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INTEGRALE GENERALE

una formula che rappresenta la famiglia di tutte le soluzioni di un equazione differenziale


di ordine n F(t,y,y',y'',...,y(n))=0 al variare di uno o pi parametri in essa contenuti. F(t,y,y')=0
risolvo y'(t)=f(t)
EQ. VARIABILI SEPARABILI
y'=a(t)b(y) con a continua in IcR e b continua in JcR. Se il numero y una soluzione
dell'equazione b(y)=0, la funzione costante y(t)=y una soluzione dell'equazione
differenziale: il secondo membro si annulla perch b(y)=0, e il primo membro si annulla
perch la derivata della funzione costante zero. Se invece b(y)!=0 si ha: (y')/b(y)=a(t),
calcolo l'integrale a entrambi i membri (secondo membro +c), al primo membro cambio la
variabile y=y(t) ==> dy=y'(t). l'integrale assegna quindi l'integrale generale dell'eq. Se B(y)
una primitiva di 1/b(y) e A(t) una primitiva di a(t), l'integrale generale assegnato
implicitamente dall'eq B(y)=A(t)+c con c costante arbitraria. Se si riesce a ricavare
esplicitamente y dall'ultima eq. Si ottiene y=B -1(A(t)+c), cio un'espressione del tipo
y=F(t,c).
EQ. LINEARI DEL PRIMO ORDINE
F lineare in y e y' : a1(t)y'(t)+a0(t)y(t)=g(t). se a1(t) nn si annulla posso ottenere l'eq in
forma normale dividendo per questo: y'(t)+a(t)y(t)=f(t) (completa) supponendo a e f
continue sull'intervallo IcR. Se f=0 l'eq si dice omogenea.
TEOREMA l'integrale generale dell'eq. Completa si ottiene aggiungendo all'integrale
generale dell'omogenea una soluzione particolare della completa. Dim: sia y(t) una
qualunque soluzione della completa e y(t) una soluzione particolare: y'+a(t)y=f(t) e
y'+a(t)y=f(t). sottraggo membro a membro: (y'-y')+a(t)(y-y)=0 quindi la funzione z(t)=y(t)y(t) soluzione dell'omogenea. Viceversa, sia z(t) una qualunque soluzione
dell'omogenea e y(t) una particolare soluzione della completa, per somma si ottiene che la
funzione y(t)=z(t)+y(t) soluzione della completa.||
STRUTTURA DELL'INTEGRALE GENERALE
1)L'insieme delle soluzioni dell'equazione omogenea Lz=0 in un dato intervallo I uno
spazio vettoriale(sottospazio di C2(I)). 2)L'integrale generale dell'equazione completa si
ottiene sommando l'integrale generale dell'equazione omogenea e una soluzione
particolare dell'equazione completa. Dim: 1)siano z1,z2 C2(I) soluzioni dell'equazione
omogenea in I, e siano 1, 2 costanti. Allora: L( 1z1+ 2z2)= 1Lz1+ 2Lz2=0 (primo
passaggio per linearit do L, secondo perch Lz 1=0 e Lz2=0). Perci anche 1z1+ 2z2
risolve l'equazione omogenea, dunque l'insieme delle soluzioni dell'equazione omogenea
uno spazio vettoriale, in particolare un sottospazio di C 2(I). 2)siano y1 una soluzione
particolare dell'equazione completa e z0 una generica soluzione dell'omogenea, ossia:
Ly1=f, Lz0=0. Allora per linearit L(y1+z0)=Ly1+Lz0=f+0=f ossia y1+z0 soluzione
dell'equazione completa. Viceversa, se y2 ora una qualsiasi soluzione della completa
(Ly2=f) per linearit : L(y2-y1)=Ly2-Ly1=f-f=0 ossia y2-y1 soluzione dell'omogenea, ossia
y2-y1=z0 per una certa soluzione z0 dell'omogenea. Dunque y 2=y1+z0, ossia la generica
soluzione dell'equazione completa si pu scrivere come somma di una particolare
soluzione y1 della completa e di una soluzione dell'equazione omogenea.
L'INSIEME DELLE SOLUZIONI DELL'OMOGENEA UNO SPAZIO VETTORIALE DI
DIMENSIONE 2
Lo spazio vettoriale delle soluzioni di un'equazione differenziale lineare omogenea del
secondo ordine ha dimensione 2. esistono cio 2 soluzioni della omogenea in un intervallo
I, chiamiamole z1(t) e z2(t) tali che: 1)queste funzioni sono linearmente indipendenti, ossia
non sono multiple una dell'altra;2)ogni altra soluzione dell'omogenea combinazione

