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ABUSO DUFFICIO
[I]. Salvo che il fatto non costituisca un pi grave reato, il pubblico ufficiale o l'incaricato di
pubblico servizio che, nello svolgimento delle funzioni o del servizio, in violazione di norme di
legge o di regolamento, ovvero omettendo di astenersi in presenza di un interesse proprio o di un
prossimo congiunto o negli altri casi prescritti (2), intenzionalmente procura a s o ad altri un
ingiusto vantaggio patrimoniale ovvero arreca ad altri un danno ingiusto punito con la reclusione
da uno a quattro anni (3).
[II]. La pena aumentata nei casi in cui il vantaggio o il danno hanno un carattere di rilevante
gravit.
(1) Articolo cos sostituito dall'art. 1 l. 16 luglio 1997, n. 234.
(2) Sull'obbligo di astensione degli amministratori degli enti locali, v. artt. 77 e 78 d.lgs. 18 agosto
2000, n. 267.
(3) L'art. 1, comma 75, l. 6 novembre 2012, n. 190, ha sostituito alle parole: da sei mesi a tre
anni, le parole: da uno a quattro anni.
Interesse tutelato
Il reato di abuso d'ufficio (art. 323 c.p.), ha natura plurioffensiva, considerato che idoneo a ledere,
oltre all'interesse pubblico al buon andamento e alla trasparenza della p.a., anche il concorrente
interesse del privato a non essere turbato nei propri diritti costituzionalmente garantiti dal
comportamento illegittimo ed ingiusto del pubblico ufficiale; ne consegue che, in tal caso, il privato
danneggiato riveste la qualit di persona offesa e che l'omesso avviso della richiesta di
archiviazione, qualora abbia chiesto di esserne informata, viola il diritto al contraddittorio (Cass.
pen., Sez. VI, 9/12/2014, n. 52009).
Violazione di legge
Nozione di legge
Il reato di abuso d'ufficio ravvisabile solo in presenza di violazione di norme di legge o di
regolamento aventi contenuto immediatamente precettivo e, a tal fine, anche la disposizione di cui
all'art. 97 cost. ben pu integrare la detta violazione di legge. Infatti, nella richiamata norma
costituzionale, che pure detta principi di natura programmatica, comunque individuabile un
residuale significato precettivo relativo all'imparzialit dell'azione amministrativa e, quindi,
un parametro di riferimento per il reato di abuso d'ufficio. l'imparzialit a cui fa riferimento l'art. 97
cost. consiste, infatti, nel divieto di favoritismi e, quindi, nell'obbligo per la p.a. di trattare tutti i
soggetti portatori di interessi tutelabili alla stessa maniera, conformando logicamente i criteri
oggettivi di valutazione alle differenziate posizioni soggettive. In sostanza, il principio di
imparzialit, se riferito all'aspetto organizzativo della p.a., ha certamente una portata programmatica
e non rileva ai fini della configurabilit del reato di abuso d'ufficio, in quanto detto principio
generale deve necessariamente essere mediato dalla legge di attuazione; lo stesso principio, invece,
se riferito all'attivit concreta della p.a., che ha l'obbligo di non porre in essere favoritismi e di non
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privilegiare situazioni personali che configgono con l'interesse generale della collettivit, assume i
caratteri e i contenuti precettivi richiesti dall'art. 323 c.p., in quanto impone al pubblico ufficiale o
all'incaricato di pubblico servizio una precisa regola di comportamento di immediata applicazione.
(Nella specie, la Corte, da queste premesse, ha rigettato il ricorso avverso la sentenza che aveva
dichiarato non doversi procedere in ordine al reato di abuso d'ufficio, perch estinto per
prescrizione, nei confronti degli imputati cui era stato addebitato, quali componenti di una
commissione municipale incaricata di valutare i candidati aspiranti a un incarico all'interno del
municipio, di avere proceduto a tale valutazione in modo "non imparziale e trasparente", cos
favorendo intenzionalmente uno dei candidati cui era stato attribuito arbitrariamente un punteggio
aggiuntivo). (Cass. pen., sez. VI, 17/02/2011, n. 27453).
