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LUDWIG WITTGENSTEIN

DELLA CERTEZZA

Scienza, filosofia e senso comune


di Aldo Gargan

Sembra giusto ritenere che la scienza, soprattutto a parti


re dal secolo xvii, con la sua strutturazione meccanicistica,
abbia scisso il sapere dal senso comune. La tesi di Galilei,
Descartes, Hobbes e di altri sulla soggettivit delle qualit
sensibili ha espropriato dalluniverso fisico oggettivo sapori,
odori, colori (e insieme anche valori etici ed estetici) con i
quali il senso comune produce la sua percezione del mondo
fisico. La scienza avrebbe cosi svalutato i canali ordinari at
traverso i quali il senso comune stabilisce il proprio contatto
con gli oggetti fisici. Gm lintroduzione, inoltre, di tecniche
sempre pi raffinate e invadenti di formalizzazione matema
tica, essa avrebbe sottratto agli uomini comuni, al pensiero
popolare la visibilit della natura. Lesperienza ordinaria ser
virebbe agli uomini per il soddisfacimento dei loro bisogni
quotidiani, ma non sarebbe pi uno strumento utile o idoneo
in vista di una conoscenza vera e scientificamente controllata.
Apparentemente plausibile, quasi ovvia, questa tesi di Koyr in realt, si sostiene sul presupposto di una visione o con
cezione del senso comune nei termini di una disposizione, di
' Vi tuttavia qualcosa di cui Newton - e non solo Newton, ma la
scienza moderna in generale - pu ancora essere ritenuto responsabile: la
ver spaccato il mondo m due. Ho gi detto che la scienza moderna abbatt
le barriere che separavano delo e terra unificando l'universo. E questo
vero. Ma essa realizz tale unificazione sostituendo al nostro mondo delle
qualit e delle percezioni sensibili, il mondo che il teatro della nostra vita,
delle nostre passioni e della nostra morte, un altro mondo, il mondo della
quantit, della geometria reificata, nel quale, sebbene vi sia posto per ogni
cosa, non vi posto per luomo. Cosi il mondo della scienza - il mondo rea
le - divenne estraneo e si differenzi profondamente da quello della vita che
la scienza non era stata capace di spiegare, neppure definendolo "soggetti
vo (a. koyr, Newtonian Studia, London 196^, p. 23 [trad. it. di Paolo
Galluzzi, Torino 1972, p. 26]).

v ili

ALDO GASGANI

un atteggiamento naturali, spontanei di cui ogni uomo sareb


be il portatore. Ecco unimportante distinzione: da un lato
la concezione della realt propria del senso comune come un
repertorio di punti di vista sulla natura, consegnato agli atti
di un codice psicofisico invariante e connaturato agli uomini
( sufficiente, cio, essere semplicemente uomini per averlo:
nella vita quotidiana gli uomini manifestano il senso comune
cosi come secernono le lacrime o il sudore); da un altro lato,
invece, la crescita e lo sviluppo della scienza come elabora
zione di un corpo di enunciati consegnati a tecniche di con
trollo sperimentale e a formulazioni logico-matematiche, che
producono rettifiche e nuovi assetti del sapere scientifico.
Luomo comune, il pensiero popolare sarebbero d che vi
di invariante nella storia, laddove la sdenza si presenterebbe
come una struttura che sia per sviluppi cumuliformi, sia per
crisi e rotture, risulterebbe comunque una formazione teo
rica e intellettuale in movimento, fornita di una capadt en
dogena di cresdta e di sviluppo. Stando cosi le cose, il senso
comune non avrebbe pi nulla da dare alla sdenza e per parte
sua sarebbe destinato a convivere a fianco di questultima co
me unarea marginale di comportamenti, atteggiamenti e pun
ti di vista non toccati, n modificati dal sapere sdentifico.
In realt, il senso comune si presenta come un campo ara
to dalle tecniche metodologiche della sdenza e della filosofia.
Quello che Descartes o Hobbes respingono sotto il titolo di
qualit soggettive o di errate, distorte opinioni delluomo co
mune semplicemente lo stesso repertorio di punti di vista e
di concezioni, nd quali si esprimeva la sdenza premeccanidsta. Le qualit sensibili e soggettive, come il caldo, il freddo,
il dolce, lamaro, oppure i valori finalistid dellarmonia e
della bellezza, prima di rifluire per intero sulle spalle del sen
so comime (a seguito delle imprese di Bacone, Galild, Des
cartes, Mersenne, Hobbes e altri), avevano costituito i ter
mini, il lessico e il riferimento empirico della sdenza e della
filosofia che precedono lavvento della scuola meccanicista.
Se le versioni deUaristotelismo cinquecentesco e gli schemi
della filosofia scolastica elaborano la conoscenza naturale nei
termini di operazioni intellettuali astrattive da condurre sui
fantasmi della sensibilit, il naturalismo sdentifico-filosofico nel corso dd secoli xvi e xvii elabora una tecnica di con
cettualizzazione che legge nd dati offerti dalla sensibilit un

INTRODUZIONE

IX

ordine e un sistema di comunicazione universale del cosmo.


esattamente in questi quadri concettuali e in queste rappre
sentazioni scientifico-filosofiche che si trovano depositati agli
atti, per cosi dire, quei modelli della condotta intellettuale
che il movimento della nuova scienza seicentesca respinger
come abiti delluomo commie, viziati dal pregiudizio, dalle
false opinioni e, specificamente, dalle distorsioni percettive
suscitate dagli organi della sensibilit. Numerosi trattati
sdentifid e ^osofid dei primi decenni del secolo xvii con
tengono in apertura lo svolgimento di im tema dobbligo,
ossia la soggettivit ddle qualit sensibili. A partire da quei
testi*, luniverso fisico viene espropriato di gran parte dei
suoi materiali e propriet tradizionali. S scopre che erano
stati gli uomini ad attribuirgliele. Contemporaneamente si
scopre che nelle strutture della sensibilit depositata unin' Cfr. nel Saggiatore la tesi galileiana della soggettiviti delle qualit
sensibili: Vo io pensando che questi sapori, odori, colori, etc., per la parte
d d suggetto nel quale d par che riseggano, non siepo altro che puri nomi,
ma tengano solamente lor residenza n d corpo sensitivo^ si che rimosso la
nimale, sieno levate ed annichilate tutte queste qualit (in Opere, ed. na
zionale, voi. V I, Firenze 1896, p. 348). Nella Dioptrque Descartes afferma
che non c biso^po di supporre die, per dard modo di vedere i colori e
la luce, qualcosa di materiale passi d ^ oggetti ai nostri occhi e nemmeno
che in tali oggetti vi sia qualcosa di simile alle idee o alle sensazioni che ne
abbiamo [...]. In tal modo il vostro spirito si liberer di tutte quelle piccole
immagini che volteggiano per laria, le cosiddette specie intenuonali (especes
intentionnelles), che affaticano tanto limmaginazione dei.filosofi (cfr. Cvres de Descartes, a cura di C. Adam e P. Tannery, Paris 1902, tomo V I,
p. 85); la luce non altro, nel corpo che si dice luminoso, che un certo
movimento, o unazione assai rapida e vivace, che passa ai nostri occhi, per
linterposizione dellaria e degli altri corpi trasparenti, n d medesimo modo
che il movimento o la resistenza d d corpi, che questo deco incontra, passa
nella sua mano, per l interposizione d d suo bastone (ibid., p. 84). Nel suo
trattato di ottica in ipglese Hobbes riconosce a Descartes il merito di aver
posto il prindpio deUi s o ^ ttiv it delle qualit sensibili: Il signor D eser
tes ha stabilito U vero prindpio della sua dottrina, e do che le Immagini
degli oggetti sono nella fantasia, e che esse non volano attraverso laria, con
il nome vacuo di Specie Intenvondi ma sono prodotte nd cervello mediante
loperazione degli stessi oggetti (cfr. A hMnute or First Draught of th
Optiques, ms Harldan 3360 d d British Museum, II, pp. 3-4); Oggetto
- scrive Hobbes n d De Corpore - ci che si sente; pertanto d esprimiamo
pi accuratamente quando didamo che noi vediamo il sole che quando di
ciamo che noi vediamo la luce. Infatti la luce e il colore, il calore, il suono e
tutte le altre qualit che si soliti chiamare sensibili, non sono oggetti, ma
fantasmi degli esseri senzienti (in Opera quae Latine scripsit omnia, studio
et labore Gulielmi Molesworth, Londini, voi. I, p. 319 [trad. it. di Antimo
Negri, Torino 1972, p. 380]).

ALDO GARGANI

vmdbile tendenza allillusione percettiva. Quando percepi


sce, luomo anche maturo per lerrore.
In realt, la sdenza ha intrattenuto da sempre rapporti
con quello die si definisce senso comune. Essa ne ha ritaglia
to il territorio. Voglio dire: non c stato un senso comune o
un modello dellesperienza naturale che non siano stati defi
niti dalle strategie immanenti alle procedure dd sapere e ddldaborazione teorica in corso. Il senso comune, il pensiero
popolare, i modi della sensibilit quotidiana risultano assog
gettati, a partire dal secolo xvii, al potere ddle teorie sdentifico-filosofiche che promuovono la nuova sdenza. la gran
de sdenza meccanicista che ordina e codifica lopinione co
mune e che al tempo stesso penalizza i modi errond, illusori
della sensibilit percettiva. Ma tutti gli oggetti e tutti i ter
mini della sua imputazione, prima ancora di costituire il
senso comune o lopinione popolare, sono i relitti di un al
tro sapere, storicamente anteriore, che stato refutato e re
spinto.
Anzich costituire un atteggiamento naturale e sponta
neo, il senso comune lespressione di una degradazione
sdentifica che le teorie meccanidste hanno messo in opera
nei confronti degli schemi dd sapere sdentifico-filosofico
precedente, fondato su valori e significati che sono stati
asportati via dalla scena delluniverso fisico. Senso comune
e pensiero popolare risultano cosi essere le denominazioni
che si dnno ad uno stato dd sapere che non si intende pi
riconoscere e avallare. Quando Descartes ' attribuisce la dot
trina dd vuoto fisico allillusione percettiva umana, egli sca
rica sulla sensibilit comune quello che egli assimie come un
errore della teoria fisica. Il senso comune sdenza degra
data.
Bisogna rilevare che il senso comune costituisce un discor' Ma quando prendiamo questa parola secondo l'uso ordinario e dicia
mo che un luogo vuoto, costante che noi non vogliamo dire che non c
nulla affatto in quel luogo o in quello spazio, ma solo che non c niente
di ci che presumiamo dovervi essere. Csi, poich una brocca fatta per
tenere dell'acqua, noi diciamo ch'essa vuota, quando non contiene che
dell'aria... Poich noi non consideriamo ordinariamente i corpi che sono vi
cini a noi, che in quanto essi producono n ^ o r g ^ dei nostri sensi delle
impressioni cosi forti, che possiamo sentirle {Principu Pbilosopbiae, II,
17, in CEuvres de Descartes d t., tomo V i l i , Paris 1905, p. 49 [trad. it. di
Maria Garin in c a s t e s i o , Opere, Bari 1967, voi. I l, pp. 81-82]).

INTRODXraONE

XI

senza soggetto. Esso, do, il termine di riferimento di


tanti discorsi, ma non soggetto lautore di alcuno di essi.
Il senso comune, lopinione quotidiana sono subordinati al
potere di codificazione proprio dd discorso sdentifico in cor
so, che avanza o retrocede, ma che rimane comunque arbitro
d ^ e competenze cognitive che risultano attribuite al senso
e al linguaggio comuni. In certo modo, il senso e lopinione
comune non possono mai dichiararsi,
ora sarebbe errato
andare alla ricerca di una sostanza nascosta, di un flusso la
tente che dovrebbero essere liberati ed entrare perentoria
mente in tmarticolazione discorsiva, che manifesterebbe fi
nalmente la spontandt la naturalit dd sentire quotidia
no, delle credenze degli uomini comuni. Non c alcun autore
o soggetto latente o represso che attenda una simile libera
zione. Se il senso comune parlasse (accettando la falsa suppo
sizione di una tale latenza) non direbbe altro se non quello
che gli viene fatto dire dai poteri discorsivi ai quali assog
gettato. Il senso comune non ha personalit giuridica nel di
scorso; non dispone di uninteriorit da riversare verso le
sterno, ma sempre il termine a distanza di un discorso che
si svolge dtrove.
Che il senso comune non sia la manifestazione di una strut
tura naturale e spontanea degli uomini, ma loggetto di defini
zione e codificazione delle strategie della scienza, lo si vede
allorquando viene dichiarata la coincidenza di una forma del
sapere, che si vuol refutare, con il senso comune, con la per
cezione quotidiana. Quando Bacone dice che Aristotele ha
costruito la sua filosofia sul senso comune e che troppo em
pirista', egli non fa altro die esibire lidentit che il movi
mento deUa nuova scienza stabilisce tra il senso comune e
ima forma di sapere degradato. Ma non fanno forse la stessa
cosa tutti coloro che imputano la concezione tolemaica al sen
so comune e la dottrina copernicana, invece, alla riflessione
sdentifica e razionale, che si sarebbe sottratta alle false appaSO

> I filosofi di tpo empirico hamio prodotto dottrine ancor pi informi


e mostruose di quelle d e ^ intellettualisti o sofisti; perch ricavate non
soltanto da concetti volgari (questi, anche se sono supcradali, sono in qual
che modo universali e sanno riferirsi a un gran numero di casi, in ogni
modo), ma dalla base angusta di pochi ed oscuri esperimenti {Novum Organum, 1, 64, in The Works of Francis Bacon, a cura di J. Spedding, R. L.
Ellis e D . D. Heath, London 1860, voi. I, p. 6y, cfr. bacone, Opere filoso
fiche, a cura di Enrico De Mas, Bari 196;, voi. I, p. 279).

XU

AUX) GARGANI

renze del senso comune? In quanti libri di storia della sden


za, di filosofia o di epistemologia abbiamo letto che la rivolu
zione copernicana avrebbe contraddetto al tempo stesso il
senso comune e la dottrina tolemaica? Quante volte abbiamo
udito ladagio secondo il quale, a seguito della dottrina co
pernicana, gli uomini avrebbero imparato a diffidare delle
loro ingannevoli percezioni? Un po' come dire che il senso
comune tolemaico, mentre U pensiero sdentifico copemicano-galildano. Ma, praticando questo luogo comune, non
abbiamo fatto altro <e tributare il nostro omaggio ad imo
sdiema interpretativo voluto dalla sdenza meccanicista che
scalzava la dottrina tolemaica degradandola al livello di sen
so comune e di opinione volgare. In realt, non esistono per
cezioni dd senso comune che siano pi tolemaiche che coper
nicane; n si pu dire che le percezioni sensibili siano geocentriciie e che le dottrine sdentifiche risultino, invece, ^ocentriche. Semplicemente, non vi stata alcuna percezione
sensibile alla quale il sistema tolemaico risultasse vincolato
oppure che fosse una presa diretta di tale sistema nel mondo
fisico. Nonostante il tema celebratissimo dellillusoriet dd
sensi (perch, per esempio, il bastone immerso nellacqua d
appare spezzato, senza considerare per che i nostri sensi
sono in grado di accertare che in realt esso non spezzato),
il sistema tolemaico non una razionalizzazione dd dati in
gannevoli della percezione comune, perch nessuno ha mai
avuto la percezione della rotazione dd sole, e si deve dire in
vece che ognuno ha percepito la diversa posizione in quiete
dd sole rispetto al nostro orizzonte. Il dato percettuale co
mune non costituisce la legittimazione della teoria tolemaica,
n la sua matrice di ispirazione. Se si vuol dire che il senso
comune vedeva ruotare il sole intorno alla terra, d pu
soltanto significare che vi era ima percezione interpretata dlinterno di un assetto teorico di un certo tipo (in questo caso
la dottrina tolemaica). Il senso comune stato dicarato illu
sorio dd momento in cui filosofi e sdenziati hanno conside
rato illusoria una dottrina astronomica nd termini della quale
venivano letti i dati percettivi dellesperienza comune e ordi
naria. Il senso comime stato penalizzato contemporanea
mente alla refutazione di una teoria astronomica. Per questo
dico che il senso comune in realt ima teoria sdentifica de
gradata.

INTRODUZIONE

Xni

11 senso comune terra d nessuno; la sua fisionomia di


sponibile alle configurazioni che esso pu ricevere dalle tecni
che del sapere. Dire, per esempio, che laristotelismo la filo
sofia del senso comune una banalit perch in realt stato
laristotelismo a modellare una certa struttura del senso co
mune. E quando sono state prese le distanze dallaristotelismo, si anche respinto quel senso comune che ne sembrava
la matrice dispirazione. Il senso comune il complice invo
lontario delle nostre imprese intellettuali ed il luogo nel
quale le teorie scientifico-filosofiche relegano d che scienza
non . Il senso comune configurato strategicamente come
lo sfondo preliminare dellimpresa sdentifica propriamente
detta. Ma se il senso comune im luogo strategicamente or
dinato, esso, pur non essendo depositario di verit scienti
fiche, nondneno in un rapporto controllabile e significa
tivo con il sistema del sapere sdentifico. Voglio dire: esso
non unarea periferica e selvaggia abbandonata a se stessa;
al contrario, la scena arredata di un teatro attrezzato per la
rappresentazione delle parti che su essa proietta una nuova
immaginazione sdentifica e filosofica. Il sapere amministra,
oltred^ se stesso, anche tutto d che non sdenza.
In rapporto ai limiti ai quali soggetta la conoscenza uma
na, alla sua incapadt di abbracdare nessi cognitivi del mon
do fisico come, per esempio, la causa della coesione delle par
ti materiali, Locke pu fare del senso comune un luogo sprov
visto di strumenti per la conoscenza, ma peraltro fornito di
indicazioni sicure per lorientamento nd corso dellesperien
za quotidiana 11 senso comune contiene quanto necessario
e suffidente per produrre unazione. Ma ci non significa che
per Locke il senso comune contenga lespressione conosciti
va minimde per produrre decisioni e azioni. Il senso comune
modellato da Locke non costituisce una fonte autonoma e in
dipendente di cognizioni. Non fornisce un grado di evidenza
che, sia pure entro limiti assd ristretti, costituirebbe nondi
meno la condizione cognitiva idonea a promuovere lazione.
Didamo invece: sulla base e in concomitanza alle esperienze
quali si producono e si accumulano nelle circostanze della
' Cfr. An Essay concerning Human Understanding, II, xxiii, 12, a cura
di Alexander Campbell Frazer, vol. I, Oxford 1894, p. 402 [trad. it. di Ca
millo Pellizzi, Bari 1972, vol. II, p. 291].

XIV

ALDO GASGAMI

vita quotidiana si manifestano decisioni, movimenti, azioni


da parte degli uomini. Qie la decisione sia stata formata, che
razione sia stata prodotta, questi sono i sintomi del sufficien
te orientamento che lesperienza comune ofEre alla conserva
zione della vita umana e dei suoi beni. Descartes e Locke han
no scritto due storie diverse ma complementari della candela:
il primo ne ha realizzato uno schema intellettuale espropro
di qualsiasi qualit propria del senso comune 11 secondo ne
ha visto laltra faccia: il grado di intensit della esperienza
ordinaria che sufficiente per non metterci un dito sopra.
Ma non sappiamo, ci dice Locke, quanta conoscenza sia ne
cessaria per produrre questo comportamento. Al contrario,
levento, il prodursi effettivo'dellazione, del comportamen
to misurano la sufficienza del senso comune per gli scopi della
vita umana. In concomitanza con uno schema del sapere
scientifico caratterizzato da unipotesi generale di tipo vacuista e corpuscolare, che non peraltro la premessa di alcun
' Che cosa , dunque, d che si conosceva con tanta distinzione in que
sto pe2zo di cera? Certo non pu essere niente di quel che vi ho notato per
mezzo dei sensi, poich tutte le cose che cadevano sotto il gusto o lodorato
o la vista o il tatto o l'udito si trovan cambiate, e tuttavia la cera stessa resta.
Forse era ci che io penso ora: la cera do non era n quella dolcezza del
miele, n quel piacevole odore dei fiori, n quella bianchezza, n quella figu
ra, n quel suono, ma solamente un corpo, che poco prima mi appariva sotto
queste forme, e che adesso si presenta sotto altre [...]. Poich siccome adesso
conosco che, a parlare propriamente, noi non concepiamo i corpi se non per
mezzo della facolt di mtendere che in noi, c non per limmaginazione, n
per i sensi; e che non li conosciamo pel fatto che li vediamo o u tocchiamo,
ma solamente pel fatto che li concepiamo per mezzo del pensiero, io conosco
evidentemente che non v nulla che mi sia pi facile a conoscete del mo
spirito {Meditationes de Prima Pbilosophia. Secunda, in CEuvres de Descartet dt., tomo V II, Paris 1904, pp. 30 e 34 [trad. it. di Adriano Tilgher, in
CABTESio, Opere d t., voi. I, pp. 211 e 313-14J).
Ritornando sullesempio cartesiano della cera, Locke contrappone allo
schema intellettualistico di Descartes un criterio cognitivo la cui efficada
accertata in base alle azioni che promuove: Poich, non rispondendo le no
stre facolt alla piena estensione dellessere, n a una conoscenza perfetta,
chiara e comprensiva delle cose, libera da ogni scrupolo e dubbio, bens
soltanto alla conservazione di noi stessi, cui sono state date; e rispondendo
esse, da come son costituite, alluso della vita, servono assai bene al nostro
scopo finch d dnno soltanto notizia certa di quelle cose che sono per noi
convenienti o dannose. E infatti, chi veda una candela accesa, e abbia fatto
esperienza della fotza della sua fiamma mettendovi sopra un dito, non dubi
ter davvero che questo sia qualcosa che esiste fuori di lui, che gli fa del
male e che gli procura grwde dolore: il che costituisce una sicurezza suffidente, poich nessuno esige una certezza maggiore, che gli serva di tegola
nelle sue azioni, di quella costituita da cosa altrettanto certa quanto le azioni
stesse (An Essay dt., IV ,x i, 8, pp. 332-33 [trad. it. dt., pp. 156-37]).

INTRODUZIONE

XV

ragionamento scientifico concreto', il senso comune, nella


versione lockiana, risulta un indice pragmatico in grado di
assolvere alle fun^oni della conservazione della vita umana
e dei beni materiali ai quali essa legata. La scienza e il senso
comune si sostengono reciprocamente; do, sono aree che si.
spartiscono compiti e competenze diverse. Il senso comune
per Locke tutto d che non sdenza; e quindi odore,
sapore, gusto e simili entro nessi di concomitanza empirica
che costituiscono guide sicure per lorientamento pratico. La
sdenza fisica corpuscolare e vacuista del suo tempo costitui
sce im modello ideale di sapere, peraltro difficilmente prati
cabile da parte degli uomini per via dd limiti che sono ascritti
alle loro facolt.
Ma sarebbe superfidale indagare lidea del senso comune
senza investigare il suo rapporto strategico con il sapere colto
e ufficiale. II senso comune ima controparte del sapere sdentifico. E non c una sola maniera esclusiva in cui la sdenza
ha intrattenuto rapporti con il senso comune. Anzich di una
procedura lineare, di un reticolo di relazioni die si tratta
allorch si esplorano quei rapporti a partire dal movimento
della nuova sdenza meccanicista dd secolo xvii. Se per un
lato il senso comune una forma di sapere refutata e rimos
sa, per laltro esso anche una sostanza malleabile destinata
a ricevere le configurazioni impresse dalle strategie di fonda
zione e di legittimazione del sapere scientifico. I nuclei teorid veri e propri delle ipotesi scientifiche non hanno mai
viaggiato da soli ma in compagnia della teologia, della filo
sofia, delle formaaoni discorsive tracciate negli spazi dellim
maginazione sodale. In spregio al criterio delleconomia degli
enti e dd concetti, la legge newtoniana dellinverso del qua
drato ha proceduto insieme alla nozione di una causalit non
meccanica di questa meravigliosa compagine delluniverso,
dinamizzata dallintervento provvidenziale e benefico di Dio,
consegnata a finalit di bellezza e di armonia, entro uno spa
zio e un tempo assoluti definiti come gli organi sensori della
divinit. Nel corso delle vicende storiche successive il nucleo
' Cfr. CARLO A. VIANO, ]ohn Locke. Dal Tazionalismo alVilluminismo,
Torino i960, pp. 442,484 e 492.
*
Cfr. _i. NEWTON, PoUosophiae Naluralis Principia Mathematica, th
third edition (1726), with variant readlngs, asscmbled and edited by A.
Koyr and I. B. Cohen, Harvard University Press, voi. II, pp. 7J9-6o.

XVI

ALDO GARGANI

dellipotesi gravitazionale newtoniana ha, per cosi dire, de


posto queste nozioni accessorie. Esse si sono rivelate, come
dir Mach, rappresentazioni secondarie (Nebenvorstellungen) dellipotesi scientifica *.
Non essere scienza non significa essere necessariamente
contro la scienza. 11 senso comune pu anche impersonare
ruoli che risultano solidali con determinati m o d ^ del sa
pere scientifico, cosi come di quello filosofico. Il sistema di
Hegel non muove dalle postazioni pi elevate del sapere e
delia razionalit. Al contrario di Fichte e di Schelling che
procedono dalle istanze teoriche pi elevate discendendo ver
so le forme della coscienza comune, Hegel nella Fenomenolo
gia dello spirito svolge una scienza dellesperienza della co
scienza in cui si muove in direzione di un modello di sapere
assoluto e di razionalit autoriflessa partendo dalla situazio
ne ordinaria dellesperienza percettiva. Lungo questo cam
mino si conserva lo schema che abbiamo considerato fin dagli
inizi come il sistema dominante di riferimento: il senso co
mune come il depositario di tutte le forme del sapere scien
tifico degradato. In tal modo Hegel nella sua critica della co
scienza comune investe in realt un intero repertorio di dot
trine scientifiche e filosofiche ufficiali. Nella certezza sensi
bile {die sinnlicbe Gewissheit) propria del senso comime
si riconosce facilmente il sensismo di Protagora ripreso da
Teeteto nel dialogo platonico; nella figura della percezione
{Wahrnehmung) il mondo delle cose e delle loro propriet
attributive il mondo degli oggetti ordinari dell'esperienza
quotidiana, ma anche ora il mondo di Locke e di Kant (al
lorch Hegel ascrive limit alla cosa in s e la molteplicit
delle propriet sensibili alla coscienza), ora il mondo di
' A parte gli elementi che sono indispensabili per la rappresentazione
dei fatti, dei quali i costituita unipotesi, quest'ultima contiene sempre o
perlomeno solitamente altri elementi ancora, che non sono necessari p a
ude rappresentazione. Infatti l iMtesi costruita in base ad un'analogia,
i cui punti di somiglianza e di differenza sono conosciuti in modo incom
pleto altrimenti non vi sarebbe bisogno di indagare al rita rd o . La dottrina
della luce parla, per esempio, di onde, mentre soltanto la periodit necesswa p u la comprensione dei fatti. Questi elementi accessori, che vanno
al di l di quelli necessari, risultano s c a t t i a trasfoimazione nella azione
tedpioca di pensiero ed esperienza. Essi vengono eliminati a poco a jx x e
sostituiti da elementi necessari (b. mach, Erkenntnis und Irrtum, Skizun
zur Psycholo^ie der Forscbung, Leipzig 1926, p. 245).
Da pnma io mi accorgo dunque della cosa come di uno, e ho da te-

INTRODUZIONE

XVU

Leibniz che riconosce la diversit nella cosa, intesa come mol


teplicit indiEerente, e riconduce lunit di essa allopera
d ^ o spirito*. Pi o meno inconsciamente releghiamo nel
senso comune i relitti del sapere che vogliamo rimuovere e
dei quali intendiamo disfarci. Ma la strategia dellabbandono
e deUa rimozione non lunica a disciplinare i rapporti scien
za senso comime. Esiste una strategia multipla di riferimen
to. Il senso comune ha costituito lo sfondo di animazione del
la costruzione scientifica. Se la coscienza comune non raflSgura tm quadro accettabile della realt, essa pu detenere una
norma immanente di svolgimento in grado di condurla alla
soglia in cui, anzich essere il ricettacolo di rappresentazioni
distorte di cose o oggetti indipendenti, la coscienza risulter
avere come unico oggetto se stessa, essendo l'Assoluto un
soggetto e non pi ima sostanza*. Se la scienza della ragione,
ora, non pu confondersi con lapproccio fittizio di una co
scienza per s vuota con un dominio di cose indipendenti ed
esterne, sar il desiderio (Begierde) dellautoriconoscimento,
immanente alla coscienza comune, il fattore propiziatore di
una realt di numerose autocoscienze*. La coscienza comune
nerla fem a in questa detennnazone vera. Se nel movimento del percepire
si presenta qualcosa di contraddittorio alla cosa, ci i da riconoscere come
mia pura riflessione. Ora, nella percezione, si presentano anche diverse prprieu che sembrano essere propriet della cosa: ma la cosa uno, e noi
siamo co n sap ^ li che quella diversit, per cui la cosa cessava di essere uno,
cade in noi. Dunque in effetti questa cosa bianca soltanto al nostro occhio,
sapida anche alla nostra lingua, cubica anche, al nostro tatto [...]. Poich
dunque consideriamo come riflessione nostra la determinatezza di essere
universale mezzo, conserviamo con ci lautoe^aglianza e la verit della
cosa: di essere uno (Fbnomenologie des Geistes, herausgegeben von J.
HoSmeister, Hamburg 1952*, p. 93 [trad. di Enrico De Negri, Firenze i960,
P P .Q 9-IOO]).

' ... la cosa uno, proprio perch si oppone ad altre. In quanto peraltro
uno essa non esclude da s altre cose (giacch essere uno significa essere
l universale rapportarsi a se stesso; ed essendo essa un uno, piuttosto egua
le a tutte) ma le esclude per via della determinatezza. Poich la propriet
la propri propria della cosa o una determinatezza nella cosa stessa, que
sta ha parecchie propriet [...]. dunque in verit la cosa stessa che bianca,
e anche cubica, e anche sapida ecc.; ossia la cosa i lanche o l universale
mezzo nel quale le molte propriet sussistono luna fuori dellaltra [...] fi
dunque lunit che la coscienza dovr prendere su di s, poidi la cosa
il sussistere delle molte propriet diverse e indipendenti
L'unificare
queste ptopriet tocca soltanto alla coscienza: nella cosa, quindi, essa non
deve lasciarle confluire in un uno {ibid., pp. 93-96 [pp. 100-1]).
i

PP-

CPP- * 8-191.

Ibtd., pp. 133,139 e 148 sgg. [pp. 145,130 e i6a sgg.].

XVIII

ALDO GARGANI

procede erraticamente; essa, infatd, non riconosce il dise*


gno della trama cognitiva alla quale ordinata. Ma vi un
occhio a sorvegliare dallalto landamento dellesperienza
della coscienza; questo medesimo processo, ma hegelianamente non pi visto per s, ma per noi cio per una consa
pevolezza scientifico-filosofica raggiunta che dispone gli an
damenti della coscienza comune e suoi fittizi criteri dd vero
in un percorso strategicamente finalizzato al sapere assoluto,
dove di essa non sar pi dato trovare peraltro alcuna traccia.
In questa versione, il senso comune, oltre a costituire il
non-scientifico, il non-razionale, anche al tempo stesso un
sostegno della scienza, perch proprio dal groviglio dei suoi
pregiudizi, delle sue distorte immagini della verit, che si di
pana la fibra forte e robusta dellautentico sapere. il fatto
di svolgersi da quellintrico di false assunzioni, in cui consi
ste lesperienza della coscienza comime, a conferire al sapere
assoluto hegeliano lestro strategico di costituirsi come un
sapere totale, inclusivo di s e anche di d che, per dir cosi;
non lui stesso. Proprio perch non scienza, il senso comu
ne viene ad acquisire una delle sue pi rilevanti propriet,
quella di offrire titoli di concretezza, di aderenza (sebbene
non in termini cognitivi) al reale, allesperienza vissuta, al
quotidiano. La bassa, la degradata e imiile empiria il non
sapere o il sapere selvaggio che si utilizza strategicamente
(nonostante le sue distorsioni e ingenuit) come smtomo del
concreto, della realt vissuta, quale archeologia del precate
goriale. poich tale la volont strategica che si impone,
non ha importanza che dietro al senso comune si nascondano
ora Protagora, ora Tolomeo, ora Aristotele, ora Lodce, ora
Kant. Forse die sa il senso comune di essere senso comune?
In questa forma travestita dd non-sapere, la coscienza co
mune costituisce la scena originaria delle operazioni cogniti
ve. Il senso comune, in ima variante di questa funzione, pu
risultare anche come la figurazione fisiologica dd sostrato
biologico della sdenza. Il senso comune, il pensiero popolare
servono allora a costituire il tessuto delle operazioni sdentifiche propriamente dette. Il pensiero scientfico sorge dal
' Cfr. per esempio ibid., pp. 24,103 c 135 [pp. 19,109 e 145].

