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In questo file raccolgo alcune cose che, pur non rientrando in senso stretto
tra gli argomenti di Calcolo Numerico, sono necessarie per la comprensione
di quanto si dira nel file AlgLinNumerica-3. Il primo capitolo contiene due
importanti teoremi di algebra lineare, rispettivamente il Teorema di Gershgorin
ed il Teorema di Perron-Frobenius, dei quali non si fa menzione nel testo di
Algebra Lineare. Il Teorema di Gershgorin ci dice dove cercare gli autovalori di
una matrice. Il Teorema di Perron-Frobenius tratta di una importante classe di
matrici, quelle a valori reali non negativi. Il Capitolo 2 e dedicato alle norme
non-euclidee. In esso devo usare una quantita di cose prese dalla topologia degli
spazi metrici. Molte di esse rientrano tra gli argomenti dei corsi di Analisi, anche
se nei corsi di Analisi I e II non possono essere presentate con la generalita di
cui qui abbiamo bisogno. Richiamo queste nozioni nel terzo capitolo di questo
file.
Nel Capitolo 2, ogni affermazione e corredata di dimostrazione, ma non
pretendo certo che lo studente porti tutte queste dimostrazioni all esame. Le
ho inserite solo perche in letteratura non e facile trovarle tutte insieme.
Nel file AlgLinNumerica-3, in qualche occasione dovremo menzionare derivate
di funzioni a valori complessi di variabile complessa. Nel Capitolo 4 di questo
file richiamo succintamente quel poco che ci serve sapere su questo argomento.
INDICE
Capitolo 1
Pagina 2.
Capitolo 2
Norme.
Pagina 8.
Capitolo 3
Pagina 29
Capitolo 4
Pagina 39
1
1.1
P
|
i = j6=i |aj,i |,
|
|
Di = {z C | |z ai,i | i },
e infine
|
D = ni=1 Di ,
D| = ni=1 Di
D(A) = D D| .
P
Dividendo per |vk | otteniamo che |ak,k | i6=k |ak,i ||vi |/|vk |. Ma |vi |/|vk |
P
1 per come si e scelto k. Pertanto | ak,k | i6=k |ak,i |, cioe Dk . A
maggior ragione, D . Il fatto che D| segue subito da questo, rimpiazzando A con la sua trasposta At e rammentando che A ed At hanno gli stessi
autovalori.
C.D.D.
L insieme D(A) definito come sopra si chiama dominio di Gershgorin di A.
Invece il massimo tra i moduli degli autovalori di A si chiama raggio spettrale
di A (rammento che l insieme degli autovalori di A e lo spettro di A). Indichiamo il raggio spettrale di A col simbolo (A). Il precedente teorema fornisce
una limitazione superiore per (A). Infatti, indicando con (A) il massimo dei
moduli degli elementi di D(A), e ovvio che:
Corollario 1.2 (A) (A).
Esempio 1. Sia
2i 1 i
0
1
1
1
1
A = 2i
1+i
2 1 0
1
2 3 ...
7
7 1 5 5 7 ...
2
1
A=
0
0
1
1
1
0
1 0
0 1
1 1
2 0
0 1 2 3 ...
2 1 2 25 ...
1.2
Teorema di Perron-Frobenius
Sia V uno spazio vettoriale di dimensione finita sul campo R dei numeri reali e
sia E = (E1 , ..., En ) una base di V. Indichiamo con C(E) l insieme dei vettori
di V che rispetto ad E hanno tutte le coordinate positive, mentre indichiamo
con C(E) l insieme dei vettori che rispetto a E non hanno alcuna coordinata
negativa. Chiamiamo C(E) cono simpliciale aperto di vertice O e base E, e C(E)
cono simpliciale chiuso. Considerando V come uno spazio metrico prendendo
come distanza quella indotta da un dato prodotto scalare in precedenza scelto
su V, non importa quale, C(E) risulta essere l interno di C(E), questo a sua
volta e la chiusura di C(E) mentre C(E) \ C(E) e la frontiera di entrambi. Ma
non intendo insistere su questi aspetti topologici. Mi limito a definire le faccie
di C(E).
Dato 6= J {1, ..., n}, indichiamo con C J (E) l insieme dei vettori X
C(E) tali che xi = 0 per ogni i 6 J, ove (xi )ni=1 = (X)E e la n-pla di coordinate
di X rispetto ad E. Chiamiamo C J (E) la faccia di C(E) di tipo J. Si noti che
abiamo assunto J sottoinsieme proprio di {1, .., n} e non vuoto. Quindi C J (E)
e sempre contenuto nella frontiera C(E) \ C(E) di C(E) ed e sempre piu
grande di {O}. Quando J consiste di un solo elemento l insieme C J (E) e una
semiretta. In tal caso lo si dice uno spigolo di C(E).
Si usa anche definire l interno CJ (E) di C J (E) come l insieme dei vettori
X per cui xj > 0 per ogni j J, ma nel seguito non faro alcun uso di questa
ulteriore definizione. Aver definito l interno C(E) di C(E) e sufficiente per
quel che devo dire.
Sia ora una trasformazione lineare di V in se, cioe L(V). Si dice che
e positiva rispetto ad E se (C(E)) C(E) e non e la trasformazione
nulla. Equivalentemente, (C(E)) C(E). Sia positiva rispetto ad E. Se
4
i2h
s
= k (cos
2h
2h
+ i sin
),
s
s
h = 0, 1, ..., s 1.
(4) Con s come in (3), risulta s > 1 se e solo se e possibile permutare i vettori di
E in modo che la matrice che rappresenta rispetto a questo nuovo ordinamento
di E abbia la seguente conformazione:
O O ... O A0
A0 O ... O O
O A0 ... O O
..
.. ... ..
..
O O ... A0 O
ove A0 e un opportuna matrice quadrata (eventualmente di ordine 1) ed O sta
ad indicare la matrice quadrata nulla dello stesso ordine di A0 . Indicato con n0
l ordine di A0 , risulta s = n/n0 .