lineare di z1(t) e z2(t), il che significa che l'integrale generale dell'equazione omogenea
assegnato dalla formula c1z1(t)+c2z2(t) al variare in ogni modo dei coefficienti reali c 1 e
c2.Dim: siano z1, z2, rispettivamente, le soluzioni dei problemi di Cauchy nell'intervallo I,
con t0I fissato: {Lz1=0; z1(t0)=1; z1'(t0)=0} e {Lz2=0; z2(t0)=0; z2'(t0)=1}. Proviamo che: 1)le
funzioni z1, z2, soluzioni dell'omogenea sono linearmente indipendenti. Infatti il quoziente
z2(t)/z1(t) si annulla in t=t0; se fosse costante in I, dovrebbe essere identicamente nullo; ma
allora z2(t) sarebbe identicamente nulla, quindi z2'(t0)=0 contro l'ipotesi z2'(t0)=1. 2) ogni
altra soluzione dell'equazione omogenea combinazione lineare di z 1, z2 in I. Sia z0(t) una
qualsiasi soluzione di Lz=0 in I, e cerchiamo due costanti c 1, c2 per cui sia z0(t)=c1z1(t)
+c2z2(t) per ogni tI. Scegliamo c1=z0(t), c2=z0'(t), si ottiene:(c1z1+c2z2)(t0)=c1=z0(t0);
(c1z1+c2z2)'(t0)=c2=z0'(t0). Pertanto la funzione c1z1(t)+c2z2(t) soluzione del problema di
cauchy {Ly=0; y(t0)=z0(t0); y'(t0)=z0'(t0)} poich anche z0(t) risolve il medesimo problema, per
l'unicit della soluzione del problema di Cauchy si ha che z 0(t)=(c1z1+c2z2)(t) per ogni tI
che quanto volevamo dimostrare.
EQUAZIONI OMOGENEE A COEFFICIENTI COSTANTI
z''(t)+az'(t)+bz(t)=0 sostituisco z(t)=ert ==> ert(r2+ar+b)=0: 1)a2>4b, >0, z(t)=c1er1t+c2er2t;
2)a2<4b, <0, z(t)=etAcos(t+); 3)a2=4b, =0, z(t)=e-(a/2)t(c1+c2t).
I LIMITI SI FANNO COMPONENTE PER COMPONENTE
siano r(t)=(r1(t),r2(t),...,rm(t)) con ri:IR, i=1,2,...m e sia l=(l1,l2,...,lm)Rm, allora per tt0,
r(t)l se e solo se ri(t)li per ogni i=1,2,...,m. Dim: basta osservare che |ri(t)-li|2|r(t)-l|
2
=nj=1|rj(t)-lj|2 allora se r(t)l, la prima disuguaglianza implica che ri(t)li per ogni
i=1,2,...,m(teorema del confronto); viceversa se rj(t)lj, per ogni j=1,2,...,m, allora la
sommatoria tende a zero, quindi r(t)l.
LA DERIVATA SI CALCOLA COMPONENTE PER COMPONENTE
sia r:IRm e t0I; si dice che r derivabile in t0 se esiste finito r'(t0)=limh0(r(t0+h)-r(t0))/h se
r derivabile in tutto I e inoltre la funzione r' continua in I, si ice che r di classe C1(I), e
si scrive rC1(I). analogamente si definiscono le derivate di ordine successivo e le funzioni
di classe Ck(I) per k>1.
REGOLE DEL CALCOLO DIFFERENZIALE VETTORIALE
sia IcR. Se u,v:IRm sono derivabili allora: 1)(u+v)'=u'+v'; 2)se cR una costante,
(cu)'=cu' 3)se f:IR una funzione derivabile, (fu)'=f'u+fu'; 4)se :RR una funzione
derivabile [u((t))]'=u'((t)) '(t); 5)(uv)'=u'v+uv', dove indica il prodotto scalre delle
due funzioni vettoriali; 6) se m=3, (uXv)'=u'Xv+uXv', dove X indica il prodotto vettoriale in
R3
ORTOGONALIT VELOCIT ACCELERAZIONE
sia IcR un intervallo e u:IRm una funzione vettoriale di modulo costante, cioe |u(t)|=c
per ogni t. allora uu'=0, ossia u ortogonale a u' in ogni istante. Dim: dalla ipotesi |u(t)|
=c abbiamo u(t)u(t)=c2 da cui derivando si ha u'u+uu'=2u'u=0 che la tesi.
INVARIANZA
L'integrale di f di prima specie lungo invariante per parametrizzazioni equivalenti ed
anche per cambiamento di orientazione su . Dim: consiste in una semplice applicazione
della formula di cambio di variabile nell'integrale e del teorema di derivazione di funzioni
composte: fds=baf(r(t)|r'(t)|dt e supponiamo di cambiare parametrizzazione della curva,
ponendo t=(u), con :[c,d][a,b], derivabile e invertibile. Distinguiamo inoltre i casi in cui
crescente o decrescente. Nel primo caso il cambio di variabile nell'integrale d:
fds=baf(r((u))|r'((u))|'(u)du. Osserviamo che r'((u))'(u)=d/du[r((u)], poich

crescente, '(u)0 perci: |r'((u))|'(u)=|r'((u))'(u)|=|d/du[r((u)]|. si trova quindi: baf(r(t)|