INTRODUZIONE

XIX

pensiero popolate. Cosi il pensiero scientifico conchiude la


serie continua dello sviluppo biologico, la quale comincia
con le prime elementari m^festazioni di vita *. Il sapere
scientifico condivide con la coscienza comune, con limma
ginazione ordinaria {vulgaren Vorstellungslebens), dalle qua
li sorge, la funzione dellintegrazione concettuale {gedankliche Ergnzung) di unesperienza che inevitabilmente par
ziale e lacunosa. Il cacciatore che, sulla base di alcune osser
vazioni necessariamente limitate, si rappresenta il modo di
vivere, il comportamento della preda, e Galileo che, sulla
base di alcuni dati parziali - posizione, direzione e velocit
iniziale di un proiettile - , si propone di rappresentare linte
ra traiettoria di essa, assolvono entrambi ad una medesima
finalit di integrazione concettuale dei dati osservativi del
lesperienza ordinaria. II completamento concettuale, rap
presentativo di imesperienza parziale, la finalit cognitiva
della scienza naturale, ma prima ancora la funzione ^ adat
tamento biologico dellqrganismo allambiente. Questo ci
che essi condividono. Ma senso comune, pensiero popolare e
scienza divergono dopo aver proceduto per un po insieme.
Se la seconda mantiene la motivazione fondamentale che si
trova anche alla base del primo (sotto forma di adattamento
per la sopravvivenza mediante lintegrazione mentale, rap
presentativa del dato), nondimeno presto ne diverge, in
quanto il pensiero scientifico sviluppato non assolve, secondo
Mach, a scopi meramente pratici {praktischen Zwecken), le
gati al sodcsfacimento di bisogni vitali {der Befriedigung
leihlicber Bedtirfnisse), bens si crea suoi propri scopi ,
di natura puramente conoscitiva.
Decollato dalla medesima matrice di imesperienza par
ziale e limitata che alla base della coscienza comune, il pen
siero scientifico consegue finalit cognitive, autonome e indippdenti da implicazioni pratiche. Ma ora esso esposto ai
disagi e alle inquietudini che si generano nella sua stessa in
teriorit, e che non sono del medesimo tipo di quelle che af
fliggono il pensiero comune. Il pensiero scientifico raffor
zato si crea suoi propri scopi, cerca di liberarsi, di e l i m i n a r e
' MACH, Erkenntnis

Ibid.,p.2.

und Irrtum d t . , p . 2.

XX

albo

GARGANI

Ogni disagio intellettuale \ prefigurato il tema wittgensteiniano del lavoro filosofico e analitico come eliminazione
di disagi, di inquietudini intellettuali che sorgono nel corso
del disdplinamento concettuale dellesperienza. La condotta
intellettuale si crea suol scopi per il raggiungimento dei quali
risulta poi imbrogliata dalle stesse regole ^ e si data. Il
fatto fondamentale, qui, che noi fissiamo certe regole,.una
tecnica per un giuoco, e poi, quando seguiamo le regole, le
cose non vanno come avevamo supposto. Che dunque d im
pigliamo, per cosi dice, nelle nostre proprie regole. Questo
impigliarsi nelle nostre regole appunto d che vogamo
comprendere, do, d di cui vogliamo ottenere una visione
chiara. Esso getta una luce sul nostro concetto di intendere.
Infatti, in qud casi, le cose vanno diversamente da come ave
vamo inteso, previsto. Quando, per esempio, compare ima
contraddizione, didamo appunto; 'Io non lho intesa cosi.
Lo stato dvile della contraddizione, o il suo stato nd mondo
dvile; questo il problema filosofico
N d programma machiano il pensiero sdentifico sorge dal
la medesima matrice dd sensp, dellopinione comuni. Sebbe
ne orientato verso lintegrazione concettuale di unesperien
za parziale, il pensiero sdentifico nondimeno, nd corso dd
suo sviluppo, assume ima finalit di natura esdusivamente
cognitiva. Ma anche dopo che si prodotto questo salto di
qualit, lattivit sdentifica risulta invariabilmente destinata
a generare una pi attrezzata e controllata raffigurazione dei
fatti che contemporaneamente una funzione di adattamento
(Anpassung) allesperienza. Pur nellautonomia e nella puri
ficazione logica della sua condotta il pensiero scientifico non
dimeno assolve a qud medesimi scopi ai quali il pensiero po
polare, il senso comune sono ordinati sia pure in una forma
assai pi limitata, precaria e, soprattutto, vincolata a bisogni
pratid particolari. Le istanze biologiche e antropologiche nd
passaggio dal pensiero comune a quello sdentificamente con
trollato attraverso losservazione e il cdcolo matematico han
no mutato linguaggio e strategia di ricerca, non la finalit che
sempre quella dd miglior adattamento allambiente.
MACH, Erkennlnis und Irrtum d t ., p . 2.
*
I , WITTGENSTEIN, PhUosopbtsche Untersucbungen, a cura di G . E. M.

Anscombe e R. Rhees, Oxford 1953,


diero, Torino 1967I.

I, sez. 125 [trad. it. di Mario Trin-

INTKODUZIONE

XXI

Entro la strategia machlana la scienza riconosce nel senso


comune non gi i metodi e le procedure della propria ricerca
(che hanno ottenuto imo statuto autonomo e indipendente),
ma la motivazione, linteresse e la sanzione antropologica di
essa. Il corpo degli enunciati scientifici trasmessi trova la le
gittimazione delle proprie procedure e delle scelte teoriche
e vi sono presupposte nellintegrazione di unesperienza
lacunosa e parziale con la quale il pensiero comune ha un rap
porto di adattamento. Il cacciatore che integra in linea
concettuale o rappresentativa il comportamento della preda
e Galilei che ntegra la traiettoria del proiettile, di cui so
no note posizione e velocit iniziali, concUvidono i medesimi
scopi. La scienza trova il perch della propria indagine nel
soma del senso comune. Questultimo obe alla scienza una
genesi, una motivazione, vm fasdo di attitudini percettive e
comportamentali da adattare allambiente. G>si la scienza
risulta il linguaggio sublimato del senso comune.
Non pi giustificata in rapporto alle funzioni superiori
dellanima come voleva Aristotele, secondo una topologia
del sapere die assegnava alla sdenza una sorta di luogo in
tellettuale cosi come assegnava i luoghi naturali al fuoco,
allaria, allacqua e alla terra; non pi radicata in una pro
pensione naturale alla conoscenza (che distinguerebbe gli uo
mini dagli animali), la sdenza, secondo Mach, promana dalle
viscere del senso comune, figlia dd bisogno e del desiderio
della sopravvivenza. Perch penso?, Perch calcolo?
d si domandava; la risposta suonava che, per esempio, pen
siamo e calcoliamo per evitare che la caldaia a vapore esploda.
Pensiamo perch vogliamo vivere: il senso comune, il pen
siero popolai risultano strategicamente ordinati e utilizati
come il linguaggio non dd sapere, bens dd bisogno; non del
calcolo, ma ddlesigenza che promuove il calcolo. Sdenza e
senso comune corrispondono ad una distribuzione metodologica, rispettivamente, di calcolo + osservazione da un lato e
di bisogno, finalit, in senso biologico, dallaltro. Oppure
questaltra alternativa: calcoliamo, pensiamo non gi perch
viviamo, ma semplicemente nel modo in cui viviamo. Calco
lare, pensare fanno parte della nostra vita; non ne sono risul
tati, conseguenze, effetti. Si diceva; pensiamo, calcoliamo
i dati della caldaia a vapore perch vogliamo vivere. Ma cer

XXII

ALDO GARGANI

tamente non d domandiamo: petxrh viviamo? E cosi Wittgenstdn, considerando il parlare, il pensare, il calcolare come
dtrettan parti della nostra vita, ha definito le nostre opera
zioni intellettuali come tratti d ^ condotta ordinaria degli
uomini. Esse sono attivit naturali, come mangiare, passeg
giare, bere \ Q non implica una versione naturalistica di t ^
operazioni, cosi come se fossero manifestaziom di neuroni, di
filamenti nervosi e di muscolature. Significa che di fronte ad
esse non dobbiamo porre il problema di una legittimazione
teorica e di una fondazione logica. Semplicemente perch le
spiegazioni hanno un termine, perch ad un certo punto la
vanga incontra lo strato rocdoso su cui si piega, Wittgensteb
ha espresso una definitiva rinunda alle strategie della dupli
cazione e della riflessione scaturite da ambizioni fondazionali.
In un ceno senso, ora, la condotta intellettuale viene a far
parte, con Wittgenstein, della nostra forma di vita, anzich
corrispondere agli atti dd pensare, dd parlare, dd calcolare
quali venivano intesi dalla tradizione mentalistica della no
stra cultura. Questi ultimi ora non hanno pi lalone subli
mato dellidealit e dellinteriorit profonda. ovviamente
solidale con questa assunzione wittgensteiniana la circostan
za che i super-concetti (ber-Begriffen), quali io, mon' Perch l'uomo pensa, perch
esempio calcola le dimensioni di una
caldaia a vapore e non lasa che sia il caso a determinare il suo spessore? Il
calcolo impedisce forse che la caldaia esploda? No, la caldaia pu naturaimente scoppiare malgrado il calcolo. Ma come l'uomo che si bruciato una
volta non infila pi la mano nel fuoco, cosi non rinunda neppure a calcolare
le dimensioni della caldaia
Se ora mi domandano; Hai avuto ragione di
usare uno spessore di i } mm? Dormi tranquillo? devo rispondere con la
controdonianda: Q ie cosa significa 'ragione*? Se intendete che sappiamo che
la caldaia non pu esplodere, non ho avuto ragione; se invece che con questo
calcolo ho stabilito le dimensioni della caldaia, allora ho ragione (Wittgen
stein und der Wiener Kreis, Gesprache, auigepichnet von F. Waismann, a
cura d B. F, McGuinness, Frankfurt am Main - Oxford 1967, pp. 171-72
[trad. it. di Sabina de Waa, Firenze 1973, pp. 162-63]). A che scopo l'uo
mo pensa? A che gli serve? Perch costruisce le caldaie in base a calcoli e
non affida al caso la resistenza delle loro pareti? Dopo tutto soltanto un
fatto di espwenza die le caldaie, cosi calcolate, non esplodano tanto spes
so!... Per siccome le cause non ci interessano, - diremo: Sta d fatto che
gli uomini pensano; per esempio, quando costruiscono una caldaia procedo
no in questo modo. - C impossibile che una caldaia, costruita in questo
modo, esploda? Oh, si; Dunque luomo pensa perch il pensare ha dato
buoni risultati? Perch pensa che sia van t^ ioso pensare? (Educa figli
perch ci ha dato buoni risultati?) G>me s potrebbe scoprire perch pen
sa? {Phitosopbische Untersuchungen cit., parte I, sezz. 466-68).
* Ibid.,sez.2}.

INTRODUZIONE

XXIU

do, pensiero, linguaggio, mente che instauravano il


super-ordine (Vber-Ordmng) scientifico-filosofico, risultino
filosoficamente depotenziati e ricondotti dall'uso metafisico
al loro uso nella vita quotidiana Ma dunque Wittgenstein
avrebbe ridotto, senza residui, le forme pi elevate del sape
re al senso comune, ai comportamenti umani della vita quotidUna? In realt si tratta di ima soluzione di tipo assai diver
so. Wittgenstein ha in effetti scoperto la presenza di un sape
re, la strutturazione grammaticale-teotica, che sono imma
nenti al senso comune. Wittgenstein ha letto in quelle che
apparivano come espressioni spontanee, naturali della perce
zione comune la cifra di un sapere, la messa in opera di para
digmi grammaticali. Lanalisi wittgensteiniana ha preso in
carico il senso comune per quello e , ossia per un reper
torio di abiti e di grammatiche della percezione, di tecniche
discorsive disciplinate da regole. Wittgenstein ha riportato
alla luce il fondamento grammaticale in uso nel senso comu
ne, nel pejisiero popolare e ha sostituito codici grammaticali,
addestramenti, convenzioni e stipulazioni linguistiche in luo
go di quelle che erano da sempre apparse come espressioni
cognitive naturali, spontanee e imme^ate del senso comune.
Come faccio a sapere che questo colore rosso? - Una ri
sposta potrebbe essere questa: Ho imparato l italiano.
Posso dire a un amico: 'In italiano questo colore si chiama
'rosso (supponendo, per esempio, che gli insegni litaliano).
In questo caso non direi 'So che questo colore,.. - questo
forse lo dird se lavessi appena imparato, oppure contrappo
nendo quel colore a un altro colore di cui non conosco il no
me in italiano \ La grammatica, le tegole che disdpUnano
luso delle espressioni del nostro linguaggio, un intero regi
me di convenzioni e di decisioni rimpiazzano il quadro del
senso comune qual era tradizionalmente rappresentato, ossia
come la testimonianza immediata, naturale, anteriore ad ogni
impresa teorica, su quali cose vi siano, quali propriet com
petano ad esse.
Due giorni prima di morire, Wittgenstein scriveva le ul
time sezioni di Della Certezza in cui metteva a nudo la natu
ra grammaticale e paradigmatica delle proposizioni che una
' PbUosophiscbe Untersucbungen dt., parte prima, sez. 97.
'
parte prima, sez. 381.
Della Certeiza, sez. 530.

XXIV

AU)OGARCANI

tradizione filosofica anche recente aveva interpretato come


un sistema di aedenze o di enunciati di carattere cognitivo.
Anzich enunciati di portata esistenziale, anzich certezze in
tuitive e irrefutabili, che era sufficiente indicare o evocare,
come aveva creduto G. E. Moore nei suoi saggi sul senso co
mune, le credenze di questultimo sulla realt degli oggetti
esterni, degli eventi passati, delle menti altrui e simili risul
tavano espressioni S. regole grammaticali che disciplinano
larticolazione linguistica dellesperienza. Moore aveva co
dificato in una serie di truismi del senso comune un inte
ro repertorio di invincibili certezze ontologiche del seguente
tipo: Esiste attualmente un corpo umano, che il mio cor
po. Questo corpo nato in un certo istante del passato, ed ha
continuato ad esistere da allora, pur non senza subire dei mu
tamenti... In Proof of an External World ( 1939) replicava
ai filosofi idealisti che avevano negato la realt delle cose ma
teriali, delle menti altrui, degli eventi spazio-temporali: Se
voi intendete dire che niente alla destra, o alla sinistra o
dietro o sopra qualcosaltro allora vi sbag^te certamente;
perch questo calamaio alla sinistra di questa penna, e la
mia testa al di sopra di entrambi; qui c una mano e qui
ce ne unaltra; e cosi vi sono almeno due cose materiali;
Se intendete dire che nessun evento segue o precede un al
tro evento, vi sbagliate certamente, perch dopo colazione io
andr a fare una passeggiata, dopo far un bagno, e poi pren
der un t; io so che voi ora mi vedete e mi udite, e inol
tre so che mia moglie ha mal di denti e perci se ne conclude
Ma non si pu in u m ^ a re che non esistano oggetti sid? Non lo so.
E tuttavia 'G sono oggetti teid non-senso. Dovrebbe essere una proposi
zione dell'esperienza? - Ed una proposizione empirica, questa: 'Serbra
che d siano oggetti fisid? {ibid., sez. 35); L istruzione: 'A un oggetto
fisico la diamo soltanto a chi non capisce ancora che cosa sigmfichi *A, o che
cosa significhi oggetto fisico. dimque imistruzione che rita rd a luso di
certe parole, e 'oggetto fisico un concetto logico. (Come colore, misura...)
E p a questa ragione non si pu costruire una proposizione: Esbtono og
getti fisid. Tuttavia quesd tentadvi abonid li incontriamo ad ogni pi so
spinto (ibid., 36); A; *So che l c la mia mano pu seguite la domanda:
'Come fai a saperlo? e la risposta a questa domanda presuppone che questa
cosa si p c ^ sapere cosi. Invece di 'So che l c' la mia mano si potrebbe
dimque dire: ' c la mia mano, ed aggiungere come lo si sappia (ibid.,
sa . 40).
*
c. E. MOOKE, A Defence of Common Sense, in Contemporary Britisb
Pbdosopby, Personal Slatements, serie II, a cura di J. M. Muirhead, London
19*4. PP- I93S88-

INTRODUZIONE

XXV

che esistono sentimenti altrui, esperienze e sensazioni diverse


dalle m i e i
Moore asseriva questi enunciati con la medesima aria e con
la medesima sicurezza di chi racconta le proprie esperienze, le
cose che gli sono accadute. G)n una sorta di candore parlava
m termini cognitivi delle proprie mani, dei corpi altrui, del
calamaio. Daltronde, come potrebbe non riuscire convincen
te chi dichiara che esiste im calamaio che egli sta attualmente
indicando o die stringe addirittura in mano? I critid hanno
osservato che Moore si limita a to beg th question Ma
la loro obiezione condivide la medesima ingenuit che guida
va Moore nella convinzione che i suoi truismi fossero vere
e proprie conoscenze. Non si tratta, infatti, di criticare Moore
per non aver dimostrato quello che egli ha asserito, bens di
usdre dallerronea interpretazione ontologica che sia Moore
sia i suoi critid assegnano alle credenze e agli enundati pro
pri del senso comune.
In effetti, i truismi, le credenze del senso comune, in quan
to venivano ad assumere una fisionomia cognitiva di certezza,
rappresentavano i relitti di qud mondo vittoriano di stabilit
che scambiava punti d vista logid e grammaticali per certez
ze cognitive; un mondo che peraltro Moore, insieme a Rus
sell, aveva concorso a mettere in discussione. Gli enunciati
con i quali Moore credeva di dar voce alle cosiddette certezze
del senso comune non erano, in realt, espressioni cognitive
suscettibili di essere confermate o reftate da parte dellespe
rienza*. Cosi come venivano interpretate da Moore quelle
proposizioni venivano a delineare una rappresentazione mi
tologica dd mondo. Wittgenstein ne aveva scoperto il carat
tere grammaticale e convenzionale. Esse costituiscono lo
Cfr, ID., Proof af an External World, in Proceedings of th British
Academy, xxv, 1939, pp. 273-300; ristampato in id., Pbilosophicid Paperi,
London 1959, pp. i4;-50.
*
Cfr. N. MALCOLM, Moore and Ordinary Language, in The Pbilosophy
of G. E. Moore, a cura di P. A . Schilpp, New York 19^2, p. 384; a . a m BSOSB, Moore's Proof of an External World, ivi, pp. 398 s^ Quando un tizio s convinto di una certa cosa, dice: Si, il calcolo
giusto; ma questo non l ha inferito dallo stato della sua certezza. Dalla pr*
pria certezza non si conclude aUo stato di cose. La certezza , per cosi dire,
un tono in cui si costata lo stato di cose: ma dal tono non si conclude di aver
ragione; falso il <Ure che T'ipotesi': Questo un pepo di carta viene
confermau o confutata da unesperienza successiva e che in 'Io so che que
sto un pezzo di carta , i" Io so si riferisce o a una tale ipotesi o a una de
terminazione logica (Della Certezza, sezz. 30 e 60}.

xxn

ALDO GA&GANI

sfondo ereditato (Jer berkommene Hintergrutid) in cui si


possono e di fatto vengono disciplinate in modo semplice e
simmetrico le rappresentazioni d ^ esperienza Nei confron
ti dei truismi elencati da Moore, del loro presunto statuto di
certezza cognitiva, del loro ordinary or popular meaning,
Wittgenstein replica che le cose che didamo di sapere con
assoluta certezza sono cose che abbiamo imparato. Linvin*
dbile credenza in esse pu anche non essere mai stata espres
sa e nemmeno pensata. Esse costituiscono un repertorio di
termini e di paradigmi appresi e anteriori al dubbio, alla con
ferma e alla refutazione. Lespressione cognitiva di nume
rose credenze dd senso comune nasconde la loro origine in
un addestramento sodale che induce negli abiti del nostro
comportamento norme, paradigmi di descrizione delle situa
zioni che circondano |a nostra vita. In riferimento allespres
sione di Moore, io so di certo che la terra esisteva gi molti
anni prima che io nascessi , Wittgenstein replica: Un bam
bino potrebbe dire a un altro: 'Io so che la Terra esiste gi
da molte centinaia di anni, e questo vorrebbe dire: io lho
imparato; La difficolt consiste nd riuscire a vedere lin
fondatezza della nostra credenza; Che i nostri enunciati
empirid non abbiano tutti l medesimo stato, chiaro, perch
possibile enundare una proposizione di questo genere e tra
sformarla, da proposizione empirica, in una norma di descri
zione*.
Anzich termini di imprese cognitive, gli enundati del sen
so comune esprimono le stipulazioni e le assunzioni gramma Ma la mia immagine del mondo non ce lho perdi ho convinto me
stesso della sua correttezza, e neanche perch sono convinto della sua corret
tezza. lo sfondo che mi stato tramandato, sul quale distinguo tra vero e
falso (ibid., sez. 94).
* Non si tratta del fatto che Uoore sappia che qui c una mano, ma
del fatto che se dicesse 'Qui naturalmente potrei sbaglianni non lo capirem
mo. Qiiederemmo: 'Che aspetto avrebbe un errore cosi? - Che aspetto
avrebbe, per esempio, la scoperta che si trattava dun errore? (ibid., sez.
32): Da bambini impariamo certi fatti, per tem pio che ogm uomo ha un
cervello, e li accettiamo fiduciosamente, lo credo che esiste unisola, lAustra
lia, che ha questa determinata configurazione cosi e cosi, e via dicendo; io
credo di aver avuto dei bisnonni, e che le persone che si facevano passare per
miei genitori fossero davvero i miei genitori, ecc. Pu darsi che questa cre
denza non sia mai stata espressa, e addirittura il pensiero, che le cose staimo
davvero cosi, non sia neppure mai stato pensato (ibid., sez. 139).
Cfr. MOOKE, A Defence of Common Seme d t., pp. 197-98.
* Della Certezza, sea. 165-67.

INTRODUZIONE

X3CVU

ticali, linguistiche arbitrarie alle quali sono ancorati i dubbi,


le perplessit, le inquietudini intellettuali ed anche le loro
risposte. Son il luogo del dubbio, ma non a loro volta og
getti esposti al dubbio. Le credenze del senso comune non
hanno significato dei raggi conosdtvi che gli occhi degli
uomini proietterebbero sulle cose illuminandole. Esse sono
tegole, paragonabili a quelle di vm giuoco, che disciplinano
la condotta degli uomini nelle circostanze della loro vita.
Queste regole possono rimanere allo stadio della latenza, nei
termini di uno statuto implicito al quale ancorata una for
ma di vita. Alla base di esse non v un presupposto concet
tuale infondato, bens un modo di operare che esso stesso
infondato. 'Una proposizione empirica si pu controllare'
(diciamci noi). Ma in qual modo? e con quale mezzo? ; Che
cosa vale come controllo di una proposizione cos? - 'Ma que
sta cosa im controllo sufSciente? <-E se lo , non devessere
riconosciuto come tale nella logica? - Come se una volta o
laltra la fondazione non giungesse a un termine. Ma il ter
mine non la presupposizione infondata, sibbene il modo
dagire infondato [unbegriindete Handlungsweise) '. Non
lesperienza la ragione del nostro giuoco del giudicare per
ch sono una condotta, un modo di operare, immanenti ad
una forma di vita, a costituire lultima sanzione dei paradig
mi del nostro giudizio. Perch quando voglio alzarmi da una
sedia non mi convinco di aver ancora due piedi? Non c nes
sun perch. Semplicemente non lo faccio. - Agisco cosi Il
repertorio delle certezze del pensiero popolare - su cui Moore
distendeva fiduciosamente il reticolo delle sue analisi filosofiche - vm sistema di decisioni e di regole spesso anche impli
cite; esso costituisce nemmeno tanto il punto di partenza del
le nostre argomentazioni quanto lelemento di vita (Lebenselement) *in cui le nostre argomentazioni si formano e si dif
fondono, nel quale si tracciano giudizi e si traggono le infe Della Certeaa, s m . 109-10. Ma la fondazione, la giustificazione del
le prove, arrivano a un termine. - Il termine, per, non consiste nel fatto
che certe proposizioni d saltano immediatamente agli occhi come vere, e
dunque in una spede di vedere da parte nostra, tna il nostro agire che sta
a fondamento del giuoco linguistico (ibij., sez. 204).
Ibid.,set. 131.
Ibid., sez. 148.
* Ibid., sez. lo y

XXVIII

gahgani

reaze tra essi. Che noi siamo perfettamente sicuri di questa


cosa, non vuol dire soltanto che ciascun individuo sicuro di
quella cosa, ma che apparteniamo a una comunit che tenu
ta insieme dalla scienza e dalleducazione Perch il lin
guaggio dovrebbe poggiare su una base conoscitiva? La de
cisione che fssa i paradigmi del pensare, del giudizio, del cal
colo, dello sperare immanente ad una forma delloperare
che parte della nostra vita. Le credenze e le evidenze del
pensiero comune, popolare, cosi come le proposizioni mate
matiche, sono sdiemi paradigmatici della nostra condotta
egualmente esposti alloblio, a svista e allillusione.
Il senso comune non lautore del suo presunto discorso;
non d per cui si presenta o viene spacdato. Esso pro-.
priamente il termine di unoperazione strategica perseguita
dal sapere propriamente detto; anche imo strumento di ri
cambio, per cosi dire, della scienza e della filosofa. Da sem
pre queste ultime hanno amministrato il senso comune, il
pensiero popolare attraverso un sistema di divieti e di per
missioni, e mediante una varia distribuzione di conoscenza e
di ignoranza. Nelle vicende delle sue certezze cosi come in
qudle delle sue illusioni, il senso comune ha dietro di s la
committenza di un sapere che non n comune, n popolare.
Scopriamo che d che va sotto il nome di senso comune una
funzione delegata dal pensiero scientifico-filosofico in corso;
che esso inserito entro un immane reticolo dove parti del
sapere si strutturano con altre parti, con altri frammenti di
sdenza. Le presunte evidenze del senso comune rappresen
tano uno stadio ingenuo e primitivo dd lavoro filosofico
quando siano presentate in termini cognitivi. I filosofi neo
realisti di Cambridge, al principio di questo secolo, avevano
assunto i paradigmi del nostro linguaggio, quali erba,
verde, mano, pianeta, come cose, entit, processi e
quindi come termini di proposizioni cognitive che, nd caso
specifico, erano certe ed evidenti. Ed anche le nozioni della
logica, quali per esempio quelle di dasse e di funzione pro
posizionale erano state assunte come oggetti logid a-tempo' DellaCerteutt,sez.2$S.
* Ibid., sex. 477.

INTRODIKIONE

XXIX

rali, di tpo platonico. Investiti di un compito culturale e di


una committenza sociale che dirigevano verso valori di sta
bilit, i'filosofi di Cambridge avevano finito per trasformare
in cose e processi ostensibili e addirittura palpabili quelli che
non erano n cose, n processi, bens gli strumenti che ser
vono per trattare con le situazioni della nostra vita. Gli stru
menti impiegati per tracciare le condizioni del discorso erano
stati indebitamente trasformati in oggetti del discorso. Li
nesorabilit delle certezze cognitive attribuite da G. E. Moore
alle credenze del senso comune, ai suoi truismi, discendeva
unicamente, per una sorta di tautologia, dalla circostanza che
certi paradigmi linguistici e non altri vengono ordinariamen
te impiegati e praticati. Ma con questa consapevolezza giun
giamo, ora, allultima curva di quei tracciato di peripezie del
sapere in cui non troviamo pi certezze ed evidenze imme
diate e nemmeno quindi le mitologiche figure dd loro porta
tori, il cosiddetto soggetto conoscente da un lato e il loro
presunto fondamento ontologico dallaltro; ossia le cose e i
processi circondati dal corteggio delle loro propriet. Viene
meno, allora, la nozione dd rispecchiamenti cognitivi certi e
diretti. G che ha lapparenza di doverd essere assolutamen
te risulta essere la conseguenza di unadozione linguistica al
linterno della quale viviamo la coazione di certi paradigmi di
interpretazione. Ma d dovrebbe dispensarci dd basso arti
gianato filosofico dei soggetti conoscenti che proiettano, per
cosi dire, i loro raggi suSe cose e sulla natura.
Infatti, cose e natura sono coinvolti nei processi di strut
turazione grammaticale che specificano le procedure cogniti
ve messe in atto. Le presunte certezze ed evidenze dd senso
comune manifestano concetti statid, che rappresentano in
modo mgannevole gli oggetti dellesperienza come un siste
ma di entit e di cose gi dato e avente im significato autono
mo e indipendente dalle tecniche cos^ttive impiegate nelle
procedure dellapprendimento (per esempio, ndle operazio
ni dd contare e dd misurare), I termini delle funzioni gene
rative del nostro pensiero e dd nostro linguaggio sono stati
trasformati, nel corso delle filosofie del senso comune, in con
cetti statid di cose aventi unesistenza assoluta. Quella no
zione di senso comune, alla quale una lunga tradizione sdentifico-filosofica ha accordato un repertorio di certezze ed evi
denze immediate, lerede della proiezione mitologica di uno

XXX

INTRODUZIONE

Stato di natura, di unet delloro della conoscenza. Essa cor


risponde allidea di una conoscenza acquisita senza lavoro e
fatica, al di fuori dei processi costruttivi di prove, tentativi ed
errori.
ALDO GARGANI

Nota dei curatori dell'edizione originale.


I testi qui raccolti appanengono allultimo anno e mezzo della vita di
Wittgenstein. Nellestate del 1949 egli si rec negli Stati Uniti su invito di
Norman Malcolm, suo ospite n ^ a casa di Ithaca. Malcolm stimol il suo
interesse nei confronti della apologia del senso comune di Moore, e cio
della pretesa di dare per sicure un certo numero di proposizioni, quali qui
c una mano, e qui ce n unaltra, o la terra esisteva gi molti anni
prima che io nascessi, o ancora non mi sono mai allontanato dalla su
perficie della terra. La prima di queste proposizioni si trova nella ProojL^
of th External World di Moore; le altre due nella Defence of Com/nonJ
Sense. Wittgenstein si era a lungo interessato a questo scritto, e aveva detto
a Moore che era questo il suo saggio migliore: Moore si era dichiarato
' daccordo. Il volume comprende tutto ci che Wittgenstein ha scritto su
questo argomento da quel momento alla data della morte. Si tratta di mate
riali di prima stesura, che egli non visse abbastanza per selezionare e rifinite.
II materiale diviso in quattro parti. La prima termina con la nota 65,
la seconda con la nota 192, la terza con la nota 299. Quella che noi pepia
mo sia la prima parte fu scritta su venti fogli di carta protocollo a ri^ e ,_
senza data. Wittgenstein li lasd nella stanza che occupava in casa di G .
E. M. Anscombe a Oxford, dove visse (se si eccettua un viaggio in Norvegia _
dellautunno) dallaprile del 1950 al febbraio del 1931. Potrebbe averli
scritti a Vieima, dove era stato dal Natale precedente al mese di marzo. Il
resto compreso in piccoli taccuini datati; verso la fine, in particolare, viene
sempre fornita k data di stesura. L ultima nota fu scritta due giorni prima
della morte, avvenuta il 29 aprile 1951. Abbiamo lasciato le date esat
tamente come compaiono nel manoscritto. La numerazione delle singole
sezioni, invece, dei curatori.
Non sono queste le uniche cose che Wittgenstein scrisse in questo pe- .
riodo; ci proponiamo di pubblicare ^ altri materiali in un volume che com- | '
prenda gli scritti successivi al compimento della seconda parte delle Pbilosporcai InvestiMtions.
^
E sembrato per opportuno pubblicare questo lavoro a parte. Non si
tratu infatti di una soelta antologica: Wittgenstein distinse nei suoi tac
cuini queste note come un argomento a s, che presumibilmente egli riprese
in quattro periodi separati durante questi didotto mesi. Esse in realt costi
tuiscono ununica, ininterrotta trattazione dellargomento.
G. E. M . ANSCOMBE e G. H. VON WRICHT

Della Certezza

1. Se sai che qui c una mano ' allora ti concediamo tutto


il resto.
(Il dire che questa proposizione cosi e cosi non si pu pro
vare non significa, naturalmente, che non la si pu derivare
da altre proposizioni; ogni proposizione si pu derivare da
altre. Ma pu darsi che queste non siano pi sicure della pro
posizione stessa). (A questo proposito c una curiosa osser
vazione di H. Newman)
2. Dal fatto che a me - o a tutti - sembri cosi, non segue
che jw cosi.
Cfr. GEORGE EDWARD MOORE, Proof of alt External World, in Proceedings of the British Academy, 1939; A Defence of Common Sense, in Con
temporary British Philosophy, serie II, ed. J. H. Muirhead, London 1921.
I due scritti si trovano anche in 10., Philosophical Papers, London 1959
[N. d. C.]. Il seconcb di questi s a ^ , con il titolo Apologia del senso comune,
si trova, in traduzione italiana, in Filosofi inglesi contemporanei, a cura di
J. H. Muirhead, Milano 1939 [N. d. T.].
La tesi die linferenza, considerata come derivazione di proposizioni
da altre propo^ on i, ha carattere ipotetico e quindi non pu mai raggiun
gere Io stato ili prova, n d senso rigoroso del termine, sostenuta dal cardi
nale J. H. Newman nella Sua Grammar of Assent. Nessuna proposizione,
secondo Newman, pi certa di quella che dovrebbe provare; e nula ricerca
di premesse che fondino la catena delle nostre inferenze sarebbe gi qual
cosa se arrivassimo alla fine a premes^ innegabili. In questo caso, per,
risalendo a ritroso la catena deUe inferenze arriverenmio ai cosiddetti pri
mi prindpi, fonte recondita di ogni conoscenza, rispetto ai quali la logica
non fornisce tuttavia nessun sistema di riferimento comune - che sono ac
cettati da alami, rifiutati da altri e nei quali [...] risiede l'intiero problema
d d raggiungimento delia verit. Ora tali principi sono chiamati evidenti
di per s dai loto rispettivi sostenitori, perch il chiamarli cosi l'unico
modo per renderli evidenti . forse quest'ultima l'osservazione a cui si rife
risce Wittgenstein. Cfr. jo h n h e n r y n e w m a n . Ah Essay in Aid of A Gram
mar of Assent, London 1903, I* ed. 1870, cap, vm , i , pp. 269-70 [. d. T .1

V V m G WITTGENSTEIN

Per si pu benissimo chiedere se di questo sia possibile


dubitare sensatamente.
3. Se, per esempio, un tizio dice: lo non so se qui ci sia
una mano, gli si potrebbe replicare: Guarda un po me
glio. - Questa possibilit del convincersi fa parte del giuoco
linguistico. uno dei suoi tratti essenziali.
4. lo so di essere un uomo. Per vedere quanto poco
chiaro sia il senso di questa proposizione, considera la sua ne
gazione. Al massimo la si potrebbe ancora concepire cosi: lo
so di avere gli organi propri di un essere umano. (Per esem
pio, un cervello, che tuttavia mai nessuno ha visto). Ma che
dire di una proposizione come: lo so di avere un cervello?
Posso dubitarne? Per dubitare mi mancano le ragioni. Tutto
parla in favore di d; e nulla parla contro. Tuttavia si pu ^
immaginare che mi facciano unoperazione e si trovi che la ^
mia scatola cranica vuota.
5. Se alla fin fine ima proposizione possa rivelarsi falsa,
dipende dalle determinazioni (^e considero valide per questa
proposizione.
6. Ora, si pu enumerare quello che si sa (come fa Moo
re)? Cosi, sui due piedi, credo di no. - Altrimenti le parole
lo so sarebbero usate malamente. E attraverso questo cat
tivo uso della parola sembra che si mostri uno stato mentale
strano ed estremamente importante.
t'
7. La mia vita mostra che so, ossia che sono sicuro, che
l c una sedia, una porta, e cosi di seguito. - Per esempio,
dico al mio amico: Prendi quella sedia l, C^udi la por
ta, ecc. ecc.
8. La differenza tra il concetto 'sapere* e il concetto es
sere sicuro, non per nulla di grande importanza, tranne l
dove lo so dovrebbe voler dire: Non posso sbagliarmi.
Per esempio, in unaula giudiziaria in ogni mia testimonian
za, invece di lo so si potrebbe dire Sono sicuro. Si po
trebbe persino immaginare che lIo so sia vietato. [Un pas-

DELLA CERTEZZA

SO del Wilhelm Meister dove Tu sai, o Tu sapevi, vie


ne usato nel senso di Tu eri sicuro, perch le cose sono an
date diversamente da come lui sapeva].

