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Questo nuovo numero di NAUTILUS MAGAZINE 3.0 presen-


ta molte novità. La prima di ordine grafico. Come anticipato
abbiamo cercare di seguire i consigli di voi lettori cercando IRAN: DA CULLA DELLA CIVILTA’
di migliorare la visibilità degli articoli e includendo maggiori A MINACCIA NUCLEARE
risorse interattive come i video. DI SABRINA PASQUALETTO

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L’altra grande sorpresa di questo numero è rappresenta-
ta da una novità assoluta non solo nel campo dell’editoria
digitale italiana. Dal nuovo canale Twitter di Nautilus nasce IL RADON: QUESTO SCONOSCIUTO
un nuovo progetto che costituirà un appuntamento fisso del D I I N E S C U R Z I O
magazine, il primo “NewsTweet”: Nautilus_Zine.
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I tweets del nostro canale in un vero giornale interatti-
vo, una raccolta che seguirà le tematiche più calde di ogni
mese, specialmente in ambito internazionale. Se alcuni canali UNA STELLA: A LIVERMORE
saranno ospiti fissi di Nautilus_zine, altri cambieranno per D I M AT T I A PAO L I N E L L I

cercare d’individuare sempre nuove tessere per ricostruire


il grande e complesso mosaico del mondo che ci circonda. >>
Per questa prima uscita abbiamo individuato due “sorvegliati
speciali”: la Monsanto e Mc Donald’s.
NAUTILUS: VS REVISIONISTI
Come fonte del NewsTweet affiancheremo a Twitter anche D I M AT T I A PAO L I N E L L I
Twitpic, con i profili e le immagini più interessanti del web.
Questa volta è di scena astro_soichi, che dalla stazione spa- >>
ziale internazionale (ISS) restituisce fantastiche immagini del
nostro pianeta.
N A U T I L U S _ Z I N E
IL PRIMO “NEWSTWEET”
Altra particolarità di questo numero è il suo carattere “mo-
notematico”: parleremo dell’atomo, dello sfruttamento della
sua energia e dei pericoli da questa derivanti.
Non rimane che augurarvi Buona Lettura!

1 Mattia Paolinelli (Nostromo)


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Di Sab rina Pas qualet t o

Qualche settimana fa , sul blog Nautilus Truth Magazine, ho scritto un interven-


to riguardante il problema del nucleare in Iran e, vista la complessità e la vastità
dell’argomento, ho ritenuto opportuno approfondire un così delicato tema in questo
nuovo numero di Nautilus Magazine 3.0.

Più volte, come già si evince dalla lettura dell’articolo, mi sono chiesta cosa ci
sia alla base dei numerosi assalti, verbali e non, tra il Governo iraniano e i Paesi
occidentali ma ogni tentativo di risposta risultava troppo superficiale e incompleto
3 per riuscire a percepire e comprendere il delicato gioco in atto.
Da secoli, forse da millenni il Medio Oriente è come il miele per gli orsi i quali si
trovano oggi a dover fare i conti con le api, numerose e agguerrite protettrici del
loro prezioso “nettare”; curioso l’utilizzo che qualcuno fa dell’espressione ”nettare
nero” per indicare il petrolio, il nettare di cui sono golosi gli orsi occidentali. Altro
fatto particolare è che questo termine si trova per la prima volta in alcune tavolette
sumere ritrovate intorno alla base di Talil a sud-est di Baghdad nel 2006 durante una
perlustrazione da parte del 260° Battaglione Quartermaster britannico. Curiosamente
il logo di questa squadra militare recita la scritta “Il nettare per la vittoria” scritto in
NONOSTANTE LA MINACCIA nero; non avevo mai sentito parlare prima del petrolio come ‘nettare’ ed ora qui lo
DI ULTERIORI SANZIONI IL trovo sia nel logo di una squadra attiva in Iraq sia come componente chiave delle
PROGRAMMA NUCLEARE tavolette sumere scoperte, presumibilmente, distruggendo -volontariamente o no- un
IRANIANO CONTINUA Humvee in uno Ziqurrat.

Il crescente interesse sviluppatosi per l’Islam, che oggi conta tra un miliardo e 200
milioni e un miliardo e mezzo di devoti, e per Stati come Iran, Iraq e Afghanistan ha
visto da sempre queste terre arse dal sole ricoprire un ruolo importante nella politica
e nell’economia mondiale; animate da secoli da un conflitto religioso apparentemente
eterno, queste terre costituiscono la più grande fonte di “nettare nero” e tutta l’econo-
mia mondiale ruota intorno ai petrodollari che esse generano (ricordiamolo: il petrolio
può essere acquistato solo in dollari) .
Per la maggior parte del XX secolo gli interessi delle compagnie occidentali hanno
saputo tenere a bada con non poche difficoltà l’Islam: una religione, ma anche uno
stile di vita che ai nostri occhi appare fatto di di regole talvolta assurde ed oppri-
menti.

L’Iran, terra degli arii, antico popolo nomade appartenente al gruppo indoiranico
arrivato nel continente tra il 1.400 e il 1.000 a.C. (la razza pura di Hitler per inten-
derci), erede dell’antica Persia e culla di tutte le civiltà insieme al confinante Iraq,
alla Siria e alla Turchia. L’ombelico del mondo mediorientale nel quale è sorta la
più grande e antica civiltà -quella sumerica- è, da sempre, sfruttato dalle potenze
occidentali che oggi più che mai si trovano a dover fare i conti con una nuova e
drammatica realtà… L’Iran è fuori controllo.

Situato al centro di quell’allettante area geografica nella quale le risorse di petrolio,


uranio e gas naturale sono concentrate in maniera esponenziale rispetto ad altre
parti del pianeta, l’Iran, con la sua peculiare posizione di crocevia di grandi civiltà del
passato, sumeri e babilonesi, e del presente, indiani e islamici, pur non appartenendo
a nessuno dei due, dice “No” alle regole impostegli. 4
Il problema nucleare in Iran non è cosa nuova: ha infatti origine decenni fa, a
partire dalla monarchia di Reza Pahlavi, scià di Persia, andato al potere nel 1941
dopo che il padre venne costretto all’esilio successivamente all’invasione da parte
dell’Unione Sovietica di Stalin e della Gran Bretagna di Churchill, impauriti dai rap-
porti fin troppo amichevoli tra la Persia di Pahalvi e la Germania di Hitler. Bisogna
tuttavia chiarire come in realtà quell’invasione potrebbe essere stata solo un pretesto
per trasferire il materiale bellico Russo lungo il cosiddetto “corridoio persiano”.

Mohammad Reza Pahlavi, probabilmente illuso di poter garantire all’Iran e al suo


popolo un livello di sviluppo economico e sociale simile a quello degli altri Paesi
occidentali attuò fin dall’inizio una politica estremamente favorevole agli Stati Uniti
permettendo alle numerose multinazionali di sfruttare le risorse del Paese a proprio
piacimento; furono proprio gli Stati Uniti, oggi impauriti dalla presa di posizione del
presidente iraniano Ahmadinejad, a stringere per primi nel 1978 un accordo -nella
persona di Kissinger- che prevedeva la costruzione di 23 reattori che sarebbero do-
vuti servire “per garantire la pace mondiale”.

Per tutti gli anni ‘80 l’Iran si vide costretto ad interrompere il programma Nu-
cleare a causa della guerra in Iraq, nota in Iran come “Guerra imposta” (a causa
delle aggressioni di Saddam Hussein) e al termine del conflitto si rivolge all’Unione
Sovietica per la ricostruzione delle centrali andate distrutte.
Una delle azioni più forti per fermare la corsa dell’Iran al nucleare venne concre-
tizzata da Bush senior che incluse l’Iran nel cosiddetto “asse del male” insieme a
Iraq e Corea del Nord, ma l’Iran -appoggiato dalla Russia- cominciò ugualmente
la costruzione del primo reattore nucleare a Bushehr e così anche la produzione di
combustibile nucleare. Solo nel 2003 sembra presentarsi l’occasione per un accordo:
dopo numerosi avvertimenti e ispezioni da parte dell’AIEA (l’Agenzia Internazionale
per l’Energia Atomica), l’Iran firma il protocollo del Trattato di Non Proliferazione Nu- MOHAMMAD REZA PAHLAVI,
cleare già firmato nel 1968 da USA, Regno Unito e Unione Sovietica che proibisce SCIA’ DI PERSIA
agli Stati “non nucleari” di procurarsi armi nucleari e agli Stati “nucleari” di fornire
loro tecnologie belliche.

Durante tutti questi decenni l’Iran, membro dell’ONU, ha firmato quasi tutti i trat-
tati internazionali, accettando senza batter ciglio le numerose ispezioni dell’AIEA e
rappresentando l’unico paese al mondo ad avere una legge che vieta al Governo e
ai suoi enti di intraprendere attività nel settore militare (relativamente al nucleare),
mantenendo una finanza basata su principi opposti rispetto a quelli su cui si basa la
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nostra, con il divieto di prestito ad interesse ed il divieto di speculazione finanziarie
rischiose (lo stesso quotidiano “Il sole 24 ore” ammette che con la finanza islamica
non si corre il rischio di rimanere “sommersi dai debiti”).
Perché -c’è da chiedersi- l’Iran sta assumendo questo atteggiamento?

Bisogna fare una distinzione tra ciò che pensa, prova e sente il popolo iraniano,
pedina sacrificabile di questo spietato sistema, e ciò che ha intenzione di fare -o
vorrebbe fare- il Governo; cosa ha intenzione di fare Ahmadinejad? Il popolo iraniano
cosa pensa del suo leader? A questo proposito vengono alla memoria le numerose
manifestazioni di centinaia di migliaia di persone che per oltre una settimana hanno
movimentato le vie di Teheran dove molti cartelli domandavano: “Dov’è il mio voto?”.
Quei cartelli suggeriscono la presenza di brogli e indipendentemente dal fatto che
abbiano ragione o meno tali supposizioni una cosa è certa: gli iraniani chiedono
maggiore libertà e modernità.

E’ pensiero di molti, infatti, che non tanto la politica finanziaria iraniana quan-
to l’atteggiamento del Presidente iraniano Mahmoud Ahmadinejad e le sanzioni a
questo –in parte- collegate abbiano condotto la Repubblica Islamica al fallimento,
con molti generi di prima necessità e beni di lusso che scarseggiano e un’inflazione
arrivata fino al 25-30%.
IL CONTROVERSO LIBRO DI
PAOLO BARNARD: E’ possibile che il presidente iraniano voglia ancora e realmente sistemare le
“PERCHE’ CI ODIANO”. cose e ridare la terra ai palestinesi, eterni protetti del Paese iraniano o la sua ira fa
EDITO DALLA BUR parte di un gioco più ampio del quale nessuno conosce le regole? La caparbia e la
fermezza di Ahmadinejad, che con il suo comportamento sta mettendo a rischio la
vita, la salute e la serenità di migliaia di persone, ha forse a che fare con ciò che il
capo del Foreign Office britannico, Arthur Balfour, scrisse nel 1917 a Lord Walter
Rothschild, rappresentante del popolo ebraico ?

Quella dichiarazione, conosciuta in seguito come “dichiarazione Balfour” affer-


mava come si potesse favorevolmente pensare alla “creazione in Palestina di un
focolare nazionale per il popolo ebraico”, permettendo ai Sionisti di stabilire uno Stato
ebraico in territorio palestinese. Così, nello spazio di poche righe, i palestinesi veniva-
no idealmente privati della loro dimora, delle loro terre abitate per millenni. Terre che
ad oggi sono in mano ebraica per il 78%.

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Che sia stato per mancanza di strategia o di lungimiranza, ma in ogni caso senza
il benché minimo rispetto per le popolazioni presenti in quelle terre la Gran Bretagna
ha scatenato il più grande e longevo conflitto in Terra Santa. Indipendentemente
dalle ragioni economiche e politiche alla base di quella dichiarazione, la Gran Bre-
tagna non aveva nessun diritto di sovranità sulla Palestina e ha violato la clausola
di protezione (cito) “dei diritti civili e religiosi delle esistenti comunità non ebraiche in
Palestina, degli interessi e dei diritti fondamentali degli abitanti autoctoni”. Attraverso
la Dichiarazione di Balfour il governo britannico ha fatto promesse all’Organizzazione
Sionista sulla terra palestinese nel momento in cui essa era ancora ufficialmente
parte dell’Impero Ottomano. FASE DI ARRICCHIMENTO
DELL’URANIO IN UNA CENTRA-
E’ sulla base di questa dichiarazione che i palestinesi sono stati privati del loro LE IRANIANA
diritto politico all’autodeterminazione e che le loro terre sono state rubate diventando
oggetto di colonizzazione? E’ sempre sulla base di quella dichiarazione che i pro-
fughi palestinesi sono stati confinati all’interno della striscia di Gaza in condizioni
disumane, di malnutrizione e di povertà privati del loro diritto di tornare nelle loro
case, come afferma la risoluzione ONU 194? Che la motivazione sia questa oppure
no nessun leader ha il diritto di mettere a repentaglio la vita degli abitanti del suo
stesso paese e dei paesi limitrofi, senza contare ciò che potrebbe succedere se
si dovesse decidere per un intervento militare in Iran. Per un attimo tralasciamo le
ragioni politiche e pensiamo a quante vite andrebbero perse … SCONTRO AL VERTICE TRA
In tutto questo trambusto si sta veramente pensando al bene della popolazione OBAMA E AHMADINEJAD.
oppure, come spesso succede, essa è e sarà vittima inconsapevole dei giochi di IL PRESIDENTE U.S.A. :
potere dei grandi leaders? “L’IRAN NON HA RISPETTATO
LE NORME PIU’ ELEMENTARI”
Il presidente iraniano ha in passato affermato di voler “cancellare Israele dalle AHMADINEJAD RISPONDE:
cartine geografiche”, affermazione dovuta al fatto che il regime iraniano si è da sem- “OBAMA MINACCIA CON ARMI
pre presentato come accanito sostenitore della causa palestinese. CHIMICHE E NUCLEARI”
Aldilà di quelle che possono essere le motivazioni per il comportamento del presi-
dente iraniano, il problema di base non cambia e questo suo atteggiamento bellicoso
mette a repentaglio la sicurezza di tutta la popolazione non solo quella iraniana.