Commenti
Definizioni
Esempi
Sia n = 4. Tutte
rispetto ad E.
1 1
1 1
A=
1 1
1 1
0
0
C=
1
1
0
0
1
1
1
1
,
1
1
1
1
0
0
1
1
,
0
0
0
0
1
0
0
0
0
1
1
0
,
0
0
0
0
1
0
0
1
0
0
1
1
.
1
1
0
1
B=
0
0
0
0
D=
0
1
0 1 0 1
1 0 0 1
D0 =
0 0 1 0 .
0 0 1 1
Si vede ora subito che gli autovalori di D0 sono 1 e 1, con molteplicita rispettivamente 3 ed 1. Questi sono dunque anche gli autovalori di D. Quindi in
questo caso le cose vanno in modo molto diverso da come sarebbe previsto dal
Teorema di Perron-Frobenius. E ora chiaro che quel teorema non si puo applicare a trasformazioni riducibili.
Consideriamo invece A. Questa matrice ha periodicita 1. I suoi autovalori
sono 4, semplice, e 0, triplo. Con la notazione usata nel teorema di PerronFrobenius, abbiamo dunque 0 = 0 = 4, 1 = 1 = 0, m0 = 1 ed m1 = 3.
Passiamo a B. Essa rappresenta una permutazione ciclica dei vettori della
base. Quindi i suoi autovalori sono le quattro radici quarte di 1, cioe 1, 1, i e
i. In questo caso s = 4 e 0 = 0 = 1 (e ovviamente m0 = 1).
Consideriamo infine C. Ha periodicita 2. E facile vedere che i suoi autovalori sono 1, 1 e 0, con 1 e 1 semplici e 0 doppio. Abbiamo dunque m0 = 1,
m1 = 2, 0 = 0 = 1 e 1 = 1 = 0.
Norme
Nel Capitolo 8 del testo si sono introdotte le norme definendole a partire dai
prodotti scalari. Precisamente, dato uno spazio euclideo V, cioe uno spazio
vettoriale V definito su R o su C e munito di un prodottopscalare h., .i, si e
definita la norma ||X|| di un vettore X V ponendo ||X|| = hX, Xi. Diciamo
euclidea una norma definita in questo modo.
Questa definizione di norma e del tutto naturale, ma in certi casi presenta
qualche svantaggio. Per esempio, puo rendere i calcoli troppo pesanti. Si
puo allora desiderare di sostituire quel concetto di norma con un altro piu
permissivo, che ci conceda di considerare anche norme diverse da quelle euclidee,
ma definite in modo tale da rendere i calcoli piu agevoli. Naturalmente, per fare
questo bisogna salvaguardare alcune condizioni. Precisamente, se sostituiamo
una norma ||.||1 con un altra, diciamola ||.||2 , piu facile da adoperare, bisognera
che i risultati ottenuti usando ||.||2 siano in accordo con quelli che avremmo
ottenuto con ||.||1 se avessimo avuto la pazienza di portare tutti i calcoli in
fondo. Per esempio, vorremmo che se una successione di punti di V tende ad
un qualche punto quando si usa la distanza d1 associata a ||.||1 , essa continui a
tendere a quel punto anche se si usa la distanza d2 associata a ||.||2 , anche se
con diversa velocita, eventualmente; e viceversa. Allo scopo basta che d1 e d2
definiscano la stessa topologia su V, cioe che per ogni insieme X di punti di V
l insieme X sia aperto per d1 se e solo se lo e per d2 (cfr Capitolo 3). Vedremo
che questo si puo fare.
Nel seguito K sta indifferentemente per R o C e V sta sempre ad indicare un
dato spazio vettoriale su K, non necessariamente di dimensione finita.
Nel seguito impiegheremo liberamente varie nozioni prese dalla teoria degli
spazi metrici, come convergenza, continuita ecc. Si tratta di banali generalizzazioni di analoghe nozioni che il lettore ha certamente incontrato nei corsi di
Analisi I o II, sicche dovrebbero risultargli familiari. Ad ogni modo le richiamiamo nel Capitolo 3.
2.1
Definizioni
(X) = 0 X = O, (X V);
(xX) = |x| (X) (X V, x K);
(X + Y ) (X) + (Y ) (X, Y V).
Da (N2) con x = 0 si ottiene subito che (O) = 0. Quindi la (N1) puo anche
scriversi cosi:
(N 10 ) (X) = 0 X = O,
(X V).
(X) 0,
(X V).
8
(X, Y V).
(X V).
Equivalentemente:
(E10 )
1
b ||X||2
||X||1 a1 ||X||2 ,
(X V).
(X, Y V),
1
b d2 (X, Y
) d1 (X, Y ) a1 d2 (X, Y ),
9
(X, Y V).
2.2
Chiaramente, le norme euclidee sono norme nel senso sopra specificato. E anche
ovvio che se ||.|| e una norma allora per ogni numero reale k > 0 la funzione
k ||.|| e una norma, equivalente a ||.||. Piu in generale, sia un automorphismo
di V e poniamo ||X|| = ||(X)||. Allora ||.|| e ancora una norma. Lascio al
lettore la dimostrazione di questa affermazione, come esercizio.
Supponiamo che dim(V) = n < . Assegnato su V un prodotto scalare
h., .i, indichiamo con ||.||2 la norma euclidea ad esso associata. D ora in poi
attribuiremo sempre questo senso a questo simbolo.
Presa in V una base ortonormale E = (E1 , ..., En ), identifichiamo V con
Vn (K) prendendo E1 , E2 , ..., En come versori. In accordo con questa convenzione
scriviamo X = (xi )ni=1 per dire che (X)E = (xi )ni=1 . Con questa scelta della
base si ha che
n
X
||X||2 = (
|xi |2 )1/2 .
i=1
Pn
i=1
m p
X
|x2i1 |2 + |x2i |2 =
i=1
|x1 |2 + |x2 |2 +
p
p
|x3 |2 + |x4 |2 + ... + |xn 1|2 + |xn |2 .