9. Ora, nella vita, ini accerto di sapere' che qui c una


mano (do la mia)?
10. So che qui c un uomo ammalato? Insensato! Seggo
al suo capezzale, scruto attentamente i tratti del suo volto.
- Ma allora non so che qui c un uomo ammalato? - N la
domanda n lenunciato hanno senso. Non pi di quanto ne
abbia: Io sono qui, che potrei impiegare in ogni momento
quando se ne presentasse loccasione adatta. - Dunque, allo
ra anche 2 x 2 4 i m non-senso e non una proposizio
ne aritmetica vera, tranne che in occasioni ben determinate?
2 X 2 = 4 una proposizione vera dellaritmetica - non
in determinate occasioni, n sempre - ma in cinese i
fonemi, o i grafemi, 2 x 2 = 4 potrebbero avere un signi
ficato diverso, oppure po^ebbero essere un palese non-senso;
e da questo si vede che Soltanto nelluso la proposizione ha
senso. E Io so che qui c un malato, usata nella situazio
ne
non le si adatta] d appare, non gi come un non-senso,
ma anzi come unovviet, soltanto per^ ci si pu immagina
re in modo relativamente facile una situazione che le si adat
ti, e perch si pensa che le parole Io so che... siano sempre
al loro posto l dove non d sono dubbi (e dunque anche l
dove lespressione del dubbio sarebbe incomprensibile).
11. Appunto: non si vede come altamente specializzato
sia luso di io so.
12. Infatti Io so... sembra descrivere uno stato di cose
[Tathestand] che garantisce che quello che si sa un dato di
fatto [Tatsache']. Si dimentica sempre lespressione: Io cre
devo di saperlo.
13. Infatti non vero che dalla dichiarazione [Au^erung\
dellaltro: Io so che cosi si pu condudere alla proposi
zione cosi, E neanche dalla dichiarazione, e dal fatto che
non una menzogna. - Ma dalla mia dichiarazione Io so.

LUDWIG WITTGENSTEIN

ecc., non posso concludere: cosi? Certamente, e dalla


proposizione Lui sa che l c una mano, segue anche L
c una mano. Ma dlia sua afiFermazione: Io so che...
non segue che lo sa.
14. Prima si deve dimostrare che lo sa.
15. Che non fossero possibili errori, devessere dimostra
to. La rassicurazione: Io lo so non sufficiente. Infatti
essa soltanto la rassicurazione che non posso sbagliarmi
(qui): e che qui non mi sbagli deve poter essere stabilito og
gettivamente.
16. Se so qualcosa, allora so anche di saperlo, ecc.
equivale a: Io lo so vuol dire: In questo sono infallibi
le. Ma se io lo sia, deve potersi stabilire oggettivamente.
17. Supponiamo ora che io dica Non posso sbagliarmi
Isu questo: die li c un libro, e cosi dicendo indichi un certo
^ oggetto. Che aspetto avrebbe, qui, un errore? E ne ho unidea
chiara?

18. Spesso Io lo so vuol dire: ho buone ragioni per


dire quello che dico. Quindi se laltro conosce il giuoco lin
guistico dovrebbe ammettere che lo so. Se conosce il giuoco
linguistico, laltro devessere in grado dimmaginare come si
possa sapere una cosa del genere.

_ 0

19. Lenunciato Io so che qui c una mano, si pu


dunque proseguire cosi: Infatti quella che sto guardando
la mia mano. Allora un uomo dotato di ragione non dubi
ter che lo so.----- E non lo dubiter neanche lidealista:
per dir che per lui non si trattava dd dubbio pratico, die
stato rimosso, ma che dietro il dubbio pratico cera ancora
un dubbio. - Che questa sia md*illusione, si deve mostrare in
altra maniera.
- .'W ~ 20. Dubitare dellesistenza dd mondo esterno, non
^ \r vuol dire, per esempio, dubitare dellesistenza di un pianeta,
.che in seguito viene provata dallosservazione. - Oppure
Moore vuol dire che il sapere che qui c la sua mano di una

DELLA CERTEZZA

Specie diversa dal sapere che c il pianeta Saturno? Altri


menti a chi dubita si potrebbe far presente la scoperta del
pianeta Saturno e dire che la sua esistenza stata provata, e
dunque che stata provata anche lesistenza del mondo
esterno.

21 . Propriamente, punto di vista di Moore mette capo


a questo: Il concetto sapere analogo ai concetti 'credere,
'congetturare, 'dubitare, 'essere convinti, in questo: che
lenundato Io so... non pu essere un errore. E se cosi,
allora, da una dichiarazione si pu concludere alla verit di
unasserzione. E qui si trascura la forma Io credevo di sa
pere. - Ma se non si deve ammettere questa forma, allora
anche a'asserzione dovr essere logicamente impossibile
un errore. E di questo non pu non accorgersi chi conosce
il giuoco linguistico; qui lassicurazione di uno degno di fede,
che lui lo sa, non pu aiutarlo.
22. Sarebbe certamente strano se dovessimo credere a
imo degno di fede che dicesse: lo non posso sbagliarmi, o
a quello che dicesse: Io non mi sbaglio.
23. Se non so se un tizio abbia due mani (per esempio,
non so se le mani gli siano state amputate o no) posto che si
tratti di una persona degna di fede creder alla sua assicura
zione di avere due mani. E se dice che lo sa, questo, per me,
pu significare soltanto che quel tizio stato in grado di con
vincersene, e dunque, per esempio, che le sue bracda non
sono pi nascoste da coperte e da bende, ecc. ecc. Il fatto che
qui credo alla persona degna di fede proviene da questo:
che gli concedo la possibilit di convincersi. Non glie la con
cede, per, chi dice che (forse) non esistono oggetti fisid.
24. La domanda dellidealista potrebbe forse essere que
sta: Con quale diritto non dubito dellesistenza delle mie
mani? (E la risposta non pu essere: <nSo che esistono).
Per, chi pone questa domanda trascura il fatto chejl dubbio
drca unesistenza funziona soltanto in un giuoco lin^ stic/
(Zhepertanto prima si dovrebbe chiedere: Che aspetto avreb
be un dubbio cosi? E questo non lo si capisce cosi, sui due
piedi.

LUDWIG WXTTGENSTEW

25. Anche in questo: che qui c una mano, d si pu


sballiate. Solo in circostanze ben determinate non possibi
le sbagliarsi. - Anche in \in calcolo d si pu sbagliare - non
d si pu sbagliare soltanto in certe circostanze;
26. Ma in quali circostanze dallimpiego delle regole del
Calcolo sia logicamente esduso im errore lo si pu vedere da
xmsiregolai
A die cosa d serve una regola del genere? Non potremmo
(a nostra volta) sbagliard nellappHcarla?
27. Se per a questo proposito si volesse indicare qual
cosa di simile a ima regola, in essa dovrebbe comparir le
spressione in circostanze normali. E le circostnze normali
si riconoscono, ma non si possono descrivere con esattezza.
Potremmo descrivere pi facilmente una serie ^ circostanze
anormali.
^
f /
28. Qiecos'imparare una regola? -Q m /o.'
Che cos fare im errore nella sua applicazione? - Queslo. quello che si indica qui qualcosa di indeterminato.
29. Lesercizio delluso della regola mostra anche che co
sa sia un errore nel suo impiego.
30. Quando un tizio s convinto di ima cert cosa, dice:
Si, il calcolo giusto; ma questo non lha inferito^allo stato
della sua certezza/Dalla propria certezza non si coWude allo
stato di cose.
La certezza , per cosi dire, un tono in cui si costata lo sta
to di cose: ma dal tono non si conclude di aver ragione.
31. Le proposizioni, a cui luomo ritorna sempre e con
tinuamente, come se fosse stregato, vorrei cancellarle dd lin
guaggio filosofico.
32. Non si tratta del fatto che Moore sappia che qui c
una mano, ma del fatto che se dicesse Qui naturalmente po
trei sbagliarmi non lo capiremmo. Chiederemmo: Gie
aspetto avrebbe un errore cosi? - Che aspetto avrebbe, per
esempio, la scoperta che si trattava dun errore?

DELLA CERTEZZA

33. Dunque, cancelliamo le proposizioni che nona fanno


angolare.
34. A un tizio, cui sinsegna a calcolare, sinsegna anche
che pu fidarsi di lu calcolo eseguito dal suo insegnante? Ma
una volta o laltra queste spiegazioni devono pur aver termi-|
_ne. Gli sinsegna anche che pu fidarsi dei suoi sensi - perch
in alcuni casi gli si dice che in questo caso particolare cosi e
cosi non pu fidarsene? Regola ed eccezione.
35. Ma non si pu immaginare che non esistano oggetti
fisici? Non lo so. E tuttavia Q sono oggetti fisici non
senso. Povrebbe essere ima proposizione dellesperienza?
Ed una proposizione empirica, questa: Sembra che ci
siano ometti fisici?
36. Listruzione: A un oggetto fisico la diamo sol
tanto a dii non capisce ancora che cosa significhi A, o che
cosa significhi oggetto fisico. dunque unistruzione che
riguarda luso di certe parole, e oggetto fisico un concet
to logico. (Come colore, misura...) E per questa ragione non
si pu costruire una proposizione: Esistono oggetti fisici.
Tuttavia questi tentativi abortiti li incontriamo ad ogni
pi sospinto.
37. Ma il dire che Esistono oggetti fisici non-senso,
una risposta soddisfacente per lo scettidsmo degli idealisti
o per le rassicurazioni dei realisti? Per loro non certo non
senso. Una risposta sarebbe, per: questasserzione (0 il suo
contrario), un tentativo a vuoto desprimere qualcosa che
non si pu esprimere cosi. E che il tentativo vada a vuoto si
pu far vedere anche se con questo la faccenda non ancora
chiusa. Q si deve, appunto, convincere che quello che ci si
offre come prima espressione duna difficolt, o duna rispo
sta alla difficolt, potrebbe ancora essere unespressione com
pletamente falsa. Allo stesso modo, spesso chi critica a ragio
ne un quadro in un primo tempo applica la critica al posto
sbagliato; e c bisogno duna ricerca per trovare il giusto
punto dappiglio per la sua critica.

IO

LUDWIG WITTGENSTEIN

38. Il sapere in matematica. Qui d si deve ricordare,


sempre e continuamente, lirrilevanza d*un processo inter
no o duno stato interno, e chiedere; Perch dovrebbe es
sere importante? Qie me ne importa? Interessante il mo
do in cui usiamo le proposizioni matematiche. .
39. Cosi calcola; in queste circostanze im calcolo viene
trattato come incondi^onatamente degno di fede, come sicu
ramente giusto.
40. A: So che l c la mia mano pu seguire la doman
da: G>me fai a saperlo? e la risposta a questa domanda
presuppone che questa cosa si possa sapere cosi. Invece di
So die l c la mia-mano si potrebbe dunque dire: L c
la mia mano, ed aggiungere
lo si sappia.
41. Io so dove sento il dolore, So che lo sento qui-,
falsa proprio come: So che provo dolori. Ma giusta:
So dove tuhai toccato il mio bracdo.
42. Si pu dire Lui lo crede, per non cosi, ma tion:
Lui lo sa, pM non o t s . Questo proviene forse dalla dif
ferenza tra lo stato dammo del credere e quello del sapere?
No. - Stato danimo si pu chiamare, poniamo, d che si
esprime nel tono del discorso, nei gesti, ecc. Sarebbe dunque
possibile parlare duno stato danimo della convinzione; e
questo stato danimo pu essere lo stesso, sia che si sappia,
sia che si creda falsamente. Il pensare che alle parole crede
re e sapere debbano corrispondere stati differenti sareb
be come se si credesse die alla parola Io e al nome Lodovico debbano corrispondere uomini differenti, per il fatto
che sono differenti i concetti.
4 3 . Che genere di proposizione mai questa: In 1 2 x
X x 2 - X4 4 non possiamo aver sbagliato l calcolo? Certo,

devessere una proposizione della logica.----- Ma ora, non


la stessa cosa, o non mette capo alla stessa cosa, della deter
minazione 12 X 12 a 144?
44. Se pretendi ima regola da cui risulti che qui non si
pu aver commesso un errore di calcolo, la risposta die que-

DELLA CERTEZZA

II

Sto labbiamo imparato non da una regola, ma perch abbia


mo imparato a calcolare.

4$. Vessenza del calcolare labbiamo imparata imparan


do a calcolare.
46.
allora non possibile descrvere in che modo ci
convinciamo dellaffidabilit di im calcolo? Oh si! Ma qui
non entra in iscena nessuna regola. Per la cosa pi impor
tante questa: Della regola non c bisogno. Non sentiamo
la mancanza di nulla. Calcoliamo secondo una regola: basta
questo.
47. Cosi si calcola. E il calcolare questa cosa. Quello
che noi, per esempio, impariamo a scuola. Dimentica questa
sicurezza trascendente, che connessa con il tuo concetto
dello sphrito.
48. Per di una gran quantit di calcoli, alcuni si potreb
bero designare come degni di fiducia una volta per tutte, altri
come non ancora ben consolidati. E questa forse una stinzione logica?
49. Ma rifletti: anche quando per me Ucalcolo ben con
solidato, si tratta soltanto duna decisione in vista di uno sco
po pratico.
jo. Quando si dice: Io so che. . . x ... = ...? Quando si
controllato il calcolo.
51. Che genere di proposizione mai questa: Allora,
qui che aspetto avrebbe mai un errore! ? Dovrebbe essere
una proposizione logica. Ma una logica che non si usa, per
ch quello che insegna non sinsegna attraverso proposizioni.
- una proposizione logica, p e ^ descrive appunto la si
tuazione concettuale (linguistica).
5 2. Questa situazione dunque non la stessa per una pro
posizione come: Esiste un pianeta a questa determinata di
stanza dal Sole e per unaltra come: Qui c una mano

12

LUPWIG WITTGENSTEIN

(do la mia). La seconda proposizione non si pu chiapiflre


unipotesi. ^ tra di esse non c* nessxm limite nettO).

^3. Allora si potrebbe dare ragione a Moore, se lo si in


terpretasse cosi: che una proposizione, che dica che qui c
un oggetto fisico, pu avere una posizione logica simile a
quella di una proposizione che dica che qui c una macchia
rossa.
!
54. Qo non vero die passando dal pianeta alla niia
Il mano lerrore si limita a diventare sempre pi improbabile.
Piuttosto, a un certo punto non neppur pi pensabile.
Questo ce lo mostra gi il fatto che in caso contrario si po
trebbe pensare die d sb a g lilo in ogni enundato su oggetti
fisid; che tutti i nostri enundati siano falsi.
55. dunque possibile Yipotesi che tutte le cose intor
no a noi non esistano? Non sarebbe simile allipotesi che abL biamo sbagliato tutti i nostri calcoli?
56. Se si dice: Forse questo pianeta non esiste, e il fe
nomeno luminoso si origba in qualche altro modo , si ha pur
^bisogno di un esempio di un oggetto che esiste. Questo non
desiste,come,esiste...
Oppure si deve dire die la sicurezza soltanto un punto
costruito, cui alcune cose si approssimano di pi, altre di pie
no? No. Il dubbio i^rde gradatamente il proprio senso. Cosi,
appunto, questo giuoco linguistico.
alla logica appartiene tutto d che descrive un giuoco
linguistico.
57. Ora, non potrebbe Io so, non mi limito soltanto a
congetturare che qui c la mia mano, non potrebbe questa
proposizione essere concepita come una proposizione gram
maticale? E dunque come non temporale. Ma allora non come questaltra'. Io so di vedere rosso;
non mi limito soltanto a congetturarlo?
E la conseguenza: Dunque d sono oggetti fisid, non
come questaltra: Dunque d sono colori?

DELLA, CERTEZZA

13

58. Se Io SO, ecc. si concepisce come una proposizione


grammaticale, naturalmente lIo non pu essere importan
te. E vuol dire, propriamente: In questo caso non c alcun
dubbio, ossia, in questo caso: Le parole 'Io non so' non
hanno senso. di qui segue certamente anche che non ha
senso neppure Io xo.
59. Qui Io so una ^ienetrazion^E/j/VA/] logica.
Soltanto che il realismo non pu essere provato da questa
n^a^oheV
60. falso dire che T'ipotesi: Questo un pezzo dicarta viene confermata o constata da unesperienza suaressiva e che in Io so che questo un pezzo di carta, lIo so
si riferisce o a una tale ipotesi o a una determinazione logica.
61. ... Un significato di una parola un modo del suo im
piego.
Perch quello che impariamo quando la parola viene in
corporata per la prima volta nel nostro linguaggio.
62. Per questa ragione tra i concetti significato e rego
la sussiste una corrispondenza.
6^. Se ci immaginiamo gli stati di fatto diversamente da
come sono, allora certi giuochi linguistici perdono dimpor
tanza, altri diventano importanti. E cosi cambia, e cambia
gradualmente, luso del vocabolario della lingua.
64.
Confronta il significato di una parola con la 'funzio
ne dun impiegato, e differenti significati con 'differenti
funzioni.
65.
Quando cambiano i giuochi linguistici cambiano i
[concetti,e,coniconcetti,isignificatidePeparole. ^--------6^. Le asserzioni riguardanti la realt le faccio con gradi
di sicurezza diversi. Come si mostra il grado di sicurezza?
Quali conseguenze ha?
Pu trattarsi, per esempio, della sicurezza propria della

LUDWIG WITTGENSTEIN

14

memoria o della percezione. Potrei essere sicuro degli affari


miei, ma sapere quale controllo potrebbe q^nvincenm di \m
errore. Per esempio, sono perfettamente sicuro delli o in
cui avvenuta una battaglia, ma se in una nota pera storica
dovessi trovare una data diversa, allora cambierei il mio pa
rere, e non per ^esto comincerei a dubitare di tutti i gidizi.
67.
Potremmo immaginarci un uomo che sbagliasse sem
pre l dove riteniamo che un errore sia escluso, e non ne in
contriamo mai neppure uno?
Per esempio, quel tizio mi dice, con la medesima sicurez
za (e con tutti i segni della sicurezza) con cui lo dico io, che
lui abita in questo luogo cosi e cosi, che ha questa determinata
et, che viene da questa citt cos e cosi, ecc.; per si sbaglia.
Ma in che rapporto sta con questerrore? Che cosa devo
supporre?
68. La questione : Che cosa dovrebbe dire, qui, il lo-

j i -

r 69. Vorrei dire: Se mi sbaglio t questo, allora, qua(Junque cosa io dica, non ho nessuna garanzia che sia vera.
Ma non per questo unaltra persona dir la stessa cpsa di me,
0 io la dir di imaltra persona.
70.
Per mesi ho abitato allindirizzo A, ho letto U nome
della strada e il numero civico per un numero infinito di vol
te; qui ho ricevuto innumerevoli lettere, e ho dato questindirio a un numero enorme di gente. Se mi sbaglio su questo,
il mio errore non affatto pi trascurabile che se io credessi
(a torto) di scrivere in cinese e non in italiano '.
\ ^ 7 i . Se un bel giorno un mio amico fantasticasse di aver
vissuto per molto tempo in un certo posto cosi e cosi, questo
non lo diiamerei un errore, ma piuttosto un disturbo menta
le, forse passeggero.
Nel testo: in tedesco[N.</.T.].

Wor f
vv\^

DELLA CERTEZZA

72. Non ogni falsa credenza di questo genere im errore.


73. Ma qual la differenza tra errore e disturbo mentale?
Ossia, che differenza c fra il trattare una certa cosa come un
errore e il trattarla come un disturbo mentale?
74. Si pu dire: Un irrora, ha non soltanto una causa,
ma anche una ragione? Go, allindrca: si pu inserire tra
le conoscenze ve di chi sbaglia.
75. Sarebbe giusto questo: se mi limitassi a credere fal
samente che qui davanti a me sta tm tavolo, questo potrebbe
ancora essere un errore; se per credo falsamente di aver vi
sto questo tavolo tutti i giorni, per mesi e mesi e di averlo
utilizato costantemente, allora questo non un errore?.
76. Naturalmente, il mio scopo devessere quello dindi
care quali enunciati si vorrebbero fare qui, ma non si possono
fare sensatamente.
77. Forse, per essere sicuro, far due volte una stessa
moltiplicazione; forse far verificare il calcolo da unaltra
persona. Ma rifar il calcolo venti volte, o lo far rifare da
venti persone? E questa forse una specie di negligenza? La
sicurezza che mi verrebbe dal controllare la moltiplicazione
venti volte sarebbe effettivamente maggiore? !
78. Eposso dare una ragione del fatto che non lo ?
79. Qie io sono un uomo, e non sono ima donna, si pu
verificare. -Ma se dicessi che sono una donna e volessi spie
gare lerrore dicendo che non ho controllato questenunciato,
nessuno prenderebbe per buona la mia spiegazione,
80. Con la verit del mio enunciato si controlla {priifen)
la mia comprensione di questenunciato.
81. Qo: quando faccio certi enunciati falsi, per questo
diventa incerto se io li capisca.

LUDWIG W I T T G E N S T ^

82. Qie cosa debba essere considerato come osntrollo


sufficiente di un enunciato - appartiene alla logica. Appiar*
tiene alla descrizione del giuoco linguistico! '
'
83. La verit di certe proposizioni empiriche appartiene
al nostro sistema di riferimento.
84. Moore dice di sapere che la Terra esistita molto
tempo prima che lui fosse nato. Ed espresso cosi, questo sem
bra im enunciato sopra la sua persona, anche se oltre a ci
im enunciato sul mondo fisico. Ora, filosoficamente privo
dinteresse se Moore sappia questo o quello, ma interes
sante che e come lo si possa sapere. Se Moore d avesse comu
nicato di conoscere la distanza redproca di certe stelle, potremmo inferirne che ha istituito certe particolari indagini,
e vorremmo venire a sapere di quali indagini si tratti. Ma
Moore sceglie proprio il caso in cui sembra che tutti noi sap
piamo quello rae anche lui sa, e senza poter dir come. Per
esempio di questa faccenda (do dellesistenza della Terra)
io credo di saperne tanto quanto ne sa Moore: e s lui sa che
le cose stanno come dice, aUgra/o so anchio. Infatti, non
neppure come se Moore avesse ottenuto la sua proposizione
percorrendo una strada di pensieri che mi bens accessibile,
ma per la quale non sono mai passato.

8^. E ora, che cosa d vuole perch im tizio sappia questa


cosa? Forse la conoscenza della storia? Quel tizio deve pur
sapere die cosa voglia dire che la Terra esisteva gi da tanto
tempo. Infatti, non necessariamente deve saperlo ogni per
sona adulta. Vediamo uomini costruire e abbattere case, e d
viene da chiedere: Da quanto tempo questa casa qui?
Ma come d viene in mente di chiederlo, per esempio, una
montagna? allora tutti gli uomini hanno il concetto di ia
Terra come di un corpo che pu nascere e sparire? Perch
non dovrei immaginare che la Terra sia piatta, ma sestenda
allinfinito in tutte le direzioni compresa la profondit? Ma
allora si potrebbe pur sempre dire: Io so che questa mon
tagna esisteva gi molto tempo prima che io nascessi. - Ma
che dire se incontrassi un uomo che non lo crede?

DELLA CERTEZZA

1/

86. E che dire se, nella proposizione di Moore, a: Io


so sostituissi: Io sono incrollabilmente convinto?
l
87. Una proposizione assertoria, che fosse in grado di
fum^onare come ipotesi, non potrebbe essere usata anche co
me principio IGrundsalz] deUa ricerca e dellazione? Cio,
non potrebbe essere semplicemente sottratta al dubbio, an
che se ci non avviene in conformit con una regola esplicita?
Semplicemente, la si accetta come unovviet, non la si mette
mai in questione e forse neppure la si enuncia.
8 8. Pu darsi, per esempio, che tutta quanta la nostra ri
cerca sia orientata in modo che certe proposizioni, ammesso
che vengano mai formulate, stiano al riparo da ogni dubbio.
Stanno fuori della strada lungo la quale procede la ricerca.
89. Si vorrebbe dire: Tutto parla in favore, e nulla con
tro, il fatto die la Terra esisteva gi molto tempo prima che
io nascessi...
Ma non potrei, tuttavia, credere il contrario? Per la que
stione : Come si manifesterebbe questa credenza nella pra
tica? - Forse un tizio dice: Non importa. Una credenza
quello che , sia che agisca nella pratica sia che non vi agisca .
Si pensa: In ogni caso si tratta del medesimo orientamento
deUo spirito [Gef] umano.
90. Io so ha un significato primitivo, simile a quello di
Io vedo, e imparentato con esso, (Wissen [sapere], videre). E; Io sapevo che era nella stanza, ma nella stanza
non cera simile a: Lho visto nella stanza, ma lui non
cera. Io so deve esprimere una relazione, non gi tra me
e il senso duna proposizione (come io credo), ma tra me e
un date di fatto \yatsache\ Cosicch il dato di fatto viene
assunto nella mia coscienza. (Qui sta anche la ragione per cui
si Amol dire che, per parlar propriamente, quello che accade
nd mondo esterno non si conosce, ma si conosce soltanto
quello die accade nel dominio dd cosiddetti dati sensibili).
Unimmagine del sapere sarebbe allora la percezione dun
processo esterno per mezzo di raggi visuali, che lo proiettano,
cosi com, nellocchio e nella cosdenza. Soltanto, sorge im
mediatamente la questione se anche di questa proiezione si

l8

LUDWIG WITTGENSTEm

possa essere sicuri; e questimmagine mostra bens la rappre


sentazione che d facciamo del sapere, ma non mostra, pro
priamente, che cosa stia a suo fondamento.
91. Quando Moore dice di sapere che la Terra esisteva
gi, ecc. ecc., la maggior parte di noi gli d ragione in questo:
che la Terra esisteva gi da tanto tempo, e gli crde anche
quando dice che ne convinto. Ma ha anche la ragione giusta
per la sua convinzione? Infatti, se non ce lha, non lo sa af
fatto (Russell).
'

92. Ma si pu chiedere: Pu un tizio avere una ragione


plausibile per credere che la Terra esista da poco tempo, per
w
esempio, soltanto dal giorno che nato? . - Suppnendo che
gli sia sempre stato detto cosi avrebbe una buona ragione y
h per dubitarne? Gli uomini credevano di poter far piovere;~|^
^ -^vperch non potrebbe darsi che un re sia stato tirato su nella
W
L credenza che il mondo sia cominciato con lui? E se ora Moore '
e questo re sincontrassero e discutessero, Moore potrebbe
davvero dimostrargli che la propria credenza quella giusta?
Io non dico che Moore non potrebbe convertire il re al pro
prio punto di vista, ma si tratterebbe di una conversione di
una spede tutta particolare: il re sarebbe indotto a conside
rare il mondo in modo diverso.
Non dimenticare che qualche volta della correttezza di un
punto di vista si viene convinti dalla sua semplicit o dalla
sua simmetria', do: talvolta sono la semplicit o la simme
tria a indurd a passare a questo punto di vista. Allora si dice
semplicemente: Co devessere.
93. Le proposizioni, che p^presentano [darstellen'\ quel
lo che Moore 'sa' sono tutte di spede tale che difficile po
tersi immaginare perch qualcimo dovrebbe credere il con
trario. Per esempio, la proposizione che Moore ha passato
tutta quanta la sua vita a una distanza m i n i m a dalla Terra. Qui, invece che di Moore, posso parlare d nuovo di me stes
so. Che cosa potrebbe indurmi a credere il contrario? O un
ricordo, o il fatto che me lhanno detto. - Tutto quello che
ho visto o udito mi convince che nessun uomo si mai allon
tanato di molto dalla Terra. Nulla, nella mia immagina del
mondo, parla in favore dd contrario.

CJLU
DELLA CERTEZZA

19

94.
Ma la mia immagine del mondo non ce lho perch
ho convinto me stesso della sua correttezza, e neanche per[ sono co nvinto dplfl sua m rrp ftM aa.^ In stnnrin rhft mi
Stato tramandato, sul quale d songu^ vero e falso. ^-----
95.
Le proposizioni, die descrivono questimmagine
mondo, potrebbero appartenere a una specie di mitologia^
la loiro funzione simile alla funzione delle regole del giuoco,
e il giuoco si pu imparare andie in modo puramente prati1co, senza bisogno dimparare regole esplicite.
9 ^. Ci si potrebbe immaginare che certe proposizioni che
hanno forma di proposizioni empiriche vengano irrigidite e
funzionino come una rotaia per le proposizioni empiriche non
rigide, fluide; e che questo rapporto cambi col tempo, in
quanto le proposizioni fluide si solidificano e le proposizioni
rigide diventano fluide.
97. La ntologia pu di nuovo tramutarsi in corrente,
\ l alveo del fiume dei pensieri pu spostarsi>Ma io faccio una
distinzione tra il movimento dellacqua nellalveo del fiume,
e lo spostamento di questultimo; anche se, tra le due cose,
una distinzione netta non c.
98. Se per qualcuno dicesse: Dunque, anche la logica
una scienza empirica, avrebbe torto. Ma questo giusto:
che la medesima proposizione pu essere trattata, una volta,
come una proposizione da controllare con lesperienza, unal
tra volta come una regola di controllo.
99. Si, la riva di quel fiume consiste lin^rte di^rocd
dura, che non sottost a nessun cambiamento, o sottost
soltanto a cambiamenti impercettibili, e in parte di sabbiarche ora qui, ora l, lacqua dilava ed accumi^.
100. Le verit che Moore dice di conoscere sono tali che,
detto alla buona, se le conosce lui allora le conosciamo tutti.
101. Una proposizione di questo genere potrebbe esse
re, per esempio: Il mio corpo non mai sparito per riappa
rire di nuovo dopo im po di tempo.

jnuJ) J lW s - OLX^ CJD JX .-.odi^


20

LUDWIG WITTGENSTEIN

102. Non potrei credere che utia volta, senza che lo sapes
si, forse mentre ero in istato dincoscienza, io sia stato allon
tanato di molto dalla Terra, e che gli altri lo sappiano, ma
non me lo dicano? Ma questo non si adatterebl^ affatto al
resto delle mie convinzioni. N o n ^ che io possa descrivere
il sistema di queste convinzioniWa le mie convinzioni for
mano un sistema, im edificio^ '
'1

103. se ora dicessi: mia incrollabile convinzione


che, ecc., andie nd nostro caso questo significa che alla
convinzione non sono arrivato consapevolmente, attraverso
giri di pensiero ben definiti, ma che essa ancorata in tutte
le mie domande e in tutte le mie risposte, in modo tale che
non posso toccarla.
' 104.
Per esempio, sono anche convinto che il Sole non
un buco nella volta celeste.
105. Tutti i controlli, tutte le conferme e le COI
di unassunzione, hanno luogo gi allinterno di ut^sistem^
E precisamente, questo sistema non un punto di partenza
pi o meno arbitrario, e pi o meno dubbio, di tutte le nostre
argomentazioni, ma appartiene allessenza di quello che noi
chiamiamo argomentazione. Il sistema non tanto il punto
di partenza, quanto piuttosto lelemento vitale dellargomen
tazione.

hn ^

106. Un adulto ha raccontato a vm bambino di essere


stato sulla Luna: il bambino lo racconta a me, e io dico che
era soltanto uno scherzo, che quel tizio non mai stato sulla
Luna; che nessuno mai stato sulla Lima; la Luna molto,
molto lontana da noi, e non ci si pu arrampicate o volare fin
l. - Se ora per bambino insiste: che forse un modo per
poter arrivare sulla Luna c, e che magari io non io conoSCO, ecc., - che cosa potreLobiettargli? Che cosa potrei obiet-tare agli adulti di una^t^^che credessero che qualche volta
gli uomini vadano sulla Luna (forse interpretano cosi i loro
sogni) e che tuttavia ammettessero che con i mezzi attuali non possibile arrampicarsi sulla Luna o volarci su? - Di so
lito, per, a una credenza di questo genere un bambino non

DELLA CERTEZZA

21

stat aggrappato e ben presto sar convinto da quello che


gli diciamo in tutta seriet.
107. Non esattamente cosi: che si pu insegnare a \m
bambmo a credere a un dio, oppure a credere che un dio non
esiste, e gli si possono dare ragioni apparentemente plausibili
per 1-una o per laltra cosa?
108. Ma allora non esiste nessuna verit oggettiva?
Non vero, oppure falso,^e qualcuno stato sulla Lima?
Se pensiamo nel nostro(&tem^ allora certo che nessun uo
mo mai stato sulla LumtrNn soltanto una cosa del genere
non ci mai stata riferita seriamente da persone ragionevoli,
ma tutto quanto il nostro sistema di fisica d vieta di crederlo.
Infatti, questo esige che si risponda alle domande: G)me ha
fatto a vincere la forza di gravit? , Come ha fatto a vivere
in assenza di unatmosfera? e a migliaia di altre domande a
cui non si potrebbe dare una risposta. Ma, se in luogo di tutte /
queste risposte d replicassero: Noi non sappiamo in qual
\m odo si arrivi sulla Lima, ma quelli che d arrivano si accor--^
I Cgono subito di esserci; ^e^i neacE'tu puoi spiegare t u t ^ .
'\
Da uno che dicesse cosi d sentiremmo spiritualmente molto ^
^d istan ti.
I

109. Una proposizione empirica si pu controllare


(didamo noi). Ma in qual modo? e con quale mezzo?
110. Che cosa vale come controllo di una proposizione
cosi? - Ma questa cosa un controllo sufficiente? - E se
lo , non devessere riconosduto come tale nella logica? Come se una volta o laltra la fondazione non giungesse a un
termine. Ma il termine non la presupposizione infondata,
sibbene il modo dagire infondato.
111. Io jo di non essere mai stato sulla Luna. - Nelle
drcostanze attuali questo suona in un modo completamente
diverso dal modo in cui sonerebbe se alcuni uomini fossero
stati sulla Luna, e magari alcuni vi fossero stati senza saper
lo. In questo caso si potrebbero dare ragioni per questo sa
pere. Qui non c una rdazione simile a quella che c tra la

22

LUDWIG WITTGENSTEIN

regola generale del moltiplicare, e certe moltipUcazion, che


sono state eseguite?
Voglio dire: 11 fatto che io non sono stato sulla Lmia per
me tanto saldo quanto qualsiasi ragione io possa dame.
1X2. E non questo che intende Moore, quando dice che
sa tutte quelle cose? - Ma qui si tratta davvero del fatto
che lui lo sa, e non del fatto che per noi alcune di queste prpos2doni devono essere saldamente stabilite?
113. Quando qualcuno vuole insegnarci la matematica
non comincia collassicurard che lui sa che a + b <>b -( a.
114. Q non certo di nessun dato di fatto, non pu
neanche esser sicuro del senso delle sue parole.

