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ENCICLOPEDIA EINAUDI [1982]

ENCICLOPEDIA

LOGICA
M a r c o M o n d a d o r i - LOGICA

H i l a r y Putnam - DEDUZIONE/PROVA

EQUIVALENZA
FORMALIZZAZIONE
LOGICA
POSSIBILIT/NECESSIT
REFERENZA/VERIT
RICORSIVIT

p a g.4

p a g.14
p a g.23
p a g.33
p a g.42
p a g.73
p a g.83
p a g.92

Logica

156

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Logica
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' ^ambiguife'^'s^
tiTi~ tcnra secu^ionv
fonetica
graminai c j
analogia e metator

Logica
concetto

esistenza

ari{omntazione

interpretazione

linguaggio
tnca

liti \'to * meri to

scinamua
'i.uluHoiic

..'(nTit/Jitfen'iiwi

univcrsali/partcolai-i

li.'/rlltr.|itil9!0m>

^iu1it|iiudtiiiiA
dicibile/indicibile

uno/nioUt

dfcisone
distribuzione statist
giochi
induzione sutii^cica
pruhHliiliui
rappresentazione sts
tcoria/prntica

ui'iiiijliaiizd
v:ilor

f gvoin-tri.i r
in v a r ia n te

d iffe r e n z ia le
fu n z io n i

antico/moderno
calendario
decadenza

catastrofi
ciclo
evento
periodizzazone
tem po/teznporalit

/iria7oiiaIu

mhnito
icrocosmo/microcosjno
mondo
udluxa
osservazione
reale
unit

^ c i i r v e e s u p o if ic i

com u nicazione
errore
informazione

enunciazione

')])osizione e allusione
referente

vero/falso
volont
a lc h im ia

astrologia
cabala
elementi
esoterico/essoterico

atlante
collezione
documento/monumento
fossile
m em oria
rovina/restauro

in fin ite s im a le

locale/f'lob alc

et mitiche
genesi
passato/presente
progresso/reazione
storia

armi
frontiera
guerra
imperi
n a z io n e

s is tc iii di r ife r im e n to
s ta b ilit / in s ta b ilit

tattica/strategia
alie n a z io n e

variazione

c o s c ie n z a / a u to c o s c ie n z a
im m a g in a z io n e s o c ia le
D ace
s e r v o / s ig n o re

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discriminazione
repressione
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tollcr.in/u/intolleranza
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intelligenza irriPK ale

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controllo/retroazione
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equilibrio/squilibrio
intcazionc
ordine/disordine
organizzazione
sempiice/compli-sso
sisloina
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prensione e potoibil.c
riduzione
ripetizione

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mente

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astronomia
cosmologie
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autorcgolazione/equilibrazione
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induzione/deduzione
innato/acquisiU)
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operazioni
percezione
quoziente intellettuale
cellula
differenziamento
immunit
individualit biologica
integrazione
invecchiamento
organism o
regolazione
sviluppo e morfogencsi

adattamento
evoluzione
mutazione/selezione
polimorfismo
specie

catalisi
macromolecole
metabolismo
omeostasi
orga nico/inorga nico
osmosi
vita

eredit
gene
genotipo/fenotipo
razza
sangue

Logica

anthropos

^/riproducibilt
lit

discorso '
finzione
generi
irrazione/narrativit
stile
tema/motivo

artigianato
artista
attribuzione
oggetto
produzione artistica

(onole/atonale

credenze
dialetto
enigma
fiaba
mostro
popolare
proverbi

colore
disegno/progetto

corpo

danza
maschera
moda
ornamento
scena

tradizioni

ateo
chierico/laico
chiesa
diavolo

eresia
libertino
libro
peccato
acro/proiiano

santit

amore
desiderio
eros
isteria
pulsione
som a/psiche
sonno/sogno

di
divino
eroi
iniziazione
magia
messia
millennio
persona
puro/impuro

politica

demoni
divinazione
mito/rito
mythos/logos

contadini
ideologia
masse
proletariato
rivoluzione

coltivazione

infanzia
morte

cultura m ateriale

origini

clinica
cura/no rmalizzazione
esclusione/integrazione
farmaco/droga
follia/delirio
medicina/medicalizzazione

industria rurale
materiali
prodotti

fuoco
hom o

mano/manufatto
tecnica
utensile

norm ale/anorm ale

salute/malattia
sintomo/diagnosi

agonismo
cerimoniale
festa
feticcio
gioco
lutto
regalit
rito

borghesi/borghesia
burocrazia
classi

consenso/dissenso
egemonia/dittatura
intellettuali
libert
maggioranza/minorai
partiti

angoscia/colpa
castrazione e complesso
censura
identificazione e transfert
inconscio

sogno/visione
stregoneria

educazione
generazioni

vita/morte

nevrosi/psicosi
piacere

religione

acculturazione
civilt

futuro
selvaggio/barbaro/civilizzato

escrementi
fertilit
nascita
sensi
sessualit
vecchiaia

visione

abbigliamento
canto

testo

armonia
melodia
ritmica/metrica
scala
suono/rumore

cultura/culture
etnocentrismi
natura/cultura

economia
formazione economico-sociale
lavoro
m odo di produzione

propriet
riproduzione
transizione

accumulazione
amministrazione
capitale
comunit
crisi
conflitto
costituzione
distribuzione
(onsuetudine
lite
democrazia/dittatura
fabbrica
diritto
gergo
norma
gestione
gixutizia
gruppo
patto
imperialismo
istituzioni
marginalit
potere
impresa
iciponsabilit
opinione
potere/autorit
mercato
povert
pubblico/privato
merce
propaganda
societ civile
moneta
ruolo/status
abitazione
stato
pianificazione
socializzazione
acqua
profitto
societ
ambiente
rendita
spazio sociale
citt
salario
clima
utilit
ecumene
valore/plusvalore
agricoltura
insediamento
migrazione
citt/campagna
colonie
paesaggio
popolazione
commercio
regione
industria
risorse
spazio economico
suolo
sviluppo/sottosviluppo
terra
territorio
villaggio

casta
donna
endogamia/esogamia
famiglia
incesto
maschile/fer
matrimonio

alimentazione
animale
cucina
dom esticam ente

parentela

fame
vegetale

caccia/raccolta
dono
ecceden te
pastorizia
primitivo
reciprocit/ridistribuzione

totem
uomo/donna

abbondanza/scarsit
bisogno
consumo
imposta
lusso
oro e argento
pesi e misure
produzione/distribuzione

ricchezza
scambio
spreco

Logica
Deduzione/prova, Equivalenza, F orm alizzazione,
L ogica, Possibilit/necessit, Referenza/verit, R icorsivit

I.

I l problema di Locke-Berkeley.

S im m agini Euclide alle prese con la dim ostrazione della proposizione che
afferma : in ogni triangolo i tre angoli interni sono uguali a due angoli retti ( la
proposizione 32 del prim o libro degli Elementi). T u tto quello che egli ha a dispo
sizione sono certi postulati , essenzialmente proposizioni che affermano la pos
sibilit di certe costruzioni geom etriche (ad esem pio; il primo afferma la possi
bilit di tracciare una linea retta da ogni punto a ogni punto ) e di certe nozioni
com uni , essenzialmente proposizioni ovviam ente vere di carattere non specifi
camente geom etrico (ad esempio : la prim a afferma che cose uguali ad una stes
sa cosa sono fra loro uguali). Sia linsieme dei postulati e delle nozioni com u
ni e cr la proposizione 32. Il problem a di Euclide era dunque: g implicata d a &
ovvero, cr una conseguenza di S Intuitivam ente, questo significa chiedersi se a
vera in ogni stato di cose in cui vera ogni proposizione in 6. N aturalm ente,
il modo pi naturale per stabilirlo di costruire una dim ostrazione. L a m iglior
descrizione di Euclide al lavoro quella data da K an t nella Critica della ragion
pura {Kritik der reinen Vernunft, 1787): Egli com incer senzaltro a costruire
un triangolo. In quanto egli sa che due angoli retti presi assieme equivalgono alla
somm a di tutti gli angoli contigui, che possono venire costituiti, partendo da un
punto, sul semipiano limitato da una retta che contiene quel punto, egli prolunga
allora un lato del suo triangolo, ed ottiene due angoli contigui, la cui som m a
uguale a due angoli retti. D i questi due angoli, egli divide poi quello esterno,
conducendo una linea parallela al lato opposto del triangolo, e vede sorgere cosi
un angolo contiguo esterno, che uguale ad un angolo interno, ecc. In tal modo,
mediante una catena di inferenze egli giunge, sem pre guidato dallintuizione, ad
una risoluzione del problem a pienam ente evidente, e al tempo stesso universale .
L e costruzioni eseguite da E uclide sono rappresentate nella figura seguente :

Il problem a che subito sorge come possa valere per ogni triangolo una con
clusione che E uclide stabilisce per il particolare triangolo A B C . Sia T r ( A B C ) la
proposizione che i punti A B C determinano un triangolo e F { A B C ) che la som
ma degli angoli interni di A B C vale un angolo piatto. L a catena di inferenze
sviluppata da Euclide sembra al pi stabilire che la proposizione Se T ( A B C ),
allora P ( ^ C ) segue da . M a che cosa giustifica l inferenza da Se T i ( A B C ) ,

Sistematica locale

354

allora P (A B C ) a Per ogni tripla di punti X , Y , Z , se T t { X Y Z ) , allora


'P (X Y Z ) , che stabihsce la conclusione voluta?
questo il cosiddetto problem a di Locke-B erkeley, alla cui soluzione volta
una delle dottrine centrali della Critica, e cio quella del carattere sintetico a prio
ri delle verit matematiche. Senza im pegnarsi nel dettaglio dellesegesi kantiana,
non c dubbio che tale dottrina intendesse negare la riducibilit di tale tipo din
ferenza alla logicai. N aturalm ente, la portata esatta di questa dottrina dipende
essenzialmente dalla nozione kantiana di logica. Ora, per K a n t la logica da A ri
stotele sino al suo tempo non aveva potuto fare nessun passo avanti e quindi, se
condo ogni apparenza, sem brava essere chiusa e com piuta. E aggiungeva che il
confine della logica segnato con perfetta precisione dal fatto che essa una
scienza, la quale espone in modo circostanziato e dimostra rigorosam ente null altro che le regole form ali del pensiero. In tal caso, per K a n t l inferenza in que
stione non poteva essere una regola formale del pensiero non contenendo la
logica aristotelica alcuna giustificazione generale della sua validit.

2.

I l problema della completezza.

nel II dellIdeografia {Begriffsschrift, 1879) di Frege che si trova per la


prima volta una tale giustificazione. E d essa sorprendentem ente sem plice una
volta scelta una notazione opportuna per rappresentare le inferenze del tipo in
questione. N ota Frege : per la sua validit sufficiente sia soddisfatta una condi
zione puram ente/om a/e, e cio che il nome A B C non ricorra in alcuna delle
proposizioni in S>. Essendo tali proposizioni generali, linferenza euclidea giu
stificata. Inoltre, la notazione dellIdeografia non consente soltanto la formaliz
zazione di questa particolare inferenza ma della totalit delle inferenze logi
che degli Elementi. Entro questa notazione, afferma Frege al 3, tutto ci che
necessario per u n inferenza corretta interamente espresso; nulla lasciato al
lintuizione. Q uesto im plicava due mosse essenziali : in prim o luogo la form ula
zione precisa del linguaggio entro cui sono form ulate le proposizioni alle cui
conseguenze si interessati; in secondo luogo la form ulazione precisa di assiomi
e regole di inferenza per i concetti logici del linguaggio stesso. Cosi, una di
mostrazione di cr finiva per essere rappresentata da un oggetto sintattico ben de
finito ; una sequenza finita di espressioni del linguaggio ciascuna delle quali o
un assioma logico o una espressione in S oppure ottenuta da espressioni che la
precedono nella sequenza applicando una delle regole di inferenza, e di cui l u l
tima cr. Per distinguere un tale oggetto dalla dimostrazione intuitiva cui corri
sponde , lo si dir una derivazione di cr da S . Si dir che a derivabile da nel
caso in cui esista una tale derivazione.
S i realizzava cosi un sottile, ma cruciale, slittamento nel significato della no
zione intuitiva di dimostrazione (cfr. l articolo Deduzione/provai): dimostrare
significava a questo punto sem plicem ente costruire un opportuno oggetto sin
tattico, senza alcun riferim ento ai significati delle espressioni coinvolte. V en iva
no in tal m odo dissociate la com ponente sintattica e quella sem antica im plicite

355

L ogica

nella nozione intuitiva di dim ostrazione. Questo divorzio sta allorigine di


larga parte dei problem i e dei risultati della logicai contem poranea. N on fu
per F rege a riconoscere le sue profonde conseguenze; questo riconoscim ento
il risultato di un lungo processo che si svilupp nei cinquantanni successivi alla
pubblicazione eWIdeografia e che ebbe come protagonisti Lw enheim , Skolem ,
H ilbert e la sua scuola, e soprattutto G odei.
Si consideri ora il caso particolare in cui S un insieme vuoto di proposizioni,
in cui cio per la derivazione di a non necessario alcun assioma extra-logico .
Era ovviam ente una condizione necessaria per la correttezza della nozione fregeana di derivazione che non vi fosse alcuna proposizione c tale che sia a sia la
sua negazione fossero derivabili dallinsieme vuoto di proposizioni. Sfortunata
mente, nel 1900, in una lettera a Frege, Russell costru proprio una proposizione
di questo tipo : il sistema di assiomi logici di Frege era contraddittorio! Ci vo l
lero dieci anni perch Russell e W hitehead riuscissero a rivedere il sistem a di
Frege in m odo da bloccare la derivazione del paradosso di Russell. Il siste
ma risultante quello dei Principia Mathematica (1910). Ora, anche assum endo
ne la non-contraddittoriet, restava aperto un altro im portante problem a, detto
problem a della com pletezza, che G odei form ulava allinizio del suo La comple
tezza degli assiomi del calcolo logico delle funzioni (Die Vollstndigkeit der Axiome
des logischen Funktionenkalkls, 1930) nel modo seguente: W hitehead e Russell,
come noto, hanno costruito la logica e la m atematica prendendo inizialm ente
certe proposizioni evidenti com e assiomi e derivando da esse i teoremi della lo
gica e della matematica per m ezzo di principi di inferenza precisam ente form u
lati in modo puramente form ale (senza cio far riferim ento al significato dei sim
boli). Naturalm ente, quando si segue una tale procedura sorge im m ediatam ente
il problem a se il sistema di assiomi inizialm ente postulato e i principi di inferen
za siano com pleti, cio se effettivam ente bastino per la derivazione di ogni pro
posizione logico-m atem atica vera, oppure se, forse, concepibile che vi siano
proposizioni vere (e persino dimostrabili per m ezzo di altri principi) che non
sono dim ostrabili nel sistema in esame.
Pi in generale, e cio per S non necessariamente vuoto, il problem a di G o
dei assume la forma seguente:
(i)

a derivabile (diciam o nel senso dei Principia) da & nel caso in cui a
sia una conseguenza di S ?

Naturalm ente, una soluzione dipendeva in modo essenziale dallinterpretazione


delle nozioni intuitive di verit e di conseguenza.

3.

L a logica delprim ordine.

U n contributo importante in questa direzione era stato dato molto tem po


prima da Bolzano nei 146-55 della sua Dottrina della scienza {Wissenschaftslehre, 1837). Bolzano notava che in ogni data proposizione si possono considerare
alcune delle idee (il term ine di Bolzano) in essa contenute com e variabili

Sistem tica locale

356

e le rimrienti come costanti. In tal caso, la sostituzione delle idee variabili


con altre dello stesso tipo pu trasform are la proposizine data in una proposi
zione vera oppure in una proposizione falsa. Si supponga ora che siano dati un
insieme di proposizioni A , B , C , ... e una proposizione X , e si supponga inoltre
che tutte le idee, la cui sostituzione alle idee variabili i,ji ... trasform a A , B , C , ...
in proposizioni vere, abbiano la caratteristica di trasform are anche X in una
proposizione vera. In tal caso, continuava Bolzano, la proposizione X deduci
bile alle proposizioni A , B , C , ... rispetto alle parti variabili i , j , ... Connettendo
subito dopo la sua nozione tecnica alluso ordinario, egli concludeva che in
tali circostanze abituale dire che la proposizione X segue, oppure pu essere
inferita o derivata, dalle proposizioni A , B , C , ... Cosi, m olto prim a che Frege
isolasse neWIdeografia la com ponente sintattica della nozione di dimostrazione,
Bolzano aveva isolato nella Dottrina della scienza la sua com ponente semantica.
L a differenza tra i loro risultati essenzialmente una differenza di precisione.
Infatti, Bolzano non aveva alcuna definizione precisa proprio dei concetti chiave
di idea e di verit. Inoltre, la sua definizione di conseguenza sem brava m inaccia
ta da una pericolosa relativit, e cio dalla sua dipendenza da quali idee vengano
scelte come variabili. Bolzano stesso notava ( 147) che, accrescendo indefinita
mente il numero di idee considerate variabili in una data classe F di proposizioni,
nessuna proposizione non in F seguir da F . Naturalm ente, il caso speciale pi
interessante di tale nozione quello di conseguenza logica, e cio quello in cui
vengono considerate variabili soltanto le idee extra-logiche. M a di nuovo, am
m etteva Bolzano al 148, nem m eno questa distinzione stabile, poich lintero
dominio di concetti appartenenti alla logica non circoscritto in maniera tale
che non possano a volte sorgere delle controversie.
L a nozione di logica del prim ordine, che com pare per la prim a volta negli
scritti di Peirce alla fine dellttocento e che viene precisata nel corso di un lun
go processo le cui due tappe pi im portanti sono forse i Fondamenti della logica
teorica di H ilbert e Ackerm ann [Grundziige der theoretischen Logik, 1928) e The
Concep o f Truth in Formalized Languages di T arski (traduzione inglese d ellori
ginale polacco pubblicato nel 1930-31), costituisce uno strum ento essenziale per
mettere un p o d ordine in questa delicata faccenda.
L a logica del prim ordine si costruisce sem plicem ente dando per scontato il
carattere logico di una ristretta fam iglia di concetti. Questa non naturalmente
una giustificazione della scelta, ma solo un punto di partenza. Essi si riducono a
quelli di congiunzione, rappresentato dal sim bolo &; disgiunzione, V; ne
gazione, ^ ; im plicazione, ->; esistenza, ; e universalit, V . Si suppo
ne inoltre che sia data una lista infinita di variabili, x, y, z , x^, y^, j, ..., che svol
gono essenzialmente il ruolo di pronom i. Oltre a tali sim boli, se ne tratter solo
un altro, I, com e parte costante del linguaggio considerato. Esso rappresenter
il concetto di identit; xly significher cio che x = y . Secondo il dominio di
oggetti U di cui sintende parlare, possono aversi ulteriori sim boli detti extra
logici, di tre tipi: i) predicativi, per rappresentare relazioni tra elem enti di U ;
2) funzionali, per rappresentare funzioni che associano a n elem enti di U un ele
mento di U ; e 3) individuali, per rappresentare elementi di U . Si supponga che

357

Logica

l unico sim bolo di questo tipo sia il sim bolo predicativo a due posti R. Questo
significa che le espressioni di base, le form ule atomiche, saranno del tipo
xRy oppure xly. L e ulteriori espressioni saranno form ate a partire da queste
ultim e applicando un num ero finito di volte i sim boli che rappresentano i con
cetti logici. Si otterranno cosi ad esempio
(2)

{^ x){Y y )xR y

(3)

(S.) (Y)') {{xly) V (xiij')).

L e espressioni cosi ottenute saranno dette form ule (del prim ordine). Esse si tra
sform eranno in proposizioni vere o false a seconda del modo in cui si sceglie il
dominio di oggetti U e si interpreta R , essendo per ipotesi gi fissate le inter
pretazioni di , V , V e /. Cosi, scegliendo U come linsieme dei num e
ri naturali e interpretando R come quellinsieme di coppie di elem enti di U ,
{a, b), tali che a minore di b, la ( i) d luogo alla proposizione falsa che un n u
mero naturale minore di tutti (falsa perch nessun numero naturale pu essere
minore di se stesso); la (3) d invece luogo alla proposizione vera che un numero
naturale m inore di tutti gli altri.
C om e si vede, iti questo esempio i quantificatori , e cio e V , sono
stati fatti variare su elementi di U ; il loro campo di valori stato cio ristret
to a tali elementi. Si consideri ora un sim bolo predicativo ad un posto, P, e
lo si tratti come una variabile, in modo da ammettere tra le espressioni ad esem
pio anche ( P ) (V) ~,Px. In tal caso, il campo di valori di sar costituito
dai sottoinsiemi di U e ( P ) (Vx) ^ P x , com unque si fissi U , esprimer la pro
posizione vera che esiste un sottoinsieme di U cui nessun elemento di U appar
tiene. L a logica in cui ai quantificatori viene consentito di variare anche su sot
toinsiemi arbitrari di (o relazioni su) U viene detta logica del secondordine. V i
sono naturalmente possibilit intermedie in cui il campo di valori include non
sottoinsiem i arbitrari di U ma solo i sottoinsiemi fin iti di U oppure i num eri na
turali; in tal caso si parla rispettiva,mente di logica del secondordine debole e di
w-logica.
U n esempio dar un senso pi concreto dei poteri espressivi della logica
del prim ordine, di ci che si pu dire limitando le risorse espressive a quelle
del prim ordine. Si supponga di essere interessati a un dato dominio di oggetti U
e di voler dire che un ben definito sottoinsieme P di U finito. Si aggiunga allora
al corredo di sim boli un sim bolo extra-logico P, a un posto, la cui interpreta
zione sar tale sottoinsieme P di U . Ora, dire di P che finito equivale a dire
che esiste un numero naturale n, tale che P ha al massimo n m em bri (o pi tec
nicamente, tale che la cardinalit di P al massimo n). N on allora diificile ve
dere che la form ula seguente esprime al prim ordine lafferm azione che P ha car
dinalit al massimo n (per = 1, 2, 3, ...):

(4)

( a ^ i)- (a * ) (P xi& ...& P *& (V a;+ i) (Px+i ^

V . . . Vx+i/iCi)))

(T ah form ule vengono denotate con P - ). L a prima parte della (4) afferma che
in U esistono n individui, non necessariamente distinti, che appartengono a P ;
la seconda parte (quella che inizia con (V *) ) aggiunge che ogni individuo in

Sistem atica locale

358

P coincide con uno di tali n individui. D unque, la (4) sar vera rispetto a un dato
U e a una data interpretazione di P, diciamo P, se e solo se P ha al massimo
n elementi. Si dice cosi che la nozione di insieme di cardinalit m inore o uguale
a caratterizzabile, o assiomatizzabile, al prim ordine. M a lo anche quella di
insieme finito arbitrario? D ire che lo significa dire:
(5)

Esiste un insieme di form ule del prim ordine, diciam o F , tale che le for
m ule in F sono vere in tutte e sole le interpretazioni che assegnano a
P un sottoinsieme finito di U .

N aturalm ente, deve trattarsi di un insieme F specificato in m odo effettivo. Se


invece dovesse valere che
(6)

Per ogni insieme di form ule del prim ordine vere in ogni interpreta
zione che assegna a P un sottoinsieme^m'io di U , esiste anche u n in
terpretazione che assegna a P un sottoinsieme infinito di U e in cui
esse sono pure vere,

allora si dovrebbe concludere che la nozione d insieme finito non caratterizza


bile, o assiom atizzabile, al prim ordine. Il candidato pi ovvio l insieme F che
consiste della sola form ula ( ) (P-**), la quale afferma appunto che esiste un
numero naturale n, tale che P ha al massimo n elementi. M a questa non una
form ula del prim ordine! Questo primo fallimento non ancora una dimostra
zione della (6), tanto pi che noto che la nozione di insieme infinito, nei cui
term ini im m ediatam ente definibile quella di insieme finito, caratterizzabile
al prim ordine.

4.

Verit e conseguenza.

Per risolvere questo problem a, occorre tornare alla proposizione (i). Si ve


dr infatti che la verit della (6) segue dalla verit della (i). M a la ( i) vera? Per
stabilirlo, essenziale dare una versione precisa delle nozioni intuitive di verit
e di conseguenza. M a una tale versione gi im plicita nella discussione del para
grafo precedente.
Sia ora un insieme arbitrario di formule del prim ordine e <t una formula
arbitraria del prim ordine. U na interpretazione per U {(t} una struttura insie
m istica S = (U , f), dove U un insieme non-vuoto arbitrario e f una funzione
che assegna un riferim ento a ciascuno dei sim boli extra-logici in S U {0} come
segue: i) ai sim boli predicativi a n posti sottoinsiemi di -pie di elem enti di U,
n = I , 2 , 3, ...; cosi, se P a un posto, f( P ) un sottoinsieme di U , se a due
posti, f(P ) un insieme di coppie di elementi di U , e cosi via; 2) ai sim boh fun
zionali a n argom enti funzioni dallinsieme di tutte le w-ple di elem enti di U in
U ; 3) ai sim boh individuali elementi di U .
Ogni data interpretazione S viene estesa alle form ule in S U {cr} specificando
i) u n assegnazione di elem enti di U alle variabili e 2) la nozione di verit in S
rispetto a
S i consideri ad esempio la formula Rxy, dove R h un simbolo

359

Logica

predicativo a due posti. D ate u n interpretazione S e u n assegnazione


si dir
che xR y vera in S rispetto a se e solo se la coppia di elem enti di S , per
esempio (a, b), assegnati da a x e j , appartiene allinsieme di coppie ordi
nate di elementi di U assegnato da f a i? . Cosi, si dir che (c & t) vera in S ri
spetto ad g se e solo se lo sono sia a sia t , e che
ci vera in S rispetto ad se
e solo se non lo cr. Infine, per le form ule quantificate, si consideri ad esempio
( x) xR y . Si dir che vera in S rispetto ad se e solo se xRy vera in S
rispetto ad almeno u n assegnazione
che differisce da al massimo rispetto al
l elemento che essa assegna a * . Si supponga ora che cr sia una form ula chiu
sa, nel senso che tutte le variabili in essa occorrenti sono governate da quan
tificatori. (Cosi, in ( x) xRy)) la variabile x, ma non la variabile j go
vernata da un quantificatore). In tal caso, per a vi saranno solo due possibilit:
o ogni assegnazione rende vera cr in S oppure nessuna assegnazione rende
vera cr in S . N el primo caso, a viene detta vera in S , nel secondo, falsa in S . Pi
in generale, dato un insieme S di form ule chiuse, si dice che u n interpretazione
S modello di S se e solo se ogni form ula in 6 vera in S .
Cosi ad esempio nel caso di _P- precedentem ente considerato, le sue inter
pretazioni saranno strutture S = (U ,f), dove f( P ) un sottoinsieme di U . Quel
che si visto che S un modello di P - se e solo se f ( F ) ha al massimo n ele
menti. Q uel che non si sa ancora se esista un insieme di form ule F tale che S
un m odello di F se e solo se f( P ) finito. Infine, si dice che S soddisfacibile se
e solo se ha un modello (cio esiste u n interpretazione che modello di ); e
cT una conseguenza del primordine di S se e solo se ogni modello di S anche un
modello di cr (cio se e solo se a vera in ogni interpretazione in cui vera ogni
formula di ). Per asserire che cr una conseguenza del prim ordine di S, si scrive.

(7)

uno dei contributi dell articolo di T arski gi citato l aver dato una versione
matematicamente precisa di questa fam iglia di concetti (riferim ento, verit, con
seguenza; cfr. larticolo Referenza/verit ). Certo, essa incorporava una teoria
del significato che non era filosoficamente neutrale, e cio la teoria, gi form ulata
da Frege e nota come teoria classica, secondo cui, come afferma Brouwer, indi
pendentem ente dal pensiero umano, esiste una verit, parte della quale espri
m ibile per m ezzo di enunciati detti proposizioni vere. U sando il term ine 'fa l
so per 'converso del vero , la teoria classica assume che, in virt del cosiddetto
principio del terzo escluso, ciascun asserto vero o falso indipendentem ente
dalla possibilit di qualunque essere umano di riconoscerlo come tale. in que
sto senso che la logica del prim ordine nella versione considerata viene detta
classica . L attacco di Brouw er e della sua scuola (soprattutto H eyting) a que
ste assunzioni ha dato luogo, a partire dal 1930, alla principale alternativa at
tualmente disponibile alla logica classica, quella intuizionista. Qualche anno do
po, nel 1936, considerazioni di carattere diverso, essenzialmente fisiche, por
tavano Birkhofi e Neum ann a formulare una seconda interessante alternativa:
la cosiddetta logica quantistica. Il dibattito sul senso in cui tali logiche sono dav
vero alternative alla logica classica tu ttora aperto.

Sistem atica locale

5.

360

/ teoremi di compattezza e di Lwenheim-Skolem.

L a nozione di logica dei prim ordine anche uno strum ento per com pren
dere meglio la nozione di derivabilit di Russell. Consente in particolare di sco
prire che non tutti gii assiomi logici di Russell sono del prim ordine e dunque
di isolare entro questa nozione il suo frammento del prim ordine. proprio
questo uno dei contributi del lavoro di H ilbert e Ackerm ann gi citato. Certo, la
nozione risultante di derivabilit era particolarmente artificiale , non rappre
sentava cio fedelm ente leffettivo modo di procedere delle ordinarie dimostra
zioni m atematiche. Cosi, nel 1934, nelle sue Ricerche sulla deduzione logica {Untersuchungen iiher das logische Schliessen), G entzen affermava; Il mio punto di
partenza stato questo ; la form alizzazione della deduzione logica, in particolare
come stata sviluppata da Frege, Russell e H ilbert, si discosta alquanto dalle for
me di deduzione usate nella pratica delle dim ostrazioni m atem atiche. A l contra
rio, io ho inteso principalm ente fornire un sistema che fosse il pi vicino possi
bile alleffettivo ragionamento. Il risultato stato un "calcolo della deduzione na
turale . Inteso da G entzen essenzialmente com e uno strum ento per realizzare
il cosiddetto program m a di H ilbert, e cio per dimostrare con m etodi epistem o
lgicamente sicuri la non-contraddittoriet della matematica classica, scossa
dal paradosso di Russell e m inacciata dalla critiche degli intuizionisti, esso di
venne poi - a partire dagli anni 60 e grazie soprattutto ai contributi di Pravv^itz
e K reisel ~ uno strumento estremamente potente per lanalisi della nozione ge
nerale di dim ostrazione.
Il calcolo della deduzione naturale dava naturalmente luogo ad una nozio
ne di derivabilit estensionalmente equivalente sia al fram m ento del prim ordine
di quella di Russell, sia a quella di H ilbert. Perci, agli effetti della ( i) non ha
importanza quale viene considerata. Si scriver allora
(8)

Shpa,

per asserire indifferentem ente che a derivabile da , nel senso di G entzen o di


H ilbert, o in qualunque altro senso equivalente. In tal caso, una riform ulazione
della ( i) la seguente;
(9)

Se l y cr, allora g ly- cr.

L estensione al secondordine della nozione di conseguenza del prim ordine


estremamente naturale ; la si ottiene sem plicem ente aggiungendo le ovvie con
dizioni di verit per le form ule in cui i quantificatori variano su sottoinsiem i di
(o relazioni su) U. Nonostante si tratti di una estensione naturale, la differen
za tra le due nozioni drammatica. Il riconoscimento di questa differenza in
teramente dovuto a G odei. N el gi citato articolo del 1930, egli dimostr infatti
che la (9) vera, e cio che esiste una procedura di dim ostrazione completa per
la logica del prim ordine; l anno successivo dimostr invece che non esiste una
procedura com pleta per la logica del secondordine, e cio che la nozione di con
seguenza del secondordine non formalizzabile.

3I

Logica

Il teorem a di com pletezza del 1930 ristabiliva cosi, almeno al prim ordine,
l armonia perduta tra la com ponente sintattica e semantica della nozione intuiti
va di dimostrazione. In pi, com e ha notato Kreisel, dal risultato di G od ei con
seguiva anche l adeguatezza della nozione formale di conseguenza del prim or
dine rispetto a quella intuitiva, naturalm ente ristretta a form ule del prim ordine,
rappresentata qui con
a . Intuitivam ente, lo si gi notato, = ct signi

fica che CT vera in ogni stato di cose in cui vera ogni form ula in . Ora, ben
ch si possa riconoscere che
(10)

Se S |=f= a, allora S l y cr,

dato che le strutture insiem istiche costituiscono tipi particolari di stati di cose ,
non affatto ovvio il riconoscimento del converso della (10),
(11)

Se S l y cr, allora S l y CT,

che im plica che, almeno al prim ordine, la nozione di struttura insiem istica
esaurisce quella di stato di cose .
Si assuma allora che valga
(12)

ty ff.

Questo im plica, per la (9),


(13)

gfyC T.

D ato che non vi sono dubbi sul fatto che


(14)

Se t y CT, allora [y ct,

(13) e (14) im plicano infine


(15)

S 1=%

D unque, la (12) im plica la (15); perci, data la (10), al prim ordine, nozione
intuitiva e nozione form ale di conseguenza coincidono, cio la nozione formale
adeguata rispetto a quella intuitiva. M a, in tal caso, di nuovo per la (9) la logica
del prim ordine ammette una procedura di dimostrazione com pleta non solo ri
spetto alla relazione form ale di conseguenza, ma anche a quella intuitiva.
T uttavia, come spesso accade, qualit eccellenti generano difetti preoccupan
ti. Vediam o come. Riform uliam o in primo luogo con m aggiore precisione la (6)
come segue :
(16)

Per ogni insieme di form ule chiuse del prim ordine, ad esempio P , se
ogni formula in F vera in ogni interpretazione (U , f) tale che f( P )
finito, allora esiste u n interpretazione (U ', f') tale che f'(P ) infinito
e ciascuna form ula in F vera in (U ', f').

Sistem atica locale

362

Ora, non difficile vedere che il corollario del teorema di com pletezza detto teo
rema di com pattezza o finitezza, o ancora di G od el-M alcev ( Se ogni sottoinsie
me finito di ha un modello, allora lo stesso ha un m odello), im plica la ve
rit della (16). Sia infatti F come nellipotesi della (16). Sia
a^,
una lista di
simboli individuali nessuno dei quali ricorre in form ule di F . Si consideri linsie
me F ' che risulta da F aggiungendo a F ogni form ula della form a
(17)

Pa.;& Pa^.& -i(a./a^.)

per i ^ j e i , j = i , 2, 3, ...

T a li form ule vengono denotate con


. Ora, che ogni sottoinsieme/Mtio di F '
abbia un modello, segue dallipotesi della (16); segue allora dal teorema di com
pattezza che lo stesso F ' ha un modello S ' = (U ', f'). M a / '( P ) deve essere in
finito, poich altrimenti qualche
sarebbe falsa in S '. M a F u n sottoinsieme
di F '. D unque, S ' un modello anche di F .
Questo stabilisce che la nozione d insieme finito non caratterizzabile al
prim ordine. T a le risultato non isolato. L idea di fondo della sua dimostrazio
ne pu essere sfruttata per ottenere una vasta serie di risultati di non-caratterizzabilit: si scopre cosi che non possono essere espresse al prim ordine le nozioni
di insieme numerabilmente infinito (di insieme cio con la stessa cardinalit del
linsieme dei num eri naturali), di insieme bene ordinato, di gruppo abeliano di
torsione... Q uesti risultati implicano naturalmente drastiche lim itazioni sui po
teri espressivi della logica del prim ordine. M a non basta. U lteriori risultati li
mitativi seguivano da un altro importante teorema, originariam ente dimostrato
da L w enheim e quindi raffinato e generalizzato da Skolem , detto appunto di
Lw enheim -Skolem , la cui dimostrazione implicita in quella che Godei diede
della (9). Esso afi^erma: Se un insieme di form ule del prim ordine ha un m odel
lo, allora ha un modello numerabilmente infinito oppure finito.
L e sue conseguenze negative riguardano in particolare le nozioni di num e
ro reale e di num ero naturale. Diversam ente ad esempio dalle nozioni algebriche
di gruppo o di corpo, che per natura ammettono una variet di realizzazioni
concrete essenzialmente diverse, intuitivam ente sia quella di num ero reale sia
quella di num ero naturale sembrano univoche, sembrano cio ammettere u n u
nica interpretazione, a meno di isomorfismi, dove, per prendere il caso pi
semplice, due interpretazioni per una form ula in cui ricorre un sim bolo predica
tivo a due posti, ^, per esempio (U , f) e (U ', f'), vengono dette isomorfe se e
solo se esiste una corrispondenza biunivoca F tra gli elem enti di U e quelli di U '
tale che ai{R ) se e solo se F(a) i'(R ) F (&). Intuitivam ente, interpretazioni iso
morfe differiscono sem plicem ente per il fatto di assegnare nom i diversi agli
stessi individui ; sono dunque matematicamente indistinguibili. N e segue che
se uninterpretazione modello di un insieme di form ule, lo saranno anche tutte
le interpretazioni ad essa isom orfe. Cosi, lunico tipo di univocit che ci si pu
mai aspettare quello in cui tutti i m odelli sono isomorfi. B ene; il teorema di
Lw enheim -Skolem im plica precisamente che proprio questo tipo di univocit
destinato ad eludere qualunque caratterizzazione al prim ordine delle due no
zioni ; ogni caratterizzazione di questo tipo ammetter cio interpretazioni non
intese, non isom orfe allinterpretazione normale, che invece l unica a so

363

Logica

pravvivere al secondordine. Questo significa: solo al secondordine si possono


caratterizzare le nozioni di numero naturale e di num ero reale.
T uttavia, questi risultati negativi hanno un lato positivo: i m etodi im
piegati per ottenerli, opportunam ente sviluppati, stanno allorigine di una bran
ca della logica, la teoria dei m odelli, che si rivelata un potente strum ento per
accrescere la nostra ordinaria conoscenza matematica, e cio per risolvere pro
blem i form ulati nellordinario linguaggio matematico. U n esempio interessante
la soluzione ottenuta da A x e K ochen (1965-66), applicando tali m etodi, di un
problem a puramente m atematico sollevato da A rtin venticinque anni prima.
Per questo, A x e K ochen ebbero nel 1967 il Cole P rize nella teoria dei num eri
per il m iglior risultato ottenuto in questo campo negli ultim i cinque anni.
U n altro sviluppo puramente matematico ottenuto con questi stessi m eto
di la cosiddetta analisi non-standard di Abraham Robinson, che consente una
riform ulazione rigorosa d ellordinaria analisi matematica in term ini di infini
tesimi.
M a anche il filosofo riluttante nellassumere ontologie sovrabbondanti ha di
che gioire di questi risultati negativi . Vediam o perch. U n caso speciale im por
tante della nozione di conseguenza d e l prim ordine quello in cui & linsieme
vuoto di espressioni, denotato da . C he significa 0 |y= a? Significa sem pli

cem ente che (T vera in ogni struttura insiemistica. M a si gi visto che vero
in ogni struttura insiemistica una versione precisa di vero in ogni stato di
cose o, com e si potrebbe anche dire, vero in ogni mondo possibile. D a L e ib
n iz fino a W ittgenstein, come vere in ogni mondo possibile sono state consi
derate le verit logiche. Si dice cosi che a una verit logica se e solo se 0 |y ct.
M a c davvero bisogno di m obilitare l intero apparato della teoria degli insiemi
per caratterizzare la nozione di verit logica? Proprio il teorema di Lw enheim Skolem (oltre a quello di com pletezza) consente una risposta negativa. L o si con
sideri nella versione di H ilbert-Bernays:
(18)

Se una form ula si trasforma in una form ula aritmetica vera per ogni
sostituzione delle sue form ule atom iche con form ule aritm etiche, al
lora essa vera in ogni interpretazione (cio una verit logica).

L a form ula menzionata n ellipotesi del teorema di H ilbert-Bernays s intende del


prim ordine senza identit-, per form ula aritmetica sintende una form ula del
prim ordine costruita a partire da form ule atomiche del tipo: /m, dove i e
M sono espressioni in cui ricorrono solo variabili, oltre a + e x , nella
loro interpretazione ordinaria. Naturalm ente, tra i valori delle variabili di quan
tificazione, dopo la sostituzione, occorre includere anche i num eri naturali. D al
tra parte, utilizzando il teorem a di com pletezza, si dimostra che, fissato un arbi
trario insieme non vuoto A di form ule del prim ordine interpretate,
(19)

Se (T una verit logica, allora a si trasforma in una form ula vera per
ogni sostituzione delle sue form ule atomiche con form ule in A.

Sistematica locale

364

L a (18) e la (19) implicano im m ediatam ente l equivalenza della definizione in


siemistica rispetto a quella sostituzionale di verit logica, purch l insieme
fissato A sia sufficientemente ricco da contenere tutte le form ule aritmetiche.
Secondo il Quine della Philosophy o f Logic (1970), vi una netta convenien
za filosofica n ellattenersi a questa definizione sostituzionale; in tal modo, si eco
nom izza sullontologia. Invece di un universo di insiemi specificabili e non-specificabili, bastano gli enunciati, e cio form ule interpretate, persino del linguag
gio oggetto. T uttavia, per riconoscere questo fatto si costretti a fare un uso es
senziale proprio di quelle nozioni che s intende bandire.

6.

I teoremi dincompletezza.

M olto prim a di Quine, nel 1930, H ilbert aveva avanzato una proposta nello
stesso spirito, ma ancor pi radicale, per definire la nozione di verit logica. Inve
ce di far riferim ento a form ule aritm etiche vere, H ilbert aveva supposto che fosse
sufliciente far riferim ento a form ule aritmetiche derivabili entro un particolare
sistema formale (noto come Z). Cosi, la definizione, interamente sintattica, pro
posta da H ilbert identificava le verit logiche con le form ule tali che tutti i loro
esempi di sostituzione sono derivabili in Z.
una delle molte conseguenze della dimostrazione che G od ei diede del fatto
che la nozione di conseguenza del secondordine non form alizzabile, e cio del
primo teorem a d incom pletezza, che tale definizione di H ilbert inadeguata-, esso
im plicava infatti che la nozione di verit aritm etica irriducibile a quella for
mula derivabile entro un particolare sistema formale.
gi stato notato che al secondordine la nozione di num ero naturale uni
voca, esiste cio un insieme di form ule F (dette assiomi di Peano), tale che u n in
terpretazione modello di F se e solo se isom orfa allusuale struttura dei num e
ri naturali. Perci, data una form ula aritm etica a, sar esclusa l eventualit tipi
ca del prim ordine che essa sia vera in alcune interpretazioni e falsa in altre: cr
sar vera o in tutte o in nessuna. Perci, per dimostrare che non esiste una proce
dura di dim ostrazione com pleta al secondordine, sar sufficiente costruire una
form ula a tale che n a n la sua negazione sono derivabili da F . Precisamente,
una formula di questo tipo costru G odei nel suo articolo del 19 31 sulle Propo
sizioni formalmente indecidibili dei Principia mathematica e di sistemi affini ( tJber
formai unentscheidbare Satze der Principia mathematica und verwandter systeme),
il cui risultato principale G od ei stesso riassumeva cosi nel 1930: Se agli assiomi
di Peano si aggiunge la logica dei Principia Mathematica... si ottiene un sistema
formale S per cui vale il seguente teorem a: " I l sistema S non com pleto; cio
esso contiene proposizioni A (che si possono effettivamente costruire) tali che
n A n A sono dim ostrabili .
N aturalm ente, questo risultato vale sotto l ipotesi della non-contraddittoriet
(0, come anche si dice, della consistenza) di S . T uttavia, e questo il secondo
teorema d incom pletezza, G od ei dimostr che tale ipotesi non dim ostrabile in
S-. Anche se si ammettono tutti i metodi logici dei Principia (e dunque in parti

365

Logica

colare la logica del secondordine e l assioma di scelta)... non esiste una dimostra
zione di consistenza per il sistema S ... Perci, una dimostrazione di consistenza
per il sistem a S pu essere svolta solo per m ezzo di m odi di inferenza che non
sono form alizzati nel sistema S stesso.
Infine, in una nota aggiunta nel 1963 allarticolo citato sulle Proposizioni fo r
malmente indecidibili, G odei affermava che era ormai possibile dare una versione
com pletam ente generale del prim o e del secondo teorema di incom pletezza. I
successivi lavori di T u rin g, notava G odei, consentivano infatti di dare una defi
nizione precisa e adeguata della nozione generale di sistema form ale sulla cui
base diventava dim ostrabile in modo rigoroso che in ogni sistema form ale consi
stente che contenga una certa quantit di teoria dei num eri finitaria esistono pro
posizioni indecidibili, e cio proposizioni A tali che n A n ^ A sono dim ostra
bili, e che inoltre la consistenza di ciascuno di tali sistemi non pu essere dim o
strata entro il sistema stesso.
Poteva a questo punto rimanere, soprattutto nei matematici, ancora un di
sagio : il metodo godeliano per costruire proposizioni indecidibili dava luogo a
proposizioni di nessun interesse per l effettiva pratica m atematica. In ogni caso,
il loro contenuto intuitivo era lasserzione della loro stessa non-dim ostrabilit.
U n recente risultato di Paris e H arrington ha per sistemato per il m eglio anche
questa faccenda, presentando un teorema ragionevolm ente naturale di com bi
natoria finita, che, bench vero, non dim ostrabile nellaritmetica di Peano.
N on solo i risultati del 1931, ma gli stessi m etodi im piegati per ottenerli eb
bero in seguito sviluppi di straordinaria im portanza (logica, m atem atica e filo
sofica). T r a questi forse il principale quello d ellaritm etizzazione , che con
sente di tradurre in term ini puram ente aritm etici nozioni di carattere sintattico
come quella di derivabilit. L o strum ento essenziale per operare questa tradu
zione fu messo a punto dallo stesso G od ei : si tratta della nozione di funzione ri
corsiva, gi utilizzata in precedenza da D edekind, Skolem , H ilbert e Ackerm ann
ma di cui G odei per prim o diede una definizione precisa. G eneralizzata dallo
stesso G od ei nel 1934, seguendo un suggerim ento che H erbrand gli aveva dato
in una lettera del 1931, essa costituisce attualmente, anche grazie ai contributi
(1936-37) di Post, Kleene, C hurch e T u rin g, la m iglior esplicazione della nozione
intuitiva di operazione o procedura meccanica. Secondo G odei, l im portanza di
questa nozione largam ente dovuta al fatto che con essa si per la prim a volta
riusciti a dare una definizione assoluta, che non dipende cio dal form alism o
scelto, di una nozione epistem olgicam ente interessante. D a questo punto di
vista, il prim o teorema d incom pletezza pu essere riform ulato in m odo parti
colarmente suggestivo: non esiste alcuna procedura m eccanica in grado di ge
nerare tutte e sole le verit aritm etiche. C om e ha notato K reisel, questa scoperta
non certo inconsistente con la convinzione intuitiva che il ragionamento m ate
matico non m eccanizzabile. anzi proprio questa convinzione a rendere inte
ressante la scoperta di regole form ali adeguate per certe branche elem entari della
matematica come i ragionam enti puramenti logici concernenti i quantificatori o
la geom etria euclidea elem entare; la scoperta mostra che, dopo tutto, alcune par
ti della matematica sono m eccanizzabili.

Sistematica locale

366

N egli anni successivi, intorno a questa nozione di procedura 0 operazione


meccanica, si sviluppata una branca della logica, nota come teoria della ricor
sivit , i cui m etodi hanno consentito una nuova impressionante serie di risultati
positivi e negativi circa la decidibilit di una vasta classe di sistem i form ali' T u t
tavia, come ha notato M atijasvic, questi risultati non sono puramente matema
tici, poich im plicano nella loro stessa form ulazione nozioni logiche come quella
di teoria assiomatica o di procedura m eccanica. Ora, per, grazie ai contributi
dello stesso M atijasvic, oltre che di D avis, Putnam e Robinson, sono disponibili
anche risultati puramente m atem atici ottenuti con tali m etodi : ci si riferisce in
particolare alla soluzione negativa per il decimo problem a di H ilbert che segue
da tali contributi.

7.

L a logica modale.

N on slo la matematica ha tratto vantaggi dalla fam iglia di concetti svilup


pata da G od ei nel suo articolo del 1931, ma anche quella estensione della logi
ca del prim ordine, nota come il g ic a s modale, che risulta dalla prima trat
tando come concetti logici anche le nozioni di possibilit/necessit. S vilu p
pata da Aristotele nel D ellespressione, stagnante dopo il 1400, rinata con Levi^is
nel 1913, ma, come ha affermato Quine in The Ways o f Paradox (1966), rinata
nel peccato di confondere uso e m enzione. Questo era per un peccato di poco
conto, dato che si pu certo fare logica m odale senza confondere uso e menzione.
Pili gravi erano altri due problem i; quello di dare un senso i) alle modalit ite
rate e 2) alla quantificazione nei contesti modali. L a loro m ancata soluzione la
sci i sistemi m odali sviluppati da L ew is allo stato di sem plici curiosit fino alla
fine degli anni 50. D un colpo, con l articolo di K ripke A completenss theorem
in modal logie (1959), lo scenario sembr cambiare. L idea di K ripke era essen
zialmente che, quando si considerano form ule modali, il loro valore di verit in
una data interpretazione pu dipendere da quello che esse hanno in altre inter
pretazioni opportunam ente connesse alla prima. Com e ha osservato D alla
Chiara nella sua Logica, m erito di K ripke aver rotto la dicotom ia tipica della se
mantica tarskiana in cui la relazione tra form ule e stati di cose pu assumere due
forme soltanto ; quella per cui una form ula vera in un dato stato di cose e quella
per cui lo in ogni stato di cose.
Cosi finalmente i sistemi di L ew is ebbero una semantica e dal i960 al 1970
la California divenne la terra promessa dei modalisti. T r a L os Angeles
( u c l a ) e San Francisco (Stanford) i m igliori logici, da M ontagne a Scott, da K a
plan a H intikka, da D avidson a Lem m on, produssero senza interruzione per
dieci anni sem pre nuovi sistemi modali con lim m ancabile teorem a di com ple
tezza. Finita la febbre, stato proprio uno dei protagonisti di questa corsa, Scott,
ad affermare (1973) che nessun logico modale sapeva veram ente ci di cui parla
va! Questo non significava per Scott che tutto il lavoro fino ad allora svolto fosse
cattivo o sbagliato, ma piuttosto che nessuno aveva prestato sufficiente attenzione
alla rilevanza dei risultati. L a questione che diventava cosi prim aria era; che

367

Logica

cosa si sta m odellizzando in logica m odale? Forse, una risposta almeno parziale
a questa domanda la dnno i recenti risultati di Boolos in cui possibilit e neces
sit m odellizzano rispettivam ente le nozioni di consistenza con l aritmetica
di Peano e dimostrabilit n ellaritm etica di Peano . Sem bra questa una via
particolarmente interessante per ottenere un a m iglior com prensione del fenom e
no dellincom pletezza in tutte le sue ramificazioni.

8.

Conclusione.

Si visto che la costruzione della alogica del prim ordine essenzialmente


basata sulla scelta di certi particolari concetti come concetti logici. Ora, an
che se intuitivam ente ovvio che essi lo sono, non s dato alcun criterio generale
per riconoscerli com e tali. U n tale criterio consentirebbe anche di rispondere al
la domanda se, oltre a quelli costitutivi della logica del prim ordine, v i siano altri
concetti logici e dunque se l ambito della logica sia esaurito o meno dalla lo
gica del prim ordine. Il modo m igliore di affrontare la questione quello di chie
dersi che cosa succede se si estende la logica del prim ordine. G i si visto ad
esempio che non appena, con la logica del secondordine, si consente ai quanti
ficatori di variare su sottoinsiem i arbitrari di U , si perde la com pletezza. D altra
parte, non appena si tenta, con la logica del secondordine debole, di trattare
come logica la nozione di insieme finito, si perde la com pattezza. L o stesso ac
cade quando, con la w -logica, si tenta d incorporare nella logica la nozione di
num ero naturale. Sem pre alla com pattezza bisogna rinunziare se si estende la
logica del prim ordine aggiungendo il nuovo quantificatore Esistono infinita
mente tanti individui... tali che - .
Questa situazione potrebbe suggerire che le propriet di com pletezza e di
com pattezza caratterizzano la logica del prim ordine. Questo sarebbe davvero
notevole, in quanto darebbe un buon argomento per restringere l am bito della
logica al prim ordine e per trattare come concetti logici soltanto i connettivi enunciativi e i due usuali quantificatori (oltre, eventualmente, allidentit). M a,
nel 1970, K eisler, nel suo articolo Logic with th quantijier "there exist uncountably many , ha dato un controesem pio a questa congettura costruendo una lo
gica che estende quella del prim ordine mediante l aggiunta del quantificatore
Esistono non-num erabilm ente tanti individui... tali che - e che ha entrambe
queste propriet, com pletezza e com pattezza. Ora, anche i pi accesi logicisti
esiterebbero a considerare come logica la nozione di non-num erabilit. D altra
parte, nel 1969 Lindstrom aveva dim ostrato nel suo articolo On extensions of
elementary logie che entro una classe di logiche estremamente estesa (che in
clude quelle fin qui considerate) ogni logica che gode della propriet di com pat
tezza e della propriet di Lw^enheim-Skolem (per cui se una form ula della lo
gica ha un modello, allora ha un m odello num erabilm ente infinito o finito) es
senzialmente equivalente alla logica del prim ordine: sono perci le propriet di
com pattezza e di L ow enheim -Skolem che caratterizzano la logica del prim ordi
ne. M a questo risultato non d ovviam ente un argomento altrettanto buono per

Sistematica locale

368

restringere l am bito della logica al prim ordine. L a ricerca in questa direzione


ancora attiva e ha dato luogo a una nuova branca della teoria dei modelli, nota
come teoria dei modelli astratta.
N fino ad oggi hanno dato m igliori risultati i tentativi di delimitare l am bi
to della logica partendo non dalla nozione semantica di conseguenza ma da quel
la sintattica di derivabilit e sfruttando i risultati di G entzen. T r a questi, quello
di H acking in What is logie? (1979), bench interessante, difficilmente in grado
di superare le obiezioni di Sundholm (1981).
Forse, allora, il m iglior argomento a favore della restrizione d ellambito della
logica al prim ordine la cosiddetta tesi di H ilbert, secondo cui i) la logica del
prim ordine sufficiente a esprimere la totalit della m atem atica classica e 2) la
nozione di derivabilit al prim ordine sufficiente a rappresentare la nozione in
tuitiva di dim ostrabilit della matematica classica. Com e nota Barwise nel suo
Handhook (1977), la prim a parte della tesi di H ilbert corroborata da prove em
piriche. L a seconda parte della tesi di H ilbert sem brerebbe seguire dalla prima
parte e dal teorem a di com pletezza. Per quanto riguarda i), le prove empiriche
fanno riferim ento alla possibilit di ricostruire l intera m atem atica classica entro
la teoria degli insiemi, ad esempio nella versione al prim ordine che ne hanno
dato Zerm elo e Fraenkel. Cosi, dal punto di vista della tesi di H ilbert, la teoria
deglinsiem i rende esplicite tutte le assunzioni extra-logiche richieste nella co
struzione della matematica classica. Questo non im plica naturalm ente alcun sug
gerimento ai m atem atici che operano nei campi pi diversi di derivare ogni loro
teorema dalla teoria deglinsiem i via la logica del prim ordine. Im plica solo l esi
stenza, se la tesi vera, di una demarcazione naturale tra logica e matema
tica. Questo, naturalmente, al pi un argomento a favore della logica del pri
m ordine contro i suoi concorrenti di tipo classico. Lascia per interamente aper
ta la questione della scelta tra di essa e i suoi concorrenti non-classici , in pri
mo luogo la logica intuizionista e quella quantistica.
Proprio questultim a solleva una questione che non stata fin qui toccata,
avendo ristretto la nostra attenzione alla logica in quanto strum ento per com
prendere e sviluppare la pratica matematica corrente. Pu la logica svolgere que
sti ruoli anche rispetto alle teorie fisiche} Per molto tempo, il progresso in questa
direzione ristagnato per il permanere della tendenza dei neopositivisti ad ap
plicare alle teorie fisiche concetti logici originariamente elaborati per le teorie
m atematiche senza m odificazioni significative. Difficilm ente si possono ottenere
in tal modo risultati nuovi. N on appena per si modificano i concetti originari in
m odo da tener conto della specificit delle teorie fisiche, la situazione cambia
completamente. U n buon esempio del genere dato dal concetto di equivalen
za . M entre nel suo senso stretto ha poco interesse in am bito fisico, molto di pi
ne ha una sua variante, e cio il concetto di equivalenza conoscitiva. A ltri esempi
in questa direzione senzaltro prom ettente si trovano nei lavori di Sneed e di
D alla Chiara e Toraldo di Francia. Pu quindi darsi che in questo ambito ci si
sia avviati sulla sicura strada del progresso, [ m . m .].

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Deduzione/prova

Il concetto di prova o dim ostrazione ricorre oggi in m olte scienze, ma qua


si esclusivamente con il significato di dim ostrazione matematica. Se per esem
pio un fisico, oppure un econom ista o un linguista, parla di una dim ostra
zione , egli intende quasi invariabilm ente di aver dimostrato m atematicamente
che certe ipotesi im plicano determ inati risultati, non che ha dim ostrato le ipo
tesi fisiche, econom iche o linguistiche in quanto tali. Questa accezione si spie
ga, naturalmente, tenendo presente lunico notevole risultato indiscusso del
l empirismo, cio la constatazione, peraltro convincente, che le leggi di natura
siano contingenti e non necessarie. D al m om ento che norm alm ente i non-m atem atici im maginano che la m atem atica sia una disciplina non-problem atica,
cio pi un corpus di m etodologie ben definite che una disciplina indipendente,
un linguaggio della scienza piuttosto che una scienza, sem brerebbe a prim a v i
sta che dim ostrazione sia un concetto invariante e che, verosim ilm ente, non
possa intervenire in m odo fecondo in una futura discussione m etadisciplinare.
Se questa la situazione della nozione di dimostrazione, il concetto di de
duzione sembra avere ancor m eno interesse. A n zi, m entre m olti scienziati usa
no la parola 'dim ostrazione , la parola 'deduzione , nella sua accezione logica
opposta a quella dei rom anzi gialli, ricorre raramente al di fuori dei lavori
degli studiosi di logica.
In verit la dim ostrazione viene definita norm alm ente dai logici in base
alla nozione di deduzione (bench la term inologia sia molto varia, alcuni lo
gici usano addirittura 'dim ostrazione con il significato di 'deduzione): una
dimostrazione in senso m atem atico sem plicem ente una deduzione derivata
da assiomi matematici accettati (inclusi gli assiomi della geom etria e della to
pologia e principi della teoria degli insiemi quali lassioma della scelta).
Esiste anche un uso sim ile in logica m atematica, nella quale ogni deduzione
corretta (corretta rispetto alle regole del sistema formale) in un sistem a form ale
non-interpretato - dove tutte le premesse sono form ule iniziali o assiomi del
sistem a form ale non-interpretato in questione - considerata una dim ostra
zione nel sistema form ale stesso; e vi ancora u n altra nozione sim ile di di
mostrazione in una teoria assiomatica (per esempio, una dim ostrazione in un
sistema assiomatizzato della meccanica) ; ma questi usi non verranno qui presi
in esame.
Quello di deduzione un concetto che appare nel corso della ricerca sulla
struttura del pensiero e in particolare sulla struttura del pensiero in matema
tica e nelle scienze esatte. un concetto centrale (ed anche affascinante) per
i logici, ma sem bra rivestire scarso interesse per chiunque altro.
Personalm ente ritengo che laspetto di non-problem aticit sia sviante per
entrambi i concetti. D im ostrazione sembra essere un concetto non-problem atico perch tale appare la m atem atica; ma la m atematica non dovrebbe apparire
non problematica!

Deduzione/prova

486

L articolo Logica offre num erosi elem enti per ritenere che il realismo si
stia riaffermando com e posizione rigorosa nella filosofia della m atematica. Per
esempio si citano le opere di filosofi e logici cosi diversi com e Q uine, Godei,
K reisel, W ang, Parsons, Putnam . T u tta v ia il realismo nella filosofia della ma
tem atica stato tradizionalm ente associato a generi di filosofia metafisica che
oggi non sono accettabili. U n a delle cose pi interessanti circa l odierno revival
del realismo che alcuni, ma non tutti, tra i nuovi realisti tentano di dim o
strare che si pu essere realisti in m atematica senza essere metafisici nel
senso peggiorativo del term ine. In parte, questi sforzi sono rappresentati da
nuove im postazioni del concetto di dim ostrazione matematica che mettono in
risalto l analogia tra matematica e scienza em pirica. Se questi tentativi riusci
ranno a creare una nuova corrente intellettuale vitale (e ci vorranno forse molti
decenni per dirlo, la filosofia non infatti un cam po m olto rapido), l impatto
con tutto ci che pensiam o circa la scienza e la conoscenza um ana potr essere
senza dubbio grande. C i pu im plicare nientemeno che il crollo del positi
vismo/nominalismo/empirismo com e filosofie ufficiali della scienza (ufficiali nel
senso che sono ufficialm ente approvate dalla m aggior parte degli scienziati) e
il sorgere di un nuovo m ovimento realista che riapra l intera questione della
struttura della conoscenza umana. (V i sono analogie evidenti tra riproporre
la questione relativa alla struttura della conoscenza nella scienza e il lavoro
di psicologi e linguisti strutturalisti com e Piaget e C hom sky; m a una tratta
zione di queste analogie porterebbe fuori dai lim iti del presente articolo).
L a discussione circa la nozione di dim ostrazione porr in evidenza questa
possibilit e prester relativam ente meno attenzione alle tradizionali filosofie
della m atematica - logicism o, intuizionism o, formalismo - che hanno cessato
di avere grande peso sia nel lavoro matematico sia nella filosofia contem po
ranea.
L a nozione di deduzione suscita grande interesse, anche per le molte in
terrelazioni con altri campi. V i sono, come si vedr, stretti legam i tra deduzione
e ricorsivit e tra deduzione e form alizzazione. Infine la possibilit che le leggi
della logica possano non essere verit necessarie, che per lo m eno alcune leg
gi della logica siano passibili di revisione per ragioni em piriche, com e alcune
leggi della geom etria classica vennero riviste per ragioni em piriche, solleva pro
blem i seri ed interessanti per lintera nozione di deduzione.
Poich la dimostrazione definita in term ini di deduzione, sinizier a trat
tarle, in questo articolo, da questultim a nozione.

I.

Deduzione.

L a logica ha attualmente (almeno) due aspetti: la logica la teoria degli


oggetti logici - insiem i - e, in m isura minore, degli oggetti intensionali, come
propriet, proposizioni, m ondi possibili, ecc.; ma per tradizione la logica
anche la teoria della deduzione. M a cosa la deduzione?
C redo che il m iglior modo per vedere che la nozione di deduzione non

487

Deduzione/prova

cos non-problem atica, com e invece appare, sia quello di esaminare alcuni ar
gom enti pro o contro una particolare tesi relativa alla nozione di deduzione.
Seguendo un suggerim ento di M artin D avis, la tesi in discussione verr chia
mata tesi di Hilbert, malgrado H ilbert non l abbia mai enunciata esplicitam en
te. Eccola.
TESI DI H ILBERT. L a nozione matematica informale di deduzione, cio la no
zione implicita quando si afferma di dedurre un teorema dagli assiomi di una
qualche branca della matematica, correttamente form alizzata dalla logica del
primo ordine.

Sono necessarie alcune spiegazioni. L ogica del primo ordine (il term ine fu
introdotto nel secolo scorso da Charles Sanders Peirce e venne usato da L
wenheim , il quale adott la notazione di Peirce, nel saggio in cui dim ostra il
famoso teorema che porta il suo nome) la teoria che deriva dall algebra del
le relazioni (essa stessa, storicamente, una generalizzazione dellalgebra delle
classi di Boole) con laggiunta dei quantificatori, cio, delle espressioni per
ogni X)> e. esiste un x)). Peirce chiam questa teoria primo ordine poich
in essa non compaiono quantificatori sulle relazioni, ma solo quantificatori su
g li individui. C osi l espressione 'S e ogni cosa F , allora qualcosa F (nei
sim boli solitamente usati, (x)F xz> {E x )F x ) un principio appartenente alla
logica del prim o ordine; invece lespressione 'Esiste un F tale che qualcosa
F oppure ogni cosa F (in sim boli, {EF){{Ex)Fx\/{x)Fx)) non appartiene
al primo ordine perch esiste un F un quantificatore applicato a relazioni
(propriamente parlando, un quantificatore su classi, ma le classi contano co
m e relazioni), e non a individui. T u tti i sillogism i di Aristotele appartengono
allam bito della logica del prim o ordine (per esempio, il famoso Barbara: il
sillogismo 'T u tti gli S sono M , tutti gli M sono P , perci tutti gli S sono P
pu essere espresso nella form a 'S e per ogni x, S x im plica M x , e per ogni
M x im plica P x, allora, per ogni x, S x im plica P x , o, nella solita simbologia,
(x ){S xo > M x)-{x)(M x ^ P x)'o {x ){S xz> P x)) e tutti i principi dellalgebra delle
relazioni del secolo x ix possono essere analogamente espressi nell ambito del
la logica del prim o ordine (per esempio, la famosa inferenza di D e M organ
'S e tutti i cavalli sono animali, allora tutte le teste dei cavalli sono teste di ani
m ali , che non trova giustificazione entro lintero corpus della logica tradizio
nale di Aristotele, pu essere espressa con lo schem a 'Se, per ogni x, H x im pli
ca A x , allora, per ogni x, se esiste un y tale che x C y & Hy, allora esiste un y
tale che x C y e A y , o, nei soliti simboli, {x){H xz>Ax)z^{x){{Ey){xCy-H y):D
{E y ){x C y .A y )).
D ire che la nozione di deduzione form alizzata correttam ente dalla logica
di primo ordine come dire che ogni dim ostrazione in m atem atica inform ale
pu essere scritta, dopo u n appropriata ricostruzione razionale, con le notazio
ni della logica del prim o ordine e che, inoltre, ci pu essere fatto in m odo
tale che ogni passaggio nella deduzione riscritta possa essere giustificato con
una delle regole della logica del prim o ordine (non si definiranno qui queste
regole, ma esse sono in realt poche e sem plici e di applicazione cosi m eccani

Deduzione/prova

488

ca da potersi facilm ente program m are su un com puter. In effetti, i com puter
vengono oggi usati per verificare m eccanicam ente le dim ostrazioni, riscriven
dole essenzialm ente in questa formalizzazione).
L a tesi di H ilbert dice sostanzialmente che in un certo senso la logica
logica del prim o ordine. L a logica del secondo ordine (che am m ette quanti
ficatori su classi e relazioni), quella del terzo ordine (che am m ette quantifi
catori su classi di classi), del quarto ordine, ecc. non sono propriam ente logica,
ma parti della teoria degli insiemi. L a teoria degli insiemi e l aritm etica non
sono logica, m a sono le teorie assiomatiche di speciali oggetti (num eri e insiemi).
Il com pito tradizionale della logica - inquadrare la nozione di deduzione com pletam ente adem piuto dalla parte pi elementare dellargom ento, la lo
gica del prim o ordine. T u tto il resto di ci che oggi viene chiam ato logica
propriamente matematica.
M a in che modo si pu sapere se la nozione di deduzione stata compietamente inquadrata? C om e possiamo essere sicuri che niente stato trascurato
e che non stato incluso qualcosa di superfluo?
L a risposta solita che la dim ostrazione di validit (la dim ostrazione che
tutti i principi della logica del prim o ordine sono validi e che le regole man
tengono validit, in modo che tutti i teorem i del prim o ordine risultino validi)
m ostra che non stato incluso niente di superfluo. Perci la logica del primo
ordine inquadra la nozione di deduzione (cio la nozione di principio valido
di deduzione) al suo interno; la dimostrazione di validit m ostra che ogni
elenco di tutti i principi validi di deduzione deve includere almeno l intera
logica del prim o ordine. M a, nel 1930, K u rt G odei riusc (attraverso diffcili
argom entazioni metamatematiche) a mostrare che la logica del primo ordine
completa'. G o d ei dimostr che se un principio esprim ibile con le notazioni
del primo ordine non un teorema del sistema, allora un certo esempio, ot
tenuto per sostituzione di quel principio nella notazione della teoria dei nu
meri, risulta falso e perci il principio non pu essere incluso nella nostra
teora della deduzione perch esso non valido. In questo m odo la dimostra
zione di com pletezza m ostra che nessun elenco di principi validi di deduzione
(espressi nelle notazioni del primo ordine) pu includere pi che la logica del
primo ordine. Cos, procedendo con l aiuto della dim ostrazione di validit e
con quella di com pletezza, si nella felice posizione di poter provare che
stata inquadrata esattamente la nozione di principio valido di deduzione.
L argomento appena fornito stato anche usato per dim ostrare che non si
potrebbero cam biare in modo ragionevole i principi logici ammessi. Questo
non un problem a sem plicem ente filosofico, nel senso di non-pratico. Sebbe
ne l opinione di M ill, sullessere i principi della geom etria contingenti, possa
essere sembrata allo stesso tempo poco plausibile e d interesse m eram ente spe
culativo quando venne formulata, lo sviluppo della geom etra non-euclidea e
della teora della relativit ha costretto ad amm ettere che M ill aveva ragione,
e che il carattere em pirico della geom etria di fondam entale im portanza per
la fisica. O ggi m olti fisici e filosofi sono deUopinione che alm eno alcuni prin
cipi della logica sono contingenti, e che l interpretazione corretta della m ec

489

Deduzione/prova

canica quantistica la cosiddetta interpretazione logica, l interpretazione se


condo la quale la struttura possibile del m ondo non correttam ente descrit
ta dalla logica classica, e che la matematica della m eccanica quantistica in
realt una descrizione di u n a struttura possibile non-classica. Bench questa
interpretazione fosse parsa avventata quando venne proposta inizialm ente, e
anche oggi susciti pi interesse di quanto non convinca, resta il fatto che la
discussione sullinterpretazione logica domina sempre pi le discussioni rela
tive ai fondam enti della m eccanica quantistica, le vengono dedicati sem pre
pi libri, ecc.
T u ttavia com e Quine sottoline tem po fa (in Two Dogmas o f Empiricism
[19 5 1]) il fatto realmente im portante che la revisione delle leggi della logica
classica ancora proponibile. A n che se il risultato fosse di non riesaminare
la nostra logica, il solo fatto che gli scienziati possano discutere una tale even
tualit mostra che la logica non im m une da revisioni. E se la logica non
im m une da revisioni, quali argom enti e che significato restano nel mantenere
una nozione di assoluta e non rivedibile verit necessaria?
Se, tuttavia, si potesse dimostrare che una revisione della nostra logica
esclusa a priori, allora quest argom entazione sarebbe sconfitta; poich allora
gli scienziati ed i filosofi che discussero l interpretazione logica della m eccani
ca quantistica commisero proprio un errore grossolano. Ora, l argom ento che
tale revisione esclusa a priori si configura com e segue: ogni esperim ento re
lativo a una teoria fisica esige la presenza di conseguenze deducibili da quella
teoria. Se non esiste una teoria definita della deduzione, il parlare di sperim en
tazione em pirica diviene privo di significato. L a dimostrazione fornita (che
la tesi di H ilbert corretta allinterno, con il teorema di validit, e alle
sterno, col teorema di com pletezza di G odei) mostra che la corretta teoria
della deduzione la logica del prim o ordine, c. V. D.
T u ttavia questo argomento circolare. L a ragione d i ci sta nel fatto che
la dimostrazione d i validit assume gli stessi principi della logica che dimostra
valida. L a cosiddetta dim ostrazione di validit , anzi, poco pi che un eser
cizio form ale: filosoficamente, non aggiunge supporto alcuno ai principi della
logica del prim o ordine. Se si cam bia la nostra logica sostituendola con quella
della logica quantistica (una logica basata su un calcolo proposizionale in
cui non esistono leggi distributive. V iene a volte chiamata logica m odulare
per la stretta analogia con la teoria dei reticoli modulati), allora va fornita una
diversa dim ostrazione di validit ; una dim ostrazione che utilizzi la logica quan
tistica nel m etalinguaggio, proprio come la dimostrazione classica di validit
usa la logica classica nel m etalinguaggio. In pi, il problem a di com pletezza
devessere reimpostato. (In effetti, lan H acking ha appena scoperto una di
mostrazione di com pletezza per la logica m odulare nell ambito di uninter
pretazione meccanico-quantistica). Apparir cio una nuova tesi di H ilbert,
la tesi per cui la logica del prim o ordine modulare la teoria corretta della
deduzione.
L a restante parte delle argomentazioni precedenti - che una qualche lo
gica deve essere fissa altrim enti la nozione di sperim entazione em pirica si sgre-

Deduzione/prova

490

tola - mostra solo che qualche logica deve essere fssa in ogni contesto. M a
buona parte della logica fissa - nel senso che non viene chiam ata in causa nel dibattito tra difensori della logica m odulare e difensori della logica classi
ca nella m eccanica quantistica. Il fatto che, in ogni contesto, ammesso che si
voglia im postare una discussione che abbia significato, alcuni principi debbo
no essere fissati, non dimostra certo che gli stessi principi debbano essere fissati
in tutti i contesti. (Inoltre, anche se dovesse risultare che alcuni principi logici
sono richiesti a priori nella discussione, non detto che questi siano necessa
riamente tutti i principi della logica classica). U n numero sem pre crescente
di filosofi riconosce che il cosiddetto metodo scientifico varia con il tempo e
non u n entit fissata astoricam ente; se si dovesse riconoscere che anche la
stessa teoria della deduzione cambia, poco male!
A nche se si accetta la logica classica, largom entazione considerata in fa
vore della tesi di H ilbert mostra solo che i teorem i della logica del primo ordine
sono esattamente i principi form alm ente validi del ragionam ento che possono
essere espressi nei term ini della sim bologia relativa alla stessa logica del primo
ordine ; non esistono altri principi formalmente validi di ragionamento che possa
no essere espressi nei termini di quei simboli. M a perch non si dovrebbe poter
arricchire il linguaggio della logica del prim o ordine? Se si aggiungessero delle
ulteriori costanti logiche - per esempio, dei quantificatori tipo 'Esistono in
finiti X tali ch e , oppure nozioni m odali come ' possibile ch e e ' necessario
che - allora, naturalmente, diverrebbe possibile stabilire ulteriori principi di
ragionamento formalmente validi.

2.

Dimostrazione e natura degli assiomi.

