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FONDAZIONE GUIDO PICCINI

per i diritti delluomo onlus

Potere e governabilit
Nellaccezione pi diffusa il potere, rimanda sempre a pochi che si
ritengono investiti di un ruolo di rappresentanza della e dalla maggioranza, in
qualsiasi campo, da quello pi specificatamente politico a quello economico,
culturale, sociale
Governabilit rimanda ad un ruolo attivo della societ civile e alla sua reale
rappresentativit non per delega, ma attraverso meccanismi reali di
partecipazione alla cosiddetta cosa pubblica.
Governabilit intesa non nel senso di durata di un governo ma di
azione duratura per il benessere collettivo, per un progetto di societ che si
realizza nel tempo; quindi come servizio al bene comune, al buen vivir e
non come mero esercizio di potere.
La governabilit d autorit, nel significato di autorevolezza, perch
diversamente dal potere che simpone e non tiene conto del consenso reale ha
lautorit riconosciutale dalla societ che sceglie chi ritiene in grado di
assicurare lesercizio del servizio socio-politico alla collettivit.
Il potere , praticamente, espressione di forza e per governare non ha
bisogno di alcun consenso ma si afferma con imposizione, morale e fisica,
mentre lautorit di governo opera della ragione, viene dal consenso della
comunit e si esercita e sottopone alla critica sociale.
Di fatto, la governabilit un processo di razionalizzazione dellesercizio
del potere al quale d legittimit, per quanto riguarda la sua origine. Esige,
quindi, razionalit nellesercizio e nel progetto politico-sociale-culturale di un
paese, permettendo di superare la frammentazione politica e la polarizzazione
sociale per la definizione e il raggiungimento degli interessi generali ed un
sistema equilibrato di rapporti.
La governabilit il diritto dei cittadini ad essere guidati con giustizia,
equit, responsabilit, efficacia, capacit di servizio in poche parole il diritto
ad un buon governo.
Fondamentale , quindi, il ruolo della societ nellesercizio del governo.
Per societ civile sintende una societ laica, cio senza alcun dogma, non
solo religioso ma pure ideologico, al di l della sua espressione filosofica una
societ illuminata dalla ragione e dal suo processo conoscitivo.
In questo sentire, la laicit il contrario di ogni ortodossia o ideologia e
accompagna il processo storico nella crescita di una sempre nuova conoscenza
dei valori e dei diritti. Per assicurare il progresso storico dellintera umanit,
Fondazione Guido Piccini per i diritti delluomo onlus
via Terzago 11
25080 Calvagese della Riviera (BS) Italy
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tutto deve essere messo a disposizione del singolo e della comunit, intesa come
sintesi delle variegate e ricche tradizioni e culture di ogni popolo.
Quando si afferma che la societ civile la depositaria dei valori collettivi,
dei principi ritenuti essenziali in ogni determinato momento storico, necessario
sottolineare che ci si riferisce ad una societ civile matura, pluralista, aperta
culturalmente, socialmente, con unetica basata su diritti e valori e non su
egoismi, interessi individualistici, istinti pi o meno emotivi Senza queste
caratteristiche non pi una societ civile in grado di garantire la vera
democrazia, il benessere individuale e collettivo attraverso la partecipazione
popolare e il controllo sullo Stato come uno dei limiti del suo potere.
In questa universale societ, al di l degli essenziali valori come ragione,
coscienza, creativit comuni alla persona umana, si incontrano i vari percorsi
di crescita nel cammino storico delle diverse civilt.
Il Potere, invece, sempre frutto di un'ideologia, laica o religiosa, e vuol
imporre alla pluralit e variet delle esperienze, modelli di vita, norme, leggi che
condizionano le scelte dei singoli e della collettivit.
Infatti, il Potere come tale ha due essenziali caratteristiche:
1. espressione di pochi, sia nella sua conquista che nella sua permanenza e
continuit; la democrazia, anche quella usata per conquistarlo, diventa, se
va bene, teledemocrazia, democrazia apparente, di bassa intensit;
2. frutto di conquista e imposizione, ottenuta, quasi sempre, con la
violenza delle armi e il possesso del denaro, una democrazia
comperata.
Potere, forza e denaro sono realt interdipendenti che agiscono in apparenti
dialettiche democratiche.
Del resto, nulla giustifica il Potere, perch nulla ad esso dovuto.
Esiste, invece, un obbligo naturale di mettere al servizio comune i doni della
ragione e della coscienza: ricerca della verit, crescita comune del sapere, etica e
morale come dovere di convivenza costruttiva, il vero fine del processo storico
dellumanit.
evidente che una simile convivenza e cammino non si realizzano
spontaneamente, ma sono frutto di scelte e finalit che contrastano con
legoismo, personale e/o comunitario, di unlite prevaricatrice
Ecco allora la necessit di governabilit.
Mentre, ripeto, il potere espressione di pochi o, meglio, al servizio
dellegoismo di pochi, la governabilit nasce, si concretizza nel servizio alla
comunit.
A sua volta la comunit crea quella governabilit che le garantisce la
