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ENCICLOPEDIA
LOGICA
M a r c o M o n d a d o r i - LOGICA
H i l a r y Putnam - DEDUZIONE/PROVA
EQUIVALENZA
FORMALIZZAZIONE
LOGICA
POSSIBILIT/NECESSIT
REFERENZA/VERIT
RICORSIVIT
p a g.4
p a g.14
p a g.23
p a g.33
p a g.42
p a g.73
p a g.83
p a g.92
Logica
156
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157
Logica
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' ^ambiguife'^'s^
tiTi~ tcnra secu^ionv
fonetica
graminai c j
analogia e metator
Logica
concetto
esistenza
ari{omntazione
interpretazione
linguaggio
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univcrsali/partcolai-i
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^iu1it|iiudtiiiiA
dicibile/indicibile
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distribuzione statist
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tcoria/prntica
ui'iiiijliaiizd
v:ilor
f gvoin-tri.i r
in v a r ia n te
d iffe r e n z ia le
fu n z io n i
antico/moderno
calendario
decadenza
catastrofi
ciclo
evento
periodizzazone
tem po/teznporalit
/iria7oiiaIu
mhnito
icrocosmo/microcosjno
mondo
udluxa
osservazione
reale
unit
^ c i i r v e e s u p o if ic i
com u nicazione
errore
informazione
enunciazione
')])osizione e allusione
referente
vero/falso
volont
a lc h im ia
astrologia
cabala
elementi
esoterico/essoterico
atlante
collezione
documento/monumento
fossile
m em oria
rovina/restauro
in fin ite s im a le
locale/f'lob alc
et mitiche
genesi
passato/presente
progresso/reazione
storia
armi
frontiera
guerra
imperi
n a z io n e
s is tc iii di r ife r im e n to
s ta b ilit / in s ta b ilit
tattica/strategia
alie n a z io n e
variazione
c o s c ie n z a / a u to c o s c ie n z a
im m a g in a z io n e s o c ia le
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discriminazione
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controllo/retroazione
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equilibrio/squilibrio
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ordine/disordine
organizzazione
sempiice/compli-sso
sisloina
s o g lia
naiurale^'artificialc
operativit :
, paradigma
prensione e potoibil.c
riduzione
ripetizione
picfl
( (TVcllo
COITIpftrl amento
c condizionamcnto
controllo sociale
emozione/motivazione
mente
vincolo
astronomia
cosmologie
gravita<cione
luce
spazio-tempo
>c nidlcaila
<.->]is>ivazi(>n'/inv:
foa/c.
pm icelU
apprendimento
autorcgolazione/equilibrazione
<iiij/ion c
induzione/deduzione
innato/acquisiU)
tliiLU
operazioni
percezione
quoziente intellettuale
cellula
differenziamento
immunit
individualit biologica
integrazione
invecchiamento
organism o
regolazione
sviluppo e morfogencsi
adattamento
evoluzione
mutazione/selezione
polimorfismo
specie
catalisi
macromolecole
metabolismo
omeostasi
orga nico/inorga nico
osmosi
vita
eredit
gene
genotipo/fenotipo
razza
sangue
Logica
anthropos
^/riproducibilt
lit
discorso '
finzione
generi
irrazione/narrativit
stile
tema/motivo
artigianato
artista
attribuzione
oggetto
produzione artistica
(onole/atonale
credenze
dialetto
enigma
fiaba
mostro
popolare
proverbi
colore
disegno/progetto
corpo
danza
maschera
moda
ornamento
scena
tradizioni
ateo
chierico/laico
chiesa
diavolo
eresia
libertino
libro
peccato
acro/proiiano
santit
amore
desiderio
eros
isteria
pulsione
som a/psiche
sonno/sogno
di
divino
eroi
iniziazione
magia
messia
millennio
persona
puro/impuro
politica
demoni
divinazione
mito/rito
mythos/logos
contadini
ideologia
masse
proletariato
rivoluzione
coltivazione
infanzia
morte
cultura m ateriale
origini
clinica
cura/no rmalizzazione
esclusione/integrazione
farmaco/droga
follia/delirio
medicina/medicalizzazione
industria rurale
materiali
prodotti
fuoco
hom o
mano/manufatto
tecnica
utensile
salute/malattia
sintomo/diagnosi
agonismo
cerimoniale
festa
feticcio
gioco
lutto
regalit
rito
borghesi/borghesia
burocrazia
classi
consenso/dissenso
egemonia/dittatura
intellettuali
libert
maggioranza/minorai
partiti
angoscia/colpa
castrazione e complesso
censura
identificazione e transfert
inconscio
sogno/visione
stregoneria
educazione
generazioni
vita/morte
nevrosi/psicosi
piacere
religione
acculturazione
civilt
futuro
selvaggio/barbaro/civilizzato
escrementi
fertilit
nascita
sensi
sessualit
vecchiaia
visione
abbigliamento
canto
testo
armonia
melodia
ritmica/metrica
scala
suono/rumore
cultura/culture
etnocentrismi
natura/cultura
economia
formazione economico-sociale
lavoro
m odo di produzione
propriet
riproduzione
transizione
accumulazione
amministrazione
capitale
comunit
crisi
conflitto
costituzione
distribuzione
(onsuetudine
lite
democrazia/dittatura
fabbrica
diritto
gergo
norma
gestione
gixutizia
gruppo
patto
imperialismo
istituzioni
marginalit
potere
impresa
iciponsabilit
opinione
potere/autorit
mercato
povert
pubblico/privato
merce
propaganda
societ civile
moneta
ruolo/status
abitazione
stato
pianificazione
socializzazione
acqua
profitto
societ
ambiente
rendita
spazio sociale
citt
salario
clima
utilit
ecumene
valore/plusvalore
agricoltura
insediamento
migrazione
citt/campagna
colonie
paesaggio
popolazione
commercio
regione
industria
risorse
spazio economico
suolo
sviluppo/sottosviluppo
terra
territorio
villaggio
casta
donna
endogamia/esogamia
famiglia
incesto
maschile/fer
matrimonio
alimentazione
animale
cucina
dom esticam ente
parentela
fame
vegetale
caccia/raccolta
dono
ecceden te
pastorizia
primitivo
reciprocit/ridistribuzione
totem
uomo/donna
abbondanza/scarsit
bisogno
consumo
imposta
lusso
oro e argento
pesi e misure
produzione/distribuzione
ricchezza
scambio
spreco
Logica
Deduzione/prova, Equivalenza, F orm alizzazione,
L ogica, Possibilit/necessit, Referenza/verit, R icorsivit
I.
I l problema di Locke-Berkeley.
S im m agini Euclide alle prese con la dim ostrazione della proposizione che
afferma : in ogni triangolo i tre angoli interni sono uguali a due angoli retti ( la
proposizione 32 del prim o libro degli Elementi). T u tto quello che egli ha a dispo
sizione sono certi postulati , essenzialmente proposizioni che affermano la pos
sibilit di certe costruzioni geom etriche (ad esem pio; il primo afferma la possi
bilit di tracciare una linea retta da ogni punto a ogni punto ) e di certe nozioni
com uni , essenzialmente proposizioni ovviam ente vere di carattere non specifi
camente geom etrico (ad esempio : la prim a afferma che cose uguali ad una stes
sa cosa sono fra loro uguali). Sia linsieme dei postulati e delle nozioni com u
ni e cr la proposizione 32. Il problem a di Euclide era dunque: g implicata d a &
ovvero, cr una conseguenza di S Intuitivam ente, questo significa chiedersi se a
vera in ogni stato di cose in cui vera ogni proposizione in 6. N aturalm ente,
il modo pi naturale per stabilirlo di costruire una dim ostrazione. L a m iglior
descrizione di Euclide al lavoro quella data da K an t nella Critica della ragion
pura {Kritik der reinen Vernunft, 1787): Egli com incer senzaltro a costruire
un triangolo. In quanto egli sa che due angoli retti presi assieme equivalgono alla
somm a di tutti gli angoli contigui, che possono venire costituiti, partendo da un
punto, sul semipiano limitato da una retta che contiene quel punto, egli prolunga
allora un lato del suo triangolo, ed ottiene due angoli contigui, la cui som m a
uguale a due angoli retti. D i questi due angoli, egli divide poi quello esterno,
conducendo una linea parallela al lato opposto del triangolo, e vede sorgere cosi
un angolo contiguo esterno, che uguale ad un angolo interno, ecc. In tal modo,
mediante una catena di inferenze egli giunge, sem pre guidato dallintuizione, ad
una risoluzione del problem a pienam ente evidente, e al tempo stesso universale .
L e costruzioni eseguite da E uclide sono rappresentate nella figura seguente :
Il problem a che subito sorge come possa valere per ogni triangolo una con
clusione che E uclide stabilisce per il particolare triangolo A B C . Sia T r ( A B C ) la
proposizione che i punti A B C determinano un triangolo e F { A B C ) che la som
ma degli angoli interni di A B C vale un angolo piatto. L a catena di inferenze
sviluppata da Euclide sembra al pi stabilire che la proposizione Se T ( A B C ),
allora P ( ^ C ) segue da . M a che cosa giustifica l inferenza da Se T i ( A B C ) ,
Sistematica locale
354
2.
355
L ogica
a derivabile (diciam o nel senso dei Principia) da & nel caso in cui a
sia una conseguenza di S ?
3.
356
357
Logica
l unico sim bolo di questo tipo sia il sim bolo predicativo a due posti R. Questo
significa che le espressioni di base, le form ule atomiche, saranno del tipo
xRy oppure xly. L e ulteriori espressioni saranno form ate a partire da queste
ultim e applicando un num ero finito di volte i sim boli che rappresentano i con
cetti logici. Si otterranno cosi ad esempio
(2)
{^ x){Y y )xR y
(3)
L e espressioni cosi ottenute saranno dette form ule (del prim ordine). Esse si tra
sform eranno in proposizioni vere o false a seconda del modo in cui si sceglie il
dominio di oggetti U e si interpreta R , essendo per ipotesi gi fissate le inter
pretazioni di , V , V e /. Cosi, scegliendo U come linsieme dei num e
ri naturali e interpretando R come quellinsieme di coppie di elem enti di U ,
{a, b), tali che a minore di b, la ( i) d luogo alla proposizione falsa che un n u
mero naturale minore di tutti (falsa perch nessun numero naturale pu essere
minore di se stesso); la (3) d invece luogo alla proposizione vera che un numero
naturale m inore di tutti gli altri.
C om e si vede, iti questo esempio i quantificatori , e cio e V , sono
stati fatti variare su elementi di U ; il loro campo di valori stato cio ristret
to a tali elementi. Si consideri ora un sim bolo predicativo ad un posto, P, e
lo si tratti come una variabile, in modo da ammettere tra le espressioni ad esem
pio anche ( P ) (V) ~,Px. In tal caso, il campo di valori di sar costituito
dai sottoinsiemi di U e ( P ) (Vx) ^ P x , com unque si fissi U , esprimer la pro
posizione vera che esiste un sottoinsieme di U cui nessun elemento di U appar
tiene. L a logica in cui ai quantificatori viene consentito di variare anche su sot
toinsiemi arbitrari di (o relazioni su) U viene detta logica del secondordine. V i
sono naturalmente possibilit intermedie in cui il campo di valori include non
sottoinsiem i arbitrari di U ma solo i sottoinsiemi fin iti di U oppure i num eri na
turali; in tal caso si parla rispettiva,mente di logica del secondordine debole e di
w-logica.
U n esempio dar un senso pi concreto dei poteri espressivi della logica
del prim ordine, di ci che si pu dire limitando le risorse espressive a quelle
del prim ordine. Si supponga di essere interessati a un dato dominio di oggetti U
e di voler dire che un ben definito sottoinsieme P di U finito. Si aggiunga allora
al corredo di sim boli un sim bolo extra-logico P, a un posto, la cui interpreta
zione sar tale sottoinsieme P di U . Ora, dire di P che finito equivale a dire
che esiste un numero naturale n, tale che P ha al massimo n m em bri (o pi tec
nicamente, tale che la cardinalit di P al massimo n). N on allora diificile ve
dere che la form ula seguente esprime al prim ordine lafferm azione che P ha car
dinalit al massimo n (per = 1, 2, 3, ...):
(4)
V . . . Vx+i/iCi)))
(T ah form ule vengono denotate con P - ). L a prima parte della (4) afferma che
in U esistono n individui, non necessariamente distinti, che appartengono a P ;
la seconda parte (quella che inizia con (V *) ) aggiunge che ogni individuo in
358
P coincide con uno di tali n individui. D unque, la (4) sar vera rispetto a un dato
U e a una data interpretazione di P, diciamo P, se e solo se P ha al massimo
n elementi. Si dice cosi che la nozione di insieme di cardinalit m inore o uguale
a caratterizzabile, o assiomatizzabile, al prim ordine. M a lo anche quella di
insieme finito arbitrario? D ire che lo significa dire:
(5)
Esiste un insieme di form ule del prim ordine, diciam o F , tale che le for
m ule in F sono vere in tutte e sole le interpretazioni che assegnano a
P un sottoinsieme finito di U .
Per ogni insieme di form ule del prim ordine vere in ogni interpreta
zione che assegna a P un sottoinsieme^m'io di U , esiste anche u n in
terpretazione che assegna a P un sottoinsieme infinito di U e in cui
esse sono pure vere,
4.
Verit e conseguenza.
359
Logica
(7)
uno dei contributi dell articolo di T arski gi citato l aver dato una versione
matematicamente precisa di questa fam iglia di concetti (riferim ento, verit, con
seguenza; cfr. larticolo Referenza/verit ). Certo, essa incorporava una teoria
del significato che non era filosoficamente neutrale, e cio la teoria, gi form ulata
da Frege e nota come teoria classica, secondo cui, come afferma Brouwer, indi
pendentem ente dal pensiero umano, esiste una verit, parte della quale espri
m ibile per m ezzo di enunciati detti proposizioni vere. U sando il term ine 'fa l
so per 'converso del vero , la teoria classica assume che, in virt del cosiddetto
principio del terzo escluso, ciascun asserto vero o falso indipendentem ente
dalla possibilit di qualunque essere umano di riconoscerlo come tale. in que
sto senso che la logica del prim ordine nella versione considerata viene detta
classica . L attacco di Brouw er e della sua scuola (soprattutto H eyting) a que
ste assunzioni ha dato luogo, a partire dal 1930, alla principale alternativa at
tualmente disponibile alla logica classica, quella intuizionista. Qualche anno do
po, nel 1936, considerazioni di carattere diverso, essenzialmente fisiche, por
tavano Birkhofi e Neum ann a formulare una seconda interessante alternativa:
la cosiddetta logica quantistica. Il dibattito sul senso in cui tali logiche sono dav
vero alternative alla logica classica tu ttora aperto.
5.
360
L a nozione di logica dei prim ordine anche uno strum ento per com pren
dere meglio la nozione di derivabilit di Russell. Consente in particolare di sco
prire che non tutti gii assiomi logici di Russell sono del prim ordine e dunque
di isolare entro questa nozione il suo frammento del prim ordine. proprio
questo uno dei contributi del lavoro di H ilbert e Ackerm ann gi citato. Certo, la
nozione risultante di derivabilit era particolarmente artificiale , non rappre
sentava cio fedelm ente leffettivo modo di procedere delle ordinarie dimostra
zioni m atematiche. Cosi, nel 1934, nelle sue Ricerche sulla deduzione logica {Untersuchungen iiher das logische Schliessen), G entzen affermava; Il mio punto di
partenza stato questo ; la form alizzazione della deduzione logica, in particolare
come stata sviluppata da Frege, Russell e H ilbert, si discosta alquanto dalle for
me di deduzione usate nella pratica delle dim ostrazioni m atem atiche. A l contra
rio, io ho inteso principalm ente fornire un sistema che fosse il pi vicino possi
bile alleffettivo ragionamento. Il risultato stato un "calcolo della deduzione na
turale . Inteso da G entzen essenzialmente com e uno strum ento per realizzare
il cosiddetto program m a di H ilbert, e cio per dimostrare con m etodi epistem o
lgicamente sicuri la non-contraddittoriet della matematica classica, scossa
dal paradosso di Russell e m inacciata dalla critiche degli intuizionisti, esso di
venne poi - a partire dagli anni 60 e grazie soprattutto ai contributi di Pravv^itz
e K reisel ~ uno strumento estremamente potente per lanalisi della nozione ge
nerale di dim ostrazione.
Il calcolo della deduzione naturale dava naturalmente luogo ad una nozio
ne di derivabilit estensionalmente equivalente sia al fram m ento del prim ordine
di quella di Russell, sia a quella di H ilbert. Perci, agli effetti della ( i) non ha
importanza quale viene considerata. Si scriver allora
(8)
Shpa,
3I
Logica
Il teorem a di com pletezza del 1930 ristabiliva cosi, almeno al prim ordine,
l armonia perduta tra la com ponente sintattica e semantica della nozione intuiti
va di dimostrazione. In pi, com e ha notato Kreisel, dal risultato di G od ei con
seguiva anche l adeguatezza della nozione formale di conseguenza del prim or
dine rispetto a quella intuitiva, naturalm ente ristretta a form ule del prim ordine,
rappresentata qui con
a . Intuitivam ente, lo si gi notato, = ct signi
fica che CT vera in ogni stato di cose in cui vera ogni form ula in . Ora, ben
ch si possa riconoscere che
(10)
dato che le strutture insiem istiche costituiscono tipi particolari di stati di cose ,
non affatto ovvio il riconoscimento del converso della (10),
(11)
che im plica che, almeno al prim ordine, la nozione di struttura insiem istica
esaurisce quella di stato di cose .
Si assuma allora che valga
(12)
ty ff.
gfyC T.
S 1=%
D unque, la (12) im plica la (15); perci, data la (10), al prim ordine, nozione
intuitiva e nozione form ale di conseguenza coincidono, cio la nozione formale
adeguata rispetto a quella intuitiva. M a, in tal caso, di nuovo per la (9) la logica
del prim ordine ammette una procedura di dimostrazione com pleta non solo ri
spetto alla relazione form ale di conseguenza, ma anche a quella intuitiva.
T uttavia, come spesso accade, qualit eccellenti generano difetti preoccupan
ti. Vediam o come. Riform uliam o in primo luogo con m aggiore precisione la (6)
come segue :
(16)
Per ogni insieme di form ule chiuse del prim ordine, ad esempio P , se
ogni formula in F vera in ogni interpretazione (U , f) tale che f( P )
finito, allora esiste u n interpretazione (U ', f') tale che f'(P ) infinito
e ciascuna form ula in F vera in (U ', f').
362
Ora, non difficile vedere che il corollario del teorema di com pletezza detto teo
rema di com pattezza o finitezza, o ancora di G od el-M alcev ( Se ogni sottoinsie
me finito di ha un modello, allora lo stesso ha un m odello), im plica la ve
rit della (16). Sia infatti F come nellipotesi della (16). Sia
a^,
una lista di
simboli individuali nessuno dei quali ricorre in form ule di F . Si consideri linsie
me F ' che risulta da F aggiungendo a F ogni form ula della form a
(17)
per i ^ j e i , j = i , 2, 3, ...
363
Logica
cem ente che (T vera in ogni struttura insiemistica. M a si gi visto che vero
in ogni struttura insiemistica una versione precisa di vero in ogni stato di
cose o, com e si potrebbe anche dire, vero in ogni mondo possibile. D a L e ib
n iz fino a W ittgenstein, come vere in ogni mondo possibile sono state consi
derate le verit logiche. Si dice cosi che a una verit logica se e solo se 0 |y ct.
M a c davvero bisogno di m obilitare l intero apparato della teoria degli insiemi
per caratterizzare la nozione di verit logica? Proprio il teorema di Lw enheim Skolem (oltre a quello di com pletezza) consente una risposta negativa. L o si con
sideri nella versione di H ilbert-Bernays:
(18)
Se una form ula si trasforma in una form ula aritmetica vera per ogni
sostituzione delle sue form ule atom iche con form ule aritm etiche, al
lora essa vera in ogni interpretazione (cio una verit logica).
Se (T una verit logica, allora a si trasforma in una form ula vera per
ogni sostituzione delle sue form ule atomiche con form ule in A.
Sistematica locale
364
6.
I teoremi dincompletezza.
M olto prim a di Quine, nel 1930, H ilbert aveva avanzato una proposta nello
stesso spirito, ma ancor pi radicale, per definire la nozione di verit logica. Inve
ce di far riferim ento a form ule aritm etiche vere, H ilbert aveva supposto che fosse
sufliciente far riferim ento a form ule aritmetiche derivabili entro un particolare
sistema formale (noto come Z). Cosi, la definizione, interamente sintattica, pro
posta da H ilbert identificava le verit logiche con le form ule tali che tutti i loro
esempi di sostituzione sono derivabili in Z.
una delle molte conseguenze della dimostrazione che G od ei diede del fatto
che la nozione di conseguenza del secondordine non form alizzabile, e cio del
primo teorem a d incom pletezza, che tale definizione di H ilbert inadeguata-, esso
im plicava infatti che la nozione di verit aritm etica irriducibile a quella for
mula derivabile entro un particolare sistema formale.
gi stato notato che al secondordine la nozione di num ero naturale uni
voca, esiste cio un insieme di form ule F (dette assiomi di Peano), tale che u n in
terpretazione modello di F se e solo se isom orfa allusuale struttura dei num e
ri naturali. Perci, data una form ula aritm etica a, sar esclusa l eventualit tipi
ca del prim ordine che essa sia vera in alcune interpretazioni e falsa in altre: cr
sar vera o in tutte o in nessuna. Perci, per dimostrare che non esiste una proce
dura di dim ostrazione com pleta al secondordine, sar sufficiente costruire una
form ula a tale che n a n la sua negazione sono derivabili da F . Precisamente,
una formula di questo tipo costru G odei nel suo articolo del 19 31 sulle Propo
sizioni formalmente indecidibili dei Principia mathematica e di sistemi affini ( tJber
formai unentscheidbare Satze der Principia mathematica und verwandter systeme),
il cui risultato principale G od ei stesso riassumeva cosi nel 1930: Se agli assiomi
di Peano si aggiunge la logica dei Principia Mathematica... si ottiene un sistema
formale S per cui vale il seguente teorem a: " I l sistema S non com pleto; cio
esso contiene proposizioni A (che si possono effettivamente costruire) tali che
n A n A sono dim ostrabili .
N aturalm ente, questo risultato vale sotto l ipotesi della non-contraddittoriet
(0, come anche si dice, della consistenza) di S . T uttavia, e questo il secondo
teorema d incom pletezza, G od ei dimostr che tale ipotesi non dim ostrabile in
S-. Anche se si ammettono tutti i metodi logici dei Principia (e dunque in parti
365
Logica
colare la logica del secondordine e l assioma di scelta)... non esiste una dimostra
zione di consistenza per il sistema S ... Perci, una dimostrazione di consistenza
per il sistem a S pu essere svolta solo per m ezzo di m odi di inferenza che non
sono form alizzati nel sistema S stesso.
Infine, in una nota aggiunta nel 1963 allarticolo citato sulle Proposizioni fo r
malmente indecidibili, G odei affermava che era ormai possibile dare una versione
com pletam ente generale del prim o e del secondo teorema di incom pletezza. I
successivi lavori di T u rin g, notava G odei, consentivano infatti di dare una defi
nizione precisa e adeguata della nozione generale di sistema form ale sulla cui
base diventava dim ostrabile in modo rigoroso che in ogni sistema form ale consi
stente che contenga una certa quantit di teoria dei num eri finitaria esistono pro
posizioni indecidibili, e cio proposizioni A tali che n A n ^ A sono dim ostra
bili, e che inoltre la consistenza di ciascuno di tali sistemi non pu essere dim o
strata entro il sistema stesso.
Poteva a questo punto rimanere, soprattutto nei matematici, ancora un di
sagio : il metodo godeliano per costruire proposizioni indecidibili dava luogo a
proposizioni di nessun interesse per l effettiva pratica m atematica. In ogni caso,
il loro contenuto intuitivo era lasserzione della loro stessa non-dim ostrabilit.
U n recente risultato di Paris e H arrington ha per sistemato per il m eglio anche
questa faccenda, presentando un teorema ragionevolm ente naturale di com bi
natoria finita, che, bench vero, non dim ostrabile nellaritmetica di Peano.
N on solo i risultati del 1931, ma gli stessi m etodi im piegati per ottenerli eb
bero in seguito sviluppi di straordinaria im portanza (logica, m atem atica e filo
sofica). T r a questi forse il principale quello d ellaritm etizzazione , che con
sente di tradurre in term ini puram ente aritm etici nozioni di carattere sintattico
come quella di derivabilit. L o strum ento essenziale per operare questa tradu
zione fu messo a punto dallo stesso G od ei : si tratta della nozione di funzione ri
corsiva, gi utilizzata in precedenza da D edekind, Skolem , H ilbert e Ackerm ann
ma di cui G odei per prim o diede una definizione precisa. G eneralizzata dallo
stesso G od ei nel 1934, seguendo un suggerim ento che H erbrand gli aveva dato
in una lettera del 1931, essa costituisce attualmente, anche grazie ai contributi
(1936-37) di Post, Kleene, C hurch e T u rin g, la m iglior esplicazione della nozione
intuitiva di operazione o procedura meccanica. Secondo G odei, l im portanza di
questa nozione largam ente dovuta al fatto che con essa si per la prim a volta
riusciti a dare una definizione assoluta, che non dipende cio dal form alism o
scelto, di una nozione epistem olgicam ente interessante. D a questo punto di
vista, il prim o teorema d incom pletezza pu essere riform ulato in m odo parti
colarmente suggestivo: non esiste alcuna procedura m eccanica in grado di ge
nerare tutte e sole le verit aritm etiche. C om e ha notato K reisel, questa scoperta
non certo inconsistente con la convinzione intuitiva che il ragionamento m ate
matico non m eccanizzabile. anzi proprio questa convinzione a rendere inte
ressante la scoperta di regole form ali adeguate per certe branche elem entari della
matematica come i ragionam enti puramenti logici concernenti i quantificatori o
la geom etria euclidea elem entare; la scoperta mostra che, dopo tutto, alcune par
ti della matematica sono m eccanizzabili.
Sistematica locale
366
7.
L a logica modale.
367
Logica
cosa si sta m odellizzando in logica m odale? Forse, una risposta almeno parziale
a questa domanda la dnno i recenti risultati di Boolos in cui possibilit e neces
sit m odellizzano rispettivam ente le nozioni di consistenza con l aritmetica
di Peano e dimostrabilit n ellaritm etica di Peano . Sem bra questa una via
particolarmente interessante per ottenere un a m iglior com prensione del fenom e
no dellincom pletezza in tutte le sue ramificazioni.
8.
Conclusione.
Sistematica locale
368
3&9
Logica
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Deduzione/prova
Deduzione/prova
486
L articolo Logica offre num erosi elem enti per ritenere che il realismo si
stia riaffermando com e posizione rigorosa nella filosofia della m atematica. Per
esempio si citano le opere di filosofi e logici cosi diversi com e Q uine, Godei,
K reisel, W ang, Parsons, Putnam . T u tta v ia il realismo nella filosofia della ma
tem atica stato tradizionalm ente associato a generi di filosofia metafisica che
oggi non sono accettabili. U n a delle cose pi interessanti circa l odierno revival
del realismo che alcuni, ma non tutti, tra i nuovi realisti tentano di dim o
strare che si pu essere realisti in m atematica senza essere metafisici nel
senso peggiorativo del term ine. In parte, questi sforzi sono rappresentati da
nuove im postazioni del concetto di dim ostrazione matematica che mettono in
risalto l analogia tra matematica e scienza em pirica. Se questi tentativi riusci
ranno a creare una nuova corrente intellettuale vitale (e ci vorranno forse molti
decenni per dirlo, la filosofia non infatti un cam po m olto rapido), l impatto
con tutto ci che pensiam o circa la scienza e la conoscenza um ana potr essere
senza dubbio grande. C i pu im plicare nientemeno che il crollo del positi
vismo/nominalismo/empirismo com e filosofie ufficiali della scienza (ufficiali nel
senso che sono ufficialm ente approvate dalla m aggior parte degli scienziati) e
il sorgere di un nuovo m ovimento realista che riapra l intera questione della
struttura della conoscenza umana. (V i sono analogie evidenti tra riproporre
la questione relativa alla struttura della conoscenza nella scienza e il lavoro
di psicologi e linguisti strutturalisti com e Piaget e C hom sky; m a una tratta
zione di queste analogie porterebbe fuori dai lim iti del presente articolo).
L a discussione circa la nozione di dim ostrazione porr in evidenza questa
possibilit e prester relativam ente meno attenzione alle tradizionali filosofie
della m atematica - logicism o, intuizionism o, formalismo - che hanno cessato
di avere grande peso sia nel lavoro matematico sia nella filosofia contem po
ranea.
L a nozione di deduzione suscita grande interesse, anche per le molte in
terrelazioni con altri campi. V i sono, come si vedr, stretti legam i tra deduzione
e ricorsivit e tra deduzione e form alizzazione. Infine la possibilit che le leggi
della logica possano non essere verit necessarie, che per lo m eno alcune leg
gi della logica siano passibili di revisione per ragioni em piriche, com e alcune
leggi della geom etria classica vennero riviste per ragioni em piriche, solleva pro
blem i seri ed interessanti per lintera nozione di deduzione.
Poich la dimostrazione definita in term ini di deduzione, sinizier a trat
tarle, in questo articolo, da questultim a nozione.
I.
Deduzione.
487
Deduzione/prova
cos non-problem atica, com e invece appare, sia quello di esaminare alcuni ar
gom enti pro o contro una particolare tesi relativa alla nozione di deduzione.
Seguendo un suggerim ento di M artin D avis, la tesi in discussione verr chia
mata tesi di Hilbert, malgrado H ilbert non l abbia mai enunciata esplicitam en
te. Eccola.
TESI DI H ILBERT. L a nozione matematica informale di deduzione, cio la no
zione implicita quando si afferma di dedurre un teorema dagli assiomi di una
qualche branca della matematica, correttamente form alizzata dalla logica del
primo ordine.
Sono necessarie alcune spiegazioni. L ogica del primo ordine (il term ine fu
introdotto nel secolo scorso da Charles Sanders Peirce e venne usato da L
wenheim , il quale adott la notazione di Peirce, nel saggio in cui dim ostra il
famoso teorema che porta il suo nome) la teoria che deriva dall algebra del
le relazioni (essa stessa, storicamente, una generalizzazione dellalgebra delle
classi di Boole) con laggiunta dei quantificatori, cio, delle espressioni per
ogni X)> e. esiste un x)). Peirce chiam questa teoria primo ordine poich
in essa non compaiono quantificatori sulle relazioni, ma solo quantificatori su
g li individui. C osi l espressione 'S e ogni cosa F , allora qualcosa F (nei
sim boli solitamente usati, (x)F xz> {E x )F x ) un principio appartenente alla
logica del prim o ordine; invece lespressione 'Esiste un F tale che qualcosa
F oppure ogni cosa F (in sim boli, {EF){{Ex)Fx\/{x)Fx)) non appartiene
al primo ordine perch esiste un F un quantificatore applicato a relazioni
(propriamente parlando, un quantificatore su classi, ma le classi contano co
m e relazioni), e non a individui. T u tti i sillogism i di Aristotele appartengono
allam bito della logica del prim o ordine (per esempio, il famoso Barbara: il
sillogismo 'T u tti gli S sono M , tutti gli M sono P , perci tutti gli S sono P
pu essere espresso nella form a 'S e per ogni x, S x im plica M x , e per ogni
M x im plica P x, allora, per ogni x, S x im plica P x , o, nella solita simbologia,
(x ){S xo > M x)-{x)(M x ^ P x)'o {x ){S xz> P x)) e tutti i principi dellalgebra delle
relazioni del secolo x ix possono essere analogamente espressi nell ambito del
la logica del prim o ordine (per esempio, la famosa inferenza di D e M organ
'S e tutti i cavalli sono animali, allora tutte le teste dei cavalli sono teste di ani
m ali , che non trova giustificazione entro lintero corpus della logica tradizio
nale di Aristotele, pu essere espressa con lo schem a 'Se, per ogni x, H x im pli
ca A x , allora, per ogni x, se esiste un y tale che x C y & Hy, allora esiste un y
tale che x C y e A y , o, nei soliti simboli, {x){H xz>Ax)z^{x){{Ey){xCy-H y):D
{E y ){x C y .A y )).
D ire che la nozione di deduzione form alizzata correttam ente dalla logica
di primo ordine come dire che ogni dim ostrazione in m atem atica inform ale
pu essere scritta, dopo u n appropriata ricostruzione razionale, con le notazio
ni della logica del prim o ordine e che, inoltre, ci pu essere fatto in m odo
tale che ogni passaggio nella deduzione riscritta possa essere giustificato con
una delle regole della logica del prim o ordine (non si definiranno qui queste
regole, ma esse sono in realt poche e sem plici e di applicazione cosi m eccani
Deduzione/prova
488
ca da potersi facilm ente program m are su un com puter. In effetti, i com puter
vengono oggi usati per verificare m eccanicam ente le dim ostrazioni, riscriven
dole essenzialm ente in questa formalizzazione).
L a tesi di H ilbert dice sostanzialmente che in un certo senso la logica
logica del prim o ordine. L a logica del secondo ordine (che am m ette quanti
ficatori su classi e relazioni), quella del terzo ordine (che am m ette quantifi
catori su classi di classi), del quarto ordine, ecc. non sono propriam ente logica,
ma parti della teoria degli insiemi. L a teoria degli insiemi e l aritm etica non
sono logica, m a sono le teorie assiomatiche di speciali oggetti (num eri e insiemi).
Il com pito tradizionale della logica - inquadrare la nozione di deduzione com pletam ente adem piuto dalla parte pi elementare dellargom ento, la lo
gica del prim o ordine. T u tto il resto di ci che oggi viene chiam ato logica
propriamente matematica.
M a in che modo si pu sapere se la nozione di deduzione stata compietamente inquadrata? C om e possiamo essere sicuri che niente stato trascurato
e che non stato incluso qualcosa di superfluo?
L a risposta solita che la dim ostrazione di validit (la dim ostrazione che
tutti i principi della logica del prim o ordine sono validi e che le regole man
tengono validit, in modo che tutti i teorem i del prim o ordine risultino validi)
m ostra che non stato incluso niente di superfluo. Perci la logica del primo
ordine inquadra la nozione di deduzione (cio la nozione di principio valido
di deduzione) al suo interno; la dimostrazione di validit m ostra che ogni
elenco di tutti i principi validi di deduzione deve includere almeno l intera
logica del prim o ordine. M a, nel 1930, K u rt G odei riusc (attraverso diffcili
argom entazioni metamatematiche) a mostrare che la logica del primo ordine
completa'. G o d ei dimostr che se un principio esprim ibile con le notazioni
del primo ordine non un teorema del sistema, allora un certo esempio, ot
tenuto per sostituzione di quel principio nella notazione della teoria dei nu
meri, risulta falso e perci il principio non pu essere incluso nella nostra
teora della deduzione perch esso non valido. In questo m odo la dimostra
zione di com pletezza m ostra che nessun elenco di principi validi di deduzione
(espressi nelle notazioni del primo ordine) pu includere pi che la logica del
primo ordine. Cos, procedendo con l aiuto della dim ostrazione di validit e
con quella di com pletezza, si nella felice posizione di poter provare che
stata inquadrata esattamente la nozione di principio valido di deduzione.
L argomento appena fornito stato anche usato per dim ostrare che non si
potrebbero cam biare in modo ragionevole i principi logici ammessi. Questo
non un problem a sem plicem ente filosofico, nel senso di non-pratico. Sebbe
ne l opinione di M ill, sullessere i principi della geom etria contingenti, possa
essere sembrata allo stesso tempo poco plausibile e d interesse m eram ente spe
culativo quando venne formulata, lo sviluppo della geom etra non-euclidea e
della teora della relativit ha costretto ad amm ettere che M ill aveva ragione,
e che il carattere em pirico della geom etria di fondam entale im portanza per
la fisica. O ggi m olti fisici e filosofi sono deUopinione che alm eno alcuni prin
cipi della logica sono contingenti, e che l interpretazione corretta della m ec
489
Deduzione/prova
Deduzione/prova
490
tola - mostra solo che qualche logica deve essere fssa in ogni contesto. M a
buona parte della logica fissa - nel senso che non viene chiam ata in causa nel dibattito tra difensori della logica m odulare e difensori della logica classi
ca nella m eccanica quantistica. Il fatto che, in ogni contesto, ammesso che si
voglia im postare una discussione che abbia significato, alcuni principi debbo
no essere fissati, non dimostra certo che gli stessi principi debbano essere fissati
in tutti i contesti. (Inoltre, anche se dovesse risultare che alcuni principi logici
sono richiesti a priori nella discussione, non detto che questi siano necessa
riamente tutti i principi della logica classica). U n numero sem pre crescente
di filosofi riconosce che il cosiddetto metodo scientifico varia con il tempo e
non u n entit fissata astoricam ente; se si dovesse riconoscere che anche la
stessa teoria della deduzione cambia, poco male!
