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troviamo paradossalmente ad avere disimparato larte del dialogo rispettoso, della riflessione
intelligente e aperta. Mentre accusiamo tutti i diversi da noi di essere arretrati, chiusi nel loro
dogmatismo religioso, asserviti alla propaganda delle diverse dittature pi o meno religiose, non ci
accorgiamo di quanto dogmatismo e di quanta chiusura e intolleranza domini la nostra predicazione
della libert, della tolleranza, del dialogo. Crediamo di dare un luminoso esempio di dialogo tra
culture e religioni quando ci sediamo al tavolo di un colloquio in cui gli interlocutori, pur
appartenendo a religioni diverse, sono in realt tutti rigorosamente selezionati sulla base della loro
necessaria aderenza alla Grande Religione Universale dellOccidente: abbiamo quindi certo un
nobile contegno di dialogo, ascoltiamo, rispondiamo, ma a condizione che la pensino come noi, che
accettino cio i nostri assiomi di (teorica) tolleranza, laicit, democrazia, diritti umani, ecc. e purch
non si azzardino a non condividere con noi la predefinita condanna degli integralisti, dei terroristi e
di tutti coloro che non sono daccordo con noi.
Ora, il vero dialogo, la vera prova di intelligenza e di tolleranza ascoltare con rispetto e
accogliere le ragioni di chi veramente la pensa diversamente da noi, quindi ad esempio del mondo
dellestremismo islamico. Certamente non dialogo con lIslam ascoltare e parlare con quei
musulmani moderati che condividono i nostri stessi valori occidentali!
Ecco perch urgente da parte nostra ritornare ad apprendere che cosa significa
tolleranza, o meglio rispetto della diversit, un concetto e una pratica che abbiamo oggi
soffocato con un ottuso e fanatico dogmatismo, forse pi ancora che ai tempi dellInquisizione. Sar
utile allora riapprendere a fare i primi passi, come fa un convalescente dopo un lungo periodo di
ammorbamento e di letargo: cominciare cio ad ascoltare gli altri (soprattutto quando questi altri
hanno opinioni diverse dalle nostre) e a leggere, ad esempio, i capitoli di questo libro, non con la
nostra istintiva tendenza a giudicare e classificare (Questo coincide con la mia opinione: quindi
buono; questo non coincide con la mia opinione: quindi da condannare), ma cercando di avere un
orecchio aperto e una mente libera, nellintento di ascoltare le ragioni altrui, con rispetto e con il
sincero desiderio di ampliare il nostro angusto orizzonte di pensiero.
Si noter subito, a una prima lettura, quanto non solo i temi trattati in questo libro siano
variegati, ma anche quanto i singoli autori si differenzino per prese di posizione assai lontane una
dallaltra e talora dichiaratamente opposte. Ma qui appunto sta loccasione di esercitare un dialogo
autentico e un ascolto senza pregiudizi. Il calarsi, inoltre, in tematiche lontane dalla mentalit
odierna, ci permetter di vedere la nostra realt da una angolatura diversa. Per riprendere, ancora,
parole dal contributo di Arcella, possiamo dire che il vivere attualmente nella modernit, quali
soggetti creatori della sua realt e dei suoi valori (i valori occidentali), per positivi o negativi che
siano, certamente ci impedisce di analizzarli con occhi critici, visto che non possiamo prescindere
dal nostro punto dosservazione e dalla nostra morale visiva [...]. Oggi una prospettiva
tradizionale potrebbe costituire la reale presa di coscienza critica di chi vive questa modernit, una
occasione di smascheramento delle sue pretese universalistiche.