Non e difficile verificare che ||.||1,2 e effettivamente una norma. Lascio questo
compito al lettore. Osservo invece che ||.||1,2 e equivalente alle norme ||.||p e
||.|| . Questo segue dal Teorema 2.11, ma lo si puo anche dimostrare facilmente
in modo diretto, come segue.
Osserviamo innazitutto che per ogni coppia di numeri x, y K risulta 21 (|x|+
p
|y|) |x|2 + |y|2 |x| + |y|. La seconda disuguaglianza e ovvia. Per quanto
riguarda la prima, essa e equivalente ad (|x| + |y|)2 4(|x|2 + |y|2 ), che a sua
volta equivale a 0 3|x|2 + 3|y|2 2|x| |y|. Quest ultima disuguaglianza segue
subito dal fatto che 3|x|2 + 3|y|2 p2|x| |y| = 3(|x| |y|)2 + 4|x| |y|.
Dal fatto che 12 (|x| + |y|) |x|2 + |y|2 |x| + |y| si ricava subito che
1
2 ||X||1 ||X||1,2 ||X||1 . Quindi ||.||1,2 ||.||1 . Per la Proposizione 2.4, la
norma ||.||1,2 e equivalente a ciascuna delle norme ||.||p ed alla norma ||.|| .
11
2.3
Per tutta questa sezione si assume che V abbia dimensione finita: dim(V) =
m < . Il campo K puo essere indifferentemente il campo R dei numeri reali
o il campo C dei numeri complessi. Indichiamo con ||.|| una norma assegnata su
V e con d la distanza associata a ||.||. Dimostreremo i seguenti fatti:
(1) In V munito della distanza d tutti gli insiemi chiusi e limitati sono compatti
(Teorema 2.12). In altre parole, siccome in ogni spazio metrico tutti gli insiemi
compatti sono chiusi e limitati (vedi Capitolo 3, Lemma 3.3), in (V, d) gli insiemi
compatti sono precisamente quelli chiusi e limitati.
(2) Lo spazio V munito della distanza d e completo, cioe in esso tutte le
successioni di Cauchy convergono (Teorema 2.13). In altre parole, siccome in
ogni spazio metrico tutte le successioni convergenti sono di Cauchy (Capitolo 3,
Sezione 3.5), in V le successioni convergenti sono precisamente quelle di Cauchy.
(3) Tutte le norme definibili su V sono tra loro equivalenti (Teorema 2.13).
Prima di tutto dimostreremo che (1) vale se prendiamo ||.|| = ||.||1 . Forti di
questo fatto dimostreremo (3). Avendo dimostrato (3) sara facile dimostrare
che (1) e (2) valgono qualunque sia la norma ||.|| scelta su V.
2.3.1
(ak )
k=0 e strettamente crescente. Quindi b e di accumulazione per {ak }k=0 .
(0)
(2)
xnk ,i e i
(2)
= (xk,i )
k=0 .
(2)
(1)
(1)
i , che e limitata.
Procedendo in questo modo perveniamo infine ad una m-pla di sottosuc(m) (m)
(m)
(0) (0)
(0)
cessioni convergenti 1 , 2 , ..., m di 1 , 2 , ..., m rispettivamente, selezionate prendendo una opportuna successione h0 , h1 , h2 , ... di numeri naturali
e scegliendo per ogni j = 0, 1, 2, ... il termine hj -esimo da ciascuna delle succes(0)
sioni i . Cosi Xhj = (xhj ,1 , xhj ,2 , ..., xhj ,m ) e il termine hj -esimo della originaria successione di vettori (Xn )
n=0 . Quindi, posto Yj = Xhj ed yj,i = xhj ,i , si
ha Yj = (yj,1 , ..., yj,m ), (Yj )
e
una sottosuccessione di (Xn )
n=0 e, per ogni
j=0
(m)
(m)
a dire, la sottosuccessione (Yj )j=0 di (Xn )n=0 ora costruita converge al punto
A.
C.D.D.
Corollario 2.7 Sia K = C. Allora Ogni successione in V, se e limitata, contiene sottosuccessioni convergenti.
Dimostrazione. L insieme dei vettori di V forma anche uno spazio vettoriale
VR su R di dimensione 2 dim(V) = 2m. Possiamo anche ottenere una base
ER = (E1,2 , E2,1 , E2,2 , ..., Em,1 , Em,2 ) di VR dalla base E = (E1 , ..., Em ) in
precedenza assegnata su V ponendo Ej,1 = Ej ed Ej,2 = iEj per j = 1, 2, ..., m.
La norma ||.||1 di V, definita relativamente a E coincide con la norma ||.||1,2 di
VR definita relativamente ad ER . Ma, come osservato alla fine della Sezione
2.2, la norma ||.||1,2 e equivalente a ciascuna delle norme ||.||p di VR (definite
relativamente a ER ). In particolare, e equivalente alla norma ||.||1 di VR relativa
a ER . La conclusione ora segue dal Lemma 2.6 applicato a VR .
C.D.D.
Lemma 2.8 Ogni insieme chiuso e limitato di punti di V e anche compatto.
Dimostrazione. Sia A un insieme chiuso e limitato. Siccome A e limitato,
ogni successione di punti di A e limitata. Quindi per il Lemma 2.6 (nel caso di
K = R) o il Corollario 2.7 (se K = R) essa contiene sottosuccessioni convergenti.
Siccome A e anche chiuso, i punti limite di queste sottosuccessioni appartengono
ad A (Capitolo 3, Sezione 3.4). Quindi A soddisfa le ipotesi del Teorema 3.7 del
Capitolo 3. In virtu di quel teorema, A e compatto.
C.D.D.
Da questo lemma segue subito che in V palle chiuse e sfere, essendo insiemi
chiusi e limitati, sono anche compatte. Faremo uso di questo fatto nella prossima
sottosezione.