A nche se si accetta la logica classica, largom entazione considerata in fa
vore della tesi di H ilbert mostra solo che i teorem i della logica del primo ordine
sono esattamente i principi form alm ente validi del ragionam ento che possono
essere espressi nei term ini della sim bologia relativa alla stessa logica del primo
ordine ; non esistono altri principi formalmente validi di ragionamento che possa
no essere espressi nei termini di quei simboli. M a perch non si dovrebbe poter
arricchire il linguaggio della logica del prim o ordine? Se si aggiungessero delle
ulteriori costanti logiche - per esempio, dei quantificatori tipo 'Esistono in
finiti X tali ch e , oppure nozioni m odali come ' possibile ch e e ' necessario
che - allora, naturalmente, diverrebbe possibile stabilire ulteriori principi di
ragionamento formalmente validi.
2.
Credo che la natura della dim ostrazione matematica sia un problem a filo
sofico che vada purtroppo riaperto e riesaminato. Si definita una dimostra
zione come una deduzione dagli assiomi m atem atici accettati. Strettam ente
parlando, questa pi una ricostruzione razionale del concetto, che una de
scrizione dellaccezione attuale, vista attraverso la storia dellargom ento. Per
ci, mentre divenuto di uso com une nel secolo x x rendere espliciti tutti i
postulati della m atem atica moderna attraverso ricostruzioni assiom atiche (co
sicch le dim ostrazioni fornite da un m atematico contem poraneo potrebbero
essere facilm ente riform ulate com e deduzioni derivate dagli assiomi matema
tici accettati), nel corso di quasi tutta la storia della m atem atica gli assunti
erano im pliciti nelle notazioni e nelle pratiche di calcolo, che non erano sem
pre definite esplicitam ente in form a di assiomi o postulati. Perci si pu real
mente dire che una dim ostrazione matematica una deduzione da assiomi o
assunti matem atici accettati, dove questi ultim i possono essere im pliciti piut
tosto che espliciti. M a da dove derivano questi assiomi e assunti matematici
accettati?
(Esiste un altro aspetto del problem a relativo alla natura della dim ostra
zione; la natura della deduzione. C om e si visto, questa si riporta al problema
491
Deduzione/prova
della natura della logica. Partire dal problem a delle origini degli assiomi e
assunti matem atici accettati partire da un diverso gruppo di questioni, ma,
ovviam ente, i due gruppi sono intim am ente connessi).
Partir da quello che sem bra essere a prim a vista un caso del tutto specia
le: l assioma di sostituzione nella teoria degli insiemi.
L a moderna teoria degli insiem i nasce con il lavoro di Zerm elo. G li assio
mi di Zerm elo descrivono un universo di insiem i che giacciono in quelli che
ora si chiam ano ranghi. Esiste un unico insiem e di rango zero - l insieme
vuoto (nella matematica pura; nella m atem atica applicata, insiem i di oggetti
individuali, per esem pio oggetti fisici, possono essere considerati di rango zero).
T u tti i sottoinsiem i di un dato rango - tutti gli insiemi i cui elem enti giaccio
no nel rango dato - appartengono al rango successivo. In questo m odo, il ran
go uno contiene linsieme vuoto e linsiem e il cui unico elem ento linsieme
vuoto (si osservi che linsiem e vuoto appartiene a ogni rango, dal mom ento
che un sottoinsiem e - il sottoinsieme vuoto - di ogni rango); il rango due
contiene l insiem e vuoto, l insiem e il cui unico elemento l insieme vuoto, lin
sieme il cui unico elem ento l insieme il cui unico elemento linsiem e vuoto,
e linsiem e costituito dallinsiem e vuoto e dallinsieme il cui unico elemento
l insieme vuoto; ecc. facile vedere che un insieme di un qualunque rango
appartiene a ogni rango superiore. Questa struttura ricorda palesem ente la teo
ria dei tipi di Russell: infatti, i ranghi sono proprio ci che diventano i tipi
di Russell se si attribuisce loro la propriet di essere cum ulativi, cio se ogni
insieme di un dato tipo pu appartenere a ogni tipo superiore. Tu ttavia, R us
sell non estese la sua gerarchia dei tipi nel transfinito (ed per questo che egli
doveva postulare l esistenza di infiniti individui). Zerm elo estese il suo sistema
di ranghi oltre i ranghi finiti (cio, esiste un rango w, un rango 4 - 1 , un rango
( + 2,...), essendo il rango co l unione di tutti i ranghi finiti. C osi Zerm elo otten
ne degli insiem i infiniti (per esempio linsieme costituito dallinsiem e vuoto,
dal singleton dellinsieme vuoto, dal singleton del singleton dellinsieme vuoto...,
dove il singleton di x rappresenta linsiem e il cui unico elemento x). M a Z e r
melo non ottenne insiem i infiniti abbastanza grandi - insiem i di cardinalit
infinita sufficientemente alta - da sviluppare gran parte della teoria dei cardi
nali transfiniti d i Cantor. Perci si rese necessario un qualche assioma forte
dell infinito, un assioma che garantisse l esistenza di insiem i m olto grandi.
V on N eum ann (che contribu anche alla descrizione della teoria degli in
siemi di Zerm elo in term ini di ranghi) propose com e soluzione di questo pro
blem a l assioma di sostituzione. M entre l enunciazione esatta dell assioma tec
nica, lidea che ne sta alla base abbastanza facile da spiegare: ci che l as
sioma cerca di esprim ere il concetto che ogni collezione di insiem i che abbia
la stessa cardinalit di un insiem e, e cio ogni collezione di insiem i che possa
essere messa in corrispondenza biunivoca con un insieme, essa stessa un
insieme. (Per esempio, ogni collezione num erabile di insiem i autom aticam ente
un insieme). C i ha per effetto di spingere la successione dei ranghi ad esten
dersi m olto lontano nel transfinito.
Pochi m atematici vollero riconoscere l assioma di sostituzione com e in
Deduzione/prova
492
493
Deduzione/prova
C redo che questo sia proprio il caso in questione. Certam ente l intuizione
svolge un ruolo nella nostra accettazione dell assioma di sostituzione, ma un
ruolo enorme - di fatto decisivo -- svolto dal successo pratico d ellassioma.
Ci che le filosofie della m atem atica tradizionali non sono in grado di am m ette
re l im portanza epistem ologica della pratica matematica. L assioma di sosti
tuzione ha avuto successo nel senso che ha condotto a uno sviluppo poderoso
ed attraente della teoria degli insiemi. E questo, e nientaltro, ha reso certa e
consolidata la sua posizione com e assioma. In breve, in questo c qualcosa
di quasi-em pirico, qualcosa di analogo alla conferm a d una teoria scientifica
nelle scienze naturali.
Si sarebbe potuto usare un altro esem pio per lo stesso processo, il processo
di conferm a quasi-em pirica di un assioma m atem atico: lesempio relativo al
lassioma della scelta.
D ifendendo l assioma contro la critica di Peano (si veda a questo proposito
Zerm elo [1908]), Zerm elo afferma che l assioma intuitivam ente evidente e
necessario alla scienza. Riportando num erosi esempi relativi alluso dellas
sioma nella teoria degli insiem i bench esso non fosse mai stato form ulato
nei manuali, Zerm elo argom enta com e un uso cosi estensivo di un princi
pio possa essere spiegato solo dalla sua evidenza intrinseca, che, ovviam ente,
non va confusa con la sua dimostrabilit. N on ha im portanza se questa evi
denza intrinseca in certo grado soggettiva - essa senza dubbio fonte ne
cessaria di principi matematici, anche se non uno strumento delle dim ostra
zioni m atem atiche, e lasserzione di Peano che esso non ha niente e che fare
con la m atem atica ignora fatti palesi. M a la questione che pu essere oggetti
vamente decisa, se il principio sia necessario nella scienza, preferirei a questo
punto metterla in discussione citando num erosi teoremi e problem i elementari
e fondam entali che, secondo me, non potrebbero affatto essere trattati senza
il principio della scelta. (Q ui Zerm elo fornisce un elenco di teorem i per i
quali necessario l assioma della scelta).
M entre l espressione 'evidenza intrinseca sembra oggi troppo forte, Z e r
melo ha sicuram ente ragione nel ritenere che lintuizione conti qualcosa. D opo
tutto, nessuno propone di aggiungere l ipotesi di Riem ann riguardante gli zeri
della funzione zeta come un nuovo assioma della teoria dei num eri, anche se
essa possiede una gran quantit di conseguenze molto interessanti. M a sin
golare che ci che Zerm elo caratterizzava come oggettivo non era l evidenza
intrinseca dellassioma, ma la sua necessit per la scienza. O ggi non solo l as
sioma della scelta, ma lintero edificio della moderna teoria degli insiem i viene
convalidato in base al grande successo che ottiene nelle applicazioni m atem ati
che, in altre parole, sulla base della necessit per la scienza.
Se questo vero, sorge im m ediatam ente la questione seguente: questo uso
di metodi quasi-em pirici nella m atem atica un fenomeno nuovo, un fenom eno
apparso solo con lo sviluppo della teoria cantoriana degli insiemi, oppure esso
si sem pre verificato? Esistono nella storia della m atematica esempi relativi
a questo medesimo processo, che siano precedenti e convincenti?
Deduzione/prova
3.
494
U n esem pio di questo tipo, m i pare, rappresentato dalla geom etria ana
litica di D escartes. C om e per la m atem atica araba che la precedette, essa non
venne presentata in form a esplicitam ente assiomatica; piuttosto, gli assunti
sono im pliciti nelle notazioni e nelle pratiche di calcolo. S i ha per lim pressio
ne che D escartes usasse la variabile x estendendola a quelli che oggi si defini
rebbero num eri algebrici, cio num eri che sono gli zeri di equazioni algebriche
a coefficienti razionali, e forse anche ad altri reali - a quel tem po i logaritm i
erano gi stati sviluppati - , bench il concetto di num ero reale, nella sua pi
ampia accezione, non venga sviluppato com pletam ente fino al secolo xix. L as
sunto im plicito dal quale dipende la geom etria analitica di D escartes (per
darne una definizione la pi generale possibile) che ogni num ero algebrico
reale corrisponde ad un segm ento sulla retta. (N el secolo x ix questo verr svi
luppato nell assunto della corrispondenza biunivoca che conserva la distanza
tra i numeri reali e i punti della retta). Orbene, questo assunto non pu essere
provato allinterno della geom etria euclidea. Per alcuni num eri algebrici reali,
ad esempio la radice quadrata di 2, si pu dimostrare attraverso una costru
zione geom etrica che esiste sulla retta un tale segmento, m a per la maggior
parte dei num eri algebrici reali (per non parlare dei logaritm i!) tale costruzio
ne non esiste. Se si assume il principio degli intervalli incapsulati (per ogni
successione d intervalli chiusi incapsulati esiste almeno un punto che appar
tiene a tutti gli intervalli della successione), o altri simili, si pu di fatto di
mostrare che ogni num ero reale (non solamente ogni num ero algebrico reale)
corrisponde a un segm ento sulla retta, ma tale principio non evidente a meno
che non si creda gi a una corrispondenza tra num eri reali e punti sulla retta!
Personalm ente credo che qui l intuizione abbia certam ente svolto un certo
ruolo; ma ancora una volta, un ruolo enorme - un ruolo decisivo - fu svolto
dal successo della geom etria analitica nella pratica. L assunto ch e ogni num ero
algebrico reale corrisponde a un segm ento ebbe successo nel senso che con
dusse a una tecnica attraente e potente, atta a trattare problem i geom etrici
con metodi algebrici, una tecnica che risult fondam entale per lo sviluppo del
calcolo e dellintero apparato della fisica m atematica. Q uesto e non altro ha
reso certa e consolidata la posizione della corrispondenza tra num eri reali (ini
zialmente, reali algebrici) e segm enti. Essa divent evidente perch divent
fondamentale per la pratica matematica.
L assunto di Descartes, o piuttosto l assunto cosi com e venne sviluppato
dai lavori dei m atem atici del secolo x ix che culm inarono con quello di W eierstrass, pu essere enunciato nel modo seguente:
PRIN CIPIO DI CORRISPONDENZA. Esiste una corrispondenza biunivoca che con
serva l ordine e la distanza tra i punti della retta e i numeri reali.
495
Deduzione/prova
linea retta una nozione confusa e che questa una spiegazione che
elimina l am biguit; m a tutto ci appare molto poco plausibile. Per contro,
il principio di corrispondenza un assunto sostantivo che pone in relazione
gli oggetti dellintuizione geom etrica con gli oggetti d ellintuizione aritmetica.
E, se abbiam o ragione, esso possiede lo stesso status d ellassioma della scelta:
accettato in parte sulla base dellintuizione, ma soprattutto perch, per usare
le parole di Zerm elo, il principio necessario per la scienza. Se abbiamo
ragione, la matematica si estesa - ha aggiunto ci che equivaleva agli assiomi
addizionali, anche se essi non erano form ulati nei manuali - attraverso pro
cessi quasi-em pirici m olto prim a che venisse sviluppata la teoria cantoriana
deglinsiemi. E questo processo non venne discusso n dai m atem atici n dai
filosofi poich entram be le com unit gravitavano nella stretta dellim m agine
filosofica tradizionale della matematica, intesa come una disciplina a priori fon
data su verit eterne.
4.
A n che se serve a poco m oltiplicare sem plicem ente gli esempi, non diffcile
trovare ulteriori casi nei quali gli assunti della matematica, im pliciti o espliciti,
vennero estesi soprattutto sulla base del successo teorico o tecnico, cio per il
fatto che alcune nozioni (che possedevano, certamente, un grado di evidenza
o plausibilit intuitiva) si dim ostratone il fondam ento di teorie e tecniche ma
tematiche potenti. G li stessi num eri reali algebrici non furono postulati espli
citamente, ma sinsinuarono nel pensiero matematico pressoch inconsciam ente.
M entre un G reco antico avrebbe detto sem plicem ente che l equazione x= 2
non am m ette soluzioni, gli A rabi avrebbero scritto
(i)
* = 1 ,4 1 4 ...
Deduzione/prova
496
Insiemi arbitrari di reali (essi stessi pensati come determ inati insiemi di ra
zionali) erano gi familiari ai tem pi in cui Cantor lavorava. E Boole aveva
gi esplicitam ente riconosciuto gli insiemi (o classi, com e li chiam ) come
oggetti m atematici, nella sua algebra della logica. Senza dubbio, Cantor giun
se molto pi avanti dei suoi predecessori; ma senza i suoi predecessori, anche
la nozione di insieme di insiemi avrebbe potuto sembrare bizzarra, come
sembra bizzarra oggi alla m aggior parte dei profani. (Q uine ha messo in evi
denza nel suo libro Set Theory and its Logic [1963] che il sem plice uso delle
spressione insiem e di , in s e per s, non porta necessariamente a riconoscere
gli insiemi com e oggetti, per non parlare poi della form azione di insiemi di
insiemi). A n ch e nel caso in cui gli assiomi matematici paiano del tutto intrin
secamente evidenti - come oggi per gli assiomi di com prensione della teoria
dei numeri del secondo ordine (questi sem plicem ente afferm ano l esistenza di
vari insiemi di numeri interi matematicamente definibili) - questa evidenza in
trinseca spesso evidenza intrinseca nellambito di una teoria che essa stessa il
risultato sia di una costruzione astratta sia di una vasta pratica matematica,
non un fatto assolutamente im m une da revisioni, un carattere apodittico ga
rantito da una capacit non-em pirica di, appunto, riconoscere ci che in
trinsecam ente evidente .
5.
497
Deduzione/prova
Deduzione/prova
498
6.
499
Deduzione/prova
Deduzione/prova
500
euclidea non avrebbero potuto essere contraddette da alcun esperim ento, tutta
via esse vennero rovesciate (come descrizione dello spazio attuale) dopo lin
venzione della geom etria non-euclidea e dopo che la teoria della relativit cre
un nuovo contesto teoretico. Se l evidenza intrinseca dipende dalle nostre teorie
e dalle applicazioni che da esse derivano, allora, dal m om ento che le nostre
teorie si sviluppano e variano continuam ente, ci dobbiam o aspettare che nuove
cose possano diventare evidenti . (In questa im postazione, a differenza che in
G odei, cose che erano in precedenza evidenti possono anche cessare di esserlo.
D al punto di vista di G odei, m ettere in discussione ci che era ritenuto prece
dentemente intrinsecam ente evidente equivale ad amm ettere un errore: la
nostra vista eterea non sarebbe cio stata messa a fuoco sufficientem ente bene).
C i che pi originale ed im portante nella filosofia della matematica di
G odei, tuttavia, non ha niente a che fare con la sua im postazione preem piricistica e prekantiana circa i concetti e lintuizione . C i che colpisce mag
giormente che a differenza di altri filosofi della m atem atica di stam po aprio
ristico, egli riconosce gli aspetti quasi-em pirici della m atem atica e non li re
lega al livello di sem plice psicologia . E gli disposto a basare la conoscenza
matematica sui due supporti dellintuizione (della quale fornisce u n interpreta
zione sostanzialm ente medievale) e della verifica pratica. sorprendente e sug
gestivo che due filosofi cosi distanti nel m odo di vedere e nei presupposti come
Quine e G od ei - un em pirista radicale e un platonista radicale - abbiano po
tuto convergere n ellidea che gli assiomi m atem atici vengono conferm ati (al
meno in parte) dalla loro necessit per la scienza e che la conoscenza del
l esistenza di oggetti matematici ricalca la conoscenza dellesistenza degli
oggetti materiali.
7.
Conclusione.
501
Deduzione/prova
in base ad argom entazioni strettam ente com binatorie, che se si procede nella
scienza empirica cercando di elim inare le ipotesi una per una, esaminando in
modo esaustivo tutte le ipotesi che com unque non superano una certa com ples
sit, le probabilit di incappare n ellipotesi vera, in un dato ambito - ammesso
che essa esista-sarebbero estrem am ente piccole. L intuizione um ana non in
fallibile com e l apriorista vorrebbe (n gli insuccessi possono essere tutti de
gradati al rango di abbagli e sviste) ; ma essa m olto m iglior gu ida alla verit
o alla verit approssimata di quanto l em pirista sappia spiegare. In una nuo
va im postazione concettuale, ci si trova di fronte a un problem a invero molto
antico: qual la natura dellintuizione umana, e perch essa funziona cosi
bene? [ h . p .].
G od ei, K .
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Equivalenza
I.
2.
Equivalenza
548
discusso largomento nel suo grande trattato epistem ologico Experience and
Prediction [1938] e l ha anche applicato in im portanti libri sulla filosofia dello
spazio e del tem po [1928] e sulla filosofia della meccanica quantistica. Bench,
a nostro parere, il trattamento dellequivalenza in Reichenbach non sia riu
scito, le difiicolt e le tensioni nel lavoro di Reichenbach illustrano m irabil
mente i problem i in questo campo.
Secondo i positivisti (intesi da Reichenbach come gli aderenti alle idee ini
ziali del C ircolo di Vienna, quali quelle espresse per esempio nel famoso libro di
A yer Language, Truth and Logic [1946]) il significato di una asserzione con
siste nel suo metodo di verifica. In una form a molto prim itiva, che A yer non
condivise, la verifica era supposta definitiva: le esperienze avrebbero verifica
to o falsificato unasserzione per sempre (questa forma sopravvive oggi, spe
cialmente fra i sociologi, col nome di operazionismo). Se questa teoria positi
vista del significato fosse risultata corretta, lequivalenza sarebbe facilm ente
spiegata; due asserzioni sarebbero conoscitivamente equivalenti quando le stes
se esperienze le verificano e le stesse esperienze le falsificano. Per Reichenbach
indic una difiicolt decisiva per questa form a di verificazionism o : in gene
rale un risultato osservabile, ad esempio losservazione di una lettura di con
tatore in fisica, verifica u n asserzione empirica (ad esempio L a corrente pas
sa nel filo) solo con una certa probabilit, e non in modo definitivo. L opera
zionismo e il positivismo rozzo distorcono l efi^ettivo funzionam ento dei con
cetti scientifici, travisando ci che in realt una inferenza probabilistica (che
richiese la conferm a di una larga parte di teoria fisica) in una sem plice appli
cazione di una cosiddetta definizione operazionale. L asserzione L a cor
rente passa nel filo se e solo se lago del voltm etro deviato viene a volte ri
ferita come una definizione operazionale, ma ci non com porta che sia una
stipulazione di significato. In realt, solo approssim ativam ente vera; u n as
serzione pi accurata sarebbe Il 99 per cento delle volte la corrente passa nel
filo se e solo se lago del voltm etro deviato, o qualcosa del genere.
Reichenbach propose quindi la seguente teoria probabilistica del signi
ficato :
1) U n asserzione significante se e solo se possibile (tramite le proce
dure della logica induttiva, di cui Reichenbach era una delle massime
autorit a quel tempo) assegnare ad essa un peso, cio una valutazione
di probabilit, in qualche situazione osservabile e fisicam ente realizzabile.
2) D ue asserzioni hanno lo stesso significato se e solo se esse ricevono lo
stesso peso in ciascuna di tali situazioni.
Se si applicano questi due principi non solo a singole asserzioni ma anche
a intere teorie, come Reichenbach intendeva, si ha un criterio per lequiva
lenza conoscitiva, che ci che si cercava. M a con tale criterio sorgono dei
problem i, com e si vedr presto.
Prima per va esaminato l uso che Reichenbach stesso fece del suo criterio.
In un affascinante discussione (il mondo cubico) egU m ette in guardia con
tro un possibile fraintendim ento della sua teoria : egli non la intende in modo
549
Equivalenza
che due teorie con le stesse conseguenze controllabili risultino descrizioni equi
valenti.
3.
I l mondo cubico.
Equivalenza
550
4.
551
Equivalenza
5.
Equivalenza
552
553
Equivalenza
6.
Equivalenza
554
7.
L a prim a idea che logici e filosofi della scienza misero alla prova era molto
naturale: essi cercarono di render conto dellequivalenza delle diverse descri
zioni che sorgono dalla scelta di sistemi diversi nella relativit ristretta come
di un caso di sem plice varianza notazionale. Essendo em piristi (come quasi
tutti i filosofi della scienza) essi lo fecero in un modo che in accordo con la
tradizione dell em pirism o classico. Considerarono il cosiddetto linguaggio osservativo , cio la term inologia usata per riportare le osservazioni fatte in cia
scun sistema, com e se fosse un linguaggio neutrale. In verit asserzioni come
U n osservatore in A ha visto il suo orologio segnare le 12 quando ha schiac
ciato il pulsante sono neutrali nella relativit ristretta, nel senso che sono
vere in ogni sistema se sono vere in A stesso (ovviam ente, esse non sono neu
trali nel senso di non presupporre alcuna teoria, ed questo il punto in cui la
fiducia degli em piristi nella nozione di linguaggio osservativo in, filosofia della
scienza risult mal posta. M a ci non invalida lattuale discussione). Avendo
a disposizione un linguaggio neutrale, essi cercarono di mostrare com e termini
55 5
Equivalenza
Equivalenza
556
8.
5 57
Equivalenza
teoria fisica possono essere state accettate originalm ente per convenzione, altre
possono essere state adottate sulla base di esperimenti, ma una volta accettate
esse hanno lo stesso status. Non esiste Vanaliticit nelle teorie scientifiche.
(Quine ha una volta paragonato la domanda Quali asserzioni di una teoria
fisica sono definizioni? alla domanda Quali luoghi dell O hio sono punti di
partenza? N essun luogo dell Ohio un punto di partenza di per s; tutto
dipende da quale viaggio si vuole intraprendere. Analogam ente, nessuna as
serzione di una teoria fisica una definizione di per s ; pu essere conveniente
in un certo contesto chiamare u n asserzione definizione e u n altra teorema o
conseguenza empirica, e pi conveniente in un altro contesto chiamare la se
conda asserzione definizione e la prim a teorem a o conseguenza empirica).
Si pu vedere la forza d ellargomento di Q uine nel caso stesso della rela
tivit ristretta; perch dovrem m o dire che L a velocit della luce indipen
dente dalla direzione la definizione e Orologi che si m uovono con la stessa
velocit (nel sistema) restano sincronizzati la conseguenza em pirica, e non
viceversa? Reichenbach stesso ammette che si potrebbero fare entram be le
cose nel contesto di una ricostruzione razionale. M a allora, chiederebbe Quine,
perch una ricostruzione razionale dovrebbe pretendere che queste due as
serzioni non siano sullo stesso piano, quando lo sono nell attuale m etodologia
della scienza?
9.
L equivalenza.
Per quanto attraente, lidea che descrizioni differenti nella teoria della re
lativit ristretta siano equivalenti a causa del fatto che le definizioni dei ter
mini le rendono mere varianti notazionali, ha una debolezza fatale, messa in
luce dalla critica di Quine della distinzione analitico-sintetico. T a le idea d i
pende in modo cruciale dallipotesi che alcune asserzioni delle teorie fisiche
siano delle definizioni; si pu formulare una nozione di equivalenza che
tenga conto di ci senza assumere la distinzione analitico-sintetico o, almeno,
senza assumere che tale distinzione si applichi entro le teorie scientifiche? Per
fare questo, sim pieghi ora un po di tecnica logica.
N ella logica moderna, un concetto molto importante quello di inter
pretazione relativa di una teoria in unaltra. Per esempio, se si vuol mostrare
che una teoria indecidibile, un metodo privilegiato mostrare che una teoria
che si sa gi essere essenzialmente indecidibile (cio non avere estensioni
decidibili) relativamente interpretabile nella teoria in questione. Segue allora
che anche questa indecidibile, e in realt essenzialmente indeeidibile.
L a definizione di T j relativam ente interpretabile in T j : esistono de
finizioni possibili (cio definizioni form alm ente possibih, sia che corrisponda
no al significato dei term ini sia che non vi corrispondano) dei term ini di T^
nel linguaggio di T j con la propriet che, se si traducono le asserzioni di
T j nel Hnguaggio di
m ediante queste definizioni, allora tutti i teorem i di T j
diventano teoremi di T ,.
Equivalenza
558
559
Equivalenza
IO.
Equivalenza
560
II.
Equivalenza e realismo.
5&I
Equivalenza
Equivalenza
562
U n realista rigido potrebbe sostenere che c una realt delle cose per cui
vera la teoria i o la teoria 2. M a un realista scientifico (contrapposto a un
realista del vecchio tipo, metafisico) difficilmente lo farebbe, per una serie di
motivi. D a un lato, si rinunzierebbe alla scoperta di cui parla questo articolo,
che esistono cio versioni incom patibili m a equivalenti del mondo. D altro lato
si arriverebbe o allo scetticism o o a un risveglio di quel tipo di metafisica che
K an t ci ha convinto ad abbandonare. A llo scetticismo se si dicesse che c
una realt delle cose secondo cui una delle teorie vera, ma che non si pu
mai conoscere tale realt (e se poi si vuole essere scettici, com possibile essere
sicuri che c una realt delle cose?) A lla metafisica deteriore ~ quel genere
che asserisce l esistenza a priori di realt noum eniche - se si afferma di sapere
su bas extrascientifiche quale delle due teorie vera. Per questo genere d
m otivi un realista scientifico ammette che le teorie i e 2 sono descrizioni equi
valenti. In effetti egli riconosce che gli intorni estesi sono un adeguato sistema
di invarianti , e quindi una descrizione del mondo che dica cosa succede
in ciascun intorno esteso una descrizione completa.
Se, ancora una volta, si sta trattando di differenti rappresentazioni d un
mondo invariante, devessere possibile che quelli che si indicano come ter
mini incom patibili possano corrispondere alla stessa entit reale, bench non,
ovviamente, entro la stessa teoria. Cosi, se s vuol salvare la posizione realista
tradizionale secondo cui le teorie sono solo rappresentazioni di entit che non
dipendono dalle teorie, bisogna dire che gli oggetti reali indicati come punti
in una teoria possono essere indicati come insiemi d sfere convergenti in
unaltra. E, ancora una volta, bisogna dire che la natura del mondo stesso
a spiegare perch esso am m ette queste rappresentazioni diverse.
U n problem a per questa affermazione che in generale ci sar pi di una
sola interpretazione relativa possbile d una descrizione equivalente in u n altra.
L a teora i pu essere interpretata nella teoria 2 in molti m odi diversi : punti
possono essere insiemi di sfere con raggi uguali a potenze negative di 2, ad
esempio, o insiem i di sfere con raggi uguali a potenze negative di 3. Cosi se
termini com e 'punti e 'insiem i d sfere convergenti sono le immagini di
oggetti reali (oggetti indipendenti dalle teore), allora ancora una volta b i
sogna fronteggiare l alternativa fra lo scetticismo (se s dice che non possi
bile sapere se la traduzione corretta della teoria i nella teoria 2 quella che
fa corrispondere punti con insiemi di sfere convergenti ed cui raggi sono
potenze negative di 2, o qualche altra) e la metafisica trascendentale (se s
afferma la conoscenza a priori di qual la traduzione corretta).
Ancora una volta, la mossa preferita dai realisti scientifici negare che ci
sia una verit in questo campo. U n moderno realista direbbe che ognuna di
queste traduzioni corretta. M a allora, sembra, bisogna com pletam ente eli
minare lidea che i term ini delle nostre teorie siano immagini di oggetti
reali (oggetti noum enici); perch come potrebbe non esserci una verit ri
guardo a quali term ini in due teorie differenti sono immagini dello stesso og
getto, se realmente i term ini sono im m agini di oggetti? S incom incia a pensare
che K an t avesse ragione, e che la scienza dia soltanto relazioni fra gli oggetti
563
Equivalenza
e non gli oggetti stessi, se pure si vuole ancora continuare a parlare di oggetti
indipendenti dalle teorie.
M a difficile continuare a parlare di oggetti indipendenti dalle teorie:
il problem a che cosi si pu si mantenere il mondo , ma al prezzo di elim inare
ogni nozione com prensibile di ci che il mondo . O gni asserzione che cam bi
il suo valore di verit nel passaggio da una teoria corretta a u n altra teoria cor
retta - una descrizione equivalente - esprimer soltanto una propriet del
mondo relativa alle teorie. E pi asserzioni del genere ci sono, pi propriet
del mondo risultano essere relative alle teorie. Per esempio, se si ammette
che le teorie i e 2 siano descrizioni equivalenti, allora la propriet di essere
un oggetto (contrapposto a una classe o insiem e di cose) sar relativa alle teorie.
T u tto ci non peculiare al mio sem plice esem pio: la teoria fisica attuale
abbonda di esempi simili. Si possono interpretare i punti spazio-tem porali
come oggetti, o com e eventi, o come propriet; si possono interpretare i cam
pi come oggetti o valersi solo di particelle che interagiscono a distanza (nella
fisica classica, ad ogni buon conto). Il fatto che cosi tante propriet del mon
do - partendo proprio da quelle categoriali come cardinalit, particolari o
universali, ecc. - risultano essere relative alle teorie, che il m ondo scom
pare come mera cosa in s . Se non si pu dire come il mondo , indipenden
temente dalle teorie, allora parlare delle teorie come di descrizioni del mondo
non ha senso.
A questo punto la discussione ha percorso una specie di spirale hegeliana.
D apprim a i verificazionisti hanno introdotto la nozione di descrizione equi
valente e hanno cercato di esplicarla. Poi i realisti scientifici l hanno adottato
(e in questo articolo si data una spiegazione in questottica). M a ora sembra
che l accettazione dell esistenza di descrizioni equivalenti, e quindi di versioni
corrette ed incompatibili del mondo, abbia minato la metafisica su cui il realismo
- compreso quello scientifico - si basava in origine. O ggi le dispute sullo
scontro metafisico del realismo contro il relativismo concettuale, sulla distin
zione tra realismo empirico e metafisico, e sulla semantica realista contrap
posta alla semantica non-realista quali teorie della verit sono vive e vegete.
Bench una soluzione definitiva non sia ancora in vista, non c dubbio che
il fenomeno delle descrizioni equivalenti profondamente significativo per la
discussione di questi problem i, [h . p .].
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Form alizzazione
325
Form alizzazione
I.
S presupporranno qui il sim bolism o della logica del primo ordine e la distint zione tra variabili libere e vincolate (nozioni per le quali si rimanda ad altri ar
ticoli di questa stessa Enciclopedia) : un esem plificazione pu essere la differen
za tra le variabili 'x e 'y nella form ula che sim bolizza 'Q ualcuno ama 3/ , cio
'( 3x )A x y . In questa form ula 'y una variabile libera, a cui si pu legittim a
Form alizzazione
326
327
F o r m a liz z a z io n e
(2)
## ( x ) ( F x o G x ) .
Fx
In pratica, quindi, ogni nuova premessa comincia una nuova colonna di asterischi.
Si consideri ora la seguente deduzione (tra poco saranno enunciate con preci
sione le regole impiegate) :
(r)
Fx
(2)
**
(x )(F x o G x )
(3)
(4)
*# F x 3 G x
**
Gx
(2 )E .U .
( i) ,( 3 ) F .V .
Form alizzazione
328
(2)
## (x)(F xz> G x)
(3)
**
FxoG x
(4)
**
Gx
(5)
(x )(F xz> G x) 3 G x
(6)
Fx
(2) E .U .
( i ),(3 )F .V .
2.
D opo aver esaminato in breve la form alizzazione della logica, giusto chie
dersi: C he cosa si ottenuto con tutto ci? O ra che si form alizzato la logica
del primo ordine, che cosa si pu fare, che prim a era im possibile?
U na risposta la d la tesi di H ilbert (cfr. l articolo Deduzione/prova in
questa stessa Enciclopedia) : cio, la tesi che il sistema della logica del prim o or
dine, in una qualsiasi delle sue form alizzazioni standard, ricostruisce com ple
tamente la nozione intuitiva di deduzione. Secondo la tesi di H ilbert, una pro
posizione A deducibile dalle proposizioni E, F, G , ..., H se e solo se esiste una
deduzione (come nel sistema di D eduzione N aturale appena descritto, ad esem
pio) con prem esse E, F , G , ..., H e conclusione A.
329
Form alizzazione
Assum endo questa tesi, la novit consiste nel fatto che per la prim a volta
si capaci di dare regole di logica sia precise sia esaustive. C i che Aristotele
non riusc a portare a com pim ento, e che anche Boole non raggiunse, stato
finalmente realizzato.
Per difendere questa pretesa, si portano abitualm ente due argom enti (come
stato rilevato in Deduzione/prova); i) la logica del prim o ordine (in una
qualsiasi delle sue form alizzazioni canoniche) corretta, vale a dire, ogni teore
ma logicam ente valido (cio, vero in ogni universo non vuoto per ogni inter
pretazione delle lettere predicative) ; e 2) la logica del prim o ordine completa,
vale a dire, ogni form ula logicam ente valida un teorema.
L a correttezza della logica del prim o ordine facile da mostrare. N atural
mente, si devono assumere in un m etalinguaggio i principi della logica classica
per dare la dimostrazione della correttezza. (In altri articoli di questa stessa
Enciclopedia si discuter la possibilit di rivedere tali principi). L a completezza
molto pi difficile da mostrare: fu stabilita da G odei nel 1930. D a questi due
risultati segue che qualsiasi regola di deduzione addizionale che si potrebbe
proporre sarebbe o scorretta, vale a dire condurrebbe a risultati non validi in
alcuni casi, o ridondante ; e ci costituisce un forte appoggio per la tesi di
H ilbert.
Sarebbe per erroneo pensare che la tesi di H ilbert sia realm ente molto salda.
