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Mosler W & Pilkington P Risposta a Yanis Varoufakis riguardo al nostro piano di uscita eurozona

MOSLER/PILKINGTON: RISPOSTA A YANIS VAROUFAKIS RIGUARDO AL


NOSTRO PIANO DI USCITA DALLEUROZONA.
di Warren Mosler e Philip Pilkington
2011

Recentemente, leconomista greco Yanis Varoufakis ha risposto al piano di uscita che abbiamo
pubblicato su Naked Capitalism qualche giorno fa. Nonostante Varoufakis abbia sostenuto, in
generale, il piano nel caso in cui luscita fosse necessaria, ne ha criticato alcuni punti. Prima di
trattare le questioni sollevate alcune delle quali molto importanti - ribadiamo, nel modo pi
chiaro possibile, che nessuno di noi sta sostenendo luscita dallEurozona per i Paesi membri.
Concordiamo con Varoufakis che questipotesi potrebbe essere probabilmente unopzione pi
gravosa rispetto a quella di rimanere semplicemente nellunione monetaria, persino con i
programmi di austerit in atto.
Abbiamo anche pubblicato diversi articoli argomentando che lEurozona, probabilmente,
superer questa crisi e che la BCE, in qualche modo, interverr a sostenere il debito dei governi
della periferia [dellEurozona, NdT] nei mesi a venire. Abbiamo semplicemente pubblicato la
nostra bozza di piano duscita perch entrambi crediamo che sempre bene avere un piano B
pronto a disposizione per qualunque evenienza dovesse presentarsi. Pensiamo inoltre che avere
un piano attuabile in mano rafforzi il potere contrattuale dei Governi della periferia
[dellEurozona, NdT] nei confronti dei (Paesi) loro vicini. Soprattutto in questo momento. Prima
per, rispondiamo alle osservazioni che Varoufakis ha sollevato (i punti numerati in corsivo sono
le osservazioni di Varoufakis, a cui seguono le nostre risposte):
1. Tutti i contratti del governo con il settore privato (estero ed nazionale) saranno rinegoziati
nella nuova valuta dopo un iniziale deprezzamento di questultima. In altre parole, i produttori
nazionali dovranno affrontare istantaneamente una grande perdita. Molti di loro dichiareranno
bancarotta, con unaltra grande perdita istantanea di posti di lavoro.
Prima di tutto, non detto che ci debba essere un iniziale deprezzamento della nuova valuta
laddove il governo, intraprendendo la strategia duscita, ottenga il corretto tasso di cambio.
Poich la nuova valuta verrebbe richiesta per pagare le tasse, ci aspettiamo ci sia una domanda
piuttosto costante di essa, specialmente nel momento della sua introduzione iniziale.
Consideriamo per esempio unimpresa nazionale diciamo un produttore di cemento che vende i
suoi prodotti al governo. Essa sarebbe pagata nella nuova valuta e ammesso che il valore della
valuta rimanga pressoch costante, la nuova valuta potrebbe essere usata per pagare i suoi
lavoratori. Inoltre, come accade oggi, essa stabilir il prezzo dei suoi prodotti in base ai costi
(che sostiene) cos non ci sarebbe minaccia di bancarotta.
Il punto cruciale, forse, che non ci aspettiamo una mancanza di domanda di nuova valuta.
Poich essa rilasciata nel sistema lentamente, e poich necessaria per estinguere lonere
delle tasse ed, alla fine, poich ci sar un immediato bisogno di liquidit in circolazione, essa
dovrebbe essere largamente ricercata dagli attori economici.
Se, daltro canto, unimpresa avesse ingenti prestiti in euro, potrebbe essere necessario
convertire un po dei suoi profitti dalla nuova valuta in euro per poter assolvere alle sue
obbligazioni. Di nuovo, questo ha a che fare tanto con lammontare dei profitti accumulati,
quanto con il tasso di cambio (esistente) tra le due valute. Se il reddito reale diminuisse,
potrebbe subire una perdita. Ma cos il mondo degli affari.
La domanda che rimane quella relativa a dove questi business acquistino i loro fattori
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produttivi. Se questi ultimi provengono dalleconomia domestica, allora essi saranno nelle
condizioni di pagarli nella nuova valuta. Se, invece, arrivassero dal mercato estero,
costerebbero di pi, se davvero la nuova valuta si deprezzasse al momento della sua
introduzione e allora i costi sarebbero addirittura trasferiti ai consumatori.