115. Chi volesse dubitare di tutto, non arriverebbe nean^


che a dubitare. Lo stesso giuoco del dubitare presuppone gi^
^ 7 ^ la certezza.
.
I

116. Invece di lo so..., Moore non avrebbe potuto di


re: per me assodato che...? Si, e anche: Per me, e per
molti altri, assodato che...
117. Perch non mi possibile dubitare di non esser mai
stato sulla Luna? E come potrei provarmi a dubitarne?
Prima di tutto, la supposizione che forse io sulla Lima ci
sono stato davvero mi sembrerebbe oziosa. Nulla ne segui
rebbe. Nulla ne viene spiegato. Non avrebbe nessun rapporto
con nulla nella mia vita.
Se dico: Nulla parla in favore, e tutto parla contro,
questo presuppone gi un principio del parlar in favore e del
parlar contro. Qo, devo essere in grado di dire che cosa par
lerebbe in suo o v o k .
118. Ora, sarebbe corretto il dire: Nessuno, finora, ha
aperto la mia scatola cranica per vedere se dentro c un cer
vello; ma tutto parla in favore, e nulla parla contro, il fatto
che ce ne troverebbe uno?

DELLA CERTEZZA

23

119. Ma si pu anche dire: Nulla parla contro, e tutto


parla in favore del fatto che il tavolo l anche quando nes
suno lo vede? Allora, che cosa parla in favore ^ ci?
120. Se per
tizio lo dubitasse, come potrebbe mani
festarsi praticamente il suo dubbio? E non potremmo lasciar
lo tranquillamente dubitare, dal momento che non fa proprio
nessuna differenza? fiO
121. Si pu dire: Dove non d sono dubbi, l non c
neanche sapere?
122. Per dubitare non c bisogno di buone ragioni?
123. Dovunque io guardi, non trovo nessuna ragione per
dubitare ch^...
124. Voglio dire: Come principi \Prinzip{e)'\ del giudi
care impieghiamo giudizi.
125. Se un cieco mi chiedesse: Hai due mani?, non
me ne accerterei guardandomi le mani. Si, non so perch, se
mai ne dubitassi, dovrei credere ai miei occhi. Infatti, perch
non debbo mettere alla prova i miei occhi guardando se vedo
tutte e due le mie mani? Che cosa si deve controllare, e con
qual mezzo? ! (Chi decide su che cosa sia assodato? )
E che cosa significa lenunciato: che questa cosa cosi e cosi
assodata?
126. Del significato delle mie parole non sono pi certo
di quanto non lo sia di certi giudizi. Posso dubitare che que
sto colore si chiama blu?
I (miei) dubbi formano im
4^
127. Infatti, come faccio a sapere che un tizio dubita?
Come faccio a sapere che usa le parole io ne dubito cosi
come le uso io?
128. Fin da bambino ho imparato a giudicare cosi. Qegiudicare.

LOTWIG WITTGENSTEIN

24

X29. Cosi ho imparato a giudicare; questa cosa, ho impa


rato a conoscere come giudizio.
130. Ma non forse lesperienza a insegnarci a giudicare
cosi, do a insegnard che giusto giudicare cos? Ma in che
modo ce linsegna lesperienza? Noi possiamo forse desumer
lo dallesperienza, ma lesperienza non d aiuta a desumere
qualcosa da se stessa. Se lesperienza la ragione (e non sem
plicemente la causa) per cui giudichiamo cos, allora non ab
biamo pi ima ragione per considerare d come ragione.
131. No, lesperienza non la ragione del nostro giuoco
dd giudicare. E neanche la sua conseguenza pi cospicua.
OO

i 32.>^G1

uomini giudicavano che un re potesse far pionot didamo che questo contraddirrebbe ogni esperienz^Oggi si giudica che laeroplano, la radio, ecc., siano mezzi
per avvicinare tra loro i popoli e per diffondere la cultura.
133. In circostanze normali non con la vista che mi con
vinco di avere due mani. 'Perch no? Forse lesperienza ha
dimostrato che non necessario? Oppure (anche): In un
modo o nelldtro abbiamo imparato una legge generale ddlinduzione e ora le prestiamo fiducia anche qui? - Ma perch
dovremmo avere imparato per prima cosa una legge generale
e non, immediatamente, la legge speciale?
134. Se metto un libro nd cassetto, suppongo che stia li
a meno che... Lesperienza mi d sempre ragione. Finora
non si mai dato un caso, ben accreditato, di un libro che sia
(semplicemente) sparito. Spesso accaduto che non si sia
pi trovato un libro, per quanto credessimo di sapere con
certezza dove fosse. - Ma certo lesperienza cinsegna effettT
vamente che un libro (per esempio) non scompare. (Per esem-_
pio, non evapora gradualmente). - Ma questesperienza
fatta con libri, ecc., che d fa supporre che il'libr' non sia
sparito? Ebbene, supponiamo che in certe drcostanze i libri
svanissero - allora non cambieremmo la nostra assunzione?
Si pu contestare leffetto dellesperienza sul nostro|sisteml
di assunzioni?
\
'Tf/V/V

Pi

DELLA CERTEZZA

25

135. Ma non d conformiamo semplicemente al prindpio


che quello che accaduto sempre accadr di nuovo (o che ac
cadr di tiuovo qualcosa di simile a d che sempre accadu
to)? Che cosa significa conformarsi a questo prindpio? Lo
introdudamo davvero nd nostro ragionamento? O soltanto
la legge di natura quello a cui le nostre condusioni apparente
mente si conformano? Potrebbe darsi questultima cosa. Non
un membro della nostra considerazione.
136. Quando dice di sapere questa e questaltra cosa,
Moore si limita, in effetti, a enumerare proposizioni empiri
che, cui noi assentiamo senza sottoporle a un controllo par
ticolare, e dunque proposizioni che nel sistema delle nostre
proposizioni empiriche svolgono una funzione logica dd tut
to particolare.
137. Anche quando la persona pi degna di fede mi assi
cura di sapere che le cose stanno cosi e cosi, questo, da solo,
non pu convincermi die davvero lo sa. Mi pu soltanto con
vincere che crede di saperlo. Per questa ragione non pu in
teressar l assicurazione di Moore, di sapere che... Per, le
)roposizioni che Moore enumera come esempi di verit che
. ui conosce, sono davvero interessanti. Non perch tutti ne
conoscano la verit, o tutti credano di conoscerla, ma perch
tutte eserdtano una funzione sim'de nd sistema dei nostri
giudizi empirid.
138. Per esempio, a nessuna di queste proposizioni arri
viamo mediante ima ricerca.
Q sono, per esempio, ricerche storiche, ricerche sulla for
ma, e dunque, anche (su) let della Terra; ma non d sono
ricerche per stabilire se la Terra sia esistita negli ultimi loo
anni. Certamente, molti di noi sentono testimonianze, rice
vono informazioni su questo periodo da parte dei loro padri
e dd loro nonni; ma i padri e i nonni non potrebbero sbagliar
si? - Insensato, si dir, come potrebbero mai sbagliarsi
tutti questi uomini? ! Ma questa unargomentazione? Non
semplicemente il rifiuto di unidea? E, forse, una determi
nazione concettuale? Infatti, se qui parlo dun possibile er
rore, questo cambia la funzione che errore e verit
svolgono nella nostra vita.

26

LUDWIG WITTGENSTEIN

139. Per stabilire una prassi non sono sufficienti le rego


le, ma abbiamo bisogno andbe di esempi. Le nostre regole la
sciano aperte certe scappatoie, e la prassi deve parlare per se
stessa.
140. La prassi del giudizio empirico non limpariamo im
parando regole; ci vengono insegnati giudizi, e la loro con
nessione con altri giudisd. Q viene resa plausibile una tota
lit
IST

Quando cominciamo a credere a qualcosa, credia


mo, non gi a una proposizione singola, ma a un intiero(s5 t(?
ma di proposizioni. (Sulla totalit la luce si leva poco a poco).
142. Non singoli assiomi mi appaiono evidenti, ma un
sistema, in cui le conseguenze e le premesse si sostengono re
ciprocamente.
143. Per esempio, mi raccontano che molti anni fa im
tizio ha scalato questa montagna. Cerco sempre di determi
nare laffidabilit del narratore, e se questa montagna esistes
se gi da molti anni? Un bambino impara
tori degni di fede e narratori che degni di f( non||bno,niblto dopo aver imparato fatti \Faktum'\ che gli engc||)racc(
sistffiIgini
tati. Non impara affatto che quella montaj
l e affa r
to tempo fa; cio, la domanda se cosi sia a
in mente. Per cosi dire, il bambino inghio t: quna con
guenza insieme con quello che impara.
^ ^ ^ 144. Il(bambi3 oipara a credere a un sacco di cose. Cio
impara, per esempio, ad agire secondo questa credenza. Poco
alla volta, con quello che crede si costruisce im sistema e in
questo sistema alcune cose sono ferme e incrollabili, altre
sono pi o meno mobiU. Quello che stabile, non stabile
perch sia in s chiaro o di per s evidente, ma perch man
tenuto tale da d che gli sta intorno.
145.
Si vuol dire: Tutte le mie esperienze mostrano
che cosi. Ma come fanno? A sua volta, infatti, quella pro
posizione, che mostrano, fa parte di una loro particolare in
terpretazione.

DELLA CERTEZZA

2/

Il fatto che io consideri questa proposizione come sicura1 mente vera caratterizza anche la mia interpretazione delle- ^
' sperienza.

146. Della Terra ci facciamo Vimmagine duna palla che


sospesa liberamente nellaria, e in centanni non sottost a
q
cambiamenti sostanziali. Ho detto: Q facciamo Vimmagi- *1
ne, ecc. e questimmagine d aiuta a valutare diversi e svariati stati di cose iSacbverbalt).
Posso bens calcolare le dimensioni di im ponte; e qualche
volta posso anche calcolare che qui un ponte pi vantaggio
so di un traghetto, ecc., ecc. Ma da qualche parte devo cominciare con unassunzione o con una deasione.
147. Limmagine della Terra come di una palla una
buona immagine, d buona prova di s ovunque, ed anche
unimmagine sempHce; - in breve, lavoriamo con questim
magine, senza metterla in dubbio.
148. Perch quando voglio alzarmi da una sedia non mi
convinco di aver ancora due piedi? Non c nessun perch.
Semplicemente non lo faccio. - Agisco cosi.
Sono i miei stessi giudizi a caratterizzare il modo e
la inani ra in cui giudico, lessenza del giudicare.
[50II Comp fa uno a giudicare quale sia la sua mano destra(
1 e quale sia la sua mano sinistra? Come faccio io a sapere
che il mio giudizio concorder con quello dellaltro? Come
faccio a sapere che questo colore blu? Se qui non mi fido di
me stesso, perch dovrei fidarmi-del giudizio dellaltro? C
un perch? A un certo punto non devo pur cominciare a fidar
mi? Qo in un punto o nellaltro devo cominciare con il non
dubitare; e questo non , per cosi dire, precipitoso, ma scu
sabile, ma anzi fa parte del giudicare.
151. Vorrei dire: quello che asserisce di sapere, Moore'
non lo sa; ma incontestabilmente stabilito per lui come an
che per me; il considerarlo dunque come qualcosa dinconte
stabile fa parte del metodo del nostro duHtare e del nostro
ricercare.

LUDWIG WITTGENSTEIN

28

1^2. Le proposizioni, che per me sono incontestabili non


le imparo esplicitamente. Posso forse trovarle in seguito, co
si come si trova Tasse di rotazione di un cotpo rotante. Que
stasse non stabile nel senso che sia mantenuto stabile, ma
nel senso che il movimento intorno ad esso a determinarne
limmobilit.
153. Nessuno mi ha insegnato che le mie mani non scom
paiono quando non ci bado. N si pu dire che con le mie
asserzioni, ecc., io presupponga la verit di questa proposi
zione (come se le mie asserzioni riposassero su di essa): in
vece, essa ricava il proprio senso soltanto dal nostro ulteriore ^
^serire.
*^ L 5ri54. Q sono casi di specie tale, che quando un tizio d
segni di dubbio l dove noi non dubitiamo, non possiamo
comprendere con sicurezza i suoi segni come segni di dubbio.
In altre parole: Affinch comprendiamo come tali i suoi
segni d dubbio, quel tizio deve (^ li soltanto in casi ben de
terminati, e non in altri.
155. In certe circostanze luomo non pu sbagliare. (Qui
pu usato logicamente, e la proposizione non dice che
in queste circostanze l'uomo non pu dir nulla di falso). Se
Moore affermasse il contrario di quelle proposizioni che di
chiara certe, non soltanto non saremmo della sua opinione,
ma penseremmo che sia fuori di senno.
1^6. Per sbagliarsi, luomo deve gi giudicare in confor
mit con lumanit.
1^7. Qie cosa accadrebbe se un uomo non potesse ricor
darsi se ha sempre avuto cinque dita, o due mani? Lo capi
remmo? Potremmo essere sicuri di capirlo?
158.
Posso sbagliarmi, pensando, per esempio, che le
semplici parole che costituiscono questa proposizione siano
parole della lingua italiana , delle quali conosco il significato?
' Nel testo: *ted esa [N .d .T .l

DELLA C E R T E Z Z A ^

2 9 ^

159.
Da(^ambipr impariamo certi fatti, per esempio che
ogni uomo ha un cervello, e li accettiamo fiduciosamente. Io
credo che esiste unisola, lAustralia, che ha questa determi
nata configurazione cosi e cosi, e via dicendo; io credo di
aver avuto dei bisnonni, e che le persone che si facevano pas
sare per miei genitori fossero davvero i miei genitori, ecc.
Pu darsi che questa credenza non sia mai stata espressa, e
addirittura il pensiero, che le cose stanno davvero cosi, non
sia neppure mai stato pensato.
160. Ill^amb^ imgara, perch crede agli adulti.^Td^
^bio vien </op^1gtf^enz^
161. Ho imparato un numero enorme di cose, e le ho ac
cettate in fotza dellautorit di alcuni uomini, e poi ho trova
to che alcune cose erano confermate, e che altre erano confu
tate dalla mia esperienza personale.

162. In generale quello che trovo (per esempio) nei ma


nuali di geografia, lo ritengo vero. Perch? Dico: Tutti questi
fatti sono stati confermati centinaia di volte. Ma come faccio J , ,
a saperlo? Quali prove ne ho? Ho unpmma^e del mondT] ^
vera o falsa? Prima di tutto, il substrato di tutto lSio'
cercare e di tutto il mio asserire. Le proposizioni che la descrivono non sono tutte egualmente sottoposte a controllo.
163. C mai qualcuno che controlli se questo tavolo con
tinua a rimanere qui quando nessuno gli bada?
Controlliamo la storia di Napoleone, ma non controlliamo
se tutto quello che si detto di lui riposi su unillusione dei
sensi, su falsificazioni, o su cose del genere. Infatti, quando
mai conuiolliamo qualcosa, facendolo presupponiamo gi
qualcosa, che non si controlla. Ora devo forse dire che lespe
rimento che faccio, poniamo, per controllare una proposizio
ne, presuppone la verit della proposizione che qui c effet
tivamente l apparato che credo di vedere (e via enumeran
do)?
164. Il controllare non ha un termine?

30

LUDWIG WITTGENSTEIN

165. Unbambin potrebbe dire a un altro: Io so che la


Terra esiste gi da molte centinaia di anni, e questo vorreb
be dire: io lho imparato.

166. La difficolt consiste nd riusdre a vedere linfonda


tezza della nostra credenza.
167. Qie i nostri enimdati empirid non abbiano tutti il
medesimo stato, chiaro, perch possibile enundare una
proposizione di questo genere e trasfommla, da proposizio
ne empirica, in una^orma di descrizionej
Pensa alle ricerche chimiche. Nel suo laboratorio Lavoi
sier fa esperimenti con certe sostanze e poi condude che nd
la combustione succede questa e quellaltra cosa. Non dice
che imaltra volta le cose potrebbero andare diversamente.
Afferra una determinata immagine dd mondo: immagine dd
mondo che, naturalmente, non ha inventato lui, ma che ha
imparato da bambino. Dico immagine del mondo e non
ipotesi, perch levidente fondamento della sua ricerca
e quindi, come tale, non viene neppure esplidtata.^|
168. Ma ora quale funzione ha il presupposto, che nelle
medesime circostanze una determinata sostanza. A, reagisce
sempre nd medesimo modo a unaltra sostanza, B? Oppure
questo fa parte della definizione di una sostanza?
A 169. Si potrebbe pensare che esistano proposizioni che
i j asseriscono che una chimica possibile. E sarebbero propo
sizioni di una sdenza della natura. Dove infatti dovrebbero
poggiare, se non sullesperienza?
170.
Io credo a quello che gli uomini mi trasmettono in
una certa maniera. Cosi credo a dati di fatto geografid, chimid, storid. Cosi imparo le sdenze. Naturalmente limpara
re riposa sul credere.
Oli
ha imparato che il Monte Bianco alto 4000 metri,
chi lha letto sulla carta geografica dice di saperlo.
E ora si pu dire: Accordiamo cosi la nostra fiducia, perdi la cosa ha dato buona prova di s?

DELLA CERTEZZA

31

171. Per Moore, una delle ragioni principali per assume


re di non essere stato sulla Luna, il latto <^e nessuno mai
stato sulla Luna, e nessimo potrebbe arrivare lass; e que
sto lo crediamo in ragione di quello che impariamo.
172. Forse si dice: A fondamento di questa fiducia deve
pur esserci un principio: ma che cosa pu fare im principio
di questo genere? qualcosa di pi che non una legge natmle del riterier vero {Frwahrhalten ) '?
' >.
'
173. Dunque che cosa io creda in mio potere? Oppure,
che cosa io creda incrollabilmente?
Credo che l c una sedia. Non posso sbagliarmi? Ma pos
so credere di sbagliare? Si, posso mai, in generale, prendere
in considerazione una cosa del genere? - E non potrei anche
attenermi saldamente alla mia credenza, qualunque cosa io
venga a sapere pi tardi?! Ma, ora, hfondata la mia credenza?
174. Agisco con certezza completa. Ma questa certezza
lamia.
175. Io lo so, dico allaltro; e qui c una giustificazio
ne. Ma per la mia credenza non ce ne sono.
176. In alcuni casi, invece di dire: Io lo so, si pu
dire: cosi, fidati. Ma in alcuni casi: Questo Tho impa
rato anni fa, e qualche volta: Sono sicuro che le cose stan
no cos.
177. Quello che so: questo credo.
178. Il falso uso che Moore fa della proposizione Io
so, consiste in questo: che la considera come una manife
stazione che non si pu mettere in dubbio pi di quanto non
si possa mettere in dubbio, per esempio: Io provo dolori.
E siccome da Io so che cosi segue cosi, cosi anche di
questultima proposizione non si pu dubitare.
' Allusione a g. frege, Grundgesetxe der Arithmetik [Leggi fondamen
tali dell'aritmetica], Prefazione, p. x vi
T.].

32

LUDWIG WITTGENSTEIN

179. Sarebbe corretto il dire; Io credo... ha una ve


rit soggettiva, mentre Io so non ce l ha.
180. Oppure anche: Io credo... ima dichi^azione
ma non lo Io so...
181. se, invece di Io so... Moore avesse detto: Io
giuro...?
182. Lidea pi prjiDtiva,^ che la Terra non abbia mai
avuto inizio. N essun^^jin^a buone ragioni per chiedersi
da quanto tempo la Tm^neSlsta, perch ogni mutamento ha
luogo su di essa. Se quella che chiiuooiamo la Tm a ha davvero
avuto unorigine nel tempo - cosa, questa, che abbastanza
difficile da immaginare - si suppone, naturalmente, che lini
zio abbia avuto luogo in un tempo immemorabile.
183. sicuro che dopo la battaglia di Austerlitz Napo
leone... Dunque, allora anche sicuro che a quel tempo la
Terra esbtesse.
184. sicuro che noi non siamo arrivati su questo pia
neta centanni fa, provenienti da un altro pianeta. Ebbene,
sicuro proprio come sono sicure le cose di questo genere.
185. Mi sembrerebbe ridicolo il voler mettere in dubbio
lesistenza di Napoleone; ma se un tizio mettesse in dubbio
che 150 anni fa la Terra esisteva, forse sarei pi disposto a
prestargli ascolto, perch, cosi facendo, qul tale mette in
dubbio tutto quanto il nostro sistema di prove. Non mi viene
da pensare che questo sistema sia pi sicuro di quanto lo
una sicurezza che si trova in esso.

186,
Potrei supporre che Napoleone non sia mai esisti
to, e che sia una favola, ma non che 150 anni fa la Terra non
esistesse.
187.
TuM/che 150 anni fa la Terra esisteva?-Certo,
che lo so. Lho saputo da uno che su certe cose la sa lunga.

DELLA CERTEZZA

33

188. Mi sembra che chi dubita che a quel tempo la Terra


esistesse intacchi la natura di tutte le prove storiche. di que
ste non posso dire che siano definitivamente corrette.
189. A im certo punto si deve pur passare dalla spiega
zione alla descrizione pura e semplice.
190. Quelle che chiamiamo prove storiche, indicano che
la Terra esisteva gi molto prima che io nascessi. - Lipotesi
opposta non ha ntdla in suo favore.
191. Se ora tutto parla in favore di unipotesi e nulla par
la contro di essa - allora lipotesi certamente vera? Possia
mo chiamarla cosi. - Ma lipotesi concorda certamente con la
realt, con i dati di fatto? Qiiedendo questo ti muovi gi in
circolo.
192. C sicuramente giustificazione; ma la giustificazio
ne ha un termine.
193. Che cosa vuol dire: la verit di una proposizione
certa
194. Con la parola certo esprimiamo la convinzione
completa, lassenza dogni dubbio, e con essa cerchiamo di
convincere il nostro interlocutore. Questa certezza sogget
tiva.
Ma quando una cosa oggettivamente certa? - Quando
non possibile un errore. Ma che genere di possibilit mai
questa? Lerrore non devessere esduso logicamente
195. Se credo di star seduto nella mia stanza, e cosi non ,
non si dir che mi sono sbagliato: ma qual la differenza so
stanziale tra im errore e questo caso?
196.
Prove sicure sono quelle che accettiamo come in
condizionatamente sicure, e grazie alle quali/SgMw2))Con siprezza, e'senza dubbi. P
V ~
^
Quello cfiechiamiamo errore esercita, nei nostri giuo
chi linguistici, una funzione perfettamente determinata, e una

34

LUDWIG WITTGENSTEIN

funzione ben determinata leserdta anche quello die consideriamo come ima prova (Evidenz) sicura.
X 9 7 . Ma sarebbe un non-senso il dire che consideriamo
certe cose come prove sicure, perch sono certamente vere.

198. Piuttosto, dobbiamo considerare prima di tutto la


funzione della decisione pro e contro una-proposizione. '
199. Luso di vero o falso ha qualcosa di forviante,
perch come se si dicesse: Concorda o non concorda con
i fatti, e il problema , appunto, che cosa sia, qui, concor
danza.
11
200. Propriamente, la proposizione vera o falsa vuol
dire soltanto che devessere possibile deddere pro o contro la
proposizione. Ma questo non dice che aspetto abbiano le ra
gioni duna dedsione cosi.
201. Immagina che qualcuno chiedesse: davvero giu
sto che noi d fidiamo (come facdamo) delle prove della no
stra memoria (o dd nostri sensi)?
202. Certe proposizioni di Moore dicono, pressapoco,
che abbiamo ragione a fidard di queste prove.
203. [Tutte quelle che consideriamo prove (Evidenz) in
dicano die la Terra esisteva gi molto tempo prima che io
nascessi. Lipotesi opposta non trova nessuna conferma, di
nessun genere.
Anche quando tutto parla in favore di unipotesi e nulla
parla contro di essa - lipotesi oggettivamente sicura? Cosi
la si pu chiamare. Ma concorda incondizionatamente con il
mondo dd dati di fatto? Nd migliore dd casi d mostra che
cosa voglia dire concordare. Troviamo difficile immaginare
che sia falsa, ma troviamo anche difficile farne unapplica
zione]'.
In che cosa consiste allora questa concordanza, se non in
questo: che d che in questi giuochi linguistid una prova
* Nel manosaitto questo passo stato cancellato [N. d. C.].

DELLA CERTEZZA

parla in favore deUa nostra proposizione? {Tractatus logicopbilosophicus). !


UUUL
204.
-Ma la fondazione, la giustificazione delle prove, ar>
rivano a un termine; - Il termine, per, non consiste nel fatto ^
che certe-proposizioni d saltano immediatamente agli occhi
come vere^ e dungu in una specie di vedere da parte nostra,
ma il nostro
che sta a fondamento del giuoco linguistico.
205. Se il vero d che fondato, allora il fondamento
[Grutid] non n vero n falso.
206. Se un tzio d chiedesse: Ma questo vero} po>
troimio rispondergli: Si; e se esigesse che gli diamo delle
ragioni, potremmo rispondergli: Non posso darti nessuna
ragione, ma se imparerai di pi, sarai anche tu d questopinone.
Se non sarrivasse a questo, vorrebbe dire che quel tizio
non pu imparare, per esempio, la storia.
I

207. Che strana coinddenza, che tutti gli uomini a cui


stata aperta la scatola cranica avessero un cervello !
208. Ho una conversazione telefonica con New York. Il
mo amico minforma che le sue pianticelle hanno certi bocduol cosi e cosi. Ora sono convnto che le sue pianticelle so
no... Sono anche convinto che la Terra esiste?
209. Che la Terra esiste, piuttosto una parte dellintie
ra
che costituisce il punto di partenza della mia
creanzaTpjp
210. La mia conversazione telefonica con New York raf
forza la mia convinzione che la Terra esiste?
I Alcune cose d sembrano saldamente acquisite, e hanno
cessato di far parte del traffico. Per cosi dire, sono state de
viate su w binario morto.
211. Ora dnno forma alle nostre considerazioni, alle no
stre ricerche. Forse una volta venivano messe in questione.
Ma forse, da tempo immemorabile, fanno parte dHimpal-

36

I 0

uS

LUDWIG WITTGENSTEIN

catura di tutte le nostre considerazioni. (Tutti gli uomini hanno genitori),


212. In certe circostanze riteniamo che un calcolo (per
esempio) sia stato sufficientemente controllato. Ma che cosa
ce ne d il diritto? Lesperienza? Non potrebbe darsi che
_singanni? A un certo punto dobbiamofpur farla finita con 13
giustificazione, e allora rimane la proposizione: che calcolia
mo coif.
213. Le nostre 'proposizioni empiriche non formano una
massa omogenea.
214. Qie cosa mimpedisce di supporre che questo tavo
lo, quando nessuno lo sta guardando, scompaia,'O cambi la
sua forma o il suo colore e poi, quando qualcimo ritorna a
guardarlo, ritorni al suo stato primitivo? Ma chi mai suppor
r una cosa del genere? - si vorrebbe dire.
-

215. Qui vediamo che lidea della'concordanza con la


realt non ha nessunapplicazione chiara.
216. La proposizione: scritto.
217. Forse se qualcimo supponesse che tutti i nostri cal
coli sono incerti, e che non possiamo fidarci di nessuno di
essi (giustificando la sua supposizione con losservazi(^
gli errori sono dovunque possibili) noi diremmo che i ^
Ma possiamo dire A e in errore? Costui non reagiscTsmplicemente, in modo diverso dal nostro!^ Noi d fidiamo dei
nostri calcol71ui non se ne fida. Noi ne siamo sicuri, lui no.
218. Posso credere per un attimo di essere mai stato nel
la stratosfera? No. Allora so che non d sono mai stato, - co
me Moore?
219. Per me, in quanto uomo dotato di ragione, su ci
non pu sussistere alcun dubbio. - Questo quanto. 220. Luomo dotato di ragione non ha certi dubbi.
221. Posso dubitare di d di cui vo^io dubitare?

UIV1V
DELLA CERTEZZA

riipi/^Tiv

O 9 ^ 0 -i'jV 1

^ 1

i>i
y j

222. assolutamente impossibile che io, dubiti dessere


mai stato nella stratosfera. Questo vuol forse dire che lo so?
Per questo forse vero?
223. Non potrebbe appunto darsi che io sia pazzo e non
dubiti di d di cui dovrd incondizionatamente dubitare?
224. So che non mai accaduto, perch, se fosse acca
duto, non avrei assolutamente potuto dimenticarlo.
Ma supponiamo che sia accaduto: allora, appunto, lavre
sti dimenticato. E allora come fai a sapere die ti era assoluumente impossibile dimenticarlo? Non lo sai forse in base a
unesperienza precedente?
225. Q a cui mi attengo non una proposizione, ma'
unaj nidiata di proposizioni. \
226. Potrei mai degnare di una seria considerazione lipo
tesi che una volta io sono stato sulla Luna?
227. Allora questo qualcosa che si pu dimentica
re?!
228. '
In queste circostanze gli uomini non dicono: Tor
se abbiamo dimenticato tutto, e altre cose del genere, ma
suppongono...
I

229. Il nostro discorso acquista il suo senso solo dal re


sto delle nostre azioni.
230. Q chiediamo: Che cosa facdamo con un enundato:
Io so... Infatti, non si tratta di processi o di stati danimo.
E se una certa cosa sia un sapere, o non lo sia, si deve ded
dere coxi.
231. Se un tizio dubitasse se la Terra esisteva gi centan
ni fa, io non lo capirei per questa ragione: che non saprd che
cosa potrd ancora e che cosa non potrd pi ammettere come
prova.

38

(JL

LXJDWIG WITTGENSTEIN

232. Potiemmo mettete in dubbio ciascuno di questi


singoli fatti, ma metterli ^ dubbio tutti non possiamo.
Non sarebbe pi corntto il dire: tutti non li mettiamo
indubbio?
/
Qie non li mettiamb in dubbio tutti , appjpto il modo e
^^^^la^aaniera in cui gii^chiamo, e dunque(^^^^
'
233. Se unfbam^ofmi chiedesse se la Tena esisteva gi
prima die io nascessi, io gli risponderei che la Terra non ha
cominciato ad esistere soltanto con la mia nascita, ma che esi>
steva gi molto molto tempo prima. , dicendo cosi, avrei la
sensazione di dire qualcosa di comico. Per esempio come se
il bambino avesse <^esto se questa montagna cosi e cosi sia
pi alta di unalta casa, che ha visto. Potrei rispondere a quel
la domanda soltanto a una persona a cui prima a\/essi insegnato[mi*immagine del mond<^
Ora supponiamo che io risponda a quella domanda con si
curezza: die cosa mi d questa sicurezza?
234. Qedo di avere antenati, e credo che ogni uomo li
abbia. Gredo che ci siano diverse e svariate dtt, e in genera
le credo al dati prindpali della geografia e della storia. Cre
do che la Terra sia un corpo, sulla cui superfide d moviamo,
e che non possa scomparire improvvisamente, o cose del ge
nere, pi di quanto non possa scomparire un^tr corpo so
lido: questo tavolo, questa casa, questalbero, ecc. Se anche
volessi dubitare die la Terra esisteva gi molto tempo prima
che io nascessi, dovrei mettere in dubbiq[^to d che per me
saldamente acquisito^
235. E il fatto che qualcosa sia per me saldamente acqui
sito non ha la sua ragione nella mia stupidit, o nella mia cre
dulit.
f.