Il problem a non consiste nel fatto che la tesi di H ilbert potrebbe essere confu
tata da un chiaro controesem pio (come la tesi di C hurch, secondo cui le fun
zioni calcolabili coincidono con le funzioni ricorsive generali, potrebbe essere
confutata da un chiaro esempio di una funzione che pu essere calcolata con un
procedim ento algoritm ico senza essere ricorsiva) ma piuttosto nel fatto che esi
ste un m argine dimprecisione e convenzionalit che circonda l attuale nozione
di deduzione pi esteso di quello che circonda la nozione intuitiva di algorit
mo. I grandi fondatori della logica m oderna, Frege, Peirce, Russell, W hitehead,
consideravano tutti la logica di ordine superiore come la logica. Sebbene oggi
molti studiosi sostengano che tale logica in realt dovrebbe essere considerata
parte della teoria degli insiem i, e che questa dovrebbe essere considerata parte
della matem atica e non della logica, i fondatori avevano sicuram ente ragione.
Si consideri anche una sem plice regola d inferenza della logica del prim o ordine,
per esempio, 'D a F x e ( x ) ( F * d G x ) si inferisce G x . Se si dice che questa re
gola valida, allora ci che sintende dire che essa vale per tutti gli insiem i F,
G , e per tutti gli individui x. In altre parole, si intende asserire
{F ){G ){x) [(Fx & ( x ) ( F x 3 G x ) ) 3 G x]
e questa una proposizione del secondo ordine (a causa dei quantificatori (F )(G ),
su predicati o insiemi). Sostenere che la logica del secondo ordine non
logica, costringerebbe a sostenere che, sebbene il formalismo sintattico della logi
ca del prim o ordine sia logica , qualsiasi discussione sulla sua validit m a
tematica e non logica. D altra parte, qualcuno potrebbe ribattere che non
tutta la logica del secondo ordine logica; ad esempio, potrebbe affermare che
le form ule che hanno quantificatori esistenziali contenenti lettere predicative
Form alizzazione
330
sono m atem atica e non logica. M a sembra m eglio dire, com e fece lo stesso
Russell, che a partire dalla riduzione d ellaritmetica alla logica di ordine su
periore la dem arcazione tra logica e matematica divenuta irrim ediabil
m ente molto vaga.
Si potrebbe tentare di salvaguardare la tesi di H ilbert da questa vaghezza
sostenendo che tale tesi afferma che la logica del prim o ordine form alizza la
nozione intuitiva di deduzione, non la nozione intuitiva di logica. L a regola di
deduzione appena citata - 'D a F x e (x )(F x r3 G x ) si inferisce G x - una re
gola del prim o ordine; soltanto l asserto sulla validit della regola richiede
quantificatori predicativi o qualcosa di equivalente. M a anche interpretata in
questo modo, la tesi hilbertiana pone dei problem i.
Prim a di tutto, affinch la tesi sia almeno plausibile, si deve ampliare la lo
gica del prim o ordine includendo il segno di identit, ' = , tra le costanti
logiche. A n che gli assiomi '(x )(x = x ) , \ x ) { y ) { x = y
y = x) , '(* )( ^)(^) [(*
= y & jy = sr) Z3 x = z\ , e la regola Sostituire uguali ad uguali - formalmente,
'S e B ' com e B eccetto che ha libera w' m entre B ha libera v, si inferisce
B ' = B da = w' - o qualcosa di simile, devono essere aggiunti agh assiomi e
alle regole della logica del prim o ordine cosi come sono stati presentati fi
nora. (C osi am pliato il sistema si chiama logica del prim o ordine con identi
t). M a nella logica del secondo ordine non necessario procedere in questo
m odo; nella logica del secondo ordine si pu definire lidentit considerando
che 'x = y sia un abbreviazione di '(F )(F x = F jy ). (Questo ci che assume la
legge di L eib n iz : x ,y sono identici se hanno tutti i loro predicati in comune).
Perch qualcuno che accetta questa definizione di ' = non dovrebbe conside
rare la logica del prim o ordine con identit come un fram m ento dissimulato
di logica del secondo ordine?
Far questo potrebbe costituire invero una critica non m olto forte alla tesi di
H ilbert; dopo tutto, 'A = A sempre stata considerata com e una legge logica,
mentre la legge di Leibniz viene generalm ente intesa com e un assunto me
tafisico', ma se si concede che una sola nozione che ha una definizione al secondo
ordine venga aggiunta alla logica del prim o ordine, allora perch non aggiunger
ne altre? Perch, ad esempio, non ampliare la logica del prim o ordine aggiun
gendo il quantificatore 'C i sono infiniti x tali che ? Se si facesse questo, ci
sarebbero allora regole addizionali di deduzione che possono essere espresse
ma che non sono derivabili nel sistema standard. E non c lim ite alcuno al
numero di possibili am pliam enti del genere.
Sem bra che la ragione reale per cui si tentati di definire la deduzione come
deduzione al prim o ordine, e di far divenire vera la tesi di H ilbert con un
decreto arbitrario, per cosi dire, sia data sem plicem ente dal fatto che la logica del
primo ordine completa, m entre quella del secondo ordine (o anche la logica
del primo ordine con l aggiunta del quantificatore 'C i sono infiniti x tali che )
in linea di principio incapace di form alizzazione completa. Q uando un corpo di
dottrine logiche risulta non ammettere una form alizzazione com pleta, c qual
che ragione allora di trattare qualunque cosa si usi di quella dottrina in un conte
sto dato com e una premessa aggiunta e di considerare le dottrine della lo
331
F or m alizzazion e
gica del prim o ordine, che sono com pletam ente form alizzate, com e le regole di
deduzione . M a chiaro che non si pu attribuire a questo fatto un grande si
gnificato filosofico o fondazionale. Form alizzando la logica del prim o ordine, si
form alizzata una parte della logica ; non esiste alcun senso reale in cui si sia
form alizzata tutta la logica (o, con diversa sottolineatura, tutta la logica), in cui
si sia form alizzata tutta la deduzione, a meno che non si desideri fare una sti
pulazione alquanto arbitraria circa luso futuro del rumore deduzione .
U n esem pio dell artificiosit della nozione di deduzione quando venga ri
stretta alla deduzione al prim o ordine dato dal problem a della form alizzazione
e\Varitmetica. U no degli assiomi dellaritm etica, il principio dinduzione m a
tematica, un principio che si form ula al secondo ordine. O vviam ente, se gli
assunti stessi di una teoria im plicano nozioni al secondo ordine, allora le regole
di deduzione dovranno essere anchesse al secondo ordine.
Scorrendo la letteratura sullargom ento ci sim batte in due classiche risposte
a questa obiezione, a mio parere entram be insoddisfacenti. U na consiste nello
scrivere l assiom a dellinduzione nella notazione della teoria degli insiem i (cio,
dire O g n i insieme che contiene zero ed chiuso rispetto alloperazione di suc
cessore contiene ogni num ero intero (positivo)) piuttosto che quantificare le
variabili predicative com e fece Frege. In tal caso si considera tutta la teoria degli
insiemi com e costituente premesse addizionali; in realt, l intera idea di una
teoria dei num eri come una disciplina m atem atica separata viene abbandonata.
Alternativam ente, si sostituisce il principio dinduzione form ulato al secon
do ordine con u n insiem e infinito di assiom i al prim o ordine, cio con tutte le
form ule al prim o ordine (form ulate nel linguaggio del prim o ordine con 'o ,
' i ,
e
(per) com e soli term ini prim itivi extralogici) della form a:
(I)
[F (o) & ( * ) ( F ( * ) 3 F ( * + i ) ) ] 3 (* )F (* ).
Questa teoria (chiamata dai logici teoria dei numeri al prim o ordine) un
buon sistem a form ale per eseguire quelle che i m atem atici chiam ano dim ostra
zioni elem entari nella teoria dei num eri. M a linsieme infinito di form ule del
primo ordine della form a ( i) esprim e solo una parte del contenuto del principio
d induzione al secondo ordine. A lcu n i filosofi risponderebbero; E con questo?
Sappiam o che il contenuto com pleto del principio dinduzione al secondo ordine
non pu essere catturato da nessun sistem a form ale , riferendosi al celebre teo
rema dincom pletezza di G odei, una conseguenza del quale quella per cui
nessun sistema form ale della teoria dei num eri pu avere com e teorem a tutte le
verit del prim o ordine sui num eri naturali. M a il fatto che nessuna form aliz
zazione pu catturare il contenuto di un enunciato in questo senso difficil
mente costituisce una ragione per adottare una notazione in cui lenunciato non
pu nem meno venir scritto. Fatto sta che la form alizzazione (o parziale form aliz
zazione) pi perspicua della teoria dei num eri resta la breve lista degli assiomi
di Peano con il principio dinduzione espresso come una form ula del secondo
ordine. Considerare la logica del secondo ordine (in una qualsiasi form alizza
zione standard, escluso l assioma della scelta) come un sistema di regole di de
duzione per derivare conseguenze da prem esse come gli assiomi di Peano piut
Form alizzazione
332
tosto che com e premesse addizionali, in accordo, a mio avviso, con le intuizioni
che qui sono state discusse. M a la tesi di H ilb ert preclude proprio questo modo
di vedere la situazione.
3.
Sono stati descritti alcuni dei risultati della form alizzazione della logica.
Sebbene linsiem e dei teorem i della logica del prim o ordine non sia un insiem e
decidibile (teorem a di Church), esso costituisce ci che viene chiam ato un insie
me ricorsivamente enumerabile. C i vuol dire che una m acchina pu essere pro
grammata in modo da elencare tutti i teorem i della logica in u n elenco senza
fine. Se una form ula un teorema, prim a o poi apparir su llelenco che la
m acchina stam pa . M a non c nessun algoritm o che dica se una form ula ar
bitraria apparir o non apparir prim a o poi sullelenco. (U n altro modo per
spiegare cosa ci significa questo : si pu costruire una m acchina tale che, se
viene im m essa una form ula come input, si arrester prim a o poi se la form ula
un teorema, e continuer a funzionare senza arrestarsi altrim enti. L a non-esistenza di u n algoritm o di decisione per la logica del prim o ordine significa
che il problem a dellarresto per una tale m acchina - il problem a di dare un
algoritmo che dica se la m acchina si arrester o no con un input arbitrario insolubile). D al mom ento che, com e si accennato, l insiem e dei teorem i
(formule derivabili form alm ente) identico allinsiem e delle form ule che sono
valide (vere in ogni universo secondo ogni interpretazione delle lettere predi
cative e delle variabili libere), per il teorem a di com pletezza di G odei si pu
concludere che il problema della decisione per la validit insolubile nella logica
del primo ordine, e che linsieme delle formule valide ricorsivamente enumerabile ma non ricorsivo ( decidibile) nella logica del primo ordine.
Queste ultim e asserzioni non fanno m enzione della propriet sintattica di
essere un teorem a (derivabilit formale), ma solo della propriet semantica
di essere valido ; in efl^etti possibile dimostrarle senza im piegare una form aliz
zazione com pleta della logica del prim o ordine, cio, un insiem e di assiomi e di
regole di dim ostrazione. M a qualsiasi dim ostrazione di queste osservazioni ri
chiede che la nozione formula valida della logica del prim o ordine sia resa
precisa, e fare solo questo gi richiede che il linguaggio della logica del prim o or
dine sia specificato in m odo com pleto e rigoroso e che la nozione di interpre
tazione di una form ula sia resa precisa (usando nozioni della teoria deglinsiemi).
In breve : proprio il form alizzare il linguaggio della logica del primo ordine rendendolo preciso e sottoposto a regole - m ette in grado di chiarire lim por
tante nozione di validit e di determ inare l am bito della possibilit di trattare
con algoritm i le form ule valide: perm ette, cio, di m ostrare che c un algo
ritmo per elencarle, ma non un algoritmo di decisione. D ando in m odo form ale e
rigoroso un insiem e adeguato di assiomi e/o regole dinferenza per la logica del
primo ordine si in grado di rendere precisa lidea inform ale di deduzione in
logica e di m ostrare che ogni form ula valida un teorema (ad esem pio, l ultim a
333
Form alizzazione
linea priva di asterisco di una deduzione corretta nel sistem a descritto sopra).
Infine, dal m om ento che risultato che la nozione intuitiva di form ula logica
mente dimostrabile (teorema) coestensiva con la nozione di form ula valida,
si avuto successo anche nel determ inare il grado della possibilit di trattare
mediante algoritmo le form ule logicam ente dim ostrabili: c un algoritm o per
elencare tutte le form ule logicam ente dimostrabiU (anzi, tutte le dimostrazioni,
se si preferisce), ma non un algoritmo di decisione per la dim ostrabilit formale.
4.
L a tendenza alla form alizzazione si connette strettam ente con un altra ten
denza di grande im portanza; la tendenza &\Vassiomatizzazione della m atem a
tica. L assiom atizzazione non richiede, a rigore, la piena form alizzazione o an
che la com pleta subordinazione a regole del nostro linguaggio; gli assiom i di
Euclide per la geom etria precedettero di oltre duemila anni sia la form alizzazio
ne com pleta sia le regole di deduzione e lo sviluppo dei linguaggi form alizzati.
Si possono scrivere insiem i di assiomi in un linguaggio naturale, dopo tutto, e
m olti lo hanno fatto m olto terqpo prim a che i linguaggi rigorosam ente form aliz
zati fossero inventati (e ancora lo fanno qualche volta). E in qualche m isura la
ricerca degli algoritm i ha persino im pedito la ricerca degli assiomi : non stata
assiom atizzata Yaritmetica fino a tutto il secolo x ix proprio perch ci si acconten
tava di considerarla una collezione di algoritm i per risolvere i problem i num erici
piuttosto che com e un corpo sistem atico di postulati e di conseguenze logiche
di postulati. E l algebra presso gli A rabi e nel prim o periodo m oderno era an
cora in gran parte una collezione di algoritm i e di tecniche per risolvere proble
mi. M a con la straordinaria crescita della m atem atica nel x v iii e nel x ix secolo
com inci a nascere linteresse sui fondam enti; e una delle form e assunte da que
sto interesse fu il tentativo di scrivere gli assiomi per i vari settori della m atem a
tica. Q uesti assiomi furono dapprim a form ulati nel linguaggio naturale ; ma,
come F rege rilev, senza disporre di un linguaggio del tutto preciso, e senza
rendere espliciti gli assunti e le regole d inferenza della logica stessa, non si
poteva mai essere sicuri che i propri assiom i rendessero espliciti tutti gli assunti
di un dato settore matematico.
Il progetto di Frege, il quale m irava a ridurre tutta la m atem atica alla lo
gica pura, era in special m odo vulnerabile al pericolo che assunti nascosti di
tipo m atem atico potessero inconsapevolm ente venire usati nelle dim ostrazioni
se la logica im piegata in tali dim ostrazioni non era stata com pletam ente espli
citata in anticipo. per questo m otivo che Frege, prima di produrre la sua anali
si del concetto d i num ero, pubblic un sistem a di logica com pletam ente form alizzato (equivalente a quella che oggi si chiama logica del secondo ordine), nel
suo Begrijfschrift {Ideografia) del 1879. In realt i timori di F rege sui pericoli
dell assiom atizzazione in linguaggi naturali erano giustificati; infatti, quando
H ilbert form alizz com pletam ente la geometria euclidea scopri parecchi as
sunti che lo stesso Euclide aveva usato im plicitam ente nelle dim ostrazioni, ma
F orm alizzazione
334
che non era riuscito a rendere espliciti nel suo elenco di assiomi e postulati!
Si potrebbe considerare la convergenza della tendenza algoritm ica e di
quella assiomatica alla fine del secolo x ix nel modo seguente : si possono avere
algoritmi per risolvere particolari problem i m atem atici senza avere assiomi per
il settore della m atem atica in cui sorgono quei problem i; m a ci che evita la
riduzione di tutta la m atem atica (o almeno di tutta la teoria elem entare dei nu
meri) a un algoritm o la m ancanza di un m etodo di decisione per la verit ma
tematica (o per la verit nella teoria elementare dei num eri, o per la dim ostrabi
lit form ale nella teoria elementare dei num eri, secondo il risultato di Church).
I
teoremi d indecidibilit posero lim iti essenziali al dom inio di applicabilit
del metodo algoritmico. A n che il m etodo assiomatico soggetto a lim itazioni
essenziali (com e si vedr tra poco), ma ognuna delle varie branche della m atema
tica pu essere com pletam ente assiomatizzata (logica del prim o ordine), o al
meno parzialm ente assiom atizzata (teoria dei numeri), bench possa non am
mettere un algoritm o di decisione. I lim iti d ellapproccio algoritm ico (intenden
do 'algoritm o nel senso di algoritmo di decisione), spingono a integrare que
sto approccio mediante elenchi di assiomi e di procedim enti di dimostrazione
enunciati in modo esplicito (nel m igliore dei casi, quello di una teoria completa,
si pu anche giungere a un algoritmo - un algoritm o per enumerare le proposi
zioni valide di una teoria m atem atica - anche se non esiste alcun algoritmo di de
cisione). L approccio algoritm ico, in ogni caso, sia che cerchiam o algoritm i di
decisione o enum erazioni di proposizioni valide, richiede sem pre una notazione
del tutto soggetta a regole, poich ci essenziale a qualsiasi algoritm o. D altra
parte, se viene privilegiato l approccio assiom atico, il pericolo di lasciarsi sfug
gire gli assunti im pliciti in una assiom atizzazione conduce ancora nella direzio
ne di un linguaggio form ale. C osi entram be le tendenze si dirigono prim a o
poi verso la costruzione di linguaggi simbolici per il ragionamento. E quando l ap
proccio assiom atico viene esteso alla logica stessa, allora tale approccio con
duce anche a regole di deduzione espresse formalmente-, e infatti fu proprio Frege,
rappresentante della tendenza assiomatica e fondazionale, il prim o a dare re
gole com plete per quella che oggi viene chiam ata logica del prim o ordine (an
che se i principali rappresentanti della tendenza booleana, algoritm ica - in par
ticolare Peirce - erano gi m olto aperti verso tali regole ed possibile che il
metodo dei diagram m i esistenziali di Peirce contenga un com pleto procedi
mento di dim ostrazione per la logica del prim o ordine).
O ggi il conflitto tra queste tendenze quasi del tutto com posto ; i logici con
siderano tanto la form alizzazione di assunti e di principi d inferenza quanto la
costruzione di algoritm i di decisione (per non citare lo studio sulla teoria degli
insiemi delle interpretazioni e dei modelli delle teorie) com e parti com plem en
tari e non incom patibili della loro attivit.
Scorrendo la storia della form alizzazione della logica, si potrebbe essere in
dotti a caratterizzare in generale la form alizzazione cosi : form alizzare una teoria
(cio, un insiem e deduttivam ente chiuso di credenze, giudizi, asserzioni, ecc.)
significa com piere due operazioni: i) form alizzare il linguaggio della teoria,
cio costruire una notazione non am bigua, soggetta a regole, per esprim ere gli
335
Form alizzazione
asserti in questine ; e 2) form alizzare gli assunti della teoria, cio trascrive
re gli assiom i (ossia dare una regola effettiva per dire se una form ula sia an
noverata tra gli assiomi o no), e dare le regole d inferenza (spesso queste sono
sem plicem ente le regole della logica del primo ordine). Questa caratterizza
zione della form alizzazione corretta, se intesa propriamente.
N on si pu ritenere che dare assiomi per una teoria significhi che occorre
dare assiomi da cui possono essere derivate tutte le proposizioni valide della
teoria; infatti, com e G od ei ha mostrato, nella sua classica opera sulle proposi
zioni indecidibili, qualsiasi teoria m atem atica che sia potente almeno quanto la
teoria elementare dei num eri possiede la propriet de\Yincompletezza essenziale-,
cio, la propriet che nessun insieme finito di assiomi (e nessun insiem e infinito
che sia a sua volta decidibile) pu essere com pleto e non-contraddittorio. Q ual
siasi insiem e non-contraddittorio di assiomi per la teoria elementare dei numeri
che sia ricorsivo (tale cio che esist un algoritmo per dire se una form ula ar
bitraria sia o non sia una assioma: ci form alizza lesigenza che gli assiomi di
una teoria dovrebbero essere effettivam ente riconoscibili), ripeto, qualsiasi in
sieme ricorsivo di assiomi che sia non-contraddittorio (e potente alm eno quan
to gli assiomi di Peano) incompleto. C i sono asserzioni della teoria dei numeri
(form ule ben form ate del sistema) che non sono n form alm ente dim ostrabili n
form alm ente refutabili a partire dagli assiomi. (Questa form ulazione del teore
ma d incom pletezza di G odei include dei rafforzam enti dovuti a Rosser e T a r
ski, M ostow ski, Raphael Robinson).
In breve, se si richiede che tutte le proposizioni valide di una teoria debbano
essere form alm ente derivabili in una form alizzazione riuscita, allora la logica del
primo ordine pu essere form alizzata ma non possono esserlo la teoria dei nu
meri, lanalisi, la teoria deglinsiemi, ecc. In pratica, ci che si fa indebolire
la nozione di formalizzazione-, se un insiem e di assiomi dati adeguato a tutte o
virtualm ente tutte le dim ostrazioni che realmente si presentano nei testi concernen
ti il settore in questione, si pu parlare di form alizzazione . M a si paga un prez
zo per questo indebolim ento; in realt, quella di form alizzazione divenuta
essa stessa una nozione vaga e pragmatica.
Piuttosto che continuare con questo uso vago del term ine, potrebbe dav
vero essere m eglio parlare di form alizzazione completa solo quando il siste
ma form ale costruito sia com pleto (nel senso che ogni proposizione valida sia
form alm ente derivabile, laddove una proposizione valida una proposizione
vera in tutte le interpretazioni intese del formalismo). C i si riferirebbe allora a
quelle che solitamente vengono chiamate form alizzazioni della teoria dei n u
meri, della teoria degli insiemi, ecc., com e a form alizzazioni parziali.
5.
Formalismo e de-interpretazione.
Form alizzazione
336
337
Form alizzazione
Form alizzazione
338
interessati agli scopi che hanno portato alla form alizzazione : alla ricerca di algo
ritmi, alla ricerca di un linguaggio preciso, alla ricerca di un chiaro insieme di
assiomi e regole dinferenza. D ovrem m o anche guardarci d allidea, pure assai
diiFusa, che la m atem atica allorigine non-interpretata e solo pi tardi viene
interpretata, via regole di corrispondenza. U na rappresentazione del genere
difficilmente ha ancora un senso se viene separata dalle idee form aliste che ab
biamo or ora indicato. In realt, tentare di interpretare la m atem atica senza
avere gi a disposizione concetti m atem atici altrettanto im possibile quanto
interpretare i connettivi logici senza avere gi a disposizione i connettivi logici!
6.
I calcolatori e la mente.
con lo sviluppo del calcolatore digitale ad alta velocit che la form alizza
zione entra a sua volta in una fase matura. Com e stato gi osservato, ogni pro
gramma per calcolatore pu essere considerato come la form alizzazione di un
frammento di ragionamento. M olti program m i per calcolatore com portano la
m anipolazione di qualcosa di molto sim ile a form ule di un linguaggio form aliz
zato e obbediscono a qualcosa di molto sim ile a regole d inferenza. N on si par
la del cosiddetto linguaggio di program m azione; il linguaggio usato per scri
vere i program m i esso stesso alla lettera un linguaggio form alizzato. M a oltre
a questo linguaggio vi sono program m i, in aree tanto diverse quanto l identifi
cazione di m odelli e la traduzione meccanica, che necessitano della macchina - e
non solo del program m atore - per ragionare in un linguaggio form alizzato.
Risale almeno a H obbes lintuizione che le operazioni algoritm iche su sim
boli privi di significato potessero essere i costituenti base di ci che si chiama
ragionamento (H obbes sottoline a questo proposito che la parola inglese
ratiocination risaliva alla parola latina corrispondente a far di conto). O ggi que
stidea, lidea che il ragionamento dotato di significato debba essere alla fine
scomposto in costituenti elementari m eccanici e puram ente form ali dim por
tanza fondam entale nella psicologia cognitiva. L a form a che prende questidea
quella del calcolatore come modello della mente.
N ellidea del calcolatore come m odello della mente, la m ente ha un program
ma, o insiem e di regole, analoghe alle regole che governano una m acchina
calcolatrice, e il pensiero com porta la m anipolazione di parole e di altri segni
(non tutto in questa m anipolazione cosciente , nel senso di poter venir ver
balizzato dal calcolatore). Cosi come si presenta, tuttavia, questo modello
molto debole (nonostante l animosit che suscita tra coloro cui non piace pen
sare che un sem plice congegno, come una m acchina calcolatrice, possa eventual
mente servire da modello per qualcosa di cosi speciale com e la mente umana).
debole perch il program m a, o sistema di regole per il funzionam ento mentale,
non stato specificato; ed questo program m a che costituisce la teoria psico
logica. D ire sem plicem ente che la corretta teoria psicologica, qualunque essa
sia, pu essere rappresentata come un program m a (o qualcosa di analogo a un
programma) per un calcolatore (o qualcosa di analogo a un calcolatore) dire
339
Form alizzazione
molto poco, perch potenzialm ente ogni sistema che pu essere descritto da un
insieme di leggi pu essere almeno simulato da un calcolatore. D alla freudiana
psicologia del profondo al com portam entism o di Skinner, tutto pu essere rap
presentato com e un certo program m a per calcolatore.
O ggi, per, i cibernetici che lavorano nellarea che viene chiam ata con laffa
scinante nome di intelligenza artificiale e gli psicologi cognitivi che si occu
pano di riferimento, rappresentazione semantica, uso del linguaggio, ecc., han
no u n ipotesi pi precisa di quella della possibilit di costruire un m odello della
m ente con un calcolatore digitale. (Anche quellipotesi, tuttavia, non vuota
perch im plica qualcosa : la struttura causale dei processi m entali ; che essi han
no luogo in obbedienza a regole determ inistiche o probabilistiche di sequenziali
t secondo un program m a finito). L altra ipotesi su cui vanno convergendo sia
coloro che lavorano sulle m acchine calcolatrici sia gli psicologi cognitivi che
la mente pensa per m ezzo di rappresentazioni. D i fatto sembra che oggi vi siano
due idee diverse circa tah rappresentazioni.
L a prima idea, basata sullesperienza dei tentativi di simulare il com porta
mento intelligente (onde il term ine 'intelligenza artificiale) program m ando dei
calcolatori che l atto del pensare non im plica solo la m anipolazione di og
getti o sim boli arbitrari, ma richiede la m anipolazione di sim boli che hanno una
struttura molto particolare, precisam ente la struttura di ci che si chiama lin
guaggio form alizzato. L esperienza dei cibernetici era che i program m i pi in
teressanti e riusciti di intelligenza artificiale risultano in modo tipico quelli in
cui si dava alla m acchina calcolatrice qualcosa di simile a un linguaggio form aliz
zato e a un insieme di regole duso di quel linguaggio form alizzato ( ragionare
nel linguaggio, per cosi dire).
L a seconda idea associata al term ine 'rappresentazione che la mente um a
na pensa (in parte) costruendo un qualche tipo di m odello del suo ambiente,
un modello del mondo. Questo modello, naturalmente, non deve assomi
gliare letteralm ente al mondo. sufficiente l esistenza di qualche tipo di relazio
ne sistematica tra voci interne al sistem a di rappresentazione e voci esterne a
esso, in modo che ci che accade allesterno possa venir decifrato dalla mente
col suo sistema di rappresentazione.
Si mettano insiem e queste due idee e ci che risulta si pu chiam are lIpo
tesifondamentale della psicologia cognitiva: che la mente usa un linguaggio formalizzato (o qualcosa di m olto simile a un linguaggio form alizzato) sia come mezzo
di calcolo sia com e m ezzo di rappresentazione. Approfondire q u estipotesi por
terebbe al di l d ellam bito di questo articolo; ma essa pu, sul lungo periodo,
rivelarsi com e l applicazione pi im portante del concetto di form alizzazione.
7.
Formalizzazione e antinomie.
U n discorso sulla form alizzazione non sarebbe com pleto senza accennare
alle cosiddette antinom ie; il paradosso di Russell e i paradossi sem antici de
scritti in altri articoli di questa stessa Enciclopedia, cio contraddizioni derivate
Form alizzazione
340
da assunzioni che sono in se stesse del tutto evidenti , o piuttosto che sarebbero
evidenti se non portassero contraddizioni. C he esistano intuizioni auto-con
traddittorie circa un certo num ero di nozioni fondam entali della logica essa
stessa una delle grandi scoperte epistem ologiche del secolo xx. N on che siano
nuovi i paradossi in s : i paradossi semantici, quanto m eno, erano noti nellan
tichit classica; del tutto nuova la valutazione della loro importanza episte
mologica.
T u ttavia si giunti a questa valutazione solo perch per la prim a volta si
form alizzata la logica (compresa la logica di ordine superiore e la teoria della
verit). F in tanto che un corpo di dottrine non form alizzato, i paradossi pos
sono essere liquidati com e sem plici curiosit oziose. M a quando si cerca di pre
sentare o la teoria degli insiem i o la teoria della verit e del riferim ento come un
coerente corpo di dottrine, come si costretti a fare quando si formalizzano
queste teorie, un sim ile atteggiam ento liquidatorio non basta. Com e scrisse
Zerm elo [1908]: L a teoria degli insiem i quella branca della m atem atica che
ha il com pito d indagare m atematicamente le nozioni fondam entali di "num ero ,
"ord in e e "fu n zio n e , prese nella loro form a sem plice, prim itiva, e di svilup
pare di conseguenza i fondam enti logici di tutta l aritm etica e l analisi. Essa co
stituisce dunque una com ponente indispensabile della scienza m atematica. A l
momento, per, la stessa esistenza di questa disciplina sem bra m inacciata da
certe contraddizioni, o "antinom ie , che si possono derivare dai suoi principi
- principi che sembrano regolare in m odo necessario il nostro pensiero - e a cui
non ancora stata trovata alcuna soluzione del tutto soddisfacente. In partico
lare, a proposito della "antinom ia di Russell circa linsiem e di tutti gli insiemi
che non contengono se stessi come elementi, non sem bra pi am m issibile oggi
assegnare a una arbitraria nozione logicam ente definibile un insiem e o classe,
come sua estensione. L a definizione originaria di Cantor d ellinsiem e come
"collezione, unita in un tutto, di certi oggetti ben distinti della nostra percezione
o del nostro pensiero [1895, p. 481] richiede perci delle restrizioni; tuttavia
non stata sostituita con successo da una che sia altrettanto sem plice e non fac
cia sorgere analoghe riserve. In queste circostanze non rimane, a questo punto,
che procedere nella direzione opposta e, partendo dalla teoria degli insiem i co
me storicam ente data, ricercare i principi necessari per stabilire i fondam enti
di questa disciplina matematica. Per risolvere il problem a si deve, da un lato,
restringere questi principi in m odo sufficiente a escludere tutte le contraddi
zioni e, dall altro lato, prenderli abbastanza estesi da contenere tutto ci che in
questa teoria resta valido (p. 261).
Il fatto che la form alizzazione m etta in luce cosi chiaram ente quali sono le
antinomie in un corpo di dottrine e a quali conseguenze porti ogni proposta
per evitarle, suggerisce che si dovrebbe ricorrere pi am piam ente alla form aliz
zazione nei settori della scienza m inacciati da paradossi o contraddizioni. In
particolare, i fondam enti della m eccanica quantistica si potrebbero discutere
pi facilm ente se le form alizzazioni della meccanica quantistica cercassero di de
scrivere linterpretazione della teoria (per esempio, le sue connessioni con gli
esperimenti), e non assumessero sem plicem ente la nozione di m isura come pri
341
Form alizzazione
mitiva. I fondam enti della m eccanica quantistica sono oggi tanto poco chiari
quanto lo erano i fondam enti della teoria deglinsiem i nel prim o decennio del
secolo XX ; ma i fisici hanno cercato di liquidare il problem a con pronunciam enti
ex cathedra sul fatto che ogni cosa collim ava perfettam ente con ci che essi
capivano veramente, anzich affrontare i paradossi con la stessa ammiravole
onest e chiarezza di Russell, Frege, Zerm elo e dei loro continuatori. L a form a
lizzazione talvolta pu essere frivola, non necessaria o distogliere addirittura
lattenzione dai problem i reali; ma dove c il problem a di una contraddizione
reale o apparente nelle nostre idee fondam entali, non esiste strum ento m igliore
per chiarificarlo. Chiarificare e non risolvere perch nessun m etodo garan
tisce la soluzione di difficili problem i concettuali ; ma la chiarificazione lindi
spensabile prerequisito di ogni soluzione, [h . p .].
Cantor, G .
1895 Beitrage zur Begriindung der transfiniten Mengenlehre ( Erster A r tik e l) , in M athem a
tische A nnaien, X L V I , pp. 4 8 1-5 12 ; ora in Gesammelte Abhandlungen mathematschen und philosophischen Inhalts, Springer, B erlin 1932.
Q uine, W . van O rm an
1950 Methods o f Logic, H olt, Rinehart and W inston, N e w Y o rk (trad. it. Feltrinelli, M ilano
i960).
Zerm elo, E.
1908 Untersuchungen iiber die Grundlagen der Mengenlehre, in M athem atische A nnaien ,
L I X , pp. 261-81.
Logica
P er illustrare sia loggetto della logica sia il m odo in cui il metodo matematico
ne ha trasformato lo studio si confronteranno fra loro gli approcci di due grandi
logici: Aristotele, il fondatore della logica form ale in quanto disciplina auto
noma, e G eorge Boole, il fondatore della logica matematica. V err invertito,
tuttavia, l ordine storico, perch pi facile descrivere in term ini booleani ci che
ha fatto Aristotele che non descrivere in term ini aristotelici ci che ha fatto
Boole. Successivamente, verr descritta levoluzione della logica nel corso del
XIX secolo e aU inizio del x x : il calcolo proposizionale, la logica del pri
m ordine e, soprattutto, la grande impresa di ridurre la m atem atica alla lo
gica com piuta da Frege e riveduta e corretta da Russell e W hitehead nei
Principia Mathematica, lopera che ha prodotto l im patto m aggiore di qualun
que altro testo di logica del periodo m oderno sia sui logici sia sui filosofi. V er
ranno illustrati poi alcuni dei contributi della logica m oderna dopo i Princi
pia e si riferir, infine, sullo stato attuale delle filosofie della logica e della m ate
matica.
I.
Boole (la cui Mathematical Analysis of Logic fu pubblicata nel 1847) par
tiva da una classe, o insieme (si user indifferentem ente uno di questi due term i
ni), che chiam ava universo del discorso. V err denotata con V invece che
con I come faceva Boole. V com prende la totalit delle cose che costituisco
no l oggetto di un discorso. ( L idea che luniverso del discorso o dominio, co
me viene detto spesso oggi, non debba necessariamente essere fissato una volta
per tutte molto importante nella logica contemporanea). O gni sottoinsieme
di V - cio, ogni collezione di m em bri di V - una classe e pu essere de
notato con una qualsiasi lettera, come ad esempio A , B, C , ... Inoltre, A , B,
C , ... possono essere usate per denotare classi arbitrarie allo stesso modo in
cui nellalgebra si usano le variabili per denotare num eri arbitrari e, proprio
come nellalgebra, si possono scrivere delle equazioni fra di esse. A d esempio,
se l universo V la classe di tutti gli esseri umani, A potrebbe essere la classe
di tutti gli uomini, B la classe di tutte le donne, C la classe di tutti i bam bini,
e l equazione V = A u B u C direbbe che ogni essere umano un uom o o una
donna o un bambino.
L e operazioni sono lunione di due classi, cio la formazione della classe di
tutte le cose che appartengono ad almeno una delle due o a entram be, indicata
solitamente con il simbolo ' U , l intersezione di due classi, cio la form azione
della classe di tutte le cose che appartengono a entrambe, indicata solitamente
con il simbolo ' f i , e loperazione che consiste nel formare il com plem entare di
una classe, cio la classe di tutti i m em bri di V che non appartengono alla
Logica
492
xnY=Ynx
(1)
XuY=YuX
x=x
(2)
(3)
(5)
(6)
) X n ( Y U Z ) = ( X n Y ) U ( X n Z ) 1 t distributive
) X U ( Y O Z ) = ( X U Y ) n ( X u Z ) I propriet distributive
( )
( )
a)XU Y = X n Y
b)
XnY =XuY
XUX =V
xnx=0.
F ig u ra I.
L u n iv e rso V .
I leggi di D e M organ
propriet di V,
mentare.
e del comple-
493
Logica
(8)
)xnv= x
) X n 0 = 0
c) X U 0 = X
xu(xnY)= x.
