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Alessandro Garilli - Domenico Garofalo - Edoardo Ghera

Appendice di aggiornamento a
DIRITTO DEL LAVORO

G. Giappichelli editore Torino

Pubblicato nel mese di novembre 2014

1. Le novit introdotte con il d.l. n. 34 del 2014, conv. in legge n. 78


del 2014
Come la legge 28 giugno 2012 n. 92 (c.d. riforma Fornero) gli interventi
legislativi adottati nel corso del 2014 si collocano nel quadro della politica
economica voluta dallUnione Europea per i paesi in zona euro il cui debito pubblico fuori controllo: austerit finanziaria e flessibilit del mercato del lavoro. Pareggio di bilancio e fiscal compact finora non sono regole
messe seriamente in discussione a livello comunitario, e per di pi nel nostro Paese esse sono state costituzionalizzate (art. 81 Cost., nel testo sostituito dallart. 1, legge cost. 20 aprile 2012, n. 1; art. 97, comma 1, inserito
dallart. 2 della legge cit.; art. 5, legge cit.). Il che rende estremamente difficile intervenire per migliorare le condizioni economico-sociali, e soprattutto occupazionali, attraverso misure rivolte ad incrementare la domanda (investimenti nei settori produttivi, riduzione del carico fiscale e incentivi alle imprese), mentre pi agevole, e compatibile con la politica finanziaria europea, risulta operare sul versante dellofferta di lavoro e quindi
sulla flessibilit del rapporto.
A questo riguardo il governo ha agito su due fronti. Uno, settoriale e di
immediata vigenza, con un decreto legge (d.l. 20 marzo 2014, n. 34, conv.
nella legge 16 maggio 2014, n. 78) sul contratto a termine e lapprendistato (e contenente anche semplificazioni documentali di regolarit contributiva e per laccesso ai contratti di solidariet). Il contratto a tempo determinato viene liberalizzato attraverso la soppressione del principio di
giustificazione causale (v. infra); per lapprendistato si semplifica il contenuto del piano formativo, si riduce la condizione per lassunzione di nuovi
apprendisti e si contiene il costo della retribuzione.
Laltro fronte contenuto in un disegno di legge delega (Atto Senato n.
1428, comunicato alla Presidenza il 3 aprile 2014, nella vulgata informativa detto Jobs Act), tanto ambizioso quanto generico su alcuni punti qualificanti, che intende affrontare il tema delloccupazione con una serie di
interventi, realizzati attraverso lesercizio di apposite deleghe, in una pluralit di settori cruciali del diritto del lavoro e della sicurezza sociale. Il
testo approvato dal Senato il 9 ottobre 2014 ha subito due rimaneggiamenti a seguito di emendamenti presentati dal governo prima in commissione lavoro e poi in aula. Gli obiettivi indicati possono cos sintetizzarsi:
1) assicurare tutele uniformi contro la disoccupazione involontaria, legate
alla storia contributiva dei lavoratori, razionalizzare la disciplina dellintegrazione salariale, e collegare il sussidio ad attivit a beneficio delle co-

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munit locali; 2) garantire, mediante la costituzione di unagenzia nazionale per loccupazione, la fruizione su tutto il territorio dei livelli essenziali di prestazione in materia di politiche attive del lavoro ed assicurare
lesercizio unitario delle relative funzioni amministrative; 3) semplificare e
razionalizzare le procedure e i vincoli in materia di costituzione e gestione
dei rapporti di lavoro allo scopo di ridurre gli adempimenti a carico delle
imprese e dei lavoratori; 4) riordinare e semplificare le tipologie contrattuali esistenti mediante la redazione di un testo organico di disciplina che
preveda per le nuove assunzioni un contratto a tempo indeterminato a
tutele crescenti in relazione allanzianit di servizio; 5) promuovere, in
coerenza con le indicazioni europee, il contratto a tempo indeterminato
come forma privilegiata di contratto di lavoro rendendolo pi conveniente
rispetto agli altri tipi di contratto in termini di oneri diretti e indiretti; 6)
rivedere la disciplina delle mansioni di cui allart. 2103 c.c., con possibilit
di modifiche in peius delle stesse in caso di processi di riorganizzazione,
ristrutturazione o conversione aziendale; 7) modificare lart. 4 dello statuto dei lavoratori sulla disciplina dei controlli a distanza (contemperando
le esigenze produttive ed organizzative dellimpresa con la tutela della dignit e della riservatezza dei lavoratori); 8) estendere le ipotesi di lavoro
accessorio per le attivit discontinue e occasionali, elevando i limiti di
reddito attualmente previsti; 9) applicare il salario minimo ai rapporti di
lavoro subordinato e a quelli di collaborazione coordinata e continuativa (non chiaro se ci si riferisca a tutte le forme di lavoro economicamente dipendente) nei settori non regolati dai contratti collettivi sottoscritti dalle organizzazioni sindacali comparativamente pi rappresentative sul piano nazionale (e previa consultazione con le stesse); 10) introdurre unagenzia unica per le ispezioni del lavoro, che assorba i servizi ispettivi del Ministero del lavoro, dellInps e dellInail; 11) infine, garantire
adeguato sostegno alla genitorialit, attraverso strumenti volti a tutelare la
maternit delle lavoratrici e favorire la conciliazione dei tempi di vita e di
lavoro.
La logica su cui si muove il provvedimento quella (aggiornata) gi
tracciata dal Libro bianco sul mercato del lavoro presentato nel 2001, che
vuole coniugare la flessibilit del rapporto di lavoro con misure di politica
attiva nel mercato del lavoro e tutela del reddito di tipo universale in favore dei disoccupati (la flessicurezza di cui si detto).
Per quanto attiene alla tutela del reddito in caso di disoccupazione, che
rappresenta il punto dolente del mercato del lavoro italiano e che marca la
distanza con gli altri paesi del centro Europa, occorre ricordare che i tentativi di riforma prospettati nellultimo ventennio non hanno sortito effetti, risolvendosi in meri annunci e petizioni di principio, e scontrandosi
con il problema del costo delloperazione. V poi da dire che le politiche
attive (servizi allimpiego e formazione professionale) con la riforma del
titolo V della Costituzione sono state affidate in massima parte alle regio-

