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Brookings Institution: il Think Tank numero uno

Il Brookings Institution, con sede a Washington, DC è il think tank


numero 1 nella classifica elaborata dal Think Tanks and Civil
Societies Program. Nel sito si dichiara:
" Brookings è orgoglioso che molti ci considerino come il
più influente, il più quotato e il più fidato think tank. La
nostra ricerca di alta qualità, la nostra indipendenza e il
nostro potere di convocazione contribuiscono a generare
pratiche soluzioni innovative alle sfide di oggi"
Ci sono anche alcune citazioni esterne:
"Il Brookings è stato al centro di ogni importante dibattito
politico in questo paese per 90 anni."
Sen.Chuck Hagel, 28 luglio 2006
" Tra le 16 organizzazioni con un forte impatto sulla
politica pubblica, Harris Poll ha trovato che il Brookings
è:
* fra le cinque più potenti
* tra le dieci più affidabili
* considerato altrettanto attendibile da democratici,
repubblicani e indipendenti."
The Harris Poll's nationwide survey on inside-the-
beltway groups , December 2007
" Quando si verificano importanti dibattiti a Washington -
sia per la pace in Medio Oriente, la finanza globale, o la
strategia urbana - c'è da scommetterci che è il Brookings
che sta guidando la conversazione. ... Dalla riforma del
sistema sanitario alle raccomandazioni sulla chiusura
della prigione di Guantanamo Bay, Brookings ha una
vasta esperienza che gli consente di offrire delle
correzioni innovative per quasi ogni punto critico che si
presenta negli Stati Uniti oggi."
Foreign Policy magazine's Think Tank Index , January
2009
Origini:
" Nel 1916, Robert S. Brookings si unì ad un gruppo di
riformatori del governo per creare la prima
organizzazione privata dedicata a studi basati sui fatti
sulle questioni nazionali di politica pubblica. Il nuovo
Istituto di ricerca per il governo è diventato il principale
fautore di un efficace ed efficiente servizio pubblico e ha
cercato di portare la " scienza" allo studio del governo.
Brookings Institution fa risalire le sue origini al 1916,
quando un gruppo di leader riformatori fondano l'Istituto
di Ricerca per il Governo (IGR), la prima organizzazione
privata dedicata all'analisi di questioni di politica
pubblica a livello nazionale.
Brookings ha creato due organizzazioni sorelle: l'Istituto
di Economia nel 1922 e una scuola di specializzazione nel
1924. Nel 1927, l'istituto e la scuola si sono uniti per
formare l'attuale Brookings Institution, con la missione di
promuovere, realizzare e far avanzare la ricerca "nei
principali settori per l'economia, l'amministrazione
statale, e le scienze politiche e sociali."
Sono stati presidenti del Brookings: Michael Armacost (1995 -
2002), Bruce MacLaury (1977 - 1995), Kermit Gordon (1967 -
1977), Robert Calkins (1952 - 1967), Harold Moulton (1927 -
1952)
Il Brookings riunisce ora oltre 200 esperti di primo piano nel
governo e nelle università di tutto il mondo che effettuano
ricerche, raccomandazioni politiche e analisi su una vasta gamma
di questioni di politica pubblica.
Del Brooking fa parte anche Mario Draghi, presidente della Banca
d'Italia. Dalla biografia di Draghi nel sito della Banca d'Italia
leggiamo:
" Il Prof. Mario Draghi è membro dal 1998 del Board of Trustees
dell’Institute for Advanced Study (Princeton) e, dal 2003, della
Brookings Institution"

Chi finanzia il Brookings Institution


A pagina 19 del loro rapporto annuale c'è la lista dei finanziatori:
Cash Received, July 1, 2008–June 30, 2009
$1,000,000 and Above
Anonymous, Alfred and Gail Engelberg. Ford
Foundation, Bill & Melinda Gates Foundation, The
William and Flora Hewlett Foundation, The Robert
Wood Johnson Foundation, The John D. & Catherine
T., MacArthur Foundation, Government of the State of
Qatar, The Rockefeller Foundation, Haim and Cheryl
Saban, Leonard D. Schaeffer, John L. Thornton, James
D. Wolfensohn
$500,000–$999,999
Anonymous (2), Richard C. Blum and Senator, Dianne
Feinstein, Carnegie Corporation of New York, Annie E.
Casey Foundation, District of Columbia State Education
Office, Liberty Mutual Group. Oracle (in kind), The Pew
Charitable Trusts, Russell Sage Foundation, The Bernard
and Irene Schwartz Foundation, The Spencer Foundation,
UnitedHealth Group, Inc.
$250,000–$499,999
Bank of America, Citi, Edgar M. Cullman, Sr., Exxon
Mobil Corporation, Johns Hopkins University, Ewing
Marion Kauffman Foundation, Living Cities, Inc., Charles
Stewart Mott Foundation, Royal Ministry of Foreign
Affairs, Norway, State Farm Mutual, Automobile,
Insurance Company, Surdna Foundation, Inc., Government
of Switzerland, Taipei Economic and Cultural,
Representative Office, Bernard van Leer Foundation,
Youth Employment Center, Ezra K. Zilkha
$100,000–$249,999
Anonymous (3), Alcoa, Allstate, American Express,
Amgen, Inc., Asian Development Bank, AT&T Services
Inc., Dominic Barton, Bipartisan Policy Center, Boston
College, Canadian International Council, Paul L. Cejas,
Chevron, The Council for the United
States and Italy, Government of Denmark, Steve and
Roberta Denning, Department of Defense, Paul
Desmarais, Jr., Hanzade Do˘gan, Do˘gan Group of
Companies, The Doris Duke Charitable Foundation, Blair
W. Effron and Cheryl, Cohen Effron, Eli Lilly and
Company, Energy Foundation, David and Marianna
Fisher, Embassy of France, The Freeman Foundation, GE
Foundation, Jeffrey A. Goldstein, Google.org Fund of
Tides Foundation, Maurice R. Greenberg and, The Starr
Foundation, Pablo González Guajardo, Kimberly-Clark de
México, Guardian Realty Investors, LLC (in kind), The
George Gund Foundation, The Heinz Endowments,
Hitachi, Ltd., Gail and Benjamin Jacobs, Kenneth M.
Jacobs, The Jenesis Group, Jolie-Pitt Foundation, Richard
Kauffman, Nemir Kirdar, Kohlberg Kravis Roberts & Co.,
Anne Lauvergeon, AREVA, Frank P. Lowy, The Markle
Foundation, Microsoft Corporation, The NASDAQ OMX
Group, Inc., National Intelligence Council, National
Science Foundation, Novartis Corporation U.S.A., The
Pennsylvania State University, Pfizer Inc, Victor Pinchuk
Foundation, Thomas C. Ramey and Perrin, Ireland,
Reliance Industries Limited, Charles W. Robinson,
Rockefeller Brothers Fund, Jacob Rothschild and the
Saffery, Champness Trust Corporation, as Trustee of the
Arrow, Charitable Trust, Nathaniel Rothschild, Sabanci
University, Roger W. and Victoria P. Sant, Robert H.
Smith, Target, The Tecovas Foundation, Andrew H. and
Ann R. Tisch Foundation, Tokyo Club Foundation for
Global Studies, Toyota, C.H. Tung and China-United,
States Exchange Foundation, Turkish Industrialists’ and,
Businessmen’s Association, Unbound Philanthropy,
University of Pittsburgh, U.S. Agency for International
Development, Antoine van Agtmael, Vanderbilt
University, Wal-Mart Stores, Inc.
$50,000–$99,999
Anonymous (2), Robert John Abernethy, William Ackman,
Alfred Herrhausen Society for, International Dialogue, All
Nippon Airways (in kind), Rahul Bajaj, Alan R. and Jane
Batkin, Battelle, Geoffrey T. Boisi and the Boisi, Family
Foundation, The Andrea and Charles Bronfman, Fund at
Brandeis University, Antony Burgmans, Unilever, The
Morris and Gwendolyn Cafritz Foundation, Campaign
Finance Institute, Canadian Department of Foreign Affairs
and International Trade, The Century Foundation, Inc.,
Chenega Advanced Solutions &, Engineering LLC,
Cherokee, Adam Chesnoff, The Cleveland Foundation,
Coalition of Private Investment Companies, Abby Joseph
Cohen, The Community Foundation for the National
Capital Region, Confederation of Businessmen and
Industrialists of Turkey, Lester Crown, Alan M. Dachs,
Government of the District of Columbia, DST Systems,
Inc., EADS North America, Edison Electric Institute,
James Elrod, Lawrence K. Fish, The Foundation for
Maryland’s Future, Foundation to Promote Open Society,
Bart Friedman, The Victor and William Fung Foundation,
General Dynamics Corporation, The German Marshall
Fund of the United States, Richard and Rhoda Goldman
Fund, Jeffrey W. Greenberg
Dopo che avete visto la lista di questi nobili filantropi state ancora
pensando che il Brookings possa fare i nostri interessi?
Il direttore attuale del Brookings Institution, è il Rhodesiano e
amico di Clinton Strobe Talbott:
" Fra Strobe e Bill c'e' una amicizia e una fiducia che risale ai
tempi dell'universita': i due divisero la stanza a Oxford nel 1969,
dove entrambi arrivarono con la borsa di studio Rhodes. Esperto
di Unione Sovetica, autore di libri, giornalista del settimanale
Time, Talbott venne subito scelto dall' appena eletto presidente
che creo' per lui, al di la' delle maglie della burocrazia, un posto
come consigliere nei rapporti con l' ex Unione Sovietica"