A n che la com plem entazione ha degli analoghi algebrici, m a non verranno
discussi qui. Conviene tuttavia notare che le sbarrette del com plem entare pos
sono sempre essere accorciate servendosi delle leggi di D e M organ e della leg
ge della doppia negazione fintanto che non siano ridotte a stare sopra lettere sin
gole, come nellesempio seguente;
(Xn(YuZ))UA = (Xn(YUZ))n=
= (X n (Y U Z)) n A =
= (XU(YuZ))nA=
(D e Morgan)
= (XU(YnZ))nA=
(D e Morgan)
= (XU(YnZ))nA=
(doppia negazione).
494
Logica
2.
= 0
= 0
= 0
Figura 2 .
L e o tto r e g io n i fo n d a m e n ta li.
495
Logica
3.
Aristotele e Boole.
Fu Aristotele a notare per prim o che certi ragionamenti sono corretti sol
tanto in virt della loro forma. A d esempio, ogni ragionamento della form a:
'T u tti gli S sono M
'T u tti gli M sono P
(dunque) 'T u tti gli S sono P
L ogica
496
SP=
Particolare affermativa
SP ^
Universale negativa
'N essun S P
SP =
Particolare negativa
S P ,^ 0 .
497
Logica
(i)
Inferenza
Simbolismo booleano
'N essun S P
SP=0
PS =
S P t^(
P S t 0
(2)
Logica
498
Simbolismo booleano
S P = 0 (con la premessa S t^ 0 )
SP
Stesse premesse
PS ^ 0
'N essun S P
S P = 0 (con la premessa S t^ 0 )
SP#0
'N essun S P
PS = 0
(3)
( )
( )
0)
(6)
499
Logica
4.
Si useranno lettere m inuscole come p , q, r, p ', q', r ', p " , q " , r , ... per de
notare asserti, cio enunciati che sono veri o falsi. (Russell li chiam ava propo
sizioni e di qui deriva il nome di calcolo proposizionale che viene ancora
usato talvolta per indicare questa parte della logica). In analogia con l unione
U , l intersezione n e la sbarretta del com plem entare dell algebra booleana,
vengono ora introdotti i sim boli V , A (che viene spesso omesso per brevit)
e (scritto o prima di, o sopra a, una formula) per rappresentare le seguenti
operazioni :
Logica
i)
500
V?
vero
veri, e
z)'p/\q
vero
3)
(o p ) vero
Tabella i.
Propriet delle operazioni sugli enunciati.
Valore
d i verit
V alore d i verit
pWg
pAq
V
F
V
V
V
V
V
F
V
F
F
F
V
F
F
F
b)
-P
F
V
c)
501
L ogica
fondam entali della logica antica : il principio del terzo escluso afferma sem plicemente che p V p valido (cio, vero qualunque sia/>) e il principio di contrad
dizione (in un altra ancora delle sue forme) afferma che p A p una con
traddizione (cio, falso qualunque sia p).
N ella logica moderna da lungo tem po invalso luso di analizzare 'S e p,
allora q com e p \/q - cio, di considerare un se ... allora sempre vero tran
ne che nel caso in cui l antecedente sia vero e il conseguente falso. Questa pu
essere una deviazione rispetto al linguaggio ordinario ~ anche se difficile
accertarsene, in quanto esistono teorie diverse della semantica del linguaggio
ordinario - ma, in ogni caso, si tratta di una deviazione estremamente conve
niente. N on strettamente necessario avere una notazione separata per deno
tare 'S e p, allora q', ma sarebbe estremamente com plicato farne a meno per
analizzare i ragionamenti espressi nel linguaggio naturale. Per questo scopo si
usa perci il sim bolo
introdotto da Peano (molti scrittori usano il simbolo
p-^q). N aturalm ente, p~Dq la stessa cosa che p V q .
L a tavola di verit di
riportata nella tabella 2.
Si scrive anche p ^ q (e si legge: 'p se e solo se q ) in luogo di ( p ^ q ) A
{q'^p). Cosi, 'p = q vero esattamente quando p e q hanno lo stesso valore
di verit .
Per trattare il calcolo proposizionale come una delle form e dellalgebra boo
leana, sinterpreta V come un qualsiasi enunciato vero (ad esempio, 'i = i ) e 0
come un qualsiasi enunciato falso (ad esempio, 'i = o).
facile verificare che le leggi dellalgebra booleana sono corrette rispetto a
questa interpretazione in term ini di calcolo proposizionale. A d esempio,
p\/ p pu anche essere scritto come p \/p = V e (p /\~ p ) come p / \ p = 0 .
L e propriet distributive diventano
p {q \ jr )= p q \ / p r
p y { q r \ r ) = {pW q )A {p W r)
e le propriet di idempotenza
pAp^p
pvp^p.
Tabella 2 .
Tavola di verit del connettivo se ... allora.
Valore
d i verit
V alore
d i v erit
i>=
F
V
V
F
V
F
Logica
502
p^q
pq^0
p^r
pf =
oppure
P<1 ^
qr^ Y
p r= Y
503
Logica
p r^ 0
oppure
pq
pr
5.
L a logica degli enunciati fece la sua prim a comparsa nel periodo m oderno
come seconda interpretazione dellalgebra booleana (nel periodo moderno
perch gli antichi logici stoici avevano sviluppato la logica degli enunciati, e
cosi pure avevano fatto, almeno in parte, alcuni logici medievali. Queste prime
scoperte rimasero per a lungo dim enticate - sempre a causa dellerronea cre
denza che la logica aristotelica fosse in linea di principio com pleta - cosicch
la logica degli enunciati dovette essere riscoperta nel x ix secolo). In questo
paragrafo verranno descritti alcuni altri m odi di considerare la logica degli
enunciati che sono m olto im portanti per i successivi sviluppi avvenuti nel
XX secolo.
Il prim o di questi altri approcci fu portato all attenzione dei logici dallita
liano Peano [1888]. L opera di Peano era stata totalmente anticipata, in una
forma pi completa, da Frege, ma la notazione di Frege era cosi ingom brante
ed oscura, almeno in apparenza, che la sua opera non venne apprezzata fino
a quando la sua importanza non fu sottolineata da Russell nei Principles of
Mathematics e nei Principia Mathematica. L o stesso Russell apprese la nota
zione logica moderna da Peano, come si pu dedurre dalle seguenti parole
con cui Russell descrive il suo incontro con Peano al Congresso internazionale
di filosofia di Parigi del 1900: Durante le discussioni del congresso m i resi con
to che era sempre pi preciso di tutti gli altri e che in tutte le discussioni risultava
invariabilm ente il pi brillante. C on il passare dei giorni mi convinsi che questo
doveva dipendere dalla sua logica matematica e pertanto mi feci dare da lui tu t
L ogica
504
te le sue opere e non appena il congresso si chiuse mi ritirai a Fernhurst per stu
diare in tutta tranquillit tutto ci che lui e i suoi discepoli avevano scritto. M i
resi conto che il suo metodo di notazioni forniva quello strum ento di analisi lo
gica che per anni avevo cercato, e che studiando l opera sua mi stavo im padro
nendo di una nuova e potente tecnica per il lavoro che da molto tempo desidera
vo fare [1967, trad. it. pp. 236-37].
C i che Peano fece fu di rompere con la tradizione booleana di considerare
la logica com e unalgebra, e in particolare come algebra delle classi (o come
interpretazione secondaria dellalgebra delle classi, nel caso della logica degli
enunciati). P er Peano (e per Frege) la logica ha a che fare con la. form alizzazio
ne del nostro linguaggio. Il logico tenta di costruire un linguaggio simbolico (cfr.
larticolo Form alizzazione in questa stessa Enciclopedia), una notazione idea
le, priva della vaghezza e dellambiguit che sono inevitabili nel linguaggio
naturale, in cui tutte le dim ostrazioni deduttive possano essere effettuate se
condo delle regole esatte per la manipolazione dei simboli. In particolare, sia
Peano sia Frege si ponevano lobiettivo ideale di una matematica puramente
simbolica, una matematica in cui ogni riga di una dimostrazione, dagli assiomi
(che per Frege, anche se non per Peano, dovevano essi stessi essere formule
della logica pura) fino alla conclusione, dovesse essere ottenuta dalle righe pre
cedenti m ediante regole rigorose per la trasform azione dei sim boli - niente
appelli allintuizione - anche se sotto questo riguardo Peano aveva degli
standard m olto inferiori a quelli di Frege.
L im portanza di questo nuovo punto di vista non si m anifesta in realt tan
to nella logica degli enunciati, quanto piuttosto nella logica del prim ordine
(che discussa pi avanti) e nella teoria degli insiemi. Esso porta per con s
alcuni cambiam enti di notazione nella logica degli enunciati.
Si consideri un normale enunciato condizionale, ad esempio 'S e M aria lon
tana, allora non pu sostenere lesame . U n booleano lo tradurrebbe in simboli
mediante p V ^ = V (usando p per 'M aria lontana e q per 'M aria pu soste
nere l esam e). M eglio, poich i booleani dellOttocento usavano 4- in luogo
di V e I in luogo di V (per m ettere ancor pi in evidenza lanalogia algebrica),
10 avrebbero in realt scritto p + q = i , che ben lungi dal suggerire la forma sin
tattica di un enunciato condizionale. Peano, invece, seguiva pi da vicino il
linguaggio reale: poich 'S e p, allora q non ha la forma di un equazione, egli
non la traduceva in sim boli mediante unequazione, ma, dopo aver introdotto
11 simbolo 3 per denotare se ... allora, scriveva lenunciato particolare di cui
sopra come si fa oggi, cio 'M aria lontana 3 'M aria pu sostenere lesame ,
o pz>q. (Peano introdusse il simbolo V per denotare 'o , il simbolo A per
denotare 'e e usava il sim bolo per denotare 'non).
Peano non era solo nel fare ci: anche Peirce introdusse un sim bolo per de
notare il se ... allora e, inoltre, adott la convenzione di scrivere p + q come
abbreviazione in luogo di p + q = i . M a per Peirce p + q (cio, p\/q) e p-<q
(cio, ^ 3 ^ ) erano soltanto delle abbreviazioni - la vera notazione, una volta ehminate tutte le abbreviazioni, sempre equazionale - , m entre per Peano la
forma ultima di una espressione pu essere condizionale, disgiuntiva o con
505
L ogica
giuntiva, ecc., e linsistenza nel far somigliare tutto allalgebra viene ricono
sciuta come un feticcio. (Ad esempio, il metodo decisionale per i ragionam enti
della logica degli enunciati delineati pi sopra, e che consiste nello sviluppare
le premesse e la conclusione in disgiunzioni di regioni fondam entali, non di
pende affatto dallo scrivere le premesse e la conclusione come equazioni. L o
si fatto soltanto perch le form ule continuassero a corrispondere ad asserti
una volta effettuata linterpretazione in term ini di classi. Quando si studia la
logica degli enunciati di per se stessa, diventa del tutto artificioso scrivere tutti
gli enunciati in questo modo).
U n secondo progresso nella logica degli enunciati, com e daltronde nella
logica nel suo complesso, ebbe luogo con la pubblicazione dei Principia M athe
matica [1910] di Russell e W hitehead. A n ch e se non possibile descrivere in
questo articolo la reale im portanza di quest opera, una sua caratteristica che
influenz anche la logica degli enunciati fu lo stile di presentazione assiomatico
(nel fare ci, Russell e W hitehead seguivano l esempio di Frege). Russell e
W hitehead non costruirono la logica degli enunciati com e sistema separato,
ma facile farlo prendendo soltanto gli assiomi dei Principia che concerno
no questa parte della logica. Russell e W hitehead usano soltanto due sim boli
prim itivi non-defniti, ' (per la negazione) e ' v (per la disgiunzione).
'p ^ q definito come abbreviazione di ' ^ p \ / q . L e regole di derivazione sono
la sostituzione (di form ule ben formate del sistema in luogo di
'q\ ecc.)
e la separazione (che da A e A ^ B perm ette di dedurre B). Fra gli assiomi dei
Principia vi sono i seguenti:
1){p\/p)z^p
2)
?=>(/> V g)
)(/> V ?) (?V/))
A)py{qyr)
{pyq)wr
5) (g= r) . 3 . ( p V g ) = ) ( iV r )
(i puntini posti di fianco al simbolo ' indicano che esso il connettivo prin
cipale).
D opo i Principia numerosi studiosi compirono considerevoh sforzi per ri
durre il numero degli assiomi. Esistono sistemi di calcolo proposizionale con
un unico sim bolo prim itivo (quello del connettivo n ... n, m ediante il
quale si possono definire la congiunzione, la disgiunzione e la negazione) e si
stemi con soltanto tre o quattro assiomi (o addirittura, vero tour de force, con
un unico assioma). O ggi per la m aggior parte di questi sistemi sono conside
rati dotati di uno scarso o nullo interesse matematico o filosofico. G li assiomi
dei Principia hanno il pregio di essere intuitivi, in quanto sim bolizzano dei
principi logici manifestamente importanti. L o stesso si pu dire per le regole
di G entzen. Se gli assiomi e le regole non sim bolizzano principi logici im por
tanti, non c in generale m otivo per preoccuparsi di ridurne al m inim o il
numero.
U lteriori progressi nel campo della logica degli enunciati ebbero luogo in
torno al 1920 con linvenzione delle tavole di verit da parte di W ittgenstein e.
Logica
506
Tabella 3 .
V a lo re di v e r it di u n a fo rm u la .
V alore
d i verit
p
V alore d i verit
r
V
F
V
V
V
V
V
V
V
V
F
V
F
V
V
F
V
V
V
V
V
V
V
V
V
V
V
V
V
V
V
V
V
V
V
F
b)
a)
f)
c)
e)
d)
6.
507
Logica
Logica
508
Kxy denoti la relazione 'am a , cio che K xy dica che x ama y, o, per essere pi
precisi, che 'h.xy sia vera quando si assegna una coppia di cose {a, b) alla cop
pia di sim boli (' , 'y ) se e soltanto se la prima di queste cose ama la se
conda (ad esempio, assegnare la coppia (Antonio, Cleopatra), in questordine,
ai sim boli '* , 'y rende vera h xy , se si suppone che A ntonio amasse veramente
Cleopatra). Allora, {x){')iy)Axy dice che ognuno ama qualcuno (supponendo
che luniverso del discorso sia costituito da persone) e {jix){y )K xy dice che qual
cuno ama ognuno. Infine, {ix)(y)KxyT>{x){'iy)Kyx dice che, se qualcuno ama
ognuno, allora ognuno amato da qualcuno, che una form ula valida, mentre
{x)( 3y )A x y z :'{ ^ ){ y )h -x y dice che, se ognuno ama qualcuno (cio, se per ogni
x esiste un - non necessariamente lo stesso - che x ama), allora esiste qualcuno
che ama ognuno, che non valida.
Si osservi che esiste una difli'erenza significativa fra lo status di ' e lo status
di 'y nella formula ( x)Axjy. Essa dice della cosa (persona) indeterminata y
che qualche cosa (qualcuno) la ama. U na tale formula, che contiene, come si
dice, la variabile libera 'y (o una qualunque altra variabile), esprime la proprie
t di y di essere amata da qualcuno. L a variabile 'x , invece, stando dentro al
quantificatore ( x), non indica una cosa indeterminata com e la variabile li
bera 'y (pi precisamente, non possiamo pensare a questa 'x come a un sim
bolo a cui si possa assegnare un oggetto come denotazione). L e variabili che
compaiono allinterno dei quantificatori ' (x) e ' ( x) sono piuttosto dei m ezzi
per dire ogni e qualche. T a li variabili sono dette legate.
Questo simbolism o sembra molto semplice, e in effetti con un po di prati
ca facile manipolarlo. Esso per incom parabilm ente pi ricco di tutta la
logica precedente, antica e moderna, come si vedr m eglio nel paragrafo suc
cessivo.
Per ora, si osservi che Russell e W hitehead, oltre a dare degli assiomi per
il calcolo proposizionale, diedero pure assiomi per la logica del prim ordine
(anche se il termine 'logica del prim ordine dovuto a Peirce, e Russell e
W hitehead la trattano soltanto come una parte del loro sistema totale, e non
come un sistema separato). Q ui essi seguono probabilm ente Frege, perch n
Peirce n Peano diedero un sistema com pleto di assiomi e di regole dideriva
zione. F u F rege il prim o a scrivere le regole di derivazione per quella che
essenzialmente la logica, cio la teoria formale della deduzione quale usata in
tutte le scienze, compresa la matematica (cfr. larticolo Deduzione/prova in
questa stessa Enciclopedia).
Ecco uno di questi insiem i di assiomi e di regole (dovuto a H ilbert, m a
molto sim ile alle regole di Frege del 1879); basta aggiungere agli assiomi del
calcolo proposizionale i seguenti assiomi:
(1)
(2)
(s;)F x 3 F j ;
('S e ogni cosa F, allora j F )
F3' o (3 x ) F x ('S e 3^ F, allora qualche cosa F )
509
Logica
7.
L a Begrijfsschrift di Frege.
Sia Peano sia Frege volevano costruire una notazione sim bolica atta a for
m alizzare le dimostrazioni di ogni ramo della matematica (e i ragionamenti de
duttivi in generale). L am bizione di Frege andava per molto al di l di questo.
N egli anni 1880 Frege, come Russell e W hitehead ven tanni dopo, voleva dim o
strare che tutti i cosiddetti assiomi della matematica potevano essere dedotti dai
principi della logica pura, cio che la matematica non altro che logica travestita.
Sono le ricerche com piute da Frege per portare a compimento questo di
segno che fecero della logica sim bolica una grande disciplina. A n ch e se pochi
matematici e filosofi am m etterebbero oggi che l opera di Frege (com pletata poi
da Russell e W hitehead) abbia fornito alla matematica la fondazione che Frege
Logica
510
sperava, non c alcun dubbio che essa diede origine a u n enorme chiarificazione
di concetti. L a natura dellinduzione matematica, i suoi rapporti con i principi
della teoria degli insiemi, lanalisi dei legami fra l aritmetica pura e le sue appli
cazioni sono tutti risultati dovuti a Frege. In aggiunta, gli spetta la priorit nella
scoperta dei quantificatori e inoltre il livello di rigore con cui port a termine
tutte queste cose altissimo. Perci, la sua breve (non pi di 80 pagine) mo
nografia Begriffsschrift (ideografia, o scrittura per concetti) [1879] stata giu
stamente considerata la pi grande opera di logica scritta dopo Aristotele. L a
Begriffsschrift conteneva essenzialmente il sistema logico; l analisi completa
della m atem atica non apparve fino alla pubblicazione del prim o volum e dei
Grundgesetze der Arithmetik [1893-1903] e prima che ne venisse pubblicato dieci
anni dopo il secondo volum e Russell aveva gi scoperto una contraddizione,
nota come paradosso di Russell, nella costruzione di Frege. L a presenza di una
tale contraddizione, che sar eliminata dallo stesso Russell con la sua teoria dei
tipi, non oscura, com unque, la grandezza d ellopera di Frege.
Il
problem a chiave che stava di fronte a Frege, cosi come in seguito a Russell,
era la delucidazione del concetto di numero. (Russell, dopo aver incontrato
Peano nel 1900, elabor indipendentem ente gran parte dei sistema di Frege,
accorgendosi soltanto in seguito che questi l aveva preceduto). I testi tradizio
nali e gli scritti dei logici e dei filosofi dell Ottocento rivelavano una grande con
fusione a tale proposito. Si diceva, ad esempio, che uno un term ine che si
applica ad ogni unit (questo parlare di unit risale ad Aristotele) e che
un unit era ogni cosa singola. Cosi, Cesare, la torre EifFel e lEuropa sono
tutti esem pi di uno - in effetti, uno un term ine generale che si applica a
ogni cosa - se si prende alla lettera questa teoria. D u e era descritto come un
term ine che si applica a ogni coppia. M a la distinzione fra la coppia - ad esempio,
un paio di scarpe - considerata come oggetto fisico (anche se discontinuo) e la
coppia considerata come insieme - linsieme i cui m em bri sono le due scarpe non veniva tracciata, n veniva fatta la distinzione fra l applicare un predicato a
un insieme e l applicarlo a ciascuno dei suoi membri. Cosi, la fondamentale diffe
renza di forma logica che sussiste fra 'G li apostoli sono uom ini (che predica
l essere un uomo di ciascun apostolo) e 'G li apostoli sono dodici (che predica leisere dodici e&insieme degli apostoli) non veniva rilevata dalla m aggior parte di
questi logici pre-fregeani. U n eccezione importante costituita dal matematico
Cantor, che nel 1878 aveva introdotto il concetto di potenza (cio, di numero
cardinale) di un aggregato e aveva dato il criterio per Vequipotenza: due aggre
gati hanno la stessa potenza quando e solo quando gli elem enti delluno possono
essere messi in corrispondenza biunivoca con gli elementi dellaltro. Cosi, il
celebre risultato di Cantor del 1874, secondo cui i num eri reali non possono es
sere posti in corrispondenza biunivoca con i numeri interi dice, espresso con
questa term inologia, che la potenza del continuo (cio, dellinsieme dei numeri
reali o, equivalentem ente, dei punti della retta) diversa dalla potenza dellin
sieme dei num eri interi.
Cantor aveva anche definito che cosa significa per una potenza essere minore
di unaltra. Il comportamento dei num eri cardinali finiti potrebbe indurci a pen
511
Logica
sare che una potenza possa essere definita minore di unaltra quando un insieme
che abbia la prim a potenza possa essere messo in corrispondenza biunivoca con
un sottoinsieme proprio di un insieme che abbia la seconda potenza, ma questa
definizione com porta delle difficolt nel caso degli insiemi infiniti. L esempio
dei num eri pari e dei num eri interi mostra che un sottoinsieme proprio di un
insieme infinito pu avere la stessa potenza dellintero insieme! (I num eri pari
sono un sottoinsieme proprio dei num eri interi, ma la corrispondenza che m an
da ciascun numero pari nel num ero che ne la met biunivoca). L a defini
zione di Cantor dice che, se la potenza di A uguale alla potenza di un sotto
insieme di B, ma diversa da quella di B stesso, allora la potenza di A minore
della potenza di B. C on questa term inologia, si pu dire che la potenza dellin
sieme dei numeri interi (chiamata aleph con zero da Cantor) m inore della
potenza del continuo: alcuni insiem i infiniti sono pi infiniti di altri!
Frege era un ammiratore di questa teoria di Cantor, ma pensava che richie
desse una fondazione logica precisa. E la nozione di numero di Frege, cosi co
me le sue critiche a chi parlava vagamente di unit, ecc., sono in linea con le
idee di Cantor.
U na caratteristica im portante del sistema fregeano il fatto che Frege in
terpretava le lettere predicative della logica come variabili sopra universali in
intensione - cio, concetti, come li chiamava egli stesso ~ e non sopra insiemi
o classi , come in generale fanno i logici oggi. I concetti {Begrijfen) non sono
per Frege entit mentali, ma costituiscono piuttosto il significato o contenuto
astratto e pubblico delle rappresentazioni che si usano. C he la rappresentazione
di un pensiero sia unim m agine privata, o qualche altro particolare mentale, o
un frammento di linguaggio pubblico, ci che essa significa non pu essere un
particolare mentale perch altrimenti, come osserva Frege, due persone non
penserebbero mai lo stesso pensiero. L a logica, secondo Frege, intensionale,
cio tratta di entit che non sono molto diverse, a quanto pare, dagh universali
aristotelici.
Ora, due, applicato a un aggregato, un concetto nel senso di Frege. Il
concetto due - o a due membri - un concetto che si applica alle classi e non
agli individui, come si gi osservato. Perci, lestensione del concetto due
una classe di classi: in efl^etti, la classe di tutte le classi a due m em bri. Che
cos allora il numero due? Poich, secondo l opinione piuttosto sconcertante
di Frege, i concetti non sono oggetti, mentre le classi lo sono, loggetto m ate
matico due non pu essere identificato con il concetto due, che essenzial
m ente attributivo e non sostantivo, ma con la sua estensione. N asce cosi la fa
mosa definizione fregeana di num ero: un numero la classe di tutte le classi
che hanno la stessa potenza (nel senso cantoriano) di una classe data. D u e la
classe di tutte le classi a due m em bri.
Analogam ente, uno la classe di tutte le classi unitarie (le classi che hanno
esattamente un m em bro sono dette classi unitarie) e zero la classe il cui
unico membro la classe vuota (esiste nn unica classe vuota, perch due classi
sono distinte soltanto quando differiscono per almeno un membro).
Ora, il concetto a zero membri pu essere definito nella logica pura, perch
Logica
512
(* ) F x
513
Logica
m ediante una form ula del prim ordine del calcolo dei predicati con identit .
Finora stato dimostrato (mediante esempi) come si possa esprim ere ogni
cardinale finito preso in esame come un concetto , cio come un predicato di
classi. possibile anche esprim ere la definizione dell oggetto matematico cor
rispondente, cio la classe di tutte le classi a un membro, la classe di tutte le classi
a due membri, e cosi via, ma questo com porta la necessit di andare al di l della
logica del prim ordine, ed qui che Frege fece bancarotta.
Introducendo i quantificatori, Frege non pensava alluniverso del discorso
come a un qualche cosa di relativo (cio, di variabile con il discorso che ve
niva formalizzato), come facevano Boole, Peirce e altri booleani. E gli aveva
invece in m ente che i quantificatori (*) e ( x) dovessero variare sopra tutti gli
oggetti - e in effetti in Frege presente l ipotesi Y esistenza di una tale to
talit definita di tutti gli oggetti - compresi quindi gli oggetti m atem atici (cio,
le classi). In particolare, m entre le variabili individuali della logica del pri
m ordine di Peirce non variano mai sopra classi (a meno che il discorso che
viene form alizzato concerna delle classi, nel qual caso non si suppone che classi
arbitrarie delle classi particolari che formano il dominio V appartengano esse
stesse a V), nella logica della Begrijfsschrift di Frege - che verr chiamata
logica ingenua 'Per tutti gli x significa 'Per tutti gli oggetti , dove le classi
arbitrarie di oggetti sono considerate esse stesse oggetti. A lcuni esempi varranno
ad illustrare il significato e lim portanza di questo punto.
Si consideri la form ula della logica del prim ordine (x )F xr> ( * ) F x ('S e
ogni cosa E, allora qualche cosa F ). Se si vuol dire che questa form ula
vera per tutte le classi (o predicati) F, basta scrivere
(i)
(F )((x )F x
3 (3x )F x),
(x ) F x o F (F ),
( ^ ) ( G ) ( ( G ) = G a unmembro)
L ogica
514
2-t-2 = 4.
515
Logica
logica del prim ordine, pi gli assiomi per l identit ' = . stato cosi dim o
strato che un enunciato m atematico (2-1-2 = 4) esprime quello che si riduce
a essere un fatto di pura logica. Infatti, che differenza di contenuto intuitivo
c , dopo tutto, fra 2 + 2 = 4 e 'P er tutte le classi F , G , H , se F e G non han
no nessun m em bro in com une, e se H lunione di F e G , e se F ha due m em
bri e G ha due mem bri, allora H ha quattro m em bri? Q uestultim o enuncia
to non forse u n analisi di che cosa significhi per quattro essere la somma di
due e due?
K ant, nel x v iii secolo, aveva tracciato una netta distinzione fra enunciati
quali 5 + 7 = 12, che sosteneva essere sintetici, e gli enunciati della logica pura,
che sosteneva essere analitici. D op o lopera di Frege, non stato pi possibile
marcare una linea di confine netta fra m atematica e logica - n ci sarebbe
nessun reale costrutto nel farlo.
N on soltanto possibile analizzare nozioni num eriche particolari come uno,
due, ... in term ini logici, e dire che i num eri uno, due, ... esistono, che quat
tro la somma di due e due, ecc., ma Frege dimostr anche che la propriet
di essere un numero cardinale finito o infinito, cio, una potenza nel senso di
Cantor, pu essere definita nellambito della logica pura. In efi^etti:
Si noti che la similarit (cio, il poter essere messa in corrispondenza unouno) una relazione del secondordine fra classi perch necessario un quan
tificatore del secondordine ( R) per esprimerla, ed essere una potenza, come
essere il numero uno, richiede per essere espressa (con questa definizione) la lo
gica ingenua, perch 'F ( G ) contiene una lettera predicativa in posizione di ar
gomento.
L a cosa pi importante fatta da Frege in questa parte della sua opera ,
tuttavia, l aver mostrato come si possa definire il concetto essere un numero
intero in term ini puramente logici. L idea che sta dietro a questa definizione
fu elaborata anche da D edekind, ma nove anni dopo i Grundgesetze der A rith
metik e tredici anni dopo la Begriffsschrift (che contiene lidea essenziale, quel
la di antenato di una relazione).
Il
problem a di definire l antenato di una relazione pu essere illustrato ser
vendosi dellesempio che gli ha dato il nom e: la relazione di antenato. In di
cando con Pxy la relazione 'x un genitore di y , 'P pu essere pensata de
Logica
516
notare la classe di tutte le coppie ordinate {x, y) tali che il prim o membro sia
un genitore del secondo mem bro. U sando il sim bolo A xy per denotare la rela
zione 'x un antenato di y , 'A denota la classe di tutte le coppie ordinate tali
che il prim o m em bro sia un antenato del secondo mem bro. C h e relazione c
fra P e A?
Evidentem ente P c A (P inclusa in A ), cio, per tutti gli x e y, Yxyz::hxy.
Sem bra per che la relazione sia pi forte di questa. In effetti, antenato pu
essere definito in term ini di genitore nel modo seguente ;
(7)
>2,
Cosi, madre di inclusa in genitore di, perch per tutti gli x t y: 'x madre
di 3/3 X un genitore di y .
Finora si affermato che A {antenato di) possiede le due seguenti propriet
(dove P genitore di) ;
(I)
(II)
P cA
A |P cA .
517
Logica
P cA .
In maniera analoga si pu dimostrare che
(11)
A |P cA .
L ogica
518
(Il ragionamento consiste neirosservare clic, se esiste uno 2 tale che x stia con
in ogni relazione R tale che P c R A R | P c R e a stia con y nella relazione P,
allora, per ogni tale R, x sta con jv nella relazione R|P (per la definizione del
prodotto relativo
Perci, x sta con y in ogni relazione R di questo tipo,
in quanto tutte queste R sono tali che R j P c R , e ci equivale a dire che Axy).
L a relazione A cosi definita soddisfa quindi alle condizioni (i) e (11). Inol
tre, A la pi piccola relazione che gode di queste propriet, perch definita
come l intersezione di tutte le relazioni che godono di tali propriet. Si cosi
potuto dimostrare con m ezzi puram ente logici che esiste la pi piccola relazio
ne che gode delle propriet (i) e (11).
Volendo usare questa definizione di antenato nella vita di tutti i giorni,
bisogna anche essere in grado di dimostrare le inferenze citate sopra secondo
cui tutti i nonni sono antenati, tutti i bisnonni sono antenati, ecc. (cio,
P ^ c A , P cA , ...) M a, per la propriet (i), P c A , cosicch, per linferenza di
D e M organ ('S e F c G , allora F | R c G | R ), P ^ c A |P , che c A per la pro
priet (11). N e segue che P ^ c A e, ancora per l inferenza di D e M organ,
ps = P2|PcA|PcA.
In questo modo F rege pot dimostrare che tutte le propriet della relazione
antenato di seguono dalla sua definizione (espressa in quella che oggi si chiama
logica del secondordine) in term ini i genitore di.
N ello stesso modo, se F una qualsiasi relazione, si pu definire a partire
da F u n altra relazione F * , detta relazione ancestrale di F, esattamente nello
stesso modo in cui stato definito antenato a partire da genitore: F * ( x , j ) =|f
( R ) ( F c R A R | F c R .Z ). R xy), che coincide esattamente con lunione delle
relazioni F, F^, F, F' , ..., cio, la relazione in cui x sta con y quando x pu
essere congiunto a 3; da una catena finita di oggetti tali che ciascuno stia nella
relazione F con il successivo. In efi^etti, lidea usata da Frege per definire la re
lazione ancestrale fu usata in seguito da D edekind per definire la nozione di
catena.
Si definito in precedenza 'F una potenza (cio, F un cardinale finito
o infinito) in term ini puram ente logici. Si potrebbe per pensare che, anche
se questa nozione pu essere definita nell ambito della logica pura, sia per
necessario far ricorso allaritm etica per definire la nozione di potenza finita,
cio, di numero intero. Arm ato della sua definizione di relazione ancestrale,
Frege fu in grado di provare che le cose non stanno cosi: anche numero intero
pu essere definito in term ini puram ente logici. L a catena di definizioni la
seguente :
i) 'F proviene da G per addizione di un elem ento = c if ( a x ) ( - G x A (s')(Fs:
.= . G.? \/ z = x))
('Esiste qualche cosa che non in G e che tale che, per ogni z, z
in F se e solo se a: in G oppure uguale a quella cosa ).
519
Logica
(Questa definizione data in m odo da coincidere con loperazione in
tuitiva di addizione di un elemento quando F e G sono potenze. In
questo caso S (F , G ) pu essere letto come 'F il successore di G ).
n i) 'F zero = jf( H ) ( F ( H ) = / / a zero membri)
(Cosi, zero la classe di tutte le classi vuote, cio, poich esiste u n u
nica classe vuota, zero la classe unitaria contenente la classe vuota).
iv) 'F un numero intero
Logica
520
schema di assiomi del prim ordine, cio, mediante una lista infinita di assiomi,
ma raritm etica del prim ordine non tutta l aritmetica proprio perch non
contiene tutta linduzione matematica. L aritm etica completa inseparabile
dalla teoria degli insiemi (o, alternativamente, dalla logica di ordine superiore),
come Frege per prim o si rese conto. Fra tutti i contributi concettuali di questa
parte dell opera di Frege, per, i due che conservano forse il valore pi duratu
ro sono; i) com e contributo alla matematica, l analisi di ci che significa per
una classe essere finita (perch a questo si riducono in definitiva le definizioni
di relazione ancestrale e di numero intero)-, e 2) come contributo alla filosofia,
la stretta connessione da lui stabilita - anche se non lidentit, come Frege cre
deva - fra logica e matematica. Il verdetto pronunziato da Russell trentanni
dopo secondo cui non sarebbe mai pi stato possibile tracciare un confine non
arbitrario fra matematica e logica si rivelato del tutto esatto.
8.
S i dedotto che la relazione antenato di esiste dal fatto che possibile defi
nirla; lestensione della relazione antenato di l insieme di tutte le coppie or
dinate {x, y) tali che x e y soddisfino alla seguente condizione: ( R ) ( P c R A
R l P c R . . Rxji). N el fare ci, stato tacitamente assunto il principio che
gli studiosi di teoria degli insiemi chiamano assioma di com prensione, il quale
afferma che una condizione particolare, cio una form ula con variabili libere
(in questo caso x e y) determina un insieme o classe (precisamente, linsieme
di tutte le coppie ordinate (x, y) che soddisfano alla condizione). Questo prin
cipio fu trasformato da Frege in una regola generale, secondo cui per ogni con
dizione esprim ibile nel sistema logico esiste una classe corrispondente. Ci sem
bra, in effetti, molto evidente . Infatti, che cosa sintende per classe o insie
me se non estensione di un predicato.? C om e potrebbe quindi esistere un
predicato senza che ci sia la classe delle cose che lo soddisfano ?
N el 1901, tuttavia, Russell diede un sem plice esempio che dimostra come
l assunzione secondo cui ogni condizione (esprim ibile nel sistema) determina
una classe conduca a una contraddizione. Infatti, una delle cose che si possono
dire nel sistema di Frege che una classe F non contiene se stessa: F (F )
(a rigore, questo significa che il concetto F non si applica alla propria esten
sione, secondo l interpretazione che F rege dava del proprio sim bolism o, ma ci
non altera la questione). Se questa condizione determina una classe - cio, se
esiste una classe Z contenente esattamente quelle F tali che F non appartiene
a F - , la classe Z appartiene a se stessa oppure no? Entram be le ipotesi con
ducono a una contraddizione! L ipotesi che esista una tale classe deve perci
essere abbandonata.
In simboli, la condizione che definisce Z ( F ) ( Z ( F ) s F (F )), da cui si
ottiene, sostituendo Z come caso particolare di F, Z (Z ) = Z (Z ), che una con
traddizione.