Credo che la natura della dim ostrazione matematica sia un problem a filo
sofico che vada purtroppo riaperto e riesaminato. Si definita una dimostra
zione come una deduzione dagli assiomi m atem atici accettati. Strettam ente
parlando, questa pi una ricostruzione razionale del concetto, che una de
scrizione dellaccezione attuale, vista attraverso la storia dellargom ento. Per
ci, mentre divenuto di uso com une nel secolo x x rendere espliciti tutti i
postulati della m atem atica moderna attraverso ricostruzioni assiom atiche (co
sicch le dim ostrazioni fornite da un m atematico contem poraneo potrebbero
essere facilm ente riform ulate com e deduzioni derivate dagli assiomi matema
tici accettati), nel corso di quasi tutta la storia della m atem atica gli assunti
erano im pliciti nelle notazioni e nelle pratiche di calcolo, che non erano sem
pre definite esplicitam ente in form a di assiomi o postulati. Perci si pu real
mente dire che una dim ostrazione matematica una deduzione da assiomi o
assunti matem atici accettati, dove questi ultim i possono essere im pliciti piut
tosto che espliciti. M a da dove derivano questi assiomi e assunti matematici
accettati?
(Esiste un altro aspetto del problem a relativo alla natura della dim ostra
zione; la natura della deduzione. C om e si visto, questa si riporta al problema

491

Deduzione/prova

della natura della logica. Partire dal problem a delle origini degli assiomi e
assunti matem atici accettati partire da un diverso gruppo di questioni, ma,
ovviam ente, i due gruppi sono intim am ente connessi).
Partir da quello che sem bra essere a prim a vista un caso del tutto specia
le: l assioma di sostituzione nella teoria degli insiemi.
L a moderna teoria degli insiem i nasce con il lavoro di Zerm elo. G li assio
mi di Zerm elo descrivono un universo di insiem i che giacciono in quelli che
ora si chiam ano ranghi. Esiste un unico insiem e di rango zero - l insieme
vuoto (nella matematica pura; nella m atem atica applicata, insiem i di oggetti
individuali, per esem pio oggetti fisici, possono essere considerati di rango zero).
T u tti i sottoinsiem i di un dato rango - tutti gli insiemi i cui elem enti giaccio
no nel rango dato - appartengono al rango successivo. In questo m odo, il ran
go uno contiene linsieme vuoto e linsiem e il cui unico elem ento linsieme
vuoto (si osservi che linsiem e vuoto appartiene a ogni rango, dal mom ento
che un sottoinsiem e - il sottoinsieme vuoto - di ogni rango); il rango due
contiene l insiem e vuoto, l insiem e il cui unico elemento l insieme vuoto, lin
sieme il cui unico elem ento l insieme il cui unico elemento linsiem e vuoto,
e linsiem e costituito dallinsiem e vuoto e dallinsieme il cui unico elemento
l insieme vuoto; ecc. facile vedere che un insieme di un qualunque rango
appartiene a ogni rango superiore. Questa struttura ricorda palesem ente la teo
ria dei tipi di Russell: infatti, i ranghi sono proprio ci che diventano i tipi
di Russell se si attribuisce loro la propriet di essere cum ulativi, cio se ogni
insieme di un dato tipo pu appartenere a ogni tipo superiore. Tu ttavia, R us
sell non estese la sua gerarchia dei tipi nel transfinito (ed per questo che egli
doveva postulare l esistenza di infiniti individui). Zerm elo estese il suo sistema
di ranghi oltre i ranghi finiti (cio, esiste un rango w, un rango 4 - 1 , un rango
( + 2,...), essendo il rango co l unione di tutti i ranghi finiti. C osi Zerm elo otten
ne degli insiem i infiniti (per esempio linsieme costituito dallinsiem e vuoto,
dal singleton dellinsieme vuoto, dal singleton del singleton dellinsieme vuoto...,
dove il singleton di x rappresenta linsiem e il cui unico elemento x). M a Z e r
melo non ottenne insiem i infiniti abbastanza grandi - insiem i di cardinalit
infinita sufficientemente alta - da sviluppare gran parte della teoria dei cardi
nali transfiniti d i Cantor. Perci si rese necessario un qualche assioma forte
dell infinito, un assioma che garantisse l esistenza di insiem i m olto grandi.
V on N eum ann (che contribu anche alla descrizione della teoria degli in
siemi di Zerm elo in term ini di ranghi) propose com e soluzione di questo pro
blem a l assioma di sostituzione. M entre l enunciazione esatta dell assioma tec
nica, lidea che ne sta alla base abbastanza facile da spiegare: ci che l as
sioma cerca di esprim ere il concetto che ogni collezione di insiem i che abbia
la stessa cardinalit di un insiem e, e cio ogni collezione di insiem i che possa
essere messa in corrispondenza biunivoca con un insieme, essa stessa un
insieme. (Per esempio, ogni collezione num erabile di insiem i autom aticam ente
un insieme). C i ha per effetto di spingere la successione dei ranghi ad esten
dersi m olto lontano nel transfinito.
Pochi m atematici vollero riconoscere l assioma di sostituzione com e in

Deduzione/prova

492

trinsecamente evidente. Forse incom incia a sembrare intrinsecam ente evi


dente solo ora che si tanto abituati ad usarlo! A lcu ni teorici degli insiemi
mentono sostenendo la possibilit di generare l universo degli insiemi attra
verso un processo di form azione dinsiemi di rango sempre pi grande, come
se lintero universo classico degli insiem i potesse essere costruito da una mente
umana che operasse con i tem pi e i ritm i psichici. M a questa solo u n im
m agine - e neanche questim m agine mostra in realt che l assioma vero,
nemmeno se la si considera alla lettera. D u n q u e, che cosa succede?
In What is Mathematical Truth [1975] Putnam argomenta che si dovrebbe
essere realisti riguardo alle affermazioni della m atem atica superiore nel sen
so che si dovrebbe accettare la proposizione per cui ogni afferm azione nel lin
guaggio di una matematica convenientem ente form alizzata ha u n valore di ve
rit (sia che si possa dimostrare o confutare laffermazione, sia che essa sia
indecidibile). Q uesto realismo nel senso di oggettivism o, assum endo latteg
giamento secondo il quale i fatti m atem atici sono fatti oggettivi, indipenden
temente da ci che dim ostrabile dagli esseri um ani; oppure nel senso di ac
cettare la bivalenza (che la legge del terzo escluso vale, nella significativa for
ma che ogni afferm azione del linguaggio in questione ha uno dei due valori
di verit, vero o falso, sia che lo si possa scoprire o no). da notare che questa
form a di realismo non im pegna necessariamente nei riguardi d ellesistenza de
gli oggetti m atem atici . (Argom enti pi dettagliati circa il realismo sono con
tenuti nella Philosophy o f Logic di Putnam [1971], e in vari scritti di Quine
[1936; 1951; 1963] e G odei [1944; 1947], ma questi ultim i non fanno distin
zione tra loggettivism o e il postulare lesistenza di oggetti matem atici).
Se questa posizione realista corretta, allora possibile rispondere facil
mente alla dom anda riguardante lo status in cui possibile fissare l assioma
di sostituzione; bisognerebbe evitare di dire Bene, fa proprio parte del for
malismo. N on vi qui problem a di evidenza intrinseca perch non vi proble
ma di verit.
Si gi sottolineato che pochi m atem atici sosterrebbero che l assioma di
sostituzione intrinsecam ente evidente, tuttavia esso possiede u n grado di evi
denza. plausibile; naturale; appare evidente ad alcune persone. V ari sono
gli argomenti contro l evidenza intrinseca intesa come status assoluto degli
assiomi m atem atici; ma indipendentem ente da tali argom entazioni, l eviden
za intrinseca non pu ovviam ente essere applicata in questo caso. Se l assioma
di sostituzione fosse (m ettiam o il caso) una verit, ma non una verit intrin
secamente evidente, su cosa si potrebbe basare l accettazione della sua verit?
Occorre far attenzione a questo passo. M i richiamo a un corpo crescente
di opinioni filosofiche che rifiutano l antioggettivism o (o antirealismo) legato
al nominalismo ufficiale o tnake-believe-ism di quasi tutti i m atem atici, sebbe
ne rifiuti anche i richiam i allevidenza intrinseca e alla verit necessaria asso
ciati al platonism o tradizionale. Se questo crescente insieme di opinioni filo
sofiche sulla strada giusta, allora esiste un reale problem a epistem ologico
sulla natura della conoscenza matematica che formalisti, intuizionisti e platonisti hanno sem pre supersem plificato, anche se in m odi diversi.

493

Deduzione/prova

C redo che questo sia proprio il caso in questione. Certam ente l intuizione
svolge un ruolo nella nostra accettazione dell assioma di sostituzione, ma un
ruolo enorme - di fatto decisivo -- svolto dal successo pratico d ellassioma.
Ci che le filosofie della m atem atica tradizionali non sono in grado di am m ette
re l im portanza epistem ologica della pratica matematica. L assioma di sosti
tuzione ha avuto successo nel senso che ha condotto a uno sviluppo poderoso
ed attraente della teoria degli insiemi. E questo, e nientaltro, ha reso certa e
consolidata la sua posizione com e assioma. In breve, in questo c qualcosa
di quasi-em pirico, qualcosa di analogo alla conferm a d una teoria scientifica
nelle scienze naturali.
Si sarebbe potuto usare un altro esem pio per lo stesso processo, il processo
di conferm a quasi-em pirica di un assioma m atem atico: lesempio relativo al
lassioma della scelta.
D ifendendo l assioma contro la critica di Peano (si veda a questo proposito
Zerm elo [1908]), Zerm elo afferma che l assioma intuitivam ente evidente e
necessario alla scienza. Riportando num erosi esempi relativi alluso dellas
sioma nella teoria degli insiem i bench esso non fosse mai stato form ulato
nei manuali, Zerm elo argom enta com e un uso cosi estensivo di un princi
pio possa essere spiegato solo dalla sua evidenza intrinseca, che, ovviam ente,
non va confusa con la sua dimostrabilit. N on ha im portanza se questa evi
denza intrinseca in certo grado soggettiva - essa senza dubbio fonte ne
cessaria di principi matematici, anche se non uno strumento delle dim ostra
zioni m atem atiche, e lasserzione di Peano che esso non ha niente e che fare
con la m atem atica ignora fatti palesi. M a la questione che pu essere oggetti
vamente decisa, se il principio sia necessario nella scienza, preferirei a questo
punto metterla in discussione citando num erosi teoremi e problem i elementari
e fondam entali che, secondo me, non potrebbero affatto essere trattati senza
il principio della scelta. (Q ui Zerm elo fornisce un elenco di teorem i per i
quali necessario l assioma della scelta).
M entre l espressione 'evidenza intrinseca sembra oggi troppo forte, Z e r
melo ha sicuram ente ragione nel ritenere che lintuizione conti qualcosa. D opo
tutto, nessuno propone di aggiungere l ipotesi di Riem ann riguardante gli zeri
della funzione zeta come un nuovo assioma della teoria dei num eri, anche se
essa possiede una gran quantit di conseguenze molto interessanti. M a sin
golare che ci che Zerm elo caratterizzava come oggettivo non era l evidenza
intrinseca dellassioma, ma la sua necessit per la scienza. O ggi non solo l as
sioma della scelta, ma lintero edificio della moderna teoria degli insiem i viene
convalidato in base al grande successo che ottiene nelle applicazioni m atem ati
che, in altre parole, sulla base della necessit per la scienza.
Se questo vero, sorge im m ediatam ente la questione seguente: questo uso
di metodi quasi-em pirici nella m atem atica un fenomeno nuovo, un fenom eno
apparso solo con lo sviluppo della teoria cantoriana degli insiemi, oppure esso
si sem pre verificato? Esistono nella storia della m atematica esempi relativi
a questo medesimo processo, che siano precedenti e convincenti?

Deduzione/prova

3.

494

L a geometria analitica di Descartes.

U n esem pio di questo tipo, m i pare, rappresentato dalla geom etria ana
litica di D escartes. C om e per la m atem atica araba che la precedette, essa non
venne presentata in form a esplicitam ente assiomatica; piuttosto, gli assunti
sono im pliciti nelle notazioni e nelle pratiche di calcolo. S i ha per lim pressio
ne che D escartes usasse la variabile x estendendola a quelli che oggi si defini
rebbero num eri algebrici, cio num eri che sono gli zeri di equazioni algebriche
a coefficienti razionali, e forse anche ad altri reali - a quel tem po i logaritm i
erano gi stati sviluppati - , bench il concetto di num ero reale, nella sua pi
ampia accezione, non venga sviluppato com pletam ente fino al secolo xix. L as
sunto im plicito dal quale dipende la geom etria analitica di D escartes (per
darne una definizione la pi generale possibile) che ogni num ero algebrico
reale corrisponde ad un segm ento sulla retta. (N el secolo x ix questo verr svi
luppato nell assunto della corrispondenza biunivoca che conserva la distanza
tra i numeri reali e i punti della retta). Orbene, questo assunto non pu essere
provato allinterno della geom etria euclidea. Per alcuni num eri algebrici reali,
ad esempio la radice quadrata di 2, si pu dimostrare attraverso una costru
zione geom etrica che esiste sulla retta un tale segmento, m a per la maggior
parte dei num eri algebrici reali (per non parlare dei logaritm i!) tale costruzio
ne non esiste. Se si assume il principio degli intervalli incapsulati (per ogni
successione d intervalli chiusi incapsulati esiste almeno un punto che appar
tiene a tutti gli intervalli della successione), o altri simili, si pu di fatto di
mostrare che ogni num ero reale (non solamente ogni num ero algebrico reale)
corrisponde a un segm ento sulla retta, ma tale principio non evidente a meno
che non si creda gi a una corrispondenza tra num eri reali e punti sulla retta!
Personalm ente credo che qui l intuizione abbia certam ente svolto un certo
ruolo; ma ancora una volta, un ruolo enorme - un ruolo decisivo - fu svolto
dal successo della geom etria analitica nella pratica. L assunto ch e ogni num ero
algebrico reale corrisponde a un segm ento ebbe successo nel senso che con
dusse a una tecnica attraente e potente, atta a trattare problem i geom etrici
con metodi algebrici, una tecnica che risult fondam entale per lo sviluppo del
calcolo e dellintero apparato della fisica m atematica. Q uesto e non altro ha
reso certa e consolidata la posizione della corrispondenza tra num eri reali (ini
zialmente, reali algebrici) e segm enti. Essa divent evidente perch divent
fondamentale per la pratica matematica.
L assunto di Descartes, o piuttosto l assunto cosi com e venne sviluppato
dai lavori dei m atem atici del secolo x ix che culm inarono con quello di W eierstrass, pu essere enunciato nel modo seguente:
PRIN CIPIO DI CORRISPONDENZA. Esiste una corrispondenza biunivoca che con
serva l ordine e la distanza tra i punti della retta e i numeri reali.

Si pu cercare una giustificazione di questo enunciato nello stesso modo


in cui spesso viene giustificata la tesi di C hu rch: rivendicando il fatto che

495

Deduzione/prova

linea retta una nozione confusa e che questa una spiegazione che
elimina l am biguit; m a tutto ci appare molto poco plausibile. Per contro,
il principio di corrispondenza un assunto sostantivo che pone in relazione
gli oggetti dellintuizione geom etrica con gli oggetti d ellintuizione aritmetica.
E, se abbiam o ragione, esso possiede lo stesso status d ellassioma della scelta:
accettato in parte sulla base dellintuizione, ma soprattutto perch, per usare
le parole di Zerm elo, il principio necessario per la scienza. Se abbiamo
ragione, la matematica si estesa - ha aggiunto ci che equivaleva agli assiomi
addizionali, anche se essi non erano form ulati nei manuali - attraverso pro
cessi quasi-em pirici m olto prim a che venisse sviluppata la teoria cantoriana
deglinsiemi. E questo processo non venne discusso n dai m atem atici n dai
filosofi poich entram be le com unit gravitavano nella stretta dellim m agine
filosofica tradizionale della matematica, intesa come una disciplina a priori fon
data su verit eterne.

4.

Prima e dopo Descartes.

A n che se serve a poco m oltiplicare sem plicem ente gli esempi, non diffcile
trovare ulteriori casi nei quali gli assunti della matematica, im pliciti o espliciti,
vennero estesi soprattutto sulla base del successo teorico o tecnico, cio per il
fatto che alcune nozioni (che possedevano, certamente, un grado di evidenza
o plausibilit intuitiva) si dim ostratone il fondam ento di teorie e tecniche ma
tematiche potenti. G li stessi num eri reali algebrici non furono postulati espli
citamente, ma sinsinuarono nel pensiero matematico pressoch inconsciam ente.
M entre un G reco antico avrebbe detto sem plicem ente che l equazione x= 2
non am m ette soluzioni, gli A rabi avrebbero scritto
(i)

* = 1 ,4 1 4 ...

(in notazione moderna).

M a la ( i) am bigua: pu significare: a) lequazione


= 2 non am m ette so
luzione, per
1,414 una soluzione approssimata (in num eri razionali) e
lapprossimazione potrebbe essere m igliorata calcolando un m aggior num ero di
decimali; b) il numero algebrico x = i ,4 i 4 .. . la soluzione di x^ = 2.
Con ogni probabilit la (i), in origine, aveva un significato sim ile ad a)
(cosa che non presuppone lesistenza dei num eri irrazionali), e nel corso del
tempo espressioni com e 1,414..., ecc., divennero cosi familiari che sem bra
rono essere numeri buoni tanto quanto o, i , 2, 3, ... In questo m odo l on
tologia della matematica port a includere num eri irrazionali (i reali algebrici)
come il risultato di una tecnica di calcolo per approssimare soluzioni di equa
zioni e delle caratteristiche della notazione decimale stessa. In m odo analogo,
pi recentemente, la teoria cantoriana degli insiemi non si present com e u n in
venzione di un singolo fondata su nientaltro che luso prem atem atico di parole
quali Menge (il vocabolo tedesco per 'aggregato). L a nozione di funzione arbi
traria (strettam ente connessa alla nozione di insieme arbitrario di num eri reali)
si fece lentamente strada nel corso dei duecento anni precedenti a Cantor.

Deduzione/prova

496

Insiemi arbitrari di reali (essi stessi pensati come determ inati insiemi di ra
zionali) erano gi familiari ai tem pi in cui Cantor lavorava. E Boole aveva
gi esplicitam ente riconosciuto gli insiemi (o classi, com e li chiam ) come
oggetti m atematici, nella sua algebra della logica. Senza dubbio, Cantor giun
se molto pi avanti dei suoi predecessori; ma senza i suoi predecessori, anche
la nozione di insieme di insiemi avrebbe potuto sembrare bizzarra, come
sembra bizzarra oggi alla m aggior parte dei profani. (Q uine ha messo in evi
denza nel suo libro Set Theory and its Logic [1963] che il sem plice uso delle
spressione insiem e di , in s e per s, non porta necessariamente a riconoscere
gli insiemi com e oggetti, per non parlare poi della form azione di insiemi di
insiemi). A n ch e nel caso in cui gli assiomi matematici paiano del tutto intrin
secamente evidenti - come oggi per gli assiomi di com prensione della teoria
dei numeri del secondo ordine (questi sem plicem ente afferm ano l esistenza di
vari insiemi di numeri interi matematicamente definibili) - questa evidenza in
trinseca spesso evidenza intrinseca nellambito di una teoria che essa stessa il
risultato sia di una costruzione astratta sia di una vasta pratica matematica,
non un fatto assolutamente im m une da revisioni, un carattere apodittico ga
rantito da una capacit non-em pirica di, appunto, riconoscere ci che in
trinsecam ente evidente .

5.

L e filosofie tradizionali della mMematica.

L e tradizionali correnti filosofiche della matematica - form alism o, intui


zionismo, logicism o - non sono riuscite a riconoscere i processi quasi-em pirici
attraverso i quali nuovi assiomi e principi, espliciti o im pliciti, entrano a far
parte del bagaglio degli assunti m atem atici accettati, ma questa incapacit si
manifesta in diversi modi.
L a scuola formalista (associata al nom e di D avid H ilbert) distinse la ma
tematica in una parte reale (che ha significato), che viene supposta invaria
bile, intrinsecam ente evidente e costituita dalla sola aritmetica finitaria, cio
da ragionamenti della teoria costruttiva dei num eri, e una parte ideale: tutto
il resto, per cui era richiesta solo una dimostrazione di consistenza e non si
gnificato o verit. Il fatto che gli assiomi della teoria degli insiem i non fossero
pensati come veri o falsi pu spiegare la mancanza dinteresse dei formalisti
per il problem a dellorigine di questi assiomi. cosa ben nota che il program
ma dei form alisti, di trovare dim ostrazioni finitarie di consistenza per la teo
ria degli insiem i o persino per l analisi, falli. Ci che m eno spesso viene valu
tato appieno che anche se i formalisti avessero dimostrato la consistenza
d ellanalisi, questo non avrebbe spiegato l applicabilit d ellanalisi e della ma
tem atica superiore in generale, al di fuori della m atematica pura. L indiffe
renza dei form alisti per la pratica (fuori dell ambito della m atem atica pura) e
per la storia (anche nellam bito della matematica pura) li spinge a ridurre l in
tera questione dellepistem ologia della matematica a una sem plicistica ricerca
di consistenza. G li intuizionisti, d altra parte, tendevano a conservare l idea

497

Deduzione/prova

secondo cui la m atematica sarebbe costituita da asserzioni dotate di senso. M a,


slittando in una direzione idealista, interpretarono la matematica pi o meno
come costruzioni mentali (il che significa che essi attribuirono scarsissimo va
lore allinteresse per ogni aspetto non strettam ente mentale). Inoltre gli intui
zionisti richiesero una nozione di necessit fenom enologica che non erano
affatto in grado di spiegare, a m eno che un paio di riferim enti a K a n t valga
no com e spiegazione! Apparentem ente, esistono verit a priori a proposito
delle costruzioni mentali che noi possiamo a malapena intuire - alcune delle
quali (per esempio laffermazione O gni numero ha un successore ) implicano
idealizzazioni che non hanno niente a che vedere con ci che la m ente umana
oggettivam ente in grado di elaborare.
U n intuizionista direbbe che il problem a posto in questo articolo non rientra
nel suo m odo di vedere, poich, afferm erebbe lui, la teoria degli insiemi
intuizionisticam ente priva di significato. Egli non accetterebbe per esempio
lassioma della scelta n quello di sostituzione. Q uindi potrebbe a sua volta
domandare; D ove sta il problem a? Se i matematici classici hanno continua
to ad am pliare la matematica aggiungendo assiomi che non sono in realt
intrinsecamente evidenti, questo proprio un m otivo in pi per rinunziare
alla m atem atica classica.
D i fatto per il problem a resta, sebbene gli esempi siano parzialm ente di
versi. In primo luogo, lintuizionista im ita la matematica classica n ellidentificare gli oggetti geom etrici con i loro corrispondenti aritm etici {mediante la
geometria analitica). M a ci rientra nella tradizione matematica - tradizione
che poggia, come abbiamo visto, sul successo dellapproccio di Descartes. D e
cidere che lintuizione matematica intuizione aritm etica - decidere di ignora
re proprio lintuizione geom etrica - un accettazione camuffata del principio
di corrispondenza. In secondo luogo, anche nellam bito della m atem atica in
tuizionista esistono nozioni (esem pio; dimostrazione costruttiva) la cui teoria
inform ale contiene paradossi logici sim ili a quelli della teoria degli insiemi.
G li intuizionisti evitano tali paradossi utilizzando una specie di teoria dei tipi
che ricorda quella di R ussell; ancora una volta, ci ha tutta laria di un pre
stito, non riconosciuto, da tutta lesperienza della matematica classica. (D al
momento che la nozione di dim ostrazione costruttiva una nozione essenzial
mente non predicativa - m olti argom enti intuizionisti esigono dim ostrazioni
costruttive che coinvolgono la totalit delle dimostrazioni costruttive - , non
affatto evidente , rispetto allinterpretazione intuizionista dei connettivi lo
gici che assume la dimostrazione costruttiva come nozione base, se siano
giustificate le restrizioni della teoria predicativa dei tipi). Infine, anche con
cedendo agli intuizionisti la loro versione della logica, la loro restrizione della
matematica allaritmetica (compresa l analisi costruttiva), ecc., rim ane il fatto
che, per fare concretam ente della matematica intuizionista, Brouw er ha dovu
to aggiungere degli assunti (camuffati da dimostrazioni inform ali) che non
sono pi evidenti di quanto non lo siano nella matematica classica la scelta o
la sostituzione. (M i riferisco alle sue dim ostrazioni dei cosiddetti B ar Theo
rem e Fan Theorem). A n che nella corrente intuizionista, ovviam ente, continua

Deduzione/prova

498

tuttora la scoperta di nuovi (anche se non esplicitamente enunciati) assiomi


ed assunti.
I
logicisti costituirono meno una scuola che non gli intuizionisti e i for
malisti e non svilupparono mai un atteggiamento uniform e nei confronti dei
fondam enti della matematica. L ala logico-positivista del m ovimento consi
der gli assiomi m atem atici veri per convenzione, una visione che viene
oggi considerata incoerente (in parte com e risultato del devastante criticismo
di Q uine nel suo famoso articolo Truth by Convention [1936]). Il Russell dei
Principia mathematica [Russell e W hitehead 1910] considerava gli assiomi ma
tematici com e sintetici-, ma egli non diede mai una vera e propria spiegazione
della natura della nostra conoscenza delle verit logica e m atematica. Per lui,
la cosa pi importante era mettere in evidenza che la verit m atematica ha le
stesse caratteristiche della verit logica (credo che da questo punto di vista
avesse ragione), piuttosto che sviluppare una teoria della conoscenza della ve
rit logica. M o lti critici del logicism o ne ricavarono che Russell credesse che
le verit logiche fossero analitiche e che lo scopo dei Principia fosse quello
di mostrare, riducendo la matematica alla logica, come anche in essa tutto sia
analitico; m a questo non ci che Russell pensava a quel tem po. P i tardi
- dopo la prim a guerra mondiale - sotto linfluenza di W ittgenstein egli fu
portato a credere che la logica e la m atematica consistessero di tautologie;
ma perfino nei Principles o f Mathematics [1903] riteneva che tale riduzione
della m atematica alla logica mostrasse che la logica sintetica (cosa che mi
trova d accordo), e non che la m atem atica analitica.

6.

Platonismo tradizionale e platonismo di Godei.

Il platonista tradizionale ha a disposizione un argom ento che pu usare


per sm inuire il significato di ci che si definito processi quasi-empirici
nella storia della matematica. Esso consiste nellusare la nozione di svista. A
volte ci si lascia sfuggire una verit necessaria (ad esempio, qualcuno pu non
rendersi conto - finch non viene posto in rilievo - che un cubo deve avere
sei facce), oppure sinciam pa in un errore grossolano e si assume per necessa
riamente vero ci che falso o incom pleto, com e quando si accetta una dim o
strazione non vera. Per assimilare abbagli e sviste di questa portata aHin
capacit di vedere che esiste una corrispondenza tra i num eri reali e i punti
della retta, oppure che esistono insiem i di insiemi di num eri interi, oppure
che l assioma della scelta vero, vuol dire ignorare differenze che hanno gran
de significato m etodologico. A nche se esistesse qualcosa di sim ile alla verit
assolutamente necessaria (nel senso di verit im mune da revisione) e anche se
fosse stata fornita qualche teoria epistem ologica per sostenere e spiegare una
tale afferm azione - e le teorie di K a n t sono oggi difficilm ente accettabili ancora una volta, l errore maggiore nel com piere questa assimilazione che
essa stravolge la vera m etodologia dalla matematica. D al punto di vista dellabbaglio, una mente razionale potrebbe accettare l esistenza di insiemi

499

Deduzione/prova

di insiemi proprio sulla base dellintuizione e non perch stata costruita


una teoria degli insiem i; una mente razionale potrebbe accettare la corri
spondenza tra punti sulla retta e num eri reali proprio sulla base dellintui
zione, non a causa della grande am piezza della teoria e della pratica, coronata
da successo, basata sul principio di corrispondenza. Siam o convinti che ogni
teoria filosofica che consideri un tale edificio teorico e pratico m etodologica
m ente irrilevante, non pu essere corretta. L intuizione certam ente svolge un
ruolo ; ma qualunque cosa possa essere lintuizione , non una guida infllibile e non lunica fonte della nostra conoscenza, anche nella matematica.
U n altro procedim ento tradizionale discutere di esperim enti mentali
(nel senso kantiano). M a Zerm elo non si richiam appunto a esperim enti m en
tali ma alla necessit per la scienza ; e non facile capire quale esperim ento
mentale possa stabilire la verit necessaria del principio di corrispondenza.
Se le spiegazioni platoniste tradizionali sembrano fallire, la versione del
platonism o esposta da K u rt G odei ha generato un diffuso interesse a dispetto
delle nozioni squisitam ente metafisiche che egli impiega. Per G odei, i concet
ti sono reaU esattamente come oggetti fisici; egli afferma che l evidenza
relativa allesistenza dei concetti valida quanto quella dell esistenza degli
oggetti fisici. ( L analogia tra la conoscenza m atematica e la conoscenza nella
fisica, qui sostenuta, dovuta a G odei e - indipendentem ente - a Q uine, seb
bene Q uine sia scandalizzato dalla metafisica di G odei). L aspetto metafisico
del pensiero di G od ei - metafisico nel senso di gratuitam ente speculativo la sua fede in_ uninterpretazione essenzialmente dualista della mente. L a
mente, nellinterpretazione di G odei, essenzialmente un ente immateriale
(W ang riferisce conversazioni con G od ei nelle quali questultim o avanza una
teoria della reincarnazione sim ile a quella di Platone, almeno sul piano specu
lativo). L intuizione, nellottica di G odei, una particolare facolt di per
cepire i concetti. Questa facolt egli la considera indefinitam ente perfeziona
bile (attraverso successive reincarnazioni?) C osi altri assiomi possono sempre
diventare evidenti alle nostre menti.
M entre il dualismo che G od ei difende m i pare infondato e antiscientifico,
alcuni aspetti del suo pensiero sono estremamente attraenti ed necessario,
penso, che vengano inseriti in ogni sensata spiegazione realista della cono
scenza. L idea che ci che intrinsecamente evidente varia nel tem po
u n idea importante. M a m entre G odei attribuirebbe ci al perfezionam ento di
una facolt essenzialmente misteriosa di intuizione, mi parrebbe pi plau
sibile attribuire questo fenom eno al fatto che ci che chiamiamo evidenza in
trinseca o necessit tipicam ente, se non sempre, intrinsecam ente evidente
nellam bito di una teoria. Stabilita una base della teoria e della conoscenza,
alcune affermazioni possono essere talm ente centrali, possono essere a tal punto
presupposte da gran parte di ci che pensiamo e facciamo, che nessuna espe
rienza in grado da sola di contraddirle (bench tali affermazioni vengano oc
casionalmente capovolte quando una mente creativa produce una nuova teoria
che incorpora la negazione di qualcuna di tali affermazioni e m ostra che pu
sistematizzare i fatti in m odo attraente). Cosi, le affermazioni della geometria

Deduzione/prova

500

euclidea non avrebbero potuto essere contraddette da alcun esperim ento, tutta
via esse vennero rovesciate (come descrizione dello spazio attuale) dopo lin
venzione della geom etria non-euclidea e dopo che la teoria della relativit cre
un nuovo contesto teoretico. Se l evidenza intrinseca dipende dalle nostre teorie
e dalle applicazioni che da esse derivano, allora, dal m om ento che le nostre
teorie si sviluppano e variano continuam ente, ci dobbiam o aspettare che nuove
cose possano diventare evidenti . (In questa im postazione, a differenza che in
G odei, cose che erano in precedenza evidenti possono anche cessare di esserlo.
D al punto di vista di G odei, m ettere in discussione ci che era ritenuto prece
dentemente intrinsecam ente evidente equivale ad amm ettere un errore: la
nostra vista eterea non sarebbe cio stata messa a fuoco sufficientem ente bene).
C i che pi originale ed im portante nella filosofia della matematica di
G odei, tuttavia, non ha niente a che fare con la sua im postazione preem piricistica e prekantiana circa i concetti e lintuizione . C i che colpisce mag
giormente che a differenza di altri filosofi della m atem atica di stam po aprio
ristico, egli riconosce gli aspetti quasi-em pirici della m atem atica e non li re
lega al livello di sem plice psicologia . E gli disposto a basare la conoscenza
matematica sui due supporti dellintuizione (della quale fornisce u n interpreta
zione sostanzialm ente medievale) e della verifica pratica. sorprendente e sug
gestivo che due filosofi cosi distanti nel m odo di vedere e nei presupposti come
Quine e G od ei - un em pirista radicale e un platonista radicale - abbiano po
tuto convergere n ellidea che gli assiomi m atem atici vengono conferm ati (al
meno in parte) dalla loro necessit per la scienza e che la conoscenza del
l esistenza di oggetti matematici ricalca la conoscenza dellesistenza degli
oggetti materiali.

7.

Conclusione.

ovvio che questa nuova idea concernente la natura della conoscenza ma


tematica com porta una m oltitudine di nuovi problem i. Esistono nuovi pro
blemi m etodologici: per esempio, un fatto che alcune parti della matematica
sono sostenute da applicazioni sia in m atematica che nella scienza empirica,
mentre gli assiomi della teoria superiore degli insiemi si applicano solo nella
matematica stessa (e l assioma di sostituzione soltanto nella stessa teoria degli
insiemi). Q uesto significa forse che si dovrebbero considerare queste ultim e
parti della matematica com e pi speculative, verificate m eno bene, rispetto
alle altre parti che sono suscettibili di applicazioni Vesterno della matematica?
Sarei personalm ente incline a dare risposta affermativa, ma G od ei e m olti altri
- forse la m aggior parte dei cultori di teoria degli insiem i - sarebbero in vio
lento disaccordo. Certam ente sono necessarie discussioni e ricerche innum e
revoli circa il carattere della verifica quasi-empirica. Ed esistono problemi
psicologici; per esempio, se si fosse sul punto di arrivare a capire che la ma
tematica pi empirica di quanto non si pensi, si sarebbe anche vicini a
dire che la scienza em pirica pi a priori di quanto non si ritenga. chiaro.

501

Deduzione/prova

in base ad argom entazioni strettam ente com binatorie, che se si procede nella
scienza empirica cercando di elim inare le ipotesi una per una, esaminando in
modo esaustivo tutte le ipotesi che com unque non superano una certa com ples
sit, le probabilit di incappare n ellipotesi vera, in un dato ambito - ammesso
che essa esista-sarebbero estrem am ente piccole. L intuizione um ana non in
fallibile com e l apriorista vorrebbe (n gli insuccessi possono essere tutti de
gradati al rango di abbagli e sviste) ; ma essa m olto m iglior gu ida alla verit
o alla verit approssimata di quanto l em pirista sappia spiegare. In una nuo
va im postazione concettuale, ci si trova di fronte a un problem a invero molto
antico: qual la natura dellintuizione umana, e perch essa funziona cosi
bene? [ h . p .].

G od ei, K .
1944 RusseWs M athematical Logic, in The Philosophy o f Bertrand Russell, T u d o r, N e w York.
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1908 Neuer Bewets fu r die M oglichkeit einer Wohlordnung, in M athem atische Annalen,
L X V , pp. 107-28.

II concetto di dimostrazione, che alla base di m olti ragionamenti scientifici (cfr.


per esempio scienza, analisi/sintesi, causa/effetto, teoria/pratica), viene soprat
tutto utilizzato con il significato di prova matematica. Il concetto di deduzione interviene
invece nella lo gica (cfr. form alizzazione) e in particolare nella ricorsivit. Tuttavia
le verit logiche e maiematiche non sono un dato invariabile giacch anchesse sono o g
getto di verifcabilit/falsifcablit, com e risulta dalla storia ad esem pio degli as
siomi della teoria degli insiemi (cfr. assioma/postulato, insiem e), in cui stato fon
damentale il successo pratico dell assioma assunto.

Equivalenza

Per lequivalenza al livello della logica elementare c almeno una proce


dura com pleta di dimostrazione, bench non ci sia una procedura com pleta
di refutazione; per l equivalenza matematica in generale, come conseguenza
del teorema di G odei, non c neppure una procedura com pleta di dim ostra
zione. M a la nozione di equivalenza filosoficamente im portante oggi non
la nozione di equivalenza logica o matematica, ma piuttosto quella di equiva
lenza conoscitiva di intere teorie e, in particolare, di sistemi teorici che sono,
presi letteralmente, incom patibili. A questo argomento, lequivalenza cono
scitiva di teorie e sistemi concettuali, in particolare sistem i che sono apparen
temente incom patibili, dedicato il presente articolo.

I.

Equivalenza come nozione filosofica.

P er un tipo di filosofi realisti tradizionali la specie di equivalenza che si


sta discutendo non esiste affatto. U n realista di tal fatta quello che crede,
come L enin [1909], che le teorie siano sem plicem ente copie del mondo.
Se il realismo identificato con lidea che ci sia una (e una sola) teoria vera
sul T u tto , allora il realismo proprio la negazione dellidea che ci sia una plu
ralit di descrizioni equivalenti del m ondo (eccettuati i casi non controversi
dellequivalenza logica e matematica). O ggi per pochi filosofi di stam po rea
lista, se pure ce n qualcuno, desidererebbero essere identificati con questo
tipo di realismo. Sia gli sviluppi della m atem atica sia quelli della fisica hanno
reso insostenibile l idea dell U nica T eo ria Vera, per lo meno se non si accom
pagna lasserzione che c una teoria vera con limportante glossa che contare
le teorie non facile: quelle che sembrano essere teorie diverse possono essere
solo, come ha recentemente mostrato Quine, versioni di una stessa teoria.
M a il realista che glossi la sua credenza nella T eo ria V era in tal m odo am m ette
che teorie diverse al livello della grammatica superficiale, e anche al livello
dellequivalenza matematica e logica (cio che sono diverse, o anche incom
patibili, nel significato letterale), possono essere sim ultaneam ente vere. Se
tali teorie sono una a qualche livello pi profondo (se sono in qualche modo
descrizioni equivalenti), allora si deve dare una spiegazione di com e questo
sia possibile, di come cio teorie che non sono matematicamente equivalenti,
possano esserlo conoscitivamente.

2.

Experience and Prediction di Reichenbach.

U no dei prim i tentativi di dare una teoria delle descrizioni equivalenti


autocosciente e pienamente elaborata dovuto a Hans Reichenbach, che ha

Equivalenza

548

discusso largomento nel suo grande trattato epistem ologico Experience and
Prediction [1938] e l ha anche applicato in im portanti libri sulla filosofia dello
spazio e del tem po [1928] e sulla filosofia della meccanica quantistica. Bench,
a nostro parere, il trattamento dellequivalenza in Reichenbach non sia riu
scito, le difiicolt e le tensioni nel lavoro di Reichenbach illustrano m irabil
mente i problem i in questo campo.
Secondo i positivisti (intesi da Reichenbach come gli aderenti alle idee ini
ziali del C ircolo di Vienna, quali quelle espresse per esempio nel famoso libro di
A yer Language, Truth and Logic [1946]) il significato di una asserzione con
siste nel suo metodo di verifica. In una form a molto prim itiva, che A yer non
condivise, la verifica era supposta definitiva: le esperienze avrebbero verifica
to o falsificato unasserzione per sempre (questa forma sopravvive oggi, spe
cialmente fra i sociologi, col nome di operazionismo). Se questa teoria positi
vista del significato fosse risultata corretta, lequivalenza sarebbe facilm ente
spiegata; due asserzioni sarebbero conoscitivamente equivalenti quando le stes
se esperienze le verificano e le stesse esperienze le falsificano. Per Reichenbach
indic una difiicolt decisiva per questa form a di verificazionism o : in gene
rale un risultato osservabile, ad esempio losservazione di una lettura di con
tatore in fisica, verifica u n asserzione empirica (ad esempio L a corrente pas
sa nel filo) solo con una certa probabilit, e non in modo definitivo. L opera
zionismo e il positivismo rozzo distorcono l efi^ettivo funzionam ento dei con
cetti scientifici, travisando ci che in realt una inferenza probabilistica (che
richiese la conferm a di una larga parte di teoria fisica) in una sem plice appli
cazione di una cosiddetta definizione operazionale. L asserzione L a cor
rente passa nel filo se e solo se lago del voltm etro deviato viene a volte ri
ferita come una definizione operazionale, ma ci non com porta che sia una
stipulazione di significato. In realt, solo approssim ativam ente vera; u n as
serzione pi accurata sarebbe Il 99 per cento delle volte la corrente passa nel
filo se e solo se lago del voltm etro deviato, o qualcosa del genere.
Reichenbach propose quindi la seguente teoria probabilistica del signi
ficato :
1) U n asserzione significante se e solo se possibile (tramite le proce
dure della logica induttiva, di cui Reichenbach era una delle massime
autorit a quel tempo) assegnare ad essa un peso, cio una valutazione
di probabilit, in qualche situazione osservabile e fisicam ente realizzabile.
2) D ue asserzioni hanno lo stesso significato se e solo se esse ricevono lo
stesso peso in ciascuna di tali situazioni.
Se si applicano questi due principi non solo a singole asserzioni ma anche
a intere teorie, come Reichenbach intendeva, si ha un criterio per lequiva
lenza conoscitiva, che ci che si cercava. M a con tale criterio sorgono dei
problem i, com e si vedr presto.
Prima per va esaminato l uso che Reichenbach stesso fece del suo criterio.
In un affascinante discussione (il mondo cubico) egU m ette in guardia con
tro un possibile fraintendim ento della sua teoria : egli non la intende in modo

549

Equivalenza

che due teorie con le stesse conseguenze controllabili risultino descrizioni equi
valenti.

3.

I l mondo cubico.

Il caso che Reichenbach descrive il seguente: s im m agini un m ondo in


cui ogni osservatore intelligente viva in una regione racchiusa in u n gran cu
bo trasparente. Il materiale di cui il cubo costituito permette il passaggio
di luce sufficiente affinch gli oggetti fuori del cubo producano om bre visibili
allinterno di esso, ma nessun altro segnale causale di qualunque tipo passa
attraverso le sue pareti. L e leggi fsiche di questo universo sono tali che il
cubo non si pu spezzare, e gli osservatori allinterno del cubo non possono
mai uscire fuori di esso per fare osservazioni dirette di ci che c allesterno.
Si supponga che ci siano uccelli sia fuori sia dentro il cubo, e che quelli
fuori producano om bre sulle pareti del cubo. Queste om bre sono state a lungo
osservate dagli scienziati del mondo cubico, ed stata form ulata in termini
statistici una descrizione esatta dei tipi di ombre, dei periodi dell anno in cui
esse vengono viste e della frequenza con cui ciascun tipo di om bra visto in
un dato periodo dellanno o del giorno. G li scienziati, notando la somiglianza
di tali om bre con le om bre degli uccelli che sono loro fam iliari tram ite la
conoscenza che hanno degli uccelli allinterno del cubo (e la loro conoscenza
dell ottica), deducono naturalm ente che ci sono uccelli fuori del cubo, e che
le ombre sono prodotte da qualcuno di essi.
Ora, una disputa filosofica scoppia fra gli epistemologi. U n gruppo - i po
sitivisti - argomenta cosi: L asserzione che "c i sono uccelli fuori del cu bo
verificata quando e solo quando si vedono om bre (di form a e m ovimento
cosi e cosi) sulle pareti. Q uindi tutto ci che tale asserzione significa che si
vedono om bre (di form a e m ovimento cosi e cosi) sulle pareti. Parlare di u c
celli fuori del cubo , in realt, parlare in modo molto mediato delle ombre
viste entro il cubo.
Il secondo gruppo - i realisti - replica: Assurdo! G li uccelli sono una co
sa e le om bre u n altra. O vviam ente l asserzione " C i sono uccelli fuori del cu bo
significa di pi che, sem plicem ente, " S i vedono om bre allinterno del cu bo .
Reichenbach si allinea coi realisti in tale disputa, e difende la loro posizione,
sulla base della sua teoria probabilistica del significato, come segue: tenuto
conto dei dati osservativi disponibili allinterno del cubo, lasserzione che ci
sono om bre sulle pareti ha praticamente probabilit uno. certo (trascurando
la possibilit infinitesima di un allucinazione collettiva o qualcosa del genere)
che ci sono om bre sulle pareti. L asserzione che ci sono uccelli fuori del cubo
non segue deduttivamente d allosservazione delle om bre di forma e movimento
considerate, anche se si assume che le leggi dellottica siano le stesse dentro
e fuori del cubo, perch altri oggetti potrebbero produrle. M a la norm ale in
duzione im porrebbe di dover assegnare u n alta probabilit, bench significa
tivam ente inferiore a uno, alla conclusione che tali om bre sono prodotte da

Equivalenza

550

uccelli. Poich il peso assegnato allasserzione Si vedono ombre sul muro


uno, m entre il peso assegnato allasserzione Ci sono uccelli fuori del cubo
minore di uno, le due asserzioni non hanno lo stesso significato in base al
secondo principio della teoria probabilistica del significato.
Ci che Reichenbach dice che la verifica questione di grado e che, dati
i nostri attuali criteri per assegnare il grado con cui le asserzioni sono verifi
cate, due asserzioni che hanno le stesse conseguenze controllabili possono
essere verificate con gradi differenti, e non essere cosi equivalenti. L identit di
conseguenze controllabili non un buon criterio per l equivalenza.

4.

I l caso degli adoratori di gatti.

istruttivo paragonare lanalisi di Reichenbach del m ondo cubico con la


nalisi da lui fatta nello stesso libro di un altro esempio im m aginario. EgH
immagina un gruppo di adoratori di gatti, i quali sostengono che i gatti sono
animali divini. Quando si chiede loro quali prove ci siano che questo sia vero,
o quali conseguenze controllabili abbia la loro fede, essi rispondono che i gatti
incutono tim ore (negli adoratori di gatti).
Reichenbach tratta sommariamente questo esempio, proprio com e Carnap
[1928] tratta una quantit di famosi rompicapo filosofici. Secondo Reichenbach
le due asserzioni I gatti sono animali divini ed I gatti incutono timore
(nei loro adoratori) sono conoscitivamente equivalenti. In verit la prim a as
serzione ha un elemento di significato (un significato trascendente ) che man
ca nella seconda, ma questo significato trascendente conoscitivam ente spurio.
Ci che singolare che Reichenbach non dedica a questo esempio niente
deUattenzione dedicata al caso del mondo cubico. N on si chiede se l asser
zione I gatti sono animali divini incorporata in una teoria (come sicuram ente
sarebbe, se fosse realmente una credenza religiosa), n se tale teoria possa
avere qualche grado di sostegno induttivo. In realt egli fa qui proprio come
ci metteva in guardia dal fare nel caso del mondo cubico: salta dal fatto che
le due asserzioni hanno le stesse conseguenze controllabili alla conclusione
che esse sono equivalenti.
Il m otivo non diificile da capire: m olti filosofi em piristi vogliono elim i
nare la metafisica in quanto concettualm ente confusa. U n m odo (particolarmen
te rozzo) di farlo sostenere che le espressioni metafisiche sono senza significato.
Per alcune espressioni metafisiche e religiose hanno conseguenze controllabili ;
cosi, in tal caso, quegli em piristi - fra cui Reichenbach - i quali hanno cer
cato un principio che eliminasse una volta per tutte le espressioni metafisiche
dal campo del significante, hanno riunito sem plicem ente le conseguenze con
trollabili d ellespressione in questione e hanno stabilito che lespressione fosse, in
pratica, conoscitivam ente equivalente alla congiunzione (in genere banale) delle
sue conseguenze controllabili. In effetti, Reichenbach dice che i gatti sono ani
mali divini senza significato per il 99 per cento, e l i per cento del suo si
gnificato I gatti incutono timore (nei loro adoratori) .

551

Equivalenza

U n tale uso della nozione di significato riconosciuto oggi cattivo sia


dal punto di vista semantico che da quello filosofico. In questo articolo si
supporr che, nel cercare una nozione di equivalenza conoscitiva, lo scopo
non sia quello di dichiarare inesistenti i problem i metafisici. In verit, proprio
l esempio di Reichenbach sul mondo cubico mostra come un verificazionista
sofisticato possa (quando vuole) trovare differenze di significato conoscitivo tra
teorie con le stesse conseguenze controllabili.

5.

L a critica di Quine alla teoria probabilistica del significato.

N el suo famoso articolo Two Dogmas o f Empiricism [1951], Q uine critica


una form a di verificazionism o che notevolm ente simile alla teoria probabi
listica del significato di Reichenbach. Quine considera la teoria secondo cui
due asserzioni hanno lo stesso significato esattamente quando hanno lo stesso
dominio di esperienze conferm anti e lo stesso dominio di esperienze infir
manti. Essa assomiglia alla teoria di Reichenbach, solo che: i) Q uine parla
di esperienze e Reichenbach di osservazioni fisicamente realizzabili; 2) Quine
trascura il grado num erico con cui una data esperienza di conferm a o di infirm azione conferma o infirma u n asserzione, mentre Reichenbach parla di peso
numerico. (In pratica, la teoria criticata da Q uine chiede soltanto se il peso
grande o piccolo. S e due asserzioni hanno peso grande - cio sono confer
mate - o piccolo - cio sono infirmate - nella stessa esperienza, esse dovranno
essere considerate com e aventi lo stesso significato in tale teoria; m entre la
teoria pi raffinata proposta da Reichenbach richiede che in ciascuna di tali
esperienze il peso sia esattamente lo stesso). N onostante le differenze tra la
teoria considerata da Q uine e la teoria proposta da Reichenbach, la critica
di Quine si applica anche a questultima.
In breve, la critica di Quine che lerrore sta nellassumere che esista qual
cosa di simile al dominio di esperienze conferm anti (o infirmanti) di u n asser
zione isolata. U n asserzione, dice Quine, pu essere conferm ata o infirmata
solo nel contesto di una vasta teoria, almeno in generale. L idea che i metodi
di verifica possano fornire un concetto di significato per asserzioni singole non
tiene conto del fatto che le nostre credenze si sottopongono al tribunale del
lesperienza collettivam ente e non a una a una.
S i pu vedere che Quine ha ragione considerando proprio il caso che Rei
chenbach ha discusso: l esempio del mondo cubico. L assegnazione di un peso
num erico allasserzione Ci sono uccelli fuori del cubo era fatta stimando la
probabilit che ombre di quella form a e movimento fossero prodotte da uc
celli invece che da altri tipi di oggetti opachi. Questo chiaram ente presum e:
i) che le leggi dellottica siano le stesse dentro e fuori del cubo; 2) un vasto
corpo di conoscenza su uccelli e altri tipi di oggetti, che inoltre si considera
valido anche fuori del cubo (o probabilm ente valido, bench sia un bel rom pi
capo l assegnare un num ero alla probabilit, come richiesto dalla teoria di Rei
chenbach). Cosi solo nel contesto di una vasta teoria che si pu assegnare

Equivalenza

552

un peso, num erico o anche qualitativo (ad esempio grande o piccolo),


allasserzione Ci sono uccelli fuori del cubo. Se tutto ci che si ha la de
scrizione di una situazione osservabile, e non si sa quale teoria si suppone
di considerare insieme con lasserzione C i sono uccelli fuori del cubo, allora
la domanda Quale peso ha l asserzione in questa situazione osservabile? non
ha un significato chiaro.
Reichenbach avrebbe forse replicato che esiste il peso che u n asserzione
riceverebbe in una situazione osservabile se si facessero le m igliori inferenze
induttive (intendendo con ci anche di cosiderare le m igliori teorie); ma un
tale peso idealizzato non assolutamente calcolabile in pratica. In realt
non si pu afl:atto, generalm ente, assegnare probabilit num eriche alla maggior
parte delle asserzioni, anche quando sia data la teoria che realm ente si consi
dera; e paragonare i pesi che le asserzioni riceverebbero se noi fossimo giu
dici induttivi ideali e considerassimo tutte le possibili teorie certo fuori delle
possibilit di chiunque. A n zi, sarebbe addirittura possibile dubitare che la
nozione di migliore inferenza induttiva possibile abbia un senso ben de
finito.
Il
rapporto tra questa difficolt e il progetto di definire l equivalenza chia
ro. Se non esiste il peso di unasserzione isolata da una teoria che la conten
ga, non c neppure il peso di una teoria isolata da uno sfondo di altre
premesse di vario tipo: ipotesi ausiliari, premesse m etodologiche, ecc. Il peso
di una teoria dellevoluzione, per esempio, dipende dalla valutazione di vari
tipi di certezze geologiche, paleontologiche, ecc. e per questo si fa appello
alla fisica, alla geologia, alla genetica, alla biologia molecolare, ecc. Chiedere
se due teorie abbiano lo stesso peso in ogni situazione fare, in generale, una
domanda che non ha risposta precisa, perch non si ha alcuna idea del peso
che anche una sola teoria pu ricevere in ogni situazione. Cercare di definire
l equivalenza in term ini di peso, o grado di conferma, cercare di definire
qualcosa di non chiaro in termini di ci che ancora meno chiaro.
Questo illustra un aspetto del criterio di Reichenbach: tale criterio pu
essere usato in m odo convincente per provare che due teorie o asserzioni non
sono equivalenti (ad esempio Ci sono uccelli fuori del cubo e Si vedono
ombre, di form a e m ovim ento cosi e cosi, sulle pareti del cubo), perch
sufficiente descrivere una situazione (com prendente una teoria di sfondo) in
cui le due teorie o asserzioni sono chiaramente conferm ate con due gradi dif
ferenti (ricevono pesi diversi) per mostrare la wow-equivalenza. M a non c
alcun m odo ovvio di usare il criterio per provare che due asserzioni o teorie
sono equivalenti; e, com e si visto sopra, quando Reichenbach afferma che
due asserzioni sono equivalenti (ad esempio I gatti sono animali divini e
I gatti incutono tim ore nei loro adoratori), egli in realt non fa uso del suo
criterio.

553

Equivalenza

6.

L a teoria della relativit ristretta.

Poich i tentativi (o almeno i tentativi neopositivisti, come quello di R ei


chenbach) di definire la nozione di equivalenza (identit di significato) si sono
rivelati infruttuosi, si esamini ora l uso di questa nozione in rapporto alla teoria
della relativit ristretta. stata infatti questa teoria che sem brata richiedere
una tale nozione, e m olti dei tentativi di applicare la nozione di equivalenza
alla filosofia dello spazio e del tem po derivano dalle varie descrizioni che i
filosofi della scienza hanno dato della struttura logica e del significato episte
m ologico della relativit ristretta.
Siano A e B due sistemi inerziali. L essenza delle nozione di sistem a iner
ziale che un tale sistema non ruota e non sperimenta accelerazioni di alcun
tipo ; cosi A e B devono essere o in quiete relativa o in moto con velocit re
lativa costante. Scegliendo A come sistema in quiete, allora B sar descritto
come in moto con velocit costante v (si supponga v ^ o , cio A e B non sono
in quiete relativa). Se si sceglie B come sistema in quiete, allora A sar descrit
to come in moto con velocit costante ~ v . T u tto ci noto dalla fisica clas
sica e dalle discussioni filosofiche classiche sulla relativit del moto.
D al punto di vista m atematico considerare A come sistema in quiete, piut
tosto che B corrisponde a una trasform azione del sistema di coordinate. Nella
fisica classica, questa una cosiddetta trasform azione galileiana. Se si sup
pone che gli orologi nel sistema A siano fisicamente identici a quelli nel siste
ma B, allora nella fisica classica la coordinata del tempo in A , sia essa t, e la
coordinata del tem po in B, sia essa t ', possono solo differire per una costan
te: t = t ' + k. In particolare, allora, due eventi che sono simultanei in un siste
ma sono simultanei nellaltro; e due eventi che differiscono nel tem po di r se
condi in un sistema, differiranno di r secondi nell altro.
Secondo la teoria della relativit ristretta, il cambiamento dal sistema A
al sistema B non correttam ente rappresentato da una trasform azione galileia
na. Se si vogliono invece ottenere previsioni corrette, si deve usare una di
versa trasformazione matematica (una cosiddetta trasform azione di Lorentz)
per determinare le coordinate di un evento in B dalle sue coordinate in A,
0 viceversa. (T u tto ci si pu cosi visualizzare geom etricam ente; i due sistemi,
se sono in moto relativo, non concordano n per quanto riguarda la distanza
spaziale, n per quanto riguarda la distanza tem porale fra eventi, ma sono
collegati in modo che concordino per quanto riguarda la distanza spazio-tem porale fra due eventi; questultim a quantit pu essere definita in entrambi
1 sistemi con lespressione (x^+y^ + z^ c^t^y^^, dove c la velocit della luce.
L esistenza di questa nuova quantit invariante - la distanza spazio-tem porale l aspetto caratteristico della nuova teoria). Ci ha molte conseguenze sor
prendenti. Anche se i metri in A sono fisicamente identici ai m etri in B, la
lunghezza degli oggetti misurata in B diversa dalla lunghezza degli stessi
oggetti misurata in A . In realt, il sistema in m ovimento B sem bra pi
corto visto da A di quanto appaia visto da B (e, simmetricamente, A sembra

Equivalenza

554

pi corto visto da B che non visto da A ). A ncora pi sorprendentem ente,


eventi che sono simultanei in un sistema non sono generalm ente simultanei
nellaltro, e la distanza tem porale fra due eventi sar descritta in modo diverso
nei due sistemi. Pi la velocit v si avvicina a quella della luce c, pi tale feno
meno diventa significativo: se un sistema si m uove relativam ente a llaltro
con velocit praticamente uguale a quella della luce, pu succedere che un
evento duri anni se osservato da un sistema, e solo giorni o anche secondi se
osservato dallaltro. Viceversa, se la velocit relativa v piccola in rapporto
a quella della luce, queste discordanze saranno sperim entalm ente insignificanti,
e questo il m otivo per cui la relativit della simultaneit, della lunghezza e
della separazione tem porale non furono notate dai fisici anteriori ad Einstein.
O ggi che le particelle sono costantemente accelerate a velocit vicine a c nel
grande acceleratore lineare di Stanford e in altri acceleratori europei e russi,
i fenomeni previsti dalla relativit ristretta vengono osservati costantemente.
Sia (A) la descrizione del mondo nel sistema di coordinate A (immaginia
mo che A sia la T erra, trascurando la sua accelerazione in u n dato istante).
Sia (B) la descrizione che otteniamo trasform ando tutte le asserzioni della de
scrizione (A), secondo la trasform azione di L oren tz che corrisponde alla scelta
di B come nuovo sistema in quiete (immaginiamo che B sia una navicella spa
ziale che si muova relativamente ad A ad 1/4 della velocit della luce). Allora,
dal punto di vista di osservatori nella navicella spaziale B, la descrizione (B)
la vera descrizione del mondo. M a come pu succedere questo? L a descri
zione (A) dice che due eventi X ed Y (ad esempio u n esplosione sulla Luna
e u n esplosione su M arte) sono avvenuti simultaneamente e la descrizione (B)
dice che X avvenuto prima di Y . Com e possono due descrizioni cosi palese
mente contraddittorie essere entrambe vere?

7.

L idea di varianza notazionale.

L a prim a idea che logici e filosofi della scienza misero alla prova era molto
naturale: essi cercarono di render conto dellequivalenza delle diverse descri
zioni che sorgono dalla scelta di sistemi diversi nella relativit ristretta come
di un caso di sem plice varianza notazionale. Essendo em piristi (come quasi
tutti i filosofi della scienza) essi lo fecero in un modo che in accordo con la
tradizione dell em pirism o classico. Considerarono il cosiddetto linguaggio osservativo , cio la term inologia usata per riportare le osservazioni fatte in cia
scun sistema, com e se fosse un linguaggio neutrale. In verit asserzioni come
U n osservatore in A ha visto il suo orologio segnare le 12 quando ha schiac
ciato il pulsante sono neutrali nella relativit ristretta, nel senso che sono
vere in ogni sistema se sono vere in A stesso (ovviam ente, esse non sono neu
trali nel senso di non presupporre alcuna teoria, ed questo il punto in cui la
fiducia degli em piristi nella nozione di linguaggio osservativo in, filosofia della
scienza risult mal posta. M a ci non invalida lattuale discussione). Avendo
a disposizione un linguaggio neutrale, essi cercarono di mostrare com e termini

55 5

Equivalenza

quali 'sim ultaneo , 'distanza e 'separazione tem porale ricevono realmente de


finizioni diverse nei sistemi diversi, cio definizioni diverse nel linguaggio os
servativo neutrale. Poich 'sim ultaneo , ad esempio, non ha la stessa defini
zione (relativamente al linguaggio neutrale) nelle due descrizioni (A) e (B),
l incompatibilit tra le asserzioni X ed Y sono avvenuti simultaneamente
e X ed Y non sono avvenuti simultaneamente reale solo quando tali asser
zioni sono afl:ermate da un osservatore relativam ente allo stesso sistem a; se
d altra parte unasserzione occorre nella descrizione (A) ma l altra occorre in
(B), allora l incom patibilit solo apparente. L e descrizioni (A) e (B) sono
allora equivalenti, nel senso che sono varianti notazionali una d ellaltra.
Q uestidea stata elaborata nella sua form a classica in Reichenbach 1928.
Reichenbach analizza la situazione come segue: quando io vedo un evento
distante, ad esempio mediante un telescopio, posso assegnare un tem po t al
levento se conosco la sua distanza (distanza che posso misurare usando un m e
tro in quiete nel mio sistema per definire una rete di coordinate) e, inoltre,
la velocit con cui la luce arriva da quella direzione lungo quel percorso.
Io posso m isurare la velocit della luce in andata e ritorno (la velocit
media della luce in andata e ritorno lungo un percorso tra lorologio stan
dard nel mio sistema e uno specchio posto a una certa distanza da esso) se
conosco la distanza dello specchio e i tempi di partenza e di arrivo del raggio
di luce (ci richiede solo lim piego dellorologio standard). M a per determ i
nare la velocit della luce in un senso (ad esempio la velocit che la luce ha
andando verso lo specchio) avrei bisogno di due orologi, quello standard nel
mio sistema e un altro posto vicino allo specchio, e dovrei sapere che i due oro
logi sono sincronizzati. M a sapere questo proprio sapere che, per esempio,
essi segnano le i z simultaneamente. Cosi sem bra che io non possa determinare
la simultaneit a distanza a meno che non possa dire che gli orologi sono sin
cronizzati, e che non possa dire che gh orologi sono sincronizzati finch non
possa determinare la simultaneit a distanza!
L a soluzione di Reichenbach quella di dire che ho bisogno di ci che egli
chiama una definizione di coordinamento (in realt, una definizione nel linguag
gio neutrale) e che l asserzione che la velocit della luce in un senso uguale
alla velocit in andata e ritorno (cio che la luce viaggia con la stessa velocit
in ogni direzione, relativamente al sistema) una definizione del genere. D ire
che la velocit della luce indipendente dalla direzione sembra u n asserzione
empirica; in realt una stipulazione di significato, che definisce la coordi
nata temporale t nel sistema per quegli eventi che non sono situati vicino al
lorologio standard. Analogam ente, ammessa una discordanza tra osservatori
in sistemi diversi per quanto riguarda la lunghezza d un metro (noi sulla
T erra diciamo che il metro della navicella pi corto di un nostro metro,
essi dicono che il nostro metro pi corto di un loro metro), lasserzione che
1 metri in quiete nel nostro sistema sono quelli realmente lunghi un metro
sembra solo u n asserzione em pirica; in realt definisce la distanza spaziale nel
nostro sistema di riferimento.
Cosi, neUanalisi di Reichenbach, quando un osservatore nel sistem a A dice

Equivalenza

556

X ed Y sono avvenuti simultaneamente, ci che intende che i tempi t


devono essere determ inati usando segnali lum inosi ed assumendo che la ve
locit della luce nel sistema A non dipenda dalla direzione (questa la descri
zione nel linguaggio neutrale di ci che le asserzioni sul tem po significano
nella descrizione (A)). Quando un osservatore nel sistema B dice X ed Y
non sono avvenuti simultaneamente, ci che intende che i tem pi i di X
ed Y non sono gli stessi, dove tali tem pi t devono essere determ inati usando
segnali luminosi ed assumendo che la velocit della luce nel sistema B non
dipenda dalla direzione (questa la descrizione nel linguaggio neutrale di ci
che le asserzioni sul tem po significano nella descrizione (B)). Poich le asser
zioni si riferiscono a procedure di calcolo diverse nelle due descrizioni (A) e
(B), lincom patibilit soltanto apparente.
L analisi di Reichenbach della struttura logica della teoria della relativit
ristretta lo port a sviluppare tutta una teoria su quello che dovrebbe essere il
compito della filosofia della scienza. L a teoria della relativit ristretta ha dimo
strato, secondo l analisi di Reichenbach, che u n asserzione potrebbe sembrare
una normale asserzione su un fatto empirico, ma essere in realt una defi
nizione di coordinam ento mascherata. L asserzione che la luce viaggia con
velocit indipendente dalla direzione (in un particolare sistema) analitica
secondo la spiegazione di Reichenbach, cio una definizione o u n asserzione
vera per definizione. D altra parte, date le definizioni di coordinam ento, las
serzione che X ed Y sono avvenuti nel medesimo istante (in u n certo sistema)
e l asserzione che il sistema in m ovimento contratto nella direzione del suo
moto sono asserzioni sintetiche (cio asserzioni che sono vere nella realt) ed
asserzioni empiriche (cio sperimentalmente controllabili). Reichenbach riten
ne ch il com pito della filosofia della scienza fosse precisam ente quello di fare
il genere di lavoro che lui fece nel caso particolare della teoria della relativit
ristretta, e precisamente di separare le asserzioni analitiche di una teoria scien
tifica da quelle sintetiche, di dirci quali asserzioni costituiscano le definizioni
di coordinamento di una teoria fisica e quali le conseguenze sintetiche, em pi
riche.

8.

L a critica di Quine della distinzione analitico-sintetico.

L o stesso articolo di Quine [1951] citato in precedenza contiene per una


severa critica a questo tipo di programma. Quine sostiene, praticam ente, che
le asserzioni di una teoria fisica si sottopongono ai controlli sperimentali in
duplice m odo; se le previsioni della teoria non vengono conferm ate, si pos
sono rivedere o le cosiddette definizioni della teoria, 0 le cosiddette con
seguenze em piriche . Inoltre, quando si decide quale delle asserzioni rivedere,
m etodologicam ente irrilevante che qualcuna di esse possa essere stata consi
derata una definizione. Anche se si era convenuto di considerare vera unasser
zione con qualche stipulazione convenzionale, la verit per convenzione non
un aspetto delle asserzioni che viene mantenuto. A lcune asserzioni di una

5 57

Equivalenza

teoria fisica possono essere state accettate originalm ente per convenzione, altre
possono essere state adottate sulla base di esperimenti, ma una volta accettate
esse hanno lo stesso status. Non esiste Vanaliticit nelle teorie scientifiche.
(Quine ha una volta paragonato la domanda Quali asserzioni di una teoria
fisica sono definizioni? alla domanda Quali luoghi dell O hio sono punti di
partenza? N essun luogo dell Ohio un punto di partenza di per s; tutto
dipende da quale viaggio si vuole intraprendere. Analogam ente, nessuna as
serzione di una teoria fisica una definizione di per s ; pu essere conveniente
in un certo contesto chiamare u n asserzione definizione e u n altra teorema o
conseguenza empirica, e pi conveniente in un altro contesto chiamare la se
conda asserzione definizione e la prim a teorem a o conseguenza empirica).
Si pu vedere la forza d ellargomento di Q uine nel caso stesso della rela
tivit ristretta; perch dovrem m o dire che L a velocit della luce indipen
dente dalla direzione la definizione e Orologi che si m uovono con la stessa
velocit (nel sistema) restano sincronizzati la conseguenza em pirica, e non
viceversa? Reichenbach stesso ammette che si potrebbero fare entram be le
cose nel contesto di una ricostruzione razionale. M a allora, chiederebbe Quine,
perch una ricostruzione razionale dovrebbe pretendere che queste due as
serzioni non siano sullo stesso piano, quando lo sono nell attuale m etodologia
della scienza?

9.

L equivalenza.

Per quanto attraente, lidea che descrizioni differenti nella teoria della re
lativit ristretta siano equivalenti a causa del fatto che le definizioni dei ter
mini le rendono mere varianti notazionali, ha una debolezza fatale, messa in
luce dalla critica di Quine della distinzione analitico-sintetico. T a le idea d i
pende in modo cruciale dallipotesi che alcune asserzioni delle teorie fisiche
siano delle definizioni; si pu formulare una nozione di equivalenza che
tenga conto di ci senza assumere la distinzione analitico-sintetico o, almeno,
senza assumere che tale distinzione si applichi entro le teorie scientifiche? Per
fare questo, sim pieghi ora un po di tecnica logica.
N ella logica moderna, un concetto molto importante quello di inter
pretazione relativa di una teoria in unaltra. Per esempio, se si vuol mostrare
che una teoria indecidibile, un metodo privilegiato mostrare che una teoria
che si sa gi essere essenzialmente indecidibile (cio non avere estensioni
decidibili) relativamente interpretabile nella teoria in questione. Segue allora
che anche questa indecidibile, e in realt essenzialmente indeeidibile.
L a definizione di T j relativam ente interpretabile in T j : esistono de
finizioni possibili (cio definizioni form alm ente possibih, sia che corrisponda
no al significato dei term ini sia che non vi corrispondano) dei term ini di T^
nel linguaggio di T j con la propriet che, se si traducono le asserzioni di
T j nel Hnguaggio di
m ediante queste definizioni, allora tutti i teorem i di T j
diventano teoremi di T ,.

Equivalenza

558

D u e teorie sono m utuam ente relativam ente interpretabili se ciascuna re


lativam ente interpretabile nellaltra, nel senso appena detto. la m utua interpretabilit relativa la nozione di equivalenza che si sta cercando?
facile vedere che la risposta no. L interpretabilit relativa una rela
zione puram ente form ale: non fa intervenire in alcun modo il significato dei
term ini di T j e T j . In realt, si applica alle teorie
e T j viste come calcoli
non interpretati. Cosi la m utua interpretabilit relativa, bench interessante
come relazione formale, non garantisce alcun tipo didentit di significato o
anche di soggetto trattato fra teorie; testimonia solo lesistenza di strutture
formali simili. plausibile che due teorie su soggetti com pletam ente dispa
rati (ad esempio un sistema assiomatico di genetica e un sistema assiomatico
di teoria dei numeri) possano risultare relativam ente interpretabili, ma diffi
cilmente potrebbero essere equivalenti come significato conoscitivo.
Si supponga di cercare di combinare la richiesta formale che le due teorie
in questione siano relativamente interpretabili, con unappropriata richiesta
informale (poich definizioni puramente form ali del concetto di equivalenza
non sembrano prossime). possibile forse arrivare in questo modo alla chia
rificazione che si sta cercando?
A me sem bra di si. L a nozione informale che propongo di usare la nozione
di spiegazione (concedendo che i tentativi di form alizzare tale nozione non
siano pi soddisfacenti dei tentativi di form alizzare la nozione di equivalenza,
c com unque un considerevole accordo nei giudizi degli scienziati su ci che
o non una spiegazione).
Questa la proposta: una teoria completa se ogni asserzione della
teoria decidibile, cio provabile o refutabile, nella teoria. Si supponga che
T j e T2 siano teorie com plete mutuamente relativam ente interpretabili (ci si
lim ita alla considerazione di teorie complete, perch quando si chiamano equi
valenti delle descrizioni, in genere si ha in m ente una relazione tra compietamenti ideah di tali descrizioni, e non soltanto tra i fram m enti finiti che si
considerano in realt), e inoltre che le traduzioni di ciascuna nellaltra con
servino la relazione di spiegazione, e che entrambe spieghino gli stessi feno
meni (questo l elemento informale cui si alludeva). Allora (questa la pro
posta) le due teorie sono descrizioni equivalenti.
M a com e si pu dire che gli stessi fenom eni sono spiegati dalle due teorie,
senza gi sapere che le due teorie sono equivalenti? Si considerino due descri
zioni nella relativit ristretta, ad esempio le descrizioni (A) e (B). Volendo
prendere com e fenomeni da spiegare eventi quali collisioni, coincidenze di
eventi quali una collisione e larrivo di un raggio di luce, emissione e assorbi
mento di particelle e radiazioni, allora innegabile che le descrizioni (A) e
(B) offrono spiegazioni di tutti questi fenom eni, e che le spiegazioni sono tra
duzioni luna d ellaltra. In generale, se si accetta lanalisi dellequivalenza pro
posta, ci sar sempre un elemento di scelta nella decisione di accettare due
teorie com e equivalenti: la scelta del dominio di eventi da considerare come
fenomeni .
In base allanalisi dellequivalenza qui proposta, si pu dire che le deaeri-

559

Equivalenza

zion (A) e (B) deUesempio siano equivalenti, e si pu parlare di traduzioni


tra le descrizioni (A) e (B), senza assumere che qualche particolare asserzione
sia la definizione del term ine 'sim ultaneo in ciascuna descrizione, e senza
assumere qualche distinzione tra asserzioni analitiche e sintetiche in cia
scuna descrizione.
Per prendere un altro caso dalla fisica moderna, noto che la m eccanica
delle m atrici di H eisenberg e la meccanica ondulatoria di Schrodinger furono
sviluppate indipendentem ente, e che i fisici considerarono questi due sistemi
equivalenti nel senso qui spiegato quando scoprirono una corrispondenza m a
tematica fra i due form alism i. Se si considerano i fenomeni da spiegare
in questo caso come eventi di diffusione (assorbimento ed emissione di particelle), allora ci in perfetto accordo con la spiegazione proposta. E, ancora
una volta, tentare di provare l equivalenza cercando definizioni dei term ini
cruciali sarebbe molto diffcile, se non im possibile. C hi pu dire quale asser
zione di teora fisica la definizione della funzione ? D opo aver accettato
lequivalenza si possono sempre, naturalmente, costruire definizioni che ren
dano le teorie in questione varianti notazionali; ma dire che sono equivalenti
perch sono varianti notazionali mettere il carro davanti ai buoi.
M a perch richiedere anche la m utua interpretabilit relativa per l equi
valenza di teorie complete? Perch non richiedere soltanto che esse spieghino
esattamente gli stessi fenom eni (e che le predizioni di entrambe le teorie siano
empiricamente corrette) ? Perch far questo sacrificherebbe una distinzione im
portante; quella tra il caso tWequivalenza, in cui ci si aspetta, o cosi ci sem
bra, che qualche genere di traduzione o relazione di riduzione valga tra le spie
gazioni fornite dalle diverse teorie, e il caso del duahsmo radicale. Se il dua
lismo (o, pi in generale, il plurahsmo) risultasse vero, allora ci si aspetterebbe
di avere teorie del mondo che spiegano gli stessi fenomeni (almeno se si con
siderano gli eventi osservabili come fenom eni da spiegare), ma che non sono in
alcun modo riducibili o traducibili l una n ellaltra. Questo scuoterebbe for
temente la nostra fede nel realismo em pirico mentre, cosi sembra, lesistenza
di descrizioni equivalenti che possono essere ridotte luna all altra non contra
sta pi con tale fede; a questo punto il realismo empirico diventato pi di
una semplice teoria della conoscenza che sia copia del mondo. (U na distin
zione sim ile fra la relazione che si chiamata equivalenza, e che Q uine chiama
essere due versioni della stessa teoria, e il caso del dualismo radicale, stata
di recente trattata da Q uine [1975]).

IO.

I l problema della convenzionalit semantica banale.

