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Martin Heidegger, Contributi alla filosofia.

(Dallevento)
Recensione di Cateno Tempio.
Questa recensione non una recensione. Propriamente non si pu recensire Heidegger e viepi
questo testo di Heidegger.
Si presenta in queste mie parole un tentativo di breve introduzione e, se possibile, chiarificazione di
alcune questioni di unopera densa, al limite del dicibile e per questo molto spesso definita
esoterica, ma che di esoterico, a mio modesto avviso, non ha nulla se non la potenza evocatrice.
Se avr scardinato qualche errore o pregiudizio nellinterpretazione di Heidegger o se avr solo
miseramente fatto rilucere un barlume di ci che nelle parole del filosofo risplende, allora il mio
scritto avr trovato il suo senso.
1. Premessa. Una questione di linguaggio.
Che il linguaggio heideggeriano sia complesso e proprio perci corra il rischio di molteplici
fraintendimenti, non certo una novit; come del resto nota la peculiarit delle sue scelte
linguistiche e limportanza che il filosofo ha attribuito al linguaggio lungo tutto il corso della sua
opera. Ma la domanda che ci si potrebbe porre, soprattutto leggendo questi Contributi alla filosofia,
la seguente: se Heidegger intende ripercorre la storia della metafisica per ritornare indietro al
primo inizio e porre il pensiero nellaltro inizio, perch dunque egli utilizza termini del linguaggio
metafisico (precisando sin da subito che il termine metafisica in questopera usato senza
riserve per caratterizzare lintera storia della filosofia fino ad oggi1), termini i quali potrebbero
dare luogo a fraintendimenti? Perch, cio, egli non inventa un linguaggio tutto nuovo del quale
servirsi per un modo di pensare tutto nuovo?
Heidegger molto chiaro a tal proposito; la complessit del linguaggio non significa mai volont di
non farsi comprendere, vuoto giro di parole, incapacit di uscire dal linguaggio metafisico 2;
addirittura il filosofo esplicitamente si chiede, giacch col linguaggio abituale non si pu dire la
verit dellEssere, se si possa inventare un nuovo linguaggio per lEssere. E la risposta : No. E
perfino se si riuscisse a inventarlo, anche senza artificiose costruzioni linguistiche, esso non sarebbe
un linguaggio che dice. Ogni dire deve suscitare insieme la capacit di ascoltare. [] Resta dunque
una sola possibilit: parlare il linguaggio pi nobile nella sua semplicit e nella sua essenziale
violenza, parlare il linguaggio dellente come linguaggio dellEssere3.
Dunque il dire heideggeriano sempre volto allascolto, fosse solo di pochi o di rari. Pure,
possiamo notare che il linguaggio della metafisica non mai screditato, ma nella sua semplicit
ritenuto il pi nobile. La cosiddetta svolta, dunque, riluce e trova il suo senso anche in questa
trasformazione del linguaggio: nel non abbandonare il linguaggio dellente prefigurato il senso
della svolta che non rinnega, per esempio, Essere e tempo, ma che ne ripete i risultati in vista della
domanda sullEssere.
La svolta non da intendersi come una frattura nel pensiero heideggeriano, per cui c un
cambiamento di orientamento, un abbandono della domanda che ha mosso il suo pensiero o dei
risultati raggiunti; tant che lintento di Essere e tempo non sar mai sconfessato. La svolta
piuttosto una vicendevole-svolta tra Essere ed esser-ci, tra colui la chiamata allappartenenza e
lappartenenza di colui che chiamato.4
Tornando a noi, la fondamentalit del linguaggio inoltre mostrata dalle ultime pagine dedicate a
LEssere. Il curatore delledizione tedesca ci avverte che nei manoscritti questa parte posizionata
subito dopo la prima; ma in un appunto di Heidegger si legge che: LEssere, come seconda
1