Questa scoperta fu una catastrofe per il sistema di Frege. Se l assioma di
521
Logica
com prensione senza lim itazioni contraddittorio, da che cosa potr essere
sostituito? Q uale principio pu dire quali sono le condizioni che determinano
degli insiemi (o, nella term inologia di Frege, quali concetti hanno come
estensioni delle classi) e quali no? Frege scrisse a Russell il 22 giugno 1902;
L a scoperta da parte vostra della contraddizione ha provocato in me la
pi grande sorpresa e, direi quasi, costernazione in quanto ha scosso le basi
stesse sulle quali intendevo costruire laritmetica. Sem bra quindi che... la mia
Regola V sia falsa, e che le mie spiegazioni contenute nel 3 1 non siano suf
ficienti ad assicurare che le mie com binazioni di segni abbiano in ogni caso un
significato. D evo rifiettere pi a lungo su questa questione. Essa tanto pi
grave perch, con la perdita della mia Regola V , sembra scom parire non soltan
to la fondazione della mia aritmetica, ma anche lunica fondazione possibile
dellaritmetica. Ritengo tuttavia che dovrebbe essere possibile determ inare del
le condizioni... tah che i punti essenziali della mia dim ostrazione rimangano
intatti. In ogni caso la vostra scoperta molto notevole e, nonostante a prim a v i
sta possa apparire importuna, essa produrr probabilm ente un grande progresso
nella logica [cfr. Heijenoort 1967, pp. 127-28].
In breve, tutta la brillante costruzione che consentiva di ridurre laritm etica
alla logica veniva messa in dubbio dalla scoperta di Russell. Poco tempo prim a
erano stati scoperti altri paradossi nella teoria degh insiemi (anche se la loro
im portanza per lopera di Frege non era stata rilevata), in particolare il parados
so di B urali-F orti (concernente la nozione di numero ordinale della succes
sione di tutti gli ordinali) e il paradosso del cardinale pi grande di tutti,
ma con la scoperta del sem plice e devastante paradosso di Russell la situa
zione divent intollerabile, non soltanto per Frege, ma anche per i seguaci di
Cantor. L a teoria degli insiemi cantoriana verr discussa nel prossimo para
grafo; fu lo stesso Russell, aiutato da W hitehead (che aveva gi pubblicato
Universal Algebras [1898], contenente un lungo capitolo in cui viene discussa
la logica matematica lungo le linee booleane), che si dedic al com pito di ripa
rare il sistema fregeano (la maggior parte del quale, compresa la definizione di
numero naturale, era stata scoperta indipendentem ente da Russell nel 19001901). Russell fece una cosa m olto com plicata e qui verr descritta soltanto la
successiva semplificazione della sua opera data da Ramsey. N ella forma sem
plificata, l idea di Russell - la teoria dei tipi ~ consiste n ell abbandonare due
delle assunzioni di principio che stanno alla base dellopera di Frege:
i)
L assunzione che esista un singolo e definito universo di tutti gli ogget
ti, compresi gii oggetti matematici, viene lasciata cadere. In cambio, Russell
postul l esistenza di una serie di universi o tipi: un universo di tutti gli
individui, che non contiene quindi classi, o concetti, o propriet, ecc.
Questo universo di base viene detto tipo zero ; un universo di tutte le classi
di individui, che viene detto tipo uno, e, continuando allo stesso m odo, un
universo, detto tipo w + i , di tutte le classi di oggetti di tipo n. Quanto al for
malismo, '( ) significa 'P er tutti gli individui x , e non 'Per tutti gli oggetti,
compresi gli oggetti astratti ; '(F^) significa 'Per tutte le classi di individui,
e non 'Per tutte le classi qualsiasi ; '(F^) significa 'P er tutte le classi di classi
Logica
5 22
(F )(Z (F )^ -F (F ))
non ben form ata perch F non pu prendere se stessa com e argomento, qua
lunque tipo di apice le si apponga, e 'Z richiede l apice di tipo '2 (o uno in
pi di quello che viene assegnato a 'F ) per poter prendere com e argomento
una variabile di classe di tipo uno. Inoltre, anche se la ( i) fosse ben for
mata, essa non im plicherebbe
(2)
Z (Z )= -Z (Z )
perch a 'Z nella ( i) bisogna assegnare almeno il tipo 2 e a 'F bisogna asse
gnare un tipo inferiore di u n unit a quello di 'Z . Perci la sostituzione di
'F con 'Z im possibile: 'Z non denota un oggetto dell universo (o tipo) su
cui varia 'F .
2)
L assunzione che ogni condizione determina una classe viene modificata
in quella secondo cui le condizioni sugli oggetti di un determ inato tipo deter
minano una classe del tipo im m ediatam ente successivo.
L effetto sulla derivazione fregeana della matematica dalla logica im
mediato. N on esiste pi ununica classe di tutte le classi con due membri.
C invece una classe di tutte le classi di tipo i con due m em bri. Questo
il numero due di tipo 2 . Esiste una classe di tutte le classi di tipo 2 con due
mem bri . Q uesto il num ero due di tipo 3 , ecc. D i tutti i num eri (e degli altri
oggetti matematici, compresa la classe vuota) esiste una copia in ciascun tipo.
N aturalm ente, un teorema aritmetico quale 2 + 2 = 4
qualunque sia il
tipo che si assegna a 2 e a 4 e perci si possono tralasciare gli apici quando
si scrivono questi ordinari enunciati matematici (questa elim inazione degli
apici quando la form ula vera per tutti i tipi sufficientem ente grandi detta
da Russell am biguit tipica).
Questa duplicazione infinita di tutti gli oggetti m atem atici (infiniti num eri
zero, infiniti num eri uno, infiniti numeri due, ... uno per ciascun tipo) una
conseguenza spiacevole della stratificazione in tipi degli oggetti del discorso.
Tuttavia, possibile portare a term ine una versione convenientem ente m odifi
cata del ragionam ento di Frege e derivare tutti gli assiomi della teoria dei nu
meri nella teoria dei tipi quasi esattamente come aveva fatto Frege. C un unico
inconveniente.
L inconveniente questo. Si supponga che luniverso degli individui sia fini
to, ad esempio che esistano soltanto un milione di individui. A llora, non esi
stono classi di tipo uno con un milione e un m em bri. Perci, il numero un
milione e uno (cio, la classe di tutte le classi con un m ilione e un membri)
identico alla classe vuota di tipo due. L o stesso accade, per il m edesimo m oti
vo, per il num ero un milione e due. L enunciato 'U n m ilione e uno diverso
da un m ilione e due sar perci falso nel tipo 2 e 'O gn i num ero ha un suc
cessore diverso dal numero stesso sar falso in ogni tipo (perch, se il tipo o
finito, tale pure ogni altro tipo in quanto, se vi sono n oggetti di tipo k, al
523
Logica
lora vi sono soltanto 2^'- classi di tali oggetti ed esse sono tutti gli oggetti di
tipo + 1 ) .
In breve, se si vuole che {x ){ x j x + i ) sia vero, bisogna postulare che
esistono infiniti individui. Russell lo postul ( quello che si chiama l assioma
dellinfinito della teoria dei tipi), ma difficile sostenere che si tratti di un prin
cipio della logica pura.
(N on si discuter qui un altro degli assiomi di Russell che pone delle diffi
colt - l assioma di riducibilit - perch la versione ramseyana della teoria che
si sta discutendo ne fa a meno).
N on soltanto Russell aveva bisogno per derivare la matematica di un prin
cipio (l assioma dellinfinito) che non un principio della logica pura, ma
lintera costruzione non appare ora pi sicura, per non dir di peggio, della
stessa matematica. Q uando il term ine 'logica viene esteso in m odo tale da
coprire lintera teoria dei tipi, diventa assai dubbio che la riduzione della
m atematica alla logica risolva alcun problem a epistemologico. T u ttavia, l im
portanza matematica dell opera di Frege e di Russell e W hitehead non deve
essere sottovalutata. A l term ine delle loro ricerche erano stati scoperti a) un
modo coerente (per quanto se ne sa) di sviluppare la teoria degH insiem i, e
quindi di form alizzare tutta la matematica, comprese l analisi, la topologia,
ecc.; b) u n analisi del concetto di insieme finito ( questa la realizzazione di
Frege, e anche di D edekind, descritta nella sezione precedente); c) un analisi
del significato dei term ini matematici (ad esempio, 'd odici) quando compaiono
negli enunciati em pirici ('C i sono dodici apostoli): dal punto di vista filosofico,
questo uno dei contributi pi im portanti del logicismo, come viene chiam a
ta la tendenza di F rege-R ussell-W hitehead; e d) la scoperta dello stretto le
game esistente fra il principio dinduzione matematica e gli assiomi sullesi
stenza delle classi. Anche se non riuscirono a scoprire la pietra filosofale - la
fondazione della matematica - , la ricerca di questa fondazione condusse ques
ti tre grandi logici a scoperte logico-m atem atiche di valore im perituro. D uran
te questo processo, inoltre, essi diedero alla logica unesaltazione, un fascino,
un im pulso che stimolarono im mensamente la ricerca nellambito di questa di
sciplina per m olti anni a venire.
9.
stato gi ricordato che, negli stessi anni in cui Frege sviluppava i suoi
fondamenti dellaritmetica, Cantor stava elaborando la teoria degli in
siemi (Mengenlehre). Cantor era conscio del pericolo dei paradossi - anche
possibile che egli abbia anticipato il paradosso di Russell ~ ma, a difi^erenza di
Frege e di Russell, non vedeva la necessit di uno strum ento rigoroso per evi
tare le contraddizioni. Il suo atteggiamento era quello secondo cui alcune con
dizioni determinano degli insiemi e altre no. U na condizione che determina
un insiem e ha come estensione una m olteplicit coerente; una condizione
che non determina un insiem e ha come estensione una m olteplicit non-coe-
Logica
524
rente. In particolare, Cantor pensava che non potesse esistere una cosa come
l insieme di tutti gli insiemi e perci nella sua teoria degli insiem i non c un
insieme universale (tutti gli insiemi costituiscono una m olteplicit non
coerente). In pratica, questo atteggiamento lascia allintuizione del singolo
matematico il com pito di decidere quando sia possibile raccogliere i m em bri di
una molteplicit in un insieme (cio, in una classe) e quando invece non
lo sia. Quando, dopo il 1902, si diffuse la conoscenza del paradosso di Russell,
questo atteggiam ento non risult pi accettabile.
Fu il m atematico Zerm elo che effettu una form alizzazione della teoria can
toriana degli insiemi, e lo fece con una tale efficacia che oggi sono la teoria de
gli insiemi di Zerm elo e le sue numerose estensioni che costituiscono la form a
lizzazione canonica della matematica, e non la teoria dei tipi di Russell-Ram sey.
Zerm elo present le sue idee in uno stile relativamente form alistico - ecco
una lista di assiomi che vi forniranno tutto ci di cui ha bisogno il teorico
degli insiemi senza condurre a contraddizioni, per quanto si possa dire [1907,
p. 261] sono, in effetti, le sue parole - ma alla base della sua lista di assiomi c
un chiaro m odello intuitivo, anche se egli stesso lo indic in un lavoro soltanto
molti anni dopo la pubblicazione degli assiomi. E questo m odello intuitivo non
poi cosi lontano dalla teoria dei tipi. Si supponga di pensare al tipo base
come costituito soltanto dallinsieme vuoto (o dallinsieme di tutti gli Urelemente, o individui, come in una successiva versione della teoria). Questo ti
po viene detto rango zero . Si supponga poi che i tipi (o ranghi , come sono
detti oggi nel contesto della teoria degli insiem i di stile zerm eliano) siano
cum ulativi, cio che ogni elemento del rango n appartenga anche a tutti i
ranghi superiori. In particolare, si assuma che esista un unico insieme vuoto:
linsieme vuoto di rango o appartiene automaticamente a tutti i ranghi superio
ri e quindi non c nessun bisogno di avere un oggetto diverso che serva da
insieme vuoto di rango per n > o . Analogam ente, esiste un unico insieme
unitario dellinsiem e vuoto (ed esso appartiene a ogni rango superiore al
rango o), un unico insieme unitario dellinsiem e unitario dellinsiem e vuoto
(ed esso appartiene a ogni rango superiore al rango i), ecc. Successivam ente,
si estendano i ranghi al transfinito, cio si supponga che esistano un rango w
(co il primo ordinale infinito nella teoria cantoriana degli insiemi), un ran
go w + i , ecc. I ranghi possono essere definiti induttivam ente:
1) Il rango o linsieme unitario dellinsieme vuoto.
2) Se il rango a definito per un qualsiasi ordinale cantoriano a, allora il
rango a + i l insieme potenza (l insieme di tutti i sottoinsiemi) del
rango a.
3) Se X un ordinale lim ite (cio, un ordinale infinito privo di un im m e
diato predecessore, come ), allora il rango X l unione di tutti i ran
ghi inferiori a X. A d esempio, il rango co l insieme di tutti gli insiemi
di rango finito.
Si osservi che la (2) dice che il rango a -|-i ottenuto dal rango a allo stes
so modo in cui nella teoria dei tipi il tipo + i ottenuto dal tipo n (eccetto
525
Logica
che nella teoria dei ranghi insiemi con gli stessi m em bri vengono identificati
anche quando appartengono a ranghi diversi, come stato gi osservato, m en
tre insiem i appartenenti a tipi diversi non vengono identificati nella teoria dei
tipi nemm eno quando sono costituiti dagli stessi membri). In questo senso, la
teoria dei ranghi non altro che una teoria dei tipi cum ulativa estesa al trans
finito.
L a grande differenza fra la teoria zermeliana degli insiemi e la teoria dei
tipi non sta tanto nel m odello che si ha in mente (in fondo, vi sono m olti modi
per estendere la teoria dei tipi di Russell-Ram sey al transfinito), ma nel lin
guaggio. Il linguaggio di Russell-W hitehead, nella form ulazione sem plificata di
Ramsey, ha dei quantificatori distinti per ogni tipo. N on si pu dire 'Per tutte
le entit x' o 'Esiste un x tale che , ma bisogna invece specificare sempre un
tipo e scrivere, ad esempio, '(j^) ('P er tutte le entit x di tipo 1 7 ) o '( *^ )
('Esiste un entit x di tipo 17 ). Russell, in sintesi, restringe sia lontologia (esi
stono soltanto gli insiemi che appartengono a un qualche tipo) sia il linguaggio
(si pu quantificare soltanto su un tipo alla volta). Zerm elo, ai contrario, re
stringe l ontologia ma non il linguaggio. Esistono soltanto gli insiemi che appar
tengono a un qualche rango, ma i quantificatori variano sopra tutte le entit
(cio, i quantificatori sono '( * ) e '( * ) , senza apici di tipo o di rango, e non
'( * '^) e '( x^) , ecc.). C poi unaltra differenza collegata a questa; mentre
nella teoria dei tipi il simbolo e (che sta per appartiene a) pu occorrere sol
tanto fra variabili di tipi consecutivi (ad esempio,
ben form ata nella
teoria dei tipi, mentre 'y*ex''^ non lo , cio sgrammaticata), nella teoria zer
meliana degli insiemi non vi sono apici di rango, e quindi 'x e y e perfino 'x e x
sono sempre ben formate.
In particolare, mentre la condizione ' x e x che genera il paradosso non
ben form ata nella teoria dei tipi, essa ben formata nella teoria zerm ehana de
gli insiemi. In questo sistema ha senso dire che 'x non appartiene a se stesso
( x e x ) , soltanto che non esiste linsieme di tutti gli x che soddisfano a questa
sensata condizione (come in effetti dimostra il ragionamento di Russell).
Ripetendo : Russell pensava che si dovessero restringere sia lontologia sia il
linguaggio per evitare le contraddizioni della teoria degli insiemi ; Zerm elo sco
pri che soltanto necessario restringere lontologia (cio, gli assiomi dicono
quali insiem i esistono)', il linguaggio pu essere il linguaggio della teoria degli
insiemi del prim ordine, cio, la logica del prim ordine con le variabili che
variano sopra tutti gli insiemi (o su di essi pi gli individui) e lunico pre
dicato extralogico il predicato e dellappartenenza. Naturalm ente, questo non
altro che il linguaggio delia logica ingenua, tradotto dalla notazione della
Begrijfsschrift in notazione moderna. Perci, non era il linguaggio, ma l ontolo
gia della logica ingenua che causava i paradossi.
A n che se la nozione di rango fondam entale per il modello intuitivo su
cui basata la teoria zerm eliana degli insiemi, Zerm elo non usa affatto esplici
tamente questa nozione. I suoi assiomi possono essere riassunti nel modo se
guente (non se ne d qui una lista completa, ma la raccolta di Heijenoort
[1967] contiene i lavori originali di Zerm elo e dei suoi successori):
L ogica
526
527
Logica
di assiomi 3') esprimono collettivam ente quello che s detto: esiste l insieme
di tutti quei m em bri di x che hanno la propriet P, per ogni x e per ogni P
esprim ibile nel linguaggio stesso.
U n ulteriore assioma venne proposto nel 1922 da Fraenkel e anche (indi
pendentem ente) da Skolem : lim m agine di un insieme rispetto a u n applicazio
ne biunivoca (nozione che pu essere definita nella teoria degli insiemi del pri
m ordine) anch essa un insieme. L effetto di questo assioma pu essere de
scritto in vari m odi: uno dei m odi possibili quello di osservare che questo as
sioma - il cosiddetto assioma di rim piazzam ento - afferma che Vunico caso in cui
una collezione di insiemi definibile nel linguaggio della teoria degli insiem i del
prim ordine pu non essere un insieme quello in cui ha una cardinalit troppo
grande. O gni molteplicit che abbia la stessa cardinalit 0 potenza di un
insieme essa stessa un insieme (questo concorda con le idee inform ali di C an
tor sulla differenza fra molteplicit coerenti e m olteplicit non-coerenti).
U n altro modo quello di notare che questo assioma afferma che se un nu
mero ordinale rappresentato nelluniverso degli insiemi, nel senso che esiste
un insiem e i cui m em bri possono essere ordinati secondo un buon ordinamento
il cui tipo dordine coincide con lordinale dato, allora la gerarchia dei ranghi
pu essere estesa nel transfinito fino a quel numero ordinale. M entre gli assio
mi di Zerm elo sono abbastanza forti da dimostrare l esistenza di ranghi m ag
giori del primo ordinale infinito co, essi non sono per sufficienti per provare
lesistenza di un rango come il rango 2); tuttavia, aggiungendo lassioma di
rim piazzam ento, possibile dimostrare lesistenza di ranghi il cui ordinale
infinito non-num erabile. In effetti, per ogni ordinale a la cui esistenza pu
essere provata nella teoria degli insiemi, possibile dimostrare lesistenza del
rango a, una volta assunto l assioma di rimpiazzamento. D a questo punto di
vista, l assioma di rim piazzam ento una specie di assioma deHinfinito forte,
in quanto il suo effetto quello di garantire lesistenza di insiemi infiniti molto
grandi. O ggi laggiunta di assiomi dellinfinito ancora pi forti oggetto di
accese discussioni nella com unit dei teorici degli insiemi.
IO.
Logica
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3 3
529
Logica
wenheim dimostr qualche cosa di pi : dato un qualsiasi universo non-num erabile V e data u n interpretazione delle lettere predicative rispetto a cui una
form ula (o un intero insiem e di form ule, cio una teoria form alizzata) diventa
vera, esiste sempre un sottoinsieme num erabile V ' delluniverso originale V
tale che la form ula sia vera in V ' rispetto alia stessa interpretazione che la rende
va vera in V (restringendo l interpretazione a V ' nel modo ovvio; ad esempio,
se una lettera predicativa sta per un insiem e di coppie ordinate di V nellin
terpretazione originale, allora essa star per lo stesso insieme di coppie meno
le coppie che contengono qualche cosa che appartiene a V V ' nella restrizio
ne dellinterpretazione originale a V '). U n universo V insiem e con u n interpre
tazione delle lettere predicative di una form ula o di un insieme di form ule ri
spetto a V viene detto struttura-, una struttura che rende vera una form ula vie
ne detta modello. A n che se lo studio sistematico dei m odelli delle form ule e del
le teorie del prim ordine non fu iniziato come sottodisciplina distinta allinter
no della logica matematica con il nome di teoria dei m odelli fino agli anni 40,
il teorema di Lw enheim pu esser considerato la vera origine della disciplina.
Skolem semplific in seguito la dimostrazione di L w enheim e dimostr
anche che il teorema (tranne l inform azione che linterpretazione num erabile
pu essere sempre costruita come restrizione dellinterpretazione originale a
una parte num erabile delluniverso originale) pu essere provato senza far ri
corso all assioma della scelta. Per questo motivo, il teorema di L w enheim viene
oggi citato usualmente come teorema di L w en heim -S kolem .
Il teorema di Lw enheim un teorema della teoria dei m odelli pura, cio,
esso presuppone il concetto di interpretazione di una form ula rispetto a un
universo (relativo) del discorso, ma non il concetto di regola dinferenza. In ef
fetti, Lw enheim non fa riferim ento a nessuna assiomatizzazione della logica
del prim ordine; il lavoro di Peirce che cita contiene soltanto le notazioni e
non le regole di deduzione. A llepoca in cui G odei scriveva la sua tesi di dot
torato le regole di deduzione erano state pubblicate nei Principia Mathematica
sotto una forma pi accessibile di quella della Begriffsschrift di Frege. Godei
fu cosi condotto a porsi il problem a che si rivel fondamentale per la teoria dei
m odelli ; ogni insieme coerente di form ule possiede un modello ?
Q ui insieme coerente di form ule significa che non se ne pu derivare una
contraddizione servendosi delle regole dei Principia. Cosi, la coerenza una no
zione della teoria della dimostrazione e non della teoria dei modelli. Il problem a
di G od ei collegava cosi per la prima volta la teoria dei m odelli e la teoria della
dimostrazione. (L a teoria della dim ostrazione - cio, lo studio m atematico del
le dimostrazioni come oggetti com binatori finiti - fu creata da H ilbert). G odei
rispose in senso affermativo alla domanda che si era posto; la nozione sintat
tica di coerenza coincide esattamente con la nozione di soddisfacibilit della
teoria dei modelli. Particolarizzando il risultato di G odei al caso in cui l insieme
contiene u n unica form ula, lo si pu form ulare sinteticamente cosi ; una formula
della logica del primordine coerente se e solo se soddisfacibile,
U n altra form ulazione del risultato di G odei la seguente: una form ula
valida, cio vera rispetto a tutte le interpretazioni in tutti gli universi non vuoti,
Logica
530
?7
531
Logica
(formula chiusa) del sistema decidibile nel sistema, cio, o esso o la sua nega
zione sono un teorema. I Principia sono com pleti in senso sintattico?
Poich contiene soltanto concetti sintattici (come ad esempio dimostra
bile; si osservi che il problema, cosi riformulato, un problem a concernente i
Principia Mathematica in quanto calcolo privo d interpretazione), questa do
manda appartiene alla teoria della dimostrazione nel senso di, H ilbert.
G od ei (con grave disappunto da parte di alcuni e somma gioia da parte
di altri) rispose a questa domanda in senso negativo. In effetti, dim ostr che
nessun sistema coerente e com pleto sufficientemente forte da esprim ere la teoria
dei num eri interi pu possedere un sistema ricorsivo di assiomi. Poich gli
unici insiemi di assiomi che possono essere dati da una procedura effettiva che
consenta di decidere se una form ula appartenga o non appartenga allinsieme
sono gli insiemi ricorsivi, un insieme non ricorsivo di assiomi non costituirebbe
una formalizzazione accettabile. Perci, ci che fu dimostrato da G od ei
che la totalit delle verit matematiche, anche soltanto nellambito della teoria
elementare dei numeri, non pu essere form alizzata.
L o scopo per cui H ilbert aveva originariam ente fondato la teoria della di
mostrazione era quello di dare una dimostrazione di coerenza per i Principia
nel loro complesso (o per qualche altra form alizzazione accettabile della ma
tematica, come ad esempio la teoria degli insiemi di Zerm elo o di Zerm eloFraenkel). G odei, per, infranse anche questa speranza con un altro teorema,
il cosiddetto secondo teorema dincom pletezza di Godei. Esso afferma che
lenunciato numerico o com binatorio che esprime la coerenza dei Principia (in
quanto puro calcolo privo di interpretazione) esso stesso, se i Principia sono
coerenti, un enunciato indecidibile dei Principia. In altre parole, se i Principia
(o qualsiasi altra form alizzazione della matematica sufficientem ente forte da
esprimere la teoria elementare dei num eri) sono coerenti, allora questo fatto
richiede, per essere provato, un sistema ancora pi forte del sistema dato. (Cosi,
se il sistema fosse una form alizzazione della totalit della matematica esistente,
ci vorrebbe un sistema ancora pi forte della totalit della matematica esistente
per provarne la coerenza, e se alla fine trovassimo un tale sistema - cio, un si
stema sufficientemente forte da provare la coerenza, ad esempio, della teoria
degli insiemi di Zerm elo-Fraenkel - ce ne vorrebbe uno ancora pi forte per
provarne la coerenza!)
Il program m a di H ilbert aveva una m otivazione filosofica: una dim ostra
zione di coerenza fnitista per tutta la matematica rum-costruttiva doveva for
nire u n assicurazione contro linsorgenza di futuri paradossi. Il secondo teorema
d incom pletezza di G od ei dice che questo tipo di assicurazione non pu essere
ottenuto : non possibile dimostrare la coerenza della matematica non-costruttiva assiomatizzata con la totalit dei m etodi matematici esistenti, e tanto meno
quindi con i soli metodi finitisti.
(G erhard Gentzen, tuttavia, riusc nel 1936 a dimostrare con m ezzi co
struttivi la coerenza della sola aritmtica mediante un ingegnoso procedim ento
di im itazione costruttiva di un fram m ento d ellaritmetica transfinita cantoriana.
N aturalm ente, tale dim ostrazione richiede m ezzi che non possono, nonostante
L ogica
532
il loro carattere costruttivo, essere form alizzati nella sola aritm etica di Peano).
I
risultati delle ricerche di G odei - dimostrazione della com pletezza della
logica del p iim ordine ; dimostrazione dellincom pletezza della teoria degli in
siemi e dellaritm etica; dimostrazione della non-dim ostrabilit della coerenza
allinterno dello stesso sistema - scossero il mondo logico-filosofico come una
serie di m azzate di un gigante. M a il bello doveva ancora venire!
N el corso di queste ricerche. G odei fu condotto a elaborare la nozione di
funzione ricorsiva generale. N el 1936 Alonzo C hurch enunci quella che doveva
diventare nota come la tesi di C h u rch: la ricorsivit coincide con la computa
bilit. Assum endo questa tesi, C hurch riusc a dimostrare che l aritmetica non
soltanto incom pleta, ma anche indecidibile! In altre parole, non potr mai
esistere un algoritmo che dica quando una form ula del sistema un teorema
e quando non lo . N aturalm ente, se una form ula un teorema, allora possi
bile che si finisca per venire a sapere che lo , qualora ci sim batta in una sua
dimostrazione. M a non esiste nessun m etodo funzionante in ogni caso che pos
sa dire quando una form ula del sistema non un teorema. N on esiste, cio, nes
sun <(procedim ento di decisione per laritmetica di Peano (per non parlare dei
Principia o della teoria degli insiemi di Zermelo).
Peggio ancora, C hurch riusc a dimostrare che non esiste nessun procedi
mento di decisione neppure per la logica del prim ordine! A n che se la logica del
prim ordine com pleta in senso semantico (se una form ula valida, allora
un teorema), non esiste nessun procedimento di non-dim ostrazione che sia
sempre in grado di dire che un non-teorem a un non-teorema.
Questo risultato, noto come teorema di Church, illum ina un aspetto della
storia della logica. Boole, quando present lalgebra booleana, diede un proce
dimento di decisione. Peirce, invece, quando diede alla logica del prim ordine il
nome che porta oggi, omise di dare un procedim ento di decisione (anche se
sembra che fosse convinto che non sarebbe stato diffcile darne uno). Analoga
mente, Frege, cos come Russell e W hitehead, diede degli assiomi e delle regole
di dimostrazione, ma non un procedim ento di decisione. Ora noto perch le
cose andarono cos: lalgebra booleana decidibile, m entre la logica del prim or
dine non lo ! Questi risultati possono essere riassunti sotto form a di tabella:
Algebra booleana
L ogica del prim ordine
Aritm etica (teoria dei numeri)
Com pleta
Com pleta
Incom pleta
D ecidibile
Indecidibile
Indecidibile
D opo questo periodo classico (che dura fino alla fine degli anni 30) lin
teresse dei logici com inci a focalizzarsi su due problem i nati insieme con la
teoria degh insiemi moderna:
1) I l problema del continuo di Cantor: la potenza del continuo la pi pic
cola potenza infinita immediatamente successiva alla potenza del num e
rabile ?
2) L assioma della scelta compatibile con gli altri assiomi della teoria de
gli insiemi? indipendente da essi?
533
Logica
II.
I l paradosso di Skolem.
Skolem, nel 1922, mise in rilievo un certo num ero di conseguenze para
dossali del teorema di Lw enheim -Skolem . Poich hanno ancor oggi un certo
interesse filosofico, se ne tratter brevemente.
O ccorre anzitutto ricordare la definizione di insieme non-num erabile : un
Logica
534
33
535
Logica
dimostra che la com prensione da parte nostra dellenunciato 'I num eri reali
sono non-num erabili consiste nel sapere che cosa significhi per esso essere di
mostrato e non nel "cogliere un "m od ello . In breve, le due posizioni estre
me, il platonism o e il verificazionism o, sembrano trarre conforto dal paradosso
di Skolem ; soltanto la posizione moderata (che tenta di evitare le misteriose
percezioni degli oggetti matematici pur mantenendo la nozione classica
di verit-com e-corrispondenza-con-la-realt) viene a trovarsi in seria difficolt.
I
m odelli del tipo di quelli che compaiono nel paradosso di Skolem (in cui
r insieme di tutti i sottoinsiemi di un insieme dato allinterno del modello non
coincide con linsieme di tutti i sottoinsiemi dellinsieme visto dall esterno)
svolgono un ruolo importante nella teoria dei m odelli. N on soltanto esistono
m odelli in cui un insieme che non-num erabile in senso interno invece in
realt numerabile, ma esistono anche m odelli in cui accade il viceversa; un
insieme che numerabile in senso interno pu invece in realt essere non
numerabile!
12.
dy = {x+
{x+dxYx
d x)'
^ = x^ + 2xdx-{-dx^ x^ = 2xdx-\-dx^
da cui
(2)
dy
-r =
dx
2x-^dx
e, ponendo dx = o.
dy
(3)
dx~ ^ ^ '
Logica
536
(x+ iix)2 x^ =
= x^ + zxdx + dx^x' =
=
zxdx + dx"^.
( 6)
~ ^
dx
2X,
537
Logica
Questo soltanto un accenno dellidea che sta alla base dellanalisi non
standard. Il difficile sta nel portarla avanti. C om e osserva M artin D avis: Non
c nessuna difficolt nel problem a puramente algebrico di im m ergere i numeri
reali in un campo contenente degli infinitesimi (cio in quello che in linguag
gio algebrico chiamato un campo ordinato non-archimedeo). L e difficolt sor
gono per non appena si ha a che fare con le funzioni trascendenti. Cosi, per
derivare alla L eibn iz la funzione sin x, si sarebbe tentati di scrivere:
sin {x + d x ) s,nx = sinx{co& dx i ) + co s x n d x ,
dove dx infinitesimo. M a scrivere ci presuppone non soltanto che il seno
sia stato definito per i num eri della form a "reale pi infinitesim o , ma anche
che lo si sia fatto in modo che continui a valere la form ula di addizione per il
seno. questo il problem a di cui tiene le chiavi la logica moderna (pi preci
samente, la teoria dei modelli).
L eibn iz postulava un sistema di num eri che avesse le stesse propriet dei
numeri ordinari, ma che com prendesse gli infinitesimi. L a derivazione di sin x
nel modo discusso in precedenza non gli poneva perci nessun problem a. T u t
tavia, la posizione di L eibn iz apparentemente assurda, in quanto i numeri
reali ordinari posseggono almeno una propriet di cui non gode l estensione da
lui auspicata, e cio che fra di essi non vi sono infinitesimi.
Questo paradosso pu essere evitato specificando un linguaggio form ale
nel senso della logica moderna (cio, un linguaggio spietatam ente preciso,
come lo sono i linguaggi di program m azione dei calcolatori). Il principio di
L eib n iz pu allora essere reinterpretato nel m odo seguente: esiste unestensione
dei numeri reali che contiene degli elementi infinitesimi e che possiede le stesse pro
priet dei numeri reali che possono essere espresse nel linguaggio formale dato. Se
ne conclude che la propriet di essere un infinitesimo non pu essere espres
sa in tal modo o, come si usa dire, che linsieme degli infinitesimi un insieme
esterno)') [1977, p. 2].
A nche se l analisi non-standard fu creata da Abraham Robinson negli anni
60, gli strumenti di base della teoria dei m odelli usati nella costruzione co
minciano con i (ma vanno m olto al di l di essi) classici teoremi di G odei.
Si consideri un linguaggio form alizzato L adeguato alla form alizzazione della
matematica. (Ad esempio, L potrebbe essere Z F , la teoria degli insiemi di
Zerm elo-Fraenkel). Si aggiunga a L un nuovo simbolo a e si considerino i se
guenti assiomi:
a)
a^2
Logica
538
13.
539
Logica
sente stato della discussione filosofica discutendo ancora una volta se esistano
o no dei canoni del m etodo scientifico o tirando fuori gli esempi familiari
dalla storia della fisica; si pu raggiungere un nuovo livello di discussione sol
tanto prendendo sul serio lidea che ci sono dei problem i reali per tutte le opi
nioni correnti e nessunarea pi adatta a renderci consapevoli di questo
fatto della filosofia della matematica.
13.1. Il logicismo.
Il logicism o, cio l opinione che la matematica logica travestita e che
questo il motivo della sua infallibilit, sembra essere defunto per quel che
concerne l esistenza di attuali sostenitori. T u ttavia, si dim entica spesso che dal
logicism o venuto fuori qualcosa che ha un valore im perituro. N on star qui
a ripetere le obiezioni al logicism o - la necessit di ampliare la nozione di
logica , e cosi via - ma far invece la seguente osservazione : dopo le ricerche
di Frege e di Russell siamo molto pi consapevoli di quanta m atem atica possa
essere fatta nei sistemi logicistici costruiti per codificare la logica deduttiva. I
filosofi che considerano logica la logica del secondordine - e alcuni ce ne sono direbbero che tutta la m atem atica ordinaria pu essere form alizzata allinterno
della logica (perch pu essere form alizzata nella logica del second ordine), an
che se non sosterrebbero che ci renda pi facile l epistem ologia della m ate
matica (semmai la rende pi diffcile!), mentre, anche se si segue quella che sem
bra essere la moda pi diffusa e si lim ita il term ine 'logica all ambito della lo
gica del prim ordine, bisogna com unque ammettere che gran parte di quella
che ogni matematico riconoscerebbe come matematica pu essere codificata
allinterno della logica. A d esempio, tutta la teoria dei gruppi del prim ordine
non altro che un fram m ento della logica del prim ordine. Forse tutti i filosofi
analitici ammettono oggi che la natura della verit logica e la natura della
verit matematica costituiscono un unico problem a, e non due - e questo fatto
costituisce gi di per se stesso una vittoria del punto di vista di Russell, la cui
conclusione pi moderata era che per il futuro non sarebbe pi stato possibile
tracciare una linea netta fra la logica e la matematica. (Russell cam bi la sua
opinione un certo numero di volte, ma originariamente non credeva che la ri
duzione della matematica alla logica dimostrasse che la matematica fosse ana
litica - a difi^erenza di Frege, che ci credeva, anche se usava una nozione di
analiticit diversa da quella di Kant).
13.2. Il positivism o logico.
Per un certo numero di anni i positivisti logici resero popolare lopinione
secondo cui le verit m atematiche sono tali soltanto in virt delle regole del
linguaggio. (Anche se critica la nozione di convenzione, W ittgenstein sem
bra aver sostenuto una variante di questo punto di vista). Se si prende per
regola del linguaggio qualche cosa di simile a una convenzione (prendendo
come modello di convenzione ci che viene stipulato esplicitamente), allora que-
Logica
540
S4 I
Logica
Logica
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543
Logica
e gli elettroni sono simili in quanto oggetti che occorre postulare se si vuol fare
la scienza com e la si fa oggi. Forse in futuro verr trovato qualche altro modo
di far scienza, e allora la nostra filosofia cambier a mano a mano che cambia
la nostra scienza.