realizzazione di valori come luguaglianza, la giustizia, il mutuo aiuto, la
convivenza, la pace, il rispetto della dignit personale valori che sono alla
base della stessa governabilit per realizzare, in un progetto concreto e
universale, una politica che ne fissa e ne giudica i parametri.
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Il potere, laico o religioso che sia, non si mette mai sub iudice anzi, si
autogiustifica nella sua essenza, presenza e nellagire.
La governabilit, invece, costantemente sotto processo non solo sulle idee
ma sulla loro attuazione politica; realizza nel tempo le conquiste storiche
dellumanit, anche quelle ottenute con aspre lotte perch conserva non solo la
politica, lazione, ma lanima di quelle lotte e conquiste, cos il passato storico
di ideali ed aspirazioni diventa la base e la forza del suo esercizio di governo.
Mentre il potere di pochi, pur avendo radici lontane intrise di sacrifici, lotta
e sangue, portato a dimenticare tutto ci che lha preceduto e a sacrificare il
passato, i suoi ideali e lotte per legoismo e il benessere di una falsa lite, la
governabilit cerca di realizzarli nel divenire mutevole della storia.
La dimostrazione sotto gli occhi di tutti, negli stessi fallimenti
rivoluzionari. E ci in ogni orizzonte, sia laico che religioso.
Qualsiasi istituzione ecclesiale ortodossa, cattolica, protestante , se
analizzata con la libert della ragione, espressione del tradimento storico
concreto e ideologico del rivoluzionario messaggio di Ges, il Nazareno, per
giustificare un potere religioso che tenta di imporsi alla ragione e pretende di
dominare la coscienza stessa del presente e del futuro. Cos avvenuto per
lislam, la religione ebraica
E potremmo anche chiederci che n stato della rivoluzione in Russia, in
Cina? che n stato delle rivoluzioni latinoamericane Brasile, Venezuela,
Guatemala, El Salvador, delle aspirazioni e ideali della rivoluzione sandinista, in
Nicaragua?
Proprio sulla scia di quella rivoluzione che cre ovunque un incredibile
entusiasmo per la vittoria di una democrazia di popolo sulla dittatura sostenuta,
tra altri, dallimperialismo di Reagan iniziammo una riflessione, con i
compagni nicaraguensi, sul Potere.
Quale futuro aveva davanti il popolo rivoluzionario del Nicaragua, dopo
aver pagato cos duramente la sua vittoria con tanti sacrifici e sangue? quella
terra martoriata ma fondamentalmente libera, quali frutti poteva raccogliere?
Impegno concreto per libert, giustizia, uguaglianza e, soprattutto, nessuna
particolare concessione per classi da sempre privilegiate, ma uguali opportunit
per ogni suo figlio la vittoria su dittatura, oppressione e disuguaglianza era
realizzata e doveva iniziare un nuovo tempo.
Ma chi avrebbe governato questo cambiamento? Chi lavrebbe difeso da
ogni tentazione di potere?
La Fondazione Guido Piccini tenne vivo negli anni con las compaeras y
compaeros nicaraguensi il dialogo su questa nuova concezione di potere che si
esprimeva nella quotidianit di tutto il popolo analisi che partivano dal cuore
del Nicaragua profondo, dai suoi intellettuali veramente organici alla loro
gente, dal mondo cristiano sia cattolico che protestante, determinante nella
lotta di liberazione analisi che si mettevano a confronto con le riflessioni
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provenienti da fuori dal Nord, si diceva Europa e Stati Uniti, in uno
scambio che arricchiva tutte le posizioni e apriva prospettive nuove a livello
mondiale.
Insieme ad un gruppo di solidariet, nel giugno del 2000, ci incontrammo
con alcuni esponenti del vero sandinismo, persone che avevano partecipato in
prima linea nella rivoluzione e che erano state determinanti per il progetto
politico del paese.
Nel 2000 molti frutti della lotta rivoluzionaria erano ormai stati persi,
distrutti in deleteri compromessi.
Si percepiva nei settori della societ rimasti pi legati alla lotta di
liberazione un senso di sconforto profondo, una delusione cocente, un autentico
tradimento
Perch? Un nuovo potere (se il potere pu mai essere nuovo) si era forse
impadronito di quella meravigliosa speranza e di quelle realizzazioni frutto della
rivoluzione di una societ intera, governata da chi aveva lottato per tanti anni?
Un governo rivoluzionario, di popolo, aveva realizzato questa nuova
primavera ma poi, prima che arrivasse a piena maturazione, un Potere stava
violando il passato distruggendo i frutti di una difficile, luminosa vittoria. E non
tanto il potere che veniva da fuori, con il suo complesso di pressioni e ricatti,
ma un potere nato allinterno e proprio da settori e persone che dichiaravano ai
quattro venti di difendere la rivoluzione da pericolosi tradimenti!!!
Su queste amare riflessioni, con gli amici del Nicaragua (Molina, Centro
Valdivieso, gruppo Amanecer, promotori popolari, intellettuali, operatori
sociali, volontari di una solidariet internazionale presenti da sempre in
Nicaragua) si cerc di riflettere e trovare una risposta a questa involuzione
storico-politica.
Il 16 luglio 2000 scrivevo in un documento alla Commissione di Cultura della
Fondazione Piccini:

Ho voluto lincontro con Uriel Molina per conoscere pi a fondo e in


modo veritiero la specificit unica della rivoluzione nicaraguense, quel
connubio profondo tra vangelo e rivoluzione, tra credente e non credente,
uniti in modo cos singolare nella lotta di liberazione e nellutopia, in
parte realizzata, di una societ nuova.
Lesperienza del Nicaragua racchiude in s tutte le tensioni, le lotte, le speranze ed i
possibili successi dellAmerica Latina.
Lo stretto connubio tra vangelo, realt sociale, lotta politica, cos nuovo e cos antico
per ogni credente che vuol rifarsi alla genuinit del messaggio cristiano, vissuto nel
travaglio del pensiero, della ricerca culturale, nel tessuto pi profondo della societ.
Dal 1960 ad oggi, il popolo nicaraguense - non solo nei suoi uomini migliori, ma nelle
masse povere dei suoi campesinos, delle favelas cittadine - ha vissuto, e vive tuttoggi,
nonostante le apparenze, una profonda trasformazione, che va dalla politica del
quotidiano alla fede di ogni momento.
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Italo Valent, indimenticabile docente di filosofia presso lUniversit di
Venezia, nelloccasione invi unanalisi sul potere, una riflessione che riteniamo
sempre pi attuale per il momento storico che stiamo vivendo, dinanzi ad uno
scontro di poteri politici, economici, religiosi che rischia di portare la societ
mondiale in un cammino di oscurit globale.
Renato Piccini
19 luglio 2016