Si supponga di im m aginare che lintero corpo delle nostre credenze sia


stato ricostruito razionalmente e form alizzato, e sia T j la teoria che ne risulta.
S im magini poi di decidere di cambiare il significato di un term ine di T j, ad
esempio 'pressione . In particolare, si supponga di decidere di usare la parola
'pressione per significare ci che ora sintende con 'radice cubica della pres

Equivalenza

560

sione . Questo porterebbe a dover riscrivere T j, ad esempio, come T2. T j e


T2 sarebbero allora descrizioni equivalenti secondo ogni criterio. L esisten
za di questo genere di equivalenza non , naturalmente, niente di nuovo. T u tto
ci che lesistenza di coppie di teorie come T j e Tg mostra che al semplice
termine pressione potrebbe essere stato assegnato, invece del significato che
ha, quello che nel linguaggio attuale ha lespressione radice cubica della pres
sione. P i in generale, mostra ci che stata chiamata convenzionalit se
mantica banale; il fatto che i termini im piegati come parole significanti po
trebbero aver ricevuto significati diversi da quelli che hanno ricevuto in realt.
L im portanza del fenom eno dellequivalenza conoscitiva di teorie che sem
brano diverse o addirittura incom patibili che esso non , nella scienza attuale,
soltanto una questione di convenzionalit sem antica banale. P er esempio, le
persone nel sistema B della navicella spaziale dellesempio proposto, usano
il termine sim ultaneo in un modo che tanto in accordo con le convenzioni
dellitaliano (o dell inglese, o di qualunque linguaggio) quanto quello delle
persone nel sistema della T erra. In realt, esse lo usano in un modo che deve
sembrar loro, se non conoscono la teoria della relativit ristretta, lo stesso.
C he ci sia una relativit nascosta per le attribuzioni di sim ultaneit - che,
se, ad esempio, facciamo conto che orologi trasportati a distanza restino sin
cronizzati, quali eventi risulteranno simultanei dipender dal fatto che gli
orologi siano, o no, trasportati alla stessa velocit rispetto al sistema in quiete una questione di fatti empirici finora sconosciuti. L equivalenza ha im portan
za filosofica proprio in casi come questi, in cui non sembra che si sia alterato
|il significato ordinario di alcuna espressione, eppure, p e r . m otivi contingenti,
teorie apparentemente incom patibili risultano equivalenti nel senso spiegato.
Trascurare la necessit di distinguere tipi banali di descrizioni equivalenti
che nascono dalla convenzionalit semantica banale da coppie significanti di
descrizioni equivalenti ha portato a strane teorie nella filosofia della scienza.
Per esempio stato sostenuto, prima da Reichenbach e pi recentem ente da
A d o lf G riinbaum [1970], che il fatto che si potrebbero usare m etriche non
standard per lo spazio ed anche per lo spazio-tem po prova che la scelta di una
metrica questione di convenzione (Reichenbach) e che lo spazio e lo spazio
tempo sono intrinsecamente metricamente amorfi (G rnbaum ). M a di per
s la rim etrizzabilit o la m etrizzabilit alternativa provano solo l esistenza di
una convenzionalit semantica banale. P er stabilire la convenzionalit dellin
tera metrica della relativit generale si deve usare un argom ento m igliore che
non la possibilit formale di usare la sem plice espressione distanza spazio
temporale per riferirci a grandezze difi^erenti da quelle usate (G rnbaum ha
tentato di trovare argomenti del genere, ma nessuno di essi pare soddisfacente).

II.

Equivalenza e realismo.

A prima vista l esistenza di descrizioni equivalenti non sem bra minacciare


in alcun m odo il realismo. N ella teoria della relativit ristretta, per esempio,

5&I

Equivalenza

se si preoccupati dallesistenza di descrizioni di fenom eni apparentemente


incom patibili ma equivalenti, si possono com pletam ente evitare term ini quali
'sim ultaneo e 'distanza , ed usare il linguaggio degli invarianti. P er esempio,
invece di parlare di separazione tem porale e distanza spaziale tra due even
ti, si pu dare la loro distanza spazio-tem porale. U na tale descrizione in ter
mini di nozioni invarianti certamente completa, poich ciascuna delle de
scrizioni relative ai sistemi si pu ricavare da essa quando siano date le coor
dinate del sistema. (Naturalm ente, la decisione di considerare la descrizione
invariante come una descrizione com pleta collegata con la scelta di consi
derare collisioni, coincidenze, sim ultaneit in un luogo, assorbim enti ed em is
sioni come fenom eni da spiegare; per dirne una, la descrizione invariante non
spiega quale dei sistemi di coordinate sia realmente in quiete. In effetti,
decidere che quelli detti sono i fenomeni da spiegare, e decidere che la de
scrizione invariante una descrizione com pleta di ci che succede, sono due
maniere di esprimere una stessa decisione, quella di non considerare la simul
taneit a distanza come un fenomeno reale e obiettivo). L a m atem atica degli
invarianti, cio il calcolo tensoriale, stata in effetti quella usata da Einstein
per sviluppare la teoria della relativit generale.
Se un realista accetta la descrizione invariante com e la vera rappresenta
zione di ci che accade, lesistenza di descrizioni relative a sistemi di riferi
mento non un problem a per lui pi del fatto che la superficie del mondo
possa essere rappresentata in modi diversi, come la proiezione di M ercatore
0 la proiezione polare. E gli dir che la natura delloggetto stesso che spiega
perch esso ammetta queste diverse rappresentazioni.
M a in genere le cose non sono cosi sem plici. Si considerino le due seguenti
teorie sullo spazio-tem po (per sem plicit viene ignorata la m eccanica quanti
stica) ;
Teoria i : lo spazio-tem po consiste di oggetti detti punti (eventi). Essi non
hanno estensione, e lo spazio-tem po consiste di tali punti, proprio com e nella
geometria euclidea classica linee, piani e corpi solidi consistono di punti spa
ziali senza estensione.
T eoria 2: lo spazio-tem po consiste di intorni spazio-tem porali estesi, tutte
le parti dello spazio hanno estensione. Q uesto corrisponde alla teoria (proposta
da W hitehead) secondo cui lo spazio euclideo classico consiste di intorni spa
ziali estesi. Secondo W hitehead, i punti sono sem plicem ente costruzioni lo
giche e non oggetti spaziali reali: un punto (identificato con) un insieme
convergente di sfere solide (cio sfere coi loro interni).
Se si considerano com e fenom eni i fenomeni osservabili o anche lin
sieme dei fenom eni con dimensioni fisiche, osservabili o no, allora le teorie
1 e 2 sono descrizioni equivalenti, secondo il criterio adottato ; infatti, assum en
do che le particelle abbiano estensione finita (che non ci siano cio nel mondo
reale dei punti con massa o carica), le cause di ogni fenomeno devono ave
re estensione. N on pu fare differenza, per una spiegazione fisica, che si
trattino i punti spazio-tem porali come reali oppure come mere costruzioni
logiche.

Equivalenza

562

U n realista rigido potrebbe sostenere che c una realt delle cose per cui
vera la teoria i o la teoria 2. M a un realista scientifico (contrapposto a un
realista del vecchio tipo, metafisico) difficilmente lo farebbe, per una serie di
motivi. D a un lato, si rinunzierebbe alla scoperta di cui parla questo articolo,
che esistono cio versioni incom patibili m a equivalenti del mondo. D altro lato
si arriverebbe o allo scetticism o o a un risveglio di quel tipo di metafisica che
K an t ci ha convinto ad abbandonare. A llo scetticismo se si dicesse che c
una realt delle cose secondo cui una delle teorie vera, ma che non si pu
mai conoscere tale realt (e se poi si vuole essere scettici, com possibile essere
sicuri che c una realt delle cose?) A lla metafisica deteriore ~ quel genere
che asserisce l esistenza a priori di realt noum eniche - se si afferma di sapere
su bas extrascientifiche quale delle due teorie vera. Per questo genere d
m otivi un realista scientifico ammette che le teorie i e 2 sono descrizioni equi
valenti. In effetti egli riconosce che gli intorni estesi sono un adeguato sistema
di invarianti , e quindi una descrizione del mondo che dica cosa succede
in ciascun intorno esteso una descrizione completa.
Se, ancora una volta, si sta trattando di differenti rappresentazioni d un
mondo invariante, devessere possibile che quelli che si indicano come ter
mini incom patibili possano corrispondere alla stessa entit reale, bench non,
ovviamente, entro la stessa teoria. Cosi, se s vuol salvare la posizione realista
tradizionale secondo cui le teorie sono solo rappresentazioni di entit che non
dipendono dalle teorie, bisogna dire che gli oggetti reali indicati come punti
in una teoria possono essere indicati come insiemi d sfere convergenti in
unaltra. E, ancora una volta, bisogna dire che la natura del mondo stesso
a spiegare perch esso am m ette queste rappresentazioni diverse.
U n problem a per questa affermazione che in generale ci sar pi di una
sola interpretazione relativa possbile d una descrizione equivalente in u n altra.
L a teora i pu essere interpretata nella teoria 2 in molti m odi diversi : punti
possono essere insiemi di sfere con raggi uguali a potenze negative di 2, ad
esempio, o insiem i di sfere con raggi uguali a potenze negative di 3. Cosi se
termini com e 'punti e 'insiem i d sfere convergenti sono le immagini di
oggetti reali (oggetti indipendenti dalle teore), allora ancora una volta b i
sogna fronteggiare l alternativa fra lo scetticismo (se s dice che non possi
bile sapere se la traduzione corretta della teoria i nella teoria 2 quella che
fa corrispondere punti con insiemi di sfere convergenti ed cui raggi sono
potenze negative di 2, o qualche altra) e la metafisica trascendentale (se s
afferma la conoscenza a priori di qual la traduzione corretta).
Ancora una volta, la mossa preferita dai realisti scientifici negare che ci
sia una verit in questo campo. U n moderno realista direbbe che ognuna di
queste traduzioni corretta. M a allora, sembra, bisogna com pletam ente eli
minare lidea che i term ini delle nostre teorie siano immagini di oggetti
reali (oggetti noum enici); perch come potrebbe non esserci una verit ri
guardo a quali term ini in due teorie differenti sono immagini dello stesso og
getto, se realmente i term ini sono im m agini di oggetti? S incom incia a pensare
che K an t avesse ragione, e che la scienza dia soltanto relazioni fra gli oggetti

563

Equivalenza

e non gli oggetti stessi, se pure si vuole ancora continuare a parlare di oggetti
indipendenti dalle teorie.
M a difficile continuare a parlare di oggetti indipendenti dalle teorie:
il problem a che cosi si pu si mantenere il mondo , ma al prezzo di elim inare
ogni nozione com prensibile di ci che il mondo . O gni asserzione che cam bi
il suo valore di verit nel passaggio da una teoria corretta a u n altra teoria cor
retta - una descrizione equivalente - esprimer soltanto una propriet del
mondo relativa alle teorie. E pi asserzioni del genere ci sono, pi propriet
del mondo risultano essere relative alle teorie. Per esempio, se si ammette
che le teorie i e 2 siano descrizioni equivalenti, allora la propriet di essere
un oggetto (contrapposto a una classe o insiem e di cose) sar relativa alle teorie.
T u tto ci non peculiare al mio sem plice esem pio: la teoria fisica attuale
abbonda di esempi simili. Si possono interpretare i punti spazio-tem porali
come oggetti, o com e eventi, o come propriet; si possono interpretare i cam
pi come oggetti o valersi solo di particelle che interagiscono a distanza (nella
fisica classica, ad ogni buon conto). Il fatto che cosi tante propriet del mon
do - partendo proprio da quelle categoriali come cardinalit, particolari o
universali, ecc. - risultano essere relative alle teorie, che il m ondo scom
pare come mera cosa in s . Se non si pu dire come il mondo , indipenden
temente dalle teorie, allora parlare delle teorie come di descrizioni del mondo
non ha senso.
A questo punto la discussione ha percorso una specie di spirale hegeliana.
D apprim a i verificazionisti hanno introdotto la nozione di descrizione equi
valente e hanno cercato di esplicarla. Poi i realisti scientifici l hanno adottato
(e in questo articolo si data una spiegazione in questottica). M a ora sembra
che l accettazione dell esistenza di descrizioni equivalenti, e quindi di versioni
corrette ed incompatibili del mondo, abbia minato la metafisica su cui il realismo
- compreso quello scientifico - si basava in origine. O ggi le dispute sullo
scontro metafisico del realismo contro il relativismo concettuale, sulla distin
zione tra realismo empirico e metafisico, e sulla semantica realista contrap
posta alla semantica non-realista quali teorie della verit sono vive e vegete.
Bench una soluzione definitiva non sia ancora in vista, non c dubbio che
il fenomeno delle descrizioni equivalenti profondamente significativo per la
discussione di questi problem i, [h . p .].

A yer, A .
1946

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L e siste n za d i te o rie (cfr. teoria) in c o m p a tib ili m a v e r te n ti su llo stesso ca m p o fe n o


m e n ic o (c fr. fenom eno, empiria/esperienza) e p resen ta n ti u n id e n tic o c o n te n u to c o
g n itiv o h a co stitu ito l o g g e tto d i analisi o p p o ste : d a p a rte d ei n e o p o sitiv isti a lla lu c e d e lli
dea di v e r ific a (cfr. verificabilit/falsificabilit), associata a q u e lla di probabilit; da
p a rte d e lle filo so fie re a liste (cfr. metafsica, filosofia/filosofie), ce rca n d o d ei c rite ri (cfr.
induzione/deduzione, deduzione/prova) d i v a lu ta z io n e d e lle te o rie a p a rtire d al rea
le (cfr. referenza/verit) ; e an ch e da p a rte d i c o rren ti ch e d ife n d o n o uninterpretazio
ne co n v e n z io n a lista (cfr. convenzione, coerenza) d ella scienza.
In v ir t di u n id e a in fo rm a le (cfr. form alizzazione) d ella spiegazione, sem bra
p o s s ib ile d efin ire d ei c rite ri di traduzione fra teo rie d ive rse co si da tra rn e i re q u isiti
lo g ic i (c fr. logica). L a relativit e la m a te m a tic a d eg li in v a ria n ti (cfr. invariante), la
fsica d ei quanti e la d istin zio n e fra a n a litic o e sin te tico (cfr. analisi/sintesi, proposi
zione e giudizio) h a n n o c o stitu ito il te rre n o p re fe re n z ia le d e lle co n tro v e rsie s u ll e q u iv a le n z a d e lle teorie.

Form alizzazione

L a connessione tra form alizzazione e algoritm o il principale argomento


in tema di form alizzazione che non viene apprezzato dagli studiosi. Si ammet
tono le connessioni tra form alizzazione e assiom atizzazione, form alizzazione e
sistemi non interpretati, ecc. ; ma si trascura la connessione, che qualcosa di
pi di una sem plice connessione storica, tra form alizzazione e sviluppo dei
procedim enti algoritm ici (cio, dei procedim enti meccanici) per risolvere i
problemi.
Q uesta connessione gi presente nellopera di Boole, il quale descrisse il
suo sistema come un sistema in cui si potevano risolvere i problem i logici ope
rando solamente sui sim boli, senza fare riferim ento nel corso d ell operazione a
ci che si supponeva essi significassero. In altre parole, Boole forni un algoritmo
per risolvere (una certa classe di) problem i logici.
Sarebbe per errato concludere che oggi la form alizzazione di una teoria si
gnifichi fornire un algoritm o per risolvere i problem i di cui la teoria tratta. L a
nozione di form alizzazione si estesa e ha subito m utam enti dai tem pi di Boole.
M a si vedr che lorigine della nozione nel contesto della ricerca di soluzioni al
goritm iche a problem i logici ha determinato gran parte della sua ulteriore evo
luzione.
Q ualsiasi algoritm o si usi (si pensi a esem pi fam iliari tratti dalla matema
tica della scuola secondaria: gU algoritm i per estrarre le radici quadrate, ad
esempio ; oppure a quelli della scuola primaria : la divisione decim ale con molte
cifre), qualsiasi algoritm o si usi, ripeto, richiede che i dati dellalgoritm o (ad
esempio, i num eri da dividere) siano scritti per esteso in una notazione che se
gue regole prestabilite, e che ogni passo proceda in modo altrettanto regolato.
In questo senso si pu dire che ogni algoritmo una form alizzazione di qual
che processo di ragionam ento. In particolare, dal mom ento che tutto ci che i
calcolatori possono fare e'seguire algoritmi, facile com prendere perch i cal
colatori richiedono linguaggi form alizzati: ogni program m a per calcolatori atto
a risolvere u n problem a form ulato originariam ente nel linguaggio ordinario
una. form alizzazione del problem a e di certi processi di ragionam ento usati per
risolverlo. (In particolare, i linguaggi form alizzati per la logica furono assolutam ente indispensabili allo sviluppo del software dei calcolatori).
U n a volta che sia stato inventato un linguaggio sottoposto a regole - un lin
guaggio con una sintassi assolutamente regolare e invariabile, in cui ogni segno
possiede una e una sola funzione ; un linguaggio tipo quello che possono usare i
calcolatori - allo scopo di rappresentare una certa classe di problem i e di risol
vere tali problem i eseguendo calcoli algoritm ici, pu accadere che ci sinteressi
del potere espressivo del linguaggio sottoposto a regole prescindendo com pietam ente dai casi in cui ci che espresso pu servire come parte di un algoritmo.
A d esempio, i linguaggi form alizzati per la logica furono dapprim a sviluppati in
connessione con lalgebra di Boole e le relative parti della logica. Q ueste ultim e

325

Form alizzazione

sono decidibili, e i prim i sviluppi conversero ampiamente nel fornire procedure


d decisione - vale a dire, algoritm i per risolvere i problem i logici esprim ibili in
quella notazione. M a ci si rese poi conto che questi linguaggi form alizzati erano
troppo deboli per schem atizzare certi ragionam enti validi. P er esempio, l ar
gom entazione:
T u tti i cavalli sono animali
(dunque) T u tte le teste di cavalli sono teste d animali
non pu essere schem atizzata finch non si possiede un sim bolism o per la logica
t\\& relazioni, 'x la testa di y un predicato relazionale: se lo si scom pone in
sem plici predicazioni m onadiche, ad esempio 'x una testa e jy un anim ale ,
s trascura il fatto che x appartiene a y , ed proprio questo che costituisce l ele
mento relazionale da cui dipende la validit dellinferenza.
N on fu difficile rimediare a questo difetto della notazione booleana; ma una
volta ottenuti linguaggi abbastanza ricchi per esprimere tanto le relazioni
quanto la generalit multipla (cfr. oltre), linguaggi abbastanza ricchi per distin
guere fra 'O gn uno ama qualcuno e 'Q ualcuno ama ognuno , accade qual
cosa dinteressante. Si partiti da un linguaggio sottoposto a regole (un lin
guaggio form alizzato ), il linguaggio della logica booleana. S arricchito que
sto linguaggio con l aggiunta d quantificatori e d relazioni. Il nuovo linguaggio,
descritto usualm ente come il linguaggio della logica del prim o ordine, altret
tanto sottoposto a regole e form alizzato quanto il linguaggio da cui si partiti.
L a sua sintassi altrettanto regolare, ogni segno ha una sola funzione determ i
nata, ecc. M a la logica di Boole decidibile e la logica del prim o ordine inde
cidibile. N on esiste in linea d principio alcun algoritmo per determ inare la vali
dit o la non-validit di uno schem a arbitrario della logica del prim o ordine.
In breve: si partiti da un linguaggio form alizzato, il sim bolism o booleano che
era strettam ente connesso con un algoritm o d decisione; si am pliato il lin
guaggio allo scopo di ottenere un m aggior potere espressivo e ci si im battuti
in qualcosa d inatteso: un linguaggio, sottoposto a regole, per schem atizzare le
forme delle argomentazioni deduttive, che non possiede un algoritm o di deci
sione! F u questa catena di eventi che condusse, storicamente, allam pliam ento
della nozione di form alizzazione oltre casi in cui il ragionamento form alizzan
te fatto in modo da fornire un algoritm o capace di u n esecuzione meccanica.
(Forse questa catena di eventi spiega anche perch 'form alizzazione sembra
avere differenti significati per differenti studiosi).

I.

L a logica del primo ordine e la deduzione naturale .

S presupporranno qui il sim bolism o della logica del primo ordine e la distint zione tra variabili libere e vincolate (nozioni per le quali si rimanda ad altri ar
ticoli di questa stessa Enciclopedia) : un esem plificazione pu essere la differen
za tra le variabili 'x e 'y nella form ula che sim bolizza 'Q ualcuno ama 3/ , cio
'( 3x )A x y . In questa form ula 'y una variabile libera, a cui si pu legittim a

Form alizzazione

326

mente sostituire un nome proprio;


una variabile vincolata, parte della
notazione del quantificatore che prende il posto di un term ine del linguaggio
com une com e 'qualcuno , e non pu essere trattata come sostituto di un no
me proprio. U n esempio ancora pi com plesso 'F x V
V (3x)Rx3/ (che po
trebbe sim bolizzare 'x alla festa o y alla festa o qualcuno ha fatto ritardare
y ). In questultim a form ula, 'y una variabile libera, ma 'x variabile Hbera
nella prim a occorrenza e vincolata nella seconda. In realt, la som iglianza tipo
grafica fra l occorrenza libera della 'x e quella vincolata non significativa; la
formula suesposta equivalente a 'F x V F^/ V ( s^)Rj' , in cui in tutte e tre le
occorrenze com paiono variabili distinte.
L uso di variabili vincolate e di quantificatori mette in grado di esprimere
\z generalit multipla: cio, sequenze di quantificatori com e (x )( j ) ( ) ('Per
ogni X c qualche y tale che per ogni ). G i i logici m edievali avevano com
preso che c erano problem i nello schem atizzare inferenze im plicanti una gene
ralit multipla, ma non si rese disponibile una notazione che risolvesse questo
problema prim a d ellinvenzione di una notazione per i quantificatori da parte di
Frege e (indipendentem ente) da parte di Peirce e dei suoi allievi. U na distin
zione coerente tra proposizioni singolari ('F x j 'x un uom o ) e proposizioni
universali ( '( x ) ( F x 3 G x ) 'T u tti gli uom ini sono m ortali) risolse uno stato
di confusione che era perdurato nella notazione logica dal tem po di Aristotele.
L uso di indici per gli individui (come in 'F x , 'x un u om o) generalizza in
modo naturale il trattare le relazioni (come in 'A x j , 'x ama y o 'x h la testa
di^' , o qualsiasi altra). Si noti che la logica monadica, la logica del prim o ordi
ne senza predicati a due o pi posti, decidibile, e che anche la logica delle rela
zioni senza generalit m ultipla (la logica del prim o ordine in cui si richiede che
tutti i quantificatori siano universali e reggano lintera form ula) decidibile.
C osi la generalit m ultipla di per s (in assenza di relazioni , cio di predicati
a due o pi posti) non rende indecidibile la logica del prim o ordine, e le relazioni
di per s (in assenza di generalit m ultipla) non rendono indecidibile la logica
del primo ordine; la com binazione, la presenza simultanea di relazioni e di
generalit m ultipla che conduce allindecidibilit.
In altri articoli di questa stessa Enciclopedia si daranno gli assiom i e le rego
le di un sistema di tipo hilbertiano di logica del prim o ordine e si spiegheranno
le operazioni di questo sistema m ediante una deduzione cam pione. (Si accen
ner anche allesistenza di un sistema d altro genere, la cosiddetta deduzione
naturale, e al fatto che pi facile per la m aggioranza delle persone trovare
dimostrazioni in questo secondo tipo di sistema). Ora si illustrer questo si
stema (dovuto a Quine [1950]).
Prim a di esporre il sistema, bisogna spiegarne lidea di fondo. L idea di
fondo di qualsiasi sistema di deduzione naturale quella di form alizzare in qual
che modo questa inferenza; nella usuale pratica m atematica (o anche nel lin
guaggio quotidiano) si pu m ostrare che un condizionale (Az>B ) segue dalle
premesse E, F , G , ..., H facendo una deduzione di B da E, F , G , ..., H, e A.
Form alizzare questa inferenza significa costruire un sistema con la proprie
t che possibile esibire una deduzione nel corso di u n altra; in particolare,

327

F o r m a liz z a z io n e

si deve essere capaci di esibire una deduzione con premesse E, F, G ,


H, A e
con conclusione B come parte di una deduzione con premesse E , F , G ,
H
e conclusione ( A ^ B ) . C i com piuto in m odo alquanto differente in differenti
sistemi di deduzione naturale. ( L idea fondam entale di questa deduzione risa
le a Gentzen). N el sistema di Quine si usa un accorgim ento m olto sem plice:
ogni form ula porta un num ero di asterischi alla propria sinistra. L a prim a for
mula in una deduzione una prem essa e ha un solo asterisco alla propria si
nistra. O gni premessa addizionale ha un asterisco in pi alla propria sinistra.
Cosi, u n inferenza con le premesse 'F x ('Socrate un uom o) e '( * ) ( F x 3 G x )
('T u tti gli uom ini sono m ortali ) com incerebbe in questo m odo;
(1)

(2)

## ( x ) ( F x o G x ) .

Fx

In pratica, quindi, ogni nuova premessa comincia una nuova colonna di asterischi.
Si consideri ora la seguente deduzione (tra poco saranno enunciate con preci
sione le regole impiegate) :
(r)

Fx

(2)

**

(x )(F x o G x )

(3)
(4)

*# F x 3 G x
**

Gx

(2 )E .U .
( i) ,( 3 ) F .V .

In questa deduzione stato dedotto 'G x ('Socrate m ortale ) da 'F x e


'( x ) ( F x r jG x ) . L a linea (3) stata ottenuta dalla linea (2) per Elim inazione del
l U niversale: ponendo una ' libera per tutte le occorrenze della 'x vincolata
nellam bito del quantificatore universale '(x) nella riga (2). D alla (2) si sareb
be anche potuto inferire 'F^^^G y , 'F a o G a , ecc. per Elim inazione dell U n i
versale; lE .U . perm ette d inferire B' da (z))B ogni volta che B ' sim ile a B
eccetto per il fatto di possedere occorrenze libere di qualche variabile w - che
pu essere v stessa - dove ci son occorrenze di v nellambito del quantificatore
(w). L a sola restrizione consiste nel fatto che il quantificatore (w) deve reggere
l intera form ula (w)B. (Sarebbe dunque fallace inferire ' F j 3 G y da '( x ) F x
Z )G x - poich la seconda form ula che in realt dovrebbe essere scritta ((x)
F x ^ iG x ), ha un quantificatore universale il cui ambito arriva solo a D e non
in realt della form a (v) B).
D a dove stata ottenuta la riga (4) nella precedente deduzione? L a riga
(4) segue dalla ( i) e dalla (3) per il calcolo proposizionale, cio per F.A^. (infe
renza mediante Funzioni di Verit). T a li inferenze possono essere controllate in
modo meccanico con il noto metodo delle tavole di verit (per cui si vedano altri
articoli di questa stessa Enciclopedia). Si noti che non ci sono pi asterischi v i
cino alla (3) e alla (4) di quanti non ve ne siano vicino alla (2) : ci significa che
(3) e (4) non sono premesse addizionali; ma si asserisce che esse seguono dalle
premesse poste alla sommit delle colonne di asterischi che stanno loro vicino.
L accorgim ento delle colonne di asterischi mette anche in grado di elim inare una
prem essa; cio, d indicare che ulteriori passaggi in una dim ostrazione non di

Form alizzazione

328

pendono da una premessa precedente. Per far ci sinterrom pe semplicemente


una colonna di asterischi, come verr illustrato tra breve. L a regola chiave la
regola di introduzione del condizionale: questa regola perm ette di eliminare
Vultima premessa in qualsiasi passo, a patto che si scriva in quel passo il con
dizionale A 3 B il cui antecedente A la premessa che viene elim inata e il cui
conseguente B la riga precedente. U n esempio chiarir la regola.
(1)

(2)

## (x)(F xz> G x)

(3)

**

FxoG x

(4)

**

Gx

(5)

(x )(F xz> G x) 3 G x

(6)

Fx
(2) E .U .
( i ),(3 )F .V .

Fx 3 [(x)(Fx 3 Gx) 3 Gx].

L e prime quattro righe di questa deduzione sono le stesse dellesempio prece


dente. A lla riga (5) stata elim inata la premessa '( x ) ( F x 3 G x ) e si concluso
che dalla soZa premessa 'F x ('Socrate un uom o) segue che ( x ) ( F x o G x ) 3
Z) G x ('S e tutti gli uom ini sono mortali, Socrate m ortale). In realt, stata
esibita lintera deduzione (i)-(4) come parte della deduzione (i)-(s), e si con
cluso (alla riga (5)) che poich la deduzione (i)-(4) mostra che 'G x segue da
'F x e '( x ) ( F x o G x ) , allora '( x ) ( F x 3 G x )
G x segue dal solo 'F x . C he la ri
ga (5) non dipenda dalla premessa (2) opportunam ente indicato dal fatto che la
colonna di asterischi che inizia con la premessa (2) non si estende sino alla (5).
Analogam ente, alla riga (6) stato asserito che 'F x D [ ( x ) ( F x 3 G x ) 3 G x ]
vero, senza dipendere da nessuna prem essa; cio, stato asserito che questa
formula un teorema di logica.
Com pletare questo sistema di logica richiederebbe pi regole, per enunciare
le quali non c qui lo spazio [per m aggiori particolari si rinvia a Q uine 1950];
ma si agevolm ente constatato che un tale sistema permette di seguire in modo
strettamente parallelo la struttura delle argomentazioni deduttive quali realmen
te occorrono nei testi m atem atici o nel linguaggio ordinario.

2.

I l significato della form alizzazione della logica.

D opo aver esaminato in breve la form alizzazione della logica, giusto chie
dersi: C he cosa si ottenuto con tutto ci? O ra che si form alizzato la logica
del primo ordine, che cosa si pu fare, che prim a era im possibile?
U na risposta la d la tesi di H ilbert (cfr. l articolo Deduzione/prova in
questa stessa Enciclopedia) : cio, la tesi che il sistema della logica del prim o or
dine, in una qualsiasi delle sue form alizzazioni standard, ricostruisce com ple
tamente la nozione intuitiva di deduzione. Secondo la tesi di H ilbert, una pro
posizione A deducibile dalle proposizioni E, F, G , ..., H se e solo se esiste una
deduzione (come nel sistema di D eduzione N aturale appena descritto, ad esem
pio) con prem esse E, F , G , ..., H e conclusione A.

329

Form alizzazione

Assum endo questa tesi, la novit consiste nel fatto che per la prim a volta
si capaci di dare regole di logica sia precise sia esaustive. C i che Aristotele
non riusc a portare a com pim ento, e che anche Boole non raggiunse, stato
finalmente realizzato.
Per difendere questa pretesa, si portano abitualm ente due argom enti (come
stato rilevato in Deduzione/prova); i) la logica del prim o ordine (in una
qualsiasi delle sue form alizzazioni canoniche) corretta, vale a dire, ogni teore
ma logicam ente valido (cio, vero in ogni universo non vuoto per ogni inter
pretazione delle lettere predicative) ; e 2) la logica del prim o ordine completa,
vale a dire, ogni form ula logicam ente valida un teorema.
L a correttezza della logica del prim o ordine facile da mostrare. N atural
mente, si devono assumere in un m etalinguaggio i principi della logica classica
per dare la dimostrazione della correttezza. (In altri articoli di questa stessa
Enciclopedia si discuter la possibilit di rivedere tali principi). L a completezza
molto pi difficile da mostrare: fu stabilita da G odei nel 1930. D a questi due
risultati segue che qualsiasi regola di deduzione addizionale che si potrebbe
proporre sarebbe o scorretta, vale a dire condurrebbe a risultati non validi in
alcuni casi, o ridondante ; e ci costituisce un forte appoggio per la tesi di
H ilbert.
Sarebbe per erroneo pensare che la tesi di H ilbert sia realm ente molto salda.
Il problem a non consiste nel fatto che la tesi di H ilbert potrebbe essere confu
tata da un chiaro controesem pio (come la tesi di C hurch, secondo cui le fun
zioni calcolabili coincidono con le funzioni ricorsive generali, potrebbe essere
confutata da un chiaro esempio di una funzione che pu essere calcolata con un
procedim ento algoritm ico senza essere ricorsiva) ma piuttosto nel fatto che esi
ste un m argine dimprecisione e convenzionalit che circonda l attuale nozione
di deduzione pi esteso di quello che circonda la nozione intuitiva di algorit
mo. I grandi fondatori della logica m oderna, Frege, Peirce, Russell, W hitehead,
consideravano tutti la logica di ordine superiore come la logica. Sebbene oggi
molti studiosi sostengano che tale logica in realt dovrebbe essere considerata
parte della teoria degli insiem i, e che questa dovrebbe essere considerata parte
della matem atica e non della logica, i fondatori avevano sicuram ente ragione.
Si consideri anche una sem plice regola d inferenza della logica del prim o ordine,
per esempio, 'D a F x e ( x ) ( F * d G x ) si inferisce G x . Se si dice che questa re
gola valida, allora ci che sintende dire che essa vale per tutti gli insiem i F,
G , e per tutti gli individui x. In altre parole, si intende asserire
{F ){G ){x) [(Fx & ( x ) ( F x 3 G x ) ) 3 G x]
e questa una proposizione del secondo ordine (a causa dei quantificatori (F )(G ),
su predicati o insiemi). Sostenere che la logica del secondo ordine non
logica, costringerebbe a sostenere che, sebbene il formalismo sintattico della logi
ca del prim o ordine sia logica , qualsiasi discussione sulla sua validit m a
tematica e non logica. D altra parte, qualcuno potrebbe ribattere che non
tutta la logica del secondo ordine logica; ad esempio, potrebbe affermare che
le form ule che hanno quantificatori esistenziali contenenti lettere predicative

Form alizzazione

330

sono m atem atica e non logica. M a sembra m eglio dire, com e fece lo stesso
Russell, che a partire dalla riduzione d ellaritmetica alla logica di ordine su
periore la dem arcazione tra logica e matematica divenuta irrim ediabil
m ente molto vaga.
Si potrebbe tentare di salvaguardare la tesi di H ilbert da questa vaghezza
sostenendo che tale tesi afferma che la logica del prim o ordine form alizza la
nozione intuitiva di deduzione, non la nozione intuitiva di logica. L a regola di
deduzione appena citata - 'D a F x e (x )(F x r3 G x ) si inferisce G x - una re
gola del prim o ordine; soltanto l asserto sulla validit della regola richiede
quantificatori predicativi o qualcosa di equivalente. M a anche interpretata in
questo modo, la tesi hilbertiana pone dei problem i.
Prim a di tutto, affinch la tesi sia almeno plausibile, si deve ampliare la lo
gica del prim o ordine includendo il segno di identit, ' = , tra le costanti
logiche. A n che gli assiomi '(x )(x = x ) , \ x ) { y ) { x = y
y = x) , '(* )( ^)(^) [(*
= y & jy = sr) Z3 x = z\ , e la regola Sostituire uguali ad uguali - formalmente,
'S e B ' com e B eccetto che ha libera w' m entre B ha libera v, si inferisce
B ' = B da = w' - o qualcosa di simile, devono essere aggiunti agh assiomi e
alle regole della logica del prim o ordine cosi come sono stati presentati fi
nora. (C osi am pliato il sistema si chiama logica del prim o ordine con identi
t). M a nella logica del secondo ordine non necessario procedere in questo
m odo; nella logica del secondo ordine si pu definire lidentit considerando
che 'x = y sia un abbreviazione di '(F )(F x = F jy ). (Questo ci che assume la
legge di L eib n iz : x ,y sono identici se hanno tutti i loro predicati in comune).
Perch qualcuno che accetta questa definizione di ' = non dovrebbe conside
rare la logica del prim o ordine con identit come un fram m ento dissimulato
di logica del secondo ordine?
Far questo potrebbe costituire invero una critica non m olto forte alla tesi di
H ilbert; dopo tutto, 'A = A sempre stata considerata com e una legge logica,
mentre la legge di Leibniz viene generalm ente intesa com e un assunto me
tafisico', ma se si concede che una sola nozione che ha una definizione al secondo
ordine venga aggiunta alla logica del prim o ordine, allora perch non aggiunger
ne altre? Perch, ad esempio, non ampliare la logica del prim o ordine aggiun
gendo il quantificatore 'C i sono infiniti x tali che ? Se si facesse questo, ci
sarebbero allora regole addizionali di deduzione che possono essere espresse
ma che non sono derivabili nel sistema standard. E non c lim ite alcuno al
numero di possibili am pliam enti del genere.
Sem bra che la ragione reale per cui si tentati di definire la deduzione come
deduzione al prim o ordine, e di far divenire vera la tesi di H ilbert con un
decreto arbitrario, per cosi dire, sia data sem plicem ente dal fatto che la logica del
primo ordine completa, m entre quella del secondo ordine (o anche la logica
del primo ordine con l aggiunta del quantificatore 'C i sono infiniti x tali che )
in linea di principio incapace di form alizzazione completa. Q uando un corpo di
dottrine logiche risulta non ammettere una form alizzazione com pleta, c qual
che ragione allora di trattare qualunque cosa si usi di quella dottrina in un conte
sto dato com e una premessa aggiunta e di considerare le dottrine della lo

331

F or m alizzazion e

gica del prim o ordine, che sono com pletam ente form alizzate, com e le regole di
deduzione . M a chiaro che non si pu attribuire a questo fatto un grande si
gnificato filosofico o fondazionale. Form alizzando la logica del prim o ordine, si
form alizzata una parte della logica ; non esiste alcun senso reale in cui si sia
form alizzata tutta la logica (o, con diversa sottolineatura, tutta la logica), in cui
si sia form alizzata tutta la deduzione, a meno che non si desideri fare una sti
pulazione alquanto arbitraria circa luso futuro del rumore deduzione .
U n esem pio dell artificiosit della nozione di deduzione quando venga ri
stretta alla deduzione al prim o ordine dato dal problem a della form alizzazione
e\Varitmetica. U no degli assiomi dellaritm etica, il principio dinduzione m a
tematica, un principio che si form ula al secondo ordine. O vviam ente, se gli
assunti stessi di una teoria im plicano nozioni al secondo ordine, allora le regole
di deduzione dovranno essere anchesse al secondo ordine.
Scorrendo la letteratura sullargom ento ci sim batte in due classiche risposte
a questa obiezione, a mio parere entram be insoddisfacenti. U na consiste nello
scrivere l assiom a dellinduzione nella notazione della teoria degli insiem i (cio,
dire O g n i insieme che contiene zero ed chiuso rispetto alloperazione di suc
cessore contiene ogni num ero intero (positivo)) piuttosto che quantificare le
variabili predicative com e fece Frege. In tal caso si considera tutta la teoria degli
insiemi com e costituente premesse addizionali; in realt, l intera idea di una
teoria dei num eri come una disciplina m atem atica separata viene abbandonata.
Alternativam ente, si sostituisce il principio dinduzione form ulato al secon
do ordine con u n insiem e infinito di assiom i al prim o ordine, cio con tutte le
form ule al prim o ordine (form ulate nel linguaggio del prim o ordine con 'o ,
' i ,
e
(per) com e soli term ini prim itivi extralogici) della form a:
(I)

[F (o) & ( * ) ( F ( * ) 3 F ( * + i ) ) ] 3 (* )F (* ).

Questa teoria (chiamata dai logici teoria dei numeri al prim o ordine) un
buon sistem a form ale per eseguire quelle che i m atem atici chiam ano dim ostra
zioni elem entari nella teoria dei num eri. M a linsieme infinito di form ule del
primo ordine della form a ( i) esprim e solo una parte del contenuto del principio
d induzione al secondo ordine. A lcu n i filosofi risponderebbero; E con questo?
Sappiam o che il contenuto com pleto del principio dinduzione al secondo ordine
non pu essere catturato da nessun sistem a form ale , riferendosi al celebre teo
rema dincom pletezza di G odei, una conseguenza del quale quella per cui
nessun sistema form ale della teoria dei num eri pu avere com e teorem a tutte le
verit del prim o ordine sui num eri naturali. M a il fatto che nessuna form aliz
zazione pu catturare il contenuto di un enunciato in questo senso difficil
mente costituisce una ragione per adottare una notazione in cui lenunciato non
pu nem meno venir scritto. Fatto sta che la form alizzazione (o parziale form aliz
zazione) pi perspicua della teoria dei num eri resta la breve lista degli assiomi
di Peano con il principio dinduzione espresso come una form ula del secondo
ordine. Considerare la logica del secondo ordine (in una qualsiasi form alizza
zione standard, escluso l assioma della scelta) come un sistema di regole di de
duzione per derivare conseguenze da prem esse come gli assiomi di Peano piut

Form alizzazione

332

tosto che com e premesse addizionali, in accordo, a mio avviso, con le intuizioni
che qui sono state discusse. M a la tesi di H ilb ert preclude proprio questo modo
di vedere la situazione.

3.

Che cosa si imparato formalizzando la logica?

Sono stati descritti alcuni dei risultati della form alizzazione della logica.
Sebbene linsiem e dei teorem i della logica del prim o ordine non sia un insiem e
decidibile (teorem a di Church), esso costituisce ci che viene chiam ato un insie
me ricorsivamente enumerabile. C i vuol dire che una m acchina pu essere pro
grammata in modo da elencare tutti i teorem i della logica in u n elenco senza
fine. Se una form ula un teorema, prim a o poi apparir su llelenco che la
m acchina stam pa . M a non c nessun algoritm o che dica se una form ula ar
bitraria apparir o non apparir prim a o poi sullelenco. (U n altro modo per
spiegare cosa ci significa questo : si pu costruire una m acchina tale che, se
viene im m essa una form ula come input, si arrester prim a o poi se la form ula
un teorema, e continuer a funzionare senza arrestarsi altrim enti. L a non-esistenza di u n algoritm o di decisione per la logica del prim o ordine significa
che il problem a dellarresto per una tale m acchina - il problem a di dare un
algoritmo che dica se la m acchina si arrester o no con un input arbitrario insolubile). D al mom ento che, com e si accennato, l insiem e dei teorem i
(formule derivabili form alm ente) identico allinsiem e delle form ule che sono
valide (vere in ogni universo secondo ogni interpretazione delle lettere predi
cative e delle variabili libere), per il teorem a di com pletezza di G odei si pu
concludere che il problema della decisione per la validit insolubile nella logica
del primo ordine, e che linsieme delle formule valide ricorsivamente enumerabile ma non ricorsivo ( decidibile) nella logica del primo ordine.
Queste ultim e asserzioni non fanno m enzione della propriet sintattica di
essere un teorem a (derivabilit formale), ma solo della propriet semantica
di essere valido ; in efl^etti possibile dimostrarle senza im piegare una form aliz
zazione com pleta della logica del prim o ordine, cio, un insiem e di assiomi e di
regole di dim ostrazione. M a qualsiasi dim ostrazione di queste osservazioni ri
chiede che la nozione formula valida della logica del prim o ordine sia resa
precisa, e fare solo questo gi richiede che il linguaggio della logica del prim o or
dine sia specificato in m odo com pleto e rigoroso e che la nozione di interpre
tazione di una form ula sia resa precisa (usando nozioni della teoria deglinsiemi).
In breve : proprio il form alizzare il linguaggio della logica del primo ordine rendendolo preciso e sottoposto a regole - m ette in grado di chiarire lim por
tante nozione di validit e di determ inare l am bito della possibilit di trattare
con algoritm i le form ule valide: perm ette, cio, di m ostrare che c un algo
ritmo per elencarle, ma non un algoritmo di decisione. D ando in m odo form ale e
rigoroso un insiem e adeguato di assiomi e/o regole dinferenza per la logica del
primo ordine si in grado di rendere precisa lidea inform ale di deduzione in
logica e di m ostrare che ogni form ula valida un teorema (ad esem pio, l ultim a

333

Form alizzazione

linea priva di asterisco di una deduzione corretta nel sistem a descritto sopra).
Infine, dal m om ento che risultato che la nozione intuitiva di form ula logica
mente dimostrabile (teorema) coestensiva con la nozione di form ula valida,
si avuto successo anche nel determ inare il grado della possibilit di trattare
mediante algoritmo le form ule logicam ente dim ostrabili: c un algoritm o per
elencare tutte le form ule logicam ente dimostrabiU (anzi, tutte le dimostrazioni,
se si preferisce), ma non un algoritmo di decisione per la dim ostrabilit formale.

4.

Assiomatizzazione e form alizzazione.

L a tendenza alla form alizzazione si connette strettam ente con un altra ten
denza di grande im portanza; la tendenza &\Vassiomatizzazione della m atem a
tica. L assiom atizzazione non richiede, a rigore, la piena form alizzazione o an
che la com pleta subordinazione a regole del nostro linguaggio; gli assiom i di
Euclide per la geom etria precedettero di oltre duemila anni sia la form alizzazio
ne com pleta sia le regole di deduzione e lo sviluppo dei linguaggi form alizzati.
Si possono scrivere insiem i di assiomi in un linguaggio naturale, dopo tutto, e
m olti lo hanno fatto m olto terqpo prim a che i linguaggi rigorosam ente form aliz
zati fossero inventati (e ancora lo fanno qualche volta). E in qualche m isura la
ricerca degli algoritm i ha persino im pedito la ricerca degli assiomi : non stata
assiom atizzata Yaritmetica fino a tutto il secolo x ix proprio perch ci si acconten
tava di considerarla una collezione di algoritm i per risolvere i problem i num erici
piuttosto che com e un corpo sistem atico di postulati e di conseguenze logiche
di postulati. E l algebra presso gli A rabi e nel prim o periodo m oderno era an
cora in gran parte una collezione di algoritm i e di tecniche per risolvere proble
mi. M a con la straordinaria crescita della m atem atica nel x v iii e nel x ix secolo
com inci a nascere linteresse sui fondam enti; e una delle form e assunte da que
sto interesse fu il tentativo di scrivere gli assiomi per i vari settori della m atem a
tica. Q uesti assiomi furono dapprim a form ulati nel linguaggio naturale ; ma,
come F rege rilev, senza disporre di un linguaggio del tutto preciso, e senza
rendere espliciti gli assunti e le regole d inferenza della logica stessa, non si
poteva mai essere sicuri che i propri assiom i rendessero espliciti tutti gli assunti
di un dato settore matematico.
Il progetto di Frege, il quale m irava a ridurre tutta la m atem atica alla lo
gica pura, era in special m odo vulnerabile al pericolo che assunti nascosti di
tipo m atem atico potessero inconsapevolm ente venire usati nelle dim ostrazioni
se la logica im piegata in tali dim ostrazioni non era stata com pletam ente espli
citata in anticipo. per questo m otivo che Frege, prima di produrre la sua anali
si del concetto d i num ero, pubblic un sistem a di logica com pletam ente form alizzato (equivalente a quella che oggi si chiama logica del secondo ordine), nel
suo Begrijfschrift {Ideografia) del 1879. In realt i timori di F rege sui pericoli
dell assiom atizzazione in linguaggi naturali erano giustificati; infatti, quando
H ilbert form alizz com pletam ente la geometria euclidea scopri parecchi as
sunti che lo stesso Euclide aveva usato im plicitam ente nelle dim ostrazioni, ma

F orm alizzazione

334

che non era riuscito a rendere espliciti nel suo elenco di assiomi e postulati!
Si potrebbe considerare la convergenza della tendenza algoritm ica e di
quella assiomatica alla fine del secolo x ix nel modo seguente : si possono avere
algoritmi per risolvere particolari problem i m atem atici senza avere assiomi per
il settore della m atem atica in cui sorgono quei problem i; m a ci che evita la
riduzione di tutta la m atem atica (o almeno di tutta la teoria elem entare dei nu
meri) a un algoritm o la m ancanza di un m etodo di decisione per la verit ma
tematica (o per la verit nella teoria elementare dei num eri, o per la dim ostrabi
lit form ale nella teoria elementare dei num eri, secondo il risultato di Church).
I
teoremi d indecidibilit posero lim iti essenziali al dom inio di applicabilit
del metodo algoritmico. A n che il m etodo assiomatico soggetto a lim itazioni
essenziali (com e si vedr tra poco), ma ognuna delle varie branche della m atema
tica pu essere com pletam ente assiomatizzata (logica del prim o ordine), o al
meno parzialm ente assiom atizzata (teoria dei numeri), bench possa non am
mettere un algoritm o di decisione. I lim iti d ellapproccio algoritm ico (intenden
do 'algoritm o nel senso di algoritmo di decisione), spingono a integrare que
sto approccio mediante elenchi di assiomi e di procedim enti di dimostrazione
enunciati in modo esplicito (nel m igliore dei casi, quello di una teoria completa,
si pu anche giungere a un algoritmo - un algoritm o per enumerare le proposi
zioni valide di una teoria m atem atica - anche se non esiste alcun algoritmo di de
cisione). L approccio algoritm ico, in ogni caso, sia che cerchiam o algoritm i di
decisione o enum erazioni di proposizioni valide, richiede sem pre una notazione
del tutto soggetta a regole, poich ci essenziale a qualsiasi algoritm o. D altra
parte, se viene privilegiato l approccio assiom atico, il pericolo di lasciarsi sfug
gire gli assunti im pliciti in una assiom atizzazione conduce ancora nella direzio
ne di un linguaggio form ale. C osi entram be le tendenze si dirigono prim a o
poi verso la costruzione di linguaggi simbolici per il ragionamento. E quando l ap
proccio assiom atico viene esteso alla logica stessa, allora tale approccio con
duce anche a regole di deduzione espresse formalmente-, e infatti fu proprio Frege,
rappresentante della tendenza assiomatica e fondazionale, il prim o a dare re
gole com plete per quella che oggi viene chiam ata logica del prim o ordine (an
che se i principali rappresentanti della tendenza booleana, algoritm ica - in par
ticolare Peirce - erano gi m olto aperti verso tali regole ed possibile che il
metodo dei diagram m i esistenziali di Peirce contenga un com pleto procedi
mento di dim ostrazione per la logica del prim o ordine).
O ggi il conflitto tra queste tendenze quasi del tutto com posto ; i logici con
siderano tanto la form alizzazione di assunti e di principi d inferenza quanto la
costruzione di algoritm i di decisione (per non citare lo studio sulla teoria degli
insiemi delle interpretazioni e dei modelli delle teorie) com e parti com plem en
tari e non incom patibili della loro attivit.
Scorrendo la storia della form alizzazione della logica, si potrebbe essere in
dotti a caratterizzare in generale la form alizzazione cosi : form alizzare una teoria
(cio, un insiem e deduttivam ente chiuso di credenze, giudizi, asserzioni, ecc.)
significa com piere due operazioni: i) form alizzare il linguaggio della teoria,
cio costruire una notazione non am bigua, soggetta a regole, per esprim ere gli

335

Form alizzazione

asserti in questine ; e 2) form alizzare gli assunti della teoria, cio trascrive
re gli assiom i (ossia dare una regola effettiva per dire se una form ula sia an
noverata tra gli assiomi o no), e dare le regole d inferenza (spesso queste sono
sem plicem ente le regole della logica del primo ordine). Questa caratterizza
zione della form alizzazione corretta, se intesa propriamente.
N on si pu ritenere che dare assiomi per una teoria significhi che occorre
dare assiomi da cui possono essere derivate tutte le proposizioni valide della
teoria; infatti, com e G od ei ha mostrato, nella sua classica opera sulle proposi
zioni indecidibili, qualsiasi teoria m atem atica che sia potente almeno quanto la
teoria elementare dei num eri possiede la propriet de\Yincompletezza essenziale-,
cio, la propriet che nessun insieme finito di assiomi (e nessun insiem e infinito
che sia a sua volta decidibile) pu essere com pleto e non-contraddittorio. Q ual
siasi insiem e non-contraddittorio di assiomi per la teoria elementare dei numeri
che sia ricorsivo (tale cio che esist un algoritmo per dire se una form ula ar
bitraria sia o non sia una assioma: ci form alizza lesigenza che gli assiomi di
una teoria dovrebbero essere effettivam ente riconoscibili), ripeto, qualsiasi in
sieme ricorsivo di assiomi che sia non-contraddittorio (e potente alm eno quan
to gli assiomi di Peano) incompleto. C i sono asserzioni della teoria dei numeri
(form ule ben form ate del sistema) che non sono n form alm ente dim ostrabili n
form alm ente refutabili a partire dagli assiomi. (Questa form ulazione del teore
ma d incom pletezza di G odei include dei rafforzam enti dovuti a Rosser e T a r
ski, M ostow ski, Raphael Robinson).
In breve, se si richiede che tutte le proposizioni valide di una teoria debbano
essere form alm ente derivabili in una form alizzazione riuscita, allora la logica del
primo ordine pu essere form alizzata ma non possono esserlo la teoria dei nu
meri, lanalisi, la teoria deglinsiemi, ecc. In pratica, ci che si fa indebolire
la nozione di formalizzazione-, se un insiem e di assiomi dati adeguato a tutte o
virtualm ente tutte le dim ostrazioni che realmente si presentano nei testi concernen
ti il settore in questione, si pu parlare di form alizzazione . M a si paga un prez
zo per questo indebolim ento; in realt, quella di form alizzazione divenuta
essa stessa una nozione vaga e pragmatica.
Piuttosto che continuare con questo uso vago del term ine, potrebbe dav
vero essere m eglio parlare di form alizzazione completa solo quando il siste
ma form ale costruito sia com pleto (nel senso che ogni proposizione valida sia
form alm ente derivabile, laddove una proposizione valida una proposizione
vera in tutte le interpretazioni intese del formalismo). C i si riferirebbe allora a
quelle che solitamente vengono chiamate form alizzazioni della teoria dei n u
meri, della teoria degli insiemi, ecc., com e a form alizzazioni parziali.

5.

Formalismo e de-interpretazione.

N e llunico appellativo formalismo si confondono spesso due distinte con


cezioni filosofiche. L a prim a, il form alism o ingenuo, sostiene che tutta la m a
tematica consiste di com binazioni di segni senza significato (cio di form ule

Form alizzazione

336

ben form ate di sistemi form ali non-interpretati)\ la seconda, il formalismo di


Hilbert, asserisce che la m atem atica ha due com ponenti; sia la derivazione
di teoremi senza significato entro sistem i form ali non-interpretati, sia lat
tivit contenutistica {inhaltlich), inform ale, riflessiva che consiste nella costru
zione dei sistem i e della riflessione su di essi nella m atem atica costruttiva.
A mia conoscenza, nessun m atem atico o filosofo prende oggi sul serio la
prima di queste concezioni; necessario per farvi almeno un cenno perch
viene spesso confusa con la seconda concezione, quella pi sofisticata. Entram
be, ovviam ente, utilizzano la nozione di linguaggio form alizzato e di sistema
formale ; entram be suppongono che dopo la form alizzazione di un linguaggio sia
necessario de-interpretarlo (cio prescindere da qualsiasi significato che i
segni possano mai aver avuto per noi al m omento di scrivere gli assiomi).
A n zi, spesso si ritenuto, ma a torto, che la form alizzazione esigesse tale de
interpretazione; di conseguenza, per certuni, un certo im pegno col formalismo
(inteso com e filosofia della matematica privilegiata) addirittura inelim inabile
dalla logica matematica stessa. Questo un grave fraintendim ento. C i che il
formalismo ingenuo dim entica che si form ulano asserti dotati di significato
circa i sistem i form ali che sono diversi dai sem plici asserti singolari tipo La
tale form ula ben form ata stata derivata. Per esempio, si form ulano anche
asserzioni d im possibilit sulla base di un ragionamento m etam atem atico in
formale, com e La tale form ula ben form ata non pu essere derivata nel tale
sistema. A sserti del genere sono sim ili ad asserti universali della teoria dei
numeri tipo L equazione
=
non ammette soluzioni intere positive;
di pi, le tecniche di dimostrazione sono del tutto analoghe. F u per questa ra
gione che H ilbert distinse attentamente il ragionamento costruttivo della m e
tam atematica dal ragionam ento nel sistema formale non-interpretato. Restano
per due difficolt anche per la versione pi sofisticata del form alism o: i) se il
formalismo rinunzia a de-interpretare il ragionamento costruttivo circa gli
oggetti form ali (ad esempio, segni sulla carta), deve allora far propria u n episte
mologia costruttivista della matematica. M a questa non mai stata messa a
punto. (N on molto di pi, a mio avviso, ha fatto in questo senso lintuizionism o).
Sia i form alisti sia gli intuizionisti m uovono dallassunto che alcune asserzioni
vertenti sulle nostre capacit costruttive siano evidenti . M a la fonte em piri
ca o trascendentale di tale evidenza non mai stata realm ente spiegata. A suo
tempo L ock e avanz la tesi secondo cui, quando si parla dellesistenza di in
fin iti num eri interi, tutto quel che si vuol dire in realt che la mente ha il po
tere di contare indefinitamente, cio di aggiungere u n unit a qualsiasi numero
assegnato. L ock e sostenne ancora che, proprio perch questo potere una facol
t della mente, la m ente pu esserne consapevole : non forse la mente im m e
diatamente consapevole delle proprie facolt? M a le cose stanno davvero co
si? Spesso infatti si sente di avere la facolt di com piere certe azioni che per
non si poi in grado di portare davvero a com pim ento, com e risulta quando ci si
sforza davvero di farle. D i pi : se sintende alla lettera la stessa asserzione che si
pu, andare avanti a contare indefinitamente, se la sintende cio come u n asser
zione em pirica, tale asserzione si rivela allora patentem ente falsa. Se per si

337

Form alizzazione

intende la stessa asserzione come u n affermazione trascendentale, si vuol dav


vero sostenere con ci che si deve far propria la teoria dell io trascendentale di
K a n t per capire la matematica? D iffcilm ente questa concezione riscuoterebbe
lapprovazione di quei filosofi o di quegli scienziati che sono fortem ente orien
tati verso form e di naturalismo. 2) M a un problem a ancora pi serio per qual
siasi versione del form alism o vien posto dal tentativo di giustificare Vapplica
zione della m atematica al m ondo reale. Certe volte il form alista fa sua proprio
uningenua filosofia operazionista della scienza fisica. A ltre volte, invece, avan
za la tesi secondo cui le teorie che im piegano nozioni m atem atiche possono es
sere applicate all universo fisico in quanto luniverso fisico stesso od opportuni
suoi sottosistemi, se non sono m odelli in senso letterale, sono per approssima
tivamente simili a parti finite dei m odelli delle teorie fisico-m atem atiche in que
stione. N el caso pi sem plice, per esempio contar delle pecore, il formalista
suggerisce allora di trattare raggruppamenti (di pecore, nella fattispecie) come
num eri e loperazione fisica di combinare i vari raggruppam enti com e addizione.
M a la cosa troppo sem plicistica per poter funzionare. D opo tutto, si contano
e si addizionano anche cose che non sem pre si possono fisicam ente combinare,
per esem pio G iulio Cesare e M ussolini sono due dittatori ; H itler e Stalin so
no due dittatori; tutti insiem e fanno quattro dittatori. Si contano anche delle
cose astratte, ad esempio le radici di u n equazione. Inoltre le cose cui si appli
cano parole-num ero, come misero in luce Frege e Russell, non sono aggregati
fisici, ma insiemi o predicati. L aggregato fisico di tutte le contee degli Stati
U niti identico allaggregato fisico di tutti gli stati degli Stati U n iti, poich
entram bi gli aggregati (in quanto oggetti fisici) sono proprio gli Stati U niti
stessi; ma, quando si dice N egli Stati U n iti ci sono cinquanta stati non si vuol
dire N egli Stati U niti ci sono cinquanta contee, poich la parola-num ero
'cinquanta predicato della collezione o insieme astratto degli stati, non del
laggregato fisico corrispondente. Inoltre, quando in fisica si afferma che una
certa forza obbedisce alla legge dellinverso del quadrato, non si chiarir cer
to il significato em pirico di un asserto del genere con le osservazioni appena ci
tate del formalista. (Per tentare seriamente di precisare lidea che il m ondo fi
sico approssimativamente un modello ~ o parte di un modello - di una teoria
fisica sarebbe necessaria una logica di ordine superiore di quella di fatto utiliz
zata da Frege). singolare che i form alisti non dicano niente sv\Yapplicazione
della m atematica al m ondo reale salvo il fare occasionalmente quel tipo di os
servazioni appena discusse, e che ignorino la sofisticata discussione della que
stione dell applicazione della matematica al mondo fisico intrapresa gi da F re
ge nel 1880.
A i fini di questo articolo, tuttavia, quel che im porta ricordare che gli
scopi che condussero storicamente alla form alizzazione della logica, e pi tardi
alla form alizzazione di teorie m atem atiche e di altro genere, non presuppone
vano affatto l accettazione del form alism o come filosofia. Si pu accogliere la
concezione di Quine, che le parole-num ero siano sin dal principio parte del no
stro apparato concettuale iiiterpretato, quantunque siano una parte astratta di
esso (una parte alla pari con i connettivi logici stessi), ed essere tuttavia ancora

Form alizzazione

338

interessati agli scopi che hanno portato alla form alizzazione : alla ricerca di algo
ritmi, alla ricerca di un linguaggio preciso, alla ricerca di un chiaro insieme di
assiomi e regole dinferenza. D ovrem m o anche guardarci d allidea, pure assai
diiFusa, che la m atem atica allorigine non-interpretata e solo pi tardi viene
interpretata, via regole di corrispondenza. U na rappresentazione del genere
difficilmente ha ancora un senso se viene separata dalle idee form aliste che ab
biamo or ora indicato. In realt, tentare di interpretare la m atem atica senza
avere gi a disposizione concetti m atem atici altrettanto im possibile quanto
interpretare i connettivi logici senza avere gi a disposizione i connettivi logici!

6.

I calcolatori e la mente.

con lo sviluppo del calcolatore digitale ad alta velocit che la form alizza
zione entra a sua volta in una fase matura. Com e stato gi osservato, ogni pro
gramma per calcolatore pu essere considerato come la form alizzazione di un
frammento di ragionamento. M olti program m i per calcolatore com portano la
m anipolazione di qualcosa di molto sim ile a form ule di un linguaggio form aliz
zato e obbediscono a qualcosa di molto sim ile a regole d inferenza. N on si par
la del cosiddetto linguaggio di program m azione; il linguaggio usato per scri
vere i program m i esso stesso alla lettera un linguaggio form alizzato. M a oltre
a questo linguaggio vi sono program m i, in aree tanto diverse quanto l identifi
cazione di m odelli e la traduzione meccanica, che necessitano della macchina - e
non solo del program m atore - per ragionare in un linguaggio form alizzato.
Risale almeno a H obbes lintuizione che le operazioni algoritm iche su sim
boli privi di significato potessero essere i costituenti base di ci che si chiama
ragionamento (H obbes sottoline a questo proposito che la parola inglese
ratiocination risaliva alla parola latina corrispondente a far di conto). O ggi que
stidea, lidea che il ragionamento dotato di significato debba essere alla fine
scomposto in costituenti elementari m eccanici e puram ente form ali dim por
tanza fondam entale nella psicologia cognitiva. L a form a che prende questidea
quella del calcolatore come modello della mente.
N ellidea del calcolatore come m odello della mente, la m ente ha un program
ma, o insiem e di regole, analoghe alle regole che governano una m acchina
calcolatrice, e il pensiero com porta la m anipolazione di parole e di altri segni
(non tutto in questa m anipolazione cosciente , nel senso di poter venir ver
balizzato dal calcolatore). Cosi come si presenta, tuttavia, questo modello
molto debole (nonostante l animosit che suscita tra coloro cui non piace pen
sare che un sem plice congegno, come una m acchina calcolatrice, possa eventual
mente servire da modello per qualcosa di cosi speciale com e la mente umana).
debole perch il program m a, o sistema di regole per il funzionam ento mentale,
non stato specificato; ed questo program m a che costituisce la teoria psico
logica. D ire sem plicem ente che la corretta teoria psicologica, qualunque essa
sia, pu essere rappresentata come un program m a (o qualcosa di analogo a un
programma) per un calcolatore (o qualcosa di analogo a un calcolatore) dire

339

Form alizzazione

molto poco, perch potenzialm ente ogni sistema che pu essere descritto da un
insieme di leggi pu essere almeno simulato da un calcolatore. D alla freudiana
psicologia del profondo al com portam entism o di Skinner, tutto pu essere rap
presentato com e un certo program m a per calcolatore.
O ggi, per, i cibernetici che lavorano nellarea che viene chiam ata con laffa
scinante nome di intelligenza artificiale e gli psicologi cognitivi che si occu
pano di riferimento, rappresentazione semantica, uso del linguaggio, ecc., han
no u n ipotesi pi precisa di quella della possibilit di costruire un m odello della
m ente con un calcolatore digitale. (Anche quellipotesi, tuttavia, non vuota
perch im plica qualcosa : la struttura causale dei processi m entali ; che essi han
no luogo in obbedienza a regole determ inistiche o probabilistiche di sequenziali
t secondo un program m a finito). L altra ipotesi su cui vanno convergendo sia
coloro che lavorano sulle m acchine calcolatrici sia gli psicologi cognitivi che
la mente pensa per m ezzo di rappresentazioni. D i fatto sembra che oggi vi siano
due idee diverse circa tah rappresentazioni.
L a prima idea, basata sullesperienza dei tentativi di simulare il com porta
mento intelligente (onde il term ine 'intelligenza artificiale) program m ando dei
calcolatori che l atto del pensare non im plica solo la m anipolazione di og
getti o sim boli arbitrari, ma richiede la m anipolazione di sim boli che hanno una
struttura molto particolare, precisam ente la struttura di ci che si chiama lin
guaggio form alizzato. L esperienza dei cibernetici era che i program m i pi in
teressanti e riusciti di intelligenza artificiale risultano in modo tipico quelli in
cui si dava alla m acchina calcolatrice qualcosa di simile a un linguaggio form aliz
zato e a un insieme di regole duso di quel linguaggio form alizzato ( ragionare
nel linguaggio, per cosi dire).
L a seconda idea associata al term ine 'rappresentazione che la mente um a
na pensa (in parte) costruendo un qualche tipo di m odello del suo ambiente,
un modello del mondo. Questo modello, naturalmente, non deve assomi
gliare letteralm ente al mondo. sufficiente l esistenza di qualche tipo di relazio
ne sistematica tra voci interne al sistem a di rappresentazione e voci esterne a
esso, in modo che ci che accade allesterno possa venir decifrato dalla mente
col suo sistema di rappresentazione.
Si mettano insiem e queste due idee e ci che risulta si pu chiam are lIpo
tesifondamentale della psicologia cognitiva: che la mente usa un linguaggio formalizzato (o qualcosa di m olto simile a un linguaggio form alizzato) sia come mezzo
di calcolo sia com e m ezzo di rappresentazione. Approfondire q u estipotesi por
terebbe al di l d ellam bito di questo articolo; ma essa pu, sul lungo periodo,
rivelarsi com e l applicazione pi im portante del concetto di form alizzazione.

7.

Formalizzazione e antinomie.

U n discorso sulla form alizzazione non sarebbe com pleto senza accennare
alle cosiddette antinom ie; il paradosso di Russell e i paradossi sem antici de
scritti in altri articoli di questa stessa Enciclopedia, cio contraddizioni derivate

Form alizzazione

340

da assunzioni che sono in se stesse del tutto evidenti , o piuttosto che sarebbero
evidenti se non portassero contraddizioni. C he esistano intuizioni auto-con
traddittorie circa un certo num ero di nozioni fondam entali della logica essa
stessa una delle grandi scoperte epistem ologiche del secolo xx. N on che siano
nuovi i paradossi in s : i paradossi semantici, quanto m eno, erano noti nellan
tichit classica; del tutto nuova la valutazione della loro importanza episte
mologica.
T u ttavia si giunti a questa valutazione solo perch per la prim a volta si
form alizzata la logica (compresa la logica di ordine superiore e la teoria della
verit). F in tanto che un corpo di dottrine non form alizzato, i paradossi pos
sono essere liquidati com e sem plici curiosit oziose. M a quando si cerca di pre
sentare o la teoria degli insiem i o la teoria della verit e del riferim ento come un
coerente corpo di dottrine, come si costretti a fare quando si formalizzano
queste teorie, un sim ile atteggiam ento liquidatorio non basta. Com e scrisse
Zerm elo [1908]: L a teoria degli insiem i quella branca della m atem atica che
ha il com pito d indagare m atematicamente le nozioni fondam entali di "num ero ,
"ord in e e "fu n zio n e , prese nella loro form a sem plice, prim itiva, e di svilup
pare di conseguenza i fondam enti logici di tutta l aritm etica e l analisi. Essa co
stituisce dunque una com ponente indispensabile della scienza m atematica. A l
momento, per, la stessa esistenza di questa disciplina sem bra m inacciata da
certe contraddizioni, o "antinom ie , che si possono derivare dai suoi principi
- principi che sembrano regolare in m odo necessario il nostro pensiero - e a cui
non ancora stata trovata alcuna soluzione del tutto soddisfacente. In partico
lare, a proposito della "antinom ia di Russell circa linsiem e di tutti gli insiemi
che non contengono se stessi come elementi, non sem bra pi am m issibile oggi
assegnare a una arbitraria nozione logicam ente definibile un insiem e o classe,
come sua estensione. L a definizione originaria di Cantor d ellinsiem e come
"collezione, unita in un tutto, di certi oggetti ben distinti della nostra percezione
o del nostro pensiero [1895, p. 481] richiede perci delle restrizioni; tuttavia
non stata sostituita con successo da una che sia altrettanto sem plice e non fac
cia sorgere analoghe riserve. In queste circostanze non rimane, a questo punto,
che procedere nella direzione opposta e, partendo dalla teoria degli insiem i co
me storicam ente data, ricercare i principi necessari per stabilire i fondam enti
di questa disciplina matematica. Per risolvere il problem a si deve, da un lato,
restringere questi principi in m odo sufficiente a escludere tutte le contraddi
zioni e, dall altro lato, prenderli abbastanza estesi da contenere tutto ci che in
questa teoria resta valido (p. 261).
Il fatto che la form alizzazione m etta in luce cosi chiaram ente quali sono le
antinomie in un corpo di dottrine e a quali conseguenze porti ogni proposta
per evitarle, suggerisce che si dovrebbe ricorrere pi am piam ente alla form aliz
zazione nei settori della scienza m inacciati da paradossi o contraddizioni. In
particolare, i fondam enti della m eccanica quantistica si potrebbero discutere
pi facilm ente se le form alizzazioni della meccanica quantistica cercassero di de
scrivere linterpretazione della teoria (per esempio, le sue connessioni con gli
esperimenti), e non assumessero sem plicem ente la nozione di m isura come pri

341

Form alizzazione

mitiva. I fondam enti della m eccanica quantistica sono oggi tanto poco chiari
quanto lo erano i fondam enti della teoria deglinsiem i nel prim o decennio del
secolo XX ; ma i fisici hanno cercato di liquidare il problem a con pronunciam enti
ex cathedra sul fatto che ogni cosa collim ava perfettam ente con ci che essi
capivano veramente, anzich affrontare i paradossi con la stessa ammiravole
onest e chiarezza di Russell, Frege, Zerm elo e dei loro continuatori. L a form a
lizzazione talvolta pu essere frivola, non necessaria o distogliere addirittura
lattenzione dai problem i reali; ma dove c il problem a di una contraddizione
reale o apparente nelle nostre idee fondam entali, non esiste strum ento m igliore
per chiarificarlo. Chiarificare e non risolvere perch nessun m etodo garan
tisce la soluzione di difficili problem i concettuali ; ma la chiarificazione lindi
spensabile prerequisito di ogni soluzione, [h . p .].

Cantor, G .
1895 Beitrage zur Begriindung der transfiniten Mengenlehre ( Erster A r tik e l) , in M athem a
tische A nnaien, X L V I , pp. 4 8 1-5 12 ; ora in Gesammelte Abhandlungen mathematschen und philosophischen Inhalts, Springer, B erlin 1932.
Q uine, W . van O rm an
1950 Methods o f Logic, H olt, Rinehart and W inston, N e w Y o rk (trad. it. Feltrinelli, M ilano
i960).
Zerm elo, E.
1908 Untersuchungen iiber die Grundlagen der Mengenlehre, in M athem atische A nnaien ,
L I X , pp. 261-81.

Considerata inizialmente in rapporto con un algoritm o che, liberato da qualsia


si problem a di sem an tica, opererebbe senza am biguit su di un lin gu aggio (cfr.
automa), la formalizzazione pone num erosi problem i. In un ca lco lo del prim ordine,
si presentano anche problem i di decidibilit (cfr. ricorsivit). La formalizzazione rico
struisce le nozioni intuitive di deduzione/prova, fornendo regole d inferenza precise
e d esaustive (cfr. possibilit/necessit, referenza/verit) e chiarendo il senso e i
lim iti della nozione di validit; la formalizzazione pone inoltre il problem a delle re
lazioni fra la lo g ica e le m atem atiche. La problem atica della formalizzazione si trova
associata a quella dell assiomatizzazione (cfr. assioma/postulato), che si espone pertan
to a dei limiti. opportuno distinguere tra una formalizzazione com pleta, quando ogni
form ula valida del sistema formalmente derivabile dagli assiomi, e le formalizzazioni
parziali, ad esem pio nella teoria dei num eri (cfr. numero). I problem i filosofici della
formalizzazione ruotano attorno allinterpretazione dei sistemi formali (cfr. applica
zioni). L esito della formalizzazione attualmente rappresentato dai calcolatori digi
tali (cfr. analogico/digitale) che, in una certa misura, possono venir concepiti com e
un m odello delle operazioni della m en te (cfr. in telligen za artificiale).

Logica

P er illustrare sia loggetto della logica sia il m odo in cui il metodo matematico
ne ha trasformato lo studio si confronteranno fra loro gli approcci di due grandi
logici: Aristotele, il fondatore della logica form ale in quanto disciplina auto
noma, e G eorge Boole, il fondatore della logica matematica. V err invertito,
tuttavia, l ordine storico, perch pi facile descrivere in term ini booleani ci che
ha fatto Aristotele che non descrivere in term ini aristotelici ci che ha fatto
Boole. Successivamente, verr descritta levoluzione della logica nel corso del
XIX secolo e aU inizio del x x : il calcolo proposizionale, la logica del pri
m ordine e, soprattutto, la grande impresa di ridurre la m atem atica alla lo
gica com piuta da Frege e riveduta e corretta da Russell e W hitehead nei
Principia Mathematica, lopera che ha prodotto l im patto m aggiore di qualun
que altro testo di logica del periodo m oderno sia sui logici sia sui filosofi. V er
ranno illustrati poi alcuni dei contributi della logica m oderna dopo i Princi
pia e si riferir, infine, sullo stato attuale delle filosofie della logica e della m ate
matica.

I.

L algebra booleana e l algebra ordinaria.