Nozione di regolamento
In tema di abuso di ufficio, i "regolamenti" la cui violazione integra la condotta delittuosa sono
quelli adottati secondo il modello previsto dalla l. 23 agosto 1988 n. 400 e quelli che trovino
fondamento in ogni altra disposizione di legge che attribuisca ad un organo il potere di adottare atti
amministrativi a carattere generale. (nella specie la corte ha ritenuto integrare la condotta di abuso
d'ufficio la violazione delle prescrizioni dettate dal comandante del porto di Barletta attinenti alla
sicurezza portuale, in quanto espressione del potere riconosciutogli dall'art. 81 c.nav. e dall'art. 59
del relativo regolamento) (Cass. pen., sez. VI, 16/10/2012, n. 43476).
Integra il delitto di abuso d'ufficio, trattandosi di condotta che viola specifiche norme di legge, il
rilascio da parte del sindaco di una concessione ad edificare contraria alle disposizioni del vigente
piano regolatore. Simile conclusione non collide con il principio di legalit, poich, se vero che il
piano regolatore non pu equipararsi al "regolamento" richiamato dallo stesso art. 323 c.p., la
condotta sopra descritta viola direttamente la legge, e precisamente le norme della l. n. 1150 del
1942, che statuisce che i pareri e gli atti del p.u. in relazione a domande di concessione edilizia
debbano essere conformi a quanto previsto dai piani regolatori; in tal caso, infatti, il provvedimento
amministrativo svolge una funzione integrativa rispetto agli elementi normativi del fatto (Cass.
pen., sez. V, 31/01/2001).
Sviamento di potere
Attivit discrezionale
Ai fini della configurabilit del reato di abuso d'ufficio, sussiste il requisito della violazione di legge
non solo quando la condotta del pubblico ufficiale sia svolta in contrasto con le norme che regolano
l'esercizio del potere, ma anche quando la stessa risulti orientata alla sola realizzazione di un
interesse collidente con quello per il quale il potere attribuito, realizzandosi in tale ipotesi il
vizio dello sviamento di potere, che integra la violazione di legge poich lo stesso non viene
esercitato secondo lo schema normativo che ne legittima l'attribuzione. (Fattispecie relativa
all'omessa riunione di trentacinque procedure esecutive complessivamente identiche quanto ai
soggetti ed all'oggetto, in ciascuna delle quali partecipavano in forma di intervento le medesime
trentacinque associazioni pignoranti, con conseguente abnorme lievitazione delle spese processuali
liquidate dal giudice dell'esecuzione in favore delle associazioni creditrici facenti capo al
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coimputato, che agiva in proprio, quale difensore, e a nome delle predette associazioni di cui era
rappresentante e titolare) (Cassazione penale, sez. un., 29/09/2011, n. 155).
Il delitto di abuso d'ufficio configurabile non solo quando la condotta si ponga in contrasto con il
significato letterale o logico-sistematico di una norma di legge o di regolamento, ma anche quando
la stessa contraddica lo specifico fine perseguito dalla norma, concretandosi in uno "svolgimento
della funzione o del servizio" che oltrepassi ogni possibile scelta discrezionale attribuita al
pubblico ufficiale o all'incaricato di pubblico servizio (Cass. pen., sez. V, 16/06/2010, n. 35501).
Omessa astensione
L'art. 323 c.p. ha introdotto nell'ordinamento, in via diretta e generale, un dovere di astensione
per i pubblici agenti che si trovino in una situazione di conflitto di interessi, con la conseguenza
che l'inosservanza del dovere di astenersi in presenza di un interesse proprio o di un prossimo
congiunto integra il reato anche se manchi, per il procedimento ove l'agente chiamato ad operare,
una specifica disciplina dell'astensione, o ve ne sia una che riguardi un numero pi ridotto di ipotesi
o che sia priva di carattere cogente (Cass. pen., sez. VI, 15/03/2013, n. 14457).
