Premessa . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
Cenni costruttivi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
Sicurezza e manutenzione degli impianti termici . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
Apparecchi in pressione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
Utilizzi sanitari del vapore pulito . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
Sicurezza e manutenzione degli impianti frigoriferi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
Manutenzione degli impianti e dei terminali idronici . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
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Illuminotecnica
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Impianti elettrici
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Bibliografia
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PUBBLICITA`:
Impianti
di riscaldamento
e condizionamento
Premessa
Dopo la prima lezione interamente dedicata agli impianti di climatizzazione e idrici, verranno affrontati in questa seconda parte gli argomenti relativi agli impianti di riscaldamento e condizionamento e
quelli rilevanti per luso e la distribuzione dei gas medicali.
Infine, si cerchera` di fornire alcune indicazioni in merito ai temi predominanti tra quelli afferenti al vastissimo tema del rischio elettrico
(argomento specificamente introdotto nel nuovo TU sicurezza [1]) e
alle apparecchiature e agli impianti elettrici in generale.
Si ricordi sempre che gli argomenti impiantistici sono tra loro legati
indissolubilmente, visto che il concetto chiave e` sempre piu` destinato ad essere quello dellintegrazione tra i vari impianti; ad esempio
gli impianti di condizionamento sono apparecchi caratterizzati da
consumi elettrici molto elevati, e le problematiche poste dagli impianti di distribuzione dei gas medicali e combustibili hanno importanti riflessi sulle prescrizioni relative al controllo del rischio di
esplosione, argomento che incide fortemente sulla classificazione
delle apparecchiature elettriche utilizzabili.
Per organicita` di trattazione, in questa seconda parte saranno affrontate inoltre le problematiche illuminotecniche, sia relative allilluminazione normale, sia di emergenza.
Cenni costruttivi
A rigore, un impianto che non realizza il controllo dellumidita` relativa non potrebbe essere chiamato impianto di climatizzazione, anche se a livello normativo la situazione e` piuttosto confusa, e le norme UNI stesse a volte impiegano climatizzazione invernale come
sinonimo di riscaldamento, cosa che ovviamente non e`.
Comunque sia, con riscaldamento e condizionamento si intendono
in questo lavoro tutti gli impianti non ad aria, ovvero tutti gli impianti che funzionano utilizzando per il trasporto del calore mezzi diversi
dallaria stessa (che quindi tramite essi non viene ricambiata, al massimo ricircolata allinterno del medesimo ambiente).
Fondamentalmente un impianto di riscaldamento puo` ritenersi costituito dallalimentazione di un combustibile (liquido o gassoso),
che viene fornito ad un generatore di calore, il quale tramite il processo di combustione trasferisce calore a un fluido vettore (che puo`
essere, piu` frequentemente, acqua oppure vapore), il quale poi viene
distribuito tramite una rete fino ai terminali: questi terminali possono essere deputati al diretto riscaldamento degli ambienti (come i
Impianti idronici
Espansione
diretta
Sicurezza e manutenzione
degli impianti termici
Per la loro diffusione, gli impianti termici e in particolare i generatori di calore sono stati oggetto di legislazione specifica fin da tempi
che si possono considerare remoti; il primo riferimento in materia di
controlli di sicurezza relativi a questi impianti e` infatti il R.D. 824/
1927 [58] (tuttora vigente, anche se numerose volte aggiornato).
Rimandando gli aspetti relativi allalimentazione al capitolo dedicato
ai gas combustibili, il primo e fondamentale elemento da considerare in un impianto termico e` ovviamente il generatore: il discrimine
fondamentale in materia e` il D.P.R. 660/1996 [59], che sotto un titolo
apparentemente neutro in realta` introduce le procedure di conformita` e marcatura CE per i generatori di calore; si tratta di un vero e
proprio anno zero ai fini della sicurezza di queste apparecchiature; la presenza in un impianto di un generatore precedente a questo
decreto (o comunque non conforme) andra` valutata come fonte di
rischio primaria, predominante rispetto a qualsiasi altra considerazione (e` la statistica sugli incidenti a fornire questa indicazione: i generatori di entrata in esercizio precedente al decreto sono la prima
causa di incidente).
Limpianto termico e` caratterizzato anche dalla presenza di un fluido
termovettore, che puo` essere acqua calda (soluzione piu` comune),
acqua surriscaldata (soluzione oramai abbandonata quasi ovunque,
Generatori
di calore
Denuncia ISPESL
Dispositivi
di sicurezza
Emissioni
in atmosfera
10
continua sopra i 2,326 MW (si rimanda ancora allallegato IX per ulteriori indicazioni).
Quanto visto in precedenza non esaurisce certo gli adempimenti
previsti per le centrali termiche: un ruolo sempre piu` preponderante
negli adempimenti previsti e` quello della legislazione in materia di
risparmio energetico; per effetto del recepimento delle direttive europee, la legislazione essenziale e` costituita dalla legge 10/1991 [24],
dal D.P.R. 412/1993 [25] e dal D.Lgs. 192/2005 e s.m.i. [26].
Dal punto di vista della conformita` normativa, ogni impianto termico deve essere corredato della relativa pratica che, ai fini impiantistici, prevede il progetto dello stesso e dimostra il rispetto dei requisiti in materia di rendimento e possibilita` di regolazione del medesimo. La questione ha importanti ricadute anche sulla sicurezza, in
quanto i decreti citati impongono di individuare un responsabile dellesercizio e della conduzione dellimpianto stesso.
Tale figura (che solitamente e` la ditta incaricata della manutenzione,
secondo la disciplina del Terzo Responsabile come prevista dal
D.P.R. 412/1993) ha il compito dellesercizio e della manutenzione
dellimpianto.
Cio` significa che egli deve far osservare le vigenti prescrizioni in materia di effettuazione dei controlli e delle verifiche periodiche (come
stabilite dal D.Lgs. 192/2005 e s.m.i.), con la relativa compilazione
del libretto di impianto o di centrale (verosimilmente questultimo,
per potenzialita` sopra i 350 kW); in particolare, essa prevede leffettuazione delle analisi di combustione e di controllo dei fumi con cadenza di almeno due volte lanno durante il periodo di esercizio (annuale, sotto i 350 kW).
Lesercizio e la conduzione dellimpianto sono inoltre regolati da
norme nazionali che stabiliscono le operazioni di controllo e di manutenzione preventiva da effettuarsi con le relative tempistiche minime: e` stato recentemente completato il loro riesame completo,
che ha portato allemanazione della serie di norme UNI 8364 [65];
non si sottovaluti, a riguardo, limportante aspetto di controllo della
corrosione allinterno dellimpianto stesso, regolato in modo approfondito da UNI 8065 [66] e UNI 7550 [67].
Non devono essere sottovalutati, inoltre, i requisiti di qualificazione
del personale (che in impianti di grandi dimensioni come quelli
ospedalieri sono particolarmente stringenti); si distinguono ancora
una volta in base al fluido termovettore:
per gli impianti ad acqua calda, i conduttori dovranno risultare dotati del cosiddetto patentino di abilitazione ai sensi del D.M. 12 agosto 68 [68];
per gli impianti a vapore, i conduttori dovranno invece essere abilitati ai sensi del D.M. 1 marzo 1974 [69], il quale stabilisce anche diversi livelli (4 differenti gradi di abilitazione) a seconda della producibilita` di vapore del generatore stesso (cioe` della quantita` di vapore
prodotto in termini di tonnellate/ora).