236. Se un tizio dicesse: La Terra non esisteva ancora


molto tempo prima che... - a che cosa si opporrebbe, con
questo? Lo so?
Dovrebbe necessariamente essere una cosiddetta credenza
sdentifica? Non potrebbe essere una credenza mistica? Di
cendo cosi qud tizio deve assolutamente contraddire certi
fatti storid, o addirittura geografid?

DELLA CERTEZZA

39

237. Quando dico: Unora fa questo tavolo non esiste


va ancora, probabilmente intendo che esso stato costruito
solo pi tardi.
Se dico: A quel tempo questa montagna non esisteva,
intendo sicuramente che si formata pi tardi - forse in se
guito a imeruzione vulcanica.
Se .dico: MeTzora fa questa montagna non esisteva an
cora, il mio un enunciato cosi strano, che non chiaro che
cosa io intenda. Non chiaro, per esempio, se io intenda
qualcosa di falso, ma di scientifico. Forse sintende che, co
munque simmagini il contesto, lenmiciato, che in quel mo
mento la montagna non esisteva ancora, perfettamente
chiaro. Ma immagina che qualcuno dica: Un minuto fa que
sta montagna non esisteva ancora, ma ne esisteva una perFettamente eguale. Soltanto il contesto abituale lascia apparire
chiaramente che cosa sintenda.
iiL238. A chi dica che la Terra non esisteva prima che lui**nascesse io potrei dunque porre altre domande, allo scopo di
trovare con quale delle mie convinzioni quel tizio sia in con- a
traddizione. E qui potrebbe darsi che quel tizio contraddica <^
le mie [vedute fondamentali. ^ se cosi fosse dovrei acconten-^ \ (,
tarmi.
'
'~
~

^ n modo simile vanno le cose se quel tizio dice che ima


volta lui stato sulla Luna.
239. Si, io credo che ogni uomo abbia due genitori umani, ma i cattolici credono che di genitori umani Ges avesse
soltanto la madre. altri potrebbero credere che ci siano
uomini che non hanno genitori, e non prestare fede a tutte
le prove del contrario. I cattolici credono anche che in certe
circostanze una cialda cambi completamente la propria na
tura, e contemporaneamente credono che tutte le prove in
nostro possesso dimostrino il contrario. Pertanto, se Moore
dicesse: lo so che questo vino, e non sangue, i cattolici
lo contraddirebbero.
240. Su che cosa si fonda la credenza che tutti gli uomini
hanno genitori? Sullesp^ienza. E come posso fondare sulla
mia esperienza questa sicura credenza? Ebbene, la fondo,
non soltanto sul fatto che ho conosciuto i genitori di certi

40

LUDWIG W IT T G ^ S T E IN

uomini, ma su tutto quello che ho imparato sulla vita sessuale


degli uomini e sulla loro anatomia e fisiologia, e anche su
quello che ho visto, e imparato, degli animali. Ma allora, que
sta davvero una prova [Bewew]?
241. Qui non c unipotesi che, come io credo, continua
sempre a confermarsi completamente?

lo

242. Non dobbiamo dire, a ogni pi sospinto: Questo


con certezza ?

243. Io so... si dice quando si pronti a dare ragioni


cogenti. Io so si riferisce a una possibilit di provare la
verit. Se un tizio sappia qualcosa, pu mostrarsi, posto che
quello ne sia convinto.
Se per quello che crede duna specie tale che le ragioni
che pu dame non sono pi sicure della sua asserzione, ^ora
non pu dire di sapere quello che crede.
244. Quando un tizio dice: Io ho im corpo, gli si pu
chiedere: Qii parla, qui, con questa bocca?
24^. A chi, uno dice di saper qualcosa? A se stesso o a
unaltra persona. Se lo dice a se stesso, allora come si distin
gue quello che dice dalla dichiarazione [Feststellung che lui
certo che le cose stanno cosi? Non c nessuna sicurezza sog
gettiva, che io so qualcosa. Soggettiva la certezza, ma non il
sapere. Se dunque mi dico: Io so di avere due mani, e quel
lo che dico non deve soltanto dare espressione alla mia cer
tezza soggettiva, allora devo poter convincermi di avere ra
gione. Ma se non posso farlo, allora che io abbia due mani non
meno certo prima daver guardato di quanto non lo sia do
po. Per potrei dire: Che io abbia due mani, ima certezza
incrollabile. Questo esprimerebbe il fatto che, come prova
contraria di questa proposizione, non sono pronto ad ammet
tere qualsiasi cosa.
246.
Qui sono arrivato a uno dei fondamenti di tutta la
mia credenza. Questa posizione io la terrl Ma questo
appunto non soltanto perch ne sono completamente con
vinto? - Che cos: essere completamente convinti?

DELLA CERTEZZA

41

247.
Come sarebbe se ora dubitassi di avere due mani?
Perch non me lo posso neppure immaginare? Che cosa ere-eteirse non credessi questo? Non ho ancora proprio nessun
stema m cui potrebbe esistere questo dubbio.
248 ; Sono arrivato al fondo delle mie convinzionir^ '
E di Qusto
gstb muro tnestrlsi
ti~~
potrebbe quasi dire che sor- A( AraUi
retto dallintiera
casa.
249. Del dubbio ci facciamo unimmagine falsa.
250. In circostanze normali, che io abbia due mani tan
to sicuro quanto qualsiasi altra cosa che potrei addurre come
prova dellavere due mani.
Per questa ragione non sono nella posizione di considerare
come prova di d il fatto che vedo la mia mano.
251. Questo non vuol forse dire: Agir incondiziona
tamente secondo questa credenza, e non mi lascer forviare
dannila?
252. Ma certo non sono soltanto io a credere, in questa
maniera, di avere due mani: lo credono tutte le persone ra
gionevoli. '
^3^. IA fondamento della credenza fondata sta la credenza inifondatSlj^
^
254. Tutti gli uomini 'ragionevoli* agiscono cosi,
255. Il-dubbio ha certe manifestazioni caratteristiche,
ma queste sno le sue caratteristiche soltanto in certe circo
stanze. Se un tizio dicesse che dubita dellesistenza delle sue
mani, e continuasse sempre a guardarle da tutte le parti, e cer
casse di convincersi che non c nessun trucco fatto con gli
specchi, o altre cose del genere, noi non saremmo sicuri di
poter dire die-MttQj}U^to im dubitare. Potremmo descri
vere il suo^od ^ a g ^ ^ome uno dei comportamenti simili-^
al dubitare, mali su o^ oco non sarebbe il nostro.

42

LUDWIG WITTGENSTEIN

__256. Daltra parte, il giuoco linguistico cambia col tem_po,


257. Se un tizio mi dicesse che dubita di avere un corpo,
lo riterrei mezzo pazzo. Per, non saprei che cQsa voglia di
re: convincerlo che ha un corpo. E se gli avessi detto qualco
sa, e se quello che gli ho detto avesse tolto di mezzo il suo
dubbio, io non saprei come e perch lha fatto.
258. Io non so come si debba usare la proposizione Io
ho un corpo.
Questo non vale incondizionatamente per la proposizione,
che sono sempre stato sulla Terra o nelle sue vicinanze;
259. G dubitasse del fatto che la Terra esista da zoo
anni, potrebbe avere un dubbio sdentico, oppure un dub
bio filosofico.
260. Vorrd riservare lespressione Io so per i casi in
cui la si usa nel normale commercio linguistico.
'
2x. In questo momento non posso immaginare che sia
possibile dubitare ragionevolmente che la Terra sia esistita
negli ultimi 100 anni.
262. Posso immaginare un uomo che cresduto in certe
circostanze dd tutto particolari, e al quale si insegnato che
la Terra venuta ad essere 50 anni fa, e che perd crede an
che questo. A questuomo potremmo insegnare: La Terra
esiste gi da molto tempo, ecc. - Tenteremmo di dargli la
nostra immagine del mondo.
Questo avverrebbe mediante una spede di persuasione.
263. Lo scolaro crede ai suoi insegnanti e ai manuali scolastid.
264. Potrei immaginare il caso che Moore venga cattu
rato da una trib di selvaggi, e che essi esprimano il sospet
to che sia arrivato da qualdie posto che sta tra la Terra e la
Lima. Moore gli dice di sapere che..., ma non pu dargli le
ragioni della sua sicurezza, perch quelli hanno idee fantasti-

DELLA CERTEZZA

43

che sulle capacit di volare proprie di un uomo, e non sanno


niente di fisica. Questa sarebbe una buona occasione per fare
quellasserzione.
265. Ma quellasserzione die cosa dice di pi che: Io
non sono mai stato in quel posto cosi e cosi, e ho fortissime
ragioni per crederlo ?
266. E qui si dovrebbe ancor dire quali siano le ragioni
cogenti.
267. Non soltanto ho limpressione visiva di un albero,
ma joche un albero.
~
~
268. So che questa una mano. - E che cos una
mano? - Ebbene questo, per esempio.
269. Di non esser mai stato sulla Luna sono pi certo
che di non esser mai stato in Bulgaria? Perch ne sono cosi
sicuro? Ebbene, so di non essere mai stato neppure vicino
alla Bulgaria: per esempio, di non esser mai stato nei Balcani.
270. Per la mia sicurezza, ho ragioni cogenti. Queste
ragioni rendono oggettiva la sicurezza.
271. Che cosa sia una ragione plausibile per una certa
cosa, non sono io a dedderlo.
272. lo so mi noto con certezza.

273. -Ma quando si dice che una cosa certa?


Infatti, se una data cosa sia certa, si pu discutere; si pu
discutere, do, se quella cosa sia oggettivamente certa.
C un enorme numero di proposizioni empiriche generali,
che per noi sono certe.
274. Che a un tizio a cui sia stato amputato il bracdo,
il bracdo non ricresca, una di queste proposizioni. Che un
zio, a cui abbiano tagliato la testa, sia morto e non ritorni
mai pi a vivere, undtra.
Si pu dire che l esperienza cinsegna queste proposizioni.

44

LUDWIG ^

i :;;i g e n s t :

Ma non ce le insegna come proposizioni isolate. Piuttosto,


cinsegna una gran quantit di proposizioni tra loro connesse.
Se fossero isolate potrei forse dubitarne, perch non avrei
nessuna esperienza che le riguardT
275. Se il fondamento della nostra certezza lesperien
1 za, ^ora, naturalmente, si tratta dellesperienza passata.

E forse non semplicemente dalla mia esperienza, ma anche


da quella degli altri, ottengo conoscenza. Ora si potrebbe dire
che ancora lesperienza a far si che prestiamo fede agli altri.
Ma quale esperienza mi fa credere che i libri di anatomia e'di
fisiologia non contengono cose false? sicuramente vero che
questa fiducia sostenuta anche dalla mia esperienza perso
nale.
276. Noi crediamo, per cosi dire, che questo grosso edificio esista, e una volta ne vediamo un angoleo qui, un altra
TOltane vediamo un altro l.
277. Non posso far a meno di credere...
278. Sono sicuro che le cose stanno cosi.

279. perfettamente sicuro che le automobili non cre


scono dalla terra. - Sentiamo che se un tizio potesse credere
il contrario, allora potrebbe prestar fede a tutto quello che
noi dichiariamo impossibile, e potrebbe contestare tutto
quello che noi riteniamo sicuro.
Ma come connessa questa sola credenza con tutte le alp tre? Vorremmo dire che chi pu credere quella cosa non acL cetta lintiero sistema della nostra verificazione.
----Questo sistema una cosa che luomo acquisisce attraver
so losservazIbe'^naddstrmenforTntenzionalment non
dico: impara.
280. Dopo che ha visto questo e questaltro, e ha udito
questo e questaltro, non in condizione di dubitare che...
281. Io, L. W., credo, sono sicuro, che il mio amico non
ha segatura nel corpo, o in testa, anche se di questo non ho
nessuna prova diretta dei sensi. - Ne sono siciuo in base a

DEIXA CERTEZZA

45

quello che mi stato detto, a quello che ho letto, e alle mie


esperienze. 11 dubitarne mi sembra follia, certamente anche
d*a(i|:ordo con altri; ma Io concordo con loro.
282.
Non posso dire di aver buone ragioni per ritenere
che i gatti non crescono sugli alberi, o che ho avuto un padre
e una madre.
Posto che qualcuno ne dubiti - come potrebbe mai essere
accaduto? Dovrebbe non aver mai creduto, fin dal principio,
di aver avuto genitori? Ma allora, pensabile che non Tabbia
mai creduto, a meno che non labbia imparato?

283'. Ii^ td , come J>u^ bambino dubitare immediatainente di quello che gli sinsegna? Questo potrebbe soltanto
voler ^ e "che non ^ stato i^ 3o~3nmparare certi giuochi
linguistid.
284. Fin dai tempi pi antichi gli uomini hanno ucdso
animali e hanno usato la loro pelliccia, le loro ossa, ecc. ecc., _
per certi scopi: contovano con sicurezza di ritrovare parti si-^|_H
----- '
mili in ogni animale simile.
Etanno sempre imparato dall^perienza] e dalle loro azio
ni si pii vedere che credono alcune cose con certezza, sia che
esprimano, sia che non esprimano questa credenza. G>n que
sto, naturalmente, non voglio dire che luomo debba [sollen]/ ^
agire cosi: voglio dire soltanto che agisce cosi.
^ '
285. Se un tizio cerca qualcosa, e magari va scavando la
terra in un posto ben preciso, cosi facendo mostra di credere
che quello die cerca sia li.
286. Quello a cui crediamo, dipende da quello che impa
riamo: Noi tutti crediamo che sia impossibile arrivare sulla
Luna, ma pu darsi che d siano uomini che credono che la
cosa sia possibile e che un giorno o laltro accadr. Didamo:
questa'gente non sa molte cose che noi sappiamo. lascia
pure che siano cosi sicuri del fatto loro - sono in errore, e
noi lo' sappiamo.
Se confrontiamo il sistema del nostro sapere con il loro,
si vede che il loro sistema di gran lunga il pi povero.

46

LOTWIG WITTGENSTEIN

23.9.50
/

287. Non con ^induzione lo scoiattolo condude'che an/


che nel prossimo inverno avr bisogno di riserve di dbo. E~||i
^neanche noi abbiamo bisogno dmia legge dellinduzione per^
.^giustificare le nostre azioni e le nostre previsioni.
288. Non soltanto so che la Terra esisteva gi molto tem
po prima che io nascessi, ma so anche che un grosso corpo;
che questo stato accertato, che io e gli altri uomini abbiamo
molti antenati, che d sono libri che trattano di tutte queste
cose, che questi libri non mentono, ecc. ecc. ecc. E tutto que
sto lo so? Lo credo. Questo corpo di conoscenze mi stato
tramandato, e non ho nessuna ragione per dubitanie; anzi,
ho ogni sorta di conferme.
E perch non devo dire che tutte queste cose le so? Non si
dice forse proprio questo?
Ma tutto questo non lo so, o lo credo, soltanto io: lo san
no e lo credono anche gli altri. O piuttosto, io credo che lo
credano.
^
289. Sono fermamente convinto che gli altri credono,
credono di sapere, che tutte queste cose stanno cosi.
'
290. Io stesso ho scritto nel mio libro che il^bambmoj
impara in questo modo cosi e cosi a comprendere una'parola:
lo so o lo credo? Perch in un caso dd genere non scrivo Io
credo..., ma scrivo, semplicemente, la proposizione asser
toria?
291. Noi sappiamo che la Terra rotonda. Noi d siamo
definitivamente convinti che rotonda.
Rimarremo di questopinione, a meno che non cambi tutto
quanto il nostro^odo di vedere la natur^ Come fai a sa
perlo? - Lo crefe.
'

H tiiicercbeplosoficbe,pasm \ii.d.l\.

DELLA CERTEZZA

47

292. Esperimenti Wersuch] successivi non possono smen-1


tire quelli~prec3enti. Al massimo po^no camSiare_tutto|
qantb il nostro modo di vedere.
--------------------293. Analogamente con la proposizione: Lacqua bolle
a 100*^centigradi.
294. Cosi ci convinciamo, questo si chiama esserne con
vinti a ragione.
295. Dunque, in questo senso non si ha una prova [Beweis] della proposizione? Ma il fatto che la stessa cosa sia
accaduta una seconda volta, non una prova; noi per dicia
mo che d d il diritto di assumerlo.
296. Questo chiamiamo fondazione empirica delle no
stre assunzioni.
297. Infatti, non soltanto impariamo che questi esperi
menti cosi e cosi sono andati cosi e cosi, ma impariamo anche
la condusione. E naturalmente in questo non c nulla di fdso. Infatti questa proposizione uno strumento per un uso
ben determinato.
I ,

298. Ch noi siamo perfettamente sicuri di questa cosa,


non vuol dire soltanto che dascun individuo sicuro di (Quella
cosa, ma che appartmamb a uina cmumt cHeTtenuta msie_me daHalgtenz e dalleducazione.'
'
299. We are satisfied that th earth is round
_____________

0
V

10.3.51
*

300.
Non tutte le correzioni dd nostri punti di vista stan
no sul medesimo piano.
' Noi siamo convinti che la Tetra rotonda. In inglese nel testo

48

LUDWIG WITTGENSTEIN

301. Posto che non sia vero che la Tetra esisteva gi mol*
to tempo prima che io nascessi, come d si deve immaginare
la scoperta di questerrore?

302. Non serve a nulla il dire: Forse d sbagliamo se,


posto che non dobbiamo fidarci di nessuna prova ^Evidenzi,
non c da fidarsi nel caso delle prove attuali.
303. Per esempio, posto che abbiamo sempre sbagliato i
nostri calcoli e 12 x 12 non sia eguale a 144, perch mai, al
lora, dovremmo fidard di un qualsiasi altro calcolo? E que
sto, naturalmente, espresso falsamente.
304. Per neanchio mi sbaglio in questa formula della
tavola pitagorica. Pi tardi forse potrd dire che in questo
momento ero confuso, ma non che mi ero sbagliato.
30^. Qui di nuovo necessario un passo simile a quello
della teoria della relativit.
306. Io non so se questa una mano. Ma sai che cosa
significa la parola mano? E non dire: So che cosa signi
fica per me, in questo momento. E non un dato di fatto
empirico, che questa parola sia usata in questo modo?
307. Qui strano che anche quando sono perfettamente
sicuro delluso delle parole, non ho alcun dubo su di esso,
tuttavia non possa dare nessuna ragione per il mio modo da
gire. Se mi d provassi potrei darne mille, ma nessima sarebbe
cosi sicura come quella che dovrebbe fondare.
308. Sapere e sicurezza appartengono a categorie
differenti. Non sono due stati danimo come, per esempio,
'congetturare ed essere sicuri. (Qui suppongo che per me
abbia senso dire Io so che cosa significhi la parola dubbio
[per esempio], e che questa proposizione assegni alla parola
dubbio una funzione logica). Ora, quello che cinteressa
non lessere sicuri, ma il sapere. Cio, cinteressa cHe a pro
posito di certe proposizioni empiriche non possa esserd alcun
dubbio se, in generale, un giudizio sia possibile. Oppure an
che: Sono disposto a credere che non tutto quello che ha la

DELLA CERTEZZA

49

forma di una proposizione empirica sia una proposizione em


pirica.
309.
Si d il caso che regola e proposizione empirica tra
passino luna nellaltra?
^
_

3X?. Uno scolaro e un maestro. Lo scolaro non si lascia


spiegare nulla, perch interrompe continuamente il maestro
con dubbi riguardanti, per esempio, lesistenza delle cose, il
significato delle parole, ecc. Il maestro dice; Non interrom
permi pi, e fa quello che ti dico; finora il tuo dubbio non ha
propno nessun senso.
311. Oppure, immagina che Io scolaro metta in dubbio la
storia, e tutto ci che le connesso; e addirittura che loo
anni fa esistesse gi la Terra.
312. Qui, per me come se questo dubbio fosse vuoto.
Ma allora non Io e anche la credenza nella stonai' Wo, questa
credenza connessa con tante di quelle cose. \
313. G)si, dunque, questo che ci fa credere una propo
sizione? Ebboie, appunto, la grammatica di credere con
nessa con la grammatica d ^ proposizione creduta.
314. Immagina che lo scolaro chieda davvero: E il ta-"
volo continua a esserci anche quando mi volto, e anche quan
do nessuno lo vede? Qui linsegnante deve tranquillizzarlo
e dire:[Ma certo che c! ?l~
Focse il maestro perder un pochettino la pazienza, ma
pensM che lo scolaro perder labitudine di fare certe do
mande.
~
315. Qo, linsegnante sentir che, propriamente, que
sta non una domanda legittima.
E sarebbe lo stesso se lo scolaro mettesse in dubbio la con
formit a leggi della natura, e dunque la fondatezza delle in
ferenze induttive. - L insegnante avrebbe la sensazione die
questo non faccia altro che ostacolare lui stesso e lo scolaro,
die in questo modo lo scolaro sincepperebbe nel proprio ap
prendimento, e non progredirebbe. Jb avrebbe ragione. - Sa-

LUDWIG WITTGENSTEIN

rebbe come se qualcuno dovesse cercate un oggetto nella sua


stanza: apre un cassetto e vede che li non c; lo richiude di
nuovo, aspetta e poi lo riapre di nuovo, per vedere se per
jcaso non d sia, e va avanti cosi. Non ha ancora imparato a
cercare, ^cosi, quello scolaro non ha ancora imparato a porre
domandTMon ha imparato ti giuoco, che noi vogliamo inse
gnargli.
316. non la stessa cosa che se lo scolaro interrompes
se linsegnamento della storia mettendo in dubbio che la Ter
ra sia davvero...?
317. Questo dubbio non fa parte dei dubbi del nostro
giuoco. (Non per come se questo giuoco ce lo fossimo scelto
noi!)
12.3.51
318. La questione non sorge neppure. La risposta a
questa questione caratterizzerebbe un metodo. Ma tra pro
posizioni logiche e proposizioni allinterno di un metodo
non c nessun limite netto.
319. Ma allora non si dovrebbe dire che tra proposizioni
della logica e proposizioni empiriche non c nessun limite
preciso? Limpredsione appunto quella del limite tra regola
e proposizione empirica.
320. Qui credo che si debba tener presente che lo stesso
concetto proposizione* impreciso.
321. Dico: Ogni proposizione empirica pu essere tra
sformata in im postulato - e allora diventa una norma di rap
presentazione [DarsteUung. Ma anche di questo diffido. La
proposizione troppo generale. Quasi quasi si vorrebbe di
re: Teoricamente ogni proposizione empirica pu essere trasformata...
che ----cosa vuol
/
-~T--- ----' dire,
--- qui,
i--/ teoricamente?
----- .fm
troppo di Tractatus logico-phtlosophicusA

DELLA CERTEZZA

322. E se lo scolaro non volesse credere che a memoria


duomo questa montagna sempre stata li?
Diremmo che non ha proprio nessuna ragione per non cre
derci.
323. Dunque, un sospetto ragionevole deve avere una
ragione?
Potremmo anche dire: Luomo ra^onevole crede que
sto.
324. Dunque, non chiameremmo ragionevole uno che
credesse una certa cosa in barba alle prove scientifiche.
325. Dicendo di sapere che..., intendiamo che, al nostro
posto, ogni essere ragionevole lo saprebbe, che il dubitarne
sarebbe irragionevole. Cosi neanche Moore vuol soltanto di
re che lui sa che ecc. ecc., ma vuol anche dire che al suo posto
ogni essere dotato di ragione lo saprebbe anche lui.
326. Ma chi ci dice che cosa sia ragionevole credere in
questa situazione?
327. Si potrebbe dunque dire: Luomo ragionevole cre
de: che la Terra esisteva gi molto tempo prima della sua na
scita; che la sua vita si svolta sulla superficie terrestre, o
non lontano da essa; che, per esempio, non mai stato sulla
Luna, che possiede un sistema nervoso e diverse e svariate
interiora, come tutti gli altri uomini, ecc. ecc. .
328. Io lo so, cosi come so che mi chiamo L, W..
329. Se mette in dubbio questo - qualunque cosa signi
fichi, qui, 'mettere in dubbio - allora non imparer mai que
sto giuoco.
330. Dunque, qui la proposizione Io so esprime la disposizione a credere certe cose.
^

LUDWIG WITTGENSTEIN

I 3 -3 -

331. Se mai agiamo con sicurezza basandoci sulla creden


za, dovremmo meravigliarci se di molte cose non possiamo
dubitare?
332. Immagina che un tizio, senza voler filosofare, dicesse: Io non so se sono stato sulla Lima; non ricordo di es
serci mai stato. (Perch questuomo sarebbe cosi fondamen
talmente diverso da noi? )
Prima di tutto: Come farebbe a sapere di esser stato s v ^
Luna? Q>me se limmagina? Confronta: Non so se sono mai
stato nel villaggio X. Ma non potrei neppure dirlo se X fos
se in Turchia, perch so di non essere mai stato in Turchia.
333. Chiedo a un amico: Sei mai stato in Cina? Quel
lo risponde: Nonioso. Qui certo si direbbe; Nonlo^ji?
Hai una ragione qualsiasi per credere di essere forse stato in
Cina, una volta? Forse che qualche volta sei stato, per esem
pio, nelle vicinanze del confine cinese? Oppure i tuoi genitori
sono stati in Cina quando tu stavi per nascere? - Normal
mente gli europei sanno se sono stati in Cina o se non d sono
stati.
n

334. Qo, la persona ragionevole ^ d u b ita soltanto in


queste circostanze cosi e cosi^
335. Il processo, in una corte di giustizia, ri^sa su que
sto: che le circostanze dnno una certa probabilit a certe
dichiarazioni. Per esempio, in una corte di giustizia la dichia
razione che un tizio venuto al mondo senza genitori non sa
rebbe mai presa in considerazione.
336. Per quello che agli uomini appare ragionevole o
irragionevole cambia. In certe epoche agli uomini sembrano
ragionevoli certe cose che in altre ep^trgli sembrano irragionevoli. viceversa.
_ Maqui non c una nota caratteristica oggettiva?
Persone mo//o intelligenti e molto colte credono alla sto
ria della creazione tramandata dalla Bibbia, e altre le riten-

DELLA CERTEZZA

53

gono provatamente false; e i primi conoscono bene queste


ragioni.
337. Se non si mette in dubbio qualcosa non si possono
fare esperimenti. Questo, per, non vuol dire che allora certi
presupposti si accettano in buona fede. Se scrivo una lettera,
e limbuco, assumo die arriver: me laspetto.
Se facdo un esperimento non dubito dellesistenza dellap
parato che ho davanti agli occhi. Ho un sacco di dubbi, ma
non questo. Se facdo un calcolo credo, senza aver dubbi, che
le cifre scritte sulla carta non cambiano da s, e ho anche co
stantemente fiducia nella mia memoria, e mi affido ad essa
incondizionatamente. Questa la medesima sicurezza di que
staltea: che non sono mai stato sulla Luna.
338. Ma immaginiamo persone che non fossero mai com
pletamente sicure queste cose, ma tuttavia dicessero che
molto probabilmente cosi, e che a dubitarne non si guadagna
nulla. Allora, se fosse al mio posto una persona cosi direbbe:
altamente improbabile die io sia stato sulla Luna, ecc.
ecc.. Come si distinguerebbe, dalla nostra, la vita di questa
gente? Q sono certamente persone, che dicono che soltanto
dtament^ probabile che lacqua che c nella casseruola che
sta sili fubco bollir, e non geler, e che dunque, a stretto ri
gore, quello che consideriamo impossibile soltanto impro
babile. Qie differenza fa, questo, nella loro vita? Non solo
che di certe cose costoro parlano pi di quanto non ne parli
no gli altri?
339. Immagina im uomo che voglia andare a prendere un
suo amico alla stazione e che non solo consulti accuratamente
lorario e a una certa ora vada alla stazione, ma dica: lo non
credo che il treno arriver davvero, ma nonostante d vado
egualmente alla stazione. Fa tutto quello che fanno gli uo
mini ordinari, ma lo accompagna con il dubbio o con l irrita
zione nei confronti di se stesso, ecc.
340. Con la medesima certezza con cui crediamo una pro
posizione matematica qualsiasi, sappiamo anche come si deb
bano pronundare le lettere dellalfabeto A e B, come si

LUDWIG WITTGENSTEIN

54

rViiama il colore del sangue umano; sappiamo che gli altri uo


mini hanno il sangue e lo chiamano sangue.
341.
Vde a dire: le questioni, che poniamo, e il nostro
dubbio, riposano su questo: che crte proposiuni sondsenti da dubbio, come se fossero i perni sui quairsi '^ovono
quelle altre.
342. In altre parole: fa parte della logica delle nostre ri
cerche scientifiche, che di fatto certe cose non vengano messe _
indubbio.^
343. Ma qui le cose non stanno cosi: che appunto non
possiamo indagare tutto e per questo siamo costretti a star
appagati dellassunzione. Se voglio che la porta si apra, i per
ni devono essere saldi.
344. La mia vita consiste in questo: che sono appagato
dilcunecose.
345. Se chiedo: Quali colori vedi in questo momen
to? , allo scopo, forse, di venire a sapere quale colore si trovi
li in questo momento^ nel medesimo tempo non posso anche
dubitare se la persona a cui mi rivolgo capisca litaliano ', o se
mi voglia ingannate, se sul significato dei nomi dei colori la
mia memoria mi pianti in asso, ecc.
346. Quando cerco di dare scacco matto al mio avversa
rio, non posso dubitare se forse i pezzi non cambieranno po
sizione da s, e se nel attempo la mia memoria mi giuochi
un tiro cosicch io non me ne accorga.
15.3.51
347.
I know that thats a tree Perch mi sembra di
non capire questa proposizione, anche se certamente si tratta
duna proposizione estremamente semplice, della spede pi
* Nel testo: il tedesco
' Io so che quello un albero. In inglese nel testo [N.</.T.].

DELLA CERTEZZA

55

abituale? come se non potessi regolare la mia mente [Geisi]


su nessun significato. E questo, penJi io non cerco la regola
zione nella regione in cui sta il significato. G)si pure, non
appena penso a unapplicazione quotidiana della proposizio
ne invece che alla sua applicazione filosofica, il suo senso di
venta chiaro e ordinario.
348. Proprio come le parole Io sono qui , hanno senso
in certi contesti, ma non quando le dico a un tizio che siede
davanti a me, e mi vede d ia m e n te - e questo, precisamen
te, non perch allora siano superflue, ma perch loro senso
non determinato dalla situazione, ma ha bisogno di una tale
determinazione.
349. Io so che questo un albero - questo pu signi- ^
ficare ogm srta ^ cos'^ssibiin~G5a r d o ^
A
prendo per xmgiovane faggio, e che il mio amico prende per
una pianta di ribes. Il mio amico dice; Questo un arbu
sto, e invece io dico che un albero. - Tra la nebbia vediamo
qualcosa che uno di noi prende per un uomo, mentre laltro
dice: Io so che questo un albero. Qualcuno vuol mettere
alla prova i miei occhi, ecc., ecc. - ecc., ecc. Ogni volta, il
questo, che io dichiaro essere una pianta, una cosa di un
altro genere.
Ma che cosa succederebbe se ci esprimessimo con maggior
precisione, e dunque, per esempio, cosi; Io so che quella
cosa l un albero, lo vedo abbastanza chiaramente. - Sup
poniamo addirittura che io abbia fatto questosservazione
(che dunque in quel momento era rilevante) nel contesto dun
discorso; e ora la ripeto al di fuori di ogni contesto, perch
vedo lalbero e aggiungo; Intendo queste parole cosi come
le intendevo cinque minuti fa. - Se, per esempio, avessi ag
giunto che pensavo di nuovo al fatto che la mia vista difet
tosa, e che queste parole erano una specie di sospiro, nella
mia espressione non ci sarebbe stato nulla di enigmatico.
Il modo in cui la proposizione viene intesa si pu espri
mere con un com^tamenl^lla proposizioneTepera pu
ssere umtolproposizione;
350. Io so che questa cosa qui una pianta, lo dice un
filosofo, forse per mettere davanti agli ocdii, suoi o di un al-

j6

LUDWIG WITTGENSTEIN

tro, che sa qualcosa che non una verit matematica o logi


ca. Analogamente, un tizio che stia rimuginando ^ s e s
ridea di non esser pi buono a nulla, pu sempre continuare
a dirsi: Io posso ancora far questo, e questo, e questaltro.
Se pensieri cosi gli passassero per la mente sp^so nessuno si
meravigUerebbe se quel tizio ripetesse tra s e s
propQ-sizione cosi, apparentemente fuori di qualsiasi contesto. (Qui
per ho gi tratteggiato uno sfondo, un ambiente per queste
espressiom. e quindi Ho gi dato loro un contesto), lu ^ n trario, se in circostanze completamente eterogenee un tizio
esclamasse con la mimica pi convincente: Abbasso lui!
di queste parole (e del loro tono) si potrebbe dire <Ae sono
una figura, che in generale hanno bens appUc9zioni^ote, ma
che qui non neppur chiaro quale lingua guelliiomo stia
parlando. Potrei fare con la mano il movimento
dovrei
fare se in mano tenessi un gattuccio e segassi ima tvola; ma
fuori di qualsiasi contesto si avrebbe ragione di chiamar que
sto movimento segare? (Infatti potrebbe anche essere qual
cosa di completamente diverso! )
351. La domanda: Queste parole hanno senso? non
forse simile a questaltra: Questo uno stnmiento?, che
si formula mentre, poniamo, qualcuno d fa vedere,un mt^tello? Dico: Si, questo un martello. Ma che dire se al
trove quello che ciascuno di noi ritiene un martello fosse, per
esempio, una bacchetta da direttore dorchestra? Ora fa tu
stesso lapplicazione!
352. Ora, se un tizio mi dice: Io so che questa cosa un
alloro, io posso rispondergli: Si si, questa uni propor
zione. Una proposizione della lingua italiana *, e che cosa dob
biamo farcene? E se quello d rispondesse: Volevo soltan
to ricordare a me stesso, che so una cosa del genere?

