, avevo il dovere di far
tornare in vita tua nonna perch lei
ci rivelasse i segreti dell'antica
magia e in questo modo saremmo
stati pronti a combattere contro gli
Acriterrani. Ci sono ancora molte
cose che non sai.

Pap lo sapeva? chiesi io


ignorando le sue parole.
Ma troveremo un altro modo
per farlo, stai tranquilla. Io non
avrei mai voluto coinvolgerti in
questa storia, ti ho tenuta all'oscuro
di tutto sperando che potessi
evitarti tutto questo. Ma adesso.
Mamma, rispondimi: pap lo
sapeva che eri tu la discendente?
insistetti sull'orlo delle lacrime.
Mia madre scosse il capo. No.
L'ha saputo solo ora. Come potevo
dirtelo? Non avresti capito. Tua
nonna, quando seppe della tua
nascita, mi chiam un giorno e mi
disse che al tuo ventesimo

compleanno avrei dovuto portarti


qui e bagnare le sue ossa con il mio
e il tuo sangue. Sapeva che
l'avrebbero uccisa. Il tuo sangue
puro
e
maledetto
l'avrebbe
riportata in vita e insieme, noi tre,
avremmo protetto Tiepole. Ma io
non sono mai stata come lei, non
sarei mai in grado di stillarti una
sola goccia del tuo sangue. Non sai
quanto sia stato duro per me
crescerti con la consapevolezza che
un giorno, dicendoti queste esatte
parole, ti avrei rovinato per sempre
l'esistenza. Ho cercato di evitarlo,
ma non si fugge al destino. Mi
dispiace, Emma.

Si avvicin molto lentamente;


questa volta non mi mossi. Quando
fu a un paio di metri da me si
ferm.
Mi fiss negli occhi.
Ascoltami bene: adesso io devo
andare perch non sono stata in
grado di portare a termine il mio
compito. disse.
Io non credetti di aver capito
bene.
Andare. ripetei con voce che
non sembrava la mia.
Devo andarmene. Non sopporto
i tuoi sguardi, come non sopporterei
quelli di tuo padre. Tua nonna
sapeva forse che avrei fallito, per

questo quel giorno mi disse che se


non fossi riuscita a portare a
termine il suo piano avrei dovuto
agire diversamente. Ma per farlo
devo andarmene.
Ma che dici. Mamma.
Volevo dirle che si sarebbe
risolto tutto, che
io l'avrei
perdonata e che anche mio padre
l'avrebbe fatto; ma un soffocante
nodo alla gola me lo imped. Non
riuscii pi a parlare n a respirare.
Torner presto. continu con
voce roca. Tiepole correr un
gravissimo pericolo, devi tenerti
pronta. Mi dispiacer solo non
essere l con te quando ti

trasformerai. Ma tu devi essere


forte, Emma.
Ci rivedremo presto, te lo
prometto.
Si strinse nelle braccia, forse per
reprimere il desiderio di tenermi
stretta a s solo per poco tempo. Io
avevo i piedi incollati al terreno, e
mi sentivo le gambe pesanti. Non
riuscivo a muovere un muscolo.
Non mi rendevo ancora conto di
quello che accadeva attorno a me,
alla mia vita. Mia madre mi sorrise.
Vidi una lacrima scorrere lungo una
delle sue guance; la luce dei lumini
la mostrarono chiaramente.
Poi lei si volt e s'incammin tra

le tombe. Volli seguirla, ma le forze


mi mancarono. La vista mi si
appann, e le lacrime m'inondarono
presto il viso. Mia madre svan tra
le lapidi, come risucchiata dal nulla.
E solo allora, quando non fu pi
visibile, trovai il coraggio di
seguirla.
Mamma! gridai. Non potevo
credere che mi aveva lasciata.
Tutto l'odio e il rancore che
pensavo di aver provato nei suoi
confronti si annullarono all'istante.
Corsi nel punto in cui credevo fosse
scomparsa, ma mi imbattei in un
muro di mattoni. Doveva esserci un
passaggio l, una fessura, una

botola a terra. Presi a battere i


mattoni, a tastare il terreno, ma
nulla. Mia madre era svanita.
Continuai a chiamarla, e la mia
voce mescolata al mio pianto
disperato avrebbero piegato anche
il cuore pi duro. Poi capii che c'era
ancora una cosa che potevo fare
per impedire tutta quella follia.
Asciugandomi le lacrime dagli occhi,
guardai il diario di mia nonna. Mi
mossi e cercai di ricordarmi dove
fosse il cancello che portava a
quella che era stata la mia prigione.
Valerio mi trov che vagavo ancora
confusa e disorientata tra le
tombe.

Che cos'hai? mi chiese


allarmato, vedendomi in quello
stato.
Balbettando confusamente gli
rivelai quello che avevo intenzione
di fare. Lui scosse la testa,
cercando di dissuadermi, ma io
iniziai a urlare come un'ossessa. Lui
si affrett a tapparmi la bocca,
temendo che qualche altro nemico
potesse sentirmi. Quindi si decise
ad accompagnarmi. Grazie ai suoi
spiccati sensi, impieg poco pi di
qualche minuto a trovare la strada
giusta. Varcammo il cancello e
percorremmo il corridoio buio.
Quindi entrammo nella cella.

Adesso tu mi morderai, e
bagneremo con il mio sangue le
ossa di mia nonna cosicch lei
possa tornare da me, e mia madre
non
sar
pi
costretta
ad
andarsene! ordinai.
Che cosa? Ma sei impazzita?
Sebbene non avessi fatto altro
che evitare quella sorte fin da
principio, ora risvegliare mia nonna
con il mio sangue maledetto era
l'unica cosa che desideravo. Era
buio pesto nella stanza, ma sapevo
che il tavolo con le ossa era proprio
dirimpetto alla porta. Camminai
incurante del fatto che potessi
inciampare su qualcosa e cadere

rovinosamente.
Senza
lasciar
andare il diario di mia nonna (che
per tutto quel tempo mi si era come
incollato alle dita) tesi le mani
davanti a me e finalmente tastai il
bordo del tavolo. Quindi allungai le
dita alla ricerca delle ossa.
Sgombro. Il tavolo era
sgombero. Urlai per la sorpresa.
Tastai meglio tutta la superficie del
tavolo, ma non trovai nulla se non
solo la catenella alla quale era
stato appeso il medaglione.
Come pu essere. Era qui!
blaterai. Era qui!
Valerio mi raggiunse e mi afferr
per le spalle.

Emma, andiamocene via!


Una terribile sensazione mi
avvolse: corsi con la mano alla
tasca dei jeans e vi frugai
all'interno. Il medaglione non c'era
pi. Lo cercai nell'altra, forse avevo
sbagliato tasca. Vuota anche quella.
L'avevo perso forse cadendo mentre
correvo per scappare, o forse
quando Candce mi aveva assalita,
o. non sapevo pi a cosa pensare.
Scoppiai a piangere e Valerio si
affrett a sorreggermi prima che le
gambe mi cedessero. Mi prese tra
le braccia e io completamente
inerme mi lasciai portare fuori. Mi
fece sedere sul terreno, aspettando

senza parlare che tornassi in me.


Mia madre se n'era andata e le ossa
di mia nonna erano scomparse. Non
poteva andare peggio di cos.
Che cosa volevi fare? mi
domand alla fine. Resuscitare tua
nonna? Resuscitare la strega? No,
Emma, sarebbe stato l'errore
peggiore della tua vita. Una
persona morta deve restare tale,
non si gioca con certe cose.
Lei non era cattiva. dissi
singhiozzando.
Valerio abbozz un sorriso.
Dipende dai punti di vista. Io
non smetter mai di ringraziarla per
avermi maledetto. Senza i miei

sensi acuti non ti avrei mai


ritrovata, e non avrei mai potuto
guidare gli altri da te.
La Bestia balz fuori da dietro
una delle tombe, seguita subito da
Christian. Valerio mi rimise in piedi
levandomi da una parte.
Ancora non hanno finito questi
due? chiese trattenendo una
risata. Feci per chiedergli cosa ci
fosse da ridere: entrambi erano
visibilmente stremati, e adesso si
limitavano a darsi dei colpi a turno
senza mai decidersi a infliggere
quello definitivo. Sanguinavano e
facevano bava dalla bocca. Mi
ritrovai Lorenzo vicino; dalla sua

mano sinistra l'emorragia si era


arrestata.
Crolleranno! disse vedendomi
preoccupata. Tutti e due!
Vedemmo la Bestia alzare il
braccio che cal sulla testa di
Christian, il quale scatt da un lato
evitando il colpo. Il tutto avvenne
con gesti molto flemmatici, lenti.
Poi
la
Bestia,
contro
ogni
previsione, s'inginocchi a terra,
gir gli occhi all'indietro e cadde
svenuta. Il corpo di Giulio Basile
torn a essere lentamente umano: i
peli gli scomparvero, i muscoli si
sgonfiarono come se fossero stati
punti da un ago. Valerio mi copr gli

occhi con la mano, ricordandomi


che il ragazzo fosse completamente
nudo.
Io
la
scostai
poco
gentilmente, e corsi da Christian.
Lui aveva il fiatone, e dalla gola gli
usciva un rantolo monotono, come
se stesse facendo le fusa. Fissava il
suo nemico ora inerme, pronto
forse ad accanirsi ancora su di lui.
Christian. lo chiamai.
Lui non si volt a guardarmi;
continuava a fissare la Bestia e a
ruggire debolmente.
Christian. No. sussurrai io.
Sapevo che se avesse ucciso
Giulio Basile in quel momento e in
quelle condizioni, se ne sarebbe

pentito per tutta la vita una volta


tornato normale. Mi lanci una
veloce
occhiata
guardandomi
attraverso i suoi occhi gialli e privi
d'espressione; quindi si accasci a
terra e io mi affrettai a sorreggerlo
per evitargli una brutta caduta,
rischiando di venire schiacciata
sotto il suo peso. Valerio e Lorenzo
corsero in mio aiuto.
Christian! lo chiamai ancora
quando lo posammo a terra.
Lui rispose con un ruggito
smorzato. Mi fiss con gli occhi
ingialliti nascosti in parte dalla
peluria del viso.
Sono ragazzi in fondo, non sono

ancora dei mostri! parl la voce di


Carmine sopraggiungendo.
Ci ordin di fargli spazio. Quindi
si tolse il suo impermeabile verde
scuro e copr il corpo di Christian
prima che potesse ritrasformarsi.
Notai che all'uomo sanguinava un
braccio.
Candce? chiesi.
Carmine non rispose. Il sospetto
che l'avesse uccisa divenne certezza
di fronte al suo mutismo.
Portatela da suo padre. disse
senza guardarmi. Quell'uomo sta
impazzendo!
Prima che potessi protestare e
fare qualche domanda, Valerio mi

accalappi
per
un
braccio
trascinandomi con s. Lorenzo ci
segu, con il viso chinato a terra.
Lanciai
un'ultima
occhiata
a
Christian, il cui corpo stava
tornando lentamente alla normalit.
Aveva diversi graffi pi o meno
profondi sulle guance e sulla fronte.
Poi mi guardai attorno pensando a
mia madre; immaginai mentre
usciva
all'improvviso dal
suo
nascondiglio e mi veniva incontro
rassicurandomi
che
saremmo
tornate a casa insieme. Ma scossi la
testa, sapendo che ci era
impossibile.
Sono tutti morti? domandai.