Lemma 2.9 Lo spazio metrico (V, d1 ) e completo.
Dimostrazione. Le successioni di Cauchy sono limitate. Quindi contengono
sottosuccessioni convergenti, per il Lemma 2.6. D altra parte, una succesione
14
di Cauchy che contenga una sottosuccessione convergente e anch essa convergente (Capitolo 3, Sezione 3.5). Quindi in V tutte le succesioni di Cauchy sono
convergenti.
C.D.D.
Nota. Dai lemmi 2.8 e 2.9 segue subito che lo spazio metrico R con l usuale
distanza d(x, y) = |xy| e completo e che in esso un insieme e chiuso e limitato
se e solo se e compatto. Si noti che in R tutte le norme ||.||p e ||.|| conicidono
con la funzione che ad ogni numero reale x associa il suo valore assoluto |x|.
2.3.2
Il caso generale
m
X
i=1
|xi yi |(Ei )
m
X
i=1
i=1
15
Come si puo vedere dal seguente esempio, nessuno dei teoremi precedenti resta
valido in dimensione infinita.
Consideriamo lo spazio V (K) di tutte le successioni a valori in K che sono
costantemente 0 da un certo punto in poi.
P
p 1/p
Data una successione X = (xn )
n=0 possiamo porre ||X||p = (
n=0 |xn | )
e ||X|| = maxn=0 |xn |, come si e fatto nel caso di dimensione infinita. Siccome
della successione X sono tutti nulli da un certo punto in poi,
P i termini
p
|x
|
e
in
realta una somma finita e max
n
n=0 |xn | e il massimo di un
n=0
insieme finito. Sicche le precedenti definizioni sono perfettamente legittime.
Come nel caso di dimensione finita, non e difficile dimostrare che le funzioni
||.||p e ||.|| sono effettivamente norme. Esse pero non sono tra loro equivalenti.
Per esempio, dato un numero naturale k consideriamo il vettore Vk = (vk,n )
n=0
ove vk,n = 1 se n k e vk,n = 0 se n > k. Risulta ||Vk || = 1 mentre
||Vk ||p = k. Quindi ||Vk ||p /||Vk || = k diverge al divergere di k. Pertanto non
16
puo esistere alcun numero reale a > 0 tale che a ||Vk ||p ||Vk || per ogni k.
Quindi ||.||p 6 ||.|| .
In modo simile si puo fare vedere che ||.||p non e continua relativamente
alla distanza d associata a ||.|| . Infatti, per ogni intero positivo k definiamo
p
Wk = (wk,n )
se n k p e wk,n = 0 se n > k p . Allora
n=0 ponendo wk,n = k
||Wk ||p = 1 per ogni k. Invece ||Wk || = k p . Quindi Wk tende a O nello spazio
metrico (V (K), d ) mentre ||Wk ||p non tende a 0. Infatti e costantemente
uguale ad 1.
Sia poi ||.|| una qualunque delle norme ||.||p o ||.|| e consideriamo la sfera
S = {X | ||X|| = 1} di centro O e raggio 1. Per ogni k sia Uk il k-esimo versore di
V (K), cioe Uk = (uk,n )
n=0 ove uk,n = 0 se n 6= k ed uk,k = 1. E evidente che
Uk S per ogni k = 0, 1, 2, ..., ma e altrettanto evidente che dalla successione
(Uk )
k=0 non si puo estrarre nessuna sottosuccessione convergente. Quindi, per
il Teorema 3.6 del Capitolo 3, l insieme S non e compatto. Tuttavia, essendo
una sfera, e sia chiuso che limitato. Dunque il Teorema 2.12 viene a cadere.
Infine, V (K) non e completo, qualunque norma si scelga tra le ||.||p o ||.|| .
Consideriamo infatti la seguente successione (Ak )
k=0 di vettori di V (K) ove
n
Ak = (ak,n )
con
a
=
2
se
n
k
ed
a
=
0 se n > k. Non e difficile
k,n
k,n
n=0
vedere che la successione (Ak )
e
di
Cauchy
per
ciascuna
delle norme ||.||p e
k=0
||.|| . Essa pero non converge ad alcun vettore di V (K). Infatti l unica cosa
che potrebbe fungere da suo limite potrebbe essere la successione (2n )
n=0 , che
pero non appartiene a V (K).
2.4
Convergenza di successioni
Proprieta elementari
2.4.2
.
||Xn ||
||A||
Dimostrazione. Osserviamo intanto che
Xn
A
Xn
Xn
Xn
A
.
||Xn || ||A||
||Xn || ||A|| ||A|| ||A||
Quindi
||
|
A
Xn
Xn
Xn
A
Xn
|| ||
|| + ||
|| =
||Xn || ||A||
||Xn || ||A||
||A|| ||A||
1
1
1
| ||Xn || +
||Xn A||
||Xn || ||A||
||A||
per (N3) ed (N2). D altra parte, ||Xn || ||A|| per la prima parte del corollario.
Quindi 1/||Xn || 1/||A|| tende a 0 mentre la successione (||Xn ||)
n=0 e limitata.
Inoltre ||Xn A|| 0 perche Xn A per ipotesi. Quindi Xn /||Xn || A/||A||
tende ad O, cioe Xn /||Xn || A/||A||.
C.D.D.