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ni, con risultati in generale insoddisfacenti e disastrosi nelle aree del Mezzogiorno. Da qui lidea di unagenzia nazionale che individui uno standard
comune di servizi e garantisca lunitariet dellazione amministrativa. Progetto ambizioso che per richiederebbe nuove risorse finanziarie e una
revisione dellassetto costituzionale dei rapporti Stato-regioni. Lintervento di immediata applicazione invece quello contenuto al punto 4), attorno al quale si incentrato il dibattito tra le forze politiche e la comunit
lavoristica. Con esso si intende attuare la proposta formulata dalla dottrina (Boeri-Garibaldi, Ichino) gi da alcuni anni, di introdurre nellordinamento un nuovo tipo contrattuale a tempo indeterminato e a protezione
crescente. In essa previsto che il percorso si articoli in due fasi: la prima,
di inserimento del lavoratore, di durata triennale, in cui il licenziamento
illegittimo viene sanzionato con una unindennit variabile a seconda della
durata del rapporto (5 giorni lavorativi per ogni mese di anzianit aziendale), ad eccezione di quello discriminatorio per il quale mantenuta la reintegrazione; la seconda che scatta al termine del terzo anno, in cui garantita lapplicazione della disciplina vigente in ordine alla tutela contro il licenziamento illegittimo. La discussione successiva alla presentazione del
disegno di legge delega si incentrata sulla reintegrazione nel posto di lavoro, che alcune forze politiche allinterno della stessa maggioranza di governo e lo stesso Presidente del Consiglio vorrebbero limitare al licenziamento discriminatorio e forse a quello disciplinare previa individuazione delle fattispecie rilevanti da tipizzare, lasciando fuori le ipotesi di licenziamento economico (non chiaro se solo individuale o anche collettivo).
Il dibattito sulla ipotesi contenuta nella delega ha assunto forti tinte ideologiche che vanno ben al di l della concreta utilit della soppressione della
reintegrazione al fine di favorire lincremento delle assunzioni a tempo indeterminato. Resta anche incerto se il contratto a tutele crescenti debba
essere unico e sostitutivo di tutte le altre tipologie di rapporto, e in particolare del nuovo modello di contratto a termine, o se le forme esistenti vengano semplificate, ma parzialmente mantenute. Non infine chiaro se la
nuova disciplina trover applicazione al settore del lavoro pubblico. La delega, infatti, non contiene alcun riferimento alla possibile estensione al lavoro nelle p.a. della riforma delle tipologie contrattuali (e delle prospettate
modifiche dellart. 18 St. lav.) auspicabile che anche su questo punto il
testo definitivo sia pi chiaro, per evitare che si riprospettino le incertezze
gi registrate con la legge n. 92 del 2012.
Trattandosi di un testo ancora in itinere in Parlamento e dallesito finale non scontato, impossibile formulare analisi e valutazioni approfondite. Si pu per rilevare fin dora, senza entrare nel merito dei singoli punti, che qualora il testo venisse approvato nella sua attuale versione, si profilerebbe una possibile incostituzionalit della delega per violazione dellart. 76 Cost. Il testo infatti non contiene una formulazione rigorosa dei
principi e criteri direttivi a cui dovrebbero informarsi i decreti legislativi.

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carente inoltre una puntuale definizione degli oggetti da regolare. I


settori di intervento sono indicati genericamente, pi per obiettivi che per
istituti e fonti regolative. E lincostituzionalit potrebbe estendersi anche
ai decreti delegati. Il caso pi eclatante riguarda le annunciate modifiche
alla disciplina della reintegrazione, di cui non v traccia nella delega approvata dal Senato. Lespressione tutele crescenti infatti troppo vaga
per ritenere che includa anche modifiche alla vigente regolamentazione
dei licenziamenti.

2. Le modifiche in tema di contratto a termine e di somministrazione


a tempo determinato
La mini-riforma attuata con il d.l. n. 34 del 2014 ha come dichiarato
presupposto la perdurante crisi occupazionale e lincertezza dellattuale
quadro economico nel quale le imprese devono operare, e, almeno secondo le intenzioni, dovrebbe operare nelle more delladozione di un testo unico semplificato della disciplina dei rapporti di lavoro con la previsione in via sperimentale del contratto a tempo indeterminato a protezione crescente e salva lattuale articolazione delle tipologie di contratto di
lavoro (che quindi, contraddittoriamente con lespressa esigenza di semplificazione espressa nella delega, verrebbero mantenute).
Passiamo in rassegna le modifiche pi significative apportate al d.lgs.
n. 368 del 2001, con lavvertenza che le difficolt interpretative sono conseguenza del fatto che non si proceduto ad una completa riscrittura del
decreto del 2001, ma si continuato ad operare con interpolazioni nel
corpo del testo base. Di seguito si far riferimento alla numerazione indicata nel d.lgs. n. 368 del 2001 nel testo vigente. Per le parti invariate si
rinvia al Manuale, edizione 2013.
a) Viene eliminata, quale condizione legittimante la stipulazione dei
contratti a termini e di somministrazione a tempo determinato, la c.d.
causale prima contenuta nella norma generale a fronte di ragioni di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo, anche se riferibili
allordinaria attivit del datore di lavoro. Eliminata la causale, consentita lapposizione di un termine alla durata del contratto di durata non
superiore a trentasei mesi, comprensivo di eventuali proroghe, per lo
svolgimento di qualunque tipo di mansione, sia nella forma del contratto
a tempo determinato, sia nellambito di un contratto di somministrazione
a tempo determinato ai sensi del comma 4 dellart. 20 del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276 (art. 1, comma 1, d.lgs. n. 368 del 2001). In
tal modo viene meno lonere a carico del datore di lavoro e dellagenzia di
somministrazione di giustificare lassunzione a termine con lesigenza di
fare fronte a situazioni temporanee indicate in modo specifico.