A questo proposito, un aspetto non indifferente che deve essere te-
Risparmio
di energia
Conduzione
11
Serbatoi interrati
nuto in considerazione per gli impianti a vapore: a seconda della potenzialita`, il gia` R.D. 824/1927 e s.m.i. prevedono la presenza continua di un manutentore abilitato durante tutto il periodo di funzionamento dellimpianto (salvo le esenzioni di cui al D.M. 21 maggio
1974 [70] art. 41 e sgg.), il che obbliga listituzione di un turno completo sulle 24 ore del personale della manutenzione (ovviamente abilitato, con patentino da fuochista) da dedicare alla sorveglianza della centrale termica stessa.
Un ultimo aspetto merita di essere richiamato: per ragioni di ridondanza, spesso le caldaie di un ospedale, anche quando alimentate a
gas di rete, sono del tipo policombustibile, in modo da poter disporre
di una riserva di gasolio per eventuali emergenze; tale riserva solitamente e` contenuta in un serbatoio interrato, cui (dopo il controverso
annullamento del D.M. 246/1999 [71]) si applicano le prescrizioni del
D.M. 20 ottobre 1998 [72]; tale decreto prevede il compimento di una
serie di operazioni di verifica una volta raggiunta una certa eta` di
esercizio del serbatoio stesso: vista e considerata la pericolosita` dellispezione interna di ambienti chiusi di questo tipo (recentemente
spesso in cronaca nera) si raccomanda grande attenzione nella predisposizione di tutte le misure di sicurezza necessarie.
Apparecchi in pressione
Attrezzature
in pressione
Direttiva PED
12
tura dovra` essere accompagnata da una documentazione di complessita` via via crescente, con un certo numero di prove di tipo e
di qualificazione, che per le categorie piu` elevate deve essere certificata da un organismo notificato (quale ad esempio lISPESL);
il D.M. 329/2004 [76] che disciplina, a seconda della categoria in
cui sono classificate le attrezzature, le verifiche sia di primo impianto (che prevedono anche la relativa denuncia allISPESL, con modalita` non dissimili da quelle gia` viste per gli impianti termici), sia periodiche; in particolare sono previste sia verifiche di funzionamento
(con periodicita` stabilita nellallegato A del decreto stesso) sia verifiche di integrita` (a cadenza decennale);
il D.Lgs. 311/1991 [77] disciplina la marcatura CE, la messa in servizio e lesercizio dei cosiddetti recipienti semplici in pressione (per
i quali in virtu` della loro minore pericolosita` sono consentite regole
piu` lasche).
Lesame dei requisiti previsti dalla direttiva esula dagli scopi del presente lavoro; si segnalano le seguenti linee guida empiriche:
nellallegato II al D.Lgs. 93/2000 sono indicati, per ogni categoria, i
cosiddetti moduli (e cioe` le serie di prove, certificazioni e la documentazione richiesta per la conformita` alla direttiva), nonche i metodi per la classificazione delle apparecchiature stesse (trattasi di 7
diagrammi pressione-volume): sara` duopo in sede di valutazione del
rischio, oltre che di collaudo delle attrezzature stesse, richiedere la
documentazione completa che risulta dalla classificazione suddetta;
oltre al concetto di apparecchio a pressione, per la direttiva e` essenziale il concetto di insieme (e cioe` raggruppamento di componenti dotati di funzionalita` unitaria, e venduti assieme): la presenza
su un insieme a pressione (es. una macchina frigorifera) di un componente classificato (es. levaporatore del gruppo frigorifero stesso)
estende la necessita` di certificare linsieme nella categoria piu` alta
dei componenti che lo compongono (e quindi un gruppo frigo con
evaporatore in categoria III, per esempio, dovra` recare apposita marcatura CE in categoria III anche di tutto il gruppo); questa regola
non vale per gli accessori di sicurezza (che solitamente sono sempre
in categoria IV, e cioe` la massima);
e` molto importante che la verifica di funzionamento, cos` come
quella di integrita`, siano svolte da personale adeguatamente qualificato e dotato delle necessarie certificazioni di qualita`; in particolare
la verifica di integrita` e` un procedimento particolarmente critico, in
quanto solitamente non e` possibile/sufficiente una verifica ispettiva
interna, sicche si deve ricorrere a prove piuttosto complicate (come
ad esempio la spessimetria ultrasonica delle pareti dei recipienti per
verificarne lintegrita`).
13
Sterilizzazione
14
D.Lgs. 31/2001
EN 285
Grado di alcalinita`
[pH]
6,5 - 9,5
5-7
Ammonio, NH4
[mg/l]
0,5
0,2
Calcio e magnesio
[mg/l]
300
0,5
Durezza totale
[ppm CaCO3]
200< <1500
Metalli pesanti
[mg/l]
Ferro, Fe
[mg/l]
0,2
0,1
Cadmio, Cd
[mg/l ]
0,005
0,005
Piombo, Pb
[mg/l]
0,05
0,05
Cloruro, Cl
[mg/l]
250
0,1
Nitrato, NO3
[mg/l]
50
0,2
Solfato, SO4
[mg/l]
250
0,5
Residui di evaporazione
[mg/l]
1500
30
Silicati, SiO2
[mg/l]
0,1
Fosfati, P2O5
[mg/l]
10
0,1
Conduttivita` a 20 8C
[mS/cm]
2500
Aspetto
0,1
cuito con prodotti volatili (che cioe` sono in grado di viaggiare nel
vapore stesso), ma solo con prodotti che operano nella fase liquida:
cio` costringe, con gli anni, per rispettare le normative, a perdere via
via il controllo della corrosione del circuito delle condense, con problemi via via crescenti.
La soluzione, qualora non sia possibile la produzione elettrica (che in
certe situazioni puo` rappresentare la scelta piu` conveniente) e` quella
di realizzare allora sistemi con scambiatori intermedi (Figura 2), da
portare nelle immediate vicinanze degli utilizzatori: in tal modo si realizzano due circuiti separati, uno generale (e molto piu` esteso) che puo`
essere trattato con i prodotti chimici piu` efficienti senza problematiche di compatibilita`, e uno secondario di relativamente piccole dimensioni, non trattato e dunque compatibile con luso da vapore pulito.
In assenza di questa soluzione, la valutazione del rischio dovra` ovviamente prevedere la verifica periodica che il vapore prodotto sia
effettivamente definibile pulito (cos` come sopra specificato, a seconda dellutilizzo).
Una soluzione alternativa praticabile con un certo costo e` quella allora di dosare, mediante laggiunta di ulteriori pompe dosatrici, i medesimi prodotti utilizzati in caldaia direttamente nella rete del ritorno condense (ove non costituiscono problema di contaminazione, in
quanto il vapore ha gia` effettuato il suo lavoro, e i prodotti sono non
volatili).