Nel seguito, dato un prodotto scalare h., .i su V, si assume che ||.|| sia
la norma euclidea associata a quel prodotto scalare. Sappiamo dalla disuguaglianza di Cauchy-Schwartz che per ogni coppia di vettori X, Y V, entrambi
diversi da O, risulta
|hX, Y i|
1
||X|| ||Y ||
e vale = se e solo se X ed Y sono proporzionali. Nel caso reale questa disugd
uaglianza e uno dei vari fatti che motivano la decisione di definire l angolo XY
tra X ed Y come l arcocoseno di hX, Y i/||X||||Y ||. In accordo a tale definizione,
X ed Y vengono detti ortogonali quando hX, Y i = 0 e questa definizione di ortogonalita viene trasportata di peso al caso complesso. Nel caso reale si sa
anche di piu: risulta
(+)
hX, Y i
||X||
= 1 se e solo se X =
Y
||X|| ||Y ||
||Y ||
e quindi anche
()
hX, Y i
||X||
= 1 se e solo se X =
Y.
||X|| ||Y ||
||Y ||
Vedremo che anche questo resta vero nel caso complesso. Cominciamo col dimostrare un lemma, valido sia nel caso reale che nel caso complesso.
18
|| |
1| ||
|| .
2 ||X|| ||Y ||
||X|| ||Y ||
||X|| ||Y ||
Dimostrazione. Rammento che abbiamo indicato con K il campo degli scalari
di V. Trattero solo il caso di K = C. Il caso reale e piu facile e, comunque, e
incluso nel caso complesso.
hX,Y i
Poniamo z = ||X||||Y
|| ed indichiamo con e il modulo e l argomento di z.
Quindi z = (cos + i sin ) e la parte reale di z e cos = (z + z)/2. Siccome
||.|| e per ipotesi la norma euclidea associata a h., .i, risulta
||
X
Y 2
X
Y
X
Y
|| = h
i=
||X|| ||Y ||
||X|| ||Y || ||X|| ||Y ||
hX, Y i
hX, Xi hY, Y i
hY, Xi
+
=
||X||2
||Y ||2
||X|| ||Y || ||X|| ||Y ||
= 1 + 1 z z = 2(1 cos ).
D altra parte
|
hX, Y i
1|2 = (1 cos )2 + ( sin )2 = 1 + 2 2 cos .
||X|| ||Y ||
L+ (X) = {tX | t R, t 0}
individuata da un vettore X. Analogamente, L (X) = {tX | t R, t 0}.
Si osservi pero che, mentre nei reali L+ (X) L (X) = L(X), nei complessi
L+ (X) L (X) rappresenta solo una minima parte della retta L(X).
Dal Lemma 2.18 segue di piu di quel che si e detto ora:
19
||Xn ||
||A||
se e solo se
hXn , Ai
1.
||Xn || ||A||
hXn ,Ai
Nel seguito, se ||X
tende ad 1 diremo piu sbrigativamente che L+ (Xn )
n ||||A||
+
tende ad L (A). Con questa convenzione, possiamo riformulare il Corollario
2.19 cosi: Xn /||Xn || A/||A|| se e solo se L+ (Xn ) tende ad L+ (A).
2.4.3
Per tutta la durata di questa sottosezione si suppone che dim(V) < . Sotto
questa ipotesi, per il Teorema 2.11, tutte le norme che possiamo dare su V sono
tra loro equivalenti. Quindi nel dire che una successione converge ad un dato
punto o che e di Cauchy, non importa a quale norma ci si riferisca: tutto quello
che possiamo dire riferendoci alla distanza associata ad una particolare norma
resta vero per qualunque altra norma.
L equivalenza tra tutte le norme definibili su V permette di dare formulazioni
piu forti ai risultati stabiliti nella sottosezione precedente. Per esempio, le
conclusioni delle Proposizioni 2.17 e 2.17 valgono anche se la norma ||.|| usata
(N2)) anche se (Xn )n=0 non converge a nulla oppure tende a O. Per esempio,
in V2 (R), la successione Xn = (n, n2 ) non tende a nulla ma Xn /||Xn || =
(1/n, 1) (0, 1). Oppure si consideri Xn = (1/n, 1/n2 ). Qui Xn O, ma
Xn /||Xn || = (1, 1/n) (1, 0). Ci si puo chiedere se in casi come questi una
convergenza Xn /||Xn || A/||A|| possa dipendere dalla scelta della norma ||.||.
La seguente proposizione assicura che, nelle ipotesi assunte su V, questo non
succede.
Proposizione 2.20 Ferma l ipotesi che dim(V) < , siano ||.|| e ||.||0 due
norme definite su V. Siano A e (Xn )
n=0 un punto ed una successione di punti
di V. Supponiamo che A 6= O ed Xn 6= O per ogni n. Allora
Xn
A
Xn
A
se e solo se
.
||Xn ||
||A||
||Xn ||0
||A||0
Dimostrazione. E sufficiente dimostrare che se Xn /||Xn || A/||A|| allora
Xn /||Xn ||0 A/||A||0 . Supponiamo dunque che Xn /||Xn || A/||A||. Siccome
una succesione converge in ||.|| se e solo se converge in ||.||0 (perche dim(V) < )
Xn
A
dobbiamo solo dimostrare che || ||A||
0 ||X ||0 || 0. Con argomenti simili a quelli
n
impiegati nella dimostrazione della Proposizione 2.17 si trova che
||
A
Xn
||A||
A
Xn
||A||
||Xn ||
Xn
||
||
|| + |
| ||
||.
||A||0
||Xn ||0
||A||0
||A|| ||Xn ||
||A||0
||Xn ||0
||Xn ||
20
A
Per ipotesi, || ||A||
Xn
||Xn || ||
0. D altra parte
||A||0
||Xn ||0
A
Xn 0
| ||
||
||A|
||Xn ||
||A|| ||Xn ||
Xn
A
||X
||0 0 perche Xn /||Xn || A/||A|| per ipotesi.
per (N5). Inoltre || ||A||
n ||
Quindi ||Xn ||0 /||Xn || ||A||0 /||A||. Pertanto risulta anche ||Xn ||/||Xn ||0
||A||/||A||0 , per note proprieta delle successioni numeriche. Quindi
||A||
||Xn ||
0.
0
||A||
||Xn ||0
A
In definitiva, || ||A||
0
Xn
||Xn ||0 ||
0.
C.D.D.