Boole (la cui Mathematical Analysis of Logic fu pubblicata nel 1847) par
tiva da una classe, o insieme (si user indifferentem ente uno di questi due term i
ni), che chiam ava universo del discorso. V err denotata con V invece che
con I come faceva Boole. V com prende la totalit delle cose che costituisco
no l oggetto di un discorso. ( L idea che luniverso del discorso o dominio, co
me viene detto spesso oggi, non debba necessariamente essere fissato una volta
per tutte molto importante nella logica contemporanea). O gni sottoinsieme
di V - cio, ogni collezione di m em bri di V - una classe e pu essere de
notato con una qualsiasi lettera, come ad esempio A , B, C , ... Inoltre, A , B,
C , ... possono essere usate per denotare classi arbitrarie allo stesso modo in
cui nellalgebra si usano le variabili per denotare num eri arbitrari e, proprio
come nellalgebra, si possono scrivere delle equazioni fra di esse. A d esempio,
se l universo V la classe di tutti gli esseri umani, A potrebbe essere la classe
di tutti gli uomini, B la classe di tutte le donne, C la classe di tutti i bam bini,
e l equazione V = A u B u C direbbe che ogni essere umano un uom o o una
donna o un bambino.
L e operazioni sono lunione di due classi, cio la formazione della classe di
tutte le cose che appartengono ad almeno una delle due o a entram be, indicata
solitamente con il simbolo ' U , l intersezione di due classi, cio la form azione
della classe di tutte le cose che appartengono a entrambe, indicata solitamente
con il simbolo ' f i , e loperazione che consiste nel formare il com plem entare di
una classe, cio la classe di tutti i m em bri di V che non appartengono alla

Logica

492

classe in questione, e che viene denotata solitamente ponendo una sbarretta


sopra il sim bolo della classe: ad esempio, A il com plem entare di A . (Boole,
invece della sem plice unione come si fa oggi, prendeva com e operazione pri
mitiva la disgiunzione esclusiva, cio la form azione della classe di tutte le cose
che stanno in A B pi la classe di tutte le cose che stanno in B A , cio
della classe di tutte le cose che stanno in A 0 in B , ma non in entrambe).
Proprio come nellalgebra ordinaria c uno zero, anche nellalgebra della
logica esiste uno zero costituito dallinsieme vuoto, che si denoter con 0 .
Il complementare d elluniverso del discorso V ovviam ente vuoto, cio V = 0
e cosi pure 0 = V.
S e A la classe dei pirati e B la classe dei nobili, allora A u B la classe
di tutte le persone che sono o nobili 0 pirati e A D B la classe di tutti i pirati
nobili. Se A e B sono dei cerchi, queste operazioni possono essere rappresentate
come nel diagramma della figura i.
Q uelli che seguono sono esempi di leggi logiche corrette scritte in questo
simbolismo :

xnY=Ynx

(1)

XuY=YuX
x=x

(2)
(3)

(5)

(6)

propriet com m utativa dellunione


legge della doppia negazione

) X n ( Y U Z ) = ( X n Y ) U ( X n Z ) 1 t distributive
) X U ( Y O Z ) = ( X U Y ) n ( X u Z ) I propriet distributive

( )

( )

propriet com m utativa dellinterse


zione

a)XU Y = X n Y
b)
XnY =XuY
XUX =V

xnx=0.

F ig u ra I.
L u n iv e rso V .

I leggi di D e M organ
propriet di V,
mentare.

e del comple-

493

Logica

M olte di queste leggi sono simili a quelle dellalgebra ordinaria. Cosi, se


s interpreta l intersezione come la m oltiplicazione e l unione come l addizione,
le equazioni (i), (2) e (4a) corrispondono alle identit algebriche ordinarie
X Y = Y X (propriet com m utativa della m oltiplicazione), X + Y = Y + X (pro
priet com m utativa dell addizione) e X ( Y + Z) = X Y + X Z (propriet distribu
tiva della m oltiplicazione rispetto alladdizione).
Inoltre, le leggi logiche

(8)

)xnv= x
) X n 0 = 0
c) X U 0 = X

corrispondono alle identit algebriche X - i = X , X - o = o e X -|-o = X se sin


terpreta V com e I e
come o. Tuttavia, la seconda legge distributiva della
logica (46) sorprendente; X + Y Z = ( X + Y ) ( X - t- Z ) non algebra corretta!
In effetti, la relazione che corre fra (40) e (46) e fra (5a) e (5) illustra un fatto
m olto im portante, analogo alla dualit fra retta e punto della geometria
proiettiva; se in una legge logica corretta si sostituisce U con O e O con U scam
biando contemporaneamente fr a loro 0 e V, la legge rimane corretta (principio di
dualit). E questo un principio che non fu mai rilevato da nessun logico anti
co, ma che diventa facile da scoprire (e non difficile da dimostrare) quando si
usa la notazione algebrica.
Boole scopri altre leggi logiche che non sono valide nell algebra ordinaria,
come ad esempio 'X al quadrato uguale a X , cio X n X = X e 'X pi X
uguale a X , cio X ( J X = X (propriet di idem potenza dell intersezione e del
l unione).
G razie a queste propriet di idem potenza si possono effettuare delle sem
plificazioni che non sarebbero valide neH algebra ordinaria. In effetti, ogni pro
dotto di polinomi logici pu essere semplificato come nell algebra ordinaria
e poi ulteriorm ente semplificato servendosi delle propriet di idem potenza (cio,
da un punto di vista algebrico, ponendo tutti gli esponenti e i coefficienti uguali
a 1). U n altro strumento di sem plificazione la propriet di assorbimento;

xu(xnY)= x.
A n che la com plem entazione ha degli analoghi algebrici, m a non verranno
discussi qui. Conviene tuttavia notare che le sbarrette del com plem entare pos
sono sempre essere accorciate servendosi delle leggi di D e M organ e della leg
ge della doppia negazione fintanto che non siano ridotte a stare sopra lettere sin
gole, come nellesempio seguente;

(Xn(YuZ))UA = (Xn(YUZ))n=

(per le leggi di D e M organ)

= (X n (Y U Z)) n A =

(per la legge della doppia negazione)

= (XU(YuZ))nA=

(D e Morgan)

= (XU(YnZ))nA=

(D e Morgan)

= (XU(YnZ))nA=

(doppia negazione).

494

Logica
2.

Applicazioni dellalgebra booleana ai ragionamenti.

S i consideri un ragionamento espresso in linguaggio ordinario, ad esempio:


'T u tti gli uom ini sono m ortali
'T u tti i banchieri sono uom ini
(dunque) 'T u tti i banchieri sono m ortali .
Se si indica con H la classe degli uomini, con M la classe dei mortali, con
B la classe dei banchieri e si prende come universo quella di tutti gli esseri
animati, allora gli enunciati precedenti possono essere espressi sim bolicam ente
in notazione booleana nel modo seguente :
'T u tti gli uom ini sono m ortali equivale a H M
'T u tti i banchieri sono uom ini
EH
'T u tti i banchieri sono m ortali
BM

= 0
= 0
= 0

( stato omesso per brevit il simbolo n ; cosi, H M , B H , B M sono rispetti


vamente abbreviazioni di H n M , B n H , e B q M ).
_
Questo ragionam ento sar valido solo se B M vuota ogni volta che H M e
B H sono entrambe vuote e ci accadr solo se B M com pletam ente contenu
ta in H M U B H .
P er vedere se questo ver^, ci si serve dellidentit logica X n ( Y u Y ) =
X n V = X per svi]_uppare^BM in funzione delle tre lettere B, M e H : B M =
B M n (H u H ) = BM H uBM H .

Figura 2 .
L e o tto r e g io n i fo n d a m e n ta li.

495

Logica

_ Q uesto mostra che B M lunione delle due regioni fondam entali B M I^ e


B M H (cfr. fig. 2). Si chiamano regioni fondamentali le otto regioni B H M ,
E H M , B H M , B H M , E H M , E H M , B H M , B H M , perch tutte le classi che
possono essere formate usando soltanto le tre lettere B, M e H possono essere
espresse com e unioni (com presa l unione vuota 0 ) di un num ero compreso
fra zero e otto di regioni fon d am ^ tali.
_
_
_
_
_i^nalogamente,_sviluppando H M si ottiene H M = H M n ( B U B ) = H M E (J
H M B = E M H (J B M H e questultim a e^ ression e com iene una delle due re
gioni fondam entali che com pongono B M . Poich H M vuota ii^ virt della
prima premessa, ne segue che questa regione fondamentale ~ B M H - anch essa vuota. (Se X u Y = _ , a llo m _ X = 0 ^ Y = 0 ) .
_
Analogam ente, B H = B H M U E H M = E M H U E M H e, poich B H vu o
ta in virt della seconda_jpremessa, lo stesso accade di B M H , che l altra
regione che costituisce B M . N e segue che B M vuota ogni volta che le pre
messe sono entrambe vere e perci il ragionamento precedente logicam ente
corretto, o valido.
Si sarebbe anche potuto verificare la validit del ragionamento precedente
negandone la conclusione, cio ='A lcu ni banchieri non sono m ortali ( B M t^ 0 )
e cercando di vedere se la terna H M = 0 , E H = 0 , BM^^ 0 incom patibile,
perch evidente che un ragionamento valido se e solo se il sistema di enun
ciati costituito dalle sue premesse e dalla negazione della sua conclusione in
com patibile. Ora, la terna incom patibile proprio nel caso in cui le regioni
che d evon^ essere vuote se le premesse sono vere - cio, quelle regioni conte
nute in H M e E H - riempiono la classe che si suppone essere non-vuota, cio
BM .
Qualsiasi ragionamento le cui premesse e la cui conclusione possono essere
espresse con i simboli dellalgebra booleana pu essere deciso (cio, se ne pu
determinare la validit o la non-validit) i) scrivendone tutti gli enunciati
sotto la form a di asserzioni del fatto che u n espressione booleana 0 non ugua
le a 0 (poich A = B equivalente a A B u B = 0 , ci pu sempre essere
fatto) e 2) servendosi della tecnica di sviluppo precedente per esprimere tutte
le classi che vi compaiono come somme di regioni fondamentali nel modo illu
strato. Naturalm ente, se nel ragionamento espresso sim bolicam ente compaiono
n variabili di classe, ci saranno 2 regioni fondamentali.

3.

Aristotele e Boole.

Fu Aristotele a notare per prim o che certi ragionamenti sono corretti sol
tanto in virt della loro forma. A d esempio, ogni ragionamento della form a:
'T u tti gli S sono M
'T u tti gli M sono P
(dunque) 'T u tti gli S sono P

L ogica

496

logicam ente corretto. (Q ui si assume che S, M e P stiano per dei termini,


cio per delle espressioni che hanno come estensioni delle classi definite e che
lo stesso term ine abbia come estensione la stessa classe ogni volta che occorre
nel ragionamento). E fu Aristotele a rendersi conto della possibilit di una scien
za della logica formale, cio di una scienza che studi e classifichi le form e di ra
gionamento valide (e anche quelle non-valide).
Tuttavia, anche dal punto di vista del Boole degli anni 40 dell Ottocento,
lopera di Aristotele era limitata. Com e stato spesso osservato, Aristotele era
legato allenunciato della form a soggetto-predicato. Questo fatto lo condusse
a confinare la m aggior parte della sua attenzione agli enunciati contenenti due
term ini. (A ltri logici, sia nell antichit sia nel medioevo, presero in conside
razione enunciati un po pi complessi, ma il prestigio di Aristotele era cosi
grande che la loro opera non ebbe u n influenza n vasta n duratura). L a logi
ca aristotehca si lim itava in gran parte allo studio di enunciati delle seguenti
quattro form e:
Simbolismo
Forme aristoteliche
booleano
U niversale afli'ermativa 'T u tti gli S sono P

SP=

Particolare affermativa

'A lcu n i S sono P

SP ^

Universale negativa

'N essun S P

SP =

Particolare negativa

'A lcu n i S non sono P

S P ,^ 0 .

G li enunciati singolari 'Socrate un uom o e 'Socrate non un uom o ve


nivano assimilati artificialmente alle form e U niversale afferm ativa e Universale
negativa ('T u tti i Socrate sono uom ini e 'N essun Socrate un uom o ) - un
difetto molto grave della teoria logica tradizionale, perch la differenza di for
ma fra enunciati singolari ed enunciati generali dim portanza cruciale per gli
sviluppi logici moderni, in particolare per lanalisi delle relazioni e del concetto
di numero. C osi
'T u tti gli uom ini sono m ortali
'Socrate un uom o
(dunque) 'Socrate m ortale
veniva considerato come se avesse la stessa form a del ragionam ento su 'T u tti
i banchieri sono m ortali analizzato nel paragrafo precedente.
N on si tenter qui di dare niente di pi di una descrizione sommaria della
logica tradizionale. A n che se non furono studiati esplicitam ente, si pu com in
ciare collesaminare gli enunciati in cui entrambi i term ini sono uguali (come,
ad esempio, 'T u tti gli A sono A ). C e ne sono ovviam ente quattro:
1)
2)
3)
4)

'T u tti gli A sono A .


'N essun A A .
'A lcu n i A sono A .
'A lcun i A non sono A .

497

Logica

L enunciato i) (in notazione booleana, A A = 0 ) ovviam ente valido. I


logici tradizionali chiamavano gli enunciati di questo tipo 'tautologie , termine
usato oggi per indicare le form ule valide del calcolo proposizionale. L enun
ciato 4) ovviamente una contraddizione ( A A t 0 ) . Il principio che afferma
che gli enunciati di questo tipo sono contraddittori era detto principio di con
traddizione ('N ulla sia A sia n on -A ). C he cosa si pu dire invece degli
enunciati 2) e 3)? Aristotele e i suoi seguaci non presero mai in considera
zione la possibilit che un insieme sia vuoto. Tuttavia, questa possibilit
molto importante. M olto spesso un ragionamento concerne una classe che
noto essere vuota (ad esempio, quella degli unicorni) e anche pi frequen
temente capita di parlare di una classe di cui non si sa se sia vuota oppure no
(ad esempio, quella dei serpenti marini che vivono nel L och Ness). L a noncu
ranza dei logici antichi forse pi analoga allincapacit da parte dei m atem ati
ci di rendersi conto della necessit di includere nel sistema dei num eri interi
un numero zero prim a d ellinvenzione della notazione araba, ma conduce
a seri inconvenienti nella logica tradizionale. Bisogna perci dire o che nella
logica tradizionale 'term ine significa 'term ine che ha come estensione una
classe non-vuota - im pedendo cosi di analizzare i ragionamenti sui serpenti
marini del L och Ness fino a quando non si sar scoperto che ce ne sono - op
pure che la 3) non valida: cio, che falso che 'A lcun i A sono A
0)
quando A linsieme vuoto. E bisogna dire che la 2) non una contraddizione:
cio, che vero che 'N essun A A ( A A = 0 ) quando A linsieme vuoto. I
logici antichi e la maggior parte di quelli m edievali non si resero conto di
questo dilemma. Per essi 'N essun A A era una forma di contraddizione e
'A lcun i A sono A era una tautologia. Cosi (a causa della noncuranza) ogni enun
ciato in cui compare due volte lo stesso term ine in una delle quattro form e
tradizionali era considerato una tautologia o una contraddizione e perci sol
tanto gh enunciati della forma, ad esempio, 'T u tti gli S sono P , in cui compaiono
due lettere distinte, venivano ammessi negli schemi di ragionamento. (Se gli an
tichi si fossero accorti della loro dimenticanza, avrebbero potuto fare buon uso
dellenunciato 'A lcun i A sono A , perch esso esprime esattamente il fatto che la
classe A non vuota). G li antichi studiarono le inferenze con una premessa del
tipo 'T u tti gli S sono P , 'A lcu n i S sono P , 'A lcuni S non sono P , 'N essun
S P e una conclusione dello stesso tipo (con S e P nello stesso ordine che nel
la premessa o in ordine inverso). L e possibili inferenze immediate di questo
genere sono trentadue. L e uniche valide sono le due seguenti:

(i)

Inferenza

Simbolismo booleano

'N essun S P

SP=0

(dunque) 'N essun P S

PS =

'A lcun i S sono P

S P t^(

(dunque) 'A lcu n i P sono S

P S t 0

(2)

Logica

498

Inoltre, i logici tradizionali ritenevano che alcuni segua da tutti (per


ch ignoravano la possibilit che una classe sia vuota) e che alcuni... non
segua da nessuno. Perci, le seguenti inferenze immediate, che oggi non
sono considerate valide, venivano tradizionalm ente classificate fra quelle valide :
Inferenza

Simbolismo booleano

'T u tti gli S sono P

S P = 0 (con la premessa S t^ 0 )

(dunque) 'A lcun i S sono P

SP

'T u tti gli S sono P

Stesse premesse

(dunque) 'A lcu n i P sono S

PS ^ 0

'N essun S P

S P = 0 (con la premessa S t^ 0 )

(dunque) 'A lcun i S non sono P

SP#0

'N essun S P

S P = 0 (con la premessa Pt^

(dunque) 'A lcun i P non sono S

PS = 0

(3)

( )

( )

0)

(6)

Il tipo centrale dinferenza elaborato da Aristotele il sillogism o, che co


stituisce anche il cuore della sua teoria logica. I sillogism i sono inferenze del
la seguente form a (quale fu resa infine standard dai logici tradizionali): una
prima premessa del tipo 'T u tti gli M sono P , 'A lcu n i M sono P , 'A lcun i M
non sono P o 'N essun M P (o una di queste con le lettere M e P in ordine
inverso) ; una seconda premessa che appartiene pure a uno degli otto tipi pre
cedenti, ma con la lettera 'S in luogo di ' ? ( 'S sta per il soggetto della con
clusione, 'P per il predicato della conclusione e 'M per il term ine 'm edio .
L e due premesse in questa form a standard sono note rispettivam ente come
premessa m aggiore e premessa m inore); e una conclusione che di uno dei
quattro tipi 'T u tti gh S sono P , 'A lcun i S sono P , 'A lcun i S non sono P ,
'N essun S P . Queste sono tutte le inferenze possibih in cui i) tutti e tre
gli enunciati sono di uno dei quattro tipi aristotelici; 2) le premesse e la con
clusione contengono ciascuna due term ini distinti; 3) linferenza contiene esat
tamente tre term ini; 4) il term ine che non com pare nella conclusione (il ter
mine medio) com pare in ciascuna delle premesse e i term ini che compaiono
nella conclusione compaiono ciascuno in una delle due premesse.
Ci sono evidentem ente soltanto 256 possibili form e di sillogism o (o modi,
come erano chiamati), di cui ventiquattro erano tradizionalm ente considerati
modi validi (compresi alcuni che non sono validi senza lipotesi che una delle
classi non sia vuota). Aristotele prese in esame anche ragionam enti con pi di
due premesse, ma la m aggior parte di essi poteva essere spezzata in una catena
di sillogismi.

499

Logica

II genio di Aristotele evidente: egli cre una scienza interamente nuova


e fu lui, insieme con i suoi seguaci, a introdurre artifici come l uso di lettere
m ute per denotare i term ini e term ini fondam entali quali 'valido , 'non-valido ,
'contraddittorio , 'universale e 'particolare ; ma l opera di Aristotele impose
alla logica un certo numero di vincoli paralizzanti, soprattutto per l eccessiva en
fasi posta nello studio dei 256 m odi del sillogism o e nella considerazione degli
enunciati che contengono esattamente due term ini.
Il grande merito di Boole fu quello di elim inare entrambe queste restrizioni.
V i sono infiniti ragionamenti validi e infiniti ragionamenti non-validi la cui va
lidit 0 non-validit pu essere determinata dallalgebra booleana. Inoltre, Boole
introdusse nello studio della logica metodi algebrici quali l uso delle propriet
distributive e degli sviluppi. A n che se oggi costituiscono soltanto un fram m ento
della logica, queste tecniche rim angono parte essenziale del bagaglio di ogni
logico.
Il difetto dellopera di Boole - che fu rilevato dai suoi successori e, prim a an
cora, dal suo contemporaneo D e M organ - sta nel fatto che anche la sua no
tazione incapace di analizzare infinite inferenze deduttive, com presa la m ag
gior parte delle dimostrazioni matematiche. S incontreranno fra breve esempi
delle lim itazioni dell algebra della logica di Boole quando verranno discusse
le inferenze che involgono le relazioni e la generalit m ultipla. M entre per
lopera di Aristotele stabilizz la disciplina per dei m illenni, quella di Boole,
venendo in u n epoca pi scientifica, contribu a fornirle nuove ispirazioni.
Entro quarantanni Frege riusc a com pletare una teoria della deduzione che
era in grado di esprimere sim bolicam ente tutta la matematica esistente (anche
se ci vollero altri trentacinque anni per perfezionarla e lo studio delle propriet
m atematiche della struttura che ne risult un com pito dei nostri giorni in
continua crescita).
Prim a di prendere in esame tali questioni, si descriver nel paragrafo suc
cessivo una seconda parte fondamentale (molti filosofi direbbero la parte fon
damentale) della logica elementare : il cosiddetto calcolo proposizionale .
Osservazione storica: alcune parti dell algebra booleana furono anticipate
da L eibn iz nel x v ii secolo. L opera di L eibn iz, tuttavia, non diede origine a una
linea di sviluppo continuativa.

4.

La logica degli enunciati e lalgebra booleana.

Si useranno lettere m inuscole come p , q, r, p ', q', r ', p " , q " , r , ... per de
notare asserti, cio enunciati che sono veri o falsi. (Russell li chiam ava propo
sizioni e di qui deriva il nome di calcolo proposizionale che viene ancora
usato talvolta per indicare questa parte della logica). In analogia con l unione
U , l intersezione n e la sbarretta del com plem entare dell algebra booleana,
vengono ora introdotti i sim boli V , A (che viene spesso omesso per brevit)
e (scritto o prima di, o sopra a, una formula) per rappresentare le seguenti
operazioni :

Logica
i)

500
V?

vero
veri, e
z)'p/\q
vero
3)
(o p ) vero

se p h vero oppure q vero oppure p, q sono entrambi


falso in caso contrario .
se p e q sono entrambi veri, e falso in caso contrario .
se p falso e falso se p vero .

Queste operazioni (che fanno passare da enunciati a enunciati) sono stret


tamente legate alle corrispondenti operazioni sulle classi. C om e fu osservato
da Boole, ad esempio, linsieme delle circostanze in cui 'p o q vero l unione
dellinsiem e delle circostanze in cui p vero e dellinsieme delle circostanze
in cui q vero. Boole usava lo stesso simbolo per denotare le operazioni U e V
e lo stesso sim bolo per denotare le operazioni f i e A , ecc. Questo suo modo
di procedere era pienamente giustificato, perch il calcolo proposizionale in
realt soltanto una seconda interpretazione del calcolo form ale d ell algebra boo
leana. (U no dei contributi pi im portanti portati da Boole alla logica fu la no
zione di calcolo senza interpretazione e losservazione che a un tale calcolo si
possono, in generale, dare un numero qualsiasi di interpretazioni diverse ri
spetto alle quali tutte le regole di operazione del sistema sono corrette. Com e
scrive Boole: Ogni sistema di interpretazione che non m odifichi la verit
delle relazioni che si suppone sussistano tra tali simboli ugualm ente ammis
sibile, ed cosi che il medesimo processo pu, secondo uno schema dinter
pretazione, rappresentare la soluzione di una questione riguardante le propriet
dei numeri, secondo un altro schema quella di un problem a di geometria, e,
secondo un altro ancora, quella di un problem a di dinamica o di ottica [1847,
trad. it. pp. 51-52]).
possibile riassumere in una tabella (come si usa spesso fare oggi) le pro
priet delle operazioni sugli enunciati (tab. i). V a tenuto presente che i diversi
autori usano una variet di sim boli diversi per indicare le operazioni V , A e .
L a colonna a) dice che p \/q e vero quando p vero (V ) e q h vero (V)
(prima riga), quando p falso (F) e q vero (V) (seconda riga) e quando p
vero e q e falso (terza riga), m entre p\/q falso quando p falso e q h falso
(quarta riga). L e colonne b) e c) si leggono in maniera analoga.
Servendosi di questi sim boli possibile scrivere im m ediatam ente due leggi

Tabella i.
Propriet delle operazioni sugli enunciati.
Valore
d i verit

V alore d i verit

pWg

pAq

V
F

V
V

V
V

V
F

V
F

F
F

V
F

F
F

b)

-P
F
V

c)

501

L ogica

fondam entali della logica antica : il principio del terzo escluso afferma sem plicemente che p V p valido (cio, vero qualunque sia/>) e il principio di contrad
dizione (in un altra ancora delle sue forme) afferma che p A p una con
traddizione (cio, falso qualunque sia p).
N ella logica moderna da lungo tem po invalso luso di analizzare 'S e p,
allora q com e p \/q - cio, di considerare un se ... allora sempre vero tran
ne che nel caso in cui l antecedente sia vero e il conseguente falso. Questa pu
essere una deviazione rispetto al linguaggio ordinario ~ anche se difficile
accertarsene, in quanto esistono teorie diverse della semantica del linguaggio
ordinario - ma, in ogni caso, si tratta di una deviazione estremamente conve
niente. N on strettamente necessario avere una notazione separata per deno
tare 'S e p, allora q', ma sarebbe estremamente com plicato farne a meno per
analizzare i ragionamenti espressi nel linguaggio naturale. Per questo scopo si
usa perci il sim bolo
introdotto da Peano (molti scrittori usano il simbolo
p-^q). N aturalm ente, p~Dq la stessa cosa che p V q .
L a tavola di verit di
riportata nella tabella 2.
Si scrive anche p ^ q (e si legge: 'p se e solo se q ) in luogo di ( p ^ q ) A
{q'^p). Cosi, 'p = q vero esattamente quando p e q hanno lo stesso valore
di verit .
Per trattare il calcolo proposizionale come una delle form e dellalgebra boo
leana, sinterpreta V come un qualsiasi enunciato vero (ad esempio, 'i = i ) e 0
come un qualsiasi enunciato falso (ad esempio, 'i = o).
facile verificare che le leggi dellalgebra booleana sono corrette rispetto a
questa interpretazione in term ini di calcolo proposizionale. A d esempio,
p\/ p pu anche essere scritto come p \/p = V e (p /\~ p ) come p / \ p = 0 .
L e propriet distributive diventano
p {q \ jr )= p q \ / p r
p y { q r \ r ) = {pW q )A {p W r)
e le propriet di idempotenza
pAp^p
pvp^p.

Tabella 2 .
Tavola di verit del connettivo se ... allora.
Valore
d i verit

V alore
d i v erit

i>=

F
V

V
F

V
F

Logica

502

V algono inoltre le leggi di D e M organ: p\/ q = p A q , p A q ^ p 'V q, e fun


ziona lo sviluppo: p equivalente a pq\/pq, & p q r y p q r \ fp q r y p q f, ecc.
In effetti, ogni form ula valida dellalgebra booleana rim ane valida quando
le variabili vengono reinterpretate in modo che stiano per enunciati e le ope
razioni vengono reinterpretate come operazioni sugli enunciati, e, viceversa,
se una form ula valida della logica degli enunciati viene scritta sotto forma di
equazione (cosa sempre possibile perch ogni form ula F equivalente a
F = V ), allora la form ula rimane valida quando si interpretano i simboli in ter
mini di classi.
Com e si esprimono i ragionamenti nella logica degli enunciati? Si consi
deri la controparte enunciativa del sillogismo 'T u tti gli M sono P, T u tti gli S
sono M , (dunque) T u tti gli S sono P , che 'S e q, allora r. Se p, allora q,
(dunque) Se p, allora r . In sim boli:
q f = <Z>

p^q

pq^0

p^r

pf =

Si verificher ora la non-com patibilit della terna qf ^ 0 , p q = 0 , p f = Y (si


osservi che stata negata la conclusione scambiando p r ^ 0 con pr = V ) . Si ha:
qf = p q f\ / p q f
p q= p qr\/p qf
p f = p q f\/p q f.
Ora, p f vero solo se p q f o p q f sono veri. M a le prem esse dicono che pq
e qf sono falsi, cosicch tutte le regioni che essi contengono devono pure
essere false. In particolare, p q f e p q f sono entram bi falsi se p q e qf sono falsi.
L a terna dunque incom patibile, e il ragionamento valido. C om e si vede,
stata usata la stessa argomentazione adoperata nellalgebra delle classi.
In effetti, se si considerano soltanto equazioni (cio, se si escludono pre
messe della forma F 7^ G ) allora un ragionamento le cui prem esse e la cui con
clusione siano di questa form a valido nellinterpretazione in term ini di clas
si dellalgebra booleana se e solo se il corrispondente ragionam ento valido
nel calcolo proposizionale. Il calcolo proposizionale e l algebra delle clas
si non sono che due interpretazioni dello stesso calcolo.
L a restrizione alle equazioni non costituisce una lim itazione per la logica
degli enunciati. Infatti, ogni form ula F equivalente a F = V e la disugua
glianza pu essere espressa in form a positiva riscrivendo F ^ V come F = 0
e F ^ 0 com e F = V dal m om ento che un enunciato pu avere soltanto due
valori, la verit o la falsit. S i noti per, che linferenza
p
^ A q^
qAr
pAr

oppure

P<1 ^
qr^ Y
p r= Y

503

Logica

si trasforma in uninferenza valida n ellalgebra delle classi (perch A B = V


solo se A = V e B = V), m entre l inferenza non-valida n ellalgebra delle classi
AB^0
BC^0
AC#0
corrisponde a uninferenza valida nel calcolo proposizionale:
pq^ 0

p r^ 0

oppure

pq

pr

Soltanto quando le premesse e le conclusioni del ragionamento dellalgebra


delle classi sono positive (cio, equazioni) la corrispondenza conserva la validit
e la non-validit. Per questi ragionam enti, per, la corrispondenza perfetta.
O gni ragionamento valido nella logica degli enunciati corrisponde a un ragio
namento valido nellalgebra delle classi e ogni ragionamento valido nellalgebra
delle classi corrisponde a un ragionamento valido nella logica degli enunciati.

5.

L a logica degli enunciati: assiomi e notazione.

L a logica degli enunciati fece la sua prim a comparsa nel periodo m oderno
come seconda interpretazione dellalgebra booleana (nel periodo moderno
perch gli antichi logici stoici avevano sviluppato la logica degli enunciati, e
cosi pure avevano fatto, almeno in parte, alcuni logici medievali. Queste prime
scoperte rimasero per a lungo dim enticate - sempre a causa dellerronea cre
denza che la logica aristotelica fosse in linea di principio com pleta - cosicch
la logica degli enunciati dovette essere riscoperta nel x ix secolo). In questo
paragrafo verranno descritti alcuni altri m odi di considerare la logica degli
enunciati che sono m olto im portanti per i successivi sviluppi avvenuti nel
XX secolo.
Il prim o di questi altri approcci fu portato all attenzione dei logici dallita
liano Peano [1888]. L opera di Peano era stata totalmente anticipata, in una
forma pi completa, da Frege, ma la notazione di Frege era cosi ingom brante
ed oscura, almeno in apparenza, che la sua opera non venne apprezzata fino
a quando la sua importanza non fu sottolineata da Russell nei Principles of
Mathematics e nei Principia Mathematica. L o stesso Russell apprese la nota
zione logica moderna da Peano, come si pu dedurre dalle seguenti parole
con cui Russell descrive il suo incontro con Peano al Congresso internazionale
di filosofia di Parigi del 1900: Durante le discussioni del congresso m i resi con
to che era sempre pi preciso di tutti gli altri e che in tutte le discussioni risultava
invariabilm ente il pi brillante. C on il passare dei giorni mi convinsi che questo
doveva dipendere dalla sua logica matematica e pertanto mi feci dare da lui tu t

L ogica

504

te le sue opere e non appena il congresso si chiuse mi ritirai a Fernhurst per stu
diare in tutta tranquillit tutto ci che lui e i suoi discepoli avevano scritto. M i
resi conto che il suo metodo di notazioni forniva quello strum ento di analisi lo
gica che per anni avevo cercato, e che studiando l opera sua mi stavo im padro
nendo di una nuova e potente tecnica per il lavoro che da molto tempo desidera
vo fare [1967, trad. it. pp. 236-37].
C i che Peano fece fu di rompere con la tradizione booleana di considerare
la logica com e unalgebra, e in particolare come algebra delle classi (o come
interpretazione secondaria dellalgebra delle classi, nel caso della logica degli
enunciati). P er Peano (e per Frege) la logica ha a che fare con la. form alizzazio
ne del nostro linguaggio. Il logico tenta di costruire un linguaggio simbolico (cfr.
larticolo Form alizzazione in questa stessa Enciclopedia), una notazione idea
le, priva della vaghezza e dellambiguit che sono inevitabili nel linguaggio
naturale, in cui tutte le dim ostrazioni deduttive possano essere effettuate se
condo delle regole esatte per la manipolazione dei simboli. In particolare, sia
Peano sia Frege si ponevano lobiettivo ideale di una matematica puramente
simbolica, una matematica in cui ogni riga di una dimostrazione, dagli assiomi
(che per Frege, anche se non per Peano, dovevano essi stessi essere formule
della logica pura) fino alla conclusione, dovesse essere ottenuta dalle righe pre
cedenti m ediante regole rigorose per la trasform azione dei sim boli - niente
appelli allintuizione - anche se sotto questo riguardo Peano aveva degli
standard m olto inferiori a quelli di Frege.
L im portanza di questo nuovo punto di vista non si m anifesta in realt tan
to nella logica degli enunciati, quanto piuttosto nella logica del prim ordine
(che discussa pi avanti) e nella teoria degli insiemi. Esso porta per con s
alcuni cambiam enti di notazione nella logica degli enunciati.
Si consideri un normale enunciato condizionale, ad esempio 'S e M aria lon
tana, allora non pu sostenere lesame . U n booleano lo tradurrebbe in simboli
mediante p V ^ = V (usando p per 'M aria lontana e q per 'M aria pu soste
nere l esam e). M eglio, poich i booleani dellOttocento usavano 4- in luogo
di V e I in luogo di V (per m ettere ancor pi in evidenza lanalogia algebrica),
10 avrebbero in realt scritto p + q = i , che ben lungi dal suggerire la forma sin
tattica di un enunciato condizionale. Peano, invece, seguiva pi da vicino il
linguaggio reale: poich 'S e p, allora q non ha la forma di un equazione, egli
non la traduceva in sim boli mediante unequazione, ma, dopo aver introdotto
11 simbolo 3 per denotare se ... allora, scriveva lenunciato particolare di cui
sopra come si fa oggi, cio 'M aria lontana 3 'M aria pu sostenere lesame ,
o pz>q. (Peano introdusse il simbolo V per denotare 'o , il simbolo A per
denotare 'e e usava il sim bolo per denotare 'non).
Peano non era solo nel fare ci: anche Peirce introdusse un sim bolo per de
notare il se ... allora e, inoltre, adott la convenzione di scrivere p + q come
abbreviazione in luogo di p + q = i . M a per Peirce p + q (cio, p\/q) e p-<q
(cio, ^ 3 ^ ) erano soltanto delle abbreviazioni - la vera notazione, una volta ehminate tutte le abbreviazioni, sempre equazionale - , m entre per Peano la
forma ultima di una espressione pu essere condizionale, disgiuntiva o con

505

L ogica

giuntiva, ecc., e linsistenza nel far somigliare tutto allalgebra viene ricono
sciuta come un feticcio. (Ad esempio, il metodo decisionale per i ragionam enti
della logica degli enunciati delineati pi sopra, e che consiste nello sviluppare
le premesse e la conclusione in disgiunzioni di regioni fondam entali, non di
pende affatto dallo scrivere le premesse e la conclusione come equazioni. L o
si fatto soltanto perch le form ule continuassero a corrispondere ad asserti
una volta effettuata linterpretazione in term ini di classi. Quando si studia la
logica degli enunciati di per se stessa, diventa del tutto artificioso scrivere tutti
gli enunciati in questo modo).
U n secondo progresso nella logica degli enunciati, com e daltronde nella
logica nel suo complesso, ebbe luogo con la pubblicazione dei Principia M athe
matica [1910] di Russell e W hitehead. A n ch e se non possibile descrivere in
questo articolo la reale im portanza di quest opera, una sua caratteristica che
influenz anche la logica degli enunciati fu lo stile di presentazione assiomatico
(nel fare ci, Russell e W hitehead seguivano l esempio di Frege). Russell e
W hitehead non costruirono la logica degli enunciati com e sistema separato,
ma facile farlo prendendo soltanto gli assiomi dei Principia che concerno
no questa parte della logica. Russell e W hitehead usano soltanto due sim boli
prim itivi non-defniti, ' (per la negazione) e ' v (per la disgiunzione).
'p ^ q definito come abbreviazione di ' ^ p \ / q . L e regole di derivazione sono
la sostituzione (di form ule ben formate del sistema in luogo di
'q\ ecc.)
e la separazione (che da A e A ^ B perm ette di dedurre B). Fra gli assiomi dei
Principia vi sono i seguenti:
1){p\/p)z^p
2)
?=>(/> V g)
)(/> V ?) (?V/))

A)py{qyr)

{pyq)wr

5) (g= r) . 3 . ( p V g ) = ) ( iV r )
(i puntini posti di fianco al simbolo ' indicano che esso il connettivo prin
cipale).
D opo i Principia numerosi studiosi compirono considerevoh sforzi per ri
durre il numero degli assiomi. Esistono sistemi di calcolo proposizionale con
un unico sim bolo prim itivo (quello del connettivo n ... n, m ediante il
quale si possono definire la congiunzione, la disgiunzione e la negazione) e si
stemi con soltanto tre o quattro assiomi (o addirittura, vero tour de force, con
un unico assioma). O ggi per la m aggior parte di questi sistemi sono conside
rati dotati di uno scarso o nullo interesse matematico o filosofico. G li assiomi
dei Principia hanno il pregio di essere intuitivi, in quanto sim bolizzano dei
principi logici manifestamente importanti. L o stesso si pu dire per le regole
di G entzen. Se gli assiomi e le regole non sim bolizzano principi logici im por
tanti, non c in generale m otivo per preoccuparsi di ridurne al m inim o il
numero.
U lteriori progressi nel campo della logica degli enunciati ebbero luogo in
torno al 1920 con linvenzione delle tavole di verit da parte di W ittgenstein e.

Logica

506

Tabella 3 .
V a lo re di v e r it di u n a fo rm u la .
V alore
d i verit
p

V alore d i verit
r

p:^ (g\/r) ,:d . (p:Dg)\/{pz:>r}

V
F

V
V

V
V

V
V

V
V

F
V

F
V

V
F

V
V

V
V

V
V

V
V

V
V

V
V

V
V

V
V

V
V

V
F

b)

a)

f)

c)

e)

d)

indipendentem ente, dellamericano Em il Post. N ei precedenti paragrafi ci si


serviti delle loro tavole per chiarire i significati dei connettivi logici; W ittgen
stein e Post le introdussero come metodo decisionale meno tedioso del metodo
di sviluppo (anche se questa tecnica rimane im portante in connessione con
certi tipi di problem i decisionali, come ad esempio i ragionam enti nellalgebra
delle classi che concernono delle disuguaglianze). U n esempio servir a illu
strare il metodo. D ata una formula, ad esempio p o ( q \ / r ) .z>. ( / 0 5 ) V (/> 3r),
si calcola sem plicem ente il valore di verit di ciascuna delle sue sottoformule,
e poi dellintera formula, riga per riga, nel modo indicato nella tabella 3.
L a colonna a) d il valore di verit di (q V r) in ciascuno dei casi. Cosi, il
fatto che nella terza riga compaia una V significa che ( q y r ) vero quando
p, q e r sono rispettivam ente vero, falso e vero. Analogam ente, le colonne c)
e d) dnno i valori di verit di (p ^ q ) e di {pZDr) caso per caso. L a colonna b)
d il valore di verit di p ^ (q \ / r ), che si calcola a partire dai valori di verit
di (q V r) e di ^ in ciascuna riga mediante la tavola di verit di
data in pre
cedenza. Analogam ente, la colonna e) d il valore di verit di (pz>q)\/{p'r>r),
che si calcola riga per riga a partire dai valori di verit dei due m em bri della
disgiunzione (pz:>q) e (pz:>r). Infine, la c o lo n n a / ) d il valore di verit del
lintera form ula. Poich vera in tutti gli otto casi possibili (che corrispon
dono ovviam ente alle regioni fondamentali del m etodo dello sviluppo),
la form ula valida, cio, nella term inologia un po filosoficamente pesante di
W ittgenstein, una tautologia .

6.

L a logica del primordine.

L am bizioso program m a di Frege e di Peano era quello di escogitare una


notazione sim bolica e un insieme di regole che fossero adeguate per qualun-

507

Logica

que dim ostrazione deduttiva, e in particolare per l analisi delle dimostrazioni


matem atiche. L algebra booleana, pur costituendo un grande progresso rispetto
alla logica aristotelica, non giunse mai vicino allobiettivo. Persino u n afferma
zione cosi semplice come 'O gn i numero possiede un successore non pu es
sere sim bolizzata convenientem ente n nellalgebra delle classi, n nel calcolo
proposizionale. F ra il 1879 e il 1889, per, tre logici - Frege, Peirce e Peano elaborarono indipendentem ente una notazione adatta a sim bolizzare tutti i ra
gionam enti deduttivi.
L e idee centrali erano due. L a prim a quella di distinguere nettam ente la
forma logica di 'T u tti gli uom ini sono m ortali dalla forma logica di 'Socrate
m ortale . Il prim o enunciato laffermazione di u n inclusione di classi in quan
to dice che la classe H degli uom ini un sottoinsieme della classe M dei m or
tali (in notazione moderna, H c M , o, in notazione booleana, H M = 0 ) . Il se
condo enunciato, invece, non affatto l affermazione di uninclusione di classi,
bens l afTermazione di appartenenza a una classe. L individuo Socrate non
una classe e ci che l enunciato dice non che un insieme un sottoinsieme
di un altro, bens che un individuo ^ un membro dellinsiem e M .
Frege, Peano e Peirce espressero tutti in simboli questo enunciato essen
zialm ente nello stesso m odo: accostando un sim bolo per l individuo Socrate
(ad esempio, 's) alla lettera predicativa M , cos: M (s) (o talvolta M,).
Frege fu spinto ad adottare questa notazione dallanaloga notazione usata
in m atematica per l applicazione di una funzione a un argomento ; egli pensava
a M (x) com e a una funzione il cui valore in corrispondenza di un qualsiasi og
getto X la V erit se x mortale (o se possiede qualunque altra propriet indi
cata da M ) e la Falsit in caso contrario.
L a seconda idea cruciale quella di introdurre i quantificatori, cio simboli
per indicare che una form ula A vale per tutti i valori di una variabile x e sim
boli per indicare che una form ula A vale per almeno un valore di una variabi
le X. O ggi, seguendo W hitehead e Russell, si soliti indicare che una form ula
vera qualunque sia l individuo assegnato come denotazione a x scrivendo
' (x) davanti alla form ula e indicare che qualche individuo x del dominio (cio,
almeno uno) soddisfa alla form ula scrivendo '( x ) davanti ad essa. (Esistono
tuttavia molte varianti a questa notazione). Cos, se si scrive 'x==y + i per 'x
il successore di y e si prende come universo del discorso linsiem e dei nu
meri naturah, possibile dire che ogni numero naturale possiede un succes
sore scrivendo (3 i)(3x)(x= 3;-l-i).
L a form ula 'x = y + i da sola dice che le cose indeterminate x e y stanno
fra loro nella relazione : ' il successore di (il motivo per cui non si pu esprim er
la in sim boli nellalgebra delle classi sta in parte nel fatto che si tratta di una
relazione fra due cose e non di un semplice insieme di individui) ; ( x )(x = 3^+ i)
dice della cosa indeterm inata y che qualche cosa (cio, un qualche numero
naturale) il suo successore e (y )(K x ) ( x = y + i) dice che la precedente asser
zione ('3. x ) ( x = y + i ) vera per ogni num ero naturale y , cio che ogni y pos
siede almeno un successore x.
Per illustrare il modo in cui viene usata questa notazione, si supponga che

Logica

508

Kxy denoti la relazione 'am a , cio che K xy dica che x ama y, o, per essere pi
precisi, che 'h.xy sia vera quando si assegna una coppia di cose {a, b) alla cop
pia di sim boli (' , 'y ) se e soltanto se la prima di queste cose ama la se
conda (ad esempio, assegnare la coppia (Antonio, Cleopatra), in questordine,
ai sim boli '* , 'y rende vera h xy , se si suppone che A ntonio amasse veramente
Cleopatra). Allora, {x){')iy)Axy dice che ognuno ama qualcuno (supponendo
che luniverso del discorso sia costituito da persone) e {jix){y )K xy dice che qual
cuno ama ognuno. Infine, {ix)(y)KxyT>{x){'iy)Kyx dice che, se qualcuno ama
ognuno, allora ognuno amato da qualcuno, che una form ula valida, mentre
{x)( 3y )A x y z :'{ ^ ){ y )h -x y dice che, se ognuno ama qualcuno (cio, se per ogni
x esiste un - non necessariamente lo stesso - che x ama), allora esiste qualcuno
che ama ognuno, che non valida.
Si osservi che esiste una difli'erenza significativa fra lo status di ' e lo status
di 'y nella formula ( x)Axjy. Essa dice della cosa (persona) indeterminata y
che qualche cosa (qualcuno) la ama. U na tale formula, che contiene, come si
dice, la variabile libera 'y (o una qualunque altra variabile), esprime la proprie
t di y di essere amata da qualcuno. L a variabile 'x , invece, stando dentro al
quantificatore ( x), non indica una cosa indeterminata com e la variabile li
bera 'y (pi precisamente, non possiamo pensare a questa 'x come a un sim
bolo a cui si possa assegnare un oggetto come denotazione). L e variabili che
compaiono allinterno dei quantificatori ' (x) e ' ( x) sono piuttosto dei m ezzi
per dire ogni e qualche. T a li variabili sono dette legate.
Questo simbolism o sembra molto semplice, e in effetti con un po di prati
ca facile manipolarlo. Esso per incom parabilm ente pi ricco di tutta la
logica precedente, antica e moderna, come si vedr m eglio nel paragrafo suc
cessivo.
Per ora, si osservi che Russell e W hitehead, oltre a dare degli assiomi per
il calcolo proposizionale, diedero pure assiomi per la logica del prim ordine
(anche se il termine 'logica del prim ordine dovuto a Peirce, e Russell e
W hitehead la trattano soltanto come una parte del loro sistema totale, e non
come un sistema separato). Q ui essi seguono probabilm ente Frege, perch n
Peirce n Peano diedero un sistema com pleto di assiomi e di regole dideriva
zione. F u F rege il prim o a scrivere le regole di derivazione per quella che
essenzialmente la logica, cio la teoria formale della deduzione quale usata in
tutte le scienze, compresa la matematica (cfr. larticolo Deduzione/prova in
questa stessa Enciclopedia).
Ecco uno di questi insiem i di assiomi e di regole (dovuto a H ilbert, m a
molto sim ile alle regole di Frege del 1879); basta aggiungere agli assiomi del
calcolo proposizionale i seguenti assiomi:

(1)
(2)

(s;)F x 3 F j ;
('S e ogni cosa F, allora j F )
F3' o (3 x ) F x ('S e 3^ F, allora qualche cosa F )

e alle regole di separazione e di sostituzione (naturalmente, la sostituzione de


ve essere estesa alle lettere predicative e alle variabili quantificabili) le seguenti
regole ;

509

Logica

i) D a A w d B dedurre ( )Aw dB, se la variabile v non occorre libera in B


(qui A e B sono due qualsiasi form ule del sistema, e v pu essere una
qualsiasi delle variabili x, y, z, w, x', y ', z ', zv\ x " , ...)
Il) D a B 3 A dedurre B 3 (w) A ;, se la variabile w non occorre libera in B.
L a i) esprime il principio secondo cui, se si stabilito che 'S e w A , allora B
per un v arbitrario, allora si pu concludere che 'S e qualche cosa A , allora B .
L a II) esprime il principio secondo cui, se si stabilito che 'S e B, allora v
A per un v arbitrario, allora si pu concludere che, 'S e B, allora ogni cosa A .
S i dar ora un esempio di deduzione in questo sistema (la deduzione verr
abbreviata partendo da casi particolari degli assiomi in cui sono gi state ef
fettuate delle sostituzioni, invece di scrivere gli assiomi nella form a data sopra
ed effettuare espMcitamente le sostituzioni, e scrivendo sem plicem ente calcolo
proposizionale di fianco a una riga che segue per funzione di verit dalle pre
cedenti, invece di dare effettivamente la deduzione nel calcolo proposizionale):
a)
b)
c)
d)
e)

{y) Kxy A.XZ


Kxz:d{'3.x )K x z
{y)Kxyr:){'3.x)K x z
{y )K xy z> {z){^ x)A xz
{y)Pixy:D{y){^x)P^y

/ ) {K x){y)K xy^ {y){'K x)K xy

(sostituzione nellassioma (i))


(sostituzione nellassioma (2))
{a), b), calcolo proposizionale)
(c), regola 11))
(sostituzione della variabile legata 'z in
d) con 'y per una delle regole di sostituzio
ne; si noti che 'x libera nellantecedente
di e), ma non nel conseguente)
(e), regola i)).

Questa deduzione stabilisce il teorema {'3.x){y )K x y ^ {y ){^ x )K x y . Per un


principiante difficile scoprire le dimostrazioni in questo sistema e le regole,
soprattutto quelle che stabiliscono le sostituzioni ammesse, sono estremamente
com plicate da formulare. Per questo m otivo la maggior parte dei testi preferiscono
oggi i sistemi del tipo deduzione naturale per cui si rinvia al i dell arti
colo Form alizzazione in questa stessa Enciclopedia.

7.

L a Begrijfsschrift di Frege.

Sia Peano sia Frege volevano costruire una notazione sim bolica atta a for
m alizzare le dimostrazioni di ogni ramo della matematica (e i ragionamenti de
duttivi in generale). L am bizione di Frege andava per molto al di l di questo.
N egli anni 1880 Frege, come Russell e W hitehead ven tanni dopo, voleva dim o
strare che tutti i cosiddetti assiomi della matematica potevano essere dedotti dai
principi della logica pura, cio che la matematica non altro che logica travestita.
Sono le ricerche com piute da Frege per portare a compimento questo di
segno che fecero della logica sim bolica una grande disciplina. A n ch e se pochi
matematici e filosofi am m etterebbero oggi che l opera di Frege (com pletata poi
da Russell e W hitehead) abbia fornito alla matematica la fondazione che Frege

Logica

510

sperava, non c alcun dubbio che essa diede origine a u n enorme chiarificazione
di concetti. L a natura dellinduzione matematica, i suoi rapporti con i principi
della teoria degli insiemi, lanalisi dei legami fra l aritmetica pura e le sue appli
cazioni sono tutti risultati dovuti a Frege. In aggiunta, gli spetta la priorit nella
scoperta dei quantificatori e inoltre il livello di rigore con cui port a termine
tutte queste cose altissimo. Perci, la sua breve (non pi di 80 pagine) mo
nografia Begriffsschrift (ideografia, o scrittura per concetti) [1879] stata giu
stamente considerata la pi grande opera di logica scritta dopo Aristotele. L a
Begriffsschrift conteneva essenzialmente il sistema logico; l analisi completa
della m atem atica non apparve fino alla pubblicazione del prim o volum e dei
Grundgesetze der Arithmetik [1893-1903] e prima che ne venisse pubblicato dieci
anni dopo il secondo volum e Russell aveva gi scoperto una contraddizione,
nota come paradosso di Russell, nella costruzione di Frege. L a presenza di una
tale contraddizione, che sar eliminata dallo stesso Russell con la sua teoria dei
tipi, non oscura, com unque, la grandezza d ellopera di Frege.
Il
problem a chiave che stava di fronte a Frege, cosi come in seguito a Russell,
era la delucidazione del concetto di numero. (Russell, dopo aver incontrato
Peano nel 1900, elabor indipendentem ente gran parte dei sistema di Frege,
accorgendosi soltanto in seguito che questi l aveva preceduto). I testi tradizio
nali e gli scritti dei logici e dei filosofi dell Ottocento rivelavano una grande con
fusione a tale proposito. Si diceva, ad esempio, che uno un term ine che si
applica ad ogni unit (questo parlare di unit risale ad Aristotele) e che
un unit era ogni cosa singola. Cosi, Cesare, la torre EifFel e lEuropa sono
tutti esem pi di uno - in effetti, uno un term ine generale che si applica a
ogni cosa - se si prende alla lettera questa teoria. D u e era descritto come un
term ine che si applica a ogni coppia. M a la distinzione fra la coppia - ad esempio,
un paio di scarpe - considerata come oggetto fisico (anche se discontinuo) e la
coppia considerata come insieme - linsieme i cui m em bri sono le due scarpe non veniva tracciata, n veniva fatta la distinzione fra l applicare un predicato a
un insieme e l applicarlo a ciascuno dei suoi membri. Cosi, la fondamentale diffe
renza di forma logica che sussiste fra 'G li apostoli sono uom ini (che predica
l essere un uomo di ciascun apostolo) e 'G li apostoli sono dodici (che predica leisere dodici e&insieme degli apostoli) non veniva rilevata dalla m aggior parte di
questi logici pre-fregeani. U n eccezione importante costituita dal matematico
Cantor, che nel 1878 aveva introdotto il concetto di potenza (cio, di numero
cardinale) di un aggregato e aveva dato il criterio per Vequipotenza: due aggre
gati hanno la stessa potenza quando e solo quando gli elem enti delluno possono
essere messi in corrispondenza biunivoca con gli elementi dellaltro. Cosi, il
celebre risultato di Cantor del 1874, secondo cui i num eri reali non possono es
sere posti in corrispondenza biunivoca con i numeri interi dice, espresso con
questa term inologia, che la potenza del continuo (cio, dellinsieme dei numeri
reali o, equivalentem ente, dei punti della retta) diversa dalla potenza dellin
sieme dei num eri interi.
Cantor aveva anche definito che cosa significa per una potenza essere minore
di unaltra. Il comportamento dei num eri cardinali finiti potrebbe indurci a pen

511

Logica

sare che una potenza possa essere definita minore di unaltra quando un insieme
che abbia la prim a potenza possa essere messo in corrispondenza biunivoca con
un sottoinsieme proprio di un insieme che abbia la seconda potenza, ma questa
definizione com porta delle difficolt nel caso degli insiemi infiniti. L esempio
dei num eri pari e dei num eri interi mostra che un sottoinsieme proprio di un
insieme infinito pu avere la stessa potenza dellintero insieme! (I num eri pari
sono un sottoinsieme proprio dei num eri interi, ma la corrispondenza che m an
da ciascun numero pari nel num ero che ne la met biunivoca). L a defini
zione di Cantor dice che, se la potenza di A uguale alla potenza di un sotto
insieme di B, ma diversa da quella di B stesso, allora la potenza di A minore
della potenza di B. C on questa term inologia, si pu dire che la potenza dellin
sieme dei numeri interi (chiamata aleph con zero da Cantor) m inore della
potenza del continuo: alcuni insiem i infiniti sono pi infiniti di altri!
Frege era un ammiratore di questa teoria di Cantor, ma pensava che richie
desse una fondazione logica precisa. E la nozione di numero di Frege, cosi co
me le sue critiche a chi parlava vagamente di unit, ecc., sono in linea con le
idee di Cantor.
U na caratteristica im portante del sistema fregeano il fatto che Frege in
terpretava le lettere predicative della logica come variabili sopra universali in
intensione - cio, concetti, come li chiamava egli stesso ~ e non sopra insiemi
o classi , come in generale fanno i logici oggi. I concetti {Begrijfen) non sono
per Frege entit mentali, ma costituiscono piuttosto il significato o contenuto
astratto e pubblico delle rappresentazioni che si usano. C he la rappresentazione
di un pensiero sia unim m agine privata, o qualche altro particolare mentale, o
un frammento di linguaggio pubblico, ci che essa significa non pu essere un
particolare mentale perch altrimenti, come osserva Frege, due persone non
penserebbero mai lo stesso pensiero. L a logica, secondo Frege, intensionale,
cio tratta di entit che non sono molto diverse, a quanto pare, dagh universali
aristotelici.
Ora, due, applicato a un aggregato, un concetto nel senso di Frege. Il
concetto due - o a due membri - un concetto che si applica alle classi e non
agli individui, come si gi osservato. Perci, lestensione del concetto due
una classe di classi: in efl^etti, la classe di tutte le classi a due m em bri. Che
cos allora il numero due? Poich, secondo l opinione piuttosto sconcertante
di Frege, i concetti non sono oggetti, mentre le classi lo sono, loggetto m ate
matico due non pu essere identificato con il concetto due, che essenzial
m ente attributivo e non sostantivo, ma con la sua estensione. N asce cosi la fa
mosa definizione fregeana di num ero: un numero la classe di tutte le classi
che hanno la stessa potenza (nel senso cantoriano) di una classe data. D u e la
classe di tutte le classi a due m em bri.
Analogam ente, uno la classe di tutte le classi unitarie (le classi che hanno
esattamente un m em bro sono dette classi unitarie) e zero la classe il cui
unico membro la classe vuota (esiste nn unica classe vuota, perch due classi
sono distinte soltanto quando differiscono per almeno un membro).
Ora, il concetto a zero membri pu essere definito nella logica pura, perch

Logica

512

equivale essenzialmente alla nozione logica di nessuno. U na classe F a zero


membri esattamente quando non ci sono F :
F a zero m em bri

(* ) F x

(dove =,|f significa equivale per definizione a).


C h e dire per del concetto a un membro Frege (e, sedici anni dopo, Rus
sell) osserv che anchesso pu essere definito nellambito della logica pura
(considerando come parte della logica la logica Videntit, cio della nozio
ne lo stesso oggetto di, denotato in sim boli fin dai tem pi antichi con il segno
di uguaghanza ' = . A n che i principi che regolano questo sim bolo risalgono a
molti secoli fa, come ad esempio quello secondo cui cose uguali a una stessa
cosa sono uguali fra loro e quello secondo cui, qualunque sia P, se x = y , allo
ra P x3> P j, anche se non vennero com pletam ente enumerati fino ai tem pi mo
derni).
U na classe F possiede almeno un mem bro se alcune cose sono F :

'Esiste almeno un F = d f( *)F x.


U na classe F possiede al pi un mem bro se qualunque x t y tali che F x
e Fy sono sempre uguali:
'Esiste al pi un F = ^ f (x)(3;)((Fx A F3;) . 3 . x = y ) .
Infine, una classe F possiede esattamente un m em bro se valgono entrambe
le condizioni precedenti, cio:
'F a un m em bro =(j- 'Esiste almeno un F A 'Esiste al pi un F .

In notazione non abbreviata, la form ula un po com plicata ( x ) F x A


( x ) ( j ) ( ( F x a F 3 ') o x = j ) dice che esiste esattamente un F . In questo modo,
la nozione aritmetica uno stata analizzata mediante le nozioni puramente
logiche alcuni (cio, ( x)), tutti (cio, (x)), se ... allora e uguale a
( = ). Analogam ente, possibile esprimere mediante una form ula logica il fatto
che esistono almeno due F scrivendo :

'Esistono almeno due F =df ( *) (Sj-) (Ex A F j' A X ^ y )


dove x=^y un abbreviazione di ( x = j ) e F x A F y A x ^ y dovrebbe in real
t essere scritta in una delle due form e ( Fx A F y ) A x ^ y oppure F x A (Fy A x j ^
y) che, per la propriet associativa della congiunzione ( p A q ) A r . =. p A ( q A r) ,
sono equivalenti.
Si pu esprim ere il fatto che esistono al pi due F nel modo seguente :
'Esistono al pi due F =j-(x)(j/)(ar)(FxFj'F .3 . x = y V x = V > '= ^ ),
dove F x F j'F ^ un abbreviazione di ((FxAFj^) aF^t). L a congiunzione 'Esi
stono al pi due F A 'Esistono almeno due F (o, m eglio, la congiunzione delle
due corrispondenti form ule logiche) allora una form ula logica che esprime la
nozione aritmetica F a due membri. Ogni numero cardinale finito - o, meglio,
la corrispondente propriet delle classi - pu essere espresso in modo analogo

513

Logica

m ediante una form ula del prim ordine del calcolo dei predicati con identit .
Finora stato dimostrato (mediante esempi) come si possa esprim ere ogni
cardinale finito preso in esame come un concetto , cio come un predicato di
classi. possibile anche esprim ere la definizione dell oggetto matematico cor
rispondente, cio la classe di tutte le classi a un membro, la classe di tutte le classi
a due membri, e cosi via, ma questo com porta la necessit di andare al di l della
logica del prim ordine, ed qui che Frege fece bancarotta.
Introducendo i quantificatori, Frege non pensava alluniverso del discorso
come a un qualche cosa di relativo (cio, di variabile con il discorso che ve
niva formalizzato), come facevano Boole, Peirce e altri booleani. E gli aveva
invece in m ente che i quantificatori (*) e ( x) dovessero variare sopra tutti gli
oggetti - e in effetti in Frege presente l ipotesi Y esistenza di una tale to
talit definita di tutti gli oggetti - compresi quindi gli oggetti m atem atici (cio,
le classi). In particolare, m entre le variabili individuali della logica del pri
m ordine di Peirce non variano mai sopra classi (a meno che il discorso che
viene form alizzato concerna delle classi, nel qual caso non si suppone che classi
arbitrarie delle classi particolari che formano il dominio V appartengano esse
stesse a V), nella logica della Begrijfsschrift di Frege - che verr chiamata
logica ingenua 'Per tutti gli x significa 'Per tutti gli oggetti , dove le classi
arbitrarie di oggetti sono considerate esse stesse oggetti. A lcuni esempi varranno
ad illustrare il significato e lim portanza di questo punto.
Si consideri la form ula della logica del prim ordine (x )F xr> ( * ) F x ('S e
ogni cosa E, allora qualche cosa F ). Se si vuol dire che questa form ula
vera per tutte le classi (o predicati) F, basta scrivere

(i)

(F )((x )F x

3 (3x )F x),

ma allora non si pi allinterno della logica del prim ordine. L a formula


(1), contenente un quantificatore che varia sopra le classi, appartiene piutto
sto a quella che Peirce chiamava logica del secondordine. D altro lato, se si
traduce la logica ingenua (Begriffsschrift) nella notazione precedente, allora non
soltanto una form ula del secondordine come la ( i) sarebbe una form ula ben
form ata della logica ingenua, ma tale sarebbe pure la form ula
(2)

(x ) F x o F (F ),

che Peirce avrebbe considerato totalm ente priva di senso!


Si noti che la (2) dice: 'S e ogni cosa F, allora F F . Questo sarebbe
vero secondo Frege, perch ogni cosa com prende non soltanto tutti gli indi
vidui, ma anche tutte le classi, m entre non sarebbe ben formata secondo Peir
ce e i logici moderni, perch 'F non pu occorrere in posizione di argomento
n nella logica del prim ordine n nella logica del secondordine.
L attrattiva della logica ingenua sta naturalm ente nel fatto che si possono
formare le classi con grande libert. Cosi, se si vuol dire nella notazione della
logica ingenua che il numero im o esiste - cio, che esiste la classe di tutte le
classi a un membro - si pu sem plicem ente scrivere:
(3)

( ^ ) ( G ) ( ( G ) = G a unmembro)

L ogica

514

(dove 'G a un m em bro gi stato definito in notazione puram ente logica).


L a (3), tuttavia, contiene la variabile predicativa G in posizione di argomento,
il che fa si che la (3) sia una form ula della logica ingenua e non della logi
ca del prim o o del secondordine.
A nche se furono proprio queste caratteristiche della Begriffsschrift o della
logica ingenua che dir si voglia - e cio, il fatto che essa ammetta le variabili
predicative in posizione di argomento e che accetti la (2) - a causarne la non
coerenza, si vedr nel paragrafo successivo come il sistema di Frege pot es
sere ricostruito da Russell e W hitehead in modo da evitare la contraddizione.
Prima, per, si riassumer il resto degli sbalorditivi risultati ottenuti da
Frege.
'F a un m em bro , 'F a due m em bri , ecc. sono stati definiti aUinterno
della logica pura (le definizioni sono state date nellambito della logica del pri
m ordine, sistema che sappiamo essere coerente). U na conseguenza di questo
fatto che ora possibile rianalizzare alcune sem plici inferenze concernenti i nu
meri in term ini puramente logici. Si consideri lenunciato
(4)

2-t-2 = 4.

Esso strettam ente connesso con linferenza


(5)

'F a due m em bri


'G a due m em bri
FG =0
(dunque) ' F u G a quattro m em bri

come si pu verificare con una sem plice riflessione sulla nozione


L a (5), per, pu essere scritta nellambito della logica pura del prim or
dine con identit: sufficiente im piegare la definizione data sopra di 'F a due
m em bri , scrivere F G = 0 nella notazione della logica del prim ordine come
(x) (F * A Ga;), aggiungere la premessa ( x ) ( l ix
F x v G x ) , che dice che H
uguale a F ( j G , e scrivere la conclusione come 'H a quattro m em bri . Q ue
stultima pu essere tradotta in notazione puramente logica nel m odo indi
cato sopra.
Cosi, l inferenza
(6)

'F a due m em bri


'G a due m em bri
(x) (F x A G x)
(x )(H x .= . F v G x )
'H a quattro m em bri

(una volta sostituite le espressioni definite con le loro definizioni) uninferen


za della logica del prim ordine con identit. Inoltre, la conclusione pu essere
dedotta dalle premesse servendosi delle sem plici regole e degli assiomi della

515

Logica

logica del prim ordine, pi gli assiomi per l identit ' = . stato cosi dim o
strato che un enunciato m atematico (2-1-2 = 4) esprime quello che si riduce
a essere un fatto di pura logica. Infatti, che differenza di contenuto intuitivo
c , dopo tutto, fra 2 + 2 = 4 e 'P er tutte le classi F , G , H , se F e G non han
no nessun m em bro in com une, e se H lunione di F e G , e se F ha due m em
bri e G ha due mem bri, allora H ha quattro m em bri? Q uestultim o enuncia
to non forse u n analisi di che cosa significhi per quattro essere la somma di
due e due?
K ant, nel x v iii secolo, aveva tracciato una netta distinzione fra enunciati
quali 5 + 7 = 12, che sosteneva essere sintetici, e gli enunciati della logica pura,
che sosteneva essere analitici. D op o lopera di Frege, non stato pi possibile
marcare una linea di confine netta fra m atematica e logica - n ci sarebbe
nessun reale costrutto nel farlo.
N on soltanto possibile analizzare nozioni num eriche particolari come uno,
due, ... in term ini logici, e dire che i num eri uno, due, ... esistono, che quat
tro la somma di due e due, ecc., ma Frege dimostr anche che la propriet
di essere un numero cardinale finito o infinito, cio, una potenza nel senso di
Cantor, pu essere definita nellambito della logica pura. In efi^etti:

'F una potenza = f( H ) ( G ) ( F ( G ) .= . G simile a H )


( 'F una potenza se e solo se, per qualche H , F la classe di tutte le classi
simili a H), dove la similarit definita cosi:

'G simile a H = f ( R )(i? uno-uno A II dominio di R G


A II codominio di R H ),
supponendo di aver dato le seguenti definizioni :
a) ' R uno-uno =,jf (x )(y){z) (R x jR x a ,z:>. y = z)
b) 'I l dom inio di R G
(x)(G x = (33/)Rxy)
c) 'Il codom inio di R H = jif ( * ) ( H x ^ ( j ) R j x ) .

Si noti che la similarit (cio, il poter essere messa in corrispondenza unouno) una relazione del secondordine fra classi perch necessario un quan
tificatore del secondordine ( R) per esprimerla, ed essere una potenza, come
essere il numero uno, richiede per essere espressa (con questa definizione) la lo
gica ingenua, perch 'F ( G ) contiene una lettera predicativa in posizione di ar
gomento.
L a cosa pi importante fatta da Frege in questa parte della sua opera ,
tuttavia, l aver mostrato come si possa definire il concetto essere un numero
intero in term ini puramente logici. L idea che sta dietro a questa definizione
fu elaborata anche da D edekind, ma nove anni dopo i Grundgesetze der A rith
metik e tredici anni dopo la Begriffsschrift (che contiene lidea essenziale, quel
la di antenato di una relazione).
Il
problem a di definire l antenato di una relazione pu essere illustrato ser
vendosi dellesempio che gli ha dato il nom e: la relazione di antenato. In di
cando con Pxy la relazione 'x un genitore di y , 'P pu essere pensata de

Logica

516

notare la classe di tutte le coppie ordinate {x, y) tali che il prim o membro sia
un genitore del secondo mem bro. U sando il sim bolo A xy per denotare la rela
zione 'x un antenato di y , 'A denota la classe di tutte le coppie ordinate tali
che il prim o m em bro sia un antenato del secondo mem bro. C h e relazione c
fra P e A?
Evidentem ente P c A (P inclusa in A ), cio, per tutti gli x e y, Yxyz::hxy.
Sem bra per che la relazione sia pi forte di questa. In effetti, antenato pu
essere definito in term ini di genitore nel modo seguente ;
(7)

k x y se e solo se esiste una successione finita *1, x^, ...,


tale che x = x i, y = x^ e P(x,
per = i , 2, ..., n i.

>2,

Questa definizione pi matematica che logica, in quanto usa la nozione,


non spiegata finora, di successione finita e altre nozioni m atem atiche (co
me, ad esempio, z + i). E possibile definire antenato in term ini di geni
tore usando soltanto notazioni logiche
L a risposta si. Il primo passo consiste nellosservare che il prodotto rela
tivo di antenato di e di genitore di, cio la relazione antenato di un genitore,
essa stessa inclusa nella relazione antenato. Occorre definire prim a queste no
zioni: se R j, R j sono due relazioni (binarie), allora il prodotto relativo di
e R j (si indica con R1IR2) la relazione che intercorre fra x e jy quando x sta
nella relazione
con qualcosa che sta nella relazione R2 con y. In sim boli :
(Rii R2) x j =df (H) (R j (x, z) A R2 {z, y)).
A d esempio, se R j la relazione fratello di e Rg la relazione genitore di,
allora il prodotto relativo R1IR2 la relazione fratello di un genitore di, cio,
zio di.
Se i?j, Rg sono due relazioni, l inclusione relazionale cosi definita:
Ri c R2 =df (x ) { y ) (Rj (X, y ) z> R^ (x, y ) ) .

Cosi, madre di inclusa in genitore di, perch per tutti gli x t y: 'x madre
di 3/3 X un genitore di y .
Finora si affermato che A {antenato di) possiede le due seguenti propriet
(dove P genitore di) ;
(I)
(II)

P cA
A |P cA .

In effetti, A la pi piccola relazione che soddisfa alle propriet (i) e (11).


Infatti, sia R una qualsiasi relazione tale che P c R e R | P c R . Allora, anche
P^ (cio, P|P, o nonno di) inclusa in R, perch P c R im plica P | F c R l F per
ogni F (questo ragionamento stato reso famoso dal contem poraneo di Boole
D e M organ), cosicch P c R im plica P | P c R | P e, poich R | P c R , segue che
P | P c R , cio P ^ c R , come si era detto.
Si pu per andare oltre. Poich P ^ c R , segue che P ^ |P cR |P , e, servendosi
ancora una volta del fatto che R | P c R , se ne conclude che P ^ |P cR , cio
P cR (P, naturalmente, la relazione bisnonno di). In maniera analoga si pro-

517

Logica

va che P ^ c R , P c R ,... M a, per ogm particolare coppia x ,y , se k x y , allora, per


qualche n, 'P'^{x,y), perch * un antenato di y solo se il genitore di y,
o X il nonno di
o x il bisnonno di y, o ... E, per ogni n, P " c R . Perci,
poich P (x, y) vale per qualche w e P " c R , vale Rxj/. N e segue che A x jd R x j;.
Poich x & y erano arbitrari, ne segue che {x){y){Pixy^\kxy), cio A c R .
Si vede cosi che A inclusa in ogni relazione R che soddisfi alle due condi
zioni precedenti. Poich A stessa vi soddisfa, segue che A (come si era detto)
la pi piccola relazione che soddisfa alle condizioni (i) e (11).
A questo punto si potrebbe in effetti definire A in term ini di P dicendo,
nel simbolismo qui adottato, che A la pi piccola relazione che soddisfa
alle condizioni (i) e (11). Questa definizione non sarebbe per soddisfacente,
perch la dimostrazione data del fatto che esista una relazione che soddisfi
alle condizioni (i) e (11) e che sia la pi piccola era pi m atematica che logica.
Fondam entalm ente, ci si serviti del fatto che A lunione delle infinite rela
zioni P, P^, P, P^, ... e si anche invocata la nozione di num ero intero nel
parlare di 'P per n variabile. Il problem a consiste nel dimostrare con metodi
logici e non matematici che esiste una pi piccola relazione che soddisfa alle
condizioni (i) e (11).
Il m etodo di Frege consiste nel definire A nel modo seguente (a parole,
prima) :
'x un antenato di y = f[ f 'Per ogni relazione R, se R soddisfa alle condi
zioni (i) e (11) allora Rxj^.
In conclusione, i miei antenati sono esattamente le entit che stanno con
me in ogni relazione R tale che P c R e R | P c R . In simboli, ora:
k x y =^f ( R ) ( P c R A R | P c R .3>. Rxj;).
Si noti che la definizione di A in term ini di P del secondordine, per la
presenza del quantificatore (R). Si pu dimostrare che ci inevitabile, cio
che antenato non pu essere definito in term ini di genitore nel linguaggio
del primordine.
C on la definizione data sopra, non c nessuna difficolt nel dimostrare che
la relazione A esiste, in quanto k x y , cio 'x un antenato di y ' stato esplici
tamente definito come una sem plice abbreviazione di ( R ) ( P c R A R | P c R .3 .
R x j). e neppure difficile dimostrare che A , definita nel modo che si det
to, gode delle propriet indicate. A d esempio, se P.X5;, cio se x un genitore
di y , allora ovvio che x sta con y in ogni relazione R che include la relazio
ne genitore di. Perci, a m aggior ragione, x sta con y in ogni relazione R tale
che P c R a R | P c : R , cio, ( R ) ( P c R A R | P c R .c>. R.rj;). Poich questo
K xy, ne segue che
(i)

P cA .
In maniera analoga si pu dimostrare che

(11)

A |P cA .

L ogica

518

(Il ragionamento consiste neirosservare clic, se esiste uno 2 tale che x stia con
in ogni relazione R tale che P c R A R | P c R e a stia con y nella relazione P,
allora, per ogni tale R, x sta con jv nella relazione R|P (per la definizione del
prodotto relativo
Perci, x sta con y in ogni relazione R di questo tipo,
in quanto tutte queste R sono tali che R j P c R , e ci equivale a dire che Axy).
L a relazione A cosi definita soddisfa quindi alle condizioni (i) e (11). Inol
tre, A la pi piccola relazione che gode di queste propriet, perch definita
come l intersezione di tutte le relazioni che godono di tali propriet. Si cosi
potuto dimostrare con m ezzi puram ente logici che esiste la pi piccola relazio
ne che gode delle propriet (i) e (11).
Volendo usare questa definizione di antenato nella vita di tutti i giorni,
bisogna anche essere in grado di dimostrare le inferenze citate sopra secondo
cui tutti i nonni sono antenati, tutti i bisnonni sono antenati, ecc. (cio,
P ^ c A , P cA , ...) M a, per la propriet (i), P c A , cosicch, per linferenza di
D e M organ ('S e F c G , allora F | R c G | R ), P ^ c A |P , che c A per la pro
priet (11). N e segue che P ^ c A e, ancora per l inferenza di D e M organ,

ps = P2|PcA|PcA.

In questo modo F rege pot dimostrare che tutte le propriet della relazione
antenato di seguono dalla sua definizione (espressa in quella che oggi si chiama
logica del secondordine) in term ini i genitore di.
N ello stesso modo, se F una qualsiasi relazione, si pu definire a partire
da F u n altra relazione F * , detta relazione ancestrale di F, esattamente nello
stesso modo in cui stato definito antenato a partire da genitore: F * ( x , j ) =|f
( R ) ( F c R A R | F c R .Z ). R xy), che coincide esattamente con lunione delle
relazioni F, F^, F, F' , ..., cio, la relazione in cui x sta con y quando x pu
essere congiunto a 3; da una catena finita di oggetti tali che ciascuno stia nella
relazione F con il successivo. In efi^etti, lidea usata da Frege per definire la re
lazione ancestrale fu usata in seguito da D edekind per definire la nozione di
catena.
Si definito in precedenza 'F una potenza (cio, F un cardinale finito
o infinito) in term ini puram ente logici. Si potrebbe per pensare che, anche
se questa nozione pu essere definita nell ambito della logica pura, sia per
necessario far ricorso allaritm etica per definire la nozione di potenza finita,
cio, di numero intero. Arm ato della sua definizione di relazione ancestrale,
Frege fu in grado di provare che le cose non stanno cosi: anche numero intero
pu essere definito in term ini puram ente logici. L a catena di definizioni la
seguente :
i) 'F proviene da G per addizione di un elem ento = c if ( a x ) ( - G x A (s')(Fs:
.= . G.? \/ z = x))
('Esiste qualche cosa che non in G e che tale che, per ogni z, z
in F se e solo se a: in G oppure uguale a quella cosa ).