r'(t)|dt=baf(r((u))|r'((u))|'(u)du. Nel secondo caso, essendo decrescente si ha '(u)0,
perci |r'((u))|'(u)=-|r'((u))'(u)|=-|d/du[r((u)]|. Inoltre in questo caso sar (c)=b, (d)=a,
perci il cambio di variabile sar: baf(r(t)|r'(t)|dt=cdf(r((u))|r'((u))|'(u)du=-cdf(r((u))|
d/du[r((u)]|, che la stessa identit trovata nel primo caso.
METODO RESTRIZIONI PER NON ESISTENZA LIMITE
se f:AcRnR una funzione reale di n variabili, r:IcRRn un arco di curva in Rn ed
esiste la funzione composta g(t)=f(r(t)), questa si dice restrizione di f alla curva r ed una
funzione reale di variabile reale. Il termine restrizione deriva dall'idea di invece di far
variare x in ogni modo nel dominio n-dimensionale in cui definita f, ci restringiamo ai
punti Rn che stanno sull'arco di curva r(t). chiaro che se l'arco di curva continuo e f
continua, anche la sua restrizione g all'arco di curva sar continuo. Per mostrare che il
limite per xx0 di una certa funzione f(x) non esiste sufficiente determinare due curve
che passano da x0, lungo le quali la funzione tende a due limiti diversi. La stessa
conclusione vale se la restrizione f(x) a una particolare curva non ammette limite.
MAGGIORAZONI MEDIANTE FUNZIONI RADIALI
sia f:RnR definita almeno in un intorno di x0 (salvo al pi x0 stesso) e sia LR. Se g:
(0,+)R una funzione tale che g()0 per 0 e |f(x)-L|g(|x-x0|) per ogni x in un
opportuno intorno sferico di x0 (salvo al pi x0 stesso), allora limxx0 f(x)=L.
UNIONE E INTERSEZIONE FINITA DI APERTI APERTA
L'unione di una famiglia qualsiasi di insiemi aperti (chiusi) e l'intersezione di un numero
finito di insiemi aperti (chiusi) sono insiemi aperti (chiusi).Dim: proviamo il primo asserto:
sia {A}I una famiglia qualsiasi di sottoinsiemi aperti di Rn e considerimo E=UI A. Sia
x0E. Per definizione, questo significa che x0 A0 per qualche 0 poich A0 aperto,
esiste un intorno sferico Ur(x0)cA0cE, perci Ur(x0)cE. Questo dimostra che x0 interno ad
E. poich x0 era un generico punto di E, questo prova che E aperto. Siano ora F=ki=1Ai
con A1,A2,...,Ak insiemi aperti dix0F. Per definizione, questo significa che x0 Ai per ogni i;
poich Ai aperto, esiste un intorno sferico Uri(x0)cAi; poniamo r=min{ri:i=1,2,...,k}, si avr
allora che Ur(x0)cUri(x0)cAi per ogni i e quindi Ur(x0)cki=1Ai. Questo mostra che x0 interno
ad F, perci F aperto. Il secondo asserto si dimostra per dualit: siano C 1, C2,...,Ck chiusi,
allora per la legge di De Morgan: (Uki=1Ci)c=ki=1Cic poich Ci chiuso, Cic aperto, perci
ki=1Cic aperto per quanto sopra dimostrato; ma allora (Uki=1Ci)c aperto, ossia Uki=1Ci
chiuso, che quanto volevamo dimostrare. Analogamente si dimostra che l'intersezione di
una famiglia qualsiasi di chiusi chiusa.
INSIEMI CHIUSI E LIMITI DI SUCCESSIONI
sia CcRn. Allora C chiuso se e solo se ha la seguente propriet: per ogni successione
{xk}k=1cC tale che xk converga a un certo limite xRn, si ha che xC. Un insieme chiuso
se e solo se contiene i limiti delle sue successioni convergenti. Dim:sia prima C chiuso e
proviamo che contiene i limiti delle sue successioni convergenti. Sia dunque {xk}k=1cC;
xkx , supponiamo per assurdo che x non appartenga a C. allora xCc, che un insieme
aperto. Sia Ur(x) un intorno sferico di x contenuto in Cc. Per definizione di limite, xkUr(x)
definitivamente, in particolare xkCc definitivamente. Ma questo assurdo, perch xkC
per ogni k. Viceversa, supponiamo che C contenga i limiti delle sue successioni
convergenti e proviamo che chiuso, mostrando che C c aperto. Sia dunque xCc e
mostriamo che x interno a Cc. Per assurdo, non lo sia; questo significa che per ogni
intorno sferico Ur(x), questo intorno non contenuto in C c. Consideriamo la successione di
intorni U1/k(x) per k=1,2,3,...; per ogni k esister xkU1/k(x) tle che xk non appartiene a Cc,
ossia xkC. D'altro canto la costruzione degli intorni mostra che xkx , poich C contiene i