M. Heidegger, Contributi alla filosofia. (DallEvento), Adelphi, Milano 2007, 258, pag. 413.
Ogni volta che utilizzeremo il termine metafisica lo intenderemo secondo il senso heideggeriano esplicitato appena pi
sopra. Cfr, nota 1.
3
Ivi, 36, pag. 100.
4
Cfr., 256, pag. 400.
2

parte, non nella giusta collocazione; in quanto un tentativo di cogliere ancora una volta tutto
linsieme, non va messo in quella posizione5. E proprio perci ed in quanto tale parte lultima ad
essere stata scritta, il curatore la posizione per ultima, scelta (giustamente) seguita dalledizione
italiana.
Heidegger mostra qui la coappartenenza del linguaggio e delluomo allEssere. Difatti, luomo e il
linguaggio non stanno in un gioco logico per cui ci si pu chiedere se sia dato luomo con il
linguaggio od il linguaggio con luomo. La domanda da formulare invece la seguente: in che
modo lessenza del linguaggio scaturisce dallessenziale permanenza dellEssere?6. Salta agli
occhi come gi questa domanda includa la risposta: ossia lo scaturire del linguaggio dallEssere.
Questa coappartenenza e questo scaturire dallEssere fanno s che il linguaggio stia a fondamento
dellesser-ci. Ma il linguaggio ovviamente inteso in tutta la sua pregnanza, giacch, come gi sera
detto in Essere e tempo, il tacere un modo del linguaggio.
Tuttavia, il linguaggio stesso, col suo nominare gli enti ed in qualche maniera attribuire ad essi
alcunch di umano, pu apparire come fonte di una umanizzazione dellente. Ma proprio per questa
capacit di pronunciare in maniera fondativa, per questo scaturire dallEssere e nello scarto tra il
dire (metafisico) e il Dire dellEssere, il linguaggio disumanizza sia luomo (e lo toglie dal suo
essere presente come cosa tra cose fondandolo come esser-ci) sia lente che non pi visto come
produzione e rappresentazione metafisica delluomo. Il linguaggio quindi fondazione dellesserci e della possibilit della disumanizzazione dellente7.
2. Cosa vuol dire DallEvento?
Il titolo di questopera deve essere spiegato. Perch esso da un lato indica qualcosa che deve essere
provvisorio e dallaltro ci che deve essere raggiunto dal cammino del pensiero iniziale. Gi
dallinizio del proprio scritto Heidegger ci indica che il titolo deve necessariamente sdoppiarsi in un
titolo pubblico: Contributi alla filosofia ed un titolo essenziale: Dallevento.
Il titolo pubblico necessariamente causa di fraintendimenti perch non pu non dare limpressione
che si tratti di contributi scientifici al progresso della filosofia8; ma ci ancora una volta dovuto
solo al logoramento del linguaggio della metafisica.
Per comprendere bene il senso del discorso heideggeriano ben dire sin da subito che una
distinzione fondamentale va fatta tra essere (Sein), che indica lessere della metafisica inteso a
partire dallente, ed Essere (Seyn), che invece esprime lEssere ricercato nel nuovo cammino di
pensiero. Altra importante distinzione nel modo di dire e di essere dellente e dellEssere, in
quanto lente (ist). LEssere essenzialmente (west)9
Ad ogni modo i Contributi si articolano in sei fughe a cui vanno aggiunti liniziale Sguardo
preliminare e ed il tentativo di cogliere ancora una volta il tutto, ossia Lessere, posto alla fine, di
cui pi sopra abbiamo dato conto.
Le fughe non costruiscono alcune sistema. Il sistema, ci avverte Heidegger, possibile ed alla fine
necessario solo nellambito della storia delle risposte date alla domanda guida10; ossia nella storia
della metafisica guidata dalla domanda che ricerca lessere nellente. Heidegger combina le sei
fughe in maniera tale che il cammino del pensiero iniziale dica sempre lo stesso sullo Stesso ma,
ogni volta da un diverso ambito essenziale di ci che si chiama evento11. Perci le ripetizioni che
si trovano lungo tali fughe possono essere considerate tali solo ad un primo sguardo esteriore. In
realt Heidegger, sin da Essere e tempo procede in questo modo, ossia nella parole di Gianni
5

Ivi, pag. 494.