Questa specie di pragm atism o olistico attraente in quanto i) riconosce
ci che i logicisti furono per lungo tem po i soli a sostenere, e cio che bisogna
tener conto deiruso delle locuzioni m atematiche non soltanto negli enuncia
ti della m atematica pura, ma anche in quelli em pirici; e 2) fornisce un buon
m otivo per essere realisti circa l esistenza degli insiemi senza postulare m iste
riose anime immateriali n misteriose facolt di percepire gli insiemi o gli altri
oggetti matematici. Esaminandolo pi da vicino, per, anchesso va incontro
a serie diflcolt. Quine sem bra dire che la scienza nel suo complesso una grande
teoria esplicativa e che la teoria giustificata nel suo complesso per la sua capa
cit di spiegare le sensazioni. A nche se si pensa che il riduzionism o di Quine
(cio, la sua insistenza sul fatto che tutti gli oggetti matematici devono essere
identificati con insiemi) non sia in realt una conseguenza necessaria del suo
olismo, ma che si tratti di una sua idea personale, lidea che l attivit del ma
tematico consista nel portare dei contributi a uno schema per spiegare le sen
sazioni non sembra andare afi^atto daccordo con la pratica m atematica. Che
cosa hanno a che fare con la spiegazione delle sensazioni laccettazione o la non
accettazione dell assioma della scelta (o di un principio che si sa essere coerente
ma che non viene accettato come l assioma 'V = L che G od ei propose una vo l
ta, ma che in seguito abbandon) ?
13.6. Il realismo quasi-em pirico.
M i sembra che la spiegazione di Quine sia troppo attraente per poterla sem
plicemente gettare a mare, a causa della difficolt sopra segnalata, perch es
sa indica una direzione in cui ci si pu m uovere per essere realisti senza esse
re metafisici. Cosi, ho cercato recentemente (in What is Mathematica! Truth
[1975]) di elaborare una spiegazione che potrebbe essere chiam ata realismo
quasi-em pirico e che apporta fondam entalm ente due m odificazioni alla spie
gazione olistica.
L a prim a modificazione consiste n ellaggiungere i fa tti combinatori alle
sensazioni come cose p er le quali si vuol che ci siano dei teoremi matematici
che le spieghino e che le sussumano sotto leggi generali. Il principio d in
duzione matematica, ad esempio, sta con il fatto che u n pastore, quando conta
le sue pecore, ottiene sempre lo stesso num ero (se non ha perso o acquistato
delle pecore e se non sbaglia a contare) qualunque sia lordine in cui le conta,
nella stessa relazione in cui una qualsiasi generalizzazione sta con un suo caso
particolare (il fatto che una collezione finita riceva la stessa conta qualunque
sia lordine in cui viene contata equivalente al principio dinduzione m ate
matica). L a gente possiede la capacit di osservare i fatti com binatori e di ge
neralizzarli. Se la scienza em pirica , come dice Quine, un campo che am
mette come condizioni al contorno lesperienza , allora perch non si potrebbe
Logica
544
545
Logica
Logica
546
generalizzazioni del finito sulla base della psicologia umana, form e reificate di
grammatica, ecc.
Per la m ente illuminata, l illegittim it delle origini non una vergogna,
dice Quine. Perch non lo ? Probabilm ente perch noi giudichiam o in base
al rendimento adulto - il che, nel caso della teoria degli insiem i, significa uti
lit per la fisica - e non in base all origine . M a se origine non una giusti
ficazione, se soltanto l utilit per la fisica - o, in definitiva, la spiegazione delle
sensazioni - quello che conta, allora la teoria degli insiem i va altrettanto bene
senza l assioma della scelta che con 'V = L . Quine, apparentemente, non sa
rebbe disturbato da una tale conclusione relativistica, ma chiunque lavori in
teoria degli insiemi lo sarebbe. Si ritorna cosi alla versione insoddisfacente dell olismo discussa nella sezione precedente se non si considera la conform it con
le nostre intuizioni come un qualcosa che ha u n importanza metodologica e non
solo psicologica, e se la si considera cosi, ci si trova subito im pigliati in una seria
preoccupazione epistem ologica: come spiegarne limportanza metodologica.
13.7. Il modalismo.
U na delle obiezioni al platonismo si sempre basata sulla stranezza di po
stulare un universo bipartito in due specie di entit : le cose fisiche e gli ogget
ti matematici (che sono gli equivalenti moderni delle form e di Platone). M a
il realista m atem atico non in realt obbligato ad aderire a questa specie di
platonismo, con il problem a connesso di come si pu riuscire a pensare e a far
riferimento a entit con cui non possibile avere alcun rapporto causale. Com e
ho osservato anni fa (in Mathematics without Foundations [1967]) e come ha os
servato recentem ente Parsons (in What is th Iterative Conception of S et? [1975])
si pu riform ulare la matematica classica in modo tale che, invece di parlare di
insiemi, num eri o altri oggetti , si asserisce sem plicem ente la possibilit o Vim
possibilit (nel senso di possibilit o impossibilit matematiche) di certe struttu
re. Gl i insiem i sono possibilit permanenti di selezione, era lo slogan. L e
strutture della cui possibilit o impossibilit si parla possono a loro volta esse
re predicate di oggetti fisici, o di oggetti non specificati o persino - se si hanno
scrupoli nominalistici perfino nellaccettare nella propria ontologia le pro
priet del prim ordine - di cose concrete. L a matematica, da questo punto di
vista (che chiamavo la matematica come logica modale) possiede una no
zione speciale - quella di possibilit - ma non oggetti speciali. Il modalismo ,
anche se ha delle virt terapeutiche (esso spiega come sia possibile la matema
tica senza assumere lesistenza delliperuranio platonico) e se Parsons ed io
crediamo entram bi che possa far luce sul cosiddetto concetto iterativo din
sieme, non risponde per al problem a epistemologico. D an do una spiegazione
realista quasi-em pirica sul modo in cui i fatti modali vengono conosciuti, al
lora i problem i saranno esattamente gli stessi, sia che si accetti la descrizione
della matematica come logica modale, sia che si accetti la descrizione della
matematica come teoria degli oggetti matematici. A n cora una volta, niente
funziona .
547
Logica
13.8. L intuizionismo.
Poich il formahsmo non funziona e, d altro lato, le varie versioni del rea
lismo prese in considerazione com portano problem i epistem ologici apparen
temente insuperabili, pu valere la pena di riprendere in esame l intuizioni
smo, il quale accetta il fatto che gli enunciati matematici siano dotati di si
gnificato, ma respinge le assunzioni realiste sulla verit (ad esempio, la biva
lenza, cio l affermazione che ogni enunciato o vero o falso) finora accettate.
V i sono per almeno tre difficolt n ellintuizionism o: i) L intuizionism o ap
parentemente, almeno per quel che riguarda il contenuto se non n ellorigine
storica, u n estensione al linguaggio matematico delloperazionism o e presup
pone che il linguaggio oM-matematico possa essere analizzato in un modo operazionistico o verificazionistico. L a difficolt non sta nel fatto che gli intuizio
nisti non sono in grado di derivare un numero di teoremi matematici sufficienti
per fare la fisica - Bishop ha dimostrato in maniera convincente che pos
sono farlo - ma nel fatto che linterpretazione dei connettivi logici data dallin
tuizionism o non si adatta a una fisica non-operazionistica. A d esempio, il
connettivo z> (se ... allora) interpretato dagli intuizionisti nel senso che
esiste una procedura per passare da una dimostrazione dell antecedente a una
dim ostrazione del conseguente. Ora, mentre l assunzione che esistano cose
come le verificazioni (dimostrazioni) di affermazioni isolate pu andare be
nissimo per la matematica, lo stesso non si pu dire per la fisica, come han
no osservato molti autori. C he significato pu quindi avere il connettivo o in
un enunciato empirico 2) G li intuizionisti assumono lesistenza di una distin
zione, che familiare nella fenom enologia e nella filosofia neokantiana, fra i
fatti empirici e i fatti trascendenti o a priori della mente. A d esempio, l enun
ciato 'O gn i numero ha un successore non significa (se interpretato da un in
tuizionista) che sia effettivam ente possibile per la m ente em pirica costruire
una quantit arbitrariamente grande di numeri, ma, grosso modo, che non
a priori impossibile costruire una quantit arbitrariamente grande di num eri (e
che questo fatto esso stesso fenom enologicam ente evidente). P er gli em pi
risti come me, questo stesso far ricorso a un a priori e a una misteriosa evi
denza fenom enologica altrettanto criticabile del platonismo. In fondo, gli
intuizionisti non si lim itano a dire che autoevidente che sono possibili succes
sioni finite arbitrariamente lunghe? E come pu questa afferm azione essere o
un analisi di ci a cui si riduce questa possibilit 0 una descrizione della facolt
m ediante la quale si conoscono queste verit a priori? 3) Il problem a della
coerenza della mente liquidato dagli intuizionisti un po troppo facilmente.
Se esiste una cosa come la struttura trascendente della mente, perch non po
trebbe essere incoerente ? evidente che non lo non pu essere considerata
una risposta soddisfacente.
Logica
548
S49
Logica
certa versione della teoria della verit come corrispondenza, anche se non con
quella che sostiene la piena bivalenza.
Sebbene anche questo approccio possa non funzionare, sem bra chiaro
che ci di cui si ha bisogno nella filosofia della matematica sono ricerche che
siano filosofiche e non soltanto tecniche. Ricerche sui fondam enti filosofici del
lintuizionismo, ricerche sulla storia della matematica che gettino lu ce sui pro
cessi in base ai quali la matematica cresce e si modifica, ricerche sul ragiona
m ento plausibile in matematica, sono alcuni dei settori che invitano allo stu
dio. M a soprattutto, la filosofia della matematica, come la filosofia della scienza
in generale, deve collegarsi con la filosofia del linguaggio e in m odo particolare
con la discussione della profonda questione metafisica del realismo come teoria
della verit e della referenza, [ h . p .].
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1847 The Mathematical Analysis o f Logic, Being an Essay toward a Calculus of Deductive
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Logica
550
Possibilit/necessit
I.
977
Possibilit/necessit
esser qui illustrati. (Per chi conosce la meccanica quantistica: l idea che ci sia
una corrispondenza biunivoca fra le proposizioni concernenti un dato sistema
fsico S e i sottospazi dello spazio di H ilbert usato per rappresentare quel siste
ma. L e operazioni logiche di disgiunzione, di congiunzione e di com plem enta
zione corrispondono rispettivam ente a prendere in considerazione l intersezione,
lo spazio generato e il sottospazio ortogonale. Per i logici : un qualunque reticolo
m odulare ortocom plem entato un modello per la logica dei quanti. I m odelli di
interesse fisico sono i reticoli di sottospazi di spazi di H ilbert a infinite dim en
sioni). T u ttavia lo spirito dellidea di N eum ann pu forse essere illustrato da due
esempi.
ben noto che in meccanica quantistica la posizione di una particella nor
malmente incerta. Per esempio, la posizione di un elettrone in orbita attorno ad
un nucleo incerta. N on solo, ma questa incertezza sembra essere qualcosa di
pi di una sem plice ignoranza da parte nostra di dove lelettrone sia: sotto un
certo aspetto come se lelettrone si spandesse a m acchia d olio nelle sue possi
bili collocazioni. In effetti questo com portam ento a macchia d olio ci che
spiega il fatto che gli atomi non coincidono con un punto matematico, come do
vrebbero secondo le leggi della fisica classica. U n illustrazione di questincertez
za data dal famoso esperimento delle due fenditure . In questesperimento,
delle particelle (fotoni o elettroni o qualunque altra particella della meccanica
quantistica) vengono emesse da una sorgente puntiform e. Fra le particelle (ad
esempio fotoni) e il rivelatore (ad esempio una lastra fotografica) posta una
barriera sotto forma di una parete con due sottili fenditure. L incertezza nella
posizione del fotone perm ette che ogni fotone interagisca con entrambe le fendi
ture, di modo che quanto si ottiene sulla lastra fotografica non sem plicem ente
la somma di ci che si otterrebbe effettuando l esperimento prim a con la fendi
tura sinistra aperta e poi con la fenditura destra aperta. Piuttosto, com e se met
del fotone passasse attraverso la fenditura sinistra e met attraverso la destra e
poi le due met si mescolassero e interferissero l una con laltra (allo stesso modo
delle onde - infatti, a questo fenomeno ci si riferisce spesso come allaspetto
ondulatorio del fotone). E ppure, a dispetto di questo com portam ento ondula
torio, ogni singolo fotone colpisce l emulsione in uno e un solo punto definito.
N on si mai riusciti a dimostrare che il fotone sia fisicamente sparso, facen
dogli colpire l emulsione in modo da lasciare un cratere a m acchia o qualche al
tra prova di un urto con qualcosa spazialmente esteso; solo le frange d interfe
renza ci obbligano a inferire che il fotone avesse u n estensione spaziale mentre
npi non interagivamo con esso. (Com e nella vignetta di Charles Addam s, uno
sciatore sta scendendo lungo una pista, e le sue tracce passano ai lati opposti di
un grande albero. N oi non vediamo lo sciatore passare attraverso lalbero - non
abbiamo mai visto una cosa simile, n la vedrem o mai - ma le tracce sembrano
obbligare l inferenza che lo sciatore sia passato attraverso lalbero prima che
guardassimo).
Usiam o ora le lettere proposizionali^, q, r per rappresentare i tre enunciati:
TI fotone colpisce l emulsione nel punto R , T l fotone passato attraverso la fen
ditura di sinistra e T l fotone passato attraverso la fenditura di destra . Nella
Possibilit/necessit
978
logica di N eum ann 'I l fotone passato attraverso la fenditura di destra o attra
verso quella di sinistra rappresentato esattamente come nella logica classica
(cfr. larticolo Logica in questa stessa Enciclopedia), e cio (q V r). L enuncia
to 'Il fotone passato attraverso la fenditura sinistra e ha colpito R e l enun
ciato 'Il fotone passato attraverso le fenditura destra e ha colpito R (che, nel
la logica classica, sarebbero rispettivam ente (p & q), in breve pq, e (/> & r), in bre
ve
non sono ammessi; la logica di Neum ann non consente neppure di chie
dersi attraverso quale fenditura sia passato il fotone, in quanto non permette
che certe proposizioni, cosiddette incompatibili, siano congiunte tra loro. C o
me se le proposizioni^ t {q\/r) avessero una congiunzione, pur non avendola le
proposizioni p, q e i e proposizioni p, r. In effetti, questo esattamente il modo
in cui alcuni filosofi della meccanica quantistica pensano che le cose vadano.
Evidentem ente si devono abbandonare alcune regole della logica classica. In
effetti, la legge di introduzione della congiunzione (da qualsiasi coppia di pro
posizioni p, q inferire la loro congiunzione (p & q)) devessere ristretta all coppie
di proposizioni com patibili^, q, e la legge distributiva/>& (^ V r) = pq\Jpr deves
sere ristretta ai casi in cui tutte e tre le proposizioni/), q, r sono totalmente com
patibili (il che significa che esiste un sottoreticolo del reticolo m odulare che
esso stesso unalgebra di Boole e contiene/), q, r). Il fatto che esista una propo
sizione come p h ( q \ / r) bench non esistano proposizioni come pq e pr h la rap
presentazione logico-quantistica della natura a m acchia d olio del fotone nelle
sperimento precedente.
Il
secondo esempio non un esperim ento (pur se potrebbe esserlo), ma un
calcolo eseguito da due logici, K ochen e Specker [1968]. K ochen e Specker de
scrivono un sistema (un atomo di ortoelio nel suo stato di minore eccitazione, in
un campo m agnetico a simmetria romboidale!) con la seguente sorprendente
propriet: se si misurano le tre com ponenti di spin rispetto a tre direzioni qual
siasi tra loro perpendicolari, J|, J^, J| forniscono 1 , 1 , 0 oppure 1 , 0 , 1 oppure
o, I, I. Ci che rende sorprendente questo risultato il fatto che esso sembra
esplicitamente contraddire un teorema, dovuto a Gleason, per il quale non c
alcun modo di assegnare i valori zero e uno a tutti i punti di una sfera in m anie
ra tale che per ogni terna ortogonale di punti della sfera due punti abbiano va
lore uno e uno abbia valore zero!
K ochen e Specker trovarono che il paradosso poteva essere afiFermato senza
riferirsi al teorema di Gleason ora ricordato. Riuscirono a trovare 1 1 7 direzioni
nello spazio (il lettore se le pu immaginare come 117 segmenti di retta di lun
ghezza unitaria che sincontrano in un punto) che presentavano la stessa rilevan
te propriet dellintera sfera: non c alcun modo di assegnare 1 1 7 valori zero
e uno (uno per ogni segmento) in maniera che, per ogni terna di segm enti orto
gonali (segmenti che formano tre angoli retti) facenti parte dei 117, vi siano nel
la terna due segm enti cui stato assegnato valore uno e un segm ento cui stato
assegnato valore zero. (L e 117 direzioni in questione sono piuttosto ricche di
terne ortogonali; in effetti, possibile formare 63 terne ortogonali coi 117 seg
menti dati). Secondo la meccanica quantistica, per ognuna delle 63 terne che si
possono ricavare dalle 1 1 7 direzioni, vi sono tre com ponenti di spin al quadrato
979
Possibilit/necessit
di cui due valgono uno e uno vale zero ; ma secondo la logica classica ci im pos
sibile.
Secondo la logica infatti possibile pensare le 1 17 direzioni nello spazio come
lettere proposizionali, ^1,
Pivi- (Si p e n s i c o m e l enunciato che la com
ponente di spin al quadrato nella z-esima direzione vale uno.) Allora le 63 terne
ortogonali corrispondono a certe terne della collezione di tutte le terne che
possibile formare usando queste lettere; e, se
2, 3 la -esima terna ortogo
nale, allora lenunciato per cui due delle com ponenti di spin al quadrato valgono
uno e una vale zero esattamente la proposizione (P h^P h^P u ) ^ P u i )Ph )Pus) V
Pia)Pu2)Pns))- L im possibilit com binatoria di assegnare due valori uno e un
valore zero a tutte le 63 terne ortogonali equivale alla falsit tautologica della
formula del calcolo proposizionale che si ottiene congiungendo 63 form ule del
tipo appena illustrato.
L a soluzione di questo paradosso della logica quantistica estrem am ente ele
gante (come K och en e Specker hanno sottolineato). N ella logica di N eum ann
(logica quantistica), la form ula del calcolo proposizionale che afferma lim
possibilit com binatoria di assegnare 117 valori uno e zero in modo che ognu
na delle terne che interessano abbia due valori uno e un valore zero non valida.
In_altre parole, la congiunzione delle 63 form ule: {pni)Pu)Pm )"^Pia)Pn2)Pm ^
Pia)Pu2)Pus)] che tautologicam ente falsa nel calcolo proposizionale classico
e non-contraddittoria nella logica di N eum ann Ci che qui si suggerisce che
fatti che sono letteralm ente im possibili secondo il calcolo proposizionale classico
possono accadere e in effetti accadono, e che questo quanto si osserva nel caso
descritto da K ochen e Specker.
Questo paradosso pu anche essere risolto seguendo le idee dellinterpreta
zione tradizionale della m eccanica quantistica (la cosiddetta interpretazione di
Copenhagen ) di Bohr e Heisenberg. Secondo questinterpretazione, la m ecca
nica quantistica non dice che valore assumono i parametri fisici m entre non ven
gono misurati-; predice solo i risultati che le misurazioni otterranno in ben defi
nite situazioni sperimentali. C osi la form ula J* + J | + J | = 2, ad esempio, che
coinvolta nellesperimento descritto da K och en e Specker, non significa che le
tre com ponenti al quadrato, sommate, diano due (e quindi che due di esse deb
bano valere uno e una debba valere zero, visto che questi sono i due valori con
sentiti), ma solo che si trover che la somma due se si effettua la m isurazione,
e che si troveranno due valori uno e un valore zero se si effettua la m isurazione.
M a se si m isura una terna non si misurano le altre, a causa delle relazioni d in
compatibilit ; cosi da questo punto di vista non c contraddizione con la logica
classica; soltanto una sorta di miracolo che le componenti di spin al quadrato
assumano i valori giusti quando noi guardiamo.
Il
punto di vista della logica dei quanti non incom patibile con quello del
linterpretazione di Copenhagen (e lo stesso N eum ann sembra aver accettato en
trambi). M a a qualcuno sembra insoddisfacente che la m eccanica quantistica
debba tracciare una distinzione fra valori misurati e valori non misurati, dal
m omento che questi ultim i sono senza significato fisico. Se questa distinzione
imposta solo dalla logica classica, questa parsa ad alcuni una buona ragione per
Possibilit/necessit
980
cambiare la logica. In effetti, bench il punto di vista della logica quantistica sia
accettato solo da una piccola m inoranza di fisici, per non parlare dei filosofi e lo
gici della fisica, il suo fascino crescente forse dovuto a una certa riconciliazione
fra operazionismo e realismo; leliminazione della distinzione fra valori m i
surati e valori non m isurati piace sia ai filosofi di indirizzo operazionista sia a
quelli di indirizzo reaUsta; ai prim i perch valori non misurati, che non pos
sono esser legati a quelli misurati da nessuna teoria, sono privi di significato an
che dal punto di vista operazionista pi cauto, e ai secondi perch piace l idea
che i valori reali (misurati o meno) siano ci che le teorie fisiche descrivono
e collegano.
N el 1951, riferendosi non alla proposta di Neum ann, di cui non era a cono
scenza, ma ad una tecnicam ente inferiore dovuta a Reichenbach, di usare una
logica a tre valori per interpretare la m eccanica quantistica, Q uine si poneva la
domanda retorica: Com e potrebbe una sim ile rivoluzione scientifica esser di
versa da quella in cui Copernico sostitu T olom eo, D arw in Aristotele, o Einstein
Newton.? E si rispondeva che non ne differiva, che cambiare la geom etria per
semplificare la teoria fisica, com stato fatto nelladottare la teoria einsteiniana
della relativit generale, e cambiare la logica per lo stesso scopo, com e proposto
da Reichenbach (naturalmente. Quine non si poneva il problem a se questa pro
posta semplificasse realmente la teoria fisica in m isura significativa), sono cam
biam enti dello stesso tipo. N essuno dei due proibito dalla m etodologia scienti
fica. L e leggi della logica, sotto questo aspetto, sono altrettanto em piriche di
quelle della geom etria, solo pi astratte e meglio protette. L a logica lultima
cosa che saremmo disposti a rivedere, dal punto di vista di Quine, ma non im
m une da revisioni.
Se Quine ha ragione, la verit necessaria un altro famoso soggetto che
non ha oggetto. L a discussione pu fermarsi qui. M a, come sem pre accade, le
cose non sono cosi semplici.
Prima di tutto, anche se alcune leggi della logica risultano essere em piriche
(o avere presupposti em pirici), non ne consegue che lo siano tutte. Nessuno ha
proposto di rivedere il principio di contraddizione. E che senso avrebbe abban
donare lenunciato 'N o n tutte le proposizioni sono sia vere che false .? [cfr. Putnam 1968]. L ambito della priori va effettivamente restringendosi, ma il pro
clamare che ogni verit em pirica ancora ben lontano dallessere una tesi ac
cettabile o anche solo coerente.
In realt, anche la discussione che si sollevata sulla revisione delle leggi lo
giche ha una forte com ponente a priori. Il nostro linguaggio, dopo tutto, fu
dapprim a usato per parlare di sem plici collezioni finite (il gregge nel prato) e
la nostra logica fu dapprim a form alizzata rispetto a idealizzazioni che qualunque
studente che si accosti alla logica riconosce come estremamente rigide (anche se
l insegnante ha dim enticato che sono idealizzazioni), per esempio che tutti i pre
dicati siano perfettam ente ben definiti. Se si sta realmente parlando di una col
lezione finita e i predicati sono davvero ben definiti e controllabili, la differenza,
per esempio, tra una posizione realista e una intuizionista o verificazionista sulla
verit pu essere ignorata. M a chi pensi aprioristicamente che la nozione classi
981
Possibilit/necessit
ca di verit sia sbagliata, e che la legge del terzo escluso non vale quando ci si
occupa di predicati non decidibili, sar portato, com e fu Brouw er, a sfidare la
logica classica. E questo infatti il m odo in cui nacque la logica intuizionista.
L a logica intuizionista ci che si ottiene se si identifica la verit con la dim ostra
bilit costruttiva, e non con qualche sorta di corrispondenza con la realt to
talmente non epistemica.
Ancora, sia la logica classica sia quella intuizionista presuppongono che la
decidibilit delle diverse proposizioni sia indipendente : per la logica classica sa
rebbe pi corretto dire che la decidibilit non u n risultato, lo solo la verit
assoluta, e la verit, o la falsit assoluta di una proposizione dotata di senso una
propriet che la proposizione ha, sia o meno decidibile; per la logica intuizioni
sta, oggetto di studio stato principalm ente il linguaggio m atem atico, finora, e
in matematica pura la decidibilit di una proposizione non pregiudica mai la de
cidibilit di u n altra proposizione. (L a semantica della teoria dei giochi di
Hintikka e la concezione operativa di L orenzen rappresentano estensioni al
linguaggio em pirico d un punto di vista collegato all intuizionism o). M a nel
mondo reale pu accadere, in forza del principio d indeterm inazione, che la deci
dibilit di una proposizione renda im possibile la decidibilit di u n altra per m ez
zo d una m isurazione che abbia un qualche valore predittivo. C una relazione
d incom patibilit fra proposizioni.
lan H acking della Stanford U niversity ha recentemente scoperto (com uni
cazione non pubblicata) che esiste unintima connessione tra logica classica, in
tuizionista e quantistica. N ei term ini di una celebre form alizzazione della logica
classica, il sistema di regole d introduzione e di regole d elim inazione do
vuto a G entzen, la difli'erenza tra logica classica e quantistica sem plicem ente
che le form ule che costituiscono le premesse per ogni applicazione d una regola
d introduzione o d elim inazione devono essere com patibili; l introduzione del
la nuova relazione semantica di com patibilit che rende conto di ci che difi^erente nella logica; non c differenza nelle regole prim itive, in questa presenta
zione molto naturale, salvo la restrizione appena citata.
Ora, chi convinto che la verit debba esser collegata alla verificabilit (al
meno a una verificabilit idealizzata) potrebbe essere portato sul terreno d ella
priori nello studiare la logica dei quanti, una volta che abbia capito che le pro
posizioni potrebbero essere incom patibili , nel senso che la verificazione di una
potrebbe, in linea di principio, interferire con la verificazione di u n altra. N on
si intende che questo sia il solo modo di portare a studiare o addirittura ad ac
cettare la logica quantistica; ed certamente un fatto empirico quello per cui c
questa relazione d incom patibilit nel nostro mondo. M a la possibilit accenna
ta illustra il fatto che anche se si decide di accettare la logica dei quanti, ci si po
trebbe trovare a farlo in parte per ragioni aprioristiche - e ci suggerisce ancora
una volta che tutta la verit em prica non la conclusione corretta che s pu
trarre dal fatto di essere costretti a rivedere la nostra logica per ragioni em piri
che. Questo un punto su cui lo stesso Quine ha molto insistito ; negare che esi
stano enunciati a priori non la stessa cosa che negare che esista u n fattore a
priori nelle decisioni scientifiche. L o stesso Q uine ha suggerito che a priori e
Possibilit/necessit
982
2.
983
Possibilit/necessit
possibile in cui la tem peratura non energia cinetica molecolare m edia di tra
slazione. U n enunciato vero in tutti i m ondi possibili tradizionalm ente detto
necessario. U n a propriet di qualcosa in tutti i m ondi possibili in cui questo
qualcosa esiste tradizionalm ente detta essenziale. In questa term inologia
tradizionale, K rip k e sta dicendo che la tem peratura energia m olecolare m e
dia di traslazione una verit necessaria, anche se non possibile conoscerla
a priori. L enunciato em pirico ma necessario. O , per dirla in altri term ini, les
sere energia cinetica molecolare media di traslazione una propriet essenziale
della temperatura. con la ricerca empirica che si scoperta l essenza della
temperatura.
In una certa misura, fenom eni sim ili si presentano nella stessa m atem atica
pura. Se la dimostrazione di un teorema m olto lunga, la fiducia nel fatto che la
la dimostrazione sia una dimostrazione dipende da assunzioni em piriche di va
rio tipo (per esempio che la mia memoria di ci che stato dimostrato prim a non
venga meno e che le righe non cambino form a sul foglio m entre si legge la di
mostrazione). C osi la fiducia - e la fiducia che si giustificati ad avere - nella
proposizione m atematica dipende anche da queste assunzioni em piriche. M a l
grado ci, finch si accetta la dimostrazione com e una dimostrazione, si accetta
la proposizione matematica come vera non soltanto nel mondo reale, ma persino
in quei m ondi possibili in cui la m em oria viene meno, le righe cambiano forma
sul foglio, ecc. In breve, si accetta lenunciato matematico com e metafisicam en
te necessario su basi epistemicamente contingenti. Questo punto reso pi pre
gnante dallo sviluppo degli elaboratori elettronici ad alta velocit ; l unica prova
finora esistente del teorema dei quattro colori, per esempio, stata scoperta in
parte grazie a una ricerca con un elaboratore, e nella sua interezza non pu esseie controllata da un matematico che rinunzi allaiuto dellelaboratore.
Ci che K rip k e suggerisce, dunque, i) che la vecchia idea che la scienza
scopre verit necessarie era, in un senso importante, corretta e non sbagliata;
2) che la necessit in questione, la necessit metafisica , o verit in tutti i mondi
possibili, non la stessa cosa che lapriorit: necessit metafisica ed epistemica
sono state riunite ingiustificatam ente; 3) che il problem a nella filosofia della m a
tematica non dovrebbe essere visto come un argomento a favore della non-revisibilit di tutti gli enunciati matematici dimostrati. N eppure la necessit m ate
matica , in generale, epistemica. (Bench K ripke pensi che la verit della logica
classica e forse gli assiomi fondam entali dellaritmetica, siano epistem icam ente
necessari. E gli ha un atteggiam ento notevolm ente conservatore verso proposte
come la logica dei quanti).
3.
Indicatori rigidi.
Possibilit/necessit
984
985
Possibilit/necessit
Possibilit/necessit
986
4.
987
Possibilit/necessit
Possibilit/necessit
988
gante non condivisa da K ripke n da altri che lavorano nel campo, i quali ve
dono i m ondi possibili sem plicem ente com e entit astratte, situazioni ipotetiche,
e non come veri m ondi paralleli .
5.
Problemi di similitudine.
989
Possibilit/necessit
Possibilit/necessit
990
6.
K ripke sostiene che dopo aver scoperto che la com posizione dellacqua nel
mondo reale H jO , rifiutiamo di chiamare acqua ipotetiche sostanze di com
posizione differente, anche se le loro (ipotetiche) propriet superficiali fossero si
mili a quelle d ellacqua; e questo sembra corretto. M a l afferm azione che l enun
ciato 'L acqua H jO sia vero in tutti i m ondi possibili potrebbe essere troppo
rigida. Si consideri un m ondo possibile in cui l acqua esista solo sotto form a di
molecole HgOg; K rip k e potrebbe obiettare che lesempio inadeguato: 'L ac
qua H gO una sem plificazione gi nel mondo reale (m olecole come H4O2,
HgOg esistono realmente), e la sua teoria sostiene che la com posizione dellacqua
nel mondo reale determ ina la com posizione in tutti i m ondi possibili. M a anche
se, per esempio, H jqO iq non esiste nel mondo reale, probabile che si chiam e
rebbe acqua una sostanza avente propriet sim ili a quelle d ellacqua e com
posta di m olecole H joO jq in qualche mondo possibile.
Ancora, si consideri un mondo possibile in cui le leggi fisiche siano lievem en
te diverse e in cui idrogeno e ossigeno non esistano separatamente. C i che viene
chiamato atomi d ossigeno e atomi d idrogeno non sono stati stabili, ma lo
la <1m olecola HgO . chiaro che l'acqua esiste in quel mondo ; ma non affatto
chiaro che 'L acqua H gO sia vero in quel mondo (perch non esistono in quel
mondo sostanze chim iche com e idrogeno e ossigeno).
Ci che K rip k e sostiene come corretto che la scienza fa pi che scoprire
sem plici correlazioni. L a scienza scopre che certe cose possono essere, che certe
cose devono essere, ecc. E una volta che si scoperto che la com posizione chim i
ca dellacqua nel mondo reale H jO (in realt una sovrapposizione nel senso
della m eccanica quantistica di H jO , H4O2, HgOg, ... pi D jO , D4O2, ...), non si
chiama acqua una qualunque altra sostanza, ipotetica o reale, a meno che non
abbia una com posizione sim ile a questa. M a com posizione sim ile in qualche
modo una nozione vaga; e dire che 'L acqua H jO , o qualunque altra propo
sizione di questo tipo, vera in tutti i mondi possibili sembra essere una sem
plificazione eccessiva.
Anche il caso tem peratura / energia cinetica molecolare m edia di traslazione
troppo semplificato. L a tem peratura energia molecolare m edia di traslazione
nel caso di sostanze che consistono di molecole. M a il concetto di tem peratura
991
Possibilit/necessit
stato esteso, per esempio alle radiazioni. E chi sa quanto ancora potrebbe venir
esteso in applicazione a situazioni ipotetiche. (Parlando in term ini di propriet
anzich di concetti : dubbio che la tem peratura sia la stessa propriet nei due
casi delle m olecole e delle radiazioni. A n che lestensione dai gas, in cui la distri
buzione della velocit delle m olecole una distribuzione di M axw ell, a m olecole
con altre distribuzioni una com plessa conquista della fisica degli ultim i anni
del XIX secolo).
Questi esem pi suggeriscono che lessenza che la fisica scopre va pensata
come una sorta d paradigma cui le altre apphcazioni del concetto (acqua o
temperatura ) devono somigliare, pi che una condizione necessaria e sufficien
te valida per tutti i m ondi possibili. Il che avrebbe dovuto esser chiaro gi fin
dalla critica della distinzione analitico/sintetico svolta da Quine. U n a nozione
com e quella di tem peratura regolata da m olte leggi, in particolare dalla seconda
legge della term odinam ica ; se si arriva a un mondo possibile in cui le leggi sono
differenti di quel tanto che basta a far si che lenergia media di traslazione delle
m olecole non obbedisca alla seconda legge, m entre vale per una definizione lie
vem ente diversa, allora la definizione di tem peratura potrebbe essere cambiata
al fine di mantenere la seconda legge. K ripke sottoscriverebbe questo discorso
fin tanto che applicato alla necessit epistem ica; ma in realt questo vale anche
per la sua necessit metafisica , in quanto coinvolge la valutazione di ci che
una sim ilitudine rilevante al caso paradigm atico.
7.
Possibilit/necessit
992
sarebbe la nave di T eseo perch non avrebbe in com une con loriginale il tipo
necessario di continuit causale.
Si illustrer questa teoria con un esempio che K ripke ha spesso usato nelle
sue conferenze : si pu veridicam ente affermare che (posto che ci sia un leggio
sul tavolo) 'Q uesto leggio avrebbe potuto essere dipinto di nero , ma, se questo
leggio usato rigidam ente (cio se questo leggio in realt significa proprio
questo leggio), allora 'Q uesto leggio avrebbe potuto essere fatto di ghiaccio fal
so. Questo leggio, proprio questo, non avrebbe potuto esser fatto di ghiaccio, an
che se 'Il leggio sul tavolo avrebbe potuto esser fatto di ghiaccio vero se lo si
interpreta com e 'A vreb be potuto esserci un leggio di ghiaccio sul tavolo . (Il
leggio sul tavolo , in questultimo enunciato, ci che stato definito una de
scrizione non-rigida ; si riferisce a differenti individui in m ondi possibili dif
ferenti).
A chi scrive non sem bra che la teoria di K ripke sia poi cosi metafsica. Sem
bra piuttosto ci che Carnap avrebbe chiamato una esplicazione ; una conven
zione che ha un qualche fascino intuitivo e che perm ette di form alizzare un uso
preanalitico di asserzioni modali come 'A ristotele avrebbe potuto nascere ad
A tene, 'A ristotele avrebbe potuto non essere un filosofo , 'A ristotele non avreb
be potuto essere un calam aio , ecc.
Tuttavia, le intuizioni riguardo a questo tipo di enunciati differiscono molto.
A yer (in una conferenza non pubblicata) ha suggerito che non c nulla di sba
gliato in un enunciato m odale come 'Aristotele avrebbe potuto essere cinese, an
che se questo viola la teoria di Kripke.