Deve escludersi la configurabilit del reato di abuso di ufficio nella condotta del consigliere
comunale che abbia omesso di astenersi dal partecipare alla delibera di adozione del P.R.G. e,
quindi, abbia procurato a se stesso un ingiusto vantaggio patrimoniale consistente nella
realizzazione di un grosso parcheggio dietro la propria abitazione da destinare all'attivit
commerciale dal medesimo svolta di commerciante di auto mezzi usati, atteso che in sede di
adozione del piano regolatore generale da parte del Comune, risultante dall'apporto di pi soggetti e
conseguente a un complesso procedimento in cui confluiscono e si compensano interessi molteplici
(pubblici, collettivi e individuali), il voto espresso dal singolo amministratore non riguarda una
specifica prescrizione, ma tocca il contenuto complessivo dell'atto; pertanto, non sufficiente a far
sorgere l'obbligo di astensione la semplice allegazione dell'esistenza di interessi confliggenti con
l'atto, occorrendo, altres, la prova, concreta e specifica che l'atto generale sia stato emanato
anche in considerazione di tali personali e particolari interessi (Cass. pen., sez. VI, 28/1/2015,
n. 12642).
Il reato di abuso in atti di ufficio pu essere integrato sia nel porre in essere atti e provvedimenti
amministrativi, cio attraverso atti volitivi tipici della funzione, sia attraverso attivit materiali o
comportamenti che comunque costituiscano manifestazioni dell'attivit amministrativa e quindi
dell'ufficio e, in ipotesi di concorso di pi persone nel reato, non ha nessuna influenza che uno dei
concorrenti ponga in essere l'atto amministrativo tipico e l'altro solo le attivit materiali e i
comportamenti collegati poich la diversificazione delle condotte, una concretizzatasi in atti
amministrativi formali e l'altra in attivit materiale di pressione sui componenti di un organo
collegiale, non incide sulla configurazione del reato (Cass. pen., Sez.VI, 19/11/2014, n. 7384).
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Il delitto di abuso d'ufficio integrato dalla doppia e autonoma ingiustizia, sia della condotta, la
quale deve essere connotata da violazione di legge, che dell'evento di vantaggio patrimoniale in
quanto non spettante in base al diritto oggettivo, con la conseguente necessit di una duplice distinta
valutazione in proposito. (Nella specie, la Corte ha confermato la condanna di un assessore
comunale che aveva votato, disattendendo l'obbligo di astenersi, una delibera di giunta concernente
l'erogazione, a favore di un'associazione presieduta da un familiare, di un contributo superiore al
limite previsto dal regolamento comunale) (Cass. pen., Sez. VI, 14/12/2012, n. 1733).
In tema di abuso d'ufficio, addebitato, nella specie, al preside di un liceo per avere effettuato
l'assegnazione delle classi di alcuni docenti in violazione dell'art. 3 lett. d) d.P.R. n. 417 del 1974
(secondo il quale l'assegnazione deve essere effettuata sulla base dei criteri generali dettati dal
consiglio di circolo o d'istituto e della proposta del collegio dei docenti) come pure in violazione
della tabella c) allegata al d.m. 1 dicembre 1952, deve escludersi la configurabilit di detto reato
quando, con riguardo alla prima delle suindicate violazioni, dovendosi considerare irrilevante la
seconda, per difetto di attribuibilit del carattere di legge o regolamento al d.m. 1 dicembre 1952,
non solo manchi la prova, gravante sull'accusa, della sua effettivit, ma non risulti neppure
dimostrata l'esistenza di un danno ingiusto subito dai docenti destinatari del provvedimento di
assegnazione; danno ingiusto che non pu consistere in un mero riflesso di una condotta
illegittima, in quanto corrisponde ad una ipotesi di illiceit speciale e deve quindi potersi
apprezzare in modo distinto dalla illiceit della condotta, come un risultato di per s non
conforme a legge (Cass. pen. sez. VI, 01/03/1999, n. 5488)
dolo intenzionale
Primo orientamento
Il nuovo reato di abuso di ufficio introdotto dalla l. 16 luglio 1997 n. 234, ha, rispetto alla fattispecie
normativa descritta dal previgente art. 323 c.p., un pi ristretto ambito sia oggettivo che soggettivo.
Relativamente all'elemento soggettivo, poi, il nuovo abuso di ufficio a differenza di quanto
previsto dalla precedente previsione normativa punito a titolo di dolo intenzionale diretto che
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richiede il perseguimento in via esclusiva del fine privato da parte dell'agente (Trib. Napoli,
24/09/1997, in Giust. pen. 1998, II, 172).