Ivi, 276, pag. 480.
7
Ivi, 281, pag. 489.
8
Cfr. ivi, pag. 33.
9
Ivi, 10, pag. 58; e ivi, 34, pag. 97.
10
Ivi, 39, pag. 104.
11
Ibidem.
6

Vattimo, come caratteristico del metodo heideggeriano, i risultati dellanalisi precedenti vengono
ripetuti, cio ritrovati nel loro fondamento12. Se per questo procedere aveva un senso peculiare
in Essere e tempo, ossia quello di ripetere lanalisi preparatoria per mostrare lesistenza autentica,
adesso assume tutto un altro senso in questi Contributi alla filosofia; qui non c separazione tra
autentico ed in autentico tra le vari parti dellopera, bens lunitariet del cammino del pensiero
iniziale che si snoda e riannoda nella composizione delle fughe che ne mettono in luce ora questo,
ora questaltro ambito e che oscillano una nellaltra e viceversa.
Andando nel dettaglio, le sei fughe sono:
La risonanza;
Il gioco di passaggio;
Il salto;
La fondazione;
I venturi;
Lultimo Dio.
Nelle parole di Heidegger, in una delle tante sintesi che ne fa, troviamo il senso complessivo di
questopera affascinante:
La risonanza ha la sua portata (Trag-weite) nel gi-stato-essenzialmente-presente e nel
futuro, e con ci la sua forza di impatto nel presente, attraverso il gioco di passaggio.
Il gioco di passaggio trae la sua necessariet solo dalla risonanza della necessit
dellabbandono dellessere.
Risonanza e gioco di passaggio costituiscono per il pensiero iniziale il terreno e il campo per
spiccare il salto nellessenziale permanenza dellEssere.
Il salto apre in primo luogo le distese ancora inviolate e i velamenti di ci in cui deve
spingersi la fondazione dellesser-ci che appartiene alla chiamata dellevento.
A tutte queste combinazioni si deve far fronte in base allinsistenza nellesser-ci che distingue
lessere dei venturi.
Essi assumono e custodiscono lappartenenza allevento risvegliata dalla chiamata e la sua
svolta, e giungono cos a stare davanti ai cenni dellultimo Dio.13

Abbiamo cos, in nuce, prefigurato il cammino. Brevemente possiamo accennare al significato del
termine che nomina ogni fuga. Cosicch, la risonanza una sorta di eco dellEssere, o meglio della
dimenticanza dellEssere e del suo abbandono; si deve riconoscere, insomma, la dimenticanza in
quanto dimenticanza. Il gioco di passaggio riguarda tutto ci che sta tra la distinzione della
domanda guida della metafisica (che cosa lente?) e la domanda fondamentale (in cui si chiede
della verit dellEssere). Il salto, ci che pi azzardato nel procedimento del pensiero iniziale 14,
raggiunge saltando lappartenenza allEssere. Il salto tale perch lascia alle spalle tutto ci che
corrente, tutta la metafisica, e giunge dentro lappartenenza allEssere rinunciando alla logica
metafisica (ma non a favore della-logicit, in quanto lo stesso concetto di logica e della verit che
risiede nellasserzione, e perci anche ci che vi si contrappone, ad essere rifiutato; ma anche
questo rifiuto dellEssere). La fondazione sonda il fondamento della verit dellEssere e dunque
questo stesso15. Il fondamento che fonda determina il sondare in quanto lasciare essere
essenzialmente ci che fonda (la verit dellEssere) e su di esso costruire. I venturi, se ben capiti,
distruggono laura esoterica che circonda lopera. Non si tratta n di elitarismo misterico, n di
dottrine nascoste ai non adepti. Anche i venturi sono necessari nella storia dellEssere. Sono coloro
che rivoltano la verit di ogni essenza calcolata, che proprio per questo sono ormai fuori dalla
metafisica per stare dentro lEssere, nella radura spazio-temporale e che sono i fondatori di questa
essenza della verit, lenti e a lungo in ascolto. Coloro che resistono allurto dellEssere 16. I venturi
sono venturi dellultimo Dio. Questultimo, quello del tutto diverso rispetto agli di gi stati,
12