15
Per concludere, si ricordi che, come e` intuitivamente facile da capire osservando la lista dei parametri di Tabella 1, grande rilevanza ha
anche la scelta del materiale: per le reti dedicate al trasporto di vapore pulito e` delezione dunque la scelta degli acciai inox (in versione a saldare), da AISI 304 L ad AISI 316 L (con preferenza per questultimo).
Sicurezza e manutenzione
degli impianti frigoriferi
Ciclo frigorifero
16
more decisamente elevato, con i conseguenti problemi di esposizione degli addetti alla manutenzione;
infine, lo smaltimento del calore sottratto in ambiente, se effettuato tramite condensazione ad acqua, comporta il pericolo di sviluppo
di contaminazione batterica, e in particolare da legionellosi.
Per quanto riguarda il primo aspetto, si sono gia` presentati tutti i riferimenti normativi: le prescrizioni principali da seguire sono contenute nel D.M. 21 novembre 1972 [73] e nei D.Lgs. 93/2000 [75] e D.M.
329/2004 [76].
In particolare, a seconda del contenuto di fluido e della pressione, il
recipiente andra` classificato in una delle seguenti tre classi:
classe A: recipienti soggetti alle sole verifiche di costruzione (in
fabbrica);
classe B: recipienti soggetti alle verifiche di costruzione e anche di
primo impianto (ovvero in sede di installazione e primo avviamento,
a cura dellISPESL);
classe C: recipienti soggetti alle verifiche di cui alla classe B, oltre
che alle verifiche periodiche (a cura della ASL), che consistono in
prova di funzionamento dopo un anno da quella di primo impianto,
e verifica completa decennale (tramite ispezione, oppure prova di
tenuta a pressione).
Recipienti di gas
a pressione
17
Direttiva PED
Gas fluorurati
Impatto acustico
18
Torri evaporative
Strategia
antilegionella
19
20
zia e sanificazione in fase di avviamento e di fermo del circuito assicura che non venga fornito al batterio un ambiente favorevole,
quali quelli caratterizzati da biofilm, incrostazioni, depositi e accumuli di umidita` stagnante.
Poiche la strategia di riduzione del rischio non puo` quindi prescindere da operazioni di pulizia periodica (indicativamente due volte allanno) della torre, e` evidente anche la necessita` di proteggere gli
stessi operatori della manutenzione durante lesecuzione delle stesse:
a riguardo, utili indicazioni per la valutazione del rischio potranno essere trovate nelle norme francesi [84] e nelle linee guida OSHA [85].
Radiatori
Terminali ad aria
21
cucine, oltre che naturalmente in tutti i locali sterili), che poi tendono a concentrarsi in questi apparecchi per la natura stessa del loro
funzionamento.
Spesso e volentieri limpiego di queste apparecchiature e` pero` purtroppo inevitabile, soprattutto nelle strutture esistenti, per ragioni
di spazi tecnici che non consentono altri tipi di impianto piu` ingombranti.
Per il controllo del livello di rischio si dovra` in tal caso stabilire unadeguata cadenza periodica di manutenzione, che includa rigenerazione e sostituzione dei filtri, pulizia delle bacinelle di raccolta condensa in regime estivo, e soffiatura/aspirazione delle batterie di raffrescamento/riscaldamento per evitare che diventino sede di accumulo di detriti.
22
Gas comburenti
Dal punto di vista costruttivo (Figura 5), ogni impianto di distribuzione gas medicali e` composto da una centrale (dove il gas stesso
viene stoccato, in bombole o serbatoi criogenici), da una rete di distribuzione ad alta pressione (necessaria per minimizzare il costo di
esercizio) che funge da dorsale, da dei riduttori di pressione che alimentano le reti dei singoli reparti (a bassa pressione per ragioni di
sicurezza degli operatori) e da dei terminali di erogazione. Per massimizzare la sicurezza di esercizio normalmente le reti (sia ad alta
che a bassa pressione) vengono realizzate ad anello con valvole di
23
Gas comburenti
24
lavoro, la situazione esistente andra` sempre tenuta presente nel momento in cui si intervenga con ampliamenti e nuove realizzazioni;
2) normative di sistema: sono quelle che piu` ci interessano, e stabiliscono i requisiti che gli impianti devono possedere, oltre che naturalmente i criteri progettuali e di dimensionamento; attualmente sono utilizzate le norme UNI EN 737-2 [88] per gli impianti di evacuazione, e UNI EN 737-3 [89] per gli impianti di distribuzione dei gas
(in vigore fino al 2010, verranno in seguito sostituite dalla nuova normativa UNI EN ISO 7936-1 [90] di recente emanazione, attualmente
di applicazione facoltativa); unaltra norma di fondamentale importanza e` la UNI 11100 [91], che stabilisce le necessarie operazioni
di manutenzione periodica.
Largomento e` piuttosto vasto e complicato, per cui ci si limita a fornire alcune indicazioni di ordine generale.
E` evidente che i gas piu` importanti a livello di valutazione del rischio saranno quelli comburenti, per il loro evidente impatto sul rischio di incendio.
Per quanto riguarda gli aspetti minimi di prevenzione da prendere in
considerazione (quelli imposti cioe` dal D.M. 18 settembre 2002), fortunatamente, in un numero sempre maggiore di strutture sanitarie si
va dismettendo luso del protossido di azoto (qualora si trovi limpianto tuttora in funzione e` opportuno dunque discutere del fermo
con la direzione sanitaria), sicche in pratica come gas comburenti
restano lossigeno e laria compressa (decisamente meno critica
del primo). Si ricordi che i terminali dei gas devono distare almeno
20 cm da qualsiasi terminale e/o parte attiva elettrica.
Oltre alle operazioni di collaudo funzionale che la normativa obbliga
25
ad effettuare prima della messa in funzione dellimpianto (che consistono fondamentalmente nel rilevare, con strumenti appositi, che
il gas esca con la giusta pressione e portata da ogni terminale), la
cronaca non troppo lontana ci ricorda che e` fondamentale verificare
il corretto collegamento delle tubazioni ai terminali dedicati, per evitare errori di inversione con effetti potenzialmente mortali sui pazienti; questa verifica andra` obbligatoriamente condotta per ogni
singola presa installata.
E` quasi scontato ricordare che la posizione di tutti i terminali deve
essere concordata con il personale che poi utilizza il reparto vero e
proprio, in quanto la presenza di tubazioni varie uscenti dai terminali deve essere valutata attentamente, in modo che non finisca per intralciare i movimenti degli operatori stessi.
Gas inerti
26
Non cos` invece per lazoto, che essendo utilizzato per lalimentazione di apparecchiature criogeniche, in taluni locali (es. banche del seme, o delle cellule staminali) puo` generare portate assai consistenti,
con conseguente significativo rischio di generare unatmosfera non
respirabile.
In questo caso sara` necessario prevedere un sistema di estrazione di
emergenza, attivato da una sonda apposita di concentrazione, con
una portata minima superiore ai 20 vol/h (in modo che latmosfera
non respirabile venga rapidamente espulsa dal locale stesso: la depressione creata richiamera` naturalmente aria respirabile dagli interstizi delle strutture e degli infissi).