Ancora, se si am m ette che le leggi naturali dicano che cosa pu o non pu
avvenire, perch questo non dovrebbe estendersi alla conoscenza di ci che gli
individui possono o non possono essere o fare? U na volta che si accetta che gli
esseri umani siano flussi di materia con una certa continuit causale e una certa
organizzazione funzionale, questo non avr forse ripercussioni sugli enunciati
modali che si considereranno veri? Per chi crede nellanima, non c nulla di
sbagliato in 'A ristotele avrebbe potuto essere cinese (la stessa anim a avrebbe
potuto essere in un corpo cinese) ; ma se l Aristotele reale un flusso di materia
con una certa storia causale, allora non avrebbe potuto essere cinese senza avere
geni differenti. E un individuo possibile con geni differenti un individuo diffe
rente dallAristotele reale. (Oppure, se gli esseri um ani nel mondo reale non han
no unanima separabile dal corpo, allora esseri d un qualunque m ondo possibile
dotati di un anima che pu risiedere in diversi corpi, o staccarsi dal corpo, e la
cui personalit risieda in questanima e non nel cervello, non saranno identici a
nessun individuo del m ondo reale, anche se gli som igliano. Se non ho u n anima
separabile dal corpo nel mondo reale, allora io, proprio io, non posso avere un a
nima separabile dal corpo).
A yer non sarebbe soddisfatto di questa replica, poich non crede che le leg
gi naturali dicano che cosa oggettivam ente pu avvenire o meno ; per lui le leggi
naturali sono solo generalizzazioni vere nei confronti delle quali noi abbiamo
un certo atteggiam ento. Naturalm ente, questa poi la visione hum eana della
necessit naturale; la critica che gli pu esser fatta che non rende giustizia
993
Possibilit/necessit
diW. oggettivit delle leggi naturali. Per esempio, la m aggior parte degli scienziati
e dei filosofi non sarebbe d accordo che solo un enunciato relativo a un nostro
atteggiam ento il fatto di non poter costruire una m acchina per il m oto perpe
tuo. M a questa una discussione che esula dai limiti del presente discorso.
Bisogna dire che ci sono possibili alternative alla teoria di K rip k e allinterno
dello stesso ambito generale: per esempio, m olti autori hanno suggerito di so
stituire la nozione di identit attraverso i m ondi con quella di identit fra specie
(identit ristretta a un predicato, per esempio uom o , statua , pezzo di bron
zo ). D i un pezzo di bronzo che in un m ondo possibile forgiato in una statua,
e in un altro mondo possibile no, si dir che lo stesso pezzo di bronzo in en
trambi i mondi, ma non la stessa statua. N on ha senso, per le teorie dellidenti
t fra specie, chiedere simpliciter se due individui sono lo stesso ; a questa dom an
da si deve sem pre rispondere : lo stesso cosa ?
Potrebbe anche essere desiderabile tentare u n analisi abbandonando lassun
zione che lidentit attraverso i mondi sia transitiva.
8.
A lcuni filosofi recentem ente hanno ecceduto con i discorsi sui m ondi possi
bili (alcuni filosofi eccedono ogniqualvolta ci sia una nuova m oda in filosofia), e
hanno visto la form alizzazione dei m ondi possibili come una specie di ricetta
m gica per fare progressi in quasi tutti i problem i filosofici. C i deleterio a
causa della mancanza di chiarezza della stessa nozione di mondo possibile . In
particolare, se si assume che i m ondi possibili siano entit ben definite, astratte o
anche concrete (bench il solo D avid L ew is sem bri voler optare per la seconda
alternativa) e che ci sia una ben definita totalit di tutti i m ondi possibili, allora
la questione si fa veram ente oscura. C una totalit definita di tutti gli ogget
ti possibili? U na totalit di tutti i predicatipossibili U n a totalit di tutti i pensieri
possibili Q ueste totalit non solo sem bran destinate a portare ad antinom ie (si
veda il paradosso di Russell, e quello di G rellin g, il minimo num ero non espri
m ibile con meno di venticinque sillabe - che si appena espresso con ventiquattro sillabe!), ma pongono difficolt epistem ologiche form idabili.
A lcuni filosofi evitano queste difficolt argomentando che, in effetti, se le
cito quantificare su tutti gli insiemi nella teoria degli insiemi di Zerm eloFraenkel (cfr. l articolo Logica in questa stessa Enciclopedia), allora devesser lecito quantificare su tutti i m ondi possibili nella teoria dei m ondi possi
bili. M a la teoria degli insiem i matematica, non filosofia. Se si quantifica su
tutti gli insiem i e si interpreta questa quantificazione in m odo ingenuam ente
platonico, allora salta fuori tutta una serie di problem i da un punto di vista filo
sofico ~ in particolare, come si potrebbe avere accesso epistem ico a questo iperuranio platonico degli insiemi che si pretende di descrivere. E allo stesso modo,
se si quantifica su tutti i mondi possibili e si interpreta questa quantificazio
ne in modo ingenuam ente platonico, allora com e si potrebbe avere accesso epi
stemico a questo iperuranio platonico dei m ondi possibili? Il problem a se
Possibilit/necessit
994
995
Possibilit/necessit
4,
Plantinga, A .
1974 The N ature of Necessity, Cluten onV ress, O-Ko.
Putnam , H.
1968 Is Logic Empirical?, in R, S. Cohen e M . W . W artofsky (a cura di), Boston Studies in
the Philosophy o f Science, V , R eidel, D ordrech t; ora The Logic of Quantum Mechanics,
in Philosophical Papers, I. Mathematics, M atter and Method, C am bridge U niversity
Press, N ew Y o rk 1975, pp. 174-97.
1970 On Properties, in N . Rescher (a cura di), Essays in Honor of Carl G . Hempel, Reidel,
D ordrech t; ora ibid., pp. 305-22.
Stalnaker, R.
1968 A Theory of Conditionals, in J. W . Cornm an e altri (a cura di), Studies in Logical Theory,
Blackw ell, Oxford.
II tipo di lo gica richiesto dalla meccanica quantistica (cfr. quanti) sem brerebbe d o
ver portare ad abbandonare la nozione di necessit (cfr. libert/necessit, caso/proba
bilit), o perlom eno ad avanzare importanti riserve riguardo alla distinzione fra verit
analitiche e verit empiriche (cfr. analisi/sintesi, em piria/esperienza, m atem ati
che). N on per questo per vengono posti in discussione i principi logici (cfr. opposi
zione/contraddizione) ; si , d altronde, condotti ad accettare la logica dei quanti an
cora in base a ragioni parzialmente a priori (cfr. deduzione/prova). Recentissimi stu
di sul concetto di m ondo possibile - in logica m odale e nella teoria dei condizionali con
tro fattuali - mostrano lesistenza di enunciati sintetici (cfr. proposizione e giudizio)
che possono essere veri nella totalit dei m ondi possibili. Viene cosi proposta una tesi che
definisce la verit (cfr. vero/falso) allo stesso tem po com e metafisicamente (cfr. m eta
fisica) necessaria ed epistemolgicamente contingente (cfr. scienza). Parallelamente
viene riabilitata lessenza (cfr. essere), scorgendovi un paradigm a delle similitudini
del concetto in questione. L e obiezioni che si potrebbero sollevare nei riguardi di un
nuovo realismo delle essenze (cfr. universali/particolari) cadono quando si considera
no i m ondi possibili com e oggetti linguistici (cfr. semantica), pur mantenendo un le
game fra la teoria della referenza/verit e quella del possibile (cfr. previsione e pos
sibilit).
Referenza/verit
I.
Referenza/verit
726
3) (e forse m olti lo farebbero ancora oggi). Analogam ente, m entre c) nella nostra
enunciazione della versione russelliana della teoria della verit come corrispon
denza fu pi tardi abbandonato, m olti filosofi d oggi accetterebbero probabil
m ente a) e b).
In questa esposizione, 'term ine stato usato per intendere 'term ine singo
lare , cio si parlato di espressioni come 'G iu lio Cesare, 'E verest , 'L a stella
della sera , che intendono designare un solo oggetto. Russell pensava anche che
nom i generali come 'cavallo , 'oro fossero sinonim i di altre espressioni, e preci
samente di congiunzioni di clausole esprim enti le condizioni necessarie e suffi
cienti di appartenenza alla classe interessata. Per esempio, 'oro era pensato co
me sinonimo di 'm etallo giallo, prezioso, inalterabile, pesante, solubile in ac
qua ragia , o qualcosa del genere.
Cosi la teoria di Russell dice qualcosa su quali tipi di nomi esistono (prim i
tivi e definiti) e come essi denotano, qualcosa sulla referenza, cio che esiste una
relazione fra term ini e oggetti indipendenti dal discorso, e qualcosa sulla natura
della verit e falsit (teoria della corrispondenza). Questi argom enti nel dibattito
filosofico pi recente sono stati separati ; si vedr in seguito che sono ancora al
centro di aspre discussioni.
2.
H ilary Putnam e Saul K ripke, luno indipendentem ente dall altro, hanno
proposto in una serie di pubblicazioni un certo num ero di idee sim ili e strettamente collegate fra loro, che convergono in un deciso attacco alle vedute tra
dizionali di Russell.
L e teorie di Putnam nascono dal suo lavoro sia nel campo della filosofia della
mente, sia in quello della filosofia del linguaggio. In Dreaming and "D epth ofGrani
mar egli attaccava lidea che un universale sia sinonimo di un insiem e di condi
zioni sufficienti e necessarie per l appartenenza alla classe. EgH scriveva, citando
il caso della sclerosi m ultipla : Ci che vorrem m o dire : esiste (pensiamo che
esista) qualcosa -- diciam o un virus - che normalmente provoca questo e questaltro sintomo. Forse occasionalmente (raramente) altri disturbi causano gli
stessi sintomi in alcuni pazienti. Quando un paziente manifesta questi sintomi
diciamo che ha una "sclerosi m ultipla - ma, naturalmente, siamo pronti a rico
noscere d esserci sbagliati se il caso si rivela anomalo. E siamo pronti a classifi
care come casi di sclerosi m ultipla dei disturbi che presentino sintom i devianti,
se scopriamo che l agente fondamentale era il virus che provoca la sclerosi m ulti
pla, e che la devianza dei sintomi costituiva, diciamo, una variazione casuale. D a
questo punto di vista la questione non , per cosi dire, 1 "estensione del ter
mine "sclerosi m ultipla , ma quale sia, se esiste, la cosa che risponde alla nostra
nozione di sclerosi m ultipla. Quando sappiamo che cosa corrisponde (pi o me
no perfettamente) ai nostri criteri, questa, sia quel che sia, sar 1 "estensione di
"sclerosi m ultipla [1962, ed. 1975 pp. 310-11].
In questo paragrafo appare una delle idee centrali di quella che stata qui
727
R e fe r e n z a / v e r it
definita nuova teoria della referenza: lidea che lestensione di certi tipi di ter
mini (pi tardi Putnam parler di parole di specie naturale , intendendo i nomi
delle sostanze naturali, delle specie, e delle grandezze fisiche) non sia fissata da
un insieme di criteri stabiliti a priori, ma sia, in parte, stabilita dal mondo.
Esistono leggi oggettive cui la sclerosi m ultipla, i cavalli, l oro, lelettricit obbe
discono ; e che cosa sia razionale includere in queste classi dipende da che cosa
queste leggi mostrano d essere.
Poich non si conoscono esattamente queste leggi, necessario lasciare in
qualche modo indeterm inata lestensione di queste classi, piuttosto che stabilirla
esattamente considerando i term ini sinonimi dinsiemi di condizioni necessarie
e sufficienti. L estensione di sclerosi m ultipla include tutto ci che si rivela
della stessa natura della m aggioranza dei casi paradigm atici di sclerosi m ulti
pla ; non si suppone di conoscere a priori che cosa questa natura sia (che cosa sia
no le leggi). In questottica, paradigm i e program m i di ricerca per scoprire le leg
gi (o dimostrare la validit di quelle gi in nostro possesso) prendono il posto
delle rigide condizioni necessarie e sufficienti nel determinare lestensione.
In Identity and Necessity [1971] e Naming and Necessity [1972] Saul K ripke
ha attaccato lanalisi russelliana dei nomi propri. Secondo K ripke, non il caso
che 'G iu lio Cesare sia sinonimo di una qualche espressione del tipo Il gene
rale romano che si chiamava 'G iu lio , che sconfisse Pompeo, che attravers il
Rubicone, ecc..
N ellarticolo Possibilit/necessit di questa stessa Enciclopedia stata de
scritta la teoria di K ripke della possibilit. Si ricorda qui che ha senso dire G iu
lio Cesare avrebbe potuto non chiamarsi 'G iu lio (i suoi genitori avrebbero po
tuto chiamarlo 'M arco). Sim ilm ente, ha senso usare gli enunciati (che sono veri,
sia secondo la teoria di K ripke sia secondo le nostre intuizioni preanalitiche) 'C e
sare avrebbe potuto non sconfiggere Pom peo, 'Cesare avrebbe potuto non at
traversare il R ubicone , ecc. M a nessuno di questi enunciati sarebbe in grado di
esprimere una possibilit se 'G iu lio Cesare significasse L unico individuo che
fu un generale romano, ebbe nome 'G iu lio , sconfisse Pompeo, attravers il R u
bicone, ecc. . In effetti, se 'G iu lio Cesare fosse sinonimo di questa descrizione,
allora egli non sarebbe stato G iulio Cesare se non avesse sconfitto Pom peo. Il che
chiaramente falso.
L analisi di K rip k e (riassunta in Possibilit/necessit ) conclude che un in
dividuo in un qualsiasi mondo possibile, che abbia gli stessi genitori del vero
G iulio Cesare, e derivi dallo stesso ovulo fecondato, un possibile G iu lio Cesare
anche se, nel mondo possibile in questione, ha una vita diversa da quella del vero
G iuho Cesare, un altro nome, ecc. Questo spiega la possibilit di enunciati come
G iulio Cesare avrebbe potuto non chiamarsi 'G iu lio , ma lascia il problem a di
fornire u n interpretazione del significato del nome 'G iu lio C esare, dato che
quella di Russell si rivelata falsa.
L a teoria di K rip k e della possibilit identifica gli individui attraverso i mondi
possibili sulla base delle origini e della storia. Questi stessi fattori - origine e sto
ria - sono quelli che svolgono un ruolo decisivo nellinterpretazione kripkiana
del funzionam ento dei nomi.
Referenza/verit
728
729
R e fe r e n z a / v e r it
tit di natura nel caso dei term ini di specie) con questi oggetti esistenzialm en
te dati. N el caso dei nomi propri, loggetto dato esistenzialmente la persona o
cosa originariamente battezzata col nome ; nel caso dei term ini di specie na
turale, gli oggetti esistenzialmente dati sono i paradigm i reali.
U na seconda relazione consiste nel fatto che il giusto tipo di continuit cau
sale, e il condividere una natura, determ inato dalle nostre teorie, in evoluzione,
sulla natura oggettiva delle persone e delle varie specie naturali, e non a priori.
Com e gi stato detto nell articolo Possibilit/necessit, K ripke sostiene
l idea che, una volta scoperto che lacqua reale H jO , ci si rifiuta di chiamare
'acqua delle possibili (ipotetiche) sostanze di com posizione chim ica differente,
anche nel caso in cui assomiglino superficialm ente allacqua. Se si assume che sia
la natura dell acqua locale (terrestre) a determ inare l essenza dellacqua (cio
a determinare che cosa acqua in un qualunque mondo possibile), allora que
sto punto di vista coincide perfettam ente con quello di Putnam . E l osservazione
fatta da Putnam , che i term ini di specie naturale non possono essere definiti ana
liticamente, fatta anche da K ripke, e per ragioni analoghe.
3.
U na parte della rilevanza della nuova teoria della referenza (il nome do
vuto a Schw artz [1977], il cui libro costituisce una delle m igliori esposizioni di
questo argomento) gi stata evidenziata; negando che i nomi propri e i termini
di specie naturale siano sinonim i di descrizioni definite o congiunzioni di criteri,
la nuova teoria rende possibile il tipo di teoria della necessit descritta nel gi
citato Possibilit/necessit. Questa teoria riabilita la nozione che gli oggetti
e le specie abbiano essenze, cio che vi siano delle caratteristiche che una data
cosa deve avere per essere la cosa (o il tipo di cosa) che , liberando nel frattem
po questa nozione dalle sue connessioni con u n epistemologia aprioristica.
M a la nuova teoria ha im portanza anche in una direzione com pletam ente dif
ferente, come nota W iggins [1980]. L e due idee chiave della nuova teoria sono:
1) per appartenere ad una specie naturale, un dato oggetto deve avere la stes
sa com posizione, od obbedire alle stesse leggi - in effetti, ci che rende la
composizione importante, quando lo , il suo collegamento con leggi di
com portamento - dei m em bri modello della classe, e questa com posizione
o queste leggi non sono solitamente note nel momento in cui il term ine di
specie naturale introdotto, ma richiedono una quantit indefinita di ri
cerche per essere scoperte;
2) i term ini di specie naturale e i nomi propri non sono sinonim i di congiun
zioni di criteri e descrizioni definite, rispettivamente.
L a teoria di K ripke sulla necessit assume, come si visto, sia i) sia 2). M a
i) gi di per s ricca di interesse filosofico.
Ci che i) dice che sono le stesse specie naturali a svolgere un ruolo nel de
terminare lestensione dei term ini che ad esse si riferiscono. D avid W iggins sot
Referenza/verit
730
tolinea come questo significhi che c una grande differenza fra i term ini di spe
cie naturale, i quali richiedono lipotesi di una natura, o di un insieme di leggi
oggettive, siano leggi del com portam ento, o leggi della generazione e corruzio
ne , o leggi dello sviluppo di un m em bro tipo di una specie biologica, e ci che
egli chiama termini artefattuali. Sono artefattuali i term ini come 'tavolo , o
'televisore . Essi si riferiscono ad oggetti di cui si conosce com pletam ente la na
tura, in quanto noi li abbiam o disegnati ed inventati. Secondo W iggins, siamo in
grado di fornire insiem i di condizioni necessarie e sufficienti per appartenere al
lestensione di un term ine di questo tipo. W iggins nota anche che il tracciare una
precisa distinzione in questo senso tra artefatti e m em bri di specie naturale porta
ad una sorta di riabilitazione della nozione aristotelica di sostanza. ( L esempio
di sostanza prediletto da Aristotele un organismo vivente ; egli sostiene che un
artefatto, per esempo u n ascia, una sostanza solo in senso lato). W iggins inol
tre applica questa distinzione alla filosofia morale ; egli vede u n im portante diffe
renza tra posizioni che considerano il term ine 'persona come artefattuale (il che
significa che noi determiniamo convenzionalmente le condizioni per essere una
persona) e posizioni che invece lo trattano come un term ine di specie naturale.
Il carattere evidenziato da W iggins chiamato da Putnam contributo del
lambiente. Secondo Putnam , i significati non sono nella testa; a stabilire la
referenza concorre la natura reale dei paradigm i e non sem plicem ente i concetti
nella nostra testa. U n altra caratteristica importante, sia della teoria di Kripke,
sia di quella di Putnam , che la referenza determinata socialmente. Per stabilire
se qualcosa realmente oro o meno, un parlante potrebbe dover consultare un
esperto, che conosca la natura delloro m eglio della media dei parlanti. L a catena
storica di trasmissioni che conservano la referenza di un nome proprio nella teo
ria di K ripke un altro caso di cooperazione sociale nella determ inazione duna
referenza. L idea che le estensioni dei nostri term ini siano stabilite da pratiche
collettive, e non da concetti che ognuno di noi individualm ente ha, rappresenta
un netto distacco dal modo in cui il significato stato inteso a partire dal xvii
secolo.
4.
D alla referenza si passi ora a discutere della verit, prendendo le mosse dal
lavoro di A lfred T arsk i [1933], uno dei pi grandi logici m oderni. Bench per
presentare adeguatam ente la teoria tarskiana sia necessaria una conoscenza piut
tosto approfondita della logica, una delle idee guida, quella di disquotation, fa
cile da spiegare. Si prenda un qualsiasi enunciato, ad esempio L a neve bianca.
L o si ponga tra virgolette : L a neve bianca ; e si aggiungano le parole ve
ro: " 'L a neve bianca vero . L enunciato risultante nel suo complesso
vero se e solo se vero quello originario. Inoltre esso asseribile se e solo se
l enunciato originario asseribile; ed probabile al grado r se e solo se lenun
ciato originario probabile al grado r, ecc.
Secondo T arski, Carnap, Quine, A yer e altri, la conoscenza di questi fatti
731
Referenza/verit
la chiave per capire le parole vero . In breve, per capire P vero, dove P
un enunciato tra virgolette, togliere le virgolette {disquote) a P (ed eliminare
vero ).
Per esempio, cosa significa " 'L a neve bianca vero ? Significa 'L a neve
bianca . Cosa significa '"E s iste un mondo reale esterno vero ? Significa
'Esiste un mondo reale esterno . E cosi via.
Ci che i sostenitori della disquotation affermano che la dom anda che cosa
vuol dire che qualcosa vero non ha bisogno di impegnarsi su unopinione sul
significato del qualcosa in questione, o su come si possa verificare questo qual
cosa. Si pu interpretare materialisticamente 'L a neve bianca ; si pu credere
che 'L a neve bianca sia verificabile, o che sia solo falsificabile ma non verificabile, o semplicem ente conferm abile a un grado di probabilit compreso tra o e
i ; o niente di tutto ci; ma 'L a neve bianca rimane equiasseribile con '" L a
neve bianca vero. D a questo punto di vista vero , sorprendentemente,
una nozione filosoficamente neutra. Vero semphcemente un accorgim ento
per consentire u n ascesa semantica - consentire di innalzare u n asserzione
dal linguaggio oggetto al m etalinguaggio , e questo accorgim ento non com
promette chi lo usa n epistem olgicam ente n metafisicamente.
Si trattegger ora la seconda idea guida della teoria di Tarski. In questa teo
ria vero un predicato di enunciati; e questi enunciati, se la teoria devessere
precisa, devono appartenere a un qualche linguaggio form alizzato L . ( oggi al
centro di m olte discussioni tra filosofi e linguisti il modo in cui sia possibile
estendere la teoria ai linguaggi naturah). Ora, un linguaggio inteso in questo
senso ha un numero finito di predicati indefiniti o prim itivi . P er semplicit,
si supponga che il linguaggio L abbia due soh predicati prim itivi - ' la L u n a
e ' azzurro . Per qualunque predicato P , la locuzione
'P si riferisce a *
di cui possibile evidenziare lintima connessione con la parola vero usando
vero di anzich si riferisce a:
'P vero di x
pu essere spiegata anche con l idea di disquotation: se P il predicato ' la
L u n a , si ha:
' " la L u n a si riferisce a x se e solo se x la L u n a.
E se P il predicato ' azzurro , si ha:
' " E azzurro si riferisce a x se e solo se x azzurro.
Cosi la proposizione del m etalinguaggio '" la L u n a si riferisce
a x equiva
lente allaffermazione del linguaggio oggetto 'x la L u n a .
Si dice che P si riferisce prim itivam ente a x se P un predicato prim itivo
(nel caso del linguaggio L ' la L u n a o ' azzurro) e P si riferisce a x. Allora
si pu definire, per l esempio specifico L , la referenza prim itiva fornendo un
elenco :
Referenza/verit
732
733
Referenza/verit
1) Verit e referenza sono d e f i n i t e uno specifico linguaggio per volta.
N on viene definita la relazione vero in L con L variabile.
2) L a referenza prim itiva definita per m ezzo di un elenco ; e la referenza
e la verit in generale sono definite per induzione sul num ero dei connet
tivi logici nel predicato o nella proposizione, a partire dalia referenza pri
mitiva.
3) L a definizione induttiva m ediante una serie di regole com e i), 11), iii),
i'). II'), III'), pu essere trasformata in una vera e propria definizione
esplicita mediante l uso di strum enti logici.
la Luna.
E in effetti, si pu ricavare dalla definizione di verit che
T ) P vero se e solo se P
dove la lettera P sostituita da qualunque enunciato del linguaggio L.
N el fatto che le cose debbano stare cosi - che lo schema T di cui sopra sia
tale che tutti i suoi esempi sono conseguenze della definizione di vero - con
siste il criterio di adeguatezza (il famoso Criterio T ) di T arsk i per le defini
zioni di vero .
da notare che, m entre l idea di disquotation pu dapprincipio apparire ba
nale, la teoria di T arski ovviam ente tu ttaltro che banale. L a ragione di ci sta
nel fatto che lidea di disquotation dice soltanto che il Criterio T corretto; ma
non dice com e definire vero in modo da soddisfare il Criterio T. N la disquo
tation in s consente di eliminare vero da tutti i contesti in cui occorre. '" L a
neve bianca vero equivalente a L a neve bianca', ma a quale enunciato
non comprendente la parola 'vero (0 qualsiasi altro term ine semantico) equi
valente il seguente: S e le premesse in un inferenza della forma p 0 q, non-p .'. q,
sono entrambe vere in L , allora la conclusione anchessa vera in L ? Il m etodo di
Tarski d un equivalente per questo enunciato, e per altri in cui vero com pa
re con variabili e quantificatori, e questo ci che la disquotation di per s non
riesce a fare.
5.
D al punto di vista appena descritto, la com prensione della parola V ero non
pone particolari problem i filosofici n daltro genere. N ell enunciato '" L a neve
bianca vero , ad esempio, il significato della parola 'vero colto da una
qualsiasi definizione di vero in italiano che soddisfi il Criterio T di T arski;
ovvero, che fornisca tutte le equivalenze della forma:
' " L a neve bianca vero se e solo se la neve bianca .
Referenza/verit
734
Certam ente capisci " L a neve bianca , sono pronti ad argom entare i filosofi
che seguono T arsk i (in caso contrario, non sono solo le parole semantiche co
me 'vero o 'riferisce a costituire il tuo problem a), e se tu sai che 'L a neve
bianca vero equivalente a 'L a neve bianca , allora sai tutto ci che serve
sapere per capire 'L a neve bianca vero .
Quali che possano essere i m eriti di un ragionamento sim ile com e risposta ai
problem i filosofici suscitati dal concetto di verit, chiaro che lidea consiste nel
considerare i term ini non sem antici (i term ini descrittivi del linguaggio oggetto
e il vocabolario logico) come compresi, e n ellusare questi term ini non semantici
(ed una base teoretica pi forte di quanto consentito dal linguaggio oggetto) per
spiegare il significato di 'vero . D onald D avidson, in u n im portante serie di con
tributi [cfr. ad esempio 1967] ha proposto un interessante capovolgim ento di
questa procedura.
Si supponga di form alizzare litaliano (o una parte adeguata d ellitahano), e
di dare una definizione alla maniera di T arski della verit per il linguaggio risul
tante. Questo fornir come teoremi una serie di enunciati della form a;
'P vero se e solo se P
per esempio, ancora una volta
a) " 'L a neve bianca vero se e solo se la neve bianca .
Questa definizione di verit non deve necessariam ente essere data in italiano
(in una versione insiem isticam ente rafforzata dellitaliano) ; pu essere data, per
esempio, in tedesco (con una appropriata teoria degli insiemi). In questo caso
la definizione di verit dar tutti gli enunciati della form a;
P ist wahr wenn und nur wenn P '
dove P ' la traduzione in tedesco dellenunciato italiano P , ad esem pio;
h) 'L a neve bianca ist wahr wenn und nur wenn Schnee ist weiss.
Si im m agini ora un parlante tedesco che non conosca affatto litaliano, e al
quale venga detto b). Se com prende la nozione di verit (cio, se sa cosa signi
fica wahr), ci che b) gli dir il significato d ellenunciato 'L a neve bianca in
italiano. Se gli fosse data la definizione di verit per litaliano, egli ne potrebbe
derivare un enunciato della form a P ist wahr wenn und nur wenn P ' (un T'
enunciato) in corrispondenza di ciascun enunciato P dellitaliano, e dedurre in
questo m odo che cosa significano tutti gli enunciati deUitaliano. (Questo non
vuol dire che si debba dare al parlante tedesco l elenco infinito di tutti i T-enunciati; ci che gli viene dato la definizione di verit, la quale una definizione
esplicita finita).
In breve, lidea di D avidson di capovolgere largom entazione di Tarski.
Anzich considerare come vero il term ine di cui si deve spiegare il significato,
e il Hnguaggio oggetto com e noto, D avidson assume il linguaggio oggetto come
ci che d evessere spiegato, e 'vero (0 qual altro sia il term ine che significa vero
nel hnguaggio in cui si deve fornire la spiegazione) come ci che gi conosciuto.
735
Referenza/verit
6.
Referenza/verit
736
737
Referenza/verit
ca rende corretto tradurlo con altri come Schnee ist weiss in tedesco, La
neige est bianche in francese, ecc., costituisce la conoscenza im plicita del fat
to espresso dal ^-enunciato a) (o da una qualunque delle sue traduzioni corrette
in un altro linguaggio, ad esempio b) in tedesco). Questo dimostra che il nostro
uso dellenunciato 'L a neve bianca che costituisce la conoscenza implicita
della condizione di verit; ma non si fornisce alcuna teoria di questo uso.
In breve, lidea di D um m ett che la verit nel senso di corrispondenza
a uno stato di cose sussistente non pu svolgere alcun ruolo esplicativo in u n a
nalisi della comprensione. Si pu m antenere la form ula verbale Se si capisce una
proposizione se ne capiscono le condizioni di verit trasformandola, come fa
D avidson, in una tautologia; ma a questo punto certamente non ha una funzione
esplicativa.
D um m ett sottolinea che il principio secondo cui affermare la verit di un
enunciato equivale ad affermare lenunciato stesso (principio che egh chiama di
equivalenza) era gi stato formulato da Frege. Ci che T arski ha fatto consiste
nellaver dato un metodo per costruire definizioni di vero in L dove L un
linguaggio adeguatamente form alizzato che obbedisce al principio di equivalen
za. Questo un lavoro puramente form ale: come tale, corretto sia che si in
terpreti la verit alla maniera di un m atem atico intuizionista come Brouw er (cfr.
l articolo Logica, 13), o alla maniera di un seguace della cosiddetta teoria del
la verit come coerenza, o alla maniera d un realista, o in qualsiasi altra. Il lavoro
di T arsk i filosoficamente neutro; e in quanto tale non pu sostenere la teoria
della verit com e corrispondenza.
L idea di D um m ett che occorrano due nozioni di verit in filosofia del lin
guaggio. Se si utilizza un m ezzo di com unicazione L , possibile estendere que
sto m ezzo a un cosiddetto m etalinguaggio M L che contiene sia L sia un predica
to di verit per L , secondo le istruzioni fornite da Tarski. Sar una caratteristica
di M L che (per cause puram ente logiche) P vero sia equivalente a P , posto
che P sia una qualsiasi proposizione di L . Se 'L a neve bianca un enunciato
di L , allora, in questo senso di vero , sar un fatto di logica che questenunciato
sia equivalente a ' " L a neve bianca vero . Questo senso (tarskiano) di vero
chiamato da D um m ett (nelle W illiam James Lectures) senso interno di "v e
ro . Il com prendere questo senso interno fornisce soltanto le equivalenze chia
mate T-enunciati; non dice n come com preso 'L a neve bianca n come
com preso ' " L a neve bianca vero , n a quali condizioni sia corretto asserirli.
Per rispondere allelementare argomentazione tarskiana precedentem ente
descritta, il problema non tanto non com prendere 'L a neve bianca ; piutto
sto non com prendere che cosa significhi comprendere 'L a neve bianca. Questo
il problem a filosofico.
M a, sostiene D um m ett, esiste un senso di corretto per il quale com pren
dere una proposizione sapere quando questa proposizione viene correttam ente
asserita. Se questo senso viene visto come una corrispondenza con stati di cose
indipendenti dalla mente, come nella teoria della verit come corrispondenza,
allora, come si visto, si cade o in un regresso allinfinito, oppure nel m ito della
possibilit di collegare direttamente i segni con una realt non concettualizzata.
Referenza/verit
738
D um m ett ritiene invece che la verit (o correttezza), in questo senso, sia semphcemente la nozione epistem ica di giustificazione. U n enunciato vero se la
sua asserzione giustificata : questo ci che D um m ett chiam a nozione esterna
di verit. u n interpretazione non realista (in questo senso di 'verit gli enun
ciati non vengono resi veri )> da stati di cose indipendenti dalla mente, ma da
stati di cose in quanto percepiti e concettualizzati ; ed in questo senso di 'vero
che conoscere il significato di una proposizione consiste nel sapere sotto quali
condizioni questa sia vera).
M a, per ripetere la domanda che D um m ett poneva a D avidson, in che co
sa consiste questo sapere? Secondo D um m ett esso consiste nella reale capacit
comportamentale di riconoscere quando queste condizioni di giustificazione ven
gono soddisfatte. D al mom ento che le condizioni di giustificazione sono presenti
alla mente (contrariam ente alle condizioni di verit intese in senso realista, che
sono nella m aggior parte dei casi esterne alla mente) non v in linea di principio
alcun problem a riguardo a come la mente possa avere una capacit di questo ti
po. Ed un tipo di capacit tale che la mente pu (in linea di principio) affer
rare (posto che le condizioni di giustificazione siano assegnate agli enunciati
per m ezzo d una qualche definizione ricorsiva). D um m ett dichiara che la sua
teoria non realistica della verit rende sia com portam entalm ente rilevanti sia
afferrabili le condizioni di verit.
L a verit in senso esterno non sottosta a tutte le leggi della logica classica,
per. Questo perch non sempre le condizioni sono tali da giustificare u n asser
zione o la sua negazione. E cosi D um m ett pronto a rinunziare al classico prin
cipio del terzo escluso e ad accettare qualcosa di molto sim ile alla logica intui
zionistica di Brouwer.
7.
Realismo interno .
739
Referenza/verit
Referenza/verit
740
8.
Conclusione.
Davidson, D .
1967 Truth and meaning, in Synthese , X V I I , pp. 304-23 (trad. it. in A . Bonom i (a cura di),
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933
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1980 Substance and Sameness, Blackwell, O xford.
741
Referenza/verit
Il problem a dei rapporti tra il linguaggio, naturale o formale (cfr. form alizzazione,
naturale/artificiale), e la realt (cfr. dato, evento, reale), tra le parole (cfr. lingu ag
gio, parola) e gli oggetti (cfr, oggetto), tra le proposizioni (cfr. proposizione e giudi
zio) e i fatti (cfr. esistenza, essere), di grande importanza tanto per la filosofia (cfr.
filosofia/filosofe, rappresentazione, soggetto/oggetto) quanto per la logica (cfr.
equivalenza, ricorsivit), e in particolare per la sem an tica (cfr. senso/significato).
proprio un determinato tip o di questi rapporti a venir destinato com e referenza (cfr.
referente), quando si tratta di parole e di oggetti, e com e verit (cfr. verificabilit/fal
sificabilit, vero/falso) quando si tratta di proposizioni e di fatti.
32
la ifirosa)
)o/
io)
Ila
Ricorsivit
1.
Ricorsivit
34
dire, una classe potenzialm ente infinita di domande cui deve poter essere data
risposta corretta grazie a un m etodo uniform e, la nostra attenzione si concentra
sempre sullesistenza o meno di un metodo ricorsivo per com putare la corretta
risposta a una qualunque domanda appartenente alla classe, perch sembra, og
gettivam ente, che i metodi ricorsivi siano gli unici metodi uniform i che gli esseri
um ani sono in grado di utilizzare. per questa ragione che la scoperta che la
teoria della ricorsivit non n pi n meno che la teoria della com putabilit
efl^ettiva d all intero argomento la massima importanza.
Esistono, tuttavia, altre due ragioni per essere interessati alla teoria della ri
corsivit. U na che la teoria, a prescindere da qualsiasi interesse extramatema
tico che possa rivestire, come quello dovuto alla sua connessione con la calcolabilit efi^ettiva, dimostra di essere una teoria m atematica affascinante da parecchi
punti di vista. estremamente autosufficiente ; ed esiste un gran numero di po
tenti teoremi che possono essere dimostrati per tutte le funzioni e gli insiemi ri
corsivi di interi, e che non valgono per funzioni e teoremi non ricorsivi.
Infine, u n altra ragione per la quale la teoria della ricorsivit si dimostrata
interessante per m olti logici e matematici che sembra esistere unim pressio
nante e forse inaspettata connessione tra l esistenza di problem i non risolubili
con lim piego di m ezzi effettivi e l esistenza di proposizioni indecidibili - propo
sizioni che non possono essere n dimostrate n reftate - nei sistemi formali.
