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La Pietas uno dei valori fondamentali della Romanit nei Mores Maiorum,

ma pi o meno di tutti i popoli antichi,che la reputavano talmente


importante tanto da renderla soggetto di raffigurazioni monetali. Il concetto
e la virt della Pietas si applicano in maniera diversificata nei confronti di
soggetti differenti, siano essi gli Dei,la Patria, i Genitori o altri parenti.
Sentimento e valore quasi del tutto sopito nelluomo moderno , sempre
pronto a mettere la propria sicurezza e il proprio tornaconto prima di ogni
altra cosa. Questa leggenda antica (leggenda per noi ma atto che fu
vero,vivo e vivificante per gli Uomini di quei tempi) pu ben spiegarne il
significato ed essere momento di riflessione, soprattutto di questi tempi
dove sempre pi spesso ci viene proposto il modello duomo in fuga per
salvare se stesso ,la propria vita,il proprio futuro di sicurezza ( e se
capita la moglie o il figlio,meglio ancora se neonato da usare come ariete
emotivo tra le folle per prima salire a bordo della nave umanitaria di turno
o varcare il cancello di qualche centro accoglienza) , invece di restare al
proprio posto e combattere per esso , rischiando tutto,magari anche di
essere sommersi da un fiume di lava per salvare non i propri corpi e/o beni,
ma gli anziani genitori e con essi il proprio Onore ed il proprio Spirito.

Tratto da La leggenda dei <<pii fratres>> di Franca Morgano, Archivio


Storico per la Sicilia Orientale , Anno XXXI , Fascicolo I-II 1935:
La leggenda dei <<pii fratres>> era famosa nellantichit. Essa narrava che, essendo
scoppiata in Sicilia una eruzione vulcanica,due fratelli preferirono salvare attraverso le
fiamme i loro genitori anzich i loro averi e che la lava li avrebbe miracolosamente
rispettati scindendosi in due bracci. Forse ,come qualcuno suppose,la legenda trae
origine da un fenomeno naturale che si pu osservare durante qualche
eruzione;spesso , infatti ,accade che la lava in certi punti si divide in due parti che
emergono dando limpressione di due colli gemelli. Le acque poi accrescono la
distanza tra i colli,lasciando fra di loro un intervallo piano,, La fantasia
popolare,traendo ispirazione dal fatto naturale,si sarebbe compiaciuta di creare la
leggenda suddetta. Strabone (VI,23), per primo ci riferisce i nomi dei fratelli pii:Anapia
e Anfinomo,e con lui concordano le fonti posteriori.[.] Ne pochi resti di fabbriche
greche ,ancora esistenti in Catania , non si trovano tracce di lava le quali ci facciano
pensare ad uneruzione che abbia distrutto la citt; invece si nota che queste
fabbriche greche poggiano generalmente su strati lavici precedenti. Senza dubbio
,leruzione con cui connessa la leggenda dei <<Pii Fratres>> ,avvenne,quindi , in
epoca remota e anteriore alla venuta dei Greci. Il fatto che ai due fratelli si danno
nome greci e si spiega facilmente con la sovrapposizione di elementi ellenici a quelli
indigeni. Si doveva trattare ,cio,in origine di una leggenda sicula locale antichissima
che si riferiva ad uneruzione avvenuta in unepoca in cui Catana era ancora in mano
dei siculi. Ma i greci venuti in Sicilia,come avevano mutato i costumi e il linguaggio dei
Siculi assoggettati,cos si impadronirono di questa leggenda che si riferiva al popolo
da loro dominato e con tanta semplicit illustrava un esempio di piet filiale e che anzi
,assai per tempo,sia passata tra gli esempi da essi pi comunemente citati. Gli

epigrammi della< <Stilopinakia>> di Cizico ci dimostrerebbe che questa


trasformazione nellepoca ellenistica era gi avvenuta. La semplice leggenda,rivissuta
dalla fervida fantasia dei Greci, fu rivestita da un alone di poesia, Ai nomi siculi furono
sostituiti nomi greci la cui etimologia serviva a spiegare il fatto. Ad uno dei fratelli fu
dato il nome Anapia,forse ispirandosi al fiume anapo , presso Siracusa, oppure
creando un nome dal greco che esprimeva lidea del salvataggio dei genitori
attraverso le fiamme. Laltro fu chiamato Anfinomo alludendo alla fama che si era
diffusa allintorno.[..] A Catania , inoltre,essi erano onorati,come attesta Pausania,
anche in et imperiale ed un epigrafe trovata nel Teatro romano di Catania lo
conferma. [] Claudiano descrive in un carme le statue che ad Anapia ed Anfinomo
furono erette in omaggio al loro atto di piet filiale. Possiamo noi immaginare come
esse fossero ? Ci restano poi delle monete di Catania che riproducono i due fratelli in
atto di fuggire. Quello che precede porta sulle spalle la madre e laltro il padre. Sul
rovescio si legge liscrizione Katan. Esistono ,poi,altri due bronzi ,uguali per la
rappresentazione ma diversi per peso e su uno di questi si legge KATANAI ON. Unaltra
moneta porta sul dritto la rappresentazione di uno dei due fratelli col padre sulle
spalle,e sul rovescio quella dellaltro fratello con la madre;ricordiamo finalmente
unaltra moneta simile alla precedente ma di modulo minore. Pare che queste monete
risalgano,tuttavia,ad epoca non anteriore al I sec. A.c. Importante ,ad ogni modo
,questa documentazione , se si pensa che la coniazione avvenne nel periodo della
dominazione romana,quando cio era stato tolto alla Sicilia il diritto di battere monete
che non fossero di bronzo. Le dette monete non sono notevoli dal punto di vista
artistico,ma rappresentano lo sforzo degli artefici catanesi per affermare la superiorit
della loro citt e per ricordare il culto dei loro eroi. La stessa leggenda troviamo
ancora riprodotta su di una moneta dargento dellepoca di Sesto Pompeo,sul cui
rovescio sono riprodotti i due fratelli che salvano i genitori; tra di loro sta Nettuno ,col
piede destro sulla prora di una nave e con lacrostolio nella destra. In questo conio uno
dei fratelli sorregge sulle spalle il padre che indica col braccio la lava; laltro la madre
che rappresentata in atto di invocare gli Dei. La moneta fu coniata in occasione
delleruzione del 36 a.C. S. Pompeo volle rendere un atto di omaggio alla memoria dei
pii fratres ed esaltare s stesso e il fratello: difatti Pius era stato chiamato il loro padre
e nei <<pii fratelli>> egli raffigurava s stesso e il fratello Gneo.
Nelle figure dei genitori, nelle dette monete di Pompeo , si nota una certa
monumentalit e, al contempo, una rigidezza di forme la quale ci fa pensare che
lartefice si sia ispirato ad un motivo statuario, forse alle due statue che esistevano a
Catania e che Claudiano ci descrisse nel suo carme.
Lo stesso schema si riscontra in un bronzo dei tempi di Antonino Pio e che riproduce il
<<Pio Enea>>. Leroe incede verso sinistra e volge il capo a destra verso il figlioletto
Ascanio, che egli tiene per mano , mentre porta sulle spalle il padre Anchise . [].

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