Brescia, 31/7/2000
Caro Renato,
prendo volentieri spunto dal progetto di ricerca che ci sottoponi e dalle tue
importanti osservazioni al riguardo, per abbozzare qualche considerazione in
ordine sparso. Il tema mi sembra cruciale; e non solo per il cristiano. Si tratta
infatti di rileggere, attraverso un'esperienza cos ricca e nuova come quella della
rivoluzione del Nicaragua, l'antico enigma della Potere, e della Politica come
arte della gestione-digestione del Potere. Uso liniziale maiuscola per
sottolineare una prima difficolt del nostro immaginario: sia nella politologia
professionistica sia in quella irriflessa della societ di massa sia in quella
selettiva di circoscritte pratiche militanti si finisce per dare per scontato la
grandeur del Potere, con un atteggiamento di astrazione e idealizzazione (che
pu essere di segno negativo o positivo, repulsivo o attrattivo) che ipostatizza il
Potere, e lo rende pi grande di quel che effettivamente (per non dire, che
l'istituzione stessa del Potere ha questa intrinseca e specifica propriet: di
apparire sempre pi grande di quel che , come qualcuno ha detto del
progresso).
Qui non voglio toccare le sedimentazioni pi profonde del nostro modo di rappresentarci il
Potere. Basta richiamare analisi da tempo insediate quasi come un luogo comune nella
razionalit scientifica: limpossibilit di determinare nessi necessari tra i fatti (cio, dati che
per se stessi sono da considerare non necessari), la difficolt di osservare e stabilire azioni di
causalit nella forma di forze oggettive che producano effetti oggettivi, la difficolt di
osservare e stabilire catene lineari mezzi-fini, etc. Basterebbe aggiungere le ricerche forse
meno note sulla labilit concettuale delle nozioni di efficacia e di successo, che solitamente
valgono a sigillare ogni impresa politica di rilievo. Basterebbe, ancora, riflettere
sullambiguit costitutiva delle statistiche, che rappresentano gli eventi come se fossero
assemblaggi di pezzi per principio puntiformi e omogenei, e dei sondaggi dopinione, che
pretendono di descrivere fatti attraverso il desiderio e la paura di certi fatti, e soprattutto
attraverso la volont di 'qualcuno di far accadere certi fatti piuttosto che altri.
Tutte cose che sappiamo, che crediamo di poter alloccorrenza ridimensionare,
neutralizzare, manovrare, e che invece continuano a tenerci sotto il loro giogo ogni volta che
affrontiamo la partita del Potere. Per fortuna ci sono resistenze non meno tenaci e radicate
che alleggeriscono questi fardelli (per esempio, di quando in quando tutti gli uomini devono
concedersi al sonno, al sogno e ai bisogni corporali; oppure qualcosa in noi o qualcuno di noi
talvolta si scrolla di dosso le maiuscole, si muove lieve nelle tenebre, ci lascia tracce nei
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deserti; oppure ci che di noi o in qualcun altro si fa maiuscolo a dismisura prima o poi
costretto a rovinare su stesso e a liberarci dalle sue menzogne).
Ma il cristiano ha un conto in sospeso in pi con il Potere. Ha bisogno di studiarlo in
trasparenza, per svelarne una certa mira sovrumana, ricondurlo con cura alla sue fattezze
umane e condividerlo, se il caso, nella sua inevitabile mediocrit; ma, insieme, ha
bisogno di riscattarlo nellintuizione provocatoria di un convegno delle forze
dellimpotenza (dell an-archia, se la parola non ti suonasse gi compromessa
nellaspettativa di produrre una sorta di contro-potenza), un convegno che, attraverso le forze
del sacrificio, della croce e della morte, anticipi ora e subito una mensa della non-potenza,
dove il Potere si aggiri imberbe, inesperto domestico in prova e per di pi senza livrea.
Eppure, tragicamente, pi di tutti il cristiano, incline per vocazione a trascendere, deve
studiarsi di sfuggire alle seduzioni e alle divisioni del dominio. Lui che rischia di essere
convinto che il bene da sempre domini sul male e che il regno dei cieli belle compiuto,
come lIsola Perfetta di Gaunilone; lui che, per credere nella perfezione intangibile della
Chiesa e della Cristianit, rischia di costruirsi ad hoc immagini di un Nemico non meno
perfetto. Lui che, proprio per questo, indotto a credere per principio alla realt del Potere sia quello salvifico di Dio sia quello malefico di Satana - come volont di onni-potenza e
insieme necessit di pre-potenza. Lui che, per vincere la guerra fatale, da sempre tentato di
impadronirsi spregiudicatamente delle pi terribili arti dellantagonista.