limiti delle sue successioni convergenti per ipotesi, xC e otteniamo una contraddizione. Il
teorema dimostrato.
INSIEMI APERTI E CHIUSI DEFINITI DA FUNZIONI CONTINUE
Sia f:RnR una funzione definita e continua in tutto f:R n. Allora :1)gli insiemi {x
Rn:f(x)><0} sono aperti. 2)gli insiemi {x Rn:f(x)=0} sono chiusi. Dim: sia x0E1={x
Rn:f(x)>0} e proviamo che x0 interno. Poich f continua, per il teorema di permanenza
del segno, esiste un intorno sferico Ur(x0) in cui f(x)>0. Pertanto Ur(x0)cE, perci x0
interno. Analogamente si prova che E2={x Rn:f(x)<0} aperto. Infine, E3={x
Rn:f(x)0}=E1UE2, perci E3 aperto perch unione di aperti. Gli altri sono chiusi perch i
loro complementari sono stati dimostrati aperti.
TEOREMA DEGLI ZERI
Sia E un insieme connesso di Rn e f:ER sia continua. Se x, y sono due punti di E tali
che f(x)>0 e f(y)<0, allora esiste un terzo punto zE in cui f si annulla. In particolare, lungo
ogni arco di curva (contenuto in E) ce congiunge x, y, c' almeno un punto in cui f si
annulla. Dim: sia r:[a,b]Rn un arco di curva continua, contenuto in E, che congiunge x e
y, ossia r(a)=x, r(b)=y. La funzione composta g(t)=f(r(t)), t[a,b], una funzione continua
in [a,b]. inoltre g(a)=f(r(a))=f(x)>0 e g(b)=f(r(b))=f(y)<0 per il teorema degli zeri
unidimensionale, esiste t0[a,b] tale che g(t0)=0, ossia tale che f(r(t0))=0. Il teorema
dimostrato con z=r(t0)E.
DIFFERENZIABILIT IMPLICA DERIVABILIT E CONTINUIT
se f differenziabile in x0, allora f anche derivabile in x0 e il vettore a che compare nella
definizione di funzione differenziabile $$f(x0 +h)-f(x0 )=ah+o(|h|) per h0, il gradiente di f
calcolato in x0: a=f(x0 ). Inoltre, f continua in x0. Dim:scegliamo come incremento un
vettore h=hei con hR e i=1,2,...,n. Otteniamo, ponendo a=(a1,a2,...,an): limh0((f(x0 +hei)f(x0 )-aih)/h=0 da cui leggiamo che esiste limh0((f(x0 +hei)-f(x0 ))/h=ai ma questo per
definizione f/xi(x0 ), perci ai=f/xi(x0 ) per ogni i=1,2,...,n e a=f(x0 ). In particolare f
derivabile in x0 . Per mostrare che continua basta osservare che, direttamente dalla $$,
se h tende a 0, il secondo membro tende a 0, di conseguenza tende a 0 anche il primo
membro, ossi f(x0 +h)f(x0 ), che esprime la continuit di f in x0 .
CONDIZIONE SUFFICIENTE PER LA DIFFERENZIABILIT
se f:AcRnR, con A aperto e x0 A. supponiamo che le derivate parziali di f siano in un
intorno di x0 e siano continue in x0 .allora f differenziabile in x0 . in particolare, e le
derivate parziali di f esistono e sono continue in tutto A, allora f differenziabile in tutti i
punti di A. una funzione le cui derivate parziali esistono e sono continue in tutto un aperto
A si dice di classe C1(A) e si scrive fC1(A). il secondo enunciato del teorema quindi che
fC1(A)==>f differenziabile in A. Non vale il viceversa. Dim:proviamo nel caso n=2. Il
caso generale procede sulla stessa linea. La dimostrazione si basa su un ragionamento
sostanzialmente unidimensionale: per valutare f(x 0+h,y0+k)-f(x0,y0) muoviamoci dal punto
(x0,y0) al punto (x0+h,y0+k) incrementando le variabili una alla volta, ossia prima sul
segmento orizzontale che unisce (x0,y0) a (x0+h,y0), poi sul segmento verticale che unisce
(x0+h,y0) a (x0+h,y0+k). la funzione f ristretta a ciascuno dei due segmenti una funzione di
una sola variabile. Applicando il teorema di Lagrange alla funzione xf(x,y0) della sola
variabile x, possiamo scrivere f(x0+h,y0)-f(x0,y0)=f/x(x0+1h,y0)h per un opportuno 1(0,1).
Applicando ancora il teorema di Lagrange alla funzione yf(x0+h,y) della variabile y, abbiamo
invece f(x0+h,y0+k)-f(x0+h,y0)=f/y(x0+h,y0+2k)k per un opportuno 2(0,1). Sommando membro
a membro si ottiene: f(x0+h,y0+k)-f(x0,y0)=f/x(x0+1h,y0)h+f/y(x0+h,y0+2k)k. Poich le
derivate parziali sono continue in (x0,y0), possiamo scrivere: f/x(x0+1h,y0)=f/x(x0,y0)+1(h) e
f/y(x0+h,y0+2k)k=f/y(x0,y0)+2(h,k) con 1(h),2(h,k)0 per (h,k)(0,0); otteniamo cos

f(x0+h,y0+k)-f(x0,y0)=f/x(x0,y0)h+f/y(x0,y0)k+1(h)h+2(h,k)k. Basta ora osservare che la