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b) Il termine del contratto a tempo determinato pu essere, con il consenso del lavoratore, prorogato solo quando la durata iniziale del contratto sia inferiore a tre anni. Le proroghe sono ammesse fino ad un numero
massimo di cinque, indipendentemente dal numero dei rinnovi, a condizione che si riferiscano alla stessa attivit lavorativa per la quale il contratto stato stipulato a tempo determinato (art. 4, comma 1). La disposizione non si applica al contratto di somministrazione.
Si prospettano alcuni problemi interpretativi.
Anzitutto va sottolineata lambiguit della frase indipendentemente
dal numero dei rinnovi. Lavverbio usato sinonimo di senza tenere conto, a prescindere, e quindi esso offre una doppia ed opposta lettura della
frase. La si pu intendere in senso inclusivo delle diverse ipotesi di proroghe e di rinnovi, con la conseguenza che il numero massimo di proroghe
va calcolato complessivamente senza distinzione tra il caso di un solo contratto a termine prorogato (art. 1) e quello di una successione (rinnovi) di
contratti nel rispetto delle interruzioni previste dalla legge (art. 5); oppure
nel senso di riferire il limite delle proroghe a ciascun contratto, con la
conseguenza che, nellarco di trentasei mesi il numero delle proroghe non
sar limitato a cinque, ma ad un numero che potr essere maggiore e variabile a seconda del numero dei rinnovi (fino a cinque proroghe per ciascun rinnovo). Linterpretazione pi convincente la prima, che consente
una lettura della norma coerente con gli artt. 1, 4 e 5 del d.lgs. n. 368 del
2001 ed evita che il datore di lavoro possa ricorrere in frode alla legge ad
interruzioni brevi per eludere il limite imposto alle proroghe (in questo
senso si espressa la Circolare del Ministero del lavoro e delle politiche
sociali n. 18 del 30 luglio 2014).
Laltra questione riguarda il significato da attribuire allespressione
stessa attivit lavorativa. La locuzione era gi contenuta nel testo previgente e risultava coerente con il principio di causalit del contratto, in
quanto le ragioni oggettive e temporanee dovevano essere collegate alle
mansioni a cui adibire il lavoratore. Secondo alcuni, venuto meno quel
principio, non potrebbe pi utilizzarsi il criterio del permanere della stessa esigenza temporanea che ha giustificato lassunzione a termine. Pertanto, si propone di riferire la medesima attivit non alla prestazione di lavoro, bens al segmento dellorganizzazione imprenditoriale presso cui il lavoratore stato utilizzato, pur mutando le mansioni. Tuttavia occorre tenere presente che la disposizione normativa fa espresso riferimento allattivit lavorativa non allattivit dellimpresa o di una sua parte. Quindi il
punto di riferimento sono le mansioni. Ma queste devono essere identiche
a quelle a cui stato originariamente adibito il lavoratore o possibile
applicare lart. 2103 c.c.? Il riferimento alla stessa attivit lavorativa e non
alle mansioni equivalenti, secondo la formula espressa nellart. 5, comma 4 bis (su cui infra), farebbe propendere per la prima soluzione. Ma occorre tenere conto che, come ricordato, ai sensi dellart. 1, comma 1, il la-

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voratore pu essere assunto a termine senza causale per lo svolgimento di


qualunque tipo di mansione, e quindi queste possono essere modificate
dal datore di lavoro durante lo svolgimento del rapporto nei limiti dello
jus variandi. Sembra pertanto preferibile ritenere che la medesima attivit
vada individuata nelle mansioni di assunzione o in quelle equivalenti alle
ultime effettivamente svolte secondo le regole dettate dallart. 2103 c.c.
Questa anche linterpretazione della disposizione secondo la citata Circolare del Ministero del lavoro n. 18 del 2014.
c) Accanto al contratto unico a tempo determinato, resta in vigore la
disciplina della successione dei contratti a termine di cui allart. 5 del
d.lgs. n. 368 del 2001, con la possibilit per il datore di lavoro di utilizzare
una pluralit di contratti a tempo determinato nel rispetto degli intervalli di dieci o venti giorni che, nellipotesi di mansioni equivalenti non
possono (anche qui) superare complessivamente trentasei mesi, comprensivi di proroghe e rinnovi, nonch dei periodi di lavoro in somministrazione, indipendentemente dai periodi di interruzione che intercorrono
tra un rapporto e laltro. Sono fatte salve le deroghe introdotte dalla contrattazione collettiva.
In sostanza, con la riforma il regime delle proroghe del contratto unico
e di successione di contratti identico (quando si tratta di adibizione del
lavoratore alla medesima attivit nel primo caso, e di mansioni equivalenti nel secondo; locuzioni che, come detto, si equivalgono); mentre la
possibilit di ricorrere a una pluralit di contratti a termine con lo stesso
lavoratore non soggetta ad alcun limite temporale nel caso di suo utilizzo in mansioni diverse (salvo ovviamente il rispetto delle interruzioni).
d) A fronte della eliminazione di ragioni oggettive giustificatrici dellapposizione del termine, introdotto un limite quantitativo: il numero complessivo dei contratti a tempo determinato ma non di quelli di somministrazione a termine deve essere contenuto entro il tetto del 20% del numero dei lavoratori a tempo indeterminato in forza al 1 gennaio dellanno
di assunzione. Per le imprese che occupano fino a cinque dipendenti per sempre possibile stipulare un contratto. fatta salva la possibilit che i
contratti collettivi nazionali stipulati dalle organizzazioni sindacali comparativamente pi rappresentative individuino altri limiti quantitativi di
utilizzazione dellistituto; e sono altres esclusi dallapplicazione della norma i casi esenti da limitazioni ai sensi dellart. 10, comma 7 del d.lgs. n.
368 del 2001.
Mentre in precedenza nellipotesi di violazione dei limiti percentuali
(allora rimessi interamente alla contrattazione collettiva) scattava, secondo costante orientamento giurisprudenziale (cfr. per tutte, Cass., 19 gennaio 2010, n. 839) la sanzione della conversione del rapporto a tempo
indeterminato, il nuovo testo del d.lgs. n. 368 del 2001 (art. 5, commi 4

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septies e octies) si limita a prevedere una sanzione amministrativa (pari


rispettivamente al venti o al 50% della retribuzione per ciascun mese, o
frazione superiore a 15 giorni di durata del rapporto, se il numero dei
lavoratori assunti in violazione sia di uno o in misura superiore). dubbio se tale sanzione sia esclusiva (come lintentio legislativa lascia presumere) o si aggiunga a quella della conversione, che potrebbe trovare
ancora applicazione secondo le regole del diritto comune (art. 1419, comma 2, c.c.).
e) Da ultimo, si introducono disposizioni per tutelare la maternit in
base alle quali il relativo congedo di maternit di cui allart. 16, comma 1
del T.U. n. 151 del 2001 concorre a determinare il periodo di attivit lavorativa utile a conseguire il diritto di precedenza. Inoltre, alle lavoratrici in
maternit, ai fini del diritto di precedenza, il dies a quo di decorrenza del
periodo di dodici mesi entro i quali siano effettuate nuove assunzioni si
calcola tenendo conto del congedo.