" Talbott, la cui carriera abbraccia il giornalismo, il


servizio del governo, e il mondo accademico, è un esperto
in materia di politica estera degli Stati Uniti, con
specialità su Europa, Russia, Asia meridionale, e
controllo degli armamenti nucleari. Come vice segretario
di Stato nell'amministrazione Clinton, Talbott è stato
profondamente coinvolto sia nella conduzione della
politica degli Stati Uniti all'estero e nella gestione dei
rapporti dell'esecutivo con il Congresso. Nel 2009, fu
eletto membro della American Academy of Arts &
Sciences."
Il 20 Luglio 1992 la rivista TIME pubblica The Birth of the Global
Nation, scritto da Strobe Talbott, allora direttore del CFR e
membro della Trilaterale, nel quale scrive:
“Tutte le nazioni sono a ordinamento sostanzialmente
sociale.. Non importa quanto stabili o persino inviolabili
possano sembrare in ogni momento, di fatto sono tutte
artificiali e transitorie.. Forse la sovranità nazionale dopo
tutto non era una così grande idea.. Ma ha gestito gli
eventi nel nostro terribile e meraviglioso secolo, per
ribadire la necessità di un governo mondiale."
Come editore del Time, Talbott ha sostenuto Clinton durante la
sua campagna presidenziale. È stato nominato dal Presidente
Clinton come numero due per il Dipartimento di Stato dietro il
Segretario di Stato Warren Christopher, ex Trilateralista ed ex vice
presidente e direttore del CFR. Talbott è stato confermato da circa
due terzi del Senato degli Stati Uniti, malgrado la sua
dichiarazione sulla scarsa importanza della sovranità nazionale.
Infatti, sempre dal sito del Brookings prendiamo un'altra sua
citazione:
" Proprio come una nazione è un raduno di tribù, così la
comunità internazionale è una raccolta di nazioni - una
nazione globale incipiente, nel senso che l'umanità sta
imparando a governare se stessa nel suo insieme sugli
argomenti sui quali può farlo, a vantaggio di tutti, e
specialmente su quelli in cui lo deve fare per evitare il
disastro planetario."
Da The Great Experiment: The Story of Ancient Empires,
Modern States, and The Quest for a Global Nation
Come abbiamo già intuito alla fine anche il privato, non eletto ed
elitario Brooking Institution stà spingendo per la creazione di un
Nuovo Ordine Mondiale e una Nazione Globale. All'interno del
sito del Brookings Institution si trovano, infatti, diverse analisi e
rapporti focalizzati sulla Riforma della Global Governance. In
questo articolo riproduco ampi stralci dei loro documenti ufficiali
al fine di farvi conoscere il pensiero di questo think tank. tale
pensiero, però, alla fine, non si discosta di molto da quello di molti
altri think tank superpotenti, come il Council on Foreign Relation.
Per presentare il pensiero del Brookinks Institution basta riportare
una tabella molto eloquente tratta da un loro articolo del settembre
2009 dal titolo Is the G-20 Summit a Step Toward a New Global
Economic Order?

Tabella 1: Old Order, New Order


(Nota: Questa tabella è un adattamento da una tabella presentata
dagli autori in un seminario presso il Fondo monetario
internazionale, nel giugno 2007. Vedere
www.imf.org/external/np/seminars/eng/2007/glb/bl030607.pdf)

L'articolo citato caldeggia un ruolo chiave del G20 nella creazione


di un nuovo ordine mondiale e dice che "Ci vorrà un impegno
chiaro e costante di una nuova serie di valori e di una leadership
forte, soprattutto da parte del Presidente Obama e degli Stati
Uniti, al fine di garantire che il G-20 non diventi una breve
eccezione a quella che era stata una lunga situazione di stallo
nella riforma della governance globale."
Come si nota da questa frase, il Brookings parla di "lunga
situazione di stallo". Nell'articolo si afferma inoltre che " l'attuale
sistema di governance globale è diventato sempre più
frammentato, inefficace, superato e resistente al cambiamento" e
che "le vecchie abitudini sono dure a morire". Il New World
Order immaginato da questi circoli elitari, infatti, non è un
percorso di naturale evoluzione sociale, come alcuni sostengono;
esso è "resistente al cambiamento", questo cambiamento quindi
va "spinto" in avanti; e il Brookings si propone di fare proprio
questo. Ricordiamo a tutti quelli che amano la democrazia che il
Brookings è un istituto privato, elitario e non eletto,
rappresentante gli interessi di una ricca elite e non la volontà
dei popoli. Se questo circolo elitario, ignoto ai popoli, vuole
"spingere" le nazioni verso un New World Order, è solo ed
esclusivamente per gli interessi di una elite facoltosa che lo
finanzia e supporta.
Il Nuovo Ordine Mondiale immaginato da questa ricca elite
superpotente non ha nulla dell'idealismo della pace, della
solidarietà e della comunione dei popoli; queste parole, quando
usate da questa elite, sono solo maschere; possiamo riassumere
invece con 2 parole i reali obiettivi: MONOPOLIO e
CONTROLLO PLANETARIO, i quali sono la via del
POTERE e dei PROFITTI.
In questo Nuovo Ordine di Controllo Globale sarà abolita
definitivamente l'autodeterminazione dei popoli. Immaginiamo ad
esempio una nazione che voglia emettere moneta locale senza
debito e senza interesse in un regime di moneta unica mondiale a
corso forzoso; immaginiamo una nazione che voglia abolire
l'importazione e la produzione di OGM all'interno di un ordine
mondiale con un mercato unico che impone la loro importazione e
produzione....
L'articolo prosegue delineando i contorni per la creazione di un
New Order:
“Old Economic Order” versus “New Economic Order”
" Dai recenti dibattiti sulla politica estera e sulla
governance mondiale, abbiamo identificato due differenti
prospettive o insiemi di principi alla base degli approcci
verso gli Stati Uniti e la politica estera mondiale. La
tabella 1 riassume gli elementi chiave di quello che
chiamiamo il "Vecchio Ordine Economico" in
contrapposizione al "Nuovo Ordine Economico".
Nel vecchio ordine, lo Stato-nazione è il punto di
partenza, si sottolinea l'importanza della sovranità e
dell'interesse nazionale come principio chiave nella guida
di una unilaterale e assertiva politica estera. Al contrario,
il punto di partenza del nuovo ordine ritiene che viviamo
in una società globale, in cui l'interdipendenza e il
riconoscimento degli interessi comuni sono i principi
fondamentali da perseguire nei rapporti reciproci e nel
rispetto reciproco al di là delle frontiere. Nel quadro del
vecchio ordine prevalgono le regole delle politiche di
potenza nazionale, con blocchi concorrenti che cercano
alleanze fisse per il predominio, con "hard power", se
necessario. Invece, il Nuovo Ordine opera sulla base di un
nuovo multilateralismo, che si basa sulla diffusione di reti
a livello mondiale in tutte le sfere della vita e di coalizioni
multiple al di là delle frontiere, in cui sono a prevalere la
contrattazione per il compromesso e gli strumenti di "soft
power". Infine, il vecchio ordine promuove l'idea che
dovrebbe prevalere un unico modello economico e
politico, mentre il Nuovo Ordine accetta che diversi
modelli economici e politici convivano e competano
fianco a fianco.
In termini più semplici, il vecchio ordine riflette
ampiamente i principi alla base dell'ordine del giorno
della politica estera dell'amministrazione Bush e la
piattaforma presidenziale del senatore John McCain,
mentre il New Order si avvicina a quelli alla base della
piattaforma della campagna presidenziale del senatore
Barack Obama e alla posizione in politica estera della
sua amministrazione. Gli elementi chiave del vecchio
ordine (tranne l'ultimo) sono stati attribuiti anche alla
attuale impostazione della politica estera della Russia,
mentre i principi del "nuovo ordine" possono essere
attribuiti all'Unione europea.
In realtà, ciò che si riflette in questi due approcci è la
differenza tra i principi della politica estera del ventesimo
secolo, rispetto ai principi adeguati alla realtà di oggi.
Crediamo che ci siano una triplice serie fattori di
cambiamento necessari per passare dal vecchio
ordinamento al nuovo ordine. Questi fattori includono il
cambiamento globale del bilanciamento demografico ed
economico, nuove minacce globali e la necessità di un più
efficace sistema di governance globale.

Fattori di cambiamento

Il primo fattore di cambiamento è lo spostamento globale


dell'equilibrio demografico ed economico. Entro il 2050,
la popolazione mondiale si prevede che raggiunga 9,1
miliardi, crescendo rispetto ai 6,4 miliardi di oggi, con
l'aumento che si verificherà quasi esclusivamente nei
paesi in via di sviluppo di oggi. La Cina è ampiamente
previsto che diventi l'economia più grande agli inizi degli
anni 2040, con l'economia degli Stati Uniti al secondo
posto e l'India al terzo. Altre economie di mercato
emergenti, tra cui il Brasile, l'Indonesia e la Russia,
saranno attori economici importanti, mentre i singoli
paesi europei retrocederanno in importanza. L'Eurasia
continentale sarà il nuovo hub di integrazione a livello
mondiale con la Cina, l'India, la Russia, l'Unione europea
e i paesi prouttori di energia del Medio Oriente, che
tesseranno le loro economie sempre più insieme. Gli Stati
Uniti resteranno una superpotenza, ma solo una tra le
altre. Insieme, le grandi potenze del mondo dovranno
affrontare il fatto che le persone negli stati più poveri e
più deboli si sentono lasciate indietro. Allo stesso tempo,
reti transfrontaliere- economiche e politiche, pubbliche e
private, di élite e di base, legittime e illegittime -
continueranno a crescere e indebolire il ruolo
tradizionale degli Stati negli aspetti economici, finanziari,
e nelle azioni sociali politiche dei cittadini. Queste reti
creeranno legami che potranno o rafforzare o indebolire
la stabilità globale.

