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CAPITOLO

1930
di Edoardo RUFFINI AVONDO - Carlo BRICARELLI CAPITOLO (dal lat. capitulum, diminutivo di caput "capo"). - Gi Tertulliano e San Girolamo
hanno trasportato la voce classica capitulum a significare le divisioni di un libro, dal che derivato
il senso di passo della Sacra Scrittura che si canta durante l'ufficio e di parte della regola di un
ordine religioso che i monaci sono obbligati a leggere. Da quest'ultimo uso, attraverso frasi come
ire ad capitulum, sorto l'altro significato della voce: collegio di preti addetti a una chiesa; e
adunanza, secondo le prescrizioni della regola, di religiosi o di ordini cavallereschi per trattare
degl'interessi della comunit; nonch luogo di tali adunanze.
Il collegio di ecclesiastici detto: capitolo collegiale o collegiata, se annesso a una chiesa non
cattedrale e con soli scopi di culto; capitolo cattedrale, e i suoi componenti sono detti canonici, se
annesso a una chiesa cattedrale e se ha lo scopo di aiutare e supplire il vescovo nel governo della
diocesi.
Fin dai primi secoli del cristianesimo il presbyterium, cio l'insieme del clero addetto alla chiesa
vescovile, assisteva il vescovo, ne faceva le veci per gli affari ordinar o urgenti, se la sede era
vacante, e ne eleggeva il successore chiamando talora il popolo e le autorit cittadine a partecipare
all'elezione. In molte diocesi, dal sec. IV in poi, seguendo l'esempio di S. Eusebio, di S. Ambrogio e
di S. Agostino, vescovo e clero si diedero a condurre vita comune. Ma la vera vita canonica, dei
canonici regolari (v. agostiniani), secondo regole quasi monastiche, comincia con la regola dettata
nel 760 dal vescovo di Metz Crodegango per il suo clero secolare, sul modello della regola
benedettina; un sinodo di Aquisgrana (817) la elabor ancora ed essa fu applicata estesamente. Il
vescovo soleva assegnare al capitolo una porzione (portio cleri) del patrimonio ecclesiastico;
fintantoch, al tempo dei Carolingi, ai capitoli, riconosciuti come persone giuridiche, venne
attribuita la piena propriet di tale porzione, che prese il nome di mensa canonicorum. La mensa
canonicorum fu poi presto spartita quando si assegnarono senz'altro delle quote di essa ai singoli
canonici perch le amministrassero e le godessero personalmente. Questi nuclei patrimoniali, detti
prebende canonicali, acquistarono fin dai primi del sec. XIII una personalit giuridica propria con
carattere di fondazione, distinta dalla personalit del capitolo che aveva carattere di corporazione.
Questa riforma fece s che i canonici non volessero pi saperne di spartire con nuovi colleghi la
quota spesso cospicua del patrimonio capitolare loro toccata, onde si chiuse l'organico della
maggior parte dei capitoli e si ebbero i cosiddetti capitoli chiusi (capitula clausa, ecclesiae
numeratae). Oltre le singole prebende, i canonici, che presenziavano alle quotidiane funzioni,
percepivano delle distribuzioni, in danaro o in natura, dette corali o quotidiane, prelevate da un
nucleo patrimoniale distinto dalle prebende e dal patrimonio capitolare o massa grande, e detto per
ci massa piccola. Accanto alle prebende si incorporarono ancora nei capitoli nuove fondazioni col
nome di benefici minori o cappellanie, derivanti per lo pi da lasciti privati, e che, attribuiti nei
capitoli chiusi a canonici gi prebendati, ne accrebbero notevolmente i redditi. Ma col crescere delle
ricchezze decadde la disciplina; tanto che, dopo il sec. XIII, soltanto qualche collegiata conduceva
vita canonica, mentre i canonici di quasi tutti i capitoli vivevano come il clero secolare.
La costituzione dei capitoli, quale oggi sancita dal Codex iuris canonici (can. 391-422), pu dirsi
sostanzialmente compiuta gi nel sec. XIII. Di solito i capitoli si compongono di dignit e di
canonici (v.), a cui si assegnano varie funzioni; ma le dignit possono anche non far parte del
capitolo in senso stretto. L'istituzione, l'innovazione e la soppressione dei capitoli, cattedrali e