3. Il possibile contrasto con la disciplina dellUnione Europea


Questa disciplina ha suscitato perplessit sul piano della sua compatibilit con la direttiva 1999/70 CE (come interpretata dalla Corte di Giustizia).
Anzitutto, occorre premettere che le modifiche al d.lgs. n. 368 del 2001
non hanno toccato la previsione del comma 01 dellart. 1, secondo cui il
contratto di lavoro a tempo indeterminato costituisce la forma comune di
rapporto di lavoro. La formula riproduce letteralmente quanto previsto al
comma 2 del preambolo dellaccordo quadro tra le parti sociali, recepito
nella direttiva. Inoltre, nei punti 6 e 7 delle considerazioni generali dellaccordo recepito nella Direttiva si aggiunge che il contratto a tempo indeterminato contribuisce alla qualit della vita dei lavoratori interessati e a
migliorare il rendimento e che lutilizzazione di contratti di lavoro a
tempo determinato basata su ragioni oggettive un modo di prevenire gli
abusi. Se vero che il preambolo e le considerazioni generali non hanno
diretto contenuto precettivo, per opinione comune che queste parti trasfuse nella direttiva costituiscono uno strumento interpretativo degli enunciati normativi della direttiva medesima. Non a caso esse sono sempre riportate dalla Corte di giustizia nel contesto normativo posto a fondamento delle proprie decisioni.
Il dubbio che stato sollevato riguarda la compatibilit con le prescrizioni comunitarie della sostituzione della fattispecie qualitativa (le ragioni
giustificatrici dellapposizione del termine al contratto) con quella quantitativa e con i limiti alle proroghe e alle successioni (la percentuale di lavoratori a termine in rapporto a quelli a tempo indeterminato, il numero delle

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proroghe e il periodo massimo complessivo di durata dei contratti). Le


opinioni sono contrastanti. Se si ha riguardo alla (sola) clausola 5 dellaccordo quadro, le innovazioni al d.lgs. n. 368 del 2001 non dovrebbero incorrere in censure.
Infatti, pacifico nella giurisprudenza della Corte di Giustizia che le misure da adottare per prevenire gli abusi, indicate nella clausola 5, comma 1,
sono tra loro alternative (per tutte, sent. 15 aprile 2008, causa C-268/06,
Impact; sent. 4 luglio 2006, causa C-212/04, Adeneler) . Quindi ciascuno
Stato pu scegliere di indicare o a) le ragioni obiettive per la giustificazione del rinnovo; o b) la durata massima dei contratti successivi; o c) il numero dei rinnovi dei contratti. Va precisato che con il lessema rinnovo
la direttiva intende riferirsi sia alle proroghe che alle successioni (cfr. il
17 considerando della direttiva, secondo cui i termini utilizzati nellaccordo quadro non sono definiti precisamente e questo compito demandato
agli Stati membri secondo la legislazione o prassi nazionale). Di conseguenza, poich nel nostro ordinamento sono state previste le ipotesi sub
b) e c), la normativa europea pienamente rispettata, non occorrendo
(anche) la previsione di limiti qualitativi (le ragioni oggettive). Inoltre,
sempre secondo la giurisprudenza dellUE, per il primo o unico contratto
di lavoro a tempo determinato non occorre alcuna giustificazione oggettiva (sent. 23 aprile 2009, cause riunite da C-378/07 a C-380/07, Angelikadi;
sent. 25 novembre 2005, causa C-144/04 Mangold).
La disciplina italiana oggi in vigore, quale risulta dal combinato disposto del nuovo art. 1 con le altre disposizioni non modificate del d.lgs. n.
368 del 2001, non si limita a consentire la acausalit del primo o unico
contratto (come invece era previsto nel testo modificato dalla legge n. 92
del 2012), ma elimina il requisito delle ragioni obiettive per tutte le ipotesi
di ricorso ai contratti a termine e di proroghe degli stessi, ponendo il solo
limite del tetto massimo di 36 mesi (o di quello diverso previsto dai contratti collettivi). Tetto che peraltro riguarda un unico contratto, o pi contratti in successione, ma solo nel caso di mansioni equivalenti.
Il dubbio sulla conformit alle regole e ai principi contenuti nella direttiva sta in ci che la acausalit assurta a norma generale potrebbe porsi in
contrasto con lobiettivo perseguito dalla clausola 5, che mira a prevenire
in modo effettivo lutilizzo abusivo di contratti a termine successivi (v. il
ricordato punto 7 delle considerazioni generali). A tale proposito la Corte
di Giustizia ha affermato il seguente principio: gli Stati membri beneficiano di un margine di discrezionalit nel conseguimento dellobiettivo di
prevenire gli abusi, e quindi nella scelta tra le misure elencate nella clausola 5, a condizione, tuttavia che essi garantiscano il risultato imposto dal
diritto dellUnione, cio leffettiva prevenzione dellutilizzo abusivo di contratti a tempo determinato (Angelikadi, cit., punto 94; sent. 10 marzo 2011,
causa C-109/09, Lufthansa). E, secondo un orientamento della Corte, contraria a tale principio una norma interna che autorizzi in modo generale

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ed astratto il ricorso a contratti a termine successivi (Angelikadi, punto