quantit 1(h)h+2(h,k)k anche o(h2+k2) per (h,k)(0,0), infatti | 1(h)h+2(h,k)k|/(h2+k2)|1|+|
2|0.
DERIVATE DIREZIONALI
siano f:AcRnR, con A aperto e x0 A e v un versore. Si dice derivata direzionale di f
rispetto al versore v, nel punto x0, il limite Dvf(x0)= limt0((f(x0 +tv)-f(x0 ))/t purch esista
finito.
FORMULA DEL GRADIENTE
Sia f:AcRnR, con A aperto, f differenziabile in x0 A. allora per ogni versore v esiste la
derivata direzionale Dvf(x0) e vale l'identit: Dvf(x0)=f(x0 )v=ni=1f/xi(x0 )vi. La derivata
direzionale in questo caso il prodotto scalare del gradiente con il versore nella cui
direzione si deriva; tutte le derivate direzionali risultano cos combinazione lineare delle
derivate parziali( la formula del gradiente). Dim: basta ricordare la formula della
differenziabilit f(x0 +h)-f(x0 )=f(x0 )h+o(|h|) per h0 e applicarla all'incremento h=tv. Si
ottiene:f(x0 +tv)-f(x0 )=f(x0 )tv+o(t) ricordando che |v|=1. Dividendo per t e facendo
tendere t a 0 si ottiene: Dvf(x0)=limt0(( f(x0 +tv)-f(x0 ))/t=f(x0 )v, poich o(t)/t0.
DIREZIONE DI MASSIMA CRESCITA
Sia f:AcRnR, con A aperto, f differenziabile in x0 A. Allora il vettore f(x0 ) indica la
direzione e il verso di massimo accrescimento di f, ossia la direzione corrispondente alla
massima derivata direzionale; -f(x0 ) indica la direzione corrispondente alla minima
derivata dirzionale. Infine, nella direzione ortogonale al gradiente le derivate direzionali
sono nulle. Dim: basta applicare la formula del gradiente e chiedersi per quale versore v il
prodotto scalare f(x0 )v , rispettivamente, massimo, minimo, nullo.
GRADIENTE DI FUNZIONI RADIALI
Si chiama funzione radiale una funzione h:R nR che dipende solo dalla distanza di x
dall'origine, ossia del tipo h(x)=g(|x|) dove g:[0,)R. Ponendo =|x|=(nj=1xj2)1/2 si ha /xi|
x|=xi/(nj=1xj2)1/2 per x0. Sinteticamente =(x1/,...,xn/). notiamo che ||=1.
Allora si ottiene h(x)=g'(|x|)(x1/|x|,...,xn/|x|); |h(x)|=|g'(|x|)|
ORTOGONALIT DEL GRADIENTE ALLE LINEE DI LIVELLO
Sia f:RnR differenziabile in x0 e f(x)=c l'equazione di una sua superficie di livello.
Supponiamo che questa superficie ammetta piano tangente in x0. Provare che f(x0)
ortogonale alla superficie di livello in x0 significa provare che ortogonale a ciascuna
curva regolare tracciata sulla superficie e passante per x0. Sia r=r(t) una di queste curve,
ci significa che r(t0)= x0 e che g(t)=f(r(t)) per ogni t. Dunque g'(t)=0 e poich
g'(t)=f(r(t0))r'(t0)=0 ricaviamo l'ortogonalit del gradiente f(x0) con il vettore tangente
alla curva r'(t0).
EQUAZIONE DEL TRASPORTO
consideriamo l'equazione differenziale a derivate parziali: cu/x+u/t=0 con c costante.
Questa equazione detta equazione del trasporto, pu avere vari significati fisici. Questa
equazione si pu risolvere osservando che il primo membro la derivata direzionale di
u(x,t) nella direzione del vettore (c,1). Perci se tale derivata zero, significa che u
costante lungo ogni retta del tipo x=ct+q, per cui u dipende solo dalla quantit (x-ct):
u(x,t)=v(x-ct) con v: RR generica funzione derivabile. La funzione v ha il significato di
profilo iniziale, in quanto u(x,0)=v(x). perci, nota la concentrazione v(x) all'istante t=0, la
concentrazione in ogni istante data da u(x,t)=v(x-ct).

TEOREMA DI FERMAT
Sia f:AcRnR, con A aperto, e x0 A un punto di massimo o minimo locale per f. Se f
derivabile x0, allora f(x0)=0. Dim: supponiamo che x0 sia un punto di minimo locale.
Occorre dimostrare che ogni derivata parziale di f si annulla in x0. Infatti, sia e1,...,en la
base canonica in Rn. Muovendosi da x0 lungo l'asse xj considerando la funzione della
variabile reale t data da: g(t)=f(x0+tej). La funzione g ben definita in un intorno di t=0 e,
poich x0 un punto di minimo locale per f, deduciamo che t=0 punto di minimo locale
per g. D'altra parte g derivabile in t=0 e infatti, per definizione di derivata parziale, si ha
f/xj(x0 )=g'(0). Per il teorema di Fermat in una variabile, deve essere allora g'(0)=0. In
conclusione f/xj(x0 )=0 per ogni j=1,2,...,n.
SEGNO DELLE F.Q. IN DUE VARIABILI
Se a0, la forma quadrica q(h1,h2)=ah12+2bh1h2+ch22 : 1) definita positiva(negativa) se e
solo se detM>0 e a>0(a<0); 2) indefinita se e solo se detM<0; 3) semidefinita
positiva(negativa) se e solo se detM e a>0(a<0). Se a=0 e c0, nelle affermazioni
precedenti occorre sostituire a con c.
NATURA DI UN PUNTO STAZIONARIO E SEGNO DELLA F.Q.
Siano fC2(A), A aperto in R2, (x0, y0)A un punto critico per f e Hf(x0,y0) la matrice hessiana
di f nel punto critico. Allora: 1)se detHf(x0,y0)>0 e fxx(x0,y0)>0 (<0 allora (x0,y0) di minimo
(massimo) locale forte. 2) se Hf(x0,y0)<0 allora (x0,y0) punto di sella. 3) se Hf(x0,y0)=0
occorre un'ulteriore analisi.
TEOREMA DEL MOLTIPLICATORE DI LAGRANGE
Siano f,gC1(R2) e (x*,y*) punto di estremo vincolato per f sotto il vincolo g(x,y)=b. Se
(x*,y*) regolare per il vincolo, cio g(x*,y*)(0,0), allora esiste *R, detto
moltiplicatore di lagrange, tale che: f(x*,y*)=*g(x*,y*). Dim: poich (x*,y*) punto di
estremo vincolato, si ha in particolare g(x*,y*)=b. Poich inoltre g(x*,y*)(0,0), il teorema
di Dini implica che in un intorno di (x*,y*) il vincolo g(x,y)=b definisce un arco di curva
regolare. Sia x=x(t), y=y(t) una parametrizzazione di tale arco, con x(0)=x* e y(0)=y*. il
vettore v=(x'(0),y'(0)) non nullo e tangente al vincolo. Consideriamo la restrizione di f
sull'arco di curva, data la funzione (t)=f(x(t),y(t)). poich fC 1(R2) e l'arco di curva
regolare, la funzione derivabile in un intorno di t=0 e '(t)=f x(x(t),y(t))x'(t)
+fy(x(t),y(t))y'(t). Ora il fatto che abbia un estremo vincolato in (x*,y*) equivale ad affermare
che ha un minimo in t=0. Deve dunque essere '(t)=0, ovvero:
fx(x*,y*)x'(0)+fy(x*,y*)y'(0)=f(x*,y*)v=0. Ricordando che anche il vettore g(x*,y*)
ortogonale a v, concludiamo che i due vettori f(x*,y*) e g(x*,y*) devono essere
paralleli, ossia che deve esistere un numero * tale che: f(x*,y*)=*g(x*,y*).
INTEGRALE NOTEVOLE DELLA GAUSSIANA
Calcoliamo I=R2e-(x^2+y^2)dxdy si pu calcolare questo integrale come: limR+x^2+y^2<R^2e(x^2+y^2)
dxdy=limR+IR dove l'integrale di IR vale (1-e.R^2). Per R+, otteniamo I= .
L'integrale generalizzato proposto, dunque, converge e il suo valore . Osserviamo che
questo permette di calcolare l'integrale unidimensionale notevole J= Re-t^2dt, infatti I=R2e(x^2+y^2)
dxdy=Re-x^2dxRe-y^2dy=J2, da cui J=I, quindi Re-t^2dt=.
CAMPI CONSERVATIVI
Un campo vettoriale F:cR3R3 si dice conservativo in se FC1() ed esiste una
funzione U:R, detta potenziale di F, tale che UC2() e F=U in , cio F1=U/x,
F2=U/y, F3=U/z. Lo scalare Epot=-U rappresenta l'energia potenziale associata al
campo. L'aggettivo conservativo deriva dal fatto che, se una particella in movimento
lungo una curva r=r(t) sotto l'azione di una forza data da F=U, allora l'energia

