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Maria Anna Mariani

Allepoca mi nutrivo di Svevo. Firmato: Georges Perec

Vi starete chiedendo: da dove proviene il titolo di questa relazione? In quale libro Georges Perec
confessa di aver assunto una postura da lettore manducante, di aver filtrato tra i denti le parole e il
pensiero di Italo Svevo? Rispondo subito: in Sono nato (Je suis n), una sottile autobiografia
pubblicata nel 1990, che cos si intitola perch la sua trama infittita dallanafora sono nato.
Sono nato il 7.3.36. Quante decine, quante centinaia di volte ho scritto questa frase?
Non lo so. So che ho cominciato abbastanza presto, ben prima che il progetto di
unautobiografia si formasse. Ne ho tratto materia per un cattivo romanzo intitolato
Javance masqu e per un racconto altrettanto pessimo []. difficile immaginare un
testo che cominci cos. Sono nato. Ma ci si pu invece interrompere, una volta precisata
la data. [] Questa quasi-impossibilit di continuare, una volta emesso questo Sono
nato il 7.3.36, costitu, a ripensarci oggi, la sostanza stessa dei libri summenzionati: in
Javance masqu il narratore raccontava almeno tre volte di seguito la sua vita in tre
narrazioni tutte ugualmente false (una confessione in iscritto sempre menzognera,
allepoca mi nutrivo di Svevo) ma forse significativamente diverse (Perec 1990, 11-12).

Una confessione in iscritto sempre menzognera: ecco il cibo sveviano del quale specialmente si
nutre Perec. Svevo condensato per sineddoche in questa frase famosa, che sembra fatta apposta
per essere citata. Perec la infila tra due parentesi e non sente la necessit di indicare il luogo del
prelievo: lo d per scontato o non se ne cura. Ma non si fa nessuna fatica a rintracciarlo: il capitolo
ottavo della Coscienza di Zeno.
Il dottore presenta una fede troppo grande anche a quelle mie benedette confessioni
che non vuole restituirmi perch le riveda. Dio mio! Egli non studi che la medicina e
perci ignora che cosa significhi scrivere in italiano per noi che parliamo e non sappiamo
scrivere il dialetto. Una confessione in iscritto sempre menzognera. Con ogni nostra
parola toscana noi mentiamo! Se egli sapesse come raccontiamo con predilezione tutte le
cose per le quali abbiamo pronta la frase e come evitiamo quelle che ci obbligherebbero
di ricorrere al vocabolario! proprio cos che scegliamo dalla nostra vita gli episodi da
notarsi. Si capisce come la nostra vita avrebbe tuttaltro aspetto se fosse detta nel nostro
dialetto (Svevo 1923, 1060-1061).

Tutti voi conoscerete a memoria queste parole, eppure fondamentale ripeterle; fondamentale
restaurare il contesto originario del prelievo di Perec. Perch la citazione unoperazione violenta,
soprattutto nei confronti del suo luogo di nascita. Una citazione orlata di oblio. Fissandoci su una
citazione, noi lavoriamo su un dettaglio allontanato dal suo mondo. La citazione unoperazione
della perdita: il suo isolamento tra caporali ci parla di un contesto dimenticato e a volte deformato
(cfr. Deuring, 1994)1.
Se noi oggi siamo qui apposta per parlare di Svevo a distanza di 150 anni dalla sua nascita,
non possiamo fare a meno di interrogarci sui meccanismi della memoria e della celebrazione, di cui
la citazione un momento-chiave. La citazione serve davvero a ricordare? Quale aspetto vi prevale:
quello della conservazione o quello della deformazione? La sopravvivenza di uno scrittore pu
essere affidata a un dettaglio, a una scheggia di frase? Lascio in sospeso queste domande teoriche,
1

Citato in Scaramuzza 2002, 16.