97), perch ci consente al datore di lavoro di soddisfare fabbisogni permanenti e durevoli (Adeneler, punto 104). In tal modo la tesi della acausalit viene ridimensionata dalla necessaria temporaneit delle esigenze
poste a fondamento giustificativo dellapposizione del termine al contratto. Ma nel sistema delineato dal legislatore italiano la temporaneit delle
ragioni non pi richiesta e il contratto a termine diviene totalmente fungibile con quello a tempo indeterminato.
Deve per precisarsi che tale indirizzo ha riguardato prevalentemente il
settore del lavoro pubblico dove i contratti a termine si protraggono per
parecchi anni. Inoltre il principio di causalit/temporaneit potrebbe ritenersi temperato da una legittima finalit di politica sociale (Angelikadi,
punto 96). Tale materia rientra nella competenza degli Stati membri; tuttavia ci non comporta che la discrezionalit di cui questi godono possa
risolversi nello svuotare di ogni sostanza lattuazione di un principio fondamentale contenuto in una direttiva, essendo onere dello Stato provare
che si tratta di un obiettivo legittimo e che lo strumento utilizzato sia
idoneo alla sua realizzazione.

4. Lennesimo intervento sul contratto di apprendistato


Anche la disciplina del contratto di apprendistato stata oggetto nel
2014 di alcune significative modifiche dopo quelle apportate al testo unico
n. 167 del 2011 dalla legge n. 92 del 2012 e dal d.l. n. 76 del 2013, conv. in
legge n. 78 del 2013.
In estrema sintesi, le novit introdotte con il d.l. n. 34 del 2014 riguardano il profilo formativo (piano formativo individuale da ora PFI registrazione della formazione, imprese multi localizzate e offerta formativa
pubblica); lonere di stabilizzazione; la remunerazione delle ore di formazione per lapprendistato per la qualifica e per il diploma professionale e
lutilizzabilit di questultimo in attivit stagionali; ed infine, la deroga, a
certe condizioni, ai requisiti di et per lassunzione con lapprendistato di
alta formazione e ricerca.
Lobiettivo dichiarato di tali modifiche quello del rilancio dellapprendistato per incentivare loccupazione giovanile, in grande sofferenza nellattuale fase recessiva delleconomia.
a) La prima novit riguarda lonere di stabilizzazione: la legge condiziona la possibilit di assumere nuovi apprendisti alla stabilizzazione di
almeno il 20% dei contratti di apprendistato scaduti nei trentasei mesi
precedenti la nuova assunzione; lonere viene limitato ai datori che occupano almeno 50 dipendenti, con facolt per i c.c.n.l. di individuare limiti
diversi da quelli previsti dalla legge.

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Il ricorso al sostantivo limiti induce a chiedersi se la derogabilit ad


opera della contrattazione collettiva (al rialzo o al ribasso) a detti limiti
concerne solo il requisito percentuale, ovvero anche quello dimensionale.
La circolare ministeriale applicativa, modificando lorientamento riconducibile alla riforma Fornero, risolve in modo convincente la questione,
affermando che il requisito dimensionale derogabile quanto allonere della
stabilizzazione, ma non anche quanto al regime sanzionatorio, che la legge
ricollega alla mancata stabilizzazione. In sintesi, il datore che occupa meno di cinquanta dipendenti, ove non stabilizzi gli apprendisti nella percentuale prevista dal contratto collettivo, non subir la sanzione legale trasformativa.
Lelevazione della soglia di applicabilit dellonere di stabilizzazione
(almeno 50 dipendenti) ha determinato la soppressione del comma 3-ter
che escludeva dal suo campo di applicazione le c.d. microimprese (datori
con un numero di lavoratori al di sotto di dieci unit, in quanto gi contenuta nella fattispecie di carattere generale).
Quanto al computo dellorganico aziendale, esso va effettuato allatto
dellassunzione e non ad una data fissa, come per i contratti a termine;
inoltre, si applicano le esclusioni valide in genere per i lavoratori assunti
con tipologie contrattuali beneficiarie del non computo.
Ultimo profilo da esaminare quello concernente la disciplina transitoria, introdotta in occasione della conversione in legge del d.l. n. 34 del
2014, secondo cui gli artt. 1 e 2 si applicano ai rapporti di lavoro costituiti
a decorrere dalla data di entrata in vigore del decreto, facendo salvi gli effetti gi prodotti dal medesimo decreto.
Il periodo transitorio da prendere in considerazione va dal 21 marzo
2014 al 19 maggio 2014, durante il quale non vigeva lonere legale di stabilizzazione, con leffetto che, fermo restando quello contrattuale, la violazione del primo non pu comportare la sanzione della riqualificazione
come contratti a tempo indeterminato dei contratti di apprendistato stipulati in detto periodo, in assenza di stabilizzazione.
b) Le modifiche pi importanti alla disciplina dellapprendistato dopo
il varo del T.U. riguardano sicuramente il PFI, segnalandosi a riguardo non
solo quelle contenute nelle Linee guida del 20 febbraio 2014, in attuazione
del d.l. n. 76 del 2013, ma anche quelle riconducibili al d.l. n. 34 del 2014,
a loro volta oggetto di revisione in occasione della conversione in legge del
provvedimento.
Infatti, il legislatore ha confermato labrogazione dellinciso entro trenta
giorni dalla stipulazione del contratto, reintroducendo lobbligo del PFI,
sebbene in forma sintetica, ma ci non esclude un potenziamento del PFI
sintetico dopo lassunzione, ad opera di norme di contrattazione collettiva (ovvero individuale), per effetto della delega sub art. 2, comma 1, lett.
a), T.U.