2. Le banche rimarranno a corto di liquidit e non potranno essere mantenute attive dalla BCE.
Questo significa che lunica via attraverso la quale lIrlanda, la Grecia o qualsiasi altro paese
che adotti il piano, potranno mantenere le loro banche attive la (loro) ricapitalizzazione nella
nuova valuta domestica da parte della Banca Centrale. Ma Questo significa che i conti di
deposito della banca, di fatto, saranno convertiti nella nuova valuta e si annulleranno gli
effetti benefici derivanti dalla non obbligatoriet delle conversioni dei depositi bancari nella
nuova valuta.
Questa ci sembra losservazione pi importante avanzata da Varoufakis. Le banche europee
hanno proprio problemi di liquidit denominata sia in euro che in dollari e questi problemi
peggioreranno solo in caso di un default e di unuscita. Torniamo, quindi, alla prospettiva di
corse agli sportelli bancari ed altre difficolt finanziarie.
In questo caso il Governo in questione sarebbe, certamente, il solo ad essere capace di mettere
a disposizione liquidit nella nuova valuta. I problemi derivanti da questo sarebbero,
sostanzialmente tanto pi sostanziali quanto pi il tasso cambio tra la nuova valuta e leuro
diverge. Allo stesso tempo, i correntisti staranno convertendo leuro nella nuova valuta in modo
da poter affrontare i pagamenti in corso (personale, tasse, ecc.). Ancora una volta,
sottolineiamo il fatto che crediamo che la domanda per la nuova valuta sarebbe abbastanza
forte e la svalutazione limitata.
Ad ogni modo, se il patrimonio netto (equity capital) di una banca crollasse, per qualunque
ragione al di sotto dei requisiti minimi richiesti, il Governo dovr subentrare e riorganizzare
listituto. Le opzioni includeranno allora: vendere la banca come un business in essere oppure
vendere i suoi asset ad altri istituti. Entrambe le soluzioni potrebbero portare a ingenti perdite
per gli azionisti e, se tal perdite fossero abbastanza consistenti, coinvolgerebbero anche i
correntisti. Non raro, per questultimi, subire perdite dellordine del 25% durante la
liquidazione. Siamo pienamente favorevoli alla realizzazione di unassicurazione sui depositi per
proteggere i depositi denominati nella nuova valuta, mentre quelli in euro saranno ancora a
rischio ed, in questo senso, le considerazioni di Varoufakis trovano merito.
3. Gli autori affermano che gli effetti negativi di cui sopra saranno ridotti dalla ripristinata
indipendenza monetaria del governo, che lo metter in condizione di interrompere
immediatamente i programmi di austerit ed adottare politiche fiscali anticicliche, come fece
lArgentina dopo il suo default e la fine del cambio fisso dollaro-pesos. Questo pu essere vero,
ma bisogna prendere con scetticismo il paragone con lArgentina. Il recupero dellArgentina - e
le relative politiche fiscali fu dovuto solo marginalmente alla sua rinnovata indipendenza e,
per lo pi, legato ad una crescita fortuita della domanda di semi di soia da parte della Cina.
Lentit dellincremento del prezzo della soia che permise il recupero argentino materia di
grande dibattito. Certamente, questo fenomeno consent allArgentina laccesso alle riserve
estere che poterono essere utilizzate per estinguere i prestiti stranieri, ma in quale entit
questa fu la causa della ripresa, una zona dombra. Noi riteniamo che Le politiche fiscali
iniziate dal Governo Kirchner, che rimossero il sostanziale fiscal drag [Drenaggio fiscale: fenomeno
in base al quale linflazione produce un inasprimento del carico tributario, anche se il reddito reale resta
invariato. Infatti, in un sistema di imposizione progressiva, un aumento del reddito monetario fa passare
il contribuente a scaglioni di reddito gravati da unaliquota pi alta, anche se laumento del reddito
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monetario si limita a compensare lerosione del potere dacquisto della moneta, lasciando invariato il
reddito reale. Il risultato che il contribuente finisce con il pagare imposte pi elevate su un reddito
reale immutato; al netto delle imposte, quindi, il suo reddito diminuisce, fonte:
http://www.treccani.it/enciclopedia/fiscal-drag/ , NdT], giocarono un ruolo significativo nella