G. Vattimo, Introduzione ad Heidegger, Laterza, Bari 2005, pag. 44-45.


M. Heidegger, Contributi alla filosofia. (DallEvento), cit., 39, pag. 104.
14
Ivi, 115, pag. 233.
15
Ivi, 188, pag. 307.
16
Ivi, 248, pag. 387.
13

specie rispetto al Dio cristiano17, venendo per ultimo non una fine, ma linizio pi profondo,
colui che sta al di fuori di quella determinazione calcolante cui rimandano le espressioni monoteismo, pan-teismo e a-teismo18. Lultimo Dio la divinit dellEssere, ma non nel senso che
lEssere sia divino, bens nel senso che lultimo Dio sta anche lui nella verit dellEssere, ha
bisogno dellEssere ed incalcolabile e perci innumerabile. Non si tratta di stabilire il numero
degli di, come se dovessero essere uno, nessuno o centomila, giacch la pluralit degli di non
sottoposta ad alcun numero, bens allintima ricchezza dei fondamenti e degli abissi del sito
dellattimo del rilucere e del velamento del cenno dellultimo Dio19.
Questa, dunque, la disposizione delle fughe. Una disposizione che una combinazione, giacch,
potremmo dire, trovando quella giusta si accede allAperto della Radura.
Resta, tuttavia, da cercare di esprimere il senso del titolo essenziale: DallEvento. Ovviamente qui
in gioco una risonanza, ossia, nel cammino che abbiamo visto, la voce che chiama allessenza della
verit dellEssere e che getta il pro-getto che lesser-ci, la risonanza dellEssere che si d come
Evento. Ma, a mio modesto avviso, non tutto qua.
C un brevissimo scorcio che riporta lessenza del popolo allEvento: Lessenza del popolo si
fonda nella storicit di coloro che appartengono a s in base allappartenenza al Dio20; ma a sua
volta lappartenenza al Dio si fonda nellEvento: Solo dallevento, in cui tale appartenenza si
fonda storicamente, scaturiscono le ragioni per cui la vita e il corpo, la generazione e il genere, la
stirpe e in una parola fondamentale la terra appartengono alla storia e a loro modo la riprendono
in s, e in tutto ci non fanno che servire alla contesa di terra e di mondo21, sorretti dallintimo
pudore a non essere mai un incondizionato. La loro essenza, infatti, in quanto intima a tale contesa,
al tempo stesso vicina allevento22.
Tale appartenenza lunica che potrebbe fondare un popolo non asservito allideologia politica.
DallEvento, dunque, nomina la scaturigine di ci che nella lontananza fonda lappartenenza
persino a se stessi e con ci la possibilit essenziale di un popolo. in gioco un meraviglioso progetto di fondazione storica, storica perch filosofica, della fondazione dellessenza del popolo.
Tutto ci: dallEvento.
3. Heidegger e il nazismo
Nonostante il discorso di Heidegger non sia mai da leggersi in chiave politica, morale o di qualche
altro campo che attiene allontico-esitentivo, dai Contributi si pu trarre qualche chiarimento
rispetto alla posizione di Heidegger nei confronti del nazismo.
Non solo ci che abbiamo appena sopra citato d il segno di come, ad esempio la concezione
heideggeriana di popolo non abbia nulla a che vedere con lo spirito del popolo tedesco inteso in
senso nazista; ma addirittura il considerare il popolo come meta e scopo ritenuto da Heidegger
unestensione nazionalistica del pensiero liberale dellio e della rappresentazione economica
della conservazione della vita23. Dunque, stando a questa frase ed al discorso complessivo di
Heidegger, il popolo come inteso dal nazismo, coi suoi criteri di razza e sangue, non sarebbe altro
che una estensione nazionalistica dei prodotti pi recenti del pensare metafisico, ossia landare di
pari passo delleconomia e dellesperienza vissuta (il calcolo economico della conservazione della
vita) e la libert intesa metafisicamente.
17

Ivi, epigrafe alla fuga de Lultimo Dio, pag. 395.