27
Illuminotecnica
Illuminazione degli ambienti di lavoro
Illuminamento
28
Per la sua influenza sulle condizioni di benessere psicofisico lilluminazione viene spesso associata alle condizioni termoigrometriche
(temperatura, umidita` e velocita` dellaria ambiente) allinterno della
definizione di microclima.
Tale e` anche limpostazione delle linee guida ISPESL [12], alle quali
si rimanda per uninfarinatura generale dellargomento e per utili indicazioni specifiche. Qui vengono fatti per completezza brevi cenni.
La normativa che regola le prestazioni e caratteristiche dellilluminazione ordinaria (artificiale) negli ambienti di lavoro e` fondamentalmente costituita dalla UNI EN 12464-1 [92], coadiuvata da alcune
normative specifiche che normano alcuni aspetti di dettaglio, che
in questa sede si possono trascurare.
E` evidente che lilluminazione naturale, anche se presente (si consideri come caso contrario quello delle sale), non e` sufficiente per lo
svolgimento dei compiti complessi e delicati che il personale espleta
nei locali medici; intuitivamente ci si rende conto quindi che occorrono delle lampade. Ogni lampada assorbe una determinata potenza
elettrica, grazie alla quale genera nel locale un flusso luminoso (la
cui intensita` dipende dalla efficienza del corpo illuminante e dal modo in cui linvolucro ed eventuali specchi lo riflettono/rifrangono).
Questo flusso luminoso si diffonde allinterno del locale, dando origine allilluminamento.
Una descrizione intuitiva del fenomeno si puo` limitare alle definizioni delle principali grandezze illuminotecniche:
illuminamento: misurato in lux, corrisponde al flusso luminoso
che si ritrova attraverso una determinata superficie (generalmente
un piano parallelo al pavimento del locale, situato ad unaltezza
compresa tra 1,0 e 1,5 m a seconda dellapplicazione; per i locali medici solitamente si sceglie 1,0 m); se non viene specificato altrimenti,
si intende solitamente nel significato di illuminamento medio (indicato con Em): e` il parametro fondamentale per una buona ergonomia
dei locali, che la norma definisce caso per caso, a seconda della destinazione degli stessi e dellattivita` svoltavi;
uniformita` di illuminamento: rapporto tra il valore medio di illuminamento Em e il valore minimo dellilluminamento stesso sulla medesima superficie (importante per evitare fenomeni di affaticamento
visivo dovuti a continui riadattamenti dellocchio a valori di illuminamento diversi); questo indice dovra` essere sempre pari ad almeno
0,5, e raggiungere almeno 0,7 nelle zone di lavoro (cioe` su quella parte di superficie del piano su cui si misura lilluminamento, dove si
compiono le visite o le operazioni);
indice generale di resa dei colori (generalmente indicato con Ra):
stabilisce in percentuale quanto naturali appaiono i colori degli
Illuminazione
normale
Em (lux)
50-100
300
Laboratori e farmacie
500
1000
Sala autoptica
500
500-1000
Dialisi
500
Endoscopia, radioterapia
300
200
500-1000
Odontoiatria
500
Sale parto
300
Rianimazione
300
500
Sala operatoria
1000
29
Illuminazione
speciale
oggigiorno superano spesso i 40 m2). Tale requisito andra` dunque applicato alla sola zona di lavoro (cioe`, anche in caso di tavolo operatorio mobile, solo alla zona in cui e` prevedibile che si trovino effettivamente operatori medici e paziente); nella zona circostante, il requisito potra` essere ridotto della meta` (500 lux); analogamente si
procedera` negli ambulatori, con 300 lux nella zona di lavoro e 200
nella zona circostante.
In molti locali, in particolare gli ambulatori chirurgici, le sale operatorie e i laboratori, ma non solo, e` pratica comune eseguire compiti
che richiedono livelli di illuminazione completamente differenti: si
pensi per esempio al caso dellambulatorio, ove il medico prima visita i pazienti (compito visivo che richiede illuminamento elevato) e
poi si reca al proprio computer per inserire i dati della refertazione
(compito che al contrario viene svolto in modo piu` ergonomico con
un livello di luce piu` basso). Questo suggerisce lopportunita` in tutti
i locali caratterizzati da queste esigenze di installare dei corpi illuminanti dimmerabili (cioe` il cui flusso luminoso puo` essere regolato in
modo continuo tramite apposita manopola), o quanto meno di dividere le lampade su piu` linee e multipli interruttori (tipicamente 1/3
su una linea e 2/3 su unaltra), di modo che si possa regolare almeno
in parte il flusso luminoso, e il conseguente livello di illuminamento.
Illuminazione di emergenza
Illuminazione
di riserva
30
Si segnala poi che per legge in sala la lampada scialitica deve essere
dotata della propria batteria, con almeno unora di autonomia.
Le prescrizioni della CEI 64-8 per i locali di gruppo 2 in realta` sono
da considerarsi un nucleo minimale indispensabile, che nella pratica
andra` poi decisamente integrato per costituire un livello di sicurezza
superiore, con costi tutto sommato di scarso peso rispetto allaumento di sicurezza garantito: e` prassi comune infatti porre, almeno
nei locali piu` critici (sale operatorie e simili, terapie intensive, ecc.),
il 50% dellilluminazione sotto alimentazione di continuita` assoluta
(UPS) e il restante 50% sotto alimentazione privilegiata (alimentata
cioe` tramite gruppo elettrogeno, che interviene entro 15 secondi), di
modo che anche uninterruzione totale dellalimentazione normale
non impedisca di portare a termine gli interventi (garantendo 2
ore di autonomia al 100% e il restante tempo, una volta scaricate
le batterie dellUPS, al 50% del livello di illuminamento grazie al
gruppo elettrogeno).
Qualsiasi riduzione del livello di ridondanza esposto, anche se tecnicamente a norma, andra` attentamente considerata in sede di valutazione del rischio, con opportune procedure di gestione dellemergenza.
Per quanto riguarda lilluminazione di sicurezza, le prescrizioni della
norma UNI dovranno per i locali medici essere sempre mediate con
quelle del D.M. 18 settembre 2002 [87]; il combinato disposto dei due
riferimenti porta ai seguenti requisiti: dovra` essere garantito un illuminamento minimo pari a 5 lux (misurato a 2 m di altezza), con una
resa cromatica Ra >= 40, con unautonomia che dovra` essere come
anticipato pari almeno a 2 ore (anche per le lampade cosiddette
autonome, e cioe` alimentate con una singola batteria, invece che tramite un sistema di alimentazione di continuita`, in gergo UPS).
Lalimentazione delle lampade di emergenza deve inoltre essere del
tipo ad interruzione breve (e cioe` intervenire entro 0,5 s dallinterruzione dellalimentazione dellilluminazione principale), e cioe` esse
devono essere alimentate tramite batterie autonome o UPS centralizzati; lautonomia di 2 ore potra` essere ridotta della meta` qualora
lalimentazione sia successivamente garantita anche dal gruppo elettrogeno.