Calarsi in una prospettiva tradizionale (e questo volume ce ne offre molte occasioni,
presentando i volti della ierocrazia cristiana medievale e dellIslam fondamentalista, del
pitagorismo e delle religiosit sincretiche enteogene del Brasile) ci consente di relativizzare i
nostri valori e paradigmi che credevamo universali. Limportante cercare di vedere laltro dal suo
punto di vista, cosa che noi raramente facciamo, anche perch siamo abituati, soprattutto quando ci
troviamo di fronte a culture e mentalit molto lontane dalla nostra, ad applicare su tutte il nostro
criterio storicista: inglobiamo, cio, ogni espressione culturale, religiosa o filosofica nel nostro
criterio di storia cosiddetto scientifico, per cui lInduismo vedico va capito nel suo contesto
storico e cos pure lIslam estremista va letto alla luce del suo contesto storico-politico;
contestualizzazione di per s giusta e doverosa, sennonch essa rappresenta la nostra peculiare
metodologia storica, sostanzialmente marxiano-positivista, che non necessariamente lunico modo
corretto di esaminare i fenomeni storici e culturali.
Applicando il nostro parametro storicista a Platone, a Khomeini o a Urbano II, ci
autoproclamiamo giudici di costoro e ci poniamo sempre in una posizione di superiorit: a noi che
spetta dire quale sia stato il vero motivo per cui Urbano II ha proclamato la crociata. Quale fosse il
suo motivo, quello che egli affermava di volere, poco importa! Solo noi, infatti, abbiamo compreso
le vere dinamiche della storia, della religione, della psicologia e possiamo quindi dire lultima
parola e dare linterpretazione giusta su tutto. Partiamo cio sempre dal presupposto che Platone era
condizionato dal suo tempo e dai pregiudizi della sua epoca e cultura, che Khomeini era
condizionato dalla sua formazione culturale e religiosa e dal contesto politico del suo tempo, mentre
noi soli saremmo immuni da condizionamenti.
Il fatto che noi consideriamo che la teologia di Gregorio VII, ad esempio, una sua
personale visione del mondo (naturalmente condizionata dal suo tempo, dalla sua educazione e cos
via), che la filosofia politica di SantAgostino era anchessa solo un frutto della sua epoca, mentre la
nostra metodologia di indagine storica sarebbe, non anchessa frutto dei nostri condizionamenti,
bens la verit incondizionata e assoluta, al cui giudizio devono sottostare tutte le altre teorie che
si sono avvicendate nel corso dei secoli.
E inoltre evidente che questo storicizzare ogni cosa, ogni pensatore, ogni profeta, ogni
dottrina (eccetto la nostra), non solo un atteggiamento di inaudita superbia per la sua pretesa di
universalit e di inappellabilit, ma ci impedisce altres di trarre qualsiasi genere di insegnamento e
di arricchimento da coloro che ci hanno preceduto e che spesso hanno avuto intuizioni e intelligenza
ben pi di noi. Platone diventa cos, non una persona con cui dialogare alla pari, da cui possiamo
apprendere molte cose e che pu aiutarci a superare nostri pregiudizi o errori, bens rimane
semplicemente come un reperto, frutto del suo tempo e del suo contesto storico, da esaminare,
classificare ed etichettare.
Chi subisce un danno da tale trattamento non certo Platone, ma siamo noi, che, credendo di
essere infinitamente superiori a lui, ci precludiamo ogni possibilit di crescere, arroccandoci nella
nostra presunta sapienza universale e incondizionata e rifiutando sdegnosamente di farci insegnare
qualcosa o di farci correggere, ridimensionare e arricchire dal filosofo.
I filosofi e i sapienti dei tempi antichi, cos come i rappresentanti di religioni e culture
diverse dalla nostra occidentale moderna, potrebbero insegnarci molte cose utili per affrontare
meglio la vita e per trovare sagge soluzioni ai problemi (psicologici, politici, sociali...) che ci
assillano; ma per poter beneficiare di questo aiuto dobbiamo riconoscere di non essere onniscenti e
infallibili, dobbiamo riconoscere la relativit delle nostre cognizioni e dei nostri parametri di
pensiero e di giudizio, e dobbiamo accettare di attingere con umilt alle fonti della tradizione senza
immediatamente vanificarne il potenziale insegnamento per noi col relegarle e vincolarle a quel
ben determinato contesto storico e culturale.