Il secondo fattore del cambiamento è un insieme di


nuove minacce globali:

* L'attuale crisi finanziaria ed economica - innescata


da una cattiva gestione macroeconomica e un
regolamento finanziario lassista - riflette la realtà degli
squilibri finanziari a lungo termine tra le principali
economie. Essa dimostra le difficoltà di gestione di una
forte interdipendenza globale del sistema finanziario in
assenza di un concordato a livello mondiale di
sorveglianza finanziaria, vigilanza e di regolamentazione.
È probabile che i rischi di crisi finanziaria internazionale
continueranno nei prossimi decenni.
* Le disparità globali aumenteranno, i paesi ricchi e le
economie in rapida crescita andranno bene, mentre tanti
paesi poveri e in via di stagnazione saranno lasciati alle
spalle. Esiste anche la possibilità di un aumento delle
disparità all'interno dei paesi. Queste ingiustizie
rafforzeranno i rischi di conflitto interno, transfrontaliero
e il terrorismo. Allo stesso tempo, gli Stati Uniti e altri
paesi industrializzati sono di fronte a una progressiva
perdita delle industrie tradizionali, dei posti di lavoro e
dei salari. L'invecchiamento della popolazione e dei
sistemi pensionistici sovraccarichi sfiderà la loro stabilità
fiscale e potrà portare a groundswells di sentimenti anti-
globalizzazione.
* L'aumento dei prezzi alimentari e dell'energia, i rischi
ambientali e i rischi di epidemie globali rafforzati dalla
pressione demografica, incidono in modo particolare nei
paesi più poveri.
* La crescente interdipendenza globale attraverso le
frontiere e le linee settoriali significa che i singoli paesi
non possono più rispondere a queste minacce da soli e che
una risposta globale deve essere coordinata tra i settori.
Il terzo fattore del cambiamento è la crescente e diffusa
consapevolezza che l'attuale sistema di governance
globale è diventato sempre più frammentato, inefficace,
superato e resistente al cambiamento. Questa debolezza
sistemica si riflette nella situazione di stallo persistente su
molte delle questioni più urgenti a livello mondiale, in
particolare sul ciclo di negoziati di Doha, ma anche sulla
povertà globale, i cambiamenti climatici e il rischio di
pandemie. Inoltre, le istituzioni mondiali sono diventate
non rappresentative di fronte al cambiamento del
bilanciamento globale degli equilibri economici e politici.
Quindi la loro legittimità stà soffrendo malamente, e vi è
ancora uno stallo nella riforma delle singole
organizzazioni internazionali.
Insieme, questi tre fattori hanno fatto i principi del
Vecchio Ordine irrilevanti e spingono fortemente nella
direzione di un Nuovo Ordine. Essi rappresentano la
nuova realtà per i governi, i cittadini e le istituzioni
internazionali e li costringono ad adottare i nuovi principi
e la riforma delle istituzioni esistenti.
Mentre questi fattori sono forti e la nuova realtà globale è
apparentemente inattaccabile, il cambiamento non è
inevitabile. Le vecchie abitudini sono dure a morire. Negli
Stati Uniti, le tradizioni di autonomia e di "eccezionalità"
continuano a formare opinioni americane del resto del
mondo. Allo stesso tempo, la diffusa credenza nelle virtù
del mercato libero e tasse basse, l'influenza del
protezionismo degli interessi particolari (agricoltura,
lavoro, vecchia industria, banche) e il frazionamento
prevalente del processo decisionale politico potrebbero
minare gli sforzi del Presidente Obama nello spostarsi
verso un nuovo paradigma globale. Ad aggravare la
trincea del vecchio ordine, nuove nazioni che stanno
ancora riprendendosi da secoli di colonialismo - di fronte
l'instabilità economica e politica e desiderose di mettersi
al passo con i paesi industriale di successo - vengono
attirate verso un forte stato nazionale sovrano, libero
controllo sulle loro frontiere e i loro cittadini, e un
approccio di confronto per la politica estera. Anche la
volontà molto ammirata degli europei a rinunciare alla
sovranità a favore di istituzioni sovranazionali ha i suoi
limiti, soprattutto quando si tratta di dare le loro le
prerogative di domino agli organi direttivi delle istituzioni
finanziarie internazionali e di altri forum a livello
mondiale.
Leadership, convinzione e tenacia saranno necessarie tra
molti attori sulla scena globale per garantire che ci sia un
progresso verso una riforma efficace delle istituzioni a
livello mondiale. Questo potenziale di cambiamento è
esemplificato dalla recente comparsa del G-20 come un
veicolo per la governance globale.

Il vertice del G-20 Origini, Opzioni e Ostacoli

Origini. Il G-20 ha le sue origini alle riunioni annuali del


G7, i leader di un gruppo di sette maggiori paesi
industriali occidentali che si riunivano ogni anno a
partire dal 1970, inizialmente per migliorare il
coordinamento della politica economica e finanziaria in
reazione ad un importante crisi finanziaria. Dopo la
disgregazione dell'Unione Sovietica, è stato formato il G8
con l'aggiunta della Federazione Russa. Il G8 si è sempre
più preoccupato dei problemi globali economici e politici
in effetti assumendo il ruolo di un gruppo globale di
governo. Ma sul suo ruolo ha cominciato a montare una
critica diffusa. I vertici del G8 sono stati visti come
ritualistici nel processo, inefficaci in termini di impatto e
sempre più non-rappresentativi nei confronti della
popolazione globale e dei cambiamenti economici, e
quindi privi di legittimità come gruppo globale di
governo. L'inizio della crisi finanziaria globale a metà del
2008 ha spinto il presidente George W. Bush alla
convocazione del vertice G-20 il 15 novembre 2008.
Il livello ministeriale del G-20 è stato creato in seguito
alla crisi finanziaria del 1997-98 in East Asia.
Convocando i rappresentanti di 10 paesi industrializzati e
di 10 economie di mercato emergenti, il G-20 ha
rappresentato un gruppo molto più diverso
geograficamente e culturalmente rispetto al G8. Con circa
il 90 per cento dell'economia mondiale e due terzi della
popolazione mondiale, il G-20 è anche molto più
rappresentativo del G8. Le economie di mercato
emergenti si sono impegnate nella gestione dei verbali
delle riunioni dei ministri delle finanze del G-20 e dei
governatori delle banche centrali. Non c'è quindi da
sorprendersi che vi era stata una persistente domanda da
parte di alcuni esperti e politici per l'uso del G-20 come
piattaforma per sostituire il G8. Mentre lo spostamento
dal G8 a G-20 non potrebbe creare un gruppo di governo
ottimale a livello mondiale, si tratta di un passo
pragmatico ed efficace, soprattutto in risposta alla crisi.
Opzioni. Il G-20 sarà un esperimento di breve durata o
intende rivelarsi un efficace strumento di governance
globale? Diverse opzioni sono oggetto di dibattito tra gli
esperti e gli operatori del settore. Una possibilità è quella
di tornare al vertice del G8, come quello che l'Italia ha
ospitato nel 2009 e il Canada pianifica di ospitare nel
2010. Si teme che il formato G-20 sia troppo pesante per
uno scambio efficace tra i soggetti principali. Quindi, ci
saranno continui dibattiti sulla riduzione delle dimensioni
del vertice a qualcosa che vada da i tredici ai sedici
membri, come risulta dalla recente proposta del
presidente francese, Nicolas Sarkozy, di creare un G14.
Tuttavia, ci sono pressioni per espandere il numero dei
partecipanti ad altri paesi e per ampliare la
rappresentanza regionale. Poi ci sono proposte per
sviluppare un approccio basato sulla circoscrizione di
appartenenza, con la partecipazione universale, come nel
caso delle istituzioni finanziarie internazionali. Inoltre, il
cancelliere tedesco Angela Merkel e una Commissione
delle Nazioni Unite presieduta dal premio Nobel Joseph
Stiglitz propongono di istituire un Consiglio di sicurezza
economica alle Nazioni Unite.
Nessuna di queste opzioni è probabile che si materializzi
in un prossimo futuro. Invece ci sono due risultati
probabili: Il primo è la continuazione del G-20 con un
mandato in progressiva espansione al di là della crisi
attuale. Affinchè questo abbia successo, è fondamentale
che il formato G-20 dimostri la sua efficacia nei prossimi
mesi e anni. Questo risultato ha tre requisiti: che il
numero dei partecipanti non si espanda, che i partecipanti
si concentrino su un numero limitato di elementi di azione,
e che sia stabilito un piccolo ma efficace segretariato per
sostenere e monitorare il G-20 con logistica e competenze
tecniche.
L'alternativa più probabile al G-20 è quella che viene
spesso definita come "geometria variabile". In questo
scenario, leader mondiali selezionati converranno su
argomenti specifici in costellazioni variabili, con la
partecipazione degli attori più importanti decisi
separatamente per ogni argomento. Ad esempio, il G-20
potrebbe continuare a rispondere su questioni finanziarie
ed economiche globali per qualche tempo a venire,
mentre diversi gruppi si riuniranno per l'azione sul
cambiamento del clima, la proliferazione nucleare o altri
argomenti. Il sostegno a questo piano sembra emergere
dalla amministrazione Obama. Essa ha co-convocato il
vertice sul cambiamento climatico nella parte finale del
Summit del G8 del 2009, che ospita il vertice economico
del G-20 nel settembre 2009 a Pittsburgh e ha chiesto un
vertice sulla non proliferazione nucleare nella primavera
del 2010. La sfida per i vertici a "geometria variabile" è il
continuo variare il numero e la composizione dei
partecipanti, la difficoltà di organizzazione sistematica e
di follow-up e dibattiti continui su chi dovrebbe convocare
i vertici, quando e con quale partecipazione.

Ostacoli. Come guardiamo avanti, vediamo una serie di


sfide per l'evoluzione dei vertici globali al di là del G8,
sia verso un efficace G-20 o una qualche alternativa, in
particolare i vertici a geometria variabile. Queste sfide
provengono dagli interessi divergenti di quattro gruppi di
soggetti: gli Stati Uniti, l'Europa, le nuove potenze
emergenti e il resto del mondo.