Interpretazione corrente
In tema di abuso d'ufficio, per la configurabilit dell'elemento soggettivo richiesto il dolo
intenzionale, ossia la rappresentazione e la volizione dell'evento come conseguenza diretta e
immediata della condotta dell'agente e obiettivo primario da costui perseguito (Cass. pen., Sez. VI,
18/12/2014, n. 8977).
Ai fini della sussistenza dell'elemento soggettivo nel reato di abuso di ufficio di cui all'art. 323 c.p.,
richiesto il dolo intenzionale, e cio la rappresentazione e la volizione dell'evento di danno altrui o
di vantaggio patrimoniale, proprio o altrui, come conseguenza diretta e immediata della condotta
dell'agente e obiettivo primario da costui perseguito. Ne consegue che se l'evento tipico una
semplice conseguenza accessoria dell'operato dell'agente, diretto a perseguire, in via primaria,
l'obiettivo di un interesse pubblico di preminente rilievo, riconosciuto dall'ordinamento e idoneo a
oscurare il concomitante favoritismo o danno per il privato, non configurabile il dolo intenzionale
e pertanto il reato non sussiste. (Nella specie, la Corte ha comunque escluso l'applicabilit del
suddetto principio, essendo emerso che gli imputati, stipulando un contratto pubblico non mediante
gara, ma operando una scelta diretta del contraente, avevano dimostrato di non perseguire l'interesse
pubblico, espresso dal rispetto della procedura dell'evidenza pubblica). (Cass. pen., sez. II,
14/06/2012, n. 26625)
Ai fini della prova dell'abuso, anche sotto il profilo soggettivo, assumono rilievo sia l'atto ed il
comportamento singolarmente valutato sia quei comportamenti antecedenti, contestuali o anche
successivi all'atto o al comportamento che designa l'abuso e, ove la condotta si manifesti attraverso
provvedimenti, irrilevante la loro legittimit o illegittimit (Cass. pen., Sez. VI, 19/11/2014, n.
7384)
Ai fini della punibilit del delitto di abuso d'ufficio ex art. 323 c.p. la prova dell'intenzionalit del
dolo esige l'acquisizione di elementi idonei a radicare la certezza che la volont dell'imputato sia
precipuamente orientata a procurare il vantaggio patrimoniale o il danno ingiusto. La certezza del
dolo non pu derivare esclusivamente dal comportamento non iure dell'agente ma deve essere
inferita anche da altri elementi sintomatici, quali la specifica competenza professionale dell'agente,
l'apparato motivazionale su cui si fonda il provvedimento e i rapporti personali tra il pubblico
ufficiale e il soggetto che riceve il vantaggio patrimoniale o subisce danno (cassata la decisione
della Corte d'appello che aveva condannato l'imputata per il reato di abuso di ufficio poich aveva
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Concorso di persone
Al fine di potersi affermare la penale responsabilit del politico, quale istigatore nel reato di cui
all'art. 323 c.p., occorre dimostrare che il soggetto abbia fatto sorgere in altri il proposito criminoso
ovvero lo abbia rafforzato, cio una decisiva incidenza nella fase ideativa, precisando con quale
forma essa si sia concretamente manifestata in rapporto di causalit efficiente con le attivit poste in
essere dagli altri concorrenti, non potendosi confondere l'atipicit della condotta criminosa
concorsuale, pur prevista dall'art. 110 c.p., con l'indifferenza probatoria circa le forme concrete
del suo manifestarsi nella realt (confermata la sentenza assolutoria nei confronti dell'imputato
accusato di concorso in abuso di ufficio, per aver indotto la dirigenza della Azienda ospedaliera a
nominare, in violazione di legge, quale Direttore di struttura complessa di chirurgia generale della
stessa Azienda Ospedaliera, un proprio amico) (Cass. pen., Sez. II, 7/11/2014, n. 50021)
Ai fini della configurabilit del concorso del privato nel delitto di abuso d'ufficio, l'esistenza di una
collusione tra il privato ed il pubblico ufficiale non pu essere dedotta dalla mera coincidenza tra la
richiesta dell'uno e il provvedimento adottato dall'altro, essendo invece necessario che il contesto
fattuale, i rapporti personali tra i predetti soggetti, ovvero altri dati di contorno, dimostrino che la
domanda del privato sia stata preceduta, accompagnata o seguita dall'accordo con il pubblico
ufficiale, se non da pressioni dirette a sollecitarlo o persuaderlo al compimento dell'atto illegittimo
(Cass. pen., Sez. VI, 11/7/2014, n. 37880).