Candce, gli altri Teschi, Eva


Costantini?
Non mi venne in cambio nessuna
risposta e io non infierii. Ero troppo
stanca, e prima che arrivassimo al
cancello d'uscita del cimitero
Valerio fu costretto a prendermi in
braccio
perch
rischiai
un
mancamento.
I
sensi
mi
abbandonarono per qualche istante.
Mi scivol il diario di mia nonna
dalle mani che subito Lorenzo si
affrett a raccogliere. Li sentivo
parlare, anche se non capivo quello
che dicevano; ma ero cosciente
quando mi riportarono dalla vecchia
Gilda.

Mi ridestai completamente alla


vista di mio padre che mi si faceva
incontro
in
lacrime
per
abbracciarmi.

Ritorno alla normalit


Del mio rapimento mi sarei
portata dietro per qualche giorno
una decina di lividi disseminati su
tutto il corpo, e delle ferite non
molto gravi che si sarebbero presto
rimarginate. Ma il dolore che
provavo dentro di me, la visione di
mia madre che mi abbandonava per
svanire tra le tombe, quello mi
avrebbe accompagnato per tutta la
vita.
Se solo lo avessi saputo
prima.
Non avevo mai visto mio padre
piangere come un bambino. Era

sconvolto, e sapevo che almeno in


quel momento dovevo essere io dei
due la pi forte. Misi a tacere la mia
sofferenza. Feci un profondo respiro
e mi schiarii la voce.
Non avresti comunque potuto
fare niente! gli risposi.
Si invece! grid balzando in
piedi.
Eravamo seduti sul divano di
casa della vecchia Gilda, da soli. La
donna ed Empira si trovavano al
piano superiore, intente a curare le
ferite di Christian. Valerio e Lorenzo
invece erano usciti fuori in giardino,
mentre Carmine aveva preferito
tornarsene nel suo bar; non aveva

rivolto la parola a nessuno da


quando
avevamo
lasciato
il
cimitero. Prima di rispondere mi
diedi un'occhiata attorno. Era
oramai lontano l'attacco dei Teschi
avvenuto in quella stanza; tutto si
trovava in perfetto ordine e questo
mi fece dubitare se fosse accaduto
veramente.
Forse
avevo
immaginato tutto. Forse ogni
evento era stato uno spiacevole
sogno. Mi voltai quindi a guardare
mio padre, e la sua espressione
addolorata
(che
mi
ricord
vagamente la statua della Madonna
in chiesa) mi fece capire che al
contrario di quanto mi augurassi

quella era la realt.


Pap, non fare cos, ti prego.
sussurrai.
Non saremmo mai dovuti venire
in questo maledetto posto! sbott
iniziando a passeggiare su e gi per
la stanza.
Valerio fece capolino dalla porta
socchiusa perch la sua voce
concitata lo aveva richiamato.
Quando lo notai gli feci cenno con
la testa che andava tutto bene, e
lui scomparve di nuovo.
Pap, questa Faticavo a
pronunciare le parole casa mia.
Sembravano irreali.
Dobbiamo cercare tua madre!

E a riprova di quanto diceva si avvi


verso la porta. Io allora mi alzai e lo
trattenni per un braccio.
Pap, inutile. Non sapremmo
da dove iniziare! Lei torner, me lo
ha promesso.
S, ma dove andata? Si pu
sapere? grid ancora afferrandomi
per le braccia.
Pap, smettila. Mi fai male! Mi
s'incrin la voce ma stetti bene
attenta a non scoppiare a piangere.
Se mi fossi mostrata forte, forse lui
si sarebbe calmato. In caso
contrario saremmo crollati entrambi
senza alcun rimedio.
Lei lo ha fatto per salvarmi! gli

spiegai. Ha preferito andarsene


piuttosto che farmi del male!
Dobbiamo avere fiducia in lei!
Fiducia? sibil. Non lo avevo
mai visto cos sconvolto. Forse in
quello stesso modo aveva reagito
quando mia nonna si era presentata
al mio battesimo; ricordavo che
l'episodio si era concluso con mio
padre che la prendeva a calci.
Pap, per favore non rendere le
cose ancora pi complicate! dissi
fissandolo negli occhi.
Lui non rispose. Mi lasci andare
abbandonando le braccia lungo i
fianchi. Chin il capo e rest in
silenzio.

Pap. ricominciai torturandomi


le dita delle mani. Se la mamma
andata via lo ha fatto solo per noi.
Tiepole corre un grave pericolo. Era
questo che la nonna ha sempre
voluto dimostrare. E la mamma lo
sapeva. Lei nonostante tutto
rimasta legata a questo posto e ora
lo sono anche io. nella mia
natura, nel mio sangue. Io mi
trasformer pap, non so quando e
non so come, ma accadr. E voglio
essere
qui
quando
questo
succeder. E voglio che tu sia qui,
al mio fianco. Perch ho tanta
paura.
Mi affrettai ad asciugarmi una

lacrima. Mio padre risollev lo


sguardo e mi fiss. Tese una mano
per afferrare le mie. Apr la bocca
per dire qualcosa, ma la richiuse
subito. Ripensai a quanto mi
avevano detto Christian e Silvia: il
signor Costantini era scappato via
da quel luogo abbandonando la sua
famiglia al suo destino, che era poi
finita inevitabilmente allo sbando.
Se mio padre avesse fatto lo stesso,
io sarei morta dal dolore. Non avrei
sopportato un nuovo abbandono.
Mia madre aveva detto che
sarebbe tornata, ma la visione di lei
che mi voltava le spalle e
scompariva mi bruciava dentro

come lava incandescente. Non ne


avrei sopportata un'altra simile.
Lo vidi poi sospirare e annuire
con la testa.
Non ce ne andremo di qui fino a
che tua madre non torna. Ma dopo,
facciamo le valigie; e di corsa.
disse.
Io assentii; non me la sentivo in
quel momento di contraddirlo.
Gli sorrisi, ma lui non ricambi.
Torn a sedersi sul divano. Io feci
per imitarlo, ma poi reputai giusto
lasciarlo solo con i suoi pensieri.
D'altronde la capacit che avevo
di restare calma e di consolarlo si
stava esaurendo alla svelta. Preferii

raggiungere Christian al piano di


sopra. Lo trovai nel solito letto a
baldacchino, in camera della
vecchia Gilda. Era seduto a dorso
nudo sulle lenzuola. Mi formicol la
schiena a quella visione: la sua
pelle era ricoperta di lividi, tagli e
graffi. Una benda gli cingeva il
torace e svariati cerotti e garze gli
tappezzavano le braccia. Dovetti
fare
un
enorme
sforzo
e
controllarmi prima di entrare.
Quando Christian mi vide, abbozz
un sorriso. La vecchia Gilda gli
stava medicando una ferita dietro la
spalla; Empira, le faceva da
assistente. Mi avevano riferito che

anche le due donne avevano avuto


il loro da fare durante la missione
del mio salvataggio: tenere buono
mio padre e impedirgli di fare
qualche pazzia non doveva essere
stato un compito facile. Mi sedetti
sul bordo del letto.
Prima che potessi afferrargli una
mano, lui prese la mia.
Come stai? mi chiese.
Io sorrisi. Dovrei essere io a
chiedertelo, non il contrario!
Gilda ed Empira fingevano di
non ascoltarci. Nella stanza cadde il
silenzio. Io e Christian ci fissavamo,
senza distogliere mai lo sguardo.
Alla fine Gilda pos sul comodino

l'unguento che stava applicando


sulla ferita e comand ad Empira
di uscire. Quando se ne andarono
chiudendosi la porta alle spalle io e
Christian scoppiammo a ridere. Ma
lui torn subito serio poich la ferita
al torace gli lanci una fitta
dolorosa. Io mi allarmai e feci per
alzarmi e richiamare indietro le due
donne,
ma
lui
mi
blocc
accalappiandomi per un braccio. Mi
attir a s e mi baci a lungo.
Quando si stacc, mi disse: Ti ho
salvato di nuovo la vita. Mi dovevi
ancora ringraziare!
Allora dovrei scendere di sotto
e baciare Valerio e Lorenzo. E non

dimentichiamoci di Carmine! Anche


loro mi hanno salvato la vita!
Rise, ma lanci un nuovo gemito
di dolore toccandosi il torace.
Io mi allontanai in fretta da lui e
civettando dissi: No, non posso
ringraziarti; non ora che sei in
queste condizioni. Rischierei di farti
ancora pi male!
Sopporto bene il dolore! mi
rispose lui, ammiccando.
Io mi rifeci seria. Non io per.
Emma, mi dispiace per tua
madre!
Feci spallucce fingendo che non
me ne importasse pi di quanto in
realt sembrava. Torner. dissi.

E fino ad allora che farai?


Ti posso dire quello che non
far: cio non mi far pi rapire!
Sul serio: adesso che farai?
insistette lui.
Gli tolsi una ciocca di capelli dal
viso. Capii dove volesse arrivare.
Sospirai. Non me ne vado se
questo che vuoi sapere. dissi.
Giusto: ti piace la vita in
campagna.
No. Mi piaci tu. ammisi,
sentendomi
avvampare
sulle
guance.
Mi resi conto di quanto fossi
stata ridicola e risi di me stessa.
Ti piaccio io o l'animale che in

me? mi provoc.
Che razza di domande! Mi
rifiuto di rispondere!
Imbarazzata fino al midollo
decisi di cambiare decisamente
argomento.
Notizie di tua madre?
domandai.
L'espressione di Christian non
mut.
Sar scappata a gambe levate
quando avr scoperto che il suo
folle piano era fallito!
S, ma le ossa di mia nonna.
azzardai.
Emma, per favore possiamo
parlarne pi tardi? A meno che non

mi baci, non voglio pi vedere le


tue labbra muoversi!
Gli punzecchiai una delle ferite
che aveva sul braccio per fargli
dispetto. Poi lo accontentai (o
accontentai me stessa in realt), e
tutte le preoccupazioni per un
brevissimo
istante
svanirono.
Proprio come era svanita mia
madre; nel nulla. Quel pensiero mi
rattrist a tal punto che non
resistetti pi e mi lasciai andare alle
lacrime.
Christian
mi
prese
teneramente tra le braccia, e
restammo cos fino a che la vecchia
Gilda rientr dicendo che doveva
finire il suo lavoro.