Per il prossimo futuro, è


necessaria la leadership statunitense attiva per superare
l'inerzia e i problemi di azione collettiva per affrontare le
sfide globali e rompere lo stallo nella riforma della
governance globale. L'amministrazione Obama sembra
sostenere con forza un cambiamento di paradigma verso
un nuovo ordine mondiale, ma finora non ha annunciato
la sua posizione sulle modalità del vertice.
L'Europa è un giocatore chiave e si è dimostrata uno dei
principali ostacoli alla riforma della governance globale,
in quanto continua a reclamare troppe sedie al G-20 (e in
altre sedi e istituzioni globali) per il suo peso economico e
demografico. In effetti, gli europei possono sia conservare
la loro sovra-rappresentazione, che dà loro una voce
frammentata e indebolisce la loro influenza, mentre
indebolisce anche le istituzioni a livello mondiale, oppure
possono unire i loro voti, le sedie e la voce per un
maggiore impatto e garantire la più efficace delle
organizzazioni internazionali. Purtroppo, l'attuale
situazione di stallo sulla riforma di governance interna
dell'Unione europea blocca ogni nuovo approccio
europeo per la riforma della governance globale.
Le nuove potenze emergenti, soprattutto Cina, India e
Brasile, dovranno affrontare la sfida di andare oltre il
loro tradizionale ruolo di "esclusi" e "rappresentanti del
sud." Hanno bisogno di accettare la corresponsabilità per
risolvere i problemi mondiali e la creazione di efficaci
istituzioni di governance globale. Avranno l'obbligo di
guardare al di là delle coalizioni Sud-Sud su specifici-
problemi verso coalizioni Nord-Sud, dove è sia nel loro
interesse che in quello globale (ad esempio, la spinta per
la riforma delle istituzioni finanziarie internazionali, per
l'UE per il suo consolidamento, per il completamento del
ciclo di Doha , ecc.). Ci sono segni di speranza che questo
stia cominciando ad accadere. La leadership della Corea
del Sud per il G-20 del prossimo anno rappresenta un test
critico per vedere se i nuovi poteri sono pronti a
partecipare e condurre un forum G-20 a livello dei leader,
e non solo ministeriali.
Infine, vi è la sfida di come includere il "esclusi". Il G-20
è molto più inclusivo del G8, ma si lascia ancora fuori
una maggioranza di paesi con un terzo della popolazione
mondiale. Opzioni per associare il resto del mondo con il
vertice comprendono una sensibilizzazione ad hoc (come
il G8 ha fatto), ampliando la rappresentanza regionale
(come già praticata con l'UE), introducendo un approccio
elettorale (come per le istituzioni finanziarie
internazionali) e la ricerca di un maggiore allineamento
con le Nazioni Unite (magari attraverso un Consiglio di
sicurezza economico). Con l'eccezione dei primi due che
rischiano di ampliare ulteriormente il numero dei
partecipanti al vertici G-20 nessuna delle altre opzioni
potrebbe materializzarsi presto. Tuttavia, i leader G-20
dovranno essere sensibili alle esigenze del "esclusi" e
garantire che gli interessi dei paesi più poveri non siano
trascurati.
Conclusione

Grandi cambiamenti nel bilanciamento dell'equilibrio


economico e politico tra paesi, minacce globali e un
sistema antiquato governance globale si confrontano con
la comunità mondiale di oggi. Con la crisi economica
come fattore immediato e un nuovo presidente degli Stati
Uniti, il format del vertice G-20 ha il potenziale per fare
un vero e proprio cambiamento nell'ordine economico
mondiale in cui una nuova serie di valori stanno alla base
del modo in cui i paesi e le persone cooperano a livello
transfrontaliero. Nella misura in cui il presidente Obama
ha articolato la sua visione di ordine globale e il ruolo
dell'America in esso, crediamo che sia nella direzione che
sottolinea gli interessi comuni in una società globale, la
necessità di un'azione multilaterale e la comprensione per
approcci alternativi allo sviluppo economico e politico.
Questo è molto promettente. L'efficacia del G-20
nell'affrontare la crisi economica mondiale potrebbe
gettare le basi per un nuovo ordine globale e fornire
l'impulso per le molte altre necessarie riforme della
governance globale.
Tuttavia, Europa, Cina e India sono anche fondamentali
per il progresso. Inoltre, se il Presidente Obama crede che
falliscano il test di competenza in casa o una scossa
importante colpisce gli Stati Uniti, un rovesciamento è
possibile negli Stati Uniti. In ogni caso, significativi
cambiamenti nella governance globale avranno il tempo
di traspirare. Si può ben vedere un lungo periodo di
transizione, con solo un graduale miglioramento nelle
istituzioni attuali. Nel frattempo, le pressioni per un
maggiore regionalismo, accordi bilaterali tra i grandi
giocatori, competizione geopolitica tra blocchi di potere e
crescente instabilità e minacce da parte degli "esclusi",
metteranno a repentaglio la cooperazione internazionale e
l'idea di un ordine mondiale.
Il vertice G-20 rappresenta una grande opportunità per i
leader mondiali per cominciare a mettere in atto i principi
di un nuovo ordine mondiale. Esso permetterà loro di
affrontare l'immediata crisi finanziaria ed economica
globale in uno spirito di collaborazione. E, a tempo debito
il G-20 può anche fungere da piattaforma per affrontare
altre pressanti questioni globali, compreso il commercio,
il cambiamento climatico, la sicurezza energetica e
alimentare, e la riforma delle istituzioni globali. Per
raggiungere un tale risultato, il presidente Obama e gli
altri leader mondiali devono dimostrare una chiara
visione e una leadership forte al vertice G-20 a Pittsburgh
e oltre.
Sempre la solita retorica di crisi economiche globali (create
artificiosamente) e sfide globali ai quali va data una risposta
globale.
Ma quando è nato l'amore del Brookings verso i vertici del G20?
Torniamo un attimo indietro. Il Brookings afferma:
"Abbiamo sostenuto in due precedenti mandati di politica
Brookings (BPB # 131, aprile 2004, BPB e # 152, aprile
2006) che il Vertice del G8 ha fatto il suo tempo come
Forum di consultazione a livello mondiale e di gruppo
direttivo.."
Dal loro sito leggiamo in un articolo dell'Aprile 2006 intitolato
Pragmatic Reform of Global Governance: Creating an L20
Summit Forum:
" Ci sono state molte proposte di riforma per affrontare le
carenze nella governance globale. Queste includono idee
per migliorare il processo decisionale delle Nazioni Unite,
per esempio, attraverso la creazione di un Socio-
Economic-Environmental Security Council che dovrebbe
fornire orientamenti per lo sviluppo socio-economico ed
ambientale globale. Altri hanno spinto per le riforme delle
IFI (istituzioni finanziarie internazionali), compresa una
proposta per aggiornare i propri organi direttivi a livello
di vertice del forum. C'è stata anche una discussione
intorno a diverse idee di riforma dei vertici del G8 per
farne un meccanismo più efficace di governo globale.
Dalla nostra prospettiva, in vista della track record dei
falliti sforzi di riforma le Nazioni Unite e delle istituzioni
finanziarie, l'ultima via di riforma del G8 rappresenta la
migliore opportunità in un prossimo futuro per portare
avanti la riforma della governance globale in modo
pragmatico e significativo e, in effetti, come un primo
passo importante verso la riforma delle altre istituzioni
globali".
L'articolo proponeva la creazione di un Forum L20-G20 in
alternativa al G8:
" Ci sono molte buone ragioni per la costituzione di un
forum di vertice L20. In primo luogo, vi è la necessità di
un efficace, rappresentativo e legittimo processo di
controllo a livello mondiale per affrontare le sfide globali.
L' L20, sebbene in nessun modo perfetto, va verso un
lungo cammino con l'obiettivo di inclusione e di ampia
rappresentatività. In secondo luogo, l' L20 avrebbe
portato le principali economie di mercato emergenti
"dentro la tenda" in modo che siano incoraggiate a
contribuire in modo costruttivo alla soluzione dei
problemi globali e a condividere gli oneri delle numerose
sfide globali che i vecchi paesi industrializzati non
possono più pensare di risolvere in proprio. In terzo
luogo, sfide globali sempre più trasversali alle singole
agenzie e forum settoriali; quindi una visione integrata è
necessaria a livello di capi che attraversi le linee
ministeriali, settoriali, e di agenzia. In quarto luogo, le
riforme di altre istituzioni globali sono importanti, ma non
sono suscettibili di progredire rapidamente (Nazioni
Unite, istituzioni finanziarie internazionali, ecc.); E,
infine, l' F20 (G20) esiste già a livello ministeriale, ma
con una prospettiva ristretta alla finanza; un L20 può
essere creato dal semplice invito, senza complesse azioni
legali e senza aprire il vaso di Pandora di decidere chi è
dentro e chi è fuori del gruppo. L' L20, una volta
stabilito, potrebbe essere un forum efficace per portare
avanti la riforma in altre istituzioni a livello mondiale."
In un successivo articolo del Dicembre del 2008 intitolato Global
Governance Breakthrough: The G20 Summit and the Future
Agenda si plaude al nuovo G20:
" Su invito del presidente George W. Bush, i leader del
G20 si sono riuniti il 15 novembre 2008, a Washington,
DC, in risposta alla crisi finanziaria ed economica in tutto
il mondo. Con questo incontro al vertice la realtà della
governance globale si è spostata con rapidità
sorprendente. In precedenza, i principali problemi
economici globali, sociali e ambientali sono stati discussi
nella piccola, sempre più non-rappresentativa e spesso
inefficace cerchia dei leader del G8. Ora, vi è un più
grande gruppo di vertice molto più legittimo che può
parlare per più di due terzi della popolazione mondiale e
controlla il 90% dell'economia mondiale.
Il successo del primo vertice del G20 offre una
piattaforma su cui il Presidente eletto Obama può
costruire un approccio inclusivo e di cooperazione per
risolvere l'attuale crisi finanziaria ed economica.
Piuttosto che impantanarsi in un dibattito su quale paese
è dentro e quale paese è fuori del vertice, la nuova
amministrazione americana dovrebbe assumere un ruolo
guida per l'accettazione del nuovo quadro di vertice, per
ora, e concentrarsi sulle questioni di fondo. Oltre ad
affrontare la crisi attuale, i futuri vertici G20 dovrebbero
anche guidare la riforma delle istituzioni finanziarie
internazionali e ìndirizzare altri grandi problemi globali -
il cambiamento climatico, la povertà, la sanità e l'energia
tra gli altri. Con l'adesione di diversi e rappresentativi
paesi-chiave e con un processo ben gestito di
preparazione del vertice e di follow-up, la nuova struttura
di governance G20 dovrebbe consentire una più inclusiva
deliberazione e risposte più efficaci alle complesse sfide
globali e alle opportunità di oggi."

