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Cosa c' dietro la parola Allah

di Andrea Di Consoli
in l'Unit del 16 novembre 2015
Mio figlio, che ha dieci anni, stamattina mi ha domandato: Dove andremo a finire, dopo morti?. E
me lo ha domandato mentre seguiva in televisione le cronache sulla strage di Parigi.
Come al solito, ho risposto in maniera confusa, mescolando malamente consolazioni cristiane ed
epicureismi a buon mercato. A quel punto, mio figlio si ammutolito, e ha iniziato a piangere: Pap, ma
che senso ha la nostra vita se poi tutto finir con la morte?. Lho buttata sul comico, come spesso faccio
di fronte a temi impossibili, e sono riuscito a distrarlo; eppure, dopo qualche minuto, guardandolo
giocare assorto con la PS Vita, non ho potuto fare a meno di legare il nascente nichilismo razionalistascientista di mio figlio al fanatismo utopistico dei giovani terroristi islamici.
Sta sfuggendo a molti che questi giovani terroristi, che da anni stanno seminando morte e
disperazione in Europa, sono, appunto, europei, e dellEuropa rifiutano principalmente due cose: la
marginalizzazione socio-culturale a cui li espone la loro povert (che a catena provoca senso di
inferiorit e istinto revanscista) e il tramonto delle fedi e delle utopie. Renzo Guolo, assai
intelligentemente, ha definito questo movimento sotterraneo e tellurico lultima utopia.
Noi europei, a un livello molto profondo della coscienza, non crediamo pi n a fedi n a utopie, e
viviamo il presente affidandoci comodamente (rimuovendo la disperazione) a valori terrestri e non
metafisici quali la civilt, il diritto, il benessere. Ma il tema di Dio e della totalit, inutile non
ammetterlo, per noi un capitolo chiuso, perch, appunto, sentiamo intimamente che dopo la morte non
c nulla.
Storicamente, i giovani sono sempre apparsi sulla scena pubblica con impeto palingenetico e con
furore utopistico (quante volte in passato abbiamo dibattuto se fosse corretto equiparare i terroristi ai comuni
criminali?). Oggi, tutto questo, non accade pi, perch la secolarizzazione e la laicizzazione vengono ormai
trasmessi spontaneamente da noi genitori disincantanti e disillusi. Ma qualcuno, evidentemente, ce lo
rimprovera, e reagisce a questa mondanit con quelleterna religione della morte che il sintomo
estremo di una domanda radicale di eternit.
Faccio una pura considerazione fattuale: i giovani terroristi islamici europei hanno una ragione per
morire e per far morire gli altri. E questo non un dato trascurabile al quale si possa esclusivamente
rispondere con la repressione e con la guerra. Infatti nessuno, in queste ore di sgomento e di rabbia, ha
provato almeno a immaginare cosa muova il cuore e la testa di un giovane - ripeto, europeo - nel mentre
si fa saltare in aria gridando con disperata estasi Allahu Akbar!
Inutile girarci intorno: per noi la tolleranza, la laicit, lo scetticismo e il relativismo - la totale
negazione della metafisica - sono dati intimamente consoli
dati, e a nulla varrebbe il tentativo di vivere come se ancora in noi ci fosse la certezza della totalit,
ovvero di Dio. Eppure questo radicalismo sanguinario ci deve interrogare, anche se non mi sfugge che
ammetterlo doloroso e complicato.
Pure gli amici pi accorti e consapevoli della complessit geopolitica del momento, in queste ore mi
ripetono sempre la stessa cosa: Bisogna sterminarli senza piet, ucciderli tutti. E io, a un livello molto
epidermico, condivido questo proposito. Ma poi c una parte di me che si domanda in che modo
questEuropa cos appiattita sul tema economico e finanziario, e cos cinica e indifferente rispetto a
temi quali la marginalit dei nuovi europei (marginalit che Tahar Ben Jelloun definiva estrema
solitudine) e il tramonto di tutte le fedi e di tutte le utopie, si stia approcciando ai giovani di oggi, i
quali, in assenza del valore-cardine del benessere, si trovano spesso in balia di frantumazione identitaria,
nostalgia di una totalit e di una tradizione certa alla quale ancorarsi, esclusione rancorosa, tirannia
tecnologica e delirio onirico di distruzione. La religione fondamentalista, com evidente, soltanto il
sintomo visibile di un disagio pi profondo, e che solo per comodit definiamo terrorismo.
Sar anche un paradosso, ma io penso che i cosiddetti foreign fighters siano anzitutto un
problema europeo, e che interroghino profondamente il nostro grigiore tecnologico-finanziario e la
nostra monocultura del benessere (alla quale siamo giunti, non dimentichiamocelo mai, attraverso un

lungo percorso finan


che metafisico). Non sto dicendo che lEuropa colpevole di questo terrorismo euro-islamico; sto
dicendo una cosa ben pi profonda, ovvero che questi terroristi sono nostri figli - nostri in quanto
europei - e come tali dobbiamo farcene carico, interrogarci, provare ad allargare le opportunit di
confronto, di ascolto e di inclusione, consapevoli che dietro la parola Allah ci sono molte pi cose di
quel che noi pensiamo superficialmente.
Dobbiamo intensificare i momenti di ascolto e di confronto senza paura o isterie, confrontare
sinceramente valori e prospettive, provare a tirare fuori lanima europea - laica, tollerante, liberale,
pluralista - confrontandoci costantemente anche con chi ci sbatte in faccia loscurantismo utopistico
pi feroce e distruttivo. Sono giovani europei, questi seminatori di odio, e lIS centra e non centra. Il
fatto che abbiano ucciso dei loro coetanei indicativo di un rancore materialista. La repressione
militare non basta se non ci domandiamo senza infingimenti se una societ possa reggere in assenza di
una causa assoluta per la quale morire (e i giovani ci chiedono questo, anche quando tacciono, in apparenza
persuasi). C una domanda di totalit in Europa alla quale non riusciamo a dare una risposta, e la
composta tristezza di mio figlio di fronte alla prospettiva del nulla non cos distante, in termini
spirituali, dal furore distruttivo di chi d un senso alla propria breve esistenza suicidandosi in nome di
Allah e trascinando con s nellinferno della frustrazione decine e decine di innocenti.

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