Q uestultim a connessione estremamente profonda, ed esiste un gran numero
di propriet di sistemi form ali che possono essere stabilite rapidamente per m ez
zo della teoria della ricorsivit e che sarebbero m olto lunghe da dimostrare im
piegando qualsiasi argomento diretto di teoria della dimostrazione.
2.
In questo paragrafo si assumer che il lettore abbia fam iliarit con i simboli
( ), ( ), A , V , 3 , , = gi im piegati negli articoli Logica e Form alizza
zione di questa stessa Enciclopedia. Sistem i form ali differenti possono fare uso
degh stessi sim boli ; ad esempio, m olti sistemi sono stati costruiti facendo uso di
questi sim boli, o di loro varianti: N (per la propriet di essere un num ero intero
non negativo), i , o,
(per la m oltiplicazione). L e proposizioni relative a nu
meri interi non negativi che possono essere espresse per m ezzo di questi simboli
e di quelli consueti della logica del prim ordine sono note come proposizioni della
teoria elementare dei numeri. Ovviam ente m olti enunciati di ci che vien nor
malmente chiam ata teoria elem entare dei num eri non possono essere espressi
con questo vocabolario se non si sono precedentem ente introdotte adeguate de
finizioni. Per esempio, utile introdurre le nozioni di x > y , x divide 3;, x una
potenza di 2.
Com e esempio del funzionam ento di questa notazione, si scriver l enunciato
che un cubo perfetto non mai la somma di due cubi perfetti, a meno che uno
almeno dei num eri dati sia uguale a zero: (*)(3')() {{{x-x)-x) = ({(y-y)-y) +
+ ((^ ))
((* = o) V (3^ = o) V ( = o))).
35
Ricorsivit
U n sistema molto debole nella teoria elementare dei num eri quello, che si
chiamer Q , basato sui seguenti assiomi:
(ai)
[x){y) { ( N { x ) A ' N ( y ) ) : D { x + i = y + i : D x = y ) )
(A2)
(x)
(A4)
(*)3 0 ^ X + i )
(x) (N ( x ) A x ^ o 3 ( 3 y ) ( N ( j ; )
(x)
( N ( x ) 3 x + o = x)
(as)
(a6)
(x) (N (x)
(a?)
{x){y) ( ^ { x ) A N { y ) : D x - { y + i)
(A3)
(N
A a := 3 ^ + i ) )
3 x -o = o)
(x + 3 ^ ) + i)
= {x-y + x)).
Questo sistem a troppo debole per derivarne molte, anche tra le pi semplici,
verit della teoria elementare dei numeri. Questa debolezza trae origine dal fatto
di non aver incluso nelle regole d inferenza n negli assiomi uno dei pi im por
tam i metodi della teoria elementare dei num eri, il principio dinduzione m ate
matica. M algrado la debolezza del sistema Q , esistono alcuni enunciati molto
forti che possono essere dim ostrati non solo riguardo a Q , ma riguardo a tutte le
sue estensioni: vale a dire, tutti i sistemi in cui gh enunciati da a i ad A7 possono
essere derivati come teoremi. N on interessano qui le propriet che il sistema Q
ha soltanto in virt della propria debolezza, propriet che perderebbe se si ag
giungessero altri assiomi. Per contro, si m olto interessati a quelle propriet che
non possono essere rimosse dal sistema Q dallaggiunta di ulteriori assiom i; e
questo perch tali propriet caratterizzeranno tutti i sistemi costruiti allo scopo
di rappresentare adeguate form alizzazioni della teoria elementare dei num eri, e,
a fortiori, di tutti i sistemi form ali che siano ritenuti adeguate codificazioni del
lintero corpo della matematica.
V a precisato che per quanto G del non abbia originariamente enunciato i
propri teorem i esattamente per la classe di sistemi in cui le proposizioni da a i
ad A7 sono teoremi, sar conveniente riform ularli in riferim ento a questa classe.
D i una proposizione
si dice che una proposizione indecidibile in un sistema
formale se in quel sistema non dim ostrabile n refutabile. In altre parole, S ,
S sono proposizioni indecidibili in un sistema formale F S se nessuna delle due
un teorema di F S . Si pu notare che il concetto di proposizione indecidibile
simmetrico ; vale a dire, una proposizione indecidibile se e solo se lo la sua
negazione. Com e prima approssimazione allenunciazione del teorema di G del,
si dir:
Ricorsivit
36
3.
37
Ricorsivit
4.
5.
Ricorsivit
38
6.
I l teorema di Tarski.
39
Ricorsivit
77
Ricorsivit
40
di qualche assioma, diciamo, della teoria degli insiemi, si sarebbe perlom eno po
tuto convincerlo che limpiego continuativo di questi assiom i non poteva con
durre a contraddizioni (dimostrando la consistenza di un sistem a che costituisse
unadeguata form alizzazione della teoria degli insiem i); e la dimostrazione di
consistenza avrebbe usato soltanto i m etodi pi sicuri e universalm ente accettati
della teoria elementare dei numeri. G od ei per distrusse questo program m a in
un sol colpo.
Il risultato ottenuto da Godei riguardava i sistemi aventi assiomi d induzio
ne m atematica (in effetti, tutte le occorrenze dello schem a {F{o) a {x ){F { x ) ^
( i ( x + i) ) ) )
(x)F {x) nel linguaggio di Q vengono incluse tra gli assiomi)
oltre agli assiomi da a i ad A7 di Q. Se si conviene di chiam are P A - cio aritme
tica di Peano - il sistema che contiene soltanto gli assiomi di induzione matema
tica e quelli da a i ad A7, allora P A il sistem a chiamato aritm etica del prim or
dine)) n ellarticolo Formalizzazione d questa stessa Enciclopedia. (P A ha le
stesse nozioni prim itive di Q; soltanto l insieme degli assiomi amphato). Godei
dimostr :
7.
41
Ricorsivit
3
5
R icorsivit
42
im piegata in connessione con la dim ostrazione del primo teorem a dincom ple
tezza di G od ei). C i nondim eno, come si vedr pi avanti, i concetti della teo
ria della ricorsivit possono essere usati non solo per fornire dim ostrazioni m ol
to sem p lici di versioni astratte del prim o teorema dincom pletezza di G odei,
ma anche per fare lu ce sulle ragioni dellesistenza di proposizioni indecidibili, e,
per cosi dire, sulla loro distribuzione.
8.
Ricorsivit primitiva.
7 5
x + o = /(x )
x + S {y ) = S { x + y ) .
D al m om ento che I {x) = x, la cfefinizione avrebbe potuto anche scriversi in que
sto m odo:
x+ o= x
*+ ^ (y) = 5'(x-h3').
Tuttavia, il prim o m odo di scrivere questa definizione rende esplicito il fatto che
la si pu considerare com e definizione di una nuova funzione, e cio x + y , in
termini di funzioni date, le funzioni identit e successore. Analogam ente, la fun
zione X -y pu essere definita ricorsivam ente :
x -o = o
x - S { y ) = {x-y) + x.
C ontinuando in questo modo possibile costruire definizioni di tutte le consuete
funzioni della teoria dei num eri ; x^, il num ero dei divisori positivi di *, il mas
simo com un divisore di x e y , ecc. Queste definizioni sono altrettanti esempi di
ci che vien chiam ata definizione per ricorsione prim itiva. N el caso di funzioni
a una variabile (il caso di pi variabili del tutto simile) ci pu essere genera
lizzato com e segue : sia a un dato num ero intero e sia g una data funzione : si dice
43
Ricorsivit
allora che una funzione / definita per ricorsione prim itiva in term ini di a e ^
8C / definita in questo modo ;
f{ o ) = a
R S {x))^ g {x J {x))
(oppure = g {f{x)), se g una funzione a un argomento).
L e funzioni fin qui definite sono tutte dette funzioni ricorsive primitive,
liii generalmente sono dette ricorsive prim itive alcune funzioni iniziali ed
linche tutte le funzioni che possono essere ottenute da funzioni ricorsive prim iti
ve per m ezzo di ricorsioni prim itive e com posizioni. L a classe delle funzioni ri
corsive prim itive quindi definita come la pi piccola classe contenente le fun
zioni iniziali e chiusa per com posizione e ricorsione primitiva.
V a notato che la nozione di funzione ricorsiva prim itiva risale ad almeno die
ci anni prima del periodo che stato preso in esame. G i allinizio degli anni 20
npparvero analisi di questa nozione dovute a H ilbert, Skolem e altri. A l fine di
mettere in evidenza i collegamenti tra la nozione di funzione ricorsiva prim itiva
c i teoremi di G Sdel, si enunceranno ora due teoremi, di cui verranno omesse le
ilimostrazioni:
TEOREMA A . Se tutte le funzioni ricorsive primitive a un argomento sono defi
nibili in un sistema corretto F S , allora questo sistema contiene proposizioni inde
cidibili.
TEOREMA B. S e tutte le funzioni ricorsive primitive a un argomento sono com
putabili in un sistema formale (-consistente F S , allora questo sistema contiene pro[msizioni indecidibili.
Ricorsivit
44
Q uesti teoremi rendono manifesto il fatto che sufficiente che una teoria sia
un estensione del sistema Q, oppure anche sem plicem ente che il sistema Q sia
in essa interpretabile, perch questa teoria contenga proposizioni indecidibili. Il
punto cruciale che tutte le funzioni ricorsive prim itive sono gi com putabili nel
sistem a Q , e quindi lo sono in tutte le estensioni consistenti di questo sistema.
9.
45
Ricorsivit
(]imclruple ricorsive, quintuple ricorsive, e cosi via. Si noti che queste classi sono
Mtatu definite in modo tale che ognuna di esse inclusa nella successiva: cio,
o^ni funzione ricorsiva prim itiva anche una funzione doppia ricorsiva, ogni
lunzione doppia ricorsiva anche una funzione tripla ricorsiva, ecc.
sorprendente il fatto che tutte le funzioni effettivam ente com putabili che
Hono realmente usate nella m atem atica ordinaria sembrano essere ricorsive
primitive. Bench spesso sia conveniente definire una funzione per m ezzo della
ricorsione doppia, quasi sempre possibile sostituire una definizione siffatta, a
i:osto di un piccolo aumento di complessit, con una definizione che faccia uso
solamente di com posizione e ricorsione prim itiva. Cosi, il fatto che nella m ate
matica ordinaria compaiano talvolta definizioni doppie ricorsive non deve far
pensare che sia molto probabile imbattersi in una funzione doppia ricorsiva che
non sia prim itiva; in realt, la m aggior parte delle ricorsioni doppie pu essere
Mostituita da ricorsioni prim itive. In generale, si pu dire che in matematica si
trovano molto frequentem ente dim ostrazioni facenti uso della ricorsione doppia,
molto meno frequentem ente definizioni per m ezzo di ricorsione doppia, e quasi
mai funzioni doppie ricorsive genuine, e cio non prim itive. Per questo m oti
vo fu del tutto naturale, quando questi concetti furono introdotti, chiedersi se
realmente esistessero funzioni doppie ricorsive non prim itive. Forse tutte le fun
zioni ricorsive doppie, triple, e via dicendo sono gi ricorsive prim itive, nel quale
caso tutta la gerarchia susseguente sarebbe inutile. Forse addirittura tutte le fun
zioni effettivamente com putabili sono ricorsive prim itive...?
T uttavia, le cose non stanno cosi. possibile costruire esem pi di funzioni
doppie ricorsive non prim itive; di funzioni ricorsive triple non doppie; e cosi
via. Quindi, le funzioni ricorsive prim itive non esauriscono assolutamente l uni
verso delle funzioni che intuitivam ente si chiam erebbero funzioni ricorsive,
ovvero delle funzioni che possono essere introdotte da schemi, com e quelli visti
in precedenza, che si descriverebbero naturalmente come schem i di ricorsione.
Sia f{ x ,y ) una qualsiasi funzione di due argomenti, e si considerino le fun
zioni a un argomento che possono essere ottenute sostituendo alla x un numero
costante. Si chiamino queste funzioni/q(a;),/i(x),/2(*), ecc. In altri term ini, per
ogni X
fo(x) = / (o ,x )
/ iW =/(!>*)
/a(x) = / (2 ,x ).
Si dice che le funzioni/g, /j, f^, ... sono enumerate dalla funzione/(x,^/).
possibile dimostrare che le funzioni ricorsive prim itive a un argom ento non pos
sono essere enumerate da alcuna funzione ricorsiva prim itiva a due argomenti.
I /a prova di ci cosi breve che la si riporter completamente :
D im ostrazione: Si supponga che esista una funzione ricorsiva primitiva
f{x ,y ) tale che le funzioni enumerate dalla funzione/ (cio le funzioni fg, / j,
...
definite poco sopra) siano tutte le funzioni ricorsive prim itive. U n a funzione D
la definita nel modo seguente: D { x ) = f{ x ,x ) -\ - i. D al momento che D stata
definita per m ezzo della com posizione in term ini della funzione di successione
Ricorsivit
46
IO.
Il
problem a di definire in term ini precisi le nozioni di ricorsione e di funzio
ne ricorsiva (vale a dire di funzione che pu essere definita per ricorsione) fu in
fine risolto in due m odi diversi. U n a soluzione dovuta a C hurch, e im plica la
47
Ricorsivit
nozione di X-definibilit nonch i sistemi particolari dello stesso C hu rch che egli
chiamava calcoli di X-conversione. L altra soluzione fu scoperta da G del, sulla
base di un suggerim ento di H erbrand, e fu in seguito sem plificata da K leene.
c]uesta la soluzione che verr descritta qui.
Osservando gli esempi fin qui dati, facile notare la caratteristica che colpi
H erbrand: e precisamente, che tutte le definizioni sono definizioni per m ezzo di
un sistema di equazioni. Questo condusse H erbrand a proporre la propria defi
nizione di funzione ricorsiva : una funzione ricorsiva, egli sugger, una funzio
ne che pu essere im plicitam ente definita per m ezzo di un sistem a di equazioni,
(juesta definizione pu sembrare in qualche m odo troppo vasta; in effetti, se non
si apportano delle restrizioni, si rivela di gran lunga troppo vasta. M yhill ha
mostrato che non solo tutte le funzioni ricorsive generali sono definibili im plici
tamente per m ezzo di sistemi di equazioni, ma anche tutte le funzioni che posso
no essere definite facendo uso dei quantificatori e delle funzioni di verit nei terTiiini delle nozioni prim itive della teoria Q (e tra queste si trovano m olte funzioni
non ricorsive) possono ugualm ente essere definite im plicitam ente per m ezzo di
sistemi di equazioni; e cosi pure m olte funzioni addirittura non definibili in ter
mini delle nozioni prim itive della teoria Q. Herbrand e G del di com une accor
do suggerirono che si dovesse aggiungere la seguente caratteristica a quella di
essere definibili per m ezzo di un sistema di equazioni : che debba essere possi
bile derivare il valore della fun zione/, per qualsiasi argomento x, dal sistema di
equazioni.
possibile osservare come il prim o suggerim ento fosse dispirazione sem an
tica, laddove la soluzione finale di Herbrand e G del sintattica. S iniziato col
tlire che le funzioni ricorsive sono quelle im plicitam ente definibili (in senso se
mantico) in sistemi form ali d una specie ben precisa, consistente soltanto di si
stemi d equazioni. D altro canto, le funziohi ricorsive generali secondo la defi
nizione di H erbrand e G odei sono quelle funzioni che possono essere computate
ili sistemi formali duna specie molto semplice : quelli che consistono d un siste
ma d equazioni e regole adatte per trarre delle derivazioni da questi sistemi.
Si consideri ora il problem a di rendere precisa la nozione di ricorsione gene
rale. L a prima cosa da fare dare un significato preciso alla nozione di sistema
di equazioni. C i presto fatto. Si definisce un equazione com e u n espressione
della form a ij = t2, dove ij e
sono termini, e si definisce la nozione di termine
come segue:
1) Il sim bolo o da solo un termine.
2) U na variabile numerica, x, Xj, x^, ... da sola un termine.
3) Se a^, ...,
sono term ini e / il sim bolo di una funzione ad 'w argomenti,
allora /( j, ...,
un termine.
4) N ulla un term ine se il suo essere tale non deriva dalle clausole prece
denti.
In relazione al formalismo delle funzioni ricorsive generali, si stabilisce di
chiamare i num eri interi non negativi in questo m odo: il nome dello zero sar o,
il nome del num ero uno S'(o), il nome del num ero due *S'(*S'(o)), e cosi via.
Ricorsivit
48
L e funzioni che possono essere definite mediante usi ripetuti della defini
zione im plicita a partire dalla funzione di successione saranno chiamate funzio
ni definibili im plicitam ente . stato dimostrato che la classe di queste fun
zioni coestensiva con u n altra classe, molto im portante e naturale, di funzioni:
le cosiddette funzioni iperaritm etiche .
A llo scopo di rendere precisa la nozione di definizione per ricorsione gene
rale di H erbrand e G od ei necessario stabilire le regole di derivazione ammes
se per ottenere ulteriori equazioni da quelle date. G odei decise di ammettere
queste regole :
REGOLA I . Per qualsiasi coppia di num eri interi n, m, e qualsiasi simbolo di
funzione h^, h^ ,r a p p r e s e n t a n t e una funzione data, lespressione hi{n) pu es
sere sostituita in qualunque m omento daHespressione m, a condizione che tn =
= hi{n ) sia vero.
REGOLA 2. D a u n equazione a = b si pu derivare lequazione ...a... = ...b...
dove ...a... identico a ...b... salvo per il fatto di contenere a in zero o pi posti
in cui ...b... contiene b (uguali per uguali).
REGOLA 3. D a u n equazione a = si pu derivare = a.
REGOLA 4. D a due equazioni a = e = c s i pu derivare a = c.
REGOLA 5. D a u n equazione a = b s pu derivare unaltra equazione a' = b'
dove a' = b' come a = b salvo per il fatto che una variabile libera x stata so
stituita da un qualche numero n.
Infine,
una definizione per ricorsione generale se una definizione im
plicita e i valori di / sono com putabili per m ezzo delle regole sopradescritte a
partire da S . Se il num ero di funzioni date o, allora la funzione / d e fin ita dal
sistema S detta funzione ricorsiva generale.
Si potrebbero anche caratterizzare le funzioni ricorsive generali come quelle
funzioni che possono essere definite a partire dalla funzione di successione m e
49
Ricorsivit
diante ripetuti usi di ricorsione generale e com posizione; tuttavia, come si vedr
in un attimo, la stessa funzione di successione definibile a partire da zero fun
zioni m ediante ricorsione generale (il che equivale a dire che la funzione di suc
cessione ricorsiva generale) ; e inoltre l uso della com posizione pu essere ri
condotto alluso della ricorsione generale. Per verificare quanto s appena detto,
si osservi che la funzione di successione definita per ricorsione generale dalla
singola equazione "(x) = S (x ). Infatti, da questa equazione possibile derivare
successivam ente S {o) = S {o ), S {S {o )) = S {S {o )), ... e questi sono tutti i valori
della funzione di successione. Analogam ente, la funzione d identit definibile
per ricorsione generale, per m ezzo d ellequazione /(x) = x, e la funzione di co
stante C {x) = S S S ...S { o ) , con n occorrenze di S , definita per ricorsione ge
nerale dallequazione appena prodotta. Se ne deduce che l im piego di funzioni
iniziali in rapporto alla ricorsione generale non necessario.
Sim ilm ente, neppure l uso della com posizione necessario in rapporto alla
ricorsione generale, dal momento che, se le funzioni f t g sono definite mediante
ricorsione generale, sufficiente aggiungere aHinsieme di equazioni che defini
sce le funzioni f e g lequazione h = / (g (x)) al fine di ottenere una definizione ri
corsiva generale della funzione h.
Infine, non necessario ammettere usi ripetuti della ricorsione generale, in
quanto il risultato dellunione di un qualsiasi numero finito d insiem i di equa
zioni ancora un insieme di equazioni. Cosi, qualsiasi funzione che pu essere
definita a partire dalle nostre consuete funzioni iniziali, mediante reiterati usi di
ricorsione generale e com posizione, pu essere definita a partire da zero funzio
ni iniziali mediante un unico uso della ricorsione generale.
Se una funzione / pu essere definita per ricorsione generale a partire da un
certo numero di funzioni date, h^, ...,
allora la fu n z io n e / detta generale ri
corsiva in Aj, ..., h^. L a nozione di funzione generale ricorsiva in altre funzioni
ha svolto un ruolo importante in successivi sviluppi. Ci m algrado, ci si limiter
alle funzioni generali ricorsive; ovvero, alle funzioni generali ricorsive in un in
sieme di zero funzioni.
L a seguente citazione di K leene sembra essere una chiusura appropriata per
questa esposizione; G li esempi di schemi di definizione di una funzione che
abbiamo fin qui convenuto di chiamare "ricorsioni possiedono due caratteri
stiche; i) Sono espressi per m ezzo di equazioni nel modo che abbiam o preceden
temente analizzato... 2) Sono definizioni per induzione matematica, n elluna o
nell altra forma, salvo nel caso banale in cui sono definizioni esplicite.
L a caratterizzazione di tutte le "funzioni ricorsive fu raggiunta con la de
finizione di "funzioni generali ricorsive nel 1934 da parte di G odei, che elabor
un suggerim ento di Herbrand. Questa definizione viene ottenuta con una sem
plice generalizzazione, che consiste nellassumere la caratteristica i) come defi
nizione stessa.
D iciam o allora che una funzione O generale ricorsiva se esiste un sistema
e di equazioni che la definisce ricorsivamente.
Questa scelta potr forse apparire strana dal momento che la parola "ricor
sione trae la propria origine dal verbo "ricorrere , e linduzione matematica
Ricorsivit
50
lo strum ento che ci perm ette di maneggiare processi ricorrenti. Il significato del
la scelta non che la caratteristica 2) mancher ad una qualche ricorsione parti
colare, ma che questa caratteristica viene trasferita dalla definizione allapplicazione della definizione medesima. Per dimostrare con m ezzi finitistici che un
dato schema ha la caratteristica i) si avr presum ibilm ente da fare in qualche
m odo uso dellinduzione matematica. M a nel definire la totalit delle funzioni
generali ricorsive, tralasciamo ogni tentativo di caratterizzare a priori sotto quale
form a dovr manifestarsi il principio intuitivo dellinduzione. (D ai teoremi di
G odei... sappiam o che il tentativo di raggiungere una caratterizzazione di questo
tipo per m ezzo del sistema formale della teoria dei num eri incom pleto) [1952,
PP- 273-74]-
II .
I calcoli di \-conversione.
51
Ricorsivit
loperazione di iterazione nelle basi prim itive di un sistema form ale ; e, in parti
colare, per form alizzare la definizione di num ero intero sopra tratteggiata. C h ia
m il sistema risultante X-calcolo, e le funzioni in esso definibili X-definibili.
12.
Ricorsivit
52
Intuitivam ente, si fortem ente portati ad aspettarsi che ogni insieme gene
rato sia decidibile; ma questo un caso in cui l intuizione sbaglia. Cosi, linsie
me dei teoremi di un qualsiasi sistema form ale un insieme generato, ma non
assolutamente vero che linsieme dei teoremi di un qualsiasi sistem a formale sia
decidibile, dal momento che si conoscono dei sistemi formali il cui problem a di
decisione non risolubile. Per esempio, se T un dispositivo di calcolo che ha
leseguenti propriet: i) stampa solo teoremi i Q\ 2) per ogni teorema 6' di ^
esiste un intervallo finito di tempo a partire dallinizio del com puto, tale che T
stampa S dopo questintervallo - allora si sa che il problem a se una qualunque
formula ben form ata di Q sar o non sar eventualmente stampata da T non
risolubile con m ezzi effettivi.
Sarebbe scorretto tentare di precisare la nozione di insieme generato identi
ficandola con quella di insieme ricorsivo ; tuttavia, si pu rendere precisa la no
zione di insieme generato identificandola con quella di insiem e ricorsivamente
enumerabile, dove per insieme ricorsivamente enumerabile sintende un insie
me a) vuoto, o b) identico allinsieme dei valori prodotti da una qualche funzione
generale ricorsiva.
L a tesi seguente ancora unaltra conseguenza della tesi di C hurch :
Un insieme di interi positivi generato se e solo se ricorsivamente enumerabile.
Quando si dice che questa tesi una conseguenza della tesi di Church, non
sintende dire che si possa fornire una dimostrazione formale : non bisogna spe
rare di ottenerla, dal m omento che ci si trova di fronte a tesi inform ali che si ri
feriscono alle nozioni intuitive di insieme generato e di funzione efi^ettivamente com putabile. Ci nondimeno, si pu dare u n argom entazione inform ale che
sembra piuttosto convincente.
In primo luogo, si supponga che un insieme di interi possa essere generato
(per convenzione, linsieme vuoto sia considerato generato). Se l insieme non
vuoto, si associ allo schema di calcolo che genera linsieme una funzione / nel
modo seguente : Fw-esimo numero ottenuto mediante lim piego dello schema di
calcolo il valore -esimo della funzione /. In altre parole, se -esimo numero
generato dallo schem a di calcolo m, allora si ponga m = f{ n ). Se lo schema di
calcolo ha la caratteristica di generare un num ero infinito di interi, allora chia
ro che la funzione / appena definita avr un valore per ogni intero n. N on solo,
ma sar una funzione effettivamente calcolabile, dal momento che per ogni in
tero n possibile trovare l intero m tale che m = f( n ) sem plicem ente applicando
lo schema di calcolo finch non sono stati generati esattamente n interi. L ultimo
intero sar allora/().
Questo argom ento dimostra soltanto che gli insiemi generati infiniti sono ri
corsivamente enum erabili ; ma banale far vedere che gli insiem i generati finiti
sono ricorsivamente enumerabili, dai momento che per ogni insiem e finito S si
pu facilm ente trovare una funzione ricorsiva che assuma tutti e soli i valori
compresi nellinsieme S.
Questo com pleta la nostra argomentazione in un senso. M a andare nellaltro
senso - vale a dire, mostrare che qualsiasi insieme ricorsivam ente enumerabile
53
Ricorsivit
13.
Problemi irresolubili.
A n che prim a della teoria della ricorsivit e della tesi di C hurch, occasional
m ente capitava ai m atem atici di asserire che questo o questaltro problem a pote
va essere risolto con m ezzi effettivi. Questo era possibile perch nei casi in que
stione realmente si aveva una prova dellenunciato pi forte che affermava che il
particolare problem a q era risolubile con il metodo m, dove m stava per un qual
che metodo definitamente specificato. Se il m etodo m era chiaram ente effettivo,
allora si aveva generale consenso nellaffermare che il problem a q era risolubile
con un m etodo effettivo, anche se non era disponibile una definizione precisa
del concetto generale di m etodo effettivo . Questo solo un caso particolare del
fatto generale per cui si pu essere in grado di riconoscere alcuni oggetti come
chiari casi d una nozione, pur senza avere alcuna rigorosa definizione della
nozione stessa.
L enunciato che un particolare problem a q risolubile con un metodo effet
tivo un enunciato esistenziale. Vale a dire, afferma solam ente che esiste un m e
todo effettivo m che risolve il problem a q. G li enunciati esistenziali puri hanno
sempre la caratteristica di poter essere dim ostrati da un solo esempio. In questo
Ricorsivit
54
caso, l esempio richiesto sem plicem ente un esempio di m etodo in che risolva
il problem a q.
L enunciato che un particolare problem a non risolubile con alcun metodo
effettivo, invece, un enunciato universale - vale a dire, ci che afferma che
tutti i m etodi effettivi sono m etodi che non risolvono il problem a q. U n enuncia
to di questo tipo un enunciato su tutti i m em bri di una classe infinita: questo
perch la classe di tutti i m etodi effettivi una classe infinita. E cosi, non c al
cuna speranza di dimostrare questo enunciato in mancanza di una definizione
precisa di metodo effettivo. Per questo m otivo, prima della tesi di C hurch, la
letteratura matem atica conteneva enunciati affermanti che una o u n altra cosa
poteva essere fatta con un metodo effettivo, ma non conteneva enunciati affer
manti che qualche cosa non poteva essere fatta con un metodo effettivo. In ef
fetti, prima della tesi di C hurch, i matematici ritenevano che un enunciato di
questo tipo potesse essere soltanto una speculazione inform ale; che non fosse
passibile di una rigorosa form ulazione, e meno che mai di una rigorosa dim o
strazione. C on la pubbHcazione della tesi di C hurch, la situazione divenne m ol
to diversa. Si poteva guardare ad alcuni tradizionali problem i m atem atici che ri
chiedevano che si trovasse un metodo effettivo per fare una certa cosa, e consi
derare la possibilit di ottenere una soluzione negativa : e cio dimostrare, alme
no in alcuni casi, che non esisteva alcun m etodo effettivo.
D ue di questi problem i per cui si trov una soluzione negativa sono il pro
blema della parola per i gruppi, e il decimo problem a di H ilbert. Il problem a
della parola per i gruppi non verr qui descritto ; basti dire che dopo molti anni
di ricerche e dopo m olti risultati preliminari, che suggerivano ma non stahilivano definitivam ente la sua irresolubilit, questa fu finalm ente provata da N ovikov nel 1955. D u e o tre anni dopo una dimostrazione com pletam ente diversa,
e sostanzialmente pi semplice, venne scoperta da Boone.
Il
decimo problem a di H ilbert consiste nel fornire un m etodo effettivo per
stabilire se una qualsiasi equazione diofantea possieda o meno una soluzione (se
cio possieda o meno una soluzione fra tutti i numeri). U na equazione diofantea
semplicem ente u n equazione della forma p = q, dove p & q sono polinom i con
coefficienti interi. Per esempio, x^+y^ = z^ u n equazione diofantea, ed riso
lubile nellinsieme degli interi positivi, dal momento che x = 2> y = 4>
14.
I
problem i cui si fatta allusione nel paragrafo precedente non erano parti
colarmente connessi con un qualche sistema formale. Esistono tuttavia m olti
problem i di decisione relativi a sistemi formali. Prim o tra tutti, il problem a (che
fu risolto negativam ente da C hurch) se tutti i sistemi form ali hanno un problem a
di decisione risolubile, vale a dire, se l insimee dei teorem i di un qualsiasi siste
55
Ricorsivit
Ricorsivit
15.
56
L a nozione di problema.
57
Ricorsivit
vmente com putabili), si vede che questo rende in realt la nozione intuitiva di
irresolubilit del problem a di decisione di un sistema form ale : la non-esistenza
di un metodo effettivo per dire se una arbitraria form ula ben form ata A sia o
meno un teorema del sistema.
i6 .
I teoremi di Church.
Il
prim o problem a m atematico definito di cui si prov la irresolubilit con
mezzi effettivi fu un problem a nel calcolo di X-conversione che nel 1936 C hurch
dimostr essere kresolubile. C hurch descrive questo problem a nei seguenti ter
mini : Possiam o ora fornire in vari m odi esempi di funzioni non effettivam ente
com putabili. In particolare dimostrato che... se l insiem e delle form ule ben
formate del calcolo di X-conversione sono enumerate in un qualche modo (im
piegando una qualsiasi delle m olte enum erazioni che si suggeriscono spontanea
mente), e s e / la funzione tale c h e / 2 o i a seconda che la -esima form ula di
questa enumerazione abbia o meno form a normale, allora / non X-definibile
[1941, p. 42].
Si pu dimostrare che l insieme di tutti i num eri interi n, tali che il nu
mero di G odei di una form ula del calcolo di X-conversione avente form a norm a
le, definibile nel sistema Q. Si chiami aritmetico un insieme di interi definibile
nel sistema Q. (D al mom ento che la nozione di definibilit si riferisce solo ai
concetti prim itivi di un sistema, e non ai particolari assiomi scelti, si pu indif
ferentemente dire, anzich definibile nel sistema Q, definibile in term ini di -t-,
, o, I , = , quantificatori su numeri non negativi, e funzioni di verit). Usando
questo nuovo termine, possibile ora riform ulare questo teorema di C h u rch co
me segue:
PRIM O TEOREMA D iN D E C iD iB iL iT DI CHURCH.
Ricorsivit
58
17.
Indecidibilit ed incompletezza.
59
Ricorsivit
C i sono casi, tuttavia, in cui le due nozioni di com pletezza coincidono. Per
esempio, adottando la convenzione che siano considerate ben form ate nella teo
ria Q soltanto form ule che non contengano variabili libere, allora le due nozioni
di com pletezza vengono a coincidere. In altri term ini, la com pletezza di Q in
senso semantico im plicherebbe la com pletezza anche in senso sintattico. D al
momento, tuttavia, che G del dimostr che esistono proposizioni indecidibili
in Q, e anche proposizioni indecidibili prive di variabili libere, ne segue che Q
non com pleto n in senso semantico n in senso sintattico, e lo stesso vale per
tutte le estensioni consistenti di Q.
L a caratteristica che rende il calcolo proposizionale e la teoria della quantifi
cazione diverse dalla teoria Q che tutte le form ule ben formate di queste due
teorie contengono in un certo senso variabili libere. Si possono ad esempio con
siderare le variabili proposizionali p, q, r, s, t, p', q', r\ s', t[ ... del calcolo pro
posizionale come variabili proposizionali libere. Analogam ente si possono con
siderare le lettere predicative F, G , H , ... della teoria della quantificazione come
variabili predicative libere. Se si adotta questo punto di vista, allora si deve am
mettere che ogni form ula del calcolo proposizionale e della teoria della quanti
ficazione contiene qualche variabile libera; questo dal m omento che ogni for
mula della teoria della quantificazione contiene almeno delle variabili predica
tive libere, anche se non contiene variabili individuali libere.
Questa la ragione per cui la nozione di verit non pu essere applicata
alle form ule della teoria della quantificazione. Si deve invece parlare di verit
universale (verit per tutti i valori delle variabili predicative libere), e la veri
t universale, contrariam ente alla verit, non soddisfa la legge del terzo escluso.
Com e dimostrano gli esempi del calcolo proposizionale e della teoria della
quantificazione, la com pletezza in senso semantico non im plica la risolubilit o
meno del problem a di decisione, dato che il calcolo proposizionale ha un proble
ma di decisione risolubile, m entre quello della teoria della quantificazione ir
resolubile. Esiste forse una qualche connessione tra com pletezz in senso sintat
tico e irresolubilit del problem a di decisione.?
L esistenza di proposizioni indecidibili non im plica certam ente l irresolubilit del problem a di decisione, dato che, come si appena visto, il calcolo propo
sizionale contiene proposizioni indecidibili e ha un problem a di decisione riso
lubile. Esiste, tuttavia, u n im plicazione nella direzione opposta: O gni sistema
formale il cui problem a di decisione irresolubile contiene proposizioni inde
cidibili.
Il
m otivo di ci che linsieme dei teoremi di un sistema form ale sempre
un insieme generato. Q uindi, se, per ogni proposizione ^ , o ^ o la negazione di
// un teorema, allora non solo l insieme dei teoremi del sistema form ale ricor
sivamente enumerabile, ma lo anche il suo complemento.
U na verifica informale di quanto si detto la seguente : assumendo la tesi
ili C hurch, si pu osservare che, se un sistema form ale com pleto in senso sin
tattico (non contiene proposizioni indecidibili), allora possibile generare con
una procedura m olto sem plice i non-teorem i del sistema, elencando tutti i teo
remi del sistema, e copiando su un elenco separato solo quelli che cominciano
Ricorsivit
60
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La teria (cfr. teoria/modello) della ricorsivit non altro che la teoria della com
putabilit effettiva (cfr. algoritm o, calcolo). Si tratta dunque di una teoria matematica
(cfr. m atem atiche) che, indipendentem ente dalla propria importanza intrinseca, ha un
posto privilegiato, legata a problem i che si collocano a fondam ento delle matematiche (cfr.
assioma/postulato, dipendenza/indipendenza, insiem e). V i in realt un legame fra
l esistenza di problem i irresolubili con l uso di mezzi effettivi e lesistenza di proposizioni
indecidibili (cfr. logica) in tutti i formalismi (cfr. form alizzazione) dotati di una certa
interpretazione (cfr. referenza/verit, sem antica), cosi com e in tutti i formalismi
dotati di una certa struttura (cfr. struttura, strutture m atem atiche, coerenza, dedu
zione/prova, equivalenza, funzioni, induzione/deduzione, razionale/algebrico/
trascendente).