Laura Pagliari apr il medaglione


che aveva ritrovato al cimitero,
nascosto tra le radici di un cipresso.
Subito la bellissima melodia di
Greensleeves, che tante volte
aveva provocato a sua figlia
terrificanti visioni, riemp la stanza.
Sapeva che non sarebbe accaduto
nulla, perch quella musica non
aveva alcun potere su di lei. Ma
volle ascoltarla lo stesso. Ripens a
tutti gli anni di menzogne, a tutti gli
anni di forzato silenzio in cui aveva
vissuto. Se non altro adesso la
verit era saltata fuori. Ora Emma
sapeva ogni cosa. Sentiva la
coscienza pi leggera e libera, si

era tolta un fardello dalle spalle, un


macigno gravoso che per anni le
aveva impedito di avere una vita
normale. Anche se Laura, figlia di
Marta Vasselli e la sua legittima
discendente,
non
avrebbe
comunque
potuto
avere
mai
un'esistenza ordinaria. Sua madre
l'aveva avviata fin da giovane alle
pratiche da tutti definite occulte,
pratiche che a ogni costo dovevano
difendere Tiepole. Perch quella
terra era sacra, quella terra
conteneva
l'antica
magia.
Quell'antica magia, quel potere, al
quale tutti anelavano. Si guard il
taglio poco profondo che si era

procurata sul braccio. Poi guard il


corpo del sindaco, che giaceva
supino in un angolo della stanza,
circondato da una pozza di sangue.
Aveva la testa spaccata in due, la
bocca spalancata in un ultimo grido
d'orrore e gli occhi sgranati per la
sorpresa. Distolse subito gli occhi,
chiedendosi ancora una volta se
quell'omicidio fosse stato utile.
Pens all'assassino.
Eva Costantini entr nella
stanza, ma non da sola: c'era un
uomo con lei. Se Emma fosse stata
l in quel momento avrebbe potuto
fare due chiacchiere con il padre
della Bestia, Raffaele Basile.

Ancora nulla? chiese Eva


lanciando un'occhiata alle ossa di
Marta Vasselli che giacevano
composte sul ripiano di un tavolo.
Tent di mascherare la sua aria
di completo disgusto. Laura scosse
il capo.
Abbiamo perso Candce negli
scontri. E due dei Teschi sono feriti
gravemente. continu Eva.
Non dimenticarti di aggiungere
a questa lista il nostro rispettabile
sindaco! parl Raffaele Basile con
voce atona.
Eva guard il cadavere dell'uomo
gettato in un angolo e trasal.
Quell'orribile visione e l'odore

penetrante del sangue la nause.


Aspetto fuori se non vi spiace.
disse uscendo e richiudendo la
porta dietro di s mentre si teneva
lo stomaco con una mano.
Laura e Raffaele Basile restarono
soli.
Eva sar la prossima a morire.
perfettamente inutile. dichiar
Raffaele piazzandosi davanti alle
ossa della strega. E poi suo figlio
per poco non ha ammazzato
Giulio!
Laura richiuse con uno scatto
secco il medaglione. Nella stanza
del sotterraneo del cimitero, poco
lontana da quella in cui era stata

tenuta prigioniera Emma, piomb il


silenzio. Pens alle parole dell'uomo
e rabbrivid. Non rispose.
Anche il sindaco era inutile?
domand.
L'uomo alz le spalle e si ficc le
mani nei pantaloni.
Non mi mai stato simpatico,
lo sai. rispose.
Forse perch lui aveva delle
particolarit al contrario di te. os
dire Laura pentendosene subito.
Raffaele si scost lentamente
dalle ossa e raggiunse la donna,
che fece un piccolo passo indietro.
L'uomo l'afferr per le spalle e la
fiss negli occhi. Il suo sguardo era

furbo, malevolo.
Ognuno ha la propria
particolarit. disse. E credo che
non ci sia bisogno che io ti ricordi
qual la mia.
Guard il corpo del sindaco; sulla
sua faccia comparve un ghigno.
Laura si ritrov a pensare chi
fosse pi pericoloso tra i due, se il
padre o il figlio. Giulio Basile era
vittima di una maledizione, e forse
se non avesse quel potere sarebbe
stato un giovane qualunque. La
maledizione del padre invece era
quella di avere dalla nascita un
animo malvagio, che non esitava a
esibire non appena poteva. E da

quella particolarit nessun rimedio


magico l'avrebbe mai guarito.
chiaro che il tuo sangue non
basta. riprese Raffaele tornando a
fissare le ossa di Marta Vasselli. Ci
occorre anche quello di tua figlia. E
se penso che ce l'avevamo in
pugno.
Aspettiamo ancora un poco.
rispose Laura stringendosi tra le
braccia. Se sar necessario user
tutto il sangue che ho per bagnare
le ossa di mia madre! Ma mia figlia.
Non potevo chiederle questo.
Raffaele si volt a guardare la
donna.
Mio figlio stato ferito

gravemente.
Tutti
dobbiamo
sacrificare qualcosa se vogliamo
difendere Tiepole. Gli Acriterrani tra
non molto verranno, e sai che c' la
piccola probabilit non indifferente
che anche tra di loro ci siano
persone come Marta Vasselli. Lei ci
serve, e non importa che cosa
dovremo sacrificare per farla
tornare in vita, fosse anche la vita
stessa di tua figlia!
Sacrificio? sbott Laura.
Quanto credi che sia stato difficile
per me aprire questo maledetto
medaglione e far rivoltare il
vampiro contro mia figlia? E
mentirle per tutti questi anni? E

saperla continuamente in pericolo


perch avevo paura che voi non
rispettaste il piano?
Raffaele non le rispose. Piuttosto
decise di fulminarla con uno
sguardo che valeva pi di mille
parole o ammonimenti. Laura tent
di dominarsi e a fatica ci riusc.
Strinse cos forte il medaglione
nella mano che si fece male.
Avrebbe voluto continuare a gridare
tutta la sua frustrazione, ma sapeva
allo stesso tempo che Raffaele
diceva il vero. C'erano in ballo
troppe cose, pi grandi di ogni
volont personale. E si accorse solo
in quel preciso momento di essere

stata una perfetta sciocca; aveva


solo ritardato quello che doveva
inevitabilmente accadere. Emma
sarebbe servita lo stesso; Emma
che sarebbe diventata una Strige,
uno dei soldati dell'apocalisse di
Tiepole.
Quando sar il momento ci
ritroveremo tutti schierati dalla
stessa parte. aggiunse poi con
voce calma.
Raffaele sghignazz. Forse.
Laura lo guard con aria
interrogativa, ma non indag oltre.
L'uomo adorava confondere le
persone, era un modo per distrarle
e attaccarle poi quando meno se lo

aspettavano. Di quanti alleati


pericolosi si era circondata la donna
non poteva neppure immaginarlo.
Aspettiamo ancora qualche
giorno, anche se sar del tutto
inutile. disse Raffaele con gli occhi
fissi sulle ossa di Marta Vasselli. Ci
serve anche il sangue di tua figlia!
Poi, accostandosi all'orecchio di
Laura tanto che le sue labbra le
lambirono
il
lobo,
aggiunse
sussurrando: Non ti ho uccisa
perch il tuo sangue ci serve, e
soprattutto perch Marta sar te
che cercher una volta tornata in
vita. Ma se potessi non avrei
esitazioni. E si lasci uscire una

breve risata. Laura s'impietr e


socchiuse gli occhi, temendo il
peggio. Non poteva ucciderla, ma
quell'uomo privo di scrupoli avrebbe
potuto farle ben altro. Al contrario
Raffaele Basile usc dalla stanza
sotterranea
senza
fare
n
aggiungere altro. Lasci Laura sola
con sua madre. La donna sospir e
ricacci indietro le lacrime.
Piangere non sarebbe servito a
nulla. Guard lo scheletro di Marta
Vasselli: la disprezzava per tutto
quello che l'aveva costretta a fare.
Avrebbe ridotto in polvere quelle
ossa se solo avesse potuto.
Ripens, come tante volte aveva

fatto in quei giorni, che la sua fuga


in citt era stata vana; si era illusa
in quel modo di poter sottrarre se
stessa e la sua famiglia a quella
orribile vita.
Ma, in fondo, poteva ancora
rimediare. Si diresse verso il corpo
del sindaco e recuper un coltello a
serramanico, quello che aveva gi
usato per procurarsi il primo taglio
che aveva appena smesso di
sanguinarle. Torn dalle ossa di sua
madre. Avvicin la punta del
coltello al suo braccio, lasciando
cadere il medaglione sul tavolo di
legno, accanto al teschio di Marta
Vasselli. Si lacer la carne e fece

cadere il sangue sulle ossa, e


mentre guardava le gocce cadere a
fiotti con il volto contratto per la
sofferenza preg affinch il suo
sangue potesse bastare, in modo
da sottrarre Emma a quella tortura.
Mi svegli l'odore del caff.
Quando aprii gli occhi mi ci volle
qualche istante per ricordare tutto
quello che era accaduto. Per
ricordare che mia madre non era l
con
me.
Sentii
un
vociare
sommesso, e per un attimo credetti
che mio padre stesse parlando con
qualcuno. Balzai quindi in piedi e
infilai le ciabatte. Lanciando uno
sguardo fuori dalla finestra notai

che almeno quella mattina il cielo


non era addensato di nubi, e si
distingueva
qualche
sprazzo
d'azzurro. Ma questo non bast a
mettermi di buon'umore. Mi ero
abituata alla pioggia.
Andai di l in cucina; quella
notte avevo dormito con mio padre
nel letto grande. Nessuno volle
lasciare l'altro da solo. In due
avremmo affrontato meglio la
situazione. Mio padre guardava la
TV mentre sorseggiava il suo caff
fumante. Il telegiornale parlava di
un fatto di cronaca avvenuto in
Lombardia, ma mi chiesi se davvero
mio padre stesse seguendo la

vicenda o piuttosto non fingesse


con la mente rivolta altrove.
Quando mi vide mi disse che aveva
scaldato del latte per me, e mi
invit a mangiare le merendine che
erano sul tavolo. Lo ringraziai e mi
affrettai a servirmi; la fame mi
stava divorando. In quegli ultimi
giorni avevo consumato forse solo
due o tre pasti completi. Mio padre
non sembr prestarmi attenzione
quando mi sedetti vicino a lui. Mi
chiedevo se dovessi affrontare il
discorso della mamma, o se
piuttosto tacere e aspettare almeno
qualche ora. Scelsi di restare in
silenzio e consumai la mia colazione

in quel modo. Ero arrivata alla


seconda brioche, quando mio padre
spense il televisore. Ripos la
tazzina vuota sul tavolo, e si volt
verso di me.
Emma, chiamer il mio capo gi
in ufficio e gli chieder un'altra
settimana di ferie! annunci con
voce atona.
Annuii. Mi sembrava una
decisione giusta in quel momento.
Poi far il pendolare. Roma in
fondo non dista cos tanto da qui;
se prendo l'autostrada invece della
strada statale, sar in ufficio pi o
meno
in
quaranta
minuti.
aggiunse.