Quando all’interno della disputa entrano in gioco le superpotenze, il rischio per


noi cittadini comincia ad essere molto alto. E’ proprio l’atteggiamento di Ahmadinejad
che sta causando tutto questo accanimento verso un paese che ha sempre rispet-
tato i trattati internazionali e che ha sempre lasciato che si sfruttasse il suo “nettare
nero”. Guarda caso nei confronti di altri paesi che non hanno firmato il trattato o non
7 lo stanno rispettando pur avendolo firmato -come Israele e Brasile- non si prende
alcun tipo di provvedimento.

Per quanto riguarda gli altri Paesi, le cui posizioni sono discordanti a causa
del coinvolgimento di alcuni in rapporti economici e commerciali con l’Iran, c’è da
dire che anch’essi, al pari di tutti gli altri, temono un Iran dotato di armi nucleari
ma a causa degli innumerevoli contrasti interni di questo “terzo blocco” non è sta-
to finora possibile elaborare una linea politica unitaria atta a fermare il programma
nucleare iraniano.

Il fresco Premio Nobel per la Pace, Barack Obama, esprime così il suo di-
sappunto: “Questo comportamento è inaccettabile! L’Iran si è considerato del tutto
esonerato dal rispetto delle norme più elementari del Tnp e le ha violate in molteplici
occasioni”. Ma l’obiettivo è stato quasi raggiunto, visto che proprio in questi giorni la
FOTO AEREA DI UN’IN-
Russia è entrata a far parte della Comunità Internazionale, abbandonando, così, lo
STALLAZIONE NUCLEARE
Stato iraniano alla sua sorte.
IRANIANA
Obama continua: “La Comunità Internazionale ha già dato all’Iran molteplici occa-
sioni per confermare che è interessato unicamente all’uso civile e pacifico dell’ener-
gia nucleare. Noi auspichiamo che Iran e Corea del Nord arrivino alla medesima
conclusione”.

A questo proposito il presidente iraniano Ahmadinejad avverte che gli Stati


Uniti “riceveranno una risposta decisamente dura” a seguito della dura condanna
espressa dal presidente Obama. Ahmadinejad continua poi: “Obama ha minacciato
con armi chimiche e nucleari quei Paesi che non vogliono sottomettersi all’avidità
degli Stati Uniti” e ancora “Faccia attenzione: se seguirà la strada del sign. George
(W.Bush) la risposta dei paesi da lui indicati sarà da rompere i denti, esattamente
come con Bush”.

Senza dubbio queste sono minacce forti e rimandano purtroppo la memoria


al triste giorno dell’11 settembre 2001: cosa può succedere ancora agli americani
per la politica dei loro capi di stato e cosa al popolo iraniano assoggettato da un
leader che sembra più pensare a giocare al potere con gli Stati Unti che a curarsi
delle vite in gioco?

Ahmadinejad ha più volte sostenuto che l’Iran abbia il diritto di avere la propria
tecnologia nucleare esattamente come tutti i Paesi del mondo aggiungendo che la
propaganda di Obama è atta ad eliminare la libertà e l’indipendenza dell’Iran.
All’interno di questo avvicendarsi di minacce, avvertimenti a denti stretti, sanzioni 8
e proposte, bisogna senz’altro notare lo strano silenzio della Gran Bretagna che al
contrario della Francia (che ha già dato il suo nulla osta per una nuova risoluzione
sanzionatoria da parte dell’Onu contro l’Iran) si sta dimostrando poco interessata o,
falsamente disinteressata, alla questione del nucleare in Iran. Pensandoci bene la
sua apparente noncuranza è giustificata da un profondo e ovvio conflitto di interessi
oroginato dal fatto che da una parte, non può certo permettersi di andare contro gli
Stati Uniti, mentre dall’altra ha il timore, assolutamente fondato, che le nuove sanzio-
ni vadano ad influire negativamente sugli interessi della British Petroleum, che tra il
2009 e il 2010 ha subito un’inflessione dell’1% proprio a causa della situazione

SE IN IRAN LA POPOLAZIONE
E’ SCESA IN PIAZZA PROTE-
STANDO PRESUNTI BROGLI,
IN OCCIDENTE SI MOBILITA
CONTRO I MINACCIOSI
“VENTI DI GUERRA”

instabile nella quale il medio oriente sta versando in questi ultimi mesi.

Visto e considerato che anche la Russia ha ormai dato il suo pieno consenso CARTA GEOGRAFICA
alle nuove sanzioni e che al termine del summit di pochi giorni fa Barack Obama ha DELL’IRAN
ottenuto sia l’impegno della Cina a lavorare per nuove sanzioni all’Iran che quello
dell’Ucraina ad eliminare, nel giro di due anni, le sue scorte di uranio fortemente ar-
ricchito, gli Stati Uniti possono finalmente sentirsi più ottimisti su una approvazione
di nuove sanzioni anti-Iran entro la primavera.
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Il presidente Obama ha definito il terrorismo nucleare “la più grave minaccia
alla sicurezza degli Stati Uniti”e ha proposto un piano di azione per mettere ‘sotto
chiave’ nel giro di quattro anni tutto il materiale nucleare che, se lasciato “dispo-
nibile”, rischierebbe di finire nella mani di stati pericolosi -come Iran e Corea del
Nord- o di organizzazioni terroriste come Al Qaida. Che il nucleare rappresenti una
minaccia e che l’Iran, con la sua condotta, si sia messo nella cerchia dei “cattivi” non
c’è dubbio. Ma perché Obama consideri il nucleare una minaccia solo ed esclusi-
vamente per gli Stati Uniti la dovrebbe dirla tutta su quanta importanza è data alla
popolazione, cioè a coloro che risulterebbero essere le reali vittime di una guerra
nucleare tra superpotenze.

Un nuovo intervento militare da parte degli Stati Uniti è assolutamente da scon-


giurare, non solo per le vittime che provocherebbe ma anche perché l’Iran mette-
rebbe in pratica la sua minaccia di chiudere lo stretto di Hormuz bloccando il traffico
petrolifero; senza parlare del fatto che potrebbe colpire i paesi arabi sia militarmente
LA MAPPA DELLE PRINCIPALI
che attraverso i suoi alleati in Libano, in Palestina, e in Siria.
INSTALLAZIONI NUCLEARI
IN IRAN
Le vie percorribili rimangono probabilmente due: o si accetta che l’Iran abbia
un suo programma nucleare, sempre che sia in grado di portarlo avanti, o si prepara
un accordo tra Iran e Stati Uniti nel quale quasi sicuramente l’Iran godrà di privilegi
economici elevati rispetto ai restanti paesi del Golfo.

C’è chi pensa che le sanzioni non trarranno alcun risultato e che quale che sia il
modus operandi da attuare, alla fine che ci rimetterà saranno i paesi arabi, privati
della loro importanza politica e ancora di più assoggettati a potenze esterne quali
Stati Uniti da una parte e Iran dall’altra … E forse è proprio questo il gioco dietro
all’alternarsi di urla e silenzi delle grandi potenze.

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Di Ine s Cu rzio

FINALMENTE RICONOSCIUTO COME PRECURSORE SISMICO, IL GAS


RADON RISERVA ANCORA MOLTE SORPRESE

Prima del terribile terremoto che l’anno scorso colpì L’Aquila e molti altri
paesi dell’Abruzzo, il Radon era quasi sconosciuto ai più. Invece questo
gas è molto comune e i suoi effetti diretti e indiretti sono estremamente
interessanti.
Il gas Radon-222 rappresenta un caso particolare in natura, in quanto è
11 l’unico gas radioattivo prodotto in una lunga catena di decadimenti.
In particolare, Il Radon (Rn) (numero atomico 86) è un elemento chimico radio-
attivo gassoso, incolore, inodore, insapore ed estremamente volatile, prodotto dal
decadimento di tre nuclidi capostipiti che danno luogo a tre famiglie radioattive: l’Ura-
nio 238, l’Uranio 235 e il Thorio 232. E’ uno dei gas nobili, come Neon, Kripton, e
Xenon; come tale non reagisce con altri elementi chimici. Il diretto nuclide genitore
del Radon è il Radio-226. La catena di decadimento del Radon termina infine con il
Piombo-206, isotopo stabile.

I nuclidi intermedi della catena di decadimento sono isotopi di metalli e sono


chimicamente reattivi; per questa ragione essi tendono a rimanere nel materiale in cui
l’atomo di Uranio era originariamente presente. La sola eccezione è il Radon, l’unico
isotopo presente allo stato gassoso che, essendo gas nobile, non interagisce chimi-
camente con gli altri elementi ed è libero di muoversi per diffusione e convezione.
La presenza del Radon sulla Terra è piuttosto limitata, eppure si trova più o meno
SECONDO L’EPA (ENVI- ovunque. Il gas Radon è prodotto all’interno dei granelli di rocce che contengono
RONMENTAL PROTECTION Uranio e altri elementi da esso derivati. Come tutte le sostanze radioattive, anche il
AGENCY) L’ESPOSIZIONE Radon decade in altri elementi e proprio nel processo di decadimento emette radia-
PROLUNGATA AL RADON E’ zioni principalmente sotto forma di particelle alfa.
IL PRIMCIPALE FATTORE
DI RISCHIO PER CANCRO La sua concentrazione nel terreno varia da qualche centinaio a più di un milione
AI POLMONI, DOPO LE di Bq/m³ (disintegrazioni atomiche per metro cubo d’aria). Le rocce che hanno un
SIGARETTE maggiore contenuto d’Uranio/Radio (tufi, scisti, granito e porfido) possono emanare
maggiori quantità di Radon, e questo vale soprattutto per rocce permeabili o fratturate
(colate o depositi detritici). In una roccia compatta, invece, il Radon rimane imprigio-
nato nel materiale. In terreni con rocce molto fratturate, con molti spazi vuoti, il Radon
può essere trasportato da correnti d’aria o dall’acqua sorgiva o piovana infiltrata e
molte volte sono proprio le fratture e le faglie ad essere associate a concentrazioni
elevate di Radon; è proprio lì che l’acqua trasporta l’Uranio favorendone l’accumulo.
I discendenti del Radon, cioè i suoi prodotti di decadimento, si diffondono e possono
attaccarsi alle superfici proprio come fanno la polvere o gli aerosols, costituendo un
serio pericolo per la salute dell’uomo.

Nello specifico dei tre isotopi del Radon che si riscontrano in natura è il Ra-
don-222 a costituire un effettivo pericolo in quanto i tempi di dimezzamento del
Radon 220 e del Radon 219 sono molto brevi (55 e 3.92 secondi, rispetti­vamente);
non consentono grande spostamento dal suolo/roccia dove sono stati generati. Al
contrario, il Radon-222 ha un tempo di dimezzamento più lungo (3,8 giorni) e può
percorrere, prima di decadere, lunghe distanze fino ad arrivare a contatto diretto con 12
gli ambienti domestici. IL Po210 E’ PRESENTE
Mentre, inoltre, si può trascurare l’emissione del Radon stesso che, essendo un SIA NEL FUMO ATTIVO E
gas nobile, una volta inalato viene riesalato con bassissime probabilità di decadere QUINDI NELL’APPARATO
proprio durante il transito nell’apparato respiratorio, al contrario ai fini della nocività BRONCOPOLMONARE SIA
sull’organismo, è nettamente predominante il contributo della radiazione emessa dai NELL’AMBIENTE ESTERNO
figli a breve termine (T) del Radon-222, e cioè dal Polonio (218Po e 214Po). Natu- (FUMO PASSIVO)
ralmente il tutto dipende dalla quantità di gas che il corpo assorbe (per inalazione o
ingestione, come vedremo).
Secondo l’EPA (ENVIRONMENTAL PROTECTION AGENCY) l’esposizione pro-
lungata al Radon è il principale fattore di rischio per cancro ai polmoni, dopo le
sigarette.

Il Radon può seguire due differenti vie per entrare nel corpo umano. In primo
luogo, può abbandonare l’acqua in cui è disciolto e diffondersi nell’aria, in partico-
lar modo se la temperatura dell’acqua è alta. Il gas può essere inalato causando
danni spesso irreparabili all’apparato respiratorio. L’altra via d’accesso per il Radon
è l’apparato digerente. Può essere ingerito con l’acqua potabile e danneggiare il
tratto gastro-intestinale, esponendo il soggetto ad un aumentato rischio di cancro
allo stomaco.