Interessi tutelati
Il delitto di cui all'art. 328 c.p. integra un reato plurioffensivo, in quanto la sua realizzazione lede,
oltre l'interesse pubblico al buon andamento e alla trasparenza della P.A., anche il concorrente
interesse del privato danneggiato dall'omissione, dal ritardo o dal rifiuto dell'atto amministrativo
dovuto; per tali ragioni, il soggetto privato assume la posizione di persona offesa dal reato (Cass.
pen., sez. VI, 05/04/2013, 19759).
Integra il delitto di rifiuto di atti d'ufficio la condotta dell'agente di polizia municipale che, richiesto
con ordine del superiore gerarchico di intervenire immediatamente sul luogo ove si era verificato
un grave incidente stradale che stava provocando seri problemi di traffico, rifiuti di recarsi sul
posto, adducendo di non aver indosso la divisa e di non essere stato previamente autorizzato
all'intervento in abiti civili secondo quanto prescritto dall'art. 4, legge n. 65 del 1986 (Cass. pen.,
sez. VI, 31/10/2013, n. 44635).
Contra
La norma di cui all'art. 328 comma 1 c.p., che sanziona il rifiuto di atti d'ufficio, mira alla tutela
degli interessi di soggetti, pubblici o privati, esterni ed estranei all'ente nel quale il soggetto attivo
del reato inserito, quale pubblico ufficiale o incaricato di pubblico servizio. Resta, pertanto,
estraneo all'ambito di operativit della norma in questione, il rifiuto di ottemperare a un ordine
impartito dal superiore gerarchico al subordinato, nell'ambito dello stesso ente pubblico, ove tale
condotta si concretizzi in una mera violazione dei doveri d'ufficio, eventualmente censurabile nella
competente sede disciplinare, ma senza che di essa si abbia una rilevanza negativa esterna (Cass.
pen., sez. VI, n. 11/10/1999, n. 12547).
atto dufficio:
Qualificato dal dover essere compiuto immediatamente
In tema di rifiuto ed omissione di atti di ufficio, gli atti che il p.u. o l'incaricato di un pubblico
servizio deve compiere senza ritardo non sono quelli genericamente correlati a ragioni di giustizia o
di sicurezza pubblica o di ordine pubblico o di igiene e sanit, ma sono quelli che per tali ragioni
devono essere immediatamente posti in essere. (Affermando siffatto principio la Cassazione ha
escluso che costituisse rifiuto di atti di ufficio ai sensi dell'art. 328 comma 2 c.p. la mancata
esecuzione da parte del sindaco di una ordinanza prefettizia che disponeva l'iscrizione di
determinati soggetti nell'anagrafe della popolazione residente. In particolare la C.S. ha rilevato che
non tutti i provvedimenti del prefetto sono sorretti da ragioni di pubblica sicurezza ed al contempo
ha ritenuto che tali ragioni nel caso specifico non potevano derivare dalle conseguenze delle
risultanze anagrafiche nella formazione e tenuta delle liste elettorali in quanto il danno in questione
indiretto ed altrimenti tutelabile) (Cass. pen., sez. VI, 21/09/1995, n. 10862).
Ai fini dell'interpretazione dell'art. 328 c.p., va rilevato che le relative categorie di attivit
qualificate non possono rientrare interamente nella previsione del nuovo reato, perch la norma
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richiede - per la punibilit - che si tratti, altres, di atti che debbano essere compiuti senza ritardo,
deve escludersi che con quest'ultima espressione il legislatore abbia voluto riferirsi a un
generico dovere di diligenza del p.u., perch sotto tale profilo tutta l'attivit amministrativa
potrebbe essere definita urgente, deve invece ritenersi che abbia inserito un'ulteriore connotazione
oggettiva dell'atto, che dovr essere riscontrata in funzione dell'interesse che la p.a. era tenuta
a soddisfare, e non del ruolo o della qualifica del soggetto agente (Cass. pen., sez. VI, 24/10/1996).