I l ) S ( F , G ) = d f ( H A ) ( 3 B ) ( F ( A ) A G ( B ) A ^ proviene da B per addizione di


un elemento)

519

Logica
(Questa definizione data in m odo da coincidere con loperazione in
tuitiva di addizione di un elemento quando F e G sono potenze. In
questo caso S (F , G ) pu essere letto come 'F il successore di G ).
n i) 'F zero = jf( H ) ( F ( H ) = / / a zero membri)
(Cosi, zero la classe di tutte le classi vuote, cio, poich esiste u n u
nica classe vuota, zero la classe unitaria contenente la classe vuota).
iv) 'F un numero intero

F zero V ( G ) ( G aero A S * ( F , G)).

S * la relazione ancestrale della relazione S (successore). In breve,


essere un num ero intero significa essere zero oppure stare con zero nel
la relazione ancestrale della relazione di successore.
U n altra form a della stessa definizione la seguente: essere un numero in
tero significa appartenere a ogni classe che abbia come m em bro zero e che sia
chiusa rispetto alla relazione successore di. In sim boli :
V)

'F un numero intero =^f (G )(G (o ) A (H )(H ')(G (H ') a S ( H ,H ') .3 .


G (H )) : : G (F )).

A partire da questa definizione si pu dimostrare, usando soltanto la logica,


che:
1 ) 0 un numero intero.
2) Se H un numero intero, anche il suo successore un num ero intero.
3) Per ogni G , se o appartiene a G e G ereditaria (cio, per ogni H ap
partenente a G , anche il successore H ' di H appartiene a G ), allora ogni
numero intero appartiene a G (principio di induzione matematica).
In efi^etti, una volta che si siano definiti opportunam ente pi e per, tutti gli
assiomi dell aritmetica diventano teoremi logici. In questo modo Frege riusc a
dimostrare che l aritmetica - e quindi anche lanalisi, perch le ricerche di
W eierstrass e di altri consentono di estendere questi risultati alla teoria dei
numeri reali - altro non sono che logica travestita. M a ci riusc veramente?
Si esamineranno fra poco alcune delle difficolt che si presentano. Qualunque
sia il verdetto finale sulla rilevanza filosofica dellopera di Frege, non bisogna
per perdere di vista loriginalit, per non dire laudacia, delle sue ricerche.
Inoltre, molte di esse conservano un valore duraturo, anche se non forniscono,
come F rege aveva sperato prim a della comparsa del paradosso di Russell, una
fondazione per l aritmetica. L a nozione di relazione ancestrale, ad esempio,
introduce una tecnica che ancor oggi usata diffusamente nella teoria degli in
siemi. L a scoperta del fatto che linduzione matematica un principio del
secondordine (in sim boli: (G )(G (o ) A (H )(H ')(G (H ') a S ( H ,H ') .3 . G (H ))
:z>\ (F) {F un numero interoz:>G(F))) pure molto importante - anche oggi
succede di trovare degli autori che non si rendono conto che il principio
completo d induzione m atematica non pu essere enunciato nellaritmetica del
prim ordine. U n frammento del principio pu essere espresso m ediante uno

Logica

520

schema di assiomi del prim ordine, cio, mediante una lista infinita di assiomi,
ma raritm etica del prim ordine non tutta l aritmetica proprio perch non
contiene tutta linduzione matematica. L aritm etica completa inseparabile
dalla teoria degli insiemi (o, alternativamente, dalla logica di ordine superiore),
come Frege per prim o si rese conto. Fra tutti i contributi concettuali di questa
parte dell opera di Frege, per, i due che conservano forse il valore pi duratu
ro sono; i) com e contributo alla matematica, l analisi di ci che significa per
una classe essere finita (perch a questo si riducono in definitiva le definizioni
di relazione ancestrale e di numero intero)-, e 2) come contributo alla filosofia,
la stretta connessione da lui stabilita - anche se non lidentit, come Frege cre
deva - fra logica e matematica. Il verdetto pronunziato da Russell trentanni
dopo secondo cui non sarebbe mai pi stato possibile tracciare un confine non
arbitrario fra matematica e logica si rivelato del tutto esatto.

8.

L a crisi dei fondamenti di Frege: il paradosso di Russell.

S i dedotto che la relazione antenato di esiste dal fatto che possibile defi
nirla; lestensione della relazione antenato di l insieme di tutte le coppie or
dinate {x, y) tali che x e y soddisfino alla seguente condizione: ( R ) ( P c R A
R l P c R . . Rxji). N el fare ci, stato tacitamente assunto il principio che
gli studiosi di teoria degli insiemi chiamano assioma di com prensione, il quale
afferma che una condizione particolare, cio una form ula con variabili libere
(in questo caso x e y) determina un insieme o classe (precisamente, linsieme
di tutte le coppie ordinate (x, y) che soddisfano alla condizione). Questo prin
cipio fu trasformato da Frege in una regola generale, secondo cui per ogni con
dizione esprim ibile nel sistema logico esiste una classe corrispondente. Ci sem
bra, in effetti, molto evidente . Infatti, che cosa sintende per classe o insie
me se non estensione di un predicato.? C om e potrebbe quindi esistere un
predicato senza che ci sia la classe delle cose che lo soddisfano ?
N el 1901, tuttavia, Russell diede un sem plice esempio che dimostra come
l assunzione secondo cui ogni condizione (esprim ibile nel sistema) determina
una classe conduca a una contraddizione. Infatti, una delle cose che si possono
dire nel sistema di Frege che una classe F non contiene se stessa: F (F )
(a rigore, questo significa che il concetto F non si applica alla propria esten
sione, secondo l interpretazione che F rege dava del proprio sim bolism o, ma ci
non altera la questione). Se questa condizione determina una classe - cio, se
esiste una classe Z contenente esattamente quelle F tali che F non appartiene
a F - , la classe Z appartiene a se stessa oppure no? Entram be le ipotesi con
ducono a una contraddizione! L ipotesi che esista una tale classe deve perci
essere abbandonata.
In simboli, la condizione che definisce Z ( F ) ( Z ( F ) s F (F )), da cui si
ottiene, sostituendo Z come caso particolare di F, Z (Z ) = Z (Z ), che una con
traddizione.
Questa scoperta fu una catastrofe per il sistema di Frege. Se l assioma di

521

Logica

com prensione senza lim itazioni contraddittorio, da che cosa potr essere
sostituito? Q uale principio pu dire quali sono le condizioni che determinano
degli insiemi (o, nella term inologia di Frege, quali concetti hanno come
estensioni delle classi) e quali no? Frege scrisse a Russell il 22 giugno 1902;
L a scoperta da parte vostra della contraddizione ha provocato in me la
pi grande sorpresa e, direi quasi, costernazione in quanto ha scosso le basi
stesse sulle quali intendevo costruire laritmetica. Sem bra quindi che... la mia
Regola V sia falsa, e che le mie spiegazioni contenute nel 3 1 non siano suf
ficienti ad assicurare che le mie com binazioni di segni abbiano in ogni caso un
significato. D evo rifiettere pi a lungo su questa questione. Essa tanto pi
grave perch, con la perdita della mia Regola V , sembra scom parire non soltan
to la fondazione della mia aritmetica, ma anche lunica fondazione possibile
dellaritmetica. Ritengo tuttavia che dovrebbe essere possibile determ inare del
le condizioni... tah che i punti essenziali della mia dim ostrazione rimangano
intatti. In ogni caso la vostra scoperta molto notevole e, nonostante a prim a v i
sta possa apparire importuna, essa produrr probabilm ente un grande progresso
nella logica [cfr. Heijenoort 1967, pp. 127-28].
In breve, tutta la brillante costruzione che consentiva di ridurre laritm etica
alla logica veniva messa in dubbio dalla scoperta di Russell. Poco tempo prim a
erano stati scoperti altri paradossi nella teoria degh insiemi (anche se la loro
im portanza per lopera di Frege non era stata rilevata), in particolare il parados
so di B urali-F orti (concernente la nozione di numero ordinale della succes
sione di tutti gli ordinali) e il paradosso del cardinale pi grande di tutti,
ma con la scoperta del sem plice e devastante paradosso di Russell la situa
zione divent intollerabile, non soltanto per Frege, ma anche per i seguaci di
Cantor. L a teoria degli insiemi cantoriana verr discussa nel prossimo para
grafo; fu lo stesso Russell, aiutato da W hitehead (che aveva gi pubblicato
Universal Algebras [1898], contenente un lungo capitolo in cui viene discussa
la logica matematica lungo le linee booleane), che si dedic al com pito di ripa
rare il sistema fregeano (la maggior parte del quale, compresa la definizione di
numero naturale, era stata scoperta indipendentem ente da Russell nel 19001901). Russell fece una cosa m olto com plicata e qui verr descritta soltanto la
successiva semplificazione della sua opera data da Ramsey. N ella forma sem
plificata, l idea di Russell - la teoria dei tipi ~ consiste n ell abbandonare due
delle assunzioni di principio che stanno alla base dellopera di Frege:
i)
L assunzione che esista un singolo e definito universo di tutti gli ogget
ti, compresi gii oggetti matematici, viene lasciata cadere. In cambio, Russell
postul l esistenza di una serie di universi o tipi: un universo di tutti gli
individui, che non contiene quindi classi, o concetti, o propriet, ecc.
Questo universo di base viene detto tipo zero ; un universo di tutte le classi
di individui, che viene detto tipo uno, e, continuando allo stesso m odo, un
universo, detto tipo w + i , di tutte le classi di oggetti di tipo n. Quanto al for
malismo, '( ) significa 'P er tutti gli individui x , e non 'Per tutti gli oggetti,
compresi gli oggetti astratti ; '(F^) significa 'Per tutte le classi di individui,
e non 'Per tutte le classi qualsiasi ; '(F^) significa 'P er tutte le classi di classi

Logica

5 22

di individui ; '(F^) significa 'Per tutte le classi di classi di classi di individui ,


ecc. Cosi, la form ula che serve per derivare il paradosso di Russell
(1)

(F )(Z (F )^ -F (F ))

non ben form ata perch F non pu prendere se stessa com e argomento, qua
lunque tipo di apice le si apponga, e 'Z richiede l apice di tipo '2 (o uno in
pi di quello che viene assegnato a 'F ) per poter prendere com e argomento
una variabile di classe di tipo uno. Inoltre, anche se la ( i) fosse ben for
mata, essa non im plicherebbe
(2)

Z (Z )= -Z (Z )

perch a 'Z nella ( i) bisogna assegnare almeno il tipo 2 e a 'F bisogna asse
gnare un tipo inferiore di u n unit a quello di 'Z . Perci la sostituzione di
'F con 'Z im possibile: 'Z non denota un oggetto dell universo (o tipo) su
cui varia 'F .
2)
L assunzione che ogni condizione determina una classe viene modificata
in quella secondo cui le condizioni sugli oggetti di un determ inato tipo deter
minano una classe del tipo im m ediatam ente successivo.
L effetto sulla derivazione fregeana della matematica dalla logica im
mediato. N on esiste pi ununica classe di tutte le classi con due membri.
C invece una classe di tutte le classi di tipo i con due m em bri. Questo
il numero due di tipo 2 . Esiste una classe di tutte le classi di tipo 2 con due
mem bri . Q uesto il num ero due di tipo 3 , ecc. D i tutti i num eri (e degli altri
oggetti matematici, compresa la classe vuota) esiste una copia in ciascun tipo.
N aturalm ente, un teorema aritmetico quale 2 + 2 = 4
qualunque sia il
tipo che si assegna a 2 e a 4 e perci si possono tralasciare gli apici quando
si scrivono questi ordinari enunciati matematici (questa elim inazione degli
apici quando la form ula vera per tutti i tipi sufficientem ente grandi detta
da Russell am biguit tipica).
Questa duplicazione infinita di tutti gli oggetti m atem atici (infiniti num eri
zero, infiniti num eri uno, infiniti numeri due, ... uno per ciascun tipo) una
conseguenza spiacevole della stratificazione in tipi degli oggetti del discorso.
Tuttavia, possibile portare a term ine una versione convenientem ente m odifi
cata del ragionam ento di Frege e derivare tutti gli assiomi della teoria dei nu
meri nella teoria dei tipi quasi esattamente come aveva fatto Frege. C un unico
inconveniente.
L inconveniente questo. Si supponga che luniverso degli individui sia fini
to, ad esempio che esistano soltanto un milione di individui. A llora, non esi
stono classi di tipo uno con un milione e un m em bri. Perci, il numero un
milione e uno (cio, la classe di tutte le classi con un m ilione e un membri)
identico alla classe vuota di tipo due. L o stesso accade, per il m edesimo m oti
vo, per il num ero un milione e due. L enunciato 'U n m ilione e uno diverso
da un m ilione e due sar perci falso nel tipo 2 e 'O gn i num ero ha un suc
cessore diverso dal numero stesso sar falso in ogni tipo (perch, se il tipo o
finito, tale pure ogni altro tipo in quanto, se vi sono n oggetti di tipo k, al

523

Logica

lora vi sono soltanto 2^'- classi di tali oggetti ed esse sono tutti gli oggetti di
tipo + 1 ) .
In breve, se si vuole che {x ){ x j x + i ) sia vero, bisogna postulare che
esistono infiniti individui. Russell lo postul ( quello che si chiama l assioma
dellinfinito della teoria dei tipi), ma difficile sostenere che si tratti di un prin
cipio della logica pura.
(N on si discuter qui un altro degli assiomi di Russell che pone delle diffi
colt - l assioma di riducibilit - perch la versione ramseyana della teoria che
si sta discutendo ne fa a meno).
N on soltanto Russell aveva bisogno per derivare la matematica di un prin
cipio (l assioma dellinfinito) che non un principio della logica pura, ma
lintera costruzione non appare ora pi sicura, per non dir di peggio, della
stessa matematica. Q uando il term ine 'logica viene esteso in m odo tale da
coprire lintera teoria dei tipi, diventa assai dubbio che la riduzione della
m atematica alla logica risolva alcun problem a epistemologico. T u ttavia, l im
portanza matematica dell opera di Frege e di Russell e W hitehead non deve
essere sottovalutata. A l term ine delle loro ricerche erano stati scoperti a) un
modo coerente (per quanto se ne sa) di sviluppare la teoria degH insiem i, e
quindi di form alizzare tutta la matematica, comprese l analisi, la topologia,
ecc.; b) u n analisi del concetto di insieme finito ( questa la realizzazione di
Frege, e anche di D edekind, descritta nella sezione precedente); c) un analisi
del significato dei term ini matematici (ad esempio, 'd odici) quando compaiono
negli enunciati em pirici ('C i sono dodici apostoli): dal punto di vista filosofico,
questo uno dei contributi pi im portanti del logicismo, come viene chiam a
ta la tendenza di F rege-R ussell-W hitehead; e d) la scoperta dello stretto le
game esistente fra il principio dinduzione matematica e gli assiomi sullesi
stenza delle classi. Anche se non riuscirono a scoprire la pietra filosofale - la
fondazione della matematica - , la ricerca di questa fondazione condusse ques
ti tre grandi logici a scoperte logico-m atem atiche di valore im perituro. D uran
te questo processo, inoltre, essi diedero alla logica unesaltazione, un fascino,
un im pulso che stimolarono im mensamente la ricerca nellambito di questa di
sciplina per m olti anni a venire.

9.

L a teoria degli insiemi di Zermelo-Fraenkel.

stato gi ricordato che, negli stessi anni in cui Frege sviluppava i suoi
fondamenti dellaritmetica, Cantor stava elaborando la teoria degli in
siemi (Mengenlehre). Cantor era conscio del pericolo dei paradossi - anche
possibile che egli abbia anticipato il paradosso di Russell ~ ma, a difi^erenza di
Frege e di Russell, non vedeva la necessit di uno strum ento rigoroso per evi
tare le contraddizioni. Il suo atteggiamento era quello secondo cui alcune con
dizioni determinano degli insiemi e altre no. U na condizione che determina
un insiem e ha come estensione una m olteplicit coerente; una condizione
che non determina un insiem e ha come estensione una m olteplicit non-coe-

Logica

524

rente. In particolare, Cantor pensava che non potesse esistere una cosa come
l insieme di tutti gli insiemi e perci nella sua teoria degli insiem i non c un
insieme universale (tutti gli insiemi costituiscono una m olteplicit non
coerente). In pratica, questo atteggiamento lascia allintuizione del singolo
matematico il com pito di decidere quando sia possibile raccogliere i m em bri di
una molteplicit in un insieme (cio, in una classe) e quando invece non
lo sia. Quando, dopo il 1902, si diffuse la conoscenza del paradosso di Russell,
questo atteggiam ento non risult pi accettabile.
Fu il m atematico Zerm elo che effettu una form alizzazione della teoria can
toriana degli insiemi, e lo fece con una tale efficacia che oggi sono la teoria de
gli insiemi di Zerm elo e le sue numerose estensioni che costituiscono la form a
lizzazione canonica della matematica, e non la teoria dei tipi di Russell-Ram sey.
Zerm elo present le sue idee in uno stile relativamente form alistico - ecco
una lista di assiomi che vi forniranno tutto ci di cui ha bisogno il teorico
degli insiemi senza condurre a contraddizioni, per quanto si possa dire [1907,
p. 261] sono, in effetti, le sue parole - ma alla base della sua lista di assiomi c
un chiaro m odello intuitivo, anche se egli stesso lo indic in un lavoro soltanto
molti anni dopo la pubblicazione degli assiomi. E questo m odello intuitivo non
poi cosi lontano dalla teoria dei tipi. Si supponga di pensare al tipo base
come costituito soltanto dallinsieme vuoto (o dallinsieme di tutti gli Urelemente, o individui, come in una successiva versione della teoria). Questo ti
po viene detto rango zero . Si supponga poi che i tipi (o ranghi , come sono
detti oggi nel contesto della teoria degli insiem i di stile zerm eliano) siano
cum ulativi, cio che ogni elemento del rango n appartenga anche a tutti i
ranghi superiori. In particolare, si assuma che esista un unico insieme vuoto:
linsieme vuoto di rango o appartiene automaticamente a tutti i ranghi superio
ri e quindi non c nessun bisogno di avere un oggetto diverso che serva da
insieme vuoto di rango per n > o . Analogam ente, esiste un unico insieme
unitario dellinsiem e vuoto (ed esso appartiene a ogni rango superiore al
rango o), un unico insieme unitario dellinsiem e unitario dellinsiem e vuoto
(ed esso appartiene a ogni rango superiore al rango i), ecc. Successivam ente,
si estendano i ranghi al transfinito, cio si supponga che esistano un rango w
(co il primo ordinale infinito nella teoria cantoriana degli insiemi), un ran
go w + i , ecc. I ranghi possono essere definiti induttivam ente:
1) Il rango o linsieme unitario dellinsieme vuoto.
2) Se il rango a definito per un qualsiasi ordinale cantoriano a, allora il
rango a + i l insieme potenza (l insieme di tutti i sottoinsiemi) del
rango a.
3) Se X un ordinale lim ite (cio, un ordinale infinito privo di un im m e
diato predecessore, come ), allora il rango X l unione di tutti i ran
ghi inferiori a X. A d esempio, il rango co l insieme di tutti gli insiemi
di rango finito.
Si osservi che la (2) dice che il rango a -|-i ottenuto dal rango a allo stes
so modo in cui nella teoria dei tipi il tipo + i ottenuto dal tipo n (eccetto

525

Logica

che nella teoria dei ranghi insiemi con gli stessi m em bri vengono identificati
anche quando appartengono a ranghi diversi, come stato gi osservato, m en
tre insiem i appartenenti a tipi diversi non vengono identificati nella teoria dei
tipi nemm eno quando sono costituiti dagli stessi membri). In questo senso, la
teoria dei ranghi non altro che una teoria dei tipi cum ulativa estesa al trans
finito.
L a grande differenza fra la teoria zermeliana degli insiemi e la teoria dei
tipi non sta tanto nel m odello che si ha in mente (in fondo, vi sono m olti modi
per estendere la teoria dei tipi di Russell-Ram sey al transfinito), ma nel lin
guaggio. Il linguaggio di Russell-W hitehead, nella form ulazione sem plificata di
Ramsey, ha dei quantificatori distinti per ogni tipo. N on si pu dire 'Per tutte
le entit x' o 'Esiste un x tale che , ma bisogna invece specificare sempre un
tipo e scrivere, ad esempio, '(j^) ('P er tutte le entit x di tipo 1 7 ) o '( *^ )
('Esiste un entit x di tipo 17 ). Russell, in sintesi, restringe sia lontologia (esi
stono soltanto gli insiemi che appartengono a un qualche tipo) sia il linguaggio
(si pu quantificare soltanto su un tipo alla volta). Zerm elo, ai contrario, re
stringe l ontologia ma non il linguaggio. Esistono soltanto gli insiemi che appar
tengono a un qualche rango, ma i quantificatori variano sopra tutte le entit
(cio, i quantificatori sono '( * ) e '( * ) , senza apici di tipo o di rango, e non
'( * '^) e '( x^) , ecc.). C poi unaltra differenza collegata a questa; mentre
nella teoria dei tipi il simbolo e (che sta per appartiene a) pu occorrere sol
tanto fra variabili di tipi consecutivi (ad esempio,
ben form ata nella
teoria dei tipi, mentre 'y*ex''^ non lo , cio sgrammaticata), nella teoria zer
meliana degli insiemi non vi sono apici di rango, e quindi 'x e y e perfino 'x e x
sono sempre ben formate.
In particolare, mentre la condizione ' x e x che genera il paradosso non
ben form ata nella teoria dei tipi, essa ben formata nella teoria zerm ehana de
gli insiemi. In questo sistema ha senso dire che 'x non appartiene a se stesso
( x e x ) , soltanto che non esiste linsieme di tutti gli x che soddisfano a questa
sensata condizione (come in effetti dimostra il ragionamento di Russell).
Ripetendo : Russell pensava che si dovessero restringere sia lontologia sia il
linguaggio per evitare le contraddizioni della teoria degli insiemi ; Zerm elo sco
pri che soltanto necessario restringere lontologia (cio, gli assiomi dicono
quali insiem i esistono)', il linguaggio pu essere il linguaggio della teoria degli
insiemi del prim ordine, cio, la logica del prim ordine con le variabili che
variano sopra tutti gli insiemi (o su di essi pi gli individui) e lunico pre
dicato extralogico il predicato e dellappartenenza. Naturalm ente, questo non
altro che il linguaggio delia logica ingenua, tradotto dalla notazione della
Begrijfsschrift in notazione moderna. Perci, non era il linguaggio, ma l ontolo
gia della logica ingenua che causava i paradossi.
A n che se la nozione di rango fondam entale per il modello intuitivo su
cui basata la teoria zerm eliana degli insiemi, Zerm elo non usa affatto esplici
tamente questa nozione. I suoi assiomi possono essere riassunti nel modo se
guente (non se ne d qui una lista completa, ma la raccolta di Heijenoort
[1967] contiene i lavori originali di Zerm elo e dei suoi successori):

L ogica

526

1) Esiste un insieme vuoto.


2) Per ogni insieme x, esiste linsieme potenza (linsieme di tutti i sottoin
siemi di x).
3) Se X un insieme e P una propriet definita (cfr. oltre), allora esi
ste linsiem e di tutti gli insiemi z che godono della propriet P e che so
no m em bri di x (assioma di selezione).
4) Esiste un insieme infinito. (In efi^etti, esiste un insieme che contiene l in
sieme vuoto e che chiuso rispetto alla form azione dellinsiem e potenza).
V iene inoltre assunto lassioma di estensionalit (il quale dice che x t y so
no uguali se e solo se hanno gli stessi m em bri. In sim boli: x = y = ( s ) ( z e x =
z e y ) ) . Infine, vi sono degli assiomi tecnici che assicurano l esistenza dellu
nione x U y e d ellinsiem e-coppia {x, y ] per tutti gli insiemi x , y e un assioma
(l assioma di fondazione) il quale dice che ogni insieme ha un m em bro di
sgiunto dallinsiem e stesso (il contenuto intuitivo di questo assioma che, se
si parte da un insiem e x e si discende scegliendone un mem bro, e poi un m em
bro di quel m em bro, e cosi via, allora dopo un numero finito di passi si esce
fuori dallinsieme). L assioma della scelta di Zerm elo - cio, il principio secon
do cui, dato un qualsiasi insieme di insiemi non vuoti, esiste una funzione di
scelta che estrae un mem bro da ciascuno degli insiemi non vuoti dellinsieme
dato - un ulteriore assioma opzionale (cfr. larticolo Deduzione/prova in
questa stessa Enciclopedia). L esistenza dellintersezione x C y di due insiemi
X, y pu essere dimostrata m ediante l assioma di selezione 3) applicato a x,
prendendo com e propriet definita quella di appartenere a y . T uttavia, un
insieme x non ha mai un complementare. Infatti, se esistesse l insieme x di
tutte le entit che non appartengono a x, allora esisterebbe anche lunione
x U x = V, ed esisterebbe quindi l insieme di tutti gli insiemi. Perci, la to
talit di tutti gli insiemi non costituisce un algebra di Boole, perch non
chiuso rispetto alla com plem entazione e non esiste V . Per ogni insieme x esi
ste per, per l assioma 3), il com plem entare di ogni mem bro 3^ di x rispetto a x,
cio linsieme di tutti i m em bri di x che non appartengono a y.
Questi assiomi possono essere scritti facilm ente nel linguaggio della teoria
degh insiemi del prim ordine. L unico problem a sta nel fatto che Zerm elo
non dice con precisione quali sono le propriet definite dellassioma 3).
Seguendo un suggerim ento dovuto a Skolem , questo assioma - lassioma di
selezione (Aussonderung)
fu precisato prendendo come propriet definite
esattamente quelle che possono essere espresse nella notazione descritta. In breve,
propriet definita significa propriet della teoria degli insiem i del prim or
dine. C on questa convenzione, l assioma 3) diventa una lista infinita di assiomi,
uno per ciascuna form ula ben formata P(), per ognuna delle quali
3') (x)(3w )(3')(a6a; .= . s i e x A P ( ) )
preso come assioma, cio come caso particolare dello schema di assiomi di
selezione (purch siano soddisfatte certe restrizioni tecniche sulla scelta delle
variabili della form ula P(s')). Si vede cosi che i casi particolari dello schema

527

Logica

di assiomi 3') esprimono collettivam ente quello che s detto: esiste l insieme
di tutti quei m em bri di x che hanno la propriet P, per ogni x e per ogni P
esprim ibile nel linguaggio stesso.
U n ulteriore assioma venne proposto nel 1922 da Fraenkel e anche (indi
pendentem ente) da Skolem : lim m agine di un insieme rispetto a u n applicazio
ne biunivoca (nozione che pu essere definita nella teoria degli insiemi del pri
m ordine) anch essa un insieme. L effetto di questo assioma pu essere de
scritto in vari m odi: uno dei m odi possibili quello di osservare che questo as
sioma - il cosiddetto assioma di rim piazzam ento - afferma che Vunico caso in cui
una collezione di insiemi definibile nel linguaggio della teoria degli insiem i del
prim ordine pu non essere un insieme quello in cui ha una cardinalit troppo
grande. O gni molteplicit che abbia la stessa cardinalit 0 potenza di un
insieme essa stessa un insieme (questo concorda con le idee inform ali di C an
tor sulla differenza fra molteplicit coerenti e m olteplicit non-coerenti).
U n altro modo quello di notare che questo assioma afferma che se un nu
mero ordinale rappresentato nelluniverso degli insiemi, nel senso che esiste
un insiem e i cui m em bri possono essere ordinati secondo un buon ordinamento
il cui tipo dordine coincide con lordinale dato, allora la gerarchia dei ranghi
pu essere estesa nel transfinito fino a quel numero ordinale. M entre gli assio
mi di Zerm elo sono abbastanza forti da dimostrare l esistenza di ranghi m ag
giori del primo ordinale infinito co, essi non sono per sufficienti per provare
lesistenza di un rango come il rango 2); tuttavia, aggiungendo lassioma di
rim piazzam ento, possibile dimostrare lesistenza di ranghi il cui ordinale
infinito non-num erabile. In effetti, per ogni ordinale a la cui esistenza pu
essere provata nella teoria degli insiemi, possibile dimostrare lesistenza del
rango a, una volta assunto l assioma di rimpiazzamento. D a questo punto di
vista, l assioma di rim piazzam ento una specie di assioma deHinfinito forte,
in quanto il suo effetto quello di garantire lesistenza di insiemi infiniti molto
grandi. O ggi laggiunta di assiomi dellinfinito ancora pi forti oggetto di
accese discussioni nella com unit dei teorici degli insiemi.

IO.

I risultati della logica moderna.

C on lo sviluppo dell^ teoria degli insiemi di Zerm elo-Fraenkel e con la sua


form alizzazione nellambito della logica del prim ordine sembra aver termine,
almeno per il momento, il grande periodo della costruzione dei sistem i nella
logica moderna. O gni tanto vengono ancora proposti altri sistemi (ancora oggi
si studia, ad esempio, un sistema chiamato New Foundations proposto da Quine
nel 1937) e vengono anche fatti tentativi di form alizzare parti del discorso di
verse dal discorso matematico, ma il fatto che lattenzione dei logici si spo
stata dalla costruzione di nuovi sistemi di logica matematica per rivolgersi
verso ricerche matematiche pi profonde su quelli a disposizione, in particolare
sulla teoria degli insiemi di Zerm elo-Fraenkel e sulle sue estensioni. I risultati
di queste ricerche sono stati profondi, cosi profondi che stato creato tutto

Logica

528

un nuovo cam po della matematica. A n che soltanto una descrizione sommaria


di tutti questi cam pi richiederebbe un lavoro molto pi lungo del presente, ma
nessun resoconto della logica m oderna pu fare a meno di citare almeno al
cuni dei risultati pi im portanti di questo periodo, che fu preannunziato dal
teorema di L w enheim (1915), ma che si pu dire abbia avuto veram ente in i
zio soltanto con la tesi di dottorato di G odei sulla com pletezza della logica del
prim ordine (1930).
L articolo Deduzione/prova descrive una delle realizzazioni della logica
moderna quando parla della tesi di H ilbert . L a costruzione della logica del pri
m ordine costituiva, come si rese conto H ilbert, la prima analisi riuscita del con
cetto intuitivo di deduzione qual im piegato nella scienza deduttiva, la m ate
matica stessa, pi altamente sviluppata. Questo risultato illum inato dalle pro
fonde ricerche matematiche di Lw enheim e di Godei.
Lw enheim conosceva la logica del prim ordine dagli scritti di Peirce, di
cui seguiva la notazione e la term inologia. Per Lw enheim , che in ci seguiva
Peirce, l universo del discorso della logica del prim ordine era un universo re
lativo, dipendente, cio, dal discorso che viene form alizzato. (Per Frege, si ricordi,
luniverso assoluto: esso sem pre la totalit di tutti gli oggetti, compresi
quelli matematici). Il fatto che l universo per lui fosse relativo rese possibile a
Lw enheim porsi un problem a che non sarebbe mai venuto in mente a Frege:
gli infiniti superiori nel senso di Cantor, gli infiniti non-num erabili, hanno una
qualche influenza sulla logica del prim ordine? Per essere pi precisi, esistono
formule della logica del primordine che possono essere soddisfatte in un universo
non-numerabile, ma non in uno numerabile?
Questo problem a, bench form ulato in term ini altamente m atem atici (in
finito num erabile e infinito non-num erabile), apre in realt un campo di
ricerche di grande im portanza filosofica. Si consideri una form ula della logica
del prim ordine, ad esem pio: ( x )( j ) ( F x a F j ) . Questa form ula detta soddisfacibile se esistono un universo non vuoto V e uninterpretazione della let
tera 'F rispetto a quelluniverso in cui la form ula diventa vera. In altre parole,
la formula soddisfacibile quando esistono un universo non vuoto V e una
sottoclasse F di V tali che l enunciato 'Esistono x, y tali che x appartiene a F
e y non appartiene a F sia vera. In effetti, la formula precedente non sod
disfacibile in un universo con un elemento, mentre lo in qualsiasi universo
con almeno due elementi, come si vede facilm ente. Analogam ente, per ogni n,
si pu costruire una form ula che non sia soddisfacibile in nessun universo con
n elementi, m a che lo sia in qualsiasi universo con almeno n + i elementi.
possibile anche costruire una form ula che non sia soddisfacibile in nessun
universo finito, ma che lo sia in un universo infinito. D i questa propriet gode

3 3

R transitiva A R non riflessiva A (x) (33) Rxy

(dove 'R transitiva un abbreviazione di '(x)(3')(ar)(Rx3;Rj . . Rx) e


'R non riflessiva un abbreviazione di '( x ) R xx). N on per possibile tro
vare una form ula che non sia soddisfacibile in nessun universo infinito num e
rabile, ma che lo sia in un universo infinito non-num erabile. In effetti. L o-

529

Logica

wenheim dimostr qualche cosa di pi : dato un qualsiasi universo non-num erabile V e data u n interpretazione delle lettere predicative rispetto a cui una
form ula (o un intero insiem e di form ule, cio una teoria form alizzata) diventa
vera, esiste sempre un sottoinsieme num erabile V ' delluniverso originale V
tale che la form ula sia vera in V ' rispetto alia stessa interpretazione che la rende
va vera in V (restringendo l interpretazione a V ' nel modo ovvio; ad esempio,
se una lettera predicativa sta per un insiem e di coppie ordinate di V nellin
terpretazione originale, allora essa star per lo stesso insieme di coppie meno
le coppie che contengono qualche cosa che appartiene a V V ' nella restrizio
ne dellinterpretazione originale a V '). U n universo V insiem e con u n interpre
tazione delle lettere predicative di una form ula o di un insieme di form ule ri
spetto a V viene detto struttura-, una struttura che rende vera una form ula vie
ne detta modello. A n che se lo studio sistematico dei m odelli delle form ule e del
le teorie del prim ordine non fu iniziato come sottodisciplina distinta allinter
no della logica matematica con il nome di teoria dei m odelli fino agli anni 40,
il teorema di Lw enheim pu esser considerato la vera origine della disciplina.
Skolem semplific in seguito la dimostrazione di L w enheim e dimostr
anche che il teorema (tranne l inform azione che linterpretazione num erabile
pu essere sempre costruita come restrizione dellinterpretazione originale a
una parte num erabile delluniverso originale) pu essere provato senza far ri
corso all assioma della scelta. Per questo motivo, il teorema di L w enheim viene
oggi citato usualmente come teorema di L w en heim -S kolem .
Il teorema di Lw enheim un teorema della teoria dei m odelli pura, cio,
esso presuppone il concetto di interpretazione di una form ula rispetto a un
universo (relativo) del discorso, ma non il concetto di regola dinferenza. In ef
fetti, Lw enheim non fa riferim ento a nessuna assiomatizzazione della logica
del prim ordine; il lavoro di Peirce che cita contiene soltanto le notazioni e
non le regole di deduzione. A llepoca in cui G odei scriveva la sua tesi di dot
torato le regole di deduzione erano state pubblicate nei Principia Mathematica
sotto una forma pi accessibile di quella della Begriffsschrift di Frege. Godei
fu cosi condotto a porsi il problem a che si rivel fondamentale per la teoria dei
m odelli ; ogni insieme coerente di form ule possiede un modello ?
Q ui insieme coerente di form ule significa che non se ne pu derivare una
contraddizione servendosi delle regole dei Principia. Cosi, la coerenza una no
zione della teoria della dimostrazione e non della teoria dei modelli. Il problem a
di G od ei collegava cosi per la prima volta la teoria dei m odelli e la teoria della
dimostrazione. (L a teoria della dim ostrazione - cio, lo studio m atematico del
le dimostrazioni come oggetti com binatori finiti - fu creata da H ilbert). G odei
rispose in senso affermativo alla domanda che si era posto; la nozione sintat
tica di coerenza coincide esattamente con la nozione di soddisfacibilit della
teoria dei modelli. Particolarizzando il risultato di G odei al caso in cui l insieme
contiene u n unica form ula, lo si pu form ulare sinteticamente cosi ; una formula
della logica del primordine coerente se e solo se soddisfacibile,
U n altra form ulazione del risultato di G odei la seguente: una form ula
valida, cio vera rispetto a tutte le interpretazioni in tutti gli universi non vuoti,

Logica

530

se e solo se pu essere dimostrata nel sistema. In altre parole, il sistema


completo. C om e stato osservato in Deduzione/prova, la com pletezza della
logica del prim ordine uno dei m otivi della plausibilit della tesi di H il
bert, che afferma che la dim ostrabilit nella logica del prim ordine traduce
esattamente la nozione di deduzione. Il teorema precedente detto teorema di
com pletezza di Godei e non deve essere confuso con il teorema dincom
pletezza di G od ei che verr discusso fra poco (questultim o viene spesso citato
semplicemente come
teorema di Godei).
Questi due teoremi sulla logica del prim ordine - quello che afferma che
la validit coincide con la validit nel num erabile (teorema di Lwenheim )
e quello che afferma che la validit coincide con la dim ostrabilit (teorema di
com pletezza di Godei) - sono i teoremi fondamentali, ma c un terzo teorema
che merita di essere citato per le sue m okeplici applicazioni in teoria dei mo
delli. Esso fu dimostrato nella tesi di G od ei come passo prelim inare per la di
mostrazione della com pletezza ed oggi noto come teorema di com pattezza.
Esso afferma che un insieme infinito di form ule possiede un m odello se e solo
se ogni suo sottoinsieme finito ne possiede uno.
U na form ula, o un insieme di form ule, della logica del prim ordine detta
categorica in una potenza (numero cardinale) se tutti i m odelli della form ula in
un universo che abbia quella potenza sono isomorfi. Esistono degli insiemi di
formule che non sono categorici nella potenza aleph con zero (cio, non tutti
i modelh num erabili dellinsieme sono isomorfi), ma che sono categorici nella
potenza del continuo. U n teorema molto importante di teoria dei modelh, che
fu dimostrato soltanto negli anni 60, il teorema di M orley, il quale afferma che,
se una teoria categorica in una qualsiasi potenza non-num erabile, allora ca
tegorica in ogni potenza non-num erabile. Questo teorema, la cui dimostrazione
di straordinaria difficolt, illustra il permanente interesse per la teoria dei m o
delli della logica pura del prim ordine.
M olte applicazioni di questi risultati della teoria dei m odelli sono state fatte
nel campo della teoria degli insiemi e in altre parti della m atematica. U n a di
queste applicazioni - l analisi non-standard - sar descritta pi avanti.
Poich la logica del prim ordine completa, il problem a che si poneva natu
ralmente com e oggetto di successivo studio era: i Principia Mathematica (cio,
la teoria dei tipi) sono completi.?
Questa dom anda pu essere intesa nel modo seguente: possibile dim o
strare n ellam bito dei Principia ogni enunciato che sia vero rispetto allinterpre
tazione che si ha in m ente dei Principiai G odei, tuttavia, trov una versione del
problema in questione che pu essere form ulata nellam bito della teoria pura
della dimostrazione. Se i Principia sono com pleti nel senso semantico ora detto,
allora, poich ogni form ula priva di variabili libere di qualunque tipo (ogni for
mula chiusa) deve essere o vera o falsa n ellinterpretazione data, necessario
che, per ogni coppia A , A form ata da una form ula chiusa e dalla sua nega
zione, almeno uno (e, assumendo la coerenza del sistema, soltanto uno) dei
m em bri della coppia sia un teorema dei Principia. D i conseguenza, si conve
nuto di dire che un sistema completo in senso sintattico se ogni enunciato

?7

531

Logica

(formula chiusa) del sistema decidibile nel sistema, cio, o esso o la sua nega
zione sono un teorema. I Principia sono com pleti in senso sintattico?
Poich contiene soltanto concetti sintattici (come ad esempio dimostra
bile; si osservi che il problema, cosi riformulato, un problem a concernente i
Principia Mathematica in quanto calcolo privo d interpretazione), questa do
manda appartiene alla teoria della dimostrazione nel senso di, H ilbert.
G od ei (con grave disappunto da parte di alcuni e somma gioia da parte
di altri) rispose a questa domanda in senso negativo. In effetti, dim ostr che
nessun sistema coerente e com pleto sufficientemente forte da esprim ere la teoria
dei num eri interi pu possedere un sistema ricorsivo di assiomi. Poich gli
unici insiemi di assiomi che possono essere dati da una procedura effettiva che
consenta di decidere se una form ula appartenga o non appartenga allinsieme
sono gli insiemi ricorsivi, un insieme non ricorsivo di assiomi non costituirebbe
una formalizzazione accettabile. Perci, ci che fu dimostrato da G od ei
che la totalit delle verit matematiche, anche soltanto nellambito della teoria
elementare dei numeri, non pu essere form alizzata.
L o scopo per cui H ilbert aveva originariam ente fondato la teoria della di
mostrazione era quello di dare una dimostrazione di coerenza per i Principia
nel loro complesso (o per qualche altra form alizzazione accettabile della ma
tematica, come ad esempio la teoria degli insiemi di Zerm elo o di Zerm eloFraenkel). G odei, per, infranse anche questa speranza con un altro teorema,
il cosiddetto secondo teorema dincom pletezza di Godei. Esso afferma che
lenunciato numerico o com binatorio che esprime la coerenza dei Principia (in
quanto puro calcolo privo di interpretazione) esso stesso, se i Principia sono
coerenti, un enunciato indecidibile dei Principia. In altre parole, se i Principia
(o qualsiasi altra form alizzazione della matematica sufficientem ente forte da
esprimere la teoria elementare dei num eri) sono coerenti, allora questo fatto
richiede, per essere provato, un sistema ancora pi forte del sistema dato. (Cosi,
se il sistema fosse una form alizzazione della totalit della matematica esistente,
ci vorrebbe un sistema ancora pi forte della totalit della matematica esistente
per provarne la coerenza, e se alla fine trovassimo un tale sistema - cio, un si
stema sufficientemente forte da provare la coerenza, ad esempio, della teoria
degli insiemi di Zerm elo-Fraenkel - ce ne vorrebbe uno ancora pi forte per
provarne la coerenza!)
Il program m a di H ilbert aveva una m otivazione filosofica: una dim ostra
zione di coerenza fnitista per tutta la matematica rum-costruttiva doveva for
nire u n assicurazione contro linsorgenza di futuri paradossi. Il secondo teorema
d incom pletezza di G od ei dice che questo tipo di assicurazione non pu essere
ottenuto : non possibile dimostrare la coerenza della matematica non-costruttiva assiomatizzata con la totalit dei m etodi matematici esistenti, e tanto meno
quindi con i soli metodi finitisti.
(G erhard Gentzen, tuttavia, riusc nel 1936 a dimostrare con m ezzi co
struttivi la coerenza della sola aritmtica mediante un ingegnoso procedim ento
di im itazione costruttiva di un fram m ento d ellaritmetica transfinita cantoriana.
N aturalm ente, tale dim ostrazione richiede m ezzi che non possono, nonostante

L ogica

532

il loro carattere costruttivo, essere form alizzati nella sola aritm etica di Peano).
I
risultati delle ricerche di G odei - dimostrazione della com pletezza della
logica del p iim ordine ; dimostrazione dellincom pletezza della teoria degli in
siemi e dellaritm etica; dimostrazione della non-dim ostrabilit della coerenza
allinterno dello stesso sistema - scossero il mondo logico-filosofico come una
serie di m azzate di un gigante. M a il bello doveva ancora venire!
N el corso di queste ricerche. G odei fu condotto a elaborare la nozione di
funzione ricorsiva generale. N el 1936 Alonzo C hurch enunci quella che doveva
diventare nota come la tesi di C h u rch: la ricorsivit coincide con la computa
bilit. Assum endo questa tesi, C hurch riusc a dimostrare che l aritmetica non
soltanto incom pleta, ma anche indecidibile! In altre parole, non potr mai
esistere un algoritmo che dica quando una form ula del sistema un teorema
e quando non lo . N aturalm ente, se una form ula un teorema, allora possi
bile che si finisca per venire a sapere che lo , qualora ci sim batta in una sua
dimostrazione. M a non esiste nessun m etodo funzionante in ogni caso che pos
sa dire quando una form ula del sistema non un teorema. N on esiste, cio, nes
sun <(procedim ento di decisione per laritmetica di Peano (per non parlare dei
Principia o della teoria degli insiemi di Zermelo).
Peggio ancora, C hurch riusc a dimostrare che non esiste nessun procedi
mento di decisione neppure per la logica del prim ordine! A n che se la logica del
prim ordine com pleta in senso semantico (se una form ula valida, allora
un teorema), non esiste nessun procedimento di non-dim ostrazione che sia
sempre in grado di dire che un non-teorem a un non-teorema.
Questo risultato, noto come teorema di Church, illum ina un aspetto della
storia della logica. Boole, quando present lalgebra booleana, diede un proce
dimento di decisione. Peirce, invece, quando diede alla logica del prim ordine il
nome che porta oggi, omise di dare un procedim ento di decisione (anche se
sembra che fosse convinto che non sarebbe stato diffcile darne uno). Analoga
mente, Frege, cos come Russell e W hitehead, diede degli assiomi e delle regole
di dimostrazione, ma non un procedim ento di decisione. Ora noto perch le
cose andarono cos: lalgebra booleana decidibile, m entre la logica del prim or
dine non lo ! Questi risultati possono essere riassunti sotto form a di tabella:
Algebra booleana
L ogica del prim ordine
Aritm etica (teoria dei numeri)

Com pleta
Com pleta
Incom pleta

D ecidibile
Indecidibile
Indecidibile

D opo questo periodo classico (che dura fino alla fine degli anni 30) lin
teresse dei logici com inci a focalizzarsi su due problem i nati insieme con la
teoria degh insiemi moderna:
1) I l problema del continuo di Cantor: la potenza del continuo la pi pic
cola potenza infinita immediatamente successiva alla potenza del num e
rabile ?
2) L assioma della scelta compatibile con gli altri assiomi della teoria de
gli insiemi? indipendente da essi?

533

Logica

A tale proposito compare di nuovo in evidenza il nome di K u rt G odei. N el


1938 G odei dimostr che la teoria di Zerm elo-Fraenkel, se coerente, allora
rimane coerente anche dopo l aggiunta dellassioma della scelta e dellipotesi
generalizzata del continuo (che afferma che l insieme potenza di un insieme
infinito ha la pi piccola potenza im m ediatam ente successiva a quella dellin
sieme stesso). Poich la potenza del continuo coincide con la potenza dellin
sieme di tutti i sottoinsiemi dellinsieme dei num eri interi, questo risultato d
una risposta parziale ai problem i i) e 2): l ipotesi del continuo - cio, laffer
m azione che la potenza del continuo la pi piccola potenza infinita im m e
diatam ente successiva a quella del numerabile - almeno compatibile con la
teoria degh insiemi, compreso l assioma della scelta. U lteriori progressi in
questo campo dovettero attendere fino al 1961, quando Paul C ohen dimostr
che lipotesi del continuo indipendente dalla teoria degli insiem i - cio, che
anche la risposta negativa al problem a di Cantor com patibile con la teoria
degli insiemi - e che anche la negazione dell assioma della scelta com patibile
con la teoria degli insiemi.
Questi risultati di G odei [1940] e di Cohen [1966] pongono profondi e scon
certanti problem i allepistem ologo della matematica. Bisogna dunque conclu
dere che lipotesi del continuo non ha un vero valore di verit.? C he dipende
soltanto da noi stipularne la verit o la falsit? O ppure che in questo caso la
verit matematica inconoscibile} O si potranno forse trovare dei nuovi assiomi
che siano evidenti (come m olti dicono che sia lassioma della scelta) e che
consentiranno di decidere lipotesi del continuo? E dove si potranno trovare que
sti nuovi assiomi e come sar possibile giustificarli epistem olgicam ente ?
A questo punto i progressi della logica moderna diventano cosi vasti e
rapidi che sarebbe inutile continuare a tentare di riassumerli. A lla teoria delle
funzioni ricorsive dedicato un apposito articolo di questa Enciclopedia (Ricorsivit). L a scoperta di Tarski che il concetto di verit per un linguaggio
form alizzato pu essere definito con precisione senza usare nozioni filosofiche
di nessun tipo, m a che la definizione ha bisogno di una teoria degli insiemi
pi forte di quella del linguaggio originale ha avuto un impatto enorme sulla
filosofia analitica. E bisogna aggiungere che praticam ente tutti questi grandi
teorem i della logica moderna hanno richiesto per essere dimostrati non soltanto
una notevole ingegnosit matematica, ma anche unenorme creativit, perch
ciascuno di essi ha com portato linvenzione di una tecnica m atem atica com ple
tamente nuova che diventata, in tutti i casi, il punto di partenza fondamentale
di tutta una nuova disciplina matematica.

II.

I l paradosso di Skolem.

Skolem, nel 1922, mise in rilievo un certo num ero di conseguenze para
dossali del teorema di Lw enheim -Skolem . Poich hanno ancor oggi un certo
interesse filosofico, se ne tratter brevemente.
O ccorre anzitutto ricordare la definizione di insieme non-num erabile : un

Logica

534

insieme S non-num erabile se infinito e se non pu essere messo in cor


rispondenza biunivoca con linsieme dei numeri interi. In sim boli, questa de
finizione si esprime scrivendo:
(i)

~ ( R) {R uno-uno A II dominio di R c N A II codominio di R S ),

dove N linsieme dei num eri interi e 'Il dominio di R c N u n abbreviazione


di (x )(j)(R x ' N x).
Sia S l insieme di tutti i num eri reali. Allora, la ( i) sar un teorema (che
si dimostra con il famoso ragionamento diagonale di Cantor) in ogni teoria
degli insiemi formalizzata. Q uindi, la nostra teoria degli insiem i formalizzata
dice che un certo insieme, e cio S, non-num erabile. Q uindi, S deve essere
non-num erabile in tutti i m odelli della teoria degli insiemi. Quindi, la teoria
degli insiem i (ad esempio, Z F (la teoria degli insiemi di Zerm elo-Fraenkel))
ha soltanto modelli non-num erabili. M a questo im possibile! Perch, per il
teorema di Lw enheim -Skolem , nessuna teoria pu avere soltanto m odelli non
num erabili, in quanto, se una teoria ha un modello non-num erabile, allora de
ve anche averne uno numerabile. Contraddizione.
L a soluzione di questo apparente paradosso non difficile, come osserv
lo stesso Skolem . L a ( i) dice che S non-num erabile (cio, la ( i) vera
se e solo se S non-num erabile) quando il quantificatore '( R ) interpretato
come variabile sopra tutte le relazioni. M a quando si sceglie un modello nu
merabile per il linguaggio della teoria degli insiemi, ' (R ) non varia sopra tutte
le relazioni, ma soltanto sulle relazioni del modello. L a ( i) dice soltanto che
S non-num erabile in un senso relativo, cio nel senso che S non pu essere
messo in corrispondenza biunivoca con N (o con un sottoinsieme di N ) da nes
suna R del modello. E un insieme S pu essere non-numerabile in questo
senso relativo e tuttavia essere num erabile nella realt. C i accade quando
esistono corrispondenze uno-uno fra S e N , ma tutte fuori del m odello dato.
Se questo dimostra che il paradosso di Skolem non una vera antinomia
(a differenza del paradosso di Russell), sorgono per dei difficili problem i filo
sofici. Se qualunque teoria si accetti, com unque form alizzata, non riesce ad
eliminare le interpretazioni indesiderate in cui lintero universo numerabile
(e in cui, a fortiori, insiemi paradigmaticamente non-num erabili come il con
tinuo sono in realt numerabili), allora chiaro che la nostra idea di ci che si
gnifica per i num eri reali essere non-num erabili non viene colta dalla nostra
form alizzazione. C om e osserv Skolem , gli assiomi non possono fissare da soli
linterpretazione voluta delle nozioni matematiche, contrariam ente a quanto
sembrano credere m olti matematici.
Questa osservazione pu spingere un filosofo della m atem atica lungo vie
diverse. Se incline al platonismo, la prender come prova del fatto che lin
telletto ha dei poteri misteriosi di cogliere i concetti che i filosofi e gli scienziati
di im postazione naturalistica non riusciranno mai a spiegare. Se invece incline
a qualche specie di verificazionismo (cio, a identificare la verit con la verifi
cabilit, piuttosto che con una delle nozioni classiche di corrispondenza con
la realt), risponder: Ci privo di senso! L unica cosa che il "paradosso

33

535

Logica

dimostra che la com prensione da parte nostra dellenunciato 'I num eri reali
sono non-num erabili consiste nel sapere che cosa significhi per esso essere di
mostrato e non nel "cogliere un "m od ello . In breve, le due posizioni estre
me, il platonism o e il verificazionism o, sembrano trarre conforto dal paradosso
di Skolem ; soltanto la posizione moderata (che tenta di evitare le misteriose
percezioni degli oggetti matematici pur mantenendo la nozione classica
di verit-com e-corrispondenza-con-la-realt) viene a trovarsi in seria difficolt.
I
m odelli del tipo di quelli che compaiono nel paradosso di Skolem (in cui
r insieme di tutti i sottoinsiemi di un insieme dato allinterno del modello non
coincide con linsieme di tutti i sottoinsiemi dellinsieme visto dall esterno)
svolgono un ruolo importante nella teoria dei m odelli. N on soltanto esistono
m odelli in cui un insieme che non-num erabile in senso interno invece in
realt numerabile, ma esistono anche m odelli in cui accade il viceversa; un
insieme che numerabile in senso interno pu invece in realt essere non
numerabile!

12.

I l calcolo infinitesimale e l analisi non-standard.

Quando invent il calcolo differenziale, L eibn iz pensava ad esso com e a u n a


ritm etica degli infinitesimi, che per lui erano quantit infinitamente picco
le, ma tuttavia non uguali a zero. Per pi di duecento anni i m atem atici fecero
uso degli infinitesimi e m olti teoremi importanti furono dimostrati per la prima
volta effettuando dei calcoli sugli infinitesimi. N onostante il fatto che si trat
tasse di un modo di ragionare molto attraente, sembrava tuttavia che dovesse
contenere una profonda contraddizione. Cosi, per derivare la funzione
alla L eibn iz si dovrebbe scrivere;
(I)

dy = {x+
{x+dxYx
d x)'
^ = x^ + 2xdx-{-dx^ x^ = 2xdx-\-dx^

da cui
(2)

dy
-r =
dx

2x-^dx

e, ponendo dx = o.
dy
(3)

dx~ ^ ^ '

M a, come Berkeley osserv sprezzantemente, o dx h uguale a zero, oppure


non uguale a zero. Se dx = o, allora la divisione per dx nella (2) non am
missibile. Se invece dxj^o (e in effetti deve esserlo, perch si suppone che
gli infinitesimi siano infinitamente piccoli, ma non uguali a zero), allora non
lo si pu porre uguale a zero. Perci, la stessa nozione di quantit non-nulla
(e positiva) che sia infinitamente piccola sembra essere assurda.
Recentemente, tuttavia, si rivelato possibile, usando le tecniche della lo
gica matematica, aggiungere al sistema dei num eri reali ordinari certi elementi

Logica

536

ideali che svolgono esattamente il ruolo degli infinitesimi. Inoltre, molte


operazioni del calcolo infinitesimale che sono estremamente com plicate quan
do si usa il metodo dei limiti possono essere effettuate con rapidit e sempli
cit quando si usa l analisi non-standard, come viene chiamato questo si
stema contenente gli elementi ideali. Infine, nuove scoperte m atem atiche sono
state fatte usando l analisi non-standard (lesempio pi sensazionale la
teoria di Bernstein-Robinson dei sottospazi invarianti degli spazi lineari di di
mensione infinita che ha definito una questione rimasta aperta per m olti anni).
A tu ttoggi questa l applicazione pi notevole della logica matematica alla
matematica ordinaria .
Innanzitutto, la contraddizione proclamata da Berkeley nella stessa nozio
ne di infinitesimo va precisato. Si pu dimostrare (come si vedr) che esisto
no estensioni del sistema num erico standard contenenti elem enti ideali infi
nitamente vicini a zero, cio tali che o < d x ma d x < i 2 , d x < i ^ , x < i/ 8 , ...,
ecc. L aggiunta di questi elementi ideali ai num eri reali fatta nello stesso
spirito della costruzione del sistema dei num eri complessi o dellintroduzione
dei punti allinfinito in geom etria proiettiva (si ricordi che il nome dato alla
radice quadrata di i - numero immaginario - indicava un tempo una certa
dose dincredulit circa la sua esistenza).
Il calcolo attaccato da Berkeley , in effetti, un orrore. In questo Berkeley
aveva perfettam ente ragione (e le sue critiche furono molto importanti). Pu
essere per corretto: nell analisi non-standard non si dice che dyjdx uguale a
z x nel caso della funzione y = x'^, ma che dyjdx infinitamente vicino a 2X.
Se un num ero z del sistema num erico esteso infinitamente vicino a un nu
mero standard z * , si dice anche che z * hiparte standard di z (in analogia con
la parte reale di un numero complesso). Se z * la parte standard di z, al
lora z = z * + u , dove M un infinitesimo. S introduce poi la notazione xPny
per indicare che x infinitamente vicino a j (cio, | x infinitesimo). L a
derivazione di y = x'^ nellanalisi non-standard assumer allora questa form a:
(4)

(x+ iix)2 x^ =

(per ifx infinitesimo)

= x^ + zxdx + dx^x' =
=

zxdx + dx"^.

M a d x ^ o , e si pu quindi dividere per dx ottenendo:


dy

Poich dx infinitesimo, la (5) dice che:

( 6)

~ ^

dx

2X,

cio 2x la parte standard di dyjdx.


L unica differenza con il procedere dei matematici del x v ii e del x v in se
colo consiste nel dire che d yjdx^ zx e non che dyjdx = zx.

537

Logica

Questo soltanto un accenno dellidea che sta alla base dellanalisi non
standard. Il difficile sta nel portarla avanti. C om e osserva M artin D avis: Non
c nessuna difficolt nel problem a puramente algebrico di im m ergere i numeri
reali in un campo contenente degli infinitesimi (cio in quello che in linguag
gio algebrico chiamato un campo ordinato non-archimedeo). L e difficolt sor
gono per non appena si ha a che fare con le funzioni trascendenti. Cosi, per
derivare alla L eibn iz la funzione sin x, si sarebbe tentati di scrivere:
sin {x + d x ) s,nx = sinx{co& dx i ) + co s x n d x ,
dove dx infinitesimo. M a scrivere ci presuppone non soltanto che il seno
sia stato definito per i num eri della form a "reale pi infinitesim o , ma anche
che lo si sia fatto in modo che continui a valere la form ula di addizione per il
seno. questo il problem a di cui tiene le chiavi la logica moderna (pi preci
samente, la teoria dei modelli).
L eibn iz postulava un sistema di num eri che avesse le stesse propriet dei
numeri ordinari, ma che com prendesse gli infinitesimi. L a derivazione di sin x
nel modo discusso in precedenza non gli poneva perci nessun problem a. T u t
tavia, la posizione di L eibn iz apparentemente assurda, in quanto i numeri
reali ordinari posseggono almeno una propriet di cui non gode l estensione da
lui auspicata, e cio che fra di essi non vi sono infinitesimi.
Questo paradosso pu essere evitato specificando un linguaggio form ale
nel senso della logica moderna (cio, un linguaggio spietatam ente preciso,
come lo sono i linguaggi di program m azione dei calcolatori). Il principio di
L eib n iz pu allora essere reinterpretato nel m odo seguente: esiste unestensione
dei numeri reali che contiene degli elementi infinitesimi e che possiede le stesse pro
priet dei numeri reali che possono essere espresse nel linguaggio formale dato. Se
ne conclude che la propriet di essere un infinitesimo non pu essere espres
sa in tal modo o, come si usa dire, che linsieme degli infinitesimi un insieme
esterno)') [1977, p. 2].
A nche se l analisi non-standard fu creata da Abraham Robinson negli anni
60, gli strumenti di base della teoria dei m odelli usati nella costruzione co
minciano con i (ma vanno m olto al di l di essi) classici teoremi di G odei.
Si consideri un linguaggio form alizzato L adeguato alla form alizzazione della
matematica. (Ad esempio, L potrebbe essere Z F , la teoria degli insiemi di
Zerm elo-Fraenkel). Si aggiunga a L un nuovo simbolo a e si considerino i se
guenti assiomi:
a)

Assiom i di Z F (o di qualunque altro sistema equivalente) :


a un num ero intero
a^o
a j i

a^2

(un assioma della form a a ^ n per ogni n).

Logica

538

possibile derivare una contraddizione (nel senso sintattico di una dimo


strazione di contraddizione) dallinsieme di assiomi a )? L a risposta no. In
fatti, una dim ostrazione form ale (per definizione) finita. Perci, una dimo
strazione di contraddizione farebbe uso soltanto di un num ero finito degli as
siomi precedenti. M a i prim i n assiomi sono coerenti per ogni n, come si vede
facilmente. Perci, lintero insieme coerente (nel senso sintattico detto sopra).
M a un insieme coerente ha un modello (per il teorema di com pletezza di
Godei). Q uindi, linsieme a ) ha un modello. (Avrem m o anche potuto usare il
teorema di com pattezza: poich ogni sottoinsieme finito di a ) ha un modello,
ne segue che a ) ha un modello). M a in ciascuno di questi m odelli, l oggetto
denotato con 'a sar un elemento ideale e non un numero intero standard: in
fatti, a (dal punto di vista interno, cio servendosi del m odello dato per
interpretare il linguaggio form alizzato) un numero intero e tuttavia a di
verso da o, I , 2, ..., cio da ogni numero intero standard (naturalmente, la
propriet di essere un numero intero standard non esprim ibile nel linguag
gio rispetto a questa interpretazione).
M a nel m odello ci sar anche un inverso i ja di a (perch L richiede che
ogni num ero intero abbia un inverso razionale) e, poich a > o , a > i , a > 2 , ...
ne segue che i / a > o e che i/ a < i/ 2 , i/ a < i/ 4 , i/ < i/ 8 , ..., cio che ija un
razionale infinitesimo e si cosi riusciti a costruire un m odello di L contenente
degli infinitesimi.
L effettiva costruzione di un m odello per lanalisi non-standard che goda
delle propriet richieste un po pi com plicata di quella delineata sopra. Q uel
lo che colpisce, per, come un risultato che non ci sarebbe speranza di di
mostrare con le tecniche algebriche usuali - l esistenza di u n estensione non
archimedea del sistema num erico standard che soddisfi a tutti i teoremi di Z F
(o di qualunque altra teoria matematica) - sia una conseguenza immediata del
teorema di com pletezza di G odei e del teorema di com pattezza.

13.

L a filosofia della matematica.

M i stato suggerito di com inciare questo paragrafo dando una descrizione


delle principali tendenze recenti della filosofia della matematica. H o invece de
ciso di com inciare con il tema perch niente funziona. N on faccio per que
sto per puro capriccio: spiegare com e e perch apparentem ente niente fun
zioni , cio come e perch ogni filosofia sembri fallire quando arriva il momento
di spiegare il fenom eno della conoscenza matematica, com porter infatti dire
qualche cosa su ciascuna delle principali tendenze recenti. E servir anche, pa
radossalmente, a indicare perch la filosofia della m atem atica sia un campo
cosi cruciale per la filosofia. Se esiste una cosa come il progresso filosofico
- e devo confessare con fede inconcussa che per me questa non una chimera allora esso determinato dal concentrare lattenzione dei filosofi su aree e pro
blem i nei confronti dei quali le loro idee favorite vanno in crisi, aree in cui
sembra che niente funzioni. N on si faranno dei passi avanti rispetto al pre

539

Logica

sente stato della discussione filosofica discutendo ancora una volta se esistano
o no dei canoni del m etodo scientifico o tirando fuori gli esempi familiari
dalla storia della fisica; si pu raggiungere un nuovo livello di discussione sol
tanto prendendo sul serio lidea che ci sono dei problem i reali per tutte le opi
nioni correnti e nessunarea pi adatta a renderci consapevoli di questo
fatto della filosofia della matematica.
13.1. Il logicismo.
Il logicism o, cio l opinione che la matematica logica travestita e che
questo il motivo della sua infallibilit, sembra essere defunto per quel che
concerne l esistenza di attuali sostenitori. T u ttavia, si dim entica spesso che dal
logicism o venuto fuori qualcosa che ha un valore im perituro. N on star qui
a ripetere le obiezioni al logicism o - la necessit di ampliare la nozione di
logica , e cosi via - ma far invece la seguente osservazione : dopo le ricerche
di Frege e di Russell siamo molto pi consapevoli di quanta m atem atica possa
essere fatta nei sistemi logicistici costruiti per codificare la logica deduttiva. I
filosofi che considerano logica la logica del secondordine - e alcuni ce ne sono direbbero che tutta la m atem atica ordinaria pu essere form alizzata allinterno
della logica (perch pu essere form alizzata nella logica del second ordine), an
che se non sosterrebbero che ci renda pi facile l epistem ologia della m ate
matica (semmai la rende pi diffcile!), mentre, anche se si segue quella che sem
bra essere la moda pi diffusa e si lim ita il term ine 'logica all ambito della lo
gica del prim ordine, bisogna com unque ammettere che gran parte di quella
che ogni matematico riconoscerebbe come matematica pu essere codificata
allinterno della logica. A d esempio, tutta la teoria dei gruppi del prim ordine
non altro che un fram m ento della logica del prim ordine. Forse tutti i filosofi
analitici ammettono oggi che la natura della verit logica e la natura della
verit matematica costituiscono un unico problem a, e non due - e questo fatto
costituisce gi di per se stesso una vittoria del punto di vista di Russell, la cui
conclusione pi moderata era che per il futuro non sarebbe pi stato possibile
tracciare una linea netta fra la logica e la matematica. (Russell cam bi la sua
opinione un certo numero di volte, ma originariamente non credeva che la ri
duzione della matematica alla logica dimostrasse che la matematica fosse ana
litica - a difi^erenza di Frege, che ci credeva, anche se usava una nozione di
analiticit diversa da quella di Kant).
13.2. Il positivism o logico.
Per un certo numero di anni i positivisti logici resero popolare lopinione
secondo cui le verit m atematiche sono tali soltanto in virt delle regole del
linguaggio. (Anche se critica la nozione di convenzione, W ittgenstein sem
bra aver sostenuto una variante di questo punto di vista). Se si prende per
regola del linguaggio qualche cosa di simile a una convenzione (prendendo
come modello di convenzione ci che viene stipulato esplicitamente), allora que-

Logica

540

sto punto di vista va incontro a una difficolt che fu segnalata indipendente


mente da W ittgenstein e da Q uine: le verit della logica (e della matematica)
sono infinite, m entre le stipulazioni esplicite sono sempre in num ero finito. C o
si, la frase 'L e verit logiche sono vere per convenzione non pu significare che
esse sono individualmente vere per convenzione (un atto di stipulazione per cia
scuna verit logica), ma pu soltanto significare che esse seguono da delle con
venzioni, cio che le verit logiche (matematiche) sono vere per convenzione nel
senso che sono le conseguenze logiche di convenzioni. L uso della nozione di con
seguenza logica rende per una tale spiegazione della verit logica inficiata da
un circolo vizioso.
Per evitare questa difficolt, sembra che W ittgenstein abbia sostenuto che il
modello di convenzione debba essere sostituito dal m odello di una semplice
pratica comportam entistica, di una forma di vita. M a quale potrebbe essere
questa pratica? Per sostenere la sua opinione che le verit logiche e matemati
che non hanno alcun contenuto descrittivo, la pratica dovrebbe consistere nel
sostenere che certe verit sono assolutamente im m uni da revisione. Questa
spiegazione, se supera la precedente obiezione (perch una pratica, come unabi
tudine, pu essere generale ; il sostenere che infinite verit sono im m uni da revi
sione pu essere il risultato di un numero finito di abitudini), sembra per es
sere una distorsione dell effettiva pratica matematica. Si consideri, ad esempio,
laffermazione che un sistema logicistico coerente. Ora, non si sostiene che una
tale affermazione assolutamente im m une da revisione. In effetti, per quanto
buona sia la mia dimostrazione di coerenza, sar costretto ad abbandonare
laffermazione che il sistema coerente se mi accadr di derivare effettivamente
una contraddizione. Cosi, l osservazione che un calcolo ha effettivamente un certo
risultato ha un certo carattere di fatto bruto (in qualche m odo analogo al
carattere di un enunciato relativo a unosservazione nelle scienze empiriche)
che gli consente perfino, in certe circostanze, di superare (o dim porre una
modificazione n ellenunciazione dei) i principi generali m eglio attrezzati. Il
fatto che c un certo elemento sintetico almeno nella m atematica combi
natoria, ed l incapacit di darne conto in term ini di regole del linguaggio che
li rende in definitiva sem plicem ente incredibili. D altro lato, una volta stabilito
che esiste almeno un fatto matematico che non una sem plice nostra stipula
zione (e neppure una nostra forma di vita) - ad esempio, quello che la coe
renza delle nostre stipulazioni/pratiche non essa stessa n una stipulazione n
una pratica - allora le spiegazioni logico-positiviste/wittgensteiniane della ve
rit logica e matematica fanno im m ediatam ente bancarotta.
13.3. Il formalismo.
I
formalisti non tentarono in realt di fornire u n epistem ologia della logica
e neppure u n epistem ologia della matematica com binatoria nitista. Sem bra
che H ilbert pensasse che la prim a fosse troppo evidente per aver bisogno di
unepistemologia, m entre la seconda tratta le propriet di oggetti concreti (se
gni sulla carta) che sono parimenti cosi evidenti da aver bisogno di poca o nulla

S4 I

Logica

discussione epistemologica. Erano la teoria degli insiemi e la m atematica non


costruttiva che avevano bisogno di un p o di commenti, e il com m ento di H il
bert era che queste sono soltanto estensioni ideali (e di per se stesse prive di
significato) della matematica reale (finita e combinatoria).
M entre molte delle obiezioni al formalismo sono ben note (e non le si ri
prender in esame qui), c una difficolt che non molto nota e che merita
una breve esposizione.
Questa difficolt nasce dal fatto che le locuzioni della teoria degli insiemi
sono usate sia negli enunciati em pirici sia in quelli matematici. S i supponga,
ad esempio, che io dica: 'N ella galassia A ci sono tante stelle quante ce ne sono
nella galassia B . N ellinterpretazione pi naturale, ci significa che esiste una
corrispondenza biunivoca fra le stelle della galassia A e le stelle della galassia B .
Ora, si supponga che lenunciato sia vero. Allora, in base a una concezione
realista della verit, deve esserci qualche cosa che lo rende vero - e lovvio can
didato per il qualche cosa proprio la corrispondenza biunivoca (o una qual
siasi di esse, dal momento che ce ne saranno molte). M a se gli oggetti come gli
insiemi, le relazioni, le corrispondenze biunivoche, ecc. sono soltanto delle
finzioni, allora questo qualche cosa (o questi qualche cosa) in realt non
esistono. Perci, in fin dei conti, non esiste in realt un qualche cosa che
rende vero l enunciato vero. E allora, come fa a essere vero?
In breve, il formalista sembra proprio essere una specie di nominalista filo
sofico - ed opinione com une che il nominalismo inadeguato allanalisi del
discorso em pirico. Anche u n affermazione cosi semplice com e 'L a distanza
dellelettrone A dal protone B uguale a d sarebbe difficile da spiegare per un
nominalista/formalista. Se i numeri sono segni sulla carta, allora lenunciato pre
cedente dice che due particelle elementari stanno in una certa relazione con
alcuni segni sulla carta? Quale relazione? (U n operazionista estremo potrebbe
non essere messo in im barazzo da questa domanda, ma le difficolt dellopera
zionismo nella filosofia delle scienze em piriche sono decisive e verrebbero ere
ditate dal formalismo se il formahsta si avviasse su una via operazionista).
13.4. Il platonismo.
A causa delle difficolt della spiegazione formalistica e di quella logico
positivistica, non sorprendente che ci sia stato un certo revival del realismo sia
nella filosofia della matematica sia nella filosofia delle scienze em piriche. Q ue
sto revival anche in parte la conseguenza di una certa impressione che la
spiegazione formalistica e quella logico-positivistica abbiano poco a che fare con
l effettiva pratica matematica. Hao W ang la esprime molto bene nel suo From
Mathematics to Philosophy [1974]. A chi lavora in teoria degli insiemi non sembra
affatto che gli assiomi della teoria degli insiemi - gli assiomi che descrivono il
cosiddetto concetto iterativo di insieme - , compresi il rim piazzam ento e la
scelta, siano in alcun modo n privi di significato n mere convenzioni.
Quanto pi si lavora in teoria degli insiemi, tanto pi sembra di essere costretti
ad accettarli, come dice W ang. Il problem a quello di trovare una spiega

Logica

542

zione che giustifichi questa impressione di essere costretti ad accettare par


ticolari assiomi.
L a spiegazione realista pi sem plice quella proposta da K u rt Godei.
Secondo G od ei gli oggetti m atematici esistono veram ente e la mente umana
possiede una facolt, distinta ma non completamente diversa dalla percezione,
mediante la quale acquisisce u n intuizione sempre m igliore del comportamento
degli oggetti matematici.
L a difficolt di questo tipo di platonismo consiste nel fatto che esso sembra
essere palesemente incom patibile con il sem plice fatto che noi si pensa con i no
stri cervelli e non con delle anime immateriali. G odei avrebbe respinto questo
semplice fatto , come lho ora descritto, considerandolo da parte mia un mero
pregiudizio naturalistico, ma a me pare che questo fosse un rozzo medievalismo
da parte sua. N on necessario essere un teorico dellidentit nella filosofia
della mente (cio, uno che crede che le sensazioni, le intuizioni e le percezioni
coincidano con degli eventi cerebrali) per riconoscere le difficolt insite nel tipo
di dualismo in cui credeva G odei. N on possibile im m aginare nessun tipo di
processo neurale che possa anche soltanto corrispondere alla percezione di un
oggetto m atematico . E se si sostiene che gli eventi mentali (come quello di in
tuire un nuovo fatto matematico) non possono neppure corrispondere ad eventi
cerebrali (che la posizione di G odei come io la capisco), allora come spiegare
il ruolo importante che si sa che il cervello svolge nella percezione ordinaria,
per non parlare della memoria, dei processi linguistici, ecc. ? L idea che il cervel
lo sia un dispositivo cibernetico che im m agazzina le inform azioni, che eflie ttua
dei calcoli su quelle inform azioni e che controlla il corpo - il tutto senza interfe
renze da parte di una misteriosa anima - basata su una grande quantit di
progressi com piuti in una m ezza dozzina di scienze. D ire, com e ho fatto, che
noi si pensa con i nostri cervelli , non mi pare sia naturalismo pedissequo dopo
trecento anni di progressi in fisica e in biologia (per non parlare di scienze pi
recenti). A m e pare che G odei cercasse di rifugiarsi nelle idee tradizionali per
difficolt di trovarne delle nuove che consentissero di spiegare il fenomeno del
la conoscenza matematica, ma non posso credere che la soluzione verr da un ta
le ritorno al passato.
13.5. L olismo.
L argomento contro il formalismo esposto in precedenza - e cio, quello che
il formalismo/nominalismo inadeguato per le necessit ontologiche delle scien
ze empiriche - non com pare nellopera di Quine esattamente nella forma in
cui stato enunciato, ma nello spirito di gran parte dei suoi scritti. Q uine ha
sempre sostenuto che la matematica non deve essere considerata di per se
stessa, ma com e una parte del corpus totale della scienza e che la necessit
della quantificazione sopra gli oggetti matematici (Quine direbbe la quantifi
cazione sopra gli insiemi), se si vuole avere un linguaggio abbastanza ricco per
le necessit delle scienze em piriche, la maggior ragione possibile per fare la
posizione (posit), ad esempio, degli oggetti materiali. Per Q uine gli insiemi