Proprio a proposito delle sigarette vale la pena riportare un abstract da uno stu-
dio condotto dal Dipartimento di Scienze Chimiche, Radiochimiche e Metallurgiche
- Università degli Studi di Bologna.
“Il nostro studio ha mostrato che: a) alla temperatura di combustione della sigaretta
(600-880 °C) il Po210 è presente sia nel fumo attivo e quindi nell’apparato broncopol-
monare in ragione del 6,7%, sia nell’ambiente esterno interessato da concentrazioni
di 91,7% (cenere) e di 1,6% (sidestream) del Po210 totale contenuto nelle sigarette;
b) il Po210 presenta un alto rischio polmonare “puro” come iniziatore di tumore bron-
copolmonare da radioattività alfa (4 casi su 10.000 fumatori/anno), senza contare
il ruolo di “promotore” (co-carcinogeno) di tumore broncopolmonare con un’azione
sinergica con le altre sostanze oncogene; c) in pratica il danno biologico per un fuma-
tore di 20 sigg./die in 1 anno è pari a quello di circa 300 radiografie al torace.”
Se non fumate però, non rilassatevi troppo e non pensate di non correre rischi con
il Radon. A parte per il famigerato fumo passivo, ma anche per le molteplici vie per
le quali il Radon può entrare negli edifici. Il gas può trovarsi infatti nei materiali da
costruzione; può trovarsi nel terreno o nelle rocce sulle quali è costruita la casa ed
entrare in essa attraverso crepe del terreno e infiltrazioni della struttura; può trovarsi
13
IL RADON PUO’ TROVARSI NEI nelle falde acquifere sotterranee.
MATERIALI DA COSTRUZIONE; Essendo inodore, la sua pericolosità deriva anche dal fatto che non può essere avver-
PUO’ TROVARSI NEL TERRENO tito dalla popolazione in alcun modo, ma solo rilevato con appositi dispositivi.
O NELLE ROCCE SULLE Dagli studi effettuati dall’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) attraverso
QUALI E’ COSTRUITA UNA l’Agenzia Internazionale per la ricerca sul cancro (AIRC), il Radon è stato inserito nella
CASA ED ENTRARE IN ESSA classe 1 in cui sono elencate le 87 sostanze da ritenersi “sicuramente cancerogene”.
ATTRAVERSO CREPE DEL
TERRENO ED INFILTRAZIONI Un metodo immediato per proteggersi dall’accumulo di questo gas è l’aerazione
DELLA STRUTTURA degli ambienti, soprattutto nei casi in cui questi siano interrati o a contatto diretto

METODO IMMEDIATO PER


PROTEGGERSI DALL’AC-
CUMULO DI QUESTO GAS
E’ L’AREAZIONE DEGLI AM-
BIENTI, SOPRATTUTTO NEI
col terreno. La prima cosa da fare, nei casi in cui si sappia di essere in una zona a ri-
CASI IN CUI QUESTI SIANO
schio, è di effettuare delle misure di concentrazione presso la propria abitazione atte
INTERRATI O A CONTATTO
a determinare se questo problema esiste veramente. Nelle situazioni in cui, dopo
DIRETTO COL TERRENO
aver effettuato una misurazione si dovesse rivelare una concentrazione di Radon
superiore ai livelli di riferimento, è opportuno effettuare degli interventi di bonifica. Ci
sono interventi di facile realizzazione e poco invasivi per gli edifici. Alcuni sono volti
a limitare o eliminare i punti di infiltrazione, ma di solito si consiglia sempre di ac-
compagnare questi rimedi con metodi di depressurizzazione del suolo per impedire
la risalita del gas, in quanto i primi, da soli, risultano generalmente insufficienti.
Da un’indagine promossa da Altroconsumo già tra il 2002 e il 2006, i luoghi più a 14
rischio risultano in Lombardia, Friuli, Campania, Lazio e Piemonte. Le province con
i valori registrati più elevati Salerno, Roma, Viterbo, Latina e Biella. E il problema
non è confinato a poche zone distinte: nel complesso il valore-soglia è stato supe-
rato almeno una volta in 12 regioni su 20 e nel 38% delle 101 province italiane.
L’altro motivo per il quale il Radon ha attratto su di sé l’attenzione di diversi ricer-
catori è di origine geologica.

Negli ultimi anni la ricerca sulla predizione dei terremoti si è basata princi-
palmente sull’osservazione dei fenomeni precursori. La correlazione tra terremoti
e fenomeni precursori è ancora di difficile comprensione perché le cause e le
condizioni che li governano sono complesse. Un fenomeno precursore avviene
prima che abbia luogo un terremoto. Negli ultimi venti anni sono stati individuati
diversi precursori, tra i quali la variazione anomala di Radon nel suolo o in sorgenti
situate presso le faglie attive. Il Radon rientra quindi nella categoria dei precursori
sismici chimici.
Le prime anomalie dei valori del Radon furono rilevate nel 1966 quando, in occa- GIAMPAOLO GIULIANI
sione del disastroso terremoto di Tashkent in Uzbekistan, i livelli di gas nell’acqua COLLABORATORE TECNICO
dei pozzi salirono bruscamente. Da allora si è sviluppata la teoria secondo la quale DELL’ISTITUTO DI FISICA
il Radon accumulato nelle rocce potrebbe essere utilizzato come possibile indica- DELLO SPAZIO INTERPLANE-
tore premonitore di eventi sismici, liberandosi non appena le tensioni sotterranee TARIO DI TORINO, LAVORA
si avvicinano ad una soglia critica. Sono così iniziate misure sistematiche delle PRESSO I LABORATORI
variazioni temporali del Radon in altre zone sismiche, soprattutto in California, NAZIONALI DEL GRAN SASSO
Cina ed Islanda. Il fenomeno è stato studiato per otto anni lungo la Rift Valley, DELL’INFN NEL QUADRO DI
l’imponente frattura tettonica che corre da nord a sud lungo la porzione orientale UNA COLLABORAZIONE PER
dell’Africa, nei pressi del Mar Morto; gli studi hanno rivelato che, all’interno della L’ESPERIMENTO LARGE
faglia, entro tre giorni dai picchi di Radon si sono verificati 40 terremoti contro i VOLUME DETECTOR (LDV)
22 statisticamente attesi. PER LA RIVELAZIONE DI
NEUTRINI PRODOTTI DA
La storia del riconoscimento del Radon come precursore sismico è legata alle COLLASSO GRAVITAZIONALE
vicende di Giampaolo Giuliani, nome ormai noto, non tanto quanto però i nebulosi STELLARE
risvolti che hanno accompagnato le sue ricerche e i tentativi di screditare le sue
decennali indagini sul campo. Cercheremo di ricostruirne almeno una parte.
Giampaolo Giuliani è un collaboratore tecnico dell’Istituto di fisica dello spazio
interplanetario di Torino, che lavora presso i laboratori nazionali del Gran Sasso
dell’INFN nel quadro di una collaborazione per l’esperimento Large Volume Detec-
tor (LDV) per la rivelazione di neutrini prodotti da collasso gravitazionale stellare.

15 Nel 2000 iniziò i suoi esperimenti in un piccolo laboratorio di Fisica per verifica-
re se il Radon poteva aiutare a capire la dinamica dei terremoti. Il gruppo di ricerca
era formato dal figlio di Giuliani, Roberto, da Viktor Aleksenko (uno scienziato russo
dell’Istituto di Fisica russa che nell’arco di 10 anni aveva lavorato a Campo Impe-
ratore nell’esperimento di particelle cosmiche), da due ingegneri e altri informatici.
Il lavoro di ricerca iniziale fu di due anni. In quel primo anno si rese necessario
un radometro per monitorare la concentrazione di Radon e, non avendo le risorse
finanziarie per acquistare lo strumento (all’epoca costava da 40 a 60 milioni di lire),
LA CAEN SPA DI VIAREGGIO Giuliani lo costruì utilizzando un sistema diverso: anziché osservare direttamente il
E’ UNA SOCIETA’ IMPEGNATA Radon e le sue caratteristiche di emettitore di particelle alfa, l’apparecchio metteva
IN VARI SETTORI DELLA in evidenza due elementi, due isotopi figli del Radon che emettono fotoni gamma.
RICERCA SCIENTIFICA, Questa macchina è stata utilizzata come un radometro analizzando indirettamente
SOPRATTUTTO NEL CAMPO la variazione di concentrazione del Radon. Poter studiare indirettamente l’emissione
DELL’ELETTRONICA. PARTNER di Radon ha permesso di stabilire che questo gas fuoriesce in forte concentrazione
DELLA NASA E PRESENTE IN solo ed esclusivamente in prossimità di un evento sismico, quale che sia l’intensità
ITALIA, FRANCIA E STATI UNITI dell’evento.
PER PARTNERSHIPS CON
LABORATORI DI FISICA E ME- Nei due anni successivi la ricerca si è concentrata sulle anomalie evidenziate sul
DICINA NUCLEARE LA CAEN flusso medio del Radon: a distanza di 24 ore o all’interno delle 24 ore da queste ano-
HA CREDUTO NELLE RICER- malie si verificavano eventi sismici vicini al rivelatore. Tutto ciò ha permesso di fare
CHE CONDOTTE DA GIULIANI delle correlazioni fino ad allora non considerate e di comprendere meglio la natura di
FORNENDO IL MATERIALE questo gas rispetto alle conoscenze che la scienza ufficiale aveva.
ELETTRONICO NECESSARIO Da notare che Giuliani, nei giorni 29 e 30 ottobre 2002, misurò valori eccezional-
ALLA COSTRUZIONE DEI mente alti e anomali di Radon. Allertò l’assessore abruzzese alla Protezione Civi-
RIVELATORI DI RADON le dell’imminenza di un forte sisma. Non fu tuttavia in grado di fornire indicazioni
sul luogo in cui tale scossa si sarebbe verificata perché con un unico rivelatore è
possibile individuare un evento solo entro il raggio di azione dello strumento. Il 31
ottobre un terremoto di magnitudo 5.4 colpì il Molise con epicentro a San Giuliano
di Puglia, causando 30 morti.

Giungiamo al 2003. Come emerge da una sua recente intervista per il mensile
Area di Confine, nell’ambiente scientifico Giuliani ha tentato più volte di mostrare i
risultati prodotti, ma gli è stato risposto che: “un tecnico non può fare delle scoperte
perché soltanto i ricercatori possono farne!” e che “Il terremoto non può essere previ-
sto. Categoricamente, il terremoto non potrà mai essere previsto!”.

La Caen Spa di Viareggio, che è una società impegnata in vari settori della
ricerca scientifica, soprattutto nel campo dell’elettronica, partner della Nasa, molto
presente in Italia ma anche in Francia e negli Stati Uniti per i laboratori di fisica e 16
medicina nucleare, ha però creduto nelle ricerche condotte da Giuliani e ha fornito IL PROFESSOR
una parte del materiale elettronico necessario per costruire più rivelatori. Tramite la ENZO BOSCHI
Caen, Giuliani arrivò in quel’anno all’ex ministro Giuseppe Zamberletti presidente
della ISPRO, un’associazione che opera per la Protezione Civile Italiana, la quale
lo sottopose a un test. Presenti i responsabili della Caen, esponenti del governo,
nonché il professor Enzo Boschi (presidente dell’Istituto Nazionale di Geofisica e
Vulcanologia, INGV) e referenti della Protezione Civile.

In quella circostanza il professor Boschi disse che non era possibile, e non

PRESIDENTE DELL’ISTITUTO
NAZIONALE DI GEOFISICA E
VULCANOLOGIA (INGV)

APPROFONDIMENTO
QUALI SONO I PROBLEMI
sarebbe mai stato possibile, che un tecnico potesse aver fatto una scoperta che LEGATI ALLO SMALTIMENTO
aveva tentato di fare lui dieci anni prima e se non c’era riuscito lui non poteva DELLE SCORIE PRODOTTE
certo esserci riuscito un tecnico…Quando l’onorevole Zamberletti gli chiese: “Ma DALLE CENTRALI NUCLEA-
cosa dovrebbe fare Giuliani per dimostrare che il suo rivelatore può funzionare?”, RI? SCOPRILO SU
Boschi rispose: “Se Giuliani fornisce 3 allarmi e nell’arco delle 24 ore si verificano NAUTILUS TRUTHMAGAZINE
3 terremoti nel raggio d’azione dello strumento, io che sono il referente nazionale
per la ricerca in Italia lo candido al premio Nobel”. Il 27 dicembre 2003 partì il primo
allarme. La mattina del 28 dicembre si verificò un evento sismico di intensità pari
a 4.2 al confine con l’Abruzzo alla distanza minima di rilevazione del nostro stru-
17 mento, che è di circa 120 km per un evento di intensità 3.7 – 3.5. Da quel momento
partirono nei giorni a seguire 12 allarmi con 12 eventi sismici ufficialmente registrati
da un notaio per garantire il test. L’8 gennaio 2004 Giuliani chiamò nuovamente
l’onorevole Zamberletti il quale contattò Enzo Boschi che però non fece seguito
al test appena concluso.
Successivamente Giuliani tentò con l’aiuto della Caen di presentare una pub-
blicazione scientifica per la rivista Journal of Geophysical Research di cui anche
Boschi è referente, ma il comitato scientifico della rivista rispose che “i terremoti
non possono essere previsti, e quindi non erano interessati alla sua ricerca”. Poi
anche la Caen ha cominciato a subire delle pressioni e ha dovuto lasciare, almeno
ufficialmente, il progetto. Giuliani è andato avanti ugualmente.

Tra dicembre 2004 e gennaio 2005, è stata portata a termine l’analisi e le corre-
lazioni dei dati acquisiti dai due detector posti tra L’Aquila ed Avezzano, applicando
ad essi l’algoritmo sulla variazione di flusso del Radon-222 a 12 ore ottenendo
un’efficienza di circa il 92% - 94%, rispetto ad un solo detector e rispetto alla va-
rianza applicata sulle 24 ore. Alla luce di questi risultati la Caen ed il Sig. Giuliani, si
adoperarono per trovare altri gruppi di ricerca interessati a lavorare sull’argomento
e furono firmate due convenzioni, con l’Università della Calabria (Capo gruppo Prof.
Ignazio Guerra) e l’Università di Bari – Dipart. Di fisica (Capo gruppo Prof Franco
Romano). In ambedue i casi però le Università erano prive di fondi da dedicare a
questa ricerca. Fu quindi presentata una proposta operativa alla Società “Stretto
di Messina SpA”, con l’analisi dei costi ripartiti fra i partecipanti al progetto (CAEN
e l’Università della Calabria, l’Università della Basilicata, l’Università di Messina e
l’Università di Palermo). Purtroppo non si ottenne nessuna risposta.

24 novembre 2004, terremoto di Salò, nel bresciano, avvertito distintamente in


tutto il Nord Italia.
Anche questa volta le strumentazioni di Giuliani avevano evidenziato un forte incre-
mento di Radon; questo livello indicava che l’evento era molto lontano, non si poteva
stabilire con un solo rivelatore il punto preciso. Comunicati i dati alla Caen fu lo stes-
so Nicola Zaccheo ad inviare i dati al professor Romano, il quale chiamò il professor
Boschi dicendogli: “Giuliani mi ha mandato i dati e vede un evento disastroso che
potrà avvenire a breve”. Come lo stesso Giuliani afferma nell’intervista: “Ciò che mi
fu risposto, e non ho nessun motivo per dubitare di Nicola Zaccheo, fu: “Dica al sig.
Giuliani che l’Italia e gli italiani non sono pronti per questa scoperta, la finisca con
questa storia della previsione dei terremoti”.
Chiaramente dopo queste parole, Giuliani continuò le sue ricerche da solo, con
l’aiuto dei suoi collaboratori. 18
Nel 2005 furono presentati i dati fino ad allora acquisiti nel corso di un seminario
al laboratorio di Fisica Nucleare. La maggior parte della comunità scientifica pre-
sente, tranne qualcuno che non credeva a priori alla possibilità di poter prevedere i
terremoti, fu d’accordo con i risultati degli studi, sottolineando che questi dovevano
essere certamente approfonditi. Presenti il climatologo e scienziato Guido Visconti
dell’Aquila, Gianfranco Totani del DISAT dell’Università dell’Aquila, esponenti della
Protezione Civile, sia provinciali sia regionali, scienziati russi e scienziati tedeschi
come Matthias Laubenstein che, come dipendente dell’Istituto di Fisica Nucleare,
si occupa di Radon. Fu proprio Laubenstein a sottolineare che i dati erano molto
interessanti dal punto di vista scientifico.