Quelle parole mi fecero andare il


boccone di traverso. Tossicchiai
battendomi il petto.
E questo che cosa vuol dire?
chiesi.
Se dobbiamo trasferirci qui a
Tiepole,

bene
iniziare
a
organizzarci! rispose. Per quanto
riguarda l'universit.
Voglio aspettare che torni la
mamma! risposi interrompendolo.
una decisione che stavamo
prendendo insieme!
Mio padre annu.
Bene. In merito invece all'altra
storia, al fatto che tu diventerai,
che ti accadr quella cosa.

Che mi trasformer in qualche


orrenda creatura? tagliai corto.
Mio padre mi fulmin con lo
sguardo, e io mi affrettai a scusarmi
per la mia totale mancanza di tatto.
Ma non sopportavo quando lui
girava cos attorno alla questione;
mi dava quasi l'impressione che la
volesse ignorare.
Pap, ripresi, qualunque cosa
mi accadr la terr sotto controllo,
promesso. Sar una parte di me che
saremo costretti ad accettare.
Avevo rivolto quelle parole pi a
me stessa che a lui.
E lo faremo. conferm lui
alzandosi.

Forse era una mia impressione,


ma temevo che lui mi disprezzasse.
Era colpa mia in fondo se mia
madre se n'era andata, o almeno
era quello che credevo. Mi alzai e,
senza aggiungere altro, me ne
andai in bagno per farmi una
doccia. Poi salii in camera mia per
vestirmi. Mio padre nel frattempo
aveva lavato le tazzine nel lavello,
spazzato il pavimento e riassettato
il salotto. Raramente lo avevo visto
svolgere
mansioni
domestiche.
All'inizio avevo pensato di restare in
casa a tenergli compagnia; poi mi
accorsi che era impossibile per me
stargli vicino se si ostinava a

restare chiuso nel suo silenzio


senza nemmeno guardarmi. Quindi
decisi di scendere al bar di
Carmine.
Adesso non c'erano i Teschi a
darmi la caccia, dunque potevo
uscire liberamente. Quando gli
riferii le mie intenzioni, mi guard
con aria spaventata.
Non puoi uscire da sola. Vengo
con te! disse.
Pap.
Si mosse per recuperare il suo
giacchetto e le chiavi di casa.
Pap, ti prego. Non reagire in
questo modo.
Mio padre mi fiss con sguardo

apprensivo.
Reagire in questo modo? Ho gi
perso mia moglie.
Pap, io non vado da nessuna
parte. lo rassicurai. Io non ti
abbandono!
Lui mi prese tra le braccia e per
poco non mi lev il fiato. Ci
sarebbero volute pi di alcune
semplici parole per tranquillizzarlo.
Prima di uscire, tornai di corsa in
camera mia; mi ero appena
ricordata di un piccolo particolare.
Aprii l'unico cassetto del mio
comodino e vi frugai all'interno alla
ricerca del medaglione che Lorenzo
mi aveva prestato il giorno che ero

arrivata a Tiepole, quando lui e gli


altri mi rapirono. Una vita fa.
Quando lo trovai, lo afferrai e me
lo misi in tasca. Quindi uscimmo di
casa mano nella mano; mio padre
non la smetteva di lanciarmi
occhiate ansiose e mi parve quasi
che mi stesse accompagnando al
mio primo giorno d'asilo. Io non
resistetti alla tentazione di voltarmi
verso il portone di casa di Christian.
Questo era chiuso, ma non il piccolo
garage che vi era affianco. La
saracinesca era aperta. Provenivano
da l le note di una canzone che non
riconobbi, e altri rumori sui quali
non mi soffermai a indagare. Non

mi sembrava opportuno chiedere a


mio padre di accompagnarmi a
vedere
cosa
stesse
facendo
Christian, o magari Silvia o qualcun
altro ancora. Sorpassammo l'arco di
pietra, percorremmo la discesa e
raggiungemmo il bar. I negozi di
Tiepole erano gi aperti, e c'era un
via vai di casalinghe intente a fare
la spesa. In piazza i soliti anziani
leggevano il quotidiano seduti sulle
panchine. Sembrava un giorno
come un altro; pareva che nulla
fosse accaduto. Eppure sentivo che
i Tiepolesi sapevano quello che era
successo a me e a mia madre; ma
tutti erano troppo presi a recitare il

loro ruolo di lavativi e fatalisti.


Chiss se sapevano anche che gli
Acriterrani sarebbero giunti l per
creare il caos.
Entrammo nel bar, e mi stupii di
trovarlo vuoto se si faceva
eccezione per Valerio. Era seduto
da solo a un tavolo, a sorseggiare
un succo di frutta. Quando mi vide
mi salut con una mano. Io gli
sorrisi. Mio padre mi disse che
avrebbe preso qualcosa da bere al
bancone, che Carmine stava tirando
a lucido. Guardai l'uomo, ma lui non
os sollevare gli occhi dal suo
lavoro. Preferii non disturbarlo e mi
andai a sedere accanto a Valerio.

Gli sbirciai nel bicchiere. Succo di


frutta? chiesi stupita.
I miei sensi si stanno alterando,
e la birra mi disgusta. Per non
parlare poi del caff. rispose.
Sembrava un albino. Pelle
bianca, occhiaie scure. Aveva legato
i capelli lunghi in una coda e
indossava maglietta nera e jeans
scuri; almeno nell'abbigliamento
non era cambiato.
Dormito bene? mi domand.
Io annuii. Avevo sognato, ma
non ricordavo bene cosa.
Mi sei mancato. rivelai.
Quando sei andato via dopo che.
Dopo che ho tentato di

ammazzarti? fin lui per me.


Lanciai un'occhiata a mio padre:
stava discorrendo con Carmine e
con la musica proveniente dalle
casse in alto era improbabile che
stesse
sentendo
la
nostra
conversazione.
Non ti torcerei un solo capello,
lo sai! continu lui. Non ero in me
in quel momento. Qualcuno voleva
che io ti spingessi fuori di casa.
Mia madre! dissi abbassando il
tono di voce. Mia madre ha aperto
il medaglione. E sono certa che lo
spirito di mia nonna l'abbia
aiutata.
Valerio non mi rispose. Riprese a

sorseggiare il suo succo di frutta


che aveva il colore del sangue.
Dove sei stato? gli domandai.
Dove ti sei rifugiato?
Ad Acriterra! rivel lui. Ho
attraversato l'intera montagna, e
poi mi sono nascosto nei boschi
intorno al paese. Ho spiato i suoi
abitanti. E devo dire che ci sono
ragazze davvero carine l.
Sul serio li hai tenuti d'occhio?
domandai io interessata. E che
cosa hai scoperto? Presto gli
Acriterrani ci dichiareranno guerra.
Nulla. Vivono normalmente.
Vanno a scuola, perch l hanno
almeno un istituto superiore;

escono in piazza, le coppiette si


appartano nei boschi. Tutto nella
norma.
Scossi la testa. Valerio doveva
essersi sbagliato di sicuro. In quel
momento Empira entr nel bar.
Non appena mi vide mi corse
incontro, con aria sollevata.
Emma! Sono passata a casa tua
ma non c'eri! Ero in ansia per te!
esord sedendosi accanto a me e
prendendomi una mano.
La tranquillizzai dicendo che ero
uscita con mio padre solo per fare
una passeggiata. La guardai e non
potei fare a meno di notare quanto
fosse bella con i capelli acconciati in

una treccia, una maglietta scollata


e una gonna a pieghe. Mi sorrise e
io la ricambiai.
Mia nonna ha invitato te e tuo
padre a cena stasera! riprese
Empira. Cucina il suo arrosto con
i peperoni!
Verremo volentieri! risposi io
lanciando un'occhiata a mio padre.
Notai che ci osservava con la coda
dell'occhio mentre continuava a
parlare con Carmine, solo dietro al
bancone. Sapevo che Candce
aveva perso la vita in seguito al
loro scontro. Ma nessuno osava
affrontare
ancora
l'argomento.
Nessuno sapeva come erano andate

esattamente le cose, solo la vecchia


Gilda con la quale l'uomo si era
confidato. Eppure non lo biasimavo;
Candce aveva cercato pi volte di
farmi del male e aveva ferito
Lorenzo. Forse non si era meritata
una fine simile; ma senz'altro se
l'era cercata.
Tu Valerio stai bene?
domand Empira timidamente,
incollando gli occhi sulla superficie
del tavolo.
Valerio annu. Ebbi come
l'impressione
che
lei
volesse
aggiungere
qualcosa;
ma
al
contrario se ne rest muta a fissarsi
le dita delle mani. Capii che dovevo

andare in suo aiuto, o quel silenzio


alla fine si sarebbe rivelato troppo
imbarazzante per lei.
Lorenzo dov'? chiesi.
Non l'ho ancora visto in giro.
rispose Valerio sorseggiando il suo
succo. Manchi solo tu Emma! Poi
la banda dei maledetti al
completo!
Siamo una banda? domandai
divertita da quella definizione.
Valerio rise, lasciando che i
canini affilati fossero bene in vista.
Aveva superato il trauma della
trasformazione e oramai l'aveva
resa parte di s. Non potei fare a
meno di chiedermi se io avessi

avuta la stessa forza una volta


trasformata, o se piuttosto non mi
sarei odiata.
La porta del bar si apr di nuovo
e ne entrarono Christian e Silvia.
Quando lui mi vide mi sorrise e il
mio cuore manc di un battito.
Sebbene ci fossimo baciati pi di
una volta, non mi ero ancora
abituata all'idea che ero diventata
sua. Era difficile per me, che nella
vita non avevo mai avuto una storia
importante
fino
ad
allora,
convincermi di essere finalmente
amata incondizionatamente. Fissai
tutta la mia attenzione su di lui: i
piccoli graffi che aveva sul viso e

che stavano rimarginando in fretta


gli donavano quell'aria matura che
tanto mi eccitava. Sembrava che
fosse cresciuto sia in altezza che in
robustezza; ma poteva essere solo
una mia impressione. Silvia, vicino
a lui, al contrario, sembrava uno
spettro. Aveva l'aria stanca e triste.
La pelle del viso ricoperta da strati
di fondotinta mi fece immaginare il
peggio: che si stesse trasformando
anche lei? Christian salut sia
Carmine che mio padre; il primo in
tono pi confidenziale, al secondo
in modo pi formale rivolse un
educato buongiorno. Quindi si
diressero entrambi al nostro tavolo.