0^

3^3. Ma e se quel tale dicesse: Voglio fare unosserva


zione logica?----- Il guardabosdii va nel bosco con i suoi
lavoranti e dice: QM/albero da abbattere, e fache guesto, e questo
e se, mentre dice cosi, fa losservazione:
So che questo un albero? - Ma non potrei dire, del guar' Nel testo: tedesca

DELLA CERTEZZA

57

daboschi: Lui sa che questo un albero: lui non lo esamina


n comanda ai suoi uomini di esaminarlo?
354. Comportamento upico del dubbio e comportamen- {>flL
to tipico dll^assenza di dubmo. IIl)rimo c soltanto se c* il
secondo.
3; 5. Il medico dei matti potrebbe forse chiedermi : Sai
che cos questo? e io potrei rispondergli: So che questa
una sedia, la riconosco, sempre stata nella mia stanza.
Cosi facendo, forse, il medico prova non tanto la mia vista,
quanto la mia capacit di riconoscere le cose, di conoscere i
loro nomi e le loro funzioni. Qui si tratta di un sapersi racca
pezzare. Ora, se dicessi: Credo che questa sia una sedia
sbaglierei, perch con queste parole si esprimerebbe la dispo
sizione al controllo dellenunciato. Invece Io so che que-~r
sta... implica che, se il mio enunciato non risultasse confer- ^
mato, subentrerebbe sbalordimento.
3;;6. Il mio 'stato danimo, il sapere, non per me
una garanzia di ci che accaduto. Ma consiste in questo:
che non riuscirei a capire dove potrebbe prender piede un
dubbio, dove sarebbe possibile ima supervisione.
357. Si potrebbe dke: 'Io so esprime la sicurezza j ^
tranquilla, non quella che ancora lotta!
' ^
358. Orajjovorreicoiwiderare^u^^
me qualcosa di alhne all'avvtt^a'^nasuperbcialit, ma
come (una) forma di vita. (Questo espresso molto malamente, e, di sicuro, anche pensato malamente).
359. Questo, per, vuol dire che io voglio concepirla co
me qualcosa che giace al di l del giustificato e dellingiusti
ficato; dunque, per cosi dire, come un che di animale.
360. so che questo il mio piede. Non potrei riconoscere
nessunesperienza come prova del contrario. - Questa pu
essere unesclamazione, ma che cosa ne segue? In ogni caso,
che posso agire conformemente alla mia credenza, con una
sicurezza che non conosce il dubbio.

LUDWIG WITTGENSTEIN

^8

361. Ma potrei anche dire: Che cos , mi stato rivela


to da Dio. Dio mi ha insegnato che questo il mio piede.
se poi accadesse qualcosa che sembra contraddice questa co
noscenza,
dovrei considerarlo un inganno.
362. Nk 3ui non si mostra che sapere affine a una dea sio n e ? T U .g j

...............

363. qui difficile trovare il passaggio da quello che si


vorrebbe esclamare alle sue conseguenze nel modo d agire.
364. Si potrebbe anche chiedere: Se tu sd che questo
il tuo piede, - sai anche, oppure credi soltanto di sapere, che
nessunesperienza futura sembrer contraddice queUo che tu
sai? (Qo, che a te stesso non sembrer cosi? )
365. Se ora qualcuno rispondesse: So anche che non mi
sembrer mai che qualcosa contraddica quella conoscenza,
- che cosa ne potremo desumere, se non che egli stesso non
dubita che la cosa non accadr mai? 366. E se fosse proibito dire: Io so, e fosse permesso
soltanto dire Io credo di sapere?
367. Lo scopo del costruire una parola come sapere in
modo analogo a credere, non forse quello di gettate poi
l'obbrobrio sullenunciato Io so, quando chi lo enuncia si
sia sbagliato?
In questo modo un errore diventa qualcosa di proibito.
368. Quando un tizio dice che non riconoscer nessune
sperienza come prova del contrario, questa indubbiamente
una decisione. possibile che quel tizio agisca contro di essa.
16.3.51
369.
Se volessi mettere in dubbio che questa la mia
mano, come potrei far a meno di dubitare che la parola ma
no abbia un qualsiasi significato? Sembra dunque che que
sto io lo sappia di sicuro.

DELLA CERTEZZA

59

370.
Ma per meglio dite: Il fatto che io usi senza alcun
scrupolo la parola mano e tutte le restanti parole della mia
proposizione; si, il fatto che non appena volessi anche solo
provarmi a dubitarne mi troverei di fronte al nulla, - mostra
chii^assenza del dubbio fa parte dellessenza del giuoco linguisticcyhe la domanda G>me faccio a sapere che... tira
per le lunghe il giuoco linguistico, d addirittura lo toglie viaj
^ 371. Nel senso di Moore, Io so che questa una mano,
non vuol forse dire la stessa cosa di, o qualcosa di simile a:
io potrei usare enunciati come: Io ho male a questa mano,
oppure, Questa mano pi debole dellaltra, oppure an
cora Una volta mi sono rotto questa mano, e innumerevoli
altri, in giuochi linguistici in cui non entrano dubbi suUesi_jtenza di questa mano.
------------------------372. Soltanto in certi casi possibile unindagine cosi;
Questa davvero una mano? (oppure: la mia mano?)
Infatti, finch non gli si diano determinazioni pi precise, la
proposizione Dubito se questa sia effettivamente la mia (o
una) mano non ha ancora nessun senso. Da queste parole
soltanto non possibile vedere se mai sintenda un dubbio, e
quale genere di dubbio sintenda.
373. Perch dovrebbe esser possibile avere una ragione
per credere, quando non possibile esser sicuri?
374. Insegnamo al bambino: Questa la tua mano,
non: For^e [o probabilmente] questa la tua mano. CoL^
si il bobin o impara gl^nnumerevoli giuochi linguistici c h e j ^
hanno da fare con la sua mano. Non gli viene affatto in men
te dindagare, o di chiedere, se questa sia davvero una mano.
Daltra parte, non impara neandie di sapere che questa una
mano.
375. Qui ci si deve render conto che non necessariamen
te lassenza completa di dubbio in un certo punto, falsifica un
giuoco linguistico, neppure l dove, come iremmo, pu sus
sistere un dubbio 'legittimo. Perch, appunto, esiste andie
qualcosa come xm'dtra aritmetica.

60

LUDWIG WITTGENSTEIN

Io credo che questammissione debba stare a fondamento


di ogni comprensione della logica.
17.3.
376. Io posso dichiarare appassionatamente di sapere
che questo (per esempio) il mio piede.
377. Ala questa passione certo qualcosa di (molto) stra
no, e non ce n traccia quando parlo di questo pipde n^ mo
do abituale.
378. In c o n c lu s io n e

il sap ere si

fonda s o p r a

i l r ic Q ip s d -

m e n to .

379. Dico con passione: Io so che questo un p i^ e ma che cosa


380. Potrei continuare: Nulla al mondo mi convincer
del contrario! Per me questo fatto [Faktum] a fondamento
d ogni conoscenza. Potr rinunciare ad altre cose, ma a que
sta non rinuncer mai.
381. Questo Nulla al mondo... chiaramente un at
teggiamento che non si assume verso tutto quello che si crede,
odi cui si sicuri.
382. Con questo non detto che realmente nulla al mon
do sia in condizione di convincermi di unaltra cosa.
383. Largomentazione Forse sto sognando insensa
ta per questo: perch, in questo caso, anche questespressio
ne rientra nel sogno; si, ci rientra anche questo', che queste
parole hanno un significato.
384. Ora, di qual specie la proposizione Nulla d mon
do...?
385. Ha la forma di una predizione, per (naturalmente)
non una predizione che riposa sullesperienza.

DELLA CERTEZZA

386. Chi, come Moore, dice di sapere che... - ci indica il


grado di certezza che per lui ha una certa cosa. Ed impor
tante che questo grado abbia un massimo.
387. Qualcuno mi potrebbe chiedere: Quanto sicuro
sei: c^e questa cosa qui sia una pianta; di avere del denaro
in tasca; che questo sia il tuo piede? E nel primo caso la
risposta potrebbe essere: non ne sono sicuro; nellaltro,
ne sono praticamente sicuro, nel terzo: non posso dubi
tarne. E queste risposte avrebbero senso anche senza nes
suna ragionp. Per esempio non avrei bisogno di dire: Non
posso essere sicuro se questa sia una pianta, perch i miei
occhi non sono abbastanza buoni. Voglio dke: Per Moore
aveva senso il dire Io so che questo un albero, se con
questo voleva dire qualcosa di perfetumente definito.
I

[Io credo che il leggere queste mie annotazioni potrebbe


interessare un filosofo: un filosofo che sappia pensare da s.
Infatti anche se soltanto raramente ho colto il bersaglio, lui
potrebbe tuttavia riconoscere a quale bersaglio io abbia incessantemlente continuato a mirare].
388. Qascimo di noi usa spesso una proposizione del ge
nere, e non si mette in questione se abbia senso. Forse e
per questo se ne pu anche trarre una conclusione filosofica?
Che io sappia che questa una mano prova forse lesistenza
delle cose esterne pi di quanto non la provi il fatto che io
non sappia se questo sia oro o ottone?
18.3.
389. Moore voleva dare un esempio del fatto che si pos
sono dawno conoscere proposizioni sopra oggetti fisici. Po
sto che si disputasse se sia possibile avere dolori in questo
determinato posto del corpo, allora uno, die ha male pro
prio U, potrebbe dire: Ti assicuro, proprio in questo mo
mento sento dolore li. Ma sonerebbe strano se Moore aves
se detto: Ti assicuro, io so che questo un albero. Appun
to, qui unesperienza vissuta personale non ha nessun mie
tesse per noi.

62

LUDWIG WITTGENSTEIN

390. Importante soltanto che abbia senso il dire che si


sa una cosa di questo genere; e quindi, lassicurazione che la
si sa non pu mettere capo a nulla.
391. Immag^ un^uoco ling^tiro: Quando ti chiamo entra per la portia>On tutti i cairordinri sar impossi
bile avere un^ubSio se li ci sia davvero una porta.
392. Quello che devo far vedere che un dubbio non
necessario, neanche quando possibile. Che la possibilit del
giuoco linguistico non dipende dal fatto che si metta in dub
bio tutto quello che si pu mettere in dubbio. (Questo con
nesso con la funzione della contraddizione in matemaac?).
-------------------------;-------------------------393. Se fosse pronimdata fuori del suo giuoco linguisti
co, la proposizione Io so che questo un albero potrebbe
anche essere una citazione (per esempio, da ima grammatica
italiana)'. - Ma se mentre la dico Vintendof (Il vecchio
equivoco sul concettointendere).
394. Questo fa parte delle cose di cui non posso dubi
tare.
L^

395. Io SD^tte^qu^te cose. questo si mostrer dal


^ modo in cui Misco ^ ^ jJ e lle cose.
396. Nel giuoco linguistico (2) quel tizio pu dire di sa
pere che queste sono pietre da costruzione? - No, ma lo sa.
397. Ma forse non pu darsi che mi sia sbagliato io, e che
Moore abbia perfettamente ragione? Non pu darsi che io
abbia commesso lerrore elementare di confondere quello che
^ i pensa con quello che si sa? Certamente non penso: Prima
che io nascessi la Terra esisteva gi da un bel po di tempo,
ma questo vuol forse dire che non lo so Non mostro che lo
_so, tirandone sempre le conseguenze?
Nel testo: tedesca
7 .1
Ricerche ffo soficbe.l,2 [N.d.C.].

DELLA CERTEZZA

63

398. Non SO anche che in questa casa non c una scala


che vada per sei piani sotto terra, anche se non ci ho mai pen
sato?
399. Ma il fatto che ne traggo conseguenze non mostra
soltanto che assumo questipotesi?
19.3.
400. Qui sono propenso a combattere contro i mulini a
vento, perch non posso ancor dire quello che voglio dire
davvero.
401. Voglio dire: Del fondamento di tutto loperare con
i pensieri (con il linguaggio) fanno parte non soltanto le pro
posizioni della logica, ma anche certe proposizioni che hanno
la forma di proposizioni empiriche. - Questa determinazione
non della forma Io so.... Io so... enuncia quello che
io
so, e questo non ha interesse logico.
402. In questosservazione lespressione: Proposizioni
che hanno la forma di proposizioni empiriche gi del tut
to cattiva; si tratta di enunciati su oggetti. questi enunciati
non servono come fondamenti nello stesso modo in cui vi
servono le ipotesi che, quando si dimostrano false, vengono
sostituite da altre.
... und schreib getrost
Im Anfang war die Tat J W
403, Il dire, nel senso in cui lo dice Moore, che luomo sa
qualcosa; che dunque quello che dice senzaltro la verit,
mi sembra falso. - la verit soltanto n ^ misura in cui i
un fondamento inrbliabile dei suoi giuochi liiigiiistia.
W
404. Voglio dire: Non che in certi punti luomo cono
sca la verit con sicurezza completa. Ma anzi, la sicurezza
completa si riferisce soltanto al suo atteggiamento.
Appagato scrvo finalmente: 'I n principio era l Azion e'*, w.
ttad. it. d B. AUason, Einaudi, Torino 1965, p. 38.

IH E , fausV,

go e-

64

LttDWIG WITTGENSTEIN

405. Ma anche qui, naturalmente, c ancora un errore.


406. G a cui voglio arrivare si trova anche liella diffe
renza tra losservazione occasionale Io so che questo...,
cosi come la si usa nella vita di tutti i giorni, e questa stessa
espressione [Au^eruni, quando viene ^ filosofo.
407. Infatti, quando Moore dice: Io so che questo
..., io vorrei rispondergli: Tu non sai propri^ nulla! E
tuttavia non darei questa risposta a un tizio che parlasse cosi
senza nessimintenzione filosofica. Dunque sento (a ragioi^^? )
che queste due persone vogliono dire cose differenti.
408. Infatti, se uno dice che sa questa e questaltra cosa,
e questo fa parte della sua filosofia, - allora, se in questo ?uo
enunciato ha preso un granchio, la sua filosofia f9lsa.
409. Qie cosa dico, propriamente, dicendo: Io so che
questo un piede? Tutto quanto il succo non sta forse nel
fatto che sono sicuro delle conseguenze, cosicch se un altro
ne dubitasse potrei dirgli: Ve? Te lavevo detto!? Se
facesse difetto, come regola dell'agire, il mio sapere varrebbe
ancora qualcosa? E non pu darsi che faccia difetto?

^ o j II nostro sapere forma un grosso sistma. E soltan


to in questo sistema la cosa singola ha il valre die noi le Msegnamo.
411. Quando dico: Noi ippoi<zmo die la Terra esi
stesse gi molti anni fa (o cose del genere) suona certamen
te strano che dobbiamo supporre una cosa del genere. Ma nel
sistema totale dei nostri giuochi lingustici questassunzione
Ja parte dd fondamento Wundameni. Lassj^one, si pu
dire, forma il fondamento [Grundlage] <^*agii;e dunque,
j nattfisSfenteragdifedl pnsar:
^
412. Chi non sia in grado dimmaginarsi un caso in cm si
possa dire: Io so che questa la mia mano (e casi dd ge
nere sono sicuramente rari), potrebbe dire che queste parole

DELLA CERTEZZA

65

erano non-senso. Indubbiamente potrebbe anche dire: Cer


to che lo so; come potrei non saperlo? - Ma qui forse inten
derebbe [verstehen\ la proposizione Questa la mia mano,
come spiegazione delle parole la mia mano .
413. Infatti, supponi di star conducendo un cieco per
mano, e di dire, mentre guidi la sua mano: Questa la mia
mano; se ora quello ti diiedesse: Ne sei sicuro? , oppure,-^
Lo sai? , questo avrebbe senso soltanto in circostanze moI-J
to particolari.
414. Ma, daltra parte: Come faccio a wpere che questa
la mia mano? Anche qui, so esattamente che cosa significhi
il dire che la mia mano? Dicendo: Come faccio a saper
lo?, non intendo che ho il sia pur minimo dubbio al propo
sito. Qui c un fondamento di tutto quanto il mio agire. Ma
a me sembra che dalle parole Io so... questo fondamento
sia espresso falsamente.
415. Si, luso della parola sapere come di una parola
eminentemente filosofica non , in generale, completamente
f^ o?~S^qustintresse ce lha sapere, perch allora non
dovrebbe averlo essere sicuro? Chiaramente, perch sa
rebbe troppo soggettivo. Ma il sapere non altrettanto sog
gettivo? Non vero che quando si dice che da io so p
segue p, si ingannati solo dalle particolarit della gram
matica?
Non necessariamente Credo di saperlo dovrebbe espri
mere un grado minore di certezza. - S, per non si vuole
eisprimere la sicurezza soggettiva, neandie quella massima,
ma si vuole esprimere questo: che certe proposizioni sem
brano stare a fondamento di ogni chiedere e di ogni pensare.
416. Ora non forse una proposizione del genere la pro
posizione, per esempio, che io sono vissuto per settimane in
questa stanza, e che su questo la mia memoria non mingan
na?
- certain beyond all reasonable doubt ' Ceno al di l dogni ragionevole dubbio. In inglese nel testo
W .d.T .1

66

LUDWIG WITTGENSTEIN

21.3.

'

417. Io so che in questultimo mese ho fat^o un bagno


tutti i giorni. Di che cosa mi ricordo? Di ciasom giorno, e
del bagno che ho fatto tutte le mattine? No. - Io so che ogni
giorno ho fatto un bamo. e questo non lo desumo da un altro
dato [Da/uar] immediato. Analogamente dico: Ho sentito
una puntura nel mo braccio, senza che questa localit mi
fosse venuta alla coscienza in una qualche [tra maniera (per
esempio, mediante unimmagine).
"
418. La mia comprensione soltanto cecit di fronte alla
mia incomprensione? Molte volte mi sembra di si. '
419. (Quando dico: Non sono mai stato in Asia Mino
re da dove mi proviene questo sapere? Non lho mai calco
lato, mai nessuno me lha detto; la mia memori^, me lo dice.
- bimque su questo punto non posso sbagliaitd? C qui
una verit che conosco? - {Non t>osso discostarm da questo
giudizio senza sradicare, con esso, tutti gli altri giudizi.
420. Anche una proposizione come questa: che ora vivo
in Inghilterra, ha questi due aspetti: un errore non - ma,
daltra parte, che cosa so, dellInghilterra? - Non pu darsi
che nel mio giudizio mi sbagli completamente?
Non sarebbe possibile che entrassero nella tma stanza uo
mini,
asserissero tutti il contrario? E do, tne ne dese
r prove, cosicch improvvisamente me ne starei K, da solo,
come [un matto^tra persone tutte normali, o come unapr^
- -na nomale tra matti? Non pu darsi che mi assalgano dub
bi a proposito di quella die, bra, 'nii^embra~l cosa'meno
dubbia?_____
421. Sono in Inghilterra. - Tutto intorno a me me lo
dice; in qualsiasi modo io lasd vagare i miei pensieri, e do
vunque li lasd vagare, questi me lo confermano. - Ma se ac
cadessero cose che ora neppure mi sogno, non potrebbe darsi
che non sapessi pi che cosa pensare?

PELLA CERTEZZA

67

422. Dunque voglio dire qualcosa che suona come pragmatismo.


^jui mi gpita tra i piedi una specie di Weltanschauung.
423. Perch dunque non dico semplicemente, con Moo
re: So di essere in Inghilterra? In determinate circostanze,
che posso immaginarmi, il dirlo ha senso. Se per, non in
queste circostanze, pronuncio la proposizione come esempio
del fatto die posso conoscere con certezza le verit di questa
specie, allora la proposizione mi diventa immediatamente so
spetta. - A ragione?
424. So che p lo dico o per rassicurare gli altri che la
verit di p nota anche a me, oppure, semplicemente, per
rafforzar^ I- p. Si dice anche: Non lo credo, lo so. E que
sto si potrebbe anche esprimere (per esempio) cosi: Questo
un albero. E la mia non una semplice congettura.
Ma che dire di questo: Se comunicassi a qualcuno che
questo im albero, la mia non sarebbe una semplice conget
tura? Non questo quello che Moore voleva dire?
425. Non sarebbe adatto una congettura, e potrei comu
nicarla allaltro con assoluta sicurezza, come qualcosa di cui
non si pu dubitare. Ma questo vuol forse dire che incon
dizionatamente la verit? Non potrebbe darsi che questa
cosa, che io, con la pi completa certezza, riconosco come
lalloro che ho visto qui per tutta la mia vita, si riveli come
qualcos'altro? Non potrebbe darsi che mi confonda?
E tuttavia, nelle circostanze che conferiscono senso a que
sta proposizione era corretto il dire So (non mi limito sol
tanto a congetturare) che questo im albero. Il dire che in
verit lo crdo soltanto, sarebbe falso. Sarebbe completamen
te forviente il dire: Credo di chiamarmi L. W.. Ed anche
giusto: su questo non posso sbagliarmi. Ma questo non vuol
dire che su questo io sia infallibile.
21.3.51
I
426.
Ma com': mostrare a un amico che conosciamo non
soltanto verit sui dati dei sensi ma anche verit sopra le co-

68

LUDWIG WITTGENSTEIN

se? Infatti, non pu certo essere sufficiente che qualcuno d


rassicuri, che lui lo sa.
Allora, da dove si deve partire per far vedere una cosa di
questo genere?
22.3.
427. Si deve mostrare che anche se non usa mai le parole
Io so..., il suo contegno mostra quello che importa a noi.
428. Che dire, infatti, se un uomo che si comporta nor
malmente, d assicurasse che lui crede soltanto di chiamarsi
cosi e cosi, che crede di riconoscere le persone che dividono
abitualmente la casa con lui, che crede di aver mani e piedi,
quando non li vede direttamente, e cosi via? Basandod sulle
sue azioni (e sui suoi discorsi) potremmo mostrargli che cosi
non ?
23.3.51
429. Quale ragione ho, ora che non posso vedere le dita
dei miei piedi, di assumere che ho cinque dita per piede?
giusto dire che la ragione di d che lesperienza pre
cedente mi ha sempre insegnato che cosi? Della mia espe
rienza precedente sono pi sicuro che non del fatto che i mid
piedi hanno died dita?
Q u ^ esperi^a precedente pu bemssimo essere k cattM dianoia sicurezza attuale; ma la sua ragione? '
430. Incontro un abitante di Marte, e quello mi chiede;
Quante dita dei piedi hanno gli uomini? - Gli rispondo:
Died; adesso voglio fartelo vedere, e mi tolgo le scarpe.
Poniamo che ora quello si meravigli perch, pur non avendo
visto le dita dei miei piedi Io sapevo con tanta sicurezza. Do
vrei dire: Che le vediamo o no, noi uomini sappiamo che
i nostri piedi hanno dieci dita?

DELLA CERTEZZA

69

26 .3.51

431. Io SO che questa stanza al secondo piano, che


dietro la porta c un breve corridoio che conduce alle scale, J j j ,
ecc.. Di casi in cui mi esprimerei cosi se ne possono inmiaginare, ma sarebbero casi molto rari. D altra parte, per,questo sapere lo dimostro giornalmente, sia con le miepizioiujsia
anche coni miei discorsi.
'
Ora, che cosa desume unaltra persona da queste mie azio
ni e da questi miei discorsi? Non desimie soltanto che sono
sicuro del fatto mio? - Dal fatto che abito qui da molte setrimane, e tutti i giorni ho salito e ho sceso le scale, desumer
che so doy situata la mia camera. - Gli darei lassicurazione
Io so... , se quello no sapesse ancora da che cosa dovrebbe
dedurre incondizionatamente quello che so io.
432. Lespressione [u^erungi Io so... pu avete il
suo significato soltanto in connessione con le restanti prove
del 'sapere.
433. Se dunque dicessi a un amico : So che questo un
albero, come se gli dicessi: Questo un albero; tu puoi
fidartene nel modo mjssoluto; non c nessun duljbio, E
questa proposizionem filosofo^otrebbe usarla soltanto allo
scopo di mostrare che'qaesta^rma di discorso si usa effetti
vamente. Ma se questa non devessere semplicemente unos
servazione sulla grammatica italiana , il filosofo dovr indiH
care le circostanze in cui questespressione funziona.
i '
434.
Ora, l'esperienza ad insegnarci che in queste e in
questaltre circostanze gli uomini sanno questa e questaltra
cosa? Di certo, lesperienza ci mostra soltanto che, abitual
mente, un uomo che sia vissuto per un determinato numero
di giorni in una casa, d si pu raccapezzare. Oppure anche:
l'esperienza cinsegna che dopo un certo periodo ben deter
minato di addestramento, del giudizio di un uomo ci si pu
fidare. Lesperienza d dice che per poter essere in grado di
' Nel testo: tedesca

LUDWIG WITTGENSTEIN

70

1 fare una predizione corretta questuomo deve aver imparato


Lper tanto e tanto tempo. Ma----- .

27.3.
43jj. Spesso siamo stregati da una parola. Per esempio,
dalla parola sapere.
436. Dio vincolato dal nostro sapere? impossibile
che alcuni dei nostri enunciati siano f^ i? Perch propr9
questo vogliamo dire.
437. Sono propenso a dire: Questo non pu essere fal
so. Questo interessante, ma quali cons^enze ha?
438. Non sarebbe sufficiente assicurare che io so cosa ac
cade in quel certo posto cosi e cos - senza indicare ragioni
che convincano (laltra persona) che mi trovo nella condizionedisaperlo.
439. Anche lenundato: So che dietro questa porta c
un corridoio, e che poi c la scala che conduce al pianterre
no suona cosi convincente soltanto perch ciascuno suppone
che io lo sappia.
440. Qui c qualcosa di generale; non soltanto qualcosa
dipersonale.
441. In unaula giudiziaria, la pura e semplice rassicura
zione fatta da un testimonio: Io so... non convincerebbe
nessuno. Si deve dimostrare che il testimonio si trovava nella
condizione di saperlo.
Anche la rassicurazione: Io so che questa una mano,
- fatta mentre uno guarda la propria mano - non sarebbe cre
dibile se non conoscessimo le circostanze che hanno accom
pagnato 1enundato. E il fatto che le conosciamo, sembra die
d assicuri che da questo pimto di vista chi parla un uomo
normale.

DELLA CERTEZZA

-jx

442. Non pu darsi infatti che milluda di sapere una


certa cosa?
443. Immagina che in una certa lingua non esistano pa
role che corrispondano al nostro sapere. - Coloro che par
lano questa Lb^a non fanno altro che enunciare lasserzione.
Questo un albero, ecc. Naturalmente pu accadere che
sbaglino. E in questo caso alla proposizione aggiungono un
gesto che indica quanto probabile ritengano un errore - op
pure devo dire: Quanto probabile sia un errore in questo
caso? - Questultima cosa si pu anche indicare indicando
certe circostanze. Per esempio: A ha detto a B... Io gli sta
vo molto vicino, e d sento bene; oppure Ieri A era in quel
posto cosi e cosi. Io lho visto da lontano, e i miei occhi non
sono molto buoni. Oppure: L c un albero. Lo vedo
chiaramente, e lho visto innumerevoli volte.
444. II treno parte alle due. Controlla ancora una volta,
tanto per esserne sicuro, oppure: Il treno parte alle due.
Lho appena controllato su un orario ferroviario nuovo. Si
pu anc^e aggiungete: Per cose del genere di me d si pu
fidare. L'utilit <tali aggiunte palese.
445. Per, quando dico: Ho due mani-che cosa pos
so aggiungere per indicare che di me d si pu fidare? Al mas
simo, che le circostanze sono quelle abituali.
446.1 Perch sono cosi sicuro che questa la mia mano?
Su questa spede di sicurezza non riposa forse tutto quanto il
^uoco linguistico?
Oppurje: Questa 'sicurezza, non (gi) presupposta nel
giuoco linguistico? Per il fatto, do, die chi non riconosce
gli oggetti con sicurezza, non lo giuoca, o lo giuoca nel modo
sbagliato.
28.3.
447.
Confrontalo con 12 x 12 144. Neanche qui dida
mo forse. Infatti nella misura in cui questa proposizione
riposa sul fatto che non sbagliamo il conteggio, o il calcolo, e

751

LUDWIG WITTGENSTEIN

che quando calcoliamo i nostri sensi non cingannano, le due


proposizioni, quella aritmetica e quella fsica, stanno sul medesimopiano.
i
Voglio dire: il giuoco fisico tanto sicuro quanto il giuo
co aritmetico. Ma questo pu essere frainteso. La mia osser
vazione unosservazione logica, non unosservazione psico
logica.
448.
Voglio dire: Se non d si meraviglia del fatto che le
proposizioni aritmetiche (per esempio la tavola pitagorica)
sono assolutamente certe, perch si dovrebbe essere sor
presi che sia altrettanto certa la proposizione Qu^ta la
mano?
^
449,1 Qualcosa d devessere insegnato come fondamento
4JO. Voglio dire che il nostro apprendimento ha la for
ma: Questa una violetta, Questo im tavolo. Potreb
be ben darsi che il bambino senta per la prima volta la parola
violetta nella proposizione Forse questa una violetta,
ma allora potrebbe chiedere Gie cos una violetta? Eb
bene, a questa domanda si potrebbe indubbiamente rispon
dere mostrandogliene vn'immagine. Ma come sarebbe se gli
. .
si dicesse: Questo un..., solo quando gli si mostra unim\
magine, ma altrimenti gli si dicesse sempre soltantp: Forse
^
Upguesto un...? - QuaU conseguenze pratiche dovrebbe avere una cosa dd genere?
- Un dubbio, che dubitasse di tutto, non sareb^ un dub
bio.
451. La mia obiezione contro Moore: che il s ^ o della
proposizione isolata Questo im albero indeterminato,
perch non determinatol e cosa sia il 'Questo* di cui si
asserisce che lu albero,[non reggej Infatti si pu rendere
meglio determinato il snso dicendo, per esempio: Quel
loggetto l, di cui s detto che una pianta, non limita
zione artifidale di una pianta, ma una pianta vera e propria.
452.
Non sarebbe ragionevole dubitare se questa sia dav
vero una pianta, oppure sia...
Che mi appaia indubbio, non importante. Se qui fosse

DELLA CSERTE2 ZA

73

irragionevole dubitare, questo non si potrebbe vedere d a l l a


mia opinione [Dafurhdten]. Dovrebbe dunque esserci ima
certa regola che dichiari che qui il dubbio irragionevole. Ma
non c neppure questa.
453. Io dico, bens: Qui nessun uomo ragionevole
avrebbe dubbi. - Si potrebbe immaginare di chiedere, a
dotti giudici, se im dubbio sia ragionevole o irragionevole?
454. Ci sono casi in cui il dubbio irragionevole, ma ce
ne sono altri in gii sembra logicamente impossibile/E trai
I questi casi sembra che nonci Sa nessun confine netto. ^ f
29.3.
455. Tutti i giuochi linguistici riposano sul fatto che si
possono riconoscere parole ed oggetti. Che questa una se
dia limpariamo con la medesima inesorabilit con cui impa
riamo che 2 X 2 = 4.
456. Dunque, se dubito, o non sono sicuro, che questa
sia la mia mano (in un senso o nellaltro), perch allora non
devo anche dubitare del significato di queste parole?
457. Voglio dunque dire che la sicurezza risiede nelles
senza del giuoco linguistico?
458. Si dubita per ragioni ben precise. Si tratta di que
sto: Come sintroduce il dubbio nel giuoco linguistico?
459. Se il negoziante volesse analizzare ciascuna delle sue
mele, senza nessuna ragione, ma tanto per esserne ben sicuro,
p^ch (allora) non dovrebbe indagare sulla sua stessa in^gine? Ora, si pu qui parlare di credenza (intendo, nel senso
della credenza religiosa, non della congettura)? Qui tutte le
parole psicologiche non fanno altro die allontanarci dalla
cosa principale.
460. Vado dal medico, gli mostro la mia mano, e dico;
(^esta una mano, non...; me la sono ferita, ecc. ecc..