Nel corso di quegli anni le stazioni di rilevamento salirono a 5. Tre si trovano a


Coppito, che è la principale e funge da sala operativa sismica poiché vi confluiscono
tutti i dati che vengono analizzati; poi ce n’è una nel Gran Sasso, mentre l’ultima si
trova nella scuola Edmondo De Amicis, messa a disposizione dal sindaco dell’Aquila IL RILEVATORE SVILUPPATO
dopo che Giuliani si sottopose a un altro test in collaborazione con il dipartimento DA GIULIANI DAL 2005
DISAT dell’Università dell’Aquila, dal 17 aprile al 19 aprile del 2008.
Tra la fine del 2008 e l’inizio del 2009 molti giornalisti si occupavano ormai delle
ricerche di Giuliani ed erano interessati ad apprendere la lettura dei grafici online
confrontandosi giornalmente sui dati.

A dicembre 2008, un episodio a Frignano, di magnitudo 4, fa partire lo sciame


sismico. Al termine di questo iniziano gli eventi sismici dell’Aquila.
Arriviamo al 28 marzo. Era evidente che si stava avvicinando un evento sismico
rilevante. All’una e venti di notte Giuliani invia, come già da accordi presi da un paio
di mesi, un rapporto al sindaco dell’Aquila e alla mailing list dei collaboratori in cui
afferma: “Per domani in mattinata è previsto all’Aquila un evento sismico di grado
compreso tra il 2.2 e il 2.4, come quello del giorno precedente. C’è un forte carico di
energia che denuncia invece una attività più intensa, ma a 50 – 60 km dall’Aquila.”
La mattina del 29 a Sulmona è stato registrato un sisma di 3.8, mentre all’Aquila
si era verificato un 2.4.

A questo punto ci chiediamo: come è possibile che sia scattata addirittura una
denuncia per procurato allarme a fronte di comunicazioni concordate e non certa-
mente allarmistiche, come i media e le autorità hanno fatto trapelare? Vero è che
su social network, blog, forum e canali ufficiali e non, si è scatenato in quei giorni
un tam tam che probabilmente ha generato panico nella popolazione, ma leggiamo
19 il verbale del 31 marzo redatto a seguito di una riunione straordinaria degli esperti
della Commissione nazionale per la previsione e la prevenzione dei grandi rischi, te-
nutasi nella sede della Regione Abruzzo, “con l’obiettivo – si legge in un comunicato
stampa della Regione – di fornire ai cittadini abruzzesi tutte le informazioni disponibi-
li alla comunità scientifica sull’attività sismica delle ultime settimane”.
Al tavolo operativo siedono Bernardo De Bernardinis, vice capo del dipartimento
della Protezione Civile, Mauro Dolce, direttore dell’ufficio sismico, quattro esperti dei
fenomeni sismici (tra cui Enzo Boschi), il direttore del Centro Nazionale Terremoti
(Giulio Selvaggi), l’assessore alla protezione civile della Regione Abruzzo (Daniela
Stati), tre funzionari della Regione, tre della Protezione Civile, il sindaco dell’Aquila
e tre vice prefetti del capoluogo. Citiamo testualmente.
«Prende la parola il professor Boschi: “Escluderei che lo sciame sismico sia prelimi-
GUIDO BERTOLASO nare di eventi (...) anche se – spiega – siamo in una zona sismica attiva. Nell’area
CAPO DELLA PROTEZIONE abruzzese registriamo circa 800 scosse l’anno. Ma i terremoti non si possono preve-
CIVILE dere, si possono solo prevenire”. (…) Prende la parola la Stati, assessore regionale:
“Noi, io e il sindaco, dobbiamo anche dare risposte politiche. Quello che vogliamo
sapere è se dobbiamo dare retta a chi va in giro a creare allarmismo”. Risponde
Barberi: “Non c’è nessuno strumento che possa avvisarci che ci sarà un terremoto.
Non vale la pena che la Commissione Grandi Rischi discuta di questo(...). Questa
sequenza sismica non preannuncia niente, ma sicuramente focalizza di nuovo l’at-
tenzione su una zona sismogenetica in cui prima o poi un grosso terremoto ci sarà”.
L’assessore Stati ringrazia: “Queste vostre affermazioni mi permettono di andare a
rassicurare la popolazione”.»

A seguito di questa riunione scattò l’accusa per procurato allarme. Le note stampa
sono state infinite e tutte riportavano la notizia di come martedì 31 marzo il capo
della Protezione civile, Guido Bertolaso, inviperito si era scagliato contro «quegli
imbecilli che si divertono a diffondere notizie false», chiedendo una punizione. Tra
gli «imbecilli» appunto Giampaolo Giuliani.

LA CARTINA DELL’ABRUZZO Eppure, ad un anno da quel tremendo terremoto che invece il 6 aprile ha colpito
l’Aquila, contro cui Giuliani non ha potuto fare nulla, pur vedendo le strumentazioni
impazzire nell’arco delle 24 ore che hanno preceduto il sisma, tacciato di profeta e
mago, con il telefono sotto controllo e screditato di fronte a tutta l’Italia, non è stato
forse più prudente trascorrere due giorni fuori casa e fermare una cittadina intera
come avvenuto a Sulmona una settimana prima, anziché aspettare in casa per veri-
ficare di persona l’intensità del terremoto previsto da Giuliani?
E ancora, nonostante i 308 morti dell’Aquila, citiamo testualmente quanto riportato
nell’Interrogazione a risposta scritta 4-01366 presentata da Donatella Poretti in se- 20
nato mercoledì 8 aprile 2009, seduta n.188:
«si chiede di sapere: quale valutazione scientifica il Governo intenda dare allo
studio del “comportamento” dell’elemento chimico chiamato Radon, trovandosi tali
apparecchiature nei laboratori nazionali del Gran Sasso (LNGS), uno dei quattro
laboratori dell’Istituto Nazionale Fisica Nucleare (INFN); se siano stati destinati
specifici finanziamenti a tale attività di studio e quali siano i rapporti intercorrenti
tra questi laboratori e la Protezione civile; se intenda proseguire nel finanziamento
di strutture di monitoraggio di eventi sismici come quelle presenti nei laboratori na-
zionali del Gran Sasso, pur ignorandone i suoi eventuali allarmi.» Segue parte della
risposta, amara: «L’Istituto nazionale di fisica nucleare (INFN) ha valutato di non
dar credito alla possibilità di predire eventi sismici sulla base delle misure effettuate
dal signor Giuliani, con gli strumenti ospitati nel laboratorio esterno del Gran Sasso
e in altri edifici abruzzesi, poiché la concentrazione di Radon è fortemente influen-
zata da parametri esterni quali la temperatura, l’umidità e la pressione che, invece,
non paiono monitorati dalle misure del signor Giuliani. (…)Il signor Giuliani non è
mai stato in grado di fornire alla comunità scientifica le reali evidenze delle proprie
sperimentazioni. In particolare non esiste nessun articolo scientifico, che descriva
anche sommariamente, la metodologia e i dati usati, per valutare le affermazioni
fatte sulle emissioni del Radon come precursore al terremoto del 6 aprile 2009.
(…) Si sottolinea, comunque, che anche i modelli probabilistici più sviluppati non
consentono, allo stato attuale, di prevedere i terremoti. (…)Si precisa che il terre-
moto dell’Abruzzo non è stato previsto da nessuno, né in Italia né in nessun altro
Paese del mondo. (…)Infine l’INFN ha deciso di promuovere un gruppo di studio
per analizzare tutti i dati, raccolti negli anni dal laboratorio sotterraneo, al fine di evi-
denziare ogni possibile correlazione tra misure di parametri chimici e fisici ed eventi
sismici. Qualora nascesse una possibile linea di ricerca riguardo all’individuazione
di precursori, l’Istituto valuterebbe con interesse un possibile programma di attività
sperimentale e interpretativa che certamente dovrebbe coinvolgere ricercatori di
discipline diverse ed avere la partecipazione degli enti più direttamente rivolti allo
studio di tali tematiche.»

Chiediamoci: 308 morti non sono ancora un prezzo sufficiente per destare
interesse riguardo “le linee di ricerca” indicate da Giuliani? Da questa risposta
sembrerebbe di no.
Saltiamo i fiumi di polemiche scaturiti nei mesi successivi al terremoto e andiamo
al dicembre 2009.
Il 22 dicembre 2009 il Tribunale di Sulmona ha prosciolto Giuliani dall’accusa di
21
IL LIBRO DI GIAMPAOLO procurato allarme in relazione ai fatti del 29 marzo 2009. Leggiamo nella senten-
GIULIANI RACCONTA, COME za: “La relazione tra accumulo di radon e terremoti è ritenuta attendibile. L’evento
RECITA IL TITOLO, LA SUA sismico annunciato sulla scorta delle proprie indagini impedisce di considerare
VERITA’. MA ERA DAVVERO inesistente il pericolo di terremoto”.
POSSIBILE PREVEDERE CON Grande attenzione inoltre per la relazione scientifica dello stesso Giuliani dell’AGU
LARGO ANTICIPO UN EVENTO FALL Meeting 2009 di San Francisco, congresso annuale scientifico sulle cata-
DELLA PORTATA DEL SISMA strofi naturali. Il 14 dicembre Giampaolo Giuliani ha presentato una relazione dal
CHE HA COLPITO L’AQUILA? titolo “Radon observation by Gamma Detectors PM-4 and PM-2 during the seismic
O IN QUESTO TITOLO E’ PRE- period (Jan-Apr 2009) in L’Aquila Basin” nelle sezioni U13C e U14B, su invito della
SENTE UNA CERTA MISURA DI
SENSAZIONALISMO?

commissione scientifica organizzatrice dell’AGU. Chairman della presentazione


sono stati il prof. Pierfrancesco Biagi, dell’Università di Bari, e il prof. Dimitar Ou-
zounov del Goddard Space Lab NASA.

Caso strano, come se non ce ne fossero stati a sufficienza finora, pochi giorni
prima l’intera postazione del Gran Sasso è stata oggetto di furto. In una video-
intervista Giuliani ha dichiarato: “A parte il valore dell’elettronica che utilizzavamo,
io non riesco a capire…La cosa è avvenuta di domenica, quando il controllo del
laboratorio è massimo perché è tutto chiuso e ci sono guardie che sorvegliano
dappertutto. (…) Le schede sottratte non si trovano in commercio. Bisogna proget- 22
tarne delle altre. Diciamo che per lungo tempo questa stazione rimarrà praticamente
morta, fintanto che non saremo in grado di ripristinare ciò che è stato tolto e rimet-
terla in linea insieme alle altre.”
E se da un lato la relazione di Giuliani all’AGU ha destato realmente interesse,
tanto da permettergli di allacciare collaborazioni con diverse università nel mondo,
di essere chiamato per due mesi in Giappone all’inizio del 2010 per un progetto
che mira alla realizzazione di una rete globale di rilevamento e analisi del Radon
come precursore sismico, progetto per il quale la NASA ha messo a disposizione un
satellite per esperimenti che proseguiranno fino alla fine di aprile e di cui attendiamo
i risultati, dall’altro il 31 dicembre 2009 su Abruzzo 24ore viene pubblicato un lun-
ghissimo articolo in cui il Prof. Warner Marzocchi (dell’INGV) afferma: “La sessione
sul terremoto di L’Aquila alla conferenza “Agu Fall Meeting 2009” di San Francisco
(14-18 dicembre 2009), è stata sì molto interessante, ma senza apprezzabili con-
clusioni. Per cui nessuno oggi può arrogarsi il diritto di certificare alcunché senza la
reale approvazione della comunità scientifica internazionale. (…) La presentazione
di Giuliani è stata molto “debole” (…) Nessuno è rimasto né impressionato né asso-
lutamente convinto. (…) In sintesi, chi non lo conosceva ne è rimasto impressionato
non positivamente. Non voglio essere enfatico né di parte, ma questo è quello che si
è visto chiaramente. (….) Il Radon è studiato dagli anni ‘60 del XX Secolo e - rivela
Warner Marzocchi - non è mai stata presentata una correlazione significativa e con-
vincente tra le emissioni di Radon e i terremoti. In sintesi non è mai stato utilizzato
per prevedere i terremoti. La questione scientifica, dunque, non è aperta. Forse in fu-
turo qualcuno potrà portare novità in questo campo, ma per ora non c’è discussione
sullo scarso valore delle emissioni del Radon per prevedere i terremoti. Ripeto: forse
in futuro qualcuno farà meglio, ma ora non c’è nessuna discussione aperta.”

Tralasciamo in questa sede molti altri aspetti di questa lunga intervista che vi
invitiamo per altro a leggere online per completezza di informazione. Giunti a questo
punto sembra netta la bocciatura di Giuliani, almeno da parte della comunità scienti-
fica italiana, considerato che invece, come si è visto, le collaborazioni all’estero sono
state avviate. Sembrerebbe altrettanto chiuso ogni eventuale discorso sul Radon…e
invece, colpo di scena: è lo stesso INGV ad inviare il 12 marzo 2010 (3 mesi dopo
l’AGU Fall) una nota stampa pubblicata dall’AGI con il titolo: “Variazioni di Radon
prima di un Sisma”. In questa nota si legge: «Prima di un terremoto il gas Radon
può aumentare o diminuire.