A questo proposito, alcuni professionisti sostengono che per effetto
di questa prescrizione, le uniche lampade di emergenza idonee sarebbero quelle del tipo cosiddetto elettronico (le quali non dovendo
caricare il reattore, a differenza di quelle tradizionali fluorescenti, si
accendono istantaneamente, senza lampeggiare per alcuni momenti); in realta` tale interpretazione e` da ritenersi esageratamente rigorosa, in quanto il D.M. stesso parla di intervento dellalimentazione (e non dellilluminazione), e la norma EN 1838 richiede che i
corpi illuminanti di sicurezza raggiungano il 5% di luminosita` in 5 secondi e il 50% in 60 secondi, ragion per cui le lampade fluorescenti
normali sono da considerarsi pienamente adeguate.
Infine, giova ricordare che lilluminazione di sicurezza dovra` essere
Illuminazione
di sicurezza
31
32
Impianti elettrici
Legislazione e normativa tecnica
Il rischio elettrico e` certamente uno degli aspetti piu` complessi e
concreti della prevenzione degli infortuni: il D.Lgs. 81/2008 [1].
Lo spazio per questa trattazione non consente certo una completa
disamina degli argomenti relativi allimpiantistica elettrica, tuttavia
e` necessario svolgere almeno unintroduzione di base alle tematiche
principali, di modo che gli aspetti piu` specifici tipici dei locali medici possano venir compresi.
Dal punto di vista normativo, la legge 186/1968 [97] assegna alle norme CEI il ruolo di regola dellarte, per cui gli impianti realizzati secondo tali norme si considerano corrispondenti alla regola dellarte
a tutti gli effetti: a tali norme dunque ci si dovra` attenere, e in particolare alla CEI 64-8 [94] che regola la distribuzione in bassa tensione
(e nella sezione 710 contiene le prescrizioni relative ai locali medici). Sempre per ragioni di spazio, si analizzera` preminentemente la
bassa tensione, anche se occorre tenere sempre in mente che gli edifici sanitari, per via della loro dimensione, spesso sono alimentati in
media tensione (e per i complessi piu` grandi anche un intero anello
di piu` centrali di media).
Lo scopo di questa parte non puo` essere quello di costituire una rigorosa trattazione della sicurezza dellimpiantistica elettrica (obiettivo per cui lo spazio e` certamente non sufficiente, e gia` affrontato
da autori di ben altra caratura [98]): la trattazione si limitera` a fornire una comprensione, a volte solo intuitiva, dei fenomeni che ne regolano gli aspetti fondamentali e imprescindibili, che fornisca i concetti basilari per garantire quella ragionevole sicurezza che e` richiesta in materia.
Elettrotecnica generale
Dando per scontata la conoscenza dei concetti base dellelettrotecnica, quali tensione, corrente, circuito monofase e trifase, bastera` ricordare che in Italia lenergia elettrica, allinterno delle strutture civili quali quelle qui in esame, viene distribuita in alternata a 50 Hz a
400/230 V (dove 400 V e` la tensione tra due fasi, 230 quella tra una
fase ed il neutro, ossia il conduttore destinato alla richiusura delle
correnti); a questi quattro conduttori (tre fasi piu` il neutro) si aggiunge la cosiddetta terra, ovvero il conduttore di protezione,
sul cui scopo si tornera` diffusamente in seguito, concentrando lesame sugli impianti elettrici veri e propri, tralasciando le problematiche degli impianti speciali (rivelazione incendi, allarme, diffusione
sonora, ascensori).
Nel corso di questa parte, sulla scorta delle indicazioni legislative
sopra richiamate, sara` momentaneamente trascurato il concetto di
33
valutazione del rischio, nonostante questa sia esplicitamente richiesta dallart. 80 del TU sicurezza [1]: questo per il semplice motivo
che la legislazione vigente, sulla scorta della legge 186/1968 (le cui
indicazioni sono state ribadite una prima volta nel D.P.R. 447/1991
[99] e una seconda volta nel D.M. 37/2008 [100] e nellallegato IX
del TU sicurezza [1]) considera il rispetto delle norme CEI un livello
minimo garantito e imprescindibile, al di sotto del quale il rischio e`
inaccettabile per espressa presa di posizione del legislatore. La valutazione del rischio di cui allart. 80 del D.Lgs. 81/2008, dunque, e` in
certo qual modo resa piuttosto semplice da questa definizione del
livello accettabile: bastera` (si fa per dire) valutare la conformita` dellimpianto alle normative CEI: qualora esso sia conforme, il rischio
sara` definito accettabile, qualora invece il livello di sicurezza non
sia equivalente, il rischio sara` automaticamente inaccettabile.
Si noti tuttavia che la legge 186/1968, pur nella sua grande importanza, non prevede sanzione alcuna, lasciando quindi applicabili solo le
norme accessorie, per cui paradossalmente realizzare un impianto
elettrico non a norma non e` punibile, fino a che non interviene un
incidente o si dichiara il falso (per esempio nella dichiarazione di
conformita` ai sensi del D.M. 37/2008).
Allinterno del generico problema del rischio elettrico, i locali ad uso
medico tipici delle strutture sanitarie costituiscono una branca con
rischi specifici di particolare gravosita`, riconosciuta anche dal fatto
che per essi e` sempre obbligatorio il progetto elettrico da parte di
professionista abilitato, qualunque sia la dimensione dellimpianto
e delledificio che li ospita.
Il rischio elettrico
Incendio
34
Ustioni
Elettrocuzione
Fibrillazione
ventricolare
Interruzione
di servizi vitali
35
Tensione limite
di contatto
tutte queste esigenze hanno importanti riflessi sul modo in cui gli
impianti elettrici nei locali medici vengono progettati, sia dal punto
di vista della ridondanza della distribuzione (linee multiple per evitare che un singolo guasto possa isolare dei reparti) sia della alimentazione (con la presenza di sistemi di alimentazione di sicurezza sia statici, come gli UPS, sia basati su motori a combustione,
quali i gruppi elettrogeni).
Semplificando il concetto della resistenza elettrica del corpo umano,
per quanto i percorsi della corrente allinterno del corpo possano essere vari, in buona sostanza esso puo` essere approssimato con una
resistenza del valore allincirca di 2000 Ohm: cio` consente, statisticamente, tramite la legge di Ohm (V = R * I) di trasformare quelli che
sono limiti di pericolosita` della corrente elettrica (le cui intensita` e
frequenza sono responsabili degli effetti sopra indicati), in soglie di
sicurezza basate sulla tensione, decisamente piu` semplici da controllare a livello progettuale, e da verificare in sede di prova.
La pericolosita` di un valore di intensita` di corrente (e quindi della
relativa tensione) dipende dal tempo per il quale la stessa rimane applicata alla persona: e` possibile ricavare delle curve tensione/tempo
che indichino la soglia di pericolosita` del contatto con una parte
elettrica: queste curve (che dipendono dalle condizioni ambientali)
hanno tutte un andamento asintotico per il quale al di sotto di un
certo valore minimo di tensione il tempo diventa ininfluente, e anche una tensione indefinitamente applicata non risulta pericolosa.
Tale livello di tensione viene convenzionalmente posto, per la corrente alternata, a 50 V in condizioni normali, e a 25 V in condizioni di
rischio particolari (quali quelle che si verificano nei locali medici).