Ivi, 256, pag. 403.
19
Ibidem.
20
Ivi, 251, pag. 391.
21
Lapertura di una totalit del mondeggiare (mondo) e il chiudersi di fronte a ogni progetto (terra), ivi, 269, pag.
465.
22
Ivi, 251, pag. 391.
23
Ivi, 196, pagg. 316-317.
18

Se ci non fosse sufficiente, Heidegger mirabilmente svela lessenza comune della fede cristiana e
della fede politica totale; tale essenza risiede, a mio avviso, non tanto nellessere entrambe fedi, ma
proprio nella loro totalit. A parer mio, possiamo infatti rintracciare nel calcolo quale culmine del
rappresentare metafisico ci che si imposto nellambito del divino col cristianesimo; contare le
divinit (come abbiamo accennato24) un portato del cristianesimo; tale calcolo ha fatto della fede
mono-teistica una fede totale. Dunque, per quel che riguarda i totalitarismi (politici o religiosi) si
pu dire che la loro essenza [] la stessa. In quanto atteggiamenti totali, hanno entrambe [la
fede politica totale e la altrettanto totale fede cristiana] nel fondo la rinuncia a decisioni essenziali.
La loro non una lotta creativa, bens una propaganda e una apologetica25.
La filosofia, che pure nella sua riduzione a visione del mondo, pu essere accusata anche lei di una
pretesa totalitaristica, deve invece essere riportata nella sua essenza iniziale per non pretendere
pi di occuparsi della totalit degli enti, ricercata, nella metafisica, nel sommo ente.
La filosofia, dunque, in quanto nella valorizzazione di ci che degno di domanda [] trova la
sua propria dignit, indeducibile e incalcolabile26, deve rimarcare il proprio sguardo
fenomenologico, che non d giudizi di valore e non conduce indagini morali. Proprio per questo il
suo rapporto con la politica non di servilismo; in questo senso si respira una pi ampia libert,
diversa da quella della metafisica; una nuova libert. Essa non deve dipendere pi neanche
dallintelligibilit. Ovviamente questo non significa che debba essere siffatta da non essere
comprensibile e da non potersi ascoltare; altrimenti ci che abbiamo detto in apertura non avrebbe
alcun senso! Essere svincolati dallintelligibilit, tanto che Heidegger afferma: Rendersi
intelligibile il suicidio della filosofia27, essere svincolati dai fatti calcolati del rappresentare
metafisico. I fatti sono lente. La filosofia, nel pensiero iniziale e nellaltro inizio, deve attendere
alla verit essenziale dellEssere; rendersi intelligibili mediante i fatti sarebbe lauto-eliminazione
(il suicidio!) del pensiero iniziale, poich esso in tal modo ricadrebbe nella metafisica. Liberatasi
dai fatti, la filosofia brilla di nuova luce; ma tutto questo, ossia laffrancamento della filosofia
dalle strette della fondazione scientifica, dellinterpretazione culturale, del servizio ideologico
[quindi, aggiungo io, anche dal servizio al nazismo], della metafisica quale sua prima essenza che
degenera nella malaessenza, solo la conseguenza dellaltro inizio, e solo come tale va gestita28.
Nel segno del pensiero iniziale, dunque, la filosofia risulta affrancata da tutto ci, principalmente
perch tutto ci mette capo allente. Nellottica, o meglio, nella risonanza dellaltro inizio e nel
pensiero che diviene iniziale la filosofia finalmente svincolata da qualunque legame politico.
4. Confronti: i Contributi, Hegel, Stirner e Sloterdijk.
Una delle questioni che ci si potrebbe porre, leggendo questopera, la seguente: ma in fondo
Heidegger cosa sta facendo di diverso da Hegel? Anche lui, come Hegel, sta ripercorrendo
filosoficamente la storia del pensiero dal suo punto di vista ed anche lui crede che il suo pensiero sia
un culmine, raggiunga il sapere assoluto e nessuno lo abbia mai fatto prima. Giustamente si
potrebbe pensare, come dice Mazzarella, che sia questo il vizio hegeliano di Heidegger: lunicit
della Seinsfrage nellambito del pensiero filosofico quanto ad esperienza dellessere29.
Tuttavia, abbiamo gi visto come i sistemi si diano solo nellambito del pensiero metafisico 30; ma a
fare ancor pi dello scritto di Heidegger qualcosa di diverso dal sistema hegeliano non solo la
struttura o il rifiuto della metafisica. C innanzi tutto il rifiuto di una pretesa unicit; il sapere che
24