Ma non appena Silvia not la


presenza di Valerio, sobbalz
spaventata.
Non posso restare qui.
balbett atterrita. Non.
E scapp via prima che qualcuno
di noi potesse fermarla.
Christian mi lanci un'occhiata e
poi fu costretto a inseguire la
sorella. Valerio si oscur in viso e
fin di bere il suo succo. Si alz in
piedi.
Sar meglio che me ne vada.
disse,
visibilmente
turbato
dall'accaduto.
No, aspetta! fu Empira a
parlare imitandolo e balzando in

piedi. Si guardarono per un


brevissimo istante e io mi sentii di
troppo in quel momento.
Carmine e mio padre avevano
osservato tutta la scena ed erano in
attesa di vedere come finisse quella
conversazione. Io e mio padre ci
fissammo. Mi chiesi cosa stesse
pensando, se in seguito alla mia
trasformazione e a scenate simili mi
avrebbe mandata via di casa come
si fa con un cane randagio. In fondo
non avrebbe pi potuto invitare i
suoi colleghi di lavoro per una cena
come aveva fatto tante volte in
passato, o forse portarmi al cinema
o a mangiare una pizza. Se la mia

trasfigurazione fosse stata fisica e


permanente come nel caso di
Lorenzo,
che
cosa
avremmo
raccontato in giro a Roma? Avrei
tanto voluto fargli quelle domande;
ma la sua risposta mi spaventava.
Christian rientr nel bar in quel
momento,
da
solo.
Aveva
l'espressione
preoccupata
e
accigliata. Guard Valerio, e per un
momento credetti che volesse
affrontarlo di nuovo per quello che
aveva fatto a sua sorella. Valerio lo
fiss a sua volta, e tremai al solo
pensiero che potesse scoppiare una
nuova lite che faceva sempre finire
uno dei due ferito e moribondo nel

letto a baldacchino della vecchia


Gilda. Vidi con la coda dell'occhio
Carmine fare il giro del bancone
molto lentamente, quasi fosse gi
pronto per intervenire; aveva avuto
il mio stesso presentimento.
Non te ne faccio una colpa!
parl Christian facendo tirare a tutti
noi un sospiro di sollievo. Non
scappare di nuovo.
Valerio annu con la testa.
Abbozz un sorriso.
Adesso per togliamo il
disturbo, o Carmine dovr tirare gi
la saracinesca e darsi fallito.
continu Christian. Finch noi
maledetti
resteremo
qui
a

gozzovigliare non ci saranno altri


clienti.
Carmine non rispose a
quell'osservazione. Avrebbe forse
voluto dirci di rimanere e in tal
modo sfidare la superstizione dei
Tiepolesi.
Ma non potevamo mettere a
rischio il suo lavoro e infangare la
reputazione del suo bar con la
nostra presenza; per me almeno
aveva gi fatto abbastanza.
Vado a trovare Lorenzo! parl
ancora Christian con voce grave.
Non voglio lasciarlo solo in un
momento simile.
Prima che potesse chiederci chi

di noi volesse seguirlo, eravamo gi


tutti d'accordo nell'imitarlo. Non fu
facile convincere mio padre a
lasciarmi andare, e solo la buona
parola di Carmine lo persuase. Gli
promisi che sarei tornata nell'arco
di un paio di ore, e che non c'era
motivo di essere preoccupati
quando Christian e gli altri erano
con me. Lo vidi fare un enorme
sforzo per non scoppiare a piangere
quando mi diressi verso la porta
d'uscita. Forse non avrebbe mai
accettato il mio cambiamento; e mi
dispiacque terribilmente quando mi
resi conto che non sarei mai stata
la figlia normale che aveva sempre

desiderato.

A casa
In
strada
ci
accolsero
le
occhiatacce sospettose e timorose
dei Tiepolesi. Nessuno di loro ci
salut, ma in fondo non ci
aspettavamo di certo il contrario.
Lorenzo abitava poco prima del
parcheggio e della piazza, dove
c'era una traversa che andava a
ovest verso la valle.
Christian mi raccont che la sua
famiglia si era trasferita in una
piccola villetta isolata in seguito
alla scomparsa di Simo. L'unica
cosa che mi consolava in tutta
quella triste faccenda era che

almeno nella morte della neonata


mia nonna non c'entrava niente.
Incrociammo il vecchio
appoggiato alla sua gruccia, quello
che aveva fatto irruzione in Chiesa
per avvertirci che le ossa di mia
nonna erano state trafugate. Non
appena ci vide, si arrest, spalanc
la bocca atterrito e si affrett a
cambiare strada tornando indietro
da dove era venuto. Io e Christian
ci lanciammo un'occhiata; lui poi
cerc la mia mano e incroci le dita
alle mie. Lo stesso fece un uomo di
mezza et mai visto prima; allung
il passo e per non avvicinarsi troppo
a noi si accost alla parete di una

casa e inciamp nel marciapiede.


Ero indignata; nemmeno fossimo
degli appestati. Cominciavo a capire
come doveva sentirsi mia nonna di
fronte a quelle persone cos
indifferenti verso il prossimo e cos
superficiali nel giudicare gli altri.
Valerio mi annunci che eravamo
quasi arrivati a destinazione quando
incontrammo
Ines
Brambilla.
L'anziana donna camminava a testa
bassa, le spalle curve e la borsa
ben salda al braccio, quasi avesse
paura
che
qualcuno
potesse
derubarla. Quando ci vide aument
la sua camminata senza nemmeno
rivolgerci un cenno di saluto; e dire

che ci eravamo gi viste e parlate


un paio di volte. No, era davvero
troppo. Senza badare a ci che
facevo, lasciai la mano di Christian
e mi mossi per sbarrarle la strada.
La donna fu costretta a fermarsi e a
guardarmi.
Mi
chiese
con
un'espressione atterrita sul volto
che cosa volessi.
Ho visto suo marito, impiccato
al
lampadario
della
mia
cameretta.
rivelai
infischiandomene se fossi passata
per pazza. E ho parlato con sua
sorella Concetta. Il suo corpo si
trova in una delle insenature delle
Colline Brade. Mia nonna la lasci

morire l, per motivi che ora non sto


qui a spiegarle e che forse lei
comprende benissimo. E si ricordi
quindi che io la tengo d'occhio.
La donna, quando pronunciai il
nome di sua sorella sgran gli occhi
cos tanto che ebbi l'impressione
che stessero per schizzarle fuori dal
cranio. La vidi impallidire e per un
momento credetti sarebbe svenuta.
Non riusc a spiccicare una sola
parola. Le sue labbra si mossero a
formulare il nome di Concetta.
Quando poi le ebbi rivolto la mia
minaccia (anche se avevo iniziato a
tremare e non avevo assunto nella
voce
un
tono
abbastanza

convincete) lei vacill e negli occhi


le riconobbi la paura. Christian
torn ad accalappiarmi per una
mano
trascinandomi
via.
Lasciammo Ines Brambilla l dov'era
completamente sbalordita, incapace
di parlare e di muoversi.
Ma che ti saltato in mente?
mi chiese Christian tuttavia senza
rimprovero nella voce.
Io non risposi. Non mi ero
pentita di quello che avevo appena
fatto; se non altro mi ero tolta la
soddisfazione di affrontare a muso
duro uno dei Tiepolesi. Mi chiesi se
mia nonna non avesse cominciato
cos, prendendone di petto uno alla

volta per poi trasformare il suo


disappunto in rabbia verso la
collettivit.
Finalmente arrivammo a casa di
Lorenzo; la sua villetta era
distaccata dalle altre case, una
piccola e graziosa abitazione a due
piani con tetto spiovente e tegole
rosse. Un piccolo giardino curato e
fiorito la circondava, ma non c'era
alcun
tipo
di
recinzione
a
proteggere
la
casa.
Quando
arrivammo davanti al portone,
Valerio suon il campanello. La
porta si apr dopo qualche istante. Il
padre di Lorenzo, che avevo gi
conosciuto in casa di Don Luigi, ci

salut e ci invit subito a entrare;


sembrava felice di vederci. Ci fece
accomodare in un salotto spazioso,
arredato con mobili moderni.
Sua moglie si affacci da una
porta che dava sulla cucina.
Buongiorno ragazzi! esord.
Immagino siete qui per vedere
Lorenzo!
Annuimmo. La donna pos gli
occhi su di me e mi sorrise. Nel suo
sguardo velato di tristezza potevo
riconoscere tutta la sofferenza
provocata dalla morte troppo
prematura di Simo, e dalla
trasformazione di Lorenzo. Temevo
che potesse rivolgermi una delle

domande alle quali ero oramai


solita, relative a mia nonna o
peggio ancora alla discendente.
Doveva sapere oramai che la sua
identit era stata svelata. La donna
mi si avvicin e mi tese la mano:
Non ci hanno presentate a dovere,
Emma Onofri: io sono Elisabetta
Religi, madre di Simona e Lorenzo
come avrai capito. Io e mio marito,
quando fu indetta l'Assemblea, ci
rifiutammo di parteciparvi e cos
non ci siamo mai incontrare prima
se non in quella spiacevole
circostanza a casa di Don Luigi. Mi
dispiace molto per quello che ti
accaduto. Nessuno sospettava di

tua madre. Credevamo tutti che


scappando in citt avesse chiuso
definitivamente con Tiepole.
La ringraziai con voce roca; non
riuscivo ancora ad affrontare
quell'argomento e sentirne parlare
non mi aiutava. La donna si accorse
subito di avermi messa a disagio, e
si scus delle sue chiacchiere
insensate. Quindi mi lasci la mano
e ci invit a raggiungere Lorenzo in
camera sua. Ringraziammo della
cortesia e salimmo le scale.
Ci guid Christian che conosceva
bene dove si trovasse la stanza
dell'amico. Era una delle porte in
fondo che trovammo semichiusa,

ma Christian buss lo stesso prima


di entrare. Lorenzo sedeva di spalle
alla sua scrivania. Ci sent arrivare,
ma non si mosse n si volt. Noi
quattro ci lanciammo delle occhiate,
indecisi su cosa fare o cosa dire.
Poi Christian ci fece cenno con la
mano di aspettare, e avanz verso
l'amico. Prima che potesse dirgli
qualsiasi cosa, Lorenzo si alz in
piedi trascinando la sedia sul
pavimento.
Avete fatto bene a venire.
disse.
Cos
mi
darete
un
consiglio!
Si lev da una parte senza
voltarsi, permettendoci di vedere

due maschere poggiate sulla


superficie della scrivania. Una era la
solita maschera carnevalesca che
indossata avrebbe ricoperto solo la
parte superiore del viso, scura con
merletti di pizzo che la decoravano
ai lati.
L'altra invece era bianca e senza
alcun tipo di decoro; raffigurava la
met di un viso umano, e delle due
era quella che pi m'inquietava.
Sono le uniche che ho trovato
qui in casa. spieg Lorenzo.
Erano dei miei genitori. Le
indossavano per le feste di
carnevale quando io ero bambino.
Sebbene quella scura sia molto

pittoresca, trovo che l'altra faccia


pi al mio caso. Cosa ne dite?
Nessuno di noi rispose.
Fissammo
le
maschere
immaginandoci come sarebbero
state sul volto del nostro amico.
Si, quella bianca fa molto
Fantasma dell'Opera! si decise a
parlare alla fine Valerio. Poi si
diresse verso una delle numerose
mensole appese alle pareti. Frug
tra i CD e ne scelse uno. Quindi
and alla radio per infilarcelo e lo
accese.
Cominciano le tue lezioni di
musica, Emma! disse. Questi
sono i Dashboard Prophets con Bal

ad for dead friend.