36
Equipotenzialita`
Conduttore
di protezione
equipotenziale
Sezione minima
1/2 della sezione del PE, con un minimo di 6 mm2
2,5 mm2 se con protezione meccanica
4 mm2 senza protezione meccanica
se S = 16 mm2 Sp = S
se 16 < S = 35 mm2 Sp = 16 mm2
se S > 35 mm2 Sp = 1/2 S
37
Masse e masse
estranee
Contatti diretti
e indiretti
38
indicati i valori minimi degli stessi, secondo la norma CEI 64-8 e 6412 [101].
Fino ad ora si e` fatto riferimento a parti metalliche dellimpianto:
e` tempo di introdurre un concetto piu` rigoroso, vale a dire quello di
masse e masse estranee.
La massa e` parte conduttrice, facente parte dellimpianto elettrico,
che puo` essere toccata e che in condizioni ordinarie non si trova
in tensione, ma vi puo` andare in caso di cedimento dellisolamento
principale; esempi di masse sono la carcassa di un motore, linvolucro metallico di un quadro o di un apparecchio elettrico, una canalina metallica di alloggiamento dei cavi elettrici; da questa definizione si capisce che se la carcassa e` protetta da un isolamento doppio o
rinforzato, essa non e` una massa, in quanto nel caso dellisolamento
principale non va in tensione (grazie alla presenza dellisolamento
supplementare); si noti altres` che una parte conduttrice che puo` andare in tensione solo per contatto con una massa, non diventa massa
a sua volta. Appare chiaro dunque che le masse, per definizione, devono essere collegate a terra tramite il PE, in modo da garantirne sia
lequipotenzialita`, sia la circolazione della corrente di guasto di valore tale da consentire lintervento delle protezioni.
La massa estranea e` la parte conduttrice, non facente parte dellimpianto elettrico, in grado di introdurre un potenziale; sono masse
estranee ad esempio le tubazioni metalliche degli impianti idrici e
di riscaldamento (interrate o meno); per introduzione di potenziale
si intende che se queste parti fossero isolate da terra, e andassero
per qualche motivo in tensione, potrebbero portare a contatto con
le persone delle tensioni pericolose (es. una tubazione idrica che
porta la tensione allinterno di un bagno); si tenga presente inoltre
che una persona che toccasse contemporaneamente una massa in
tensione e una massa estranea presenterebbe una resistenza verso
terra molto inferiore a quella che viene assunta nella definizione
del livello di tensione pericolosa: per tutti questi motivi si capisce
come le masse estranee in molti casi debbano essere collegate a terra, proprio come le masse.
A questo punto bisogna fare una distinzione fondamentale, per quanto riguarda i rischi dovuti a contatto del corpo umano con parti elettriche in tensione:
contatti diretti: sono quelli per cui si viene in contatto con parti
elettriche normalmente in tensione (anime di cavi, morsetti, contattori elettrici, etc.), nel senso che il normale funzionamento dellimpianto prevede che su di esse vi sia una tensione elettrica; possono
essere dovuti a incauto comportamento delle persone, cos` come a
guasto dellisolamento (si pensi a un cavo scoperto dal rivestimento
come esempio);
contatti indiretti: sono quelli per cui si viene in contatto con una
parte normalmente non in tensione (cioe` la tensione perviene per
il tramite di una massa); questi ultimi sono meno frequenti, ma altrettanto pericolosi in quanto rappresentano una condizione anoma-
Grado
di protezione
Cifra
Non protetto
Non protetto
<= 50 mm diametro
Dito (B)
Attrezzo (C)
Filo (D)
Filo (D)
Non protetto
Caduta verticale
Pioggia
Spruzzi dacqua
Getti dacqua
Getti potenti
Immersione temporanea
Immersione continua
39
detti a bassissima tensione di sicurezza (dove cioe` la tensione e` presente, ma cos` bassa che la resistenza tipica del corpo umano la rende non pericolosa), tra cui si annoverano anche i sistemi con trasformatori di isolamento, tipici delluso medicale.
Interruzione automatica
dellalimentazione
Interruttore
automatico
40
Linterruttore automatico e` talmente diffuso da rappresentare in pratica un sinonimo di impianto elettrico: si tratta di un dispositivo di
sicurezza atto ad interrompere il circuito elettrico su cui e` montato,
e a spegnere il relativo arco elettrico (che si forma perche, il contatto inizia ad allontanarsi, la corrente fluisce non piu` nel solo metallo,
ma attraverso laria ionizzandola) fino a un certo valore massimo di
corrente che viene chiamato potere di interruzione.
Non si deve confondere questo dispositivo con gli interruttori di comando (quali quelli utilizzati per accendere e spegnere le luci): questi ultimi non solo non intervengono automaticamente, ma non sono
in grado di garantire la separazione elettrica del circuito (se operati
manualmente in caso di guasto, fondono per via dellarco elettrico,
senza interrompere il flusso di corrente).
Linterruttore, di per se, e` un dispositivo cieco: il comando ad intervenire gli viene dagli sganciatori (o rele), i quali sono fondamentalmente di due tipi:
1) rele di massima corrente: sono i cosiddetti magnetotermici, sensibili alla sola corrente di linea (che si sviluppa cioe` sulla fase, o sulle tre fasi): lo sganciatore magnetico interviene in tempi molto brevi,
ma per correnti molto elevate (almeno 10 volte la corrente nominale); lo sganciatore termico invece interviene piu` lentamente, ma in
un tempo proporzionale al valore della corrente (di solito da 3 a 5
volte la nominale), sicche in pratica il primo e` il piu` indicato per proteggere limpianto dal cortocircuito, il secondo dal sovraccarico; per
il modo in cui sono costruiti, questi rele non hanno una sensibilita`
molto elevata, in quanto misurano la corrente di linea, e dunque sono limitati inferiormente dal valore della corrente nominale stessa
(quella cioe` che fluisce sulla linea in funzionamento normale), altrimenti interverrebbero intempestivamente, impedendo il normale
funzionamento dellimpianto;
2) rele differenziali: tramite lutilizzo di un toroide ferromagnetico,
questi sganciatori sono sensibili alla differenza di corrente tra la fase (o tra la somma delle tre fasi) ed il neutro; poiche per le leggi di
Kirchoff la somma delle correnti nel nodo di un circuito deve essere
pari a zero, in pratica questa differenza equivale alla corrente di dispersione verso terra: si comprende quindi come questi apparecchi
godano di una sensibilita` nettamente superiore a quelli del tipo precedente, tanto che sono in grado di intervenire selettivamente per
dispersioni anche di pochi milliampere (10 mA o 30 mA sono infatti
tra i tipi piu` comuni).
UL
U0
UL
Sistema TT
RN
Figura 7 - Sistema TT
41
Sistema TN
42
impedenza dellanello di guasto (limpedenza puo` essere definita intuitivamente come resistenza dei circuiti).
A seconda della tensione U0 tipica del circuito, la norma fissa un
tempo di intervento che dovra` essere rispettato dal dispositivo (Tabella 5); per i circuiti che non alimentano prese a spina, tale tempo e`
invece pari a 5 secondi.