che dovrebbero sempre inquietare le riflessioni sulleredit di un autore, e vorrei invece ora tornare
sul testo di Svevo e analizzare quella frase nel suo ambiente sorgivo, immersa tra parole familiari,
prima che Perec la porti via e la riplasmi a suo modo.
Una confessione in iscritto sempre menzognera: cos si giustifica Zeno di fronte al
dottor S., che lo accusa di aver falsificato la propria esistenza. Ma non si tratta di una menzogna
intenzionale. Se nella confessione di Zeno c menzogna, colpa della scrittura, che trasforma e
camuffa lesperienza vissuta. Vita e scrittura sono due sistemi incommensurabili, che non
possiedono le stesse propriet. Zeno paragona questa irriducibilit del vissuto sullo scritto
allincommensurabilit di due sistemi linguistici: ne fa un problema di traduzione. Zeno insiste sulla
differenza tra lingua e dialetto, che corrisponde alla differenza tra vita reale e vita scritta. Dialetto :
italiano = vita reale : vita scritta. I poli sono quelli della sincerit e dellartificio. Il dialetto, con le
sue sfumature, con la sua vivacit, con la sua energia emozionale, molto pi aderente alla vita
vera rispetto al toscano promosso a lingua standard, e dunque convenzionale e arbitraria. La falsit
un peccato intrinseco alla trasposizione di un sistema in un altro, che si tratti del dialetto
nellitaliano o della vita nella scrittura. in questo modo che Zeno giustifica di fronte al dottor S. il
suo ricorso alla menzogna: presentandola come una tara inevitabile. Ma linganno della confessione
non fa riferimento solo agli assestamenti prodotti dalla scrittura. Il problema pi stratificato.
Quando ci si racconta, quando ci si confessa, bisogna fare i conti con un inganno preliminare a
quello grafico: linganno della memoria.
Come funziona la memoria umana? Zeno, che un autobiografo di carta, ma che agisce e
scrive come un autobiografo di carne e sangue2, sembra saperlo bene. La memoria umana ha un
rapporto paradossale con il passato, perch pretende di custodirlo e invece non fa altro che
deformarlo. I ricordi non restano immutati nel tempo, ma vengono modificati a ogni nuova
evocazione: ogni volta che evochiamo un ricordo, questo cambia un po, viene costruito in modo
leggermente diverso. La memoria non produce mai una fotocopia delloggetto memorizzato, ma ne
modifica costantemente la forma e il significato. Lavora per associazione di particolari, per
suggestione e per semplificazione. Lavora, letteralmente. (Come dedicandovisi la memoria lavora!
una forza attiva e non d molto quando viene lasciata inerte riconosce un altro personaggioautobiografo sveviano, Roberto, protagonista del racconto Lavvenire dei ricordi: Svevo 1925,
432)3. E se alle insidie della memoria si sovrappongono quelle della scrittura come accade nel
genere autobiografico allora la falsificazione diventa esponenziale. In una confessione messa per
iscritto abbiamo dunque a che fare con due inganni sovrapposti: quello della scrittura, che falsifica
lesperienza traducendola in linguaggio, e quello originario della memoria, che mentre pretende di
custodire il passato immancabilmente lo deforma.
Questa dunque la ragione stratificata per cui, nella Coscienza di Zeno, una confessione in
iscritto sempre menzognera. Ora, questa frase da Perec tirata fuori dal suo contesto e artigliata
2

La coscienza di Zeno, accorpata alle Confessioni del vegliardo, unautobiografia (quella di Zeno)
incastonata dentro unautobiografia altrui (quella di Svevo).
3

Fa freddo ad onta che si sia in Giugno. Dio sa che ora della giornata sia. inutile ricercarlo perch il
ricordo lontano non conosce tanta esattezza. Alba o tramonto o forse mezzod di un giorno tutto in penombra.
Chiss? Forse quella giornata aveva il sole sbiadito dalla lontananza del tempo (Svevo 1925, 432). quel che sta
pensando il vecchio Roberto durante un viaggio in treno attraverso i luoghi della propria adolescenza. La stazione di
Kufstein (Kufstein! scrive Svevo, con quel punto esclamativo che condensa entro una superficie minima tutta la
meraviglia dellincontro rinnovato) era stata per Roberto allora undicenne il teatro della separazione dai genitori,
che con le lacrime agli occhi l lo avevano salutato, affidandolo per gli anni futuri alla vita disciplinata del collegio.
Ma nonostante gli sforzi il ricordo dellora proprio non vuole riemergere. Continuando il viaggio il vecchio Roberto
avr sempre maggiori conferme dellinattendibilit della propria anamnesi, incapace di restituirgli fedeli
riproduzioni degli eventi passati, e apprender piuttosto che il lavoro della memoria pu muoversi nel tempo come
gli avvenimenti stessi (Svevo 1925, 438).