Queste le conclusioni di uno studio dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulca-


23 nologia (Ingv) e dell’Università Roma Tre che ha permesso di isolare i meccanismi
fondamentali che determinano la diminuzione e l’aumento del rilascio del gas Radon
prima di un terremoto. Il lavoro in fase di pubblicazione su Geophysical Reaserch
Letters (GRL) è stato finanziato dal progetto ‘TRIGS’ (www.trigs.eu), sotto il sesto
programma quadro della Commissione Europea e del ‘New and Emerging Science
and Technology Pathfinder’. (…) A differenza di quanto comunemente si ritiene,
particolarmente alla luce dei recenti dibattiti sul terremoto de L’Aquila, oltre che ad
aumenti di emissione di Radon prima di un evento sismico - ha spiegato Sergio
Vinciguerra, coautore della ricerca dell’Ingv - si sono spesso osservate diminuzioni
di emissione’’. In pratica, prima di un sisma il gas Radon subisce variazioni, sia in
positivo che in negativo. (…) In termini di rilascio di gas, come il Radon, questo si
tradurrà inizialmente in una diminuzione di emissione (meno vuoti, meno spazi per
i gas) e soltanto quando si formeranno fratture, che rappresentano nuove “vie” per i
gas, l’emissione di Radon aumenterà rispetto al suo valore di fondo’’. In conclusio-
ne sono stati isolati i meccanismi fisici nelle rocce responsabili della diminuzione e
dell’aumento dell’emissione di Radon osservati sul terreno prima di eventi sismici o
vulcanici. Per arrivare a queste conclusioni i ricercatori hanno misurato l’emissione
del Radon con un Radometro dotato di un detector per particelle alfa, appartenen-
te all’Università di Roma 3. (…) La nostra scoperta - ha risposto Vinciguerra - ha
permesso di isolare i meccanismi fondamentali che determinano la diminuzione e
l’aumento dell’emissione di Radon prima dei processi di rottura, che avvengono du-
rante terremoti o eruzioni vulcaniche. (…) Questo ci permetterà nei prossimi anni di
sviluppare un modello per i cambiamenti di emissione di Radon osservati e fornire
un supporto quantitativo all’interpretazione delle anomalie di questo gas prima di
eventi sismici e vulcanici’’.

Tutto ciò significa, come sostenuto anche da Giuliani, che la ricerca è ancora
aperta e i modelli vanno ancora senza dubbio perfezionati prima di giungere a previ-
sioni certe. Indubbiamente fino ad allora la gente e le istituzioni dovranno accettare
anche i falsi allarmi, possibili in un sistema ancora in parte probabilistico, ma con
un po’ di umiltà e di coscienza comune ognuno di noi converrà che è certamente
meglio proseguire negli studi e nelle indagini, anche a costo di eventuali falsi allarmi,
piuttosto che pagare la “non conoscenza” dei fenomeni con vite umane che purtrop-
po nessun esperimento di laboratorio, per quanto approvato o no dalla comunità
scientifica, potrà mai restituire.

-------------------------------------
24
LA VERITA’ CI MUOVE, QUALUNQUE ESSA SIA

25
intemporeale
IL NUOVO PROGRAMMA D I M A U R I Z I O D E C O L L A N Z

Da lunedì prossimo 24 maggio 2010, REBUS lascia il suo posto nel palinsesto di
Odeon a una nuova trasmissione in diretta: InTempoReale.

A condurla ci sarà sempre Maurizio Decollanz e anche la durata non cam-


bierà.
Il programma punta ad approfondire argomenti di stretta attualità con il sup-
porto delle redazioni di Canale10-Firenze, TeleGenova e Telereporter-Milano.

REBUS tornerà con le ultime puntate del ciclo 2010 a partire da:

m e r c o l e d ì 1 6 g i u g n o a l l e 2 0 . 3 0

26
Di Mattia Pao linelli

QUEST’ESTATE UN TEAM DI RICERCATORI CALIFORNIANI DARA’ IL VIA


AD UNO DEGLI ESPERIMENTI PIU’ IMPORTANTI DI SEMPRE: FORSE LA
SOLUZIONE DEFINITIVA AD OGNI PROBLEMA DI ENERGIA
Si può fare urlerebbe Frederich Frankenstein. Il sole nelle nostre mani.
La possibilità di realizzare una fusione nucleare controllata è dagli anni
’50 il nuovo nome dato dall’uomo al suo vecchio sogno di gareggiare con
la divinità. Il Sole, la palla infuocata che illumina il cielo della Terra è stato
considerato in ogni epoca come il più evidente segno del divino. La fonte
27 del calore che realizza la vita. Un dono o un dio esso stesso.
Per il Sole gli uomini hanno guardato al cielo come alla patria d’elezione del
sovrannaturale e del sovrumano. E per lo stesso motivo il cielo è da sempre
l’obiettivo cui l’uomo tende. Ma dal volo di Icaro alla Torre di Babele le delusioni
–o gli avvertimenti- sono stati tanti. Forse gli ultimi in ordine di tempo sono stati
Hiroshima e Nagasaki. Due segni di una nuova tendenza che sembra mettere in
pratica il vecchio detto di Maometto e della montagna.

E’ infatti il Sole a venire dall’uomo, da un po’ di tempo a questa parte. O


almeno ci prova, perché la fissione nucleare (l’unico modo finora realizzato per
sfruttare l’energia dell’atomo) è un’altra cosa. La fusione nucleare sprigiona
IL LIVERMORE NATIONAL LA-
energie così incredibili che anche qualora si riuscisse ad ottenerla il risultato
BORATORY, IN CALIFORNIA
sarebbe un plasma talmente incandescente da fondere qualunque struttura di
contenimento che l’uomo è finora in grado di predisporre. Nel laboratorio ca-
liforniano di Livermore questo lo sanno. Per questo motivo hanno pensato ad
un’altra strada. Così in un ambiente chiuso da pareti di cemento armato spesse
due metri i ricercatori del Livermore National Laboratory cercheranno quest’estate
di creare una piccola stella. Sarà un astro dalla vita molto effimera, ma potrebbe
risultare la chiave per giungere alla produzione di energia tramite fusione. Energia
praticamente illimitata.

Bisogna dire che per il momento gli sforzi degli scienziati di tutto il mondo in
questo senso sono stati vani e che non di rado le dichiarazioni inerenti la fusione
I RICERCATORI DEL nucleare sono state delle vere e proprie “balle colossali”. I motivi? Prima di tutto
LIVERMORE CERCHERANNO i costi. Molto spesso i budget preventivati per ricerche nel campo della fusione
QUEST’ESTATE DI CREARE nucleare si sono rivelati essere arrotondati fin troppo per difetto e a fronte di un
UNA PICCOLA STELLA. incredibile apporto economico i risultati sono stati molto scarsi, le ricerche hanno
MA SARA’ UN ASTRO DALLA visto i tempi allungarsi in modo incredibile e l’ovvia conseguenza è che tante, tan-
VITA MOLTO EFFIMERA tissime ricerche relative alla fusione sono state, per così dire, “interrotte a metà”.
Questa situazione può muovere e aver mosso alcuni scienziati a dichiarazioni
incredibili per coprire incredibili ritardi o nuove richieste di sovvenzionamenti. E’
questo il caso? Ovviamente la risposta non ci è nota. Non possiamo nemmeno
dire: “aspettiamo quest’estate” perché, per come è stata presentata, tutta la fac-
cenda sembra essere stata studiata in modo da regalare un “liberi tutti” in caso
d’insuccesso. La strada intrapresa è nuova, i risultati in questo campo di ricerca
sono stati praticamente nulli.. Insomma, vista l’eccezionalità dell’esperimento,
una non riuscita dello stesso è stata preventivata e parafrasando -in negativo- un
vecchio motto NASA: “il fallimento è contemplato eccome”.
28
L’unica controprova della bontà dell’esperimento sembra quindi consistere in
una sua piena riuscita. Ma forse è chiedere un po’ troppo quando sul nostro piatto
della bilancia si tratta di mettere solo un altro po’ di fiducia. Il problema è che altri
(si legga contribuenti americani) mettono anche fior di soldi e in uno scenario tanto
incerto sarebbe stato preferibile attendere l’esito dell’esperimento prima di lasciarsi
andare a certi proclami che alla luce della storia passata sollevano non pochi dubbi.
Ma in fondo sarebbe solo una questione di “stile”, di prammatica. Altra cosa sarebbe
ritrovare nella situazione attuale dati già visti in altre. Le “balle colossali” cui si ac-
cennava prima. Ci sono? La risposta è purtroppo affermativa.

L’esperimento che dovrebbe attuarsi quest’estate è parte di un programma go-


vernativo più ampio, il National Ignition Campaign. Secondo il rapporto di aprile del
Government Accountability Office dal 2005 questo programma ha speso 2 miliardi di
dollari a fronte di un budget preventivato di 1.6 miliardi. Il 25% in più. Senza contare
che sempre secondo il GAO l’intero progetto ha accumulato un anno di ritardo ri-
spetto alla data di termine (la nuova “deadline” è ora stimata per la fine del 2012).

Ma noi non siamo contribuenti americani né facciamo parte del Government Ac-
countability Office. Possiamo quindi rilassarci e permetterci di credere senza troppi
patemi all’annuncio dei ricercatori. Vediamo quindi nello specifico quale sarebbe la
ricetta degli scienziati del Livermore per tener fede al motto del progetto: “Bringing
Star Power to Earth” IL MOTTO DEL PROGETTO NA-
TIONAL IGNITION FACILITY:
Verrà utilizzato il più grande laser al mondo: un mostro che occupa un intero
edificio. Similmente ad un acceleratore di particelle, il raggio viaggia attraverso un “BRINGING STAR POWER
percorso lungo circa un miglio per “caricarsi”. Una volta pronto, il raggio verrà diviso TO EARTH”
in 192 fasci che saranno poi reindirizzati in un unico punto: un bersaglio di deuterio e
trizio (due isotopi dell’idrogeno, ricavabili dall’acqua marina) rivestiti di una capsula PORTARE IL POTERE DELLE
d’oro. Alla fine, la parte divertente: fare fuoco! STELLE SULLA TERRA

Cosa succederà? A voler dare retta a Lynda Seaver, portavoce del progetto,
l’ipotesi peggiore è che l’esperimento non funzioni. Che non accada nulla, insomma.
Perché riguardo eventuali pericoli è categorica: “There’s no danger to the public.” La
Seaver si lascia invece andare all’ottimismo per quanto concerne le sorti dell’espe-
rimento, dicendosi fiduciosa che possa essere “qualcosa di cui parlare ai propri
nipoti” e ancora, che sarà come “essere su una collina a guardare il primo volo
29 dei Fratelli Wright”.
LA FUSIONE CONTROLLATA Più pragmatico l’atteggiamento di Bruno Van Wonterghem -uno dei responsa-
SARA’ INCREDIBILMENTE bili del progetto- che ammette come la reazione “potrebbe eccedere le condizioni
PICCOLA (CIRCA 5 MICRON) presenti al centro del Sole”, ma allo stesso tempo afferma che la fusione controllata
E ALTRETTANTO BREVE sarà incredibilmente piccola (circa 5 micron) e altrettanto breve (circa 200 mila
(CIRCA 200 MILIARDESIMI DI miliardesimi di secondo). Parole rassicuranti, ma parole che riguardo le speranze
SECONDO) di successo dell’esperimento suonano come l’apertura di un paracadute: “Siamo
molto fiduciosi di poter accendere l’obiettivo entro i prossimi due anni”. Van Wonter-
ghem ha il merito di mostrare maggiore cautela rispetto alla Seaver, ma il problema
è che il primo esperimento di accensione è fissato per quest’estate.

Due anni di studi non sono cosa da poco, anzi: rappresenterebbero una buo-
na fetta del progetto totale. Quindi ripetiamo: non era il caso di aspettare prima di
lasciarsi andare a dichiarazioni così importanti? Perché creare così tante aspetta-
tive? A chi è rivolto davvero l’annuncio di questa “nuova via”? A chi la promessa
di ottenere nei prossimi 20 anni energia praticamente illimitata? Forse è il caso di
ricordarsi delle cifre snocciolate poc’anzi, degli sforamenti di budget e tempistica,
del GAO che si mantiene vigile sull’intero progetto. Tutti questi aspetti sembrano
condurre ad un unico obiettivo: la ricerca di sostenitori per un rifinanziamento del
progetto. Un messaggio in bottiglia lanciato nella speranza che venga raccolto dalle
mani di qualche senatore e diventi il nuovo sogno dei Repubblicani dopo il progetto 30
Constellation o la base permanente sulla Luna. Progetti subito tagliati dalla nuova
amministrazione che fa capo ad Obama.

Se il vero obiettivo fosse quindi un coinvolgimento politico, non si dovrebbe


aspettare quest’estate per conoscere l’esito dell’esperimento. E un tale disegno po-
trebbe rivelarsi un brutto boomerang non solo per Van Wonterghem & soci, ma per
tutto il campo d’indagine sulla fusione. Un effetto domino che potrebbe spegnere
per diverso tempo l’interesse rivolto a questo campo di ricerca. Un effetto che ricor-
derebbe da vicino un caso ancora più eclatante sebbene ormai lontano nel tempo.
LYNDA SEAVER, PORTAVOCE
DEL PROGETTO:
“THERE’S NO DANGER TO
THE PUBLIC”

Chi ricorda ormai il nome di Ronald Richter? Eppure ci fu un’epoca in cui questo
nome era sulla bocca di un intero Paese. E di tutto il mondo.
E’ noto come dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale molti scienziati tedeschi
fossero stati arruolati nelle file dei due principali vincitori del conflitto: Stati uniti e
Unione Sovietica. Ma non esistevano solo Peenemünde e gli specialisti dei razzi
V. A fianco delle “punte di diamante” rese –più o meno- famose dalla corsa allo
spazio esisteva tutta una schiera di scienziati che avevano contribuito a fare la for-
tuna del Reich al principio della guerra e che col proprio lavoro avrebbero potuto
31 ribaltare le sorti del conflitto.
Ormai conosciamo i progetti avveniristici riguardanti caccia a reazione, velivoli
a decollo verticale, panzer di nuova concezione. Forse anche innovative ed incredi-
bili forme di energia? I tedeschi stavano lavorando all’atomica, questo è sicuro. Ma
secondo Richter molti furono gli studi anche nel campo dell’energia da fusione. E
molti i risultati. Ne era così sicuro da riuscire a convincere anche il leader argentino
Perón della bontà delle sue idee e del suo progetto: regalare all’Argentina l’energia
della fusione nucleare e al tempo stesso una posizione di leadership mondiale.