Ascolta e
impara!
La canzone inizi; gli accordi di
un paio di chitarre riempirono la
stanza.
Dovevi iniziare da un gruppo
pi semplice! lo rimprover
Lorenzo.
Valerio si volt verso di lui per
sorridergli, ma Lorenzo non gli
permise di guardarlo in faccia.
Afferr la maschera bianca e
l'indoss. Tuttavia non si gir a
guardarci.
Mi vergogno. sussurr.
Memore di quanto era accaduto
(o non accaduto) tra di noi al

cimitero, mi mossi verso di lui. Lo


sguardo e la carezza che mi aveva
rivolto confessandomi in quel modo
i sentimenti che provava per me,
non sarei riusciti a dimenticarli
tanto presto. Lasci che gli
poggiassi una mano su una spalla.
Ma non riuscii a dire nulla di utile e
sensato per consolarlo. Quindi
estrassi
dalla
tasca
il
suo
medaglione.
Questo tuo! dissi posandolo
sulla scrivania. Alla fine servito a
proteggermi perch non mi
accaduto nulla di grave. E anche
Simo mi stata di grande aiuto.
Non sapr mai come ringraziarla.

Lorenzo sussult, ma non rispose


alle mie parole. Allung la mano
sana e afferr il medaglione che
prese a rigirarsi tra le dita.
Tra di noi non cambier nulla!
lo rassicur Christian prima che
potessi riprendere a parlare. Non
vedi che razza di creatura divento io
quando mi trasformo? Sono pi
brutto di Giulio Basile.
E io allora? incalz Valerio.
Guarda che dentatura che ho! Non
posso nemmeno sorridere senza
mettere paura! E ho preso a
ubriacarmi con del succo di frutta.
E io assomiglio all'Urlo di Munch
quando gli spiriti cercano di

impossessarmi di me. aggiunse


Empira.
Io al contrario non avevo nulla in
proposito da dire, poich la mia
trasformazione era ancora avvolta
dal mistero.
No, alla maschera del film
Scream vorresti dire! la corresse
Valerio.
Sono pi o meno la stessa
cosa! intervenne Lorenzo. Per la
maschera del film si sono ispirati al
quadro!
Vedi, avevamo ragione
entrambi! disse Valerio strizzando
l'occhio ad Empira.
Lei annu e chin un poco il

capo; era arrossita.


Che si fa adesso? domand
Lorenzo.
Parlava dandoci la schiena, e io
per non forzarlo a voltarsi gli tolsi la
mano dalla spalla. Guardai Christian
che mi fissava a sua volta. Gli andai
accanto e lui mi cinse la vita con un
braccio; chiss se sapeva quello che
Lorenzo provava nei miei confronti.
Non osavo nemmeno prendere in
considerazione
l'ipotesi
che
potessero affrontarsi a causa mia.
Piuttosto
avrei
smesso
di
frequentarli. Ero l'ultima arrivata tra
di loro, in quel posto. Non mi
sentivo in diritto di scombinare la

loro amicizia. Avevo gi causato fin


troppo clamore con il mio arrivo.
Vuoi dire che si fa questa
sera? chiese Valerio tornando a
rovistare tra i CD sulla mensola.
Christian
gli
lanci
un'occhiataccia; intuiva che Lorenzo
si riferisse a qualcosa di molto pi
importante. Tuttavia non accenn a
piani
imminenti,
ad
attacchi
probabili da parte degli Acriterrani o
a quello che era accaduto al
cimitero. Mi fiss e forse non se la
sent nemmeno di accennare alla
scomparsa delle ossa di mia nonna,
o a quella di mia madre. O alla fuga
della sua. Le ferite erano ancora

recenti, e i ricordi degli scontri


troppo vivi nella mente di tutti per
affrontare subito l'argomento. La
discendente alla fine si era
manifestata, e i piani di Marta
Vasselli erano oramai chiari a tutti.
Non pensiamoci adesso. tagli
corto Christian. Ci sar tempo per
queste cose. Poi rivolgendosi a
Lorenzo: Allora: ci fai vedere o no
come ti sta questa maschera? Te ne
possiamo comprare una nuova.
Lorenzo fece un profondo sospiro
e si volt; il suo aspetto non era poi
cos raccapricciante, anzi. La
maschera gli conferiva un fascino
misterioso. Gli donava. Mi accorsi

che teneva la mano sinistra


affondata nella tasca. Lui not i
miei sguardi e cacci fuori la mano
per mostrare le dita ammantate da
un guanto bianco.
Pura seta. comment come se
quel particolare dovesse giustificare
il suo insolito accessorio.
Ottima scelta! comment
Empira sorridendogli. Che ne dite
di aggiungervi alla cena di questa
sera? A mia nonna non dispiacer
cucinare per qualche persona in
pi!
Accolsero tutti l'invito con
piacere. Solo Lorenzo all'inizio fu
titubante; non se la sentiva di

uscire di casa in quelle condizioni.


Poi cambi idea di fronte alla
nostra insistenza. E mi accorsi di
come fosse tutto talmente assurdo,
parlare di cose futili in un momento
delicato
come
quello;
mascheravamo
la
realt
esattamente come Lorenzo faceva
con la sua maledizione. Ma, in
fondo, che cosaltro avremmo
potuto fare?
Eravamo solo ragazzi condannati
a un'esistenza insolita. E breve.
Candce Giusti,
di anni 22
ne danno il triste annuncio la

famiglia e i Tiepolesi tutti.


Restammo
a
fissare
quel
necrologio per un tempo che
nessuno di noi seppe calcolare. Era
stato appena affisso, in maniera
imprecisa, ancora bagnato dalla
colla. Se non fosse stato cos
l'avremmo
di
certo
notato
scendendo la strada. Candce
aveva cercato pi di una volta di
uccidermi; l'immagine di lei che
brandiva nella mano la lama di un
coltello mi pass davanti agli occhi
pi e pi volte come flash veloci e
impazziti. Eppure di fronte a quel
manifesto provai piet per lei. Non

si poteva morire a ventidue anni


per un motivo cos irrazionale, per
puro fanatismo. Per follia. Chiss se
Carmine l'aveva gi letto. Provai a
immaginare
l'uomo
corpulento
combattere contro la ragazza
gracile sebbene armata di coltello.
Per lui spezzarle il collo non doveva
essere stato tanto difficile. Eppure
gli avrei presto spiegato che la mia
opinione su di lui non mutava, che
rimaneva sempre l'uomo sul quale
si poteva fare affidamento nei
momenti peggiori e che mi aveva
salvato la vita pi di una volta. Lui,
che era stato il primo amore di mia
madre. Forse ogni volta che mi

guardava
immaginava
come
sarebbe stata la sua vita se mia
madre avesse scelto di restare a
Tiepole.
Andiamo ragazzi. parl
Christian facendomi sobbalzare.
Mi cinse le spalle con un braccio
e mi attir a s; aveva ragione, l
non c'era nulla pi da guardare. Mi
chiesi se i Tiepolesi sapessero come
erano andate esattamente le cose,
se erano a conoscenza della natura
infima e squilibrata di Candce.
Christian mi sfior i capelli con le
labbra, quasi come a succhiare via
ogni pensiero negativo. Mi voltai
verso di lui e gli sorrisi. Quando

arrivammo nella piccola piazza


circolare ci fermammo a salutarci.
Seduto sulle panchine c'era un
uomo anziano che sollev il
quotidiano che stava leggendo fin
sopra la testa per non incrociare i
nostri sguardi. Patetico, o meglio:
lavativo e fatalista.
Ragazzi, io mi faccio un giro per
le campagne e cerco qualcosa da
mettere sotto i denti! disse Valerio
senza curarsi di abbassare la voce.
Mi parve che le pagine del giornale
del vecchio seduto sulla panchina
tremolassero nelle
sue
mani
rugose.
Empira, tu vieni con me? le

domand. Posso darti uno strappo


con il mio furgone.
Empira attese qualche secondo
prima di annuire. Chin lo sguardo
a terra, visibilmente agitata. Poi si
affrett a salutarmi dandomi un
bacio su una guancia. Segu Valerio
che si era gi avviato fischiettando
gi verso il parcheggio. Mi
domandai come fosse possibile che
lui non si fosse ancora accorto dei
sentimenti che la sua amica
provava nei suoi confronti; eppure i
suoi sensi dovevano percepire
l'odore delle sensazioni di Empira
come accadeva per me. Forse
fingeva solo per non metterla in

imbarazzo.
cos felice di aver trovato
finalmente un'amica! comment
Christian
seguendola
con
lo
sguardo. Sai, lei stata la mia
prima fidanzata.
Mi voltai verso di lui e lo vidi
sorridere tra s.
Avevamo circa sette o otto
anni. continu guardandomi. Poi
abbiamo litigato perch io le ruppi
una bambola. Allora lei s'infuri e si
trasform. Da allora cambiato
tutto.
Torn serio. Pronunci quelle
ultime parole con tono grave. Io gli
afferrai una mano e incrociai le dita

alle sue. In quel modo risalimmo la


strada per tornarcene a casa. Non
potevo tardare ancora, o mio padre
sarebbe
morto
per
la
preoccupazione e per l'ansia di non
vedermi tornare. Restammo in
silenzio; incrociammo per strada
qualche Tiepolese, prima una
donna poi un uomo. E infine una
coppia
di
bambini
che
schiamazzando rincorrevano una
palla; iniziavo a chiedermi se in
quel posto ci fossero o meno dei
ragazzi pi giovani di noi. Uno di
loro ci salut con la mano,
sorridendomi come se fossi una
vecchia
conoscenza;
beata

spensieratezza.
Christian si ferm sotto l'arco di
pietra. Mi invit a guardare lo
stemma.
Le nostre famiglie sono state
nemiche un tempo. cominci. Ti
ho gi raccontato la storia degli
amanti di Tiepole.
Gi, quella tristissima storia. Ho
visto la loro tomba, dovremmo
portargli
dei
fiori.
feci
io
sospirando. Noi non finiremo come
loro, no? Non seppi mai dove
trovai il coraggio di rivolgergli
quella domanda. Mi pass dal
cervello alla bocca senza nemmeno
accorgermene. Christian mi fiss