a un altrove. Guardiamo meglio questo altrove. Il brano di Perec una riflessione in cui lo scrittore
giudica con durezza le sue prove desordio e intanto spiega quale strategia narrativa ed esistenziale
era loro sottesa. Quale poetica era loro sottesa. E la poetica era proprio quella sveviana della
confessione menzognera. Si tratta di una lezione che Perec eredita non solo per applicarla ai suoi
fiacchi esordi, ma allintera sua produzione autobiografica. Una confessione in iscritto sempre
menzognera diventa cos per lui una frase-motrice, un comandamento stilistico ed esistenziale. La
citazione sveviana esce dai propri cardini testuali e si espande e prolifera, infiltrandosi nelle maglie
di un intero e articolato sistema letterario. Questa frase, trasferita nel sistema autobiografico di
Perec, eletta a parola-motrice di tale sistema, conserva in parte il suo significato originario, ma si
carica anche di nuovi e pi urgenti potenziali, che erano inediti nel testo sveviano.
Ce n uno, in particolare, che vorrei osservare. il nuovo significato che la citazione
assume in W o il ricordo dinfanzia (1975), uno dei libri pi celebri di Perec, la pietra angolare della
sua costruzione autobiografica. W o il ricordo dinfanzia un testo dalla struttura molto particolare.
Aprendolo, ci troviamo di fronte a due racconti alternati. Da una parte incontriamo una narrazione
autobiografica frammentaria; dallaltra una storia inventata. La parte autobiografica potrebbe essere
definita come unautobiografia negativa, dove lautore afferma che non possiede alcun ricordo
dinfanzia (Non ho ricordi dinfanzia lincipit paradossale). I pochi ricordi che malgrado tutto
riesce a rievocare sono sottoposti a un accanito processo: sono messi in discussione e confrontati
con levidenza documentaria fornita dalle fotografie, dai giornali depoca e dalle cicatrici
inequivocabili tracce della sofferenza epidermica. Lautobiografia si costruisce per frammenti di
scetticismo, in un incessante processo alla memoria.
Alternata a queste briciole di ricordo fallace e svalutato, Perec introduce una storia fittizia.
la descrizione di W, una citt immaginaria interamente dedita allo sport. Non si tratta per di uno
sport che glorifica lenergia muscolare e la salute delle membra. A W, lo sport terrore. A W gli
atleti-abitanti se non realizzano le prestazioni fisiche richieste sono puniti: condannati o
ammazzati.
Latleta W non ha alcun potere sulla propria vita. Non ha nulla da aspettarsi dal tempo
che passa []. La vita dellatleta W non altro che uno sforzo accanito, incessante. []
Bisogna vedere quegli Atleti scheletrici, dal volto terreo, dalla schiena sempre curva, quei
crani calvi e lucidi, quegli occhi pieni di paura, quelle piaghe purulente, tutti quei segni
indelebili di unumiliazione senza fine, di un terrore senza fondo, tutte quelle prove
inflitte ogni giorno, ogni ora, ogni secondo, un annientamento consapevole, organizzato,
gerarchizzato, bisogna vedere il funzionamento di quellenorme macchina, i cui
ingranaggi partecipano, con unefficienza implacabile, alla distruzione sistematica degli
uomini, e allora non sorprender pi la mediocrit delle prestazioni registrate (Perec
1975, 185-186).

evidente: i campi da gioco di W sono i doppi immaginari dei campi di sterminio. W una
drammatica caricatura di Auschwitz, dove la madre di Perec fu deportata; dove mor. Accadde nel
1943, quando lo scrittore non aveva nemmeno dieci anni.
Questo un evento carico di affetti, un evento traumatico. Perch allora Perec lo deforma in
una caricatura? Perch non lo trasmette come una fedele testimonianza? Perch sceglie di
raccontare questo evento ricorrendo alla finzione ricorrendo alla menzogna? La risposta non
cos paradossale, se pensiamo che il ricordo di un trauma esso stesso traumatico. La sua
evocazione pu essere disturbante, dolorosa o intollerabile. E allora la finzione diventa uno
stratagemma indispensabile per filtrare quellevento, sfocandolo o astraendolo oppure rendendolo
triviale, grottesco: come in questo caso. La finzione una strategia di difesa della memoria, che
funzionale a far assumere allevento traumatico non pi lo statuto di ricordo, ma quello di
allucinazione, o di sogno. Secondo Jean-Marie Schaeffer, proprio la distanza costruita dalla

finzione che permette di trasmettere unesperienza che sembrava difficilmente comunicabile


attraverso una testimonianza diretta (Schaeffer 2005, 134). Per Perec sarebbe stato troppo doloroso
raccontare in modo veritiero quellevento traumatico. E allora la sua confessione segue una via
tortuosa, opaca, triviale. una confessione obliqua (come la definisce Lejeune, 1991). In W o il
ricordo dinfanzia la finzione la menzogna la sola maniera per riferire un evento traumatico e
altrimenti incomunicabile. W una menzogna che confessa.
Una confessione in iscritto sempre menzognera, scriveva Svevo. Perec assimila questa
frase e sembra riformularla cos, con un chiasmo: una menzogna in iscritto qualche volta una
confessione. Una confessione tortuosa, deviata ma pur sempre una confessione. Lunica
possibile, se ci vogliamo salvare dai ricordi.

Bibliografia
Deuring, D.
1994 Vergi das Beste nicht! Walter Benjamins Kafka essay: Lessen / Schreiben /
Erfahren, Wrzburg, Kningshausen & Neumann.
Lejeune, Ph.
1991 La Mmoire et lOblique. Georges Perec autobiographe, Paris, P.O.L.
Perec G.
1975 W ou le souvenir denfance, Paris, ditions Denol/Les Lettres Nouvelles (trad. it.: W
o il ricordo dinfanzia, Torino, Einaudi, 2005).
1990 Je suis n, Paris, Seuil (trad. it.: Sono nato, Torino, Bollati Boringhieri, 1992).
Scaramuzza, G.
2002 Citazione come oblio, in Leitmotiv, n. 1.
Schaeffer, J. M.
2005 Quelles verits pour quelles fictions?, in LHomme, nn. 175-176.
Svevo I.
1923 La coscienza di Zeno, in Romanzi e continuazioni, edizione critica con apparato
genetico e commento di N. Palmieri e F. Vittorini, saggio introduttivo e cronologia di M. Lavagetto,
Milano, Mondadori, 2004.
1925 Lavvenire dei ricordi, in Racconti e scritti autobiografici, edizione critica con
apparato genetico e commento di Clotilde Bertoni, saggio introduttivo e cronologia di M.
Lavagetto, Milano, Mondadori, 2004.

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