Reato di pericolo
Si configura il delitto di rifiuto di atti d'ufficio anche in assenza di un danno prodotto dall'indebito
comportamento del pubblico ufficiale o dell'incaricato di pubblico servizio. Si tratta, infatti, di un
reato di pericolo, per la cui realizzazione non richiesto necessariamente il rifiuto di un atto
urgente richiesto od ordinato da altri, bens sufficiente la reiezione di un atto dovuto senza ritardo
quando le circostanze sostanziali ne richiedano il compimento (fattispecie relativa al rifiuto opposto
da due infermieri professionali, in servizio nel reparto psichiatria, di prestare assistenza ad una
paziente con disturbi mentali - che lamentava forti emicranie e capogiri, a causa dei quali era anche
caduta riportando lesioni all'arcata sopraccigliare - nonch di allertare il medico di turno per
vagliarne eventuali patologie) (Cass. pen., Sez. VI, 11/11/2014, n. 49537)
Il delitto di omissione di atti d'ufficio un reato di pericolo la cui previsione sanziona il rifiuto non
gi di un atto urgente, bens di un atto dovuto che deve essere compiuto senza ritardo, ossia con
tempestivit, in modo da conseguire gli effetti che gli sono propri in relazione al bene oggetto di
tutela. (Fattispecie in cui Corte ha ritenuto che legittimamente la decisione impugnata avesse
escluso la configurabilit del reato con riferimento alla mancata adozione di un'ordinanza sindacale
contingibile e urgente, in relazione al pericolo cagionato ai pedoni e ad un'abitazione da una frana
insistente sulla sede stradale, cui si sarebbe potuto ovviare anche con la chiusura della strada ad
opera dei Vigili del Fuoco). (Cass. pen., Sez. VI, 7/5/2014, n. 33857)
Ragioni di giustizia
Le ragioni di giustizia di cui al comma 1 art. 328 c.p. sono quelle che ineriscono a qualunque
provvedimento o ordine autorizzato da una norma giuridica per la pronta attuazione del diritto
obiettivo e diretto a rendere pi agevole l'attivit del giudice, del p.m. o degli ufficiali di P.G.,
fermo restando che la ragione di giustizia si esaurisce con la emanazione del provvedimento
(Tribunale Pescara, 25/02/2000).
Ragioni di sicurezza pubblica
L'art. 54 del d.lg. n. 267 del 2000, attribuendo al sindaco un generale potere extra ordinem per far
fronte a tutti i casi di urgenza e necessit in ambito locale, ha assegnato a tale organo comunale
funzioni dirette di ufficiale del Governo, nell'esercizio delle quali pu adottare, con atto motivato,
provvedimenti anche contingibili ed urgenti, nel rispetto dei principi generali dell'ordinamento, al
fine di prevenire e di eliminare gravi pericoli che minacciano l'incolumit pubblica e la
sicurezza urbana (annullata con rinvio la sentenza di non luogo a procedere emessa nei confronti
di due sindaci, accusati di omissione di atti d'ufficio, i quali, dopo aver disposto con ordinanza
l'inagibilit di un fabbricato condominiale, avevano omesso di adottare tutte le misure indifferibili
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Igiene e sanit
La cartella clinica deve considerarsi sempre finalizzata a garantire la compiuta attuazione del
diritto alla salute ed pacificamente atto pubblico, della cui tempestiva formazione risponde il
responsabile del reparto quale pubblico ufficiale, essendo tenuto con la propria sottoscrizione ad
accertarne la completezza e regolarit: nella specie risponde pertanto del reato di omissione di atti
d'ufficio di cui all'art. 328 c.p. il primario che, omettendone la sottoscrizione, ritarda colpevolmente
il rilascio di un rilevante numero di cartelle cliniche, specie considerato che esse costituiscono il
diario clinico che va compilato in prossimit degli eventi e verificato dal sanitario responsabile in
concomitanza con gli stessi (Cass. pen., Sez. VI, 13/1/2015, n. 6075)
Deve essere riconosciuta la responsabilit ex art. 328 c.p. per il sanitario che si rifiuta di ricoverare
il paziente con diagnosi di politrauma da incidente stradale proveniente da altro ospedale per essere
sottoposto a TAC e che accusi gravi ed improvvisi dolori addominali, trattandosi di una situazione
con possibili conseguenze negative per la salute del paziente, cui non pu opporsi alcun
comportamento dilatorio, n un rifiuto avanzato sulla base del generico e formalistico richiamo a
disposizioni regolamentari o a protocolli operativi secondo cui l'Ospedale che per primo prende in
carico il paziente deve seguirlo per tutta la durata della degenza e deve coordinare tutti gli
accertamenti del caso (Cass. pen., Sez. VI, 30/9/2014, n. 45844).