senza parlare.
Hai paura? mi chiese dopo un
lungo ed estenuante silenzio.
Ho paura che possa cambiare
qualcosa tra di noi quando mi
trasformer anch'io! rivelai tutto di
un fiato, la voce tremante e bassa.
Lui abbozz un sorriso. Mi pass
delicatamente le dita su una
guancia. Non cambier nulla. mi
sussurr.
Mi baci tenendomi cos stretta
che smisi di respirare. Mi baci
incurante degli sguardi dei Tiepolesi
che sapevo ci spiassero dalle
persiane socchiuse.
Ci separammo davanti al mio

portone. Vidi che mio padre era


affacciato alla piccola finestra della
cucina e badai bene a prendere le
distanze da Christian, prima che
potesse vederci in atteggiamenti
troppo intimi. Il nostro rapporto in
effetti era divampato molto, troppo
in fretta. Sensazioni di questo
genere erano insolite per me; il
rapporto pi lungo che avessi mai
avuto era stato di un mese, e
comunque il sentimento non era
stato cos intenso da contorcermi le
viscere ogni volta. E quando gli
lasciai la mano avvertii subito un
senso di disagio; mancava al mio
corpo qualcosa, e la lontananza da

lui iniziava a ferire come la


mancanza di un arto.
Promettimi di fare un giro con
me quando avr aggiustato la mia
moto! mi disse.
Annuii. E stavo per chiedergli di
sbrigarsi perch ero ansiosa di
sfrecciare per le campagne di
Tiepole con lui, quando mio padre
mi chiam invitandomi a salire in
casa. Il suo sguardo fisso su di noi
mi infastidiva; il suo atteggiamento
mi riemp d'imbarazzo.
Devo andare.
Christian annu. Mi guard e gli
lessi negli occhi il suo desiderio di
baciarmi ancora. Quel bisogno

stava diventando quasi fisico,


impellente. Mio padre mi chiam di
nuovo, e questa volta fui davvero
costretta a ubbidirgli.
Ci vediamo stasera! mi disse
lui prima di andarsene.
Salut mio padre con un cenno
della mano, al quale lui rispose di
malavoglia. Quindi gir i tacchi, apr
il portone di casa sua e vi entr
scomparendo dalla mia vista. Io mi
voltai a lanciare un'occhiataccia a
mio padre che non trovai pi
affacciato alla finestra. Lo capivo
quando si preoccupava per me; in
fondo avevano pi volte cercato di
rapirmi, ma non sopportavo che si

immischiasse
nella
mia
vita
privata.
Sapeva che Christian fosse un
bravo ragazzo e che mi voleva
bene, pi volte aveva rischiato la
sua vita per salvare la mia. Non
capivo che cosa temeva.
Il portone di casa era socchiuso;
non appena lo spalancai mi ritrovai
faccia a faccia con Silvia. Sobbalzai
per la sorpresa.
Silvia, ciao. Che cosa. biascicai
sbalordita di trovarla in casa mia.
La pelle del viso era livida;
evidentemente avrebbe dovuto
utilizzare un fondotinta pi scuro.
Gli occhi apparivano stanchi e

arrossati. La sua espressione era


indecifrabile. Feci per chiederle
ancora che cosa ci facesse in casa
mia; un terribile sospetto mi sfior,
il timore che si fosse trasformata di
colpo e avesse fatto del male a mio
padre mi costrinse quasi a
chiamarlo per nome e farlo
accorrere. Ma lei mi si accost
guardandomi fissa negli occhi.
Tua madre scomparsa!
bisbigli in tono che non tradiva
alcuna emozione. Anche la mia!
Questo ci accomuna!
Io annuii, confermando la
veridicit delle sue parole; ma non
capivo dove volesse arrivare. La sua

voce mi fece rabbrividire.


Tuttavia, io e te non saremo
mai uguali. aggiunse cadenzando
bene le parole. Perch tu
diventerai una strega e io un
vampiro. L'ho sognato questa notte.
E ti conviene lasciar perdere mio
fratello, perch quando la sua
trasformazione sar completa
molto probabile che ti divorer!
Sillab quell'ultima parola. Io la
fissai completamente disorientata.
Il cuore inizi a pulsarmi nella vena
del collo; un brivido mi percorse la
schiena. Non trovai le parole giuste
per
risponderle
o
chiederle
spiegazioni. Silvia mi mostr un

sorriso
che
poco
aveva
di
amichevole.
Poi
mut
atteggiamento cos repentinamente
che mi turb: il volto le si rilass e
si volt per salutare mio padre con
voce argentina. Salut anche me
dicendomi che ci saremmo riviste
presto, e lo fece con una
naturalezza tale che sembr aver
dimenticato le minacce rivoltemi
solo un istante prima. Mi levai da
una parte per farla passare. Lei apr
il portone e usc richiudendoselo
alle spalle. Riflettei su quanto era
appena accaduto e non potei fare a
meno di ripensare alle parole che
Christian mi aveva rivolto solo

qualche giorno prima: quando il


mostro che in me prender il
sopravvento sar meglio per te non
farti trovare pi a Tiepole.
Che cos'hai? mi chiese mio
padre comparendo sulla porta
dell'ingresso.
Alzai le spalle. Nulla. mentii.
Tentai di mascherare il mio
turbamento.
Comodo per chiamarti dalla
finestra! mi disse sforzando un
sorriso. Si risparmia sui costi del
telefono. In citt questo non si
potrebbe fare con tutto il caos del
traffico!
No, in citt no. Ma qui non

siamo pi a Roma, pap. risposi.


Lui annu con la testa.
Mi daresti una mano in cucina?
Non che me la cavi un granch.
Restai ferma dov'ero. Lanciai
un'occhiata alla porta d'ingresso
dalla quale era appena uscita Silvia.
Perch era qui? chiesi.
Non riuscivo a togliermi dalla
mente il sospetto che avesse detto
o fatto qualcosa a mio padre.
Ci siamo incontrati mentre
tornavo a casa. rispose mio padre
in tono naturale. Non mi sembrava
che stesse tanto bene, cos l'ho
invitata a salire un momento.
Perch non avrei dovuto farlo? Non

una tua amica?


Io mi sforzai di annuire per non
farlo preoccupare. La definizione
non era poi tanto corretta; Silvia
mutava atteggiamento nei miei
confronti a seconda dell'occasione e
del suo umore. E poi non mi fidavo
ancora completamente di lei; il
fatto che Valerio forse l'aveva
contagiata la rendeva pericolosa
quasi quanto suo fratello. Quando il
mostro che in me prender il
sopravvento. Le parole di Christian
mi riecheggiavano nella testa
colpendomi
come
il
martello
sull'incudine.
Allora, mi aiuti oppure no? mi

domand
ancora
mio
padre
vedendomi immobile sulla porta
dell'ingresso
e
assorta
completamente in quei pensieri.
Scelsi di apparecchiare la tavola
nonostante fossero da poco passate
le undici; avevo bisogno di svolgere
una mansione che mi tenesse
occupata la testa e le mani, e che
soprattutto mi tenesse alla larga da
mio padre ancora il tempo per
riflettere su tutto quello che mi era
accaduto. Disposi i bicchieri al
centro, in fila, proprio come aveva
l'abitudine di fare mia madre. Mi
mancava terribilmente; da quelle
piccole e sciocche cose me ne sarei

accorta. Ma impedii a un nodo


fastidioso di chiudermi la gola; mio
padre se ne sarebbe accorto e
avremmo di nuovo iniziato a
discutere sulla scelta di mia madre,
su Tiepole e forse sulla mia
prossima trasformazione.
Non ne avevo la forza, n la
voglia. Quindi aiutai mio padre a
pelare le patate; lo facemmo in
totale silenzio, e di questo non mi
dispiacque. Quando finimmo, lui si
offr di cucinare la carne dicendomi
che potevo andare a riposarmi se
volevo. Era preoccupato per il mio
aspetto emaciato; nemmeno una
settimana a Tiepole ed ero

dimagrita vistosamente. Io declinai


l'invito,
e
preferii
piuttosto
affacciarmi alla piccola finestra
dell'angolo cucina che dava proprio
sulla casa di Christian. Sospirai e
pensai a quello che mi aveva detto
Silvia.
Sarei stata davvero in pericolo
accanto al ragazzo che amavo? Poi
il pensiero ricorse ancora a mia
madre; mi chiesi dove si trovasse in
quel momento, che cosa stesse
facendo. E mi tornarono alla mente
le ossa di mia nonna. Avevo letto
sul viso della vecchia Gilda, quando
le
avevo
detto
della
loro
scomparsa,
un
misto
di

preoccupazione e terrore sebbene


avesse cercato di nasconderlo. I
guai non erano ancora finiti, me lo
sentivo. Potevamo anche aver
sconfitto i Teschi, scoperto alla fine
chi fosse la discendete e quello che
voleva farne con il mio sangue. Ma i
problemi erano appena iniziati.
Sospirai di nuovo. Non avevo paura.
Ne avevo passate cos tante
nell'arco di una sola settimana (cos
poco tempo!) che mi ero abituata a
tutto quello. Spettri, mostri e
maledizioni erano entrati a far parte
del mio mondo oramai.
E ora non mi rimaneva altro che
attendere il momento in cui mi

sarei trasformata anch'io; in quel


modo tutta la verit sarebbe venuta
a galla, e il cerchio di incertezze si
sarebbe finalmente chiuso.
E di un solo pensiero ero sicura:
dopotutto, ero a casa.

Appendice A:
Tratto dal a Storia di Tiepole
(autore anonimo)
Sulla fondazione di Tiepole.
La comunit di Tiepole nacque
nel 1823. Essa fu fondata da
Tiepolo Costantini e dai suoi
discendenti e seguaci che staccatisi,
dal paese di Acriterra valicarono la
montagna denominata Parzica per
ridiscendere poco pi a valle. Ci
avvenne in seguito a una disputa
tra la famiglia Costantini e le
autorit Acriterrane, in merito a ci
che fu chiamata allora antica
magia.