Ma chi era Richter? Non era un tedesco. O almeno non ne siamo sicuri. Nacque
nel 1909 a Falkenau an der Eger. Un boemo, dunque. Esattamente come Hitler.
Frequentò l’università tedesca di Praga dove si laureò nel 1935. Il suo sogno di re-
alizzare energia da fusione nucleare è di vecchia data. Durante la seconda Guerra
mondiale infatti, inviò un memorandum a degli ufficiali del governo Tedesco. Basan-
dosi sugli studi di Guderley Richter proponeva di realizzare una fusione nucleare
attraverso il bombardamento -con particelle ad alta velocità- di un plasma altamente
compresso a base di deuterio contenuto in una capsula di uranio. Ma il progetto non
venne sviluppato. Dopo la fine della Guerra, Richter lavorò in Europa (Germania,
Francia ed Inghilterra). Qualche contratto commerciale, nulla di più.

La vera svolta arriva quando incontra a Londra l’ingegnere aeronautico Kurt


Tank che in seguito emigrerà in Argentina sotto il nome di Pedro Matthies e sarà
il responsabile della progettazione di caccia a reazione per l’aeronautica argentina
a Cordoba. Sarà proprio Tank a portare Richter in Argentina e a raccomandarlo a
Perón. Inizia così per Richter un nuovo viaggio. Destinazione il Sud America. Ap-
pena giunto in Argentina trova ad attenderlo l’industriale tedesco August Siebrecht,
ex spia ed ex nazista. Siebrecht condurrà Richter a Cordoba, dove Tank pensa di
L’ESPERIMENTO AVVERRA’
poter realizzare l’idea di Richter per una propulsione nucleare da applicare ai caccia
IN UN AMBIENTE CHIUSO DA
che sta sviluppando. E’ a questo punto che Richter, raccomandato da Tank, potrà
PARETI SPESSE DUE METRI
incontrare Peron e proporgli il suo incredibile progetto: realizzare la fusione nuclea-
DI CEMENTO ARMATO
re ed accedere così ad una forma potentissima e praticamente illimitata di energia.
Ma non era tutto: Richter si diceva difatti capace di poter realizzare degli impianti di
contenimento di dimensioni estremamente limitate e quindi facilmente trasportabili
e di altrettanto facile e comodo utilizzo.

Il più classico dei “deus ex machina” insomma, in pieno accordo con il sogno
dell’epoca di una “Nuova Argentina”. Perón pagava la convinzione in uno stereotipo
diffuso che considerava gli scienziati tedeschi come “enti infallibili”. E così, invece di 32
attuare una seria e più realistica politica energetica affidandosi ai progetti di scien-
ziati argentini di prim’ordine (come Enrique Gaviola), il generale aderì in maniera
totale e immediata alla follia di Richter e delle sue proposte.

Nacque così il progetto Huemul: una gigantesca impresa che impiegò risorse
altrettanto colossali e che stime recenti (2003) attestano sull’ordine dei 300 milioni
di dollari americani di oggi. Il progetto prende il nome dall’isola che ne fu sede e di
cui Richter divenne il plenipotenziario avendogli Perón affidato pieni poteri (peral-
tro in aperto contrasto con la costituzione). L’Isla Huemul divenne quindi una zona
franca, uno stato nello stato in cui gli unici padroni erano Richter e le sue manie
di persecuzione che trasformarono Huemul in una roccaforte (dotata di stazione
radio, contingente armato, riflettori con cui illuminare a giorno le acque circostanti)
inaccessibile addirittura alle massime cariche dell’esercito.
RONALD RICHTER
(1909-1991)
La mente di Richter era popolata da eserciti di spie che potevano celarsi anche
tra i suoi collaboratori. Per questo girava sempre armato e in quest’ottica interpre-
tava ogni tipo di dissidio interno al progetto. Come quando venne costruito un’im-
ponente cilindro di cemento armato che sarebbe dovuto fungere da schermatura e
impianto di raffreddamento per il reattore nucleare. Secondo il progetto dello stesso
Richter all’interno del cilindro erano stati infatti impiantati dei tubi di metallo entro
i quali sarebbe dovuta passare dell’acqua che avrebbe garantito la temperatura
costante dell’impianto. Ma una volta che l’immane opera venne completata Richter
ci ripensò. Disse che i passaggi per l’acqua non potevano essere di metallo, ma di
calcestruzzo. Il risultato fu la distruzione dell’intero cilindro e i primi sospetti sulla
salute mentale di Richter da parte degli scienziati argentini coinvolti nel progetto.
Ma Perón rimase irremovibile. Fino alla fine.
Il progetto era partito nel 1949. Due anni dopo Richter informava Perón di aver L’ISLA HUEMUL
raggiunto l’obiettivo e il 24 marzo 1951 il Governo argentino poté così informare CHE DIEDE IL NOME AL
il mondo che: PROGETTO CAPEGGIATO DA
RICHTER
“Il 16 Febbraio 1951, sull’isola di Huemul […] sono state realizzate reazioni
termonucleari in condizioni controllate [..]”

Un successo, quindi. O meglio l’annuncio di un successo. La realtà, manco a


dirlo, era molto diversa. E venne fuori l’anno dopo, nel 1952. Dopo l’annuncio della
realizzata fusione doveva seguire ora la sua applicazione pratica. Ma questa tar-
dava mentre i costi lievitavano. Fu a questo punto che Perón si decise ad aprire
33 gli occhi e ad istituire una commissione tecnica che includeva il fisico José Antonio
Balseiro e l’ingegnere Mario Bancora e che concluse nel settembre del 1952 come
le temperature raggiunte da Richter nei suoi esperimenti fossero troppo basse per
produrre una reale fusione.

Le conclusioni della commissione furono incluse in un rapporto al quale Richter


ebbe facoltà di controbattere. A seguito della replica scritta di Richter che propone-
va un’interpretazione completamente diversa dei fatti, venne istituita una seconda
commissione col compito di analizzare le argomentazioni di Richter. Argomentazio-
ni che vennero giudicate inadeguate.

RONALD RICHTER SULL’ISOLA


DI HUEMUL NEL 1949.

SULLO SFONDO E’ POSSIBILE


NOTARE IL GIGANTESCO
CILINDRO DI CEMENTO
ANCORA IN COSTRUZIONE
CHE DOVEVA FUNGERE DA
SISTEMA DI CONTENIMENTO
DEL REATTORE.

VENNE FATTO DISTRUGGERE


E RICOSTRUIRE PER VOLON-
TA’ DELLO STESSO RICHTER
Il risultato finale fu la chiusura del progetto Huemul nello stesso 1952, ad un solo
anno dall’orgoglioso annuncio della prima reazione nucleare da fusione. La perdita
in termini economici era pari a quella d’immagine per il Governo, per Perón e per
l’Argentina tutta.

Non è possibile sapere se Richter fosse stato mosso da un calcolo nella costru-
zione di questa gigantesca messinscena o se questa boutade fosse stata il risultato
di problemi di natura psichica.
Certo è che Richter a modo suo si dedicò con entusiasmo e impegno nel proget-
to. Forse era realmente convinto di poter realizzare il suo antico sogno frustrato 34
all’epoca della Seconda Guerra Mondiale dall’ottusità (o le ristrettezze) del Go-
verno Tedesco.

Non bisogna dimenticare poi come tre anni dopo Richter avesse cercato di
ottenere un dottorato nella sua vecchia università con una tesi che proponeva la
prova sperimentale dell’esistenza di misteriosi “raggi Delta”, emessi dalla Terra a
partire dal suo stesso centro.

Kurt Sitte, all’epoca assistente del Prof. Furth al Dipartimento di Fisica Sperimen-

I RESTI DELLE STRUTTURE


REALIZZATE PER IL PROGET-
TO DI RICHTER SULL’ISOLA
DI HUEMUL

UNO DEGLI EDIFICI DEL


COMPLESSO.
L’ISOLA E I RESTI DI QUELLO
tale dell’Università di Praga ricorda come Richter avesse cercato di coinvolgere lui CHE FU IL PROGETTO
e Furth in un progetto fantasioso: DI RICHTER SONO OGGI
“Aveva letto (certamente non su di una pubblicazione scientifica) della scoperta di ACCESSIBILI AI TURISTI
una misteriosa radiazione, i “raggi terra”, che venivano irradiati dal centro stesso
della Terra e provocavano tutta una serie di incredibili effetti. Questo era ciò che
voleva ricercare. L’idea lo entusiasmava e fu molto difficile convincerlo (se mai ci
riuscimmo) che la “prova” da lui citata non era autentica. La sua tesi non venne
pubblicata.”
35
IL GENERALE ARGENTINO Quelli scoperti da Richter erano in realtà dei semplici raggi x e difatti la sua tesi
JUAN DOMINGO PERON venne bocciata dal Professor Heinrich Rausch von Traubenberg.
SOSA Sotto un certo punto di vista quella di Richter è una storia piuttosto triste che mostra
(1895-1974) dove possono condurre i propri sogni quando non ci si arrende all’idea che questi
possano essere irrealizzabili.

Il suo desiderio non era infatti quello di far progredire la scienza verso la fusione
nucleare, ma di raggiungere la stessa nell’arco di pochissimi anni. E di farlo in prima
persona. Per realizzare questo obiettivo Richter ha sacrificato molto più che la sua
reputazione: ha rischiato di rovinare quella di Tanke e di minare l’economia di un pa-
ese, soggiacendo ai fantasmi della propria mente ha creato sull’isola di Huemul un
insostenibile clima di sospetto e paura, imponendo turni massacranti ai propri colla-
boratori e cercando di screditare coloro che sempre più apertamente nutrivano dei
dubbi sul suo operato. E a questo punto è interessante notare come Richter e Hitler
oltre al fatto di essere entrambi boemi fossero accomunati anche dall’insensibilità
per i rischi cui esponevano i loro Paesi (Richter fu naturalizzato cittadino argentino):
vittime sacrificabili dei propri sogni di megalomania e potere.

Questo lungo excursus non vuole dimostrare il ripetersi della Storia, appiattendo
la vicenda di Richter a quella dell’esperimento programmato per quest’estate in
California. Ma una cosa è certa: è molto facile cadere nella tentazione di credere
a priori ad annunci di fatto entusiasmanti. Ma la realtà è sempre in agguato. E il
rischio sempre presente è che l’entusiasmo frustrato si trasformi in scetticismo, in-
differenza. Che temi e ricerche assolutamente importanti, rispettabili e d’incredibile
DUE VOLTE PRESIDENTE portata finiscano per scadere nel calderone della curiosità, dell’eccentrico piuttosto
DELL’ARGENTINA: che inserite nel giusto viatico della Scienza. L’associazione al “ridicolo” è il peggior
nemico di ogni stimolo all’indagine. E se anche questa volta ci trovassimo di fronte
DAL 1946 AL 1955 ad una fantasia, ad un trucco o ad un espediente di qualsivoglia natura, il rischio
E DAL 1973 AL 1974 potrebbe risultare al di là di ogni semplice stima di carattere economico. Che sia
con i dollari di oggi o con quelli di domani.

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36
Di Mattia Pao linelli

Siamo arrivati alla SESTA PARTE delle Controrisposte alle 66 domande


e risposte dei revisionisti. Questa volta proponiamo una sola domanda e
relativa risposta. Una sola, dicevamo, ma talmente importante da meritare
un’attenzione particolare. La stessa che ci auguriamo di aver posto nel
rispondere.
Avvertenza: le risposte, così come le immagini proposte in questa rubri-
ca possono essere piuttosto “crude” e potrebbero turbare alcuni lettori.
37 Per chi volesse perciò evitarne la lettura, l’articolo termina a pag. 48
E così ecco la 26:

“26) C’è qualche prova che Hitler fosse al corrente dello sterminio in massa degli
ebrei?

REVISIONISTI:
No.”

NAUTILUS/PAOLINELLI:
Per quanto detto sopra e per completezza voglio dire che nelle mie sessioni di
navigazione su internet ho avuto modo d’imbattermi in frasi come questa: “Giam-
mai Hitler ha ordinato o permesso di uccidere una persona in ragione della razza
o della religione”
L’affermazione è dello storico negazionista francese Faurisson. La pagina internet
nella quale essa era presente conteneva una discussione non sulla suddetta frase,
ma su una sua critica ad opera di Domenico Losurdo, il quale dice che le parole
di Faurisson “sono un vero e proprio insulto alla verità storica”. L’autore dell’arti-
colo mira a far comprendere come il Faurisson abbia invece ragione e adduce a
testimonianza il fatto che esisteva un: “trattamento diverso per le varie categorie
di Ebrei, occidentali e orientali, residenti da generazioni all’Est e Sowietjuden, e
in generale le fucilazioni di Ebrei con motivazione specifica (terrorismo, sabotag-
gio, saccheggio, rappresaglia, attività antitedesche, epidemie, ecc.) dimostrano
che neppure all’Est esisteva una direttiva specifica di sterminio degli Ebrei in
quanto Ebrei.
Le fonti portate a corollario di questa tesi sono due documenti: La “Braune Mappe”
che nel paragrafo “Stato della popolazione” distingueva due categorie di ebrei
orientali:
«L’ebraismo nei singoli commissariati del Reich e all’interno di questi nei commis-
sariati generali rappresenta una parte molto numerosa della popolazione totale,
ma con grosse differenze. Ad esempio, in Rutenia Bianca e in Ucraina vivono
milioni di Ebrei che vi risiedono da generazioni. Nei territori centrali dell’Unione So-
vietica invece gli Ebrei sono immigrati in massima parte nell’epoca bolscevica. Un
gruppo speciale è costituito dagli Ebrei sovietici (Sowjetjuden) penetrati in Polonia
orientale, in Ucraina occidentale, in Rutenia Bianca occidentale, nei Paesi baltici,
in Bessarabia e in Bucovina nel 1939-1940 al seguito dell’Armata Rossa. Nei con-
fronti di questi vari gruppi è in atto un trattamento parzialmente diverso.
Anzitutto bisogna eliminare (auszuscheiden) con duri provvedimenti – per quanto 38
non siano fuggiti - gli Ebrei immigrati negli ultimi due anni nei nuovi territori occupati
dai Sovietici. Poiché questo gruppo col suo terrore verso la popolazione ha attirato
su di sé un odio intensissimo, alla loro eliminazione ha provveduto in massima par-
te la popolazione stessa già all’apparire delle truppe tedesche. Tali misure di rap-
presaglia non devono essere impedite. La restante popolazione ebraica residente
dev’essere anzitutto registrata con l’introduzione del dovere di iscrizione. Tutti gli
Ebrei vengono contraddistinti con segni distintivi visibili (stelle ebraiche gialle)»
Beh, niente da dire: è assolutamente vero che vengono fatte delle distinzioni.. Un
primo gruppo di ebrei deve essere eliminato subito: quello emigrato dalla Germania
benché “non fuggito”! Quest’affermazione, tra l’altro, si lega con le perplessità che
suscitava una precedente affermazione delle 66 domande/risposte -che riprendono
le stesse tesi negazioniste- sugli ebrei rifugiatisi in Russia:

“17) Quanti ebrei si rifugiarono nelle regioni più interne dell’Unione Sovietica?