(Xn )
n=0 alla sua normalizzata (Xn /||Xn ||)n=0 permette di capire se la semiretta
+
L (Xn ) si avvicina o no ad una data semiretta L+ (A), anche se la successione
(Xn )
n=0 di per se non tende a nulla.
2.4.4
Velocita di convergenza
21
1
s 1
,
b
||Xn Xn+1 ||
||Xn Xn+1 ||0
.
||Xn Xn+1 ||0
a
||Xn Xn+1 ||
Quindi, se 0 e la velocita relativa con cui gli Xn tendono ad A, ma calcolata
con la norma ||.||0 , in genere risulta 0 6= . Pero, come il lettore puo verificare
da se, risulta 0 = 0 se e solo se = 0.
Esempio 1. Sia V = V2 (R) e sia ||.|| = ||.||2 (norma euclidea) ed ||.||0 = ||.||
(norma del sup). Consideriamo la successione (Xn )
n=1 , ove
Xn := (
n+1 n1
,
).
n
n
22
Si vede subito che Xn (1, 1). Posto A := (1, 1), risulta ||Xn A|| = 2/n.
Quindi la successione (||Xn A||)
n=1 e infinitesima del primo ordine. Risulta
invece
||Xn A|| + ||Xn+1 A||
= 2n + 1.
||Xn xn+1 ||
Quindi sn = per ogni n. Pertanto s = e la velocita relativa di convergenza e = 0. Rimpiazzando ||.|| con ||.||0 , otteniamo ||Xn A||0 = 1/n
(ancora una successione infinitesima del primo ordine) e
||Xn A||0 + ||Xn+1 A||0
= 2n + 1
||Xn xn+1 ||0
(come con la norma euclidea). Quindi la velocita relativa e ancora 0.
Esempio 2. Con V, ||.|| e ||.||0 come nell esempio precendente, dato con
0 < < 1, poniamo Xn = (1 n , 1 + n ). Quindi Xn (1, 1). Posto
A := (1, 1), risulta ||Xn A|| = 2n . Sicche la successione (||Xn A||)
n=0 e
infinitesima dello stesso ordine di n . Risulta poi
1+
||Xn A|| + ||Xn+1 A||
=
.
||Xn Xn+1 ||
(1 + 2 )1/2
Quindi sn = s = (1 + )/(1 + 2 )1/2 e la velocita relativa risulta
(1 + 2 )1/2 (1 + + (1 + 2 )1/2 )
(1 + 2 )1/2
=
> 2 + 1.
2
1/2
2
1 + (1 + )
1
1
=
< 1.
2/(1 ) 1
1+
2.5
Come nel testo, indico con L(V) lo spazio vettoriale delle trasformazioni lineari
di V in se. Anche in L(V) si possono considerare norme. Pero, una volta
che sia assegnata una norma su V, non tutte le norme che si possono definire
23
(, L(V)).
(X V, L(V)).
Se ||.||L e compatibile con una data norma ||.|| di V lo e anche con infinite
altre. Per esempio, e compatibile anche con k||.|| per ogni k > 0. Esempi meno
banali di questo sono impliciti nella sezione seguente.
2.5.1
Norme indotte
A una norma di L(V) si puo richiedere qualcosa di piu della semplice compatibilita con una data norma di V. Supponiamo di nuovo che dim(V) = n <
e sia assegnata su V una norma ||.||. Sia L(V).
24
C.D.D.
(X V, X 6= O).
X
Quindi, siccome || ||X||
|| = 1,
supX6=O
||(X)||
= sup||X||=1 ||(X)||.
||X||
25
X
(X)
|| = ||X|| ||(
)||
||X||
||X||
C.D.D.
Fin qui abbiamo considerato norme solo per trasformazioni lineari di V in se,
ma si possono definire anche per trasformazioni lineari da V ad un altro spazio
W. In particolare, nel caso che tanto V che W abbiano dimensione finita, si
posono definire norme analoghe a quelle di Turing e di Schur-Frobenius. Si puo
cosi generalizzare la dimostrazione del Lemma 2.22, ottenendo che se tanto
V che W hanno dimensione finita, allora ogni trasformazione lineare da V a
W e uniformemente continua. Questo ci permette di definire norme indotte
anche per trasformazioni lineari da V a W, ferma l ipotesi che V e W abbiano
dimensione finita. Non entro nei dettagli.
26
Pn
i=1
|ai | |xi yi | a
Pn
i=1
C.D.D.
2.6
,
P1m..., m da V a V e 1 , ..., 2 da sottoinsiemi di V a K, anche la funzione
i=1 i i e continua. In particolare, siccome le funzioni costanti sono continue,
combinazioni lineari di funzioni continue sono continue.
Nella proposizione precedente ci siamo limitati a considerare funzioni da
sottoinsiemi di V a V oppure a K, ma e evidente che nulla vieta di considerare
funzioni da sottoinsiemi di V ad un altro spazio vettoriale W su K anziche solo
funzioni da V a V.
28
3
3.1
Uno spazio metrico e una coppia S = (S, d) ove S e un insieme (e i suoi elementi
sono chiamati punti di S) e d e una funzione da S S ad R, chiamata distanza,
soddisfacente proprieta analoghe alle (D1), (D2) e (D3) della sezione 2.1, cioe:
(D1) d(x, y) = d(y, x), (x, y S);
(D2) d(x, y) = 0 x = y, (x, y S);
(D3) d(x, y) d(x, z) + d(z, y), (x, y, z S).
La proprieta (D3) viene detta disuguaglianza triangolare. Da essa si deduce
facilmente la seguente proprieta (cfr. Capitolo 2, (N5)):
(D4) |d(x, y) d(x, z)| d(y, z),
(x, y, z S).
Infatti d(x, y) + d(y, z) d(x, z) per (D3). Quindi d(x, z) d(x, y) d(y, z).
Analogamente d(x, y) d(x, z) d(z, y), scambiando i ruoli di y e z. Ma
d(z, y) = d(y, z) per (D1). La (D4) segue.