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Anche per il PFI vale quanto gi detto sullonere di stabilizzazione,


operando il regime transitorio sub art. 2-bis, comma 1, d.l. n. 34 del 2014,
che prevede la salvezza degli effetti gi prodotti dalle disposizioni introdotte dal decreto legge, ritenendosi legittimo un contratto di apprendistato stipulato in assenza di PFI nel periodo dal 21 marzo 2014 al 19 maggio
2014.
La sinteticit del PFI incider anche sulla verifica ispettiva, essendo
contestabile un PFI troppo sintetico, ovvero un inadempimento degli obblighi formativi, paradossalmente conseguente proprio allestrema sinteticit del PFI, salvo che il datore non abbia utilizzato i moduli o i formulari
stabiliti dalla contrattazione collettiva o dagli enti bilaterali.
c) Il d.l. n. 34 del 2014 apporta anche modifiche allapprendistato per la
qualifica e il diploma professionale, proseguendo nel solco aperto dalla legislazione precedente per cui, dopo aver accordato la possibilit di trasformare il contratto per la qualifica in contratto professionalizzante o di
mestiere, si occupa della remunerazione delle ore di formazione, riconoscendo allapprendista una retribuzione che tiene conto delle ore di lavoro
effettivamente prestate, nonch delle ore di formazione, almeno nella misura del 35% del relativo monte ore complessivo, in considerazione della
componente formativa del contratto di apprendistato per la qualifica e per
il diploma professionale e ferma restando lautonomia della contrattazione collettiva.
Il termine almeno, inserito in sede di conversione del d.l. n. 34 del
2014, impedisce una contrattazione al ribasso, ammessa invece in forza
del testo originario del decreto e legittimata dalla norma transitoria sub
art. 2-bis, introdotta dalla l. n. 78 del 2014, operante per il periodo 21 marzo
2014-19 maggio 2014.
Lultima novit inserita in sede di conversione del d.l. n. 34 del 2014 riguarda il comma 2-quater dellart. 3 T.U., che ha introdotto per lapprendistato per la qualifica e per il diploma professionale il modello stagionale
gi previsto per quello professionalizzante dal successivo art. 4, comma 5.
d) Lenorme difficolt delle regioni nellerogazione della formazione pubblica in apprendistato un problema al quale il legislatore ha cercato di
porre rimedio sin dalladozione del T.U., specie con riferimento allapprendistato professionalizzante, rimarcando lobiettivo di rendere lapprendistato lo strumento tipico di ingresso dei giovani nel mercato del lavoro.
A tal proposito, la riforma Letta ha affidato alla Conferenza permanente per i rapporti tra lo stato, le regioni e le PATB il compito di redigere Linee guida volte a disciplinare il contratto di apprendistato professionalizzante o contratto di mestiere, anche in vista di una disciplina maggiormente uniforme sullintero territorio nazionale dellofferta formativa pubblica di cui allart. 4 T.U.

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Diritto del lavoro

Nellambito delle Linee guida sullapprendistato, da adottare entro il 30


settembre 2013, possono essere introdotte, anche in deroga al T.U., disposizioni, inerenti:
a) il PFI, da considerare obbligatorio solo per la formazione per lacquisizione delle competenze tecnico-professionali e specialistiche;
b) la registrazione della formazione e della qualifica professionale a fini
contrattuali eventualmente acquisita, da versare in un documento avente i
contenuti minimi del modello di libretto formativo del cittadino, disciplinato dal d.m. 10 ottobre 2005;
c) le imprese multilocalizzate, per le quali la formazione avviene nel rispetto della disciplina della regione ove limpresa ha la propria sede legale.
Linutile decorrenza del termine sopra citato per ladozione delle Linee
guida, determina la diretta applicazione delle previsioni di cui alle lett. a),
b) e c), pocanzi richiamate, essendo comunque possibile una disciplina
differente dopo ladozione delle Linee guida, ovvero di disposizioni da parte delle singole regioni, in ossequio al principio di cedevolezza.
La Conferenza Permanente ha adottato solo in data 20 febbraio 2014 le
Linee guida, prevedendone il recepimento da parte di regioni e PATB entro sei mesi, unitamente alla costituzione di un gruppo tecnico di lavoro,
per adottare una disciplina comune a livello nazionale della formazione di
base e trasversale, anche con riferimento ai costi sostenibili in relazione
alle risorse disponibili, non fornendo alcuna indicazione in ordine alle conseguenze del mancato recepimento delle stesse Linee guida da parte delle
regioni e delle PATB entro il 20 agosto 2014.
Quanto alla registrazione della formazione e della qualifica professionale a fini contrattuali si evidenzia che la correlata linea guida ricalca lart. 2,
comma 2, lett. b), d.l. n. 76 del 2013, riproponendo i problemi riconducibili alla mancata realizzazione dal 2005 del libretto formativo del cittadino.
Quanto alle imprese multi-localizzate, per le quali si prevede che lofferta formativa possa essere erogata in conformit alla disciplina della regione in cui v la sede legale, quando le Linee guida saranno pienamente
operative, tali imprese potranno avvalersi dellofferta formativa pubblica
disponibile presso le regioni in cui hanno sedi operative.
Le Linee guida, poi, si sono occupate anche della formazione di base e
trasversale, di competenza regionale, non incidendo su quella tecnico
specialistica, ascrivibile alla competenza della contrattazione collettiva,
depotenziando limportanza della formazione di base e trasversale a causa
della penuria di fondi disponibili.
Infatti, a questultima tipologia di interventi viene assegnato il 50% della quota di risorse pubbliche destinate annualmente dal Ministero del lavoro alle singole regioni. Queste ultime possono individuare anche risorse
proprie, ma una volta esauriti i fondi le imprese beneficiano dellesimente dallobbligo della formazione di base e trasversale, dando comuni-

Appendice di aggiornamento

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cazione di ci alle DTL in prospettiva di una eventuale ispezione.