collegiali, e la collazione delle dignit, spettano alla Santa Sede; mentre la collazione dei canonicati
e dei benefici spetta oggi generalmente al vescovo, udito il capitolo.
Il capitolo cattedrale deve in pi assistere il vescovo nelle sue funzioni religiose. Il capitolo, come
corporazione autonoma o come senato diocesano, si raduna solennemente nella propria sede, ed
convocato dalle dignit nell'ordine di precedenza nel primo caso, dal vescovo nel secondo. Si
richiede di regola la convocazione di tutti i capitolari, e le deliberazioni devono essere prese a
maggioranza assoluta dei presenti secondo il Codex iuris canonici, salvo le costituzioni particolari
dei singoli capitoli. I rapporti dei capitoli cattedrali col vescovo e con la diocesi variano a seconda
che la sede episcopale piena, vacante o impedita. Nel primo caso il capitolo tenuto a dare il
proprio voto, deliberativo o consultivo, a certi atti di maggiore importanza del governo vescovile.
Nel secondo caso il capitolo, mentre fino al sec. XV eleggeva il vescovo, oggi soltanto gli succede
nella giurisdizione, salvo per quei diritti che al vescovo spettano in virt degli ordini sacri, ma deve
entro otto giorni nominare un vicario capitolare il quale amministri in vece sua la diocesi. Nel terzo
caso, a sede impedita (cio quando il vescovo nell'impossibilit di corrispondere con la diocesi,
per prigionia, ad esempio), il capitolo succede egualmente al vescovo sino alla nomina del vicario
capitolare, salvo che non esista un vicario generale del vescovo, o altro ecclesiastico dal vescovo
delegato o la Santa Sede non abbia altrimenti provvisto (c. 429).
In Italia i capitoli cattedrali sono riconosciuti come persone giuridiche, mentre furono soppressi i
capitoli collegiali, salvo che in Roma e nelle sedi suburbicarie (leggi 15 agosto 1867, art. 1; 19
giugno 1873, art. 16). Il concordato dell'11 febbraio 1929, pur informandosi a princip opposti a
quelli della legislazione anteriore, non ha senz'altro riconosciuto di nuovo la personalit giuridica
degli uffici e degli enti ecclesiastici soppressi, e quindi dei capitoli collegiali, ma ha ammesso che
possa essere riconosciuta, purch essi rispondano alle esigenze religiose della popolazione e non
producano alcun onere finanziario allo stato (Concordato, art. 29, lett. d). Tale riconoscimento dovr
avvenire per mezzo di decreto reale, udito il Consiglio di stato (legge 27 maggio 1929, art. 3).
Bibl.: Barbosa, tractatus de canon et dignitat., Lione 1668; Thomassin, Ancienne et nouvelle
discipline de l'glise touchant les bnfices, Lione 1678; P. I, l. 3, c. 7 segg.; L. A. Muratori,
Antiquit. Ital. Medii Aevi, V, Milano 1741, pp. 185-272 (Diss. 62 De Capitulis); Z.B. van Espen, Ius
Ecclesiast. univ., V, Venezia 1781, pp. 114-176 (De instit. et off. canonic.), pp. 177-203 (De horis
canonicis); Bouix, Tract. de Capit., Parigi 1852; G. Phillips, in Vermischte Schriften, II, Magonza
1856, p. 313 segg.; G. Finazzi, Dei Capitoli cattedrali, Bergamo 1863; P. Schneider, Die bischfl.
Domkap., ihre Entwicklung und recht. Stellung im Organismus der Kirche, Magonza 1892; P.
Hinschius, Das Kirchenrecht der Kathol. und Protestanten in Deutschland, II, Berlino 1878, p. 49
segg.; F. Scaduto, Diritto eccl. vigente in Italia, 2 ed., Torino 1893, pp. 290-324; B. Peluso, I
Capitoli delle cattedrali, delle collegiate e le chiese ricettizie, Napoli 1898; J. B. Sgmller,
Lehrbuch des kathol. Kirchenrechts, Friburgo in B. 1914, pp. 447-460; Lesne, in Rev. hist. du droit
fran. et tranger, VIII (1929), pp. 242-290.
Nell'architettura monastica per capitolo, ovvero aula capitolare, s'intende una sala destinata alle
adunanze della comunit religiosa, per l'istruzione spirituale, per la trattazione di affari, la
correzione di pubbliche mancanze, la promulgazione di ordini o simili effetti. L'analogia con quanto
si detto sopra circa il capitolo cattedrale si spiega con la circostanza che spesso le grandi cattedrali
sottentrarono in sostanza alle chiese abbaziali nell'edificio stesso, e nelle usanze liturgiche dei
monaci che le ufficiavano.
Quanto alla situazione del capitolo, essendo le chiese orientate con la facciata a ponente, e l'abside a
levante, lungo il fianco meridionale s'apriva il chiostro quadrilatero, con due lati perpendicolari
all'asse, uno occidentale, a filo della facciata o quasi, l'altro orientale che s'innestava nella chiesa

verso il coro. Su questo lato era allogato il capitolo, in modo comodissimo per i monaci che
processionalmente vi si rendevano uscendo dal coro. L'aula circondata da un sedile murato oppure
da stalli, secondo i paesi, prendeva luce dal chiostro mediante due grandi finestre con la porta,
talora anche per via d'altre finestre nella parete opposta che guardava a levante. Nelle grandi
abbazie di Francia la sala capitolare era quadrata o rettangolare (Fontfroide, Clairvaux, Vzelay),
coperta a vlte, con alcune colonne che ne accoglievano le ricascate. Cos similmente in Italia,
come tuttora si vede a S. Andrea di Vercelli, nelle abazie cisterciensi di Fossanova, S. Galgano,
Chiaravalle della Colomba (Piacenza) ecc., talora con la pi felice applicazione della struttura
ogivale. Venuta poi questa in sempre maggior dimestichezza, il congenito istinto dei grandi spaz
liberi port i nostri costruttori alle ariose e sfogate aule capitolari di S. Maria Novella a Firenze (c.
1350) e di S. Marco, decorate, com' noto, di splendide pitture a fresco. L'Inghilterra invece am
sovente la forma centrale, o poligona (Lincoln, Wells, ecc.), o anche rotonda (Worcester), talora con
una colonna nel mezzo ove concorrono le costole, ovvero una semplice chiave di vlta.
Bibl.: E. Martne, De antiquis Ecclesiae ritibus, IV, 2 ed., Anversa e Milano 1738; Viollet-le-Duc,
Dictionn. arch. fran., Parigi 1854-69, I, s. v. Architecture monast.; VIII, s. v. Salle capitulaire; C.
Enlart, manuel d'archol. fran., II, Parigi 1904, p. 30 (minuta enumerazione d'esemp per Francia e
Italia); R. de Lasteyrie, l'archit. relig. en France l'poque gothique, I, Parigi 1926-27, pagina 401
segg.; R. Past e F. Arborio Mela, L'abazia di S. Andrea in Vercelli, Vercelli 1907; A. Canestrelli,
L'abbazia di San Galgano, Firenze 1896.

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