543

Logica

e gli elettroni sono simili in quanto oggetti che occorre postulare se si vuol fare
la scienza com e la si fa oggi. Forse in futuro verr trovato qualche altro modo
di far scienza, e allora la nostra filosofia cambier a mano a mano che cambia
la nostra scienza.
Questa specie di pragm atism o olistico attraente in quanto i) riconosce
ci che i logicisti furono per lungo tem po i soli a sostenere, e cio che bisogna
tener conto deiruso delle locuzioni m atematiche non soltanto negli enuncia
ti della m atematica pura, ma anche in quelli em pirici; e 2) fornisce un buon
m otivo per essere realisti circa l esistenza degli insiemi senza postulare m iste
riose anime immateriali n misteriose facolt di percepire gli insiemi o gli altri
oggetti matematici. Esaminandolo pi da vicino, per, anchesso va incontro
a serie diflcolt. Quine sem bra dire che la scienza nel suo complesso una grande
teoria esplicativa e che la teoria giustificata nel suo complesso per la sua capa
cit di spiegare le sensazioni. A nche se si pensa che il riduzionism o di Quine
(cio, la sua insistenza sul fatto che tutti gli oggetti matematici devono essere
identificati con insiemi) non sia in realt una conseguenza necessaria del suo
olismo, ma che si tratti di una sua idea personale, lidea che l attivit del ma
tematico consista nel portare dei contributi a uno schema per spiegare le sen
sazioni non sembra andare afi^atto daccordo con la pratica m atematica. Che
cosa hanno a che fare con la spiegazione delle sensazioni laccettazione o la non
accettazione dell assioma della scelta (o di un principio che si sa essere coerente
ma che non viene accettato come l assioma 'V = L che G od ei propose una vo l
ta, ma che in seguito abbandon) ?
13.6. Il realismo quasi-em pirico.
M i sembra che la spiegazione di Quine sia troppo attraente per poterla sem
plicemente gettare a mare, a causa della difficolt sopra segnalata, perch es
sa indica una direzione in cui ci si pu m uovere per essere realisti senza esse
re metafisici. Cosi, ho cercato recentemente (in What is Mathematica! Truth
[1975]) di elaborare una spiegazione che potrebbe essere chiam ata realismo
quasi-em pirico e che apporta fondam entalm ente due m odificazioni alla spie
gazione olistica.
L a prim a modificazione consiste n ellaggiungere i fa tti combinatori alle
sensazioni come cose p er le quali si vuol che ci siano dei teoremi matematici
che le spieghino e che le sussumano sotto leggi generali. Il principio d in
duzione matematica, ad esempio, sta con il fatto che u n pastore, quando conta
le sue pecore, ottiene sempre lo stesso num ero (se non ha perso o acquistato
delle pecore e se non sbaglia a contare) qualunque sia lordine in cui le conta,
nella stessa relazione in cui una qualsiasi generalizzazione sta con un suo caso
particolare (il fatto che una collezione finita riceva la stessa conta qualunque
sia lordine in cui viene contata equivalente al principio dinduzione m ate
matica). L a gente possiede la capacit di osservare i fatti com binatori e di ge
neralizzarli. Se la scienza em pirica , come dice Quine, un campo che am
mette come condizioni al contorno lesperienza , allora perch non si potrebbe

Logica

544

considerare la scienza m atematica come un campo che ammette come condizioni


al contorno i fatti combinatori che possono essere effettivam ente rilevati dalla
calcolatrice m entale (o cervello)?
Questidea non costringe ad abbracciare lopinione di M ill secondo cui un
principio com e il principio dinduzione matematica riconosciuto vero per
induzione baconiana. Infatti, come osserva W ittgenstein, la spiegazione di
M ill (W ittgenstein non lo cita per nome, ma chiaro che si riferisce a lui)
pu essere corretta come descrizione del m odo in cui ci si convinti per la pri
ma volta di una certa form a di verit matematica (ad esempio, dei fatto che il
numero cardinale delle pecore non dipende dallordine in cui le si conta), senza
essere corretta come descrizione dello stato presente di quella verit. D altro la
to, come osserva Quine, si pu ammettere che un principio come il principio
d induzione matematica ha uno status speciale - per cui occorrerebbe qualche
cosa di virtualm ente inim m aginabile per costringere a rivederlo (come la sco
perta di una contraddizione nella teoria del prim ordine dei num eri naturali?) senza concedere che questo status sia quello che W ittgenstein chiama regola
di descrizione (cio, Vanaliticit, anche se W ittgenstein non usa questo ter
mine). U n realista quasi-em pirico sofisticato pu concedere che le verit
matematiche raggiungano lo status di essere a priori rispetto al nostro corpo
di conoscenze , come alcune leggi fisiche, senza concedere che questo status
sia lo stesso dello status di regola dei positivisti. Si pu essere empiristi senza
essere n m illiani n positivisti.
L idea che nella matematica pura ci sia qualche cosa di analogo al ragiona
mento em pirico stata sostenuta anche da Lakatos e perfino da G odei, che era
troppo sofisticato per pensare che tutto ci che contenuto n ell autoeviden
za, nella plausibilit matematiche siano degli atti di percezione. Il fatto
che due filosofi cosi radicalm ente lontani sulle questioni fondamentali come
Quine e G od ei siano stati indotti a riconoscere la presenza nella matematica
pura di un tale elemento - di un elemento, cio, che assomiglia al ragionamento
ipotetico-deduttivo delle scienze em piriche - certam ente singolare e sug
gestivo.
Quine am m ette che anche nelle scienze em piriche vi sono delle conside
razioni, diverse dalla predizione delle sensazioni, che svolgono un ruolo im por
tante. E gli parla di conservatorismo - del desiderio, cio, di mantenere prin
cipi che sono stati per lungo tempo centrali in quel campo - e di sem pli
cit - che occasionalmente ci spinge a sfidare il conservatorism o quando un
cambiam ento radicale che si produce al centro porta a sem plificazioni di vasta
portata d ellintero sistema.
L a seconda modificazione che propongo di fare alla spiegazione di Quine
di aggiungere un terzo vincolo non sperimentale ai suoi due vincoli costituiti
dalla semplicit e dal conservatorismo (naturalmente questi non sono in
realt dei vincoli singoli). Il vincolo che voglio aggiungere questo: l accordo
con le intuizioni matematiche, qualunque sia la loro fonte.
Secondo la mia opinione, le intuizioni matematiche non sono miste
riose percezioni degli oggetti matematici, n hanno u n unica fonte. L a spie

545

Logica

gazione di M ill-W ittgenstein - secondo cui linduzione matematica (sotto la


forma del principio del conto delle pecore ) partita come induzione baconiana per essere poi elevata a uno status diverso mi sembra giusta per l indu
zione matematica, ma non per la teoria degli insiemi. L o stesso Q uine d una
spiegazione plausibile dellorigine dell autoevidenza degli assiomi di com pren
sione della teoria degli insiem i (che dicono, se si ignora il problem a di evitare il
paradosso di Russell, che ogni condizione determina un insieme). In Ontological
Relativity [1969], Quine osserva che la quantificazione sulle lettere predicative
compare nel linguaggio naturale del tutto inconsciamente come puro espe
diente per evitare la ripetizione inelegante d intere espressioni predicative.
In effetti, luso di quelle che Quine chiama classi virtuali (cio, astrazioni di
classi che possono essere facilm ente eliminate dal discorso), porta autom ati
camente alla quantificazione sul predicato (che obbliga ad accettare almeno la
teoria predicativa degli insiemi) ; e la quantificazione sui predicati porta pre
cisamente a una delle due nozioni cantoriane di insieme : l estensione di un pre
dicato. Il fatto che lorigine dellidea che ogni condizione determina un insieme
possa essere stato un qualche cosa di cosi mondano com e labitudine linguistica
di tutti i giorni di evitare la ripetizione di lunghe espressioni non significa che
lesistenza degli insiemi debba essere messa in discussione perfino dopo aver
costruito una teoria soddisfacente (che eviti, si spera, i paradossi). Per la mente
illuminata, l illegittim it delle origini non una vergogna, com m enta a bocca
storta Quine.
Il
realismo quasi-em pirico, se avesse successo, possiederebbe due virt
notevoli: i) la virt che le intuizioni possono essere spiegate (nessuna no
zione monolitica o facolt misteriosa); e 2) la virt di dirigere lattenzione non
soltanto sui vari m otivi per cui, e sui procedim enti mediante i quali, in m ate
matica vengono adotta tinuovi assiomi (un argomento notevolm ente trascura
to!), ma anche sulle varie form e di ragionamento plausibile che, in mancanza
di dimostrazioni, vengono usate in matematica (un argomento a cui era molto
interessato Polya).
Ho detto allinizio di questo paragrafo che niente funziona . Q uesto si apphca, ahim, anche alle mie idee: il che non significa dire, mi affretto ad ag
giungere, che io proponga di abbandonarle!, ma che vedo grosse difficolt
che rivelano come la mia non possa essere la soluzione del problem a della co
noscenza matematica, anche se, nei lim iti del possibile, essa funziona, come io
credo.
Il
problem a sta nel fatto che del tutto oscuro che cosa abbia a che fare con
la verit il soddisfare questo tipo di vincolo non-sperim entale, cio, l accordo
con le intuizioni , qualunque sia la loro fonte. Avendo accettato la posizione
del realismo ~ il che significa che si considerano gli enunciati matematici veri
o falsi - e avendo dato una descrizione, per quanto vaga, del modo in cui gli
enunciati matematici vengono accettati, non possibile eludere la domanda:
qual il legame fra Vaccettabilit e la verit L e misteriose percezioni di
Gdel costituirebbero almeno un tale legame, mentre non chiaro come pos
sano esserlo le intuizioni matematiche, se in fondo esse non sono altro che

Logica

546

generalizzazioni del finito sulla base della psicologia umana, form e reificate di
grammatica, ecc.
Per la m ente illuminata, l illegittim it delle origini non una vergogna,
dice Quine. Perch non lo ? Probabilm ente perch noi giudichiam o in base
al rendimento adulto - il che, nel caso della teoria degli insiem i, significa uti
lit per la fisica - e non in base all origine . M a se origine non una giusti
ficazione, se soltanto l utilit per la fisica - o, in definitiva, la spiegazione delle
sensazioni - quello che conta, allora la teoria degli insiem i va altrettanto bene
senza l assioma della scelta che con 'V = L . Quine, apparentemente, non sa
rebbe disturbato da una tale conclusione relativistica, ma chiunque lavori in
teoria degli insiemi lo sarebbe. Si ritorna cosi alla versione insoddisfacente dell olismo discussa nella sezione precedente se non si considera la conform it con
le nostre intuizioni come un qualcosa che ha u n importanza metodologica e non
solo psicologica, e se la si considera cosi, ci si trova subito im pigliati in una seria
preoccupazione epistem ologica: come spiegarne limportanza metodologica.
13.7. Il modalismo.
U na delle obiezioni al platonismo si sempre basata sulla stranezza di po
stulare un universo bipartito in due specie di entit : le cose fisiche e gli ogget
ti matematici (che sono gli equivalenti moderni delle form e di Platone). M a
il realista m atem atico non in realt obbligato ad aderire a questa specie di
platonismo, con il problem a connesso di come si pu riuscire a pensare e a far
riferimento a entit con cui non possibile avere alcun rapporto causale. Com e
ho osservato anni fa (in Mathematics without Foundations [1967]) e come ha os
servato recentem ente Parsons (in What is th Iterative Conception of S et? [1975])
si pu riform ulare la matematica classica in modo tale che, invece di parlare di
insiemi, num eri o altri oggetti , si asserisce sem plicem ente la possibilit o Vim
possibilit (nel senso di possibilit o impossibilit matematiche) di certe struttu
re. Gl i insiem i sono possibilit permanenti di selezione, era lo slogan. L e
strutture della cui possibilit o impossibilit si parla possono a loro volta esse
re predicate di oggetti fisici, o di oggetti non specificati o persino - se si hanno
scrupoli nominalistici perfino nellaccettare nella propria ontologia le pro
priet del prim ordine - di cose concrete. L a matematica, da questo punto di
vista (che chiamavo la matematica come logica modale) possiede una no
zione speciale - quella di possibilit - ma non oggetti speciali. Il modalismo ,
anche se ha delle virt terapeutiche (esso spiega come sia possibile la matema
tica senza assumere lesistenza delliperuranio platonico) e se Parsons ed io
crediamo entram bi che possa far luce sul cosiddetto concetto iterativo din
sieme, non risponde per al problem a epistemologico. D an do una spiegazione
realista quasi-em pirica sul modo in cui i fatti modali vengono conosciuti, al
lora i problem i saranno esattamente gli stessi, sia che si accetti la descrizione
della matematica come logica modale, sia che si accetti la descrizione della
matematica come teoria degli oggetti matematici. A n cora una volta, niente
funziona .

547

Logica

13.8. L intuizionismo.
Poich il formahsmo non funziona e, d altro lato, le varie versioni del rea
lismo prese in considerazione com portano problem i epistem ologici apparen
temente insuperabili, pu valere la pena di riprendere in esame l intuizioni
smo, il quale accetta il fatto che gli enunciati matematici siano dotati di si
gnificato, ma respinge le assunzioni realiste sulla verit (ad esempio, la biva
lenza, cio l affermazione che ogni enunciato o vero o falso) finora accettate.
V i sono per almeno tre difficolt n ellintuizionism o: i) L intuizionism o ap
parentemente, almeno per quel che riguarda il contenuto se non n ellorigine
storica, u n estensione al linguaggio matematico delloperazionism o e presup
pone che il linguaggio oM-matematico possa essere analizzato in un modo operazionistico o verificazionistico. L a difficolt non sta nel fatto che gli intuizio
nisti non sono in grado di derivare un numero di teoremi matematici sufficienti
per fare la fisica - Bishop ha dimostrato in maniera convincente che pos
sono farlo - ma nel fatto che linterpretazione dei connettivi logici data dallin
tuizionism o non si adatta a una fisica non-operazionistica. A d esempio, il
connettivo z> (se ... allora) interpretato dagli intuizionisti nel senso che
esiste una procedura per passare da una dimostrazione dell antecedente a una
dim ostrazione del conseguente. Ora, mentre l assunzione che esistano cose
come le verificazioni (dimostrazioni) di affermazioni isolate pu andare be
nissimo per la matematica, lo stesso non si pu dire per la fisica, come han
no osservato molti autori. C he significato pu quindi avere il connettivo o in
un enunciato empirico 2) G li intuizionisti assumono lesistenza di una distin
zione, che familiare nella fenom enologia e nella filosofia neokantiana, fra i
fatti empirici e i fatti trascendenti o a priori della mente. A d esempio, l enun
ciato 'O gn i numero ha un successore non significa (se interpretato da un in
tuizionista) che sia effettivam ente possibile per la m ente em pirica costruire
una quantit arbitrariamente grande di numeri, ma, grosso modo, che non
a priori impossibile costruire una quantit arbitrariamente grande di num eri (e
che questo fatto esso stesso fenom enologicam ente evidente). P er gli em pi
risti come me, questo stesso far ricorso a un a priori e a una misteriosa evi
denza fenom enologica altrettanto criticabile del platonismo. In fondo, gli
intuizionisti non si lim itano a dire che autoevidente che sono possibili succes
sioni finite arbitrariamente lunghe? E come pu questa afferm azione essere o
un analisi di ci a cui si riduce questa possibilit 0 una descrizione della facolt
m ediante la quale si conoscono queste verit a priori? 3) Il problem a della
coerenza della mente liquidato dagli intuizionisti un po troppo facilmente.
Se esiste una cosa come la struttura trascendente della mente, perch non po
trebbe essere incoerente ? evidente che non lo non pu essere considerata
una risposta soddisfacente.

Logica

548

13.9. Verso quali direzioni bisogna proseguire?


D opo questa deprim ente analisi del perch niente funziona , il lettore po
trebbe aspettarsi che io gli consigliassi di smetterla con la filosofia della ma
tematica (e forse con la filosofia in generale). M i sembra per che la situazione,
pur essendo buia, non sia del tutto priva di speranze. H o gi detto, ad esempio,
che c qualche cosa che mi pare valga la pena di essere approfondito nel rea
lismo quasi-em pirico come approccio alla filosofia della matematica. L a dif
ficolt epistem ologica che ho segnalato potrebbe essere superata, credo, osser
vando che, per molte ragioni, la verit non pu essere interpretata sulla base
del vecchio modello realistico trascendentale, come lo chiam ava K ant. Se si
pensa invece alla verit, per usare una frase di Ullian, com e bont definitiva di
adattamento, allora la connessione fra i nostri criteri di adattamento, anche se
sono in parte estetici, e la verit pu non apparire cosi misteriosa. chiaro
che questo un program m a di lavoro e non una soluzione. U na cosa che bi
sogna verificare, se questo program m a corretto, che una teoria della verit
puramente duplicativa sbagliata anche nelle scienze em piriche e che pure in
esse entrano dei criteri di verit in parte estetici . A ncora pi importante il
fatto che, m entre la prim a reazione a una tale spiegazione della verit matematica
(per non parlare della verit empirica) pu essere quella di ricadere nel relativi
smo quineano, alla lunga, come io credo, quanto pi si lavorer nel campo della
matematica e della teoria degli insiemi, tanto meno spesso si avr limpressione
che ci sia una vera scelta fra i sistemi da accettare. L osservazione di W ang se
condo cui si ha limpressione di essere costretti ad accettare gli assiomi pu
in tal m odo trovare una spiegazione.
Questo punto di vista ha delle affinit con num erose delle posizioni di
scusse. Il suo debito nei confronti dellolismo di Quine ovvio. affine allintuizionism o in quanto abbandona lidea che la verit sia indipendente perfino
dalla verificazione ideale, ma lascia cadere lidea che esistano nella m ente strut
ture fissate a priori. Si accorda bene con il modahsmo e con linsistere dei lo
gicisti sul fatto che la spiegazione della verit logica e della verit matematica
deve essere unitaria. Forse perfino wittgensteiniano ...
Inoltre, esso non cade necessariamente nel puro idealismo o fenomenismo.
N on nega che esista un mondo reale, n afferma che tutto ci che esiste
realmente siano le sensazioni e le loro relazioni (anche le sensazioni fanno
parte della trama deUa credenza). C i che afferma, piuttosto, che la cono
scenza necessariamente una rappresentazione del mondo, non un Doppelganger del mondo, e che ogni rappresentazione deve essere il prodotto congiunto
del mondo e della psicologia umana (o della psicologia alpha-centauriana, o
della psicologia betelgeusiana, o...) Cosi, il nostro punto di vista un kanti
smo attenuato. kantiano in quanto insiste sulla dipendenza dalla mente di ogni
conoscenza, ma empirista in quanto rifiuta la distinzione kantiana fra mente
trascendente e mente empirica e lim possibile sintetico a priori. L u n g i dalles
sere antirealista, sostengo che questo punto di vista perfino com patibile con una

S49

Logica

certa versione della teoria della verit come corrispondenza, anche se non con
quella che sostiene la piena bivalenza.
Sebbene anche questo approccio possa non funzionare, sem bra chiaro
che ci di cui si ha bisogno nella filosofia della matematica sono ricerche che
siano filosofiche e non soltanto tecniche. Ricerche sui fondam enti filosofici del
lintuizionismo, ricerche sulla storia della matematica che gettino lu ce sui pro
cessi in base ai quali la matematica cresce e si modifica, ricerche sul ragiona
m ento plausibile in matematica, sono alcuni dei settori che invitano allo stu
dio. M a soprattutto, la filosofia della matematica, come la filosofia della scienza
in generale, deve collegarsi con la filosofia del linguaggio e in m odo particolare
con la discussione della profonda questione metafisica del realismo come teoria
della verit e della referenza, [ h . p .].

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1847 The Mathematical Analysis o f Logic, Being an Essay toward a Calculus of Deductive
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Logica

550

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P e r m o lto te m p o la lo g ic a , co n letica e la metafisica, h a fa tto p a rte d ella filosofia


(cfr. filosofa/filosofie). A ir in c ir c a da u n se co lo essa le g a ta so p ra ttu tto alle m ate
m atiche. Il le g a m e , tu tta v ia , n o n c o n u n a totalit in d iv isa , m a si d in m o d o d e te r
m in a to ed a rtico la to , o rig in a n d o n u o v i c a m p i di rice rc a (cfr. form alizzazione, refe
renza/verit, ricorsivit, spiegazione, e a n ch e insiem e), o p p u r e rip ro p o n e n d o n u o ve
te m a tic h e in lu o g h i a b itu a lm e n te c o n n e ssi con la lo g ica (cfr. assioma/postulato, d e
duzione/prova, induzione/deduzione). M a la lo g ica si c o lleg a a n ch e ad a sp e tti d e l
la m a te m a tic a a p p a re n te m e n te p i lo n ta n i, ap p a re n e lla d ia le ttica locale/globale, n ella
c o n sid e ra z io n e deHinfinitesim ale (cfr. a n ch e infinito) ed in v e s te la rga p a rte d e lla lg e
b ra (cfr. a n c h e m odello, strutture matem atiche).
N u o v i ed im p o rta n ti asp etti della lo g ic a so n o a p p a rsi in co n n e ssio n e al calcolo e
a lle p r o b le m a tic h e le g a te a gli e la b o ra to ri (cfr. a n ch e m acch in a e , p e r g li asp etti a lg e
b ric i, automa), n el ra p p o rta rsi d ella lo g ic a c o n il linguaggio (cfr. a n ch e grammatica).
D a ltra p a rte le r ic e rc h e lo g ic h e h a n n o sv o lto u n im p o rta n te ru o lo n ei d ib a ttiti c o n
te m p o ra n e i in to rn o alla conoscenza, e, in p a rtico la re , in to rn o a lle te o rie d ella scienza
(cfr. empiria/esperienza, induzione statstica, paradigm a, verificabilit/falsifi
cabilit), r ip ro p o n e n d o d e c isiv i p r o b le m i filo so fici (cfr. astratto/concreto, concetto,

dialettica, esistenza, universali/particolari).

Possibilit/necessit

L im piego da parte dei logici e dei filosofi delle nozioni di possibilit e ne


cessit risale ad Aristotele. In epoca m oderna L eibn iz fece largam ente uso del
concetto di m ondo possibile . Eppure le basi epistem ologiche e metafisiche di
queste nozioni rimangono oscure.
Bench i filosofi em piristi abbiano tentato di ridurre la necessit alla necessit
linguistica, o addirittura di bandirla com pletam ente dalla filosofia, queste no
zioni hanno dimostrato, com e altri concetti filosofici ricorrenti, di essere estre
mamente resistenti. (A lcuni filosofi direbbero che sono erbacce resistenti). In
anni recenti la logica modale, la semantica dei m ondi possibili (una teoria dovuta
a Richard M ontague che collegata a ci che qui si discuter, pur uscendo dai
limiti del presente articolo), l argomento delle essenze, e la teoria dei condi
zionali controfattuali hanno tutti incontrato un forte seguito. In effetti, i con
cetti di necessit e possibilit sono oggi al centro di una riconsiderazione filoso
fica senza precedenti.
In questo articolo, dapprim a si discuter lo strano argomento della logica dei
quanti, che ben illustra il caso dellabbandono totale della nozione di necessit
(nel senso dellapriorit), e poi si esamineranno due esempi significativi del re
cente lavoro sulla nozione non epistemica di necessit, la necessit metafisica,
com e pom posam ente chiamata. Si tratta, rispettivam ente, delle teorie di Saul
K ripke e di D avid Lew is, precorritrici d ellattuale risveglio di interesse per i di
scorsi su m ondi possibili e verit metafisicam ente necessarie.

I.

L a logica dei quanti e Va priori.

L idea tradizionale che logica e matematica siano discipline a priori, cio di


scipline che assicurano una conoscenza a priori, stata in anni recenti attaccata
in una direzione im prevista. N eum ann e Birkhoff hanno suggerito [1936] che un
modo di considerare la m eccanica quantistica possa consistere nel vedere la logi
ca del mondo fisico (com descritta da questa teoria) com e una logica non clas
sica. Il suo biografo U lam riferisce che N eum ann attribuiva grande im portanza
al lavoro in questa direzione, anche se, durante la seconda guerra m ondiale, lo al
tern con il lavoro su altri progetti. D opo il i960 alcune pubblicazioni di Put
nam, B ub, e Finkelstein portarono a un risveglio di interesse verso questa dire
zione, e oggi si conducono m olte ricerche in merito. A prim a vista, questa propo
sta sem bra avere effetti devastanti sullidea che esista una cosa com e la verit ne
cessaria tout court-, se persino la logica si dimostra em pirica, perch non dovreb
be essere sm antellata l idea stessa di necessit? Forse la conoscenza em pirica
la sola conoscenza; forse persino la logica e la matematica sono rami della cono
scenza empirica. O cosi potrebbe sembrare.
I particolari m atem atici della logica dei quanti sono troppo com plessi per

977

Possibilit/necessit

esser qui illustrati. (Per chi conosce la meccanica quantistica: l idea che ci sia
una corrispondenza biunivoca fra le proposizioni concernenti un dato sistema
fsico S e i sottospazi dello spazio di H ilbert usato per rappresentare quel siste
ma. L e operazioni logiche di disgiunzione, di congiunzione e di com plem enta
zione corrispondono rispettivam ente a prendere in considerazione l intersezione,
lo spazio generato e il sottospazio ortogonale. Per i logici : un qualunque reticolo
m odulare ortocom plem entato un modello per la logica dei quanti. I m odelli di
interesse fisico sono i reticoli di sottospazi di spazi di H ilbert a infinite dim en
sioni). T u ttavia lo spirito dellidea di N eum ann pu forse essere illustrato da due
esempi.
ben noto che in meccanica quantistica la posizione di una particella nor
malmente incerta. Per esempio, la posizione di un elettrone in orbita attorno ad
un nucleo incerta. N on solo, ma questa incertezza sembra essere qualcosa di
pi di una sem plice ignoranza da parte nostra di dove lelettrone sia: sotto un
certo aspetto come se lelettrone si spandesse a m acchia d olio nelle sue possi
bili collocazioni. In effetti questo com portam ento a macchia d olio ci che
spiega il fatto che gli atomi non coincidono con un punto matematico, come do
vrebbero secondo le leggi della fisica classica. U n illustrazione di questincertez
za data dal famoso esperimento delle due fenditure . In questesperimento,
delle particelle (fotoni o elettroni o qualunque altra particella della meccanica
quantistica) vengono emesse da una sorgente puntiform e. Fra le particelle (ad
esempio fotoni) e il rivelatore (ad esempio una lastra fotografica) posta una
barriera sotto forma di una parete con due sottili fenditure. L incertezza nella
posizione del fotone perm ette che ogni fotone interagisca con entrambe le fendi
ture, di modo che quanto si ottiene sulla lastra fotografica non sem plicem ente
la somma di ci che si otterrebbe effettuando l esperimento prim a con la fendi
tura sinistra aperta e poi con la fenditura destra aperta. Piuttosto, com e se met
del fotone passasse attraverso la fenditura sinistra e met attraverso la destra e
poi le due met si mescolassero e interferissero l una con laltra (allo stesso modo
delle onde - infatti, a questo fenomeno ci si riferisce spesso come allaspetto
ondulatorio del fotone). E ppure, a dispetto di questo com portam ento ondula
torio, ogni singolo fotone colpisce l emulsione in uno e un solo punto definito.
N on si mai riusciti a dimostrare che il fotone sia fisicamente sparso, facen
dogli colpire l emulsione in modo da lasciare un cratere a m acchia o qualche al
tra prova di un urto con qualcosa spazialmente esteso; solo le frange d interfe
renza ci obbligano a inferire che il fotone avesse u n estensione spaziale mentre
npi non interagivamo con esso. (Com e nella vignetta di Charles Addam s, uno
sciatore sta scendendo lungo una pista, e le sue tracce passano ai lati opposti di
un grande albero. N oi non vediamo lo sciatore passare attraverso lalbero - non
abbiamo mai visto una cosa simile, n la vedrem o mai - ma le tracce sembrano
obbligare l inferenza che lo sciatore sia passato attraverso lalbero prima che
guardassimo).
Usiam o ora le lettere proposizionali^, q, r per rappresentare i tre enunciati:
TI fotone colpisce l emulsione nel punto R , T l fotone passato attraverso la fen
ditura di sinistra e T l fotone passato attraverso la fenditura di destra . Nella

Possibilit/necessit

978

logica di N eum ann 'I l fotone passato attraverso la fenditura di destra o attra
verso quella di sinistra rappresentato esattamente come nella logica classica
(cfr. larticolo Logica in questa stessa Enciclopedia), e cio (q V r). L enuncia
to 'Il fotone passato attraverso la fenditura sinistra e ha colpito R e l enun
ciato 'Il fotone passato attraverso le fenditura destra e ha colpito R (che, nel
la logica classica, sarebbero rispettivam ente (p & q), in breve pq, e (/> & r), in bre
ve
non sono ammessi; la logica di Neum ann non consente neppure di chie
dersi attraverso quale fenditura sia passato il fotone, in quanto non permette
che certe proposizioni, cosiddette incompatibili, siano congiunte tra loro. C o
me se le proposizioni^ t {q\/r) avessero una congiunzione, pur non avendola le
proposizioni p, q e i e proposizioni p, r. In effetti, questo esattamente il modo
in cui alcuni filosofi della meccanica quantistica pensano che le cose vadano.
Evidentem ente si devono abbandonare alcune regole della logica classica. In
effetti, la legge di introduzione della congiunzione (da qualsiasi coppia di pro
posizioni p, q inferire la loro congiunzione (p & q)) devessere ristretta all coppie
di proposizioni com patibili^, q, e la legge distributiva/>& (^ V r) = pq\Jpr deves
sere ristretta ai casi in cui tutte e tre le proposizioni/), q, r sono totalmente com
patibili (il che significa che esiste un sottoreticolo del reticolo m odulare che
esso stesso unalgebra di Boole e contiene/), q, r). Il fatto che esista una propo
sizione come p h ( q \ / r) bench non esistano proposizioni come pq e pr h la rap
presentazione logico-quantistica della natura a m acchia d olio del fotone nelle
sperimento precedente.
Il
secondo esempio non un esperim ento (pur se potrebbe esserlo), ma un
calcolo eseguito da due logici, K ochen e Specker [1968]. K ochen e Specker de
scrivono un sistema (un atomo di ortoelio nel suo stato di minore eccitazione, in
un campo m agnetico a simmetria romboidale!) con la seguente sorprendente
propriet: se si misurano le tre com ponenti di spin rispetto a tre direzioni qual
siasi tra loro perpendicolari, J|, J^, J| forniscono 1 , 1 , 0 oppure 1 , 0 , 1 oppure
o, I, I. Ci che rende sorprendente questo risultato il fatto che esso sembra
esplicitamente contraddire un teorema, dovuto a Gleason, per il quale non c
alcun modo di assegnare i valori zero e uno a tutti i punti di una sfera in m anie
ra tale che per ogni terna ortogonale di punti della sfera due punti abbiano va
lore uno e uno abbia valore zero!
K ochen e Specker trovarono che il paradosso poteva essere afiFermato senza
riferirsi al teorema di Gleason ora ricordato. Riuscirono a trovare 1 1 7 direzioni
nello spazio (il lettore se le pu immaginare come 117 segmenti di retta di lun
ghezza unitaria che sincontrano in un punto) che presentavano la stessa rilevan
te propriet dellintera sfera: non c alcun modo di assegnare 1 1 7 valori zero
e uno (uno per ogni segmento) in maniera che, per ogni terna di segm enti orto
gonali (segmenti che formano tre angoli retti) facenti parte dei 117, vi siano nel
la terna due segm enti cui stato assegnato valore uno e un segm ento cui stato
assegnato valore zero. (L e 117 direzioni in questione sono piuttosto ricche di
terne ortogonali; in effetti, possibile formare 63 terne ortogonali coi 117 seg
menti dati). Secondo la meccanica quantistica, per ognuna delle 63 terne che si
possono ricavare dalle 1 1 7 direzioni, vi sono tre com ponenti di spin al quadrato

979

Possibilit/necessit

di cui due valgono uno e uno vale zero ; ma secondo la logica classica ci im pos
sibile.
Secondo la logica infatti possibile pensare le 1 17 direzioni nello spazio come
lettere proposizionali, ^1,
Pivi- (Si p e n s i c o m e l enunciato che la com
ponente di spin al quadrato nella z-esima direzione vale uno.) Allora le 63 terne
ortogonali corrispondono a certe terne della collezione di tutte le terne che
possibile formare usando queste lettere; e, se
2, 3 la -esima terna ortogo
nale, allora lenunciato per cui due delle com ponenti di spin al quadrato valgono
uno e una vale zero esattamente la proposizione (P h^P h^P u ) ^ P u i )Ph )Pus) V
Pia)Pu2)Pns))- L im possibilit com binatoria di assegnare due valori uno e un
valore zero a tutte le 63 terne ortogonali equivale alla falsit tautologica della
formula del calcolo proposizionale che si ottiene congiungendo 63 form ule del
tipo appena illustrato.
L a soluzione di questo paradosso della logica quantistica estrem am ente ele
gante (come K och en e Specker hanno sottolineato). N ella logica di N eum ann
(logica quantistica), la form ula del calcolo proposizionale che afferma lim
possibilit com binatoria di assegnare 117 valori uno e zero in modo che ognu
na delle terne che interessano abbia due valori uno e un valore zero non valida.
In_altre parole, la congiunzione delle 63 form ule: {pni)Pu)Pm )"^Pia)Pn2)Pm ^
Pia)Pu2)Pus)] che tautologicam ente falsa nel calcolo proposizionale classico
e non-contraddittoria nella logica di N eum ann Ci che qui si suggerisce che
fatti che sono letteralm ente im possibili secondo il calcolo proposizionale classico
possono accadere e in effetti accadono, e che questo quanto si osserva nel caso
descritto da K ochen e Specker.
Questo paradosso pu anche essere risolto seguendo le idee dellinterpreta
zione tradizionale della m eccanica quantistica (la cosiddetta interpretazione di
Copenhagen ) di Bohr e Heisenberg. Secondo questinterpretazione, la m ecca
nica quantistica non dice che valore assumono i parametri fisici m entre non ven
gono misurati-; predice solo i risultati che le misurazioni otterranno in ben defi
nite situazioni sperimentali. C osi la form ula J* + J | + J | = 2, ad esempio, che
coinvolta nellesperimento descritto da K och en e Specker, non significa che le
tre com ponenti al quadrato, sommate, diano due (e quindi che due di esse deb
bano valere uno e una debba valere zero, visto che questi sono i due valori con
sentiti), ma solo che si trover che la somma due se si effettua la m isurazione,
e che si troveranno due valori uno e un valore zero se si effettua la m isurazione.
M a se si m isura una terna non si misurano le altre, a causa delle relazioni d in
compatibilit ; cosi da questo punto di vista non c contraddizione con la logica
classica; soltanto una sorta di miracolo che le componenti di spin al quadrato
assumano i valori giusti quando noi guardiamo.
Il
punto di vista della logica dei quanti non incom patibile con quello del
linterpretazione di Copenhagen (e lo stesso N eum ann sembra aver accettato en
trambi). M a a qualcuno sembra insoddisfacente che la m eccanica quantistica
debba tracciare una distinzione fra valori misurati e valori non misurati, dal
m omento che questi ultim i sono senza significato fisico. Se questa distinzione
imposta solo dalla logica classica, questa parsa ad alcuni una buona ragione per

Possibilit/necessit

980

cambiare la logica. In effetti, bench il punto di vista della logica quantistica sia
accettato solo da una piccola m inoranza di fisici, per non parlare dei filosofi e lo
gici della fisica, il suo fascino crescente forse dovuto a una certa riconciliazione
fra operazionismo e realismo; leliminazione della distinzione fra valori m i
surati e valori non m isurati piace sia ai filosofi di indirizzo operazionista sia a
quelli di indirizzo reaUsta; ai prim i perch valori non misurati, che non pos
sono esser legati a quelli misurati da nessuna teoria, sono privi di significato an
che dal punto di vista operazionista pi cauto, e ai secondi perch piace l idea
che i valori reali (misurati o meno) siano ci che le teorie fisiche descrivono
e collegano.
N el 1951, riferendosi non alla proposta di Neum ann, di cui non era a cono
scenza, ma ad una tecnicam ente inferiore dovuta a Reichenbach, di usare una
logica a tre valori per interpretare la m eccanica quantistica, Q uine si poneva la
domanda retorica: Com e potrebbe una sim ile rivoluzione scientifica esser di
versa da quella in cui Copernico sostitu T olom eo, D arw in Aristotele, o Einstein
Newton.? E si rispondeva che non ne differiva, che cambiare la geom etria per
semplificare la teoria fisica, com stato fatto nelladottare la teoria einsteiniana
della relativit generale, e cambiare la logica per lo stesso scopo, com e proposto
da Reichenbach (naturalmente. Quine non si poneva il problem a se questa pro
posta semplificasse realmente la teoria fisica in m isura significativa), sono cam
biam enti dello stesso tipo. N essuno dei due proibito dalla m etodologia scienti
fica. L e leggi della logica, sotto questo aspetto, sono altrettanto em piriche di
quelle della geom etria, solo pi astratte e meglio protette. L a logica lultima
cosa che saremmo disposti a rivedere, dal punto di vista di Quine, ma non im
m une da revisioni.
Se Quine ha ragione, la verit necessaria un altro famoso soggetto che
non ha oggetto. L a discussione pu fermarsi qui. M a, come sem pre accade, le
cose non sono cosi semplici.
Prima di tutto, anche se alcune leggi della logica risultano essere em piriche
(o avere presupposti em pirici), non ne consegue che lo siano tutte. Nessuno ha
proposto di rivedere il principio di contraddizione. E che senso avrebbe abban
donare lenunciato 'N o n tutte le proposizioni sono sia vere che false .? [cfr. Putnam 1968]. L ambito della priori va effettivamente restringendosi, ma il pro
clamare che ogni verit em pirica ancora ben lontano dallessere una tesi ac
cettabile o anche solo coerente.
In realt, anche la discussione che si sollevata sulla revisione delle leggi lo
giche ha una forte com ponente a priori. Il nostro linguaggio, dopo tutto, fu
dapprim a usato per parlare di sem plici collezioni finite (il gregge nel prato) e
la nostra logica fu dapprim a form alizzata rispetto a idealizzazioni che qualunque
studente che si accosti alla logica riconosce come estremamente rigide (anche se
l insegnante ha dim enticato che sono idealizzazioni), per esempio che tutti i pre
dicati siano perfettam ente ben definiti. Se si sta realmente parlando di una col
lezione finita e i predicati sono davvero ben definiti e controllabili, la differenza,
per esempio, tra una posizione realista e una intuizionista o verificazionista sulla
verit pu essere ignorata. M a chi pensi aprioristicamente che la nozione classi

981

Possibilit/necessit

ca di verit sia sbagliata, e che la legge del terzo escluso non vale quando ci si
occupa di predicati non decidibili, sar portato, com e fu Brouw er, a sfidare la
logica classica. E questo infatti il m odo in cui nacque la logica intuizionista.
L a logica intuizionista ci che si ottiene se si identifica la verit con la dim ostra
bilit costruttiva, e non con qualche sorta di corrispondenza con la realt to
talmente non epistemica.
Ancora, sia la logica classica sia quella intuizionista presuppongono che la
decidibilit delle diverse proposizioni sia indipendente : per la logica classica sa
rebbe pi corretto dire che la decidibilit non u n risultato, lo solo la verit
assoluta, e la verit, o la falsit assoluta di una proposizione dotata di senso una
propriet che la proposizione ha, sia o meno decidibile; per la logica intuizioni
sta, oggetto di studio stato principalm ente il linguaggio m atem atico, finora, e
in matematica pura la decidibilit di una proposizione non pregiudica mai la de
cidibilit di u n altra proposizione. (L a semantica della teoria dei giochi di
Hintikka e la concezione operativa di L orenzen rappresentano estensioni al
linguaggio em pirico d un punto di vista collegato all intuizionism o). M a nel
mondo reale pu accadere, in forza del principio d indeterm inazione, che la deci
dibilit di una proposizione renda im possibile la decidibilit di u n altra per m ez
zo d una m isurazione che abbia un qualche valore predittivo. C una relazione
d incom patibilit fra proposizioni.
lan H acking della Stanford U niversity ha recentemente scoperto (com uni
cazione non pubblicata) che esiste unintima connessione tra logica classica, in
tuizionista e quantistica. N ei term ini di una celebre form alizzazione della logica
classica, il sistema di regole d introduzione e di regole d elim inazione do
vuto a G entzen, la difli'erenza tra logica classica e quantistica sem plicem ente
che le form ule che costituiscono le premesse per ogni applicazione d una regola
d introduzione o d elim inazione devono essere com patibili; l introduzione del
la nuova relazione semantica di com patibilit che rende conto di ci che difi^erente nella logica; non c differenza nelle regole prim itive, in questa presenta
zione molto naturale, salvo la restrizione appena citata.
Ora, chi convinto che la verit debba esser collegata alla verificabilit (al
meno a una verificabilit idealizzata) potrebbe essere portato sul terreno d ella
priori nello studiare la logica dei quanti, una volta che abbia capito che le pro
posizioni potrebbero essere incom patibili , nel senso che la verificazione di una
potrebbe, in linea di principio, interferire con la verificazione di u n altra. N on
si intende che questo sia il solo modo di portare a studiare o addirittura ad ac
cettare la logica quantistica; ed certamente un fatto empirico quello per cui c
questa relazione d incom patibilit nel nostro mondo. M a la possibilit accenna
ta illustra il fatto che anche se si decide di accettare la logica dei quanti, ci si po
trebbe trovare a farlo in parte per ragioni aprioristiche - e ci suggerisce ancora
una volta che tutta la verit em prica non la conclusione corretta che s pu
trarre dal fatto di essere costretti a rivedere la nostra logica per ragioni em piri
che. Questo un punto su cui lo stesso Quine ha molto insistito ; negare che esi
stano enunciati a priori non la stessa cosa che negare che esista u n fattore a
priori nelle decisioni scientifiche. L o stesso Q uine ha suggerito che a priori e

Possibilit/necessit

982

a posteriori possono essere i nomi di fattori presenti nellaccettazione di qual


siasi enunciato, piuttosto che nomi di classi di enunciati. E la teoria di questi
due fattori non sarebbe altro che epistem ologia norm ativa; la teoria di ci che
rende gli enunciati degni d esser razionalmente accettati.
C , tuttavia, un modo m olto diverso per tentare di salvare la nozione di ne
cessit dallattacco di Quine. Questi, seguendo i positivisti logici, assume che se
esiste una cosa come la necessit, questa avr un carattere sem antico (per esem
pio analiticit) oppure epistemico (apriorit). Si deve a Saul K rip k e il m e
rito d aver reintrodotto nella discussione un tipo molto diverso di necessit, og
gettiva e non-epistem ica, la necessit metafisica, come egli l ha chiamata.

2.

Kripke e la necessit metafisica .

Era una convinzione acquisita in filosofia che la propriet di essere P e la pro


priet di essere Q non potessero essere una e la stessa a meno che i concetti P e
Q non fossero gli stessi, o, almeno, che fosse analitico che ogni P h Q e che ogni
Q h P . M a, com e ha sottolineato Putnam [1970], questa fusione di propriet e
concetti renderebbe inesprim ibili scoperte scientifiche acquisite, com e la sco
perta che la grandezza tem peratura la stessa che la grandezza energia m oleco
lare media di traslazione. (Si pu dimostrare in efifetti che la tem peratura non
identica a nessuna propriet meccanica, in quanto non ci si contraddice nel dire
'x ha tem peratura T ma non ha energia molecolare media di traslazione E - o
quale altra propriet meccanica si voglia - anche se lenunciato sem pre em pi
ricamente falso. Cosi, si dovrebbe concludere, la tem peratura sem plicem ente
correlata allenergia molecolare m edia di traslazione ; le due propriet non pos
sono essere letteralm ente identiche. Si confronti la famosa dim ostrazione di
M oore che il Bene non pu essere identico a nessuna propriet naturale!)
L idea di Putnam era che esiste una nozione di propriet per la quale il fatto
che due concetti sono diversi (ad esempio la temperatura e lenergia m o
lecolare media di traslazione ) non elimina per niente il problem a relativo al fat
to che le propriet corrispondenti siano diverse. E non si d solo il caso che li
dentit di propriet possa essere un fatto em pirico; anche lesistenza di proprie
t pu essere em pirica. A d esempio, quando uno chiede quante grandezze fisiche
fondam entali esistono pone una domanda em pirica relativa all esistenza di pro
priet. U n idea che prese piede nella filosofia del hnguaggio poco dopo l intro
duzione da parte di Putnam d ellidentit sintetica delle propriet, e che am
plia e chiarisce il discorso appena svolto, quella di Saul K rip k e [1972] deUe
verit metafisicamente necessarie che devono essere apprese em piricam ente,
verit necessarie epistem icam ente contingenti. L osservazione di K ripke ap
plicata al caso tem peratura / energia cinetica che, se qualcuno descrive un
mondo possibile in cui le persone hanno sensazioni di caldo e di freddo e vi sono
oggetti che dnno sensazioni di caldo e di freddo nei quali queste sensazioni di
caldo e freddo sono spiegate da un meccanismo diverso dall energia cinetica m o
lecolare media, noi non diciamo che questo qualcuno ha descritto un mondo

983

Possibilit/necessit

possibile in cui la tem peratura non energia cinetica molecolare m edia di tra
slazione. U n enunciato vero in tutti i m ondi possibili tradizionalm ente detto
necessario. U n a propriet di qualcosa in tutti i m ondi possibili in cui questo
qualcosa esiste tradizionalm ente detta essenziale. In questa term inologia
tradizionale, K rip k e sta dicendo che la tem peratura energia m olecolare m e
dia di traslazione una verit necessaria, anche se non possibile conoscerla
a priori. L enunciato em pirico ma necessario. O , per dirla in altri term ini, les
sere energia cinetica molecolare media di traslazione una propriet essenziale
della temperatura. con la ricerca empirica che si scoperta l essenza della
temperatura.
In una certa misura, fenom eni sim ili si presentano nella stessa m atem atica
pura. Se la dimostrazione di un teorema m olto lunga, la fiducia nel fatto che la
la dimostrazione sia una dimostrazione dipende da assunzioni em piriche di va
rio tipo (per esempio che la mia memoria di ci che stato dimostrato prim a non
venga meno e che le righe non cambino form a sul foglio m entre si legge la di
mostrazione). C osi la fiducia - e la fiducia che si giustificati ad avere - nella
proposizione m atematica dipende anche da queste assunzioni em piriche. M a l
grado ci, finch si accetta la dimostrazione com e una dimostrazione, si accetta
la proposizione matematica come vera non soltanto nel mondo reale, ma persino
in quei m ondi possibili in cui la m em oria viene meno, le righe cambiano forma
sul foglio, ecc. In breve, si accetta lenunciato matematico com e metafisicam en
te necessario su basi epistemicamente contingenti. Questo punto reso pi pre
gnante dallo sviluppo degli elaboratori elettronici ad alta velocit ; l unica prova
finora esistente del teorema dei quattro colori, per esempio, stata scoperta in
parte grazie a una ricerca con un elaboratore, e nella sua interezza non pu esseie controllata da un matematico che rinunzi allaiuto dellelaboratore.
Ci che K rip k e suggerisce, dunque, i) che la vecchia idea che la scienza
scopre verit necessarie era, in un senso importante, corretta e non sbagliata;
2) che la necessit in questione, la necessit metafisica , o verit in tutti i mondi
possibili, non la stessa cosa che lapriorit: necessit metafisica ed epistemica
sono state riunite ingiustificatam ente; 3) che il problem a nella filosofia della m a
tematica non dovrebbe essere visto come un argomento a favore della non-revisibilit di tutti gli enunciati matematici dimostrati. N eppure la necessit m ate
matica , in generale, epistemica. (Bench K ripke pensi che la verit della logica
classica e forse gli assiomi fondam entali dellaritmetica, siano epistem icam ente
necessari. E gli ha un atteggiam ento notevolm ente conservatore verso proposte
come la logica dei quanti).

3.

Indicatori rigidi.

K ripke fu condotto a queste scoperte di filosofia del linguaggio in parte dal


lavoro precedentemente svolto in un ramo della logica matematica, la logica m o
dale, in cui rappresenta la m aggiore autorit mondiale. L a logica m odale amplia
la logica classica (cfr. larticolo Logica in questa stessa Enciclopedia) mediante

Possibilit/necessit

984

laggiunta di un sim bolo, il quadrato, per loperazione di necessit, cio lopera


zione che trasforma l enunciato 'p' nellenunciato ' necessario che/) . L a cosid
detta logica modale normale contiene gli assiomi e le regole {modus ponens e
sostituzione) del classico calcolo proposizionale, una regola di necessit (per in
ferire d A da A ), e un assioma di distribuzione: (/)^ ?)^ (D /)-> -D g'). A ltri
assiomi ricorrenti sono [2 p ^ p ('S e necessario che p, allora/)) e D / )^ D D / )
('S e necessario che p, allora necessario che sia necessario che />).
L e intuizioni riguardo alla necessit variano, e cosi, in m odo per nulla sor
prendente, esistono vari sistemi di logica modale. C i che K ripke fece fu di por
tare ordine in questo caos, introducendo la nozione semantica di modello, che
permette di studiare le propriet di ognuno di questi sistemi ed evidenziare la
differenza tra le varie assunzioni che questi richiedono sulla necessit, come an
che di approfondire problem i tecnici sulla com pletezza dei vari sistemi per le
varie nozioni di necessit. U n modello (oggi talvolta chiam ato struttura di
Kripke) un insieme di oggetti chiamati mondi possibili (i quali corrispon
dono ai m odelli in senso classico - m odelli per la parte non m odale del linguag
gio ; essi determinano quali enunciati non m odali sono veri e quali falsi) pi una
relazione chiamata possibilit relativa o accessibilit. Il sistema di logica
modale pi forte, S5, si ottiene considerando com e una relazione di equivalenza
(simmetrica, transitiva e riflessiva) la relazione di accessibilit; il pi debole con
siderandola sem plicem ente riflessiva.
L a difficolt (tale da indurre Quine a dubitare della possibilit d una logica
modale quantificata) sem pre consistita nel com binare la logica modale con i
quantificatori, cio con le nozioni () ('Per ogni x ) e (Ex) ('Esiste un x tale che).
L a soluzione di K ripke , ancora una volta, quella di assumere un insiem e di og
getti chiamati m ondi possibili che sono, strutturalm ente, sem plici m odelli per
la parte non m odale del linguaggio ; in altre parole, ogni m ondo possibile deter
mina un universo del discorso a cui i quantificatori si estendono, e le estensioni
di tutti i predicati del linguaggio relativo a q u elluniverso del discorso. E di nuo
vo esiste una relazione di accessibilit. M a c anche unaltra relazione: la rela
zione di identit attraverso i mondi. Vale a dire, un certo individuo devessere
identificato attraverso i mondi possibili. M entre i particolari porterebbero sia oltre
lo spazio qui a disposizione, sia oltre i lim iti del presente discorso, un aspetto di
questo problem a tecnico rilevante ai nostri fini.
Si considerino due m ondi possibili che contengano entram bi lo stesso indi
viduo, ad esempio Aristotele, e tali che a questo individuo siano assegnati pre
dicati diversi. Per esempio, in uno dei due m ondi egli sia nato a Stagira, nellal
tro ad Atene. L a proposizione 'Il grande filosofo nato a Stagira si riferisce ad
Aristotele nel m ondo reale (che si identificher con il primo dei due m ondi pos
sibili appena postulati), ma non nel secondo mondo. In effetti, nel secondo m on
do potrebbe addirittura riferirsi a un altro individuo ; forse Platone nato a Sta
gira nel secondo mondo possibile. Cosi la stessa descrizione Il grande filosofo
nato a Stagira pu denotare individui diversi in diversi m ondi possibili. N ella
terminologia di K ripke questa descrizione non-rigida.
E quanto al nome proprio 'A ristotele ? C om e viene usato com unem ente nel

985

Possibilit/necessit

riferirsi a m ondi ipotetici? Quando si dice 'Aristotele avrebbe potuto nascere ad


A tene , non si intende sem plicem ente che qualcuno di nome 'A ristotele avrebbe
potuto nascere ad Atene. Invero, quando si dice Aristotele avrebbe potuto na
scere in C ina verosim ilm ente si aggiunger anche Se fosse nato in Cina, pro
babilm ente non si sarebbe chiamato 'A ristotele . Ci che si vuol dire che lo
stesso individuo che nacque a Stagira, si chiam ava Aristotele, e divenne il pi cele
bre allievo dellA ccadem ia platonica, ecc. nel m ondo reale, avrebbe potuto na
scere ad Atene (o in Cina), si sarebbe potuto chiamare D iogene (o T o Fu), ecc.
(N ei term ini delle strutture di K rip k e: questo significa che esistono m ondi pos
sibili in cui un individuo che non designato dalla costante individuale 'A risto
tele in quei m ondi, n n ellestensione di 'nato a Stagira in quei m ondi, sta in
relazione di identit attraverso i mondi con l individuo chiamato Aristotele nel
mondo reale).
D al mom ento che il nom e 'A ristotele in genere usato per riferirsi allo stesso
individuo quando si parla di m ondi non reali (anche nel caso in cui q u ellindivi
duo non si chiam i Aristotele in quei inondi non reali), il nome proprio 'A risto
tele un indicatore rigido nella term inologia di K ripke.
Si consideri adesso un sem plice enunciato di identit, per esem pio 'C icerone
identico a T u llio . Posto che sia vero nel m ondo reale, non ha senso dire che
Esiste un m ondo possibile in cui Cicerone e T u lh o sono individui diversi. E si
stono senza dubbio m ondi possibili in cui i nomi 'C icerone e 'T u llio sono attri
buiti a persone diverse, ma in quei mondi almeno uno dei due individui non
Cicerone (e quindi neppure Tullio), com unque si chiami in quel m ondo. Se gh
indicatori 'C iceron e e 'T u llio sono usati rigidam ente, allora se 'C icerone iden
tico a T u llio vero nel m ondo reale (o in un qualche mondo possibile, in questo
caso), allora vero in tutti i m ondi possibili. D altro canto, l enunciato 'C icerone
identico a T u llio un enunciato em pirico. Epistem icam ente contingente
( sintetico nella term inologia di K ant) anche se metafisicamente necessario.
(K ripke considera lo statuto epistemico di questo enunciato nei term ini della
sua celebre teoria causale dei nomi propri. L intenzione n ellusare il nome
Cicerone di riferirsi a quella persona cui si riferiva chi ha insegnato a usare
questo nom e in questo m odo. Con questo rnetodo si ottiene una catena di usi
referenziali collegati lun l altro, una storia delluso referenziale che risale nel
tempo. N el corso di queste trasmissioni il nom e potrebbe anche aver cambiato
pronunzia, grafia, ecc. Se si ricostruisce la catena fino al prim o anello (latto del
dare il nome), si trova un certo individuo ; che questo individuo sia lo stesso che
si trova allorigine di quellaltra catena di usi referenziali collegati, che term ina
con lattuale uso del nome 'T u llio , un fatto empirico. M a il nome 'C iceron e
non sinonim o della descrizione L individuo allorigine della catena che term i
na con il mio uso attuale di 'C icerone ; piuttosto si pu dire che viene usato
Cicerone come un indicatore rigido per un certo individuo che si in grado di
identificare mediante la descrizione (non-rigida)).
D al punto di vista formale, il principio: se un enunciato di identit che contie
ne nomi individuali usati rigidamente, A ^ B , vero in un mondo possibile, allora
vero in tutti i mondi possibili, segue da una propriet form ale d ellidentit attra

Possibilit/necessit

986

verso i m ondi, la transitivit. Il punto che, secondo la logica modale, lanalisi


anche dei pi sem plici enunciati d identit porta im m ediatam ente a capire che
un enunciato ovviam ente sintetico, 'C icerone identico a T u llio , deve (posto
che sia vero nel mondo reale) essere vero in ogni mondo possibile, essere meta
fisicamente necessario , e che quindi possono esistere verit metafisicamente ne
cessarie ed epistem icam ente contingenti. Il caso tem peratura / energia cinetica
molecolare m edia di traslazione sem plicem ente unapplicazione della stessa
idea. (U n altro esempio, dello stesso K ripke, 'L acqua H jO . empirico
che lacqua sia H jO ; ma posto che l acqua sia HgO, d evessere H jO in ogni
mondo possibile. Quando si scopre la com posizione dellacqua nel m ondo reale,
si scopre anche come una sostanza devessere composta per essere acqua, si sco
pre l essenza d ell acqua).

4.

D avid Lewis sui condizionali controfattuali.

U n applicazione largam ente discussa del meccanismo dei m ondi possibili,


dell identit attraverso i m ondi, ecc. la teoria di Stalnaker-Lew is dei condizio
nali controfattuali. Condizionali come 'S e questa lampadina fosse lasciata cadere
si rom perebbe e 'S e questa lampadina fosse lasciata cadere si trasform erebbe in
cigno sarebbero entram bi veri se fossero sim bolizzati correttam ente dalla for
m ula logica 'p=>q ; questo perch la tavola dei valori di verit del condizionale
materiale (cfr. l articolo Logica in questa stessa Enciclopedia) assegna il valore
di verit vero a tutti i condizionali con lantecedente falso. Piuttosto di accettare
una conclusione cosi controintuitiva, i logici m atem atici riservano questa forma
logica per la rappresentazione sim bolica dei normali condizionali indicativi (ad
esempio, 'S e faccio cadere la lampadina, si rom per , usato in un contesto in cui
non so se la lam padina verr fatta cadere, e in cui linteresse per la predizione vie
ne a mancare una volta che sia noto che lantecedente non vero). Il condiziona
le indicativo esprim e accuratamente ci che si potrebbe chiamare lafFermazione condizionata di q (condizionata allassunzione di p)\ il considerarlo vero
quando p falso pu esser visto come un qualcosa di analogo al considerare il
numero uno la o-esim a potenza di 2 ; qualcosa che a prim a vista sem bra ar
bitrario, ma in realt im posto dal desiderio di mantenere valide certe leggi ma
tematiche o logiche.
Il
problem a che, quando si parla di ci che sarebbe successo se, non si
sta asserendo condizionatamente che la lampadina si romper (o si trasformer in
cigno), condizionatam ente al fatto che venga lasciata cadere; u n asserzione che
perde ogni interesse quando ci si renda conto che la lampadina non stata lasciata
cadere; si sa che la lam padina non stata lasciata cadere (ecco perch questo
un condizionale controfattuale) e si vuole sapere che cosa vero nel m ondo ipo
tetico in cui stata lasciata cadere. L a risposta, evidentem ente, non da cercare
in una sem plice conoscenza dei valori di verit di antecedente e conseguente;
questo il m otivo per cui, in questi contesti, il condizionale verofunzionale non
un sostituto adeguato del condizionale congiuntivo.

987

Possibilit/necessit

Questo problema stato discusso per pi di trentanni ed forse il pi com


plesso nel cam po dellanalisi logica del linguaggio naturale. (Alcuni logici - come
G oodm an e Quine - negano addirittura che possa esser risolto ; vedono nel con
dizionale controfattuale una vaghezza irrim ediabile e, piuttosto che tentare di
analizzarlo, preferirebbero addirittura eliminarlo dal discorso scientifico).
C i che D avid Lew is, elaborando u n idea di Robert Stalnaker [1968], ha pro
posto [1973], di analizzare i condizionali controfattuali stabilendo una metrica
su una struttura di K ripke. Si tratta di pensare i m ondi possibili com e pi o
meno simili, o pi o meno vicini tra loro. U n controfattuale vero in un
mondo solo nel caso che il conseguente sia vero in tutti i m ondi possibili pi v i
cini in cui l antecedente vero. Se tutti i m ondi possibili, entro una certa distan
za dal m ondo reale, in cui la lampadina viene lasciata cadere, sono m ondi in cui
questa si rompe, allora il controfattuale 'S e la lampadina fosse stata lasciata ca
dere, si sarebbe rotta vero.
Il
grande pregio di questa proposta che, se corretta, consente per la prima
volta di determinare quali inferenze relative a un controfattuale sono valide. Per
esempio, si pu vedere perch linferenza
p^q
(quindi) pr=>q
che valida per il norm ale condizionale indicativo {'Se p allora q ; quindi, 'Se
p e r allora q ) non pi valida se il condizionale sostituito da un controfattuale
('S e Jones si fosse gettato dal tetto si sarebbe am m azzato non im plica 'S e Jones
si fosse gettato dal tetto e il tetto fosse stato a soli due metri da terra, si sareb
be am m azzato). Quando si analizza 'S e Jones si fosse gettato dal tetto si sarebbe
am m azzato , si pensa ai m ondi possibili in cui Jones si gettato dal tetto. Se tutti
i pi simili mondi di questo tipo - tutti i mondi di questo tipo entro una certa
distanza dal mondo reale - sono m ondi in cui Jones si ammazza, allora il condi
zionale vero. Posto che l edificio in realt fosse alto cento metri, e che vengono
considerati i mondi in cui ledificio alto solo due metri, mondi m olto diversi da
quello reale, il valore di verit di 'Jones si ammazza , in m ondi in cui Jones si
getta dal tetto e il tetto a soli due m etri da terra, non viene neppur preso in con
siderazione. M a il secondo condizionale pu esser valutato solo considerando il
valore di verit di 'Jones si am m azza nei pi vicini m ondi di quel tipo - non
im porta quanto possano esser lontani dal mondo reale.
Ulteriori applicazioni della teoria dei m ondi possibili e della sem antica di
Stalnaker e L ew is dei condizionali controfattuali sono state svolte da A lvin
Plantinga, il cui libro [1974] una tra le m igliori introduzioni a tutto questo
campo.
L o stesso D avid L ew is assume un atteggiamento estrem am ente metafisico
nei confronti dei mondi possibili : egli crede nella loro esistenza reale (quasi nello
spazio fisico). Secondo D avid Lew is non c un particolare mondo reale; reale
solo il modo in cui la gente di ogni m ondo possibile chiama il proprio mondo.
(Proprio come 'I o non il nome di un unico individuo distinto, ma solo il modo
in cui ogni individuo chiam a se stesso). Questa visione ontologicam ente strava

Possibilit/necessit

988

gante non condivisa da K ripke n da altri che lavorano nel campo, i quali ve
dono i m ondi possibili sem plicem ente com e entit astratte, situazioni ipotetiche,
e non come veri m ondi paralleli .

5.

Problemi di similitudine.

L a nozione centrale nella teoria di Stalnaker e Lew is quella di sim ilitudine


tra mondi possibili. T u ttavia, questa nozione non priva di aspetti problem atici.
Si consideri un sem plice controfattuale, ad esempio 'S e la matita fosse un piede
pi a sinistra, limm agine della matita nello specchio sarebbe spostata a sinistra
(cio a destra dal punto di vista dellim m agine nello specchio). Q uestosserva
zione potrebbe occorrere, per esempio, in una discussione di ottica (si immagini
una matita posta su un tavolo di fronte ad uno specchio). Se si im m agina un
mondo in cui le leggi naturali funzionano esattamente come nel m ondo reale, ma
in cui adesso la matita un piede pi a sinistra, allora avrebbero dovuto accadere
nel passato cose diverse. In effetti, visto che questaltro mondo sarebbe stato di
verso da quello reale indietro nel tempo finch si vuole, e visto che questi diversi
avvenim enti passati avrebbero avuto conseguenze sul presente, potrebbe darsi
che in quel m ondo il parlante non fosse nato, o, in modo pi rilevante, lo spec
chio potrebbe non esistere, o addirittura essere in un altro posto.
C i che questo dimostra, sostiene L ew is, che quelli che si considerano i
m ondi pi simili allo scopo di calcolare il valore di verit di questo controfat
tuale non sono mondi in cui le leggi naturali funzionano (senza eccezioni) come
nel mondo reale. Ci che si fa nellim m aginazione, consiste nel considerare un
mondo che esattamente uguale al m ondo reale fino a, per esempio, un secondo
prima. Si im magina che in quel m omento, un secondo prima, avvenga un pic
colo miracolo , e la matita si sposti m agicamente di un piede a sinistra. In breve,
si m assimizza la sim ilitudine col mondo reale rendendo vero l antecedente del
controfattuale per cui la matita un piede pi a sinistra, armeggiando col
mondo reale in un punto (un secondo prima), e lasciando poi operare le leggi na
turali senza ulteriori interferenze di miracoli.
Questa tecnica del piccolo miracolo, tuttavia, d dei problem i. Per esem
pio, la luce im piega del tem po per andare dalla matita allo specchio. E cosi, se il
mondo pi sim ile a quello reale, in cui la matita un piede pi a sinistra, quel
lo in cui appena accaduto il piccolo miracolo appena descritto, sem brerebbe
che il controfattuale 'S e la matita fosse un piede pi a sinistra, allora un secondo
fa la sua imm agine sarebbe stata esattamente dov dovrebbe esser vero (perch
sarebbero ancora i raggi emessi prima del piccolo miracolo a produrre lim m a
gine un secondo fa), ma intuitivam ente questo controfattuale falso, non vero.
L a risposta di L ew is, questa volta, consiste nel dire che il piccolo miracolo
dipende dal controfattuale che si sta considerando. (Per esem pio, non vero che
'S e la matita fosse stata un piede pi a sinistra, allora un secondo fa gli astanti
avrebbero esclamato che era avvenuto un piccolo miracolo ; la matita si era mos
sa, perch, se si considera questo controfattuale, si im m agina un m ondo possi

989

Possibilit/necessit

bile in cui la matita m agicamente ha cam biato posizione di un piede ed cam


biato contemporaneam ente il ricordo dei presenti sulla posizione precedente
della matita - o, forse, si arretra m aggiorm ente nel tempo il piccolo m iraco
lo), D ato che il piccolo miracolo determ inato dalla m etrica della sim ilitu
dine e viceversa (il m ondo che si cerca il pi simile al mondo reale in senso
forte) questo significa che vengono usate m etriche di sim ilitudine diverse per
controfattuali diversi - anche per controfattuali diversi con lo stesso antecedente.
In particolare, se si parla di dove sarebbe stata un secondo fa lim m agine
nello specchio, si arretra nel tempo il piccolo miracolo ~ supponendo di sape
re che la luce im piega a spostarsi un tem po finito,
A questo punto si incappa in un possibile ostacolo per la significanza di ci
che Stalnaker e L ew is hanno fatto - l accusa di vaghezza. L a metrica di sim i
litudine non ovviam ente una m etrica oggettiva nello stesso senso in cui spesso
la metrica dello spazio-tem po ritenuta oggettiva. soggettiva, determ inata dal
le nostre intuizioni sulla relativa vicinanza tra m ondi possibili. E queste intui
zioni fluttuano, come ammette lo stesso Lew is, dunque possibile dubitare che
i controfattuali abbiano realmente un chiaro valore di verit, anche ammesso che
questa teoria sia corretta; forse si solo spiegata loscurit con loscurit.
V a a questo punto sottolineato il fatto che L ew is un rigido realista m eta
fisico. (G i si riportata la sua interpretazione realista dellesistenza dei mondi
possibili). L ew is sottoscrive la teoria della corrispondenza della verit; considera
gli enunciati com e veri o falsi - assolutamente veri o assolutamente falsi (esclusi
naturalm ente i casi di inconsistenza o vaghezza) - e non im porta se gli uom ini
sono, o saranno, in grado di scoprire di quali si tratta. E questo realismo si esten
de anche ai controfattuali ; egli ritiene di definire il valore di verit di un controfattuale (in questo senso realista) e non la sua asseribilit o la sua accettabilit
razionale. M a si pu definire una nozione di valore di verit, in questo senso for
temente realista, in term ini di una metrica di sim ilitudine (o di una collezione di
m etriche di sim ilitudine) dichiaratamente soggettiva.?
da notare che, nei nostri esempi, la necessit di conoscere le leggi di natu
ra rilevanti si manifestata due volte. N el caso del secondo controfattuale, 'S e
la matita fosse un piede pi a sinistra, allora un secondo fa la sua im m agine sa
rebbe stata esattamente d ov , la tecnica di L ew is richiede un piccolo m ira
colo un poco prima di un secondo - cosi la luce avr tempo di raggiungere lo
specchio dalla nuova posizione. (Altrim enti il controfattuale risulterebbe vero,
e non falso, m entre chiaramente falso). M a questo richiede qualche conoscenza
della velocit della luce. In generale, si devono conoscere le leggi della fisica per
sapere dove e quando inserire il piccolo miracolo . E di nuovo si devono cono
scere le leggi della fisica per calcolare le conseguenze del piccolo miracolo
nella situazione ipotetica.
Ora, perfettamente possibile che le leggi della fisica che interessano possa
no arrivare a riferirsi a m icrostrutture come i quarks e anche oltre. In effetti, pu
anche darsi che le leggi profonde della fisica non siano mai intelligibili alluomo.
C h e la nostra m etrica di sim ilitudine tenga conto di differenze di complessit
arbitraria tra mondi possibili - differenze per le quali si pu anche non avere

Possibilit/necessit

990

intuizione alcuna, giacch non si pu neppure concettualizzarla - sembra un


fatto inaccettabile. N aturalm ente questo solo un ampliamento della accusa di
vaghezza.
T uttavia, se ci si rassegna ad abbandonare il progetto di definire il valore di
verit di un controfattuale e ci si accontenta di stabilire le condizioni di asseribilit fondata o di accettabilit razionale, allora a chi scrive sembra che le idee di
L ew is possano essere utili. N ella situazione attuale, difficilmente si possono con
siderare come una soluzione al problem a di costruire una sem antica dei controfattuali; ma rappresentano senza dubbio un contributo im portante.

6.

Problemi dell essenza .

K ripke sostiene che dopo aver scoperto che la com posizione dellacqua nel
mondo reale H jO , rifiutiamo di chiamare acqua ipotetiche sostanze di com
posizione differente, anche se le loro (ipotetiche) propriet superficiali fossero si
mili a quelle d ellacqua; e questo sembra corretto. M a l afferm azione che l enun
ciato 'L acqua H jO sia vero in tutti i m ondi possibili potrebbe essere troppo
rigida. Si consideri un m ondo possibile in cui l acqua esista solo sotto form a di
molecole HgOg; K rip k e potrebbe obiettare che lesempio inadeguato: 'L ac
qua H gO una sem plificazione gi nel mondo reale (m olecole come H4O2,
HgOg esistono realmente), e la sua teoria sostiene che la com posizione dellacqua
nel mondo reale determ ina la com posizione in tutti i m ondi possibili. M a anche
se, per esempio, H jqO iq non esiste nel mondo reale, probabile che si chiam e
rebbe acqua una sostanza avente propriet sim ili a quelle d ellacqua e com
posta di m olecole H joO jq in qualche mondo possibile.
Ancora, si consideri un mondo possibile in cui le leggi fisiche siano lievem en
te diverse e in cui idrogeno e ossigeno non esistano separatamente. C i che viene
chiamato atomi d ossigeno e atomi d idrogeno non sono stati stabili, ma lo
la <1m olecola HgO . chiaro che l'acqua esiste in quel mondo ; ma non affatto
chiaro che 'L acqua H gO sia vero in quel mondo (perch non esistono in quel
mondo sostanze chim iche com e idrogeno e ossigeno).
Ci che K rip k e sostiene come corretto che la scienza fa pi che scoprire
sem plici correlazioni. L a scienza scopre che certe cose possono essere, che certe
cose devono essere, ecc. E una volta che si scoperto che la com posizione chim i
ca dellacqua nel mondo reale H jO (in realt una sovrapposizione nel senso
della m eccanica quantistica di H jO , H4O2, HgOg, ... pi D jO , D4O2, ...), non si
chiama acqua una qualunque altra sostanza, ipotetica o reale, a meno che non
abbia una com posizione sim ile a questa. M a com posizione sim ile in qualche
modo una nozione vaga; e dire che 'L acqua H jO , o qualunque altra propo
sizione di questo tipo, vera in tutti i mondi possibili sembra essere una sem
plificazione eccessiva.
Anche il caso tem peratura / energia cinetica molecolare m edia di traslazione
troppo semplificato. L a tem peratura energia molecolare m edia di traslazione
nel caso di sostanze che consistono di molecole. M a il concetto di tem peratura

991

Possibilit/necessit

stato esteso, per esempio alle radiazioni. E chi sa quanto ancora potrebbe venir
esteso in applicazione a situazioni ipotetiche. (Parlando in term ini di propriet
anzich di concetti : dubbio che la tem peratura sia la stessa propriet nei due
casi delle m olecole e delle radiazioni. A n che lestensione dai gas, in cui la distri
buzione della velocit delle m olecole una distribuzione di M axw ell, a m olecole
con altre distribuzioni una com plessa conquista della fisica degli ultim i anni
del XIX secolo).
Questi esem pi suggeriscono che lessenza che la fisica scopre va pensata
come una sorta d paradigma cui le altre apphcazioni del concetto (acqua o
temperatura ) devono somigliare, pi che una condizione necessaria e sufficien
te valida per tutti i m ondi possibili. Il che avrebbe dovuto esser chiaro gi fin
dalla critica della distinzione analitico/sintetico svolta da Quine. U n a nozione
com e quella di tem peratura regolata da m olte leggi, in particolare dalla seconda
legge della term odinam ica ; se si arriva a un mondo possibile in cui le leggi sono
differenti di quel tanto che basta a far si che lenergia media di traslazione delle
m olecole non obbedisca alla seconda legge, m entre vale per una definizione lie
vem ente diversa, allora la definizione di tem peratura potrebbe essere cambiata
al fine di mantenere la seconda legge. K ripke sottoscriverebbe questo discorso
fin tanto che applicato alla necessit epistem ica; ma in realt questo vale anche
per la sua necessit metafisica , in quanto coinvolge la valutazione di ci che
una sim ilitudine rilevante al caso paradigm atico.

7.

Kripke e l essenza individuale .