meccanica totale della particella si conserva durante il moto. E tot=Ecin+Epot=1/2mv2-U dove


m la massa della particella e v=v(t)=|r'(t)| la sua velocit scalare si ha dEtot=mr'dr'dU=mr'r''dt-Ur'dt=Fr'dt-Fr'dt=0 e quindi Etot non varia.
CALCOLO LAVORO CON POTENZIALE
Sia F=U un campo conservativo in e sia una curva regolare a tratti, orientata e
contenuta in , parametrizzata da r=r(t), t[a,b]. siano p=r(a), q=r(b) gli estremi della
curva. Il lavoro di F lungo dato da: Fdr=U(q)-U(p). il lavoro dipende solo dagli estremi
del cammino e non dalla forma del medesimo. In particolare, la circuitazione di un campo
conservativo nulla. Dim: se r(t)=(x(t),y(t),z(t)), t[a,b] regolare, si ha:
Fdr=abU(r(t))r'(t)dt=U(q)-U(p). se r C1 a tratti, allora si pu suddividere [a,b]
nell'unione di N intervalli [tj, tj+1] con j=1,...,N, in modo che t1=a e tN+1=b e che rC1[tj,tj+1].
Applicandola all'integrale precedente si conclude la dimostrazione.
POTENZIALE VETTORE
un campo V tale che xV=F.
Sia FC1() tale che V=0 in . Allora esiste localmente un potenziale vettore V di F. In
particolare si pu scegliere V come componente nulla; per esempio, se Bc un intorno
sferico del punto (x0,y0,z0), si pu scegliere: V(x,y,z)=V2(x,y,z)j+V3(x,y,z)k dove
V2(x,y,z)=x0xF3(s,y,z)ds e V3(x,y,z)=-x0xF2(s,y,z)ds+y0yF1(x0,s,z)ds. Dim: ci limitiamo a
controllare che V2 e V3 definiscono effettivamente un potenziale vettore di F. Abbiamo
xV=( V3/y-V2/z)i-V3/xj+V2/xk e quindi sostituendo V2 e V3 si ha: ( V 3/yV2/z)=x0xF2(s,y,z)/yds+F1(x0,y,z)-x0xF3(s,y,z)/yds = essendo per ipotesi F=0,
F2/y+F3/z=-F1/x; = F1(x0,y,z)+x0xF1(s,y,z)/yds=F1(x,y,z), inoltre V3/x=F2(x,y,z) e
V2/x=F3(x,y,z). ne segue che xV=F.
POTENZIALE VETTORE NECESSARIO CHE SIA CAMPO SINUSOIDALE
Sia VC2() un potenziale vettore di F in . Allora F=0 in . Dim:essendo xV=F si ha
F=(x)=0. In altri termini solo i campi sinusoidali possono ammettere potenziale
vettore.
CALCOLO POTENZIALE VETTORE CON COMPONENTE NULLA
Sia FC1() tale che F=0 in . Se fortemente connesso, allora esiste VC2() tale
che xV=F in tutto .
TEOREMA (DI GAUSS) DELLA DIVERGENZA
Sia DcR3 un dominio limitato, semplice rispetto a tutti e tre gli assi cartesiani, la cui
frontiera una superficie regolare a pezzi e orientabile; indichiamo con ne il versore
normale esterno a D e sia F=F1i+F2j+F3k un campo vettoriale C1(D). Allora vale la
formula: DFdxdydz=DFnedS, dove F=F1/x+F2y+F3z. Il flusso di un campo
vettoriale uscente da una superficie chiusa uguaglia l'integrale della divergenza del campo
nella regione racchiusa dalla superficie stessa.
SIGNIFICATO DELL'OPERATORE DIVERGENZA
Applichiamo il teorema della divergenza a una sfera B r(p0), con centro in un punto p0 e
raggio r arbitrariamente piccolo, e dividiamo ambo i membri per il volume della sfera (che
indichiamo con |Br(p0)|). Abbiamo: 1/|Br(p0)|{Br(p0)}Fdxdydz=1/|Br(p0)|Br(p0)FnedS
facciamo ora tendere r a 0. il primo membro, per il teorema della media, tende a divF(p0) e
quindi: F(p0)=limr0 1/|Br(p0)|Br(p0)FnedS. Questa formula indica che la divergenza di un
campo la densit di flusso del campo uscente dal punto per unit di volume.
TEOREMA DI GAUSS PER CAMPI ELETTROSTATICI