Per la integrazione della fattispecie criminosa di cui all'art. 328 comma 1 c.p., introdotta con l. n. 86
del 1990, necessario che venga rifiutato un atto che per ragioni di sanit deve essere posto in
essere senza ritardo; ai fini della configurabilit del reato, la indilazionabilit del comportamento
del medico che ometta di comunicare gli effettivi risultati degli esami ecografici alla paziente che
ne ha fatto esplicita richiesta deve essere correlata alle ragioni di sanit, il che si verifica qualora
ricorra la possibilit di conseguenze dannose dirette sul bene giuridico della sanit fisica o
psichica del paziente. La violazione dell'interesse tutelato da tale norma ricorre prescindendosi dal
concreto esito dell'omissione. Conseguentemente in ordine alla configurabilit del reato, con
riguardo alla ricorrenza del requisito della necessit di una tempestiva informazione della paziente
sulle condizioni del feto accertate all'esame ecografico, si impone l'annullamento della sentenza
della Corte di appello di Trieste ed il rinvio ad altra sezione della Corte stessa per un nuovo giudizio
(Cass. pen., sez. VI, 21/03/1997).
Integra la fattispecie del rifiuto di compiere un atto di ufficio il comportamento di una infermiera
che richiesta da un paziente di procedere alla sua pulizia per motivi di igiene e sanit, la ritardi in
quanto impegnata nell'attivit di distribuzione del vitto, in quanto l'operazione di pulizia
personale rivestiva carattere d'urgenza e la prescrizione di tale compito non necessitava di un
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ordine specifico del medico, sussistendo una direttiva emanata ai sensi dell'art. 6 del d.P.R. n. 225
del 1974, impartita in via generale e sulla base di turni di servizio (Cass. pen., sez. VI, 27/09/2006,
n. 39486).
dolo
Quanto al dolo, poi, occorre nell'agente non solo la consapevolezza e la volont di omettere,
rifiutare o ritardare un atto del proprio ufficio, ma anche la consapevole volont che cos operando,
agisce indebitamente e cio in violazione dei doveri impostigli. (Nella fattispecie la segretaria di
una scuola media aveva omesso per carenza di personale e sovraccarico di mansioni di compilare
regolarmente i giornali di cassa e cio i registri obbligatori della gestione contabile. La suprema
Corte, in applicazione del predetto principio, ha annullato la sentenza del giudice di merito perch il
fatto contestato non pi previsto come reato, giacch con la nuova formulazione dell'art. 328, tale
fatto non rientra n nel comma 1, che riguarda il solo rifiuto dell'atto d'ufficio concernente ragioni
di giustizia, di sicurezza pubblica, di ordine pubblico o di igiene e sanit che debbono essere
compiuti senza ritardo, n nel comma 2 che prevede che l'omissione dell'atto d'ufficio da parte del
pubblico ufficiale o dell'incaricato di pubblico servizio sia punibile solo se vi sia stata richiesta
scritta da parte di chi vi abbia interesse, e a tale richiesta non abbia fatto seguito il compimento
dell'atto). (Cass. pen., sez. V, 17/10/1990)
d'ufficio a rilevanza esterna, che sia altres qualificato dalle ragioni indicate dalla norma
incriminatrice e da compiersi senza ritardo. (Sulla base di tali principi la Corte ha ritenuto che la
mancata celebrazione, da parte dell'imputato, quale giudice, di alcune udienze cui egli era tenuto,
non abbia integrato il reato, giacch tenute, in sua sostituzione, da altri magistrati a ci
appositamente designati) (Cass. pen., sez. VI, 17/02/2009, n. 28482).