ripresa.
Varoufakis, dicendo che Il recupero dellArgentina - e le relative politiche fiscali fu dovuto,
solo marginalmente alla sua rinnovata indipendenza e, per lo pi, fu legato ad una crescita
fortuita della domanda di semi di soia da parte della Cina, sembra intendere che una politica
fiscale espansiva fu, in qualche modo, permessa dallincremento della domanda di semi di soia
e dallinflusso delle riserve monetarie estere: non questo il caso. Quando lArgentina
interruppe il cambio fisso (della sua valuta) con il dollaro, pot espandere la spesa pubblica
nella misura che ritenne opportuna cio, in pratica: riducendo il fiscal drag tanto quanto fosse
necessario al Paese per tollerare le pressioni inflazionistiche create.
Dopo lo sganciamento del pesos dal dollaro, la posizione fiscale dellArgentina pot essere in
deficit senza rischi di default o di innalzamento dei tassi di interesse alle stelle, entrambi i
vincoli chiave alla spesa del Governo durante lera di cambio fisso con il dollaro. In questa
maniera, lesempio argentino perfettamente calzante come paragone ai paesi dellEurozona
che intraprendono unuscita. Se fosse intrapresa luscita e fosse adottato un tasso di cambio
fluttuante, la politica fiscale potrebbe essere orientata al deficit, fino a che limiti politici, la
svalutazione o linflazione non permettessero di continuare a spendere in deficit.
4. Mentre vero che la valuta pi debole farebbe aumentare le esportazioni, essa avr anche
un effetto devastante: la creazione di una nazione a due livelli. Un livello avrebbe accesso agli
euro accumulati, laltro no. Il primo acquisirebbe un immenso potere socio-economico sul
secondo e si forgerebbe una nuova forma di inuguaglianza che opererebbe come un freno allo
sviluppo per molto tempo proprio come la diseguaglianza che crebbe dopo gli anni 70,
creando enormi danni allo sviluppo reale dei nostri paesi (a differenza dei numeri legati alla
crescita del GDP) nella seconda fase del dopo-guerra.
Ancora una volta, la valuta non dovrebbe deprezzarsi significativamente, ma anche se lo
facesse, quando leconomia riportata allo stato di piena occupazione e produzione attraverso
la riduzione del fiscal drag ed laumento delle esportazioni, il governo sarebbe allora libero di
affrontare gli aspetti di distribuzione (del reddito, NDT) come ritenuto opportuno. Il punto
chiave qui sarebbe quello di evidenziare chiaramente queste questioni prima di realizzare
luscita.
5. In ultimo, ma non per importanza, anche se un paese uscisse dallEurozona in questa
maniera, questultima si sgretolerebbe in 24 ore. Il sistema europeo delle banche centrali
crollerebbe subito, lo spread italiano raggiungerebbe i livelli di quello greco, la Francia
istantaneamente diventerebbe un paese con rating AA o AB e, prima di fischiettare la 9
sinfonia, la Germania avrebbe gi dichiarato la ricostituzione del marco tedesco. Una
recessione di massa colpirebbe gli stati, i quali costituiranno la nuova zona del marco tedesco
(Austria, Olanda, probabilmente la Finlandia, Polonia e Slovacchia), mentre il resto della
eurozona precedente opererebbe in una condizione di significativa stagflazione. Le nuove
guerre
valutarie
intra-europee
sopprimeranno,
insieme
alla
galoppante
recessione/stagflazione, gli scambi internazionali ed europei e, quindi, gli Stati Uniti
crollerebbe in una nuova grande recessione. Gli anni 30 postmoderni di cui sto parlando
sarebbero una tragica realt.