La proposta del Brookings Institute di istituire un G20 come via


per arrivare ad una Governance Globale è un esempio della
potenza del think tank messa in pratica.
Emilio Colombo, già incontrato nel World Political Forum, a
proposito del G20 afferma in un suo articolo datato giovedì 20
novembre 2008, che il G20 non è sufficiente e propone quello che
anche il Brookings Insitute vede tra gli obiettivi finali, ossia "i
futuri vertici G20 dovrebbero anche guidare la riforma delle
istituzioni finanziarie internazionali". Secondo Colombo Tra le
istituzioni esistenti due sembrano i candidati “naturali”: il
Financial Stability Forum (FSF) da una parte e il Fondo
Monetario Internazionale dall’altra. In un articolo del Brookings
Insitute dell' Ottobre 2007 dal titolo Riforma della governance
globale: Priorità d'azione leggiamo quali sono gli obiettivi ultimi
della riforma della governance globale:
"....A fronte di questi cambiamenti, le istituzioni globali
non stanno funzionando bene sia individualmente che
come gruppo. Le Nazioni Unite e le agenzie specializzate
delle Nazioni Unite, il Fondo Monetario Internazionale, la
Banca mondiale e le banche di sviluppo regionali, la
World Trade Organization, l'Organizzazione Mondiale
della Sanità, e il vertice del G8 - per citare solo le più
evidenti tra le istituzioni globali - sono a vari gradi
frammentate, non rappresentative e inefficaci, e, in
generale soffrono di un calo erosivo nella loro legittimità.
Esse sono sempre più fragili e incapaci di affrontare le
sfide globali del 21° secolo. La loro legittimità è
ulteriormente compromessa da due fattori: in primo
luogo, l'inazione che affligge molti principali problemi
globali, tra cui la fase di stallo dei negoziati commerciali
nell'ambito del Doha Round, persistenti squilibri
finanziari globali, il riscaldamento globale, e conflitti
mortali. In secondo luogo, vi è una situazione di stallo
sulla riforma nella maggior parte delle istituzioni globali,
nonostante ripetute iniziative per la loro ristrutturazione.
Di conseguenza, ciò che abbiamo oggi è un sistema
internazionale composto da una serie di istituzioni
internazionali che adempiono a mandati discreti. Ciò che
occorre è un orientamento strategico, una visione e una
leadership per le riforme istituzionali e di vertice,
identificando qui, nel loro insieme, questi fattori in grado
di creare un sistema di governance globale capace di
raggiungere l'obiettivo, la coerenza e il coordinamento
necessario per rispondere alle sfide globali.
Guardando avanti sarà fondamentale che le riforme delle
istituzioni globali rompano questa situazione di stallo.
Questa breve politica riassume le prospettive attuali e le
priorità per la riforma in un certo numero di importanti
istituzioni mondiali. Ci concentriamo sul Fondo
Monetario Internazionale, la Banca Mondiale, le Nazioni
Unite, e il vertice del G8. Altre importanti sfide a livello
istituzionale mondiale potrebbero e dovrebbero essere
affrontate. Ma queste istituzioni sono al centro del sistema
internazionale.

Gli obiettivi e le prospettive di riforma della governance


globale

La creazione di legittime istituzioni a livello mondiale


coinvolge obiettivi molteplici: in primo luogo, le
istituzioni devono essere rappresentative, nel senso che
devono dare un ruolo adeguato ai principali paesi del
globo. Allo stesso tempo, esse dovrebbero dare ai paesi
più piccoli una voce efficace, in modo da fornire loro
adeguata protezione per i loro interessi ed evitare che essi
vadano fuori dal sistema di governance globale
diventando "spoiler" o "stati canaglia". In secondo luogo,
le istituzioni devono essere efficaci, vale a dire, mostrare
dei risultati nei loro compiti di mandato, essere
rispondenti alle mutevoli esigenze globali, e agire in modo
trasparente e responsabile. In terzo luogo,
collettivamente, le istituzioni internazionali devono servire
come un efficace sistema di governance globale, vale a
dire, agire in modo cooperativo e costantemente oltre i
confini istituzionali e nello spirito della sussidiarietà
(assumendo come funzioni globali solo quelle che
veramente hanno bisogno di un'azione globale, vale a
dire, non possono essere gestite a livello nazionale o
regionale). Infine, le istituzioni internazionali dovrebbero
offrire opportunità per i leader nazionali e internazionali
di stringere coalizioni d'azione e di riforma, che
richiedono l'impegno degli attori chiave - in particolare
capi di stato - a lavorare insieme per affrontare le
questioni generali globali del giorno.
Naturalmente, riunire questi obiettivi non sarà facile.
Quindi, non c'è da meravigliarsi che le iniziative di
riforma delle istituzioni internazionali siano state difficili
da mettere in atto. Tuttavia, alcuni movimenti recenti,
anche se piccoli e in fase di arresto, danno qualche
speranza che le modifiche più significative potrebbero
essere possibili. Una questione fondamentale è se
l'energia che sembra essere stata iniettata nel recente
processo di riforma della governance globale sarà
mantenuta e accelerata, come se fosse una questione di
progresso graduale e deliberato, o se cadrà preda alle
forze di stallo - una situazione di stallo che potrebbe forse
essere rotta solo da una grave crisi del mondo. E 'stata,
dopo tutto, la crisi della seconda guerra mondiale, in
parte, un risultato del fallimento della governance globale
dopo la prima guerra mondiale, che ha portato alla
creazione della struttura attuale, che è ormai sclerotizzata
dopo 60 anni di esistenza. Una riforma graduale per
affrontare le sfide più urgenti a livello mondiale è di gran
lunga preferibile che agire in risposta alla crisi. Abbiamo
quindi riassumiamo qui di seguito quello che noi vediamo
come un'ambiziosa, ma realistica agenda per la riforma
del FMI, della Banca mondiale, delle Nazioni Unite e del
G8.

Riforma del FMI - incerto progresso

Dopo il 1997/8 con la crisi finanziaria dell'Asia dell'est,


sono stati compiuti sostanziali progressi nella creazione di
una politica sana macro finanziaria in tutto il mondo (con
l'eccezione del grave squilibrio tra il disavanzo corrente
degli Stati Uniti e le eccedenze in Asia orientale). Di
conseguenza, la necessità di finanziamento del FMI si è
drammaticamente ridotta, per ora. Tuttavia, come i
disturbi nei mercati finanziari globali durante l'estate del
2007 hanno messo in chiaro, la necessità di una macro
sorveglianza del Fondo Monetario Internazionale, di una
consulenza nel settore finanziario, e un stand-by della
capacità di finanziamento rimangono. Purtroppo, il
Fondo monetario internazionale soffre di un deficit di
legittimità a causa di una obsoleta distribuzione delle
quote di proprietà e di voti - che dà troppo poco spazio
alle economie emergenti in rapida crescita, soprattutto in
Asia - un processo di selezione restrittivo di leadership, e
una via insostenibile di finanziamento per le sue
operazioni.
Presso l'incontro annuale del FMI / Banca Mondiale a
Singapore nel settembre 2006 sono stati fatti alcuni
progressi iniziali nell'ambito del riequilibrio delle azioni
e dei voti, dando piccoli incrementi a Cina, Corea,
Messico e Turchia. Ora la sfida è quella di assicurarsi che
il processo continui con un serio riequilibrio
supplementare di azioni e di voti. Ciò dovrebbe includere
il restauro dei cosiddetti "voti di base" per i piccoli paesi,
la fornitura di un piano di protezione minima al di sotto
delle quote e dei voti che ciascun piccolo paese può
tenere. Sono anche sotto esame il rafforzamento della
base finanziaria e le funzioni di sorveglianza per il FMI.
L'incontro annuale del FMI/Banca Mondiale nell'ottobre
del 2007 mostrerà se è probabile un processo lungo queste
linee.
In aggiunta a questi passi importanti e urgenti, anche altri
sono necessari se davvero il FMI vuole riformare se
stesso. Una selezione non ristretta e basata sul merito del
Managing Director, un maggiore impegno per i suoi
mandati core, e un ridotto numero di posti di dirigenza nel
sul suo Comitato esecutivo, sono mezzi importanti per
rafforzare l'efficacia del Fondo monetario internazionale
e rafforzare la sua legittimità al di là del riequilibrio delle
sue azioni e dei voti.
Tali riforme significano che alcuni paesi membri dell'FMI,
soprattutto i cittadini europei come gruppo, vedranno la
loro ridotta influenza, la quale è ora sovrastimata e di
lunga permanenza. Una questione chiave è come aiutare
questi paesi ad accettare questa riduzione. Un modo
potrebbe essere quello di combinare la riforma con un
forte aumento delle quote del FMI in modo che nessun
paese perda il numero assoluto di azioni. Questo è, in
ogni caso, giustificato in vista di eventuali necessità di
finanziamenti, nel caso eruttasse una nuova crisi
finanziaria globale. Al di là di questo, tuttavia, in
considerazione della notevole perdita di voce europea in
seno al FMI, abbiamo sostenuto un "grande affare". Ciò
comporterebbe, da un lato, che gli Stati Uniti rinuncino al
loro diritto di veto presso il FMI e la Banca mondiale, in
cambio della rinuncia degli europei ad azioni, voti, e
sedie. In secondo luogo, gli Stati Uniti avrebbero
rinunciato alla loro prerogativa di nominare il presidente
della Banca mondiale, in combinazione con gli europei
che precedono in tale diritto presso il FMI. Cambiamenti
paralleli potrebbero essere effettuati presso le banche di
sviluppo regionali (il che significherebbe concessioni da
parte di altri paesi, compreso il Giappone). Infine,
sarebbe utile rompere il tradizionale parallelismo
nall'assegnazione delle parti nel FMI e nella Banca
mondiale, dal momento che, come discusso più avanti, ci
sono buone ragioni per far si che i donatori europei
(insieme ad altri grandi paesi donatori) mantengano una
voce più forte nella Banca rispetto al FMI.