In tema di omissione o rifiuto di atti d'ufficio, il diritto di ottenere dalla p.a. risposta alla propria
istanza o richiesta, e che configura il reato di cui al comma 2 dell'art. 328 c.p., nasce dalla
congruit dell'istanza medesima in relazione alla doverosit del comportamento della p.a.,
indipendentemente dalla fondatezza delle ragioni alla base dell'istanza e dunque dell'accoglimento
della medesima. (Fattispecie relativa a richiesta di riammissione in servizio da parte del dipendente
dimissionario di una Asl. Rigettando il ricorso degli amministratori, la Corte ha affermato che
l'infondatezza nel merito delle richieste non esimeva gli imputati dall'obbligo di risposta) (Cass.
pen., sez. VI, 22/03/2000, n. 6778)
In presenza di un rapporto controverso tra la p.a. e il privato, nell'ambito del quale la prima, a fronte
di un provvedimento sfavorevole del Tar, abbia fatto ricorso al Consiglio di Stato, risulta
pretestuosa e irragionevole, in quanto finalizzata a sollecitare la p.a. ad adottare un provvedimento
in contrasto con una precisa scelta gi adottata e nota all'interessato, la "diffida ad adempiere" da
quest'ultimo indirizzata al responsabile dell'ufficio competente finalizzata a ottenere l'adozione del
provvedimento controverso o a rispondere per indicare le eventuali ragioni del ritardo. (La Corte,
per l'effetto, ha esclusa la sussistenza del reato di cui all'art. 328, comma 2, c.p., ritenendo che il
responsabile dell'ufficio, cui era stato addebitato di non avere corrisposto alla diffida, non fosse
tenuto a farlo, perch la pendenza del giudizio amministrativo, conosciuta dall'interessato, rendeva
insussistente il dovere di attivarsi, per ribadire del resto quanto gi devoluto alla cognizione del
giudice). (Cass. pen., sez. VI, 07/06/2011, n. 36249)
In tema di rifiuto di atti d'ufficio costituito da mancata risposta alla richiesta di chi vi abbia interesse
(art. 328, comma 2, c.p.), il richiedente pu assumere veste di persona offesa del reato (come tale
legittimata a proporre opposizione avverso la eventuale richiesta di archiviazione avanzata dal p.m.)
solo a condizione che la richiesta rimasta senza esito sia stata avanzata nell'ambito di un
procedimento amministrativo gi avviato, non potendosi ammettere che rientrino nella tutela
penale anche richieste che, in ipotesi, per mero capriccio o irragionevole puntigliosit sollecitino la
p.a. a porre in essere attivit da essa ragionevolmente ritenute superflue e, quindi, non doverose.
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(Nella specie, in applicazione di tale principio, la Corte ha respinto il ricorso proposto dal
denunciante avverso il provvedimento di archiviazione degli atti di un procedimento instaurato a
carico del presidente dell'ordine dei medici di una provincia al quale esso ricorrente aveva
addebitato la mancata risposta alle ripetute richieste di apertura di procedimenti disciplinari nei
confronti di un medico per asserite violazione di norme deontologiche). (Cass. pen., sez. VI,
19/10/2011, n. 79)
In tema di omissione di atti d'ufficio, con particolare riferimento alla richiesta di accesso ai
documenti amministrativi ai sensi dell'art. 25 l. 7 agosto 1990 n. 241, dal disposto del comma 2
dell'art. 328 c.p. si ricava che la facolt di interpello del privato, cui corrisponde un dovere di
rispondere o di attivarsi da parte del pubblico ufficiale o dell'incaricato di pubblico servizio,
riconosciuta esclusivamente al soggetto che abbia un interesse al compimento dell'atto: tale
interesse non si identifica, peraltro, con quello generale al buon andamento della p.a., che
riguarda tutti i consociati, ma in quello che fa capo a una situazione soggettiva, sulla quale il
provvedimento destinato direttamente a incidere (Cass. pen., sez. VI, 18/05/2011, n. 24022).
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Silenzio rifiuto
In tema di delitto di omissione di atti d'ufficio, il formarsi del silenzio rifiuto alla scadenza del
termine di trenta giorni dalla richiesta del privato costituisce inadempimento integrante la condotta
omissiva richiesta per la configurazione della fattispecie incriminatrice. (Fattispecie in materia di
richiesta di accesso ai documenti amministrativi). (Cass. pen., sez. VI, 17/10/2013, n. 45629)
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