L a parte pi controversa della teoria di K ripke, tuttavia, certam ente quella


che concerne la nozione di essenza di un individuo.
Si ricordi che nella logica modale di K ripke gli individui possono essere iden
tificati attraverso i m ondi possibili : questo ci che mette in grado di rappresen
tare il fatto che Aristotele avrebbe potuto nascere ad Atene anzich a Stagira.
M a chiaram ente devono esservi dei lim iti: chiaramente falso che Aristotele
avrebbe potuto essere una bottiglia di vetro. Stabilire quali individui in altri
m ondi possibili siano identici, attraverso i m ondi, ad Aristotele, equivale esatta
mente a determinare cos Yessenza di Aristotele, quali propriet un oggetto deve
avere per essere Aristotele. E che anche questa nozione metafisica debba essere
riabilitata sem bra eccessivo per m olti filosofi contemporanei.
L a soluzione che K ripke d al problem a d ellessenza individuale consiste nellassumere com e caratteristiche essenziali la com posizione e la continuit causa
le. Cosi, un individuo possibile che proviene dallo stesso ovulo fecondato (cio
da un ovulo fecondato con la stessa com posizione e gli stessi atomi) di Aristotele,
ma con una storia personale diversa un possibile Aristotele : un individuo con
lo stesso nome, gli stessi tratti caratteriali e lo stesso aspetto fisico, che nasce da
un diverso ovulo fecondato, non Aristotele, ma sem plicem ente qualcuno che
gli somiglia. E se si fossero salvate le tavole della nave di Teseo, e si costruisse
una perfetta copia della nave originale, identica per com posizione, la copia non

Possibilit/necessit

992

sarebbe la nave di T eseo perch non avrebbe in com une con loriginale il tipo
necessario di continuit causale.
Si illustrer questa teoria con un esempio che K ripke ha spesso usato nelle
sue conferenze : si pu veridicam ente affermare che (posto che ci sia un leggio
sul tavolo) 'Q uesto leggio avrebbe potuto essere dipinto di nero , ma, se questo
leggio usato rigidam ente (cio se questo leggio in realt significa proprio
questo leggio), allora 'Q uesto leggio avrebbe potuto essere fatto di ghiaccio fal
so. Questo leggio, proprio questo, non avrebbe potuto esser fatto di ghiaccio, an
che se 'Il leggio sul tavolo avrebbe potuto esser fatto di ghiaccio vero se lo si
interpreta com e 'A vreb be potuto esserci un leggio di ghiaccio sul tavolo . (Il
leggio sul tavolo , in questultimo enunciato, ci che stato definito una de
scrizione non-rigida ; si riferisce a differenti individui in m ondi possibili dif
ferenti).
A chi scrive non sem bra che la teoria di K ripke sia poi cosi metafsica. Sem
bra piuttosto ci che Carnap avrebbe chiamato una esplicazione ; una conven
zione che ha un qualche fascino intuitivo e che perm ette di form alizzare un uso
preanalitico di asserzioni modali come 'A ristotele avrebbe potuto nascere ad
A tene, 'A ristotele avrebbe potuto non essere un filosofo , 'A ristotele non avreb
be potuto essere un calam aio , ecc.
Tuttavia, le intuizioni riguardo a questo tipo di enunciati differiscono molto.
A yer (in una conferenza non pubblicata) ha suggerito che non c nulla di sba
gliato in un enunciato m odale come 'Aristotele avrebbe potuto essere cinese, an
che se questo viola la teoria di Kripke.
Ancora, se si am m ette che le leggi naturali dicano che cosa pu o non pu
avvenire, perch questo non dovrebbe estendersi alla conoscenza di ci che gli
individui possono o non possono essere o fare? U na volta che si accetta che gli
esseri umani siano flussi di materia con una certa continuit causale e una certa
organizzazione funzionale, questo non avr forse ripercussioni sugli enunciati
modali che si considereranno veri? Per chi crede nellanima, non c nulla di
sbagliato in 'A ristotele avrebbe potuto essere cinese (la stessa anim a avrebbe
potuto essere in un corpo cinese) ; ma se l Aristotele reale un flusso di materia
con una certa storia causale, allora non avrebbe potuto essere cinese senza avere
geni differenti. E un individuo possibile con geni differenti un individuo diffe
rente dallAristotele reale. (Oppure, se gli esseri um ani nel mondo reale non han
no unanima separabile dal corpo, allora esseri d un qualunque m ondo possibile
dotati di un anima che pu risiedere in diversi corpi, o staccarsi dal corpo, e la
cui personalit risieda in questanima e non nel cervello, non saranno identici a
nessun individuo del m ondo reale, anche se gli som igliano. Se non ho u n anima
separabile dal corpo nel mondo reale, allora io, proprio io, non posso avere un a
nima separabile dal corpo).
A yer non sarebbe soddisfatto di questa replica, poich non crede che le leg
gi naturali dicano che cosa oggettivam ente pu avvenire o meno ; per lui le leggi
naturali sono solo generalizzazioni vere nei confronti delle quali noi abbiamo
un certo atteggiam ento. Naturalm ente, questa poi la visione hum eana della
necessit naturale; la critica che gli pu esser fatta che non rende giustizia

993

Possibilit/necessit

diW. oggettivit delle leggi naturali. Per esempio, la m aggior parte degli scienziati
e dei filosofi non sarebbe d accordo che solo un enunciato relativo a un nostro
atteggiam ento il fatto di non poter costruire una m acchina per il m oto perpe
tuo. M a questa una discussione che esula dai limiti del presente discorso.
Bisogna dire che ci sono possibili alternative alla teoria di K rip k e allinterno
dello stesso ambito generale: per esempio, m olti autori hanno suggerito di so
stituire la nozione di identit attraverso i m ondi con quella di identit fra specie
(identit ristretta a un predicato, per esempio uom o , statua , pezzo di bron
zo ). D i un pezzo di bronzo che in un m ondo possibile forgiato in una statua,
e in un altro mondo possibile no, si dir che lo stesso pezzo di bronzo in en
trambi i mondi, ma non la stessa statua. N on ha senso, per le teorie dellidenti
t fra specie, chiedere simpliciter se due individui sono lo stesso ; a questa dom an
da si deve sem pre rispondere : lo stesso cosa ?
Potrebbe anche essere desiderabile tentare u n analisi abbandonando lassun
zione che lidentit attraverso i mondi sia transitiva.

8.

Problemi del platonismo.

A lcuni filosofi recentem ente hanno ecceduto con i discorsi sui m ondi possi
bili (alcuni filosofi eccedono ogniqualvolta ci sia una nuova m oda in filosofia), e
hanno visto la form alizzazione dei m ondi possibili come una specie di ricetta
m gica per fare progressi in quasi tutti i problem i filosofici. C i deleterio a
causa della mancanza di chiarezza della stessa nozione di mondo possibile . In
particolare, se si assume che i m ondi possibili siano entit ben definite, astratte o
anche concrete (bench il solo D avid L ew is sem bri voler optare per la seconda
alternativa) e che ci sia una ben definita totalit di tutti i m ondi possibili, allora
la questione si fa veram ente oscura. C una totalit definita di tutti gli ogget
ti possibili? U na totalit di tutti i predicatipossibili U n a totalit di tutti i pensieri
possibili Q ueste totalit non solo sem bran destinate a portare ad antinom ie (si
veda il paradosso di Russell, e quello di G rellin g, il minimo num ero non espri
m ibile con meno di venticinque sillabe - che si appena espresso con ventiquattro sillabe!), ma pongono difficolt epistem ologiche form idabili.
A lcuni filosofi evitano queste difficolt argomentando che, in effetti, se le
cito quantificare su tutti gli insiemi nella teoria degli insiemi di Zerm eloFraenkel (cfr. l articolo Logica in questa stessa Enciclopedia), allora devesser lecito quantificare su tutti i m ondi possibili nella teoria dei m ondi possi
bili. M a la teoria degli insiem i matematica, non filosofia. Se si quantifica su
tutti gli insiem i e si interpreta questa quantificazione in m odo ingenuam ente
platonico, allora salta fuori tutta una serie di problem i da un punto di vista filo
sofico ~ in particolare, come si potrebbe avere accesso epistem ico a questo iperuranio platonico degli insiemi che si pretende di descrivere. E allo stesso modo,
se si quantifica su tutti i mondi possibili e si interpreta questa quantificazio
ne in modo ingenuam ente platonico, allora com e si potrebbe avere accesso epi
stemico a questo iperuranio platonico dei m ondi possibili? Il problem a se

Possibilit/necessit

994

spiegare nozioni problem atiche come quelle di modalit e di condizionale con


trofattuale in term ini di una totalit com pletam ente metafisica di tutti i mon
di possibili costituisca un progresso filosofico, oppure piuttosto un allonta
namento dalla chiarezza, dallanalisi, da qualunque tipo di avanzam ento episte
mologico.
M entre ai filosofi di tendenza nominalista com e N elson G oodm an questo pro
blem a sembra una ragione sufficiente per abbandonare com pletam ente, perch
filosoficamente irrilevante, la teoria dei mondi possibili, a chi scrive il caso non
sembra cosi disperato. Q ualunque cosa alcuni filosofi possano pensare dei mondi
possibili, il lavoro che si descritto (che certamente non privo di aspetti pro
blematici, ma d altronde il lavoro filosofico per la sua stessa natura non pu spe
rare di non esser problem atico) non richiede assunzioni platoniche. Se si pensa
no i mondi possibili com e sem plici stati possibili di cose in relazione ad un qual
che linguaggio dato (come quelle che Carnap chiam ava descrizioni di stato ),
allora non sembrano essere entit eccessivam ente sospette e questi m ondi possi
bili collegati al linguaggio sembrano essere sufficienti sia alla teoria di L ew is sui
controfattuali (anche se non, forse, nella interpretazione decisamente realista che
si discussa prima), sia per le teorie di K ripke qui esaminate. C i che rende so
spetti i m ondi possibili il tentativo di considerarli indipendenti dal sistema
linguistico che si usa per parlare di stati possibili di cose, o situazioni ipoteti
che; ma perch si dovrebbe fare questo tentativo?
Naturalm ente evidente come la nozione stessa di possibilit non si possa
spiegare in term ini di m ondi possibili. M a ci non vuol dire che quanto si fin
qui detto non la chiarisca. Se si assume che i m ondi possibili sono fondam ental
m ente oggetti linguistici (per esempio, insiemi massimalmente consistenti in un
qualche linguaggio, o un qualche loro sottoinsieme), allora il lavoro svolto da
K rip k e ricorda che non tutti gli insiem i massimalmente consistenti di enunciati
possono esser visti com e mondi possibili. C om e non si chiam erebbe acqua
un liquido reale che si scoprisse domani, se non avesse la stessa com posizione
dellacqua, cosi non si descrive come acqua un liquido ipotetico se ha una
com posizione diversa da quella dellacqua nel m ondo reale (oltre i lim iti della
sim ilitudine al paradigm a che si suggerita come riform ulazione dei requisiti
proposti da K ripke). C osi i nostri m eccanism i referenziali servono non solo a de
terminare cos realmente acqua, ma anche cos possibilm ente acqua. L a sco
perta di un legame cosi stretto fra la teoria dei significato e la teoria della possi
bilit forse non dice che cosa la possibilit in un qualche senso valido una volta
per tutte, ma rappresenta senza dubbio un contributo fondamentale.
Quel ch presupposto, anzich chiarito, in tutto ci, la nozione di possibi
lit logica, e il lim ite fino al quale sono possibili m ondi con logiche diverse. L a
teoria dei m ondi possibili assume la nozione di possibilit logica ; non fa nulla
per la filosofia della logica. M a non un difetto per u n im portante idea filosofica
quello di non risolvere tutti i problem i, [ h . p .].

995

Possibilit/necessit

Kochen, S., e Specker, E, P.


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4,

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Blackw ell, Oxford.

II tipo di lo gica richiesto dalla meccanica quantistica (cfr. quanti) sem brerebbe d o
ver portare ad abbandonare la nozione di necessit (cfr. libert/necessit, caso/proba
bilit), o perlom eno ad avanzare importanti riserve riguardo alla distinzione fra verit
analitiche e verit empiriche (cfr. analisi/sintesi, em piria/esperienza, m atem ati
che). N on per questo per vengono posti in discussione i principi logici (cfr. opposi
zione/contraddizione) ; si , d altronde, condotti ad accettare la logica dei quanti an
cora in base a ragioni parzialmente a priori (cfr. deduzione/prova). Recentissimi stu
di sul concetto di m ondo possibile - in logica m odale e nella teoria dei condizionali con
tro fattuali - mostrano lesistenza di enunciati sintetici (cfr. proposizione e giudizio)
che possono essere veri nella totalit dei m ondi possibili. Viene cosi proposta una tesi che
definisce la verit (cfr. vero/falso) allo stesso tem po com e metafisicamente (cfr. m eta
fisica) necessaria ed epistemolgicamente contingente (cfr. scienza). Parallelamente
viene riabilitata lessenza (cfr. essere), scorgendovi un paradigm a delle similitudini
del concetto in questione. L e obiezioni che si potrebbero sollevare nei riguardi di un
nuovo realismo delle essenze (cfr. universali/particolari) cadono quando si considera
no i m ondi possibili com e oggetti linguistici (cfr. semantica), pur mantenendo un le
game fra la teoria della referenza/verit e quella del possibile (cfr. previsione e pos
sibilit).

Referenza/verit

I.

Russell su referenza e verit.

N ei Problems o f Philosophy ( 1 9 1 1) Bertrand Russell sostiene che v i sono due


tipi di conoscenza: conoscenza per esperienza diretta e conoscenza per descri
zione. L a conoscenza per esperienza limitata ai dati sensoriali (per Russell, i
dati sensoriali sono essi stessi qualit, e quindi degh universali piuttosto che dei
particolari; ma in questa sede i dettagli della sua teoria non sono rilevanti). Se
condo Russell i dati sensoriali possono essere colti e denominati direttamente-,
solo nel caso dei dati sensoriali si pu essere certi che un nome denota, e certi di
che cosa denota. Russell chiam questi nom i - nomi di dati sensoriali di cui si ha
una conoscenza per esperienza - nomi logicam ente propri.
D elle altre cose si ha conoscenza per descrizione. Posso sapere che ci fu una
persona quale G iulio Cesare, anche se non ho una conoscenza per esperienza di
G iulio Cesare, in quanto posso descriverlo come il generale romano che si chia
mava 'G iu lio , che sconfisse Pom peo, che attravers il Rubicone, ecc. (natural
mente, queste clausole dovrebbero essere riform ulate in modo da contenere sol
tanto nomi logicam ente propri - un grave intoppo per Russell).
L a teoria di Russell pu essere riform ulata come una teoria sulla referenza
dei term ini in questo modo :
1) esistono due tipi di term ini: prim itivi e definiti;
2) i term ini definiti sono sinonim i di descrizioni, cio espressioni della forma
lunica entit che... (la celebre teoria delle descrizioni di Russell m o
stra come le descrizioni possano essere tradotte nella notazione della logi
ca sim bolica) ;
3) i term ini prim itivi si riferiscono a cose cui abbiam o una qualche sorta di
accesso epistemico.
Si pu anche dire che Russell sostenesse una teoria della verit com e corri
spondenza, cio sosteneva che: a) le asserzioni corrispondono a stati di cose;
sono vere se si d lo stato di cose corrispondente, false in caso contrario ; b) la no
stra comprensione d una asserzione consiste nella conoscenza di quale stato di
cose le corrisponde; c) questo aggancio reso possibile dal fatto che i com po
nenti ultim i di una qualsiasi asserzione sono nomi logicam ente propri, e noi
abbiamo una conoscenza per esperienza di ci cui i nomi logicam ente propri si
riferiscono.
A lcune parti della teoria di Russell si dimostrarono problem atiche fin dal
linizio, e furono modificate o abbandonate gi da lui stesso. L idea che tutti gli
enunciati significativi possano essere ridotti a enunciati concernenti i dati senso
riali venne in seguito abbandonata. M a se non si assume che i term ini prim itivi
debbano riferirsi a dati sensoriali e non si precisa la natura dellaccesso episte
mico in 3), allora m olti filosofi avrebbero fino a poco tempo fa sottoscritto i), 2),

Referenza/verit

726

3) (e forse m olti lo farebbero ancora oggi). Analogam ente, m entre c) nella nostra
enunciazione della versione russelliana della teoria della verit come corrispon
denza fu pi tardi abbandonato, m olti filosofi d oggi accetterebbero probabil
m ente a) e b).
In questa esposizione, 'term ine stato usato per intendere 'term ine singo
lare , cio si parlato di espressioni come 'G iu lio Cesare, 'E verest , 'L a stella
della sera , che intendono designare un solo oggetto. Russell pensava anche che
nom i generali come 'cavallo , 'oro fossero sinonim i di altre espressioni, e preci
samente di congiunzioni di clausole esprim enti le condizioni necessarie e suffi
cienti di appartenenza alla classe interessata. Per esempio, 'oro era pensato co
me sinonimo di 'm etallo giallo, prezioso, inalterabile, pesante, solubile in ac
qua ragia , o qualcosa del genere.
Cosi la teoria di Russell dice qualcosa su quali tipi di nomi esistono (prim i
tivi e definiti) e come essi denotano, qualcosa sulla referenza, cio che esiste una
relazione fra term ini e oggetti indipendenti dal discorso, e qualcosa sulla natura
della verit e falsit (teoria della corrispondenza). Questi argom enti nel dibattito
filosofico pi recente sono stati separati ; si vedr in seguito che sono ancora al
centro di aspre discussioni.

2.

L a nuova teoria della referenza ; Putnam e Kripke.

H ilary Putnam e Saul K ripke, luno indipendentem ente dall altro, hanno
proposto in una serie di pubblicazioni un certo num ero di idee sim ili e strettamente collegate fra loro, che convergono in un deciso attacco alle vedute tra
dizionali di Russell.
L e teorie di Putnam nascono dal suo lavoro sia nel campo della filosofia della
mente, sia in quello della filosofia del linguaggio. In Dreaming and "D epth ofGrani
mar egli attaccava lidea che un universale sia sinonimo di un insiem e di condi
zioni sufficienti e necessarie per l appartenenza alla classe. EgH scriveva, citando
il caso della sclerosi m ultipla : Ci che vorrem m o dire : esiste (pensiamo che
esista) qualcosa -- diciam o un virus - che normalmente provoca questo e questaltro sintomo. Forse occasionalmente (raramente) altri disturbi causano gli
stessi sintomi in alcuni pazienti. Quando un paziente manifesta questi sintomi
diciamo che ha una "sclerosi m ultipla - ma, naturalmente, siamo pronti a rico
noscere d esserci sbagliati se il caso si rivela anomalo. E siamo pronti a classifi
care come casi di sclerosi m ultipla dei disturbi che presentino sintom i devianti,
se scopriamo che l agente fondamentale era il virus che provoca la sclerosi m ulti
pla, e che la devianza dei sintomi costituiva, diciamo, una variazione casuale. D a
questo punto di vista la questione non , per cosi dire, 1 "estensione del ter
mine "sclerosi m ultipla , ma quale sia, se esiste, la cosa che risponde alla nostra
nozione di sclerosi m ultipla. Quando sappiamo che cosa corrisponde (pi o me
no perfettamente) ai nostri criteri, questa, sia quel che sia, sar 1 "estensione di
"sclerosi m ultipla [1962, ed. 1975 pp. 310-11].
In questo paragrafo appare una delle idee centrali di quella che stata qui

727

R e fe r e n z a / v e r it

definita nuova teoria della referenza: lidea che lestensione di certi tipi di ter
mini (pi tardi Putnam parler di parole di specie naturale , intendendo i nomi
delle sostanze naturali, delle specie, e delle grandezze fisiche) non sia fissata da
un insieme di criteri stabiliti a priori, ma sia, in parte, stabilita dal mondo.
Esistono leggi oggettive cui la sclerosi m ultipla, i cavalli, l oro, lelettricit obbe
discono ; e che cosa sia razionale includere in queste classi dipende da che cosa
queste leggi mostrano d essere.
Poich non si conoscono esattamente queste leggi, necessario lasciare in
qualche modo indeterm inata lestensione di queste classi, piuttosto che stabilirla
esattamente considerando i term ini sinonimi dinsiemi di condizioni necessarie
e sufficienti. L estensione di sclerosi m ultipla include tutto ci che si rivela
della stessa natura della m aggioranza dei casi paradigm atici di sclerosi m ulti
pla ; non si suppone di conoscere a priori che cosa questa natura sia (che cosa sia
no le leggi). In questottica, paradigm i e program m i di ricerca per scoprire le leg
gi (o dimostrare la validit di quelle gi in nostro possesso) prendono il posto
delle rigide condizioni necessarie e sufficienti nel determinare lestensione.
In Identity and Necessity [1971] e Naming and Necessity [1972] Saul K ripke
ha attaccato lanalisi russelliana dei nomi propri. Secondo K ripke, non il caso
che 'G iu lio Cesare sia sinonimo di una qualche espressione del tipo Il gene
rale romano che si chiamava 'G iu lio , che sconfisse Pompeo, che attravers il
Rubicone, ecc..
N ellarticolo Possibilit/necessit di questa stessa Enciclopedia stata de
scritta la teoria di K ripke della possibilit. Si ricorda qui che ha senso dire G iu
lio Cesare avrebbe potuto non chiamarsi 'G iu lio (i suoi genitori avrebbero po
tuto chiamarlo 'M arco). Sim ilm ente, ha senso usare gli enunciati (che sono veri,
sia secondo la teoria di K ripke sia secondo le nostre intuizioni preanalitiche) 'C e
sare avrebbe potuto non sconfiggere Pom peo, 'Cesare avrebbe potuto non at
traversare il R ubicone , ecc. M a nessuno di questi enunciati sarebbe in grado di
esprimere una possibilit se 'G iu lio Cesare significasse L unico individuo che
fu un generale romano, ebbe nome 'G iu lio , sconfisse Pompeo, attravers il R u
bicone, ecc. . In effetti, se 'G iu lio Cesare fosse sinonimo di questa descrizione,
allora egli non sarebbe stato G iulio Cesare se non avesse sconfitto Pom peo. Il che
chiaramente falso.
L analisi di K rip k e (riassunta in Possibilit/necessit ) conclude che un in
dividuo in un qualsiasi mondo possibile, che abbia gli stessi genitori del vero
G iulio Cesare, e derivi dallo stesso ovulo fecondato, un possibile G iu lio Cesare
anche se, nel mondo possibile in questione, ha una vita diversa da quella del vero
G iuho Cesare, un altro nome, ecc. Questo spiega la possibilit di enunciati come
G iulio Cesare avrebbe potuto non chiamarsi 'G iu lio , ma lascia il problem a di
fornire u n interpretazione del significato del nome 'G iu lio C esare, dato che
quella di Russell si rivelata falsa.
L a teoria di K rip k e della possibilit identifica gli individui attraverso i mondi
possibili sulla base delle origini e della storia. Questi stessi fattori - origine e sto
ria - sono quelli che svolgono un ruolo decisivo nellinterpretazione kripkiana
del funzionam ento dei nomi.

Referenza/verit

728

U n nome viene originariamente dato ad una persona, battezzandola per


cosi dire. In seguito la gente usa questo nome con lintenzione di riferirsi a
chiunque stato precedentem ente conosciuto con quel nome (o con una sua va
riante, visto che i nomi cambiano grafia e pronunzia nel corso del tempo) da de
terminate persone in determinati contesti. Posto che allinizio abbia avuto luogo
una cerimonia di denom inazione riuscita, e che nelluso successivo del nome
esista la giusta form a di continuit, si pu considerare il nom e 'M os , quale
esso usato oggi, come riferentesi allo stesso individuo cui la versione originale
del nome (che era allincirca 'M osh e) venne attribuita nellappropriata ceri
monia di denom inazione - cerim onia che sta allaltro capo della catena causale
che conduce da ultim o al nostro uso attuale nelle circostanze in questione.
Questo non significa che 'M o s sia sinonimo della descrizione la persona
cui fu dato nom e 'M osh e nella cerimonia di denominazione che connessa (dal
giusto tipo di catena causale) al mio presente uso del nome 'M o s . Significa
che noi usiamo, im plicitam ente, quella descrizione per indicare l individuo che
chiameremmo M os anche parlando di mondi possibili in cui egh non soddisfa
la descrizione che usiamo per indicarlo nel mondo reale. In effetti, usiamo de
scrizioni per indicare a chi o a che cosa ci stiamo riferendo, ma ci non vuol dire
che i nomi che usiamo siano sinonimi di queste descrizioni, in quanto i nomi
hanno propriet logiche diverse (entrano in diversi condizionali controfattuali
veri) da quelle delle descrizioni che im pieghiamo per individuare i portatori dei
nomi.
In Is Semantics Possible? (1970) e, in form a pi estesa, in The Meaning of
"Meaning (1975) Putnam ha effettuato alcune considerazioni sui term ini di
specie naturale, le quali hanno una certa correlazione con queste osservazioni
sui nomi propri. Secondo Putnam, l uso di una parola come 'o ro dipende dal
nostro possedere paradigm i, esempi standard che sono riconosciuti come m em
bri modello della specie. (Naturalm ente alcuni di essi, sottoposti ad analisi, pos
sono dimostrarsi di natura diversa dalla m aggioranza; se ci accade, questi non
contano pi come paradigmi). Ci che fa si che qualcosa sia oro il fatto che ha
la stessa natura dei paradigm i ; in armonia con la teoria fisica attuale, ci signi
fica avere la stessa com posizione, poich la com posizione atom ica a determ i
nare il com portam ento di una sostanza.
Per fare un altro esempio, si consideri la specie limone . C i sono lim oni ver
di anzich gialli, e pu benissimo esistere un agrume giallo che non sia un limone.
C i che fa si che qualcosa sia un lim one il suo avere la stessa natura (per esem
pio lo stesso d n a ) dei lim oni paradigm atici, e non il suo soddisfare un qualche
insieme di condizioni (colore giallo, buccia spessa, gusto agro...) stabilite a prio
ri. L e specie naturali non hanno definizioni analitiche.
L aggancio con le idee di K ripke sui nomi propri questo : in entrambe le
teorie la referenza fissata mediante cose date esistenzialmente e non attraverso
criteri. O ggetti reali, qualunque sia la loro descrizione, che hanno avuto un cer
to ruolo causale nella nostra acquisizione e nel nostro uso dei term ini, stabihscono a che cosa i term ini si riferiscono. U n term ine si riferisce a qualcosa se sta
nella relazione appropriata (continuit causale nel caso dei nom i propri; iden

729

R e fe r e n z a / v e r it

tit di natura nel caso dei term ini di specie) con questi oggetti esistenzialm en
te dati. N el caso dei nomi propri, loggetto dato esistenzialmente la persona o
cosa originariamente battezzata col nome ; nel caso dei term ini di specie na
turale, gli oggetti esistenzialmente dati sono i paradigm i reali.
U na seconda relazione consiste nel fatto che il giusto tipo di continuit cau
sale, e il condividere una natura, determ inato dalle nostre teorie, in evoluzione,
sulla natura oggettiva delle persone e delle varie specie naturali, e non a priori.
Com e gi stato detto nell articolo Possibilit/necessit, K ripke sostiene
l idea che, una volta scoperto che lacqua reale H jO , ci si rifiuta di chiamare
'acqua delle possibili (ipotetiche) sostanze di com posizione chim ica differente,
anche nel caso in cui assomiglino superficialm ente allacqua. Se si assume che sia
la natura dell acqua locale (terrestre) a determ inare l essenza dellacqua (cio
a determinare che cosa acqua in un qualunque mondo possibile), allora que
sto punto di vista coincide perfettam ente con quello di Putnam . E l osservazione
fatta da Putnam , che i term ini di specie naturale non possono essere definiti ana
liticamente, fatta anche da K ripke, e per ragioni analoghe.

3.

La rilevanza filosofica della nuova teoria della referenza.

U na parte della rilevanza della nuova teoria della referenza (il nome do
vuto a Schw artz [1977], il cui libro costituisce una delle m igliori esposizioni di
questo argomento) gi stata evidenziata; negando che i nomi propri e i termini
di specie naturale siano sinonim i di descrizioni definite o congiunzioni di criteri,
la nuova teoria rende possibile il tipo di teoria della necessit descritta nel gi
citato Possibilit/necessit. Questa teoria riabilita la nozione che gli oggetti
e le specie abbiano essenze, cio che vi siano delle caratteristiche che una data
cosa deve avere per essere la cosa (o il tipo di cosa) che , liberando nel frattem
po questa nozione dalle sue connessioni con u n epistemologia aprioristica.
M a la nuova teoria ha im portanza anche in una direzione com pletam ente dif
ferente, come nota W iggins [1980]. L e due idee chiave della nuova teoria sono:
1) per appartenere ad una specie naturale, un dato oggetto deve avere la stes
sa com posizione, od obbedire alle stesse leggi - in effetti, ci che rende la
composizione importante, quando lo , il suo collegamento con leggi di
com portamento - dei m em bri modello della classe, e questa com posizione
o queste leggi non sono solitamente note nel momento in cui il term ine di
specie naturale introdotto, ma richiedono una quantit indefinita di ri
cerche per essere scoperte;
2) i term ini di specie naturale e i nomi propri non sono sinonim i di congiun
zioni di criteri e descrizioni definite, rispettivamente.
L a teoria di K ripke sulla necessit assume, come si visto, sia i) sia 2). M a
i) gi di per s ricca di interesse filosofico.
Ci che i) dice che sono le stesse specie naturali a svolgere un ruolo nel de
terminare lestensione dei term ini che ad esse si riferiscono. D avid W iggins sot

Referenza/verit

730

tolinea come questo significhi che c una grande differenza fra i term ini di spe
cie naturale, i quali richiedono lipotesi di una natura, o di un insieme di leggi
oggettive, siano leggi del com portam ento, o leggi della generazione e corruzio
ne , o leggi dello sviluppo di un m em bro tipo di una specie biologica, e ci che
egli chiama termini artefattuali. Sono artefattuali i term ini come 'tavolo , o
'televisore . Essi si riferiscono ad oggetti di cui si conosce com pletam ente la na
tura, in quanto noi li abbiam o disegnati ed inventati. Secondo W iggins, siamo in
grado di fornire insiem i di condizioni necessarie e sufficienti per appartenere al
lestensione di un term ine di questo tipo. W iggins nota anche che il tracciare una
precisa distinzione in questo senso tra artefatti e m em bri di specie naturale porta
ad una sorta di riabilitazione della nozione aristotelica di sostanza. ( L esempio
di sostanza prediletto da Aristotele un organismo vivente ; egli sostiene che un
artefatto, per esempo u n ascia, una sostanza solo in senso lato). W iggins inol
tre applica questa distinzione alla filosofia morale ; egli vede u n im portante diffe
renza tra posizioni che considerano il term ine 'persona come artefattuale (il che
significa che noi determiniamo convenzionalmente le condizioni per essere una
persona) e posizioni che invece lo trattano come un term ine di specie naturale.
Il carattere evidenziato da W iggins chiamato da Putnam contributo del
lambiente. Secondo Putnam , i significati non sono nella testa; a stabilire la
referenza concorre la natura reale dei paradigm i e non sem plicem ente i concetti
nella nostra testa. U n altra caratteristica importante, sia della teoria di Kripke,
sia di quella di Putnam , che la referenza determinata socialmente. Per stabilire
se qualcosa realmente oro o meno, un parlante potrebbe dover consultare un
esperto, che conosca la natura delloro m eglio della media dei parlanti. L a catena
storica di trasmissioni che conservano la referenza di un nome proprio nella teo
ria di K ripke un altro caso di cooperazione sociale nella determ inazione duna
referenza. L idea che le estensioni dei nostri term ini siano stabilite da pratiche
collettive, e non da concetti che ognuno di noi individualm ente ha, rappresenta
un netto distacco dal modo in cui il significato stato inteso a partire dal xvii
secolo.

4.

L a teoria della verit di Tarski.

D alla referenza si passi ora a discutere della verit, prendendo le mosse dal
lavoro di A lfred T arsk i [1933], uno dei pi grandi logici m oderni. Bench per
presentare adeguatam ente la teoria tarskiana sia necessaria una conoscenza piut
tosto approfondita della logica, una delle idee guida, quella di disquotation, fa
cile da spiegare. Si prenda un qualsiasi enunciato, ad esempio L a neve bianca.
L o si ponga tra virgolette : L a neve bianca ; e si aggiungano le parole ve
ro: " 'L a neve bianca vero . L enunciato risultante nel suo complesso
vero se e solo se vero quello originario. Inoltre esso asseribile se e solo se
l enunciato originario asseribile; ed probabile al grado r se e solo se lenun
ciato originario probabile al grado r, ecc.
Secondo T arski, Carnap, Quine, A yer e altri, la conoscenza di questi fatti

731

Referenza/verit

la chiave per capire le parole vero . In breve, per capire P vero, dove P
un enunciato tra virgolette, togliere le virgolette {disquote) a P (ed eliminare
vero ).
Per esempio, cosa significa " 'L a neve bianca vero ? Significa 'L a neve
bianca . Cosa significa '"E s iste un mondo reale esterno vero ? Significa
'Esiste un mondo reale esterno . E cosi via.
Ci che i sostenitori della disquotation affermano che la dom anda che cosa
vuol dire che qualcosa vero non ha bisogno di impegnarsi su unopinione sul
significato del qualcosa in questione, o su come si possa verificare questo qual
cosa. Si pu interpretare materialisticamente 'L a neve bianca ; si pu credere
che 'L a neve bianca sia verificabile, o che sia solo falsificabile ma non verificabile, o semplicem ente conferm abile a un grado di probabilit compreso tra o e
i ; o niente di tutto ci; ma 'L a neve bianca rimane equiasseribile con '" L a
neve bianca vero. D a questo punto di vista vero , sorprendentemente,
una nozione filosoficamente neutra. Vero semphcemente un accorgim ento
per consentire u n ascesa semantica - consentire di innalzare u n asserzione
dal linguaggio oggetto al m etalinguaggio , e questo accorgim ento non com
promette chi lo usa n epistem olgicam ente n metafisicamente.
Si trattegger ora la seconda idea guida della teoria di Tarski. In questa teo
ria vero un predicato di enunciati; e questi enunciati, se la teoria devessere
precisa, devono appartenere a un qualche linguaggio form alizzato L . ( oggi al
centro di m olte discussioni tra filosofi e linguisti il modo in cui sia possibile
estendere la teoria ai linguaggi naturah). Ora, un linguaggio inteso in questo
senso ha un numero finito di predicati indefiniti o prim itivi . P er semplicit,
si supponga che il linguaggio L abbia due soh predicati prim itivi - ' la L u n a
e ' azzurro . Per qualunque predicato P , la locuzione
'P si riferisce a *
di cui possibile evidenziare lintima connessione con la parola vero usando
vero di anzich si riferisce a:
'P vero di x
pu essere spiegata anche con l idea di disquotation: se P il predicato ' la
L u n a , si ha:
' " la L u n a si riferisce a x se e solo se x la L u n a.
E se P il predicato ' azzurro , si ha:
' " E azzurro si riferisce a x se e solo se x azzurro.
Cosi la proposizione del m etalinguaggio '" la L u n a si riferisce
a x equiva
lente allaffermazione del linguaggio oggetto 'x la L u n a .
Si dice che P si riferisce prim itivam ente a x se P un predicato prim itivo
(nel caso del linguaggio L ' la L u n a o ' azzurro) e P si riferisce a x. Allora
si pu definire, per l esempio specifico L , la referenza prim itiva fornendo un
elenco :

Referenza/verit

732

DEFINIZIONE. P SI riferisce primitivamente a x se e solo se i j P la locuzione


' la Luna e x la Luna; oppure 2) P la locuzione ' azzurro e x azzurro.

E per qualunque particolare linguaggio form alizzato pu esser data u n analoga


definizione della referenza prim itiva quando si abbia un elenco dei predicati pri
mitivi di quel linguaggio.
U na spiegazione appropriata del resto della teoria tarskiana richiederebbe
conoscenze non indifierenti di logica e di matematica. Si sar quindi molto ap
prossimativi.
I predicati non prim itivi di un linguaggio vengono derivati dai prim itivi con
vari mezzi ~ funzioni di verit e quantificatori. Si supponga, per fare un esempio,
che i soli m ezzi logici siano la disgiunzione e la negazione : la form azione dei pre
dicati P o Q e non-P a partire dal predicato P . Si pu allora definire la re
ferenza nel modo seguente :
1) se P non contiene connettivi logici, P si riferisce a x se P s riferisce pri
mitivam ente a *;
II)
P 0 g si riferiscono a * se P si riferisce 2. x o Q s riferisce a x;
III) non-P si riferisce a x se P non si riferisce a x.
II trasformare questa definizione induttiva in una esplicita ci che richiede
una conoscenza approfondita delle tecniche della logica ; basti qui dire che pu
esser fatto. Il risultato una definizione di referenza /ler un particolare linguag
gio ~ una definizione che non fa uso di parole semantiche (parole della stessa fa
m iglia di V ero e 'riferisce).
L a principale tecnica di cui T arski si serve per porre definizioni induttive
nella forma di definizioni esplicite quella - escogitata da F rege (cfr. larticolo
Logica in questa stessa Enciclopedia) - che consente di definire l ancestrale
F * di una relazione F . Questa tecnica richiede la quantificazione su insiemi e
relazioni arbitrarie sulluniverso di discorso del linguaggio per il quale si vuole
definire la verit ; quindi la definizione esplicita di vero in L viene sempre
data in un linguaggio che ha una teoria degli insiemi pi forte di L stesso.
Infine, supponendo che il nostro semplice linguaggio sia cosi sem plice che
tutti gli enunciati sono della form a per ogni x, P x, per qualche x, P x, o funzioni
di verit di queste (dove P un predicato), allora vero sar definito come segue
(ovviamente T arski analizz in realt linguaggi molto pi com plessi):
i') per ogni x, P x vero se e solo se, per ogni x, P si riferisce a x ;
11') per qualche x, P x vero se e solo se, per qualche x, P si riferisce a x;
in ') se p e q sono enunciati, p 0 q e vero se p vero o q vero ; e non-p vero
s e p non vero.
M antenendosi fuori dalla parte matematica del lavoro di T arsk i (come si tra
sforma una definizione induttiva , come quella descritta, in una esplicita del
la forma 'Q ualcosa vero se e solo se..., in cui vero e si riferisce non com
paiono in ...) e ignorando le enormi com plicazioni che sorgono quando il lin
guaggio com prenda relazioni - predicati a due (o tre, ecc.) posti - si cercato di
evidenziare tre idee:

733

Referenza/verit
1) Verit e referenza sono d e f i n i t e uno specifico linguaggio per volta.
N on viene definita la relazione vero in L con L variabile.
2) L a referenza prim itiva definita per m ezzo di un elenco ; e la referenza
e la verit in generale sono definite per induzione sul num ero dei connet
tivi logici nel predicato o nella proposizione, a partire dalia referenza pri
mitiva.
3) L a definizione induttiva m ediante una serie di regole com e i), 11), iii),
i'). II'), III'), pu essere trasformata in una vera e propria definizione
esplicita mediante l uso di strum enti logici.

Com e controprova della correttezza di quanto stato fatto, facile ricavare


dalla definizione di vero il seguente
TEOREMA.

Per qualche x, x la Luna vero se e solo se, per qualche x, x

la Luna.
E in effetti, si pu ricavare dalla definizione di verit che
T ) P vero se e solo se P
dove la lettera P sostituita da qualunque enunciato del linguaggio L.
N el fatto che le cose debbano stare cosi - che lo schema T di cui sopra sia
tale che tutti i suoi esempi sono conseguenze della definizione di vero - con
siste il criterio di adeguatezza (il famoso Criterio T ) di T arsk i per le defini
zioni di vero .
da notare che, m entre l idea di disquotation pu dapprincipio apparire ba
nale, la teoria di T arski ovviam ente tu ttaltro che banale. L a ragione di ci sta
nel fatto che lidea di disquotation dice soltanto che il Criterio T corretto; ma
non dice com e definire vero in modo da soddisfare il Criterio T. N la disquo
tation in s consente di eliminare vero da tutti i contesti in cui occorre. '" L a
neve bianca vero equivalente a L a neve bianca', ma a quale enunciato
non comprendente la parola 'vero (0 qualsiasi altro term ine semantico) equi
valente il seguente: S e le premesse in un inferenza della forma p 0 q, non-p .'. q,
sono entrambe vere in L , allora la conclusione anchessa vera in L ? Il m etodo di
Tarski d un equivalente per questo enunciato, e per altri in cui vero com pa
re con variabili e quantificatori, e questo ci che la disquotation di per s non
riesce a fare.

5.

Davidson su verit e significato.

D al punto di vista appena descritto, la com prensione della parola V ero non
pone particolari problem i filosofici n daltro genere. N ell enunciato '" L a neve
bianca vero , ad esempio, il significato della parola 'vero colto da una
qualsiasi definizione di vero in italiano che soddisfi il Criterio T di T arski;
ovvero, che fornisca tutte le equivalenze della forma:
' " L a neve bianca vero se e solo se la neve bianca .

Referenza/verit

734

Certam ente capisci " L a neve bianca , sono pronti ad argom entare i filosofi
che seguono T arsk i (in caso contrario, non sono solo le parole semantiche co
me 'vero o 'riferisce a costituire il tuo problem a), e se tu sai che 'L a neve
bianca vero equivalente a 'L a neve bianca , allora sai tutto ci che serve
sapere per capire 'L a neve bianca vero .
Quali che possano essere i m eriti di un ragionamento sim ile com e risposta ai
problem i filosofici suscitati dal concetto di verit, chiaro che lidea consiste nel
considerare i term ini non sem antici (i term ini descrittivi del linguaggio oggetto
e il vocabolario logico) come compresi, e n ellusare questi term ini non semantici
(ed una base teoretica pi forte di quanto consentito dal linguaggio oggetto) per
spiegare il significato di 'vero . D onald D avidson, in u n im portante serie di con
tributi [cfr. ad esempio 1967] ha proposto un interessante capovolgim ento di
questa procedura.
Si supponga di form alizzare litaliano (o una parte adeguata d ellitahano), e
di dare una definizione alla maniera di T arski della verit per il linguaggio risul
tante. Questo fornir come teoremi una serie di enunciati della form a;
'P vero se e solo se P
per esempio, ancora una volta
a) " 'L a neve bianca vero se e solo se la neve bianca .
Questa definizione di verit non deve necessariam ente essere data in italiano
(in una versione insiem isticam ente rafforzata dellitaliano) ; pu essere data, per
esempio, in tedesco (con una appropriata teoria degli insiemi). In questo caso
la definizione di verit dar tutti gli enunciati della form a;
P ist wahr wenn und nur wenn P '
dove P ' la traduzione in tedesco dellenunciato italiano P , ad esem pio;
h) 'L a neve bianca ist wahr wenn und nur wenn Schnee ist weiss.
Si im m agini ora un parlante tedesco che non conosca affatto litaliano, e al
quale venga detto b). Se com prende la nozione di verit (cio, se sa cosa signi
fica wahr), ci che b) gli dir il significato d ellenunciato 'L a neve bianca in
italiano. Se gli fosse data la definizione di verit per litaliano, egli ne potrebbe
derivare un enunciato della form a P ist wahr wenn und nur wenn P ' (un T'
enunciato) in corrispondenza di ciascun enunciato P dellitaliano, e dedurre in
questo m odo che cosa significano tutti gli enunciati deUitaliano. (Questo non
vuol dire che si debba dare al parlante tedesco l elenco infinito di tutti i T-enunciati; ci che gli viene dato la definizione di verit, la quale una definizione
esplicita finita).
In breve, lidea di D avidson di capovolgere largom entazione di Tarski.
Anzich considerare come vero il term ine di cui si deve spiegare il significato,
e il Hnguaggio oggetto com e noto, D avidson assume il linguaggio oggetto come
ci che d evessere spiegato, e 'vero (0 qual altro sia il term ine che significa vero
nel hnguaggio in cui si deve fornire la spiegazione) come ci che gi conosciuto.

735

Referenza/verit

In questo modo, qualunque definizione di verit per un linguaggio (nel senso


tarskiano) pu essere vista come una teoria del significato per quel linguaggio.
D avidson va oltre, e sostiene l inverso; che qualunque teoria del significato
per un linguaggio, cio qualunque descrizione finita che stabilisce significati per
l infinita m oltitudine degli enunciati di un linguaggio, im plicitam ente una de
finizione della verit in quel linguaggio, e che la forma esplicita proposta da
Tarski quella ideale per teorie form alizzate del significato. N on verranno qui
discusse queste affermazioni, bench costituiscano u n affascinante conseguenza
delle discussioni sulla verit tra i logici e i filosofi.
Il punto che qui interessa questo : qual la portata di una sim ile teoria del
significato, o di una sim ile concezione del rapporto fra teoria della verit e teoria
del significato, per la natura della comprensione?
D avidson risponde senza esitazioni ; se la teoria del significato di un linguag
gio sem plicem ente la definizione di verit per il linguaggio stesso, allora, egli
argomenta, la com prensione che un nativo ha del proprio linguaggio pu venire
perfettam ente descritta come una conoscenza im plicita di quella definizione di
verit. Com prendere un linguaggio naturale (o, peraltro, form alizzato) significa
im plicitam ente conoscere la definizione ricorsiva di verit per quel linguaggio,
in quanto questa ricorsivit che stabilisce le condizioni di verit di uno qua
lunque tra gli infinitam ente numerosi enunciati del linguaggio.
Potrebbe a questo punto sembrare che non si sia detto niente di diverso da
ci che affermava la teoria della verit com e corrispondenza. L a definizione di
verit per l italiano dice a K arl che 'L a neve bianca vero se e solo se la neve
bianca (questo bench K arl pensi questo pensiero in tedesco e non in italiano,
pensi cio l enunciato poc anzi chiamato 6)); cosi K arl pu rispondere alla do
manda di quale stato di cose corrisponda allenunciato italiano 'L a neve bian
ca , replicando che la neve bianca (o, in tedesco, dass Schnee weiss ist).
Sem bra in effetti che ogni enunciato in italiano corrisponda ad uno stato di cose
che deve darsi se lenunciato in italiano deve essere vero (e la definizione di ve
rit dice di quale stato di cose si tratti). E il capire la proposizione in itahano sem
bra effettivam ente consistere (se D avidson nel giusto) nellafferrare le condi
zioni per la verit d ellenunciato, o meglio, nellafierrare la definizione che ge
nera un T-enunciato, il quale specifica queste condizioni. C he Tarski e D avidson
fra tutti e due abbiano finito per giustificare e chiarire la teoria della verit come
corrispondenza ?

6.

L a teoria non realistica della verit di Michael Dummett.

A questa domanda, M ichael D um m ett [1979] risponde con un sonoro no


(una versione pi approfondita delle idee di D um m ett si avr quando saranno
pubblicate le sue W ilham James Lectures, 1976). D um m ett sostiene che il noc
ciolo della teoria della verit come corrispondenza lidea che il m ondo consista
di fatti e di oggetti indipendenti dalla m ente (0, se si preferisce, dal hnguaggio).
U n enunciato pu essere vero, in questottica, solo se un fatto di questo tipo lo

Referenza/verit

736

rende vero ; e la nostra com prensione di un enunciato consiste neHafferrare qua


le sia lo stato di cose indipendente dalla m ente che a questo enunciato corrispon
de. N la teoria tarskiana della verit (che dal punto di vista filosofico assolutamente neutra) n quella di D avidson su che cosa una teoria del significato ve
rificano o falsificano questi assunti metafisici. (Questo bench generi qualche
confusione il fatto che T arsk i abbia sostenuto sia che il proprio lavoro rappre
senta una ricostruzione della teoria della verit come corrispondenza, sia che
esso filosoficamente neutro).
Quanto aUafl^ermazione di D avidson che capire un linguaggio significa cono
scerne la teoria della verit, D um m ett risponde che ci si deve dom andare in che
cosa questa conoscenza della teoria della verit consista.
U na possibile replica (che non quella di Davidson) potrebbe darsi che con
sista in questo : la mente pensa, consciam ente o inconsciamente, gli enunciati (o
giudizi, o proposizioni, a seconda di quale term inologia filosofica tradizionale si
voglia adottare) che costituiscono quella teoria della verit. M a ci si deve a que
sto punto domandare; come la mente pensa questi enunciati? L i pensa in parole
o almeno in segni (rappresentazioni) mentali di qualche tipo? O si ritiene che la
mente colga che cosa vuol dire che la neve bianca (per esempio) senza l aiuto
di alcun tipo di rappresentazione mentale?
Se si sceglie la prim a alternativa (come far qualunque filosofo di formazione
naturalistica o psicologo cognitivo), allora si pone il problem a; in che cosa con
siste la comprensione che la mente ha delle proprie rappresentazioni mentali, dei
propri m ezzi di rappresentazione? inutile rispondere nella sua conoscenza
delle condizioni di verit per le rappresentazioni mentali , perch questo porte
rebbe im mediatamente o ad un regresso allinfinito, o allammissione che un
qualche tipo di segni d evessere compreso in un modo che la teoria della verit
come corrispondenza non spiega.
D altro canto, la seconda alternativa non n u lialtro che il m ito della possi
bilit di confrontare direttamente un segno (per esempio l enunciato 'L a neve
bianca , o qualche rappresentazione mentale che stia dietro questo segno) con
una realt non concettualizzata. L idea che afi^errare le condizioni di verit (ad
esempio, aflerrare che cos Tesser bianco della neve) sia precedente al com pren
dere i segni corrispondenti (com prendere lenunciato 'L a neve bianca o qual
che rappresentazione dallo stesso significato) assurda.
L o stesso D avidson evita questa posizione insostenibile. N ella sua analisi, la
nostra com prensione delle condizioni di verit per il nostro linguaggio cono
scenza im plicita, e non gi conoscenza esplicita, o conoscenza proposizionale di
alcun tipo, e consiste nel nostro usare il linguaggio in modo tale che le condizioni
di verit stabilite dai T-enunciati che derivano dalla teoria del significato sia
no buone traduzioni di questi enunciati (considerando le restrizioni operative e
di semplicit poste da una teoria della traduzione). M a questo rende tautologico
(e Davidson ne consapevole) il fatto che se si comprende l enunciato 'L a neve
bianca come enunciato in italiano, allora si sa implicitamente che la condizio
ne di verit per questo enunciato che la neve sia bianca {dass Schnee weiss ist).
In altre parole, ci che nel nostro uso d ellenunciato italiano 'L a neve bian

737

Referenza/verit

ca rende corretto tradurlo con altri come Schnee ist weiss in tedesco, La
neige est bianche in francese, ecc., costituisce la conoscenza im plicita del fat
to espresso dal ^-enunciato a) (o da una qualunque delle sue traduzioni corrette
in un altro linguaggio, ad esempio b) in tedesco). Questo dimostra che il nostro
uso dellenunciato 'L a neve bianca che costituisce la conoscenza implicita
della condizione di verit; ma non si fornisce alcuna teoria di questo uso.
In breve, lidea di D um m ett che la verit nel senso di corrispondenza
a uno stato di cose sussistente non pu svolgere alcun ruolo esplicativo in u n a
nalisi della comprensione. Si pu m antenere la form ula verbale Se si capisce una
proposizione se ne capiscono le condizioni di verit trasformandola, come fa
D avidson, in una tautologia; ma a questo punto certamente non ha una funzione
esplicativa.
D um m ett sottolinea che il principio secondo cui affermare la verit di un
enunciato equivale ad affermare lenunciato stesso (principio che egh chiama di
equivalenza) era gi stato formulato da Frege. Ci che T arski ha fatto consiste
nellaver dato un metodo per costruire definizioni di vero in L dove L un
linguaggio adeguatamente form alizzato che obbedisce al principio di equivalen
za. Questo un lavoro puramente form ale: come tale, corretto sia che si in
terpreti la verit alla maniera di un m atem atico intuizionista come Brouw er (cfr.
l articolo Logica, 13), o alla maniera di un seguace della cosiddetta teoria del
la verit come coerenza, o alla maniera d un realista, o in qualsiasi altra. Il lavoro
di T arsk i filosoficamente neutro; e in quanto tale non pu sostenere la teoria
della verit com e corrispondenza.
L idea di D um m ett che occorrano due nozioni di verit in filosofia del lin
guaggio. Se si utilizza un m ezzo di com unicazione L , possibile estendere que
sto m ezzo a un cosiddetto m etalinguaggio M L che contiene sia L sia un predica
to di verit per L , secondo le istruzioni fornite da Tarski. Sar una caratteristica
di M L che (per cause puram ente logiche) P vero sia equivalente a P , posto
che P sia una qualsiasi proposizione di L . Se 'L a neve bianca un enunciato
di L , allora, in questo senso di vero , sar un fatto di logica che questenunciato
sia equivalente a ' " L a neve bianca vero . Questo senso (tarskiano) di vero
chiamato da D um m ett (nelle W illiam James Lectures) senso interno di "v e
ro . Il com prendere questo senso interno fornisce soltanto le equivalenze chia
mate T-enunciati; non dice n come com preso 'L a neve bianca n come
com preso ' " L a neve bianca vero , n a quali condizioni sia corretto asserirli.
Per rispondere allelementare argomentazione tarskiana precedentem ente
descritta, il problema non tanto non com prendere 'L a neve bianca ; piutto
sto non com prendere che cosa significhi comprendere 'L a neve bianca. Questo
il problem a filosofico.
M a, sostiene D um m ett, esiste un senso di corretto per il quale com pren
dere una proposizione sapere quando questa proposizione viene correttam ente
asserita. Se questo senso viene visto come una corrispondenza con stati di cose
indipendenti dalla mente, come nella teoria della verit come corrispondenza,
allora, come si visto, si cade o in un regresso allinfinito, oppure nel m ito della
possibilit di collegare direttamente i segni con una realt non concettualizzata.

Referenza/verit

738

D um m ett ritiene invece che la verit (o correttezza), in questo senso, sia semphcemente la nozione epistem ica di giustificazione. U n enunciato vero se la
sua asserzione giustificata : questo ci che D um m ett chiam a nozione esterna
di verit. u n interpretazione non realista (in questo senso di 'verit gli enun
ciati non vengono resi veri )> da stati di cose indipendenti dalla mente, ma da
stati di cose in quanto percepiti e concettualizzati ; ed in questo senso di 'vero
che conoscere il significato di una proposizione consiste nel sapere sotto quali
condizioni questa sia vera).
M a, per ripetere la domanda che D um m ett poneva a D avidson, in che co
sa consiste questo sapere? Secondo D um m ett esso consiste nella reale capacit
comportamentale di riconoscere quando queste condizioni di giustificazione ven
gono soddisfatte. D al mom ento che le condizioni di giustificazione sono presenti
alla mente (contrariam ente alle condizioni di verit intese in senso realista, che
sono nella m aggior parte dei casi esterne alla mente) non v in linea di principio
alcun problem a riguardo a come la mente possa avere una capacit di questo ti
po. Ed un tipo di capacit tale che la mente pu (in linea di principio) affer
rare (posto che le condizioni di giustificazione siano assegnate agli enunciati
per m ezzo d una qualche definizione ricorsiva). D um m ett dichiara che la sua
teoria non realistica della verit rende sia com portam entalm ente rilevanti sia
afferrabili le condizioni di verit.
L a verit in senso esterno non sottosta a tutte le leggi della logica classica,
per. Questo perch non sempre le condizioni sono tali da giustificare u n asser
zione o la sua negazione. E cosi D um m ett pronto a rinunziare al classico prin
cipio del terzo escluso e ad accettare qualcosa di molto sim ile alla logica intui
zionistica di Brouwer.

7.

Realismo interno .

In Realism and Reason (1976) e, successivamente, in Models and Reality


(1977) Putnam ha proposto una concezione strettamente collegata alle idee di
D um m ett, pur distaccandosi da queste in alcuni punti. Laddove D um m ett iden
tifica la verit con la giustificazione, Putnam tratta la prim a com e u n idealizza
zione della seconda. L a verit non pu essere sem plicem ente la giustificazione,
argomenta Putnam [1979], per un gran num ero di ragioni: si suppone che la ve
rit sia una propriet di u n asserzione che non pu venir persa, m entre la giusti
ficazione si pu perdere (in effetti, la giustificazione valida in un certo tempo
e relativa ad un individuo) ; la giustificazione pu avere dei gradi, m entre la ve
rit no (o non nello steso m odo); ecc. U n asserzione, secondo Putnam , vera se
viene giustificata in condizioni epistemiche ideali. L e condizioni epistemiche
ideali sono qualcosa come i piani senza attrito in fisica; in realt non pos
sibile raggiungere condizioni epistemiche ideali per m olti tipi di asserzioni, e se
anche fosse possibile, non ci si potrebbe sentire al sicuro dalla possibilit di do
ver un giorno cambiare opinione circa il fatto di averle raggiunte; ma anche i
piani senza attrito non possono essere ottenuti ; eppure parlare di piani senza at

739

Referenza/verit

trito ha un valore in quanto ci si pu avvicinare ad essi con un altissimo grado


di approssimazione. Sim ilm ente, possibile approssimare con un alto grado, e
con un ottim o livello di sicurezza, condizioni epistemicamente ideali per molti
tipi di enunciati, e ci d valore alla discussione di ci che sarebbe giustificato
in condizioni epistem iche ideali. Abbandonando la metafora dei piani senza at
trito, le due tesi pi im portanti d una teoria della verit come idealizzazione so
no: i) la verit indipendente dalla giustificazione qui ed ora, ma non indipen
dente da tutte le possibilit di giustificazione. Afferm are che unasserzione vera
significa affermare che potrebbe essere giustificata ; 2) ci si aspetta che la verit
sia stabile, o convergente; se u n asserzione o la sua negazione fossero giusti
ficabili anche in condizioni tanto ideali quanto si pu sperare di ottenere, non
avrebbe senso pensare allassrzione com e avente un valore di verit.
A lcuni realisti tradizionalisti hanno obiettato che la verit trascende anche la
giustificabilit idealizzata (perch potrem m o in realt essere tutti ingannati da
un demone malvagio, potrem m o in realt essere cervelli in un tino, ecc.). In Realism and Reason e in Models and Reality Putnam replica a queste osservazioni
sottolineando che una teoria epistem icam ente ideale dovrebbe necessariamente
avere dei m odelli (ad esempio, per via del teorema di Skolem -Low enheim - cfr.
il gi citato articolo L ogica ), e, in effetti, m odelli che soddisfino tutte le re
strizioni teoriche ed operative (e siano quindi m odelli intesi). E gli conclude
che il realismo metafisico - e cio l idea che la verit trascenda anche la giusti
ficazione idealizzata - incoerente. D altro canto, identificare la verit con la
giustificazione (contingente) in quanto opposta alla giustificazione idealizzata
significa abbandonare il principio che alcune delle asserzioni che sono oggi giu
stificate potrebbero in futuro dimostrarsi non vere ; ed egli considera questo prin
cipio come un punto centrale della nostra visione empirica del mondo [cfr. P u t
nam 1979 e, ibid., il com m ento al saggio di D um m ett]. In questo m odo Putnam
recupera la distinzione kantiana tra realismo em pirico e metafisico, e rifiuta il
secondo, affermando il prim o (realismo interno).
Putnam concorda con D um m ett nel rifiutare la teoria della verit come cor
rispondenza. M a non concorda con lidea di D um m ett che le condizioni di giu
stificazione degli enunciati siano fissate una volta per tutte da una definizione ri
corsiva. (D a questo punto di vista la teoria di D um m ett come quella di D avid
son : le condizioni di verit - quantunque nel senso non realista di verit sono associate agli enunciati da una definizione che im plica u n induzione sulla
complessit di queste, e che viene assunta sia come teoria del significato, sia co
me teoria della verit, per il hnguaggio). Per Putnam , come per Q uine (cfr.
Possibilit/necessit), le condizioni di giustificazione degli enunciati cambiano
col cambiare del corpo totale delle nostre conoscenze, e non le si pu conside
rare stabilite una volta per tutte. N on solo potrem m o scoprire che enunciati che
noi consideriam o oggi come giustificati sono falsi, ma potrem m o addirittura sco
prire che procedure che noi consideriamo giustificative non lo sono, e che ve ne
sono di pi adeguate. Esattam ente come nella nuova teoria della referenza
qualcosa che supera l attuale esame di ammissione per essere oro potrebbe rive
lare di non essere oro (e le attuali prove potrebbero dimostrarsi inadeguate, in

Referenza/verit

740

quanto presupponenti una teoria sbagliata), cosi u n asserzione correntemente


giustificata potrebbe risultare non vera, e l analisi che ci ha condotti a pensare
che lo fosse si potrebbe rivelare inadeguata. Esattamente come la natura oggetti
va d ellambiente contribuisce a stabilire la referenza dei term ini, cosi essa con
tribuisce anche a fissare le condizioni oggettive di verit di un enunciato - anche
se non in modo metafisico realista.

8.

Conclusione.

D i fronte al riapparire di teorie non realistiche, molti realisti hanno iniziato a


replicare. E chiaro che ciascuno dei problem i discussi da Russell -- il carattere
logico dei nomi propri e degli universali, la natura della referenza, la natura della
verit - un problem a perenne. Questo secolo stato particolarm ente fertile di
intuizioni e teorie su questi problemi. I problem i forse non avranno mai ri
sposte definitive , ma la discussione raggiunge livelli sempre pi profondi e raf
finati. [h . p .].

Davidson, D .
1967 Truth and meaning, in Synthese , X V I I , pp. 304-23 (trad. it. in A . Bonom i (a cura di),
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1979 W hat Does the Appeal to Use Do fo r the Theory o f Meaning ?, in A . M argalit (a cura di),
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Kripke, S.
1971 Identity and Necessity, in M . K . M un itz (a cura di). Identity and Individuation, N ew
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dellinguaggio, Bom piani, M ilano 1973, pp. 259-94).
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Literackiego W arszawskiego , fase. 34; trad. ted. Der Wahrheitsbegriff in den formalisierten Sprachen, in Studia Philosophica , I (1935), pp. 261-405 (trad. it. in F. Rivetti
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933

W iggins, D .
1980 Substance and Sameness, Blackwell, O xford.

741

Referenza/verit

Il problem a dei rapporti tra il linguaggio, naturale o formale (cfr. form alizzazione,
naturale/artificiale), e la realt (cfr. dato, evento, reale), tra le parole (cfr. lingu ag
gio, parola) e gli oggetti (cfr, oggetto), tra le proposizioni (cfr. proposizione e giudi
zio) e i fatti (cfr. esistenza, essere), di grande importanza tanto per la filosofia (cfr.
filosofia/filosofe, rappresentazione, soggetto/oggetto) quanto per la logica (cfr.
equivalenza, ricorsivit), e in particolare per la sem an tica (cfr. senso/significato).
proprio un determinato tip o di questi rapporti a venir destinato com e referenza (cfr.
referente), quando si tratta di parole e di oggetti, e com e verit (cfr. verificabilit/fal
sificabilit, vero/falso) quando si tratta di proposizioni e di fatti.

32
la ifirosa)

)o/
io)
Ila

Ricorsivit

1.

L a teoria della ricorsivit.

G li studi che verranno tratteggiati in questo paragrafo presero avvio a Prince


ton nel 1934. In quel m omento, G odei stava tenendo una serie di conferenze
cui erano presenti C hurch, K leene e Rosser. In queste conferenze [G odei 1934]
egli si soffermava su una definizione di ricorsivit proposta da H erbrand e ne
suggeriva u n interpretazione che avrebbe portato aHodierno concetto di ricor
sivit generale. N ello stesso periodo C hurch stava lavorando alla sua nozione di
X-definibilit, nozione che si sarebbe dim ostrata equivalente a quella di ricorsi
vit generale. M a per rendere com prensibili questi sviluppi, necessario torna
re indietro, e dire qualcosa sul contenuto dei celebri teoremi d incom pletezza di
G odei, e sulle nozioni utilizzate nella loro dimostrazione.
R ipercorrendo la storia di questi studi, si trova dapprim a u n prolungato e
forse fuorviante tentativo di precisare una nozione piuttosto esoterica e tecnica,
quella di ricorsivit ; e quindi la scoperta che parecchie nozioni differenti erano
coestensive con questultim a e tra loro; e infine lidentificazione di tutte queste
nozioni con quella di com putabilit ; identificazione che avrebbe condotto a ri
sultati m atem atici di nuovo genere, risultati che enunciano non sem plicem ente
l irresolubilit di certi problem i im piegando determinati m ezzi, ma lirresolubilit di certi problem i (tra cui alcuni famosissimi problem i matematici) im piegan
do un qualsiasi m ezzo effettivo (cfr. anche l articolo Calcolo in questa stessa
Enciclopedia, II, pp. 479-85).
L irresolubilit di certi problem i m atem atici relativamente a determ inati m ez
zi ristretti non costituiva una novit. 'O m ar K hayyam supponeva che un equazio
ne algebrica generale di terzo grado non fosse risolubile per radicali. L a sua con
gettura si dimostr inesatta, ma in s lidea di una simile im possibilit - irresolubilit di una equazione algebrica per radicali - era assai brillante ; e in ogni ca
so, 'O m ar non aveva poi sbagliato di m olto: in seguito, usando la teoria dei gru p
pi, Galois dimostr che u n equazione algebrica generale di quinto grado non
risolubile per radicali. Galois dimostr anche lirresolubilit di alcuni altri trailizionali problem i m atematici relativamente a determinati m ezzi: per esempio,
limpossibilit di trisecare un angolo usando solo un compasso e una riga non
graduata. M a se un problem a non risolubile per m ezzo di un compasso e di una
riga non graduata, si pu sem pre dire M olto bene, usiamo un compasso e una ri
ga graduata. O, di nuovo, se u n equazione algebrica non risolubile usando i
radicali, si pu dire M olto bene, usiamo allora il metodo di N ew ton. M a se un
problema non risolubile con alcun m ezzo effettivo, allora non possibile speci
ficare un qualche altro m ezzo da im piegare per risolverlo, per il sem plice motivo
(^ln' i mezzi effettivi sono gli unici che gli esseri umani siano in grado di usare per
I isolvere un problema. Per dirla in un altro modo, ogniqualvolta si ha un pro
blema, nel senso particolare in cui viene usato qui il term ine 'problem a , vale a

Ricorsivit

34

dire, una classe potenzialm ente infinita di domande cui deve poter essere data
risposta corretta grazie a un m etodo uniform e, la nostra attenzione si concentra
sempre sullesistenza o meno di un metodo ricorsivo per com putare la corretta
risposta a una qualunque domanda appartenente alla classe, perch sembra, og
gettivam ente, che i metodi ricorsivi siano gli unici metodi uniform i che gli esseri
um ani sono in grado di utilizzare. per questa ragione che la scoperta che la
teoria della ricorsivit non n pi n meno che la teoria della com putabilit
efl^ettiva d all intero argomento la massima importanza.
Esistono, tuttavia, altre due ragioni per essere interessati alla teoria della ri
corsivit. U na che la teoria, a prescindere da qualsiasi interesse extramatema
tico che possa rivestire, come quello dovuto alla sua connessione con la calcolabilit efi^ettiva, dimostra di essere una teoria m atematica affascinante da parecchi
punti di vista. estremamente autosufficiente ; ed esiste un gran numero di po
tenti teoremi che possono essere dimostrati per tutte le funzioni e gli insiemi ri
corsivi di interi, e che non valgono per funzioni e teoremi non ricorsivi.
Infine, u n altra ragione per la quale la teoria della ricorsivit si dimostrata
interessante per m olti logici e matematici che sembra esistere unim pressio
nante e forse inaspettata connessione tra l esistenza di problem i non risolubili
con lim piego di m ezzi effettivi e l esistenza di proposizioni indecidibili - propo
sizioni che non possono essere n dimostrate n reftate - nei sistemi formali.
Q uestultim a connessione estremamente profonda, ed esiste un gran numero
di propriet di sistemi form ali che possono essere stabilite rapidamente per m ez
zo della teoria della ricorsivit e che sarebbero m olto lunghe da dimostrare im
piegando qualsiasi argomento diretto di teoria della dimostrazione.

2.

I l teorema dincompletezza di Godei.

In questo paragrafo si assumer che il lettore abbia fam iliarit con i simboli
( ), ( ), A , V , 3 , , = gi im piegati negli articoli Logica e Form alizza
zione di questa stessa Enciclopedia. Sistem i form ali differenti possono fare uso
degh stessi sim boli ; ad esempio, m olti sistemi sono stati costruiti facendo uso di
questi sim boli, o di loro varianti: N (per la propriet di essere un num ero intero
non negativo), i , o,
(per la m oltiplicazione). L e proposizioni relative a nu
meri interi non negativi che possono essere espresse per m ezzo di questi simboli
e di quelli consueti della logica del prim ordine sono note come proposizioni della
teoria elementare dei numeri. Ovviam ente m olti enunciati di ci che vien nor
malmente chiam ata teoria elem entare dei num eri non possono essere espressi
con questo vocabolario se non si sono precedentem ente introdotte adeguate de
finizioni. Per esempio, utile introdurre le nozioni di x > y , x divide 3;, x una
potenza di 2.
Com e esempio del funzionam ento di questa notazione, si scriver l enunciato
che un cubo perfetto non mai la somma di due cubi perfetti, a meno che uno
almeno dei num eri dati sia uguale a zero: (*)(3')() {{{x-x)-x) = ({(y-y)-y) +
+ ((^ ))
((* = o) V (3^ = o) V ( = o))).

35

Ricorsivit

U n sistema molto debole nella teoria elementare dei num eri quello, che si
chiamer Q , basato sui seguenti assiomi:
(ai)

[x){y) { ( N { x ) A ' N ( y ) ) : D { x + i = y + i : D x = y ) )

(A2)

(x)

(A4)

(*)3 0 ^ X + i )
(x) (N ( x ) A x ^ o 3 ( 3 y ) ( N ( j ; )
(x)
( N ( x ) 3 x + o = x)

(as)

(x){y) ( N ( x ) a N ( 3 ' ) o x + ( j < + i ) =

(a6)

(x) (N (x)

(a?)

{x){y) ( ^ { x ) A N { y ) : D x - { y + i)

(A3)

(N

A a := 3 ^ + i ) )

3 x -o = o)

(x + 3 ^ ) + i)

= {x-y + x)).

Questo sistem a troppo debole per derivarne molte, anche tra le pi semplici,
verit della teoria elementare dei numeri. Questa debolezza trae origine dal fatto
di non aver incluso nelle regole d inferenza n negli assiomi uno dei pi im por
tam i metodi della teoria elementare dei num eri, il principio dinduzione m ate
matica. M algrado la debolezza del sistema Q , esistono alcuni enunciati molto
forti che possono essere dim ostrati non solo riguardo a Q , ma riguardo a tutte le
sue estensioni: vale a dire, tutti i sistemi in cui gh enunciati da a i ad A7 possono
essere derivati come teoremi. N on interessano qui le propriet che il sistema Q
ha soltanto in virt della propria debolezza, propriet che perderebbe se si ag
giungessero altri assiomi. Per contro, si m olto interessati a quelle propriet che
non possono essere rimosse dal sistema Q dallaggiunta di ulteriori assiom i; e
questo perch tali propriet caratterizzeranno tutti i sistemi costruiti allo scopo
di rappresentare adeguate form alizzazioni della teoria elementare dei num eri, e,
a fortiori, di tutti i sistemi form ali che siano ritenuti adeguate codificazioni del
lintero corpo della matematica.
V a precisato che per quanto G del non abbia originariamente enunciato i
propri teorem i esattamente per la classe di sistemi in cui le proposizioni da a i
ad A7 sono teoremi, sar conveniente riform ularli in riferim ento a questa classe.
D i una proposizione
si dice che una proposizione indecidibile in un sistema
formale se in quel sistema non dim ostrabile n refutabile. In altre parole, S ,
S sono proposizioni indecidibili in un sistema formale F S se nessuna delle due
un teorema di F S . Si pu notare che il concetto di proposizione indecidibile
simmetrico ; vale a dire, una proposizione indecidibile se e solo se lo la sua
negazione. Com e prima approssimazione allenunciazione del teorema di G del,
si dir:

S e F S un qualunque sistema formale soddisfacente , forte almeno quanto il


sistema Q , vale a dire un qualunque sistema formale soddisfacente in cui sia pos
sibile definire le nozioni primitive del sistema Q in modo tale che gli assiomi da a i ad
A 7 del sistema Q possano essere derivati come teoremi, allora F S contiene delle pro
posizioni indecidibili.
Ci che fa si che questa non sia una form ulazione precisa del teorema di G odei
, ovviamente, l uso della nozione imprecisa e non chiarita di sistema formale

Ricorsivit

36

soddisfacente. Rendendo precisa in m odi differenti questa nozione, si otten


gono difFerenti versioni del teorema di G odei, dovute rispettivam ente a Tarski
[1933], Rosser [1936], e ovviam ente allo stesso G odei [1931]. Forse il modo in
tuitivam ente pi sem plice di precisare la nozione di sistema form ale soddisfa
cente consiste nel rivolgere l attenzione ai sistemi form ali corretti: vale a dire
sistemi form ali in cui tutti gli enunciati dim ostrabili sono veri. Sfortunatam en
te, la nozione di verit , a sua volta, parsa a m olti im precisa. Se per ci si lim i
ta a considerare la nozione di enunciato vero della teoria dei num eri , allora, co
me ha m ostrato T arski, questa pu essere resa precisa usando soltanto concetti
m atem atici accettati, in particolare usando certe nozioni della teoria degli insie
mi (si veda l articolo Referenza/verit in questa stessa Enciclopedia). Si enun
cer com unque ora, com e prima versione del teorema di G odei, quella proposta
da T arsk i [1933]-

3.

L a versione di Tarski del teorema di Godei.

S e F S un qualsiasi sistema formale corretto in cui possibile definire le nozioni


primitive di Q in modo tale che gli assiomi da Ai ad a ^] possano essere derivati come
teoremi, allora F S contiene proposizioni indecidibili.
Siccom e per rendere precisa la nozione di sistema form ale corretto anche
solo nella teoria dei num eri sono necessari poderosi strum enti insiemistici, na
turale cercare delle versioni del teorema di G odei che non necessitino delle no
zioni di verit e di correttezza. In effetti, il teorema originale di Godei non
faceva uso di queste nozioni. Il m otivo che G odei mirava ad enunciare un teo
rema riguardante certi sistem i formali {Principia Mathematica e sistemi affi
ni ) che hanno senso anche se non si conosce Vinterpretazione dei sistemi consi
derati (un teorema sintattico). U na delle pi sem plici propriet sintattiche di
un sistema form ale quella di consistenza. Questa una propriet che un siste
ma formale possiede se e solo se non contiene teoremi della form a p A p (per
esempio, (i = i ) A (1 = 1) non un teorema in un sistem a consistente).
Ora, dal m om ento che la consistenza una propriet sem plice da definire e
nel contem po una caratteristica intuitivam ente molto im portante di un sistema
formale - invero, la sola propriet che un sistema formale deve possedere (o che
ad ogni costo non si deve sapere che non possiede) per essere matematicamente
interessante - naturale cercare una versione del teorema di G odei che identi
fichi la vaga nozione di soddisfacente impiegata nella prim a enunciazione in
formale del teorema esposta sopra con la precisa nozione sintattica di consisten
te. L o stesso G od ei non giunse pienamente a questo risultato ; tuttavia, vi giunse
in seguito Rosser [1936], ed ora verr enunciata la versione di Rosser del teore
ma di G odei, versione che, come quella di Tarski, fu ottenuta solo qualche anno
dopo le conferenze di G odei.

37

Ricorsivit

4.

L a versione di Rosser del teorema di Godei.

S e F S un qualsiasi sistema formale consistente in cui possibile definire le no


zioni primitive del sistema Q e in cui tutti g li assiomi da h i ad A 7 del sistema Q pos
sono essere derivati come teoremi, allora il sistema F S contiene proposizioni indeci
dibili.
Bench la versione rosseriana del teorema di G odei sia oggi quella che pi
spesso viene utilizzata, si enuncer ora, a scopo di confronto ed in virt del suo
interesse intrinseco, il teorema originale di G od ei [1931]. Si potr notare che si
preferito enunciare il teorema originale dopo due versioni dimostrate in seguito,
perch esso contiene un concetto tecnico che pi difficile da spiegare di quelli
fin qui usati e che non sarebbe probabilm ente stato introdotto se G od ei avesse
trovato la dimostrazione della versione che del teorema avrebbe fornito in segui
to Rosser.