Lofferta formativa pubblica resta obbligatoria, a condizione che ci sia
previsto dalla disciplina regionale e sia realmente disponibile per impresa
e apprendista, ovvero che lobbligatoriet sia prevista in via sussidiaria e
cedevole dalla contrattazione collettiva di riferimento. In tale ultima evenienza questultima fissa durata/contenuti/modalit di realizzazione dellofferta formativa, senza obbligo di frequenza di corsi extra-Regione che
avrebbero maggiori oneri economici ed organizzativi per le imprese.
La durata ed i contenuti dellofferta formativa pubblica sono parametrati al titolo di studio posseduto dallapprendista al momento dellassunzione, secondo un principio di proporzionalit inversa tra titolo di studio
e pacchetto formativo. Infatti, per i soggetti privi di titolo o con licenza
elementare, ovvero con licenza di scuola secondaria di 1 grado il pacchetto formativo pari a 120 ore; per gli apprendisti con diploma di scuola secondaria di II grado o qualifica, oppure diploma di istruzione e formazione il monte ore si riduce a 80 ore; infine, per i soggetti in possesso di laurea o titolo equivalente, la formazione limitata a 40 ore; in tutti e tre i
casi il monte ore riguarda lintero periodo di apprendistato.
La durata della formazione pu essere ridotta per gli apprendisti che
abbiano completato in precedenti apprendistati uno o pi moduli formativi.
Alla formazione di base e trasversale sono riconducibili varie tematiche, tra cui la formazione in materia di salute e sicurezza sui luoghi di lavoro.
Quanto alle modalit di svolgimento della formazione pubblica di base
e trasversale, le Linee guida stabiliscono che essa sia erogata in ambienti
adeguatamente organizzati ed attrezzati, tendenzialmente allinizio del contratto, con modalit di verifica degli apprendimenti, anche a distanza, in ottemperanza alle discipline regionali.
Se le imprese non si avvalgano dellofferta formativa pubblica e vogliono erogarla direttamente devono avere capacit formativa, cio disporre
di standard minimi (locali e risorse umane adeguate).
Il graduale allentamento del vincolo dellofferta formativa pubblica per
lapprendistato professionalizzante proseguito con il d.l. n. 34 del 2014
che ha provato ad eliminare lobbligo formativo di base e trasversale, sostituendo nellart. 4, comma 3, lespressione , integrata, con laltra ,
pu essere integrata,, prevedendo leventualit del contributo formativo
pubblico. Lopzione sembrata forse eccessiva, visto che in occasione della conversione in legge del d.l. n. 34 del 2014 il legislatore ha scelto un
meccanismo di silenzio-esonero, prevedendo che la Regione informi il
datore di lavoro, entro quarantacinque giorni dalla comunicazione dellinstaurazione del rapporto, delle modalit di svolgimento dellofferta formativa pubblica, anche con riferimento alle sedi e al calendario delle attivit
previste, avvalendosi se del caso dei datori di lavoro e delle loro associa-

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Diritto del lavoro

zioni che si siano dichiarati disponibili, ai sensi delle Linee guida.


Questultima previsione va coordinata con le Linee guida, ove si prevede che lofferta formativa pubblica obbligatoria nella misura in cui essa
sia realmente disponibile, e cio che sia formalmente approvata e finanziata dalla p.a. competente, che consenta allimpresa liscrizione allofferta medesima affinch le attivit formative possano essere avviate entro
sei mesi dalla data di assunzione dellapprendista.
Di conseguenza, ove la comunicazione da parte delle regioni non venga
notificata nei successivi sei mesi (rilevando a tal fine il giorno della notifica) lazienda esonerata definitivamente dallobbligo della formazione
pubblica per tutta la durata dellapprendistato.
La formazione di base e trasversale comunque obbligatoria, in via sussidiaria e cedevole, se cos definita dalla disciplina contrattuale vigente: per
leffetto, non v responsabilit datoriale nel caso di indisponibilit dellofferta formativa pubblica, sostituendosi allassoluzione espressa delle regioni dallobbligo formativo pubblico, di cui al d.l. n. 34 del 2014, quella
per facta concludentia di cui alla legge n. 78 del 2014.
Il ridimensionamento dellobbligo formativo esterno (di base e trasversale) per lapprendistato professionalizzante, unitamente alle novit in tema di PFI, operanti per tutte le tipologie, incidono sulla sanzione di cui allart. 7, comma 1, T.U., in materia di violazione dellobbligo formativo, graduando le responsabilit datoriali in base al tipo di apprendistato.
Quanto a quello per la qualifica e per il diploma professionale, necessaria lattivazione dei percorsi formativi esterni allazienda da parte delle
regioni; in assenza inapplicabile la sanzione sub art. 7, comma 1, T.U.;
nel caso in cui lattivazione sia tardiva non v alcun obbligo di recupero
della formazione non erogata.
Quanto allapprendistato di mestiere, giova distinguere tra formazione
di base/trasversale e professionalizzante; per la prima valgono le riflessioni svolte per la prima tipologia, a meno che la contrattazione collettiva
non la qualifichi come obbligatoria, ampliando cos le responsabilit datoriali, con conseguente sanzionabilit in caso di omissione; per la formazione professionalizzante potr essere ritenuto responsabile il datore di lavoro ove non la eroghi in modo ortodosso. Quanto, infine, allapprendistato
per lalta formazione, giova distinguere a seconda che la sua attivazione
sia avvenuta in base alla normativa regionale, ovvero in forza di convenzione diretta tra impresa e istituzioni formative. Infatti, nel primo caso e
con riferimento alla formazione esterna nel secondo caso, vale quanto detto per lapprendistato per la qualifica e per il diploma professionale; nel
secondo caso, con riferimento alla formazione interna, vale quanto detto
per lapprendistato professionalizzante.
La competenza a sanzionare la violazione degli obblighi formativi
prerogativa esclusiva del personale ispettivo del Ministero del lavoro, unico a poter impartire la disposizione di cui allart. 7, comma 1, T.U., in re-