Cfr. nota 16. Nelle parole di Heidegger: Il monoteismo e tutte le altre specie di teismo esistono soltanto dai
tempi dellapologetica giudaico-cristiana, che ha come presupposto speculativo la metafisica, ivi, 256, pag. 403.
25
Ivi, 14, pag. 67.
26
Ivi, 1, pag. 35.
27
Ivi, 259, pag. 424.
28
Ibidem.
29
E. Mazzarella, Tecnica e metafisica. Saggio su Heidegger, Guida, Napoli 2002, pag. 164.
30
Cfr. nota 8.

non un sapere non neanche assoluto, giacch Heidegger ha solo indicato un cammino, il proprio
cammino, necessario s, ma non uguale per tutti. Lintento heideggeriano s, come quello di Hegel,
un tentare una storia filosofica del pensiero, ma tale storia non va spiegata storiograficamente. La
Storia aperta dallEvento dellEssere; ed il filosofo ci dice pure che il suo un tentativo e chi un
giorno lo capir non avr bisogno del mio tentativo; si sar infatti gi aperto il cammino che vi
conduce31.
Al di l di questo, ovviamente v limportante critica allidealismo tedesco per avere trasformato la
verit in correttezza, cedendo cos alla certezza cartesiana e portando allestremo la macchinazione
dellenticit. Tale macchinazione il dominio del fare e dellartefatto32; essa frutto della
rappresentazione come presentazione, esser-l-presente dellente e del ritenere corretto ci che
sembra certo al soggetto; con ci lesperienza vissuta e la macchinazione si mostrano estremamente
affini: nel fare, il soggetto fa la rappresentazione, rende presente lente innanzi a s, lo rende in
qualche modo un prodotto, un ens creatum et certum. Heidegger indica anche quali sono i tre
occultamenti dellabbandono dellessere e cio: il calcolo, la celerit e lirrompere di ci che ha il
carattere della massa. Ma c pure un quarto occultamento che assieme a questi tre d il segno della
rovina interiore33, ossia la denudazione, pubblicizzazione, generalizzazione di qualsiasi stato
danimo. Dunque, percorrendo al volo (e mi scuso della brevit) la storia della metafisica abbiamo:
il platonismo come inizio, lidealismo come apice e la filosofia di Nietzsche come compimento.
Ma c unaltra questione di cui mi vorrei brevemente occupare, ossia del rapporto di Heidegger
con un filosofo che egli, forse per quel tacere che a volta d pi ad intendere che il parlare, non cita
mai. Roberto Calasso dice: Heidegger tace sempre su Stirner. Eppure Heidegger il pi grande
teorico del nichilismo. E Stirner un grumo purissimo di nichilismo. Il silenzio di Heidegger cita
un altro silenzio su Stirner: quello di Nietzsche34.
In realt credo che il tacere heideggeriano su Stirner celi un tentativo di risposta ad una questione
essenziale che Stirner solleva a partire da una polemica con Feuerbach. Stirner infatti dice: noi
dobbiamo accettare che la nostra essenza venga messa in opposizione a noi stessi, dobbiamo
accettare di venire spacciati in un io essenziale e un io inessenziale? [] Che cosa ci guadagniamo
se, per cambiare, spostiamo il divino da fuori di noi a dentro di noi? Siamo noi ci che in noi?
Tanto poco quanto siamo ci che fuori di noi. [] Noi replichiamo [a Feuerbach]: Lessere
supremo certamente lessenza delluomo, ma appunto perch la sua essenza e non lui stesso
perfettamente identico che noi lo vediamo fuori di lui lo consideriamo Dio, oppure che lo
troviamo in lui e lo chiamiamo essenza delluomo, oppure luomo35.
Ma questo discorso, che pure potrebbe richiamare lunitariet dellesser-ci, trova per il suo
compimento quasi alla fine de Lunico, ossia quando Stirner reclama per lunico anche la propriet
dellessere: Feuerbach pensa di battere il pensiero assoluto di Hegel con lessere che non si pu
superare. Ma lessere viene superato, in me, esattamente come il pensiero. mio cos come il
pensiero mio36.
Ora, stando alla visione heideggeriana, probabilmente Stirner tocca con ci un punto cardine della
fine della metafisica: la dimenticanza dellessere, il ritenere lessere alla stregua di un ente qui
presente di cui ci si pu appropriare. In questa dimenticanza, starebbe il sommo rifiuto dellessere
che si velerebbe dietro lente e lessere presente.
Per contro, Heidegger riconduce la propriet allEssere dicendo che lipseit scaturisce in quanto
essenziale permanenza dellesser-ci dallorigine dellesserci. E lorigine del s la propriet