LUDWIG WITTGENSTEIN

74

Non facdo altxo che dargli uninformazione superflua? Non


si potrebbe dire, per esempio: Supponiamo che le parle
Questa una mano siano uninformazione - come potre
sti allora contare sul fatto che lui capisce questinformazione?
Si, se c un dubbio 'se questa sia una mano, perch allora
non c anche il dubbio se io sia un uomo, che comunica que
sta cosa al medico? - Daltra parte, per, possiamo immagi*
nard casi - anche se questi sarebbero molto rari - in cui una
spiegazione di questo genere non sarebbe superflua, oppure
sarebbe soltanto superflua, ma non sarebbe assurda.
461 .
Supponiamo che io fossi il medico, e un paziente ve
nisse da me, mi mostrasse la sua mano, e dicesse: Quella
che qui sembra una mano, non uneccezionale imitazione
di una mano, ma effettivamente una mano, e poi parlasse
della sua ferita. - La considererei come uiia vera e propria
informazione, per quanto superflua? Non la considerer
piuttosto un non-senso, che pure ha la forma di uninforma
zione? Infatti, dird, se questinformazione avesse veramente
un senso come potrebbe costui essere sicuro del fatto suo?
Alla comunicazione manca lo sfondo.
30.3.
462.
Perch, tra le cose che sa, Moore non indica, per
esempio, che in questa parte cosi e cosi dellInghilterra c
un vlaggio che si chiama cosi e cosi? In altre parole: Per
ch Moore non menziona uno stato di fatto che noto a lui,
e non noto a ognuno di noi?
31.3.
463.
pur certo che, se nessuno potesse dubitarne, linformazione Questo un albero, potrebbe essere una spede difmotto di spiitoj e, come tale, avrebbe senso. Una bat^tuiia-cji questo genere stata fatta davvero, una volta, da^
Renan^

DELLA CERTEZZA

75

3.4,51
464. ' La mia difficolt si pu anche dimostrare in questo
modo: Sono seduto e chiacchiero con un amico. Improvvisa
mente dico: Per tutto questo tempo sapevo benissimo che
tu sei N. N.. Questa davvero soltanto un'osservazione su
perflua, anche se vera?
Mi sembra che queste parole sarebbero simili a un Sal
ve! , detto allaltro nel bel mezzo di una conversazione.
465. E se invece di: Oggi si sa che d sono oltre... spe
de di insetti? si dicesse: Io so che questo un albero?
Se un tizio pronunciasse improvvisamente questa proposi
zione al di fuori di ogni contesto, si potrebbe credere che nel
frattempo aEEa'pensatolTqulcbsaltro, e ora pronunci ad
alta voce una proposizione tratta dal giro dei suoi pensieri.
Oppure anche; che sia in trance, e parli senza pensare a quel
lo che dice.
466. Cosi mi sembra di aver gi saputo qualcosa per tut
to questo tempo; e che tuttavia non abbia senso il dirlo, le
nunciare questa verit.
467. Siedo in giardino con un iosota Quello dice
tute volte: Io so che questo un albero, e cosi dicendo
indica im albero nelle nostre vicinanze. Poi qualcuno arriva
e sente queste parole, e io gli dico: Questuomo non pazzo: stiamo solo facendo filosofia . j----------------------4.4.
468.
Un tizio mi dice, senza che la cosa centri con il re
sto: Questo un albero. Pu darsi che questa proposizio
ne la dica perch si ricorda di averla udita in una situazione
simile; oppure pu darsi che sia stato improvvisamente col
pito dalla bellezza di questalbero, e che la sua proposizione
fosse unesdamazione; oppure pu darsi che si sia detto la
proposizione come esempio grammaticale (ecc.). Ora gli chie
do: In che modo lhai intesa? E quello risponde: Era

LUDWIG WITTGENSTEIN

76

uninformazione destinata a te. Non sarei forse libero di


supporre che q^ ft^ non sappia quel che dice, dal momen
to die tantomazzo m volermi dare questinformazione?
469.
Nel bel mezzo di una conversazione, un tizio mi di
ce, cosi di punto in bianco: Ti auguro tutto il bene possibi
le. Sono stupito, ma ni;:siidrne^ a rendermi conto che
queste parole hanno u i m connession)Con queUp che quel tale
pensa di me. E ora non mi^ppatoopi prive di senso.
470.
Perch non c nessun dubbio che io mi chiami L.
W.? Questa non sembra aEatto una cosa che si possa stabilire
senzaltro, al di l di ogni dubbio. Non s penserebbe che si
tratti di una delle verit indubitabili.

54[Qui, nel mio pesiere, c ancora una grossa lacuna. E


dubito che verr mai riempita].
471. cosi difficile trovare Vinizio. O meglio: difficile
cominciare dall'inizio. E non tentare di andare ancor pi in
dietro. r


..
h
472. Quando il bambino impara la lingua, impara, con
^I(V0
temporaneamente, che cosa si debba cercare e che cosa non
si debba cercare. Quando impara che nella stanza c un arjmadio, impara a non dubitare se quello che vedr pi tardi
^sia ancor sempre un armadio, o se invece non sia soltanto una
spedediquinu.
473. Come quando, scrivendo, simpara una determina
ta forma primitiva e poi, in seguito, la si varia, cosi simpa
ra prima di tutto la stabilit ddle cose, come norma che poi
soggetta a variazioni.
474. Questo giuoco d buona prova di s. Questa potreb
be essere la causa per cui lo si guoca, ma non ne la ragione.
47;. Qui voglio considerare luomo come un animale;
come un essere primitivo a cui si fa credito bensi dellistinto,.

DELLA CERTEZZA

77

ma non della facolt del ragionamento. G>me un essere in


uno stato'primitivo. Di una logica che sia sufficiente per un
di comunicazione primitivo non dobbiamo vergopiarci. Il linguaggio non venuto fuori da un ragionamento. J
6.4.
476. Il bambino non impara che esistono libri, che esisto- '
no sedie, ecc. ecc., ma impara ad andare a prender libri, a sedersi su sedie, ecc. TF

^ (Jertamente, pi tardi vengono fuori anche questioni sul
lesistenza: Esiste un unicorno? , e cosi via. Ma una do
manda di questo genere possibile soltanto perch, di regola,
non interviene nesstma questione corrispondente. Infatti co
me si fa a sapere in qual modo ci si debba convincere dellesi
stenza dellunicorno? G>me si imparato il metodo per de
terminare se una certa cosa esista o non esista ?

61

477. Cosi, dunque, si deve^pere che esistono gli og


getti! cui nomi sinsegnano a( bambim con una definizione
ostensiva. - Perch si deve sapferlo?^on sufficiente che in
seguito lesperienza non dimostri il contrario?
Infatti, perch il giuoco linguistico dovrebbe riposare su
un sapere?

7 -4 -

478. Il bambinopede che esista latte? O sa che il lat'


te esiste? Il gatto sa cne esiste un topo?
479. Dobbiamo dire che la conoscenza che esistono og- ^
getti fisici una conoscenza che viene molto presto oppure
che una conoscenza che viene molto tardi?
8.4.
480.
^ bambiionche impara a usare la parola albero.
Un tizio stiTOirtor^T^nti a un albero e dice: Be//albero!

78

LUDWIG WITTGENSTEIN

Qie nd giuoco linguistico non entri nessun dubb


stenza d ^ albeto, chiaro. Ma si pu dire che i^bambii
sappia che esiste un albero? bens vero che 'sape^e^
sa non racchiude in s pensare a qualcosa, ma chi sa qualcosa
non deve forse esser capace di dubbio? E dubitare vuol dire
pensare.
.
r
481.
Quando si sente Moore che dice: Io so che questo
un albero, si capiscono improvvisamente quelli che tro
vano che questa cosa non affatto decisa.
La faccenda d appare di colpo poco chiara, e nebulosa.
come se Moore |e avesse fatto cader sopra la luce sbagliata^>^^
come se vedessi un dipinto (per esempio una scena tea
trale) e riconoscessi da lontano, immediatamente e senza il
minimo dubbio, che cosa rappresenta. Poi per mi avvicino,
e qui vedo un insieme di macchie di diversi colori che sono
tutte estremamente ambigue, e non dnno affatto nessuna
certezza.
482. come se lIo so non tollerasse nessun accento
H metafisico.

/V

483. Limpiego corretto delle parole Io so. Un tizio


con la vista corta mi chiede: Credi che quella cosa che ve
diamo l sia im albero? - Io gli rispondo: Io lo so: lo vedo
bene, e Io conosco bene. A: in casa N. N.? - Io: Credo di si - A: Era in casa ieri? - Io: Ieri era in casa;
questo lo so, perch ho parlato con lui. - A: Sai che que
sta parte della casa stata aggiunta da poco o lo credi soltan
to? - Io: Lo 50, mi sono informato da...
484. Qui dunque si dice Io so, e si dnno, o almeno si
possono dare, le ragioni dd sapere.
485. Q si pu anche immaginare un caso in cui un tizio
scorre una lista di proposizioni, e a ciascuna di esse continua
a chiedersi: Questo lo so, o lo credo soltanto? Qud tizio
vu(^ controll^e la certezza di dascuna singola proposizionej(Potrebbe trattarsi delle dichiarazioni di un testimonio di
fronte a vmtribunale^

DELLA CERTEZZA

79

9.4.
486. Sai di chiamarti L.W .,0 lo credi soltanto? una
domanda fornita di senso?
Sai che quelle che stai scrivendo qui sono parole della lin
gua italiana ' o lo credi soltanto? Credi soltanto, che cre
dere abbia questo significato? Quale significato?
487. Qual la prova del fatto che so una certa cosa?
Ebbene, non certo il fatto che dico di saperlo.
488. Dunque, quando gli autori enumerano tutto quello
che sanno, questo non prova proprio nulla.
Che si possa sapere qualcosa sulle cose fisiche, non si pu
provare con le solenni dichiarazioni di quelli che credono di
saperlo.
489. Infatti, che cosa si risponde a chi dica: Io credo
che a te sembri soltanto di saperlo?
490. Quando chiedo: So di chiamarmi... o Io credo sol
tanto?, perfettamente inutile che guardi in me stesso.
Per potrei dire: Non soltanto non ho il minimo dubbio
di chiamarmi cosi, ma se sollevassi un dubbio su d, non po
trei essere sicuro di nessun giudizio.
10.4.
5j
491. So di chiamarmi L. W., o lo credo soltanto? - Se
la domanda sonasse: Sono sicuro di..., lo suppongo soltan
to? , allora della mia risposta d si potrebbe fidare. 492.
So o credo soltanto... si potrebbe anche esprime
re cosi: Che dire se sembrasse die venga fuori che queUo che
finora non mi sembrato accessibile al dubbio era unassun
zione falsa? Qui reagirei come quando una credenza si di
mostrata falsa, oppure la cosa sembrerebbe sconvolgere il
' Nel testo: tedesca

8o

LXJDWIG WITTGENSTEIN

suolo sul quale fondo il mio giudzio? Ma qui, natutalmente,


non voglio una pro/ezM.
Direi semplicemente: Non d avevo mai pensato! - o
dovrd rifiutarmi di rivedere il mio giudizio, perch una re
visione di questo genere equivarrebbe a un annientamento
d tutti imd regoli?
493. dunque cosi: che per poter comunque giudicare
devo riconoscere certe autorit?

off^

494. Di questa proposizione non posso dubitare senza


rnundare a tutto il mo giudicare.
Ma che genere d proposizione mai questa? (Q ricorda
quello che Frege ha detto sulla legge didentit)'. D sicuro
non affa to una proposizione empirica. Non fa parte della
psicologia. Ha piuttosto il carattere di una regola. \
495.
A un tizio, che volesse fare obiezioni alle proposi
zioni indubbie, si potrebbe dire semplicemente: Ah, insen
sato! Dunque, non rispondergli, ma fargli una ramanzina.
' Qui Wittgensteb si rfersce al seguente passo della Prefazione al voi. I
dei Grundgesetze der Aritbmetik: Il problema, per qual motivo e con
qual diritto riconosdamo una legge logica, pu venir tisolto dalla logica solo
riconducendo questa l e ^ ad alt^ leggi logiche. Dove d non sia possibile,
la logica rimane debitrice di una risposta. Oltrepassando i confini della lo
gica, si potr allora dire: noi siamo costretti dalla nostra natura e dalle dr'costanze esterne a giudicare, e se giudichiamo, non possiamo rifiutate la leg
ge anzidetta (per esempio, la legge didentit); siamo costretti a riconoscerla
se non voglianio sconvolgere il nostro pensiero e rnundare a qualsiasi giS d izio . Io non v o ^ o n combattere n sottoscrvete quest'opinione,'ma sol
tanto osservate ^ qui non d troviamo di fronte a un ragionamento di lo
gica. Esso non d spiega perc^ quella legge sia vera, ma ppch noi la rite
niamo vera. inoltre: questimpossibilit, in cui noi d troviamo, di rifiutare
quella legge, non cimpedisce a rigore di ammettere l'esistenza di esseri che
la rifiutino; essa
cimpedim di ammettere che, cosi facendo, costoro
abbiano ra^one. C'impedisce di avere anche un solo dubbio se abbiano ra
gione loto o abbiamo ragione noi. ... Se altri invece tentano di riconoscere
una legge e contemporaneamente di dubitarne, mi sembra che questo loro
sforzo sia analogo al tentativo di uscire dalla propria pelle. Innanzi ad esso
io non posw far altro che raccomandare di star bene in guardia. Una volta
che si sia riconosduta una legge dellesser vero, si anche riconosduta, con
ci, una legge che prescrive come si debba giudicare, dovunque, e in qual
siasi istante, si giudichi, c. F r e g e , Grundgesetze der Arilbmetik, I, p. x vu
(trad. it. di C. Mangione in & f b e g e , Logica e aritmetica, Torino 1963, pp.
488-89) [N.</.T.l.

DELLA CERTEZZA

8l

496. Qui c un caso simile a quello in cui si mostra che"


non ha senso il dire che un giuoco viene sempre giocato nel.
modo sbagliato.
497. Se un tizio volesse risvegliare in me il dubbio e di
cesse: qui la tua memoria tinganna, l sei stato preso in giro,
li, ancora, non te ne sei convinto abbastanza a fondo, ecc., e
io non mi lasciassi scuotere, ma rimanessi ben fermo nella
mia certezza - allora, che io faccia cosi, non pu essere sba
gliato, se non altro perch proprio questo definisce un giuoco.
11.4.
498J Lo strano che anche se trovo del tutto giusto che
un tizio respinga con la parola Insensato! il tentativo di
confonderlo facendolo dubitare dei fondamenti [Fundament},
ritengo scorretto che quello cerchi di difendersi usando, per
esempio, le parole Io so.

^ ^

499. Potrei anche dire cosi: la legge dellinduzione nTl


si pu fondare, pi di quanto non si possano fondare certe
proposizioni particolari riguardanti il materiale dellespe^
rienza.
'
500. Ma mi sembrerebbe anche insensato il dire: Soche
la legge dellinduzione vera.
^
pmmagina che un enunciato di questo genere venga detto
in una corte di giustizia^Pi corretto ancora sarebbe: Io
credo alla legge..., dove credere non ha nulla da fare con
il congetturare.
501. Non sono sempre pi vicino al dire che, in ultima
analisi, la logica non si pu descrivere? Devi prendere in con
siderazione la prassi del linguaggio: allora la vedrai.
502. Si potrebbe dire So a occhi chiusi qual la posi
zione della mia mano, se la mia indicazione contraddicesse
sempre, o per lo pi, la testimonianza degli altri?

82

LUDWIG W IT T G ^ S T E IN

503. Guardo un oggetto e dico: Questo un albero,


oppure: Io so che questo ... - Se poi gli vado pi vicino
e vien fuori che si tratta di qualcosaltro, posso dire: Non
era affatto un albero; oppure dico. Era un albero, soltanto
die adesso non lo pi. Se per tutti gli altri mi contraddi
cessero e dicessero die non mai stato im albero, e se tutte le
testimonianze parlassero contro di me, a che cosa mi jerwVffe, allora, lattenermi al mio: loso...?
504. Se io sappia qualcosa, dipende da questo: se le pro
ve [Evidenzi mi diano ragione o se mi contraddiquio. Infatti,
il dire di sapere che si hanno dolori non vuol dir niente.
yoy. Quando si sa qualcosa sempre per grazia della na
tura.

J^5o6. Se la mia memoria minganna qui, allora pu in


gannarmi dovunque .

Se non so questo, allora come facdo a sapere se le m


parole significano quello che io credo che sigmfichino?
507. Se questa cosa minganna; allora die cosa significa
yancora
508.ingannare?
Di che cosaposso fidarmi?
^09. Voglio dire, propriamente, die un giuoco linguisti
co possibile se d si fida di qualcosa. (Non ho detto se d si
pu fidare di qualcosa ).
510. Dicendo: Naturalmente so che questo im asdugamani, facdo una dichiarazione. Non penso di verificarla.
Per me si tratta di una dichiarazione immediata.
Non penso al passato o al futuro. (E naturalmente^ cosi fa
anche Moore).
esattamente come afferrare immediatamente una certa
cosa; gome afferro lasdugamani senza esitare. )
$11. Ma questo afferrare immediato corrisponde certo
a una sicurezza, non a un sapere.
Ma non afferro cosi anche il nome di ima cosa?

DELLA CERTEZZA

83

12.4.
512. La questione certamente questa: E che dire se
tu dovessi cambiare la tua opinione anche su queste cose fon
damentalissime? E la risposta mi sembra questa: Non sei
obbligato a cambiarle. Proprio in questo risiede il loro essere
fondamentali,
513. E che dire se accadesse qualcosa di davvero inaudi
to} se, per esempio, vedessi come le case si tramutano grada
tamente in vapore, senza nessuna causa palese; se gli animali
sui prati stessero sulla testa, ridessero e dicessero parole com
prensibili; se gli alberi si tramutassero gradatamente in uo
mini, e gli uomini in alberi. Allora avevo ragione quando di
cevo, prima che tutte queste cose accadessero: So che que
sta una casa, ecc., o, semplicemente; Questa una casa,
ecc.?
514. Questenunciato mi sembrava fondamentale; se
falso, che cos ncora vero, e che cosa falso?!
515. Se il mio nome non L. W. come posso fidarmi di
d che sha da intendere con vero e falso?
516. Se accadesse qualcosa (se, per esempio, qualcuno
mi dicesse qualcosa) che fosse tale da risvegliare in me il dub
bio, allora esisterebbe certamente anche qualcosa che mi fa
rebbe apparire dubbie le stesse ragioni di quel dubbio, e al
lora potrei deddermi di attenermi alle mie vecchie credenze.
517. Ma non sarebbe possibile che accadesse qualcosa
che mi buttasse completamente fuori dei binari? Prove [Evi
denzi dit mi rendessero impossibile assumere la cosa pi si
cura? o comunque agissero in modo da farmi rovesciare i
miei giudizi pi fondamentali? (Se a ragione o a torto, qui
non importa affatto).
518. Potrei immaginarmi di osservare questa cosa in un
altro uomo?

LUDWIG WITTGENSTEIN

84

519.
Se obbedisci a un comando: Portami un libro,
bens possibile che tu debba indagare se quello che tu vedi
l sia davvero un libro: per allora sai certamente che cosa
sintenda con libro; e se non lo sai puoi forse andare a ri
scontrarlo - ma allora devi senzaltro sapere che cosa signi
fichi unaltra parola. E che una parola significhi questa o questaltra cosa, che venga usata in questo o in questaltro modo,
, a sua volta, un fatto desperienza come il fatto che quellog
getto un libro.
Dunque, per essere in grado di eseguire un comando, non
devi avere nessun dubbio su un fatto empirico. Si, il dubbio
riposa solo su d che fuori del dubbio.
Ma poich un giuoco linguistico una cosa che consiste d
azioni del giuoco ripetute nel tempo, sembra che in nessun
caso singolo si possa dire che, se devesserci un giuoco lingui
stico, questa cosa cosi e cosi devessere fuori dubbio, ma che
si possa dire che di regola certi giudizi empirici devono essere
fuori dubbio.
13.4.
520.
Moore ha ben ragione, dicendo di sapere che davan
ti a lui c un albero. Naturalmente, in questo pu sbagliarsi.
(Infatti qui le cose non stanno come stanno con repressione
Io credo che l d sia un albero). Ma se in questo'tso abbia
ragione o si sbagli, non importante da un punto di vista filo
sofico. Quando Moore contesta quelli che dicono che una cosa
del genere non si pu propriamente sapere, non pu farlo
dandod lassicurazione: che lui sa questo e questaltro, per
ch non c bisogno d credergli. Se il suo oppositore avesse
asserito che non si pu credere questa determinata cosa cosi
e cosi, allora Moore avrebbe potuto rispondergli: La credo
io.
14.4.
521.
^Lerrore di Moorejconsiste nel contrapporre, allas
serzione che una certa cosa non si pu sapere, Io la so.

DELLA CERTEZZA

8^

522. Diciamo: Se ilibambinoj padroneggia il linguaggio ^ ^


- e dunque la sua applicazione - deve conoscere i significati
delle parole. Per esempio, devessere capace di dare i nomi
dei loro colori a cose bianche, nere, rosse, blu, senza che gli
venga il sia pur minimo dubbio.
523. Si, nessuno qui sente la mancanza del dubbio: nes
suno si meraviglia che non ci limitiamo soltanto a congettu
rare il significato delle parole.
15.4.
524.
Per il nostro giuoco linguistico (per esempio 'co
mandare e obbedire) essenziale che in certi posti non si
insinui un dubbio, sufficiente che sussista il sentimento di
sicurezza, sia pure con una leggera ombra di dubbio?
dunque sufficiente che una certa cosa io la chiami nera,
unaltra 'verde, unalua 'rossa - non, come faccio adesso,
sui due piedi senza linterposizione dun qualsiasi dubbio,
ma dicendo invece Sono sicuro che questa cosa rossa,
cosi come si dice, poniamo: Sono sicuro che tizio verr og
gi (e dunque con il 'sentimento di sicurezza)?
Naturalmente il sentimento che accompagna questenun
ciato d indifferente; e tanto meno dobbiamo preoccupard
delle parole Io sono sicuro che. - Impor^te che a que
ste parole saccompagni una differenza nella prassi del lingua^q.
Si ^trebbe chiedere se, in tutte le occasioni in cui, ponia
mo, annundamo qualcosa con sicurezza (come per esempio
quando guardiamo in un tubo e annundamo il colore che ve
diamo attraverso esso) quel tizio dica Sono sicuro. Se lo
dice, si sar inclini prima di tutto a mettere alla prova la sua
dichiarazione. Ma se si dimostra che qud tizio compietamente degno di fede, allora si spiegher che il suo modo di
dire soltanto una stramberia, die non tocca la sostanza del
la cosa. Per esempio, si potrebbe supporre che abbia letto i
filosofi-scettid e sia convinto che non possibile saper nulla,
e che per questo abbia adottato qud modo di dire. Non ap
pena ce ne siamo abituati, questo modo di dire non reca alcun
danno alla prassi.

86

LUDWIG WITTGENSTEIN

525.
Dunque, che aspetto ha il caso in cui con i nomi dei
colori uno ha davvero una reianone diversa da quella che ab
biamo noi? Go, il caso in cui nelluso di tali nomi continua
a sussistere un leggero dubbio, o la possibilit dun dubbio?
16.4.
526.
Un tizio, che guardando una cassetta postale ingle
se dicesse: Io sono sicuro che rossa, dovremmo ritenerlo daltonico ' o credere che non sia padrone della lingua ita
uana
liana ' e non conosca i giusu
giusti nomi aei
dei coiori
colori m
in un
unaltra
aiira un{
lingua.
iremmo
Se non si desse nessuno di questi casi^ non lo c^'iren
bene.
ouuov
'

OAljJr

527. Un italiano*, che chiami rosso questo


sicuro che in italiano *il suo nome sia rosso. H(Dambino
che padroneggia limpiego della parola non sicuro <
sua lingua questo colore abbia questo nome. Neanche di lui
si pu dire che quando impara a parlare impari che in italia
no i colori si chiamano cosi, e neanche che lo sa, quando ha
imparato luso della parola.
528. E tuttavia: se qualcuno mi chiedesse come si chiama
quel colore in italiano *, e io glie lo dicessi, e quello mi chie
desse: Ne sei sicuro?, io gli risponderei; Lo so-, litalia
no la mia lingua madre.
529. E per esempio, anche un bambino dir di un altro,
e di se stesso, che sa gi come si chiamino questa e questaltra
cosa.
530. Posso dire a un amico: In italiano* questo colore
si cldama rosso (supponendo, per esempio, die gli insegni

T ^ ' Per comprendere quest'argomentazione di Wittgenstein occorre rictH


V.^t_dare che in Inghilterra le cassette postali sono davvero rosse [N. d. T.].
' Nel testo: tedesca [N. j.T .].
* N d testo: un tedesco
* N d testo: tedesca [N.J.T.].
* N d testo: tedesco [N. J.T.].
* Nel testo: in tedesco [N.<.T.].
N d testo: il tedesco [.J.T.],
' N d testo: in tedesco [N.J.T.].

della

CERTEZZA

87

litaliano)'. In questo caso non direi. So che questo colo


re... - questo forse lo direi se lavessi appena imparato, op
pure contrapponendo quel colore a im altro colore di cui non
conosco il nome in italiano \
531. Ora, per, non giusto descrivere il mio stato attua
le in questo modo: Io so come si chiama questo colore in
italiano? '. E se questo giusto, perch allora non dovrei
descrivere il mio stato con le parole corrispondenti: Io so,'
ecc.?

532. Dunque, quando Moore stando seduto davanti al


lalbero diceva: Io so che questo un..., non faceva altro
che dire la verit sul proprio stato di quel momento.
- [Adesso io filosofo come una verchia signora, che perde"^^
continuamente questa o questaltra cosa, e deve sempre cercaria di nuovo: una volta gli occhiali, unaltra volta un mazzo^
_di chiavi].
533. Ebbene, se era giusto descrivete il suo stato danimo
fuori del contesto, allora era anche giusto pronunciare, fuori
del contesto, le parole Questo un albero .
534. Ma falso dire: Il(bmbn^ che padroneggia un
giuoco iinguisco,devejapgrg~irertecbse7 ^ C
S mvece di dir questo dicesslT deve pote(far^cite cose, questo sarebbe un pleonasmo, e tuttavia prprio quel
lo che vorrei contrapporre'alla ptima proposizione. - Ma:
Il bambino acquista una conoscenza di storia naturale.
Questo presuppone che il bambino sia in grado di chiedere
come si chiama questa certa pianta cosi e cosi.
535. Il[bambino]sa come si chiama una certa cosa quando pu dare una risposta corretta alla domanda: G>me si
chiama questa cosa?
j
536. Naturalmente il bambino che incomincia a impara-]
re la lingua, non possiede ancora il concetto del chiamarsi.]
' Nel testo: il tedesco[N./.T.].
* Nel testo: in tedesco [N.J.T.].
* Nel testo: in tedesco [N.if.T.].

a
^

88

LUDWIG WITTGENSTEIN

537. Di un tizio che non possegga questo concetto, si


pu dire che sa come si chiama questa certa cosa cosi e cosi?
538. Uibambino^ vorrei dire, impara a reagire in questo
modo cosi e cosi; e reagendo in questo modo cosi e cosi non
sa ancora nulla. 11 sapere comincia soltanto a im livello suc
cessivo.
^39. Con il sapere, le cose non stanno forse come stanno
con U raccogliere?
540. Un cane potrebbe imparare a correre verso N al gri
do N, e verso M al grido M - ma per questo saprebbe
forse come si chiamano queste due persone?
' '

V.

541. Sa soltanto come si chiama questo, non sa ancora


come si chima quello. A rigore, questo non si pu dire di
una persona che non abbia ancora per nulla il concetto che
gli uomini hanno nomi.
542. Se non so che questo colore si chiama 'rosso, non
posso descrivere questo fiore.

^ . 11 (bambino^u usare i nomi di persona molto tem


po prima di saper dire, in ima forma qudsiasi: So come si
chiama questa persona; non so ancora come si chiama quelJ altra.
544. Posso certamente dire, dicendo il vero: So come
si chiama questo colore in italiano ', indicando, per esem
pio, il colore del sangue fresco. Per-----17.4.
545* Il\bambinq sa. quale colore significhi la parola
'blu*. uell^e sa qui non affatto cosi semplice.
Nel testo: in tedesco

DELLA CERTEZZA

89

546. Io SO come si chiama questo colore, lo direi, per


esempio, se si trattasse di toni di colore i cui nomi non tutti
conoscono.
547. 'A un bambino, che stia appena cominciando a par
lare, e che possa usare le parole rosso e blu, non si pu
ancor dire: Non vero che tu sai come si chiama questo
colore?
548. Prima di poter chiedere il nome di un colore Ubam
bino deve poter imparare a impiegare i nomi dei colori.
549. Sarebbe falso il dire che allora Io so che l c una
sedia posso dirlo solo quando l c una sedia. Certamente,
quello che dico vero solo in questo caso, ma ho il diritto
di dirlo quando sono sicuro che l c una sedia, anche se poi
ho torto.
[Le pretese sono unipoteca che grava suUa facolt di pen
sare del filosofo].
18.4.
5^0. Se un tizio crede qualcosa, non sempre necessario
che si possa rispondere alla domanda 'perch la creda; se
per sa qualcosa, allora si deve poter rispondere alla doman
da Come faccia a saperlo .
551. se si risponde a questa domanda, questo deve ac
cadere secondo massime [Grundsatz] generalmente ricono
sciute. Cosi si pu sapere una cosa dd genere.
552. So che ora seggo su una sedia? - Non lo so?! Nelle
drcostanze attuali nessuno dir che lo so, ma tanto meno
dir, per esempio, che sono cosciente. E abitualmente questo
non si dir neanche della gente che passa per la strada.
Ma anche se non lo si dice, questo significa forse che non
cosi?
553. strano: Se io, senza che d sia unoccasione parti
colare, dico Io so - per esempio; Io so che in questo

LUDWIG WITTGENSTEIN

90

momento sto seduto su una sedia - lenunciato mi appare


j-ingiustificato e pieno di pretese. Ma se dicx) il medesimo enuir
ciato l dove ce n bisogno, allora esso mi appare compietamente giustificato, e ordinario, anche se non sono per nulla
_4)i sicuro della sua verit.
Per nel suo giuoco linguistico quellenunciato non
presuntuoso. Non sta pi in alto del giuoco linguistico uma
no, appunto. Infatti, li ha la sua applicazione limitata.
Ma. come la dico fuori del suo contesto,ja proposizione mi
-j 1 jippare in una luce falsa. Infatti, allora cme se volessi con----- J ^ c e re che d sono cose che so. Sulle quali Dio stesso non po
trebbe raccontarmi nulla.

19-4.

leuiiiL

755. Didamo di sapere che quando la mettiamo sul fuo


co lacqua si riscalda. Come facciamo a saperlo? Ce lha inse
gnato lesperienza. - Dico: So che oggi ho gi fatto colazio
ne. Questo non me lha insegnato lesperienza. Si dice an
che: So che quel tizio ha dolori. In tutti questi casi il giuoco lingstico diverso, in tutti^esu casi siamo wr/, e ogni
volta gli altri sarannaaccordoron noi, che siamo nella condizione di saperlo. Per questo ianche iTeoreml~della fisica si
trovano in manuali per tutti.
^e un tizio dice di sapere una certa cosa, deve trattarsi di
qualcosa che, stando al giudizio generale, si trova nella condi
zione di sapere.
556. Non si dice: Si trova nella condizione di crederlo.
Si dice, per: In questa situazione, ragionevole sup
porlo (o crederlo)!__(\
^
h x ,4 A
Una corte marziale potrebbe dover giudicare se in
q u e^ determinata situazione fosse ragionevole assumere
con sicurezza questa cosa cosi e cosi (anche se falsamente).
558.
Didamo di sapere che in determinate circostanze,
cosi e cosi, lacqua si riscalda e non gela. pensabile che in
questo d sbagliamo? Un errore non trascinerebbe forse con

DELLA CERTEZZA

91

s
giiidizi? Mcor di pi:
cosa potrebbe an-1
(coraltare in piedi/se cadesse questo?]Potrebbe darsi che un
tizio trovasse qualcosa per cui poimcessimo: Era un er
rore?
Qualunque cosa possa accadere in futuro, in qualunque
modo lacqua possa comportarsi in futuro, noi sappiamo che
finora essa si comportata cosi in innumerevoli casi.
Questo dato di fatto infuso nel fondamento del nostro
^uoco linguistico.
559. Non devi dimenticare che il giuoco linpistico ,
per cosi dire, qualcosa di imprevedibeTVoglio dire: Non e
fondato, non raeionevole (o
'
come la nostra vita.
560. E il concetto di sapere accoppiato con quello di
giuoco linguistico.
561. Io so e Puoi fidartene. Ma non sempre si pu
sostituire la seconda espressione alla prima.
^62. In ogni caso importante immaginare un linguag
gio in cui il nostro concetto di sapere non esiste.
^63. Si dice: Io so che ha dolori, anche se non se ne
possono dare ragioni convincenti. - la stessa cosa di Sono
sicuro che...? - No. - Sono sicuro ti d la sicurezza sog
gettiva. Io so vuol dire che tra me, che lo so, e chi non lo
sa, c una differenza di comprensione. (Basata forse su una
differenza nel grado dellesperienza).
Se, in matematica, dico: Io so, la giustificazione di que
sto una prova.
Se in questi due casi, invece di Io so si dice Puoi fidar
tene la giustificazione di volta in volta di specie differente.
la giustificazione ha un termine.
564.
Un giuoco linguistico: portare le pietre da costru
zione, riferire il numero di pietre disponibili. Qualche volta,
del numero si fa una stima, qualche altra volta lo si determi
na con esattezza. Sorge allora la questione; Credi che ci
siano tante pietre cosi?, e la risposta : Lo so, perch le

92

LUDWIG WITTGENSTEIN

ho appena contate. Ma qui il lo so potrebbe esser lascia


to cadere. Se per ci sono pi modi per costatarlo con sicu
rezza, come contare, pesare, misurare la pila, ecc., allora, al
posto dellindicazione del come lo si sappia, pu entrare lenundato; Loso.
'

565.
Ma qui, di un 'sapere che questo si chiama lastra,
quest'dtro si chiama pilastro, ecc., non si fa ancora affatto
parola.
^

.---------

(^V^A,)rO

r)
566. Si, U bambino] che impara il mio giuoco linguistico
y ^ n . 2 ' non impara a dire Io so che questa cosa si chiama
--^ lastra.
.
Ora, esiste certamente un giuoco linguistico in cui il bam
bino usa questa proposizione. Ci presuppone che il bambi
no, non appena gli abbiamo dato il nome, sia anche capace
di usarlo. Come se qualcimo mi dicesse: Questo colore si
chiama '... - Se dunque il bambino ha imparato un giuoco
linguistico con pietre da costruzione, gli si pu dire, ponia
mo: E questa pietra si chiama *..., e in questo modo si
567. E ora, il mio sapere di chiamarmi L. W. della me
desima spede del sapete che lacqua bolle a 100 C? Natural
mente, questa domanda posta male.
568. Se uno dei miei nomi venisse usato solo molto rara
mente, potrebbe darsi che io non lo conoscessi. Che io cono
sco il mio nome ovvio solo perch io, come chiunque altro,
lo impiego innumerevoli volte.
^69. Unesperienza vissuta interna non pu mostrarmi
che so qualcosa.
Se nonostante questo dico: So di chiamarmi..., e tut
tavia, chiaramente, non si tratta duna proposizione empiri
ca,----^70. Io so che mi chiamo cosi; da noi tutti gli adulti
sanno come si chiamano.
Ricerche filosofiche, S a [N. . C.].