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lazione alla quale, onde indirizzare lattivit di vigilanza, il Ministero del


lavoro ha elaborato una tabella in cui sono indicati i periodi entro i quali
possibile impartire la disposizione, con recuperabilit del debito formativo.
Restando al piano sanzionatorio, altro problema concerne la mancata
individuazione del tutor, per il quale non sono previste disposizioni ad
hoc, dovendo operare in tal caso quella sub art. 7, comma 2, T.U.
e) Nonostante gli sforzi per far decollare lapprendistato di alta formazione, questultimo fa fatica ad attecchire, sebbene sia stato previsto nel
2013 che, allinterno dei percorsi di orientamento e dei piani di intervento
per favorire listruzione e la formazione per il lavoro, sia possibile sostenere la diffusione dellapprendistato di alta formazione negli istituti tecnici
superiori (ITS), anche attraverso misure di incentivazione finanziaria previste dalla programmazione regionale nellambito degli ordinari stanziamenti destinati agli ITS nel bilancio del Ministero dellistruzione, delluniversit e della ricerca e di quelli destinati al sostegno allapprendistato dal
Ministero del lavoro e delle politiche sociali.
Ulteriore sostegno allapprendistato di alta formazione promana dallavvo di un programma sperimentale, previa decretazione ministeriale,
per lo svolgimento di periodi di formazione in azienda per gli studenti degli ultimi due anni delle scuole secondarie di secondo grado per il triennio
2014-2016.
Il programma contempla la stipulazione di contratti di apprendistato,
con oneri a carico delle imprese interessate e senza nuovi o maggiori costi
a carico della finanza pubblica.
Alla citata decretazione si rimette la definizione della tipologia delle
imprese che possono partecipare al programma, dei loro requisiti, del contenuto delle convenzioni che devono essere concluse tra le istituzioni scolastiche e le imprese, dei diritti degli studenti coinvolti, del numero minimo delle ore di didattica curriculare e dei criteri per il riconoscimento dei
crediti formativi.
Si tratta di istituto in buona parte inattuabile, visto che lapprendistato
di alta formazione, accessibile a giovani di et compresa tra i 18 e i 29 anni, non fruibile da parte degli studenti frequentanti gli ultimi due anni
delle scuole secondarie di secondo grado, aventi unet compresa tra i 17 e
i 19 anni.
Forse in ragione di questa difficolt operativa, il legislatore (art. 8 bis
d.l. n. 104 del 2013) ha modificato la disposizione, prevedendo che ai fini
del programma sperimentale lapprendistato di alta formazione sia utilizzabile anche in deroga ai citati limiti di et, con particolare riguardo agli
studenti degli istituti professionali, ai fini della loro formazione e valorizzazione professionale, nonch del loro inserimento nel mondo del lavoro.
Lattuazione della misura sperimentale, avvenuta ad opera del d.m. 5

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Diritto del lavoro

giugno 2014, n. 28, che ammette al programma le imprese pubbliche e private anche associate in rete, affidabili sotto il profilo economico e finanziario, con capacit gestionale e risorse professionali, certificazione della
qualit dei processi aziendali e in possesso dei requisiti per laccesso agli
appalti pubblici. La singola impresa deve avere capacit formativa, esperienza nella formazione degli apprendisti, in relazione ai profili professionali propri del livello di istruzione secondaria superiore ed essere in regola
con il rapporto percentuale e con la normativa in tema di sicurezza.
Lattivazione della misura condizionata alla stipulazione di un protocollo di intesa per lattivazione dei percorsi tra MIUR e MLPS, anche nelle
articolazioni periferiche, regioni e imprese, che definiscono il percorso
formativo, il numero degli studenti, i criteri generali per la loro selezione,
le modalit di rientro nei percorsi scolastici, il numero minimo di ore di
apprendimento durante il biennio, la responsabilit dellistituzione scolastica e dellimpresa durante il periodo di apprendimento e le modalit di
monitoraggio.
Dopo il protocollo viene stipulata una convenzione tra listituzione scolastica o reti di istituzioni scolastiche e limpresa, in base alla quale si definisce lorganizzazione didattica del percorso scolastico nei suoi vari profili.
Capillare la disciplina dei diritti e dei doveri degli studenti, coinvolgendo lutenza e (ratione aetatis) le famiglie, onde garantire la piena consapevolezza della scelta, anche ai fini degli eventuali sbocchi occupazionali. Si prevedono anche due tutor, uno aziendale ed uno scolastico.
In caso di cessazione anticipata del contratto di apprendistato, agli allievi garantito il rientro nei percorsi scolastici e professionali. Per il resto
si applica la disciplina del contratto di apprendistato vigente.
I percorsi didattici e formativi sono strutturati in modo flessibile con
formazione in aula e apprendimento sul posto di lavoro, e sono progettatati congiuntamente dallistituzione scolastica e dallimpresa. Quanto alla
prima prevista lutilizzazione fino a un massimo del 35% dellorario annuale delle lezioni, nel rispetto delle dotazioni organiche assegnate, onde
evitare potenziali esuberi del personale. La scuola redige il piano formativo personalizzato, con metodologie didattiche inclusive. Concordato anche il calendario delle attivit.
I periodi di apprendimento sul posto di lavoro fanno parte integrante
del percorso formativo personalizzato, potendosi aggregare studenti delle
classi quarta e quinta.
Il decreto ministeriale disciplina anche il ruolo e le competenze dei due
tutor prima citati.
Infine, oggetto di disciplina anche la valutazione, la certificazione e il
riconoscimento dei crediti, visto che il periodo di apprendistato concorre
alla determinazione del credito formativo ai fini dellammissione agli esami conclusivi del corso di studio; in caso di interruzione del percorso spe-

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rimentale le competenze certificate costituiscono credito ai fini della prosecuzione del percorso scolastico ordinario per il conseguimento del diploma. Resta poco chiaro nellarticolato ministeriale quale sia la durata e
limpegno orario dellapprendista, dovendo questultimo coordinarsi con
quello scolastico.

5. Le ulteriori novit contenute nel d.l. n. 34 del 2014


Il d.l. n. 34 del 2014 contiene infine due novit in tema di d.u.r.c. e di
contratti di solidariet difensivi.
Quanto al primo si prevede che chiunque vi abbia interesse, compresa
la stessa impresa, pu verificare con modalit esclusivamente telematiche
la regolarit contributiva; il cos detto d.u.r.c. telematico ha una validit
di 120 giorni dalla data di acquisizione (art. 4).
Quanto ai contratti di solidariet difensivi si prevede un incremento dei
benefici contributivi in favore dellimpresa che ne faccia uso, rimettendosi
ad un decreto ministeriale la determinazione dei criteri per la loro concessione entro i limiti delle risorse disponibili. Per favorire la diffusione di
buone pratiche e il monitoraggio delle risorse impiegate, i contratti di solidariet devono essere depositati presso larchivio nazionale dei contratti
e degli accordi collettivi di lavoro (art. 5).

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