Dato a S ed un numero reale r > 0, la palla aperta di centro a e raggio r
e l insieme S(a, r) dei punti di S a distanza < r da a:
S(a, r) = {x S | d(x, a) < r}.
Chiaramente, a S(a, r). Infatti d(a, a) = 0 < r.
3.2
Punti e insiemi
29
3.3
Un insieme A S si dice aperto se coincide con il suo interno, cioe tutti i suoi
punti sono interni. Lo si dice invece chiuso se coincide con la sua chiusura, cioe
contiene tutti i suoi punti di frontiera. E immediato vedere che un insieme e
aperto (oppure chiuso) se e solo se il suo complementare e chiuso (rispettivamente, aperto). E anche ovvio che l interno di un insieme e sempre aperto e
la chiusura di un insieme e sempre un insieme chiuso.
Puo capitare che un insieme sia al tempo stesso aperto e chiuso. Per esempio, questo e il caso per S ed . In genere, S e sono gli unici insiemi che
godano di questa proprieta, ma in genere non significa sempre.
Proposizione 3.1 Valgono le seguenti proprieta:
(1) L unione di una famiglia di aperti e sempre un insieme aperto.
(2) L intersezione di una famiglia finita di aperti e sempre un insieme aperto.
(3) L intersezione di una famiglia di chiusi e sempre un insieme chiuso.
(4) L unione di una famiglia finita di chiusi e sempre un insieme chiuso.
(5) La frontiera di un insieme e sempre un insieme chiuso.
Dimostrazione. L affermazione (1) e ovvia. Per dimostrare la (2), sia {Ai }ni=1
una famiglia finita di aperti ed a ni=1 Ai . Per ogni i = 1, ..., n esiste ri > 0
tale che S(a, ri ) Ai . Consideriamo il piu piccolo tra questi ri . Per fissare le
idee, sia esso r1 . Allora S(a, r1 ) S(a, ri ) per ogni i. Quindi S(a, r1 ) ni=1 Ai .
La (2) e dimostrata.
Le affermazioni (3) e (4) seguono subito da (1) e (3) passando ai complementari, e rammentando che il complementare di un aperto (un chiuso) e chiuso
o
30
3.4
3.5
Successioni
esistere successioni di Cauchy che non convergono a nulla. Uno spazio metrico
ove tutte le successioni di Cauchy sono convergenti si dice completo.
3.6
(xn )
n=0 ricorre in essa infinite volte, cioe (xn )n=0 contiene una sottosuccessione
costante. Ovviamente, una successione costante e anche convergente. C.D.D.
Vale anche l inverso del Teorema 3.6.
Teorema 3.7 Sia A un insieme tale che ogni successione di punti di A contiene
sottosuccessioni che convergono a punti di A. Allora A e compatto.
La dimostrazione e troppo tecnica per poterla dare qui. La tralascio. Il
lettore interessato la puo trovare in ogni testo di Analisi ove si dia abbastanza
spazio alla teoria degli spazi metrici.
34
3.7
Funzioni continue
In questa sezione S1 = (S1 , d1 ) e S2 = (S2 , d2 ) sono due spazi metrici dati. Una
funzione f : S1 S2 si dice continua in un punto a S1 se per ogni palla
aperta Sf (a) di S2 di centro f (a) esiste una palla aperta Sa di S1 di centro a
tale che f (Sa ) Sf (a) . Equivalentemente, per ogni intorno A di f (a) preso in
S2 , la retroimmagine f 1 (A) e un intorno di a in S1 . La funzione f si dice
continua se e continua in ogni punto di S1 .
Proposizione 3.8 Sia f : S1 S2 . Le seguenti proprieta si equivalgono:
(1) f e continua.
(2) Se A S2 e aperto allora f 1 (A) e aperto.
(3) Se A S2 e chiuso allora f 1 (A) e chiuso.
Dimostrazione. Siccome S1 \ f 1 (A) = f 1 (S2 \ A) e siccome il complementare
di un insieme aperto (chiuso) e chiuso (aperto), la (2) e la (3) si equivalgono.
Proviamo che (1) implica (2). Sia A S2 aperto. Allora per ogni a f 1 (A),
A e un intorno di f (a). Per la continuita di f , f 1 (A) e un intorno di a.
Quindi f 1 (A) e un intorno di ogni suo punto. Vale a dire, tutti i punti di
f 1 (A) sono interni ad f 1 (A). Cioe f 1 (A) e aperto.
Passando all implicazione inversa, assumiamo (2). Preso a S1 , consideriamo un intorno B di f (a). Esso contiene una palla aperta S(f (a), r) di centro
f (a). La retroimmagine f 1 (S(f (a), r) e un insieme aperto, per (2). Ovviamente, a f 1 (S(f (a), r)). Quindi f 1 (S(f (a), r) e un intorno di a. A
maggior ragione, f 1 (B) f 1 (S(f (a), r) e un intorno di a. Si e cosi visto
che f e continua in a. Essendo a arbitrario, f e continua.
C.D.D.
Corollario 3.9 Sia f : S1 S2 continua e sia A S1 .
(1) Se A e connesso allora f (A) e connesso.
(2) Se A e compatto allora f (A) e compatto.
Dimostrazione. Per dimostrare (1) supponiamo che f (A) non sia connesso.
Allora esistono in S2 due aperti B1 e B2 tali che B1 f (A) 6= =
6 B2 f (A),
B1 B2 = e B1 B2 f (A). Siccome f e continua, entrambi gli insiemi
f 1 (B1 ) ed f 1 (B2 ) sono aperti, per la (2) della Proposizione 3.8. Inoltre
f 1 (B1 )A 6= =
6 f 1 (B2 )A, f 1 (B1 )f 1 (B2 ) = e f 1 (B1 )f 1 (B2 )
A. Quindi A non e connesso. La (1) e dimostrata.
Passiamo a (2). Sia A compatto e sia {Bi }iI un ricoprimento aperto di
f (A). Per la (2) della Proposizione 3.8, f 1 (Bi ) e aperto per ogni i I.