In ogni caso, poiche Zs e` limpedenza di una serie di conduttori elettrici, il suo valore e` decisamente basso, sicche Ia risulta abbastanza
elevata da consentire la protezione anche con sganciatori del tipo a
massima corrente (a maggior ragione con interruttori differenziali),
sicche il sistema TN e` intrinsecamente piu` sicuro di quello TT.
Lultimo sistema, visibile in Figura 9, e` il cosiddetto sistema IT, dove
il neutro e` isolato da terra (o connesso a terra tramite unimpedenza
Sistema IT
Condizioni ordinarie
Condizioni particolari
120
0,8
0,4
230
0,4
0,2
400
0,2
0,06
>400
0,1
0,02
Figura 9 - Sistema IT
43
44
Selettivita`
45
Sistemi SELV
46
Locali bagni
e docce
Luoghi MARCI
47
48
Zona 1
Zona 2
Zona 3
Grado di protezione
IP X1 (IP X5 se getti)
Ammesse
Cassette di derivazione
Vietate
Ammesse
Apparecchi di comando
Prese a spina
Vietate
Utilizzatori
Ammessi
Vietate
Ammessi
Sovratensioni
Classificazione
49
Zona paziente
Ambulatorio chirurgico
Camera di degenza
Sala operatoria
Dialisi
Endoscopia
Fisioterapia, idroterapia
Angiografia
Urologia
Sala prematuri
Sala gessi
Locale per uso estetico (con apparecchi di cui alla legge 4 gennaio 1990 n. 1)
50
recchi elettromedicali, risulta di fondamentale importanza il concetto di zona paziente (Figura 14): essa e` definita come linsieme di tutti
i punti dello spazio circostante con cui il paziente puo` entrare in
contatto direttamente, o per tramite del personale presente.
Il concetto dovrebbe essere abbastanza chiaro: cio` che puo` dare origine ad un contatto col paziente e` pericoloso, e dunque soggetto a
prescrizioni; lindividuazione della zona paziente e` un passo fondamentale, per il quale si deve tener conto anche del fatto che il supporto su cui il paziente si trova (es. letto di terapia intensiva, oppure
tavolo operatorio) spesso non e` fisso, ma liberamente mobile (il che
ovviamente rende zona paziente tutto il locale): si considera il supporto in quanto la zona paziente si deve considerare solo quando il
paziente e` in contatto con parti elettromedicali applicate, il che ovviamente lo obbliga ad essere posizionato su tavolo, letto o sedia (la
normale deambulazione del paziente e` cioe` esclusa, perche in queste
condizioni il rischio elettrico viene considerato ordinario, non essendoci ancora lapplicazione di elettrodi).
Le prescrizioni piu` restrittive del normale vincolanti per i locali medici, dunque, si applicano solo nella zona paziente: molte prescrizioni sono comuni o simili per i due gruppi, ragione per cui dapprima
51
Gruppo 1
Gruppo 2
52
Sistema IT
U0 (V)
t (s)
U0/U (V)
Neutro
non distribuito t (s)
Neutro
distribuito t (s)
120
0,4
120/240
0,4
1,0
240
0,2
240/400
0,2
0,4
EQS
53
54
porre tra terminale e nodo al massimo un unico sub-nodo, come mostrato in Figura 17; da cio` discende ad esempio che e` vietato collegare le prese in cascata, come si fa normalmente nei locali ordinari.
Il problema della selettivita` verticale assume particolare rilevanza
nei locali medici di gruppo 2, in quanto in essi deve essere garantita
la continuita` assoluta, anche in caso di primo guasto a terra (e dunque non possono essere impiegati differenziali nella zona paziente,
ma solo fuori): trascurando il problema della pericolosita` del guasto
per un momento, anche se in qualche modo forzassimo le protezioni
del locale a non intervenire, avremmo comunque lintervento delle
protezioni di livello superiore (piano, settore, quadro generale): occorre quindi un sistema che garantisca che leventuale guasto non
solo determini correnti non pericolose, ma anche di entita` tale da
non far intervenire le protezioni esterne intempestivamente: queste caratteristiche sono quelle proprie del sistema IT, che quindi viene sempre impiegato nei locali medici di gruppo 2, tramite linterposizione di appositi trasformatori di isolamento per uso medicale, e
prende dunque il nome di sistema IT-M.
Il trasformatore di isolamento per uso medicale e` un apparecchio
specifico (monofase, di potenza massima 10 kVA, anche se oggi si
impiegano modelli tra i 5 e i 7,5 kVA), che deve rispettare non solo
le prescrizioni della norma generale CEI 96-3 [103], ma anche quelle
specifiche della norma CEI 96-16 [104]; deve essere installato in
Sistema IT-M
Figura 17 - Sub-nodo
55
Ridondanza e alimentazione
di sicurezza
Ridondanza
56
Alimentazione
di sicurezza
57
Breve (t<0,5 s)
Degenza
Media (t<15 s)
X
Sala parto
Ambulatorio di gruppo 1
Sala gessi
Sala emodialisi
Sala prematuri
58
Classe interr.
Autonomia
Rivelazione incendi
Breve
30 min
Allarme
Breve
30 min
Illuminazione di sicurezza
Breve
120 min
Media
120 min
Elevatori antincendio
Media
120 min
Media
120 min
Breve
60 min
Breve
60/180 min
Media
24 ore
Locali batterie
dove Q e` la portata daria (in m3/h), C e` la capacita` (in Ah) e n il numero degli elementi accumulatori, ed Igas e` la corrente specifica (per
unita` di capacita`) di carica che produce gas, espressa in mA/Ah.
Qualora venga adottata la ventilazione naturale, la superficie minima complessiva delle aperture (che devono essere almeno due) dovra` essere pari ad A = 28 x Q con A espressa in cm2.
I valori caratteristici di Igas a seconda del processo di carica e del
tipo di batteria, sono indicati in Tabella 11 (per altri tipi di batterie
riferirsi al valore indicato dal costruttore).
Per quanto riguarda i gruppi elettrogeni, essi sono destinati ad operare in isola (cioe` senza collegamento con la rete ordinaria), e dunque deve essere previsto un apposito dispositivo di commutazione
(che viene considerato servizio di sicurezza, e dunque se motorizzato deve disporre di una propria alimentazione a batteria), e relativi
interblocchi meccanici che impediscano di mettere il gruppo in parallelo alla rete. E` appena il caso di ricordare che i gruppi sopra la
potenza di 25 kW sono attivita` soggetta ai controlli dei Vigili del Fuoco, con relativa regola tecnica verticale (D.M. 22 ottobre 2007 [107]).
Dal punto di vista dellimpiantistica elettrica, fondamentale e` la presenza del comando di emergenza (che in questo caso, oltre a interrompere eventuali alimentazioni elettriche ausiliarie come nel caso
della cabina MT/bT, deve spegnere il motore e bloccare accensione e
afflusso di carburante).
In questo paragrafo si sono mantenute distinte le due facce della ridondanza e dellalimentazione di sicurezza, anche se e` evidente, a
questo punto, che si tratta di due aspetti che devono essere coordinati insieme, al fine di raggiungere quello che e` un obiettivo unico, e
cioe` la massima continuita` del servizio.