Qui mi sento di azzardare un duplice pensiero.


Il primo riguarda una certezza. Ci sono molte ideologie diverse e contrastanti del Potere;
c per unidea ricorrente in esse: la intrinseca, universale capacit umana (di solito,
stranamente, personificata in un uomo o in un partito della provvidenza) di trasformare
liberamente (meglio, liberisticamente) il mondo, di produrre-distruggere cose e uomini, di
creare-annullare la grande e la piccola storia, di legittimare tutto questo cumulo di violenza e
dolore in vista di un fine superiore. Il cristiano pu fondatamente nutrire la certezza che si
tratti di una falsa immagine, per quanto appaia imperante e inevitabile. Pu fare resistenza:
resistenza anzitutto alloppressione e allingiustizia, ma anche alla presunzione che perlopi
gli uomini di tutti i tempi e di tutte le latitudini siano per natura inetti, stupidi, barbari, infelici,
e perci necessitino a ogni costo di un qualche salvatore (la salvezza, per il cristiano, non
compiere la volont del Padre? e la volont del Padre non consiste anzitutto nello smascherare
gli abbagli di quel Potente che, guardando il mondo dallalto, ce lo metta a disposizione?).
Resistenza passiva, da un lato: la rinuncia meditata a partecipare alla tragica messa in
scena; la testimonianza che questo gioco del potere non una incoercibile legge di natura;
linvenzione e la mischia di regole irregolari, eccentriche, paradossali; la
spregiudicatezza della solitudine e della promiscuit; una specie di gravit tangibile della
parola e di leggerezza onirica del gesto; il gusto discreto di una convivialit affamata; una
certa sottile indifferenza ai piaceri e alle comodit (attenzione: molto di questo cristiano
gi quotidiano anche per il cristiano borghese e soddisfatto, quando suo malgrado gli
succede per strada di scivolare di colpo, inavvertitamente, su qualche strana pendenza del
non-potere); infine, il sentimento della pienezza di ogni istante della vita e lattesa un poco
trepida della morte come unica vera divagazione esotica dellesistenza.
Resistenza attiva, dallaltro lato: per testimoniare, anzitutto a se stesso, che la propria nonreattivit nei confronti del potere, se non mera vilt, genera vilt nella gestione del potere,
cio insicurezza e debolezza; e per provarsi, allora, a prendere con seriet il gioco delle
contraddizioni e misurarsi con esercizi di potere che siano occasioni di rivelazione, di critica,
di consunzione delle false immagini.
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Il secondo pensiero riguarda unattesa. Meglio, una speranza ben fondata circa la lotta
politica. Le false immagini si reggono sulla idealizzazione delle vere, cio si consolidano
per mezzo del trasferimento della verit in una sfera ideale, astratta, volatile, di contro
alla quale ci sarebbe il peso e la durezza dei fatti. Con una coupure concettuale e
metodologica del genere, il potere legittima la propria immagine come lunico fatto reale,
inevitabile e inoppugnabile, tutto il resto essendo fantasticheria e utopia. Credo che in questo
particolare crocevia il cristiano abbia ancora un futuro, cio qualcosa da dire e da fare anche
domani, qualcosa da sperare ancora perch, insperatamente, gi accaduto. Cio, promuovere
la possibilit che si diano fatti diversi, in cui siano riconoscibili situazioni che smentiscano
nella pratica e nei principi la generalizzazione machiavellica di quel fatto.