31

M. Heidegger, Contributi alla filosofia. (DallEvento), cit., 2, pag. 38.


Ivi, 67, pag. 149.
33
Ivi, 58, pag. 141.
34
R. Calasso, Accompagnamento alla lettura di Stirner, in M. Stirner, Lunico e la sua propriet, Adelphi, Milano
1995, pag. 426.
35
Ivi, pagg. 42-43.
36
Ivi, pag. 354.
32

(Eigen-tum)3738. Ma questa propriet lesserci non se la d da s, altrimenti sarebbe una sorta di


circolo: lipseit originata dalla propriet e questultima sarebbe originata dallesser-ci. La
propriet dellesserci dallEvento, o con le parole di Heidegger: lesser-ci giunge a se stesso solo
in quanto lassegnazione nellappartenenza diventa al tempo stesso affidamento in propriet
nellevento39
Riguardo invece alla possibilit dellunico di appropriarsi dellEssere, Heidegger ribalta ancora una
volta la questione dicendo a chiari termini che lEssere unico, pertanto non mai un ente e
tantomeno il pi essente40.
Un ultimo breve cenno merita la questione onto-antropologica di cui si occupato Peter Sloterdijk.
Egli, ne La domesticazione dellessere, ritiene che si debba condurre linchiesta sulluomo in
modo che divenga comprensibile come abbia fatto a entrare nella Lichtung e come, una volta
entrato, sia divenuto ricettivo per la verit41.
Ma il tentativo di Sloterdijk sembra insensato in base alla considerazione per cui nel pensiero
iniziale che accede alla Radura (la Lichtung) non si d pi n ontologia, tantomeno antropologia.
Cercare di determinare laccesso alla verit dellEssere tramite unanalisi basata sul per la prima
volta della storia onto-antropologica sfalsare un po i piani, regredendo da un pensiero che si
vuole iniziale ad uno che sembra essenzialmente metafisico.
5. Conclusioni
Si semplicemente tentato, in queste brevi pagine, uno sguardo volutamente non complessivo, che
desse il senso orientativo per la comprensione di unopera densa, infuocata ed estremamente
coinvolgente. Dalla lettura si esce con unimpressione di potenza e straniamento; ma si ricava una
gioia del pensiero (lunica gioia possibile) allassistere della lucentezza dellEssere che si eventua
nella radura. Heidegger dice che i venturi devono avere il coraggio per lantico e la libert per il
nuovo42; il coraggio di ripercorrere quanto finora ha gi percorso il pensiero per riportarlo alla
forma iniziale; e di qui ripartire liberi, affrancati da politica, religione, morale, liberi per il nuovo,
per laltro inizio: Liberarsi nel getto, azzardare laperto, non appartenere n a se stessi, n a ci che
sta di fronte, eppure a entrambi, ma non come oggetto o soggetto: come contra-ponente (als Entgegnend) nellaperto, sapere e presagire che ci che in esso si getta liberandosi, e ci da cui esso
gettandosi si libera, della stessa essenza di ci che sta di fronte43
Ognuno dovr percorrere la propria strada; ognuno dovr tenere fermo quello che Heidegger dice
con parole stupende, che esprimono lo slancio, la speranza, la potenza del pensiero pure mentre l
fuori imperano terribili svastiche e camice nere; sono parole dense, che da sole valgono interi libri e
che al limite del dicibile ci mostrano ci che siamo: una unit da liberare, profonda e inesprimibile.

37

Ricordo che il titolo tedesco dellopera di Stirner Der Einzige und sein Eigentum.
M. Heidegger, Contributi alla filosofia. (DallEvento), cit., 197, pag. 317.
39
Ibidem.
40
Ivi, pag. 456.
41
P. Sloterdijk, Non siamo ancora stati salvati. Saggi dopo Heidegger, Bompiani, Milano 2004, pag. 132.
42
M. Heidegger, Contributi alla filosofia. (DallEvento), cit., 259, pag. 423.
43
Ivi, 264, pag. 440.
38

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