Il teorema di Gauss dell'elettrostatica afferma che il flusso del campo elettrico E uscente
da una superficie chiusa =D uguaglia 4kq, dove q la carica totale in D: DEnedS=
4kq. Vogliamo trasformare questa uguaglianza tra due quantit globali in un'uguaglianza
puntuale tra due funzioni. Otterremo un'equazione differenziale:1)si applica l'identit
precedente a una generica regione D 2)si riscrive la carica totale contenuta in D come
l'integrale su D della densit di carica : q= Ddxdydz, e quindi DEnedS=
4kDdxdydz. 3) per ottenere un'uguaglianza tra due integrali di volume, si trasforma il
primo membro usando il teorema della divergenza. Il risultato :
DEdxdydz=4kDdxdydz. 4)poich l'identit precedente si pu riscrivere come
D(E-4k)dxdydz=0 e questo deve valere per qualunque regione di D, l'unica
possibilit che l'integranda stessa sia zero, ossia valga l'identit E= 4k. Questa
l'equazione differenziale che traduce il contenuto del teorema di Gauss dell'elettrostatica.
una delle quattro fondamentali equazioni di Maxwell che reggono la teoria
dell'elettromagnetismo. 5) il campo elettrostatico conservativo, cio E=U, dove U il
potenziale elettrostatico; perci divE=divU=U. Si ottiene quindi che il potenziale
elettrostatico soddisfa l'equazione di Poisson U= 4k.
EQUAZIONE DI CONTINUIT
Sia v=v(t,x,y,z) la velocit di un fluido, =(t,x,y,z) la sua densit e D un elemento di
volume occupato dal fluido. Se dS una piccola porzione di superficie contenuta in D con
normale n; abbiamo gi visto che la massa di fluido che attraversa quella sezione
dell'unit di tempo sar vndS. Integrando in D, si ottiene il flusso netto uscente di v
attraverso D. per il teorema della divergenza vale l'identit D(v)dxdydz=D v nedS.
D'altra parte la quantit di fluido uscita da nell'unit di tempo anche uguale a -dm/dt
dove m la massa totale del fluido contenuto in D. la massa totale m si pu calcolare
come integrale in D della densit: m=Ddxdydz, perci, se si assume di poter derivare
sotto il segno di integrale, si ha: -dm/dt= - D(/t)dxdydz. Abbiamo dunque che
D(/t+(v))dxdydz=0, e per l'arbitrariet di D, si deduce che /t+(v)=0 che si
chiama equazione di continuit ed esprime il principio di conservazione della massa.
FORMULA DI GAUSS-GREEN PER IL TEOREMA DI STOKES
Sia una superficie regolare orientata con il versore normale n, dotata di bordo +
orientato positivamente. Supponiamo inoltre che + sia una curva regolare, o l'unione di
pi curve regolari, e sia T il versore tangente a +. Se F=Pi+Qj+Rk un campo vettoriale
regolare definito in un intorno di , allora vele la formula: (xF)ndS=oo+FTdS, Il
flusso del rotore di un campo vettoriale attraverso uguaglia la circuitazione del campo
lungo il bordo della superficie stessa, se orientata positivamente. Nel caso particolare in
cui la superficie coincide con un dominio D del piano xy ed F sia un campo vettoriale
piano F=P(x,y)i+Q(x,y)j, si ha n=k, (xF)n=(Qx-Py), e l'uguaglianza si riscrive D(QxPy)dxdy= oo+DPdx+Qdy, ossia ritroviamo il teorema di Gauss-Green.
TEOREMA DI PITAGORA
Se u1,u2,...,unV sono a due a due ortogonali, allora: ||ni=1ui||2= ni=1||ui||2 Dim: per
definizione di norma e bilinearit del prodotto scalare: ||ni=1ui||2=< ni=1ui, nj=1uj>=
ni,j=1<ui,uj> poich i vettori sono ortogonali a due a due, <u i,uj>=0 per ij, quindi:
ni,j=1<ui,uj>= ni=1||ui||2.
TEOREMA DELLE PROIEZIONI
sia V0 un sottospazio di dimensione finita V,sia u un elemento uV, e sia {e 1,e2,...,en} una
base ortonormale di V0, la proiezione u su V0 il vettore: u0=ni=1<u,ei> ei ha le seguenti
propriet: 1)u-u0 ortogonale a ogni elemento di V0; 2)||u0||2= ni=1<u,ei>2||u||2; 3)u0

l'elemento di V0 che rende minima la quantit ||u-v|| al variare di v in V 0. Dim: 1) proviamo