La riforma della Banca mondiale - una possibile risposta


ad una crisi di legittimità e di leadership

La lunga discussione sul ruolo della Banca mondiale fu


ripresa nel 2007 durante la crisi di leadership sotto il suo
ex presidente, Paul Wolfowitz. Il ruolo di leadership
tradizionale della Banca Mondiale negli aiuti allo
sviluppo a livello mondiale è stato eroso per molte
ragioni. Come con l'FMI, la sua legittimità è stata
compromessa da una distribuzione obsoleta di parti, voti e
sedie, e con la prerogativa degli Stati Uniti di nomina del
Presidente della Banca. L'importanza della Banca è stata
anche minacciata dal calo della domanda di prestiti da
parte dei paesi in via di sviluppo a reddito medio, da una
maggiore concorrenza da parte di molti nuovi istituti per
gli aiuti per i paesi più poveri, e dall'aumento delle fonti
concorrenti di conoscenza sullo sviluppo e di consulenza.
Inoltre, la supposta mancanza di messa a fuoco della
Banca, il suo profondo, e provato impatto sullo sviluppo è
stato ampiamente criticato.
Tuttavia, ci sono molte ragioni per le quali la Banca
mondiale dovrebbe continuare a funzionare come un
finanziere e un consulente per lo sviluppo globale. La
ragione prima e più ovvia è che i problemi di sviluppo e le
sfide globali sulle questioni economiche, sociali e
ambientali sono sempre più pressanti. In secondo luogo,
non vi è altra istituzione internazionale che unisce le
caratteristiche distintive della Banca mondiale che la
rendono uno strumento unico adatto alle le sfide globali
di oggi. La sua appartenenza universale, la sua
comprensiva e multi-settoriale focalizzazione, la sua
esperienza con un'ampia serie di strumenti di
finanziamento, e la sua elevata capacità tecnica e
professionale nelle arene di analisi e di consulenza sono
ineguagliate da qualsiasi altra istituzione sul globo.
Naturalmente, la Banca mondiale ha bisogno di usare
queste capacità in modo efficace. Ciò richiede una
riforma. In primo luogo, la Banca ha bisogno di una
selezione non-ristretta del suo presidente basata sul
merito. E 'anche opportuno dare maggiore voce e voti ai
paesi riceventi e ai nuovi paesi donatori, mantenendo
allo stesso tempo un ruolo di guida per i principali
donatori. Ciò potrebbe essere realizzato lavorando sul
fatto che la BIRS (Banca di prestito commerciale per i
paesi a medio reddito) e l'IDA (il suo prestito a tasso
agevolato e finestra di sovvenzione per i paesi poveri)
hanno già parti, voti, e tavole legalmente separate. Per il
futuro, IBRD dovrebbe seguire ampiamente la riforma del
FMI, mentre IDA dovrebbe introdurre un doppio sistema
di voto a maggioranza che dà al più piccolo dei paesi
debitori una voce più forte e, al tempo stesso, offrire ai
paesi donatori (in particolare i generosi paesi europei) un
veto su quante risorse IDA sono utilizzate.
In secondo luogo, la pertinenza e l'efficacia della Banca
potrebbe essere migliorata in vari modi. Per i paesi a
medio reddito essa dovrebbe semplificare i suoi strumenti
di credito, fornire un più facile accesso alle entità sub-
governative nazionali, e offrire prestiti in valuta locale
(per evitare che il rischio di valuta indebiti i mutuatari
che non riescono facilmente coprire tali rischi). La Banca
europea degli investimenti prevede un modello adatto a
questo approccio. Per i paesi poveri, la Banca dovrebbe
sollecitare i donatori a canalizzare maggiormente le loro
risorse per gli aiuti tramite l'IDA. Per il sostegno dei beni
pubblici globali - un ruolo fondamentale che la Banca ha
bisogno di rafforzare - dovrebbe essere organizzato un
nuovo "Fondo per i beni pubblici globali" per fornire un
incentivo a base di finanziamenti per beni pubblici globali
in tutto il mondo. La Banca potrebbe anche migliorare la
propria consulenza politica collegando il suo lavoro di
ricerca e di analisi più strettamente con le sue attività
operative. Infine, si deve migliorare la sua efficacia
operativa attraverso la focalizzazione sulle linee
principali di attività; attraverso un impegno su interventi
più sostenuti a lungo termine e più scalati, piuttosto che
su tempi di correzioni di breve durata; e attraverso il
perseguimento partnership più aggressive con gli altri
donatori, compresi i nuovi donatori ufficiali, come la Cina
e l'India, e i donatori privati delle fondazioni e della
comunità delle ONG.

Riforma delle Nazioni Unite - speranze apassite per un


nuovo inizio

Se la riforma delle istituzioni finanziarie internazionali è


un compito difficile, è un'inezia in confronto con la
battaglia di riforma delle Nazioni Unite. Un importante
sforzo per riformare il sistema delle Nazioni Unite è stato
lanciato in preparazione per il Summit delle Nazioni Unite
"Millennium 5" del 2005. Esso ha incluso iniziative per
allargare la composizione del Consiglio di sicurezza,
tramutare il fino ad allora dormiente Economic and
Social Council (ECOSOC) in un efficace organismo di
coordinamento di economica globale e di politica sociale,
e razionalizzare le numerose frammentate agenzie delle
Nazioni Unite. Purtroppo nessuno di questi importanti
obiettivi è stato raggiunti al vertice. E' stato
successivamente sviluppato da un gruppo ad alto livello
che ha riferito al Segretario Generale nel novembre 2006
un ordine del giorno più limitato di riforma dello sviluppo
di attività umanitarie e per l'ambiente delle Nazioni Unite.
Una raccomandazione che è attualmente in fase di
implementazione su base pilota è il panel del concetto
"One UN", che mira a riunire le varie agenzie delle
Nazioni Unite attive in ogni paese al fine di meglio
coordinarne le attività. Il gruppo ha inoltre raccomandato
l'istituzione di un forum di leader ECOSOC, che potrebbe
servire come un più ampio organismo di vertice del G8
per le consultazioni e gli accordi globali sui problemi
economici e sociali. Tuttavia è per il momento poco
probabile che questa o altre lontane riforme di vasta
portata alle Nazioni Unite, come la riforma della
composizione del Consiglio di Sicurezza, la riforma
dell'ECOSOC, o una razionalizzazione del cumulo dei
mandati delle agenzie delle Nazioni Unite, siano in grado
di superare lo stallo politico che impedisce, purtroppo, le
iniziative di riforma serie all'organismo internazionale.

Riforma del Vertice G8 - la quantità di moto è in crescita

A parte la riforma delle istituzioni finanziarie


internazionali e il sistema delle Nazioni Unite, vi sono
molte altre importanti istituzioni e aree per la riforma
della governance globale, tra i quali l'OMC e l'OMS, così
come il settore ambientale e dell'energia. Ma a nostro
avviso nessun altro settore è maturo per la riforma ed è
importante come quello del vertice del G8. Abbiamo
sostenuto in due precedenti mandati di politica Brookings
(BPB # 131, aprile 2004, BPB e # 152, aprile 2006) che il
Vertice del G8 ha fatto il suo tempo come Forum di
consultazione a livello mondiale e di gruppo direttivo, in
particolare come il focus del G8 si sia scostato sempre più
dai problemi di coordinamento tra i membri del gruppo su
economia mondiale e questioni politiche.
Con il cambiamento dell'equilibrio di potere demografico
ed economico nel mondo è ormai palese che il G8 lascia
fuori i giocatori essenziali che devono essere al tavolo se
le questioni come la sicurezza globale, gli squilibri
finanziari, i negoziati commerciali, l'ambiente globale, la
povertà globale, il debito e gli aiuti, il Medio Oriente e
l'Africa devono essere discusse e gli accordi raggiunti
possano essere implementati in modo significativo.
Notiamo anche l'urgenza e la crescente interconnessione
delle sfide globali e lo stallo delle riforme delle principali
singole istituzioni internazionali. Pertanto, la creazione di
un efficace vertice mondiale è ormai fondamentale per la
creazione di un sistema di governance globale che
colleghi le istituzioni internazionali a vicenda e assicuri
che rispondano efficacemente alle sfide interconnesse che
devono affrontare. Abbiamo quindi proposto che i membri
del G8 siano ampliati, forse più facilmente raccogliendo
lo stesso gruppo di paesi che formano il gruppo dei
ministri delle finanze del G20.
Dal momento che abbiamo fatto queste proposte a partire
dal 2004, la necessità di un esteso forum di vertice non
solo è diventata più evidente; vi è ora una dinamica di
cambiamento. Nel 2007, sotto la presidenza tedesca, il
cosiddetto "Processo di Outreach", in base al quale capi
di Stato selezionati dei paesi non-G8 sono stati invitati a
partecipare ai vertici del G8 - è stato convertito in più
formale "Processo di Heiligendamm", con il quale cinque
paesi non-membri (Brasile, Cina, India, Messico e Sud
Africa) saranno permanentemente connessi con il G8.
Anche di nota è che i presidenti di Francia e Russia,
separatamente, hanno chiesto un allargamento dei
membri del G8 (seguito ai precedenti richiami da parte
degli ormai fuoriusciti primi ministri canadesi e inglesi).
E' anche diventato chiaro che più ampi possibili forum di
leadership possono spingere efficacemente il
cambiamento istituzionale in singole organizzazioni
internazionali, come è il caso del G20 dei ministri delle
finanze che spingono per la riforma del FMI.
Noi perciò vediamo una dinamica molto maggiore di
ampliamento della composizione del G8. Esso richiederà
una leadership da parte dei membri chiave del G8, in
particolare dagli Stati Uniti. Purtroppo, ci sono poche
speranze che l'attuale amministrazione americana
affronterà questo problema. Tuttavia, ipotizzando che un
nuovo presidente degli Stati Uniti abbia lo sguardo fissato
alla realtà mondiali nel 2009, sarà chiaro che la riforma
del G8 è nell'interesse degli Stati Uniti, in cerca di
risposte alle sfide globali attraverso il più ampio
partenariato globale.
Che importa se il G8 diventa un G13 (con il Brasile, Cina,
India, Messico e Sud Africa), o se si espande a un G20
(con l'aggiunta dell'Argentina, dell'Australia,
dell'Indonesia, della Corea, dell'Arabia Saudita e della
Turchia) o, come alcuni hanno sostenuto, se è sostituito da
vertici a "geometria variabile" . Geometria variabile
significa anche diversi altri paesi al di là di un piccolo
gruppo di base, con i membri supplementari a seconda
della materia in esame. Per noi, questo è interessante, ma
è in gran parte una questione accademica. Il problema
principale è che il G8 deve essere ampliato, e qualsiasi
significativa espansione (come il G13), sarebbe un
notevole passo avanti rispetto alla situazione attuale. Se
un'altra opzione - G20 o geometria variabile - sarà
idealmente preferità, non è davvero rilevante, se l'opzione
G13 è l'unica che può realmente essere attuata a breve
termine.
Conclusione