DELLA CERTEZZA

93

571. Io mi chiamo... puoi fidartene. Se si dimostrer


falso, in futuro non dovrai credermi mai pi.
572. Certo, sembra che io sappia che a proposito del mio
nome proprio (per esempio) non posso sbagliarmi!
. (^esto si esprime nelle parole: Se questo falso, allora
io sono pazzo. Va bene, per queste sono parole; ma che in
fluenza esercitano sullapplicazione del linguaggio?
573. Forse questa: che nulla pu convincermi del con
trario?
574. La questione : Quale specie di proposizione mai
questa: Io so che su questo non posso sbagliarmi o anche:
Su questo non posso sbagliarmi?
Qui rIo so sembra prescindere da tutte le ragioni. Lo
so, e basta. Ma se qui si pu mai far parola di errori, allora
devessere possibile controllare se lo so.
575. Le parole Io so potrebbero dunque avere lo sco
po di mostrare dove ci si possa fidare di me; invece lutilizzabilit di questo segno deve risultare si'esperienza.
576. Si potrebbe dire; Come faccio a sapere che non mi
sbaglio a proposito del mio nome? - e se a questa domanda
si rispondesse: Perch lho impiegato cosi spesso, si po
trebbe ancora chiedere: Come faccio a sapere die a questo
proposito non mi sbaglio? e qui il come facdo? non pu
pi avere nessun significato.
577. .(Conosco il mio nome con assoluta sicurezza.
Mi rifiuterei di prendere in considerazione una qualsiasi
argomentazione che tendesse a dimostrarmi il contrario.
E che cosa vuol dire: Mi rifiuterei? lespressione di
unintenzione?
578. Ma non potrebbe darsi che unautorit pi alta mi
assicuri che non conosco la verit, cosicch io sia costretto a
dire: Insegnamela!? Allora per mi si dovrebbero aprire
gliocdii.

LUDWIG WITTGENSTEIN

94

579.
Fa parte del giuoco linguistico con i nomi di persona
che ciascuno conosca il proprio nome con la massima sicu
rezza.
20.4.
580. Potrebbe benissimo darsi che tutte le volte che dico
Lo so, la cosa si dimostri falsa. (Far vedere).
581. Pu darsi, per, che io non sia capace di aiutare me
stesso, e rontinui a S chiarare: lo so... Ma allora, come ha
imparato,^ bambino^lespressione ?
582. Lo so pu voler dire: Mi ben noto - ma anche:
certamente cosi.
583. Io so che questa cosa m... si chiama '... - (Zome
fai a saperlo? - Ho imparato...
Qui, in luogo di Io so che, ecc., potrei sostituire: In...
questo si chiama...?
584. Sarebbe possibile utilizzare il verbo sapere sol
tanto nella domanda Come fai a saperlo? , che segua a una
semplice asserzione? - Invece di: Questo lo so gi, si dice:
Questo mi noto, e a ci segue soltanto la comunicazione
del fatto. Ma che cosa si dice invece di: Io so che cos que
sto?
585. Ma So che questo un albero, non dice forse
qualcosa di diverso da Questo un albero?
586. Invece di Io so che cos questo, si potrebbe di
re: Io posso dire che cos questo. E se si adottasse questo
modo di esprimersi, che cosa ne diventerebbe d Io so che
questo un..,?
587. Torniamo alla questione se Io so che questo
un ... dica qualcosa di diverso da Questo im ... Nella
' Questultimo perodo stato aggiunto successivamente [N. d. C.].

DELLA CERTEZZA

95

prima proposizione si menziona una persona, nella seconda


no. Questo per non mostra che le due proposizioni hanno
un senso differente. Gimunque, si sostituisce spesso la secon
da forma alla prima, e allora le si d spesso unintonazione
particolare. Infatti, quando si fa unasserzione [Feststeun[
che non viene contraddetta si parla in modo diverso da quan
do la si mantiene ferma contro un contraddittore.
588. Ma con le parole Io so che..., non dico forse di
trovarmi in uno stato ben determinato, cosa che, invece, la
pura e semplice asserzione Questo un ... non dice?
tuttavia a unasserzione cosi spesso si risponde chiedendo:
Come fai a saperlo? - Ma certo, non fossaltro perch il
fatto, che io asserisco questo, ci fa conoscere che credo di sa
perlo. - Questo si potrebbe esprimere cosi: In un giardino
zoologico potrebbe esserci un cartellino: Questa una ze
bra, ma certo non uno cosi: So che questa una zebra.
Io so ha senso soltanto quando una persona lo dice. Al
lora, per, indifferente se lasserzione sia Io so..., oppu
re: Questo ...
589. Allora come impara uno a riconoscere il proprio
stato del sapere?
590. Del riconoscimento di uno stato si potrebbe parla
re, al massimo, l dove si dicesse: Io so che cos questo.
Qui d si pu convincere che questo sapere si possiede effet
tivamente.
591. So che spede di albero questo. - un castagno.
So che spede di albero questo. So che un castagno.
Il primo enundato suona pi naturale del secondo. Si dir
Io so per la seconda volta solo quando si voglia mettere un
particoliure accento suUa certezza; per esempio, per evitare di
essere contraddetti. Il primo Io so, vuol dire, allindrca:
posso dire.
In un altro caso, per, si potrebbe cominciare con la co
statazione: Questo un... e contrapporre, a imo che ci
contraddica: Io so che spede di pianta questa, e cosi
dicendo mettere laccento sulla nostra sicurezza.

96

LUDWIG WITTGENSTEIN

592. Posso dire che specie di... e posso dirlo con si


curezza.
593. Anche se a So che cosi si pu sostituire co
si, tuttavia, alla negazione dellima non si pu sostituire la
negazione d ^ altra.
Con Io non so..., nel giuoco linguistico entra un ele
mento nuovo.
21.4.
594. Il mio nome L. W.. se qualcuno dovesse con
testarlo, stabilirei inmiediatamente innumerevoli connessio
ni, che lo renderebbero sicuro.
595. Ma posso certamente immaginarmi un uomo che
stabilisca tutte queste connessioni, delle quali, per, nessuna
concorda con la realt. Perch io non dovrei trovarmi in un
caso del genere?
Se mimmagino quelluomo, allora mimmagino anche una
realt, un mondo, he lo circonda; mimmagmo quelluomo
che pensa (e parla) in contraddizione con questo mondo.
596. Se un tizio minforma che il suo nome N. N., al
lora ha senso per me chiedergli: Puoi sbagliarti? Nel giuo
co linguistico questa una domanda perfettamente conforme
alle regole. E a questa domanda ha senso rispondere Si o No.
- Ora, certamente, neanche questa risposta infallibile:
do, qualche volta anchessa pu dimostrarsi falsa. Ma ci
non toglie il senso alla domanda Puoi...? e alla risposta
No.
597. La risposta alla domanda Puoi sbagliarti a questo
proposito? , d allenunciato un peso ben definito. La rispo
sta pu anche essere: Credo ino.
598. Ma alla domanda Puoi...?, si potrebbe risponde
re: Voglio descriverti il caso e tu puoi giudicare da te stesso,
se posso sbagliarmi ?
Per esempio, se si tratta del nome di una persona, le cose

DELLA CERTEZZA

97

potrebbero stare cosi: che la persona non ha mai usato que


sto nome, ma si ricorda daverlo letto su un documento. -
d'altra parte la risposta potrebbe essere: Ho portato questo
nome per tutta la mia vita, vengo chiamato cosi da tutti. Se
questo non equivale alla risposta: Non posso sbagliarmi a
questo proposito, allora non ha nessun senso affatto. tut
tavia chiarissimo che con ci si indica una distinzione molto
importante.
599. Si potrebbe, per esempio, descrivere la proposizione
relativa alla sicurezza che lacqua bolle a ioo C. Non , per
esempio, una proposizione che io abbia sentito dire una volta
(cosi come ho sentito questa o quellaltra proposizione, che
potrei menzionare). Io stesso ho fatto lesperimento a scuola.
La proposizione una proposizione molto elementare dei no
stri libri di testo, ai quali si pu prestare fiducia per quanto
riguarda queste cose, perch... - Ora uno pu opporre tutti
gli esempi contrari che mostrino che gli uomini hanno rite
nuto certa questa e questaltra cosa, che poi pi tardi, secondo
la nostra opinione, s dimostrata falsa. Ma questo ragiona
mento privo di valore'. Il dire: in ultima analisi possiamo
introdurre soltanto quelle ragioni che noi riteniamo ragioni,
non dice proprio nulla.
Credo che alla base di tutto questo ci sia un fraintendimen
to della natura dei nostri giuochi linguistici.
600. Ouali ragioni ho mai per presta fede ai manuali di
fisica sperimentale?
"Tion ho nessuna ragione per prestargli fede. E gli presto
fede. So come nascono questi libri - o, piuttosto, credo di sa)erlo. Hq alcune prove, ma queste prove non vanno molto
ontano, e sono di specie molto eterogenee. Ho udito, ho vi
sto, ho letto cose.
' Non pu anche daisi che oggi crediamo di riconoscere di aver commes*
so, tempo fa, un errore, e che poi venga fuori che la vecchia opinione era
queUa giusta? ecc. [Scolio d Wittgenstein].

LUDWIG WITTGENSTEIN

22.4.
C sempre il pericolo di voler riconoscere il significato
considerando lespressione e lo stato danimo in cui la si usa,
invece di pensar sempre allafprassi^ Per questo, ci si ripete
spesso lespressione, perch come se in essa, e nel senti
mento che si prova, non si potesse far a meno di vedere quel
lo che si cerca.
23.4.
602. Devo dire Credo alla fisica oppure devo dire:
So che la fisica vera?
^

603. Mi insegnano che in queste circostanze accade questa cosa. Lo si scoperto perch si fatta la prova un paio di
TOlte. Certamente, tutto questo non ci proverebbe nulla, se
^ t t intorno a questesperienza non ce ne fossero altre che
insieme con essa costituiscono un sistem^Cosi, non soltanto
si sono fatti esperimenti sopra la cadutaci corpi, ma si sono
anche fatti esperimenti sulla resistenza dellaria, e su molte
altre cose.
Alla fine, per, mi fido di queste esperienze o dei loro re
soconti, e in conformit con questi oriento, senza nessun scru
polo, le mie proprie azioni. Ma questa fiducia non ha ^che
dato buona prova di s? Per quanto io posso giudicarne - si.
604. In pnaula giudiziaria |Tasserzione di un fisico, che
lacqua bolle a 100C, verrebbe accettata incondizionatamen
te come verit.
Se ora non prestassi fede a questasserzione, che cosa po
trei fare per convalidarla? Fare esperimenti io stesso? Qie
cosa proverebbero?
605. Ma che dire se le asserzioni del fisico fossero super
stizione, e se conformare il nostro giudizio a quello che dice
lui fosse altrettanto assurdo che prestar fede alla prova del
fuoco?

DELLA CERTEZZA

99

606. Che, secondo la mia opinione, unaltra persona si


sia sbagliata, non una buona ragione per assumere che ades
so mi sbagli io. Ma non una buona ragione per assumere
che potrei sbagliarmi? Non affatto una buona ragione per
una qualsiasi incertezza nel mio giudizio o nel mio agire.
607. il giudi^ potrebbe bens dire: Questa la verit
- per quanto possa conoscerla. - Ma che effetto avrebbe
questaggiunta? (beyond all reasonable doubt ) '.
608. sbagliato lasciarmi guidare nel mio agire dalle
proposizioni della fisica? Devo dire che non ho nessuna buo
na ragione per farlo? - E non appunto questo, che noi chia
miamo ima 'buona ragione ?
609. Supponiamo dincontrare gente che non lo consi
deri come una ragione plausibile. Ebbene, come immaginia
mo una cosa del genere? Forse, invece di interrogare i fisici
costoro interrogano un oracolo. (E per questa ragione li con
sideriamo primitivi). sbagliato che costoro consultino un
oracolo, e si lascino guidare da lui? - Dicendo che questo
sbagliato, non usciamo forse gi dal nostro giuoco lingui-
stico, per
il loro?
'
610. E abbiamo ragione o abbiamo torto a combatterlo?
Naturalmente appoggeremo il nostro modo di procedere con
ogni sorta di parole dordine (slogan).
_

611. Dove sincontrano effettivamente due principi che


non si possono riconciliare luno con laltro, l ciascuno di, chiara che laltro folle ed eretico.
612. Ho detto che combatterei laltro - ma allora non
gli darei forse ragioni? Certamente, ma fin dove arrivano? Al_
termine delle ragioni sta la persuasione. (Pensa a quello che
accade quando i missionari convertono glindigeni).
613. Se ora dico So che alla fiamma del gas lacqua che
c nella casseruola non geler, ma si riscalder, mi sembra
' Al di l dogni ragionevole dubbio . In inglese nel testo [N, d. T .l

lO O

LUDWIG WITTGENSTEIN

che questo mio So sia giustificato quanto qudstas altro.


'Se so qualche cosa, allora so questo' - oppure so con una cer
tezza ancor maggiore che questuomo accanto a me il mio
vecchio amico Tal dei Tali? E come va daccordo tutto questo
con la proposizione che vedo con due occhi, e die se mi guar
do ndlo specchio li vedo? - Non so con sicurezza che cosa
devo rispondere qui, ma tra i due casi c sicuramente una dif
ferenza. Se lacqua sulla fiamma gelasse, di certo sarei alta
mente stupito, ma senza dubbio supporrei che esista qualche
influenza che mi ancora ignota, e forse lascerei giudicare
della cosa ai fisici. - Ma che cosa potrebbe farmi dubitare che
questuomo sia N. N., che conosco da tanti anni? Qui sem
brerebbe che un dubbio trascini tutto quanto con s e predpiti tutto nel caos.
614. In altre parole: Se da tutte le parti mi si contraddicesse dicendomi che quel tizio non si chiama come io ho
sempre saputo che si chiamava (e qui uso ho saputo in
tenzionalmente), allora, in questo caso, mi sarebbe sottratto
^ fondamento di ogni giudicare?^
615. Questo vuol soltanto dire Posso giudicare soltan
to perch le cose si comportano in questo certo modo (per
dir cosi gentilmente)?
616. Ma allora sarebbe impensabile che io rimanga in
sella, anche quando i dati di fatto recakitrano tanto?
617. Da certi eventi potrei essere messo in una situazio
ne tale da non esser pi in grado di continuare il vecchio giuo
co. In cui sarei strappato via dalla sicurezza del giuoco.
Si, non ovvio che la possibilit di un giuoco linguistico
condizionata da cerd dati di fatto?
618. Allora sembrerebbe che il giuoco linguistico dovesse indicare i dati di fatto che lo rendono possibile. (Ma cosi
non ).
Si pu dire, allora, che soltanto una certa regolarit negli
accadimenti rende possibile linduzione? Il 'possibile do
vrebbe, naturalmente, essere 'logicamente possibile'.

DELLA CERTEZZA

lO I

619. Devo dire: Anche se negli accadimenti naturali si


insinuasse improvvisamente imirregolarit, non necessaria
mente essa dovrebbe sbalzarmi di sella. Allora come prima,
potrei trarre conclusioni - ma se questo si chiamerebbe an-_
cora induzione, unaltra questione.
620. In determinate circostanze si dice : Di questo puoi
fidarti; e nel linguaggio quotidiano questa rassicurazione
pu essere giustificata o ingiustificata, e si pu ritenere giu
stificata anche quando quello che era stato predetto non ac
cade. Esiste un giuoco linguistico nel quale viene impiegata
questa rassicurazione.
24.4.
621. Se si parlasse di anatomia, direi: Io so che dal cer
vello si partono 12 coppie di nervi. Io non ho mai visto
questi nervi, e anche uno specialista ne ha soltanto osservati
deuni esemplari. - G js , appunto, qui le parole Io so ven
gono usate correttamente.
622. Ma anche corretto usare le parole Io so nel con
testi che Moore cita, almeno in circostanze ben determinate}
( bens vero che io non so che cosa voglia dire So che sono
un essere umano. Ma anche a questespressione si potrebbe
dare im senso).
Per ciascuna di queste proposizioni potrei immaginare cir
costanze che ne farebbero una mossa nel nostro giuoco lin
guistico; circostanze grazie alle quali il giuoco linguistico
perderebbe tutto ci che filosoficamente sorprendente.
623. Lo strano che in un caso del genere vorrei sempre
dire (bench sia falso): Lo so - per quanto si possa sapere
una cosa del genere. Questo scorretto, ma dietro nasco
sto qualcosa di corretto.
624. Puoi sbagliarti quando dici che in italiano questo
colore si chiama 'verde? La mia risposta non pu essere altra
' Nel testo: in tedesco N. d. T.].

102

LiTDWIG WITTGENSTEIN

che no. Se dicessi: Si - perch unillusione sempre pos


sibile, questo non vorrebbe dire proprio nulla.
Allora laggiunta qualcosa che laltra persona non cono
sce? E come la conosco io?
625. Ma questo vuol forse dire che sarebbe impensabile
die qui la parola verde provenga da una spede di papera,
0 da una confusione momentanea? Non siamo a conoscen2a
di casi del genere? - Si pu anche dire a un amico: Non hai
forse fatto un lapsus? . Questo vuol dire pressapoco: Pensad ancora una volta! Ma queste regole precauzionali hanno senso soltanto se a
un certo punto finiscono.
Un dubbio senza fine non neppure un dubbio.
626. E non vuol dire nulla neanche: Il nome italiano '
di questo colore certamente 'verde, - a meno che in que
sto momento io non commetta un lapsus, o, in un modo o
nellaltro, non sia confuso .
627. Ma non si dovrebbe inserire questa clausola in tutti
1 giuochi linguistid? (Con il che si rivela la sua mancanza di
senso).
628. Quando si dice: Certe proposizioni devono essere
esduse dal dubbio, allora sembra che io debba far rientrare
queste proposinoni - per esempio, la proposizione die io mi
(^amo L. W. - in un libro di logica. Infatti, se questo fa par
te dd giuoco linguistico, allora far parte della logica. Ma
die io mi chiami L. W. non rientra in una descrizione di que
sto genere. II giuoco linguistico, che opera con nomi di per
sone, pu benissimo continuare a esistere anche quando mi
sbaglio a proposito del mio nome - ma presuppone che sia
insensato il dire che la maggioranza degli uomini si sbagliano
a proposito dd loro nomi.
629. D altra parte, per, giusto dire di me stesso Non
posso sbagliarmi a proposito dd mio nome e sbagliato dire
Forse mi sbaglio. Ma questo non significa che per altre per Nel testo; tedesco

DELLA CERTEZZA

IO 3

sone sia prvo di senso il dubitare di quello che io dichiaro si


curo.
630. Non potersi sbagliare, nella propria madre lingua,
a proposito dei nomi di certe cose, , semplicemente, il caso
ordinario.
631. Su questo non posso sbagliarmi, caratterizza,
semplicemente, una specie dasserzione.
632. Ricordo sicuro e ricordo malsicuro. Se il ricordo si
curo non fosse, in generale, pi degno di fede; cio, se non
fosse confermato da altre vericaoni pi spesso di quanto
non venga confermato il ricordo malsicuro, allora lespressio
ne di sicurezza e di insicurezza non avrebbe, nel linguaggio,
la funzione che ha attualmente.
633. Su questo non posso sbagliarmi - ma che dire se
poi, nonostante tutto, mi fossi sbagliato? Non forse possi
bile? Ma questo rende forse non-senso lespressione Non
posso, cc.? O, invece di dire questo, sarebbe meglio dire:
Difficilmente posso sbagliarmi? No, perch questo vorreb
be dire qualcosaltro.
634. Su questo non posso sbagliarmi; e, nel peggiore
dei casi, della mia proposizione faccio una norma.
635. Su questo non posso sbagliarmi: oggi sono stato
da lui.
636.. Su questo non posso sbagliarmi; ma se, nonostan
te ci, qualcosa sembrasse parlare contro la mia proposizione,
mi auerrei saldamente ad essa, contro lapparenza.
637.
Su questo non posso, ecc., indica alla mia asser
zione die posto abbia nel giuoco. Ma sostanzialmente si rife
risce a me, non gi al giuoco in generale.
Se mi sbaglio nel fare questasserzione, questo non priva il
giuoco linguistico della sua utilit.

104

25-4*

LUDWIG WITTGENSTEIN

638. Su questo non posso sbagliarmi, dna proposi


zione ordinaria, che serve a dare a un enunciato il suo valore
di certezza. Ed giustificata soltanto nel suo significato di
tutti i giorni.
639. Ma a che diavolo serve se - stando a quanto si am
mette generalmente - posso sbagliarmi in questa proposizio
ne, e dunque posso sbagliarmi anche nella proposizione che
avrebbe dovuto sostenere?
640. O devo dire che questa proposizione esclude una
determinata specie derrore ?
641. Me lha detto oggi; - su questo non posso sba
gliarmi. - Ma se, tuttavia, si dimostrasse falso?! - Qui non
si deve forse fare vma distinzione nel modo e nella maniera
in cui una certa cosa 'si dimostra falsa? - G>m possibile,
allora, mostrare che il mio enunciato era falso? - Qui prova
sta contro prova, e quale debba cedere il passo si deve deci
dere.
\

^6427 Ma se qualcuno mi arrivasse con questo scrupolo:


se, per cosi dire, mi svegliassi improvvisamente e dices^i:'Adesso ho immaginato dichiamanmL.W.!----- chimi
dice allora che non mi svegli ancora una volta, e dichiari che
-questa stata una strana illusione, e cosi di seguito?
643. Indubbiamente d si pu immaginare un caso, e d
sono casi, in cui dopo il 'risveglio non si hanno pi dubbi
su che cosa fosse illusione e che cosa fosse realt. Ma un caso
dd genere, o la sua possibilit, non getta discredito sulla pro
posizione : Su questo non posso sbagliarmi .
644. Perch altrimenti in questo modo non sarebbero
screditate tutte le asserzioni?

della

CERTEZZA

lO J

645. Su qusto non posso sbagliarmi - ma, a ragione o a


torto, potrei benissimo credere di rendermi conto che non
ero capace di giudizio.
646. Non c dubbio che se accadesse sempre o per lo pi,
una cosa del genere cambierebbe completamente il carattere
del giuoco linguistico.
647. C una differenza tra un errore per il quale, per cosi
dire, stato previsto un posto nel giuoco, e unirregolarit
completa, che ha luogo eccezionalmente.
648. Posso anche convincere imaltra persona che 'su
questo non posso sbagliarmi.
Dico a un amico: Quel tizio cosi e cosi, era con me que
sta mattina, e mi ha raccontato questa cosa cosi e cosi. Se
la cosa sorprendente, forse quello mi chieder: Ma non
pu darsi che su questo ti sbagli? Questo potrebbe voler di
re: sicuro che questa cosa accaduta questa mattinai
oppure, anche : Sei sicuro di averlo capito bene ? - facile
vedere con quali dettagli potrei mostrargli che non mi sono
sbagliato sul tempo, ed altrettanto facile mostrargli che non
ho frainteso quello che mi ha detto laltro. Ma tutto questo
non pu mostrargli che non mi sono sognato tutta quanta la
faccenda, o che non me la sono immaginata come in sogno.
E non pu neanche mostrare che da nessuna parte ho com
messo qualche lapsus. (Cose di questo genere accadono).
649. (Una volta ho detto a im amico - in inglese - che la
forma di un determinato ramo caratteristica del ramo di un
olmo [elmX cosa che laltro ha contestato. Poi arrivammo vi
cino ad alcuni frassini [ash e io gli dissi: Ecco qui, vedi?,
questi sono i rami di cui ti avevo parlato. Al che Umio ami
co rispose: But thats an ash! - e io: I always meant ash
whenisaidelm)'.
650. Questo vuol sicuramente dire: in certi (e numerosi)
casi la possibilit dun errore si pu eliminare. - Cosi si eli' Ma questo un frassino! - Dicendo olmo ho sempre inteso 'fras
sino'. In inglese nel testo [N.J. T.].

I0 6

LUDWIG WITTGESTEIN

minano (anche) gli errori di calcolo. Infatti, quando un cal


colo stato controllato innumerevoli volte, non si pu dire:
Per ora la sua correttezza soltanto m o / o probabile per
ch pu sempre darsi che in qualche punto si sia insinuato im
errore. Infatti, supponiamo che una volta d sia sembrato
di aver scoperto un errore - perch non dovremmo sospetta
re che d sia un errore anche qui}
'

651. Quando dico che 12 x 12 eguale a 144 non posso


sbagliarmi. E ora alla certezza relativa delle proposizioni em
piriche non si pu contrapporre la certezza matetnafca. In
fatti la proposizione matematica stata ottenuta da una serie
di operazioni, che non si distinguono in nessuna maniera dal
le operazioni del resto della vita, e sono egualmente esposte
alla dimenticanza, alla trascuratezza, allillusione.
652. Ebbene, posso profetizzare che gli uomini non man
deranno mai allaria le proposizioni aritmetiche del giorno
doggi, non diranno mai che solo adesso sanno come stiano
le cose? Ma questo giustificherebbe un dubbio da parte no
stra?
653. Se la proposizione 1 2x1 2 = 144 sottratta al dub
bio, allora devono essere sottratte al dubbio anche certe pro
posizioni non-matematiche.

26.4.51
654.
A questo per si possono obiettare alcune cose. In primo luogo, 12 x 12 - ecc. , appunto, una proposi
zione mat^atica, e da questo si pu condudere che soltanto
proposizioni di questo genere si trovano in questa situazione.
E se questa conclusione non giustificata, allora dev^serd
una proposizione altrettanto sicura che tratta del processo di
quel calcolo, ma che non una proposizione matematica. Per esempio, penso a ima proposizione di questa spede:
Quando lo eseguono persone che d sanno fare, il calcolo
'12 X 12 dar 144 ndla gran maggioranza dd casi. Nes
suno mai contester questa proposizione, che, naturalmente.

DELLA CERTEZZA

10 7

non una proposizione matematica. Ma possiede la certezza


prpria dea proposizione matematica?
655. Sulla proposizione matematica stato impresso, per
cosi dire ufficialmente, il marchio dellincontestabilit. Vale
a dire: Potete pure andarvene a discutere di altre cose!
Questa sta ben salda. un perno, intorno al quale pu rotare
la vostra discussione.
656. E questo non si pu dire della proposizione, che
io mi diiamo L. W. E neanche della proposizione die queste
persone cosi e cosi hanno eseguito correttamente questo cal
colo cosi e cosi.
657. Le proposizioni della matematica, si potrebbe dire,
sono pietrificate. La proposizione: Io mi chiamo... non lo
. Ma da quelli che, come me, hanno prove soverchianti in
suo favore, anche questultima proposizione viene conside
rata incontestabile. E questo, non per sconsideratezza. In
fatti, che le prove siano soverchianti, consiste proprio in que
sto: che non siamo costretti a piegare il ginocchio di fronte
a nessuna prova contraria. Qui dunque abbiamo un sostegno
simile a quello che rende incontestabili le proposizioni della
matematica.
658. La domanda: Ma non potrebbe darsi che ora tu sia
prigioniero di imillusione, e che solo pi tardi ti renda conto
di esserlo stato? si potrebbe porre, sotto forma di obiezione,
anche a qualsiasi proposizione della tavola pitagorica.
659. Non posso sbagliarmi su questo: che ho appena
pranzato.
Si, se dico a un amico: Ho appena pranzato, quello po
trebbe credere che io menta, o che ora non sia in possesso di
tutte le mie facolt, ma non potrebbe credete che mi sbagli.
Si, qui lassunzione che io possa sbagliarmi non ha nessun
senso.
Ma questo non vero. Potrebbe darsi, per esempio, che
io mi fossi appisolato senza saperlo appma dopo aver man
giato, e potrebbe darsi che avessi dormito per unora e ora
credessi di aver appena finito di mangiare.

I0 8

LUDWIG WITTGENSTEIN

Qui per, continuo a distinguere tra specie differenti d'er


rore.
660. Potrei chiedere: Ma come potrei sbagliarmi sul
fatto che mi chiamo L. W.? E posso dire: non riesco a ve
dere come sarebbe possibile una cosa del genere.
661. G)me potrei sbagliarmi, se supponessi di non essere
mai stato sulla Luna?
^\662. Il dire: Non sono mainato sulla Luna - ma potrei
(sbagliarmi, sarebbe cretino, t
fatti, neppure lidea che con un mezzo sconosciuto avrei
potuto benissimo essere stato trasportato sulla Luna mentre
ero addormentato, mi darebbe il diritto di parlare, a questo
proposito, di un possibile errore. Se ne parlo, giuoco il giuoco
in maniera sbagliata.
663. Anche quando sono in errore ho il diritto di dire:
Qui non posso sbagliarmi.
664. C una differenza, tra l imparare a scuola quello
che vero e quello che falso in matematica, e il fatto che
io stesso dichiari che a proposito di una certa proposizione
non posso sbagliarmi.
665. Qui aggiungo qualcosa di particolare a quello che
stato stabilito in generale.
666. Ma come stanno le cose, per esempio, con lanato
mia (o con una grossa parte dellanatomia)? Non forse sot
tratto a ogni dubbio anche quello che essa descrive ?
667. Anche se arrivassi presso un popolo che crede che
in sogno gli uomini vengano trasportati sulla Luna, non po
trei dirgli: Io non sono mai stato sulla Luna. - Naturalmen
te potrei sbagliarmi. E alla loro domanda: Non pu darsi
che ti sbagli?, dovrei rispondere: No.

della

CERTEZZA

IO 9

668. Quali conseguenze pratiche ha il fatto che io comu


nichi qualcosa, e poi aggiunga che in questo non posso sba
gliarmi?
(In luogo di ci potrei anche aggiungere: In questo non
posso sbagliarmi, cosi come non posso sbagliarmi in questaltro: che mi chiamo L.W.).
Tuttavia, laltra persona potrebbe mettere in dubbio il
mio enunciato. Per, se ha fiducia in me, non soltanto ac
cetter la mia asserzione ma dalla mia convinzione trarr
anche conclusioni ben precise circa il mio comportamento.
669. La proposizione Su questo non posso sbagliarmi
viene sicuramente usata nella prassi. Per si pu an^e met
tere in dubbio se in quel caso si debba intendere in modo
assolutamente rigoroso, o se piuttosto non sia ima specie di
esagerazione, che forse viene usata soltanto allo scopo di per
suadere gli altri.
27.4.
670. Si potrebbe parlare dei principi fondamentali della
ricerca umana,
671. Volo da qua a una certa parte del mondo nella quale
gli uomini hanno soltanto informazioni molto imprecise, o
non hanno nessuna informazione affatto, sulla possibilit del
volo. A questi uomini dico che ho appena volato fin li parten
do da... M chiedono se non pu darsi che mi sbagli. - pale
se che costoro hanno unidea sbagliata di come vadano le fac
cende. (Se fossi stato impacchettato in una cassa potrei be
nissimo sbagliarmi sul modo in cui sono stato trasportato fin
li). Se gli dico semplicemente che non posso sbagliarmi, forse
questo non li convincer; ma li potr ben convincere il fatto
die gli descriva tutto il processo. Allora quelli non andranno
certamente a tirare in ballo la possibilit di un errore. A que
sto punto, per - anche se hanno fiducia in me - potrebbero
aedere che ho sognato, oppure che uno ^^gone mi ha in
gannato.

lio

LUDWIG WITTGENSTEIN

672. 'Se non ho fiducia in queste prove, perch allora do


vrei aver fiducia in qualsiasi altra prova?
673. Non forse difficile distinguere tra i casi in cui non
posso, e i casi in cui posso difficilmente sbagliarmi? sempre
chiaro a quale di queste due classi appartenga un certo caso?
Credo di no.
674. Esistono per tipi ben determinati di casi, in cui
dico a ragione die non posso sbagliarmi; e Moore ci ha dato
un paio desempi di tali casi.
Posso enumerare diversi e svariati casi tipid, ma non pos
so indicare nessuna caratteristica generale. (NI N. non pu
sbagliaci dicendo che pochi giorni fa vemito in volo dal
lAmerica in Inghilterra. Solo se fossemazzo/^trebbe rite
nere possibile qualcosaltro).

675. Se un tizio crede di essere arrivato in volo pochi


giorni fa dallAmerica in Inghilterra, allora io credo che su
questo costui non possa sbagliarsi.
E analogamente, se qualcuno dice che in questo momento
sta scrivendo seduto al suo tavolo.
676. Ma anche se in casi dd genere non posso sbagliar
mi - non possibile che io sia sotto narcosi? Se sono sotto
narcosi, e se la narcosi mi priva della mia coscienza, allora in
questo momento non sto realmente parlando e pensando.
Non posso seriamente supporre che in questo momento sto
sognando. Chi, sognando, ca: Io sogno, anche se parlas
se in modo da essere udito, non avrebbe pi ragione di quan
ta non ne avrebbe se, in sogno, dicesse piove, mentre piove
davvero. Anche se il suo sogno fosse realmente connesso con
il rumore della pioggia.

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