REVISIONISTI:
Più di 2 milioni.I tedeschi non poterono entrare in contatto con questa popolazione
ebraica.”

NAUTILUS/PAOLINELLI:
Non poterono entrare in contatto con questa popolazione ebraica? A quanto pare
invece si.. E per di più, sia con quella “non fuggita” ma emigrata che con quella
stanziale.. Ma continuiamo.. Continuiamo registrando il fatto che all’eliminazione
degli ebrei realizzata dagli stessi cittadini si accosta la precisa volontà di non impe-
dirla. Che “tali misure di rappresaglia non devono essere impedite”. Ciò vuol dire
anche che le popolazioni che hanno attuato questi eccidi sapevano già di poter
contare sull’approvazione tedesca e sull’impunità. Perché mai? L’autore dell’ar-
ticolo non lo dice..
Ma cos’era la Braune Mappe? Il 3 settembre 1941, il ministro per i Territori Orientali
Occupati, Alfred Rosenberg, rilasciò la “Braune Mappe”, una raccolta di ordini con-
cernenti l’organizzazione e la struttura dell’amministrazione civile e i piani d’azione
da seguire nei territori orientali occupati (i territori sovietici conquistati dopo il 22
giugno). Questi ordini erano applicati solo nelle aree sotto il controllo civile del
Ministero per i Territori Orientali Occupati (Ostministerium), ad esempio i due
ReichsKommissariate dell’Ostland e dell’Ucraina; ma erano da intendersi come
da attuarsi in tutto il territorio sovietico occupato al di là della linea Arkhangel’sk-
Astrakhan dopo l’attesa vittoria militare..
39
Ora, ricordate quanto già detto a proposito delle Einsatzgruppen?

“Le direttive di Heydrich (comandante dell’RSHA) per le Einsatzgruppen nell’ambito


dell’operazione Barbarossa erano le seguenti:
L’eliminazione dei quadri del partito comunista, dei commissari politici e di coloro
che si opponevano alla «liberazione» tedesca.
L’istigazione di pogrom contro la locale popolazione di origine ebraica.
Le Einsatzgruppen seguivano da vicino l’avanzata delle forze armate tedesche e
realizzavano di preferenza le loro operazioni nelle città e nei villaggi ove vivevano
consistenti comunità ebraiche. Appena giunte nella città provvedevano ad emanare
dei decreti che ordinavano a tutti i cittadini ebrei di presentarsi in un punto di radu-
no dal quale sarebbero stati «reinsediati» in altre località per effettuare un servizio
di lavoro obbligatorio. Gli ordini affissi per le strade chiarivano inequivocabilmente
che chi non si fosse presentato sarebbe stato passato per le armi. Da rimarcare
che, almeno nel primo periodo, gli ebrei sovietici non erano a conoscenza delle
terribili condizioni dei loro correligionari polacchi rinchiusi nei ghetti perché fino allo
scoppio del conflitto l’Unione Sovietica - benevolmente neutrale con la Germania
dopo la firma del patto Molotov-Ribbentrop - aveva filtrato e nascosto attentamente
le notizie relative agli eccessi nazisti in Polonia. Per questo motivo gli ebrei erano
facilmente ingannati dalla menzogna del «reinsediamento», soprattutto viste le fa-
tali conseguenze che avrebbe provocato il non eseguire l’ordine delle autorità di
occupazione.

Le persone radunate con l’inganno venivano trasferite nei pressi della città, in
zone defilate precedentemente selezionate dagli uomini delle Einsatzgruppen. Gli
sventurati erano condotti presso grandi fosse già scavate, vecchi cantieri in disuso
o profondi burroni (ad esempio Babi Yar, ove avvenne l’eccidio della popolazione
ebraica di Kiev) e fatti spogliare completamente - i vestiti venivano poi inviati agli
enti assistenziali tedeschi.”

Si, è assolutamente vero che vennero fatte delle distinzioni: gli ebrei fuorusciti dove-
vano essere eliminati subito per impedire che avessero il tempo di far sapere anche
gli altri di quale fine la segregazione nei ghetti avrebbe costituito l’anticamera..
Ma a parte l’aver fatto comprendere i meccanismi che regolano le possibilità di ma-
nipolare l’informazione quando questa non è data nella sua completezza, bisogna
ancora ricordare il punto fondamentale della questione: perché si parla degli ebrei?
Perché si compilano statistiche sugli ebrei presenti nei territori orientali e non si parla
40
invece di ucraini, lituani, lettoni, estoni, bielorussi o russi? Perché si fanno distinzio-
ni tra gli altri cittadini e gli ebrei? Perché non tutta la popolazione occupata viene
mandata via dalle proprie case e vengono predisposti anche in questo caso dei
ghetti? Mi si risponderà che sarebbe stato impossibile, ma il fatto è che quest’even-
tualità non venne nemmeno presa in esame. E perché? Perché l’ideologia nazista
è un’ideologia razzista e quindi prevenuta contro gli ebrei. Perché gli ebrei erano
considerati nemici mortali indipendentemente dalle loro azioni, le loro idee, la loro
età. Erano ebrei, punto. E in quanto tali perseguitati. Questo può sembrare un as-
sunto acquisito, un dato di fatto.. E invece a quanto pare no. Non dai negazionisti..
Infatti l’autore dell’articolo continua con questa riflessione:
“I “Sowjetjuden” dovevano essere fucilati o abbandonati alla furia della popola-
zione locale, mentre la «restante popolazione ebraica residente», nel comples-
so, doveva essere ghettizzata. Altri Ebrei orientali furono trattati in modo brutale
e fucilati per motivi specifici. Ciò risulta esplicitamente fin dai primi rapporti degli
Einsatzgruppen.”
E propone il seguente rapporto:
«[Rutenia Bianca] A Gorodnia sono stati liquidati 165 terroristi ebrei e a Tscherni-
gow 19 comunisti ebrei; altri 8 comunisti ebrei sono stati fucilati a Beresna.
Spesso si è sperimentato che le donne ebree manifestano un comportamento
particolarmente ostile. Per questo motivo a Krugloje sono state fucilate 28 Ebree
e 337 a Mogilew.
A Borissow sono stati giustiziati 331 sabotatori ebrei e 118 saccheggiatori ebrei. A
Bobruisk sono stati fucilati 380 Ebrei che avevano svolto fin dall’inizio propaganda
di odio e di atrocità contro le truppe di occupazione tedesche. A Tatarsk gli Ebrei
hanno lasciato arbitrariamente il ghetto e sono ritornati nei vecchi quartieri, ten-
tando di cacciare i Russi che nel frattempo vi si erano stati trasferiti. Tutti gli Ebrei
maschi e tre donne ebree sono stati fucilati. Nel corso della istituzione di un ghetto
a Sandrudubs gli Ebrei hanno opposto una parziale resistenza, perciò si dovettero
fucilare 272 Ebrei ed Ebree. Tra di essi c’era un commissario politico. Anche a
Mogilew gli Ebrei hanno tentato di sabotare il loro trasferimento nel ghetto. 113
Ebrei sono stati liquidati. Inoltre sono stati fucilati 4 Ebrei per renitenza al lavoro
e 2 perché avevano maltrattato dei soldati tedeschi feriti e avevano loro messo
addosso il segno distintivo prescritto. A Talka sono stati fucilati 222 Ebrei per propa-
ganda antitedesca e 996 a Marina Gorka perché avevano sabotato le disposizioni
emanate dalle autorità di occupazione tedesche. Altri 627 Ebrei sono stati fucilati a
Schklow perché avevano partecipato ad atti di sabotaggio. A causa di un altissimo
41 pericolo di epidemie, si è cominciata la liquidazione degli Ebrei alloggiati nel ghetto
di Witebsk. Si tratta di circa 3.000 Ebrei»
Come si vede, il rapporto è piuttosto telegrafico in numerosi punti, ma in altri si
dilunga dandoci così l’opportunità di comprendere meglio le circostanze degli
eccidi..
Ma notiamo –innanzitutto- quanto detto già sopra, ovvero la distinzione tra perso-
ne (a loro volta definite più precisamente dall’occupazione svolta, dall’età, dall’ap-
partenenza politica come nel caso dei comunisti) “normali” ed ebrei. Gli ebrei non
sono comunisti, ma comunisti ebrei. Le donne non sono donne come le altre, ma
donne ebree, e così via. Preciso ancora una volta questo concetto anche perché
–a chiusa dell’articolo e a seguire immediatamente questo rapporto- di seguito
troviamo le seguenti parole:
“Questo trattamento diverso per le varie categorie di Ebrei, occidentali e orientali,
residenti da generazioni all’Est e Sowietjuden, e in generale le fucilazioni di Ebrei
con motivazione specifica (terrorismo, sabotaggio, saccheggio, rappresaglia, at-
tività antitedesche, epidemie, ecc.) dimostrano che neppure all’Est esisteva una
direttiva specifica di sterminio degli Ebrei in quanto Ebrei.“
Ah no? Questo rapporto semmai afferma in ogni aspetto della sua terminologia
ancora prima che nella descrizione dei fatti proprio come motivazione di questo
“trattamento” il fatto che gli ebrei.. erano ebrei!
Prima di ogni altra cosa era questo ciò che li identificava e questo ciò che li con-
dannava! Ma ci sono altre due considerazioni da fare e –in risposta- da confuta-
re. Per quanto riguarda il diverso trattamento riservato ai due gruppi di ebrei (gli
emigrati e gli stanziali), abbiamo già mostrato che ciò si rendeva necessario per
le procedure adottate dalle Einsatzgruppen nella conduzione dello sterminio. Ma
qui si dice poi che esistevano delle “motivazioni specifiche” per le fucilazioni degli
ebrei: queste quindi non erano indiscriminate..
..Vediamole queste specifiche motivazioni: 165 ebrei sono stati “liquidati” (non uc-
cisi, ma liquidati è il termine scelto.. d’altronde è quello esatto e si sa: i nazisti era-
no molto precisi) perché terroristi. E a questo proposito vorrei ricordare che per i
partigiani italiani veniva utilizzato lo stesso termine.. In realtà bisogna aprire anche
una parentesi sui termini e credo che questa sia una delle più esemplari:
“Le paludi del fiume Pripjat si trovano a est di Lublino e a sud-est di Brest-Litovsk,
ai confini tra la Bielorussia e l’Ucraina. Fin dalle prime settimane di guerra, questi
acquitrini, molto difficili da attraversare con veicoli motorizzati, divennero un rifugio
privilegiato per i partigiani e per tutti coloro (soldati che non volevano cadere pri-
gionieri, ebrei in fuga, civili terrorizzati...) che cercavano di sfuggire agli occupanti
tedeschi. Il 19 luglio 1941, Himmler ordinò il trasferimento in quella regione di
42
due reggimenti di cavalleria delle SS per rastrellarla a tappeto. Gli ordini iniziali
prevedevano la fucilazione di tutti i maschi adulti e la deportazione delle donne
e dei bambini; il 29 luglio, però, Himmler ordinò la deportazione nelle paludi delle
femmine ebree rastrellate. Ancora una volta, era una formula vaga, che tuttavia, di
fatto, apriva la strada ad un’importante escalation, cioè all’uccisione anche delle
donne ebree.

L’azione di rastrellamento (guidata sul campo dagli Sturmbannführer Gunther Lom-


bard e Bruno Magill) ebbe inizio il 30 luglio e durò fino all’11 agosto. Col pretesto
che si trattava comunque di partigiani pericolosi e che la zona andava pacificata
definitivamente, si procedette in modo drastico, uccidendo anche moltissime donne
e numerosi bambini. Secondo il rapporto steso dallo Standartenführer Hermann
Fegelein (comandante in capo della Brigata di Cavalleria SS), vennero uccisi
1001 partigiani, 699 soldati dell’Armata Rossa e 14 718 saccheggiatori (cioè, di
fatto, ebrei).”