Vediamo una rinnovata energia nel corso delle discussioni


e anche alcuni progressi in materia di riforma della
governance globale. Se questo ritmo del cambiamento è
sufficiente, o se ci vorrà una grande crisi per apportare
cambiamenti fondamentali di ordine globale e a livello di
governance globale, resta da vedere. Ci auguriamo che le
idee specifiche che abbiamo presentato in precedenza
possano contribuire ad accelerare il graduale processo.
Sappiamo dalla storia e dall'amara esperienza che le crisi
globali causano devastazioni e sofferenze. La creazione di
un sistema di governance globale che riflette le nuove
realtà economiche e demografiche e risponda
efficacemente alle nuove sfide globali del 21° secolo è
urgentemente necessario per contribuire ad evitare le crisi
e creare un futuro migliore.
In un articolo del 25 settembre 2009 di Affari e Finanza de La
Repubblica leggiamo quali sono state le discussioni e i risultati del
G20 di PITTSBURGH:
" I leader dei G20 si impegnano a prendere le misure
necessarie per garantire una crescita forte, sostenibile,
equilibrata, per costruire un sistema finanziario più forte,
per ridurre gli squilibri nello sviluppo e per modernizzare
l'architettura della cooperazione finanziaria
internazionale. Questi gli impegni di massima contenuti
nel comunicato finale del summit di Pittsburgh... Il forum.
Il formato del G20 viene istituzionalizzato e viene
designato come il forum primario sulla cooperazione
internazionale in campo economico; per quanto riguarda
il G8, il suo formato ristretto non sarà archiviato e resterà
l'assise dove discutere di temi politici più
generali...Draghi candidato alla guida della Bce.
Secondo il Wall Street Journal, "al tavolo dei negoziati di
Pittsburgh, un uomo a cui guardare è Mario Draghi". In
un lungo articolo dedicato al governatore della Banca
d'Italia si afferma che in molti lo vedono come successore
di Trichet alla Bce. Draghi, sottolinea il quotidiano
finanziario, con il Financial Stability Forum "porterà le
raccomandazioni sulla spinosa questione di come limitare
i bonus, in modo da permettere alle banche di correre
meno rischi e avere bilanci più in salute". "
Sottolineiamo il Draghi candidato alla guida della bce;
ricordiamo che il presidente di Bankitalia spa Draghi è un
membro del Brookings Institution. Sulle ultime notizie di
Draghi presidente della bce visita i seguenti link:
Draghi parla da presidente Bce in pectore
La corsa per la presidenza della Bce Il governo: pronti a
sostenere Draghi

In un articolo del Corriere del 29 settembre 2009 intitolato Con


G20 nasce il nuovo ordine mondiale Ma il clima è il grande
sconfitto si approfondiscono i temi trattati al vertice del settembre
2009:

PITTSBURGH - G8 addio, il vertice principale tra i


grandi del pianeta diventa il G20 ma a Pittsburgh, e
probabilmente anche a Copenaghen, il clima è (e sarà) il
grande sconfitto. «A Copenhagen non ci aspettiamo che
possa essere definito e uscir fuori un trattato, ma un
accordo che potrà poi essere perfezionato nel tempo», ha
detto Silvio Berlusconi. E la delusione viene espressa in
modo netto dal presidente della Commissione europea,
José Manuel Barroso, che si è detto preoccupato per la
lentezza osservata nei negoziati internazionali sul clima, e
per la mancanza di progressi a Pittsburgh. «Non
nascondo la mia preoccupazione per i pochi progressi
realizzati», ha detto Barroso.

IRAN - Chiudendo il vertice, il presidente americano


Barack Obama ha detto che il mondo non era mai stato
così unito nel chiedere all'Iran di tenere fede alle sue
responsabilità internazionali in materia di nucleare.
«Teheran ha ricevuto l'ammonimento e dovrà dire la
verità sul suo programma nucleare nell'incontro del 1°
ottobre a Ginevra».

G20 - Il G20 sarà quindi l'unico a occuparsi di questioni


economiche mentre il G8, continuerà a riunirsi, ma si
focalizzerà su altre questioni, come la sicurezza nazionale.
Il G20 riunirà nel 2010 in Canada e in Corea del sud e
nel 2011 in Francia. Il G8 comunque «non muore» e
resterà come un luogo politico di confronto tra i Grandi.
«Non credo che questa sia la fine del G8», ha detto
Berlusconi, «perché mette insieme otto Paesi molto vicini
da valori, tradizioni e principi, mentre nel G20 ci sono
Paesi con altre tradizioni e altre origini, come la Cina. Il
G8 credo che continuerà ad avere un ruolo di rilievo su
temi politici, soprattutto relativi alla sicurezza. Il G20 è
impostato sui problemi dell'economia». Dal G20 nasce
una nuova intesa, che verrà denominata «Patto di
Pittsburgh» proprio dal nome della città della
Pennsylvania dove si è svolto il summit. Nel documento
finale del vertice, si legge infatti che nasce il patto di
Pittsburgh «per la crescita, con la creazione di un
framework per lo sviluppo sostenibile. Questo patto
prevede che il G20 diventi il forum dove i singoli Paesi
verificano l'implementazione e l'efficacia delle misure a
sostegno dell'economia».

IL NUOVO RUOLO DEL G20 - L'obiettivo di Pittsburgh


è quello di creare un framework, una cornice, per un forte
e sostenibile sviluppo. Un patto per una «crescita forte,
sostenibile e bilanciata», che passa, in primo luogo, per la
trasformazione del G20 in un forum permanente - a livello
di capi di Stato e di governo - dove i Paesi verificano in
maniera collettiva l'implementazione e l'efficacia delle
misure di sostegno, che vengono introdotte dai singoli. Il
Patto prevede una «conferma delle misure di stimolo
all'economia» il cui ritiro ora «sarebbe prematuro».
Niente exit strategy per il momento quindi anche se i
Grandi si riservano di metterle in campo «appena il
momento economico lo consentirà». Per raggiunge il
risultato il percorso tracciato nel framework per la
«crescita sostenibile» è, tra l'altro, quello di stimolare la
domanda interna, facendola passare da pubblica a
privata. E, ancora, assumere iniziative per banche e altre
istituzioni finanziarie«. Al fianco del G20 verranno
attribuiti più ruoli e collaborazione con il Financial
Stability Board (Fsb) guidato dal governatore di
Bankitalia Mario Draghi che dovrà essere allargato
anche alle economie dei Paesi in via di sviluppo e
emergenti. Già entro fine anno i ministri delle Finanze e i
governatori delle banche centrali dovranno avviare un
processo comune e coordinato di recepimento del
framework per la crescita. Riunione che potrebbe tenersi -
secondo le prime indiscrezioni - il 7 e l'8 novembre in
Scozia.

LE MISURE DECISE A PITTSBURGH - Ma oltre che


ridefinire il nuovo ruolo del G20, nel vertice di Pittsburgh
sono state prese diverse decisioni per riconfigurare
l'economia mondiale sconvolta dalla crisi. Vediamo le
principali.

DISOCCUPAZIONE - «In molti Paesi la disoccupazione


resta inaccettabilmente alta» e le condizioni per una
«ripresa della domanda privata ancora non ci sono». È
quanto si legge nel comunicato finale del G20 di
Pittsburgh in cui i Grandi «si impegnano a una forte
risposta politica fino a quando non ci sarà una ripresa
stabile. Ci muoveremo affinché quando la crescita
riprenderà crescerà anche l'occupazione». Il presidente di
turno del G20, il presidente Usa Barak Obama, ha
invitato il suo segretario al Lavoro a organizzare entro il
2010 un meeting internazionale, insieme all'Ocse, per
valutare l'evoluzione del mercato del lavoro.

PAESI EMERGENTI - Accordo del G20 per la revisione,


di almeno il 5%, delle quote di partecipazione al Fondo
monetario internazionale a favore delle economie
emergenti. Lo ha annunciato il direttore generale dell'Fmi
Dominique Strauss-Kahn. Il G20 inoltre trasferisce ai
Paesi emergenti almeno il 3% del proprio diritto di voto
all'interno della Banca mondiale.

CLIMA - Il G20 si è impegnato a «intensificare i nostri


sforzi, in cooperazione con le altri parti, per raggiungere
un accordo a Copenaghen», alla fine dell'anno, dove è in
calendario il vertice sulle nuove regole contro l'effetto
serra. Ma in una dichiarazione diffusa poco prima della
fine del Vertice, Il G20 ha raggiunto un accordo, senza
definire però una scadenza precisa, per lo smantellamento
progressivo delle sovvenzioni che alcuni Paesi, come
Russia e India, versano al settore delle fonti di energia
fossili, aumentando l'inquinamento.
BANCHE - Le banche - indica ancora il documento -
devono contribuire a stimolare la crescita nel breve
periodo assicurando un regolare flusso di credito a privati
e imprese mentre nel lungo periodo devono rafforzare la
propria base di capitale. Nel documento i leader
ribadiscono inoltre gli obiettivi di maggiore trasparenza
ed eticità del comparto finanziario onde evitare gli abusi
degli ultimi anni. In quest'ambito viene ritenuto opportuno
che i prodotti over the counter vengano trattati in mercati
regolamentati entro il 2012. Inoltre viene delegato al
Financial Stability Forum, l'organo guidato da Mario
Draghi, uno studio che vagli ipotesi su come garantire
maggiore trasparenza nei mercati dei prodotti derivati
evitando abusi e manipolazioni.

BANCHIERI - Gli stipendi dei manager saranno legati


«alle performance a lungo termine». Lo confermato
Obama. Non ci sarà l'imposizione di nessun tetto
generalizzato sui bonus, ma le autorità dei diversi Paesi
avranno il diritto di fissare limiti. È il compromesso
raggiunto e annunciato dal premier britannico Gordon
Brown. Secondo Brown le decisioni prese al G20
permetteranno di salvare 15 milioni di posti di lavoro in
tutto il mondo. I Venti si sono accordati per continuare a
dare una decisa risposta politica finché la ripresa non si
sarà consolidata, senza ritirare troppo presto le misure di
stimolo. Rivedere le politiche sui compensi dei manager è
«essenziale nel nostro sforzo per aumentare la stabilità
finanziaria», si legge nel comunicato finale del G20,
«allineando i compensi alla creazione di valore di lungo
terrmine», senza creazione di «rischi». Le linee operative
sui compensi elaborate dal Financial Stability Board,
presieduto da Mario Draghi, prevedono compensi per i
manager delle banche variabili per una quota del 40-
60%, revisione dei contratti di fine rapporto, inclusi i
paracadute d'oro, bonus garantiti per non più di un anno
e compensi differiti nel tempo e pagati in diverse tranche.