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Dovremmo ripetere ancora una volta che in realt - non stiamo invitando ad unuscita.
Semplicemente, crediamo che i governi dovrebbero avere un piano demergenza e, pi
importante, che questo piano li tenga alla larga dal desiderio piuttosto concreto di agganciare la
loro nuova valuta alleuro o a qualsiasi altra valuta estera, in caso di default. Come abbiamo
scritto nel piano originale, se questo dovesse accadere ci aspettiamo un altro collasso
finanziario stile Argentina/Russia entro qualche anno dal nuovo ancoraggio valutario.
Dovremmo inoltre porre lattenzione sul fatto che avere un piano di uscita attuabile - insieme ai
suoi possibili risultati, di cui si discusso apertamente - d ai paesi della periferia
[dellEurozona, NdT] un maggiore potere contrattuale nei confronti delle condizioni dausterit
tanto amate dai paesi vicini. In questo momento ci si dovrebbe focalizzare sulla strategia
nazionale che possa ridare potere agli Stati sovrani nei confronti dellEurozona. (sappiamo che
Varoufakis simpatizza verso questo discorso poich recentemente ha dimostrato interesse per il
piano di lavoro finanziato da titoli tax-backed [titoli di Stato che contengono una clausola che
stabilisce che qualora il Paese si venisse a trovare in una condizione di default e solo in quel caso i
suddetti titoli sarebbero accettati come mezzo di pagamento nel Paese in questione, fonte:
http://www.levyinstitute.org/publications/tax-backed-bondsa-national-solution-to-the
european-debtcrisis, di W.Mosler e P.Pilkington NdT] che uno degli autori [Pilkington] sta, attualmente, cercando

di pubblicizzare in Irlanda).
Pensiamo inoltre che sia improbabile che in realt si verifichi unuscita. Entrambi pensiamo che
la BCE quasi indubbiamente interverr a sostenere il peso del debito degli indisciplinati Paesi
della periferia [dellEurozona, NdT]. Comunque, questo probabilmente significher che i Paesi
della periferia [dellEurozona, NdT] saranno tenuti in vita artificialmente mentre lausterit
continuer ad essere loro imposta. Ancora una volta, imperativo che tali Paesi abbiano quanti
pi elementi negoziali possibili nelle loro trattative con i loro colleghi europei.
Per finire, dovremmo notare che, se una nazione dovesse uscire dallEurozona nella maniera che
abbiamo sottolineato, un collasso deflazionistico globale potrebbe attualmente lavorare a loro
vantaggio. Perch? Perch con la nuova valuta, potrebbero adottare un piano di lavoro garantito
come quello dellArgentina che manterrebbe la piena occupazione a livello nazionale mentre il
commercio - in termini reali volgerebbe a loro vantaggio nel momento in cui i prezzi globali
diminuiscono. Oppure, per metterla in un altro modo: i paesi della periferia [dellEurozona,
NdT], come lIrlanda, non potrebbero pi fare affidamento su una crescita orientata alle
esportazioni in un mondo tormentato da una enorme contrazione deflazionistica. Piuttosto, essi
potrebbero ricorrere a deficit fiscali per mantenere la piena occupazione e standard di vita
elevati riservando poca preoccupazione per la potenziale svalutazione della nuova valuta
causata in tal modo, perch I prezzi globali diminuirebbero allo stesso tempo.

traduzione di Stefano Bernardi


Pubblicato il 1.12.2011 su nakedcapitalism

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