Si tratterebbe, se si vuole, del compito di falsificare la teoria dellovviet


(fattuale) dei meccanismi del potere con un fare e con fatti alternativi (cosicch
la teoria del Potere perda una volta per tutte il suo alone metafisico). Questo,
naturalmente, nella consapevolezza che si tratta di un compito possibile: sia
perch nellesperienza del genere umano situazioni di non-potere o di altropotere si sono gi verificate, per quanto circoscritte e fugaci; sia perch lintero
sistema del Potere presuppone esso stesso, proprio per la sua aspirazione a una
totalizzazione escludente e per il suo bisogno di ricorrenti contrapposizioni
paranoiche, che il sogno di un potere equo, solidale, pacifico deve pur poter
avere preso corpo da qualche parte, e deve pur aver gi lasciato qualche segno
nevrotico, qualche sommovimento, qualche brivido, qualche nausea. Pu
essere una contraddizione seria per il cristiano quella di lottare contro il potere
costituito in vista di un potere diverso, poich una tale lotta gi una risposta di
potere, una volont di potere, cio unautoillusione (se, ripeto, potere significa
anzitutto poter produrre dal nulla e distruggere nel nulla). Ma una
contraddizione inevitabile, se serve a testimoniare, tra sofferenze ed errori, che
le sofferenze e gli errori del Potere non sono legge di natura, non sono le
conseguenze ineluttabili di unineluttabile coazione al dominio di qualcuno su
qualcun altro e alla violenza di qualcuno su qualcun altro.
Non penso che il cristiano detenga qualche prerogativa in pi nella conduzione della lotta
politica e nella riorganizzazione di una comunit politica. Neppure sul piano della moralit
pubblica, dove la migliore tradizione laica ha saputo elaborare principi di una tale ampiezza e
radicalit che in linea teorica consentono di ragionare e agire per il meglio universalmente e
capillarmente. Penso, invece, che dovrebbe imprimere una diversa direzione alla politica e
alla moralit pubblica. Anzi: piuttosto che direzione si dovrebbe dire interpretazione;
oppure, meglio ancora, rivoluzione, nel senso di una rotazione attorno a un nuovo centro,
una dinamica completa e di lungo periodo. Qui, per alcuni aspetti, il lavoro del cristiano
sembrerebbe avere una specificit inimitabile. Poich egli convinto dellincarnazione di Dio
come di un fatto, pu agire testimoniando che lincredibile realmente accaduto, che gli idoli
del potere sono gi precipitati, che lim-potenza sa essere pi forte dellonnipotenza, e che
tale forza almeno una volta si realizzata. Per la stessa certezza egli predisposto a
considerare come un vero dono divino ogni altro fatto che a modo suo suggerisca, per
quanto straniera ne sia la lingua e la cultura, contraddizioni e cedimenti nella costruzione del
Potere, che ne smascheri i raggiri e i deliri; e dunque pu essere capace di ospitare e sostenere
ogni altra forza e ogni altra forma di im-potenza'.
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Sempre per via dellincarnazione, egli dovrebbe sapere che ciascun evento, per quanto
minuto o immane, gradevole od orribile, risponde a una ben determinata necessit
intelligente, a un completo e unico mondo storico e naturale; e che dunque laspetto
massiccio e massivo del potere (massa e potere vanno a braccetto non tanto perch il
potere abbia influenza sulle masse o perch ne cerchi il consenso quanto perch il potere
stesso tende a generare ed estendere per il suo proprio vantaggio la nozione di massa, cio
lastrazione di una somma enorme, informe, plastica di energie) non pu mai cancellare la
novit di un singolo volto, di un singolo dolore. Per questo il cristiano pu lavorare meglio
verso e dentro le piccole comunit; dove ciascuno ci si presenta immediatamente con le sue
qualit e i suoi bisogni, l il potere ha minori tentazioni di astrazione e minori capacit
mimetiche. E dato che tutto ci che suona grande - i grandi numeri, i grandi progetti, i grandi
investimenti, i grandi risultati - sempre pi piccolo di quel che sembra, mentre ci che si
offre piccolo gi per se stesso lesemplare di un cosmo intero, il cristiano, esperto di questi
scambi di proporzioni, dovrebbe essere estremamente disincantato e scettico e, insieme,
estremamente dialettico e possibilista. []

Un affettuoso saluto,
Italo Valent

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