Gruppi
elettrogeni
Carica tampone
(mA/Ah).
Carica rapida
(mA/Ah)
Al piombo, aperta
20
50
59
Manutenzione e verifiche
elettriche
Verifica degli impianti elettrici
Definizione
Esami a vista
60
Prove
Verifiche
periodiche
61
Sicurezza e qualificazione
degli operatori
Figure
professionali
62
Frequenza
Semestrale
Annuale
Mensile
Triennale
Triennale
Semestrale
Mensile
Quadrimestrale
Annuale
Frequenza
Mensile
Semestrale
Semestrale
Quinquennale
Annuale
Biennale
Biennale
Biennale
Formazione
63
DPI
Zone pericolose
Visiera
Attivita`
Guanto
00
Sostituzione di lampade
Sostituzione di fusibili senza rischi di corto circuito
Vestiario
ignifugo
X
X
64
Occhiali
Classificazione
65
Cabine MT/bT
Sezionamento
di sicurezza
66
Appendice: la conformita`
degli impianti
Documentazione
La normativa italiana (ma anche europea) pone un notevole rilievo
sullaspetto della documentazione, sia relativamente agli impianti
veri e propri, intesi come consistenza strutturale e dotazione di attrezzature tecnologiche, sia relativamente alla gestione effettiva, e
quindi alle relative operazioni periodiche di manutenzione e verifica.
In particolare per ogni intervento e` necessario produrre la relativa
documentazione che va a comporre la dichiarazione di conformita`
degli impianti alla regola dellarte (fino a poco tempo fa basata sul
combinato disposto della legge 46/1990 [114] e del D.P.R. 447/1991
[99], oggi quasi integralmente sostituiti dal D.M. 37/2008 [100]).
In particolare, lemanazione del nuovo D.M. 37/2008 introduce radicali novita` per quanto riguarda gli interventi di manutenzione, fino a
marzo di questanno regolati dal D.P.R. 380/2001 [115], le cui definizioni lasciavano una liberta` decisamente piu` ampia.
Progetto
Oltre a questo, la principale novita` e` che il progetto diventa sempre
67
obbligatorio: sopra certe soglie di potenza dovra` essere redatto obbligatoriamente da un professionista abilitato, al di sotto sara` redatto a cura del responsabile tecnico dellimpresa (art. 5).
Il medesimo articolo 5 stabilisce che i progetti contengono almeno
gli schemi dellimpianto e i disegni planimetrici nonche una relazione tecnica sulla consistenza e sulla tipologia dellinstallazione, della
trasformazione o dellampliamento dellimpianto stesso, con particolare riguardo alla tipologia e alle caratteristiche dei materiali e
componenti da utilizzare e alle misure di prevenzione e di sicurezza
da adottare.
Ribadisce inoltre la presunzione di conformita` alla regola dellarte
non solo per le norme CEI, ma anche per le norme UNI.
Manutenzione
Unaltra innovazione di larga portata si trova nella definizione di ordinaria manutenzione: gli interventi finalizzati a contenere il degrado normale duso, nonche a far fronte ad eventi accidentali che comportano la necessita` di primi interventi, che comunque non modificano la struttura dellimpianto su cui si interviene o la sua destinazione duso secondo le prescrizioni previste dalla normativa tecnica
vigente e dal libretto di uso e manutenzione del costruttore.
Si tratta di una notevole variazione rispetto alla definizione di manutenzione ordinaria prevista dal citato D.P.R. 380/2001, per il quale
rientrava nella manutenzione anche lampliamento dellimpianto
(senza specificare alcuna soglia dimensionale). Le strutture sanitarie, almeno le piu` grandi (e in particolare quelle gestite dalle ASL),
sono spesso dotate di servizi tecnici interni: in tal caso esse effettuano gli interventi direttamente sugli impianti, tramite luso di proprio
personale.
La nuova definizione di manutenzione ordinaria fa s` che dal punto
di vista della documentazione, praticamente per ogni intervento che
non si limiti al ripristino di funzionalita` andate perse per guasti o logoramenti, anche la semplice aggiunta di una presa elettrica, dovra`
essere redatta e conservata la dichiarazione di conformita` (con relativi allegati, tra cui il progetto come sopra descritto, e in particolare
per gli impianti elettrici i risultati dellesecuzione delle verifiche di
messa in servizio).
68
Bibliografia
[1] D.Lgs. 1 aprile 2008, n. 81 Testo unico in materia di sicurezza e
igiene del lavoro
[2] D.P.C.M. 20 luglio 1939 Approvazione delle istruzioni per le costruzioni ospedaliere
[3] Circolare 22 novembre 1974, n. 13011 Specifiche tecniche degli
impianti
[4] D.M. 5 agosto 1977 Determinazione dei requisiti tecnici sulle case di cura private
[5] D.P.C.M. 27 giugno 1986 Atto di indirizzo e coordinamento dellattivita` amministrativa delle regioni in materia di requisiti delle case di cura private
[6] D.M. 16 giugno 1990 Classificazione delle case di cura private
convenzionate nelle fasce funzionali A, B e C 6
[7] D.P.R. 14 gennaio 1997 Approvazione dellatto di indirizzo e
coordinamento alle regioni e alle province autonome di Trento e
di Bolzano, in materia di requisiti strutturali, tecnologici ed organizzativi minimi per lesercizio delle attivita` sanitarie da parte delle
strutture pubbliche e private
[8] UNI 10339:1995 Impianti aeraulici ai fini di benessere: Generalita`, classificazione e requisiti
[9] UNI EN 13779:2008 Ventilazione degli edifici non residenziali.
Requisiti di prestazione per i sistemi di ventilazione e di climatizzazione
[10] ISPESL: Linee guida per la definizione degli standard di sicurezza e di igiene ambientale dei reparti operatori
[11] UNI EN ISO 7730:1997 - Ergonomia degli ambienti termici - Determinazione analitica e interpretazione del benessere termico mediante il calcolo degli indici PMV e PPD e dei criteri di benessere termico locale.
[12] Microclima, aerazione e illuminazione nei luoghi di lavoro - Requisiti e standard - Indicazioni operative e progettuali - Linee Guida
Versione finale 1 giugno 2006
[13] www.gcammarata.net
[14] UNI EN ISO 7726:2002 Ergonomia degli ambienti termici Strumenti per la misurazione delle grandezze fisiche
[15] AHSRAE 52.1:1992 Gravimetric and Dust Spot Procedures for
Testing Air Cleaning Devices Used in General Ventilation for Removing Particulate Matter e 52.2:1999 Method of Testing General
Ventilation Air Cleaning Devices for Removal Efficiency by Particle
Size
[16] UNI EN 779:2002 Particulate air filters for general ventilation Determination of the filtration performance e UNI EN 1822:1998
High efficiency air filters (HEPA and ULPA) - Part 1: Classification,
performance testing, marking
[17] www.ariacube.com
[18] ISO 14644-1:1999 Cleanrooms and associated environments of
air cleanliness
69
70
71
72
73
74