LOTTA ALLE SPECULAZIONI - Il G20 inoltre


condivide la necessità di combattere le speculazioni ed è
pronto ad agire su diversi fronti anche per evitare le
manipolazioni di mercato e contenere l'eccessiva volatilità
dei prezzi. Un tema, quello della lotta alle speculazioni -
fortemente sostenuto dall'Italia - che il documento finale
affronta in maniera trasversale. Sul fronte delle regole per
la finanza in primo luogo, stabilendo - ad esempio - che i
prodotti "over the counter" (sostanzialmente quelli non
regolamentati nei listini di Borsa), siano trattati sul
mercato entro il 2012. E affidando all'Fsb uno studio per
una maggiore trasparenza dei mercati per scongiurare
abusi. Occorre ricordare che la quotazione nei mercati
non regolamentati detti anche « over the counter» avviene
secondo il principio dell'incontro tra la domanda e
l'offerta soltanto; perciò il loro valore cambia
continuamente e in maniera decorrelata rispetto
all'andamento delle Borse Mondiali. La lotta alla
speculazione è poi anche sulle materie prime per
contenere l'eccessiva volatilità dei prezzi. Sui petrolio
viene affidato all'Oisco (International Organization of
Securuty Commission) il compito di studiare una
regolamentazione sui prodotti petroliferi «over the
counter». E misure sono previste anche per il mercato dei
prodotti alimentari.
In un articolo del Financial Times del 7 ottobre 2009, Gideon
Rachman afferma:
" Fin dall’inizio, l’Ue ha progredito a piccoli passi e su
questioni soprattutto economiche: si tratta del cosiddetto
“Metodo Monnet”. Monnet credeva che l’Europa sarebbe
stata costruita tramite “la comune gestione dei problemi
comuni”. È poi tanto diverso dal recente appello di
Barack Obama a trovare “soluzioni globali ai problemi
globali?”. Naturalmente, vi è ancora un enorme divario
tra le competenze dell’Ue moderna e quelle del G20, che
non dispone di un esercito di impiegati e funzionari in
grado di competere coi burocrati di Bruxelles. Non vi è
un’istituzione deputata a legiferare per il G20, né un
tribunale che giudichi l’osservanza delle stesse da parte
del gruppo. Né, infine, vi sono prospettive immediate che
lascino supporre che gli Stati Uniti o la Cina – entrambi
gelosi della loro sovranità – vogliano cedere qualche
potere importante a un’istituzione legislativa del G20.
Nondimeno, qualcosa di nuovo è nato. Per
comprenderne tutte le potenzialità, vale la pena
ricordare la Dichiarazione di Schuman del 1950, con la
quale si dette inizio all’integrazione europea: "L’Europa
non si farà di colpo, ma si edificherà per mezzo di azioni
concrete, che creino dapprima una solidarietà di
fatto".Il G20 ha ottenuto qualche risultato apprezzabile e
un nascente senso di solidarietà tra i membri di questo
nuovo, esclusivo club. Cosa accadrà adesso?"
Sia Rachman che il Brookings sono per la dittatura a piccoli
passi. Se infatti un impianto totalitario viene fatto di colpo, c'è il
rischio che la gente se ne accorga, se invece è fatto a piccoli passi
graduali con abbinata la retorica della risposta alle crisi, allora la
gente sarà ben lieta di abbracciare questo nuovo ordine.
Anche il Brookings Insitution è un credente della pseudoteoria del
riscaldamento globale, con annunci del tipo "il pianeta ha ancora
pochi anni davanti a sé prima che il processo di riscaldamento
diventi irreversibile"; anche per il Brookings il riscaldamento
globale è un'occasione ghiotta per arrivare ad una riforma
governance globale. A proposito di questo riportiamo un articolo,
tratto da Affari Internazionali, scritto da Federiga Bindi, il volto
governativo italiano del Brookings, in quanto ella che è al
contempo visiting fellow alla Brookings Institution e consigliere
del Ministro degli Affari Esteri italiano Franco Frattini :

Studio sulla governance globale promosso dal Mae


Guardando oltre L'Aquila
Federiga Bindi
07/07/2009

In vista del vertice dell’Aquila il ministero degli esteri


italiano ha avviato un’intensa attività di riflessione sui
principali temi dell’agenda internazionale con alcuni
prestigiosi think tanks americani, tra cui la Brookings
Institution, il Carnegie Endowment for International
Peace e Nti (Nuclear Threat Initiative). Si tratta di un
approccio assai comune nei paesi anglosassoni, che il
ministro degli esteri italiano ha voluto adottare anche in
Italia, innovando un’impostazione troppo spesso italo-
centrica dei lavori sulla global governante. In particolare,
la collaborazione tra il ministero degli esteri e la
Brookings Institution è culminata nel seminario The G8
and beyond: The Economic and Politics of a Global
Century che ha fornito molti spunti utili alla preparazione
del vertice dell’Aquila. Oltre agli aspetti legati alla crisi
economica e all’urgenza – condivisa quasi unanimemente
– di rilanciare i negoziati di Doha sulla liberalizzazione
del commercio internazionale, particolare attenzione è
stata dedicata alla lotta ai cambiamenti climatici.

Il contrasto al cambiamento climatico


A fine anno si terranno a Copenhagen i negoziati per il
post-Kyoto: il pianeta ha ancora pochi anni davanti a sé
prima che il processo di riscaldamento diventi
irreversibile. Secondo le stime più accreditate, i
finanziamenti necessari per avviare i processi di riduzione
delle emissioni e di adattamento ai mutamenti ormai
inevitabili (si parla di un aumento certo della temperatura
del pianeta di almeno due gradi entro la metà del secolo,
con forti impatti sull’ecosistema) ammontano a circa l’1%
del Pil mondiale. L’esigenza di porre il tema dei
cambiamenti climatici al centro del G8 dell’Aquila e del
G20 di Pittsburgh è stata dunque riconosciuta come molto
urgente. Nel seminario promosso dal Mae è emersa la
proposta di predisporre una sorta di “Piano Marshall”
per le energie rinnovabili, con una messa in comune di
mezzi e risorse per accelerare la ricerca - ad esempio per
risolvere il nodo dello stoccaggio dell’energia - tramite la
predisposizione di incentivi fiscali (e non solo) per
incoraggiare il risparmio energetico e l’utilizzo di energie
rinnovabili anche a livello domestico. Si è insistito, infine,
sulle potenzialità di progetti quali la Sun Belt in Medio
Oriente.

La sfida al cambiamento climatico è particolarmente


rilevante per il futuro dell’amministrazione americana.
Il Protocollo di Kyoto non è mai stato ratificato dagli Usa
e anche le nuove proposte avanzate dall’amministrazione
potranno scontrarsi con resistenze interne. Il 28 giugno
scorso il Congresso Usa ha approvato l’American Clean
Energy and Security Act. Sulla scia della direttiva
europea 20-20-20, la nuova legge prevede che entro il
2020 il 20% dell’energia provenga da fonti rinnovabili e
che entro lo stesso anno le emissioni di CO2 vengano
ridotte del 17% (dell’80% entro il 2050). La
partecipazione compatta dei democratici e il voto positivo
di otto repubblicani lascia ben sperare. Tuttavia, per la
ratifica dei trattati internazionali né il Congresso né il
Presidente sono sufficienti: servono infatti 70 voti su 100
in Senato e, a quanto pare tali numeri potrebbero non
esserci (per ora i Senatori democratici sono 59). Cosa
farà dunque il presidente americano a L’Aquila? Si
impegnerà nella speranza di convincere in seconda
istanza il Senato o, al contrario, cercherà di abbassare la
barra al minimo comun denominatore per non creare
nuove frizioni domestiche?

Quale riforma della governance globale


Il cambiamento climatico serve anche da eccellente
introduzione per un altro tema assai dibattuto nel
seminario di Roma: quello del futuro della governance
globale – o meglio del formato “migliore” per
realizzarla. Il delicato equilibrio è sempre quello tra
inclusività e rappresentatività da un lato ed efficienza ed
efficacia dall’altro. Il gruppo ha proposto un sistema a
“geometria variabile”, con il G8 (o il G13) quale nucleo
centrale e formati diversi a seconda dell’argomento in
agenda. In sostanza, si è dunque sostenuto che
l’approccio tematico proposto dalla presidenza italiana -
è l'argomento in agenda a decidere il formato non
viceversa - sembra essere il più pragmatico ed efficace.

Ma, si è sottolineato – e qui il collegamento con il


cambiamento climatico – non è questione solo di avere un
posto a tavola. Le economie emergenti dovranno anche
assumersi impegni concreti: la riduzione delle emissioni
CO2 ne è un esempio eccellente. In altre parole, c’è un
prezzo da pagare per diventare membri a pieno titolo
della governance globale e sta innanzitutto ai G5 decidere
se vogliono pagarlo o meno.

Infine, è auspicabile che i vertici tornino ad essere quello


che erano in origine: fori piuttosto informali dove
discutere liberamente, lanciare idee innovative, risolvere
problemi politici altrimenti di difficile risoluzione. Non
devono discutere dettagli tecnici, né tanto meno coltivare
la tentazione di sostituirsi alle istituzioni internazionali
esistenti, certamente in parte da riformare, ma non da
accantonare. Le stesse organizzazioni internazionali, del
resto, potrebbero contribuire all’efficacia dei G8, ad
esempio fornendo un piccolo segretariato permanente per
la preparazione e gestione dei vertici.

Le tematiche globali riguardano il futuro del mondo, e


dunque di tutti i cittadini. È necessario perciò che i leader
nazionali si sforzino anche di definire un’agenda
domestica coerente con gli impegni globali. Ciò può
essere a volte impopolare nell'immediato, ma nel più
lungo temine aiuterebbe a ridurre il crescente gap tra
leader politici e cittadini, contrastando le derive
nazionaliste e populistiche che frenano la cooperazione
internazionale.

Federiga Bindi è visiting fellow alla Brookings Institution


e consigliere del Ministro degli Affari Esteri, Franco
Frattini.

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