che u0 perpendicolare a ej per j=1,2,...,n. Per linearit, seguir che u 0 ortogonale a tutte
le combinazioni lineari di ej, cio a tutti gli elementi di V0. Si ha <u-u0,ej>=<uni=1<u,ei>ei,ej>=<u,ej>-ni=1<u,ei><ei,ej>=<u,ej>-<u,ej>=0 perch <ei,ej>=ij. 2)(teorema di
lebesgue) scriviamo u=(u-u0)+u0. Per il punto 1) (u-u0) perpendicolare a u0, perci per il
teorema di pitagora si ha: ||u||2=||u-u0||2+||u0||2||u0||2. D'altro canto, per l'ortonormalit dei
vettori ei e il teorema di pitagora si ha: ||u0||2=||ni=1<u,ei>ei ||2=ni=1|<u,ei>|2. 3) se vV0,
scriviamo u-v=(u-u0)+(u-v). poich (u0-v)V0, (u-u0) perpendicolare a (u0-v) e ancora il
teorema di pitagora d: ||u-v||2=||u-u0||2+||u0-v||2||u-u0||2 che mostra appunto che u0 rende
minima la distanza da u, tra tutti gli elementi di V 0.
SISTEMA TRIGONOMETRICO: RELAZIONI DI ORTONORMALIT
le funzioni trigonometriche sinkx, coskx soddisfano le seguenti relazioni integrali (dette
relazioni di ortogonalit), per ogni k,h=1,2,3,...: 1)20(sinkx)2dx=20(coskx)2dx=;
2)20(sinkxsinhx)dx=20(coskxcoshx)dx=0 se hk; 3)
20(sinkxcoshx)dx=20(sinkx)dx=20(coshx)dx=0
TEOREMA SULLA DERIVABILIT TERMINE A TERMINE
Sia f:[0,T]R, di classe C1[0,T] e sia f' regolare a tratti. Inoltre, sia f(0)=f(T). Allora la serie
di Fourier di f si pu derivare termine a termine in (0,T); se inoltre anche f'(0)=f'(T), la
serie di Fourier di f si pu derivare termine a termine in tutto [0,T]. Dim: applichiamo il
teorema di convergenza puntuale della serie di Fourier alla funzione f'; questo lecito
perch f' regolare a tratti per ipotesi. Poich f' anche continua per ipotesi,la serie di
Fourier di f' converger a f'(x) per ogni x(0.T): f'(x)=a 0'/2+k=1(ak'coskwx+bk'senkwx) con
w=2/T, dove abbiamo indicato con ak' e bk' i coefficienti di fourier di f'. calcoliamo i
coefficienti per esprimerli in funzione di quelli di f. sfruttando la relazione f(T)=f(0) si ha:
a0'=2/TT0f'(x)dx=0; ak'=2/TT0f'(x)coskwxdx=kwbk; bk'=-kwak. Perci possiamo scrivere lo
sviluppo di f' nella forma f'(x)=k=1(akcoskwx+bksenkwx)', e questo significa che la serie di
Fourier di f si pu derivare termine a termine in (0,T).
TEOREMA DI RIDUZIONE PER UN RETTANGOLO
se f:[a,b]x[c,d]R continua, allora il suo integrale doppio si pu calcolare come integrale iterato
al modo seguente: [a,b]x[c,d]f(x,y)dxdy=ba(dcf(x,y)dy)dx=dc(baf(x,y)dx)dy. (Sia f:[a,b]x[c,d]R
continua. Allora la funzione (x)=dcf(x,y)dy continua in [a,b]. analogamente la funzione di una
variabile (y)=baf(x,y)dx continua in [c,d].) Dim: proviamo la prima uguaglianza. In modo
analogo si pu provare che l'integrale doppio uguale all'altro integrale iterato. Vogliamo applicare
la definizione di integrale, dunque consideriamo una partizione del rettangolo [a,b]x[c,d] in n2
rettangolini Ikh. Consideriamo la funzione di una variabile (x)=dcf(x,y)dy continua e quindi
derivabile in [a,b]. vogliamo dimostrare che ba(x)dx=[a,b]x[c,d]f(x,y)dxdy. Possiamo scrivere
ba(x)dx=nk=1xhxh-1(x)dx. Ora applichiamo a , su ciascun intervallino [xh-1,xh] il teorema della
media: per ogni h esiste un punto xh*[xh-1,xh] tale che xhxh-1(x)dx=(xh*)( xh-xh-1). Dunque
ba(x)dx=nk=1(xh*)(b-a)/n=nk=1(b-a)/ndcf(xh*,y)dy. Consideriamo ciascun integrale
dcf(xh*,y)dy= nk=1ykyk-1f(xh*,y)dy per ogni k fissato, la funzione di una variabile yf(xh*,y)
continua in [c,d]. applicando a ciascuna di queste funzioni ancora il teorema della media su ciascun
intervallino [yk-1,yk], otteniamo che esiste, per ogni h e per ogni k, un punto yhk*[yk-1,yk] tale che:
ykyk-1f(xh*,y)dy=f(xh*,yhk*)(yk-1,yk), pertanto ykyk-1f(xh*,y)dy nk=1(d-c)/nf(xh*,yhk*). Sostituendo si
ottiene ba(dcf(x,y)dy)dx=ba(x)dx= nk=1(b-a)/nnk=1(d-c)/nf(xh*,yhk*)=nk,h=1|Ihk|f(phk) con
(phk)=(xh*,yhk*). Abbiamo quindi dimostrato che per ogni n esiste una somma di Cauchy-Riemann
nk,h=1|Ihk|f(phk) relativa all'integrale doppio [a,b]x[c,d]f(x,y)dxdy, tale che sn=ba(dcf(x,y)dy)dx. Poich
gi sappiamo che la funzione f integrabile, passando al limite per n si ha che:
limnsn=[a,b]x[c,d]f(x,y)dxdy, dunque integrale doppio e integrale iterato coincidono.

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