Quindi {f 1 (Bi )}iI e un ricoprimento aperto di A. Siccome A e compatto,
da esso si puo estrarre un ricoprimento finito, diciamolo
{f 1 (Bi1 ), f 1 (Bi2 ), ..., f 1 (Bik )}.
A sua volta {Bi1 , Bi2 , ..., Bik } e un ricoprimento finito di f (A), estratto da
{Bi }iI . Qundi da ogni ricoprimento aperto di f (A) si puo estrarre un ricoprimento finito. Cioe f (A) e compatto.
C.D.D.
35
successione (xn )
n=0 in S1 , se (xn )n=0 converge allora (f (xn ))n=0 converge ed
f (limn xn ) = limn f (xn ).
Dimostrazione. Supponiamo che f sia continua e sia xn a in S1 . Siccome f
e continua in a, per ogni palla S(f (a), r) in S2 esiste una palla S(a, r0 ) in S1
tale che f (S(a, r0 )) S(f (a), r). D altra parte, siccome xn a, da un certo
punto i poi tutti gli xn stanno in S(a, r0 ). Quindi da un certo punto i poi tutti
gli f (xn ) stanno in S(f (a), r). Data l arbitrarieta di r > 0, questo prova che
f (xn ) f (a).
Viceversa, supponiamo che f non sia continua. Dunque esiste un punto
a S1 tale che f non e continua in a. Quindi esiste una palla S(f (a), r) di S2
tale che ogni palla S(a, 1/n) di S1 contiene un punto xn con f (xn ) 6 S(f (a), r).
Ma allora xn a mentre f (xn ) 6 f (a).
C.D.D.
Proposizione 3.11 Sia f : S1 S2 , sia S3 = (S3 , d3 ) un altro spazio metrico
e g : S2 S3 .
(1) Sia a S1 . Supponiamo che f sia continua in a e g sia continua in f (a).
Allora la funzione composta gf e continua in a.
(2) Se tanto f che g sono continue allora anche gf e continua.
Dimostrazione. La (2) segue subito da (1). Dimostriamo la (1). Per ogni intorno
A di g(f (a)) l insieme g 1 (A) e un intorno di f (a), perche g e continua in
f (a). Analogamente, f 1 (g 1 (A)) e un intorno di a perche f e continua in a.
In definitiva, la retroimmagine mediante gf di un intorno di g(f (a)) e sempre
un intorno di a. Cioe gf e continua in a.
C.D.D.
Resta ancora da vedere sotto quali condizioni l inversa di una funzione
invertibile continua sia anch essa continua. Premetto un lemma.
Lemma 3.12 Supponiamo che f : S1 S2 sia invertibile e continua e cha S1
sia compatto. Allora, per ogni sottoinsieme A S1 , se A e aperto anche f (A)
e aperto.
Dimostrazione. Sia A aperto e, per assurdo, f (A) non sia aperto. Allora
F r(f (A)) f (A) 6= . Sia b F r(f (A)) f (A). Siccome b F r(f (A)) ogni
palla aperta di S2 di centro b contiene qualche punto che non sta in f (A), necessariamente diverso da b perche b f (A). Ragionando come nella dimostrazione
del Lemma 3.5 possiamo costruire una successione (yn )
n=0 contenuta tutta in
S2 \ f (A) e tale che yn b. Siccome f e invertibile, per ogni n esiste un
unico punto xn S1 \ A tale che f (xn ) = yn . Per il Teorema 3.6, siccome S1
e compatto la successione (xn )
n=0 contiene una sottosuccesione convergente,
diciamola (xnk )
k=0 . Sia a il limite di questa sottosuccessione. Siccome tutti gli
xn appartendono ad S1 \ A, che e chiuso, anche a appartiene ad S1 \ A. D
altra parte, f e continua ed f (xn ) = yn per ogni n. Quindi, per la Proposizione
(ynk )k=0 , essendo una sottosuccessione di (yn )n=0 , che tende a b, deve anch
36
(xn )
n=1 contiene una sottosuccessione convergente (xnk )k=1 . Sia a il limite di
questa sottosuccessione. Siccome d1 (xnk , ynk ) < 1/nk < 1/k per k = 1, 2, 3, ...
anche la sottosuccessione (ynk )
Quindi, siccome f e conk=1 tende ad a.
Dimostrazione. Per la (D4) risulta |da (x) da (y)| d(x, y). Questo basta per
concludere.
C.D.D.
Fin qui abbiamo solo considerato funzioni da uno spazio metrico S1 ad un
altro spazio metrico S2 , ma quanto si e detto vale anche per funzioni da un
sottoinsieme A di S1 ad S2 . Del resto, la distanza d1 di S1 , ristretta ad A A,
struttura A come uno spazio metrico. Sicche, in realta, sostituendo S1 con A
non facciamo altro che sostituire S1 con un altro spazio metrico.
3.8
(x, y S),
ovvero
(E 0 )
1
h d2 (x, y)
(x, y S).
(Cfr. Capitolo 2.) Gli argomenti usati nel Capitolo 2 per dimostrare che la
relazione tra norme e una relazione di equivalenza si possono riformulare per
la relazione ora definita tra distanze, ottenendo cosi che:
Proposizione 3.16 La relazione e una relazione di equivalenza.
Lascio i dettagli al lettore.
Proposizione 3.17 Sia d1 d2 . Per ogni a S, ogni palla aperta di S1 =
(S, d1 ) con centro a contiene una palla aperta di S2 = (S, d2 ) con lo stesso centro
a. E viceversa.
Dimostrazione. Sia kd2 d1 hd2 . Allora:
{x S | d1 (x, a) < r} {x S | d2 (x, a) < r/h},
{x S | d1 (x, a) < r} {x S | d2 (x, a) < r/k}.
C.D.D.
38
i=1
39