Dunque, ricapitolando: nelle paludi si sono rifugiati i partigiani che in seguito sono
stati raggiunti da cittadini terrorizzati, soldati in fuga ed ebrei.. Eppure nel rapporto
finale di civili neanche l’ombra.. Perché? Ci sono i civili, ma indovinate in quale
categoria sono andati a finire nel novero delle vittime? Nei “saccheggiatori”.. Lo
stesso in cui sono stati inclusi gli ebrei (e nei territori delle paludi di cose da sac-
cheggiare dovevano essercene moltissime..). Da notare poi che in questo rapporto
si utilizza il termine “partigiani”. E quali sono le azioni per eccellenza dei partigiani
se non quelle di sabotaggio e propaganda contro le forze d’occupazione? Qualcuno
nel rapporto precedentemente mostrato sulle “motivazioni specifiche” delle fucila-
zioni degli ebrei ha letto il termine “partigiani”? No. Perché erano sabotatori ebrei,
propagandisti ebrei.. Insomma, per essere partigiani bisogna sabotare, propagan-
dare contro gli occupanti e soprattutto: non essere ebrei. Altrimenti si è terroristi.
Eppure in questo rapporto (parlo di quello su Pripiet) di fine operazione qualcosa di
diverso c’è.. Non si parla degli ebrei.. Perché? Qual è la differenza che intercorre
tra un rapporto SS e un rapporto delle Einsatzgruppen? Le seconde, abbiamo visto,
erano delle unità ausiliarie che seguivano da vicino le colonne della Wehrmacht ma
non rientrando di fatto nell’esercito tedesco. I suoi compiti erano a metà tra l’ambito
civile e quello militare. Quasi una polizia militare. E abbiamo già visto predisposta
principalmente a quale scopo.
In seguito parlerò del Fuhrerlehbe (l’Ordine del Fuhrer).. Una delle direttive del Fuh-
43
rerlehbe era quella di mantenere buoni rapporti il più a lungo possibile con l’eserci-
to. Perché? Perché ambienti della Wehrmacht combattevano per la Germania, ma
non per il nazismo. Perché gli ambienti dello stato maggiore dell’esercito tedesco
erano stati ( e in parte lo erano ancora) in gran parte ostili al Fuhrer, che per molti
rimaneva l’“imbianchino austriaco”.. Vuoi per ragioni squisitamente classiste, vuoi
per non farsi coinvolgere nelle politiche antiebraiche attuate dal nazismo, le SS, la
Gestapo e soprattutto le Einsatzgruppen non erano viste di buon occhio dal corpo
della Wehrmacht. Almeno non nella sua interezza. C’erano già stati degli attriti, e
l’ingerenza del Fuhrer nelle questioni militari, quel voler verificare personalmente
le tattiche e le strategie era una cosa che – agli stati maggiori- proprio non andava
giù. Quando poi le SS vennero da Hitler parificate –per operatività- alla Wehrmacht
e durante l’operazione Barbarossa le Einsatzgruppen vennero motorizzate (poten-
do così seguire la Wehrmacht molto più da vicino di quanto questa non volesse)
la situazione divenne esplosiva. D’altronde le conseguenze di questo scontro
avevano condotto ai complotti del ’39 e del ’44. In questo senso si comprende la
necessità di mantenere buoni rapporti con la Wehrmacht e, d’altro canto, di limitare
le informazioni sulle stragi compiute.
Come già detto:
“Ogni Einsatzgruppe, suddivisa in unità operative chiamate Einsatzkommandos e
Sonderkommandos,era dipendente logisticamente dai gruppi di armate dell’eser-
cito tedesco ma totalmente svincolato da essi per i «compiti speciali» che le erano
affidati dovendo riferire esclusivamente all’SS- und Polizeiführer («Comandante
delle SS e della Polizia») dell’area di impiego. L’SS- und Polizeiführer, suprema
autorità operativa sul campo, rispondeva direttamente al Reichssicherheitshaup-
tamt (RSHA, «Ufficio centrale per la sicurezza del Reich») delle SS ed al suo
comandante supremo Heinrich Himmler che informava direttamente il Führer dei
progressi ottenuti dalle Einsatzgruppen”
Stessa cosa valeva per le SS, ma con un distinguo: le SS erano nate come for-
mazione paramilitare, ma vennero poi elevate al rango di unità militari. Le SS
combattenti (Waffen SS) già dalla campagna di Polonia presero parte alla guerra
non come unità a sé stanti, ma ripartite tra le grandi unità dell’esercito. Sebbene
l’ordine fosse partito da Himmler, l’esercito avrebbe saputo cos’era successo.
Si svela così una dinamica interna che porta a comprendere tanto la spudoratezza
dei rapporti delle Einsatzgruppen quanto la reticenza di altri rapporti, come quelli
delle SS. Non che queste si dimostrassero più equilibrate delle Einsatzgruppen
(ricordiamo le stragi di Oradour-sur-Glane, Marzabotto e di Malmedy), ma la loro
vicinanza e “promiscuità” con la Wehrmacht le rendeva sicuramente consce della 44
necessità di utilizzare una diversa terminologia.. La situazione paradossale che si
venne a creare fu infatti quella di un esercito tedesco che combatteva per la Germa-
nia (e retaggio dello stato prussiano) e di gruppi militari e paramilitari che combat-
tevano esclusivamente per il nazismo identificando e completamente appiattendo
Nazione e Partito. Tra le due realtà era in atto un attrito –se non uno scontro- questo
è certo. E questo rende l’idea del perché all’interno di questo scontro certi ordini e
conseguenti rapporti necessitassero di diversi gradi se non di segretezza, almeno
di cautela. D’altro canto, già la vicenda del Programma T4 (sul quale torneremo in
seguito) aveva dimostrato cosa poteva accadere a non seguire certe precauzioni Un
esempio di “cautela” è quello appena mostrato sul “caso di Pripiat”.
Eppure questo documento non è stato preso in causa. Forse proprio perché rivela
i vari gradi con i quali gli stessi eccidi venivano comunicati. Forse perché mostrava
come nonostante certi ordini venissero comunque emanati ed eseguiti vi fossero
delle reticenze a parlare di “ebrei uccisi” o da uccidere quando certe “operazioni
speciali” avvenivano troppo vicino alla Wehrmacht.. Questa lunga parentesi ha
già fatto capire uno degli argomenti di risposta alla domanda 26. Ma non si tratta
dell’unico. Prima di continuare sulla strada della risposta alla detta domanda dob-
biamo tuttavia concludere l’analisi delle “motivazioni specifiche” addotte in giustifi-
cazione o perlomeno in causa delle uccisioni degli ebrei.
Ritornando al rapporto in esame troviamo che oltre ai già esaminati “terroristi” e
“saccheggiatori”, furono fucilati ben 27 comunisti ebrei (che poi, a seguire la pro-
paganda nazista, quest’affermazione sembra un controsenso: gli ebrei non erano
forse tutti o quasi comunisti? Tra tutti gli ebrei fucilati solo 27 lo erano?), 365 donne
ebree perché –si era notato- manifestavano un “comportamento particolarmente
ostile” (chissà perché..). Poi, 380 ebrei che avevano svolto fin dall’inizio propagan-
da di odio e di atrocità contro le truppe di occupazione tedesche (e se lo dicono i
nazisti, bisogna credergli.. Loro di propagande di odio e di atrocità se ne intende-
vano..). Ancora: tutti i maschi ebrei e tre donne di Tatarsk perché avevano lasciato
arbitrariamente il ghetto (come si erano permessi?) ed erano rientrati nei vecchi
quartieri, tentando di cacciare i Russi che nel frattempo vi erano stati trasferiti(!)..
A Sandrudubs, poi, gli ebrei avevano opposto una parziale resistenza all’istituzione
di un ghetto.. Perciò si “dovettero fucilare” 272 ebrei ed ebree (e meno male che fu
una resistenza parziale, altrimenti..).. E così via, perché non ne posso più. Giungo
all’ultima perché è la più triste. E ancor più triste è pensare che questo fatto potesse
rappresentare una “motivazione specifica” per uccidere delle persone:
“A causa di un altissimo pericolo di epidemie, si è cominciata la liquidazione degli
45 ebrei alloggiati nel ghetto di Witebsk. Si tratta di circa 3000 ebrei..”.
Si scrive “alloggiati”, ma sarebbe più corretto dire “forzati a trasferirsi”.. Ma chi è
stato a trasferirli nel ghetto strappandoli alle loro case? Chi ha ammassato 3000
persone in uno spazio sovraffollato e chissà con quali condizioni igieniche? Non
sapevano che avrebbe causato delle epidemie quella situazione? Certo, ma ave-
vano già pronto il rimedio. Rimedio che tra l’altro non vedevano l’ora di attuare..
Che sapevano di dover attuare. Questo non è sterminio organizzato? Questo non
è lucido calcolo? Questo non è un preciso programma? Questo e gli altri rapporti
delle Einsatzgruppen giungevano ad Hitler.. Alla luce di quanto detto chi può ancora
affermare che: “giammai Hitler ha ordinato o permesso di uccidere una persona in
ragione della razza o della religione”?

Chiusa questa immensa parentesi (d’altronde d’obbligo e cooperante alla rispo-


sta) passiamo alle altre testimonianze che smentiscono l’elemento numero 26
dei 66 totali:

Sia Himmler che Eichmann e Hoess (solo per citare i personaggi più rappresentati-
vi) hanno detto che gli ordini del genocidio partirono direttamente da Hitler
Nel dicembre del 1942 Hitler ricevette un rapporto da Himmler nel quale si comuni-
cava che 363.211 ebrei erano stati uccisi nel solo periodo Agosto-Novembre 1942.
Ora, ricordiamo che intorno alle 300.000 vittime era la stima che queste domande/
risposte ritenevano fosse quella totale dei morti ebrei tra il ’39 e il ’45.. Da questo
rapporto emerge invece che più di 300.000 ebrei vennero eliminati in soli 4 mesi..

Dai memoriali di Hoess (Hoess, Comandante di Auschwitz, 1959)


Nell’estate del 1941, non sono in grado di ricordare la data esatta, venni improvvi-
samente richiamato dall’ SS-Reichsfuhrer [Himmler], direttamente dal suo aiutante
d’ufficio. Contrariamente a come d’abitudine, Himmler mi ricevette senza che fosse
presente il suo aiutante e in effetti disse:
“Il Fuhrer ha ordinato che la questione ebraica sia risolta una volta per tutte e che
noi, le SS, dobbiamo adempiere a questo compito.. Gli ebrei sono i nemici giurati
del Popolo Tedesco e devono essere eliminati. Ogni ebreo sul quale riusciamo a
mettere le mani dev’essere eliminato ora durante la guerra, senza nessuna ecce-
zione. Se non potremo estinguere ora le basi biologiche degli ebrei, essi un giorno
ci distruggeranno.”
(R. Hoess. Comandante di Auschwitz. Londra: Phoenix Press. 1959. Pag 183)

La seguente dichiarazione è invece dell’ SS-Obersturtmbannführer Dr. Martin


46
Sandberger, già comandante dell’EK 1 (EinsatztruppenKommando 1). Questa
testimonianza è stata presentata in numerosi processi per crimini di guerra e rap-
presenta una delle tante prove inoppugnabili sia delle atrocità naziste, che della
volontà di sterminare sistematicamente gli ebrei nonché del fatto che Hitler fosse
a conoscenza della soluzione finale.. Volete sapere perché? Martin Sandberger
ad oggi, è l’unico alto ufficiale delle SS ancora in vita. E non ha mai rinnegato le
proprie dichiarazioni..
“Io stesso ero presente durante le discussioni al palazzo Prinz Albrecht a Berlino
e durante il discorso di Streckenbach quando il ben conosciuto ordine del Fuhrer
fu annunciato”
Streckenbach personalmente m’informo sull’ordine del Fuhrer, che diceva questo,
in modo da rendere permanentemente sicuri i territori orientali, tutti gli Ebrei, gli
zingari e i funzionari comunisti dovevano essere eliminati, assieme a tutti gli altri
elementi che potevano rappresentare un pericolo per la società”
Come affermato da Sandberger, il compito di un comandante delle EK consisteva
di quattro elementi:
“Primo: [Stabilire] buoni rapporti con l’esercito il più a lungo possibile;
Secondo: [“]una rigida ed energica disciplina dei commandos sotto il proprio co-
mando
Terzo: [“] che un ordine venga eseguito nella maniera più veloce e completa pos-
sibile, in
particolare riguardo agli Ebrei;
Quarto: [“] un’accanita lotta contro il comunismo”
La testimonianza poi, continua.
“D: Quali ordini le diede [il Brigadeführer Walter] Stahlecker prima che lei lascias-
se Riga?
R: Mi diede due ordini in particolare, il primo ordine fu quello di mantenere il più a
lungo possibile buone relazioni con l’esercito e, secondo, come ho detto, in accordo
col Führerbefehl (l’Ordine del Führer) di eliminare gli ebrei estoni
(dalla testimonianza rilasciata per Il Caso Einsatzgruppen, 1947-1948, vol. 6, pp.
2143-2176)
Tra i documenti tedeschi catturati, il Memorandum del 6 Agosto 1941 del SS-Bri-
gadeführer Walter Stahlecker. Questo Memorandum venne scritto in risposta alle
“Linee Guida sul trattamento degli Ebrei in Ostland” (27 Luglio 1941) di Heinrich
Lohse. Fin dall’inizio della guerra contro l’Unione Sovietica, il piano d’azione riguar-
do gli ebrei nei territori occupati dai Nazisti prevedeva prima di tutto di ghettizzarli
47 e servirsene come manodopera. Heinrich Lohse, il governatore civile dell’Ostland,
si era raccomandato perché questo piano d’azione continuasse. In risposta a ciò l’
SS-Brigadeführer Walter Stahlecker, capo dell’Einsatzgruppe A, scrive:
“Le misure progettate riguardo la soluzione del problema ebraico non sono in
armonia con quegli ordini riguardanti gli ebrei nel’Ostland dati dall’Einsatzgruppe
A della Polizia di sicurezza e dell’SD. Anche perché il progetto non prende in con-
siderazione quelle che sono invece le nuove possibilità di risolvere la questione
ebraica nelle regioni Orientali.”
Un post scriptum alla lettera poi recita:
“Considera che è opportuno, prima del rilascio di ogni fondamentale disposizione,
discutere ancora una volta di queste considerazioni a voce, specialmente perché
questo è il modo più sicuro, e perché riguarda ordini fondamentali dalla più alta
autorità alla Polizia di Sicurezza, cose che non dovrebbero essere discusse per
iscritto”
Quest’ultima parte in particolare si lega con quanto affermato in precedenza.
Per finire, comunque, vediamo ora la seguente frase pronunciata da Eichmann
nel suo discorso finale alla corte dopo che era già stata emessa la sentenza di
morte:
“Questi omicidi di massa sono unicamente il risultato della linea di condotta del
Fuhrer”
E non mi sembra che questa frase dia molto spazio all’interpretazione..
Ma per chi avesse dei dubbi ecco un’altra testimonianza. A fornircela, Hitler in per-
sona il quale –probabilmente- oggi sarebbe piuttosto seccato nel constatare come
certe persone, al giorno d’oggi, abbiano potuto fraintendere tanto chiari, promessi
e mantenuti intendimenti; il 30 Gennaio 1939, infatti, sette mesi prima che la Ger-
mania invadesse l’Europa, il Fuhrer così parlò in pubblico al Reichstag:
“Oggi io voglio essere un profeta ancora una volta: se la finanza internazionale
ebrea dentro e fuori dall’Europa dovesse riuscire ancora una volta nel far pre-
cipitare le nazioni in un’altra guerra mondiale, la conseguenza non sarebbe la
Bolscevizzazione della terra e quindi la vittoria dell’Ebraismo, ma l’annientamento
della razza ebrea in Europa.”

FINE SESTA PARTE

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48
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IL CASO EMERGENCY

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NAUTILUS
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52
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CAPITANO: MAURIZIO DECOLLANZ


NOSTROMO: MATTIA PAOLINELLI

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REDAZIONE:

FABIO STORINO
SABRINA PASQUALETTO
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YURI CESCHIN
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