5.

I l teorema originale di Godei.

S e F S un qualsiasi sistema formale <s>-consistente in cui possibile definire tutte


le nozioni primitive del sistema Q , e in cui tutti gli assiomi da a i ad A7 del sistema Q
possono essere derivati come teoremi, allora il sistema F S contiene proposizioni in
decidibili.
L a nozione di oo-consistenza utilizzata in questo teorema, e che verr spie
gata pi avanti, pu essere chiarita inform alm ente nel m odo che segue: un si
stema w-inconsistente se a) sem plicem ente inconsistente, oppure b) quasi
inconsistente in un certo senso. U n sistema co-consistente se non w-inconsistente. Cosi un sistema w-consistente reso soddisfacente dalla seguente
propriet: privo non solo di vere e proprie contraddizioni, ma anche di certi
tipi di quasi-contraddizione . C om facile immaginare, un sistema formale
corretto deve essere w-consistente, e cosi il teorema originale di G od ei come for
za si colloca in una posizione intermedia tra le versioni successivam ente fornite
da Tarski e Rosser.
D a un lato, la versione tarskiana rappresenta senza alcun dubbio un indebo
limento del teorema (bench interessante per ragioni indipendenti) poich im
plicata dal teorema originale di G odei. D altro canto, la versione di Rosser pi
forte del teorema di G odei in quanto Rosser dimostr che una classe pi ampia
di sistemi formali contiene proposizioni indecidibili. G odei m ostr che tutti i si
stemi t-consistenti in cui il sistema Q pu essere interpretato contengono pro
posizioni indecidibili, ma lasci aperto il problem a dellesistenza o m eno di qual
che sistema, consistente, ma non ui-consistente, che sia com pleto. (Essere com
pleto equivale a non contenere proposizioni indecidibili). Rosser dim ostr che
tutti i sistemi consistenti del tipo considerato contengono proposizioni indeci
dibili, anche quelli consistenti ma non w-consistenti.

Ricorsivit

38

Il significato di questi teoremi per l intera matematica evidente. I matema


tici sono stati tradizionalm ente portati ad assumere che i concetti di un qualun
que ramo ben definito della matematica potessero essere resi tutti precisi dal
l enunciazione di assiomi adeguati, e che ci fatto tutte le verit di quel ramo del
la matematica sarebbero derivate come teoremi. Peano ha elaborato un insieme
di assiomi per la teoria elementare dei num eri del quale si pu dimostrare la
com pletezza relativam ente alla teoria degli insiemi. L a teoria degli insiemi stata
assiomatizzata in vari m odi da W hitehead e Russell, Zerm elo, Fraenkel, N eu
mann ed altri. Sem brava del tutto verosim ile che questi sistemi di assiomi fosse
ro almeno abbastanza com pleti da dimostrare tutti gli enunciati veri della teoria
dei num eri. Vale a dire, sembrava possibile che un sistem a come, ad esempio, i
celebri Principia Mathematica di W hitehead e Russell non contenesse alcuna
proposizione indecidibile, e certamente ragionevole che la parte del sistema con
cernente la teoria dei numeri fosse completa. Il lavoro di G od ei dimostr come
queste convinzioni fossero errate. N ella versione rafi'orzata di Rosser questo la
voro m ostrava come non solo i Principia Mathematica, la teoria degli insiemi di
Zerm elo-Fraenkel, e gli altri sistemi analoghi contenessero proposizioni indeci
dibili, e persino proposizioni indecidibili riguardanti la teoria dei num eri, ma an
che com e non ci fosse speranza alcuna di com pletare questi sistemi aggiungendo
ulteriori assiomi.
Sin qui si fatto riferimento alla versione tarskiana del teorema di G del co
me a una versione pi debole del teorema originale stesso. V a per notato che
mentre le altre due versioni, quella originale di G del e quella rosseriana dipen
dono entram be dagli assiomi del sistema dato (il che sem plicem ente naturale
dato che in quanto teoremi sintattici non hanno n u llaltro da cui dipendere), il
teorema di Tarski vale per una classe di sistemi pi ampia di quelle finora con
siderate. In effetti, il teorema tarskiano si pu leggere cosi:

6.

I l teorema di Tarski.

Ogni sistema formale corretto F S in cui possibile definire le nozioni primitive


del sistema Q contiene proposizioni indecidibili.
Segue imm ediatam ente dalla versione tarskiana del teorem a di G odei come
stata form ulata precedentem ente. Infatti le negazioni delle form ule da A i ad
Ay non sono certo teoremi in un sistema formale corretto e quindi, se uno degli
assiomi da a i ad A7 non un teorema in un sistema form ale corretto (che con
tenga le nozioni prim itive di 0 o in cui queste possano essere introdotte per de
finizione), allora lassioma in questione esso stesso una proposizione indeci
dibile.
Cosi, il teorema di T arski mostra che il contenere proposizioni indecidibili
una caratteristica di tutti i formalismi dotati di una certa interpretazione, lad
dove quello di Rosser prova che questa una propriet di tutti i formalismi do
tati di una certa struttura.

39

Ricorsivit

T ornando alla versione originale di G odei, va ancora precisata la nozione di


t-consistenza. L e definizioni form ali sono le seguenti:
1) U n sistema form ale i-inconsistente se e solo se esiste una qualche form u
la l?(x) del sistema tale che, per ogni num ero intero n, P{n) costituisce un
teorema del sistema, mentre la generalizzazione (n)P{n) refutabile nel
sistema (cio {n)P{n) un teorema del sistema).
2) U n sistema w-consistente se non w-inconsistente.
In questo articolo non si utilizzer pi la nozione di w-consistenza. Storica
mente la sua funzione principale, come si gi notato, fu di consentire l enun
ciazione di un teorema sintattico concernente l esistenza di proposizioni indeci
dibili in un epoca in cui la correzione proposta da Rosser allargom entazione
originale di G odei non era ancora stata scoperta.
L a m em oria di G od ei [1931] conteneva non solo il teorema d incom pletez
za appena enunciato, ma anche un altro teorema, a questo strettam ente correla
to, il cosiddetto secondo teorema dincom pletezza. L o sfondo di questo teore
ma era il seguente: H ilbert aveva gi scoperto che lasserzione della consisten
za di un sistema form ale essa stessa u n asserzione matematica, la cui verit o
falsit pu essere analizzata con m ezzi matematici. U n m odo di far ci consiste
nelluso di questo accorgim ento, dovuto a G od ei: si codificano le form ule di
un sistema formale assegnando a ciascuna di esse un intero positivo come suo
numero (il che pu essere fatto in uno qualsiasi dei m odi che ci si presentano
spontaneamente). L insieme di tutti i teoremi del sistema form ale corrisponde
allora a un certo insieme di num eri: per la precisione, allinsieme dei numeri di
Godei dei teoremi. L afii'ermazione che il sistema form ale consistente pu a
questo punto essere riform ulata in u n asserzione concernente i num eri in vari
modi tra loro equivalenti. Per esempio, se
il numero di G od ei della propo
sizione 1 = 0, dire che P consistente equivale a dire che H non appartiene al
linsieme dei num eri di G odei dei teoremi di P . A l posto di H si pu, natural
mente, usare il numero di G odei di una qualsiasi altra flagrante contraddizione.
Appare chiaro che, se F S un qualsiasi sistema formale, l insieme dei num eri di
G od ei dei teoremi di F S definibile nei term ini della teoria dei num eri ; ovvero,
definibile in termini di iV, + , -, = , 1 ,0 , quantificatori, funzioni di verit e va
riabili. Cosi, se F S un qualunque sistema formale, lafi^ermazione che F S con
sistente equivalente alla proposizione della teoria elementare dei num eri che
dice che H non appartiene a un determinato insieme di num eri interi positivi
definibile per m ezzo della teoria dei numeri. E dal mom ento che questa propo
sizione esprim ibile nel linguaggio della teoria elementare dei numeri, natu
rale cercarne una dim ostrazione o una refutazione im piegando soltanto le tec
niche della teoria elementare dei numeri. In effetti, lobiettivo di H ilbert era
quello di stabilire la consistenza di certi sistemi formali (che codificavano i rami
principali della matematica) usando solo m etodi costruttivi e finitisti tratti
dalla teoria elementare dei numeri. H ilbert riteneva che riuscire in questim|)resa avrebbe significato dare una fondazione della matematica classica. Per
esempio, se qualcuno avesse dubitato della verit o d ellautoevidenza intuitiva

77

Ricorsivit

40

di qualche assioma, diciamo, della teoria degli insiemi, si sarebbe perlom eno po
tuto convincerlo che limpiego continuativo di questi assiom i non poteva con
durre a contraddizioni (dimostrando la consistenza di un sistem a che costituisse
unadeguata form alizzazione della teoria degli insiem i); e la dimostrazione di
consistenza avrebbe usato soltanto i m etodi pi sicuri e universalm ente accettati
della teoria elementare dei numeri. G od ei per distrusse questo program m a in
un sol colpo.
Il risultato ottenuto da Godei riguardava i sistemi aventi assiomi d induzio
ne m atematica (in effetti, tutte le occorrenze dello schem a {F{o) a {x ){F { x ) ^
( i ( x + i) ) ) )
(x)F {x) nel linguaggio di Q vengono incluse tra gli assiomi)
oltre agli assiomi da a i ad A7 di Q. Se si conviene di chiam are P A - cio aritme
tica di Peano - il sistema che contiene soltanto gli assiomi di induzione matema
tica e quelli da a i ad A7, allora P A il sistem a chiamato aritm etica del prim or
dine)) n ellarticolo Formalizzazione d questa stessa Enciclopedia. (P A ha le
stesse nozioni prim itive di Q; soltanto l insieme degli assiomi amphato). Godei
dimostr :

7.

I l secondo teorema dincompletezza di Godei.

S e F S un qualsiasi sistema formale in cui possibile definire le nozioni primi


tive di P A , e in cui gli assiomi di P A possono venir derivati come teoremi, allora la
proposizione standard che afferma che il sistema F S consistente non essa stessa
dimostrabile a meno che F S non sia inconsistente.
Si vedr che il secondo teorema d incom pletezza d un m odo per trovare ef
fettivam ente proposizioni indecidibl in una qualsiasi estensione co-consistente
del sistema P A . (G odei aveva gi enunciato un metodo per questo scopo nella
sua dim ostrazione del primo teorema d incom pletezza, m a in questa sede non
ci sinteresser alla dimostrazione data da G odei). Infatti, sia F S una qualsiasi
estensione w-consistente d iP ^ . Sia C o n {F S ) la form ula standard di P A im pie
gata per esprimere la proposizione che F S consistente. Se dunque F S sem
plicem ente consistente, in virt del secondo teorema d incom pletezza d Godei,
Con {F S) non un teorema di F S . Pu C on {F S) essere un teorema di F S
Bene, se F S consistente e C o n {F S ) un teorema di F S , allora F S sicura
mente non corretto ; cosi lo stesso secondo teorema d incom pletezza di G odei im
plica che qualsiasi estensione corretta del sistema P A deve contenere proposi
zioni indecidibili. M a in realt, se C o n {F S ) un teorem a d F S , allora il si
stema F S , prescindendo dalla correttezza, non neppure o)-consistente. Per
mostrare ci sim m agini che nel sistema F S s siano assegnati dei num eri alle
dimostrazioni in un qualsiasi modo che venga naturale, esattamente come per
le form ule, e D im (x, v) stia per l affermazione che il num ero intero x il nu
mero di G od ei di una dimostrazione della form ula il cui num ero di G odei y.
T eo r (x) significhi che la formula contrassegnata dal num ero di G odei x un
teorema di F S . T eo r pu essere definito in term ini di D im in questo m odo:

41

Ricorsivit

'I'eor (c) = def^y) D im ( j,x ) . A questo punto, se il sistema F S non consistente,


allora, naturalmente, non w-consistente. Se, daltro canto, il sistema F S con
sistente e T il num ero di G odei di i = o , allora tutte le proposizioni seguenti
devono essere vere: D im ( o ,ii) , D i m ( i ,i f ) , D im ( i + i , i i ) , ... Inoltre si
pu dim ostrare che con u n adeguata form alizzazione di D im ognuno di questi
enunciati pu essere verificato in P A , e quindi in tutte le estensioni di P A . Si
noti ora che se la form ula (w) D im (,//) verificabile in F S , allora F S
(o-inconsistente. M a la form ula in questione equivalente, per la logica elem en
tare, alla form ula ( ) D m {n ,H ) e questultim a equivalente a Con {F S). In
breve, se Con(jF ') dimostrabile in F S , allora () D im (w ,/i) dimostra
bile a sua volta in F S , e dal m omento che ognuna delle form ule D im (o,iT ),
D im (i,/ / ), D im (i + i,/ / ) pure dimostrabile in F S , questo significa che
F S M-inconsistente.
C osi si visto che se F S consistente, allora C o n {F S ) non un teorema di
F S (questo il secondo teorema d incom pletezza di G odei) ; e se F S co-consistente, allora neppure Con(i< ') un teorema di F S . Q uindi, se F S una
qualsiasi estensione del sistema P A , possibile trovare effettivam ente una pro
posizione indecidibile in F S : in effetti, per qualunque F S che risponda ai nostri
requisiti, C otl(F S ) e C o n { F S ) rappresentano una coppia di proposizioni inde
cidibili.
Si spesso sostenuto che la proposizione indecidibile C o n (F S ) pu essere
sempre dimostrata vera, anche se ovviam ente non in F S medesimo, ma per m ez
zo di un qualche ragionamento metamatematico. Invece questo un errore. Se
si crede che il sistema sia consistente, c ovviam ente ragione di credere alla pro|)osizione C o n {F S ) e di non credere alla proposizione C on (FS'), ma credere
ad una proposizione ben altra cosa dal possedere la dimostrazione matematica
della sua verit. C i sono m olti sistemi form ali che i matematici ritengono molto
probabilm ente consistenti, ma per i quali nessuno riuscito a fornire una dim o
strazione matematica assolutamente soddisfacente di consistenza. Per questi si
stemi, tutto ci che si pu dire della coppia di proposizioni indecidibili, C o n iF S ),
- C o n {FS), che si ritiene vera la prim a e falsa la seconda in ogni caso : ma non
si ha alcuna dimostrazione che la nostra congettura sia corretta.
Si visto fin qui come i due teoremi d incom pletezza di G del abbiano fatto
luce su una serie di ampi progetti fondazionali della matematica. In generale, si
pu dire che hanno rappresentato una disfatta per la tendenza assiomatica e
formalista in filosofia della matematica. Questo perch il primo teorema d in
com pletezza dimostra che la speranza di stabilire la nozione di verit m atema
tica, anche per rami ben definiti della matematica, come la teoria elementare
dei num eri, per m ezzo di un insieme finito di assiomi, illusoria.
Inoltre, si visto che un altro program m a fondazionale della matematica, ov
vero il program m a che prevedeva di dimostrare la consistenza dei pi potenti
sistemi matematici im piegando m ezzi elementari, e in particolare i m ezzi della
teoria dei numeri, fu vanificato dal secondo teorema d incom pletezza di Godei,
l'cr il raggiungim ento di questi risultati, la nozione di ricorsivit ha svolto sol
tanto un ruolo minore e ausiliario (la nozione di ricorsivit prim itiva stata

3
5

R icorsivit

42

im piegata in connessione con la dim ostrazione del primo teorem a dincom ple
tezza di G od ei). C i nondim eno, come si vedr pi avanti, i concetti della teo
ria della ricorsivit possono essere usati non solo per fornire dim ostrazioni m ol
to sem p lici di versioni astratte del prim o teorema dincom pletezza di G odei,
ma anche per fare lu ce sulle ragioni dellesistenza di proposizioni indecidibili, e,
per cosi dire, sulla loro distribuzione.

8.

Ricorsivit primitiva.

U n a gran quantit di insiemi e di funzioni in matematica definita per m ez


zo d i q u elle che vengono chiamate definizioni induttive. Queste definizioni
si dnno solitam ente in un certo numero di condizioni, pi una condizione di
esaustivit (talvolta lasciata inespressa) che dice che niente cosi-e-cosi se il
suo essere tale non deriva dalle regole precedenti. N on tutte le definizioni indut
tive sono propriam ente definizioni ricorsive: grossolanamente, si pu dire che
una definizione ricorsiva di una funzione una definizione induttiva in cui tutte
le condizioni, eccetto quella di esaustivit, possono essere enunciate sotto forma
di equazioni. Forse u n esempio chiarir m eglio il concetto. Sia S (x ) la funzione
successore, vale a dire la funzione il cui valore per ogni num ero intero * x + r,
e sia I ( x ) la funzione identit, ovvero la funzione il cui valore per ogni numero
intero x x stesso. A questo punto la funzione x + y pu essere definita ricorsi
vam ente in term ini delle funzioni ed
nel modo seguente :

7 5

x + o = /(x )
x + S {y ) = S { x + y ) .
D al m om ento che I {x) = x, la cfefinizione avrebbe potuto anche scriversi in que
sto m odo:

x+ o= x

*+ ^ (y) = 5'(x-h3').

Tuttavia, il prim o m odo di scrivere questa definizione rende esplicito il fatto che
la si pu considerare com e definizione di una nuova funzione, e cio x + y , in
termini di funzioni date, le funzioni identit e successore. Analogam ente, la fun
zione X -y pu essere definita ricorsivam ente :
x -o = o
x - S { y ) = {x-y) + x.
C ontinuando in questo modo possibile costruire definizioni di tutte le consuete
funzioni della teoria dei num eri ; x^, il num ero dei divisori positivi di *, il mas
simo com un divisore di x e y , ecc. Queste definizioni sono altrettanti esempi di
ci che vien chiam ata definizione per ricorsione prim itiva. N el caso di funzioni
a una variabile (il caso di pi variabili del tutto simile) ci pu essere genera
lizzato com e segue : sia a un dato num ero intero e sia g una data funzione : si dice

43

Ricorsivit

allora che una funzione / definita per ricorsione prim itiva in term ini di a e ^
8C / definita in questo modo ;
f{ o ) = a
R S {x))^ g {x J {x))
(oppure = g {f{x)), se g una funzione a un argomento).
L e funzioni fin qui definite sono tutte dette funzioni ricorsive primitive,
liii generalmente sono dette ricorsive prim itive alcune funzioni iniziali ed
linche tutte le funzioni che possono essere ottenute da funzioni ricorsive prim iti
ve per m ezzo di ricorsioni prim itive e com posizioni. L a classe delle funzioni ri
corsive prim itive quindi definita come la pi piccola classe contenente le fun
zioni iniziali e chiusa per com posizione e ricorsione primitiva.
V a notato che la nozione di funzione ricorsiva prim itiva risale ad almeno die
ci anni prima del periodo che stato preso in esame. G i allinizio degli anni 20
npparvero analisi di questa nozione dovute a H ilbert, Skolem e altri. A l fine di
mettere in evidenza i collegamenti tra la nozione di funzione ricorsiva prim itiva
c i teoremi di G Sdel, si enunceranno ora due teoremi, di cui verranno omesse le
ilimostrazioni:
TEOREMA A . Se tutte le funzioni ricorsive primitive a un argomento sono defi
nibili in un sistema corretto F S , allora questo sistema contiene proposizioni inde
cidibili.
TEOREMA B. S e tutte le funzioni ricorsive primitive a un argomento sono com
putabili in un sistema formale (-consistente F S , allora questo sistema contiene pro[msizioni indecidibili.

II teorema A ovviam ente strettamente connesso alla versione tarskiana del


leorema di Godei, e il teorema B ovviam ente strettamente connesso alla verHone dello stesso G od ei del primo teorem a d incom pletezza. necessario spie^!;iire che quando si dice che una funzione / com putabile in un sistema F S , ci
che si vuol dire che esiste un termine, ad esempio t (x ), nel sistem a formale
tille che per ogni num ero intero n c esattamente un numero intero m tale che
m T (h) sia u n teorem a del sistema formale, e che m = f(n ). Il term ine 'com puIlibile stato usato grosso modo in questo senso da Church.
Esam inando pi a fondo i teoremi A e B, si vede che la condizione della delinibilit di una funzione in un sistema formale, vale a dire, d ellesistenza di
unespressione, ad esempio y = T{x), tale che per ogni num ero intero n esista
C H iitta m e n te un numero intero m tale che m = T {n) sia vero, e che m = f{n ), una
condizione semantica. D altro canto, la condizione della com putabilit di una
l'unzione in un sistema form ale puram ente sintattica, dal momento che la sua
definizione si riferisce soltanto alla dim ostrabilit e non alla verit (a rigore, le
nozioni di w-consistenza e com putabilit hanno un vago sapore semantico, in
(|U!mto assumono la conoscenza almeno di parte dellinterpretazione del sistema
formale in questione, e precisamente, quali espressioni corrispondono a quali
numeri interi: tuttavia, non necessario sapere nientaltro dellinterpretazione
del sistema formale, e in questo senso le nostre nozioni possono ancora verosi

Ricorsivit

44

m ilm ente essere considerate sintattiche). L a definibiht di tutte le funzioni ri


corsive prim itive in un sistema form ale corretto una condizione sufficiente per
ch il sistem a contenga proposizioni indecidibili ; e analogamente la com putabi
lit d i tutte le funzioni ricorsive prim itive in un sistema form ale almeno w-consistente una condizione sufficiente per la presenza in esso di proposizioni inde
cidibili. Cosi si in grado di enunciare in term ini di funzioni ricorsive primitive
sia un a condizione sem antica sia una condizione sintattica perch un sistema con
tenga proposizioni indecidibili. Ecco ora i due teoremi riguardanti il sistema Q:
TEOREM A C . Ogni funzione ricorsiva primitiva definibile nei termini delle no
zioni primitive del sistema Q.
TEOREM A D . S e F S un qualsiasi sistema formale in cui possibile definire le
nozioni primitive del sistema Q in modo tale che tutti gli assiomi da k i ad A7 possa
no essere derivati come teoremi, allora tutte le funzioni ricorsive primitive sono com
putabili in F S .

Q uesti teoremi rendono manifesto il fatto che sufficiente che una teoria sia
un estensione del sistema Q, oppure anche sem plicem ente che il sistema Q sia
in essa interpretabile, perch questa teoria contenga proposizioni indecidibili. Il
punto cruciale che tutte le funzioni ricorsive prim itive sono gi com putabili nel
sistem a Q , e quindi lo sono in tutte le estensioni consistenti di questo sistema.

9.

Ricorsione doppia, tripla, ecc.

F in o a questo punto tutte le ricorsioni analizzate erano ad una sola variabile,


il che significa che il valore di una fu n z io n e / in w+ i era stabilito in term ini del
valore d i / i n n. Cosi, conoscendo il valore di / in o, si poteva determinare il va
lore d i / ( i ) ; quindi, conoscendo il valore d i / ( i ) , si era in grado di computare
/ ( z ) ; e cosi via. Inoltre, la situazione non cambiava nemmeno nel caso di fun
zioni a pi di una variabile.
P er definire una funzione a pi variabili, / ( x ,3;), per m ezzo della ricorsione
prim itiva, ci che stato fatto consistito semphcem ente nel definire uniformem e n te / (x ,w + 1 ) in term ini d i/ (x , ).
tuttavia possibile definire una funzione per mezzo di quella che viene chia
mata doppia ricorsione. L o schema m olto complesso, e non lo si presenter in
questa sede. Si possono anche introdurre le nozioni di ricorsione tripla, quadru
pla, e cosi via.
In precedenza, stata chiamata ricorsiva prim itiva una funzione che pu
essere definita in term ini di certe funzioni iniziali per m ezzo di ripetuti usi della
com posizione e della ricorsione prim itiva. Similmente, una funzione detta dop
pia ricorsiva se pu essere definita a partire dalle funzioni ricorsive prim itive per
m ezzo di usi ripetuti della com posizione e della ricorsione prim itiva e doppia;
e tripla ricorsiva se pu essere definita a partire dalle funzioni doppie ricorsive
per m ezzo di ripetuti usi della com posizione e della ricorsione prim itiva e tripla.
In m odo analogo si possono definire le classi sempre pi ampie delle funzioni

45

Ricorsivit

(]imclruple ricorsive, quintuple ricorsive, e cosi via. Si noti che queste classi sono
Mtatu definite in modo tale che ognuna di esse inclusa nella successiva: cio,
o^ni funzione ricorsiva prim itiva anche una funzione doppia ricorsiva, ogni
lunzione doppia ricorsiva anche una funzione tripla ricorsiva, ecc.
sorprendente il fatto che tutte le funzioni effettivam ente com putabili che
Hono realmente usate nella m atem atica ordinaria sembrano essere ricorsive
primitive. Bench spesso sia conveniente definire una funzione per m ezzo della
ricorsione doppia, quasi sempre possibile sostituire una definizione siffatta, a
i:osto di un piccolo aumento di complessit, con una definizione che faccia uso
solamente di com posizione e ricorsione prim itiva. Cosi, il fatto che nella m ate
matica ordinaria compaiano talvolta definizioni doppie ricorsive non deve far
pensare che sia molto probabile imbattersi in una funzione doppia ricorsiva che
non sia prim itiva; in realt, la m aggior parte delle ricorsioni doppie pu essere
Mostituita da ricorsioni prim itive. In generale, si pu dire che in matematica si
trovano molto frequentem ente dim ostrazioni facenti uso della ricorsione doppia,
molto meno frequentem ente definizioni per m ezzo di ricorsione doppia, e quasi
mai funzioni doppie ricorsive genuine, e cio non prim itive. Per questo m oti
vo fu del tutto naturale, quando questi concetti furono introdotti, chiedersi se
realmente esistessero funzioni doppie ricorsive non prim itive. Forse tutte le fun
zioni ricorsive doppie, triple, e via dicendo sono gi ricorsive prim itive, nel quale
caso tutta la gerarchia susseguente sarebbe inutile. Forse addirittura tutte le fun
zioni effettivamente com putabili sono ricorsive prim itive...?
T uttavia, le cose non stanno cosi. possibile costruire esem pi di funzioni
doppie ricorsive non prim itive; di funzioni ricorsive triple non doppie; e cosi
via. Quindi, le funzioni ricorsive prim itive non esauriscono assolutamente l uni
verso delle funzioni che intuitivam ente si chiam erebbero funzioni ricorsive,
ovvero delle funzioni che possono essere introdotte da schemi, com e quelli visti
in precedenza, che si descriverebbero naturalmente come schem i di ricorsione.
Sia f{ x ,y ) una qualsiasi funzione di due argomenti, e si considerino le fun
zioni a un argomento che possono essere ottenute sostituendo alla x un numero
costante. Si chiamino queste funzioni/q(a;),/i(x),/2(*), ecc. In altri term ini, per
ogni X
fo(x) = / (o ,x )

/ iW =/(!>*)
/a(x) = / (2 ,x ).
Si dice che le funzioni/g, /j, f^, ... sono enumerate dalla funzione/(x,^/).
possibile dimostrare che le funzioni ricorsive prim itive a un argom ento non pos
sono essere enumerate da alcuna funzione ricorsiva prim itiva a due argomenti.
I /a prova di ci cosi breve che la si riporter completamente :
D im ostrazione: Si supponga che esista una funzione ricorsiva primitiva
f{x ,y ) tale che le funzioni enumerate dalla funzione/ (cio le funzioni fg, / j,
...
definite poco sopra) siano tutte le funzioni ricorsive prim itive. U n a funzione D
la definita nel modo seguente: D { x ) = f{ x ,x ) -\ - i. D al momento che D stata
definita per m ezzo della com posizione in term ini della funzione di successione

Ricorsivit

46

e di / ( c h e per ipotesi ricorsiva prim itiva), la funzione D anchessa ricorsiva


prim itiva. M a / enum era tutte le funzioni ricorsive prim itive, cosicch deve esi
stere un num ero intero ? tale che D = / . Q uindi Z )()= /(,), e cio: D {i)^ f^ {i)
oppure D (t) = D {i) + i. D al mom ento che D (i) deve essere un numero intero
lo si pu sottrarre da ambo i m em bri di questa equazione, ottenendo 0 = 1, che
una contraddizione. Q uindi non pu esistere una funzione ricorsiva primitiva
f { x ,y ) che enum eri tutte le funzioni ricorsive prim itive.
S i detto prim a che alquanto difScile trovare un esempio di funzione dop
pia ricorsiva non prim itiva. T u ttavia, estremamente facile, per quanto noioso,
costruire un esempio di funzione doppia ricorsiva che enum era tutte le funzioni
ricorsive prim itive. In base al teorem a appena dimostrato, questa particolare
funzione doppia ricorsiva non dovr essere primitiva. Questo un m etodo che
stato im piegato per costruire una funzione doppia ricorsiva non primitiva.
L a dim ostrazione data sopra del fatto che le funzioni ricorsive prim itive non
possono essere enum erate da una singola funzione ricorsiva prim itiva ha fatto
uso soltanto della propriet che le funzioni ricorsive prim itive com prendono la
funzione di successore e sono chiuse rispetto alla com posizione. Se ne deduce
che ogni classe di funzioni chiuse rispetto alla composizione, che com prenda la
funzione di successore, avr la m edesim a caratteristica: le funzioni a un argo
mento della classe non potranno essere enumerate da una singola funzione a due
argomenti della classe stessa. In particolare, le funzioni ricorsive doppie, triple,
quadruple hanno tutte quante questa propriet: non esiste una funzione doppia
ricorsiva a due argom enti che enum eri tutte le funzioni doppie ricorsive a un ar
gom ento ; non esiste alcuna funzione tripla ricorsiva a due argom enti che enume
ri tutte le funzioni triple ricorsive a un argomento, ecc. T u ttavia ancora una
volta sem plicissim o, per quanto ancora pi noioso, costruire un esempio di fun
zione tripla ricorsiva che enumeri tutte le funzioni doppie ricorsive ; o costruire
un esempio di funzione quadrupla ricorsiva che enum eri tutte le funzioni triple
ricorsive ; ecc. Procedendo in questo m odo di fatto possibile ottenere esempi
di funzioni ricorsive triple non doppie, quadruple non triple, e cosi via. L a con
clusione di questo ragionamento fondam entalm ente negativa: bench si abbia
una classe di funzioni ricorsive, la classe delle funzioni ricorsive prim itive, che
abbastanza ampia per tutti gli scopi pratici, essa non esaurisce ovviam ente lin
tera classe delle funzioni che possono essere definite per ricorsione. D al mom en
to che per ogni classe fin qui citata esiste sempre una classe pi ampia, nessuna
di queste pu sperare di rappresentare l intera classe delle funzioni ricorsive
generali . Cosi, ci si ritrova ancora col problem a di fornire una definizione ade
guata per questo concetto pi generale di funzione ricorsiva.

IO.

L a definizione di una funzione ricorsiva generale.

Il
problem a di definire in term ini precisi le nozioni di ricorsione e di funzio
ne ricorsiva (vale a dire di funzione che pu essere definita per ricorsione) fu in
fine risolto in due m odi diversi. U n a soluzione dovuta a C hurch, e im plica la

47

Ricorsivit

nozione di X-definibilit nonch i sistemi particolari dello stesso C hu rch che egli
chiamava calcoli di X-conversione. L altra soluzione fu scoperta da G del, sulla
base di un suggerim ento di H erbrand, e fu in seguito sem plificata da K leene.
c]uesta la soluzione che verr descritta qui.
Osservando gli esempi fin qui dati, facile notare la caratteristica che colpi
H erbrand: e precisamente, che tutte le definizioni sono definizioni per m ezzo di
un sistema di equazioni. Questo condusse H erbrand a proporre la propria defi
nizione di funzione ricorsiva : una funzione ricorsiva, egli sugger, una funzio
ne che pu essere im plicitam ente definita per m ezzo di un sistem a di equazioni,
(juesta definizione pu sembrare in qualche m odo troppo vasta; in effetti, se non
si apportano delle restrizioni, si rivela di gran lunga troppo vasta. M yhill ha
mostrato che non solo tutte le funzioni ricorsive generali sono definibili im plici
tamente per m ezzo di sistemi di equazioni, ma anche tutte le funzioni che posso
no essere definite facendo uso dei quantificatori e delle funzioni di verit nei terTiiini delle nozioni prim itive della teoria Q (e tra queste si trovano m olte funzioni
non ricorsive) possono ugualm ente essere definite im plicitam ente per m ezzo di
sistemi di equazioni; e cosi pure m olte funzioni addirittura non definibili in ter
mini delle nozioni prim itive della teoria Q. Herbrand e G del di com une accor
do suggerirono che si dovesse aggiungere la seguente caratteristica a quella di
essere definibili per m ezzo di un sistema di equazioni : che debba essere possi
bile derivare il valore della fun zione/, per qualsiasi argomento x, dal sistema di
equazioni.
possibile osservare come il prim o suggerim ento fosse dispirazione sem an
tica, laddove la soluzione finale di Herbrand e G del sintattica. S iniziato col
tlire che le funzioni ricorsive sono quelle im plicitam ente definibili (in senso se
mantico) in sistemi form ali d una specie ben precisa, consistente soltanto di si
stemi d equazioni. D altro canto, le funziohi ricorsive generali secondo la defi
nizione di H erbrand e G odei sono quelle funzioni che possono essere computate
ili sistemi formali duna specie molto semplice : quelli che consistono d un siste
ma d equazioni e regole adatte per trarre delle derivazioni da questi sistemi.
Si consideri ora il problem a di rendere precisa la nozione di ricorsione gene
rale. L a prima cosa da fare dare un significato preciso alla nozione di sistema
di equazioni. C i presto fatto. Si definisce un equazione com e u n espressione
della form a ij = t2, dove ij e
sono termini, e si definisce la nozione di termine
come segue:
1) Il sim bolo o da solo un termine.
2) U na variabile numerica, x, Xj, x^, ... da sola un termine.
3) Se a^, ...,
sono term ini e / il sim bolo di una funzione ad 'w argomenti,
allora /( j, ...,
un termine.
4) N ulla un term ine se il suo essere tale non deriva dalle clausole prece
denti.
In relazione al formalismo delle funzioni ricorsive generali, si stabilisce di
chiamare i num eri interi non negativi in questo m odo: il nome dello zero sar o,
il nome del num ero uno S'(o), il nome del num ero due *S'(*S'(o)), e cosi via.

Ricorsivit

48

Si pu ora definire la nozione di definizione im plicita: un sistema di equa


zioni S che contenga i sim boli di funzione/, j,
h-^,
h^, si dir definizio
ne im plicita della funzione / in term ini delle funzioni date ...... se e solo se
sono soddisfatte le seguenti condizioni:
1) Esistono delle funzioni a^, j,
tah che quando ai sim boli h^,
sono attribuite le loro interpretazioni prestabilite, e i sim boli /, ij,
sono interpretati come rappresentanti rispettivam ente q, a^,
a^, tutte
le equazioni sono vere. (Ci che questa condizione dice che le equazioni
possono essere soddisfatte, anche quando ai sim boli h^,
sono attribuite
le loro interpretazioni prestabilite).
2) Esiste una funzione
tale che per tutte le funzioni
j, ...,
se le
equazioni S sono vere quando ai sim boli di funzione h^, ...,
sono attri
buite le loro interpretazioni prestabilite e i sim boli di fu n zio n e/, j, ...,
sono interpretati come rappresentanti a^, j, ..., a^ rispettivam ente, allora
<Zo= <I>. (C i che questa condizione dice che le interpretazioni che sod
disfano 2 sono uniche almeno per quanto concern e/).

L e funzioni che possono essere definite mediante usi ripetuti della defini
zione im plicita a partire dalla funzione di successione saranno chiamate funzio
ni definibili im plicitam ente . stato dimostrato che la classe di queste fun
zioni coestensiva con u n altra classe, molto im portante e naturale, di funzioni:
le cosiddette funzioni iperaritm etiche .
A llo scopo di rendere precisa la nozione di definizione per ricorsione gene
rale di H erbrand e G od ei necessario stabilire le regole di derivazione ammes
se per ottenere ulteriori equazioni da quelle date. G odei decise di ammettere
queste regole :
REGOLA I . Per qualsiasi coppia di num eri interi n, m, e qualsiasi simbolo di
funzione h^, h^ ,r a p p r e s e n t a n t e una funzione data, lespressione hi{n) pu es
sere sostituita in qualunque m omento daHespressione m, a condizione che tn =
= hi{n ) sia vero.
REGOLA 2. D a u n equazione a = b si pu derivare lequazione ...a... = ...b...
dove ...a... identico a ...b... salvo per il fatto di contenere a in zero o pi posti
in cui ...b... contiene b (uguali per uguali).
REGOLA 3. D a u n equazione a = si pu derivare = a.
REGOLA 4. D a due equazioni a = e = c s i pu derivare a = c.
REGOLA 5. D a u n equazione a = b s pu derivare unaltra equazione a' = b'
dove a' = b' come a = b salvo per il fatto che una variabile libera x stata so
stituita da un qualche numero n.

Infine,
una definizione per ricorsione generale se una definizione im
plicita e i valori di / sono com putabili per m ezzo delle regole sopradescritte a
partire da S . Se il num ero di funzioni date o, allora la funzione / d e fin ita dal
sistema S detta funzione ricorsiva generale.
Si potrebbero anche caratterizzare le funzioni ricorsive generali come quelle
funzioni che possono essere definite a partire dalla funzione di successione m e

49

Ricorsivit

diante ripetuti usi di ricorsione generale e com posizione; tuttavia, come si vedr
in un attimo, la stessa funzione di successione definibile a partire da zero fun
zioni m ediante ricorsione generale (il che equivale a dire che la funzione di suc
cessione ricorsiva generale) ; e inoltre l uso della com posizione pu essere ri
condotto alluso della ricorsione generale. Per verificare quanto s appena detto,
si osservi che la funzione di successione definita per ricorsione generale dalla
singola equazione "(x) = S (x ). Infatti, da questa equazione possibile derivare
successivam ente S {o) = S {o ), S {S {o )) = S {S {o )), ... e questi sono tutti i valori
della funzione di successione. Analogam ente, la funzione d identit definibile
per ricorsione generale, per m ezzo d ellequazione /(x) = x, e la funzione di co
stante C {x) = S S S ...S { o ) , con n occorrenze di S , definita per ricorsione ge
nerale dallequazione appena prodotta. Se ne deduce che l im piego di funzioni
iniziali in rapporto alla ricorsione generale non necessario.
Sim ilm ente, neppure l uso della com posizione necessario in rapporto alla
ricorsione generale, dal momento che, se le funzioni f t g sono definite mediante
ricorsione generale, sufficiente aggiungere aHinsieme di equazioni che defini
sce le funzioni f e g lequazione h = / (g (x)) al fine di ottenere una definizione ri
corsiva generale della funzione h.
Infine, non necessario ammettere usi ripetuti della ricorsione generale, in
quanto il risultato dellunione di un qualsiasi numero finito d insiem i di equa
zioni ancora un insieme di equazioni. Cosi, qualsiasi funzione che pu essere
definita a partire dalle nostre consuete funzioni iniziali, mediante reiterati usi di
ricorsione generale e com posizione, pu essere definita a partire da zero funzio
ni iniziali mediante un unico uso della ricorsione generale.
Se una funzione / pu essere definita per ricorsione generale a partire da un
certo numero di funzioni date, h^, ...,
allora la fu n z io n e / detta generale ri
corsiva in Aj, ..., h^. L a nozione di funzione generale ricorsiva in altre funzioni
ha svolto un ruolo importante in successivi sviluppi. Ci m algrado, ci si limiter
alle funzioni generali ricorsive; ovvero, alle funzioni generali ricorsive in un in
sieme di zero funzioni.
L a seguente citazione di K leene sembra essere una chiusura appropriata per
questa esposizione; G li esempi di schemi di definizione di una funzione che
abbiamo fin qui convenuto di chiamare "ricorsioni possiedono due caratteri
stiche; i) Sono espressi per m ezzo di equazioni nel modo che abbiam o preceden
temente analizzato... 2) Sono definizioni per induzione matematica, n elluna o
nell altra forma, salvo nel caso banale in cui sono definizioni esplicite.
L a caratterizzazione di tutte le "funzioni ricorsive fu raggiunta con la de
finizione di "funzioni generali ricorsive nel 1934 da parte di G odei, che elabor
un suggerim ento di Herbrand. Questa definizione viene ottenuta con una sem
plice generalizzazione, che consiste nellassumere la caratteristica i) come defi
nizione stessa.
D iciam o allora che una funzione O generale ricorsiva se esiste un sistema
e di equazioni che la definisce ricorsivamente.
Questa scelta potr forse apparire strana dal momento che la parola "ricor
sione trae la propria origine dal verbo "ricorrere , e linduzione matematica

Ricorsivit

50

lo strum ento che ci perm ette di maneggiare processi ricorrenti. Il significato del
la scelta non che la caratteristica 2) mancher ad una qualche ricorsione parti
colare, ma che questa caratteristica viene trasferita dalla definizione allapplicazione della definizione medesima. Per dimostrare con m ezzi finitistici che un
dato schema ha la caratteristica i) si avr presum ibilm ente da fare in qualche
m odo uso dellinduzione matematica. M a nel definire la totalit delle funzioni
generali ricorsive, tralasciamo ogni tentativo di caratterizzare a priori sotto quale
form a dovr manifestarsi il principio intuitivo dellinduzione. (D ai teoremi di
G odei... sappiam o che il tentativo di raggiungere una caratterizzazione di questo
tipo per m ezzo del sistema formale della teoria dei num eri incom pleto) [1952,
PP- 273-74]-

II .

I calcoli di \-conversione.

Com e stato osservato in precedenza, il problem a di dare un significato pre


ciso alla nozione di funzione definibile mediante ricorsione fu affrontato in due
diversi m odi. L uno, quello di H erbrand-G odel-K leene, stato appena descritto.
L altro fu escogitato da Church, che ci lavor particolarmente negli anni. 1 9 3 3 19 3 6 . Per quanto sia una definizione formale di X-definibilit sia una dim o
strazione pubblicata della coestensivit delle funzioni X-definibili con le funzio
ni generali ricorsive siano state disponibili solo nel 1 9 3 6 [C hurch 1 9 3 6 6 ; Kleene
1936], le idee centrali di questo approccio erano perfettam ente sviluppate fin
dal 19 3 4 , e C hurch era gi allora ragionevolmente convinto che le funzioni X-de
finibili si sarebbero rivelate coestensive con le funzioni generali ricorsive di
G del e K leene. Ridotta ai m inim i termini, lidea fondam entale di Church fu
quella di costruire un calcolo in cui fosse assunta come prim itiva l operazione di
iterazione. Per iterazione di una funzione si intende lapplicazione ripetuta della
funzione stessa. Cosi, se una qualsiasi funzione, allora il prim o iterato di A
h stessa; il secondo iterato di / la funzione il cui valore per un qualsiasi x
h{h(x)), ovvero, com e si scriver d ora in poi, hh{x)\ il terzo iterato di A la
funzione il cui valore per un qualsiasi x h(hh{x)) (o, pi semplicemente,
hhh (x)) ; e cosi via. Ci che C hurch fece fu di definire i num eri interi in modo
tale che il risultato d ell applicazione d un qualsiasi numero intero n alla fun
zione h sia semplicem ente l iterato ennesimo di h (il che significa che nel sistema
di C hurch i num eri interi sono essi stessi delle funzioni). In altri termini, se n
u n qualsiasi num ero intero, e h una qualsiasi funzione, allora nel sistema di
Church n{h) la funzione il cui valore per un qualsiasi x hhh...h{x), con n oc
correnze di h.
Ci che C hurch pensava era che tutte le form e di ricorsione dipendessero
essenzialmente dalliterazione; e che le funzioni ricorsive avrebbero finito per
rivelarsi identiche alle funzioni com putabili in un adeguato sistema formale, po
sto che le funzioni com putabili in quel sistema form ale fossero chiuse per com
posizione, iterazione, e certi tipi sem plici di definizione esplicita. D i conseguen
za egli stabili di trovare il modo pi semplice e diretto possibile per includere

51

Ricorsivit

loperazione di iterazione nelle basi prim itive di un sistema form ale ; e, in parti
colare, per form alizzare la definizione di num ero intero sopra tratteggiata. C h ia
m il sistema risultante X-calcolo, e le funzioni in esso definibili X-definibili.

12.

L a tesi di Church; insiemi ricorsivi; insiemi ricorsivamente enumerabili.

L a tesi di C hurch, cui si fatto cenno nellarticolo Logica in questa stessa


Enciclopedia, pu ora essere enunciata nella sua forma storica: U na funzione
di num eri interi positivi effettivamente calcolabile se e solo se X-definibile!
[Church 1936^, p. 346, nota 3].
C hurch osserver pi tardi : L a nozione di metodo effettivo per il calcolo
dei valori di una funzione, o la nozione di una funzione per la quale esiste un
metodo siffatto, occorre tu ttaltro che raramente in connessione con problem i
matematici, ma com unem ente lasciata al livello intuitivo, senza che se ne tenti
unesatta definizione. I noti teoremi concernenti la X-definibilit, o ricorsivit,
suggeriscono insistentem ente che la nozione di funzione effettivam ente calcola
bile riceva u n esatta definizione dallessere identificata con quella di funzione
X-definibile... Com e in tutti i casi in cui si propone una definizione form ale di
ci che in un prim o tempo costituiva u n idea empirica, non v possibilit di for
nire una dimostrazione com pleta; ma chi scrive ha ben pochi dubbi sul fatto che
questa identificazione sia definitiva [1941, p. 41].
Finora stata considerata la nozione di effettivit solo in quanto connessa al
problem a del calcolo del valore di una funzione. tuttavia interessante consi
derare altri tipi di problem i per i quali si potrebbe richiedere una soluzione ef
fettiva. Per esempio, ci si potrebbe domandare se un dato insiem e di num eri in
teri positivi sia decidibile, nel senso che esista una procedura effettiva per dire
se un qualunque numero arbitrario appartenga allinsieme stesso. Secondo la
teoria di C hurch, questa nozione pu essere resa precisa identificando gli insie
mi decidibili di numeri interi con gli insiemi ricorsivi, dove per insieme ricor
sivo di num eri interi si intende un insieme la cui funzione caratteristica ricor
siva, o, che lo stesso, X-definibile. (L a funzione caratteristica di un insieme
quella che assume valore i per i num eri appartenenti allinsieme stesso, e o per
tutti gli altri numeri).
Questo porta ad u n altra enunciazione ancora del teorema di C hurch :
Un insieme di numeri interi decidibile se e solo se ricorsivo.
U n altro concetto intuitivo di cui si potrebbe chiedere una definizione pre
cisa quello di insieme generato di num eri interi. U n insieme di num eri interi
.si dice generato se possibile dare uno schema di calcolo per m ezzo del quale si
possano ottenere l uno dopo l altro tutti gh interi d ellinsiem e (non necessaria
mente nel giusto ordine). In altre parole, un impiegato che fosse in grado di conlinuare il computo per sempre otterrebbe soltanto elementi dellinsieme, e per
(Igni elemento k esisterebbe un intervallo finito di tempo a partire dallinizio del
computo tale che k com parirebbe dopo questintervallo.

Ricorsivit

52

Intuitivam ente, si fortem ente portati ad aspettarsi che ogni insieme gene
rato sia decidibile; ma questo un caso in cui l intuizione sbaglia. Cosi, linsie
me dei teoremi di un qualsiasi sistema form ale un insieme generato, ma non
assolutamente vero che linsieme dei teoremi di un qualsiasi sistem a formale sia
decidibile, dal momento che si conoscono dei sistemi formali il cui problem a di
decisione non risolubile. Per esempio, se T un dispositivo di calcolo che ha
leseguenti propriet: i) stampa solo teoremi i Q\ 2) per ogni teorema 6' di ^
esiste un intervallo finito di tempo a partire dallinizio del com puto, tale che T
stampa S dopo questintervallo - allora si sa che il problem a se una qualunque
formula ben form ata di Q sar o non sar eventualmente stampata da T non
risolubile con m ezzi effettivi.
Sarebbe scorretto tentare di precisare la nozione di insieme generato identi
ficandola con quella di insieme ricorsivo ; tuttavia, si pu rendere precisa la no
zione di insieme generato identificandola con quella di insiem e ricorsivamente
enumerabile, dove per insieme ricorsivamente enumerabile sintende un insie
me a) vuoto, o b) identico allinsieme dei valori prodotti da una qualche funzione
generale ricorsiva.
L a tesi seguente ancora unaltra conseguenza della tesi di C hurch :
Un insieme di interi positivi generato se e solo se ricorsivamente enumerabile.
Quando si dice che questa tesi una conseguenza della tesi di Church, non
sintende dire che si possa fornire una dimostrazione formale : non bisogna spe
rare di ottenerla, dal m omento che ci si trova di fronte a tesi inform ali che si ri
feriscono alle nozioni intuitive di insieme generato e di funzione efi^ettivamente com putabile. Ci nondimeno, si pu dare u n argom entazione inform ale che
sembra piuttosto convincente.
In primo luogo, si supponga che un insieme di interi possa essere generato
(per convenzione, linsieme vuoto sia considerato generato). Se l insieme non
vuoto, si associ allo schema di calcolo che genera linsieme una funzione / nel
modo seguente : Fw-esimo numero ottenuto mediante lim piego dello schema di
calcolo il valore -esimo della funzione /. In altre parole, se -esimo numero
generato dallo schem a di calcolo m, allora si ponga m = f{ n ). Se lo schema di
calcolo ha la caratteristica di generare un num ero infinito di interi, allora chia
ro che la funzione / appena definita avr un valore per ogni intero n. N on solo,
ma sar una funzione effettivamente calcolabile, dal momento che per ogni in
tero n possibile trovare l intero m tale che m = f( n ) sem plicem ente applicando
lo schema di calcolo finch non sono stati generati esattamente n interi. L ultimo
intero sar allora/().
Questo argom ento dimostra soltanto che gli insiemi generati infiniti sono ri
corsivamente enum erabili ; ma banale far vedere che gli insiem i generati finiti
sono ricorsivamente enumerabili, dai momento che per ogni insiem e finito S si
pu facilm ente trovare una funzione ricorsiva che assuma tutti e soli i valori
compresi nellinsieme S.
Questo com pleta la nostra argomentazione in un senso. M a andare nellaltro
senso - vale a dire, mostrare che qualsiasi insieme ricorsivam ente enumerabile

53

Ricorsivit

S pu essere generato - ancora pi facile. Se l insieme vuoto, qualsiasi sche


ma di calcolo che non porti mai a un intero come risultato far al caso nostro. Se
linsieme non-vuoto, allora, in base alla definizione di insiem e ricorsivam ente
enum erabile, deve esistere una funzione com putabile / tale che S sia l insieme
dei valori assunti da/. C osi lo schema di calcolo consiste sem plicem ente nel com
putare i v a lo r i/ ( o ) ,/ ( i) ,/ ( 2 ) , ... e scrivere questi numeri. In questo m odo, per
ogni elem ento dellinsiem e
dovr occorrere un tempo finito trascorso il quale
tale elemento viene scritto; poich, se n appartiene ad S , allora, in base alla de
finizione di S , deve esistere un m tale che n = f(m ), e f{m ) sar l w-esimo intero
scritto nel corso del calcolo.
Si osservi che i calcoli im piegati per generare insiemi infiniti sono gli unici
calcoli, fra quanti sono oggetto della teoria della ricorsivit, cui non richiesto
di term inare dopo un tem po finito. T u ttavia, anche a questi pur sem pre richie
sta una certa propriet di finitezza: vale a dire, per ogni intero n che viene
scritto nel corso del calcolo, si richiede che esista un certo tempo finito t tale che
n venga scritto esattamente al tempo t. N on ci si occupa in alcun m odo della no
zione di un intero che venga scritto a un tem po infinito.
O ra che sono state precisate le varie nozioni intuitive di funzione effettiva
mente com putabile, di insieme decidibile e di insieme generato, si possono ren
dere a loro volta precise alcune dom ande sui rapporti tra queste nozioni. Per
esempio, possibile adesso dare rigorosa form ulazione alla dom anda: G h in
siemi generati sono tutti decidibili? E, com e indicato pi sopra, si trova che la
risposta a questa domanda (o meglio, alla dom anda precisa ad essa correlata:
G li insiemi ricorsivam ente enum erabili di interi positivi sono tutti insiem i ri
corsivi di interi positivi?) negativa.

13.

Problemi irresolubili.

A n che prim a della teoria della ricorsivit e della tesi di C hurch, occasional
m ente capitava ai m atem atici di asserire che questo o questaltro problem a pote
va essere risolto con m ezzi effettivi. Questo era possibile perch nei casi in que
stione realmente si aveva una prova dellenunciato pi forte che affermava che il
particolare problem a q era risolubile con il metodo m, dove m stava per un qual
che metodo definitamente specificato. Se il m etodo m era chiaram ente effettivo,
allora si aveva generale consenso nellaffermare che il problem a q era risolubile
con un m etodo effettivo, anche se non era disponibile una definizione precisa
del concetto generale di m etodo effettivo . Questo solo un caso particolare del
fatto generale per cui si pu essere in grado di riconoscere alcuni oggetti come
chiari casi d una nozione, pur senza avere alcuna rigorosa definizione della
nozione stessa.
L enunciato che un particolare problem a q risolubile con un metodo effet
tivo un enunciato esistenziale. Vale a dire, afferma solam ente che esiste un m e
todo effettivo m che risolve il problem a q. G li enunciati esistenziali puri hanno
sempre la caratteristica di poter essere dim ostrati da un solo esempio. In questo

Ricorsivit

54

caso, l esempio richiesto sem plicem ente un esempio di m etodo in che risolva
il problem a q.
L enunciato che un particolare problem a non risolubile con alcun metodo
effettivo, invece, un enunciato universale - vale a dire, ci che afferma che
tutti i m etodi effettivi sono m etodi che non risolvono il problem a q. U n enuncia
to di questo tipo un enunciato su tutti i m em bri di una classe infinita: questo
perch la classe di tutti i m etodi effettivi una classe infinita. E cosi, non c al
cuna speranza di dimostrare questo enunciato in mancanza di una definizione
precisa di metodo effettivo. Per questo m otivo, prima della tesi di C hurch, la
letteratura matem atica conteneva enunciati affermanti che una o u n altra cosa
poteva essere fatta con un metodo effettivo, ma non conteneva enunciati affer
manti che qualche cosa non poteva essere fatta con un metodo effettivo. In ef
fetti, prima della tesi di C hurch, i matematici ritenevano che un enunciato di
questo tipo potesse essere soltanto una speculazione inform ale; che non fosse
passibile di una rigorosa form ulazione, e meno che mai di una rigorosa dim o
strazione. C on la pubbHcazione della tesi di C hurch, la situazione divenne m ol
to diversa. Si poteva guardare ad alcuni tradizionali problem i m atem atici che ri
chiedevano che si trovasse un metodo effettivo per fare una certa cosa, e consi
derare la possibilit di ottenere una soluzione negativa : e cio dimostrare, alme
no in alcuni casi, che non esisteva alcun m etodo effettivo.
D ue di questi problem i per cui si trov una soluzione negativa sono il pro
blema della parola per i gruppi, e il decimo problem a di H ilbert. Il problem a
della parola per i gruppi non verr qui descritto ; basti dire che dopo molti anni
di ricerche e dopo m olti risultati preliminari, che suggerivano ma non stahilivano definitivam ente la sua irresolubilit, questa fu finalm ente provata da N ovikov nel 1955. D u e o tre anni dopo una dimostrazione com pletam ente diversa,
e sostanzialmente pi semplice, venne scoperta da Boone.
Il
decimo problem a di H ilbert consiste nel fornire un m etodo effettivo per
stabilire se una qualsiasi equazione diofantea possieda o meno una soluzione (se
cio possieda o meno una soluzione fra tutti i numeri). U na equazione diofantea
semplicem ente u n equazione della forma p = q, dove p & q sono polinom i con
coefficienti interi. Per esempio, x^+y^ = z^ u n equazione diofantea, ed riso
lubile nellinsieme degli interi positivi, dal momento che x = 2> y = 4>

una soluzione. Il decimo problem a di H ilbert fu risolto dal lavoro collettivo di


D avis, Putnam e Robinson [1961] e M atijasvic [1970]. L a soluzione negati
va: fu dimostrato che un tale m etodo effettivo non esiste.

14.

Problemi connessi coi sistemi formali.

I
problem i cui si fatta allusione nel paragrafo precedente non erano parti
colarmente connessi con un qualche sistema formale. Esistono tuttavia m olti
problem i di decisione relativi a sistemi formali. Prim o tra tutti, il problem a (che
fu risolto negativam ente da C hurch) se tutti i sistemi form ali hanno un problem a
di decisione risolubile, vale a dire, se l insimee dei teorem i di un qualsiasi siste

55

Ricorsivit

ma form ale sempre un insieme ricorsivo. C on i metodi di C hurch si pu dim o


strare non solo che esistono sistemi form ah i cui problem i di decisione sono irri
solubili, ma che in particolare il sistema Q descritto nel i e tutte le sue esten
sioni consistenti hanno problem i di decisione irresolubili. Seguendo Tarski e
chiamando essenzialmente indecidibile un sistema quando tutte le sue estensioni
consistenti sono indecidibili (e cio, hanno problem i di decisione irresolubili),
si pu dire che il sistema Q non solamente indecidibile ma essenzialm ente in
decidibile.
Se le nozioni prim itive di un sistema A sono definibili in term ini delle no
zioni prim itive di un sistema B in m odo tale che gli assiomi del sistema A pos
sono essere derivati com e teoremi nel sistema B , allora T arski dice che il siste
ma A interpretabile nel sistema S . U n sistema pu essere indecidibile anche se
qualche sua estensione decidibile. Per esempio, la logica elementare - vale a
dire, la norm ale teoria della quantificazione - indecidibile, ma vi sono molti
assiomi che si potrebbero aggiungere alla normale teoria della quantificazione
e che porterebbero ad un sistema decidibile. In efFetti, se tutte le estensioni della
teoria della quantificazione fossero indecidibili, allora qualunque sistema form a
le, nella form alizzazione corrente, sarebbe indecidibile, dal m om ento che ci che
sintende per sistema form ale nella form alizzazione corrente sem plicem en
te un sistema formale assiomatizzato nella teoria della quantificazione (o calco
lo funzionale del primo ordine). Proprio come un sistema indecidibile pu ave
re delle estensioni decidibili, cosi un sistema pu essere indecidibile bench
qualche sistema in cui esso interpretabile sia decidibile. T u ttavia, facile di
mostrare che un sistema essenzialmente indecidibile non pu avere questa pro
priet. Se un sistema essenzialmente indecidibile, lo sono pure tutti i sistemi
in cui esso interpretabile. Cosi, non solo tutte le estensioni del sistem a Q, ma
anche tut,ti i sistemi in cui Q interpretabile sono indecidibili. Questa classe di
sistemi - la classe di tutti i sistemi in cui interpretabile il sistem a 0 - esatta
mente la classe di sistemi che stata considerata prima.
Oltre ad interrogarsi sulla risolubilit dei problem i di decisione per varie for
malizzazioni della teoria dei num eri e della teoria della quantificazione, ci si potre^bbero anche porre le stesse domande sui problem i di decisione di un gran nu
mero d interessanti teorie matem atiche: ad esempio, la teoria form ale dei gruppi,
0 le teorie formali di un gran num ero di altri tipi di strutture m atem atiche, anel
li, campi, ecc. L indecidibilit di tutte le teorie citate stata stabihta principal
mente mostrando che il sistema Q interpretabile in esse, o applicando un teoixma di T arski, che afierma che se una teoria essenzialmente indecidibile inIcrpretabile anche solo in u n estensione finita di una teoria T avente le stesse co.stanti di T, allora la teoria T indecidibile. L a monografia di Tarski, M ostow ski e I^obinson Undecidable Theories [1953] divenuta un punto di riferim ento
costante per chi opera in questo ramo della logica.

Ricorsivit

15.

56

L a nozione di problema.

L a nozione di problem a, e dellessere un problem a irresolubile con mezzi


effettivi, stata usata frequentem ente in questo articolo ; ma potrebbe essere u ti
le dedicare alcune parole a chiarire il suo significato nella teoria della ricorsivit.
A llo scopo di precisare la nozione di problem a, si stabilisca d intendere per do
manda una domanda in senso ordinario, alla quale per sia possibile rispondere
i) si o no, 2) con un singolo numero. C osi Esistono infiniti num eri primi?
una domanda in questo senso, come pure lo Qual la radice di 2?
Con problema sintender sem plicem ente una classe infinita di domande. E
da notare che la nozione di irrisolubilit si applica solo ai problem i e mai alle do
mande. L a ragione che ogni singola domanda, o numero finito di domande,
sempre risolubile con m ezzi effettivi. ovvio che esiste sem pre un m etodo effet
tivo per ottenere un num ero finito di si e di no com unque disposti (o un qualun
que insieme finito d interi com unque disposti). Cosi, qualunque num ero finito
di risposte corrette alle dom ande pu sempre essere ottenuto con un metodo ef
fettivo. Si noti che la effettiva risolubilit fa soltanto riferim ento allesistenza
di un metodo per ottenere le risposte e non richiede lesistenza di un metodo ef
fettivo, in qualunque senso, per dimostrare che sono le risposte giuste. questo il
motivo per cui si dice che c un metodo effettivo per rispondere a qualsiasi
numero finito di domande.
Se ci si trova di fronte a una classe infinita di domande, per, la situazione si
fa pi interessante. In questo caso, anche se ci si accontenta di una procedura
per ottenere le risposte corrette, e non si richiede alcuna prova che le risposte
ottenute siano realm ente corrette, si pu dimostrare che una tale procedura pu
anche non esistere. In term ini pi precisi, questo significa che pu non esistere
una funzione generale ricorsiva che abbia la propriet che, per ogni i, g { i) = i
se e solo se la risposta alla /-esima domanda nella classe si. Se le domande della
classe sono del tipo che richiede come soluzione un numero intero, piuttosto che
si o no, laffermazione che il problem a irresolubile va interpretata nel senso che
non esiste una funzione generale ricorsiva g avente la propriet che, per ogni in
tero i, g{i) = n s e e solo se la risposta alla -esima domanda nella classe. Si n o
ter che questa definizione della irresolubilit effettiva di un problem a presup
pone che alle dom ande nella classe siano stati in qualche m odo assegnati dei nu
meri di G odei.
Il
problem a di decisione per un sistema formale un problem a nel nostro
senso tecnico, in quanto pu essere identificato con la classe infinita che com
prende tutte le dom ande della forma <iA un teorema di FSf>, dove A una
qualsiasi form ula ben form ata di F S . Assum endo questa definizione di proble
ma di decisione di F S , si vedr con esattezza che cosa significa dire che un si
stema form ale F S ha un problem a di decisione irresolubile: significa che non
esiste alcuna funzione generale ricorsiva ^ tale che, per ogni intero i, g{i) i se
e solo se la formula il cui numero di G odei un teorema di F S . Accettando
la tesi di C hurch (che le funzioni generali ricorsive siano tutte le funzioni effetti-

57

Ricorsivit

vmente com putabili), si vede che questo rende in realt la nozione intuitiva di
irresolubilit del problem a di decisione di un sistema form ale : la non-esistenza
di un metodo effettivo per dire se una arbitraria form ula ben form ata A sia o
meno un teorema del sistema.

i6 .

I teoremi di Church.

Il
prim o problem a m atematico definito di cui si prov la irresolubilit con
mezzi effettivi fu un problem a nel calcolo di X-conversione che nel 1936 C hurch
dimostr essere kresolubile. C hurch descrive questo problem a nei seguenti ter
mini : Possiam o ora fornire in vari m odi esempi di funzioni non effettivam ente
com putabili. In particolare dimostrato che... se l insiem e delle form ule ben
formate del calcolo di X-conversione sono enumerate in un qualche modo (im
piegando una qualsiasi delle m olte enum erazioni che si suggeriscono spontanea
mente), e s e / la funzione tale c h e / 2 o i a seconda che la -esima form ula di
questa enumerazione abbia o meno form a normale, allora / non X-definibile
[1941, p. 42].
Si pu dimostrare che l insieme di tutti i num eri interi n, tali che il nu
mero di G odei di una form ula del calcolo di X-conversione avente form a norm a
le, definibile nel sistema Q. Si chiami aritmetico un insieme di interi definibile
nel sistema Q. (D al mom ento che la nozione di definibilit si riferisce solo ai
concetti prim itivi di un sistema, e non ai particolari assiomi scelti, si pu indif
ferentemente dire, anzich definibile nel sistema Q, definibile in term ini di -t-,
, o, I , = , quantificatori su numeri non negativi, e funzioni di verit). Usando
questo nuovo termine, possibile ora riform ulare questo teorema di C h u rch co
me segue:
PRIM O TEOREMA D iN D E C iD iB iL iT DI CHURCH.

Esiste Ufi insieme aritmetico di

interi positivi che non ricorsivo.


Si noter che stato indebolito il prim o teorema d indecidibilit di Church
in modo tale da eliminare il riferim ento al calcolo di X-conversione. L a ragione
che ha indotto a ci sta sem plicem ente nel fatto che i calcoli di X-conversione
non sono oggi molto studiati, laddove la nozione di insieme aritmetico riveste
notevole importanza nei pi recenti sviluppi. Siccom e quello che si sta chia
mando Primo teorema d indecidibilit di Church segue quasi im m ediatam en
te dal teorema che C hurch ha dimostrato in realt, sembra che quella qui usata
sia una form a pi utile per riferim enti successivi.
Questo teorema im plica che linsieme delle proposizioni vere di Q non sia un
insieme ricorsivo. E per quanto riguarda l insieme delle proposizioni dim ostra
bili di Q, vale a dire l insiem e dei teoremi di Q L a risposta che le tecniche di
Church possono anche essere usate per provare che neppure questo insieme
ricorsivo. L idea fondamentale della dim ostrazione che la form ula F { x \ che
nippresenta l insieme dei numeri di G od ei delle form ule del calcolo di X-convcrsione aventi forma normale, pu essere costruita in modo tale che, per ogni

Ricorsivit

58

intero n, se n il numero di G odei di un term ine che ha form a normale, allora


F{n) un teorem a di Q. Se si desse anche il caso che ogniqualvolta w il num e
ro di G odei di un term ine non avente una form a normale, allora F (n) un teo
rema di Q , non esisterebbero in Q proposizioni indecidibili della forma F{n).
V ale a dire, tutti gli enunciati della form a F{n) sarebbero decidibili in Q. M a,
dal momento che un insiem e di enunciati decidibile in un sistem a formale sem
pre un insiem e ricorsivo, seguirebbe da ci che linsieme degli interi n tali che
il num ero di G odei di un termine avente forma normale, un insieme ricor
sivo contrariamente al risultato di C hurch. Pertanto, dal prim o teorema d indecidibilit di C hurch possibile dedurre lindecidibilit della teoria Q sia rispetto
alla classe delle proposizioni vere, sia rispetto alla classe di quelle dimostrabili.
D opo aver dimostrato il teorema sopra citato, im m ediatam ente C hurch pas
s ad analizzare la stessa logica elementare. Sia F S la teoria form alizzata della
quantificazione (calcolo funzionale del prim o ordine) in una qualsiasi delle con
suete equivalenti form ahzzazioni. F S ha un problem a di decisione risolubile?
In altre parole, l insieme dei teoremi della teoria della quantificazione ricorsi
vo o no? C hurch [1936a] rispose negativam ente anche a questa domanda in un
articolo pubblicato sul prim o numero del Journal o f Sym bolic Logic:
IL SECONDO TEOREMA D IN D ECID IBILIT DI CHURCH. I l problema di decidane
della teoria della quantificazione irresolubile. P i precisamente, l insieme dei nu
meri di Godei dei teoremi della teoria della quantificazione, secondo una normale
attribuzione dei numeri di Godei, non ricorsivo.

17.

Indecidibilit ed incompletezza.

A chiusura di questa esplorazione, pu essere interessante notare la relazio


ne tra i concetti di indecidibilit e di incom pletezza. In prim o luogo, necessa
rio osservare che sono in uso varie definizioni non equivalenti di com pletezza.
Talvolta si dice com pleto un sistema se tutte le form ule universalm ente vere o
valide del sistema sono anche suoi teoremi. Si chiama questa nozione di com
pletezza completezza in senso semantico. A l contrario, talvolta si dice com pleto un
sistema se non contiene proposizioni indecidibili. Si chiama questa nozione di
com pletezza completezza in senso sintattico. facile dim ostrare che le due no
zioni di com pletezza non sono coestensive. Per esempio, ben noto che il cal
colo proposizionale, in una qualsiasi delle sue form alizzazioni consuete, com
pleto. T uttavia, il calcolo proposizionale contiene certam ente proposizioni inde
cidibili, dal momento che p , p costituisce una coppia di proposizioni indeci
dibili nel calcolo proposizionale. Cosi il senso in cui il calcolo proposizionale
completo quello sem antico: ogni form a valida (tautologia) un teorema.
Osservazioni simili si applicano alla teoria della quantificazione. Godei di
mostr (19 3 1) che la teoria della quantificazione, in una qualsiasi delle sue for
malizzazioni consuete, com pleta: cio, ogni formula valida della teoria della
quantificazione un teorem a della teoria della quantificazione.

59

Ricorsivit

C i sono casi, tuttavia, in cui le due nozioni di com pletezza coincidono. Per
esempio, adottando la convenzione che siano considerate ben form ate nella teo
ria Q soltanto form ule che non contengano variabili libere, allora le due nozioni
di com pletezza vengono a coincidere. In altri term ini, la com pletezza di Q in
senso semantico im plicherebbe la com pletezza anche in senso sintattico. D al
momento, tuttavia, che G del dimostr che esistono proposizioni indecidibili
in Q, e anche proposizioni indecidibili prive di variabili libere, ne segue che Q
non com pleto n in senso semantico n in senso sintattico, e lo stesso vale per
tutte le estensioni consistenti di Q.
L a caratteristica che rende il calcolo proposizionale e la teoria della quantifi
cazione diverse dalla teoria Q che tutte le form ule ben formate di queste due
teorie contengono in un certo senso variabili libere. Si possono ad esempio con
siderare le variabili proposizionali p, q, r, s, t, p', q', r\ s', t[ ... del calcolo pro
posizionale come variabili proposizionali libere. Analogam ente si possono con
siderare le lettere predicative F, G , H , ... della teoria della quantificazione come
variabili predicative libere. Se si adotta questo punto di vista, allora si deve am
mettere che ogni form ula del calcolo proposizionale e della teoria della quanti
ficazione contiene qualche variabile libera; questo dal m omento che ogni for
mula della teoria della quantificazione contiene almeno delle variabili predica
tive libere, anche se non contiene variabili individuali libere.
Questa la ragione per cui la nozione di verit non pu essere applicata
alle form ule della teoria della quantificazione. Si deve invece parlare di verit
universale (verit per tutti i valori delle variabili predicative libere), e la veri
t universale, contrariam ente alla verit, non soddisfa la legge del terzo escluso.
Com e dimostrano gli esempi del calcolo proposizionale e della teoria della
quantificazione, la com pletezza in senso semantico non im plica la risolubilit o
meno del problem a di decisione, dato che il calcolo proposizionale ha un proble
ma di decisione risolubile, m entre quello della teoria della quantificazione ir
resolubile. Esiste forse una qualche connessione tra com pletezz in senso sintat
tico e irresolubilit del problem a di decisione.?
L esistenza di proposizioni indecidibili non im plica certam ente l irresolubilit del problem a di decisione, dato che, come si appena visto, il calcolo propo
sizionale contiene proposizioni indecidibili e ha un problem a di decisione riso
lubile. Esiste, tuttavia, u n im plicazione nella direzione opposta: O gni sistema
formale il cui problem a di decisione irresolubile contiene proposizioni inde
cidibili.
Il
m otivo di ci che linsieme dei teoremi di un sistema form ale sempre
un insieme generato. Q uindi, se, per ogni proposizione ^ , o ^ o la negazione di
// un teorema, allora non solo l insieme dei teoremi del sistema form ale ricor
sivamente enumerabile, ma lo anche il suo complemento.
U na verifica informale di quanto si detto la seguente : assumendo la tesi
ili C hurch, si pu osservare che, se un sistema form ale com pleto in senso sin
tattico (non contiene proposizioni indecidibili), allora possibile generare con
una procedura m olto sem plice i non-teorem i del sistema, elencando tutti i teo
remi del sistema, e copiando su un elenco separato solo quelli che cominciano

Ricorsivit

60

con . A questo punto si cancellino i . Il risultato sar l elenco di tutte


quelle form ule ben form ate le cui negazioni sono teorem i; ma in base allassun
zione che non esistono nel sistema proposizioni indecidibili, questo deve essere
esattamente l elenco dei non-teorem i (posto che il sistema sia consistente). T u t
tavia, K leene ha dimostrato che se un insieme ricorsivam ente enum erabile ha un
com plem ento ricorsivam ente enumerabile, allora linsieme ricorsivo. Si ap
pena visto che se una teoria non contiene proposizioni indecidibili, allora lin
sieme dei teorem i e l insieme dei non-teorem i sono entram bi ricorsivamente
enumerabili (la teoria ammette cio sia una procedura com pleta di decisione, sia
una procedura com pleta di smentita). Cosi, in base al risultato di K leene, ogni
teoria di questo tipo decidibile - vale a dire, linsieme dei teorem i di ogni teo
ria di questo tipo ricorsivo. Si vede quindi che una teoria che non contiene pro
posizioni indecidibili ha un problem a di decisione risolubile, o, capovolgendo la
frase, se una teoria indecidibile, allora deve contenere proposizioni indecidibili.
Seguendo Quine [1950] si pu notare che lo stesso risultato di K leene di
mostra non solo che una teoria indecidibile deve contenere proposizioni indeci
dibili, ma che una teoria di questo tipo non pu ammettere alcuna procedura
uniforme di refutazione di qualunque tipo. Questo perch una procedura di re
futazione semplicem ente una procedura per generare tutti i non-teorem i di una
teoria; e se una teoria indecidibile, allora linsieme dei non-teoremi non un
insieme generato.
Q ui sopra si fornita unargom entazione informale per dimostrare che lin
sieme dei non-teorem i di una teoria com pleta (in senso sintattico) un insieme
generato, e si concluso che era un insieme ricorsivamente enum erabile (facendo
uso di una delle form e che sono state date della tesi di Church). D im ostrazioni
informali di questo tipo richiedono, naturalmente, d essere controllate risalendo
alle definizioni formali : ma in tutti i casi stato dimostrato che possibile con
durre formalmente queste argomentazioni. Questo uso inform ale della tesi di
Church estremamente com une nella teoria della ricorsivit. [ h . p .].

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La teria (cfr. teoria/modello) della ricorsivit non altro che la teoria della com
putabilit effettiva (cfr. algoritm o, calcolo). Si tratta dunque di una teoria matematica
(cfr. m atem atiche) che, indipendentem ente dalla propria importanza intrinseca, ha un
posto privilegiato, legata a problem i che si collocano a fondam ento delle matematiche (cfr.
assioma/postulato, dipendenza/indipendenza, insiem e). V i in realt un legame fra
l esistenza di problem i irresolubili con l uso di mezzi effettivi e lesistenza di proposizioni
indecidibili (cfr. logica) in tutti i formalismi (cfr. form alizzazione) dotati di una certa
interpretazione (cfr. referenza/verit, sem antica), cosi com e in tutti i formalismi
dotati di una certa struttura (cfr. struttura, strutture m atem atiche, coerenza, dedu
zione/prova, equivalenza, funzioni, induzione/deduzione, razionale/algebrico/
trascendente).

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