Tiepolo Costantini si accost,


ignote sono ancora le ragioni, a
pratiche definite pagane e fu pi
volte visto praticare culti esoterici.
Si diceva che avesse un altare dove
offrire sacrifici agli dei, che parlasse
con gli spiriti e che avesse osato
riportare in vita l'ultima di una delle
figlie, nata morta. Tutto ci andava
a cozzare contro il puritanesimo e la
forte religiosit di Acriterra; Tiepolo
fu cos bandito dal paese (si dice
che fu trovato a profanare una
tomba e prelevare pezzi di
cadavere). Assieme a lui tutta la
sua famiglia: sua moglie Costanza e
i quattro figli, Guido Cesare, Viviana

e Fiammetta. Si unirono a loro i


membri della famiglia Vasselli. Poco
si sa a proposito di tale clan
familiare; il pater famiglia fu un
certo Oreste Vasselli. Lo segu sua
moglie Maria Luce, e le tre figlie
Lucia,
Lucrezia
e
Virginia.
Arrivarono poco pi a valle della
montagna, vicino alle cosiddette
Colline Brade.
Si stanziarono in abitazioni
provvisorie, costruite con le loro
forze.
Dopo circa una settimana dalla
loro permanenza, le due famiglie
vennero raggiunte dai seguaci di
Tiepolo che lo avevano difeso

durante il lungo processo nel quale


fu condannato in contumacia per
aver procurato agli Acriterrani una
vita di scontenti e maledizioni in
seguito a una sua presunta gravosa
fattura.
Tali seguaci comprendevano i
coniugi Cervigni (Gugliemo e Anita)
i quali sostennero durante il
processo
che
Tiepolo
aveva
prestato loro aiuto con le sue arti
divinatorie; un medico allontanato
dalla sua professione perch
accusato di curare i suoi pazienti
con
metodi
poco
ortodossi
(preghiere e talismani al posto di
farmaci); e un gruppo numeroso di

giovani ragazze e ragazzi, adepti di


Tiepolo. Giorno dopo giorno,
mattone dopo mattone Tiepolo e i
suoi seguaci edificarono parte del
paese che possiamo ora ammirare.
I Costantini e i Vasselli si posero a
capo della
piccola
comunit,
decidendo all'unisono che essa
dovesse assumere il nome del suo
ideatore. Tiepolo assunse il titolo di
podest; Oreste Vasselli divenne il
suo consigliere di maggior fiducia. Il
paese crebbe nell'arco di una
manciata di anni (si dice che le
donne
vennero
costrette
a
procreare
unicamente
per
accrescere il numero di abitanti). Si

sospetta addirittura che i Tiepolesi


rapissero i giovani e i bambini dei
paesi poco distanti e della citt
perch la comunit crescesse a
dismisura. Venne edificata una
Chiesa, costruito un piccolo cimitero
e un modesto edificio fu adibito a
scuola elementare. Gli abitanti
vivevano dei frutti della campagna
circostante,
di
caccia
e
di
allevamento.
Oreste Vasselli mor nel 1874, in
circostanze
misteriose
(come
affermano
le
pochissime
testimonianze rinvenute). E ci fece
divampare la miccia accesa gi da
tempo: scoppi un violento conflitto

tra le due famiglie, i Costantini e i


Vasselli. Tiepole attravers gli anni
pi cupi e duri della sua storia. La
terra si macchi di omicidi, e bevve
il sangue dei suoi abitanti. S'infett
con quella che continuavano a
denominare tutti antica magia. Le
contese si conclusero con la vittoria
dei Vasselli; Tommaso, figlio di
Lucia e nipote di Oreste, si
autonomin nuovo podest del
paese. Si dice che Tiepolo lasci
quella terra e si rifugi nelle Colline
Brade.
Non vi fece pi ritorno. Il suo
corpo venne ritrovato nel 1896,
anno in cui si presume sia morto.

Egli aveva da poco compiuto cento


anni, ma ne dimostrava almeno una
ventina
di
meno. Ci
fece
accrescere la leggenda sorta
attorno alla sua figura. Alcuni
ritengono che egli possedesse il
segreto dell'eterna giovinezza e che
fosse prossimo a scoprire quello
dell'immortalit.
La vita a Tiepole prosegu, e
l'antica magia con tutto ci che le
era attorno, venne dimenticata. I
Vasselli persero il titolo di podest
nei primi anni del '900. Da allora,
per decisione unanime e per il bene
e la sopravvivenza della comunit
stessa, si alternano sindaci che non

siano discendenti diretti delle due


famiglie. I Tiepolesi e gli Acriterrani
non ebbero pi alcun tipo di
rapporto, e per il bene di tutto
spero continui a essere cos.

Appendice B
Dalla Storia di Tiepole (autore
anonimo)
Su Acriterra
Acriterra deve il suo nome alla
costituzione del terreno, duro e
pietroso, davvero difficile
da
lavorare. Il paese ha una lunga
storia; era piccolo agglomerato
urbano ai tempi del medioevo
(testimonianza di quel periodo la
rocca restante del castello dei
Savini) venne abbandonato durante
gli anni del Rinascimento, per poi
tornare ad essere Comune operante
nel tardo Risorgimento; di questi

anni la massiccia evoluzione


demografica. Il paese sorge ad
ovest della montagna denominata
Parzica. Nonostante sia un paese
arroccato sulla roccia, Acriterra pu
vantare un esiguo numeroso di
turisti che accorrono soprattutto nel
periodo estivo durante il quale si
festeggia
il
Santo
Patrono,
Sant'Antemio, nemico acerrimo
delle eresie. La sua storia legata
a quella di Tiepolo Costantini, al
quale diede i natali, e secondo
alcuni egli ha lasciato in quella terra
molte tracce di s.
Storica anche la rivalit tra
Acriterra e Tiepole, non risoltasi

ancora.

Appendice C
Dalla Storia di Tiepole (autore
anonimo)
Sulle Strigi
Il termine Strige deriva dal latino
strigem,
uccello
notturno,
carnivoro.
Nel medioevo da tale nome
deriv
quello
di
strega,
comunemente designata come una
donna dai poteri occulti dedita a
male e a rapporti con il male. Si
dice che una donna si possa
trasformare in una Strige a seguito
di una potente maledizione. La
trasformazione avviene in maniera

lenta ma permanente.
A Tiepole furono ben tre le
donne afflitte da tale sciagura:
Bianca Di Bernardo (nel 1852),
Savina detta la Guercia (nel 1902) e
Diana Fiore (nel 1913). Si dice che
la loro mutazione fu diversa,
riguard ora il lato prettamente
fisico, ora quello mentale. In
comune le tre donne ebbero solo la
pazzia, che le port a una fine
precoce. I Tiepolesi si guardano
bene da tali maledette, poich
recano in ogni caso sciagure e
morte.
Non ancora chiaro quali poteri
abbiano; anche in questo caso ci

sono molteplici e svariate soluzioni.


Si dice che Savina la Guercia
sapesse riportare in vita i morti, che
profanasse le tombe e si cibasse dei
resti. Diana Fiore, secondo le poche
testimonianze pervenute a noi, fu
vista pi volte girare di notte con un
seguito di fantasmi e vampiri;
amava adescare le vittime ignare
per straziarle. Mentre poco si sa a
proposito di Bianca di Bernardo;
alcuni dicono che abbia lasciato il
paese e che abiti ancora nelle
Colline Cave. Certo che la
sventurata che incappa per errore o
malignit in tale maledizione,
subir una catastrofica mutazione;

e bui torneranno a essere i tempi di


Tiepole se ci dovesse accadere.

Ringraziamenti
Questo libro forse non sarebbe
mai uscito dal mio pc senza
l'incoraggiamento di Argeta Brozi,
che ha da subito creduto nella
storia di Emma e di Tiepole. Grazie
mille Argeta! Il tuo entusiasmo ha
accresciuto il mio.
Un ringraziamento speciale va a
Elisabetta
Baldan,
la
mia
insostituibile grafica nonch amica
distante ma molto vicina al mio
cuore. Grazie ancora per il tempo
che dedichi a me e alle mie storie,
dando loro forma e vivacit.
Grazie anche a Silvia Elisebba e

a
Rosa, perch durante le
presentazioni danno voce ai miei
libri e sono certa lo faranno ancora
inseguendomi su e gi per
manifestazioni e paesini.
Grazie alla mia famiglia perch si
rassegnata e ha capito quanto sia
importante per me la scrittura; e
anche se tutti cercano ogni volta di
riportarmi coi piedi per terra, mi
lasciano alla fine sognare in
tranquillit e pace.
E un ultimo grazie, ma non meno
importante, a te lettore che sei
arrivato fino a qui. Grazie per aver
vagato assieme a me per le
stradine di Tiepole, grazie per aver

riso e sofferto con la mia Emma e i


maledetti.
Ricorda sempre che la
trasformazione insita in ognuno di
noi, e sforzati sempre in questo
mondo di fare la differenza.

Butterfly Edizioni
Volumi pubblicati
AA.VV., Sussurri dal cuore... e dalle
tenebre BELLEZZA MASSIMILIANO,
Quando cala il buio
BELLINI LAURA, Il mondo dopo
te
BENZ RICHARD, Il fascino della
morte
BOCCACCI NADIA, In viaggio con
te
BOIOCCHI PAMELA, Il cuore
insanguinato
BROZI ARGETA, Tentazioni
BROZI ARGETA, Al di l di te
CARNIERI LETIZIA, Il Cavaliere

timido
CINGOLO MARIA STELLA, Ti
dipingo il mio colore addosso DE
LORENZI
DEBORA,
L'imbroglio
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DI GAETANO TERESA, La sabbia
delle streghe la leggenda di
Primrose
DI GAETANO TERESA, Senza di
te
LEO VIVIANA, L'altra met della
mela
MODOLO ROBERTO, Il tesoro
della Vera Cruz
NAPOLI
FRANCESCA,
L'inquietante urlo del silenzio
PAOLONI
ALESSANDRA,
La

discendente di Tiepole PIAZZA


MICHELA, Mary Read - di guerra e
mare
SACCON MARISA, Le streghe di
Dominique
SCARABELLI ANTONIETTA E
SILVIA, Ho sposato uno struzzo
SCIBILIA SILVIA, 6 in stand-by
SIENA MARCO, Le nove stelle
Per conoscere i nostri autori:

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Indice
Presentazione
Colophon
Dedica
PROLOGO
L'arrivo e l'inizio
La scoperta
Il rapimento
La terribile verit
L'eredit
Un clima ostile
Vite maledette

2
5
8
9
11
49
90
145
181
223
259

La vecchia Gilda
Tutto cambia
Il primo folle piano
A casa della strega
L'Assemblea
La tomba trafugata
L'aggressione
Scelte difficili
Maledetti e maledizioni
La maledizione di una
Strige
Attacco nella notte
Sconcertanti rivelazioni

345
401
522
585
673
751
773
823
867
892
919
944

Restare, nonostante tutto


Molti, troppi cambiamenti
La discendente
Marta Vasselli
Le parole giuste di una
strega
Libera di accettare il
destino
Ritorno alla normalit
A casa
Appendice A:
Appendice B
Appendice C

990
1035
1065
1084
1115
1150
1203
1261
1307
1316
1319

Ringraziamenti
1323
Butterfly Edizioni - Volumi
1326
pubblicati

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